Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Indice
5. Edifici di culto
5.1 - Sant'Andrea de Lavina
5.2 - Chiesa Santa Maria de Lama
5.3 - Chiesa San Pietro a Corte
5.4 - Chiesa di Santa Trofimena
5.5 - San Giovanni di Dio
5.6 - Monastero di San Francesco di Paola
5.7 - Chiesa della Santissima Annunziata
6. Palazzi
6.1 - Palazzo Conforti
6.2 - Palazzo Ruggi d’Aragona
7. Monumenti
7.1 – La Fontana dei Pesci
8. Bibliografia
9. Sitografia
1. Etimologia
Il quartiere è delimitato a nord da via Tasso, ad ovest da via Fusandola che ricopre il letto
dell’omonimo torrente, l’antico Busanola, e da via Spinosa che sale sino all’arco di casa
Avenia, a sud da via Porta Catena giungendo sino al largo Campo che lo divide
dall’ampliamento settecentesco. Quest’ultimo inizia all’altezza della Chiesa della
Annunziata, dove era precedentemente situata la Porta Catena e giunge sino all’antica
Porta di Mare, nei pressi della quale si trova ancora la torre di Guaiferio. Il limite est
dell’intera zona non è ben preciso, ma si considera corrispondente a via Porta di Mare e
via dei Canali, coincidente con quello che poteva essere l’antico cardo principale.
Il quartiere è precluso al traffico motorizzato e costituisce, ancora oggi,
un’isola protetta con strette vie su cui affacciano case a cortina. Esso
rappresenta una vera e propria originalità medievale. Gli edifici
presenti che sono composti da quattro o cinque piani, anticamente
erano costituiti soltanto da due o tre piani. Le moderne
sopraelevazioni hanno contribuito al decadimento statico ed estetico.
I rapporti di vicinato che in passato erano favoriti da terrazze, giardini
interni e altane sui cortili, si sono ormai dissipati.
3. La Storia
<<L'itinerario del viandante degli anni novanta del Quattrocento prende avvio dal sagrato
della Chiesa parrocchiale di Sant’Andrea de Lavina. Essa compare nelle fonti giunte fino a
noi, con l’appellativo de Lama, nell’agosto 1084, quando un documento è rogato nel suo
atrio. Nel corso del XIII secolo la Chiesa conserva l’appellativo de Lama; nel 1309
compare semplicemente come Sant’Andrea; nel 1312 è detta de Lavina, con i1 cappellano
Tommaso de Ruggiero. Nel 1338 risulta parrocchiale. L’immobile, divenuto insufficiente
per l’accresciuta popolazione e l’aggregazione alla parrocchia dei territori di Santa Maria
de Lama, di San Matteo Piccolo, della maggior parte di quello di Santa Maria dei Barbuti,
al quale era già stato annesso l’altro di Santa Maria de Capite Platearum, e di San Pietro
delle Femmine, già annesso a Santa Trofimena e poi da questa dismembrato, sarà
abbandonato nel 1946 con il trasferimento della sede parrocchiale nella Chiesa del
conservatorio della Santissima Annunziata Minore.
Dal sagrato di Sant’Andrea de Lavina, percorrendo verso settentrione la strada dove cala
l’acqua in tempo di pioggia (Archivio Diocesano di Salerno), quella stessa attualmente
denominata via Porta Rateprandi, ossia l’antica Lama, il nostro viandante degli anni
novanta del Quattrocento raggiungeva, come è possibile fare tuttora, la Chiesa
parrocchiale di Santa Maria de Lama. Essa compare nelle fonti giunte fino a noi nel
gennaio 1055 con il chierico e abate Giovanni; ne risultano compatroni il principe Gisulfo II
e gli eredi del conte Giovannaccio, figlio del castaldo Mansone. La Chiesa che oggi
osserviamo molto probabilmente fu edificata in epoca normanna sulla preesistente Santa
Maria de Lama longobarda, a sua volta inserita in una struttura romana, che divenne la
cripta della nuova costruzione; quest’ultima l’11 dicembre 1615 risulterà essere sotto il
titolo di Santo Stefano.
Dagli attuali gradoni Madonna della Lama, procedendo verso occidente lungo la via che
conduceva alla porta anticamente detta Nocerina, oggi Torquato Tasso, il nostro viandante
raggiungeva il piede dell’attuale salita Intendenza Vecchia lungo la quale scopriva, come è
possibile fare tuttora, la parrocchiale di Santa Maria de Alimundo. L’edificio che
attualmente osserviamo, in un’unica navata di concezione settecentesca, nulla conserva
dell’impianto longobardo ancora esistente al 1692, quando la Chiesa, citata con
l’appellativo d’Alimundo seu dell’Ulmo, sarà descritta come consistente in tre navate;
crollata agli inizi degli anni venti del Settecento, sarà ricostruita nei successivi anni trenta.
In essa si ipotizza trovasse sepoltura Masuccio Salernitano, che oltre a esserne
compatrono per eredità di Tommaso Mariconda, ne era figliano, poiché abitava nei suoi
pressi, in case confinanti con beni dei Ruggi e della stessa Chiesa parrocchiale.
Lasciato il vico remoto sul fondo del quale vediamo Santa Maria de Alimundo,
percorrendo, verso settentrione, la via di passaggio, attuale salita Intendenza Vecchia, il
nostro viandante poteva raggiungere, attraversando il largo Montone, l’antica strada per il
monastero di San Lorenzo e osservare la Chiesa di Sant’Angelo de Plaio Montis.
Attraverso un percorso non molto difforme da quello che è possibile praticare tuttora lungo
le gradinature recenti che girano intorno all’isolato comprendente il sito di Sant’Angelo de
Plaio Montis, il nostro viandante raggiungeva, in territorio parrocchiale di San Salvatore de
Coriariis, il monastero di San Lorenzo.
Procedendo verso meridione lungo l’attuale via Porta di Ronca, il nostro viandante degli
anni novanta del Quattrocento osservava alla sua sinistra la parrocchiale di San
Bartolomeo de Coriariis. Essa compare nella documentazione giunta fino a noi nel
dicembre 1142 quale riferimento topografico nell’ubicazione di una terra con casa. Nel
1309 vi è addetto il presbitero Giovanni. In occasione della visita pastorale del 2 maggio
1592 sarà ritrovata distrutta a causa del crollo di un muro del giardino che la sovrastava; il
danno sarà irreparabile e determinerà una lunga agonia della parrocchia che si protrarrà
fin oltre gli inizi dell’Ottocento.
Procedendo verso oriente lungo la via della porta anticamente detta Nocerina, oggi
Torquato Tasso, ripercorrendo verso meridione gli attuali gradoni Madonna della Lama e la
strada attualmente denominata via Porta Rateprandi, il nostro viandante ritornava al
settentrione della Chiesa di Sant’Andrea de Lavina ove, lungo l’attuale vicolo degli
Amalfitani, osservava la Chiesa parrocchiale di San Pietro de Lama, detta anche delle
Femmine. Essa compare nelle fonti giunte fino a noi nel maggio 1080, quando per suo
conto agisce Landone, presbitero di Santa Maria de Lama.
Percorso interamente l’attuale vicolo degli Amalfitani, il nostro viandante perveniva nella
parrocchia di San Giovanni dei Greci, che alle limitrofe San Pietro de Lama e Sant’Angelo
de Marronibus contendeva il primato del più piccolo fra i territori parrocchiali cittadini. La
Chiesa compare nelle fonti giunte fino a noi nel 1279, quando le si assegnano alcune
rendite. Il 19 novembre 1307 e nel 1309 risulta officiata dal presbitero Tommaso. Nella
relazione della visita pastorale del 25 maggio 1515 sarà detta unita a Santa Trofimena.
L’11 dicembre 1615 si ordinerà di murarne la porta. Nei pressi, al 19 giugno 1404,
confinante con altri suoi beni, vi era la casa che Stefano Ismiraldo dona al monastero di
Santo Spirito fuori le mura. Poco a meridione di San Giovanni dei Greci il nostro viandante
osservava l’altra parrocchiale di Sant’Angelo de Marronibus.
A occidente di Sant’Angelo de Marronibus il viandante raggiungeva la Chiesa parrocchiale
di Santa Trofimena. Essa compare nelle fonti giunte fino a noi nel maggio 995; ma è
certamente più antica, poiché il vico omonimo compariva già in un inserto del giugno 940
contenuto in un documento del giugno 985. Il territorio parrocchiale intra moenia di Santa
Trofimena può essere distinto in due aree fortemente caratterizzate: le Fornelle e
l’Annunziata.
Da Santa Trofimena, verso meridione, forse percorrendo uno degli anditi che ancora
vediamo o qualche altro scomparso, il viandante raggiungeva la via della porta Busanola,
attualmente Catena, asse mediano della seconda fra le parti nelle quali idealmente
abbiamo distinto il territorio intra moenia di Santa Trofimena; questa, già limitata verso il
mare dal muricino, allo spirare del Medioevo presentava un tessuto urbano in via di
definizione, ancora mancante della murazione che raggiungerà la fine dell’età moderna.
Uscendo dalla città attraverso la porta Busanola, appena oltre il corso del torrente
omonimo, alla sua destra, il nostro viandante poteva osservare la Chiesa della Santissima
Annunziata extra Moenia o di San Bernardo, detta Vecchia dopo l’edificazione che
abbiamo appena visto. Essa compare nelle fonti giunte fino a noi il 10 maggio 1330 quale
riferimento topografico nell’ubicazione di una taverna sita in Busanola; dopo la donazione
del principe di Salerno (nel 1516 deteneva il titolo Ferrante Sanseverino) intorno ad essa
sorgerà il convento che oggi vediamo utilizzato quale deposito militare.>>
5. Edifici di culto
La Chiesa dell'Annunziata di Salerno risale alla metà del XIV secolo. Si alza vicino alla
distrutta Porta Catena del centro storico di Salerno nel rione Fornelle.
L'edificio costruito nel 1627 con il nome di Santissima Annunziata Nuova, andò a sostituire
la vecchia Chiesa di fine quattrocento che, nel 1626, fu distrutta da un'alluvione.
La Chiesa attuale è il risultato di interventi di restauro di inizio Settecento ad opera di
Ferdinando Sanfelice il quale progettò il monumentale campanile che sorgeva di fianco la
scomparsa Porta Catena. Il campanile è impostato su quattro ordini architettonici
sovrapposti. Lesene con capitelli ionici e corinzi e colonne poste agli angoli concorrono ad
un alleggerimento della struttura. Monofore riquadrate da una larga cornice si aprono nel
terzo ordine, mentre oculi inseriti in un motivo decorativo danno luminosità all'ultimo,
aggraziato da paraste terminanti in volute. Un'esile cuspide a pinnacolo raccordata al
campanile da volute ne rifinisce l'elegante silhouette.
La Chiesa presenta la facciata su via Porta Catena arricchita da due nicchie sagomate in
marmo, oggi prive delle statue previste dal progettista Francesco Ragozzino, situate ai lati
del portale sovrastato da un tondo a bassorilievo rappresentante l'Annunciazione; la porta
è in rame sbalzato. La facciata è divisa orizzontalmente da una fascia marcapiano e
verticalmente da otto lesene: quattro nella parte inferiore, lisce, con capitelli ionici; quattro
in quella superiore, scanalate, con capitelli corinzi. Chiude il tutto un timpano triangolare.
L'interno, coperto da volta a botte unghiata, è a navata unica con abside e cupola
emisferica, senza tamburo e con lanterna, decorata con un motivo a cassettoni e rosette. I
lati sono caratterizzati da lesene scanalate con capitelli corinzi che riquadrano le cappelle.
L'altare maggiore di marmo venne realizzato nel Settecento da Matteo Bottiglieri e da
Filippo e Giovanni Ragozzino.
Fu severamente danneggiata durante i
combattimenti dello sbarco di Salerno nel
settembre 1943 e fu parzialmente sommersa
dall'alluvione di Salerno del 1954. Nel 2007, pur
se aperta al culto, presentava problemi statici,
dovuti all'infiltrazione d'acqua, sia al tetto che al
campanile: a causa di ciò, si corse ai ripari
costruendo una copertura in ferro al di sopra
del tetto.
Il 19 settembre 2009 è stato inaugurato il
campanile restaurato della Chiesa. Nell'ottobre
2010, durante il restauro della Chiesa, indagini
archeologiche hanno intuito la presenza di
antichi insediamenti al di sotto dell'edificio; i
conseguenti scavi hanno portato alla luce
numerose strutture di epoca altomedievale,
probabilmente appartenenti a delle terme o a
giardini. I lavori di restauro, che hanno previsto
il rivestimento della grande cupola con
ambrogette di colore giallo e verde e scandole
color arancio, vengono conclusi nel 2014.
6. Palazzi storici
La fontana dei Pesci è un monumento progettato da Luigi Vanvitelli e situato nella piazza
del Sedile di Largo Campo nel centro storico di Salerno. È detta anche fontana del Campo,
perché si trova davanti al Palazzo Genovese nel medioevale "Largo del Campo".
Essa presenta una vasca semicircolare posta su due gradini e una facciata trapezoidale
con quattro lesene sovrastate da un frontone e quattro vasi di marmo. Gli zampilli sono
cinque: uno proveniente da una conca marmorea su colonna e posta in una nicchia al
centro del frontone, due provenienti dai delfini posti sul bordo della vasca ed altri due dalle
maschere di Bacco posti tra le due coppie di lesene. La fontana si presenta con uno
zampillo centrale, due zampilli laterali con l'acqua che fuoriesce da due volti di Bacco e sui
bordi due delfini che "spruzzano" acqua.
Dopo il terremoto del 1980, dal
monumento sono stati asportati
quattro vasi in marmo dalla parte
superiore dell'opera, perché a
rischio di cadute e quindi poten-
zialmente pericolosi, e spostati
presso il museo diocesano del
Duomo di Salerno: dopo che i
quattro oggetti sono stati restau-
rati, sono tornati nella loro collo-
cazione originale. La fontana del
Campo viene considerata una
delle due migliori fontane carat-
teristiche dell'antica Salerno, as-
sieme alla fontana del Tullio che
si trova nei giardini comunali.
8. Bibliografia
9. Sitografia
“Santa Trofimena”
http://digilander.libero.it/salernostoria/santatrofimena.htm
La Città “Il percorso delle acque Dalla Fontana dei Pesci ai palazzi nobiliari”
http://ricerca.gelocal.it/lacittadisalerno/archivio/lacittadisalerno/2011/11/
18/24wza1811_A1.txt.html