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Medioevo letto,

I l volume raccoglie una serie di scritti inediti in onore del prof. Paolo
Peduto, di cui alcuni Amici, Colleghi ed ex-Allievi dell’Università di
Salerno hanno voluto fargli omaggio in occasione del suo pensionamento.
scavato, rivalutato
Studi in onore di Paolo Peduto

Medioevo letto, scavato, rivalutato. Studi in onore di Paolo Peduto


Il titolo – Medioevo letto, scavato, rivalutato – rispecchia la
diversificazione dei contributi, che interessano la lettura di ‘documenti’
e ‘monumenti’ nella loro accezione più ampia e multidisciplinare. I testi
spaziano dai ricordi giovanili, affidati ad Amici che hanno condiviso
l’esperienza pionieristica degli scavi di Capaccio o le prime ricerche
sui castelli, legate entrambe alle origini dell’Archeologia Medievale in a cura di
Italia, all’approfondimento di fonti scritte, dall’indagine su contesti o Rosa Fiorillo, Chiara Lambert
aspetti insediativi, anche molto differenziati e geograficamente distanti,
all’analisi descrittiva di manufatti. I soggetti scelti dagli Autori hanno
dato luogo ad una ‘miscellanea’ nel vero senso del termine, che rende
pienamente conto della vastità dei problemi affrontati dagli studiosi
del Medioevo negli ultimi decenni; oltre a rispecchiare gli specifici
interessi di ricerca dei singoli, essi sono accomunati dal costante
richiamo ai molteplici temi e luoghi frequentati da Paolo Peduto nel
corso di una lunga carriera di dedizione all’Archeologia Medievale.

€ 32,00
ISSN 2035-5386
ISBN 978-88-7814-564-1

All’Insegna del Giglio


Medioevo Scavato
VII
Medioevo letto, scavato, rivalutato
Studi in onore di Paolo Peduto

a cura di
Rosa Fiorillo e Chiara Lambert

All’Insegna del Giglio


Medioevo scavato – Schola Salernitana si stampa
con il contributo dell’Università degli Studi di Salerno

Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale


Università degli Studi di Salerno
Direzione Prof. Mauro Menichetti
via Ponte Don Melillo – 84084 Fisciano

Direttore responsabile
Paolo Peduto

Comitato scientifico
Rosa Fiorillo
Chiara Lambert

Segreteria di redazione
Angela Corolla
Alfredo M. Santoro

Impaginazione
Massimo Cibelli

Foto
Salvo diversa indicazione,
le foto sono degli Autori

Per uniformità redazionale, nei contributi in lingua francese


si sono seguite le regole della punteggiatura italiana

In copertina: Castello di Mercato Sanseverino (SA). Schizzo planimetrico


eseguito da Paolo Peduto (1963), [Archivio P. Natella].

ISSN 2035-5386
ISBN 978-88-7814-564-1
© 2012 All’Insegna del Giglio s.a.s.

Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s


via della Fangosa, 38; 50032 Borgo S. Lorenzo (FI)
tel. +39 055 8450 216; fax +39 055 8453 188
e-mail redazione@edigiglio.it; ordini@edigiglio.it
sito web www.edigiglio.it

Stampato a Firenze nel novembre 2012


Nuova Grafica Fiorentina
Indice

Bibliografia di Paolo Peduto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9


a cura di Rosa Fiorillo e Chiara Lambert

Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
Mauro Menichetti

Medioevo letto, scavato, rivalutato. Una premessa . . . . . . . . . . . . . 21


Rosa Fiorillo e Chiara Lambert

I giovani dell’Antichità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
Pasquale Natella

Un percorso ventennale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
Matilde Romito

Paolo Peduto e i lavori nel castello di Lagopesole . . . . . . . . . . . . . 39


Attilio M aurano

Una testimonianza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
Gerardo Sangermano

Metamorfosi di Attila . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
Paolo Delogu

I magistri commacini nelle leggi dei Longobardi . . . . . . . . . . . . . . 73


Claudio Azzara

La documentazione scritta di Caputaquis longobarda:


spunti per una revisione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
Maria Galante

Documento-monumento: della duplice natura delle fonti epigrafiche


in esempi della Langobardia minor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
Chiara Lambert
Documenti dei secoli XI-XII dall’Archivio storico della Curia
della Provincia salernitano-lucana dei Frati minori . . . . . . . . . . . 115
Giuliana Capriolo

Rilettura di un abusato topos agiografico: il Mercurion . . . . . . . . . . 125


Giuseppe Roma

«Qui Gurubi montana colunt vallesque malignas» (Coripp. Ioh. 2, 56):


ancora sul problema del controllo bizantino del Cap Bon . . . . . . . . . 137
Pier Giorgio Spanu

Ancora sul mare come metafora di vita nelle pitture


del Westerk carolingio di Corvey . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157
Francesca Dell’Acqua Boyvadaoğlu

Alcune riflessioni sul ciclo iconografico della cappella dell’Angelo


ad Olevano sul Tusciano (SA) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173
Marina Falla Castelfranchi

L’Arcangelo e tre monaci in un pannello affrescato nella grotta


di San Michele a Olevano sul Tusciano . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181
Gioia Bertelli

Dinamiche insediative tra Tardoantico e Altomedioevo: dalla decadenza


di Paestum alla nascita di Capaccio medievale . . . . . . . . . . . . . . 195
Gianluca Santangelo

Controllo del territorio e vie di comunicazione nella politica


di espansione della Ss.ma Trinità di Cava: l’esempio
del Castellum Abbatis (secoli XII-XIII) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 209
Amalia Galdi

Datation et origine du réemploi de colonnes antiques


dans le Haut Moyen-Âge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221
François Widemann

L’abside della cattedrale di Salerno: alcune considerazioni . . . . . . . . 235


Giuseppa Z. Zanichelli

Lettura stratigrafica degli elevati di Palazzo Fruscione (Salerno) . . . . 255


Angela Corolla
I resti del castello di Bova (RC): una lettura archeologica . . . . . . . . 267
Adele Coscarella

Rilievo grafico e topografia cimiteriale: il caso della catacomba


di S. Gennaro a Napoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 281
Carlo Ebanista

Benevento fra Antichità e Medioevo. Nuovi dati


dalle ricerche degli ultimi quarant'anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 315
Marcello Rotili

L’Aquila: infrastrutture idrauliche e ruolo socio-economico dell’acqua


in una città di fondazione medievale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 331
Fabio R edi

Un’archeologia per la storia. Esperienze della Missione Petra ‘medievale’


e l’insediamento di epoca crociato-ayyubide in Transgiordania . . . . . 351
Guido Vannini

Forme ceramiche chiuse dai contesti funerari tardoantichi


di Aeclanum . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 365
Sandra Lo Pilato

Dalla Licia alla Puglia: non solo San Nicola . . . . . . . . . . . . . . . . 377


Paul A rthur

La céramique glaçurée, ‘fil rouge’ entre la côte amalfitaine,


l’Aquitaine et les ‘routes de la soie’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 383
Max Schvoerer et Céline Ollagnier

Fonti scritte e fonti materiali. Produzione e consumo dell’olio


in Basilicata in età medievale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 401
Rosa Fiorillo

Emissioni straniere nel Salernitano fra XII e XIII secolo:


il ritrovamento di alcune monete di Melguiel . . . . . . . . . . . . . . . 411
Alfredo Maria Santoro

Secondo i gran m[a]e[str]i di Salerno: fortuna letteraria di Salerno


con un inedito di Guacci Nobile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 421
Federico Sanguineti
281

Rilievo grafico e topografia cimiteriale:


il caso della catacomba di S. Gennaro a Napoli
Carlo Ebanista

Dalle descrizioni degli eruditi alle prime rappresentazioni


La conoscenza di un sito-monumento è imprescindibile dalla sua corretta e detta-
gliata rappresentazione grafica. Se questa considerazione appare oggi scontata, in pas-
sato non è sempre stato così, in relazione peraltro agli scarsi mezzi disponibili, alle
difficoltà tecniche nell’esecuzione dei rilievi e nella loro resa tipografica, soprattutto
quando si trattava di cavità.
Molto indicativo è in tal senso il caso della catacomba di S. Gennaro a Capodimonte,
un complesso pluristratificato che, a dispetto della sua rilevante importanza nell’ambi-
to dei cimiteri sotterranei paleocristiani, attende ancora la sua edizione completa; gli
studi sulla topografia cimiteriale sono peraltro fermi da quasi 40 anni, allorché nel 1975
Umberto M. Fasola, dopo la scoperta della ‘cripta dei Vescovi’, diede alle stampe la sua
fondamentale monografia 1. In questa sede per indicare gli ipogei, ho utilizzato le sigle
alfanumeriche registrate nella planimetria allora pubblicata dallo studioso 2. In assenza
di riferimenti, ho integrato la numerazione, seguendo lo stesso criterio che denomina gli
ambienti del livello superiore della catacomba con la lettera A e quelli del livello infe-
riore con la lettera B, entrambe seguite da una cifra in caratteri arabi; le lettere C, D,
E, F, G e H corrispondono agli ipogei retrostanti l’abside della basilica sub divo di
S. Gennaro extra moenia 3.
Sebbene sin dai primi anni del Seicento non fossero mancate descrizioni, più o meno
dettagliate, del complesso cimiteriale 4, bisognò attendere la fine del secolo perché
venissero date alle stampe le prime rappresentazioni grafiche. Nel V volume Delle
notitie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli (Napoli 1692) il canonico
Carlo Celano, a corredo della sua descrizione della catacomba, pubblicò una planimetria
e una sezione (fig. 1), realizzate dall’incisore Carmine Perriello su disegno dell’arch.
Arcangelo Guglielmelli 5 che, d’intesa con lo stesso Celano, nel 1688 aveva operato una
profonda ristrutturazione della basilica napoletana di S. Restituta 6. La planimetria
della catacomba di S. Gennaro, priva di scala grafica ma corredata da una legenda
articolata in 19 punti, è orientata con il nord in alto. In basso a sinistra è raffigurato il

Per la fiducia manifestatami, l’incoraggiamento e il sostegno ringrazio il card. Crescenzio Sepe,


arcivescovo di Napoli, il card. Gianfranco Ravasi, presidente della Pontificia Commissione di Archeologia
Sacra, mons. Giovanni Carrù, segretario dello stesso organismo, e il prof. Fabrizio Bisconti,
Sovrintendente archeologico delle catacombe. Un particolare ringraziamento va all’arch. Rosario
Claudio La Fata e al dott. Giandomenico Ponticelli per l’aiuto fornito nel reperimento e nell’analisi dei
rilievi della catacomba.
1
Fasola 1975.
2
Fasola 1975, piante II-VI.
3
Ebanista 2010b, figg. 1-3.
4
Amodio 2007, pp. 125-129.
5
Celano 1692, fig. tra pp. 62 e 63 («Saggio delle nostre Catacombe di Napoli non potendosi sen-
za gran fatica e tempo delineare tutto dato dal Sig.r Arcangelo Gogliolmelli»).
6
Di Stefano 1975, pp. 141-142; 161-162, nota 6.
282 Carlo Ebanista

presbiterio della basilichetta rupestre (fig. 1 n. 1) che il canonico, secondo la credenza


allora diffusa, identificava con la chiesa dove il vescovo Severo avrebbe traslato i resti
di S. Gennaro 7; nel disegno si riconoscono l’altare (fig. 1 n. 2), la retrostante cattedra
scavata nel tufo e le due aperture che collegano l’ambiente (B12) all’adiacente ‘vestibolo
inferiore’ (B1) (fig. 1 n. 3). Sulla parete nord di questo ipogeo, nel quale Celano
riteneva fossero stati sepolti molti vescovi di Napoli, compare solo una nicchia, a
testimonianza che gli accessi alle camere funerarie B2, B3 e B4 erano murati. Sulla
parete est del ‘vestibolo’ B1 sono chiaramente riconoscibili le due edicole ai lati
dell’ingresso all’ambulacro centrale B9 (fig. 1 n. 12); mancano, invece, gli accessi alle
gallerie laterali (B8 e B10) che evidentemente erano tamponati 8. Questa circostanza è
all’origine dell’errata rappresentazione dell’ambulacro destro (B10) (fig. 1 n. 16), che
viene scorrettamente indicato come parte di un terzo, più profondo livello cimiteriale
collegato con le catacombe di S. Gaudioso e di S. Severo; tra gli ipogei che si aprono
sui lati di B10 è chiaramente riconoscibile la cosiddetta ‘sala della colonna’ (B57) che
aveva una «cupula grande» scavata nel tufo 9. La presenza della tamponatura
dell’ingresso alla galleria sinistra (B8) ha forse determinato la sua sostituzione con la
galleria A4 del livello superiore (fig. 1 n. 6) che è impropriamente congiunta all’ambulacro
centrale (B9) (fig. 1 n. 12) del piano inferiore e viene indicata come accesso alla
catacomba di S. Eufebio. Sul lato opposto, verso la parte sinistra della pianta, la
galleria A4 è correttamente collegata al ‘vestibolo superiore’ A1 (fig. 1 n. 4), dove si
riconoscono gli arcosoli 10 e il triforium che separa l’ambiente dall’antistante
‘antivestibolo’ (A0), il cui accesso è murato; Celano era convinto che dietro la
tamponatura si nascondesse un cunicolo che conduceva alla catacomba di S. Maria
della Vita 11. Immaginaria è naturalmente l’apertura che mette in comunicazione il
‘vestibolo superiore’ (fig. 1 n. 4) con l’ambulacro centrale (B9) (fig. 1 n. 12) del piano
inferiore. Finora scarsamente analizzata, in relazione all’eccessiva schematicità e ai
fantasiosi collegamenti con le altre catacombe di Napoli 12, la pianta fornisce, invece,
alcune utili indicazioni sullo stato dei luoghi alla fine del Seicento e, in particolare, sui
tratti percorribili e sui collegamenti interni. Mi riferisco, ad esempio, alla scala (fig. 1

7
In realtà, come hanno dimostrato gli scavi condotti negli anni Settanta del Novecento, la basili-
chetta rupestre accolse i resti di S. Agrippino e non di S. Gennaro (Fasola 1975, pp. 18-22; 53; 56;
167-168; 171, figg. 8; 105-106, pianta III).
8
Gli accessi vennero riaperti da Galante alla fine dell’Ottocento (Ebanista 2010b, p. 150, figg. 12-
13; Ebanista 2012b, p. 519).
9
«La volta piramidalmente cavata per formare a molta altezza un lucernaio» crollò nel 1872
(Galante 1872, p. 456) e venne sostituita con una copertura lignea che sette anni dopo era già marcita,
tanto che l’arch. Enrico Maurici propose di sostituirla con una volta in muratura di tufo (Ebanista
2012b, pp. 516-517). Per la funzione dell’ipogeo B57 cfr. Fasola 1975, pp. 224, 226, figg. 142-143.
10
L’arcosolio con ritratto vescovile esistente nella parete orientale del ‘vestibolo’, a sinistra della
galleria A2, era identificato da Celano con la tomba del vescovo Attanasio; per l’arcosolio cfr. Fasola
1975, p. 190, fig. 125 (la didascalia per un errore di stampa è stata invertita con quella della fig. 122)
e Amodio 2007, p. 130, fig. 5.
11
Dietro la tamponatura, demolita nel 1832 (De Jorio 1839, pp. 31, 76), si trovava in realtà la
‘vecchia sagrestia’ della basilica di S. Gennaro (Ebanista 2010b, p. 137).
12
Il primo a registrare la credenza fu, a quanto pare, Camillo Tutini nel 1633 (Amodio 2007, p.
128).
Rilievo grafico e topografia cimiteriale 283

n. 19) che dall’ambiente B13 del livello inferiore sale al corridoio A11 al piano superiore 13;
sebbene sia posizionata male, la scala esiste tuttora, a differenza di quella disegnata
nella parte alta della pianta (fig. 1 n. 7). Nella sezione, che forse sovrappone idealmente
la galleria A4 del livello superiore all’ambulacro centrale (B9) del piano inferiore, sono
raffigurati loculi e cubicoli (fig. 1 n. 20); se le pile di loculi sono chiaramente disegnate
in maniera casuale e non realistica, i nicchioni arcuati sovrapposti ai cubicoli trovano
un significativo riscontro nelle architetture scavate nelle pareti dell’ambulacro B9 14.
Poco meno di un secolo dopo, la planimetria venne ripubblicata da Alessio Aurelio
Pelliccia nell’opera intitolata De christianae ecclesiae primae, mediae et novissimae
aetatis politia dissertationes (Vercelli 1785) 15. Il disegno (fig. 2), piuttosto approssima-
tivo 16, ricalca la pianta edita da Celano 17, ma in maniera molto semplificata e in alcuni
casi scorretta. Il n. 20 della legenda, relativo alla sezione di Celano che non viene ripro-
dotta, è, ad esempio, impropriamente segnato in corrispondenza di due cubicoli ubica-
ti sulla parete meridionale dell’ambulacro B9 (fig. 2 n. 12); mancano, inoltre, le due
scale indicate nella pianta seicentesca (fig. 1 nn. 7, 19).
In quello stesso periodo, Richard de Saint-Non inserì nel suo Voyage pittoresque ou
Description des royaumes de Naples et de Sicile (Paris 1781-86) due stampe di Després:
la prima raffigura la porzione della galleria A4 compresa tra l’edicola della Croce (A68)
e il triforium (A70), mentre l’altra è una veduta idealizzata della ‘basilica dei vescovi’
(A69) 18.

I rilievi grafici dal vero


Un vero e proprio salto di qualità si verificò negli anni Trenta dell’Ottocento, grazie
al canonico Andrea De Jorio e al pastore protestante Christian Friedrich Bellermann
che nel 1839 diedero alle stampe, quasi in contemporanea ma indipendentemente l’uno
dall’altro, le rispettive opere 19.
Allo studioso napoletano spetta il merito di aver condotto, tra il 1830 e il 1839, i
primi scavi nel complesso ianuariano per conto dell’Ospizio dei Ss. Pietro e Gennaro 20.
Archeologo, conservatore della ‘sala dei vasi fittili’ del Museo Borbonico e socio ordinario
della Reale Accademia Ercolanese, De Jorio si occupò, tra l’altro, della produzione
ceramica, delle necropoli e della pittura di età classica nell’area napoletana, flegrea e
vesuviana 21. Il suo impegno per la catacomba di S. Gennaro procedé su quattro direttrici
tra loro complementari: il miglioramento della fruibilità dei luoghi, il rilievo grafico
degli ipogei, la ricerca archeologica e la musealizzazione dei reperti 22. Subito dopo i
primi scavi, nel 1833 pubblicò un volumetto, nel quale illustrò brevemente i lavori 23,

13
Secondo Fasola, la scala venne creata dopo la costruzione della ‘basilica dei vescovi’ agli inizi del
VI secolo (Fasola 1975, pp. 208; 214, nota 6, fig. 131, pianta III: Z).
14
Cfr., ad esempio, Fasola 1975, p. 57, figg. 40-41.
15
Pelliccia 1785, fig. s.n.
16
Fasola 1975, p. 14, nota 3.
17
Amodio 2007, p. 136.
18
Fasola 1975, figg. 183, 3; Amodio 2007, p. 134, nota 39, figg. 6-7.
19
Achelis 1936, p. 33.
20
De Jorio 1833; Id. 1839.
21
Navarro 1855, pp. 121-157.
22
De Jorio 1833, pp. 3-5.
23
De Jorio 1833.
284 Carlo Ebanista

senza dare alle stampe i rilievi che aveva fatto eseguire 24. Della seconda campagna di
scavi, condotta negli anni 1838-39, diede conto nella Guida per le catacombe di S.
Gennaro de’ Poveri (Napoli 1839), in cui pubblicò le piante e le sezioni dei due livelli
della catacomba disegnate dall’ing. Giosuè Russo del Reale Officio Topografico, in
collaborazione con Errico Alvini, Carlo Ponza e Michele Ruggiero 25 (figg. 3-4), e due
planimetrie relative all’assetto del sopratterra prima e dopo la costruzione della Nuova
Strada di Capodimonte che aveva contribuito all’urbanizzazione dell’area 26.
Le planimetrie della catacomba, correttamente orientate e con scala grafica in pal-
mi napoletani, sono ricche di dettagli in rapporto alla scala di rappresentazione e deci-
samente più affidabili di quelle pubblicate da Celano e Pelliccia (figg. 1-2); la campitu-
ra a puntinato del perimetro degli ipogei consente peraltro di riportare in tratteggio le
cavità ubicate al livello sottostante o soprastante. Le piante appaiono corredate da
numeri e lettere che rimandano al testo, rendendo agevole la lettura e la comprensione
della topografia cimiteriale. All’epoca della realizzazione dei rilievi, i due livelli del
cimitero erano collegati da altrettante scale: la prima (fig. 3 n. 16), già registrata nella
pianta di Celano del 1692 (fig. 1 n. 19) e definita «antica» da De Jorio 27, portava
dall’ambiente B13 al corridoio A11; l’altra (fig. 3 n. 44), che non compare nella plani-
metria seicentesca ed è indicata come «moderna» dall’archeologo 28, collegava l’area
della ‘basilica dei vescovi’ (A69) al sottostante ambulacro centrale B9. La pianta del
piano superiore della catacomba attesta che l’ingresso alla ‘cripta dei vescovi’ (A6) era
chiuso da un «muro moderno che covre uno spiraglio» 29 (fig. 4 n. 2). Al livello inferiore
l’altare della basilichetta rupestre (B11-B12) è rappresentato con un rettangolo campi-
to in grigio, alla cui faccia anteriore si appoggiano due elementi angolari di colore più
scuro; si tratta, quasi certamente, dei resti dell’altare marmoreo che il cardinale Giaco-
mo Cantelmo fece addossare all’antica mensa nel 1701 e che, poco prima del 1839,
venne in parte trasferito nella basilica subdiale 30. Come attestato sin dall’epoca di
Celano (fig. 1), gli accessi alle gallerie laterali (B8 e B10) del livello inferiore erano
tamponati (fig. 4). Oltre alle planimetrie generali, De Jorio pubblicò la pianta di det-
taglio e la sezione dell’ipogeo B49 31 (fig. 3 n. 36) e del vano A7 (fig. 4: E, F, G) che, ai
suoi tempi, era noto come ‘cella dei sacerdoti’ 32, nonché due sezioni longitudinali sugli
ambulacri centrali (A4, B9) dei due livelli (figg. 3-4). Le sezioni risultano molto detta-
gliate: nei nicchioni arcuati, ad esempio, sono rappresentati i loculi posti nelle pareti di
fondo, mentre i diversi piani di profondità vengono resi con differenti intensità di trat-
teggio; nella sezione del livello inferiore sono raffigurate le formae del soprastante ipo-

24
Ruggiero 1833, p. 113; De Jorio 1835, p. 8.
25
De Jorio 1833, pp. 3-4; Id. 1839, p. 8, tavv. 1-2.
26
Nel 1839 il canonico scrive che, negli ultimi 50 anni, i luoghi appaiono «tanto mutati e pieni di
case e di abitatori»; nel contempo c’informa della scomparsa di alcuni ipogei che aveva esaminato
«alcun tempo indietro» e delle modifiche subite da altri ambienti funerari anch’essi scavati nel fianco
della collina (De Jorio 1839, pp. 6; 19).
27
De Jorio 1839, p. 70, tav. I, n. 16.
28
De Jorio 1839, p. 73, tav. I, n. 44.
29
De Jorio 1839, p. 77, tav. II, n. 2; cfr. Scherillo 1870a, p. 141; Ebanista 2012a, p. 327, fig. 12.
30
De Jorio 1839, p. 68, tav. I, n. 9. Cfr. Pelliccia 1785, p. 117.
31
De Jorio 1839, p. 73, tav. I, n. 36; G, H.
32
De Jorio 1839, p. 81, tav. II: E, F, G. Cfr. anche Bellermann 1839, p. 79, Scherillo 1870a, p.
145 e Fasola 1975, p. 107.
Rilievo grafico e topografia cimiteriale 285

geo A14 e l’ingombro dell’ambiente A16.


Nel rilevare che la planimetria del complesso cimiteriale pubblicata da De Jorio è
stata «più o meno male plagiata sino ai tempi nostri», Antonio Bellucci la definisce
«meno imperfetta» 33 ovvero «la meno inesatta delle antiche» 34. Secondo Fasola, De
Jorio, nella «speranza di vedere prima i risultati» raggiunti da Bellermann, avrebbe
atteso fino al 1839 per pubblicare il volume che era pronto da sei anni 35; in realtà i
numerosi riferimenti alla campagna di scavi del 1838-39 sembrano escludere che l’ar-
cheologo napoletano abbia indugiato così a lungo 36. Le sue indagini si svolsero soprat-
tutto nelle zone estreme delle gallerie del livello superiore e inferiore della catacomba,
probabilmente alla ricerca dei presunti cunicoli che, secondo la tradizione, mettevano
in comunicazione il complesso ianuariano con gli altri cimiteri sotterranei di Napoli; in
questo modo poté smentire la credenza che le catacombe napoletane fossero collegate
tra loro 37.
Nel volume Über die ältesten christlichen Begräbnisstätten und besonders die
Katakomben zu Neapel (Hamburg 1839) Bellermann inserì, tra le altre immagini, le
planimetrie dei due livelli del cimitero (figg. 5-6), una sezione longitudinale sull’ambu-
lacro principale (B9) del livello superiore e una trasversale sui due livelli verso est (al
piano superiore in corrispondenza dell’edicola della Croce (A68) e a quello inferiore
all’altezza dei cubicoli B29 e B38) (fig. 7). I rilievi, con scala grafica in metri e in palmi
napoletani, furono eseguiti dall’arch. Amy Autran 38. Le planimetrie appaiono meno
dettagliate rispetto a quelle edite da De Jorio 39 (figg. 3-4), dalle quali si differenziano
per la rappresentazione più schematica (accentuata dall’uso della campitura piena) e
talora imprecisa 40, per la mancanza di riferimenti alla basilica subdiale (se si eccettua
un accenno alla sagrestia) e per una qualità grafica piuttosto grossolana. I rilievi pub-
blicati da Bellermann vennero eseguiti, con ogni probabilità, durante la sua permanen-
za a Napoli, dove fu cappellano presso l’ambasciata prussiana dal 1827 al 1835 41. La
circostanza che nella planimetria del livello inferiore (fig. 5) pubblicata dallo studioso
tedesco manca il cubicolo B33, scoperto da De Jorio nel dicembre 1838, grazie ad un
saggio praticato nella parete di fondo del presbiterio (B12) della basilichetta rupestre 42
(fig. 3: A), attesta che l’arch. Autran eseguì il rilievo prima di quella data. A conferma

33
AB, Documenti 3, Bellucci – Catacombe, minuta della lettera di Bellucci al presidente dell’O-
spizio, 4 settembre 1933.
34
AB, Documenti 6, Catacombe, Influssi romani ed orientali nella pittura delle Catacombe napo-
letane, conferenza tenuta da Bellucci il 22 febbraio 1936 nel chiostro di S. Chiara per conto dell’Asso-
ciazione Napoletana per i monumenti ed il paesaggio.
35
Fasola 1975, p. 14, nota 4.
36
Ebanista 2010b, p. 133, nota 13.
37
De Jorio 1839, pp. 30-32.
38
Bellermann 1839, p. VI.
39
Basta confrontare, ad esempio, la rappresentazione degli arcosoli e delle formae; la planimetria
del complesso cimiteriale pubblicata da Bellermann è comunque «meno inesatta delle opere preceden-
ti» (Fasola 1975, p. 8).
40
Mi riferisco, tanto per citare alcuni esempi relativi al livello superiore, alla scala tra gli ipogei
A0 e A1, all’edicola della Croce (A68), alla parete ovest della ‘basilica dei vescovi’ (A69) o alla man-
cata raffigurazione del cubicolo A13; al livello inferiore segnalo, tra l’altro, l’omessa registrazione di
moltissimi loculi e arcosoli e, in alcuni casi, addirittura di cubicoli (ad esempio, B33 e B34).
41
Appel 1872, p. 64; McClintock-Strong 1894, p. 417; Achelis 1936, p. 33.
42
De Jorio 1839, p. 69.
286 Carlo Ebanista

della loro anteriorità, le due piante edite da Bellermann registrano, all’imbocco dell’am-
bulacro B8, una scala 43 (figg. 5 n. 7; 6 n. 7) che manca nella planimetria pubblicata da
De Jorio 44 (fig. 3: B); oltre a questa, sono registrate le altre due scale che collegavano i
due livelli del cimitero: una (figg. 6 n. 11; 7) (demolita alla fine dell’Ottocento da Ga-
lante) dall’ambulacro centrale B9 immetteva nell’area della ‘basilica dei vescovi’
(A69) 45, mentre l’altra (figg. 5 n. 17; 6 n. 17) (tuttora esistente) permetteva di salire
dall’ambiente B13 al corridoio A11 46. Le sezioni (fig. 7), meno schematiche rispetto alle
piante (figg. 5-6), evidenziano una rappresentazione sintetica con pochi dettagli, tra cui
il profilo della collina soprastante. La sezione del livello inferiore (fig. 7) si differenzia
da quella edita da De Jorio (fig. 3) per la mancata raffigurazione dell’ipogeo A16 e per
la resa più dettagliata delle tamponature degli accessi agli ipogei B2 e B3, situati sul
lato nord del ‘vestibolo inferiore’ (B1). Al volume di Bellermann è annessa anche una
veduta della galleria A4 con il triforium (A70) 47, più realistica di quella pubblicata da
Richard de Saint-Non alla fine del Settecento. Piuttosto attendibile è anche una vedu-
ta dell’ipogeo A2 con il ‘vestibolo superiore’ (A1) sullo sfondo, realizzata da altri nel
1846 48; del tutto fantasiosa è, invece, una stampa del 1889, in cui si riconoscono alcune
parti del livello inferiore della catacomba 49.

Dal rilievo generale ai dettagli: topografia cimiteriale e spazi liturgici


Dopo l’Unità d’Italia, in un clima di rinnovato interesse per le antichità cristiane di
Napoli, la catacomba di S. Gennaro fu oggetto di indagini da parte di Giovanni
Scherillo, Cosimo Stornajolo e Gennaro Aspreno Galante. Il primo nel 1870 (e poi di
nuovo, senza alcuna modifica, nel 1875) pubblicò le planimetrie dei due livelli (figg.
8-9), due sezioni longitudinali sugli ambulacri A4 e B9, tre prospetti del piano inferio-
re (pareti destra e di fondo del ‘vestibolo inferiore’, porzione iniziale dell’ambulacro
B9), le piante e le sezioni degli ipogei C1, E1, E2, F1 e F2 (fig. 10) ubicati alle spalle
della basilica sub divo; i disegni vennero eseguiti dall’arch. Francesco Vitale che, sul
campo, fu coadiuvato da Galante, allievo di Scherillo 50. Se i disegni degli ipogei retro-
stanti la basilica furono eseguiti ex-novo 51, le planimetrie e le sezioni dei due livelli
vennero tratte da quelle edite da De Jorio nel 1839 (figg. 3-4); si differenziano, infatti,
solo per la qualità grafica notevolmente inferiore e per alcuni dettagli. La pianta del
livello inferiore (fig. 8), ad esempio, integra quella di De Jorio con gli ipogei B2, B3, B4

43
Bellermann 1839, p. 71, tavv. XIII, n. 7; XIV, n. 7.
44
L’ingresso all’ambulacro B8 venne riaperto, alla fine dell’Ottocento, da Galante che rimise in
luce la scala, accertando che era posteriore ai loculi perché li ostruiva e che la parte iniziale della
struttura, «quella cioè che vien fuori delle pareti», era stata rifatta di recente (Galante 1908, pp. 149-
150, fig. a p. 150, pianta n. 25; cfr. Ebanista 2010b, p. 150, fig. 12, n. 25); la scala è stata demolita nel
1953-54 (Bellucci 1957, p. 498; Fasola 1975, pp. 208; 211; 214, nota 9; Ebanista 2012a, pp. 319-320,
figg. 6, 8).
45
Bellermann 1839, tavv. XIV, n. 11; XV.
46
Bellermann 1839, tavv. XIII, n. 17; XIV, n. 17.
47
Bellermann 1839, tav. I; Fasola 1975, fig. 4.
48
Amodio 2007, fig. 9.
49
Fasola 1975, fig. 5.
50
Scherillo 1870b, p. 163, tavv. I-III; Scherillo 1875, p. 112, tavv. I-III.
51
Galante nel 1870 condusse uno sterro dinanzi all’ingresso dell’ipogeo E1 (De Rossi 1871, p. 38;
Galante 1872, p. 461; Ebanista 2010b, p. 144) che ne agevolò il rilievo.
Rilievo grafico e topografia cimiteriale 287

e B5, ma elimina alcuni dettagli e modifica il perimetro di B57. Nella planimetria del
piano superiore (fig. 9) sono rappresentati i vani D1, D2 e D3 (assenti nel disegno del
1839), ma manca l’ambiente A64 (il cui accesso era stato evidentemente murato); ai
lati delle scale di collegamento tra gli ipogei A0 e A1 sono state inserite due rampe
laterali, simili a quelle presenti nei rilievi pubblicati da Bellermann (figg. 5-6). Le se-
zioni dei due livelli (figg. 8-9) sono, invece, una fedele riproduzione di quelle edite da
De Jorio (figg. 3-4). A corredo dei rilievi, Scherillo pubblicò una dettagliata descrizione
con i numeri di rimando alle tavole, sulla falsariga del volume di De Jorio del 1839, al
quale spesso rinvia. Le considerazioni di Scherillo sulla topografia cimiteriale sono tal-
volta completamente errate; è il caso, ad esempio, della sepoltura di S. Gennaro che egli
riteneva fosse stato deposto nella tamponatura di un varco tra la navata (B11) della
basilichetta rupestre e il ‘vestibolo inferiore’ (B1) 52; Galante, a seguito della demolizio-
ne della tamponatura, appurò che, diversamente da quanto aveva ipotizzato il Maestro,
non era «un arcosolio aperto da ambo le parti» 53, ma soltanto un varco. A proposito
dei collegamenti tra i due livelli della catacomba, Scherillo menziona tre scale, preci-
sando, però, che una era scomparsa 54; si tratta della struttura raffigurata all’imbocco
dell’ambulacro B8 nella pianta di Bellermann 55 (figg. 5 n. 7; 6 n. 7), ma assente in
quella di De Jorio (fig. 3: B). Le altre due scale segnalate da Scherillo conducevano
rispettivamente dall’ambulacro centrale B9 alla ‘basilica dei vescovi’ (A69) (fig. 8: C,
16) e dall’ambiente B13 al corridoio A11 (fig. 8: D, 4). Lo studioso menziona, infine,
una quarta scala (fig. 10) che era stata costruita, ai suoi tempi, per favorire l’accesso
all’ipogeo C 56. Galante, per ovvi motivi, giudicò la pianta edita da Scherillo «accurata
e completa» 57, mentre Raffaele Garrucci fece rilevare che «dà per errore un solo arco-
solio nei due ordini della parete di fondo» dell’ipogeo B4 58 (si riferisce alla mancata
rilevazione del vano B70). A testimonianza, comunque, della diffusione dell’opera di
Scherillo tra gli studiosi, le sue piante dei due livelli della catacomba vennero utilizzate
nel 1935 da Henri Leclercq per la voce Naples del Dictionnaire d’archéologie chrétienne
et de liturgie 59, anche se, per un refuso, le didascalie furono invertite 60.
Nel 1879 Stornajolo diede alle stampe la pianta e il prospetto della nicchia absida-
ta (fig. 11) esistente sul lato meridionale della parete di fondo del ‘vestibolo inferiore’ 61
(B1), nella quale Galante aveva da poco eseguito uno scavo 62. Era stato lo stesso
Stornajolo ad auspicare l’avvio dell’indagine archeologica, nella convinzione che la nic-

52
Scherillo 1875, p. 105, tav. I, n. 2; cfr. Amodio 2007, p. 139, fig. 12.
53
Galante 1908, p. 132, pianta, nn. 17-18.
54
Scherillo 1870a, pp. 140-141.
55
Bellermann 1839, p. 71, tavv. XIII, n. 7; XIV n. 7.
56
Scherillo 1870c, p. 204; Scherillo 1875, p. 112.
57
Galante 1872, p. 461, nota 1.
58
Garrucci 1873, p. 103.
59
Leclercq 1935, coll. 701-704, figg. 8676-8677.
60
AB, Documenti 6, Catacombe, Influssi romani ed orientali nella pittura delle Catacombe napo-
letane, conferenza tenuta da Bellucci il 22 febbraio 1936 nel chiostro di S. Chiara per conto dell’Asso-
ciazione Napoletana per i monumenti ed il paesaggio.
61
Stornajolo 1879, tav. II.
62
Galante 1908, pp. 134; 136; lo scavo non può essere avvenuto nel 1890 (Galante 1908, pp. 142;
147) perché viene descritto da Stornajolo 1879, p. 549.
288 Carlo Ebanista

chia corrispondesse al fonte battesimale fatto costruire dal vescovo Paolo II (762-766) 63.
Al fine di ricavare elementi di confronto, Galante eseguì un saggio anche al livello su-
periore della catacomba, in corrispondenza della cosiddetta ‘edicola della Croce’ 64
(A68), dove, secondo un’altra ipotesi allora diffusa, sorgeva il battistero 65. Alla base
della ‘edicola’ lo studioso scoprì «un imbasamento» scavato nel tufo 66, per il quale
Stornajolo – che sempre nel 1879 pubblicò la pianta e il prospetto della nicchia absida-
ta (fig. 12) – ipotizzò la funzione di ambone o di sostegno per i codici durante la litur-
gia 67. Intorno alla struttura, Galante rinvenne tre formae (coperte da «grossi tegoloni»,
ma senza resti umani), frammenti di marmo (uno di verde antico) e un’iscrizione in
latino 68. Confortato dai risultati degli scavi di Galante, Stornajolo si convinse che Pa-
olo II non aveva costruito il battistero in rupe, ma all’esterno della catacomba presso
la basilica subdiale, la cui fondazione, contrariamente all’opinione allora diffusa 69, egli
assegnava alla tarda antichità 70.
Nel 1908 Galante pubblicò una pianta della porzione occidentale del livello inferio-
re della catacomba e della zona antistante a ridosso della basilica subdiale, dove aveva
scavato negli anni 1889 e 1892 71. La planimetria (fig. 13), con scala grafica in metri e
campiture a tratteggio e in due colori (nero, giallo), venne disegnata dall’ing. Rocco
Beneventani per conto dell’Ospizio dei Ss. Pietro e Gennaro 72. Oltre alle strutture ve-
nute alla luce nel corso degli scavi 73, la pianta registra una scala (fig. 13 n. 25) che
dall’imbocco della galleria B8 conduce al livello superiore; quasi certamente era stato
lo stesso Galante a far ripristinare la scala, a seguito della demolizione della tampona-
tura che occludeva il varco sin dai tempi di Celano (fig. 1). La planimetria, che Bellucci
giudicò non esattissima 74, secondo Fasola è un’«opera, archeologicamente assai miglio-

63
Stornajolo 1879, p. 541; cfr. Ebanista 2010b, pp. 145-148, figg. 10-11.
64
Stornajolo 1879, p. 552, tav. II.
65
Stornajolo 1879, p. 547.
66
Galante 1908, p. 142.
67
Stornajolo 1879, p. 554. Secondo Fasola, l’edicola non è una tomba, né una grande nicchia per
lumi o un semplice elemento architettonico, ma un sacello a glorificazione della Croce, eretto dopo il
recupero delle reliquie da parte dell’imperatore Eraclio (Fasola 1975, pp. 180; 182, figg. 109; 119).
68
Stornajolo 1879, pp. 552-553.
69
Cfr., ad esempio, Galante 1872, p. 449 («la grande basilica […] se presistesse al secolo IX o pure
fosse stata di pianta eretta, o solo ampliata da Santo Attanasio il Grande nostro vescovo, non possia-
mo ancora decidere»).
70
Stornajolo 1879, pp. 545-548.
71
Galante scavò nel ‘vestibolo inferiore’, nell’adiacente basilichetta, nell’ambulacro centrale e nel-
lo spazio tra la catacomba e la basilica subdiale; la prima campagna di scavi si svolse dal 22 luglio al
26 ottobre 1889, mentre la seconda ebbe inizio il 1° maggio 1892 e si interruppe poco dopo (Galante
1900, p. 181; Galante 1908, p. 117, nota 2); cfr. altresì Ebanista 2010b, pp. 148-153, fig. 12; Id. 2012b,
p. 519.
72
Galante 1908, pp. 118, nota 1; 121.
73
Mi riferisco, tra l’altro, al fonte battesimale e ai sarcofagi in tufo nel ‘vestibolo inferiore’, al
pozzetto per reliquie nell’altare della basilichetta rupestre e alla tomba di Babulius (Ebanista 2010b,
pp. 148-152, figg. 12; 25).
74
AB, Documenti 6, Catacombe, Influssi romani ed orientali nella pittura delle Catacombe napo-
letane, conferenza tenuta da Bellucci il 22 febbraio 1936 nel chiostro di S. Chiara per conto dell’Asso-
ciazione Napoletana per i monumenti ed il paesaggio.
Rilievo grafico e topografia cimiteriale 289

re» di quelle fatte realizzare dallo stesso Bellucci e da Mallardo 75.


Negli anni Venti, prima che la catacomba passasse sotto la gestione della Pontificia
Commissione di Archeologia Sacra ai sensi del Concordato tra Italia e Santa Sede, la
Soprintendenza all’Arte Medioevale e Moderna della Campania avviò degli scavi nella
basilica subdiale e nei retrostanti ipogei G1 e H1 76. Nel 1930 Emilio Lavagnino, che
aveva condotto le indagini per conto del soprintendente Gino Chierici, diede alla stam-
pa una pianta della basilica 77 (fig. 14) che, oltre ai due ipogei, includeva ampie porzio-
ni dei due livelli della catacomba (non opportunamente distinti, tanto che sembrano
ubicati allo stesso livello). Le planimetrie degli ipogei D1, D2, D3, E1, E2 e C nonché
del ‘vestibolo superiore’ furono realizzate ex-novo, in maniera molto semplificata rispet-
to a quelle edite da Scherillo (figg. 8-9), a riprova che Lavagnino non tenne conto del
rilievo ottocentesco. Discorso analogo vale per il ‘vestibolo inferiore’ (B1), gli adiacenti
cubicoli (B2, B3, B4) e la basilichetta rupestre (B11-B12) che sono delineati in manie-
ra molto schematica, senza i dettagli che caratterizzano la pianta edita da Galante nel
1908 (fig. 13), dalla quale Lavagnino ricavò il profilo dell’absidiola che l’archeologo
aveva scoperto nel 1892 presso il perimetrale destro della basilica 78. Più dettagliata è,
ovviamente, la planimetria degli ipogei G1 e H1 (fig. 14) che Lavagnino mise in luce alle
spalle dell’edificio di culto subdiale. Dal canto suo Chierici nella pianta della basilica
pubblicata nel 1934 (fig. 15) inserì gli ipogei E1 ed E2, oltre alle strutture individuate
negli anni Dieci da Mallardo nell’atrio dell’edificio; di questi resti, sui quali il soprinten-
dente si soffermò con attenzione, fornì anche i rilievi di dettaglio 79 (figg. 16-17).

I nuovi rilievi sistematici: lo scontro tra Bellucci e Mallardo


Negli anni Trenta si verificarono le condizioni per avviare un nuovo rilievo generale
dei due livelli della catacomba; nell’operazione furono coinvolti, quasi in contempora-
nea e indipendentemente l’uno dall’altro, com’era successo un secolo prima con De
Jorio e Bellermann, due allievi di Galante: Antonio Bellucci e Domenico Mallardo.
All’inizio del decennio Bellucci, che di lì a poco sarebbe diventato il primo ispettore
delle catacombe di Napoli, incaricò il geom. Grazio Panico di eseguire le nuove plani-
metrie 80. Il nuovo rilievo, funzionale all’avvio dello studio sistematico del complesso di
S. Gennaro, doveva servire anche ad appurare l’esistenza del supposto terzo livello ca-
tacombale e dei presunti collegamenti con gli altri cimiteri sotterranei della città; seb-
bene De Jorio sin dal 1839 avesse smentito la credenza che le catacombe napoletane
fossero in comunicazione tra loro 81, Bellucci indugiò a lungo su questo fittizio proble-

75
Fasola 1975, p. 8.
76
Ebanista 2010b, pp. 158-165; Id. 2012b, pp. 520-523.
77
Lavagnino 1930, fig. 3.
78
Galante 1908, p. 120, pianta n. 8; Ebanista 2010b, p. 153, nota 144, fig. 12 n. 8. Per la datazio-
ne dello scavo cfr. Ebanista 2012b, p. 519.
79
Chierici 1934, tav. fuori testo, figg. 6-7; cfr. Ebanista 2010a, pp. 179-185, figg. 8-15; Id. 2010b,
pp. 154-155; 158-164, figg. 15-22; Id. 2012a, p. 305; Id. 2012b, p. 519.
80
Ebanista 2012a, pp. 312-313; 325; 327.
81
De Jorio 1839, pp. 30-32.
290 Carlo Ebanista

ma 82. Lo studioso avvertiva «il bisogno di provvedere ad una pianta esatta sotto tutti
i rapporti e di tutte le zone, con spaccati a parte delle singole sezioni di queste»; per
queste ragioni, ottenute «le necessarie e più ampie autorizzazioni dalla Soprintendenza
all’Arte Medioevale e Moderna, e quella dell’Amministrazione dell’Ospizio», incaricò
Panico di recarsi «sul posto con tutti gli strumenti più precisi» per eseguire il rilievo 83.
Le planimetrie dei due livelli del cimitero erano già pronte il 4 settembre 1933, allorché
Bellucci comunicò al presidente dell’Ospizio, che «le piante topografiche delle
Catacombe di S. Gennaro, eseguite sotto la mia personale direzione, sono riuscite in-
sieme opera assolutamente scientifica ed utile come guida anche ad un visitatore di
mediocre cultura»; nel precisare che la nuova pianta era molto più accurata delle pre-
cedenti, propose all’Ospizio di realizzare una guida del complesso cimiteriale «formata
esclusivamente dalla pianta con note dichiarative delle diverse parti della Catacomba» 84.
La sua iniziativa, che non aveva finalità di lucro e voleva «rispettare le promesse fatte
alla precedente Amministrazione pel contributo offerto», prevedeva la cessione dei di-
ritti della pianta e dei suoi testi di commento, in cambio dell’autorizzazione a pubbli-
care il rilievo «in eventuali ricerche archeologiche, non destinate al pubblico in genera-
le, ma ai soli specialisti in Archeologia» e di un numero di copie per sé e per il geom.
Panico (che non sarebbero state messe in vendita ma date in omaggio); rimase, quindi,
in attesa di conoscere le decisioni dell’ente, senza escludere che, in caso di rifiuto,
avrebbe pubblicato altrove il rilievo 85. Il presidente dell’Ospizio accolse prontamente
l’offerta di Bellucci 86 che aveva fatto eseguire il rilievo della catacomba, grazie alla di-
sponibilità della precedente Amministrazione e alle autorizzazioni rilasciate dalla
Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e dalla Soprintendenza ai Monumenti di
Napoli 87. Nel precisare che le piante erano state ultimate e che restavano da «fare sol-
tanto le sezioni e gli spaccati», Bellucci lamentò che Mallardo, avendo ottenuto un
permesso di studio dalla Soprintendenza, stava eseguendo un lavoro analogo per conto

82
Negli anni Venti era propenso a credere all’intercomunicazione tra le catacombe, tanto che avviò
una serie di indagini topografiche, avvalendosi anche dell’ausilio della fotografia area; a partire dagli
anni Quaranta cominciò invece, in maniera sempre più convinta, a respingere la leggenda delle inter-
comunicazioni (Ebanista 2012a, pp. 328-329).
83
AB, Documenti 6, Catacombe, Influssi romani ed orientali nella pittura delle Catacombe napo-
letane, conferenza tenuta da Bellucci il 22 febbraio 1936 nel chiostro di S. Chiara per conto dell’Asso-
ciazione Napoletana per i monumenti ed il paesaggio.
84
La guida sarebbe costituita da «una breve introduzione sulle diverse piante anteriori a quella
che si pubblica, per dimostrane le inesattezze e la necessità della nuova», da una «dichiarazione della
parte storica ed artistica della Catacomba, seguendo in ordine topografico, i numeri di richiamo delle
piante», dalla bibliografia e dalle tavole (qualche vecchia pianta e i nuovi rilievi). Bellucci propose di
realizzare un volumetto di 20 o 30 pagine in 16°, da stampare a spese dell’Ospizio e da distribuire
insieme al biglietto d’ingresso di £ 8 o, in subordine, venduto a parte (AB, Documenti 3, Bellucci –
Catacombe, minuta della lettera di Bellucci al presidente dell’Ospizio, 4 settembre 1933).
85
AB, Documenti 3, Bellucci – Catacombe, minuta della lettera di Bellucci al presidente dell’Ospi-
zio, 4 settembre 1933.
86
AB, Documenti 3, Bellucci – Catacombe, lettera del presidente dell’Ospizio a Bellucci, 16 set-
tembre 1933.
87
Bellucci aveva concordato di cedere i diritti di pubblicazione, in cambio dell’ospitalità che l’O-
spizio avrebbe fornito al geom. Panico durante il periodo necessario al rilievo e della collaborazione di
alcuni ricoverati nella struttura (AB, Documenti 3, Bellucci – Catacombe, minuta della lettera
di Bellucci al presidente dell’Ospizio, non datata ma anteriore alla missiva inviata da Mallardo a
Chierici il 12 ottobre 1933, cfr. ASBAN).
Rilievo grafico e topografia cimiteriale 291

dell’Associazione napoletana per la tutela dei monumenti e del paesaggio, la quale


aveva messo a sua disposizione degli ingegneri; per queste ragioni, chiese al presidente
dell’Ospizio di vietare al collega di proseguire il rilievo, dal momento che non c’era
«bisogno affatto di una nuova pianta, prima che non si provi» che quella eseguita da
Panico «non sia esattissima» 88. La scelta di boicottare il lavoro del collega è legata
verosimilmente al contrasto che si era acceso tra i due studiosi; il 29 luglio 1932 Belluc-
ci si lamentò con Mallardo che, rifiutando l’offerta di farsi accompagnare in visita «alle
zone catacombali» da lui ritrovate, vi si era recato in sua assenza con gli studenti di S.
Eframo e che, in presenza di alcuni studiosi, aveva criticato taluni suoi scritti 89.
L’interesse di Mallardo per la catacomba di S. Gennaro risaliva a molti anni prima,
allorché nel 1911 Galante gli aveva affidato un’indagine archeologica negli ambienti
ubicati al piano terra dell’atrio della basilica di S. Gennaro extra moenia, dove aveva
scoperto un balneum e un arco absidale con affresco 90. Mallardo non riuscì a pubblica-
re le sue scoperte e a proseguire gli studi «per la mancanza del necessario materiale
fotografico illustrativo e di rilievi topografici che da sè egli non può procurarsi e che
non si stanca di chiedere da parecchi anni» 91. Venticinque anni dopo, auspicando «di
non dover mai esporre minutamente i motivi della ritardata illustrazione» dei suoi
«importanti trovamenti», in considerazione del «riserbo, forse eccessivo», che si era
imposto e che gli vietava di riferire «da che parte […] siano venute le difficoltà per l’ese-
cuzione di un lavoro ampio e organico», rivendicò a sé «la priorità dei trovamenti e
della loro interpretazione» e si augurò di condurre a termine un lavoro «sulle origini
della Catacomba di S. Gennaro» 92. Queste parole lasciano trasparire un certo risenti-
mento verso la Curia napoletana, gli enti preposti alla tutela e alla conservazione dei
monumenti e, in particolare, verso Bellucci che fu, invece, costantemente sostenuto
nelle ricerche dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, dal Pontificio Istituto
di Archeologia Cristiana e dalla Soprintendenza all’Arte Medioevale e Moderna della
Campania 93. Il 17 maggio 1933 il soprintendente Chierici aveva, infatti, autorizzato
Mallardo «a far rilevare la pianta della catacomba di S. Gennaro»; il successivo 26
giugno lo studioso chiese il nulla osta al presidente dell’Ospizio 94, colonnello L. Mayer,
che glielo rilasciò il 4 luglio 95. Il 3 ottobre, recatosi sul posto per la continuazione del
lavoro, in compagnia degli ingegneri Cavaccini, Finizio e Fedele, non poté, tuttavia,
accedere al complesso perché Bellucci aveva fatto osservare a Mayer «che le catacombe,
in virtù del Concordato, erano passate alla S. Sede; che nessuna altra autorità era
quindi competente ad autorizzare la esecuzione di lavori nella Catacomba, all’infuori
della Pontificia Commissione di archeologia cristiana» e che Mallardo avrebbe dovuto
fornirsi di un permesso del dott. Enrico Josi, segretario del Pontificio Istituto di

88
Bellucci suggerì di consentire a Mallardo di eseguire il rilievo solo se avesse esibito un’autoriz-
zazione firmata dal dott. Enrico Josi (AB, Documenti 3, Bellucci – Catacombe, copia leggermente
diversa della minuta citata nella nota precedente).
89
AM, corrispondenza ricevuta, 26/4, lettera di Bellucci a Mallardo, 29 luglio 1932.
90
Ebanista 2010a, pp. 179-180, figg. 9-15; Id. 2010b, pp. 154-155, figg. 15-16.
91
Amodio 1927, p. 116.
92
Mallardo 1936, p. 43, nota 1.
93
Ebanista 2010a, p. 181, nota 118.
94
AM, corrispondenza spedita, 18, lettera di Mallardo al presidente dell’Ospizio dei Ss. Pietro e
Gennaro, 26 giugno 1933.
95
ASBAN, lettera di Mallardo a Chierici, 12 ottobre 1933.
292 Carlo Ebanista

Archeologia Cristiana 96. Per questi motivi il 12 ottobre 1933 Mallardo chiese chiarimen-
ti e consigli a Chierici, laddove realmente non avesse più il diritto di fargli «riprendere
il lavoro già iniziato»; gli riferì, inoltre, che avrebbe potuto proseguire il rilievo solo se
avesse mostrato a Mayer «un documento che lo lasci perfettamente sicuro e tranquillo» 97.
Non conosciamo la risposta di Chierici, ma sappiamo che, due anni dopo, Mallardo era
di nuovo alle prese con il rilievo. Il 2 agosto 1935 si recò in catacomba, insieme a due
ingegneri, ma il custode, Mario Iaccarino, avendo sentito che parlavano «di ricomincia-
re il lavoro del piano delle catacombe», gli impedì di effettuare le misurazioni 98. Il suc-
cessivo 6 ottobre Mallardo annunciò a Bellucci che desiderava «rilevare, per ragioni di
studio, una pianta completa della Catacomba di S. Gennaro»; poiché l’ispettore gli
aveva comunicato di averne fatta eseguire «una per conto suo», si impegnò a non pub-
blicare la propria prima della sua, in cambio della relativa autorizzazione 99. In effetti il
permesso venne rilasciato di lì a poco, tanto che il 18 ottobre il tecnico di Mallardo ri-
ferì a Iaccarino che quattro giorni dopo sarebbe tornato per il rilievo, dal momento che
aveva ricevuto l’assenso 100. I lavori, tuttavia, non cominciarono subito, per motivi indi-
pendenti dalla volontà di Mallardo, come egli stesso ebbe a comunicare ripetutamente
a Bellucci tra l’ottobre del 1935 e il febbraio dell’anno seguente 101.
Intanto Bellucci sin dal 1934 aveva dato notizia dell’imminente pubblicazione delle
sue planimetrie 102, precisando che il rilievo includeva sia le zone cimiteriali già note in
passato, sia «quelle recentemente scoperte» 103. Le piante dovevano corredare la
«monografia sulla Catacomba di S. Gennaro» che il 9 aprile 1934 era «pronta per la
stampa» 104, ma che non vide mai la luce. Mentre l’ispettore non riusciva a pubblicare
le sue piante, Mallardo si dava da fare per completare le proprie. Il 15 aprile 1937 co-
municò a Bellucci che l’ing. Pellicciari lo aveva informato che il custode della catacom-
ba era stato rimproverato perché gli aveva aperto «i due ambienti attigui al portico
antistante alla basilica», dove si trovavano i resti del balneum e l’arco absidale che
Mallardo aveva scoperto negli anni Dieci «prima che Chierici e Lavagnino venissero alla

96
ASBAN, lettera di Mallardo a Chierici, 12 ottobre 1933.
97
Ibid.
98
AB, Epistolario 38, lettera di Iaccarino a Bellucci, 3 agosto 1935.
99
AB, Epistolario 22, lettera di Mallardo a Bellucci, 6 ottobre 1935.
100
AB, Epistolario 38, lettera di Iaccarino a Bellucci, 19 ottobre 1935.
101
AB, Epistolario 38, lettera del 26 ottobre 1935 («nella prossima settimana si potrebbe comin-
ciare il lavoro di rilievo della pianta»); Epistolario 22, missiva del 30 novembre 1935 («la pianta che
doveva cominciare ad essere rilevata al principio di questo mese, sarà rilevata alla fine di questa o ai
principi dell’entrante settimana. Vi prego di compiacervi di avvertire il sig. Conte Panzuti e di scusar-
mi del rinvio, in cui io non ci ho nessuna colpa»); Epistolario 39, lettera dell’8 febbraio 1936 («sono
molto dolente di doverla annoiare la terza volta per la pianta della catacomba. Non è dipeso da me, se
finora si è dovuto rinviare. Questa volta, salvo casi gravi, si comincerà il rilievo il 10 o l’11»).
102
Bellucci 1934a, p. 106, nota 3 («In questi ultimi anni, per concessione della Pontificia
Commissione di Archeologia e della Sopraintendenza suddetta, ho potuto fare eseguire accurate pian-
te di tutte le diverse parti della Catacomba di San Gennaro, che verranno al più presto pubblicate»).
103
Bellucci 1934b, p. 327 («È stata eseguita sotto la mia direzione, ed è ormai terminata, una
completa ed esatta pianta delle zone note in passato e di quelle recentemente scoperte della Catacomba
di San Gennaro»).
104
Bellucci chiese il rilascio del 10% delle copie stampate e di ridiscutere gli accordi, per future
ristampe; lasciò al presidente la scelta del tipografo (AB, Documenti 3, Bellucci – Catacombe, minuta
della lettera di Bellucci al presidente dell’Ospizio, 9 aprile 1934).
Rilievo grafico e topografia cimiteriale 293

Soprintendenza» 105; scusandosi per aver involontariamente urtato la suscettibilità


dell’ispettore, che gli aveva permesso «di rilevare la pianta della catacomba», Mallardo
dichiarò di non sapere che quegli spazi non appartenevano al complesso cimiteriale 106.
Il successivo 3 maggio Bellucci gli rispose che, se voleva fotografare l’affresco in quella
zona che era stata chiusa da Chierici, doveva farne richiesta 107. Nel contempo gli comu-
nicò che il proprio volume sulle «origini dei cimiteri napoletani» aveva subito «un ri-
tardo per l’attesa di quello dell’Achelis, prolungatasi oltre ogni previsione»; poiché
Mallardo gli aveva promesso di non trattare l’argomento prima che la sua monografia
fosse pubblicata, Bellucci si rammaricò perché l’annunciata conferenza del collega sullo
stesso argomento era una prova evidente che si considerava libero da ogni impegno 108.
La risposta di Mallardo non si fece attendere: il 10 maggio 1937, con tono duro e deci-
so, gli comunicò che – a differenza di quanto gli avevano riferito i suoi informatori – non
era stato in catacomba per fotografare, né aveva intenzione di farlo; quanto poi alla
conferenza agli «Studi Romani», sin da ottobre aveva stabilito di tenerla il 12 aprile
perché era convinto che intanto Bellucci avesse pubblicato il suo lavoro «già da un anno
in corso di stampa», ma per dimostrargli che non intendeva mancargli di rispetto, ave-
va provveduto a spostare la data 109. Occorre rilevare che, sebbene l’opera di Achelis
fosse apparsa nel 1936 110, il libro di Bellucci non vide mai la luce 111, anche se negli anni
seguenti ne fu più volte annunciata la pubblicazione 112. Per rafforzare la propria posi-
zione, il 12 maggio 1937 Bellucci fece sottoscrivere a Iaccarino una dichiarazione 113,
nella quale specificò che l’ing. Pellicciari, che disegnava le piante per conto di Mallardo,
da circa un mese stava eseguendo delle foto; oltre al fonte battesimale e all’ambulacro
maggiore, aveva ripreso lo stesso custode (fig. 18). Iaccarino precisò che il tecnico vole-
va fotografare la «zona affrescata» ubicata dinanzi alla basilica, ad una quota inferiore,
alla fine del «corridorietto di destra dell’atrio […], dove era disceso in precedenza diver-
so tempo prima insieme» a Mallardo e all’ing. Nicola Cavaccini 114.

105
AB, Epistolario 30, lettera di Mallardo a Bellucci, 15 aprile 1937; cfr. AM, corrispondenza ri-
cevuta, 26/7 (in realtà è la minuta della lettera inviata da Mallardo a Bellucci il 15 aprile 1937).
106
AB, Epistolario 30, lettera di Mallardo a Bellucci, 15 aprile 1937; cfr. AM, corrispondenza ri-
cevuta, 26/7 (in realtà è la minuta della lettera inviata da Mallardo a Bellucci il 15 aprile 1937).
107
AB, Epistolario 30, lettera di Bellucci a Mallardo, 3 maggio 1937; cfr. AM, corrispondenza ri-
cevuta, 26/9.
108
AB, Epistolario 30, lettera di Bellucci a Mallardo, 3 maggio 1937; cfr. AM, corrispondenza ri-
cevuta, 26/9. Sin dal settembre 1936 Bellucci aveva annunciato un «lavoro di prossima pubblicazione
sulle Origini del Cristianesimo a Napoli» (AB, Documenti 6, Catacombe, Relazione per il «Congresso
di Studi Bizantini a Roma», settembre 1936).
109
AB, Epistolario 36, lettera di Mallardo a Bellucci, 10 maggio 1937; cfr. AM, corrispondenza
ricevuta, 26/8 (in realtà è la minuta della lettera inviata da Mallardo a Bellucci il 10 maggio 1937).
110
Achelis 1936.
111
Fasola 1975 p. 237; Ebanista 2012a, pp. 316; 328, nota 46.
112
Loschiavo 1955, pp. 66-69 («Le origini del Cristianesimo e dei Cimiteri paleocristiani a Napoli
[…] In corso di stampa»); Bellucci 1960-1964, p. 565 [«Le origini del Cristianesimo e dei Cimiteri
paleocristiani a Napoli (Napoli, 1956)»].
113
AB, Epistolario 30, dichiarazione di Iaccarino, 12 maggio 1937.
114
Ibid.
294 Carlo Ebanista

In occasione degli scavi condotti da Bellucci nel 1953-54 115, il geom. Panico com-
pletò la planimetria della catacomba che l’ispettore non era ancora riuscito a dare
alle stampe, «perché l’Associazione napoletana per la tutela del Paesaggio», ne aveva
«preparata un’altra, di prossima pubblicazione» 116. Si tratta, senza dubbio, di un ri-
ferimento alla pianta di Mallardo che, però, è rimasta inedita 117 e finora era introva-
bile. Di recente nel sistemare l’Archivio dell’Ispettorato delle Catacombe della Cam-
pania ho rinvenuto le copie eliografiche della planimetria del livello inferiore della
catacomba (con annessa basilica sub divo) (fig. 19) e di tre sezioni dei due piani del
cimitero (A-B-C-D-E-F-G eseguita in corrispondenza dei ‘vestiboli’ superiore e infe-
riore; L-M longitudinalmente all’ambulacro centrale del piano inferiore; R-S-T tra-
sversalmente allo stesso ambulacro) (fig. 20); i rilievi, in scala 1:200 e con campiture
a tratteggio per il banco tufaceo o la muratura in tufo e a reticolo per i paramenti in
mattoni, vennero eseguiti per conto dell’Associazione napoletana per la tutela dei
monumenti e del paesaggio dal prof. ing. Nicola Cavaccini con la collaborazione
dell’ing. Giovanni Pellicciari e con l’aiuto al tacheometro dell’ing. Valentino Fedele 118.
A differenza del rilievo del geom. Panico, la planimetria commissionata da Mallardo
reca le quote 119 e raffigura l’intero atrio della basilica sub divo, nel quale sono regi-
strate, a tratteggio, le aree dove negli anni Dieci lo studioso aveva scoperto i resti del
balneum e dell’arco absidale con affresco. I due nuclei sono riprodotti in dettaglio: il
particolare A raffigura la pianta dell’ambiente, ubicato ad est del varco d’accesso
all’atrio, dove Mallardo scoprì l’arco absidale (quota +70,60 m), mentre il particolare
B rappresenta le strutture del balneum (quota +72,66 m) venute alla luce nei locali
situati sul lato orientale dell’atrio. I due dettagli, insieme ad alcune foto d’epoca e ai
rilievi pubblicati da Chierici nel 1934 120, costituiscono al momento l’unica testimo-
nianza sulla configurazione di questi spazi che, dopo la Seconda Guerra Mondiale,
sono divenuti inaccessibili 121. Nella pianta di Mallardo (fig. 19) mancano gli ipogei
B64, B65, B66 e B67 che erano stati esplorati e rilevati da Panico 122, mentre è raffi-
gurata la ‘vecchia sagrestia’ della basilica sub divo e la scala che sorgeva all’ingresso
dell’ambulacro B8 e conduceva nell’area della ‘basilica dei vescovi’ (A69) 123; come ho
evidenziato in altra sede, le due strutture furono demolite dall’ispettore nel 1953-

115
Le indagini si svolsero in occasione dello smantellamento del «reparto di pronto soccorso per
incursioni aeree» costruito nel 1943 nei due livelli della catacomba e della demolizione della ‘vecchia
sagrestia’ della basilica di S. Gennaro che sorgeva, in fondo al vialetto di accesso alla catacomba, tra
la navata destra dell’edificio di culto e il ‘vestibolo superiore’ (Ebanista 2012a, pp. 316-323).
116
Bellucci 1955, p. 26, nota 4.
117
Fasola 1975, p. 8.
118
AICC, grafici D39 («Catacombe di S. Gennaro extra moenia in Napoli. Eidipsometria del piano
inferiore») e D18 («Catacombe di S. Gennaro extra moenia in Napoli. Sezioni»). Sulla copia eliografi-
ca della pianta sono state registrate a penna delle annotazioni e delle modifiche; nell’angolo inferiore
destro, dove compaiono il riferimento all’Associazione napoletana per i monumenti e il paesaggio e i
nomi dei tecnici, è stato annotato «disegnata nel 1936».
119
Le quote della pianta di Mallardo sono state riportate sui rilievi editi da Fasola 1975, pianta
III.
120
Chierici 1934, figg. 6-7.
121
Bellucci 1957, p. 502, nota 29.
122
Ebanista 2012a, pp. 315-316, fig. 5.
123
Bellucci 1957, p. 498; Id. 1960, pp. 168-169. Cfr. Fasola 1973-1974, pp. 188-189.
Rilievo grafico e topografia cimiteriale 295

54 124. Alle spalle dell’ipogeo B34, nel rilievo commissionato da Mallardo, è indicato a
tratteggio un ulteriore ambiente che manca nella planimetria di Bellucci.
Nel 1957 quest’ultimo poté finalmente dare alle stampe la porzione della pianta di
Panico prospiciente la basilica sub divo 125 (fig. 21), mentre nel 1965 riuscì a farla stam-
pare integralmente (fig. 22) negli Atti del VI Congresso Internazionale di Archeologia
Cristiana 126 tenutosi a Ravenna tre anni prima 127. La planimetria più recente (fig. 22), a
differenza dell’altra, registra ancora la ‘vecchia sagrestia’ (figg. 4: H; 14); entrambe, in-
vece, raffigurano la scala all’ingresso dell’ambulacro B8 e, sul lato nord del fonte batte-
simale, un gruppo di formae che forse corrispondono alle sepolture (fig. 13 n. 24) scava-
te da Galante alla fine dell’Ottocento nel ‘vestibolo inferiore’ 128. Non va escluso che
vennero ritrovate in occasione degli sterri praticati nel 1953-54, allorché furono messe in
luce «tutte le forme al suolo ivi esistenti» 129. Nelle piante pubblicate da Bellucci nel 1957
e 1965 (figg. 21-22) la tamponatura dell’ingresso della ‘cripta dei vescovi’ (A6) non è
indicata. La circostanza sembra escludere che, come ha supposto Fasola, fu l’ispettore a
rimuoverne la parte superiore, mettendo in luce il retrostante arcosolio mosaicato ubica-
to nella parte alta della ‘cripta’ 130. D’altronde, stando alla comunicazione presentata nel
1970 da Giuseppe Grizzuti al Congresso di Archeologia Cristiana della Campania, la
scoperta del mosaico era avvenuta poco prima 131. Alla fine degli anni Sessanta, Roberto
Di Stefano, Stella Casiello e G. Innocenzi avevano intanto pubblicato una schematica
sezione est-ovest della collina di Capodimonte con la disposizione altimetrica delle cavi-
tà artificiali presenti tra la basilica sub divo e la salita Capodimonte 132.

Le scoperte di Fasola e le nuove planimetrie


Negli anni 1971-73, dopo le dimissioni di Bellucci da ispettore delle catacombe di

124
Ebanista 2012a, pp. 319-322, figg. 6; 8-9.
125
Bellucci 1957, fig. 1; cfr. Testini 1980, fig. 85; la pianta è riprodotta con leggere varianti in
Bellucci 1960, fig. a p. 171.
126
Bellucci 1965, tav. fuori testo.
127
Dallo scambio epistolare con mons. Giovanni Manthey, segretario del comitato organizzatore
del Congresso, si evince l’impegno profuso da Bellucci per la pubblicazione della planimetria che, in
seguito, si augurava di illustrare «con note dipendenti da richiami in cerchietti, con numerazione suc-
cessiva delle singole zone, sia per gli affreschi e sia per la particolare importanza storica di esse» (AB,
Documenti 23, Bellucci – Archeologia sacra, lettera di Bellucci a Manthey, 31 maggio 1964).
128
Galante 1908, p. 146, pianta n. 24; Ebanista 2010b, p. 152, fig. 12, n. 24.
129
Panico 1954a, pp. 2-3; cfr. Fasola 1975, p. 56 («fitto reticolato di tombe terragne, alcune pro-
fondissime, per più strati di cadaveri»).
130
Fasola 1973-1974, p. 188 («In seguito, penso durante i lavori del p. Bellucci di questi ultimi
decenni, certo dopo il volume dell’Achelis del 1936, il muro fu rimosso e in alto apparve un arcosolio
mosaicato che rimase però inedito»); da cui dipende Bisconti 2011, p. 179; per il mosaico, in cui va
riconosciuto il ritratto del vescovo Giovanni II, cfr. Bisconti 2007, p. 171; Id. 2011, pp. 182-183.
131
Grizzuti 1972, p. 1 («mosaico da poco venuto alla luce nella parte alta» della ‘cripta dei
vescovi’).
132
Di Stefano, Casiello, Innocenzi s.d, fig. 2. Il volume privo di data è stato pubblicato anterior-
mente alla scomparsa di Bellucci, avvenuta il 7 settembre 1971; gli autori lamentano, infatti, di non
poter fornire dati più precisi sui lavori condotti dall’ispettore, dal momento che questi si era rifiutato
di fornirgli notizie sui «suoi studi più recenti» e non gli aveva permesso «di consultare opere specializ-
zate in materia e altri documenti conservati nella Biblioteca dei padri Girolamini» (Di Stefano,
Casiello, Innocenzi s.d, p. 32, nota19).
296 Carlo Ebanista

Napoli 133, padre Umberto M. Fasola, segretario della Pontificia Commissione di


Archeologia Sacra e docente di Topografia dei cimiteri e di Roma antica al Pontificio
Istituto di Archeologia Cristiana 134, condusse delle importanti ricerche archeologiche
nel complesso ianuariano, conseguendo, tra l’altro, due eccezionali scoperte: al livello
superiore (fig. 23), sul lato ovest della ‘basilica dei vescovi’ (A69), individuò la ‘cripta
dei vescovi’ (A6), mentre al piano inferiore (fig. 24), proprio al di sotto della chiesa
ipogea, mise in luce il cubicolo B6 che propose di riconoscere come il luogo della sepol-
tura dei resti di S. Gennaro, traslati in catacomba dal vescovo Giovanni I († 432) 135.
L’identificazione della basilichetta rupestre (B11-B12) con il luogo della tomba di
S. Agrippino 136 pose fine alla ricerca del presunto terzo livello catacombale che tanto
aveva attratto l’attenzione di Bellucci 137, nonostante Bellermann ne avesse escluso
l’esistenza sin dal 1839 138.
Nel volume Le catacombe di S. Gennaro a Capodimonte (Roma 1975) Fasola pub-
blicò una sezione nord ovest-sud est del ‘vestibolo superiore’ e delle zone adiacenti 139
nonché due piante e due sezioni delle aree di scavo (A6, A69, B6, B7, B8) 140; questi
ultimi rilievi, già pubblicati poco prima nei Rendiconti della Pontificia Accademia
Romana di Archeologia 141, furono realizzati «in base a nuove misurazioni» 142, verosimil-
mente eseguite dall’ing. Mario Santa Maria, direttore dell’Ufficio Tecnico della
Pontificia Commissione di Archeologia Sacra che aveva coordinato i lavori di scavo 143.
Nel volume Fasola inserì anche la planimetria del complesso ianuariano (figg. 23-24)
frutto non di un rilievo dal vero, ma della rielaborazione della pianta di Galante del
1908 (fig. 13) e di quelle commissionate da Bellucci (figg. 21-22) e Mallardo 144 (fig. 19).
Queste ultime due vengono definite da Fasola «tecnicamente apprezzabili», anche se
«non tengono conto degli aspetti archeologici degli ambienti» 145. L’archeologo non
mancò, tuttavia, di sottolineare il notevole contributo fornito dal rilievo grafico esegui-

133
Il suo successore, Aldo Caserta, venne nominato il 7 febbraio 1968 (Ebanista 2012a, pp. 311-312,
nota 52); cfr. Fasola 1975, p. 13.
134
Calvino 1978, p. 5.
135
Fasola 1973-1974.
136
Fasola 1973-1974, p. 213; Id. 1975, pp. 18-22; 53; 56; 167-168; 171, figg. 8; 105-106, pianta III.
137
Poiché gli scavi condotti da Lavagnino, tra il 1927 e il 1930, nell’area cimiteriale alle spalle
della basilica sembravano aver evidenziato le tracce del terzo livello, Bellucci si dedicò con particolare
interesse all’accertamento della veridicità della supposizione, consapevole, però, che si trattava «di una
semplice ipotesi, che i fatti potrebbero ridurre, ove gli scavi continuassero, a qualche cripta isolata»
(Bellucci 1942, p. 139, nota 2). Nel 1953-54 gli sterri nel vialetto lungo la fiancata destra della basi-
lica (fig. 13: D) determinarono «nuovi importanti ritrovamenti» che, stando alla testimonianza del
geom. Panico, sembrarono confermare, per posizione e orientamento, «l’esistenza di un terzo piano
catacombale» (Panico 1954b, pp. 1-2).
138
Bellermann 1839, p. 75; cfr. Ebanista 2012b, pp. 144-145; Id. 2012a, p. 330.
139
Fasola 1975, fig. 13, pianta III: g-d.
140
Fasola 1975, figg. 18; 80; 91; 121, pianta III: a-b, e-h.
141
Fasola 1973-74, tavv. I-III.
142
Fasola 1975, p. 229.
143
Fasola 1975, p. 14, nota 13.
144
Fasola 1975, pp. 8; 229, piante I-VI. Le planimetrie di Bellucci erano già servite da base per la
realizzazione delle piante pubblicate da Di Stefano, Casiello, Innocenzi s.d., fig. 2 e da Calvino 1970,
figg. I-II.
145
Fasola 1975, p. 8.
Rilievo grafico e topografia cimiteriale 297

to dal geom. Panico per conto di Bellucci 146. Nel corso delle operazioni l’ex-ispettore
poté, infatti, registrare l’esistenza di gallerie sino ad allora sconosciute e tuttora solo in
parte accessibili; è il caso, ad esempio, dell’ipogeo F1 e dell’adiacente ambiente F2,
dove ricorre una «serie di cinque arcosoli polisomi di tipo siracusano, alcuni con ben 13
arche» 147. Nel contempo Fasola fece, tuttavia, notare che la pianta pubblicata da
Bellucci nel 1957 (fig. 21) non è esatta, poiché nella zona antistante il ‘vestibolo supe-
riore’ «in luogo della sua galleria 3 […] si vedono nel monumento, in modo inequivoca-
bile, le tracce di due arcosoli quadrisomi sovrapposti» 148.
La planimetria edita da Fasola nel 1975 (figg. 23-24) è articolata in sei tavole: una
d’insieme con i due livelli sovrapposti 149 e le altre corrispondenti a diverse porzioni dei
due piani 150; lo studioso preferì abolire l’indicazione dei loculi, lasciando solo quella
degli arcosoli e delle nicchie e rappresentare le pareti con linee dritte anziché riprodur-
re il taglio irregolare delle cavità 151. Le quote vennero ricavate dall’inedita pianta di
Mallardo 152 (fig. 19), mentre il profilo e l’orientamento degli ambienti segue, quasi
esclusivamente, il rilievo di Panico (fig. 22); lo attestano, ad esempio, la raffigurazione
degli ipogei E, F, della basilica sub divo, della basilichetta rupestre, delle gallerie B56,
B57, B58, B60, B64, B65, B66, B67, della porzione finale dell’ambulacro B10 nonché
la mancata registrazione della prosecuzione verso sud dell’ipogeo B34 che è indicata a
tratteggio nella pianta di Mallardo, ma manca nel rilievo di Panico. In merito alle sca-
le che collegavano i due livelli della catacomba, Fasola sceglie di non rappresentare
quella (demolita da Bellucci nel 1953-54) che dall’area della ‘basilica dei vescovi’ (A69)
consentiva la discesa nell’ambulacro B8 153, ma indica, a tratteggio, quella (distrutta da
Galante alla fine dell’Ottocento) che dalla stessa zona immetteva nel sottostante am-
bulacro B9 154. Naturalmente nella planimetria, come in quelle di Bellucci e Mallardo, è
registrata la scala che dall’ambiente B13 del livello inferiore sale, tuttora, al corridoio
A11 al piano superiore 155.

Dal rilievo bidimensionale al tridimensionale


Tra gli anni Settanta e Novanta Raffaele Calvino e Nicola Ciavolino, rispettiva-
mente ispettore (1974-85) e viceispettore delle catacombe della Campania (1974-94),
proseguirono le ricerche avviate da Fasola, conducendo diverse campagne di scavo al
livello superiore del complesso ianuariano (A1, A2, A4, A6, A50, A69). Le indagini
archeologiche sono rimaste in gran parte inedite, dal momento che sono stati resi noti
solo brevi resoconti 156; per la rappresentazione grafica delle aree oggetto di studio fu-

146
Fasola 1975, pp. 8; 13.
147
Fasola 1975, p. 49, fig. 33 («qui ci sono gallerie sotterranee, che il geometra del Bellucci ha
potuto rilevare»).
148
Fasola 1975, p. 50, nota 11.
149
Fasola 1975, pianta I.
150
Fasola 1975, piante II-VI.
151
Fasola 1975, p. 229.
152
Fasola 1975, pianta III.
153
Fasola 1973-74, pp. 188-189; Fasola 1975, pp. 208; 211; 214, nota 9.
154
Fasola 1975, pp. 203; 208, fig. 134, pianta III: Y.
155
Fasola 1975, pp. 208; 214, nota 6, fig. 131, pianta III: Z.
156
Ciavolino 1989, pp. 357-360; Id. 2003, pp. 647-653; 659-664, figg. 24-31; 37-39; 41-47. Cfr.
Bisconti 2011, pp. 181-182.
298 Carlo Ebanista

rono utilizzate le planimetrie date alle stampe da Fasola nel 1975 157. Solo nel 2003
negli Atti del VII Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana, tenutosi a
Cassino dieci anni prima, sono stati editi, a corredo del contributo postumo di
Ciavolino, alcuni nuovi grafici realizzati dall’arch. Giovanni De Pasquale che ha rico-
perto l’incarico di ispettore delle catacombe della Campania dal 1995 al 2009: oltre
alla pianta e alle sezioni della ‘cripta dei vescovi (A6) 158, sono stati pubblicati la rico-
struzione assonometrica della ‘cripta’ (A6) e dell’antistante ‘basilica dei vescovi’
(A69) 159 e lo spaccato assonometrico dell’edicola della Croce (A68) con le tombe
messe in luce durante gli scavi 160.
Negli ultimi due anni, in relazione alla mia nomina ad ispettore, ho avviato il rilie-
vo grafico di alcuni ipogei e l’analisi cronotipologica delle azioni di escavazione del tufo,
basata sulla catalogazione delle unità stratigrafiche 161. Le operazioni, non ancora ulti-
mate e preliminari all’impiego delle nuove metodologie di rilievo (laser scanner), hanno
interessato sinora i cubicoli B6 e B7 del livello inferiore della catacomba 162 e gli ipogei
D1, D2, D3, E1, E2, H1, G1 e G2, ubicati alle spalle della basilica sub divo 163. Queste
attività, che si svolgono contestualmente allo studio dell’inedita documentazione d’ar-
chivio relativa ai vecchi scavi 164, rappresentano il necessario presupposto per avviare lo
studio sistematico della catacomba di S. Gennaro.

157
Nel 1978 Calvino pubblicò uno stralcio della pianta di Fasola relativo al vestibolo superiore, alla
‘cripta dei vescovi’, all’adiacente ‘basilica’ e ai sottostanti cubicoli B6 e B7 (Calvino 1978, p. 1), men-
tre nel 1990 Ciavolino diede alle stampe la porzione con il settore orientale del livello superiore della
catacomba (Ciavolino 1990, p. 304).
158
Ciavolino 2003, figg. 33-36.
159
Id., ibid., fig. 32.
160
Id., ibid., fig. 28.
161
Partendo dalla planimetria di Fasola, che era stata digitalizzata dall’arch. De Pasquale, il dott.
Giandomenico Ponticelli ha integrato il rilievo con le cavità che non vi erano rappresentate (Ebanista
2012a, figg. 1-3).
162
All’analisi dei cubicoli B6 e B7 è dedicata la tesi di laurea triennale di Cristina Nigro (Università
di Napoli ‘Federico II’) che sta ultimando il rilievo grafico e stratigrafico.
163
Gli ipogei D1, D2, D3, E1, E2, H1, G1 e G2 sono oggetto delle tesi di laurea magistrale dei
dott. Giuseppe Iazzetta, Giandomenico Ponticelli e Salvatore Scognamillo (Università di Napoli
‘Federico II’).
164
Sinora ho analizzato gli scavi eseguiti nella catacomba dal 1830 al 1953-54 (Ebanista 2010b; Id.
2012 ; Id. 2012b); in altre sedi mi soffermerò sugli sterri effettuati nel 1927-30 dalla Soprintendenza
a

all’Arte Medioevale e Moderna della Campania nella basilica sub divo (Lavagnino 1928; Id. 1930;
Chierici 1934) e sulle indagini archeologiche condotte da Fasola, Calvino e Ciavolino nei due livelli del
cimitero tra gli anni Settanta e Novanta.
Rilievo grafico e topografia cimiteriale 299

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Rilievo grafico e topografia cimiteriale 303

Fig. 1 – Napoli, catacomba di S. Gennaro. Planimetria pubblicata da Celano nel 1692


(Celano 1692, fig. tra pp. 62 e 63).

Fig. 2 – Catacomba di S. Gennaro, planimetria pubblicata da Pelliccia nel 1785


(Pelliccia 1785, fig. s.n.).
304 Carlo Ebanista

Fig. 3 – Catacomba di S. Gennaro, livello inferiore. Planimetria pubblicata da De Jorio nel 1839
(De Jorio 1839, tav. I).

Fig. 4 – Catacomba di S. Gennaro, livello superiore. Planimetria pubblicata da De Jorio nel 1839
(De Jorio 1839, tav. II).
Rilievo grafico e topografia cimiteriale 305

Fig. 5 – Catacomba di S. Gennaro, livello inferiore. Planimetria pubblicata da Bellermann nel


1839 (Bellermann 1839, tav. XIII).

Fig. 6 – Catacomba di S. Gennaro, livello superiore. Planimetria pubblicata da Bellermann nel


1839 (Bellermann 1839, tav. XIV).
306 Carlo Ebanista

Fig. 7 – Catacomba di S. Gennaro, sezioni pubblicate da Bellermann nel 1839


(Bellermann 1839, tav. XV).

Fig. 8 – Catacomba di S. Gennaro, livello inferiore. Planimetria pubblicata da Scherillo nel 1870
(Scherillo 1870, tav. I).
Rilievo grafico e topografia cimiteriale 307

Fig. 9 – Catacomba di S. Gennaro, livello superiore. Planimetria pubblicata da Scherillo


nel 1870 (Scherillo 1870, tav. II).

Fig. 10 – Catacomba di S. Gennaro, rilievi pubblicati da Scherillo nel 1870: a sinistra,


piante e sezioni degli ipogei C1, E1, E2, F1 e F2; a destra prospetti del ‘vestibolo inferiore’
(Scherillo 1870, tav. III).
308 Carlo Ebanista

Fig. 11 – Catacomba di S. Gennaro, Fig. 12 – Catacomba di S. Gennaro, livello superiore.


‘vestibolo inferiore’. Sezione, Sezione, prospetto e pianta della cosiddetta
prospetto e pianta della nicchia ‘edicola della Croce’ (Stornajolo 1879, tav. I).
absidata nella parete di fondo
(Stornajolo 1879, tav. II).

Fig. 13 – Catacomba di
S. Gennaro, livello
inferiore. Planimetria con
evidenziate in grigio chiaro
le aree scavate da Galante
nel 1889 e 1892 (Galante
1908, tav. fuori testo).
Rilievo grafico e topografia cimiteriale 309

Fig. 14 – Basilica di S. Gennaro extra moenia e aree adiacenti della catacomba, planimetria
pubblicata da Lavagnino nel 1930 (Lavagnino 1930, fig. 3).

Fig. 15 – Basilica di S. Gennaro extra moenia e aree adiacenti della catacomba, planimetria
pubblicata da Chierici nel 1934 (Chierici 1934, tav. fuori testo).
310 Carlo Ebanista

Fig. 16 – Planimetria del balneum esistente nell’atrio della basilica di S. Gennaro extra moenia
pubblicata da Chierici nel 1934 (Chierici 1934, fig. 6).

Fig. 18 – Mario Iaccarino,


custode della catacomba di
S. Gennaro, tiene la stadia
Fig. 17 – Pianta e sezioni dell’arco absidale scoperto nell’atrio durante le operazioni del rilievo
della basilica di S. Gennaro extra moenia pubblicate da Chierici commissionato da Mallardo negli
nel 1934 (Chierici 1934, fig. 7). anni Trenta (AB, Epistolario 30).
Rilievo grafico e topografia cimiteriale 311

Fig. 19 – Basilica di S. Gennaro extra moenia e livello inferiore della catacomba di S. Gennaro.
Planimetria inedita commissionata da Mallardo negli anni Trenta (AICC, grafici D39).

Fig. 20 – Catacomba di S. Gennaro, sezioni inedite commissionate da Mallardo negli anni Trenta
(AICC, grafici D18).
312 Carlo Ebanista

Fig. 21 – Basilica di S. Gennaro e adiacenti zone catacombali, planimetria (Bellucci 1957, fig. 1).

Fig. 22 – Basilica e catacomba di S. Gennaro, planimetrie (Bellucci 1965, tav. fuori testo).
Rilievo grafico e topografia cimiteriale 313

Fig. 23 – Catacomba di S. Gennaro, planimetria del livello superiore tratta dal rilievo pubblicato
da Fasola nel 1975 (Ebanista 2010b, fig. 1).
314 Carlo Ebanista

Fig. 24 – Catacomba di S. Gennaro, planimetria del livello inferiore tratta dal rilievo pubblicato
da Fasola nel 1975 (Ebanista 2010b, fig. 2).

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