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Direzione Scientifica
Redazione
clara di fazio, franca taglietti
ISSN 0391-8165
articoli
NOTE E DISCUSSIONI
RECENSIONI E SEGNALAZIONI
lipps j., Die Stuckdecke des oecus tetrastylus aus dem sog. Augustushaus auf
dem Palatin im Kontext antiker Deckenverzierungen, Tübinger Archäolo-
gische Forschungen 25 (M. papini) .............................................................. p. 749
nenna m.-d., huber s., van andringa W. (éd.), Constituer la tombe, honorer
les défunts en Méditerranée antique, Études Alexandrines 46 (c. vismara).. » 756
palmentieri a., rausa F. (a cura di), Teanum Sidicinum, nuove prospettive
per lo studio della città e della sua storia ( p. pensabene).......................... » 759
parigi c., Atene e il sacco di Silla. Evidenze archeologiche e topografiche fra
l’86 e il 27 a.C., Kölner Schriften zur Archäologie 2 (a. sassù) ................. » 798
picozzi m.g. (a cura di), Palazzo Colonna. Giardini. La storia e le antichità
(c. gasparri)................................................................................................ » 765
pilutti namer m., Giacomo Boni. Storia memoria archeonomia
(a. de cristofaro) ..................................................................................... » 802
van haeperen f., Fana, templa, delubra. Corpus dei luoghi di culto dell’Italia
antica (FTD) 6. Regio I. Ostie, Porto (m.l. caldelli, n. laubry) .......... » 807
ArchCl LXXI, 2020, pp. 559-584
michele vitolo
Nell’ambito degli studi sulla ceramica a figure rosse italiota, negli ultimi decenni
sono prevalsi orientamenti di ricerca che valorizzano in maniera significativa le potenzia-
lità semantiche e comunicative del repertorio iconografico che caratterizza tale classe di
manufatti artigianali magnogreci1. In un cospicuo numero di contributi la lettura del signi-
ficato è stata coerentemente basata, in una corretta e proficua prospettiva metodologica,
sulla decodifica dei codici radicati nell’immaginario sociale dei committenti e dei fruitori.
Sotto il profilo euristico, particolarmente significativa si è rivelata la valutazione del ruolo
di rilievo giocato dai diversi oggetti e segni iconografici rappresentati, che veicolano pre-
cisi significati passando dalla pratica quotidiana al mondo delle immagini dipinte, dove
superano la mera funzione reale, qualificandosi come elementi marcatori di statuti, ruoli e
identità dei personaggi raffigurati2.
Nel presente contributo, che si inserisce all’interno di questo filone di ricerca, si riapre
il dossier relativo allo schema iconografico dei personaggi abbigliati con himation (i cd.
ammantati) e dei simboli ad essi associati nel repertorio vascolare italiota. Si tratta di uno
schema iconografico di origine attica, il cui significato viene ricondotto, nella letteratura
più recente, alla rappresentazione dei politai di pieno diritto.
Dopo aver esplorato in maniera dettagliata la documentazione che permette di com-
prendere coerentemente il significato di tale schema iconografico, si analizza un corpus di
vasi italioti nelle cui decorazioni a tali personaggi vengono associati dei cosciotti di carne
sacrificale, elementi di cui vari tipi di fonti elleniche, accuratamente passate al vaglio nel
contributo, sottolineano la forte carica di significato nell’ambito delle forme di autorap-
presentazione sociale.
L’analisi di tale corpus di documentazione è particolarmente rilevante rispetto al con-
testo magnogreco, ambito per molti versi sfuggente, in quanto privo di documentazione
sufficiente ad affrontare in maniera concreta il tema della spartizione e del consumo della
carne sacrificale e del significato sociale ad essa correlato.
Le ipotesi interpretative avanzate non vengono proposte unicamente sulla base dell’a-
nalisi di uno schema iconografico che, come si vedrà, singoli pittori attivi nel periodo
compreso tra la fase cd. protoitaliota e quella cd. medioitaliota ripropongono in maniera
schematica e con poche variazioni significative: nel contributo viene infatti analizzato il
programma figurativo complessivo dei singoli manufatti, che comprendere anche l’im-
magine raffigurata sul lato principale di ciascun vaso passato in rassegna, sempre con una
forte valenza erotico-matrimoniale esplicitamente riferita al passaggio di status di giovani
personaggi nella loro piena trasformazione in politai.
Lo studio della documentazione che si prende qui in analisi sembra dunque mostrare
in maniera coerente come – al pari di altri simboli iconografici – i quarti di carne sacrifica-
le siano stati consapevolmente impiegati dagli artigiani magnogreci quali elementi efficaci
a rispondere, all’interno di un programma figurativo complesso e coerente, a particolari
istanze auto rappresentative e comunicative dei fruitori dei vasi figurati.
La presenza predominante dello schema iconografico che riproduce due o più perso-
naggi abbigliati con himation (i cd. ammantati) sul lato secondario (cd. lato B)3 dei vasi a
figure rosse italioti costituisce una delle caratteristiche più comuni – e ancora largamente
controverse – di tale classe produttiva dell’artigianato magnogreco.
Come è ormai ben noto, analogamente a quanto si registra per altre produzioni regio-
nali della ceramica a figure rosse, nel contesto artigianale italiota tale tipo iconografico fu
mutuato dal repertorio della ceramica attica (vd. infra); dunque, per comprendere concre-
tamente il suo significato in ambito locale è necessario analizzarne innanzitutto l’origine
e le modalità di ricezione.
ceramica attica
3
Sui problemi relativi al riconoscimento di un lato ‘primario’ (lato A) e un lato ‘secondario’ (lato B) dei
vasi figurati vd., in particolare, turner 2000, pp. 60 e 61. Si specifica che all’interno del presente contributo le
definizioni lato A (o primario) e lato B (o secondario) sono impiegate quali formule convenzionali.
4
vd. infra.
5
beazley 1959, p. 51; boardman 2001, p. 187. Vd. tuttavia quanto già osservato in hollein 1988, p.
note e discussioni 561
Sulla scorta degli elementi iconografici specifici, e in primo luogo la presenza dell’hi-
mation, a partire dagli ultimi decenni si sono proposte letture diverse degli ammantati
pedissequamente riproposti sul lato B dei vasi a figure rosse attici, che, specie nella lette-
ratura più recente, vengono correntemente interpretati come gruppi di cittadini ateniesi6.
Tale linea interpretativa sembra sostanzialmente convalidata dall’analisi degli attributi che
vengono frequentemente associati ai differenti personaggi rappresentati, ossia lo strigile e
il bastone ‘civico’. Infatti, il primo elemento costituisce l’emblema della pratica sportiva
che caratterizza l’agathos polites e, in generale, del contesto del ginnasio, spazio in cui,
secondo i canoni sociali in voga nell’Atene democratica, hanno luogo le discussioni sui
temi della politica e della vita cittadina7; il secondo, invece, secondo una diffusa con-
venzione figurativa attica, rappresenta un simbolo iconografico concreto della maturità
acquisita dai politai8.
In un recente studio di M. Franceschini9 si è prestata particolare attenzione alla pre-
senza del tipo figurativo degli ammantati nel repertorio vascolare attico, analizzando in
maniera dettagliata le scene con i personaggi vestiti di himation in relazione all’intero pro-
gramma figurativo dei singoli vasi presi in analisi10 e affrontando il tema dal punto di vista
della sua elaborazione originaria e del suo sviluppo diacronico. Rispetto al discorso che
qui interessa, è necessario ripercorrere sinteticamente i punti chiave della ricostruzione
compiuta dalla studiosa, che ha messo in luce in dettaglio i passaggi attraverso cui, lungo
l’ampio arco cronologico compreso tra i secoli VI e III a.C., questo schema iconografico
fu oggetto di un lento processo di standardizzazione:
- 1) i personaggi ammantati fanno la loro comparsa nel repertorio della ceramografia
attica a partire dalla produzione tarda della ceramica a figure nere, sostituendo i più antichi
‘bystanders’ abbigliati con himation e chitone, e, in assoluta continuità, sui vasi figurati
attribuibili ai cd. pionieri e ai primi artigiani operanti nella tecnica a figure rosse11; nel-
le prime fasi, tali personaggi sembrano volutamente rappresentati ai margini del nucleo
narrativo che costituisce il punto focale della raffigurazione (i. e. quello del cd. lato A) ad
osservare, senza esserne coinvolti, lo svolgersi delle azioni in qualità di spettatori12.
282 e ferrari 1990, p. 186, dove si rileva che «the traditional explanation, “conventional conversation scene”,
acknowledges that the picture is commonplace, as its frequency and repetitiveness indicate. This is not to say, as
the labels implies, that the image is meaningless. On the contrary: by definition, what is commonplace is packed
with meaning, so consistent and obvious to the viewer toward whom the image is directed as to be subliminal...».
6
zanker 1995, pp. 50-57 e 62-69; catoni 2005, pp. 267-268; franzoni 2006, pp. 169-172 e 192-
197; franceschini 2016, part. p. 185 e ss. Le pose e i gesti specifici compiuti dagli ammantati sarebbero
da ricondurre alla volontà dei pittori di differenziare i personaggi rappresentati per classi di età e ruoli sociali:
langner 2012, pp. 13-14. Le letture del Langner si ricollegano, per diversi aspetti, a quanto già osservato in
isler-kerényi 1993 (cfr. id. 1996): nelle sue linee generali, sembra assumere particolare valore l’interpreta-
zione simposiaca degli ammantati ivi proposta; per vari elementi, questi vengono messi in rapporto a Dioniso, e
in particolare alla supervisione del dio sulle trasformazioni che periodicamente i membri del corpo sociale erano
chiamati a compiere (su tali aspetti cfr. turner 2003, pp. 143-144).
7
langner 2012, pp. 12-13.
8
couvret 1994.
9
franceschini 2016.
10
Su tale aspetto cfr. langner 2012, p. 14.
11
franceschini 2016, pp. 171-174.
12
Al riguardo, particolarmente significativo è il riferimento a stansbury-o’donnell 2006, passim,
dove si classificano le immagini degli spettatori sulla ceramica attica nel periodo compreso tra il 575 e il 490
il a.C.; sull’interpretazione dei personaggi ammantati che compaiono sulla ceramica attica del primo venticin-
quennio del V secolo a.C. come spettatori vd. mattusch 1996, pp. 53-58; cfr. castoldi 2006, p. 150, con
bibliografia precedente.
562 note e discussioni
- 2) per il periodo compreso tra il 490 e il 480 a.C. si rileva una generale tendenza dei
pittori a separare gli ammantati dal nucleo narrativo principale del vaso figurato e relegarli
nelle immagini del lato B; tuttavia, pose e gestualità dei personaggi rappresentati sembra-
no indicare che tali individui siano emotivamente coinvolti nell’azione che si svolge sul
lato opposto: dunque, come i più antichi ammantati, essi rappresenterebbero spettatori che
invitano l’osservatore esterno a guardare con maggiore coinvolgimento alla narrazione
figurata13.
- 3) A partire dalle decadi successive al 480 a.C. si registra un vero e proprio processo
di standardizzazione, che porta ad una semplificazione del tipo iconografico dei personag-
gi ammantati: reso man mano più schematico e statico, esso viene utilizzato esclusivamen-
te per la decorazione del lato B dei vasi, il cui legame con il lato principale è rintracciabile
con difficoltà sempre maggiori. Tale processo di standardizzazione sarebbe sostanzial-
mente legato allo scopo di rendere i personaggi ammantati elementi «metanarrativi» per
gli osservatori esterni, ovvero «omiscient narrators in the imagery, as the external viewer
had to be in his own world»14.
ceramica italiota
13
franceschini 2016, pp. 174-175; cfr. langner 2012, pp. 14-15.
14
franceschini 2016, p. 184; cfr. giudice rizzo 2002, pp. 101-107, part. p. 105.
15
Vd. infra.
16
Si tratta delle produzioni della Beozia (sebetai 2014), di Ambracia (angelli 2014) di Corinto
(mcphee 2014) e della Macedonia (akamatis 2014).
17
Sulla mobilità dei pittori vd. lippolis 2018 e i diversi contribuiti raccolti in denoyelle, pouzadoux,
silvestrelli 2018.
18
schmidt, trendall, cambitoglou 1976, p. 25 (cfr. andreassi 1979, p. 19 e zampieri 1996, p. 71).
note e discussioni 563
zione, nel contributo Red Figure Vases of South Italy and Sicily (1989), il neozelandese
ha concluso che le figure d’ammantati nei vasi italioti non esprimano che un’allusione al
mondo della palestra e della scuola19.
Importanti considerazioni sul tema iconografico sono state avanzate solo in anni più
recenti da M. Castoldi, che, sulla base degli elementi iconografici e degli specifici oggetti ad
essi associati (halteres, strigili e dittici scrittori), ha interpretato gli ammantati della produ-
zione italiota come «cittadini di pieno diritto» e «fratelli» degli ammantati di Atene20. A con-
clusioni analoghe è giunto in seguito M. Langner, il quale, pur notando i tentativi da parte dei
pittori magnogreci di attualizzare l’immagine dei personaggi vestiti d’himation attraverso la
rappresentazione di individui differenziati per genere (uomini e donne), classe di età (adulti,
giovani, bambini) e attributi peculiari (bende, phialai, piatti e corone), ha interpretato la loro
presenza sulla ceramica italiota come un «adopted symbol of greekness»: secondo l’auto-
re, la riproposizione fedele di elementi iconografici ed attributi specifici mutuati dal tipo
figurativo attico sembrerebbe indicare che, nel contesto italiota, «the Attic way of depicting
citizens was taken over and accepted» e, pertanto, la ricezione dello schema iconografico
degli ammantati costituirebbe, per l’ambito magnogreco come per gli altri contesti produttivi
ellenici, una spia dell’«athenization of the late classical imagery»21.
V. Sebetai ha recentemente espresso alcune riserve al riguardo: rispetto all’introdu-
zione del tipo iconografico degli ammantati nelle immagini dei vasi figurati di produ-
zione beota, che si registra a partire dalla seconda metà del V secolo a.C., la studiosa si
è interrogata sulle motivazioni per cui i pittori diversi da quelli attici avrebbero dovuto
riproporre, per un contesto differente da quello attico, «an imagery which exalts the citizen
of the Athenian democracy», ovvero «an unpopolar regime in Boeotia in the second half
of the fifth century»22. Poiché nelle scene dei vasi a figure rosse prodotti in Beozia agli
ammantati sono associati principalmente strumenti di culto, la Sebetai ha ipotizzato che
nel contesto locale lo schema iconografico formulato in Attica per la rappresentazione dei
cittadini di pieno diritto sia stato modificato in un tipo figurativo volto alla raffigurazione
dei giovani beoti nell’ambito delle cerimonie rituali23.
Per l’ambito italiota M. Castoldi ha ipotizzato analoghi processi di evoluzione seman-
tica dello schema iconografico attico originario, che sarebbe stato impiegato per la deco-
razione dei manufatti della prima fase produttiva (cd. protoitaliota) in virtù della sua coe-
renza rispetto al sistema decorativo e ai temi caratteristici dello stile in voga in tale fase,
correntemente definito, per l’appunto, ‘atticizzante’: l’introduzione di pilastrini ed altarini
in associazione ai personaggi ammantati che si registra a partire dalla fase successiva
(cd. lucana e apula antica) mostrerebbe che il tipo iconografico attico sia stato tradotto in
seguito in uno schema figurativo dalle «valenze cultuali più generiche»24.
In ogni caso, va specificato che, come per la produzione attica, notevoli problemi
pone il tentativo di individuare la relazione che intercorre tra il tipo iconografico degli
ammantati raffigurato sul lato B dei vasi e il nucleo narrativo principale rappresentato
19
trendall 1989, p. 13.
20
Vd. castoldi 2006, p. 150, dove si rileva che, a differenza degli ammantati ateniesi, «gli ammantati
italioti sono però sempre privi di barba, quindi eternamente giovani, e questo rende ancora più evidente il loro
legame con l’efebia e, di conseguenza, con lo status cittadino» (cfr. isler-kerényi 2004, p. 248 e castoldi
2008, pp. 255-259). Per quanto riguarda in particolare la presenza dello strigile, alcune analoghe osservazioni
erano state già compiute in cassimatis 1991, part. pp. 191-192.
21
langner 2012, pp. 14-19.
22
sebetai 2014, part. pp. 32-34.
23
id., p. 34.
24
castoldi 2006, p. 150 e nota 53.
564 note e discussioni
dalle immagini del lato A, poiché anche nelle immagini dei vasi italioti lo schema figura-
tivo sembra accompagnarsi ad ogni soggetto senza un apparente collegamento e, pertan-
to, risulta spesso difficile decifrare le connessioni e i significati sottesi all’intero sistema
decorativo; tuttavia, frequenti sono gli indizi che consentono di ricostruire un programma
coerente che rimanda, nel suo insieme, ai passaggi di status in relazione all’assunzione
della cittadinanza di pieno diritto25.
Al riguardo, bisogna forse chiedersi se il tipo iconografico standardizzato degli
ammantati abbia rivestito nelle immagini della ceramica italiota la medesima funzione
ipotizzata da M. Franceschini per il contesto attico (vd. supra), ossia quella di indurre
gli osservatori greci vestiti di himation, alter ego dell’immagine figurata sul lato cd. B
del vaso, ad osservare con maggiore coinvolgimento emotivo i temi rappresentati nelle
immagini del cd. lato A26. Va tuttavia rilevato che il tema iconografico degli ammantati
costituisce lo schema utilizzato anche per decorare il lato cd. lato B di crateri a colonnette,
nestorides e vasi cantaroidi nelle cui scene principali compaiono personaggi in costume
indigeno27, ovvero di quei vasi che fin dalla fase cd. protoitaliota furono esplicitamente
concepiti, dal punto di vista morfologico e figurativo, per il mercato non greco 28: tali
documenti porterebbero a concludere che nei contesti anellenici della Magna Grecia gli
ammantati a colloquio potevano essere identificati anche con personaggi indigeni.
A conferma di questa ipotesi si può richiamare quanto messo in luce da M. Castol-
di a proposito di due raffigurazioni singolari all’interno del corpus di vasi italioti che
rappresentano personaggi e altri oggetti entro naiskoi funerari, ovvero quella dell’anfora
Intesa San Paolo 130 e quella dell’anfora Vaticano T10, entrambe attribuite al Pittore di
Maplewood e datate al secondo quarto avanzato del IV secolo a.C.29 Va sottolineato che
le decorazioni di questi due vasi sono importanti innanzitutto in relazione alla decodifi-
ca del significato generale che assumono i giovani personaggi ammantati all’interno del
programma figurativo: come sottolineato della Castoldi, l’ammantato non viene qui raffi-
gurato sul lato B, bensì sul lato principale del vaso, all’interno del naiskos, elemento che
privilegia la dimensione militare e la connotazione eroica dei defunti e, come mostrano i
piedi nudi, a simboleggiare la pratica atletica, esso visualizza «un giovane morto prima di
diventare, di fatto, un guerriero», che, dunque, viene immortalato in una dimensione più
propriamente ‘civica’ che eroica30.
Un elemento di rilievo in relazione al tentativo di definire il punto di vista degli osser-
vatori epicori è da costituito dal fatto che i due vasi del Pittore di Maplewood appartengo-
no ad una categoria di manufatti che parlano un linguaggio greco-italico: la scelta di tipi
25
In tal senso, degni di rilievo sono gli esempi analizzati in moret 1979, e in particolare è interessante
il cratere attribuito al Pittore di Amykos (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, H 2869), dove, come in altri
casi analoghi, al centro degli ammantati raffigurati sul lato B compare un pilastrino con l’iscrizione TEPMΩN,
che fa riferimento all’attività atletica e, sul lato principale, in evidente collegamento, Eros palaistrites (p. 9).
Più di recente, nell’ambito di un contributo su un cratere italiota attribuito allo stesso Pittore di Amykos (Museo
Nazionale Etrusco “P. Aria”, n. 321), gli ammantati presenti sul lato B sono stati interpretati come elementi
che alluderebbero alle tappe del percorso giovanile e, pertanto, sarebbero coerentemente connessi alla scena
raffigurata sul lato A, in cui si è vista un’allusione al mondo della caccia e della preparazione atletica, ovvero al
percorso che porta il giovane efebo all’assunzione del ruolo di cittadino maturo (baldoni 2015). Su tale linea
interpretativa cfr. turner 2003, pp. 143-144, 148 e isler-kerényi 2004, p. 248.
26
Vd. franceschini 2016, p. 185 e ss. e paragrafo precedente; in tal senso, per quanto riguarda l’ambito
italiota in particolare, vd. quanto osservato in söldner 2007, p. 163.
27
Vd. schneider-herrmann 1980, p. 48.
28
Vd., da ult., roscino 2009 e carpenter 2018.
29
castoldi 2008, pp. 253 e 254, con bibliografia precedente alle note 30 e 31.
30
id., p. 257.
note e discussioni 565
iconografici greci utilizzati per la loro decorazione – e.g. gli stessi naiskoi – si affianca
ad elementi di matrice ‘italica’, e in primo luogo alla rappresentazione di personaggi in
costume indigeno31.
In sintesi, per quanto riguarda il discorso che qui interessa, gli schemi iconografici
delle due anfore del Pittore di Maplewood permettono di comprendere in maniera con-
creta i risvolti ideologici e il significato profondo che gli ammantati rivestono della pro-
duzione italiota, dove tali personaggi, simboli dello status cittadino greco di pieno diritto,
s’inseriscono anche in contesti figurativi di stile ‘misto’, in cui vengono espresse istanze
sociali e rituali primarie, tanto per i fruitori Greci quanto per quelli Indigeni.
Prima di passare ad analizzare il corpus di vasi italioti decorati con le immagini degli
ammantati in associazione alle cosce di carne sacrificale è necessario passare al vaglio la
documentazione che permette di comprendere il significato attribuito a queste ultime nel
mondo ellenico.
La vittima sgozzata costituiva un elemento di particolare importanza nel contesto del-
la thysia greca32, azione rituale posta al centro simbolico della polis, le cui complesse geo-
metrie sociali si riflettevano nelle parti commestibili della carcassa, che a differenza della
gran parte delle ossa e del grasso, di norma destinati all’offerta per gli dei, erano distribuite
tra la comunità degli umani33.
Differenti tipi di fonti di età classica ed ellenistica, e in particolare quelle relative ad
Atene e all’Attica, aiutano a ricostruire le complesse dinamiche definite dalla divisione delle
carni, che confermava e riaffermava il modello isonomico posto alla base della vita del-
la polis, trovando una significativa correlazione con i principi del sistema democratico: ai
fedeli che partecipavano ai grandi sacrifici urbani erano garantite porzioni di carne di uguale
peso (moirai)34; parti semplici o raddoppiate ricevevano invece gli esponenti istituzionali,
secondo una gerarchia rappresentativa basata sui ruoli politici e amministrativi ricoperti35,
31
id., pp. 257-259; si rileva inoltre che, «non a caso, il Pittore di Maplewood [...] raffigura spesso scene
con guerrieri in costume locale, e appare quindi impegnato in un repertorio destinato alla committenza indigena»
(p. 259).
32
Sul sacrificio nel mondo greco in generale vd. sassu 2017, con rassegna delle diverse teorie sul signifi-
cato concreto della pratica rituale e relativa bibliografia.
33
Il pasto rituale rinnovava la comunione degli uomini con le divinità, che prendevano parte al banchetto
anche in memoria del periodo, trasposto in una fase mitica, in cui essi sedevano alla stessa mensa. Il contrasto
definito dal rituale, che distinguendo tra parti commestibili e non commestibili segnava, al contempo, la con-
creta separazione tra la comunità umana e le divinità (vd. in part. vernant 1979), è stato forse eccessivamente
enfatizzato dagli studiosi francesi di matrice strutturalista (al riguardo: grottanelli 1988, pp. 23-31; ekroth
2008, part. p. 93).
34
L’assegnazione delle moirai, che erano conferite sulla base del diritto di cittadinanza (come lascia inten-
dere il testo di alcuni documenti epigrafici, in part. IG II2 334 – vd. nota successiva), definiva un sistema in
cui «manger à parts égales, c’est produire et reproduire l’égalité politique» (loraux 1981, p. 620); cittadini
e stranieri, nominati per decreto, potevano essere invitati a partecipare rispettivamente al deipnon o alla xenia,
banchetti pubblici organizzati dalla polis in singole occasioni; sulla divisione egualitaria vd. schmitt-pantel
1992, passim; ekroth 2008, pp. 99-100; sui limiti della divisione: grottanelli 1988, pp. 31-35; van stra-
ten 1995, pp. 125-126; naiden 2012, pp. 61-70.
35
Vd. ed es. il testo di IG II2 334 (decreto relativo alla distribuzione delle carni nelle Piccole Panatenee
di Atene, 335-330 a.C.), che mostra una preminenza delle figure istituzionali (pritani, arconti, strateghi, etc.),
secondo i modelli della città democratica (schmitt-pantel 1992, pp. 126-128), cui sembra connesso anche
566 note e discussioni
nonché i giovani atleti che avevano riportato la vittoria nei giochi panellenici36. In sintesi,
sulla base della documentazione è possibile ricostruire due sistemi di suddivisione delle
carni che tendono a combinarsi tra loro, ovvero quello della «ripartizione geometrica, che
presiede all’attribuzione delle “parti d’onore” a coloro cui spettano, e quella aritmetica, che
garantisce l’equa distribuzione delle altre parti suddivise kata meras su base egualitaria»37.
Come è noto, fonti di diverso tipo evidenziano che i tagli di carne pregiata ricavati
dalle cosce staccate dalla carcassa costituivano porzioni speciali38: in particolare, in alcuni
documenti epigrafici di età classica ed ellenistica le cosce vengono definite prerogativa
(geras, hierosyne) dei mageiroi39, a cui erano assegnate per il servizio prestato all’inter-
no del sacrificio40. In ogni caso, da alcuni versi di Senofane di Colofone menzionati in
Ateneo41 si evince che le cosce della vittima sgozzata potevano essere conferite anche ad
atleti e/o musicisti come premio onorario per la vittoria riportata nelle competizioni ago-
nali42; la notizia è sostanzialmente confermata da alcuni documenti epigrafici provenienti
da differenti poleis, che evidenziano ulteriormente il significato rappresentativo attribuito
nel contesto ellenico a tali quarti di carne43.
La scelta di destinare le cosce sacrificali all’offerta per gli dei o conferirle ad alcu-
ni esponenti del gruppo sociale, e in particolare ai sacerdoti, è stata ricondotta da J.-L.
Durand alla loro vicinanza agli splanchna, che nel mondo ellenico venivano identificati
come il centro simbolico della vittima e il punto di contatto stesso tra gli uomini e le divi-
nità44; più di recente, G. Ekroth ha osservato che le cosce costituiscono porzioni sostan-
ziali della carcassa, pari a circa un decimo della sua carne commestibile ed un sesto del
lo sviluppo in età classica di precise tipologie architettoniche per lo svolgimento dei pasti rituali in relazione ai
santuari e altri edifici pubblici (lippolis 2012a).
36
Come gli esponenti politici, anche gli atleti ateniesi che avevano conseguito la vittoria nei giochi panelle-
nici ricevevano porzioni onorarie di carne sacrificale (vd. infra) e beneficiavano della sitesis, ovvero il diritto di
mangiare ogni giorno nel pritaneo, che rientrava tra le megistai timai conferite dalla polis: vd. il testo del decreto
cd. del pritaneo (IG I3 131), recentemente datato introno al 425 a.C. (rivolta 2014).
37
caliò, camera 2017, p. 270. Va ricordato che diversi decreti onorari di età ellenistica mostrano che
sistemi di ripartizione onoraria erano definiti anche per i sacrifici svolti dalle comunità sacrificali afferenti alle
sottounità civiche della polis, come i demi e le associazioni di culto, in cui la divisione onoraria poteva costitu-
ire uno strumento per l’integrazione di euergetai all’interno di gruppi sociali in cui di norma non erano inclusi
(carbon 2018).
38
Sul tema vd. in part. van straten 1995, pp. 154-155; tsoukala 2009, pp. 6-10; ekroth 2011, pp.
36-38; id. 2013; caliò, camera 2017, pp. 266-270; carbon 2017, passim.
39
E.g. in IG I3 246 e IG II2 1237.
40
Per affermare la giusta suddivisione posta alla base dalla comunità, i mageiroi esercitavano le arti dell’a-
stronomia e della geometria che, nel contesto della ripartizione delle carni della thysia, si integravano con le arti
sacrali (caliò, camera 2017, p. 257).
41
xenoph. fr. 6 D.-K.; athen. Deipn., IX, 368d-f.
42
La traduzione e l’interpretazione del Lesher («You (the athlete) sent (i.e. for the sacrifice) a thigh of a
goat; you won (as a prize) the fat leg of a bull, quite an honour for someone whose fame will spread throughout
Greece and will last so long as there are Greek songs») si basano in parte sulla connessione dei versi con la
polemica senofanea sugli onori tributati agli atleti (vd. fr. 2) (lesher 1992, pp. 67-68); V. Tsoukala ha rilevato
che, in ogni caso, «It is unclear whether the winner to whom Xenophanes refers took part in an athletic o musical
competition, but his fame, according to the poet, will always be remembered through the songs written for him»
(tsoukala 2009, p. 10).
43
tsoukala 2009, pp. 10-11, con bibliografia; va osservato che solo nei documenti di età ellenistica viene
indicato che la specifica parte di carne conferita come premio onorario è la coscia (skelos, kole), a differenza
di quanto avviene nell’unica attestazione di età classica, dove non viene citata la porzione di carne assegnata al
vincitore; per le testimonianze iconografiche vd. infra.
44
Sulla nozione di ‘centro splanchnico’ vd. in part. durand 1979, pp. 139-150.
note e discussioni 567
suo peso (comprese le ossa) e, dunque, dal punto di vista quantitativo esse rappresentano
elementi di rilievo della vittima sacrificale45.
In ogni caso, le immagini vascolari – principalmente quelle attiche – costituiscono
una fonte documentaria di particolare rilevanza, poiché permettono non solo di integrare
le informazioni sulla macellazione rituale delle cosce fornite da altri tipi di fonti, ma anche
di comprendere concretamente il significato simbolico attribuito in ambito ellenico a tali
porzioni della vittima sgozzata: com’è noto, lo scalco dei femori dai quarti di carne stac-
cati dalla carcassa e la loro offerta sugli altari costituisce uno dei momenti specifici su cui
i pittori focalizzano l’attenzione46, ma ben attestate sono anche le scene in cui vengono
rappresentate singole cosce o gruppi di cosce, appese o tenute in mano da individui che
le mostrano o le offrono, secondo schemi iconografici che, in maniera convenzionale,
evidenziano la mancanza dei femori prelevati in precedenza47.
In relazione al discorso che qui interessa più da vicino, particolarmente importanti
sono le immagini in cui le cosce delle vittime sgozzate vengono inserite in scene che fanno
riferimento alla fase successiva alla macellazione e in contesti non direttamente collegabi-
li alla cerimonia rituale. Tali scene compaiono in un gruppo di 54 vasi attici, databili tra la
fine del VI secolo a.C. e il V secolo a.C., esaminato da V. Tsoukala48. La studiosa ha indi-
viduato diversi schemi iconografici ricorrenti, decodificandone i corrispettivi significati:
il gruppo più rappresentato (nn. 1-27) è costituito da scene in cui le cosce animali vengono
scambiate, come doni erotici, tra efebi e uomini maturi, oppure tra personaggi maschili e
femminili; lo stesso significato è espresso dalle scene in cui le cosce animali sono tenute
in mano da Eros (nn. 43-49); diverso è il caso in cui i quarti di carne sono rappresentati
in associazione a singoli personaggi (nn. 28-42), e dunque non possono essere identificati
come oggetto dello scambio di doni, ma vanno interpretati come simboli che denotano
onore e distinzione; nei casi in cui si tratta di atleti (nn. 30, 34-36) o musicisti (nn. 31-33,
41), è evidente che l’ostentazione delle cosce è connessa al conferimento di premi per il
conseguimento della vittoria nell’ambito di competizioni atletiche o musicali; un caso
singolare è costituito da un’immagine in cui la coscia di carne è raffigurata in associazione
a un personaggio femminile (n. 42), che è stata interpretata, anche sulla base delle fonti
letterarie, come una rappresentazione del premio onorario per il servizio prestato dalle
donne nell’ambito delle cerimonie sacrificali.
Come osservato nell’analitico lavoro di V. Tsoukala, nelle immagini vascolari attiche
la presenza delle cosce animali in contesti diversi da quelli strettamente legati alle ceri-
monie sacrificali riflette l’uso di tali porzioni di carne nella pratica reale solo nel caso in
cui esse sono ostentate da sacerdoti, atleti o da musicisti, vale a dire nei casi in cui rappre-
senta un’offerta onoraria ad esponenti dalla comunità, che rappresentano il gruppo civico
nel suo insieme (vd. supra). Infatti, queste ultime acquisiscono potenzialità semantiche e
45
ekroth 2013, p. 114.
46
Anche se nell’ambito di queste scene non sempre è possibile distinguere i sacerdoti da altri attori sociali
che compiono lo sgozzamento della vittima sacrificale, gli attributi della machaira e del kantharos costituiscono
elementi che permettono di riconoscere in maniera inequivocabile la figura del mageiros (gebauer 2002, pp.
471-478, part. p. 476).
47
durand 1979, p. 135; id. 1984, p. 32; id. 1987, p. 61; macellazioni sperimentali condotte allo scopo
di compiere un confronto con le cosce di carne rappresentate sui vasi figurati sono state eseguite da G. Ekroth e
J. Morton (ekroth 2013, pp. 123 e 124 e figg. 4 e 5; morton 2015, p. 68 e figg. 7.10 e 7.11). In tsoukala
2009, p. 33 si è evidenziato che gli zoccoli relativi alle cosce raffigurate sui vasi sono caratterizzati da una resa
grafica molto più accurata rispetto a quella dei lembi pendenti a rendere le parti carnee prive del femore; pertanto
gli zoccoli costituivano un importante elemento per l’identificazione dei quarti di carne rappresentati.
48
id., p. 14 e ss.
568 note e discussioni
comunicative in parte differenti nel momento in cui passano dalla pratica rituale reale al
mondo delle immagini vascolari, qualificandosi come elementi di espressione simbolica
dello status civico dei diversi personaggi raffigurati in loro associazione, che, in un gran
numero di casi, sono genericamente rappresentati come politai49.
i quarti di carne sacrificale nel contesto delle scene con gli ammantati raffigura-
te sui vasi a figure rosse italioti
Nell’ambito delle scene con i personaggi ammantati raffigurate sul lato B di una serie
di crateri a figure rosse italioti datati tra la prima e la terza fase produttiva (cd. protoitaliota
e medioitaliota) compaiono delle cosce di carne del tutto analoghe a quelle raffigurate sui
vasi attici (Figg. 1-11).
Sul fronte dello stile protolucano, tali elementi iconografici sono documentati nelle
immagini di due crateri attribuiti al Pittore di Pisticci (Fig. 1)50 e al Pittore di Amykos
(Fig. 2)51, mentre, su quello protoapulo, in due crateri del Pittore di Sisifo (Figg. 4-5)52.
Se si esclude il cratere attribuito al Pittore di Ragusa (Fig. 3)53, inserito dal Trendall tra i
«forerunners» dello stile lucano e del cd. Gruppo Intermedio, essi sono attestati in seguito
esclusivamente nelle figurazioni di alcuni crateri apuli, e in particolare in due esemplari
attribuiti al Pittore di Tarporley (Figg. 6-7)54, un esemplare attribuito al Pittore di Hop-
pin (Fig. 8)55, un esemplare ascritto alla cerchia di quest’ultimo (Fig. 9)56, un esemplare
attribuito al Pittore di Truro (Fig. 10)57 e, infine, nel cratere eponimo del Pittore di Rodin
(Fig. 11)58.
Va specificato che non sempre si è riconosciuto il cosciotto di carne rappresentato nel
contesto della scena con gli ammantati (talvolta identificato con un otre vuoto o la guaina
49
«Painter integrated these symbols into social context drawn from daily life, frequently as gifts exchanged
among lovers, friends, and relatives [...]. More generally, the artistic representation of an individual with a
leg joint highlighted his or her participation in the festival of the polis, where he or she could potentially earn
honorary share of sacrificial meat. By extension, therefore, these images of leg joint can be viewed as visual
expression of civic identity» (tsoukala 2009, p. 36).
50
Cratere a campana da Pisticci, Matera, Museo Archeologico Nazionale “D. Ridola” 9975, 450/440-420
a.C. (trendall 1967, n. 1, p. 14; lo porto 1973, pp. 160-162; colucci 2002, p. 162).
51
Cratere a campana, Matera, Museo Archeologico Nazionale “D. Ridola”, coll. Rizzon 164503, 425-400
a.C. (todisco, catucci 2007, pp. 16-17).
52
Fig. 4: Cratere a campana da Pisticci, Matera, Museo Archeologico Nazionale “D. Ridola” 9978, 425-
400 a.C. (lo porto 1973, pp. 178-180; trendall, cambitoglou 1978, n. 63, p. 17). Fig 5: Cratere a colon-
nette da Anzi, London, British Museum F174 - ex coll. Durand, 425-400 a.C. (trendall, cambitoglou 1978,
n. 55, p. 16).
53
Cratere a campana, Trieste, Museo Civico S 411, ultimo quarto del V secolo a.C. - inizi del IV secolo a.C.
(scarfì 1969, p. 5; trendall 1970, n. 416a, p. 15).
54
Fig. 6: Cratere a campana, Brunswick, Bowdoin College Museum 1915.47, fine del V secolo a.C.-inizi
del IV secolo a.C. (trendall, cambitoglou 1978, n. 3, p. 46). Fig. 7: Cratere a campana, Marburg, Univer-
sität-Archäologisches Seminar A786, 380-370 a.C. (trendall, cambitoglou 1978, n. 29, p. 49).
55
Cratere a campana, New York, Christie’s, ex coll. Morven 332, 380-370 a.C. (trendall, cambito-
glou 1978, n. 14, p. 105.).
56
Cratere a campana, Genève, Musée d’Art et d’Histoire 15020, primo quarto del IV secolo a.C. (tren-
dall, cambitoglou 1978, n. 36, p. 107).
57
Cratere a campana, Wien, Kunsthistorisches Museum 894, primo quarto del IV secolo a.C. (cambito-
glou 1977, p. 67 e ss.; trendall, cambitoglou 1978, n. 125, p. 117).
58
Cratere a colonnette, Paris, Musée Rodin TC 970, 370-360 a.C. (trendall, cambitoglou 1978, n.
192, p. 158).
note e discussioni 569
Fig. 1. matera, Museo Archeologico Nazionale “Domenico Ridola’” (9975). Cratere a campana
protolucano attribuito al Pittore di Pisticci (© museo archeologico nazionale “domenico
ridola”, matera).
59
trendall 1970, p. 14; lo porto 1973, p. 162; colucci 2002, p. 162; todisco, catucci 2007, p. 17.
60
plaoutine, roger 1945, p. 52; scarfì 1969, p. 5; trendall, cambitoglou 1978, pp. 16, 46, 50,
158; gebauer 2002, p. 559; christie’s 2004, p. 37; söldner 2007, nota 1259; tsoukala 2009, nota 6.
61
Purtroppo nessun esemplare è riferibile a precisi contesti di utilizzo sulla base di dati di provenienza
sicuri; pertanto, anche le datazioni proposte, desunte dalla letteratura più recente, sono attribuite unicamente su
base stilistica.
62
A riguardo, è interessante il caso del cratere a colonnette attribuito al Gruppo degli Indigeni Barbati (Phi-
ladelphia, University of Pennsylvania Museum of Art and Anthropology L 64.42: gebauer 2002, Sv 23), sul cui
lato A sono raffigurati due guerrieri indigeni che si apprestano a sgozzare una vittima presso un’ara.
570 note e discussioni
Fig. 2. matera, Museo Archeologico Nazionale “Domenico Ridola” (coll. Rizzon 164503). Crate-
re a campana protolucano attribuito al Pittore di Amykos (© museo archeologico nazionale
“domenico ridola”, matera).
63
Sui sistemi di immagini e oggetti nella ceramografia italiota vd. baggio 2013, con bibliografia.
64
tsoukala 2009, p. 34; cfr. paragrafo precedente.
note e discussioni 571
65
Su questi aspetti vd. polito 2003, part. pp. 16-17, con bibliografia precedente.
66
Tra l’altro, come si osserva nelle immagini relative ai manufatti afferenti alle fasi tarde della produzione,
la resa dei diffusissimi halteres e dittici scrittori, ancora impiegati a differenza delle cosce, divenne talmente sti-
lizzata da rendere tali oggetti irriconoscibili: di conseguenza, come è stato osservato, «more likely, their meaning
was so familiar to the potential audience that realistic representation was not necessary» (robinson 2004, p.
199 e fig. 2).
67
Su tale aspetto vd. colivicchi 2004, p. 39, isler-kerényi 2004 e cassimatis 2014.
68
Sulla presenza della cintura nuziale nelle immagini della ceramica italiota vd. dasen 2016, p. 74.
572 note e discussioni
il passaggio sociale
69
La scena raffigurata sul lato A del vaso, come ben noto, è riconducibile al dramma satiresco di Sofocle
Sphyrokopoi, ispirato al mito di Pandora (vd. dearden 1999, p. 240). Sull’isolamento della scena nell’ambito
del repertorio di immagini della ceramica italiota vd. denoyelle 2002, p. 108 e schierup 2014, p. 206.
70
Sulla serie di immagini relative agli agones erotici nei vasi a figure rosse della Grecia e della Magna
Grecia vd. dasen 2016. Sul gioco della morra vd., in particolare, p. 81 e ss.
71
Sulla sostituzione dello sposo con Eros nelle immagini della ceramica italiota vd. colivicchi 2004, p.
39 e figg. 19 e 20; tale sostituzione viene interpretata come una strategia «per rappresentare in modo rassicurante
e favoloso il momento delle nozze».
72
Sulla rappresentazione del kalathos nella ceramografia italiota vd. cassimatis 1990.
73
Sull’incursione dei personaggi maschili all’interno del gineceo vd. lissarrague 1998.
74
Weis 1994, p. 39.
75
Sulla rappresentazione della palla nelle immagini dei vasi italioti vd. baggio 2004, pp. 133-134 e id.
2013, p. 6 e note 48 e 52.
76
Sembra trattarsi di un caso singolare all’interno del repertorio delle immagini vascolari italiote, dove
nella quasi totalità dei casi viene rappresentata la punizione del satiro da parte di Apollo, espressione di un valore
paradigmatico messo in scena attraverso la punizione per la hybris: vd. mugione 2000, pp. 89-94 e 137-138.
note e discussioni 573
Fig. 3. trieste, Museo Civico di Storia ed Arte (S 411). Cratere a campana lucano attribuito al
Pittore di Ragusa (© museo civico di storia ed arte di trieste).
Fig. 4. matera, Museo Archeologico Nazionale “Domenico Ridola” (9978). Cratere a campa-
na protoapulo attribuito al Pittore di Sisifo (© museo archeologico nazionale “domenico
ridola”, matera).
77
Tale aspetto viene esplicitamente rimarcato in plat. Symp., 215c-d6.
574 note e discussioni
Fig. 5. london, British Museum (F174 - ex coll. Durand). Cratere a colonnette protoapulo attribu-
ito al Pittore di Sisifo (da carpenter 2018, fig. 1 e moon 1929, fig. 1).
viduale dei giovani personaggi che attraverso l’esperienza rituale s’immedesimano nel
‘thiasos’ dionisiaco78: il ramo vegetale e la phiale tenuti in mano dai giovani individui
rappresentati nella scena del cratere di Brunswick (Fig. 6), che sono evidentemente assi-
milati a Dioniso e a una baccante, conferiscono alla raffigurazione un’accentuata aura
rituale, enfatizzata dalla presenza del thymiaterion poggiato al suolo; allo stesso modo,
l’efficacia della rappresentazione presente sul cratere di Marburg (Fig. 7), in cui una bac-
cante attinge il vino da un monumentale cratere che reduplica la forma del supporto, è resa
ancora più evidente dalla sostituzione del personaggio maschile con il dio Pan, che sembra
costituire anche in questo caso un esplicito richiamo alla sfera extraumana79.
Un analogo significato esprime la scena raffigurata sul cratere apulo ex coll. Morven
attribuito al Pittore di Hoppin (Fig. 8): il giovane efebo assimilato a Dioniso e la giovane
figura femminile rappresentata come baccante sono affiancati da un satiro che brandisce
una torcia, esplicito elemento sessuale, che svolge, qui come in altri numerosi casi analo-
ghi, il ruolo di intermediatore verso la felicità erotica, intesa come «esito di una metamor-
fosi riuscita»80. Per metamorfosi s’intende, appunto, il passaggio sociale.
Infine, singolare è la scena erotico-matrimoniale del cratere apulo attribuito alla cerchia
del Pittore di Hoppin (Fig. 9), la cui esegesi, per alcuni aspetti, risulta complicata. La pre-
senza del velo sulla testa della giovane ragazza rappresentata al centro dell’immagine indica
che essa ha raggiunto la piena maturità sessuale, mentre la combinazione di tale elemento
78
L’uso del termine thiasos risulta in questo caso ambiguo: infatti, a differenza delle scene di tiaso note nel
repertorio della ceramografia attica «i ceramografi apuli sembrano volutamente limitare i partecipanti a due o tre
persone, per cui il termine tiaso diventa improprio. Non si tratta di situazioni collettive ma di eventi individuali»
(isler-kerényi 2004, p. 246).
79
Diversamente, in tzannes 1997 la scena del cratere di Marburg viene ricondotta alla pratica delle
libagioni rituali.
80
Sul ruolo del satiro nelle immagini vascolari italiote vd. isler-kerényi 2004, pp. 246-247.
note e discussioni 575
Fig. 6. brunsWick, Bowdoin College (1915.47). Cratere a campana apulo attribuito al Pittore di
Tarporley (© college museums of art, boWdoin).
con i gioielli veicola precisi messaggi erotici81. La torcia impugnata dall’efebo di sinistra, la
cui frontalità rispetto al personaggio femminile sembra suggerire una volontà di relazione,
sottolineata anche dallo sguardo penetrante tra i due giovani, costituisce probabilmente un
esplicito riferimento al matrimonio, e in particolare alla processione nuziale. Tuttavia, dif-
81
Sul velo e i significati ad esso sottesi vd. ismaelli 2013, pp. 131-132, con bibliografia di riferimento.
576 note e discussioni
Fig. 8. neW york, Christie’s, ex. coll. Morven (332). Cratere a campana apulo attribuito al Pittore
di Hoppin (da trendall, cambitoglou 1978, tav. 35, 5-6).
Fig. 9. genève, Musée d’Art et d’Histoire (15020). Cratere a campana apulo attribuito alla cerchia
del Pittore di Hoppin (© musée d’art et d’histoire, genève).
ficilmente tale personaggio può essere identificato con lo sposo, che è forse da riconoscere
nel giovane di destra, non ancora in relazione con la nubenda, che attende assiso al di sotto
del velo che pende dallo sfondo del vaso – forse a simboleggiare il successivo atto dell’ana-
kalypsis – pronto a compiere una libagione con la phiale tenuta nella destra. Infatti, il giova-
ne efebo che brandisce la torcia costituisce, con ogni probabilità, un personaggio diverso dal
nubendo, poiché, com’è noto, durante la processione nuziale la torcia era impugnata dalla
madre della sposa, oppure dagli amici o da altri membri del parentado dei nubendi82: tale
82
ebbott 2003, passim.
note e discussioni 577
Fig. 10. Wien, Kunsthistorisches Museum (894). Cratere a campana apulo attribuito al Pittore di
Truro (da cambitoglou 1977, tav. 67, 3-4).
elemento esponeva alla visibilità pubblica la sposa, che, dirigendosi verso la casa dello spo-
so, usciva dallo spazio buio del gineceo, simboleggiando, sul piano metaforico, l’approva-
zione del nuovo oikos, vale a dire la cellula di perpetuazione della polis, da parte dell’intera
comunità83.
In sintesi, le immagini analizzate trovano un denominatore comune nel riferimento
al compimento del rituale che segna il passaggio verso la piena età matura, aspetto che
costituisce un esplicito elemento di connessione con le immagini d’ammantati rappre-
sentate sul lato B dei singoli vasi, poiché anche queste ultime alludono al conseguimento
dello statuto civico (vd. supra). Rispetto al significato specifico dell’associazione con gli
ammantati, un esempio paradigmatico è costituito dal cratere del Pittore di Truro (Fig.
10): come già accennato, in questo caso sembra scorgersi infatti un legame inequivocabile
tra le scene scelte dall’artigiano per la decorazione dei due diversi lati del vaso, poiché la
coscia di carne sacrificale compare sia in associazione agli ammantati raffigurati sul lato
B sia nell’ambito della scena erotico-matrimoniale del lato A, dove tale segno iconico è
associato al cingulum nuziale. Questo singolare accostamento risulta particolarmente inte-
ressante. Il cingulum costituisce infatti un esplicito riferimento alla nascita di un nuovo
membro legittimo della società e, pertanto, la sua giustapposizione con la coscia di carne,
elemento che denota onore e distinzione sociale, sembra assumere un particolare valore
nello specifico contesto figurativo: questi simboli si integrano all’interno del programma
figurativo in un gioco di accostamenti che, significativamente, attribuisce la distinzione
sociale non a singoli individui ma, piuttosto, alla famiglia che si costituisce attraverso il
matrimonio legittimo nel suo insieme, garantendo, attraverso l’oikos, la perpetuazione
della polis; la giovane donna non viene esclusa, poiché nel mondo ellenico, come noto,
proprio per la loro essenziale funzione procreatrice in relazione al pieno compimento del
83
Sulla funzione della torcia in relazione al matrimonio vd., in part., ebbott 2003, p. 9 e ss.
578 note e discussioni
Fig. 11. paris, Musée Rodin (TC 970). Cratere a colonnette apulo eponimo del Pittore di Rodin (da
plaoutine, roger 1945, tav. 36, 1-2).
matrimonio, gli elementi femminili della comunità erano oggetto di onori sociali pari a
quelli normalmente tributati esclusivamente ai membri maschili84.
In ogni caso, degno di rilievo è il fatto che il programma figurativo dei vasi esplicita-
mente indirizzati verso il mercato non greco esprima contenuti semantici e comunicativi
sostanzialmente analoghi. Al riguardo, particolarmente importante è il cratere del Pittore
di Sisifo conservato al British Museum (Fig. 5): anche su questo ben noto vaso, infatti,
alla scena con gli ammantati in associazione alla coscia di carne sacrificale raffigurata sul
lato secondario, si affianca, sul lato principale, una scena di relazione tra i sessi, ossia la
libagione condotta da un personaggio femminile alla presenza di due guerrieri armati85.
Ora, come ha ben visto F. Colivicchi, quest’ultimo tipo figurativo, che veicola precisi
significati erotico-matrimoniali, traduce le scene di relazione tra i sessi note nel reperto-
rio vascolare italiota adattandole ai sistemi sociali propri dei fruitori epicori: nel mondo
indigeno è la prova del valore militare, solo complementare a quello atletico, a sancire la
maturità dei giovani individui e la loro capacità a diventare capi di un nuovo oikos86. Col-
pisce, in particolare, la presenza sul lato secondario del vaso della scena con gli ammantati
in associazione alle cosce di carne sacrificale, elemento che mostra che, in qualche modo,
anche per gli osservatori epicori tali quarti di carne assumevano un significato onorario e
civico, secondo un codice simbolico proprio del mondo greco.
84
Su tali aspetti vd. bruit zaidman 1990.
85
Sulla presenza di analoghe scene di ascendenza ‘italica’ sui vasi del Pittore di Sisifo vd., da ult., roscino
2009, pp. 493-495. In qualche modo connessa a questo tipo di scene di relazione tra i sessi indigene è la singo-
lare immagine presente sul lato A del cratere eponimo del Pittore di Rodin (Fig. 11), che visualizza una sorta di
«komos indigenizzato» (roscino 2012, p. 328).
86
colivicchi 2009, part. pp. 73-74.
note e discussioni 579
conclusioni
L’excursus fin qui compiuto porta ad alcune conclusioni, che sembrano apportare in
primo luogo significativi argomenti a sostegno dell’interpretazione dei cd. ammantati raf-
figurati sui vasi italioti come emblemi dello status cittadino greco: nelle immagini dei vasi
passati in rassegna, agli ammantati vengono infatti accostate le cosce della vittima sgoz-
zata, elementi che alludono chiaramente alla suddivisione delle carni operata nella thysia,
ovvero l’azione rituale che conferma e rinnova l’inquadramento sociale dell’individuo
come cittadino, e dunque concorrono a visualizzare in maniera concreta l’appartenenza
alla comunità della polis.
Il corpus di vasi affrontato mostra che nel contesto delle fasi più antiche della cera-
mografia italiota le cosce sacrificali erano integrate all’interno di un sistema di simboli,
insieme ad altri oggetti che costituivano veri e propri riflessivi visivi dello status civico
(come gli strigili o la cintura nuziale); tale sistema di simboli poteva essere impiegato non
solo in relazione alle immagini degli ammantati raffigurati sul lato B dei vasi, ma anche
nelle scene dell’incontro erotico del lato A, che visualizzavano la definizione sociale dei
membri della comunità attraverso il rito di passaggio sancito dal matrimonio87.
Il linguaggio figurativo impiegato per l’elaborazione di tali immagini risulta del tutto
congruente con quello espresso da numerose maestranze presenti all’interno delle officine
produttive dell’Italia meridionale tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C., che attra-
verso la libera trasposizione di singoli elementi di matrice attica, creano stili e immagini
sostanzialmente nuove88, per rispondere alle istanze comunicative dei ceti emergenti delle
poleis dell’arco ionico e degli insediamenti dell’entroterra indigeno apulo-lucano, dove il
vaso figurato costituisce un vero e proprio simbolo di espressione sociale89.
Va osservato, in conclusione, che l’ideologia sottesa alla raffigurazione degli amman-
tati in associazione alle cosce della vittima sgozzata nei vasi analizzati pone in eviden-
za il rilievo sociale rivestito dalla divisione delle carni sacrificali all’interno delle stesse
comunità greche e indigene dell’area apula e lucana; la valutazione di tale aspetto, in ogni
caso, non può prescindere dalla lettura combinata con la documentazione archeologica, e
in particolare quella relativa ai centri afferenti alle medesime compagni territoriali apule
e lucane90, dove l’azione rituale del sacrificio-banchetto sembra essere rimasta a lungo un
elemento centrale per la costruzione della solidarietà comunitaria e per l’autorappresen-
tazione sociale.
BIBLIOGRAFIA
akamatis 2014: N. akamatis, «Local Red-figure Pottery from the Macedonian Kingdom», in
t. schierup, v. sebetai (eds.), The Regional Production of Red-Figure Pottery. Greece,
Magna Graecia and Etruria, Aarhus 2014, pp. 178-190.
andreassi 1979: g. andreassi, Ceramica italiota a figure rosse della Collezione Chini del
Museo Civico di Bassano del Grappa (Collezioni e Musei Archeologici del Veneto 14), Roma
1979.
87
La stessa possibilità di riconoscere un programma iconografico unitario sembra confermare l’ipotesi,
già formulata nella bibliografia per entrambi gli ambiti produttivi attico e italiota, secondo cui gli ammantati
costituivano veri e proprio elementi ‘metanarrativi’ per i politai che fruivano dei vasi figurati.
88
Sul tema vd. quanto formulato in denoyelle 2018.
89
lippolis 1996.
90
Al riguardo vd., in part., lippolis 2012b, pp. 72-88 e vitolo 2018.
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note e discussioni 583
SUMMARY
A peculiar feature of Southern-Italian red-figure vase painting is the constant presence of complex
systems of different objects and symbols, which, in relation to certain subjects, seem to refer to
well-defined contexts of activities and social status. This paper analyses a corpus of kraters, dat-
ing from the so-called Proto-italiote and the so-called Middle-italiote phase, decorated on the B
side with scenes of the politai groups dressed in himation (the so-called mantled-figures) and on
the A side with scenes illustrating the relationships between the sexes, which allude clearly to the
erotic-matrimonial sphere. In these scenes, the leg joints of sacrificial meat and other iconographic
symbols concur to display civic status, lending different shades of meaning when they are inserted
in specific figurative contextsrofound. The case study shows that in order to understand the profound
meaning of these systems of images it is essential to carry out a complete iconographic analysis of
every single vase examined.