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1 Traduco così i termini inglesi orality e literacy o quelli tedeschi Mündlichkeit e Schrif
keit. In italiano c'è il termine oralità , ma scrittura non mi sembra abbastanza specifico.
2 Per l'italiano, in «Romanische Forschungen», CV, 1993, p. 231-255.
Quei rispetti
ria di esser n
tutto del mo
ni: la bella h
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te Nencia e
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32-33-34, 5 s
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32 (Vallera) 33 (Vallera)
- Nenciozza mia, vuo' tu | un poco
[fare [poca,
meco alla neve per quel s
[cello. -
(Nencia) (Nencia)
~ Si, volentieri, ma non me la soda
troppo, che tu non mi facessi male.
(V allera) (Vallera)
~Nenciozza mia, de!, non ti dubi- -
[tare,
che l'amor ch'io ti porto si è tale, ch'i' veggia il tuo bel viso, tanto
[bello,
3 La bianchezza e morbidezza della pelle è sempre stata ambizione della contadina bruciata dal
sole e indurita dalla fatica e forma un antico topos letterario. Si pensi al Cantico dei Cantici e al detto
«nigra sum sed formosa» (1.5), dove sehorab non significa «nera», ma appunto «abbronzata».
4 Vedasi il mio lavoro II testo della Nencia e della Beca secondo le più antiche stampey Firenze,
Olschki, 1976 («Biblioteca di Lettere italiane», 16), p. 29 ss., al quale si rimanderà nelle note se-
guenti come Testo.
5 I numeri sono quelli della mia edizione.
che quando avessi mal, Nenciozza al qual rispondon tutti li tui mem
[mia.
colla mia lingua te lo leveria. - si che | a un'angioletta tu m'assembri ~
34 (Vallera)
- Cara Nenciozza mia, | i' aggio inteso
un caprettin che bela molto forte. -
(Nencia)
- Vientene, giù, che ('l) lupo sì l'à preso
& cogli denti gli darà la morte) ~
(Vallera)
- Fa' che tu sia giù nel vallone sceso,
dagli d'un fuso nel cuor per tal sorte
che tu l'uccida, che si dica scòrto:
«la Nencia il lupo col (suo) fuso ha morto». -
È probabile che questi tre rispetti, che includono una partita a pallate
di neve fra i due, con l'intervento di un terzo attore mascherato da lupo e
forse anche di un caprettino, il tutto accompagnato da una mimica forte-
mente espressiva, comune agli atti scenici del Quattrocento, facessero parte
di uno spettacolo più vasto, andato poi perduto, così come si debbono sup-
porre perduti altri rispetti connessi p.es. col n. 40, dove si accenna a un
«male» provocato da una «trista Beca sciagurata», male che non può essere
il veto materno alle nozze Nencia- Vallera perché vi si teme un'aggressione
a cui il Vallera disarmato non può far fronte. Certamente fra i rispetti nen-
ciali molti debbono essere andati perduti (altra prova che la Nencia non è
opera letteraria di un solo autore), ma anche se ci fossero stati conservati
tutti, ciò non infirmerebbe l'asserzione del Patetta e mia nel mio preceden-
te lavoro e in questo, che i rispetti popolareggianti o d'imitazione dotta so-
no nati da quelli genuinamente popolari e non viceversa. I rispetti 32-33-34
e 40, come ho messo bene in chiaro a suo tempo, non possono essere opera
di un letterato e non sono neanche nati in città, al tempo che i rispetti nen-
ciali, divenuti di gran moda, venivano cantati la notte per le vie di Firenze
a turbare i sonni di Bartolomeo Scala verso il 1475. 6 Essi sono una spia
certa della presenza nella congerie nenciale di un filone popolare-contadi-
no, punto di partenza di quello popolareggiante-letterato che prosegue nella
Beca , espressa imitazione del parlar campagnuolo: scherzosa in quanto
ostentazione dei «pronti motti rusticani»,7 ma seria in quanto testimonian-
za di quell'interesse per il volgare, la sua nascita e natura che ha preoccupa-
to gli umanisti dal 1435 (polemica Bruni-Biondo) al 1473 (lettera del Filel-
6 La lettera dello Scala a Sigismondo della Sufa dove di questo si parla è pubblicata in Pa 2,
p. 159-160 con la determinazione della data (v. Testo , p. 143).
7 Legga la Beca chi ha appetito 1... et dal suo Nuto sarà esaudito (Testo, p. 140).
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1947 («Storia e le
noscritti mi è sta
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pe», delle quali n
noscritti posterio
le varianti di una
diano di semplifi
in Guido Mazzon
1951, p. 216.
11 Queste sigle sono in parte le mie: nelle pubblicazioni precedenti V sta per il mio H e S
manca. Anche di questo cambiamento mi è stato fatto un appunto, ma distinguere le prime stam-
pe dalla successiva vulgata era necessario, ed essendo stato io a rintracciare e pubblicare il testo
dell'incunabolo, mi era sembrato legittimo riordinare anche le sigle dei testi.
lavano, esami
mancanza di
gianti siano s
scorretti e b
arguto, p.es.
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11 F son
16 Quando ti vidi uscir della
sì capanna paz
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se non ch'ella
io non vorrei, per lo baloccar mioy i
(chi non la mira ben[e non se nessuna fusse in pastura rimasa.
[l'ad[a]rebbe
ch'io la Nencia
ti perd
m'à pur giunto alla cal-
[chiata [laia,
d'allora inanzi i' non fu' mai più e la m'innamorò sì che da poi
[desso
per modo tal, che m'ài messo nel nonn ho potuto lavorar co' buoi.
[cesso.
Il Vallera popolare sarebbe stato colpito dalle grazie della Nencia men-
tre essa coglieva l'insalata, quello popolareggiante mentre essa trebbiava,
immagine vivace e spiccata ben più dell'atto banale di cogliere per l'appun-
to l'insalata, al quale, in mancanza di meglio è dovuto ricorrere l'autore
contadino, ricavandolo da un altro rispetto popolare (40.2: mantenga / di-
fenda) appartenente probabilmente a un atto scenico e collegato nel conte-
sto col n. 18: se ne adette la brigata / che non se n'avvegga la brigata (la neces-
sità di tener segreto l'amore, già presente nella poesia provenzale, è anche
il senso particolare di questi due rispetti). La chiusa poi, tanto se cesso si-
gnifica «luogo di decenza» o «dimenticatoio», è quanto mai povera e stenta-
ta. Se si confrontano i rispetti n. 31 en. 51, ambedue di congedo, e se si
considera che il n. 31 è l'autentico popolare per l'uso di a in funzione di
agente (v. più sotto), l'à7tpoa8óxT)Tov baloccare potrebbe essere un segno di
rimaneggiamento popolareggiante.
Successivamente alla pubblicazione del mio volume è uscito un lavoro
di Rossella Bessi,15 a cui è d'uopo accennare per puro dovere di ufficio.
Fraintendendo la formula pasqualiana recentiores non deteriores la Bessi si
dilunga nell' equiparare H con S, cioè il testo originale della vulgata (del re-
sto da me pubblicato di su l'incunabolo di Erlangen) e la sua successiva ma-
nomissione nelle stampe del Sei e Settecento e nei manoscritti che da esse
derivano: cosa che interessa tutt'al più la ricezione della vulgata attraverso i
secoli e niente affatto il testo nenciale, del quale nel nostro caso esiste nel-
l'incunabolo l'originale. La Bessi poi, ferma nell' intendere la Nencia come
opera di uno o più letterati (opinione che il non-filologo Patetta, l'unico
che nella polemica degli anni Trenta abbia ragionato filologicamente, aveva
già bollato di offesa al buon senso) 16 ricerca diligentemente, quanto inutil-
mente, anticipando la funzione di futuri CD ROM, in contatti verbali più
o meno avulsi dal contesto un'area culturale a cui apparterrebbe la Nencia e
la trova in una tradizione letteraria risalente addirittura all'antichità classi-
ca. Ma contatti verbali si trovano anche fra Heine e Wordsworth e il Pe-
trarca, fra Stefan George e Orazio, senza che ciò autorizzi a pensare a
un'area culturale specifica: i topoi poetici sono quelli che sono e quelli che
zio dell'affid
diventato poi
na funzione s
at nelle lingu
soggetto: per
corda condizi
tenersela in b
panni lini (9.
c'è da notare
rundio avreb
quest'occhi lag
cordanza del
fa' che tu (N
particella pro
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sente: che si
que chuta ved
particolarità
dica (9.4), fa p
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tutto in Omero
po pelle pelle
tendo ì bisant
3. Tirate tutt
ria della Nenc
curamente co
messo insiem
tanti stampa
no, relegata n
quattro secol
menti, al cen
che non levò
nerentola del
to il posto ch
19 Cfr. la mia ed
20 Cfr. Ernst Gam
21 Cfr. Pavao T
536; Maria Corti,
in «Atti dell'Acc
22 Cfr. Franca
1964, p. 161 ss.
Vito R. Giustiniani