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U*^^)C.Tc
CESARI
LIBRARY
OF THE
UNIVERSITY Of llMNOis
2a2UAc<fi
JZfflcrie'
CESARI
GIULIANO
DELL'IMPERATORE
VOLGARIZZATI ED XLLUSTHATr
DAL
CAV. COMPAGNONI,
M I L ANO
Pbssso la Societ Tipografica de* Classici Italiani
{
Fusi
Stella e Compari
1820.
La
-presente
V EDITORE
ANTONIO FORTUNATO STELLA
AI SIGNORI ASSOCIATI
Alla Storia Universale del conte
di Segar,
Quanto
picciola
di mole,, al-
trettanto per
gio dagli uomini intelligenti celebrata questa classica Operetta, la cjuale, scritta quindici secoli addietro, comparisce ora per la prima volta tra noi mutata la greca in Testa italiana, non tanto per che assai non conservi delle sue forme
originali.
Pu
forse
908460
non
disdirle
l'illustre
anche
il
presentarla alF
Italia.
Di questa edizione io ne fo un dono a Voi, in pegno di mia sincera riconoscenza e spero che tanto pi vi fia grato, quanto che
;
soli.
Vivete
felici.
,
otto-
ISABELLA GIGOLA
NATA
MOSCHINL
I/Non ho potuto, Madama
in
,
venire
questo
in
mio
negli
anni
scorsi
8
co
y
qual egli
lo
come
cos fatto
mal
minile modestia. Bens lo desideravate ridotto o in lingua nostra , o almeno nella francese ; ed io vi diceva , che italiano noi vidi mai , e che non mi era noto francese che per la traduzione fattane dallo Spanemio , e stam-
anno
;
del
la
pas-
msterdamo
5
quale
trover facilmente
nostri
librai.
in qualche
ben
il
assortita biblioteca
difficilmente per
presso
Oltre
a che
nome
lia
gran fama tra filologi ed eruditi y metteva paura, dubitando che per le mani delicate di gentil donna , ri~ fatto da tal uomo troppo dotto, quel libro potesse per, avventura divenire alcun poco pi grave di quello che occorresse. Fortuna intanto volle che y
ani
visitando
tesoro di
libri
greci e latini
stati
in
addietro
del
comune
nostro
amico
cui , due anni le lettere , i sono , la noi ? mi cadessero sott' ocbuoni e chio le Opere di Giuliano, e con esse la bella ed accurata edizione de' Cesari che pubblic ; per le stampe di Erlanga, nel 1775, Teofilo Cristoforo Harles uomo dottissimo , ed amator grande de' buoni studii e della greca
Mattia
Butturini
di
morte priv
erudizione. Dissi
dunque
avrei
tosto fra
me,
che da
caso
s
pimento
stro
di
nobile
desiderio
vo-
qualche ora impiegando nelF , seguire una traduzione italiana , la quale, come a voi , potrebbe riuscir grata a molte altre colte persone. E che m' abbia tenuto il proposito mio voi ne avete la prova nella intitolazione che io fo presentemente al vostro nome di questo aureo e singoiar libriccino. Io l'ho chiamato aureo e singoiar libriccino per due manifeste ragioni, &
quali non vi dispiacer udire. E primieramente dovete sapere, che, imitatore felice degli antichi scrittori greci
*
y
lo
ed innanzi Demostene
tutti di Platone e di us Giuliano come in ogni altra sua Opera anche in questa uno stile che per tutti quelli i quali sanno assaporare la lingua greca tiensi
per terso
mente
puro ed elegante, e veracon questo per , che , scrivendo, non and egli in traccia di viete parole, ne affett quell' atticismo vano che noi rassomiglieremmo per farcene una giusta idea a ribobo,
attico
li
che Botta , Angcloni , e Messeri ? sono iti a cercare col lumicino , per dare un saggio del loro criterio a noi uomini dell' ottocento parlando la lingua di F. Jacopone , o di ser Arrighetto , od altra pi vecchia, se v'ha. Nel che Giuliafiorentini
tali altri
no,
7
se mal non m'avviso, siccome in molte altre cose pi gravi , in quest ancora volle rassomigliarsi a Giulio Cesare il quale apertamente pens , che non come gli Antichi , ma come i contemporanei ragion vuole che parliamo e scriviamo perciocch, di chiun-? que si parli, o scriva, il primo pensiero
,
:
II
esser
dee
quello
eli
farsi
facilmente
nulla
intendere.
Ma non hanno
con che
a far
Cesare , n con ci cacciano dal ruolo degli scrittori perch non copiamo le anticaglie di ser Arrighetto e di F. Jacopone , con tutto che noi siamo intesi chiaramente da lutti , e per intendere gli scritti loro chi li legge abhia assai spesso bisogno di consultare il vocabolario. Del rimanente nel giudizio che dello stile di Giuliano io qui porto , contro ogni diverso chiaccherare che da taluno
vi venisse fatto
di udire
,
carvi mallevadore
citare
7
fra'
di
tazione fra
dotti: dico
il
Wittenbac-
quale in una sua lettera al Runchenio espressamente confuta qerto Cresollio ? che, per dir male dello stile di Giuliano \ and a metter fuori l'autorit reverenda di un santo Padre, il quale
chio
,
il
tutt'altro pensiero
lando degli
la
singolare
giudizio di tutti i romani imperadori^ da Giulio Cesare > che fu il primo di essi , fino a Costanzo al quale Giuliano succedette quanto perch que, ,
medesimi nelF altissimo grado e nella potenza e perci solo esso un monumento unico nella storia siccome giustamente stato detto dal pi grande
ai
:
in
qpest"
Opera Giuliano
storico
si
propose
d' es-
sere lo
de' suoi
predecessori
siccome nel)' ultima met del passato secolo veduto abbiamo un gran Re essersi fatto lo storico de' Principi brandeburghesi j suoi antenati ma nulf altro intese che di farne la satira: vale a dire di metterli nudi dinanzi allo specchio della verit p di toglier da essi quanto la prevenzione e 1' appariscente corredo di accessorie qualit poteva loro aver donato e d' interrogarli sulla stessa loro coscienza. Nel che fate ha poi impiegato quanto la
;
\3
finezza di sottile ingegfio, e Y acerbit
di un rigido stoicismo poteano insinuare^ scegliendo all' uopo tutti i tratti di spirito che gli suggeriva la giocondit del motteggio , e talora la gravit stessa dell' oggetto a cui i nel recondito suo pensiero , malignamente
se vuoisi
egli
mirava
ma non
per
paragone delle Opere Moderni, Vuoisi piuttosto prenderne regola da quelli de' filosofi greci , e dei dotti del suo secolo. Il che io credo essere necessario fare ogni volta che Occorra formarci retta idea di tutti gli antichi scrittori; imperciocch ebbero essi un certo mdo di vedere 9
di Giuliano col
de'
un
andamento nel ragionare, una , economia nello esprimersi, che non facilmente collimano
certo
,
certa
cogli
dir cos
abiti
nostri
in
tale
genere
di
cose.
gio
derni
4
che
ci
Glassici -antichi.,
ferenza
in certi rispetti ? di osservare tra gli uni e gli altri ; siccome farebbe anche peggio colui il quale , dando un giusto pregio agli scritti dei Classici antichi spregiasse quelli de Classici moderni.
7
Ne
da altro che dalla mancanza di questa osservazione penso essere nata quella clamorosa e vana questione
si
che
che a quando a quando va ancor risvegliandosi , intorno alla preferenza da darsi agli uni sopra gli altri. Furono, e saranno sempre ottimi scrittori quelli che con facilit e con gradevole senso
dotti 5 e
fan passare
nell'
animo
di
chi
li
legge
la persuasione delle
;
cose
che presero
effetto feli-
il
fine
pe-
ogni scrittura
forza con-
che bene ordinarono il loro argomento , e convenientemente lo vestirono con parole e frasi chiare e
,
cludere
piacenti.
stassi
la
ragione
del
bel>
V ordine
nella
coerenza
de* pensieri
i5
siccome sta la scelta delle parole nella propriet o naturale 9 od artifiziale
medesime e quella delle frasi ben diretta potenza pittrice della immaginazione. Ma tutte queste cose traggono necessariamente peculiar carattere dal carattere che danno allo
delle
,
nella
della
il
particolare abito
,
Le
quali cose
mentre
di
distinguono
gli
scritti
de' Classici
nazione e di un singoiar tempo y da quelli de' Classici di un' altra nazione e di un altro
una
singolare
tempo
in
ispeziale
maniera
ancora
scrittoi'
distnguono
siderato
l'uno
dall'altro
nella
stessa
nazione
nel
tempo
Del qual mio pensiero potrei aggiungere luminosa prova citando esempi d' ogni maniera. Ma per non dilungarmi oltre in un argomento che voi medesima potreste giudicare estraneo al soggetto di che debbo
stesso.
parlarvi qui
io
mi
limiter a ricor
i6
dare cosa essenzialissima per rettamente
giudicare,
come
,
cos
pur Giuliano
singolarmente
suoi
mai con
Cesari: ed , che non leggerassi giamsicurezza di ben pronunciarne sentenza, se non fia che ci mettiamo a livello del suo tempo, del suo carattere , del sentire che per ogni rispetto gli fu proprio. Voglio dire, che per ben apprezzare questa sua Satira de' Cesari uopo paragonare il razionale sistema dell' autore , Y avviamento del suo spirito , V immaginativa sua col carattere generale della greca letteratura, nella quale egli era eminentemente erudito , e con quello del secolo in cui viveva e non gi con quello della letteratura de' popoli moderni e perci ne credere superiori
;
:
da lui a suoi pensieri , ne spregiarle perch assai diverse dalle nostre. Dalle cose che ho accennate risulta chiara la spiegazione un fatto, di che di osiamo tutto d testimoni, e che mette s spesso le persone colte in tanta
*7
merito degli scritti degli Antichi: ed , che a quelli i quali li leggono nelle lingue originali , appariscono sovranamente belli , e li veggiamo restarne ammiratori sino all'entusiasmo; e quelli che li leggono tradotti $ il pi d^le Tolte li trovano non degnissimi di
discordia di
opinioni circa
al
tanta fortuna.
il
Che
se
non
tutti
hanno
voce
olla
il
bersaglio
abbastanza per manifesenso che ne traggono , abbandonandone la lettura, e per lo pi rovesciandone tutta la colpa sui tra,
egualmente
stano
il
duttori
che ? meritarono.
al
certo
non sempre
,
la
Sarebbe qui
il
luogo
Madama
3
di
mia se stimassi dovere essa apprezzarsi da voi e dagli altri pi che un lavoro fatto per semplice ricreazione mia ; ed a pura soddisfazione della curiosit voparlarvi della traduzione
stra
,
e di chi
come
$
voi
nelF erudirsi
cerca temperanza
facilit.
Ben
di-'
i8
rovvi, che essendo Giuliano riguardato in questo suo libro per uno scrittore
difficile
y
non ho mancato
i
di diligenza
pi che mi sia stato possibile, pazientemente udendo tutte le questioni che hanno fatto fin qui coloro che presero a trascriverlo , emendarlo illustrarlo ; e consul? tando uomini della greca letteratura studiosi. Potrebbe per avventura sorgere qualche valente Ellenista e dolersi che io non sia stato assai felice In intender tutto ; ma questi umanamente compatir il mio caso , e far ingenuo plauso alla mia buona volon-
per coglierne
pensieri
e al servigio che ho voluto ren, dere alle lettere italiane , riempiendo un vuoto presso le medesime che ancor restava. In quanto a quegli scioli impertinenti che, come calabroni oziosi, non fanno altro nel mondo delle lettere che susurrare , io non li tengo da tanto da meritare che si estimino giudizii. Vi diranno essi che i loro voleasi in questa traduzione pi sapor di lingua , sermone pi pretto ? locut
,
zione pi candida.
stato
se
in questo
o in altro lavoro
;
ma i m' avessero eglino prevenuto calabroni e non fanno susurrano lavoro. Io elico intanto con grande che se ottengo che questo animo mio scritto sia letto dai pi con piae se con piacere ancora fa ricere letto da alcuni mi terr non ultimo
,
,
fra
Incominciate voi Madama , Y esperimento nel quale con candido cuore vi prego a voler declinare da ogni prevenzione che v'abbiate a riguardo mio y poich Y affare di cui si tratta affatto estraneo e alla divozione mia verso di voi 3 e alla benignit vostra verso di me. Perciocch non isfuggir all' acuto discernimento vostro come
:
v'hanno
che
hio
al
mondo
assai ignoranti di
buon cuore, ed
in essi lo
al
LETTERA SECONDA
ALLA MEDESIMA.
E,gli
si
curioso
a parer
mio
codesto libriccioo de' Cesari ; e nelle forme sue, e nelle cose che comprende egli tanto singolare , che non mi sem-
bra d'aver detto intorno al medesimo abbastanza per mojti nelle cui mani pu facilmente giungere. Perci piacciavi , Madama , che d' esso v' intrattenga ancora n dir forse tutto senza alcun vostro diletto. E che paravvi udendomi, prima di ogn' altra cosa, dichiararvi che questo componimento di Giuliano una spe:
cie di
dramma,
Atti,
facile
facile
dividersi in
cinque
non
ta
sia
anni
addietro
un
letteratura
nostra
commedia
tespizio
latta a
la
dichiar
per essere
tavolino.
Immaginiamoci dun-
a-
que
gre
Y altro lavoro
paragone pu farsi, dannosi traessi pienamente a quella proporzione che v e tra un grande e sapientissimo Imperatore e un Frate temerario. E non per questo poi che
il
se
giuliano non
dire
dramma
di
gusto
'.
.Presso
data nell0
Bomani
la 'satira,
.
riguar-
on tube forma drammatica, n fece intervemre Satiri, n prese Dei ed Lroi a soggetto de' suoi frizzi e mottegg..
di gua
o^^
Come
il
desimi
Che
voluto pi, da parte in codesto proposito i Greci, e n' eccelliate per avventura il p arn y. Non voglio dire per altro con ci che
,
s3
Romani non conoscessero
specie di
satira greca
:
anche una
perciocch non mettere in teatro essi pure de' Satiri a cantare e a ballare , usando certi componimenti che furono chiamati rintonici da certo Rintone di Taranto, che ne fu l'autore. Ma oltre che costui era di sangue greco , il che basterebbe a fare una eccezione nel caso , uopo dire , che tal genere non facesse grande fortuna presso le colte persone di Roma, poich non ci restata memoria di alcun Latino che vi si applicasse di proposito. Il che io
mancarono
di
penso essere pi^incipalmente stato effetto della diversit grande che fu tra la
la
romana e la greca, e tra divozione religiosa dell'una nazione e delF altra. I Romani non ischerzarono
mitologia
sui loro
mai
ai
Presso
un
&4
teggi
j
frizzi
le
arguzie
la
colla
tragedia ebbe
comune
qualit' dei
personaggi introdotti , i quali sempre furono Dei , Semidei 3 Eroi. Ed era alle
che , colf aiuto della petulante mordacit de' Satiri, essi facevano ridere la brigata. E ne amarono tanto il genere > che ora lo incorporarono colla tragedia stessa , siccome Vedesi fatto per Euripide rielF Alceste, ed ora rappresentarono codesti loro componimenti satirici negl' intermezzi
spalle
essi
delle tragedie.
Or venendo a Giuliano e a' suoi Cesari , apparisce chiarissimamente , eh egli ha afferrato nel suo soggetto Y argomento vero della satira greca. Perciocch egf introduce in iscena Dei, Semidei ed Eroi e fa venire innanzi a loro personaggi immortali di grado altissimo, quai sono g Imperadori romani che il precedettero il che parte della tragedia. Indi introduce nella persona di Sileno il Satiro e per mezza suo compisce Y oggetto dell' antica commedia , che il mordere e beffeggiare \
7
a5
eccitando
con
tal
modo
il
riso.
Cori
mente
fissata
l'
ha
luogo e tempo ; e la fa camminare per varii incidenti, che movendola ne accrescono Finteresse. Tale si Y intervento di Ales* sandro , che viene a prendere tanto risalto entrando , quantunque estraneo, in competenza coi Cesari, che sono i soli i quali da principio doveano aver
determinata a
certo
parte al convito.
Ne meno
conforme
alle regole.
Incominciasi in fatti con un Prologo, nel quale si annunzia la favola che vuoisi rappresentare e l'autorit che
ne
l'
di -Mercurio
il
autore.
Poi s'alza
Quirino
il
sipario, e principia
la
rappresentazione.
per
celebrare
gli
Saturnali
i
Dei e
uni
Ce-
agli
e agli
personaggio
assai
attivo
nella favola^
si
pone ac-
canto a Bacco. L' ingegno d'entrambi gi disposto a dar moto alle cose che seguiranno. Questo potete chiaftiaro l'Atto primo.
Entrano ad uno ad
Sileno
li
tino
i
Cesari.
per dire sopra ciascuno di loro liberamente ci che ne pensa. La rivista che se ne fa appartiene al fondo dell' argomento propostosi da Giuliano. Vedremo iri appresso con dhe finezza e verit; Intanto Ercole chiede che coi Cesari ammessi, venga ammesso sinch Alessandro* Non vi si oppone Quirino Alessandro entra. Si naturalmente eccitati a vedere gli effetti di questa inattento
:
squadra
troduzione
Gli
dita
1'
autre ha mancato di
gono
titoli pe'
quali
ciascuno crede a s dovuto il primato Noi lo diremo l'Atto terzo. Gli Dei vogliono una prova pi
severa.
domandando
operare,
fini
avuti
nel
loro
Gli Eroi
parsi
danno conto
di
di s ? e cercano
di giustificarsi. Sileno
non
lascia scapi
l'occasione
sar
?
pungerne
pi,
Atte
Che
Gli
questo
se
non
1'
quarto
danno la loro sentenza; Mercurio la pubblica. Contegno che tengono gli Eroi. Compimento dell' aDei
?ione.
1'
sia
dignit
fu
con
essi
vedesi
queir Alessandro che per le altissime imprese sue divent il modello di quei pochi gr&ndi uomini i quali per valor guerriero cercarono poscia d' ottenere colla potenza Y ammirazione de'popoli,
monda %
23
stanno
in cospetto degli Dei, e posti
il
sono sotto
loro giudizio.
veggonsi essi rappresentati? Ne T altezza del grado , n la grandezza delle gesta di molti ; n prevenzione alcuna fa che non li veggiamo quali non diminuite le furono veramente virt in quelli che n' ebbero , non dissimulati i vizii di ciascheduno. Non voleavi per avventura che un imperadore per tanto ardita impresa. Ma questo Imperadore ha saputo usare
:
E come
di
grande libert
i
e nel
medesimo
:
e questo Cesiu di Giuliano un lavoro ammirabile ed unico nel suo genere. Per convenire della verit e giustizia usata da Giuliano nel rappresentarci i suoi Eroi, d' uopo discendere ad un minuto esame della storia j sostenuto da quel criterio col quale essa va considerata. Io prendo a fare questo esame colla maggiore brevit che mi sia possibile. Di Cesare il primo ch'esce in iscena, e la vien notata la somma ambizione
tempo
ci che rende
a9
espresse egli
lere
ciol
borgo
il
secon-
do
in
Roma;
manifest
uscendo di casa il d in cui 3 tenevansi i comizii per nominare al pontificato disse a sua madre che
,
quando
non
Il
sarebbe
ritornato
se
non
fatto
pontefice massimo.
mutabile e doppio ingegno di spirito calcoil freddo suo latore , la furberia , che nelle favorevoli circostanze nelle quali si trov, gli stette in luogo del valor militare che non aveva , sono cose direttamente, o indirettamente notate da tutti quelli che parlarono di lui e singolarmente emergono dalla considerazione della intera sua condotta.
Augusto,
I^ vi sar poi chi chiami ingiusto Giuliano per ci che dice di Tiberio, di Caligola , di Claudio , di Nerone. Cacciato il primo ag' infami luoghi di Capri , fatta ragione di alcune belle qualit di' egli ebbe ; il secondo e il
3o
quarto sona dati al Tartaro e a Oocito per le loro atroci empiet; ai quali se il terzo non dato manifestamente, forse ci in grazia della sua buona fede e della naturai debolezza
dell'
apimo
ai
j
suo.
clie Claudio non come Vindice, Galba non potevano rima-
Ma
rimane Ottone
egli chiaro
convito,
Vitellip
non risparmiarono neppure i templi degli Dei. N al certo l'ingressa di Galba in Roma il tiene troppo diverso dagli altri tre. E noto che Vespasiano fu il solo come dice Tacito, tra tutti quelli che prima di lui regnarono , a mutarsi in ineglio ma cui non nota V avarizia sua , della quale nissuno ha potuto veramente dare pi viva idea di quella che qui ne d Giove , come sommo fra gii Dei , cos veggente tutto quanto
le quali
;
, e come . sordido vizio in e con peggiore in regnante esso qual fortuna sperare presso gli Dei , che sono libralissimi ? po
piai
tutti
;
:
m
Giove steso che abbandona il troppo dagli uomini esaltato Tito in braccio
alle volgari lascivie
,
e caccia
il
feroce
lode
questi
Domiziano
iti
catene.
al
;
contrario
la
torto
redarguito Giove
;
ha bisogno
direbbesi
fosse
di scolparsi
egli
:
e
?
forse
non
se
farlo
felicemente
uom mortale
d'
che v una
e
su-
prema ragione
letto capace
la
intel-*
,
accoglierla
sentirla
certi giudizii;
in-
sottrarsene.
Cos
ria le
gli
imprese di Traiano , e starinobene sulle spalle que suoi trofei ma due infami vizii il disonorarono agli occhi della ragione uno che qui Sileno indica abbastanza perch non s'&bbia per noi bisogno di dichiararlo di pi V altro Y ebriet che vien notata ?
;
;
;
in altro luogo,
E come poi non ben tratteggiato Adriano ? L' aspetto severo che gli si d, indica alcune qualit di regnante
che
gli furon proprie ; ma gli fu propria certa curiosit d'ogni cosa lontana
il
amor per
la
musica dimostra
;
la
suo sua
effeminatezza il meditare secrete cose che non debbonsi sapere dal volgo *lp accusa di cercare nella posizione
degli astri l'annunzio degli avvenimenti,
maga il rimedio a cose che vogliono cagioni pi proporzionate e certe. Sileno lo chiama Solista per dimostrare come avvil il carattere di signor del mondo intromettendosi in questioni che debbon lasciarsi alla
e nella
vanit
de'
disputatori.
quell' atto
suo di
a
gli
occhi
al
cielo
vten
rimem-
branza de suoi delirii per Antinoo. Antonino Pio govern la Repubblica con temperanza e giustizia. Ma Faustina la maggire , abbastanza giustifica T eccezione di Giuliano che con tal donna mal di l' idea s' accoppia continenza ne' piaceri di Venere e la giustificherebbe di pi l'espressione di Capitolino 7 ove dice ? che Repentino;
:
33
prefetto
satire
fu
con
per la protezione della concubina dell' Imperadore, se questa, siccome pare per ogni buona ragione, fu altra donna distinta da Faustina. Del resto anche l'Abbreviatore di Dione osserv f che mentre Antonino Pio govern bene i fu troppo minuto nelle cose: il che miseria d'animo in tutti; .somma in un imperadore. Di Lucio Vero non restata onestissima fama, perciocch si detto del molto amor suo per la volutt. Forse giovent cortigiani ed Asia il travolsero pi che animo naturalmente intemperante. Forse la niima influenza de' suoi vizii, atteso che presto fu tolto a' mortali , fece che Giuliano s' astenesse dal notarlo , come potrebbesi da taluni pensare che per amore di verit dovesse aver fatto. Qualche cosa per
la prefettura
,
nella
eccezione
Aurelio.
,
che
fa
Marco
cjuesto
Ed
in
parlando proposito
di
di
34
iotine
il
ove
gli
Eroi vengono a
prova
non
dissimula la debolezza di lui per Fatte stina, sua moglie; e fa che con quelle
ragioni
che
pu
si
giustificl
sulla
im imperadore quale
il
nome
storiai
fa
piet
lui
\
nella
^5
confort che non ebbero tutti; ed ma non Nemesi stessa che glielo d
;
Ha
la
virt
accenna quelli di Severo , fiero $ inesorabile con Pescenriio Negro e con Clodio Albino , suoi rivali , e coi pi
distinti
Romani
Geta
di
cui fece
spietata
,
t
strage.
rior
lasci
macchie
del furore atroce fratello. Parricida, incestuoso , perfido^ uccisore di Papiniano e di venti mila
uomini
giorno
tutti
i
fatti
mostro
vizii di Caligola,
Commodo
e di Caracalla^ era
imperadore e benefattor suo e con questo delitto avendo usurpato il trono con non meno abbonane v ole vilt lo abbandon, fuggendo lungi mentre si combatteva per lui contro
,
Eliogabalo.
perio
36
radore? o quai
d'
vizii
?
1'
uomo
gli
privato
del
grado
diede
onore
d'
essere asso-
migliato a SardanapalOj
il quale abbandonato ad ogni genere di piaceri pur seppe dar mano alle armi quando si
,
vide in pericolo
tolse
le forze
?
e se superstizione gli
quella
non
gli
tolse
per cui pot salvarsi dalle mani dei suoi nemici. Giuliano si contentato di dire , che Macrino ed Eliogabalo furono cacciati lontani dalle sacre chiostra del Cielo. Egli ha con somma finezza d' ingegno lasciato a indovinare pi della pena a cui ciascuno di il essi pot venire abbandonato. Lampridio ci dice 3 che Alessandro Severo abborriva d'essere detto Siro, volendo egli passar per Romano. Lo dicono g' interpreti chiamato Siro o perch fu oriondo di rea, citt della Siria 5 o perch soggiornava in Antioo perch fu chia , capitale della Siria
,
Cristiano
ed amico de' Cristiani , dai Greci di que' tempi comunemente chiamati Sirli. Giuliano, conservandogli l'ori-
37 denominazione viene a pizzicarne pi vivamente la vanit. Dicendo poi Erodiano , che d' imperadore colui non ebbe se non se il titolo e e che tutto il potere e F- apparenza , fu nelle mani eli donne > il governo vuole indicare Giulia Mammea ] sua
ginaria
madre
e
,
Giulia
Mammea
morta
tutto
,
Mesa Mesa
sua
fu
il
avola.
la
sola
arbitra di
e tenne
figliuolo
g'
imped di
dar battaglia a Persiani , preferendo F ignominia del figlio e dell' Impero al pericolo della sua fortuna ; essa il
costrinse a moltiplicare le imposte , famosa per F insaziabile cupidigia dell' oro , e sordida a segno , che F obbligava a mangiar vivande rimaste ia tavola ne giorni antecedenti, ancorch mezzo guaste. Quelli che , sulla fede di qualche medaglia in cui essa chiamata madre de' soldati, hanno creduto eh' ella tirasse a s il denaro del tesoro pubblico per farne largizioni ai soldati , sono smentiti apertamente dalla rivolta per la quale
?
38
ed essa restarono truciche quando , Alessandro seppe la cospirazione tramatagli cpntro, diede in pianti e querele per destar compassione di s ne'
suo
figliuolo
dati.
Erodiano racconta
congiurati 5 e
salvare, inve
cagione della
anni
;
quando vide non potersi contro la madre, come sua ruina. Avea ventinove
alla condotta tenuta giustapoteva chiamarsi ragazzone. Cos mente per disprezzo il chiamo anche Massimino , suo uccisore e successore. Giuliano passato sopra a questo Massimino , sopra ai tre Gordiani , a Pupieno, a Balbino, ai due Filippi, a Decio e agli altri che tennero l'Imperio tra Alessandro Severo e Valeriano. E a supporre , che spregiasse in costoro o il breve e mal fermo regno , o il carattere atroce, o la debole condotta , e i bassi vizii meno che impe-
ratorii.
Persiani
f
alft*
rsacide
dignit
imperiale
2%
troppo disonorata; e la di onor di pi Gaiieno, che, invece di vendicare e l'Imperio, si abbandono il padre alla pi insensata dissolutezza. Come mettere costoro a fronte de' Cesari e degli Dei? Ad un indolente e dissipatore qual era Galieno , successe con lieta approvazione del Senato e del popolo , un uomo mostratosi costantemente
,
giusto
?
;
fermo
derato
migliori tempi , e bellicoso quanto Traiano. Fu contro sua volont che rest ucciso Aureolo dopo la sua sconfitta. Fece tacere delatori; diede ai tribunali Y indipendenza la libert al Senato, i beni ai cittadini che la prepotenza delle fazioni avea spogliati. Liber inoltre Y Imperio dai Barbari che lo inondavano da ogni parte. Non dunque perch da Claudio li discendevano i Costantini che Giuliano dice essere stati gli Dei contenti che i posteri di lui regnassero lungamente.
ne' suoi
i , , ,
4
che pago caro il suo , aveva detto ad Aureliano due essere i mezzi che adoprar poteva per assicurarsi Y autorit oro e ferro ; il primo con quelli che io servivano , il secondo contro chi gii resistesse. Aureliano adott per lo meno la seconda parte di questo consiglio : mand fieramente a morte molti senatori e i figli di sua sorella \ senza punto curare se fossero veramente' rei, e senza dar loro modo di discolparsi. Pi in molte occasioni us ferocia sui vinti senza necessit. Questi sono orrori, qualunque titolo li accompagni o di propria sicurezza , o di vittoria contrastata. N le grandi im^ prese d' altronde mandate felicemente a fine da lui potevano cancellare la memoria di tali atrocit. Splende poi nel giudizio di Giuliano sentimento di alta sapienza anche in questo die compone insieme con retto principio la penitenza de' falli e il premio dille grandi opere. Aureliano avea commesso de veri
consiglio
,
:
Un uomo
delitti.
Probo
di
cadde
gli
:
in
tir
un
dei
errore
che
F officio addosso una morte violenta saggio che governa uomini non di dar loro le leggi migliori , ma quelle ch'essi possono sopportare. Trarre al perfetto chi non vi disposto sommo iniitil briga; forzarvelo
pericolo. Nissuna
miglior lezione
pu
avere un principe di quella che qui gli d Sileno. Caro fu mediocre principe n questo sarebbe forse un titolo per iscac;
ciarlo
Dei.
Ma
Dio da
il
se stesso,
gli
o permise che
si
tale
facessero
vede, e mor fulminato. Carino, suo primogenito, fu uno de pi dissoluti, scellerati e crudeli principi che governassero Roma. Numeriano non ebbe tempo di regnare con che titolo sarebbe; rimasto nell'assemblea? Giuliano lo lascia alla discrezione di Nemesi.
:
Diocleziano
truqid
l'assassino
di
4^
Numeriano
ed ebbe Y Imperio , che , minacciato di aperta ruma riacquist per esso lui forza e splendore. Le Galie la Brettagna, l'Africa, T Egitto , altre provincie sollevatesi, ritornarono air antica ubbidienza. Egli vinse abbell ma gn incarnante Roi Persiani ma , Milano Autun , Cartagine , Nicomedia fece molte savie leggi , che veggnsi ancora nel Codice di Giustiniano , e il suo regno divent un epoca iti Oriente e in Occidente notabile quanto quella della fondazione di Roma medesima. Quest' epoca dur in
, ; ,
;
secoli
e
,
mezzo
che
osservato
si
dai
dotti
quelli
Martiri
chiamata ]' era dei sono ingannati di diciotto anni, perciocch Diocleziano non promulg contro il culto cristiano editti se non circa F anno penultimo del suo regno. Un grande problema ha lasciato Diocleziano da sciogliere agli
quali
,
F hanno
scrittori
di
cose
dell'
politiche
cagione
nel
assi
della
reggimento
43
socio Massimiano Erculeo
,
soldato di
;
e fortuna come lui , e suo amico cre Cesare un .altro Massimiano, so-
dente per via di madre dall' imperadore Claudio IL Erano tutti e tre sommamente ambiziosi variabile Y Erculeo j Costanzo Cloro scaltro, superbo; intemperantissimo e feroce Galeno; e tutti aventi grande giurisdizione; tutti per lo pi lontani dagli occhi suoi. Ma quanta forza avesse il genio di Diocleziano sopra tutti , abbastanza il dimostra il fatto del fiero Galerio, clie, incontrato da Diocleziano mentre ritornava battuto dai Persiani , fu costretto a seguire per buon tratto a piedi il cocchio dell' Imperadore, e non ne pot vedere la faccia se non dopo aver riparato il suo fallo , e ristabilito r onore delle armi romane. Diocleziano fu il pi fastoso de' romani Cesari ; il primo che introdusse Y uso di farsi baciare i piedi; n, ad onta di questo tratto d'orgoglio, alcuno pens di dar:
^4
F epiteto armonia con
gli
di
superbo.
La
perfetta
cui questi
quattro
e
?
po-
tenti,
fetti,
diversi di carattere
fissata V attenzione di Giuliano, come splendido monumento della virt di Diocleziano, pi notabile che il generoso pensiere di ricusare ali' invito di Massimiano di risalire sul trono da cui era disceso. Spaneinio lia osservato, che Giuliano, dopo avere magnificato il mirabile accordo che colla sapienza ed autorit sua questo Imperadore supremo seppe mantenere tra il suo Collega e i due Cesari, stato poscia obbligato a confessare
ha giustamente
che
Massimiano
Erculeo
in
fine
lo
guast.
Ma
egli
Diocleziano avea abbandonato l'Imperio quando F antico suo Collega cadde in ne voleva cupidigia di nuove cose attenersi ai patti: giacch voce, che
;
rinunziando Diocleziano all'Imperio obblig Massimiano a fare Io stesso. Le parole di Giuliano non affatto condotto al tetracordo hanno evidentemente
un senso diverso da
sembra
le
quello
nel
quale
che
critica
quel!
uomo
eruditissimo
,
che la Oggi poi ha potuto mettere nel vero loro lume i fatti , si riconoabbia
intese.
buona
sciuto per quali funesti avvenimenti Diocleziano fu nel 3o3 costretto a pubblicare il suo editto famoso contro i
Cristiani
di
,
e ad
,
abbandonarli
averli
in
all'
odio
Galeno
dopo
fino
allora
protetti. Essi
aveano
Nicomedia una
allo
chiesa
pubblica
in faccia
f
stesso
palazzo imperiale. L' accordo fortunato per l' Imperio che si vide sussistere tra Diocleziano ? Massimiano , Galeno e Costanzo Cloro j non sussistette pi quando il governo fu caduto nelle mani di Costantino , di Massimino, di Massenzio e
di
Licinio.
cose
fosse
grande
autorit
dal
quale
degli
solo
altri
,
sorta
al
la
fortuna
eome duno
tempo
il
di Diocleziano. Ciasche-
dei quattro,
particolari
46
pi che
la
I
\
;
in vece di andar
accordo insieme ti si fecero reciprocamente la guerra ] ciascuno aspirando a rimanere solo ar|
bitro del
mondo romano. La
storia
a
ha prova
de'vizii di Massimino, di Licinio, di Massenzio, senza tener conto di quanto ha potuto aggiugnervi lo spirito di partito. Giustamente adunque Nemesi non permise n a Massenzio, ne a
Massimino
di
toccare
il
vestibolo
;
del
Fortuna e valor militare fecero i Costantino il padrone del mondo; e il- suo regno di trenta anni forma nella storia F epoca per noi pi notabile perciocch sentiamo tuttora gli effetti
:
eh' egli entr cambiando a un tempo la costituzione e la religione dell' Imperio. Mentr' egli per gode comunemente
?
il
soprannome
di
grande
la generalit
degli scrittori
47
voca. Sosimo,
cono -, assassino da gran principe , jioi da infine da uomo voluttuoda strada lo dipinso efiemminato prodigo e ambizioso, per un crugono per un
, , , ;
dele, per
un sanguinario. All'opposto
Lattanzio
,
dimostrano
debbon
decidere
diversi , e i suoi furono tanti e s parlando Fleury de suoi apologisti che sensae de' suoi detrattori, ba potuto dire , doversi credere sulla tamente
tutto scorta de' fatti tutto il bene e male che gli uni e gli altri scrisil
d'
ingiu-
stizia
contro Costantino.
?
Come
essa fondissimulare
mai
il
l'
altri
Eroi ,
ma
48
facendolo espressamente rimanere per lungo tempo seduto in cospetto degi Dei circostanza tutta sua particolare ? Considerato il sistema' da Giuliano tenuto in tutta la rappresentazione che egli non poteva ci ha data de' Cesari rammentare le grandi imprese di Costantino in maniera pi splendida. Egli
, ,
suoi
figli.
soggiungendo immediatamente ? che a Magoenzio non fu accordato Y ingresso , nulla avendo costui fatto che fosse da uomo di proposito, non viene egli ad avere notabilmente espressa la dignit di que' principi ? Ne vogliamo qui dissimulare la vanit dei rimprovero che rispetto a Magoenzio qualcuno ha fatto a Giuliano dicendo non trovar cosa operata da Magnenzio, la quale possa essere' paruta conveniente a valentuomo. Negher impunemente fede a lui su ci che avea potuto osservare ed estimare in un nemico della sua famiglia e dei diritti suoi medesimi, chi oggi credasi meglio informato. Ma costui non potr s certo presumere
<
appassionato per e questa semplice eoosiderazione baster per fargli sentire , che Giuliano stato costantemente
sia stato
;
.49
ingenuo
e delicato;
n precipiter nel
resto le accuse.
Non
del
Re
Franchi presi da
a divorare alle
sul
,
Reno
n
e dati
bestie
V inoppor-
tuna ingratitudine
usata
,
da
lui
afta
autore delia fortuna di suo padre , e per conseguenza della sua propria, quando, vinto Massenzio, fece abbattere in Roma tutte le immagini di quel!' Imperadore , che
di Diocleziano
memoria
allora era moribondo in Salona ; n il colpo mortale che diede all' Imperio 5 distruggendo colla traslazione della sede da Roma a Costantinopoli ogni
per
la divisione fattane
tra
figli,
cti-
So
sistenza
largii
unit
il
poteva
assurcui
;
modo
m
il
diport negli affari della Chiesa ne tardo battesimo ricevuto per le mani
proscritto
no vescovo cortigiano e adulatore, dalla comunione cattolica. Sul fondo di questi fatti il fertile
di
,
avrebbe avuta materia amplissima di mordere sanguinosamente Costantino ; n per quanto crudi fossero stati i colpi, sarebbesi detto
-
e)
che
la
verit
li
riget-
tava.
e piet.
Ma
il
lusso
la
profusione
smentiti
di Costantino
non sono
stati
da nissuno degli scrittori contemporanei da nissuno d' essi si potuto smentire la lunga serie degli assassini! da lui commessi sul figlio, sulla moglie , che mand a morte senza ascol;
tarli, e
su tutti
aggiungendo
asi la slealt.
ali atrocia
Giuliano
siccome
U
cadde in una deplorabile prevenzione contro la re] gione che Costantino avea condotta sul trono , rovesciando Y antica. La coerenza delle cose , poich avea nxir maginata la favola dei Cesari , quale reggiamo, non gli permetteva di sup^ porre-negli Dei a riguardo di Costantino altri sentimenti che quelli eh' egli ha esposti. Poteva Giove dire diversamente da quello che dice rispondendo
vedremo
in appresso,
i-
a Sileno
allorch questi
domandava
alcun
che
chiamasse
eziandio
Giuliano
sorte di
figli.
non
lascia
disperare
e
della
queJF Iniperadore
scrittore
de' suoi
Uno
Fortunato
sul
lui
se,
pi-
gliando
il
battesimo
letto
della
morte, pot pel pentimento della passata condotta goderne gli effetti salutari Giuliano dice, che in fine Giove,
!
concedette
Costantino
ed
ai
fig^i
5^ Le
dalo
cose
la
osservate
fin
qui
riguardi
parte tragica
;
della
,
satira
Giuliano
ed giusto dire che F Autore non ha mancato ne alla dignit, n alla verit del suo soggetto. Rimane a fare qualche osservazione sulla parte comica che quella la quale prpriamente d il carattere al componimento , e dimostra il fino ingegno , il gusto , il buon giudizio dell' Aurore. I motteggi ? i frizzi, le facezie sono genere di componimento in questo introdotti per meglio giungere col loro mezzo a far sentire le verit che yoglionsi insinuare. Imperciocch naturale che quando si rider per un detto presentato con grazia, o accompagnato da bella allusione, insieme con kso si terr conto della cosa che vi diede
:
motivo
e di due idee separate se ne , former una sola n pi ci ricorderemo di quello che ne dilett senza ricordarci ancora di quello che ne dee quello che istruire per dir meglio ne deve istruire ci rimarr impresso tgli' animo L perch appunto il diletto
;
:
53
3 r introdusse ben addentro. Giuliano, educato nella greca letteratura, non
avea in ci miglior modello da seguire che Socrate 5 secondo che ci viene dipinto da Platone e da Senofonte. Soper molti aspetti rassomigliato crate a Sileno , usava ne' ragionamenti delle pi importanti cose spargere sali e burle , con che tirava a s facilmente T attenzione per mezzo delle piacevo?
lezze. s
tal
;
chi
F ascoltava
dall' antica
modo
Greci
Ed
anzi
amavano tanto questo genere, che per darci ad intendere come apparteneva alla
gentilezza de' costumi , ci si ricorda che in una loro vecchia commedia veniva cacciato fuori della, porta di casa un mangipne, che, venuto ad un
la brigata
con novelle
il
La
;
cosa
:
per
volte degenerava
in licenza
la libert
pi delle volgevasi
e allo scherzo civile succedeva la /buffoneria plebea. Giuliano non si permesso questi
54
eccessi
non
che decente , e delicato. Se v' ha qualche colpo forte , come per esempio sarebbe 1* ironia velata sotto la parenesi eh egli
;
e nulla
sia lieto
qui insieme
s'
incontra
inette in bocca
ad uno
de' figliuoli di
Costantino, essa medesima non fuor? delle regole che i Maestri aveaao additate ; ed appartiene a quel genere di motteggio che i Greci chiamarono sillon , e che da Elianto vien definito per una specie di biasimo unito ad
un
frizzo piccante.
In prova di quanto ho accennato io addurr qualche passo, che servir per pi facilmente rilevare gli altri. Per lo pi questi tratti sono da Giuliano messi in bocca a Sileno , che possiam dire , seguendo le idee degli Antichi, il Socrate de' Satiri , come Socrate fu detto il Satiro de' Filosofi.
Vedete adunque
e
la
naturale
giusta
indole
mutabile
di
-queir
Impera dor
accortamente che
,
ss
tempi i suoi interessi. Vedete quel chiamarlo altrove* facitor di fantocci, alludendo all'apoteosi di Cesare , che passata di poi in* esempio, accrebbe tanto in Roma il* numero de' morti fatti Dei , da riderne Vespasiano nel!' atto preciso l' istesso che moriva , certo che anche a lui
coi
,
compose Sempre
sarebbe toccata quell'avventura. E non meno piccante il tratto d' ristofa- ne eh' egli si mette a cantare vedendo entrar Claudio , e 1' ironico consigliare che fa a Quirino, di far accompagnare cpello stolto Imperadore dal corteggio de' liberti che regnarono sotto il suo nome, e da Messalina, che si turpemente abus della di lui insensataggine. Il che diretto non tanto a dire in breve che bestia fosse Claudio , ma molto pi a significare \ eh' egli era nulla senza un tale accompagnamento. Bello del pari quel far comparire Traiano carico de' suoi trofei quali i se da una parte ricordano le militari sue imprese , siccome abbiamo osservato di sopra , forse ricordano egualj
S6
niente la sua vanit
dire che fa
il
;
ed poi fino
mordace Sileno a mezza bocca esser tempo che Giove tenga gli occhi sopra Ganimede con ci addi,
che tanto oscura la fama di si grand' uomo. E de' tratti che noi diciamo di spirito ingegnosissimi , vivi , pungenti }
,
perch allusivi
al
vero
il
ooinponi-
mento sparso tutto a piene mani. Qui Sileno avverte Nettuno onde badi che Alessandro e Traiano non prendali
1'
netta-
con tal fraude; e intanto Nettuno, motteggiando que' due, e Sileno insieme, sull' abito loro di ber soverchio, risponde avere Sileno a badar pi alle proprie viti ch'egli alle fontane sue. ju ad Alessandro che dice il proposto suo
,
essere stato di
domar
,
tutto
il
Sileno soggiunge
che
intanto
le
mondo, domafi-
rono
glie
:
lui
pi di
tal
una volta
e
loro
le
di
modo chiamando
Bacco
da
lui.
viti
coltivate da
In altro
57
luogo, di Antonino Pio, assai minuto uomo, dice d'avere quei vecchio per un di quelli che tagliai! cornino proverbio che applicato ad un imperador d con tanto buon garbo somma evidenza alla cosa intesa.
:
Ed
oltre questi
,
tali
altri
inge-
gnosissimi motti
pieni di sale, e
ben
chezza dappertutto in pennelleggiare vivo e con verit! Quel fuggasco e sanguinario di Macrino; queir entrar a cui u Cesare , n d' Alessandro alcun altro s alza quel Diocleziano , che si fa avanti con dignit conducendo seco i Massimiani e Costanzo ; e mentre si tengon tutti stretti per la mano ] non per vanno del pari camal
,
?
minando che gli altri facevano a lui una spgie di coro; e quell'avere dato
:
spalle
libero
sono quadri evidentissimi y e di gran senso. Finalmente un' ultima osservazione porr j ed questa cke noa solo alle
spedito
tutti questi
?
58
facezie, agii scherzi, ai motteggi sempre congiunta alcuna grave sentenza
di verit, sia di fatto, sia di dottrina; tutta la filosofia greca e tutta f erudizione de' poeti possono dirsi
ma
rimpastate in
mento
sicch
giamente di pi sottile pensarono le scuole filosofiche , o con quanto di pi elegante dissero i poeti , siccome nelle copiosissime sue note , osservazioni e prove slato dimostrato dal dottissimo Spanemio.
questo breve componinon v' passo che egrenon si accordi con quanto
E
per
stati
queste sono,
le
Madama,
le ragioni
quali
pregiati dai dotti ; ed io ardisco presumere che saranno pregiati egualmente da ogni colta persona , solo che per qualche istante chi il prende a leggere consideri e l'oggetto
di lui
l'Autor si propose, e il carattere che intese dare al suo componimento, e i fonti da cui trasse tanta dovizia di nobili e giusti pensieri, ei|
vero che
$9
ornamento di cui li quali cose tutte penso avere
ogni
vest.
Le
io bastan-
temente dichiarate. E questo quello che a principio mi proposi di fare. Non mi resta pi che aggiungere alcune considerazioni sopra Giuliano medesimo, perch , dichiarato il carattere dell Opera sua , venga dichiarata anche la parte che in essa pu soffrire per noi una giusta censura. Ci sar , o Madama 9 Y argomento di una
7
terza
mia
lettera, ec.
6i
LETTERA TERZA
ALLA MEDESIMA.
XNella
precedente ho detto stimava occorrere intorno quanto io al carattere de Cesari di Giuliano. Ma qualche cosa necessario aggiunlettera
gere intorno a Giuliano medesimo singolarmente perch s' abbia ragione di un notabil passo che verso il fine del libro s' incontra , ov' egli parla di
lettore, se
non
venisse
opportunamente
la
dichiarato.
Fu
d'
storia
de' suoi
comprova, principe
e
di
ingegno
,
acutissimo
altissimo
nell'arte
animo
istrutto
profondamente
governare , e valentissimo a un tempo in quella della guerra , amator grande della giustizia e del bene degli uomini, atto, per le eminenti quadifficile di
lit
sue e per
le
sue virt
a restituii
li
re
all'
y
Imperio
il
in-
terno
vivuto pi a lungo. Ne certamente nella tanta serie de' Cesari che o il precedettero
di
,
gli
successero
sia
troverassi
andato innanzi vuoi nella capacit | vuoi in volont risoluta, giacche poco pi che di queste possiamo noi ragionare avuto riguardo al brevissimo tempo in cui regn. E gli uomini che si sono fatti a contanto pi siderare questo principe trovarlo degiustamente hanno potuto gno di ammirazione , quanto che u alla nascita n alle cure de' suoi dovette egli F avviamento felice per cui
leggieri chi gli
j
,
si
virtuosi
magna:
che in esso lui si passata avendo la pi parte della et sua, e quella singolarmente nella quale l'uomo dee formarsi, nell'avvilimento e nel terrore. Conciossiach la storia narra come il padre suo, e il suo
nimi
osservarono
maggior fratello ; e tutti i parenti suoi furono dall' imperatore Costanzo tratl*
63
a perire per la sola ragione
,
die
un
siccome fu colui , vede un nemico in chiunque possa succedergli ed noto che la famiglia di Giuliano per ragione di sangue era chiamata al trono di Costantino qualunque volta mancati fossero i discendenti di lui. La sola tenera et di Giuliano la piet di e dicesi anche pi Eusebia , moglie cfi Costanzo, salv dalla strage comune lui e per alcun tempo anche Gallo; ma egli dovette comprare la propria salvezza primieramente con aspra prigione in un
crudele
despota
una
per temperare le sospizioni delFImperadore , fu costretto a farsi cherico. Finalmente la fortuna il lev dalla oscurit, poich, andando di male in peggio le cose dell' Imperio , la necessit costrinse lo zio che dianzi lo avea proscritto, a dichiararlo Cesare. Se non che spedito al governo delle
j
64
gli
si
torit
Fu
disastrosa situazione
che Giuliano incominci a dimostrare di che forza d animo egli fosse pieno imperciocch in pochi mesi riordinata, merc le pi insistenti sue cure, l'interna amministrazione, pot procac:
e salvare le
provincie
dell'
Imperio dal
il
furore
dei
Germani.
il
ad un tratto
a stupore le
capitano valente e
magistrato giu-
sto ed
umano.
muovono
si
particolarit
del procedere
suo
la
nelle
lotta
Gallie,
quando
consideri
continua ch'egli ebbe a sostenere contro la mancanza d' ogni conveniente sussidio, e la malignit di chi, dovendolo per officio secondare in tutte cose , attraversava le sue operazioni ; siccome muove a dispett la condotta che seco lui tenne Costanzo , che quanto di salutare e di grande Giuliano avea fatto per la salvezza e la gloria dell' Imperio , gli fu volto a celpa , ^ si venne a richiamarlo dal
65
governo
meritato
,
in
cui
egli
aveva
nelle
ben
cfi
per trarlo
insidie
ima Corte perfida e sanguinaria. L'esercito per non consent a tanto affronto
y
sollevatosi
ne , di Augusto
lo costrinse ad assumere
y
titolo
ponendolo nella dura necessit di scegliere tra la morte e la guerra j e ad ogni altra considerazioni? preferendo la salvezza dell' Imperio vacillante troppo manifestamente sotto
,
un tiranno mac-
La marcia di Giuliano fatta attraverso dei paesi de' Barbari per recarsi dalle Gallie neirillirio, vien riguardata generalmente come un capo d' opera, unico nella storia. Costanzo in quel
tempo
era morto; e per fortuna l'avvenimento di Giuliano al trono non ebbe a costare una stilla di sangue ; ben riemp tutti di grande speranza ; sment. Imri per parte sua egli la perciocch in sedici mesi di regno egli assicur le frontiere dell' Imperio e
j
66
la giustizia fiorir dappertutto clemenza; economo alla Corte come ]a nel Campo severo co' magistrati da lungo tempo avvezzi alle coacussioni nemico dei delatori ; d' ogni maniera perelonatore generoso degl insulti , e di tale animo , che udendo accusarsi uno di portar abiti di porpora , risero bati per legge de' passati imperadori sotto pena di morte al solo principe,, ji mancare a colui amai pi per pareggiarsi al sovrano se non che gli sti* valetti rossi, ordin che gli si recassero i suoi. Per tale maniera ove sotto Costanzo tutto era confusione , arbitrio^ depredazione, fanatismo, persecuzione , crudelt , egli stabil V or* dine, la tranquillit, V osservanza delle
feee
leggi
la tolleranza, la libert.
il
mas-,
^imamente
dell'
,
furor delle sette, che da tanti anni avea riempiuto ogni angolo
di scandali e di macelsuo primo sguardo fu costretto gi presagiva a dileguarsi. E tutto che un nuov' ordine sarebbe dato alle pubbliche cose , oiide richiamare la
Imperio
li
al
forza e la
magnanima manendo a
compiere la quale impresa y non rilui pi che di abbassare la potenza de' Persiani , i soli nemici che allora Y Imperio avesse con forte esercito and ad attaccarli. L antica storia ha pochi esempi delle grandi cose da lui operate nel primo aprir la campagna. Ma sul punto di rovesciare, come Alessandro , la potenza persiana spinto dall' ardor della pugna contro i nemici senza essere armato d' altro che dello scudo , il giavellotto di un persiano il ferisce. Egli mor in seno della vittoria , come Epaminonda , tranquillamente conversando to' filosofi che F aveano accompagnato a quella impresale ricusando d' esercitare il diritto pi lusinghiero per un quello re che non pu vivere pi di nominarsi un successore. I Persiani lungi dal vantarsi della sua morte y r attribuirono al tradimento de' Romani: con che furono qertamente ingiusti , non essendo essa stata che P effetto
tica fortuna.
Per
e bella
,--
68
di
un semplice
accidente di guerra
ma
con ci manifestarono la stima che conceputa aveano per questo principe , quantunque loro nemico. La pace vergognosa che dopo la morte di lui i
Romani
presso
i
sottoscrissero
e le
calamit
,
esaltato
anche
hanno mag-
giormente
non avea
Ma
in
mezzo
che Giuliano fu adorno, egli ebbe un gran torto. Nato nel seno della religione cristiana che Costantino avea adottata per sua , per quella della sua famiglia e dell' Imperio , declin da essa , e se ne fece nemico , proposto essendosi di rilevare in luogo di quella 1' antica. Al quale intendimento., fosse effetto del naturale suo umanissimo fosse finezza d' ingegno , n forza us egli, n violenza, n rigore di pene;
,
,
ma
i
scaltrissimo artifizio
?
di far valere
la religione
molti-
6^
tdine
plicit
d'
ministri
la tanto predicata
massima
singolarmente
le
preziosa
g'
di
sprezzare
terra
delle
vanit
interessi
il
della
solo
pensiero
essendo
Cielo
cure de' Cristiani. Ed egli l colpiva con q&est'arma acerbamente, nel tempo in cui , per le istituzioni di Costantino ? V ecclesiastica gerarchia trovavasi solennemente onorata della partecipazione della pubblica autorit , e per ogni genere di munificenza chiamata alla fortuna stessa dell' Imperio. Per la qua! cosa , nuno dee meravigliarsi della mala fama in cui caduto il nome di Giuliano , stata essendo comune opinione che a struggimento -della cristiana religione ben pi formidabile attentato fu questo suo, che tutti insieme quelii^che la fierezza de' passati persecutori avesse in addietro posto in opera. Giuliano poi nel
7
era tenuta dai popoli giustamente avea perduto ogoi credi te, un sistema di deismo simbolico , fatto cos che la snaturava in gran parte , associandola ad un ascetismo non mai conosciuto, e che facilmente si concepisce adottato da lui , mescendo le visioni platoniche alle stoiche rigidezze, quasi volesse conciliare insieme i due culti eh allora dividevano l'Imperio. Quindi per avventura nacque e quel continuo suo sacrificare v onde pi che pontefice , fu detto struggitore d armenti , quel teologizzar suo s frequente-., <e in tal modo dogmatizzando che ne
?
scisse
*
la
mo-
pi fortemente di quello che fatto avesse Marco Aurelio , che pure fu in ci grande predicatore. Gli effetti delle se la quali cose insieme congiunte Provvidenza non avesse altramente die se della conservazione della sposto
rali
9
su cui
assai
ra-
umane
regole
appena
potremmo
dire ove
potuto giungere. E tanto impegno pose Giuliano io tale sua impresa , che mentre in ogni altro sito atto, a chiunque imparzialmente lo consideri apparisce ragionatore severo pur da nissuno pud
,
,
assolversi
dal
rimprovero
di
un ecpre-
modo
sentando
Il
il
dimento spiegare, secondo che sembra non pu ad altro attribuirsi che alla troppa fede prestata da lui alla filosoquale fino dai primi anni fia della sostenuta poi dalla imbevuto s' era profonda che acquistata cognizione
:
della
credeva di provvedere opportunamente con un sistema ? che per una parte potesse appagar la ragione ? e servisse per T altra alla debolezza della moltitudine^ Per tale maniera coloro ai quali grave ricorrere allo sfogo virulento delle passioni y che l'attento studio
,
que tempi" dimostra in esaltazione fortissima , onde spiegare quanto a contumelia di Giuliano fu detto e sui globi di fuoco usciti dei
della storia di
Sassi
sacrificata
tali
Carra
possono dare
racconti simili una spiegazione egualmente probabile. Ma per qual ordine d'idee, per
altri
ed
qual genere d' eccitamenti e d'influenze un uomo, qual veggiamo essere stato Giuliano , disgraziatamente fu trattp a farsi nemico di una religione le
cui
sante
essolui
che
In
che
in
altri
trovar
conside-
dovessero
rata la
adito apertissimo,
perspicacia
dell'intelletto
negF
Provle vie
uomo
riconoscere
di lui
le
naturali cagioni
che sopra
?
ope-
rarono.
La prima
pietra
f
liano ^ripeteremo
adunque dover
la
rite^
nersi
essere
stata
filosofia,
dalla
quale , seguendo i Platonici , che a fu quel tempo aveano molta voga tratto alla considerazione di astrazioni tanto pi seducenti per un ingegno
,
vivo e sottile quanto che, mostrandosi scevro ci' ogni relazione a bassi oggetti j esse ricevevano poi splendore e forza ne' congiunti clorali dello stoici* smo , che come noto , associava l'anima deli' uomo alla essenza divina * e ne sosteneva la dignit e la condii
,
zio ne col
mezzo
,
rosa.
Gli
scritti
Jamblico
di
morale
ci
rigo-
restano
Porfirio-,
di
di
fortemente probabile questa congettura nostra* Sorpreso cos da una ragione che Io avea alzato ad una meta nobilitata da-* gli studii de' pi celebri pensatori deld'altri simili,
rendono
assai
l'
antichit
si
essja^
abbandon perdutamente scie* gnau do tutt' altra dottrina che mal si componesse coi dettami delia me* desima, Nel che fu tanto fermo xAk
vi
?
sentito
le
il
debole
dell'
antico culto , e
assurdit
eh' esso
presentava
a
si
pose ingegnosamente
ro
cercarvi
,
per
ac-
uno
spirito
,
nascosto
gliel
non
corgendosi
egli
che
,
prestava
forse
medesimo
:
fosse
modo
che
se
vivendo lungo
riuscito di ristabilirlo
di fare, nella religione
il mondo ne avrebbe avuta una sostanzialmente diversa da quella che lino allora avea dominato. Questa congettura fondata sulle Opere che di lui ci rimangono. Se egli fcile cadere nelle illusioni di una ragione non diffidente , egli poi, umanamente parlando, poco meno che impossibile riaversi da tale caduta ove il cuor resti esacerbato dagli effetti sinistri che veggonsi uscire da un opposto sistema perciocch il senso da essi eccitato nelF uomo d tanta forza alle prevenzioni che vano invocare il freddo esame necessario per poter separare V una cosa dall' altra , e sviluppare la verit, che s' avvolge
:
?5
joeF
ingombro
Questa
sioni.
considerazione
ci
guida seconda
gio-
La
violenza
soia
trascin
:
lui
non
ve!
spontanea , e meno poi vocazione divina. In quella destinazione adunque egli non poteva vedere che F effetto di una crudele politica ed ingiustissima, tendente a levargli ogni speranza di aspirare, quando che fosse , alla successione a cui la ragione del sangue poteva un giorno chiamarlo; e negli studii comandatigli non poteva riconoscere che un inciampo all' alta fortuna a cui era nato. E come
deliberazione
condusse
per
introdurre
g' iniziati
;
alla
cognizione
di
difficile
ma
grande
ani-
ingegno
,
di
gagliardo
in
mo
trovasse
nella scuola
cui
fu
spi^
76
m
rito in
gli
i
prequali
che
gli
misterio
della
croce
era
per
Ebrei ano scandalo , e pe' Sapienti una stoltezza. Giuliano sventuratamente cadde in questo errore , dacch prefer la dottrina de Sapienti, E lo stato ia cui duranti gli ultimi anni di Costane tino, e tutto il regno di Costanzo., si trovarono gli affari della Chiesa , pot veementemente contribuire anch'esso a
discapito della persuasione, la
della quale
mancanza
elevazione
Chiesa
delle
si
con cui nella nuova loro pi distinti vescovi della misero a gustare i vantaggi
i
largizioni
9
in
onorificenza
in
ricchezza
mati , e le diligenze loro in cercarne ogni giorno pi ogni possibile aumento. Per noi , illuminati da una dottrina che frutto degli studii e della esperienza
L
mente
razione
spiegati per
,
la giusta
5
conside-
che finalmente que Vescovi erano uomini, e che nel favore imperiale
religione
ravvisavano
,
V interesse
loro.
della
Noi daremo questa discreta spiegazione anche al fatto del vescovo Leonzio , il quale fece dire alla imperadrice Eusebia , che non andrebbe a vederla a meno che ella noi ricevesse in maniera conforme al suo carattere vescovile, esigendo che venisse ad incontrarlo alla
e
non
il
porla, che ricevesse la sua benedizione inchinandosi fino a terra , e che stesse io piedi finch egli le avesse permesso di sedere. Ma come dissimulare che queste pretensioni ne' ministri delia Chiesa erano nuove , nel modo stesso che era nuovo in essi il corredo di mondana fortuna accordato lorp da Costantino, e singolarmente, che tutt' altra condizione pareva assegnata loro nel Vangelo , e ritenuta per tutti i tre primi secoli? Ecco adunque ci che pot considerare Giuliano, e malamente ragionando volgere poi alle con-
78
elusioni
viare.
funeste
poscia
che
le
il
fecero
tra-
Vennero
discordie
della
seguenze di Costantino, protettore or di un partito, or dell' -altro; e spezialmente vennero le persecuzioni di Costanzo , che misero a soqquadro
tutto
il
mondo
e
cristiano.
di
Una
fu
reli-
gione di verit
pace
allora
miseramente oltraggiata dal fanatismo e dal furore e per Y abuso che molti ne fecero divent in mano dei tri;
sti
un istromento
fatti
>
di
mille
sciagure.
Questi
riguardati
da
Giuliano
umane
passioni,
abusavano. Egli fece allora un cattivo confronto tra i Cristiani e i Pagani. I primi empivano tutto di sottili questioni , ed invocavano a sostegno delle medesime la forza del Sovrano; i secondi non aveano
della
che
religione
I filosofi
'
'79
bandonato da questa differenza noti hvne esaminata ne varii suoi rispetti traevano un argomento che non po,
teva
non confortare
1'
il
giovine principe
:
per
uomo
di Stato
ci
che
poich turba
tutte
queste
nelF animo
di
Giuliano
clie
la
come uomo
lai
che
,
potessero
e
interpretarsi
colla
dalla
vanit
sostenersi
propria della
religione
sacriiizii
?
umana
inoltre
lieto
feriva
comandati
ministri
suoi
per interessi dal rimanente de cittadini 7 n invocavano titolo per cui cagionar potessero turbamento negli or* clini politici o fossero in pretensione
?
di avervi
parte.
quantunque pure
8o
alla testa degli affari della
Chiesa
7
es-
primo dichiarato in faccia degli stessi Padri Niceni d essere fuori dei templi vescovo , com' erano essi dentro i medesimi e che Costanzo si
sendosi
il
;
era condotto nelle questioni dell'arianesimo quasi intendesse di applicare alle cose della religione cristiana i diritti
de' quali
nella
qualit
di
ponantica
il
tefice
?
religione
era investito;
il
mai
tervento facilmente persuadergli ? che tali misure non avrebbero mai rimediato agi' incovenienti che il colpivano. Da tutto ci possiamo dun-
che pot
avuto avea
loro
in-
que presumere
fatala
niente tratto ad abbapdonare la relifione in cui fu da prima educato. ii quale risoluzione su& pot egli forse
anco sperare che non avrebbe fatto meraviglia per Y esempio ancor recente che dato n' avea Costantino; in ci solo stando fra entrambi agli occhi del mondo la differenza , che
(iQstpntino,, dichiarandosi
per
la
nuovs
suoi
Si compe,
un appoggio
in
ne' Cristiani
quali
erano gi
rio, e
culto, ed invece egli volle fortificarsi sul trono ed assicurarsi il reggimento della Repubblica quale intendeva stabilirlo a salda conservazione della me-
culto
sotto
cui
mischi nello spifermezza indocile di un' anima stoica , e forse ali orror profondo che conceputo avea per le azioni sanguinarie di Costantino , e al non meno profondo disprezzo che, conforme al modo suo di vedere , g' inspirava la conversione di quel principe. E non certamente a dubitare, che non si ripetesse anche allora ci che veggiamo essersi riferito di poi; cio, che tormentato dai rimorsi delle stragi fatte della moglie , di un figlio , di un suocero , di un cognato e di un nisi
Questa politica
m
pot
;
Costantino
e gli
nante
ci
si
accostasse
Cristiani
soltanto
per la speranza di trovarla presso i medesimi. A ci appunto sembra alludere Giuliano ove verso il fine de' Cesari
parla di Costantino
gliuolo di lui
,
fa
dire
al
fi-
parole
%
troppo indegne
se alle cose pi
religione
nostra
voglionsi
,
che posto
in chiaro
ogni
discreto
der.,
lettore
facilmente
compren-
che il giudizio di Giuliano sl fondamentale del cristianesimo 3 di cui per disgrazia sua non conobbe n la santit 5 ne la efficacia, ove le
rito
debite disposizioni
lo accompagnino non pu aversi che per Y effetto di una mente pregiudicata. Il che tmkzsi
,
L
Tu m*
poeti e
bolo.
novella.
87
?
Ainco*
hai
fatto
modo
la
dei
de' retori
un bel preamtua
Ora
incominciami
Giuliano.
tu
ascolta,
fecola tL
88
1
ad un
convito.
Al ai
a sapere,
in Cielo invit
che vocelebrare
tutti gli
Saturnali
egli
Dei ed insieme anche i Cesari. Erano stati preparati pe' Numi i nella suprema regione dei letti
Cielo
:
Splendido Olimpo
>
Odiss.
fama che dopo Ercole sia col salito Quirino: col qual nome, se dee darsi mente ai responsi divini } vuoisi ap
sai essere
,
CESARI.
INTRODUZIONE.
Giuliano
erch , correndo ora i Saturne d campo il Dio agli scherzi 9 e nulla intanto io m* ho resente di giocoso e di lepido isogner che mi metta a pensar E meco alcun poco onde presso te
Jl
nali
84
1/ Amico*
Oli! chi v'ha s grosso d'ingeo Cesare e s smemorato.., il quale creder possa che a scherzar con diletto giovi l' avervi pensato? lo ho stimato sempre,, che lo scherzare altro in fine non sa che un dar posa allo spinto , e
gno
Giuliano,
Ben
dici tu
ma
in altro caso
mi veggo
ischerzare
io:
perciocch non
,
so
al-
n per
servirmi
ridere.
de' motti
85 vire alla legge (i), vuoi tu che a conto di scherzo ti narri una novella nella quale v* ha molte cose non indegne d' essere udite ?
1/ Amico.
uditore vopoich io non fui solito mai sprezzar gioconde novelle. E in questo gusto sono pienamente d'accordo con te e col tuo, o, per meglio dire, col nostro Piatone che egli di molte gravi cose tratt novellando.
glioso:
:
Anzi; e m'avrai
(i) E probabile che Giuliano qui per legge rn~* tenda consuetudine, usanza; ma certo che gli Ateniesi aveano una legge per la quale era vietato fare
quale
ne' Saturnali, e in certi altri giorni festivi* cosa la non convenisse ali allegrezza della solennit,
3
86
Giuliano.
^u
dici vero.
1/ Amico.
Non una di quelle che Esopo $ infinse ma Y hai a ritener di Mercurio che da lui propriamente
;
:
io l'appresi.
ci
eh' essa
la
sia
verit
dell' altra
<$9
punto chiamar Romolo. Col per tanto fu preparato per gli Dei il
convito
y
;
sotto
il
cielo
della
Luna nella pi alta parte delfu piantata la mensa dei l' aria , nel qual luogo sosteneCesari vali tanto la leggerezza de' corpi che aveano quanto il rapido giqueir astro. Adunque a di rar quegli Dei che primi erano in grado e maggiori degli altri, quat;
ficamente
belli.
.
magniN'ebbe Saturno
al cui colore nero e scuro fu data luce splendentissima e quasi divina per modo che nissuno poteva tenervi fssi
d'
,
uno
ebano
occhi perciocch dal tanto fulgore che n' usciva volendo riguardarvi , si abbarbagliavano cogli
:
me
se
si
fissassero
sul Sole.
Il
letto di
9
rit
;
(i )
o da mi,
niere
dal-
altra la
madre
la
,
figlia:
Giu-
none
vicina a
a Saturno.
Giove quanta
Rea vicina
fosse la bel-
hanno spesso parlato ' elettro (i) Gli Antichi senza lasciarcene una idea chiara. Matteo Gesnero eruditamente sull' e* ia tra gli altri scritto molto ettro degli Antichi ; e si vede eh' essi con ci intendevano una mistura d' oro e d' argento 3 in cui entrava pi argento che oro e perci gli si dava ^epileto di pallido. Ezechiello per parla delF efettro come di cosa sfolgorantissima. Isidoro semhra avere unite insieme tutte le vecchie opinioni nel passo seguente chiamalo elettro perch esposto ai raggi del sole splende pia chiaramente dell' argento e dell' oro .... Ve n ha di tre specie : uno che chiamasi succino ( ambra ; un altro che metallo il quale trovasi naturalmnte , e tiensi in pregio / un terzo che si compone di tre elettro che j>arti d? oro e di una a" ergento. naturale , di tal indole, che a tavola e nelle lucerne risplende pi chiaro di tutti gli altri metalli y e manifesta il veleno ! ! ! Ecco la scienza degli Antichi sulF elettro; la quale parmi, poco pi, poco meno, eguale alla nostra ? mentre non ne sap: :
piamo
niente
lezza
quegli
Dei
91 Mercurio
,
noi riferiva ,, dicendo solo, essere essa sopra ogni cosa grande e
d concepirsi colla immaginazione , ma non da apprendersi per via di racconto udito o d' altra maniera n altronde alcun ora,
;
potere valentissimo mai esser da tanto da esporre la mirabil pompa di che splendeva
tore
,
,
pur
aspetto di que'
Numi. gli
;
altri
se-
n
tra
come
zione
fissato
perpetuo ed invariabile
al
il
suo posto.
giunger del Padre tutti insieme s* alzano n V ordine de' posti perci si turba ne per mala ambizioiie uno occupa
;
fi
Per tanto
9^
al suo.
,
ma ognuno tensi Quindi poi, seduti in cerSileno innamorato chio come di Bacco mostrava essere che
quello
dell' altro
? ,
,
bello
ve,,
era
giovinetto
volto esprimeva
,
le fattezze di
nel Gio-
suo padre si avvicin a lui, essendo quegli che lo allev gi e F istru e questo Dio , di natura sua portato a compiacersi
;
dello scherzare e del ridere ed autor noto d' ogni allegra e beila Maniera, iva egli dilettando ora con altre cose ora con motteggi e con facezie sopra molti argomenti.
,
-,
9a
IL
aio
G oiulio
Cesare.
per ambizione pronto a contendere del regno anche con Giove. Il quale tosto che da Sileno disse fu veduto Ben guardati questi , o Giove , che costui non tanta tenti di rapirti Y imperio
re
,
:
in esso lui
cupidigia di
il
domi
insi,
,
nare
tu
vedi
come
;
gnemente grande
e magnifico
se
di corporatura
d' aspetto
e a
me
non
gliantissimo (i).
(i)
cavatigli
Sileno intende motteggiar Cesare perch mani capegli sul davanti della testa, come nota
$4
ih.
o ttaviano
Augusto,
Scherzando Sileno cos, ne gli Dei essendo molto intenti ad ascoltarlo, entr Ottaviano, prendendo
a
modo
,
lori
con rubiconda
ora
pallida
or
in ciera
volta
alla
gentilezza
squisita
di
Venere
st.
ad ogni
venu-
pretendeva costui al fulgor degli occhi esser tale qual il lucente Soie; e che nissun di quanti gli si facessero incontro ardisse
Svct.onio
difetto us portare la
dal Senato.
Gapcome
fia
questa bestia
le
trasmuta in tutte
forme
ci
che
ch'ei
rechi?
j,
Ma,
malanni mai
cessa co-
deste ciance
a lui disse
Apollo-
che
di
io
il
porr sotto
;
la disciplina
Zenone (i) e per tal maniera il mander s purgato, che il direte puro e pretto oro. E tosto soggiunse: Via, alzati, Zenone, e pigliati in cura questo mio alunno. Zenone ubbid e dettegli
sentenze in quel modo che far sogliono coloro che vanno susurrando le incantagioni
brevi
alcune
(i) Perch forse Ottavio ebbe a precettore Aie"-* n odoro , stoico filosofo ; e Zenone fu capo degli
Stoici.
(n)
Zamolx fu
geta
,
poi
li-
|6
IV
XlBEPJO.
Venne per
terzo Tiberio,
cupo
come
volgevasi ad occupar la sua sedia, gli apparver sui tergo mole te cicatrici vo' dire stimate,
:
strisce
ed impressioni
;
di
batti;
ture, e macchie
effetti
d'intem-
peranza
di crudezza d'
umori ,
la-
non
dissimili
da
(i).
quelle
i
che
sciano le
dicati col
scrofole e
fuoco
berto di Pitagora , e poi suo discepolo , ed infine legislatore dei Geti. Vivente., fu creduto una specie di mago | e morto, venerato, come un Dio. Tediassi pi oltre la sua dottrina. smoderato in (1) In crudel uomo e sanguinario, ogni genere d' intemperanza quai fu Tiberio, nsa
97
Ben
altro, ospite, or sei
da quel
(
di prima:
Odiss.
)
che com'ehbe detto, Sileno parve farsi pi grave del solito ; sicch Bacco il domand: Padre mio! e perch tanto serio? Ed
Il
M'ha commosso forte codesto vecchio pieno di libidine da Satiro; ed ha fatto che siami dimenticato di me medesimo ? e che poi citassi alcun che tratto dalle muse omeriane. Ma egli ti strapper le orecchie , soggiunse Bacco poich dicesi che cos gegli:
meraviglia se videsi e fioritura di salso , e cruda scabbia simile alla lebbra 5 e tal altro malanno che Svetonio e Tacito notarono in esso lui. Plinio dice , che una malattia sviluppossi in Roma al tem-
po
taccato
primo ad esserne atmedesimo fece un editto. Giuliano, seguendo la filosofa che correva tra i Pagani , trasporta forse col pensiere alP anima di quel tristo Imperadore i -segni
di Tiberio /il quale fu
,
il
,
chiamossi
colum
sulla quale ei
4q' viali
eh' ebbe
vivente in terra.
o **
98
stigasse
Vada
la
(
anche un Grammatico
( i )*
adunque
rispose Sileno,
accennar
la
ed a sfregare
faccia a
Capri ), qualche
v.
Gal:igola.
(i) Da nissun altro sappiamo questa particolarit. Svctonio parla bens di un grammatico ( SeleuCo ) fatto da Tiberio morire. (2) Svetonio e Tacito riferiscono come avendogli un pescatore presentato in Capri un bellissimo pe* srce, perch s era introdotto nel!' Isola arrampica 0* dosi per gli scogli e le rupi scoscese, gli fece siregare la faccia con quel pesce ; e perch in mezzo al dolore gli scapp detto , che fortuna sua era sta* ta il non avergli presentata anche una grossa locusta ^ con quella correndo che gli si lacerasse la b$G<#
s
gli Dei rivolsero gli ocben presto Nemesi il diede chi. in hi ano delle crudeli Furie ven-
cui tutti
dicatrici
Tartaro. Perci
Claudio.
Si-
Aristofane (i)
ove
(i) Era cos intitolata una Commedia di codesto autore; e il passo deHa medesima a cui qui si allude j contiene un motteggio a uno scilinguagnolo, volendo tassare di tal difetto Claudio. E come oltre ci Aristofane aggiunge alcun che della misera sorte de' servi ch'erano presso quello scilinguagnolo, Giuliano con farne applicare da Sileno a Claudio i versi intende significare la miseria de' Romani so ti*
tal principe.
, ,
parla Demostene.
,
Indi.,
come per
,
convito
codesto nipote tuo senza i liberti suoi cari, Narcisso e Fallante, Chiama, Su via, costoro; e insiem con essi chiama , se vuoi sua moglie Messalina che senza essi sto per dire essere morto il satdlizio di questa tragedia,
:
VII.
Nerone.
Parlava ancora Sileno, quand'ecco giungere Nerone colla cetra in mano e in capo l'alloro. Il perch Costui volto Sileno ad Apollo
, ':
101
disse,
si'
,
maniera.
,
Ed
io
rispose Apollo
or ora
gli
ch n in tutto mi ha egli imitan ove pur lo tent, m'imit egli siccome conveniva. E spogliato della corona,, Oocito il port
to,
via (i).
Vili.
Parecchi di diversa stirpe vennero dappoi Vindice, Galba, Ottone, Vitellio. E Sileno allora
:
di Nerone (i) Si fayoleggiato , che 1' anima fosse nell'Inferno legata con catene d'oro; e perch avea liberata V Acaia dal tributo all'occasione del suo viaggio col, i Greci adulatori aggiunsero 9 che jo sia ea stata convertita in cigno.
ti
***
Vedete
!
che restiam soffocati dal fumo Codeste bestie noti risparmiarono neppure i vostri templi (i).
IX
Vespasiano, Tito,
Domiziano.
Giove intanto, riguardando il fratel suo Serapide, gli mostra e gii dice: Manda Vespasiano
9
Ma
In quanto
al
maggior
fi) Pare ci detto spezialmente di Vitellio, il cui esercito entrato in Koma cagion, oltre altri mali,
al
Cam-
gli,
egli
nere di tutto il popolo e al pi giovine simile alia feroce belva metti la catena al collo. di Sicilia
,
,
Nerva.
Dopo costoro venne fuori ufi vecchio di bello aspetto ( poich spesso anche nella vecchiaia splengiustissimo in fai ) ragione e di facile accesso. AI quale Sileno fece riverenza senza aggiunger motto. Onde Mercurio
,
de bellezza
,
di costui
che
ci
rispose
Sileno
io4
ste regnare quella bestia
sitibonda
costui.
di sangue
* Me non rimproverarne
:
rispose
molti
XI.
Temano.
subitamente
usc
Traiano
portante sulle spalle i trofei gelici e partici. Il quale veduto da Sileno questi a voce bassa ; come
,
s*
ad un tempo celarsi ed essere udito: Or, disse, tempo che Giove, moderator sommo delle
e volesse
,
cose
vegga
coni' egli
custodisca
Ganimede.
i@5
XII.
Adriano.
di aspetto
severo.
stesso
tratto
al
Moveva
,
egli
moke
;
idee
sua mente
anche
,
alla
in tratto alzando
occhi
cielo
ditava parecchie cose secrete , che non debbonsi saper dal volgo.
portasse
il primo degl' imperadovi che barba ; e ci fece per coprire qualche macchia % o cicatrice che ayca sui volto.
(1)
Adriano fa
io6
questo Solista ? Va egli forse cos cercando ntinoo? Dicagli alcuno; che quel giovinetto non qui
I
e nel
tempo
stesso liberi
codesto
vanissimo
uomo
XIII.
Antonino
Pio.
Indi
entra
un uom moderato
di
non
ne'
piaceri
Venere
cittadini.
(2.),
jna nel
governo de'
I
Eh
eh
disse Sileno
veggendolo
di ren(1) Qui si allude all' insensato progetto dere Antinoo femmina coti una operazione che cost a quell infelice giovinetto la vita. qui Giuliano ricordare l amor ch'ebbe (2) Vuol Autonino per la. moglie Faustina^ detta la maggiore 4onna famosa per libidine.
5 5
XIV
Marco
Vero
Comodo.
uIielio
Poi essendo venuta una coppia Marco Antonino e fratelli, Sileno aggrott la Lucio Vero non avendo di che intacfronte car costoro n per ischerzare, n per mordere massimamente parlandosi di Marco. E s che di lui venne cercando alcuni falli rispetto al 'figlio e alla moglie: poich lei pianse troppo che
di
, ,
,
Faustina
fi
detta raimore-
io8
andare in preciF Imperio quando avea un genero (i) eccellente , che avrebbe sostenuta bene la Repubblica , e quel giovinastro meglio regolato di quello che fatto a vessagli. Sebbene adunque Sileno esaminato avesse diligentemente tutte queste cose rispettando la grande virt di Marco si tacque e il figlio di lui, non giudicandolo neppur delasci Col figlio
pizio
gno d'essere motteggiato, lasci; senza rimbrotto, perch lo vide; prosternato a terra, n poter gire al suo posto , u seguirgli altri eroi.)
(i)
Pompeiano;
log
Pertinace
ccostossi quindi Pertinace , e in mezzo al convito si querel de' suoi uccisori. Delia cui sorte mostrandosi pietosa Nemesi Gessa,
:
disse
che
;
gli
autori, o
compiici
non ne coglieranno
Marco
per.
II
Segu poscia Severo, punitore inirabilmente acerbo e gagliardo. Di costui, disse Sileno, io non parler: perciocch mi fa paura
noni
crudo
e inesorabile.
poi stavano per entrare con essolui i suoi figliuoli, Minosse da lontano li fece fermare; e poi-
Come
ch ben distinse Funo dall' altro y lasci entrare il primo (i), e man-
fi)
Qsla
ucciso,
da Cavacalla,
in.
XVIf.
Maghino^ Eliogabalo.
Venne loro dietro Macr no , sanguinario e fuggitivo. E dopo lui quel giovinastro che nacque in
Emesa,
ciati
Ed ambedue
furon
cac-
lungi dalle
sacrate
chiostre
del Cielo.
xvin.
t
v
Alessandro Sevro*
Alessandro siro f sedente ultimi piangeva il misero suo destino. Ai quale Sileno p mottra gli
,
Ed
la
*
teggiandolo
disse;
O uomo
s
stol-
grande
imperio
sti
non tu
,
signore
ma
alia
meglio
impiegarla in pr degli amici, che farne inutil tesoro. Ma io , soggiunse Nemesi man,
der a gastigo tutti coloro che furono autori di ci. E cos fu licenziato quel ragazzone.
":
VaLERIANO, GaLIENO.
Entr poscia Galieno insieme con suo padre. Questi traeva ancor seco le catene della sua schia-
n3
Vitk
(i).
mantato
guisa di
teggi
Chi
il
femmina
padre
costui
,
(a).
Sileno mot:
dicendo
fio,
Regge
le
Galieno cos:
....
Molle
s'
isser
(i) Allude alla prigionia presso i Persiani sofferta da Valerano sino alla morte. pel lusso d' Ogni maniera (2) Galieno famoso * cui s abbandon.
ii4
XX.
Claudio
IL
Dopo
In esso
chi,
celso
gli
che I posteri suoi avessero Y imperio perciocch sembrava giusta cosa che i nipoti di tal uomo, amancontenti
:
furon
tissimo
delia
patria
regnassero
lungamente
(i).
H^
(y)
Da
cjuestQ
imperadore nacquero
Costali fciai*
si5
XXL
Aureliano.
A
Poscia venne Aureliano quasi scappato dalle mani di coloro che ritenuto Paveano presso Minosse: imperocch gli si faceva querela
,
ingiuste
stragi.
E come
assai
male difendeva
la
propria causa p
era gi per essere sentenziato rea. Se non che il Sole (i), nume e
signor mio,
il quale altre volte lo avea soccorso , anche in questa occasione non poco gli giov , ad
(i) Giuliano fa qui intervenire il Sole per la considerazione > che la madre di Aureliano ne fu sacerdotessa , e perch Aureliano medesimo avea edificato al Sole un tempio magnifico. Ad Emessa sacrific al Sole per conquistare Palatura., che assediava..
>
<
'
.>
ii6
alta
gli
debite pene.
domandava
se
si
moria
Chi
dell'
soffre
il
giusto
tm
torna
(i).
-XXII,
Pp.obo*
costui
venne
dietro Probo,
(i)
la
Seneca
{2)
Gaucho.
Ho emendato
s
pisco
questo passo sulla fede di Vo~ che accenna sessanta citt , non settanta*
II 7
molte altre cose on assai prudenza operate e non ostante fu trattato -iniquamente e spietatamente. Ma del retto oprar suo ebbe dagli Dei oltre gii altri premii pur questo che i suoi uccisori pagarono aspro fio del misfatto. Contro ini ci non ostante voleva Sileno dir qualche cosa, sebbene i pi gli ordinavano di tacersi. Ma lasciate almeno, diss' egli ; che
;
quelli
lui,
quali
gano avvertimento. Ignoravi dunque tu o Probo che i medici volendo dare ai loro ammalati farmachi amari distemprano li loro in qualche emulsione d' acqua? ma tu ti serbasti sempre immite ed aspro ne in cosa alcuna, n ad alcuno volesti cedere.
, \
,
;
4*,
n8
toccarti.
felice successo
n a cavalli, n a n a muli , ne a uomini se qualche cosa tu non voglia concedere alle loro passioni appunto siccome sogiion fare i quali a loro ammalati i medici concedono alcune leggieri cose >
buoi
,
,
:
onde poi
non
ricusili
modo
mio
cos
Ma
p
di fare a
spettacolo ne
ora
che padre
filo,
prese a
all'
Bacco.
Sei tu
sofo
Anzi,
te
improvviso divenuto
d, figlino!
;
mio
anche
filosofo? e
fec' io
Socrate volto e
fu
pur simile a me
di
di figura (i)?
scherzo di Sileno non ist soltanto nel d' avere educato nella filosofia Bacco 3 ma nel trarre a prova della propria filosofa il rasso.nn gliare che fa il brutto viso di Social^ al suo. Pie .^
(i)
Lo
supporre
che riport la palma tra i dei suo secolo, se non credi vano l'oracolo di Delfo. Lascia dunque, che io possa or
crate
Sapienti
dire
non
cose
sole
di
scherzo
ma
xxm.
Caro
,
Carino
Numeriamo,
Parlavano ancora essi tra loro, Caro, tentando d' introdursi insieme co' suoi figliuoli , venne cacciato indietro da Nemesi
quando
Platone Sx Alcibiade assomiglia Socrate a Sileno e a Marsia. E curiosa cosa che un Tedesco { Ermanno Vlich von Lingen ) ha raccolti tutti i passi e i monumenti che l'antichit somministra per comprovare il brutto ceffo di Socrate ; e un altro Tedesco ha lungamente disputato sostenendo che ( Henman ) Sperate era di bella figura.
XXIV*
Allora
fa
si
belP ordine Diocleziano % conducendo seco i Massimiani e r avo mio Costanzo. Teneva osi tutti stretti per la rnauo ma pera
e in
,
;
non andavano
del
pari
cammi-
nando: che gii altri facevano a lui una specie di coro. Ed avendo
voluto alcuni
d'essi precederlo a
egli
modo
proib
(i)
di satellizio (i),
,
nulla
arrogandosi
ne li sopra
intelligenza di questo passo ? avvertono x , che ne} coro delle antiche tragedie stava net mezzo ? e glj un%j , che n' era \\ capo altri ii circo davano, tenendosi stretti per mano
Ad
Commentatori
i&s^me
tre a tre.
l'UE
Indi poich si sent stanco , die loro quanto avea sii He spalle, e libero e spedito procedeva Ammirarono gli Dei codesto unagli altri.
nime
Sileno
consenso
ed
accordarono
altri.
quantunque sapesse la intemperanza di Massimiano non volle motteggiarlo bens non lo ammise alla mensa degl' Impera* dori. E siccome non si content
?
:
pia-
ceri
ma
',
infido
non
affatto
consono
al
tetracordo (i),
Nemesi
lo cacci;
ne
sa
fi) Per tetracordo intendesi una congrua e fedele concordia di quattro suoni ben ordinati insieme , siccome spiega Marziano Oapella. Noi diremmo pi speditamente quartetto. Del resto ognun vede que~ sta essere una metafora indicante F accordo che Diocleziano seppe costantemente far mantenere nel T amministrazione dell' Imperio fra tutte queste persone. Cosa che dopo lui manc.
1%&
XXV.
Massimino
.Massenzio
Licinio.
A questo
tetracordo
concorde t
aspro e dissono (i); tra i componenti dei quale Nemesi due dal ceto degli Dei escluse a modo, che non li lasci accostare nemmeno
al vestibolo.
cinio
E Minosse cacci Lisubitamente eh' ebbe tocca la soglia perciocch costui iva meditando molte e strane cose.
:
stantino
Questo secondo quartetto fu composto di CoMassimino , di Massenzio e di Lici, di nio. Giuliano lo nomina sistema, perch gli Antichi parlando di musica poneyan due sorta di sistemi
(i)
tetracordi
Non parmi
gli uni consonanti , che usandosi ordine feenc F ie& dell' Autore,.
:
gli
si
altri dissonanti.
1%?*
XXVL
Costantino Magno, Costantino il giovine, Costante, Costanzo Magnenzio.
*
e per Costantino lungo tempo si rimase seduto. Poi dietro lui entrarono anche i suoi
,
Ma
entr
figliuoli.
egli
fatto
che
fosse
da
uom
di
lentuomo. Ma gli Dei ,. veggendo non essere le imprese sue procedute da buona indole lasciarono
,
lui>
XXVII.
Alessandro Magno.
Gi era apprestata
,
a cena, nella
quale nella manc poich gli Dei abbondai! di tutto. Piaceva a Mercurio vedere, che gii Eroi fosser messi al paragone tra loro e Giove jo disdisse. Al quale onore Quirino avendo dianzi domandato ? che ammesso fosse alcuno della sua Ercole si oppose, dicendo: stirpe No, io non permetter giammai tal cosa: perciocch per qual ragione non hai detto che a questa cena venisse anche il mio Alessandro (i)?
;
(i)
Jrcolc
tare
domandano qui i Commentatori, Perch chiama suo Alessandro? ]Non sanno accerpositivamente se ci sia perch Alessandro
,
Giove, io ti priego, che quando t'abbi prefisso d'introdurre qui alcun di coloro, chiami anche Alessandro giacche qualora vogliasi venire al paragone, ed esplorare la virt di ognuno, per qual ragione, domando io, soffriremo che non intervenga egli, che vai Giove parve che sopra tutti ? figliuolo d'Alcmena dicesse bene. il Entr dunque Alessandro: a cui ne Cesare, n alcun altro s'alz;
;
Perci, o
sommo
ed
egli
intanto
trovata
la
sedia
,
gi
fra-
che
tutti
codesti
nipoti
tuoi per
si
discendeva da lui , poich nelle antichissime Storie suppone che Ercole lasciasse figli dappertutto ? f> perch lo riguardava con grande affetto a cagiosw $e singoiar valore e delle imprese faUe,
I&6
virt e fortezza
sotto di
non
restino al di
Oh
ve
,
Greco
aff di
che
assicuro
Gioche stimo
Vero eh' egli venne in ammirazione presso i miei posteri , che lui solo di tutti i Barbari chiamano e reputati Magno ma non per credono essi gi, che ogni altro di lor nazione
feriori.
tanta
le cose
comporti
col fatto.
la
verit.
Il
il
che qual
fondamento $ abbia,
face vasi rosso
nipoti suoi
:
Cos dicendo
e
venissero
vedremo
posposti ad
Alessandro.
fcffljr
XXVIII.
S chiamano alcuni
alla prova.
^Cesari
Intanto Giove interrog gli Dei^ se dovessero tutti coloro mettersi ai paragone l'u P altro , oppure
tentar la prova
come
si
fa ne' gin-
nasti: dove se alcuno supera chi sovente fu vincitore, tuttoch vinca solo quest' uno \ tiensi per avere vinti eziandio quelli che non vennero a prova con esso lui, ma furono vinti da colui ch'egli super. E questa maniera d'istituire la prova parve a tutti la migliore,
Adunque Mercurio cit ad aita voce Cesare poi Augusto e per terzo Traiano, per la ragione che in essi era pi virt militare. E
,
xa8
Saturno guardando Giove ? disse, meravigliarsi perch a questa prova chiamato avesse tra gl'ImpeTadori quelli che chiari fossero per militare virt, e nissuno degli altri che stati erao filosofi; e che, continu
fattosi
silenzio,
il
re
io noe amo meno di onde chiamate dentro anIl quale che Marco. chiamata venne immantinente grave assai negli atti e severo, ed a cui le
egli a
dire
questi
troppe cure contratto aveano gii occhi e le fattezze. Pur sovrana bellezza splendeva in lui nel tempo stesso che s mal concio mostravasi sul volto, e disadorno delia persona: che lunga avea egli la barba, ed abietto l'abito, tratto indosso con modestia di filosofo. Ma il suo corpo per la pochezza di cibo a era fulgido tutto, e diafano guisa, credo io, di purissima luce.
,
mg
Entrato egli
chiostra:
disse, e
;
adunque
Bacco.,
nella sacra
voi, che tra gli Dei possa essere E rispondendo cosa imperfetta? Adunque prosegu essi che no egli, chiamiamo qua eziandio alcun voluttuoso. No, no, disse Giove; n fia giammai che qui metta piede chi non segue il culto nostro,
noi.
Sibbene
stiasi
;
nei
soggiunse Bacco ed ivi , trattisi la sua causa. Ma intanto, se cos piace, chiamisi, non invero imbelle, ma nondimeno ammolvestibolo
lito
Venga
adunque.
delizie.
-
venne
i3o
XXIX.
'
Giove
stabilisce
le
forme
della prova.
Cos fatto , si parl del com( prova; e Mercurio opiche ciascuno dovesse arinnava ga re la propria causa, e gli Dei poscia votare. Ma diversamente pensava Apollo ^ per la ragione, che nel tribunale degli Dei cercar ed esaminare le cose debbonsi che son vere , non gi le probaistituire la
,
,
bili
volendo all' uno e all' altro de' proponenti 7 e trarne F adunanza in lungo $
Giove
compiacere
Non
remo
nella clessidra
di
ciasche-
i3t
d'acqua, e di poi ciascheduno interrogheremo in par-
ne investigheremo l'inAllora Sileno, scherzando, dole. disse: Per guardati, o Nettuno 7 che Traiano ed Alessandro non credano quest' acqua nettare e
ticolare, e
non non
tri
se
la
ingollino
tutta,
onde
lasciare alcun
di
parlare.
:
tempo
agli al-
cui Nettuno
Costoro non furono teneri dell' acqua mia , ma sivvero del onde maggiormente Jiquor tuo hai a temere tu delle tue botti, che io delie mie fonti. Tocco Sileno da s mordace risposta, si tacque e si volse alla prova dei contendenti
rispose
:
iSa
XXX.
Intanto
Mercurio
fece
questa
dichiarazione.
1/
arbitro
sommo
d'alti
si
premii or vuole
Che
alla
prova
velica. Il
\\
tempo stringe:
Ne
luogo
a indugio.
3
Quanti qui siete udite , Colla forza dell' armi , o col consiglio Molti ai vostri voler sudditi aveste 5 Popoli e regni. Neil' arringo tutti Scendete \ e voi che di beata vita Sol credeste sostegno 1' esser saggi 3 E voi cui parve della gloria il colmo Toccare in terra, se il potente braccio Riversava i nemici entro il profondo D' estremi mali , ed' ogni ben se colmo
mense 5 e le nozze 3 e il vestir molle ingemmate armille 3 e d' ogni senso Il goder Le io e fur tai cose il sommo D' ogni bene per voi. Di Giove poscia Fia cura il dare al viacitor la palma*
i33
.X.X.1.
Si
stabilisce
di parlare.
Dicendo Mercurio
volle essere
7
cos, furono
Alessandro
non si sottraesse alla prova. Se non che il massimo Ercole il ritenne i e gii fece animo. La sorte intanto diede ad Alessandro d'essere
il
secondo
parlare
dopo
Cesare. La sorte pure assegn il posto che aver dovea ciascun altro.
i34
XXXII.
Aringa d Cesare,
A me/o
uomini
Giove ,
ine,
o Dei
tutti presenti,
per ventura
tal citt,
che
pi di qualunque altra ebbe an>; pio dominio,. e che fu di tanta; grandezza, che s'ebbero le altre per magnificentissima fortuna! l'avere un posto prossimo ad es sa. E quale altra citt infatti, in-; cominciata a formarsi da tre mila.;
v(
uomini, in meno di seicento .anni stese colle armi l'imperio suo sino agli ultimi confini del
s
is
mondo
Quale
fra le
antiche;
tanfi
Ki
generazioni fu quella
che
uomini
eccellenti
in
,
i35 virt e
e tanti
?
in robustezza produsse
reggitori di
repubblica
chi.
a
ce
a
(f
a tutti
ce
k
e
ce
<c
coloro che o meco vissero , o furon prima , andai innanzi nella gloria delle imprese. Ne tra miei concittadini credo io esservi alcuno il quale voglia meco in gloria contendere. Che se n'avesse ardimento questo AlesSandro, dica egli quale egregio suo fatto intenda paragonare a* miei. E questo forse l' impresa sua contro i Persiani ? Come se veduti non abbia i tanti trofei da me riportati sopra Pompeo E qual dei due fu pi valente imperadore d'eserciti, Dario o
9
ci
Pompeo? Chi
tan
di or
due capi-
esercito pia
valoroso? Le-
i36
k pi bellicose di quelle genti che <( gi ubbidirono a Dario, Pom peo ebbe nelF esercito suo per
altrettanti
ni.
a
ne
ce
Europei che il seguivano eran quelli che molte volte sconfitti aveano gli Asiatici e n erano certamente anche i pi valorosi dico gf Itagli
',
E poich nominati i Celti ho egli per avventura alcuno , il quale opponga quanto fece Pompeo Ceti a ci che feci io contro i <( soggiogando i Celti? Egli pass V Istro una volta sola io due volte il Reno e le cose che io feci nella Germania sono tali, che ninno pu pareggiar
liei; gl'Illini,
Celti.
<c
(i) L'espressione di Carli qui spregiativa: poich presso gli Antichi i popoli della Caria fceae~ valisi di foags anima,
le.
tra'
gare
mar
esterno.
Quella
questa
te
mia
.impressa
somma;
per r ardimento
vigliosa
:
ce
((
te
consideri che io fui il primo a metdegli ter piede a terra. Taccio Elvezii e degflberi, n alcuna cosa rammento delle fatte da me nella Gaiia \ con tutto che di treivi io conquistassi pi cento citt , e debellassi pi di due milioni cV uomini. Grandi sono codeste imprese ma di maggior animo fu quella a cui scender dovetti, provocato a mi;
appare molto pi se si
m era-
Ho
?
a
a
vuoisi giudicare la
in aperto
cosa
dalla
i58
<<
Folte
tanto
quanto
coloro
C(
^
<(
P
fi
*(
^
|l
le
F uno e
sl
vittoria
3
nemici ricompensa, che mosse a ^ prenderne ragione la stessa |)ea vendicatrice de misfatti. Ma co stui pi tre che incrudel contro nemmeuo gli amici # i nemici
a
<(
tal
<<
suoi
risparmi.
verrai
tu
subitamente mi cederai, siccome gli altri? E certo tu, per mia fede mi poni in necessit di non tacere quanto fosti crudele coi Tebani e quanto cogli El~ vezii mi fui dolce io. Tu di
,
quelli
abbruciasti
la
citt
io
tori e cittadini.
quale mag~
<x
(<
a dire di
me
e di
costui
ma
tempo ed agio mancorami, n venni qua preparato abbastanza, Perci sar d' uopo che mi perdoniate
;
an~
ag-
giudichiate
il
primato
140
XXXIII
Aringa di Alessandro,
Cesare
avea
parlato
cos
el
I
ma
Alessandro gi per lo innanzi mal sofferente del ritardo, non pot contenersi pi oltre e come gagliardamente eccitato con
,
;
'
erari
a
<(
forza' disse
Ed
,
io
Giove sommo.
piti a la
Numi
tolti
come
c(
in
silenzio
costui
<(
Vedete voi
stessi
a
a
che s'a-
<<
t(
<i
accusi le
si
i4* imprese
studi d'imitarle.
vi-
a
ce
che
malignamente venne a
tuperar l'esemplare stesso delle opere sue. Ma avessi tu almeno , o Cesare, ricordate quelle e lagrime che ti cadder dagli occhi all' udir parlare de'monumenti che de' miei fatti rimante gono ancora Pompeo secondo <c che io credo quegli che di poi ti rend superbo ; quel Pompeo che l'adulazione de' suoi concittadini guast , e che non seppe mai comportarsi da vero . uomo. Perciocch il solo basso a animo di coloro che a quel a tempo eran consoli^ magnific il
ie
ce
<(
<c
ce
a
ce
trionfo da colui riportato sulV Africa: cosa per s di non gran conto. "Del resto altri furon quelli che poser fine alla
,
<c
vilissimi schiavi
e voglio
dire
Grasso
e Lucio.
Pompeo non
k tro gli
a
Armeni
vicini popoli
;
concittadini
suoi
a-
dulandoio
<c
Y appellarono
Mavivuti
gno
(i).
Ma
di
quali
nella sua citt prima di lui fu egli maggiore? con quale impresa sua pot egli eguagliar Mario 4t o i due Scipioni o codesto a Furio Cammillo, il quale eccolo
,
isse
Della felicit in guerra di Pompeo assai ne Cicerone nella Maniliana ; e chi ragiona sulla storia trae da quella orazione di Cicerone il vero principio della ruina della Repubblica, poich accrefi)
sciuta la riputazione di
Pompeo,
fu a costui facile
dominare.
i43
per gl'illustri suoi fatti vici Dissimo a Romolo come ristali<c ratore delia quasi ruinata citt di lui? Che non seguirono essi di que' magistrati 7 il costume <c agli edifcii a pubbliche i quali u spese fondati e compiuti da essi di poi altri , per averne fatto imbiancare le pareti alcun
<<
<(
a
te
poco
-,
appongono
loro nomi*
ce
<<
No, non posero questi i loro nomi alle opere altrui ma dalle proprie diedero ai nomi loro altissimo grido. Non dunque
;
<c
da meravigliar tanto se vincesti codesto tuo Pompeo y che grattavasi la testa con un dito (i)^ e che pi a volpe astuta che a
(i) Grattarsi la testa con un dito fa modo proverbiale degli antichi Greci e Romani \ per indicare gl/ uomini effeminati e lussureggianti $ e fu detto spe* ttifca-tamente di Pompeo
i44
coraggioso leone si assomigli. <( Il quale poich fu abbandonato a dalla fortuna cke per lo innanzi Favea sostenuto , tu potesti vince (e re facilmente , non avendo egli ce pi r antico sostegno di essa. che non ne rimanesti vincitore per ninna tua virt manifesto, a sapendosi che ti lasciasti ria
,
<(
te
durre in
somma
carestia di vet-
tovaglia: error
non
lieve in ca-
poscia fu Pompeo s stolto e fuor di senno da non saper Kj rettamente comandare a' suoi, o $ alla occorrenza temporeggiare
<(
, ;
i<
e se
volle
venire a
battaglia
7
gi
colpa sua non per la forza del valor tuo e de tuoi consigli. j All'" incontro i Persiani. i quali
ce
'
e previsione prepatutto ci
,
che
alla
se caddero | guerra occorreva caddero per virt nostra. Dir poi, che come non col solo ope~ rar molto, ma coli operar giusta mente convien mostrarsi vaiorosi e degni d'imperio , io mossi le armi per vendicare sopra I Persiani le ingiurie eh' essi falto aveano a' Greci e mosse pur avea le armi dianzi contro i Greci , non per distruggerli r ma per reprimere tra essi coloro che m'impedivano di passare in Asia e gastigare i Persiani. All'opposto tu debellasti Ger mani e Galli per armarli poscia tu medesimo contro la patria tua: di che, d, qual peggior cosa e pi turpe possa mai darsi. E poich come per de
7
c<
ce
ri
i|6
te
dieci mila Greci ancorch- 1 sappia dal paese de" Greci trarre voi origine vostra, e Greci anticamente avere abitata la mas.
sima parte d Italia non porr questo argomento nel numero delle cose che sono per dire. Imperciocch bene noto come tra que' medesimi Greci fuvvi una piccola e spregiata nazione, intendo gli E toh che a gran ventura riputaste avere per so eli ed amici ai quali poscia ne so il perch, faceste guerra; ?
, , ;
difficolt e
pericolo
stare
all'
obbligaste
sotto-
imperio vostro. E voglio a dire con ci, che se nella estre ma vecchiezza della Grecia (che a cos con ragione pu chiamarsi u quell'epoca) voi aveste, direi quasi, forze appena bastanti per domare una piccola nazione
ce,
ce
fi
che sarebbe stato lare colia se aveste avuto a generazione de' Greci intera quando questi erano in tutto ii
'
mal nta
vigor
stati
t(
mona
di
quella
vi
'trepidazione
gitt
ce
generale in die
Pirro
quando venne
l'aver vinti
te
Giacche poi tu estimi lieve cosa i Persiani, ed ardiimpresa ^ sci ridere di quella dimmi, e perch quella striscia di terra che presso il Tigri sta
sotto
ii
c<
dominio
pi
de' Parti,
dopo
trecento e
anni da quella
fc
mia guerra, non ancor vostra ? Vuoi che te ne dica io ii perche ? I dardi de' Parti ve ne tennero lontani. E del valor di quei popolo te ne dar conto
^c
trario soggiogai in meno di dieci k anni e Parti e Indiani. danque tu sei di tanta fidanza da
ce
sfidar
me, che
tali
fr
dalia
prima
feci, la
et
mia
e che
imprese
,
mi
cui
quantunque non sia stata degnamente celebrata dagli scrittori^ pur vivr meco
memoria
eterna?
Ho
avuta
la
sorte
di
Ercole, signore e re mio, da me venerato sempre ed emulato: perciocch mentre io gareggiava quasi del pari con Achille (i), autor di mia stirpe , Y animo mio alzai ad Ercole, e battei T orme sue per quanto pu uomo
fi) Alessandro } che per parte di padre stimavasj discendente da Ercole , per parte di madre credeva partecipare del sangue di Ac&ile,
ce
anelar dappresso
queste
le
a
ce
fatto fu atroce non tocc per certo uomini innocenti, ma i tali, che pi volte, non gi in
,
mio
t:
ci
ce
un caso solo, m'aveano offeso; oppure che malamente e stoita niente preso avea no tempo ed occasione. E di ci che circa
questi
to che
ce
ultimi
io
:
feci
ni ebbi
ci
ce
poi pentimento
ritorna
quel pentimendai
ti
ispirato
Numi
ce
sapienza,
e restitui-
te
ce
ce
voienza trasse
d' essi
a farmi guerra
.,
ce
e ad ingiuriarmi
,
a
ce
ingiusta
i5o
"XXXIV,
Aringa di Augusto.
Avea
suo
gi
;
egli finito
d'
il
ragionamento
;
pieno
ardor guerriero
il
Augusto
scarsa
la clessidra posta in essa porzione d acqua tanto perch breve era ii tempo che ri4 tanto perch ricordossi mane'va
,
,
una volta
questo Dio. Del che Augusto essendosi avveduto, sk> come uomo di sottile ingegno lasci di parlare delie opere altrui e il suo discorso comprese in questi termini Io o sommo Giove, e o Dei ristarommi dall' entrare tutti \
usata verso
,
;
:
me
1
*$
*
((
sa
Essendo glutine, presi in come ap~ tutela la mia citt punto Alessandro, la cui grandezza d animo io iio per ceceliente. Quindi emulando Cecon esito padre mio sare
scio.
,
?
termine alle guerre Poi tratto nella germaniche. e fatta la giorH guerra civile debellai nata cavale d Azio
felice diedi
,
?
<*
l'Egitto.
Vinsi
presso
;
Filippi
Bruto e
Sesto
,
Cassio
figliuolo
minando
di
Pompeo
discorsi
riveriva
come
pedagogo/
divo- anzi
ft
<(
come padre. Cos pur tenni Ario nei numero de' miei amici e
famigliari
a
k<
ir la filosofia,
Veggendo poscia
che per le
<(
ce
cose spesso erano minacciate di rovesciamento , in tal u modo io le ordinai che in avvenire la citt potr starsi sicura quale se fosse di ferro.
,
mane
>
smodata libidine di dominare non mi agitava pen# sier non mi prese giammai di
E come
a
ce
aggiungere
all'
imperio
d' essa
<(
t
ce
ma fissai due termini, natura stessa additava Fistio e l'Eufrate. Quindi, domi avendomi & gli Sciti di Tracia << voi conceduti lunghi anni di regno , dell'ozio che restommondo
la
;
che
mi
usai
non
in cercar
nuova
i53
ma
in far
in
restaurare quanto
impeto delia guerra avea rotto e distrutto. Nel che fare io il confesso, pareami di provvedere alla Repubblica in modo , se
1
,
mi
% da non avere a cedere in nulla ad alcuno de' miei maggiori ma sivvero da superar tutti quanti quelli ai quali gli Dei per lo innanzi commesso aveano
;
un
tale imperio.
essi la
di fatti al-
cuni d'
'
fK
imprese militari ; e potendo goder della pace, da una si tirarono addosso un' altra guerra, come i litigiosi uomini usan passare da una in altra querela. Altri d'essi mentre erano chiamati alle armi, servendo alla ogni lussuria e alla gola
in
,
marono
immondo
piacere
preferirono
al
buon nome,
j
cie
pasalla
sa a' posteri
ma
fin
anche
propria
salute.
Le
quali cose
<(
*<
ce
mi contentassi dell' ultima porzione di gloria. Avr per o Bei, per ben fatto quanto a
>
*<
me
XXXV.
Aringa di Traiaho, a lui dagli Dei.
e lode data
Subito
di
parlare a Traiano.
Ma
costui
seb-
bene parlator
uso per per infingardaggine a fare per lo pi scrivere a Stira ogni cosa che
facondo,
i55
gli
occorresse dire, venne borbottando piuttosto che parlando, ad accennare agli Dei i trofei riporlai sopra i G ti e i tati da esso Parti; ed accus la vecchiezza sua,, se la guerra contro questi ultimi non pot condurre a fine. E allora Sileno
stoltissimo
,
gii disse
Ma
l'
tu,
uomo
tenesti
;
iuiperio per
ben
ed Alessandro, che vedi qui, non l'ebbe che per dovent' anni
dici.
Collie
adunque, dissimulando
la
vieni
tempo
parole,
arte di dire
ma
avea
:
il
solo eccesso
forza
nel vino
,
gli
tolta
,
ed
ingegno disse Io o Giove e o Numi <jhe siete qui, assunto all' imperio "in tempo che n'e*
ratio
intormentite
le
forze
disciolte
i56
a
i<
solo
io
ce
quella che
fra
tutte
quante furono
mai
9
:c
a
ce
c(
avea uomini bellicosissimi non solo per robustezza di corpo , ma per le massime nelle menti loro ben piantate per opera di Zaroolxi, che col somma niente venerato. Perciocch non credon gi essi di morire, ma soltanto di passare altrove: e perci
te
ci
((
ex
sono pi pronti alla morte che ad un viaggio. L'impresa contro i Geti fu da me spedita entro il corso di cinque annL Non poi ignoto a nessuno , come fra tutti gFImperadori che mi precedettero io fui clementissimo
verso
i
ce
cittadini
contro
essi,
Parti
:
rimprovero
che,
non
credetti
raggiarli.
Ben mi
;
che mi offesero
mi
ti
quantunque
dalia
leggi
mi
esentassero
milizia.
Ed
io
essendomi compor\
tato
re
sembrer
i
ne-
d
a
ci
Dette
gli
altri
,
le quali
sre agli
Dei
gratissima.
i5S
,
XXXVI.
Tosto
parlar
disse
poi
che
:
incominci
codesto stoico. Ch'i sa quai paradossi e quali strane opinioni metter fuori Egli intanto rivol!
ti
Giove e agl'i altri Dei, favell in questo modo. Q Giove o Dei: -non ho bisogno u di parole, n di 4 contese. Se i miei fatti vi fosgii
cchi a
<*
te
sero
ignoti
dovreste
;
sivvero
$
|
da
me
orli ili
ma
come
li
sapete,
ne
sfuggirvi,
voi
pu alcuna mi accorderete
che
pi'
cosa
quanto
"%
parravvi
,
abbia
meritato
I5g
Per
lo che,
siccome
egli
,
era
in
in ogni cosa
niirabil
uomo
questa occasione massimamente fu riputato di vera sapienza > come quegli che conosceva
^Quando
il
tacer,
quando
il
parlar sa hello
XXXVII.
Aringa di Costantino.
a invero da principio si mosse alia prova pieno di bella speranza. Ma quando consider le grandi azioni degli altri, tosto si avvide com'erano piccole le sue. Imperciocch , s'egli
lui
Dopo
fu dato di parlare
Costantino,
Ed
egli
lecito dire la
i6o
ise
vero due tiranni uno imbelle ed effeminato, l'altro acerbamente percosso dalla cattiva fortuna e per soprappi spoglio delie sue forze per mano della vecchiezza entrambi poi ancora odiosi
,
Dei ed agli uomini (i). Ma quanto a ci che fatto avea conera cosa degna di tro i Barbari
agli
,
riso
siderare
come un
tributo
(s)
pu
il
am
que lontano
Dei
:
Luna
(i) E facile intendere, che amor di famiglia condusse qui Giuliano a dir tanto male di questi due Imperadori. (2) Fu mal esempio 5 funesto poscia all'Imperio, questo prendere a soldo i Barbari. La disciplina militare incominciava gi a declinare tra' Romani 5 p il trono d' Augusto era stato pi volte occupato da uomini n romani 9 ne italiani.
innamorato,
fissi
in
essa
i6i tenendo
gli
occhi.,
Vittoria.
Ma
si
lare, egli
Ecco
le
cose
per
le
epa li
(t
sono da pi di tutti costoro, Sono da pi di Alessandro perch io guerreggiai co^ Romani, co' Germani, cogli Sciti; e non co' Barbari d' Asia. Sono da pi di Cesare e di Ottavio, perch mossi le armi, non per discordie intestine contro probi ma contro tiranni imcittadini
v
,
purissimi e pessimi
e tali
mie
imprese, felicemente condotte a termine contro codesti tiranni, per giusta ragione mi resero pi illustre di Traiano. In quanto poi ricuperai colle armi quel paese ch egli per lo innanzi avea conquistato, meritamente ' potrei essere in tale opera eguale
?
ce
k 6&
<(
a lui, se pi
fosse ricuperare
nobil
il
cosa
non
che
perduto, andar cercando ci che s' ebbe mai. Del rimanente che Marco nulla ha detto
<(
non
poi-
per
cede
Qui
tarci
gli
orticelli
di
Adone come
che sono eglino, domand, codesti che chiami orticelli di Adone? Quelli, rispose Sileno, che le donne fanno al beilo di Venere
con mettere in pitali terra leggiera , onde poi sorgano pianti" celie che dopo essere per breve
,
tempo
cendo.
tino
fatta
fiorite
fniscon. presto
A
,
questi detti
mar* Costandi
tal
arross
conoscendo
6$
HI.
Domande
sposta
i
di
Alessandro
lui.
dia*
che
primi
ognuno
.
crede vasi
giusto
fatti
che
Ed
Ora
gli
Dei
<
f64 commetter P affare a Mercurio, E prima di tutto ordinarono che domandasse ad Alessandro qual
,
cosa avess'egli estimata per la migliore di tutte e con qual vista e speranza operato avesse e soste-
e sostenne.
Ed
suo
che
il
proposto
il
era di
domar
tutto
mondo.
Mercurio domandollo: E cos veramente accerti tu d'avere inteso? S veramente rispose Allora Sileno con Alessandro.
Allora
mordace
se:
Ma
intanto
domaron
te
pi
Alessandro per uomo ebrioso ed amatore del vino. A cui Alessandro, pieno ancora delle sottigliezze
dei Peripatetici
:
Non
cos
feci
rispose, per vincer cose inanimate, colle quali non aveva io nulla da
i65
contendere
;
ma
sivvero per
5
vin-
d uomini e
Al che Sileno
:
come
meravigliato, scherzo-
samente
assai
esclam
Oh
le
oh
dialettici!
Ma,
cose inanimate, o le animate e viventi? Alessandro, come uomo sdegnato Parla bene , soggiunse e di sapere essere io di tale altezza d'ati
dimmi,
porrai
tu tra
di potere es-
Ma,
volte
d'esserlo
>
gi.
replic
Sileno
soventi
pur fosti minor di te stesso quando o alla collera, o alla tristezza, o ad altro tal affetto sottomettesti r animo. Vedi tu, ripigli Alessandro che il farsi maggiore o minor di se stesso dicesi equivocamente di una persona medesima ed io all' opposto
mi fui
rispetto
l66
agli altri.
Capperi
disse
an-
cora Sileno che dialettica possedi tu, e con che dottrina combatti Per quando eeli miei discorsi r India fosti ferito, e mentre Peuceste era per prenderti in mezzo % venivi poco meno che moribondo trasportato fuor di citt, d dunque: te ne gisti allora vinto da ini che t'avea ferito., oppure tu ir eri Sicuramente, anche il vincitore? rispose, che non lui solo, ma vio&i ancora la citt. No, nbn tti ? mio caro soggiunse Sileno che tu allora ti giacevi come Y Et!
,
:
tore
di
Omero
d"
privo
ornai
di
anima ben gli altri combattevano e vincevano. Ma duce me disse Alessandro. E Sileno: Come duce te, ch'eri allora mezzo morto? Indi si
forze e
5
Eu-
x6j
Mal
ti
so al crto Grecia
nostra adotta
alza trofei. (1)
Ma
Cessa
disse
,
votosl
tai
discorsi,
onde
costui
non
ti
tratti
siccome Clito. Ale quali parole Alessandro si fece rosso, gli lagrimarono gli occhi, ri pi disse parola, E cos fin quel dialogo.
(i) li personaggio che r\AY Andromaca di Euripide pronuncia questi versi } iniende di ferir Menelao 4 e seguita poi dicendo che in quei trofei si celebrano i nomi soli de* capitani quando sodo poi dimenticati i soldati che furono quelli per opera de' quali si riport vittoria e talvolta i soi che vinsero e prodigarono i nemici.
,
i68
Domanda ^/Mercurio a
e
Cesare ,
il
me-*
D"
tra
essere
?
rispose egli
;
il
primo
e
miei concittadini n stanili, o esser tenuto secondo ad alcuno Ma codesto tuo discorso alquanto oscuro y disse Mercurio. Intendevi tu tal preminenza negli studii della sapienza o nelF arte del dire, o nella virt militare ? o finalmente nel governar la Repubblica? Avrei voluto andare innanzi a tutti in ogni cosa ma poich tanto non m'era possibile.
x6()
procurai
cittadini
d'essere
il
tra"
miei
pi potente.
Come
con!
soggiunse Sileno: conseguisti poi tu un gran potere sopra essi ? Certamente, rispose Cesare: poich li tenni sotto l'imperio mio. Vero , prosegui Sileno: e tu ne ottenesti P imperio , ma non potesti ottenerne la benevolenza ;
in
ma,
ti
mostrasti
quioso servilmente. E non parti dunque che io fossi caro al popolo che voile correre addosso a Bruto e a Cassio? t, vero, rispose Sileno ma non gi faceva egli cos perch avessero ammazzato te: che anzi sai esser eglino con unanime consenso stati proclamati consoli (i) ma perch
a tutti
osse-
(i)
giusta
1'
<ju*
**
I ^.0
sperava denaro. Perciocch , saputosi appena i tuo testamento 9 ognuno vide in esso non mediocre
mercede
del
mostrarsi
sde*
guato.
Hi
Domanda
di Mercrio
ad Augului.
Qui
era finito
il
discorso, quan-
do Mercurio
punse
Augusto
di
sto passo
e
quale trova
;
alterata la storia.
Cassio
j
J
Bruto non furono consoli ne prima della morte di Celare , ne dopo n le pubbliche commissioni che ebbero , furono date loro dal popolo , ma dal Senato. Perci lo Spauemio dubita di qualche alterazione nel testo. Invece di consoli, egli ha tra* dotto proconsoli, ma, con ci non ha tolta la uiffi^oU. l ho creduto bastare che se ne facesse ce nne-
j
;
'
nuovo
dirai
regnar Spiegaci dunque, prese qui a dire Sileno, questo tuo regnar bene perciocil
;
Io?
A bene.
cui rispose:
ch ogni pessimo
detto
,
uomo avrebbe
Dionigi
lo
stesso.
regnava
;
bene se gli si d mente e cos pure Agatocle, peggiore di lui. Ed Augusto allora Voi dovete ricordarvi qualmente allorch congedai da me mio nipote,
vi
accordargli
il
gagliardo
tuna
(i).
Ed
la
mia
forri-
intrattanto,
ragione 'fi) Quantunque mi sia astenuto dal dar de varii passi da me interpretati diversamente dal Cuneo 3 o da altri s non posso trattenermi dal dir qualche cosa della interpretazione mia nel passo presente. Deinoteta la voce usata da Giuliano per esprimere la qualit propria di Pompeo da Augusto augurata al nipote. Il Cuneo la spiega per acrem
5
.,
Dei
lui
:
tutelari.
Ed
Augusto
burlesco?
Su qual fondamento mi
questo
!
dai
-
tu
nome
Sileno
:
Oh
rispose
non
egli
, dopo un lungo cornment , rigetta questa spiegazione , e dice doversi tradurre per artem 9 scientiamque rei militaris , virtuemque bel
licam. Io ammiro la dottrina ed erudizione deiPHarma come vorrebV egli che Augusto avesse ri; guardato Pompeo distinto da Cesare per V arte e scienza militare, e per guerriero valore ? Sarebbe stato Cesare meno perito in guerra , e meno valoroso di Pompeo ? Giacche qusti due grandi uomini erano entrambi in guerra valentissimi , e non ostante doveano distinguersi 1' uno dall' altro per alcun particolare. Raccogliendo ancora per la storia quanto dalle loro azioni risulta, penso che in Cesare spicc la fidanza in ogni sua impresa, che l'abito di alta sicurezza di s e de' suoi mezzi, e in Pompeo spicc un gagliardo coraggio , che la forza d' animo 9 con cui entrava nelle imprese. Cosi andava bene che Augusto augurasse al nipote queste due qualit. Mi sono permesso questa Nota per indicare con un esempio il metodo col quale ho proceduto nella traduzione di qucst difficile Scrittore,
les
Dei
? E vedine qui uno di tua Otmano: codesto tuo Cesare. non osando per vergogna tavio,
r?3
si
tacque
(i).
XLI,
Domanda
Cesari,
Quindi Mercurio 7 guardando Traiano: E tu, disse, che intento ti proponesti nelle tue azioni ed Io, rispostegli, aspirai imprese? a tutto ci a che aspir Ales-
(i)
tali'
Si sa che
apoteosi
9
esempio
***
Anzi,
5
sancir
ma
pi.
moderatamente.
dirgli
prese a
ti
Sileno
in fede
mia che
lasciasti
vin-
lo
pi
e
la
collera
pi
immonda
Ma
tu
vattene in male , disse Bacco perciocch deridi tutti, n per metti a nissuno di dire il fatto suo. Ma via, in quanto a coloro
non
Marco
virmi
delia
frase
di
Simonide
,
173
XLIL
Domanda
Aurelio
,
di Mercurio
e
a Marco
di
giustificazione
Sileko.
Mercurio voltossi a Marco E tu, disse, o Vero, qua! pensasti essere il pi bello scopo del vivere? Ed egli lenemente e modestamente rispose: Lo imiallora
:
questa sua
ri-
sposta
gli
Dei giudicarono
im-
mantinente uscita da intelletto non degenere e lui degno essere di qualunque premio. N Mercurio volle cercarlo pia d'altro, prevedendo che Marco risposto avrebbegli sul tuono fin qui tenuto ne altrimente pensarono gli altri
,
,
;
Ma
io
ty6
cosi in
soppor* adun,.
Perch mangiavi tu e bevevi , non come noi ambrosia e nettare ma pane e vino? Non io ne cibi e nelle bevande pensai d- avere ad imitare gli Dei bens mio corpo avvisando , nutrii il forse ingannato , che anche i corpi vostri abbian bisogno deli alimento
:
que
de' profumi.
Ma
in codeste cose,
ma
Numi.
-,
Sileno
taciutosi alil
cun poco
che dato
sentito
avendo
il
colpo
gli
avea
:
pugillator va-
Tu per avventura iente, ripigli non hai mal risposto ma spiega in che cosa 'pensasti avere ad imitare In cercare di non aver gli Dei.
;
tessi
rispose Marco.
Di
nulla
dunque
di
avesti
Sileno tu bisoil
nulla;
ma
forse
piccolissime cose
trovata
mio
molto savia
questa risposta di Marco, Sileno esit. Poi tocc alcune cose concernenti la moglie e il figliuolo di Marco, riputando non essersi egli condotto rettamente, n avere operato pel bene quando pose nel numero delle eroine quella, e all' altro commise Y Imperio.
,
Marco, anche gli Dei perciocch per quanto riguarda la moglie, seguiva ci che dice
Ma
io, rispose
Omero
:
.
Ben
tratta
.
(
Iliade,
>
178
a
ce
rispetto al
figliuolo,
m'era
ce
<c
ce
presente alFanimo una sentenza di Giove, il quale , rimproverando Marte Gi da un pezzo, saresti stato percosso dai disse fulmine , se essendo nato di me , io non ti amassi. Alle quali
:
((
non
avea creduto mai che quel mio figlio fosse per essere tanto perverso. Che se la giovent sua. pronta sempre a piegare all'una o air altra parte lo inclin ai peggio, certo sta che non diedi io F Imperio a uomo il quale
,
ce
allora
fosse
cattivo
ma
cos
volle la sorte che tal divenisse dopo che gi n' era egli in pessesso.
Laonde quello che tu mi accusi avere io fatto riguardo alla moglie, ha per me Fesempio
e
di Achilie;
ed ebbi
Fesempio
dei
sommo Giove
in essere di
figlio
n in ci
a' figli
danno
:
diritto di successione
cosa che
di confortOv
sommo
a tutti. Io
poi
non
fui
il
primo ad onorare,
moglie: che anzi
altri
;
come
il
feci, la
ed certo, che se per avventura poco saggio colui che di tali cose
feci
si
dopo molti
tissime
un
altri
officio
che comune-
mente
prestano.
Ma
io non.
mi avvedeva d'essermi
diluii-
XLIII.
Domanda
tino y
di Mercurio a Costan-
a questo.
Ora
dirai
Ed
ei
rispose
Aver
ricchezza,
donar molto,
e poter
soddisfare
un
a'
A
>
queste
e disse
parole
Sileno
pro-
Come
non
sei
tu
volendo essere , banchiere , finisti poi col vivere da cuoco e da imbellettatrice ? E ben lo indicava gi^ quella tua parrucca e la tua faccia; ed ora il comprova la risposta che ri hai data. Cos Sileno punse lui
forse quegli che
avido
i8x
XUV.
Giudizio degli Dei.
Intanto gli Dei, tacendo tutti , sechetamente votarono/ e molti suffragii dati furono a Mqxco. Poscia Giove fatto alcun breve ragionamento in disparte col padre , or-
din a Mercurio di
di questa maniera.
te
proclamare
il
voi,
quanti
,
qua
veniste
alla
prova
i
sappiatevi essere le
u leggi e
che sen rallegri ci^i vincitore, e chi soccombe nota sen quereli. a Andate dunque ove meglio v'ag^ grada, e vivetevi in avvenire a sotto la tutela degli Dei, uno d' essi scegliendovene ciasche duno in particolare per prole lettore e per guida.
ce
ce
XLV
Esito del Giudzio.
Udito questa editto, Alessandro corse ad Ercole, ed Ottavio ad Apollo. Marco s'accost a Giove ed a "Saturno, Cesare, che molto vag qua e l correndo come incerto, Marte e Venere, quasi ne avesser piet, il chiamaron presso. Traiano si volse frettoloso ad Ales-
Ma
gli
Dei esemplare della vita che avea condotta, vide per avventura in vicinanza sua l dea Mollezza ? e and accanto a lei. La quale , avendolo dolcemente accolto nel suo seno ed abbracciato, ornatolo
poscia di ricamati pepli
belio,
la
il
,
fatto
iS3
elicente a tutti:
Ogni
corruttor di
,
donne che si
ognuno qualunque malvagit esecranda, vengasi qua coche non s tosto sar raggioso
,
ogni
micidiale
caric di
lavato di quest'acqua,: io
mi
io
far
che
bttendosi
il
petto, e percotendosi il capo, ne abbia espiazione (i;). Costantino fu lieto assai d'aver trovata quella
Dea
e partissi dal
cospetto
dei
Numi
sue empier, lui e i figliuoli gastigarono e presero sconto del sangue de' parenti, fin tanto che Giove , a riguardo di Claudio e di Costanzo concedette loro qualche
,
Veggansi
le
cose
dette
cpri
Giuliano.
Quantunque poi
i84
XLVI
Conclusione.
Per ultimo, verso me rivolto Mercurio: A te, mi diss'egli, accordai di conoscere a padre Mitra (i). Tu ne siegui i precetti ; e tienti tale,* che in tutta la tua
,..
porto sicura E poich fa che t' abbi a partirne pien di buona speranza fatti questo Dio propizio condottiere nel cammino.
e
?
Fine.
chiaramente qual fosse il figliuolo di Costantino in bocca al quale mette V empio invito , non dubito punto che non abbia voluto alludere a Costanzo. 5 1/ altro Costanzo , eh egli nomina in appresso s Costanzo Cloro , padre di Costantino. (i) Mitra negli antichi libri de' Persiani il Dio produttore delle cose , raffigurato nel fuoco e nel questo dogma avvicinava Ja sua teologia Sole. Giuliano, quando chiamava il Sole suo padre; e diceva averne avuto ottimi insegnamenti. Veggasi la VII delle sue Orazioni. Imit egli poi Platone nella
sortazione che qui riferisce come fattagli da Mercurio giacche nel VI della Repubblica, Platone ac-* cenna la speranza della futura beatitudine natii dtiUa bugna Gmetefififa
:
-,
UNIVERSITY OF ILLINOIS-URBANA
3M 12 064312389
~' 4
v.