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STUDI ROMANI

n.s. I, 2 Luglio-Dicembre 2019

SOMMARIO
SAGGI E STUDI

Raffaella De Felice, Sacellum Streniae?................................................................ 5

Mª Amparo Mateo Donet, Anulino, persecutor christianorum. Estrategias políticas


de ascenso al poder en el imperio romano .............................................................. 23

Donatella Germanò - Claudia Ornaghi, Per la conoscenza della collezione di


scultura altomedievale del Museo di Roma ............................................................ 39

Gabriele Bartolozzi Casti, Niccolò V e Roma. I problemi della basilica vaticana e


il suo restauro ...................................................................................................... 99

Antonella Parisi, «Nicolaus Mattie de Fesuli marmorarius» e il contratto di


commissione del san Sebastiano della Cappella Maffei a S. Maria sopra Minerva .... 115

Michele Funghi, Il rettifilo Navona-Maddalena: un incompiuto asse di collegamento


della Roma barocca ............................................................................................. 139

Marta Variali, «Tanto più saranno vinti dall’heroe soprastante». Padre Resta e il
desiderio di uniformità alla volta di Pietro da Cortona nel ciclo della navata di
Santa Maria in Vallicella .................................................................................... 189

Alessandro Mazza, Il Giardino Orsini, poi Villa Conti alle Terme Eleniane: una
singolare contaminazione fra antico e barocco........................................................ 209

Irene Pecorelli, Il monumento funebre di Marie de Lauzières de Thémines di


Francesco Mochi nella chiesa dei Carmelitani Scalzi a Caprarola. Documenti
inediti ................................................................................................................ 239

Renata Sabene, Mercato degli ovini e dei prodotti secondari dell’allevamento nel
sistema vincolistico romano del ’700 ..................................................................... 269

Ronald T. Ridley, No more Water on the Ropes! A Legend in the moving of the Vatican
Obelisk ............................................................................................................... 293

Massimiliano Ghilardi, La fabbrica dei martiri nella Roma di fine Settecento ......... 307

Gianluca Schingo, Anfiteatro Flavio: restauri, demolizioni e ricostruzioni tra XIX e


XX secolo ............................................................................................................ 343

Fabrizio Giorgio, Il lampo dell’assoluto. La vita e le opere di Ruggero Musmeci Ferrari


Bravo nei documenti dell’Istituto Nazionale di Studi Romani ................................ 361

Domenico Rocciolo, Ennio Francia, prete romano e critico d’arte .......................... 403
4 Sommario

NOTE E INTERVENTI

Leandro Polverini, Gaetano De Sanctis, Roma e l’ellenismo ................................. 441

RECENSIONI

Patrizio Pensabene, Roma su Roma. Reimpiego architettonico, recupero dell’antico


e trasformazioni urbane tra il III e il XIII secolo (Luisa Covello); Olof Brandt,
La croce e il capitello. Le chiese paleocristiane e la monumentalità (Luisa Covello);
Lorenzo Carletti - Cristiano Giometti, Raffaello on the road. Rinascimento
e propaganda fascista in America (1938-1940) (Chiara Cecalupo); Marco
Buonocore (a cura di), Lettere di Theodor Mommsen agli Italiani (Gian Luca
Gregori); Maria Barbara Guerrieri Borsoi, Domenico Jacovacci. Collezionista
e Maestro delle strade nella Roma berniniana (Maria Grazia Bernardini); Antal
Molnár - Giovanni Pizzorusso - Matteo Sanfilippo (a cura di), Chiese e
nationes a Roma: dalla Scandinavia ai Balcani (Gaetano Platania); Massimiliano
Ghilardi, Il santo con due piedi sinistri. Appunti sulla genesi dei corpisanti in
ceroplastica (Francesco M. Galassi); Antonino Nastasi, Le iscrizioni in latino di
Roma Capitale (1870-2018) (Marco Buonocore)................................................ 447

PREMIO «CULTORI DI ROMA»

La Redazione, Gigi Proietti .................................................................................... 483

La Redazione, Sybille Ebert-Schifferer ..................................................................... 485

SOCI DELL’ISTITUTO SCOMPARSI

Sergio Rinaldi Tufi, Antonio Giuliano .................................................................. 487

Paolo Sommella, Letizia Ermini Pani .................................................................... 493

Vita dell’Istituto Nazionale di Studi Romani (La Redazione) ................................. 499


Anfiteatro Flavio:
restauri, demolizioni e ricostruzioni
tra XIX e XX secolo

N el corso degli ultimi due secoli il Colosseo ha subìto un fitto susseguirsi


di lavori di restauro attraverso cui porre rimedio ai gravi problemi sta-
tici che ne minacciavano l’incolumità. Al di là dei notissimi interventi che
nella prima metà del secolo XIX portarono alla costruzione degli speroni – di
cui in questa sede non si darà conto se non brevemente –, il monumento fu
interessato da un palinsesto di piccoli restauri che formarono il tessuto con-
nettivo con cui fu garantita la tutela dell’Anfiteatro.
Nel 1804 la necessità di evitare l’imminente crollo della parte orientale
dell’anello esterno comportò l’inizio di lavori nel corso dei quali vennero de-
moliti i muri che chiudevano le arcate esterne del I ordine. Si rimosse quindi
lo stabbio della “salnitrara” che si era insediata nei corridoi anulari e si scavò
per «pochi palmi» fino a scoprire il piano antico del monumento; si ripulì in-
fine dai detriti il piano del III ordine1. Le disastrose condizioni statiche della
parte nordorientale del monumento, in particolare del II e III ordine, furono
accuratamente descritte da Raffaele Stern in una relazione del 18 novembre
1806, di poco posteriore al terremoto che aveva colpito Roma nell’agosto
dello stesso anno. La proposta di restauro di una commissione composta da-
gli architetti Palazzi, Camporesi e dallo stesso Stern fu accettata, risoluzione
che portò alla costruzione dello sperone orientale2.
Gli sterri della parte settentrionale del Colosseo portarono alla distruzio-
ne di 427 metri lineari di murature: alcune di queste strutture erano le chiu-
sure moderne dei fornici esterni, edificate soprattutto dalla fine del Seicento,
ma altre erano sicuramente di maggiore antichità3.

1
Archivio di Stato di Roma (in seguito, ASR), Camerale II, Antichità e Belle Arti (in
seguito, AABBAA), b. 7, fasc. 207, promemoria del 13 giugno 1804. Ibidem, b. 6, fasc. 192.
2
ASR, Camerale II, AABBAA, b. 7, fasc. 207. Trascritta in M. Jonsson, La cura dei
monumenti alle origini. Restauro e scavo di monumenti antichi a Roma 1800-1830, Acta In-
stituti Romani Regni Sueciae, 14 (1986), p. 29, n. 41. Per la costruzione dello sperone dello
Stern, pp. 28-38.
3
R. Rea, Le fasi dello sterro tra ’800 e ’900: l’evolversi della conoscenza tra comprensione
e obliterazione delle strutture, in «Römische Mitteilungen», 105 (1998), p. 75.
344 Gianluca Schingo

Fig. 1 - P
 . Parboni, Veduta dell’interno dell’Anfiteatro Flavio detto il Colosseo e dei scavi che vi
furono fatti nel 1813: sullo sfondo è visibile lo sperone dello Stern, a destra la situa-
zione delle arcate precedenti al restauro di Gaspare Salvi

Sotto la dominazione francese, l’Accademia di san Luca ricevette, a par-


tire dall’autunno 1810, una sovvenzione annua per il restauro dei monu-
menti. I fondi erano tuttavia scarsi rispetto alla mole di lavoro che l’ordinaria
manutenzione prevedeva; gli interventi dell’Accademia, all’interno dell’An-
fiteatro, furono spesso di carattere provvisorio e si limitarono a puntelli e
impalcature4. Il 18 novembre 1812, durante un violento temporale, crollò
una delle volte del giro esterno meridionale, che, già in pessime condizioni,
era in procinto di essere restaurata; il fatto causò grande irritazione a Parigi5.
Nello stesso periodo i rapporti di lavoro indicano che restauri tesi a prevenire
ulteriori crolli erano in corso in molti punti degli ambulacri; volte e pilastri
venivano risarciti utilizzando materiali antichi trovati all’interno dello stesso
monumento6.
Lo sterro dell’arena, iniziato nel 1811, portò alla luce i muri che soste-
nevano il piano antico dell’Anfiteatro Flavio (fig. 1). I problemi di restauro

4
M. Jonsson, cit. a nota 2, pp. 78, 90 e seguenti.
5
Archivio dell’Accademia di San Luca (in seguito, AASL), vol. 169, nn. 78, 80, 95,
114, 119.
6
M. Jonsson, cit. a nota 2, p. 91, n. 149.
Anfiteatro Flavio: restauri, demolizioni e ricostruzioni 345

Fig. 2 - L’arena ricoperta dopo gli scavi napoleonici: Coliseum. Interior from above, da G.
Wightwick, Twenty select views of the Roman antiquities, from original drawings made
on the spot: with descriptive letter-press, London 1827

delle strutture murarie ipogee, che sin dalle prime relazioni di sterro furono
descritte in un pessimo stato di conservazione, vennero drasticamente risolti
con il rerinterro dell’arena, che avvenne nell’autunno 18147 (fig. 2).
Con il ritorno del papa a Roma, gli architetti Giuseppe Valadier e Giu-
seppe Camporesi firmarono nell’agosto 1815 una relazione sulle condizioni
del Colosseo e sulle necessarie riparazioni da farsi; le opere più urgenti si
concentravano nella parte meridionale, che minacciava crolli imminenti.
Le proposte di restauro, che riguardavano i fornici I, XVI-XVIII, furono in
seguito ampliate dall’Accademia di san Luca fino a comprendere altre sei
arcate8. Gli interventi erano insufficientemente finanziati e sfruttavano per

7
G. Schingo, Luigi Maria Valadier e gli altri: scoperta e rappresentazione degli ipogei tra
’700 e ’800, in «Römische Mitteilungen», 105 (1998), pp. 82, 105.
8
M. Jonsson, cit. a nota 2, p. 119. La relazione era stata presentata l’anno precedente
all’amministrazione provvisoria napoletana.
346 Gianluca Schingo

Fig. 3 - Vista del lato meridionale prima dei restauri di Salvi, da M. Dubourg, Views of the
remains of ancient buildings in Rome, and its vicinity. With a descriptive and historical
account of each subject by M. Dubourg, London 1820

quanto più possibile il materiale antico ricavato dagli sterri all’interno del
monumento; il lavoro prevedeva rivestimenti di pilastri, consolidamento
di muri e volte con inzeppature di malta e mattoni e, in casi più gravi, con
apprestamenti in ferro.
La situazione statica del Colosseo continuava a destare preoccupazioni:
in questo contesto fu progettato un nuovo contrafforte sul lato occidentale,
edificato da Valadier a partire dal 1822 e completato nel 18269.

9
In ASR, Camerlengato, parte I, titolo 37, fasc. 20 (Rapporto di Valadier del 15 luglio
1822) si conserva traccia delle discussioni che precedettero la decisione di avviare i lavori.
Il restauro è stato descritto dallo stesso architetto in: G. Valadier, Opere di architettura e di
ornamento, ideate e dirette da Giuseppe Valadier, Roma 1833; L. Canina - G. Valadier, Sup-
plemento all’opera sugli edifizi antichi di Roma dell’architetto A. Desgodetz, procurate in parte
dal cav. Giuseppe Valadier, compite e dichiarate dal cav. Luigi Canina, Roma 1843. Si veda
anche C. Mocchegiani Carpano - R. Luciani, I restauri dell’Anfiteatro Flavio, in «Rivista
Anfiteatro Flavio: restauri, demolizioni e ricostruzioni 347

I lavori di scavo sulla piazza del Colosseo condotti da Antonio Nibby


negli anni 1828-1829 interessarono solo marginalmente l’Anfiteatro. Fu però
indagato con una certa completezza il suo sistema fognario esterno, che ven-
ne profondamente risarcito nel tentativo di renderlo di nuovo funzionale10.
In una lettera del 5 giugno 1833 si descriveva il restauro di parte dell’am-
bulacro settentrionale del III ordine dopo il crollo di una parte di una volta
del II ambulacro presso lo sperone di Pio VII; vi erano contemporaneamente
testimoniati i lavori di consolidamento alle arcate verso l’arco di Costantino
ad una volta nei pressi del cosiddetto passaggio di Commodo11.
I decenni centrali del secolo vedono l’importante opera di restauro di
Gaspare Salvi, che riedificò, nella zona centrale della semiellisse meridiona-
le e nei pressi dell’asse minore meridionale, sette arcate del primo ordine e
otto del secondo (fig. 3). Per la prima volta un intervento non era motivato
da un’impellente urgenza statica, ma da una pura volontà ricostruttiva12. La
porzione crollata fu ricostruita in mattoni, rispettando gli elementi lapidei
dei setti radiali e dei pilastri sopravvissuti nei pressi dell’asse minore dell’e-
dificio, quindi incatenata ai retrostanti muri superstiti della cavea mediante
un sistema di barre di ferro e tiranti. Il restauro ebbe un indubbio impatto
sull’immagine generale del monumento a causa delle nuove murature in la-
terizio impiegate per la sua edificazione13. Il cantiere aprì la sua attività nel
gennaio 1837; alla morte di Salvi, avvenuta nel 1849, venne diretto da una
commissione composta dagli architetti Canina, Folchi e Poletti. I lavori si
conclusero nel 185314.

dell’Istituto d’Archeologia e Storia dell’Arte», 4 (1981), pp. 58, 60. M. Jonsson, cit. a nota
2, pp. 119-130.
10
ASR, Camerlengato, parte II, titolo IV, b. 257, fasc. 2790; G. Schingo, Tutela e riuso
dell’antico: interventi idraulici ottocenteschi nella valle del Colosseo, in «Bollettino di Archeolo-
gia», 23-24 (1993), pp. 73-74.
11
ASR, Camerlengato, parte I, titolo IV, b. 259, fasc. s. n.
12
S. Bouquillon - C. Tricarico, Roma: il Colosseo. I restauri di Gaspare Salvi nel settore
meridionale, in «Ricerche di storia dell’arte», 35 (1988), pp. 64-68: le autrici ipotizzano che
il restauro sia stato cominciato prima del 1836 da Valadier, e quindi proseguito da Salvi. Per
il restauro Salvi e più in generale per una sintesi dei grandi interventi del periodo 1800-1860,
si veda S. Tiberti, I restauri dell’Anfiteatro Flavio, tesi di laurea in Conservazione e Restauro
- Facoltà di Architettura, Politecnico di Milano, a. a. 2004-2005.
13
M. Campisi, L’impiego del laterizio nelle ricostruzioni ottocentesche del Colosseo, in Co-
noscenze e sviluppi teorici per la conservazione di sistemi costruttivi tradizionali in muratura, a
cura di G. Biscontin e R. Angeletti, Atti del convegno di studi, Bressanone, 23-26 giugno
1987, Padova 1987, pp. 377-390.
14
C. Mocchegiani Carpano - R. Luciani, cit. a nota 9, p. 60. Gli interventi sono
documentati negli esercizi dal 1838 al 1846: ASR, Computisteria Generale della Reveren-
348 Gianluca Schingo

Fig. 4 - I restauri Canina: Ambulacro del terzo piano dell’Anfiteatro Flavio, da P. Cacchiatelli -
G. Cleter Gregorio, Le scienze e le arti sotto il pontificato di Pio IX, Roma 1860

Sin dal 1822 la Commissione Generale Consultiva aveva affidato a Luigi


Canina, su impulso di Valadier, il compito di studiare la situazione statica
dell’anello esterno verso l’Esquilino; nella sua relazione finale Canina eviden-
ziava il crescente distacco fra le parti in pietra della facciata e quelle laterizie
interne15. Sulla base di tale relazione papa Pio IX decise nel 1846 un com-
plesso intervento che interessò la parte centrale del portico esterno, il piccolo
portico colonnato d’ingresso sul lato nord e alcune arcate dei portici interni

da Camera Apostolica, Giustificazione dei mandati, bb. 237-240, citato in M. Lanni - P.


Trovalusci, Prevenzione sismica nei restauri ottocenteschi dell’Anfiteatro Flavio, in «Bollettino
della Biblioteca Facoltà di Architettura», 40-41 (1989), p. 59.
15
La relazione del Canina fu pubblicata postuma: L. Canina, Sul ribaltamento e ripa-
razione della parte media verso Esquilino dell’Anfiteatro Flavio, in «Atti Pontificia Accademia
Romana di Archeologia. Dissertazioni», 14 (1860), pp. 169-177.
Anfiteatro Flavio: restauri, demolizioni e ricostruzioni 349

Fig. 5 - I restauri Canina: Ambulacro del quarto piano dell’Anfiteatro Flavio, da P. Cacchiatel-
li - G. Cleter Gregorio, Le scienze e le arti sotto il pontificato di Pio IX, Roma 1860

corrispondenti16. Il restauro negli ordini superiori comportò la ricostruzione


di parti mancanti per un totale di sette arcuazioni del III ordine e l’inserzio-
ne di catene metalliche nel II ordine (figg. 4-5): non si concretizzò tuttavia
l’auspicio di Canina di rialzare almeno sei colonne del portico superiore e di
«ristabilire su di esse l’impalcatura di legname»17.
Nel 1855 si apprestavano restauri a un tratto di volta rampante a soste-
gno di una scala e di un muro verso l’arco di Costantino18; pochi mesi dopo,

16
M. Lanni - P. Trovalusci, cit. a nota 14, pp. 57-75; F. Gori, Le memorie storiche i
giuochi e gli scavi dell’Anfiteatro Flavio ed i pretesi martiri cristiani del Colosseo, Roma 1875, p.
112; P. Colagrossi, L’Anfiteatro Flavio nei suoi venti secoli di storia, Firenze-Roma 1913, p.
228; C. Mocchegiani Carpano - R. Luciani, cit. a nota 9, p. 61 e seguenti.
17
ASR, Ministero Lavori Pubblici (in seguito, MLLPP), b. 348, fasc. 21, 12 maggio
1851: relazione di Luigi Canina.
18
ASR, MLLPP, b. 348, fasc. 21, 30 gennaio 1855.
350 Gianluca Schingo

una dettagliata relazione anonima del 6 ottobre 1855 riferiva su necessari


interventi alle finestre e a una volta del III ordine19.
L’imminente crollo di alcune volte cementizie tra la sesta e la settima
stazione della Via Crucis dell’arena, poste a ridosso del muro laterizio del
retropodio20, spinse l’architetto ispettore Francesco Fontana a proporre una
serie di restauri di muri e volte «a imitazione dell’antico», eseguiti con laterizi
di riutilizzo. Lo stesso Fontana intervenne l’anno seguente su tre volte degli
archi esterni dei fornici XLIV, XLVI, XLVII del I ordine21.
Nel 1859 un’ulteriore relazione sul restauro di alcune volte, firmata da
Pietro Ercole Visconti, Luigi Grifi e Virginio Vespignani, prescriveva che per
ogni volta e piedritto oggetto di lavori venissero indicate le quantità del ma-
teriale occorrente per il restauro e che si allegasse un disegno per illustrare
l’intervento22.
In vari punti del monumento continuavano intanto piccoli interventi di
manutenzione, testimoniati da una richiesta di pagamento dell’appaltatore
Giovanni Picconi relativa «varie assicurazioni» fatte al Colosseo in epoche
diverse23; nel periodo 1855-1858 sono inoltre documentati alcuni interventi
al pulpito del predicatore posto al centro dell’arena, presso una delle stazioni
della Via Crucis24.
Il piano dell’arena reinterrata andava frequentemente soggetto ad allagamenti:
nell’ottobre 1861 la pioggia battente provocava un profondo avvallamento nella parte
centrale per ripianare il quale, a giudizio dei tecnici, non sarebbero bastate «venti car-
rette di calcinaccio»25. Nello stesso anno l’acqua continuava a ristagnare nell’invaso del
passaggio di Commodo, che non era stato colmato dopo gli interventi di scavo dei
primi del secolo e già oggetto di intervento nel 185426; i progetti di bonifica idraulica
riproponevano l’idea del recupero e del riutilizzo delle antiche fogne27.

19
ASR, MLLPP, b. 351, fasc. 53: i lavori furono appaltati ai fratelli Desideri.
20
ASR, MLLPP, b. 348, fasc. 21, 20 ottobre 1857: relazione di Domenico Celsi, custo-
de del Colosseo.
21
ASR, MLLPP, b. 351, fasc. 53, 22 dicembre 1857; ibidem, b. 351-53, 24 agosto
1858.
22
ASR, MLLPP, b. 351, fasc. 53, 13 aprile 1859.
23
ASR, MLLPP, b. 351, fasc. 21, 2 dicembre 1859.
24
ASR, MLLPP, b. 347, fasc. 49 (1855); ibidem, b. 349, fasc. 40 (1857); ibidem, b.
350, fasc. 39 (1858).
25
ASR, MLLPP, b. 354, fasc.10, 31 ottobre 1861.
26
ASR, MLLPP, b. 347, fasc. 54, «Lavori eseguiti per innalzare il passo dell’imperatore
Commodo al Colosseo», 1854-5.
27
ASR, MLLPP, b. 355, fasc. 35, 8 ottobre 1861. Ancora nel 1865 l’architetto ispet-
Anfiteatro Flavio: restauri, demolizioni e ricostruzioni 351

Una relazione di Fontana del 12 febbraio 1861 descriveva il restauro di


una volta rampante dell’arcata XVI del II ordine28. Due anni dopo si provve-
deva al risarcimento di una fodera di muro caduta e al restauro delle volte a
crociera di tre arcate29. In seguito a un’ulteriore caduta di due conci di traver-
tino dal terzo ordine del fornice XXIX, lo stesso Fontana progettava, in data
17 ottobre 1868, un’imbracatura lignea per il sostegno dell’arco medesimo30.
Gli scavi dell’arena furono ripresi dal governo italiano dopo la caduta del
potere temporale; la nuova campagna di interventi, che si limitò alla metà
orientale dell’area, fu diretta a partire dal 1873 da Pietro Rosa, in seguito a un
finanziamento straordinario del Ministero della Pubblica Istruzione. Questi
fondi furono inoltre utilizzati per il restauro degli ambulacri superiori e per il
pianoterra, compresa l’area esterna verso il tempio di Venere e Roma; si mise
quindi di nuovo mano al ripristino delle fogne antiche31.
Sin dall’inizio degli sterri Augusto Castellani, direttore dei Musei Capi-
tolini e consigliere comunale conservatore, dichiarava al ministro della Pub-
blica Istruzione Ruggero Bonghi la propria preoccupazione per le demoli-
zioni che la direzione dei lavori attuava ai danni delle strutture ipogee32. In
effetti il Rosa distrusse una cospicua cubatura di murature, ritenute non anti-
che, all’estremità orientale dell’asse maggiore (fig. 6): tali demolizioni furono
aspramente criticate da Fabio Gori, membro della Commissione di Vigilanza
sui Monumenti di Roma, che nella sua pubblicazione dedicata al Colosseo
documentò graficamente alcuni tratti murari abbattuti33.

tore F. Fontana, descrivendo lo spurgo delle fogne del I ordine, progettava una direttrice di
deflusso verso il Celio. Come emerge anche da scritti del segretario della commissione, L.
Grifi, lo stato di conservazione dei canali di spurgo del I ordine era mediocre e la quantità
dell’interro era disomogenea: ASR, MLLPP, b. 360, fasc. 35, 2 ottobre 1865; ibidem, b. 360,
fasc. 35, 31 luglio 1866. Sul problema del prosciugamento dell’arena tramite lavori fognari
esiste una relazione, anonima e senza data, ma riconducibile al 1866 (ibidem, b. 360, fasc.
35), cui era originariamente allegata una pianta non conservata nella pratica, nella quale i
percorsi delle fogne da scavare erano delineati in rosso. I lavori di spurgo furono eseguiti da-
gli appaltatori V. Dolci e F. Desideri, di cui sono conservate notifiche di pagamento in data
23 maggio 1867 (ibidem, b. 360, fasc. 18).
28
ASR, MLLPP, b. 355, fasc. 57.
29
ASR, MLLPP, b. 357, fasc. 35; ibidem, b. 357, fasc. 36, 1863.
30
ASR, MLLPP, b. 361, fasc. 21.
31
Archivio Centrale dello Stato (in seguito, ACS), Ministero Pubblica Istruzione (in
seguito, MPI), Direzione Generale Antichità e Belle Arti (in seguito, Dir. Gen. AABBAA), I
vers., b. 105, fasc. 141-1, 26 gennaio 1874. G. Schingo, cit. a nota 10, p. 75.
32
ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, I vers., b. 105, fasc.141-7, 31 gennaio 1874.
33
F. Gori, cit. a nota 16. È da sottolineare l’attenzione di Gori per le fasi tardoantiche,
un approccio sicuramente all’avanguardia che lo portò a far approvare nella sezione arche-
352 Gianluca Schingo

Fig. 6 - La situazione della


parte orientale degli ipogei
dopo lo scavo di Pietro Rosa
e la demolizione di parte delle
murature antiche, da J.H. Par-
ker, The Flavian Amphiteatre,
London-Oxford 1876

Nella nota riassunti-


va dei lavori eseguiti dal-
la Regia Sopraintendenza
per l’anno 1874 erano
descritte riparazioni ai
criptoportici sottoposti
agli assi dell’Anfiteatro e
alle gallerie laterali sugli
assi maggiori (le cosid-
dette “darsene”). I pa-
vimenti del pianoterra,
dell’arena e del passaggio
di Commodo furono ri-
presi con cocciopesto e
conglomerato cementizio; vennero inoltre riparati piedritti e volte34. Nono-
stante questo fervore di interventi, nell’agosto 1875 cadde un altro tratto del-
la volta del criptoportico commodiano a cui erano stati tolti i puntelli messi
l’anno precedente, alimentando forti polemiche35.
La mancata risoluzione del problema delle acque stagnanti negli ipogei,
causa di un allarme sanitario artatamente amplificato dalla stampa filocle-
ricale, aveva portato nel marzo 1875 alla rimozione di Rosa dal vertice del-
la Soprintendenza. La metà orientale dei sotterranei, lasciata allo scoperto
e sottoposta all’azione degli agenti atmosferici, subì un rapido processo di
degrado chiaramente valutabile dai dati d’archivio e dalla documentazione
fotografica.

ologica dell’XI Congresso degli Scienziati Italiani (1875) il principio di conservazione di


qualsiasi muro, antico o medievale.
34
ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, I vers., b. 105, fasc. 141-5.
35
ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, I vers., b. 105, fasc. 141-8, 20 agosto 1875.
Anfiteatro Flavio: restauri, demolizioni e ricostruzioni 353

Nel 1885 l’ulteriore caduta di alcuni tratti dei muri ipogei diede avvio al
progetto di un nuovo scavo dell’arena che, nelle intenzioni del proponente,
avrebbe dovuto eliminare l’umidità che minava la saldezza delle strutture36.
Nei tre anni successivi l’area sotterranea ebbe invece solamente una serie di
piccole riparazioni effettuate in economia da parte di una squadra di operai37.
Per arrestare il rapido disgregarsi delle strutture sostruttive si effettuò una
generale «spalmatura di cocciopesto»; ma la soluzione migliore, seppur dra-
stica, consisteva nel nuovo reinterro delle murature, «di continuo deperenti
e tra non molto ridotte a niente». In una dettagliata descrizione anonima
dello stato di fatto l’arena è detta «sfigurata»: la parte ancora interrata venne
quindi transennata a causa di alcuni smottamenti presso il lato sudorientale
del podio38.
Nell’anno 1895, sull’onda dell’allarme suscitato dal nuovo crollo di alcuni
muri sotterranei, l’ingegnere Domenico Marchetti dell’Ufficio Regionale per
la Conservazione dei Monumenti di Roma aveva elaborato un nuovo progetto
di scavo totale dell’arena, nuovamente visto come la soluzione obbligata per
l’eliminazione dell’umidità che comprometteva la stabilità delle strutture39. La
relazione Marchetti, trasmessa al Ministro dell’Istruzione Pubblica a corredo
del «Progetto di compimento dello scavo della Antica Arena dell’Anfiteatro
Flavio», ripercorreva in sintesi le vicende storiche dei sotterranei del Colosseo
e terminava con il progetto di ristabilimento del piano ligneo dell’arena. Il
17 agosto la proposta di copertura avanzata da Marchetti – un solaio in ferro
e legname da appoggiare sulle strutture antiche – fu ritenuta intempestiva e
prematura perché sicuramente da modificare dopo lo scavo dei restanti 1390
mc, essendo ancora ignote «le condizioni degli altri avanzi delle costruzioni
superstiti nella parte del bacino tuttora ingombro di terre»40. La necessità di
compiere i lavori in tempo per le celebrazioni del venticinquesimo anniversario

36
ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, II vers., II serie, b. 389, fasc. 4354, 15 aprile 1885:
relazione Bongioannini.
37
ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, II vers., II serie, b. 389, fasc. 4354, 29 novembre
1888: relazione Contigliozzi.
38
ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, II vers., II serie, b. 389, fasc. 4354: relazione anoni-
ma [1890]. Ibidem, 16 novembre 1890: la recinzione era stata progettata in una lettera del
28 gennaio 1889.
39
ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, II vers. II serie, b. 389, fasc. 4373, 29 luglio 1895.
In ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, II vers., II serie, b. 12 allegati, fasc. 591, è conservata la
pianta del progetto di completamento dello scavo dell’arena insieme con il progetto di sterro
datato 6 agosto 1895.
40
ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, II vers., II serie, b. 389, fasc. 4373, 17 agosto 1895.
354 Gianluca Schingo

Fig. 7 - Folla di operai all’interno del Colosseo per un comizio di Mussolini, 29 aprile 1928,
Archivio Luce

della presa di porta Pia costrinse infine l’amministrazione a rinunciare al pro-


getto e a limitarsi a una pulizia dell’area sotterranea già scavata.
Fin dagli inizi degli anni Venti del Novecento il Colosseo era stato sem-
pre più frequentemente utilizzato come punto di riunione per adunate poli-
tiche e religiose. L’afflusso di una gran massa di persone provocò una rapida
usura delle strutture antiche, costringendo l’ente tutelante a prendere una
serie di contromisure, che da un lato dovevano proteggere l’incolumità del
monumento, ma dall’altro dovevano permettere e anzi facilitare la sua mo-
derna funzione di luogo di raduni (fig. 7).
In questo quadro era fondamentale garantire l’accesso ai piani superiori
del Colosseo, dal momento che lo spazio dell’arena – sterrata per metà – non
era ritenuto sufficiente al grande afflusso di persone. La relazione del 25 apri-
le 1931 dell’architetto Riccardo Badiali, in cui veniva progettato un restauro
di tre scale di accesso al II ordine da attuarsi in mattoni ‘zoccoli’ rossi disposti
a coltello e stuccati, evidenziava esplicitamente la finalità politica del lavoro41.
41
ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, IV vers., II Divisione (1934-45), b. 149, fasc. s.
n., «Colosseo». I fondi si richiesero alla presidenza del Consiglio dei Ministri, che però non
Anfiteatro Flavio: restauri, demolizioni e ricostruzioni 355

Fig. 8 - Maria Barosso, strutture pericolanti puntellate durante gli sterri degli ipogei, luglio
1939, archivio disegni ex Soprintendenza per Beni Ambientali e Architettonici di
Roma, cartella 1 n. 50

Per quanto riguarda la tutela statica una relazione del 17 gennaio 1930
aveva descritto il precario stato di conservazione della volta cementizia anu-
lare esterna del II ordine, intaccata da gravi lesioni al nucleo cementizio che
provocavano un’abbondante caduta di materiali; di questa si propose il re-
stauro in mattoni con inzeppature di malta.
Una relazione dello stesso Badiali, in data 20 maggio 1932, testimoniava il
deperimento delle murature ipogee che emergevano dalla scarpata praticabile
che regolarizzava il terreno nella parte occidentale non ancora sterrata. La pro-
posta di sterro integrale era propedeutica alla ricostruzione del piano dell’arena,
da attuarsi mediante una soletta in cemento armato poggiante sulle sottostanti
murature antiche. Nella stessa relazione si citava la demolizione, iniziata duran-
te lo sterro, di alcune murature laterizie degli ipogei, rinvenute in pessime con-
dizioni e giudicate «relativamente recenti», che venne in seguito interrotta42.

sembra aver risposto.


42
ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, IV vers., II Divisione (1934-45), b. 149, fasc. s. n.,
«Colosseo», «Anfiteatro Flavio. Progetto di massima per la sistemazione dell’arena».
356 Gianluca Schingo

Fig. 9 - Particolare del restauro


di uno dei fornici del I ordine,
archivio disegni ex Soprinten-
denza per Beni Ambientali e
Architettonici di Roma, car-
tella 1 n. 36

L’intervento di co-
pertura era caldeggiato
dal Soprintendente ai
Monumenti del Lazio Al-
berto Terenzio, il quale, in
data 26 agosto 1932, così
si esprimeva: «La con-
statazione del continuo
deperimento delle mura-
ture degli ipogei […] ha
consigliato questa Soprin-
tendenza a considerare
l’opportunità di coprirli,
mantenendoli accessibili,
previo lo sterramento del-
la parte ancora ingombra
che, per il rigonfiamento e la spinta della terra, ha determinato già lo sfianca-
mento degli esigui muri costruiti per sostenere solamente un carico verticale»43.
L’elevato del monumento, nel frattempo, non cessava di deteriorarsi: il
25 gennaio 1934 si constatò l’avvenuto crollo di un considerevole tratto di
muro laterizio nel quadrante sudoccidentale44.
Seppur in ritardo, lo sterro dei sotterranei si avviava al suo completa-
mento; l’ingegnere Giuseppe Cozzo, che a partire dal 1938 ne avrà l’appal-
to su incarico della Soprintendenza, aveva già studiato la struttura ipogea
del Colosseo, pubblicando nel 1928 il primo tentativo di studio globale dei

43
Citato in R. Rea, L’area ipogea nella prima metà del XX secolo. Sterri, demolizioni, rico-
struzioni e restauri: l’aggravarsi del problema idraulico, in «Bollettino di Archeologia», 23-24
(1993), p. 89.
44
ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, IV vers., II Divisione (1934-45), b. 149, fasc. s. n., «Colosseo».
Anfiteatro Flavio: restauri, demolizioni e ricostruzioni 357

Fig. 10 - Restauro dei fornici del I ordine, prospetto lungo l’asse maggiore dell’Anfiteatro,
archivio disegni ex Soprintendenza per Beni Ambientali e Architettonici di Roma,
cartella 1 n. 34

sotterranei dell’Anfiteatro45. In una relazione presentata in una conferenza


internazionale nel 1931 Cozzo espose il suo progetto di demolizione di tut-
te le murature che, a suo parere, avevano modificato nei secoli l’assetto e il
funzionamento originali di età flavia, proponendo in subordine di lasciare le
strutture laterizie tarde in due quadranti degli ipogei46.
I propositi distruttivi di Cozzo, benché ridimensionati, furono tuttavia
posti in atto nel biennio 1938-39 nel corso dello sterro; le demolizioni inte-
ressarono porzioni crollate di muratura e strutture pericolanti ritenute non
restaurabili (fig. 8). I lavori, iniziati nel luglio 1938 a partire dall’estremità
occidentale dell’asse maggiore, interessarono in primo luogo il corridoio cen-
trale estendendosi quindi ai passaggi laterali, fino a liberare le nicchie perime-
trali ingombre di blocchi di muratura; nel dicembre 1938 si raggiunse infine
il pavimento in opus spicatum degli ipogei47.
Le strutture dell’area ipogea occidentale furono rinvenute «sconvolte in
45
G. Cozzo, Ingegneria romana, Roma 1928, p. 203 e seguenti.
46
G. Cozzo, Il restauro degli ipogei dell’Anfiteatro Flavio, Conferenza Internazionale per
lo Studio dei Problemi relativi alla Protezione ed alla Conservazione dei Monumenti d’Arte
e di Storia, Atene 1931. Il testo dell’intervento è conservato presso l’Archivio della ex So-
printendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Roma, ora Soprintendenza Speciale
Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma e, in copia, presso l’Archivio storico del Parco
Archeologico del Colosseo (in seguito, ASPAC); R. Rea, cit. a nota 3, p. 80.
47
R. Rea, cit. a nota 43, p. 92.
358 Gianluca Schingo

una maniera impressionante»48; Cozzo rase al suolo quanto rimasto, tra cui le
volte in corrispondenza dell’ingresso «perché in stato molto pericolante man-
canti di piedritti di sostegno». Dopo aver frantumato le murature rinvenute
in posizione di crollo, si procedette alla ricostruzione, meticolosamente docu-
mentata, dei criptoportici occidentali e delle due scale a quadruplice rampa di
collegamento con il piano terra, che in questo punto era rappresentato da una
soletta in cemento armato49. Le nuove strutture furono eseguite in cementizio
di tufo con cortina martellata di speciali mattoncini rossi. I pavimenti furono
risarciti in cemento; si usarono bipedali per la ricomposizione di volte e piat-
tabande. La stessa tecnica costruttiva venne impiegata per i restauri di alcu-
ne volte del I ordine, utilizzando mattoncini rettangolari, bipedali a superficie
scheggiata e cementizio a schegge di tufo (figg. 9-10).
I libretti manoscritti che documentano i lavori di sterro e restauro del
cantiere testimoniano la demolizione di 567 mc di muri pericolanti, a fronte
di 1059 mc di strutture rinvenute in posizione di crollo, per un totale di
1626 mc di murature perdute50.
Lo stesso Cozzo aveva contestualmente fatto ripristinare una porzione
della cavea, tuttora esistente (fig. 11). La ricostruzione delle volte, ignorando
l’esistenza del podio antico, costruito in blocchi di travertino e successiva-
mente spoliato, si fondava sul muro a nicchie del retropodio, offrendo un’im-
magine distorta della spazialità interna del monumento e contraddicendo la
reale scansione degli antichi loca senatoriali51.
L’errore nella definizione del margine fra arena e gradinate ebbe come
immediata conseguenza una profonda modifica al piano in travertino che
costituiva il pavimento della galleria posta alle spalle del podio, considerato
una semplice banchina a ridosso dell’area dei giochi. In questo quadro di
profonda incomprensione della struttura si distrussero i pochi resti del po-
dio, rimuovendo alcuni blocchi che lo componevano «per rettifica dell’antico
marciapiede». La canalizzazione che attraversava il pavimento del sottopodio
(originariamente una latrina) fu quindi piegata a una funzione di deflusso

48
ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, IV vers., II Divisione, b. 149: il Soprintendente ai
Monumenti del Lazio Terenzio comunica al Ministro dell’Educazione Nazionale la dispo-
nibilità di 150.000 per il proseguimento dello sterro dell’arena, sottolineando la fatiscenza
delle strutture murarie ipogee già scoperte.
49
R. Rea, cit. a nota 43, p. 94.
50
I cosiddetti ‘libretti Cozzo’ sono in copia all’ASPAC: R. Rea, cit. a nota 43, pp. 88-
100, figg. 17, 19-30, 33.
51
G. Schingo, Spazio antico e immagine moderna dell’arena del Colosseo, in «Bullettino
della Commissione Archeologica Comunale di Roma», C (1999), pp. 126-127.
Anfiteatro Flavio: restauri, demolizioni e ricostruzioni 359

Fig. 11 - Progetto del tratto ricostruito della cava, da G. Cozzo, il Colosseo. L’Anfiteatro Flavio
nella tecnica edilizia, nella storia delle strutture, nel concetto esecutivo dei lavori, 1971

che originariamente non le apparteneva, pregiudicando allo stesso tempo la


conservazione delle nicchie perimetrali degli ipogei in cui, attraverso la strut-
tura così modificata, venne fatta defluire l’acqua di scarico. Le fogne radiali
del piano terreno, ora collegate al canale del sottopodio, furono in parte ri-
costruite: risultano acquistati 774 bipedali per la copertura a cappuccina dei
tratti sterrati52.
La conclusione dello sterro dell’arena non era stata seguita da un imme-
diato restauro delle strutture. Il 30 ottobre 1941, nel corso del consolida-
mento del passaggio anulare sotto il podio del Colosseo, era crollata la volta
della testata meridionale degli ipogei; ciò costrinse la direzione dei lavori a
richiedere ulteriori finanziamenti, dal momento che i materiali da costruzio-
ne antichi rinvenuti nello sterro, impiegati nelle ricostruzioni, si andavano

52
C. Piraino, Anfiteatro Flavio. Recenti indagini archeologiche lungo il piano del podio e
nelle concamerazioni ipogee, in «Bollettino di Archeologia», 14 (1996), pp. 143-155.
360 Gianluca Schingo

rarefacendo53. Lo stesso soprintendente Terenzio, l’anno successivo, comu-


nicava la necessità improrogabile di impedire la distruzione di «importanti
elementi originali» degli ipogei, soprattutto dopo la frana di parte dell’interro
avvenuta il 21 febbraio. Riferendo al Ministero in merito ai lavori negli ipo-
gei, il soprintendente riteneva che le lesioni interessassero un terzo di tutti
i muri indagati. I restauri erano necessari in seguito allo sprofondamento
del terreno all’estremità nord dell’asse minore, nella cui area si rinvennero
volte pesantemente danneggiate: questo rendeva necessaria, a giudizio dello
scrivente, l’ispezione delle gallerie nord e sud che confluivano negli ipogei54.
Il rapido precipitare degli avvenimenti bellici e la caduta del regime non
permisero il completamento di alcuno degli interventi proposti; l’Italia re-
pubblicana si sarebbe presto dovuta misurare con il problema della tutela del
Colosseo in tutte le sue parti, elevate e sotterranee. Un primo spunto verrà in
occasione del Giubileo del 1950, che vedrà l’arena dell’Anfiteatro coperta da
un tavolato provvisorio; questa soluzione, che anticipa quella recentemente
adottata, seppur parzialmente, portò ad un interessante dibattito sull’uso del-
lo straordinario spazio scenico ritrovato, discussione che non sembra inutile
riconsiderare alla luce del rinnovato interesse sviluppatosi intorno alla mo-
derna fruizione dello spazio interno del Colosseo.

Gianluca Schingo

53
ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, IV vers., II Divisione (1934-45), b. 149, fasc. s. n.,
«Colosseo», 30 ottobre 1941.
54
ACS, MPI, Dir. Gen. AABBAA, IV vers., II Divisione (1934-45), b. 149, fasc. s. n.,
«Colosseo», 1 marzo e 6 novembre 1942.

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