net/publication/257548657
CITATION READS
1 1,291
1 author:
SEE PROFILE
Some of the authors of this publication are also working on these related projects:
All content following this page was uploaded by Maria Cristina Carile on 17 March 2014.
a cura di
GIORGIO VESPIGNANI
TOMO PRIMO
FONDAZIONE
CENTR O ITALIANO DI STUDI
SULL’ALTO MEDIOE VO
SPOLETO
2013
INDICE
I. TARDOANTICO CRISTIANO
III. LA ROMÀNIA
1. « Sale altissime sorgono sotto tetti enormi, splendenti del sole dei metalli, mirabi-
li nell’arredo, più mirabili dell’aspetto del luogo, superbe nell’apparato » (trad. A. CARILE
in ID., Il palazzo imperiale come luogo dell’epifania trascendente dell’imperatore, in Palatia. Pa-
lazzi imperiali tra Ravenna e Bisanzio. Catalogo della mostra (Ravenna, Biblioteca Classense,
14.10.2002-4.01.2003), a cura di A. AUGENTI, Ferrara, 2003, p. 9; ID., La prossemica del po-
tere: spazi e distanze nei cerimoniali di corte, in Uomo e spazio nell’Alto Medioevo, Spoleto,
2003 [Settimane di studio del CISAM, L], p. 611).
2. ID., Il palazzo imperiale come luogo dell’epifania cit. nota precedente, pp. 6-15; ID.,
La prossemica del potere cit. nota precedente, pp. 636-637; ID., Credunt aliud romana pa-
latia caelum. Die Ideologie des Palatium in Konstantinopel dem Neuen Rom, in Palatia. Kai-
serpalaeste in Konstantinopel, Ravenna und Trier, hrsg. von M. KÖNIG, E. BOLOGNESI REC-
CHI FRANCESCHINI, E. RIEMER, Trier, 2003, pp. 27-32.
306 MARIA CRISTINA CARILE
ghi riferimenti testuali, che non rendono onore alle altezze ed alle
caratteristiche delle strutture, la mia riflessione, prendendo spunto
dalla splendentia sole metallorum di Corippo, si concentrerà sull’e-
sterno del Grande Palazzo e, in particolare, sui tetti del palazzo.
Nel IV secolo Libanio, nella sua monodia per Nicomedia col-
pita da un terremoto, descriveva il palazzo imperiale come una
luminosa visione di luce che, da lontano, brillava sulla baia 3. Lo
splendore del palazzo imperiale è un topos della letteratura tar-
doantica utilizzato per i vari palazzi imperiali sparsi nei territori
dell’impero, e che, più tardi, è stato adottato nelle descrizioni del
Grande Palazzo di Costantinopoli influenzando la letteratura fino
a tempi recentissimi 4. Il palazzo imperiale degli imperatori bizan-
tini – un enorme complesso di diversi edifici, una città nella cit-
tà 5, con la sua imponente architettura e le sue enormi dimensio-
ni – appariva come un’immagine di luce accecante, in una distan-
te visione di luce, priva di materialità. Tuttavia, ciò che rendeva il
palazzo brillante di luce quasi irreale era la materialità stessa della
sua architettura: oltre a costituire un topos letterario, quindi imma-
teriale, il palazzo imperiale probabilmente risplendeva di luce an-
che nella realtà. La luce sfavillante che emanava dal palazzo non
era soltanto una immagine letteraria e, in seguito, una convenzio-
ne accettata e ripetuta in scritti di ogni epoca, ma un effetto reale
prodotto dai raggi del sole che si riflettevano sulle lisce superfici
dei tetti del palazzo e le preziose decorazioni dei suoi interni. Al-
meno per quanto riguarda il Grande Palazzo di Costantinopoli, le
3. LIB. Or. LXI, 10, ed. R. FOERSTER, IV, Stuttgart, 1908, p. 334 (e’deíknu d’ aªn
ou‘twsì tøı pélav o‘ mèn basíleion e’pastrápton tøı kólpwı; trad. « così l’uno mostrò al
suo compagno il palazzo che splendeva sulla baia »).
4. Ad es., in un epigramma attribuito a Mariano Scolastico, l’imperatore Giustino II
costruì per la consorte Sofia uno splendido “palazzo dorato” (Anthologia Graeca, IX.657,
eds. P. WALTZ, G. SOURY, VIII, Paris, 1977, pp. 127-128). In tempi moderni, in riferi-
mento al palazzo di Costantinopoli, si ricorda un racconto di Arthur Conan Doyle,
scritto nel 1909 e ambientato nel palazzo: A. CONAN DOYLE, The Home-Coming, pubbli-
cato nella raccolta The Last Galley Impressions and Tales, London, 1911.
5. Per il palazzo imperiale come una città nella città, ma una città proibita: A. CA-
RILE, Il palazzo imperiale come luogo dell’epifania cit. (nota 1), p. 7; ID., La prossemica cit.
(nota 1), pp. 603-604; vd. anche: S. ČURČIĆ, Late-Antique palaces: the Meaning of Urban
Context, in Ars Orientalis, XXIII (1993), pp. 67-90; M. C. CARILE, The Vision of the Pala-
ce of the Byzantine Emperors as a Heavenly Jerusalem, Spoleto, 2012, pp. 16-18.
IL SACRUM PALATIUM RISPLENDENTE DI LUCE 307
6. Anthologia Graeca, IX.656, ed. cit. (nota 4), p. 127. Nonostante le iperboli e il
linguaggio poetico dell’epigramma, secondo questa fonte il tetto della Chalké di Anasta-
sio era costruito in bronzo e rivestito in oro splendente (C. MANGO, The Brazen House.
A Study of the Vestibule of the Imperial Palace of Constantinople, Copenhagen, 1959, pp. 26-
27: analisi e commento all’epigramma).
7. PROC. Bell. Vand. III.5.4, ed. G. WIRTH, I, Lipsia, 1962, p. 332.
8. Secondo Plinio il Vecchio, quando dopo l’83 a.C. il tempio di Giove Capitolino
fu ricostruito dopo un incendio, Quinto Lutazio Catulo si adoperò perchè avesse un
tetto di bronzo rivestito d’oro (PLIN. Nat. Hist. XXXIII.57, ed. A. CORSO, R. MUGELLE-
SI, G. ROSATI, Torino, 1988, pp. 42-43). In riferimento al tempio dorato si veda anche:
SEN. Controv. I.6.4 (auro puro fulgens praelucet Capitolium), II.1.1 (aurato Capitolio), ed. M.
WINTERBOTTOM, I, Cambridge-London, 1974, pp. 140-141, 204-205). In seguito a varie
vicessitudini, dopo l’80 d.C. il tempio venne ricostruito nuovamente dall’imperatore
Domiziano, con una enorme spesa dovuta alla doratura del tetto (PLUT. Public. 15.3, ed.
R. FLACELIÈRE, E. CHAMBRY, M. JUNEAUX, II, Paris, 1968, p. 75). Ancora nel IV secolo,
Ausonio ne ricordava la copertura aurea (AUS. Ordo, 123 (Narbo), ed. R. P. H. GREEN,
Oxford, 1999, p. 193).
9. Per la storia e le decorazioni della Chalké nei secoli: MANGO, The Brazen House
cit. (nota 6), pp. 21-35; R. JANIN, Constantinople Byzantine. Développement urbain et reper-
toire topographique, Paris, 1964, pp. 110-112; W. MÜLLER WIENER, Bildlexikon zur Topogra-
phie Istanbuls. Byzantion, Konstantinupolis, Istanbul bis zum Beginn des 17. Jahrhunderts, Tü-
bingen, 1977, pp. 248-249; I. ZERVOÙ TOGNAZZI, Propilei e Chalké, ingresso principale del
Palazzo di Costantinopoli, in Arte, archeologia, storia. Studi in onore di Fernanda de’ Maffei,
Roma, 1996, pp. 33-59; L. BRUBAKER, The Chalké Gate, the Construction of the Past, and
the Trier Ivory, in Byzantine and Modern Greek Studies, XXIII (1999), pp. 258-285.
10. PROC. De Aed. I.10.10-20, ed. H. B. DEWING, London, 1954, pp. 82-87.
11. Vita Basilii (= THEOPH. CONT. Chronogr. V), 31, ed. I. ŠEVČENKO, Berlin-Boston,
2011 (CSHB), p. 120.
308 MARIA CRISTINA CARILE
12. CEDR. Hist. Comp. ed. I. BEKKER, I, Bonn, 1838 (CSHB), pp. 656-657: o‘ dè perì
au’tòn tòn kíona calkòv a√pav kéramov h¥n diácrusov, tæn eiºsodon toû palatíou
Kwnstantínou toû megálou basiléwv e’pikalúptwn, h√tiv kaì mécri toû nûn calkñ
prosagoreúetai; trad. « Dunque presso quella colonna erano rivestite d’oro tutte le te-
gole di bronzo che ricoprivano l’ingresso del palazzo dell’imperatore Costantino il
Grande, il quale ingresso ancora oggi è chiamato Chalké ».
13. Procopio descrive profusamente la struttura interna e la decorazione musiva della
Chalké, come uno spettatore che guardasse il monumento dall’interno (PROC. De Aed.
I.10.10-20, ed. cit. [nota 10] pp. 82-87 in part. 82-85). La decisione di concentrarsi sugli
interni lascia il dubbio che, rispetto all’edificio di Anastasio, l’aspetto della Chalké fosse
notevolmente cambiato, non tanto all’esterno, quanto all’interno.
14. Vita Basilii (= THEOPH. CONT. Chronogr.V), 31, ed. cit. (nota 11), p. 120.
15. Ibid., 87-90, pp. 282-298.
16. Fin dal VII secolo sembra che all’interno della Chalké alcuni spazi fossero stati
adibiti a luogo di prigionia (MANGO, The Brazen House cit. [nota 6], pp. 34-35). A Basi-
lio I si deve invece la decisione di trasformare parte dell’edificio o delle sue adiacenze in
corte di giustizia: Vita Basilii (= THEOPH. CONT. Chronogr. V), 31.7-13, ed. cit. (nota 11),
p. 120; CEDR. Hist. Comp. ed. I. BEKKER, II, Bonn, 1839, p. 204. Inoltre, presso la Chal-
ké, ma in posizione sopraelevata rispetto ad essa, Romano Lecapeno (920-944) fece co-
IL SACRUM PALATIUM RISPLENDENTE DI LUCE 309
struire una cappella intitolata a Cristo Salvatore che fu ampliata da Giovanni Zimisce
(969-976) e ottenne importanti reliquie (S. G. ENGBERG, Romanos Lekapenos and the Man-
dilion of Edessa, in Byzance et les reliques du Christ, eds. J. DURAND, B. FLUSIN, Paris, 2004,
pp. 123-139, in part.129).
17. Si noti che i due passi sono indipendenti: in questo caso, Zonara non ha come
fonte Cedreno, dimostrando la diffusione – e forse anche la veridicità – della notizia dei
tetti bronzei della Chalké: CEDR. Hist. Comp. ed. cit. (nota 12), I, pp. 656-657; ZON. Ep.
Hist. XIV.6.19, ed. T. BÜTTNER-WOBST, III, Bonn, 1897 (CSHB), p. 154. Fra XII e
XIII secolo, di diverso parere è Niceta Coniata, secondo il quale, più correttamente, il
nome della Chalké derivava invece dalle sue porte bronzee (NIC. CHON. Hist. III.6, ed.
I. BEKKER, Bonn, 1885 (CSHB), p. 582).
18. Per la storia del tempio di Giove Capitolino: G. TAGLIAMONTE, Iuppiter Optimus
Maximus Capitolinus, aedes, templum (fino all’83 a.C.), in LTUR, III, a cura di M. STEIN-
BY, Roma, 1996, pp. 144-148; S. DE ANGELI, Iuppiter Optimus Maximus Capitolinus, aedes,
templum (fasi tardorepubblicane e di età imperiale), ibid., pp. 148-153; J. W. STAMPER, The
Architecture of Roman Temples. The Republic to the Middle Empire, Cambridge, 2005, pp.
6-33, 82, 156; G. CIFANI, Architettura romana arcaica: edilizia e società tra monarchia e repub-
blica, Roma, 2008, pp. 80-81. Per il significato simbolico del tempio, sineddoche di Ro-
310 MARIA CRISTINA CARILE
di Roma del 455, aveva osato spogliarli 19. Il tempio era dedicato
alle divinità che proteggevano Roma e avevano permesso alla cit-
tà e al suo popolo di diventare un impero, al suo interno erano
conservati i tesori in cui si riconosceva l’identità civica fin dagli
albori della storia della città. Al tempo di Traiano (97-117), la Ba-
silica Ulpia, monumento cardine del foro costruito dall’imperato-
re, fu rivestita da un tetto bronzeo 20. In seguito, il Pantheon 21 e,
probabilmente, il Tempio di Venere e Roma 22, entrambi opera
dell’imperatore Adriano (117-138) e progettati come centri del
culto della città, ricevettero una copertura di tegole di bronzo.
Questi edifici, capisaldi dell’attività edilizia dell’imperatore, furono
ma: C. EDWARDS, Writing Rome: textual approaches to the city, Cambridge, 1997, pp.
69-90.
19. PROC. Bella Vand. III.5.4, ed. cit. (nota 7), I, p. 332.
20. Nel II secolo, enumerando gli edifici più significativi costruiti da Traiano, Pausa-
nia ricorda le splendide coperture in bronzo del foro (PAUS. Perieg. V.12.6 (vd. anche
X.5.11), ed. F. SPIRO, Leipzig, 1903, TLG online: kaì málista e’v tòn oºrofon calkoû
pepoihménon; trad. « e soprattutto per il tetto fatto di bronzo »). Il passo fa riferimento ai
tetti bronzei della Basilica Ulpia, piuttosto che ai suoi soffitti (si veda discussione in J. E.
PACKER, The Forum of Trajan in Rome. A study of the monuments. Portfolio, Berkeley-
Oxford, 1997, pp. 442-443).
21. Nel 663, Costante II (641-668) spogliò il tetto del Pantheon – nel 609 convertito
nella chiesa di Santa Maria della Rotonda da Bonifacio IV, su concessione dell’impera-
tore Foca (602-610) – delle lamine di bronzo dorato (Liber Pontificalis, LXIX.1-2,
LXXVIII.3, ed. L. DUCHESNE, I, Paris, 1955, pp. 317, 343; PAUL. DIAC. Hist. Long.
IV.36.6-11, V.11.7-14, ed. L. CAPO, Vicenza, 1992, pp. 210, 266; T. A. MARDER, The
Pantheon after Antiquity, in The Pantheon in Rome. Contributions to the Conference (Bern,
November 9-12, 2006), eds. G. GRASSHOFF, M. HEINZELMANN, M. WÄFLER, Bern, 2009, pp.
145-54). Nel 735, papa Gregorio III (731-741) provvide a dare una nuova copertura in
lamine di piombo all’edificio (Liber Pontificalis, XCII.12, ed. cit., I, p. 419; W. L. MAC-
DONALD, The Pantheon: Design, Meaning and Progeny, Cambridge, 2002 (prima ed. 1976),
p. 18). Per la tecnica di copertura della cupola: A. ZIOLKOWSKI, Pantheon, in LTUR, IV,
a cura di M. STEINBY, Roma, 1999, pp. 59-60; per il suo significato cosmico: E. LA
ROCCA, Pantheon, ibid., V, pp. 280-283.
22. Nel 625, su concessione di Eraclio (610-641), papa Onorio I spogliò i tetti in
bronzo dorato del tempio per riutilizzarli nella basilica di San Pietro (Liber Pontificalis,
LXXII.2, ed. cit. [nota 21], I, p. 323; STAMPER, The Architecture of Roman Temples cit.
(nota 18), pp. 211, 259). I tetti erano già stati ristrutturati dopo l’incendio del 307, du-
rante i lavori di ricostruzione promossi dall’imperatore Massenzio (A. CASSATELLA, Venus
et Roma, aedes, templum, in LTUR, V, a cura di M. STEINBY, Roma, 1999, pp. 121-123).
Per il Tempio di Venere e Roma: C. DEL MONTI, Il Tempio di Venere e Roma nella sto-
ria, Roma, 2010, passim. Per la tecnica costruttiva dei tetti nell’architettura romana: R.
B. ULRICH, Roman Woodworking, New Haven, 2007, pp. 123-177.
IL SACRUM PALATIUM RISPLENDENTE DI LUCE 311
leo imperiale, con i suoi tetti splendenti alla luce del sole, creava
un punto cardine in un continuum con gli altri maggiori monu-
menti fatti erigere da Costantino. Dal nucleo palazzo-ippodromo
– fondazioni precedenti ma rese perno urbanistico della capitale
costantiniana 26 – attraverso l’asse stradale maggiore, la Mese, i sim-
boli dell’autorità imperiale di Costantino segnavano il paesaggio
urbano e rendevano visibilmente manifesta la monumentale cele-
brazione dell’imperatore: dapprima nel foro di Costantino al cen-
tro del quale troneggiava la statua dell’imperatore con il capo ra-
diato 27 e poi, seguendo la diramazione nord della Mese, nel suo
luminoso mausoleo imperiale, il martyrion dei Santi Apostoli 28.
(fig. 1)
Negli stessi anni, probabilmente, un altro edificio fu decorato
con tetti di bronzo dorato: la Grande Chiesa di Antiochia, il co-
siddetto “Ottagono d’Oro” in virtù della sua cupola dorata 29. La
(ville neuve) du IIIe au IVe siècle, in Mélanges de l’École Française de Rome. Antiquité, CVI.2
(1994), pp. 993-1023, 1009-1012; W. E. KLEINBAUER, Antioch, Jerusalem, Rome: The Patro-
nage of the Emperor Constantius II and Architectural Invention, in Gesta, XLV.2 (2006), pp.
125-145, 126-128 con amplia discussione delle fonti sul monumento perduto.
30. Secondo Eusebio, Costantino decorò l’edificio con grande abbondanza di oro,
bronzo e materiali preziosi (EUS. Vita Const. III.50.2, ed. cit. [nota 23], p. 105; Laud.
Const. IX.15, ed. I. A. HEIKEL, Leipzig, 1902, p. 221; si vd. anche: EUSEBIO DI CESAREA,
Elogio di Costantino: discorso per il trentennale; discorso regale, introduzione, traduzione e
note a cura di A. AMERISE, Milano, 2005, pp. 26, 159 n. 81).
31. Il cosiddetto mosaico della Megalopsychia (V secolo), oggi conservato al Museo
di Antakya (inv. 1016), decorava il pavimento di una villa dell’antica Daphne (Yakto),
quartiere residenziale delle élites di Antiochia. Per una recente lettura del significato del
bordo del famoso mosaico: J. MATTHEWS, The Journey of Theophanes. Travel, Journey and
Daily Life in the Roman East, New Haven, 2006, pp. 80-88 (con bibliografia precedente).
32. Fedele al suo atteggiamento ostile al cristianesimo, Libanio non descrive le chiese
di Antiochia e omette qualsiasi riferimento all’ottagono (LIB. Or. XI, 204-207, 218, ed.
R. FOERSTER, Stuttgart, 1963, pp. 507-508, 512-513; per il quale si vd. anche: G. DO-
WNEY, Libanius’ Oration in Praise of Antioch (Oration XI), in Proceedings of the American Phi-
losophical Society, CIII.5 (1959), pp. 652-686; C. SALIOU, Antioche décrite par Libanios. La
rhétorique de l’espace urbain et ses enjeux au milieu du quatrième siècle, in Approches de la troi-
sième sophistique. Mélanges J. Schamp, dir. M. STEINRÜCK, E. AMATO, A. RODUIT, Bruxel-
les, 2006, pp. 273-285). La rappresentazione del circo è stata interpretata come quella di
un giardino per i cavalli (il cosiddetto “stadio bizantino”); tuttavia il bordo esterno del
mosaico della Megalopsychia è piuttosto schematico e sicuramente di fattura più grosso-
314 MARIA CRISTINA CARILE
lana rispetto allo spazio centrale, di conseguenza il circo ovale potrebbe anche rappre-
sentare l’ippodromo dell’isola dell’Oronte.
33. Nonostante la collocazione della cattedrale nel quartiere imperiale sull’isola sul-
l’Oronte sia basata su questa rappresentazione musiva, è stata quasi unanimemente accet-
tata dalla storiografia (fatta eccezione per D. LEVI, Antioch Mosaic Pavements, I, Princeton
- London, 1947, pp. 326-337; C. SALIOU, À propos de la taurianæ púlh. Remarques sur la
localisation présumée de la Grande Église d’Antioche de Syrie, in Syria, LXXVII (2000), pp.
217-226). Recentemente, con acute osservazioni sulla molto probabile localizzazione
della chiesa sull’isola: F. GUIDETTI, Urban Continuity and Change in Late Roman Antioch, in
Urban Decline in the Byzantine Realm. Proceedings of the conference (Helsinki, September 25th,
2009), ed. B. FORSÉN, Helsinki, 2010 (Acta Byzantina Fennica, III n.s.), pp. 81-104.
34. Nel VI secolo, Giovanni Malala riporta il testo di una iscrizione commemorativa
attribuita a Costanzo, il figlio di Costantino, che portò a compimento la costruzione
della chiesa “in tutto simile alle volte celesti, assoluntamente splendenti” (Ou’raníaiv
a‘yîsi paneíkela, panfanównta): IOH. MAL. Chron. XIII.17.85-88, ed. H. THURN, Berlin,
2000, p. 250.
35. Per la topografia dell’isola imperiale nella tarda antichità: G. POCCARDI, L’île
d’Antioche à la fin de l’Antiquité: histoire et problème de topographie urbaine, in Recent Resear-
ch in Late Antique Urbanism IV, ed. L. LAVAN, Portsmouth, 2000 (Suppl. JRA, 42), pp.
155-172; F. GUIDETTI, Urban Continuity and Change cit. (nota 33).
36. DAGRON, Naissance d’une capitale cit. (nota 26), pp. 79-81.
IL SACRUM PALATIUM RISPLENDENTE DI LUCE 315
37. J. BARDILL, Building Materials and Techniques, in The Oxford Handbook of Byzantine
Studies, eds. E. JEFFREYS, J. HALDON, R. CORMACK, Oxford, 2008, pp. 344-345. Attorno
al 527, secondo Gregorio di Tour, Anicia Giuliana decorò la chiesa di San Polieucto,
costruita accanto al suo palazzo a Costantinopoli, con un tetto dorato (GREG. TOUR.
Glor. Mart. I.102, ed. B. KRUSCH, I.2, Hannover, 1885, pp. 105-107). Tuttavia, di recen-
te, attraverso una riflessione di carattere storico architettonico e un’analisi testuale, Bar-
dill ha concluso che si deve piuttosto pensare alla decorazione del soffitto dell’edificio
piuttosto che dei tetti della chiesa (J. BARDILL, A New Temple for Byzantium: Anicia Julia-
na, King Solomon and the gilded ceiling in the Church of St. Polyeuktos in Constantinople, in
Social and Political Life in Late Antiquity, eds. W. BOWDEN, A. GUTTERIDGE, C. MACHADO,
Leiden, 2006 [Late Antique Archaeology, 3.1], pp. 339-370).
38. Nel XII secolo, Zonara biasimava Giustiniano per aver distrutto le tubazioni in
piombo che portavano acqua a Costantinopoli e averne riutilizzato il metallo nei suoi
nuovi edifici (ZON. Ep. Hist. XIV.6, ed. cit. [nota 17], III, p. 157). Probabilmente, il
piombo era stato poi impiegato sia per le coperture dei tetti sia per le grappe che tene-
vano insieme le murature (J. BARDILL, Brickstamps of Constantinople, I, Oxford, 2004, p.
34). Per l’uso di tetti in piombo negli edifici di età giustinianea, si veda anche l’inno per
la dedicazione della cattedrale di Edessa in: K. E. MCVEY, The domed church as a microco-
sm, in Dumbarton Oaks Papers, 37 (1983), pp. 93 e 95.
39. Per una discussione sui caratteri distintivi che legano l’architettura di San Vitale
al contesto architettonico romano-orientale: E. RUSSO, L’architettura di Ravenna paleocri-
stiana, Venezia, 2003, pp. 59-82. Nonostante il tetto della cupola sia a padiglione con
falde inclinate, quindi si distanzi nella forma dai tetti della chiesa dei Santi Sergio e Bac-
co e della grande chiesa di Santa Sofia, la scelta del materiale – metallico – rivela la co-
mune ispirazione e lo stesso concetto costruttivo.
316 MARIA CRISTINA CARILE
40. Fin dall’origine la cupola della basilica sembra abbia avuto una copertura in rame
e il deabulatorio in tegole ceramiche (F. W. DEICHMANN, Ravenna. Haupstadt des spätanti-
ken abenlandes. Kommentar, II, Wiesbaden, 1976, pp. 65-69). Almeno fin dal 1510 circa,
il tetto della cupola era però costituito da lastre di piombo, che vennero restaurate e so-
stituite in diverse altre occasioni (S. FOSCHI, Appunti per una cronologia delle trasformazioni
architettoniche di San Vitale, in La basilica di San Vitale a Ravenna, a cura di P. ANGIOLINI
MARTINELLI, II, Modena, 1997, p. 67 n. 37; N. LOMBARDINI, Le vicende del monumento dal
1860 ad oggi: l’eliminazione delle superfettazioni, ibid., p. 96; EAD., Restauro e conoscenza di
un sistema costruttivo: la cupola della chiesa di San Vitale a Ravenna, in Ananke, XIX [1997],
pp. 52-59, in part. 56, 59 e n. 16 con riferimento ad una pergamena anonima del XVI
secolo conservata alla Biblioteca Classense). Secondo Muratori, la cupola di San Vitale
era stata costruita in piombo fin dall’antichità, come il tetto della basilica Ursiana che, in
base ad al rinvenimento di lastre di piombo sicuramente databili grazie a iscrizioni, si
può affermare avesse un rivestimento plumbeo almeno fin dal VII secolo (S. MURATORI,
Le coperture della cupola di San Vitale dal cinquecento in poi, in Felix Ravenna, XXX [1925],
pp. 44-47). Recentemente (2010-2011), il tetto della chiesa di San Vitale è stato nuova-
mente oggetto di un restauro e di indagini i cui risultati saranno presto pubblicati da
parte della Soprintendenza ai Beni Architettonici di Ravenna.
41. La scelta di coprire la chiesa con tessere d’oro e d’argento – come a ricordare un
tetto di bronzo o un tetto di piombo ricoperto d’oro - potrebbe essere dovuta alla gam-
ma cromatica utilizzata per il mosaico, dominata da colori caldi che si intonano allo
sfondo d’oro della lunetta.
42. Se le fonti principali sull’edificio giustinianeo – le ekphràseis di Procopio e di
Paolo Silenziario – descrivono l’edificio dall’interno, omettendo ogni riferimento pun-
tuale ai tetti della chiesa (PROC. De Aed. I.1.20-78 per il quale si veda PROCOPIO DI CE-
SAREA, Santa Sofia di Costantinopoli: un tempio di luce, a cura di P. CESARETTI e M. L. FO-
IL SACRUM PALATIUM RISPLENDENTE DI LUCE 317
BELLI, Milano, 2011; PAUL. SIL. Ekphr. testo, traduzione e commento in M. L. FOBELLI,
Un tempio per Giustiniano. Santa Sofia di Costantinopoli e la Descrizione di Paolo Silenziario,
Roma, 2005), nella metafora del silenziario del navigante che, giungendo di notte a Co-
stantinopoli, è guidato non dalle stelle ma dalla luce divina che risplende dalla basilica si
può forse scorgere un’evocazione dei rilucenti tetti della basilica (PAUL. SIL. Ekphr. 906-
920, ed. cit. sopra, pp. 91-92).
43. Importanti riflessioni sulla continuità della pratica edilizia bizantina nell’architet-
tura ottomana: R. OUSTERHOUT, The East, the West, and the Appropriation of the Past in
Early Ottoman Architecture, in Gesta, XLIII.2 (2004), pp. 167-178. Per l’importanza sim-
bolica e architettonica della Grande Chiesa dopo la caduta di Costantinopoli e nello svi-
luppo dell’architettura della capitale: G. NECIPOǦLU, The Life of an Imperial Monument:
Hagia Sophia after Byzantium, in Hagia Sophia from the Age of Justinian to the Present, eds.
R. MARK, A. ÇAKMAK, Cambridge, 1992, pp. 195-225; EAD., The Age of Sinan. Architec-
tural Culture in the Ottoman Empire, London, 2005, pp. 138-140, 143-145, 154, 179.
44. Nell’antichità il bronzo e le sue leghe (ma, in certa misura, anche il piombo)
erano considerati al pari dei metalli nobili (V. PACE, G. POLLIO, Bronzo e arti della fusione,
in Arti e storia nel Medioevo, II, Del costruire: tecniche, artisti, artigiani e committenti, a cura di
E. CASTELNUOVO e G. SERGI, Torino, 2003, pp. 467-479).
318 MARIA CRISTINA CARILE
45. Per il significato del palazzo imperiale come spazio privilegiato della manifesta-
zione della regalità in una forma privata e accessibile solo a pochi: A. CARILE, Il Sacro
Palazzo di Costantinopoli Nuova Roma, in Quaderni di Scienza della Conservazione, II
(2002), pp. 15-35; ID., La prossemica cit. (nota 1), pp. 589-653; ID., Credunt aliud romana
palatia caelum cit. (nota 2), pp. 27-32; si veda anche: R. TEJA, Il cermoniale imperiale, in
Storia di Roma, III.2, a cura di A. CARANDINI, L. CRACCO RUGGINI, A. GIARDINA, Torino,
1993, pp. 628-629.
46. Sul valore simbolico dell’oro e sulla sua associazione con la regalità sacra: S. AVE-
RINCEV, L’or dans le système des symboles de la culture proto-byzantine, in Studi Medievali,
XX (1979), pp. 54-68; L. JAMES, Light and Colour in Byzantine Art, Oxford, 1996, pp.
106-107, 121-123; D. JANES, God and Gold in Late Antiquity, Cambridge, 1998, pp. 18-
42. Sulla luce come espressione della regalità: G. BÜHRER-THIERRY, Lumière et pouvoir
dans le haut moyen âge occidental. Célébration du pouvoir et métaphores lumineuses, in Mélanges
de l’École Française de Rome. Moyen Age, CXVI.2 (2004), pp. 521-556.
47. In part. ci si riferisce agli scavi condotti a partire dal 1997 da parte dello staff del
Museo Archeologico di Istanbul presso l’ex-palazzo di Giustizia nell’area di Sultanahmet,
ancora oggetto solo di parziali pubblicazioni, che hanno identificato una struttura come
l’antica Chalké (Ç. GIRGIN, La Porte Monumentale trouvée dans les fouilles près de l’ancienne
prison de Sultanahmet, in Anatolia Antiqua, XVI [2008], pp. 259-290; A. DENKER, G. YAǦ-
CI, A. B. AKAY, Büyük Saray kazısı, in Gün Işıǧinda. stanbul’un 8000 yılı. Marmaray, Metro
ve Sultanahmet kazıları, exhibition catalogue, Istanbul, 2007, pp. 126-141).
48. Per il simbolismo dei colori nel contesto ecclesiastico, con particolare riferimento
IL SACRUM PALATIUM RISPLENDENTE DI LUCE 319
54. EUS. Vita Const. I.5-6, III.10.4-5 e 15.2, ed. cit. (nota 23), pp. 17, 86, 89; Laud.
Const., III.5, VII.12, ed. cit. (nota 30), pp. 201, 215; AGAP. Ekth. 37, 46, 61, ed. R. RIE-
DINGER, Athenai, 1995, pp. 50-51, 58-59, 68-69. Sulla sacralità del potere imperiale a Bi-
sanzio: A. CARILE, La sacralità rituale dei BASILEIS bizantini, in Adveniat regnum. La re-
galità sacra nell’Europa medievale, eds. F. CARDINI, M. SALTARELLI, Siena, 2002, pp. 65-117;
ID., Regalità sacra ed iniziazione nel mondo bizantino, in Sulla soglia del sacro. Esoterismo ed
iniziazione nelle grandi religioni e nella tradizione massonica, Atti del Convegno di studio (Firen-
ze, 1-3 marzo 2002), Milano, 2002, pp. 75-96; si vd. anche: ID., EUTAXIA: l’ordine divi-
no nel cosmo e nell’impero, in Spazio e centralizzazione del potere. Atti del IV seminario inter-
nazionale di studi storici “Da Roma alla Terza Roma”, a cura di P. CATALANO, P. SINISCAL-
CO, Roma, 1998, pp. 131-136.
55. Per tutta la tarda antichità, gli scrittori di corte affermano che il palazzo imperiale
non poteva essere descritto a parole: si pensi alle affermazioni di Libanio, nel IV secolo,
in riferimento al palazzo di Antiochia e di Procopio, nel VI, in relazione al Grande Pa-
lazzo (LIB. Or. XI, 207, ed. cit. [nota 3], p. 508; PROC. De Aed. I.10.10, ed. cit. [nota
10], p. 82). L’impossibilità di descrivere il palazzo imperiale non deve però essere rite-
nuta soltanto un topos letterario, in quanto derivava dal carattere stesso del palazzo che,
fin dall’età costantiniana, veniva ritenuto impenetrabile e sacro (EUS. Laud. Const. Prolo-
go 4, ed. cit. [nota 30], p. 196; Panegyrici Latini, IX, 18.5, ed. D. LASSANDRO, G. MICUN-
CO, Torino, 2000, pp. 312-313).
322 MARIA CRISTINA CARILE
56. Vita Basilii (= THEOPH. CONT. Chronogr. V), 84.1.3, ed. cit. (nota 11), p. 274.
57. THEOPH. CONT. Chronogr. VI.20, ed. cit. (nota 11), pp. 449-450. Per il triclinio
dei Decanneaccubita: R. KRAUTHEIMER, Die Dekanneakkubita in Konstantinopel. Ein kleiner
Beitrag zur Frage Rom und Byzans, in Tortualae. Studien zu altchristlichen und byzantinischen
Monumenten, ed. W. N. SCHUMAKER, Rom - Freiburg - Wien, 1966, pp. 143-146.
58. Per il Chysotriklinos: JANIN, Constantinople Byzantine cit. (nota 9), pp. 115-117;
MÜLLER WIENER, Bildlexikon cit. (nota 9), p. 231; con riferimento alle cerimonie: J. M.
FEATHERSTONE, The Chrysotriklinos Seen through De Cerimoniis, in Zwischen Polis, Provinz
und Peripherie. Beiträge zur byzantinischen Geschichte und Kultur, Mainzer Veröffentlichunen
zur Byzantinistik, ed. L. HOFFMANN, Wiesbaden, 2005, pp. 845-852; ID., The Great Palace
as reflected in the De Cerimoniis, in Visualsierungen von Herrschaft. Frühmittelalterliche Resi-
denzen, Gestalt und Zeremoniell, Internationales Kolloquium 3./4. Juni 2004 in Istanhul, ed. F.
A. BAUER, Istanbul, 2006 (Byzas 5), pp. 50-54; ID., DI’ ENDEIXIN: Display in Court Ce-
remonial (De Cerimoniis II, 15), in The Material and the Ideal. Essays in Medieval Art and
Archaeology in Honour of Jean-Michel Spieser, eds. A. CUTLER, A. PAPACOSTANTINOU, Lei-
den, 2007, pp. 75-112.
IL SACRUM PALATIUM RISPLENDENTE DI LUCE 323
59. La Nea Ecclesia ospitò molte importanti reliquie che esprimevano al contempo la
religiosità dell’imperatore e i fondamenti cristiani della basileia. Nel X secolo, in occasio-
ne dell’anniversario della dedicazione della chiesa, l’imperatore e il patriarca andavano in
processione dal Chrysotriklinos alla Nea Ecclesia, dove rendevano onori all’immagine di
Basilio I accendendo candele e pregando (CONST. PORPH., De Cer., 28 (19), ed. A.
VOGT, I, Paris, 1967, p. 109).
60. Secondo un epigramma anonimo del IX secolo, sulle murature dell’aula la splen-
dente immagine di Cristo sormontava il trono imperiale, una rappresentazione della
Vergine era posta sopra l’accesso principale, sui muri gli apostoli, i martiri, i santi erano
come guardie del palazzo e accanto ad essi era l’imperatore Michele III, il patriarca Fo-
zio e la corte (Anthologia Graeca, I.106, ed. cit. [nota 4], I, p. 41). Per l’intepretazione
dell’epigramma nel contesto della cultura di corte del IX secolo L. BRUBAKER, Vision and
Meaning in Ninth Century Byzantium, Cambridge, 1999, pp. 148-149.
61. LIUT. CREM. Antap. VI.8, ed. P. CHIESA, Turnholt, 1998, p. 148. Per l’uso ceri-
moniale delle aule del palazzo nel X secolo: J. M. FEATHERSTONE, The Great Palace cit.
(nota 58), pp. 47-60.
324 MARIA CRISTINA CARILE
62. Per il banchetto imperiale con particolare riferimento alla manifestazione della
gerarchia imperiale con alto significato simbolico: S. MALMBERG, Visualizing Hierarchy at
Imperial Banquets, in Feast, Fast or Famine: Food and Drink in Byzantium, eds. W. MAYER
and S. TRZCIONKA, Brisbane, 2005, pp. 11-24; ID. Dazzling Dining: banquets as an expres-
sion of imperial legitimacy, in “Eat, drink, and be merry” (Luke 12:19). The Production, Con-
sumption and Celebration of Food and Wine in Byzantium (The 37th Spring Symposium of
Byzantine Studies, 29-31 March 2003), eds. L. BRUBAKER and K. LINARDOU, Aldershot,
2007, pp. 84-86.
63. Il Pharos esisteva già nell’VIII secolo quando fu fondata la chiesa palatina della
Theotokos del Pharos. Dopo l’iconoclasmo la Theotokos del Pharos fu una delle prime
chiese restaurate da Michele III e inaugurata dal Patriarca Fozio nel 864 (I. KALAVREZOU,
Helping Hands for the Empire: Imperial Ceremonies and the Cult of Relics at the Byzantine
Court, in Byzantine Court Culture from 829 to 1204, ed. H. MAGUIRE, Washington D.C.,
1997, pp. 55-57; R. J. H. JENKINS, C. MANGO, The Date and Significance of the Tenth Ho-
mily of Photius, in Dumbarton Oaks Papers, IX-X [1956], p. 130 and n. 38).
64. Il Pharos sorgeva su una terrazza situata sopra il Boukoleon, vicino al Chrysotriclinos
(GUILLAND, Études de topographie cit. [nota 52], pp. 315-325, 330-333). Secondo i Conti-
nuatori di Teofane di notte il faro illuminava ogni cosa, mostrando la via verso il luogo
più sicuro, il palazzo (THEOPH. CONT. Chronogr. I.10, ed. cit. [nota 11], p. 19). Un ano-
nimo viaggiatore del XIV secolo descrive il Faro come una torre, sulla cui sommità, so-
pra la lanterna protetta da vetrate, quattro colonne sotenevano un tetto di pietra (G. P.
MAJESKA, Russian Travellers to Constantinople in the Fourteenth and Fifteenth Century, Wa-
shington, D.C., 1984, pp. 245-246).
IL SACRUM PALATIUM RISPLENDENTE DI LUCE 325
65. Oltre che ai giochi d’acqua creati da piscine e cascatelle, gli stessi materiali delle
fontane – le superfici levigate dei marmi colorati degli invasi e i metalli preziosi delle
decorazioni scultoree – contribuivano ad aumentare gli effetti luminosi. Per i giardini e
le fontane del palazzo: H. MAGUIRE, Imperial Gardens and the Rhetoric of Renewal, in New
Constantines. The Rhythm of Imperial Renewal in Byzantium, 4th-13th Centuries. Papers from
the Twenty-sixth Spring Symposium of Byzantine Studies (St. Andrews, March 1992), ed. P.
MAGDALINO, Aldershot, 1994, pp. 181-197; A. LITTLEWOOD Gardens of the Palaces, in
Byzantine Court Culture cit. (nota 63), pp. 13-38.
66. Come riporta un anonimo cinese del VII secolo, in estate ingegnosi meccanismi
trasformavano le grondaie dei vari edifici del palazzo in tubazioni che facevano scendere
l’acqua in cascate sui muri esterni, rinfrescando così gli interni dalla calura estiva e
creando meravigliosi giochi di acqua e di luce. L’anonimo cinese aggiunge che i muri
esterni del palazzo erano coperti da un rivestimento bianco che li rendeva splendenti
come la giada – per la cultura del viaggiatore cinese, la più preziosa pietra dura (P.
SCHREINER, Eine chinesische Beschreibung Konstantinopels aus dem 7.Jahrhundert, in Istanbuler
Mitteilungen, XXXIX [1989], pp. 489-505).
67. Per il riutilizzo dei metalli nell’architettura antica e medievale: J.-F. BERNARD, À
propos de l’architecture antique comme source d’approvisionnement en métaux, in Il reimpiego in
architettura: recupero, trasformazione, uso, a cura di J.-F. BERNARD, P. BERNARDI, D. ESPOSI-
TO, Roma, 2008 (Collection de l’Ecole Française de Rome, 418), pp. 41-50. In partico-
lare, per il rame a Costantinopoli, senza però fare accenno ai rivestimenti architettonici:
F. ZAGARI, Approvigionamento e lavorazione delle leghe di rame a Costantinopoli tra XI e XII
secolo, in Le porte del paradiso. Arte e tecnologia bizantina in Italia e nel Mediterraneo, a cura
di A. IACOBINI, Roma, 2009, pp. 125-140.
326 MARIA CRISTINA CARILE
68. Nell’antichità e nel medioevo, è noto che tetti e porte bronzee venivano perio-
dicamente lucidati, aumentando così la capacità di riflettere la luce (ad esempio: JER. Ep.
CVII, 1, ed. J. LABOURT, V, Paris, 1955, p. 145: lamentandosi che, ormai a cavallo del V
secolo, i tetti dorati del tempio di Giove Capitolino a Roma erano sudici per l’incuria;
si veda anche un’iscrizione del XII secolo, ancora visibile sulla porta bronzea della basili-
ca nel santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo, in cui il committente, Pataleone
di Mauro, prega i rettori del monastero affinchè puliscano le porte almeno una volta al-
l’anno e le lascino così sempre brillanti). Nel panorama urbano delle moderne capitali
europee, in cui lo smog contribuisce ai processi di ossidazione diminuendo le proprietà
riflettenti dei metalli, le cupole in bronzo o in piombo ormai non sono oggetto di puli-
tura, ma solo delle necessarie riparazioni, tuttavia, quando colpite dai raggi del sole,
continuano a riflettere la luce.
69. Baldovino II (1228-1261), l’ultimo imperatore latino di Costantinopoli, spogliò il
palazzo imperiale (palatia) dei suoi tetti plumbei per rivendere la materia prima e fare
così fronte alla rovina in cui giacevano le casse imperiali: MARIN SANUDO IL VECCHIO,
Fragmentum, in C. HOPF, Chroniques gréco-romanes inédites ou peu connues, Berlin, 1873, p.
171 (seguendo il ms. BNF, Cod. 4792, già 9644) e in R. L. WOLFF, Hopf’s So-called
“Fragmentum” of Marino Sanudo Torsello, in The Joshua Starr Memorial Volume, New York,
1953, pp. 149-159, rist. in ID., Studies in the Latin Empire of Costantinople, London, 1976,
n. X (seguendo il ms. Oxford, Bodleian, Laud. Misc. 587, ff. 57v-58v). Pur non nomi-
nandolo, sembra che il testo faccia riferimento al palazzo delle Blacherne, a partire dal-
l’XI secolo sede ufficiale della corte dei Comneni, degli Angeli e di Baldovino. Sul pa-
lazzo delle Blacherne: A. PARIBENI, Separati in casa: i destini paralleli della chiesa e del palaz-
zo delle Blacherne a Costantinopoli, in Medioevo: la Chiesa e il Palazzo. Convegno Internazio-
nale di Studi (Parma, 20-24 settembre 2005), a cura di A. C. QUINTAVALLE, Milano, 2007 (I
Convegni di Parma, 8), pp. 357-368. Sui palazzi imperiali di Costantinopoli dopo il
1261: A. MARY TALBOT, The Restoration of Costantinople under Michael VIII, in Dumbarton
Oaks Papers, XLVII (1993), pp. 243-261, 250-251.
IL SACRUM PALATIUM RISPLENDENTE DI LUCE 327
Fig. 1 - Costantinopoli: pianta della città tardoantica(da S. ĆURČIĆ, Architecture in the Balkans,
Princeton 2010, fig. 49; originale: J. KELLY; nuova grafica: S. CIRCASSIA; su concessione
di S. ĆURČIĆ).
TAV. II M. C. CARILE
Fig. 2 - Costantinopoli/Istanbul: pianta dell’area dell’antico Grande Palazzo e dintorni con in-
dicazione della zona interessata dai recenti scavi (da W. MULLER-WIENER, Bildlexikon zur Topo-
graphie Istanbuls. Byzantion, Konstantinupolis, Istanbul bis zum Beginn des 17. Jahrhunderts,
Tubingen, 1977, p. 252 fig. 263; nuova grafica: S. Circassia).
M. C. CARILE TAV. III
Fig. 4 - Ravenna, basilica di San Vitale, mosaico apsidale: dettaglio (foto dell’autore).
View publication stats
TAV. IV
Fig. 5 - Istanbul, basilica di Santa Sofia: veduta del lato est dal Mar di Marmara, si noti la cupola plumbea che riflette i raggi del sole (fotogra-
fia precedente al 1988) (foto: ©R. Mainstone; da R. MAINSTONE, Hagia Sophia. Architecture, Structure, Liturgy of Justinian’s Great Church,
M. C. CARILE