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LA CITTA’ E LA SUA STORIA

La città abitata fin dai tempi neolitici, fu inizialmente colonizzata da un gruppo di coloni greci,
provenienti dalle isole di Rodi e Creta, guidati rispettivamente da Antifemo ed Entimo, i quali
sbarcarono nei pressi del fiume Gela; qui fondarono una città che chiamarono inizialmente Lindoioi
e dopo alcuni decenni Gela, dal fiume omonimo << Quum locus ubi nume Urbs est sita, quique primus
munitus muro fuit Lindii vocaretur>> (Tucidide).
La fondazione della città risalirebbe al 689-688 a.C., quarantacinque anni dopo la fondazione di
Siracusa, come sostiene lo stesso Tucidide.
Il primo tiranno di Gela fu Cleandro Patareo, che governò la città per sette anni; dopo la sua morte,
gli succedette il fratello Ippocrate, il quale governò per altri sette anni. Nel 491 a.C. gli succedettero
i figli ancora minorenni affiancati da un tutore, Gelone, (le sua gesta vennero cantate da Pindaro,
Epicarmo ed Eschilo, quest’ultimo elesse Gela a dimora definitiva, dove morì nel 456 a.C.), che aveva
piani ben più grandi; in poco tempo conquistò Siracusa, diventandone tiranno, lasciando Gela al
fratello Gerone, ma ben presto anche questo si spostò a Siracusa, affidando le redini della città a
Polizelo.
Nel V secolo la città istituì un governo democratico, del quale però non di sa nulla, sconfiggendo
quasi completamente la tirannide; il merito della fine della tirannide in Sicilia si deve a Timoleonte.
Nel 405 a.C. la città fu distrutta una prima volta dai Cartaginesi. Nel 280 a.C., dopo esser stata
ricostruita da Timoleonte, fu nuovamente distrutta, coinvolta nelle discordie tra il tiranno di Siracusa
e di Agrigento. In seguito alla prima guerra punica (264-241 a.C.), col nome di Eraclea divenne
Provincia romana (ancora oggi ufficialmente la Curia Vescovile di Piazza Armerina denomina Gela
col nome di Eraclea). Dai resti di una necropoli bizantina si pensa che nella città vissero popolazioni
bizantine, un esempio è la chiesa San Biagio nei pressi del Cimitero Monumetale. Nel 883 d.C. cadde
nelle mani dei Musulmani. Da allora non sappiamo nulla della vita di Gela, dobbiamo attendere fino
a Federico II che fece costruire la parte est della città, denominandola Terranova.
Le prime notizie di Terranova si hanno nel 1233, nello stesso anno Federico II fece costruire un
castello, attorno al quale si sviluppò la città. In poco tempo divenne il secondo centro più popoloso
della Sicilia.
Dopo la morte di Federico II gli succedette il figlio Corrado IV che morì a ventisette anni lasciando
il posto a Manfredi, poichè suo figlio aveva solo due anni. Nel 1369 Terranova divenne dominio
prima di Manfredi di Chiaromonte, settimo conte di Modica, e poi di Pietro de Planellis. Agli inizi
del XVI secolo Terranova, passò alla famiglia Tagliavia Aragona e successivamente ai duchi di
Monteleone.
Terranova, con altre terre feudali, si ribellò successivamente ai propri signori. Alla fine del 1500 le
mura della città furono restaurate per evitare l'assalto dei nemici e per riutilizzare quella parte ormai
abbandonata.
Nel 1799 la città si trovò al centro di una rivolta; furono uccise molte persone, e i corpi di questi
vennero poi bruciati nella piazza principale. Poco dopo i capi della rivolta furono condannati
all’impiccagione. Con decreto 1817, emanato dal Parlamento Siciliano, il distretto di Terranova fu
elevato a Sottintendenza, poi trasformata in Sottoprefettura, e compresa nella giurisdizione di
Caltanissetta, provincia nel 1812. La Sottoprefettura di Terranova successivamente venne abolita.
Dopo l’unificazione d’Italia, nel 1862 a Terranova fu aggiunta la denominazione "di Sicilia" per
differenziarla da altre città con uguale denominazione. Nel 1893 Terranova partecipò attivamente ai
Fasci Siciliani dando un notevole contributo al movimento proletario, in particolare grazie ad uno dei
suoi capi, Mario Aldisio Sammito. Nel 1927, su istanza del Podestà Antonio Vacirca, il nome di
Terranova fu cambiato in Gela, a ricordo della gloriosa e importante città dell’antichità classica. Nel
1937, durante il periodo fascista, il Duce giunse a Gela e in quella occasione donò alla città un organo,
oggi situato nella Chiesa Madre.
Gela si trovò anche al centro delle vicende legate alla Seconda Guerra Mondiale. Nel luglio del 1943
le truppe americane vi sbarcarono, salvando così le sorti della Sicilia. Dal dopoguerra all’inizio degli
anni Cinquanta, la città venne rinnovata sia socialmente sia economicamente, grazie all’azione di
Salvatore Aldisio; a lui si devono le più importanti opere pubbliche quali il municipio, il porto rifugio,
la chiesa di S. Giacomo, il Villaggio Aldisio, l’acquedotto, l’Ospedale civile, il lungomare, ecc.
LA CHIESA MADRE
La Chiesa Madre, presenta una pianta a croce latina con schema basilicale, a tre navate con cupola.
La navata centrale completata nel 1784, è divisa in cinque campate, decorata con stucchi bianchi e
dorati e riceve luce da undici finestre, poste al secondo livello; presenta arcate e pilastri in stile
neoclassico con paraste scanalate le cui sommità sono costituite da alti capitelli compositi. La navata
centrale comprende la cappella dell’Assunta, il transetto con cupola, il monumento funereo dedicato
al cardinale Panebianco, la lapide con su scritta la storia della chiesa e la cantoria con organo.
Entrando dall’ingresso principale, spostando lo sguardo sul pavimento si possono notare delle scritte
che riportano la data di consacrazione e restaurazione della chiesa, e la dedica a Maria Santissima
Assunta in Cielo, patrona della città. A sinistra dell’ingresso si trova l’urna, coperta, del Cristo Morto
che viene utilizzata il venerdì santo per il trasporto di Gesù dal Calvario alla chiesa Madre. Nella
parete a sinistra si trova il quadro della patrona Maria SS. dell’Alemanna, del pittore gelese Giacomo
Furnari, che viene posizionato nel finestrone della facciata di Piazza Umberto I durante la festa della
Patrona.
Nella cantoria, sopra il paravento dell’ingresso, si trova un organo, che ormai non è più funzionante,
dono dell’allora Capo del Governo Benito Mussolini, in occasione della sua visita alla città nel 1937.
Sul soffitto sono racchiusi in riquadri due tele raffiguranti rispettivamente l’incoronazione di Maria
e Maria SS. dell’Alemanna. Sull’archivolto che precede il transetto si trova un lampadario in ferro
battuto e sul dosso dell’arco uno stemma con su scritto: ASSUMPTA EST MARIAINCAELUM.
Sotto la cupola, sul pavimento al centro si trova un riquadro con lo stemma mariano, mentre ai lati si
trovano, a sinistra, il monumento del cardinale Panebianco e, a destra, una lapide con su scritta la
storia della chiesa.
Fra i piedritti e la cupola, nei quattro pennacchi, si trovano gli affreschi dei quattro evangelisti. Le
navate laterali, divise in cinque campate con cupolette semisferiche impostate su pennacchi sferici,
formano altrettante cappelle. La navata laterale sinistra comprende le cappelle della Passione, della
Madonna di Lourdes, di S. Antonio, della SS. Trinità e di Santa Lucia; vi sono anche due ingressi. La
navata laterale destra comprende le cappelle del SS. Sacramento, del Cuore di Gesù, delle Anime del
Purgatorio, della Sacra Famiglia e di Santa Teresa; sono anche presenti due monumenti funebri e
l’ingresso sud della chiesa. Sulle pareti delle navate laterali sono affissi 14 quadri, rappresentanti gli
episodi della passione di Gesù. Nella sacrestia della chiesa si trovano i ritratti delle varie figure che
si sono succedute nel corso del tempo; questi sono stati dipinte da vari artisti locali, ricordiamo:
Antonello il Pannomita, Salvatore Solito. I restauri del 1984 portano la firma dell’architetto Amelia
Fidone di Palermo e dell’ingegnere Maurizio Marino di Gela.
Durante l’ufficio dell’arcidiacono Luigi Mallia la chiesa raggiunse l’aspetto definitivo, che ancora
oggi è visibile. L’arcidiacono Mallia contattò l’architetto terranovese Emanuele di Bartolo per la
costruzione di un nuovo campanile che si adattasse architettonicamente alla struttura della nuova
chiesa. Il prospetto fu completato nel 1844; per la sua realizzazione furono impiegate pietre di tufo
calcareo giallo delle cave di Gela, le stesse che gli antichi antenati usarono per edificare Gela ellenica,
si pensa anche che un pezzo del fregio del tempio di Athena di contrada Molino a Vento, venne
incorporato nella facciata, precisamente alla base del pilastro di sinistra della chiesa.
La facciata principale, opera dell’architetto Emanuele di Bartolo, presenta un doppio ordine
sovrapposto: ordine dorico al piano inferiore e ionico al piano superiore, nel quale spiccano il frontone
decorato con acroteri, presi da un tempio che era collocato nei pressi della contrada Molino a Vento,
e la croce. Sopra gli architravi delle porte laterali sono poste due lapidi. Il campanile, realizzato nel
1837, possiede alla sua sommità una cella campanaria con sette campane decorate con delle scritte.
Nel giardinetto a nord della chiesa, in due nicchie ai lati dell’ingresso laterale sono collocate due
statue: quelle del Cuore di Maria e del Cuore di Gesù. Nel 2016 l’interno della Chiesa Madre è stato
restaurato ad opera di Monsignore Arcidiacono Parroco Grazio Alabiso; dai lavori fatti sulla
pavimentazione sono emerse delle cripte che in un futuro saranno visitabili.
Nel 1766, presso uno spiazzo chiamato “Platea”, su un’area di circa duemila metri quadrati, sorgeva
la chiesa di Santa Maria de’ Platea.
Dal risultato di alcuni scavi, i quali risalgono al periodo greco di Gela, si può’ dedurre che la chiesa
di Santa Maria de’ Platea sorgesse nello stesso sito di un tempio pagano greco, di cui alcune colonne
furono integrate nelle strutture portanti; non si è a conoscenza della divinità a cui il tempio sia
dedicato, ma si pensa che si possa far riferimento a una divinità agreste e di sesso femminile. La
chiesa, unica parrocchia di Terranova (Gela) fino a quel tempo, aveva subito gravi lesioni, sia a causa
del terremoto che nel 1693 aveva colpito l’intera isola, sia a causa della sua antichità, la chiesa infatti
era stata edificata cinque secoli prima, nel XIII secolo.
L’ampliamento della chiesa fu commissionato dal parroco della stessa, l’arcidiacono Salvatore
Rixacchi; durante il suo ufficio furono ricavate, al di sotto della pavimentazione della chiesa, le cripte,
che venivano utilizzate per seppellire i membri delle famiglie nobili o appartenenti ad ordini religiosi,
invece all’esterno esisteva un’area cimiteriale larga circa dieci metri per il seppellimento della gente
comune.
Nel 1779 la navata centrale della chiesa non era ancora completa, bisognò aspettare fino al 1784 per
il suo completamento. Nel 1788 per ulteriori ampliamenti vennero demoliti alcuni edifici limitrofi,
appartenenti all’oratorio del SS. Sacramento, artefice di ciò fu l’arcidiacono Giovanni Mallia; lo
stesso adornò nel 1784 la chiesa con stucchi, indorature e dipinti e portò a compimento la costruzione
dell’abside e della cupola.
La chiesa fu riaperta al culto dopo ventotto anni dall’inizio dei lavori di ampliamento. La facciata alla
fine del Settecento era ancora incompleta e il campanile era ancora quello appartenente alla chiesa di
Santa Maria de’ Platea; Candioto, storico terranovese dell’epoca, scrisse che il campanile possedeva
un orologio che smise di funzionare nel 1693 in seguito al terremoto.
Nel 1861 l’arcidiacono Gioacchino Gurrisi rifece il pavimento, sostituendo i mattoni di terracotta con
lastre di marmo. Dal 1934 al 1936 venne decorata la cupola e vennero ripristinati gli stucchi delle
navate con applicazioni in oro zecchino: autore di questo lavoro fu l’artista concittadino Matteo
Peritore.
REGESTO STORICO

1766. inizio dei lavori su un’area di circa duemila metri quadrati. Il parroco Rixacchi e il popolo ne
affrontano le spese.

1779: quasi metà dell’edificio è completato per opera dell’Arcidiacono Parroco Antonio Iacoponelli.

1779 – 1799: l’Arcidiacono Parroco Giovanni Mallia dei Marchesi di Torreforte ne solleva l’abside
e la cupola, adorna gli stucchi rifiniti in oro puro tutta la chiesa, erige altari, colloca dipinti.

1799 – 1817: l’Arcidiacono Parroco Giuseppe Licata arricchisce e completa la suppellettile, organizza
la preghiera continua e nel 1817 ottiene dal Papa Pio VII l’innalzamento dell’insigne collegiata.

1817 – 1859: l’Arcidiacono Parroco Luigi Mallia dei marchesi di Torreforte erige nel 1838 il
campanile e completa il prospetto della chiesa nel 1844 su disegno dell’illustre architetto Giuseppe
di Bartolo.

1859 – 1909: Monsignore Arcidiacono Parroco Gioacchino Gurrisi adorna la chiesa di pavimento
marmoreo e di altre suppellettile coadiuvato dal fratello Don Salvatore, Arcidiacono fino al 1909.

1910 – 1925: Monsignore Arcidiacono Parroco Nicola Mauro inizia opere di restauro.

1925 – 1937: l’Arcidiacono Parroco Francesco Capici restaura tutti gli stucchi e costruisce la casa
parrochiale.

1937 – 1952: Monsignore Arcidiacono Parroco Antonino Li Destri amplia la casa parrocchiale. Il
Vescovo diocesano Monsignore Antonino Catarella consacra solennemente la chiesa il 21 dicembre
1944.

1970 – 1980: Monsignore Arcidiacono Parroco Gioacchino Federico inizia i lavori di restauro interni
ed esterni.

2016-2017: Monsignore Arcidiacono Parroco Grazio Alabiso inizia i lavori di restauro interni.
BIBLIOGRAFIA

ALIOTTA LUIGI - La chiesa di Maria SS. dell’ Alemanna in Gela – Lussografia , Caltanissetta 1954

VICINO NUNZIO – Gela nella storia – Monografia, Gela 1975

MULE’ NUCCIO – Appunti su Terranova di Sicilia – vol. I, Libreria editrice Martorana-Caccamo, Gela
1981

MEDORO ROSARIO – Cenni storici di Gela antica e moderna – Monografia, Gela, 1982

MULE’ NUCCIO – Appunti su Terranova di Sicilia – vol. II, Libreria editrice Martorana-Caccamo,
Gela 1984

MULE’ NUCCIO – La Chiesa Madre di Gela – Editore Aliotta, Gela 1985

FIORENTINI GRAZIELLA – Gela – la città antica e il suo territorio - Assessorato regionale beni
culturali, ambientali e pubblica istruzione 1985

PANVINI ROSALBA – Ghelas – storia e archeologia dell’antica - Gela – SEI 1996


Università degli studi di Catania
Struttura Didattica Speciale di Architettura – Sede di Siracusa
Corso di laurea in Architettura
Corso di Storia dell’Architettura Moderna a.a. 2017/2018 – Prof. Giuseppe Antista

Chiesa Madre – Gela


Allievi Architetti: Gaetano Giannetto, Adriana Mauceri, Nicoletta Roveccio Gruppo24
L’ARCHITETTO E LE MAESTRANZE
In basso sul lato ovest del campanile esiste una lapide su cui si legge: <<l’architetto Emmanule Di
Bartolo completa il prospetto della chiesa nel 1844 su progetto dell’architetto Giuseppe Di Bartolo
Morselli>>. L’architetto, fortemente legato all’architettura classica, realizzò una facciata in stile
neoclassico, nella quale fuse in unico contesto architettonico il prospetto del tempio pagano greco e
quello cristiano, quasi a volere ricordare la fede religiosa dei secoli passati.
All’interno della chiesa sono contenute 14 tele rappresentanti la passione di Cristo ( l’autore di queste
tele è, però, anonimo), ma vi sono altre tele, queste sono state commissionate a diversi artisti locali:
Giuseppe Tresca (Assunta, 1786 – Sacra Famiglia con san Giovannino, 1788 – San Francesco
Saverio, 1793), Deodata Guinaccia (Dormitio Virginis, 1563), Giuseppe e Francesco Vaccaro da
Caltagirone ( Il battesimo dell’Eunuco, 1858 – Nozze di Cana, prima metà del XIX secolo), Giuseppe
Barone(Gesù e Santa Maria Aloque, 1830).
Il campanile presenta una cella composta da sette campane, due di queste furono realizzate da
Vincenzo benedetti, rispettivamente nel 1891 e 1903. Nel 1938, in seguito alla visita del Duce
avvenuta nel 1937, fu realizzato l’organo dalla ditta Galvani in collaborazione con Polizzi di
Caltanissetta.

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