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Il complesso San Michele

Il Convento di San Michele Arcangelo sorge, non lontano dal Duomo, intorno alla chiesa intitola al Santo,
prospicente l’omonima, in località Orto Magno. L’origine del monastero benedettino a vocazione femminile,
è databile agosto 997, quando il rettore di San Martino agisce per conto della chiesa di San Michele. Essa era
stata fondata nel maggio 991, da parte di Guido figlio del conte Guimario e sua moglie Aloara1, in un terreno
di loro proprietà, a sud di una via che conduceva alla porta di Elino2. È nel marzo 1039 quando il monastero
comparve per la prima volta nelle attestazioni scritte con l’appellativo “monasterio puellarum”, dedicato ai
santi Stefano e Michele. Da fonti del tempo sappiamo che tra il 1039 e il 1101, la badessa del monastero era
la monaca Sichelgaita, omonima della moglie di Roberto il Guiscardo3. Nel 1235, diviene un’unica
amministrazione insieme con il Complesso di San Pietro a Corte, per permesso e volontà per l’abate
Pandolfo de Petruro, ma anche della badessa del Convento. A partire dal 1297, si insediano nel Complesso,
le monache benedettine, precedentemente ospitate nel Convento di San Lorenzo. Nel 1309 viene censito tra i
monasteri presenti nella città di Salerno. A partire dal 1563, diviene ufficialmente dipendente da S. Pietro a
Corte, così l’abate ricevuti i voti, correggeva le monache definite “errantes” cioè quelle erranti ovvero le
distratte. Inoltre, introdusse delle inservienti e un cappellano, inoltre in base a quanto deciso dal Concilio di
Trento, concedeva l’ingresso in Convento e si occupava della professione delle monache. Una data di svolta
è il 10 giugno 1589 quando una riforma del Papa Sisto V, unì le benedettine di S. Michele e quelle di S.
Sofia insieme a quelle di S. Giorgio formandone un’unica comunità. Il convento di San Michele, fu quindi
affidato alle monache clarisse, divenendo quindi un monastero francescano fino al 1866. In questa data,
l’ordine religione venne soppresso, in esecuzione delle cosiddette leggi eversive, divenendo Ufficio
provinciale di Leva mentre la Chiesa affidata al clero secolare. Nel 1903 invece i locali del monastero
vengono acquisita dal comune di Salerno fino al 1941 quando è restituito all’arcivescovo di Salerno, che lo
cede ai padri della congregazione della Missione di san Vincenzo de’Paoli (lazzaristi). Essi rimarranno fino
al 1981, quando subentreranno i francescani. Alla fine degli anni Novanta alcuni ambienti situati al
pianterreno e parte dell’ala nord restaurata, sono stati occupati dall’associazione AMASI altri, invece, da un
gruppo di giovani scout. Successivamente il Comune di Salerno ha ristrutturato e trasformato in struttura
ricettiva la parte di sua proprietà, mentre la parte restante è stata ceduta alla Fondazione Cassa di Risparmio
Salernitana che ne ha recuperato in parte i locali e che attualmente li occupa con i suoi uffici. Nel 2017, per
la parte di sua proprietà la Fondazione Carisal ha avviato un Piano di Valorizzazione e, nel 2018,
un’articolata operazione di ristrutturazione dell’immobile e di restauro delle testimonianze artistiche ed
archeologiche presenti all’interno dell’edificio, ultimata alla fine del 2021. L’edificio si colloca oggi come
nuovo punto di riferimento della città di Salerno, promotore di attività sociali, culturali ed ambientali, in

1 Figlia del conte Landoario


2 Era una delle porte principali della città aperte ad Est; venne soppressa intorno al 1754 dopo la costruzione della
Porta Nova, e in seguito andò distrutta. Doveva il suo nome ad un tempio dedicato ad Elena, o secondo altri al palazzo
di un nobile ebreo di nome Elino posto nelle vicinanze.
3 Condottiero Normanno che governò Salerno, dopo aver eliminato i Longobardi, parenti della moglie.
grado di promuovere il territorio salernitano e la sua identità storica, di generare opportunità di coesione
sociale e di sviluppo culturale e di crescita del benessere della comunità ed in particolare dei giovani.

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