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Storia dell’architettura – I semestre – Supsi 22/23

1. Introduzione.
2. Architettura greca, il sistema architravato e l’ordine architettonico.
3. L’Acropoli di Atene e il Partenone
4. Roma, l’ordine murale e il sistema voltato.
5. Il Pantheon. Seminario
6. Architettura paleocristiana, le basiliche
7. Le cupole bizantine, Santa Sofia
8. Età medievale: sopravvivenze e novità
9. Le cattedrali gotiche: sistemi arditi ed esposti
10. Seminario
11. Un progetto che spezza la Storia: la cupola di Santa Maria del Fiore
12. La rinascita delll’Antico nel 1400: Brunelleschi
13. Leon Battista Alberti/1
14. 14. Leon Battista Alberti /2
L’arte di costruire nel mondo antico: La Grecia

La Grecia è il primo luogo in cui si può iniziare a parlare di costruzioni.


Il tempio greco è la prima forma di costruzione organizzata, monumento in cui si inizia a progettare una
struttura.
Le piramidi, anche se costruite precedentemente ai tempi dell’antica Grecia, non vengono prese in
considerazione perché valutate come monumenti e non come edifici che hanno avuto un’influenza sulle
costruzioni occidentali.
I templi greci hanno una forma d’organizzazione semplice, sistema trilitico architravato.
Tettonica → arte di congiungere elementi strutturali.
La cultura greca/mito è la radice su cui si fonda la cultura europea.
Miti dell’antica Grecia hanno un fondo di verità:
- 1700 – 1460 a.C.  Età minoica, nome che deriva da Minosse colui che ha
fatto costruire il palazzo con il labirinto.
- Minosse figlio di Zeus ed Europa, a seguito di avvenimenti “catastrofici”,
eruzioni del vulcano Santorini  sorgere della civiltà micenea, penisola dal
Peloponneso
Inizio delle colonizzazioni, espansione della civiltà greca.
Il Tempio Greco
Fu la prima forma
intellettualmente organizzata
di costruzione, primo edificio
ad avere un vero e proprio
progetto di realizzazione.
Nel tempio greco si uniscono
diversi aspetti:
- Funzione: il tempio è la casa
del dio, è dedicato agli dei
- Costruzione
- Rappresentazione: del dio e
della comunità che
promuove la costruzione del
tempio stesso
La forma del tempio non è
quella conosciuta ad oggi,
negli anni venne modificato e
adattato alle esigenze della
civiltà.

Origine del Tempio come casa del Dio


Nel mito greco, ogni divinità possedeva luoghi prediletti, legati alle vicende appunto del proprio
mito: e i luoghi in cui il dio prediligeva sostare o presentarsi o quelli in cui si riteneva si fosse un
tempo presentato furono presto considerati sacri.
Per separarli dalla comune terra degli uomini tali luoghi furono circondati da un TÈMENOS, o
recinto, che indicava il confine del “territorio di un dio”; inizialmente il confine era dato da elementi della
natura come un fiume, oppure artificiale tramite un recinto simbolico di sassi o ramaglia, una sorta di
separazione concettuale.
Il passo successivo a recinzioni completamente naturali o quasi fu la realizzazione di altari sacri con capanne a
lato usate come ripostiglio per il materiale liturgico, in seguito poi vennero decorate e l’altare si spostò
all’interno dove oltre ai momenti liturgici si celebravano anche banchetti; a lungo andare l’edificio divenne
isolato, coperto e conviviale, fino ad arrivare a quello che conosciamo oggi dove anche l’accesso e la funzione
sono cambiati.
Giunse infine il NAÓS – la “dimora” del dio (dal verbo naío, “abito”; l’italiano “tempio” deriva
invece dal latino templum).
Preceduto dal PRONAOS, spazio di mediazione tra interno ed esterno.
Nel tempio non potevano entrare tutti ma solo chi faceva parte del “clero”.
Struttura che attinge all’architettura civile dei palazzi reali XII secolo a.C.
I palazzi reali erano delle piccole cittadelle, tanti spazi che costituirono il “castello”, sala del trono MEGARON
era il nucleo simbolico ed effettivo di rappresentanza dei regni achei-micenei, il cuore dello stato e del
governo.
Sala ad impianto quadrato preceduta da ambienti intorno di collegamento con l’esterno, sala costituita da
quattro colonne.
portico  anticamera  Megaron
Edilizia non sacra non vuol dire edilizia civile
Permeabilità tra edilizia civile ed edilizia sacra, rappresentazione del Basileus, semi divino, spazi delle coppie
nobili resi spazi sacri, modifica tra ambiente civile ed ambiente sacro.
Un esempio di questa permeabilità si trova in edifici più tardi e più semplici come nel vasto edificio
scoperto a Lefkandi in Eubea (un'isola a Nord di Atene), risalente al 950aC. (X a.C.)
Dal punto di vista costruttivo appare molto semplice: muri esterni di argilla e copertura lignea a
ripide falde spinte sino alla fitta corona di pali che avvolgeva i fianchi dell’edificio e la sua
terminazione curvilinea, creando un cammino esterno coperto.
I primi templi costruiti a partire dal IX-VIII secolo consistevano in una piattaforma lapidea, su cui
sorgeva un volume parallelepipedo delimitato da pareti laterali piene, terminazione absidale e fronte
con apertura, denominato naòs in quanto dimora del dio (da naìo, “abito”), con travi orizzontali
gettate da muro a muro laterale, travi inclinate che si univano in sommità insieme a puntoni verticali
per sostenere il peso dell’orditura e di un tetto a tre o a due falde inclinate, con un portico antistante
la porta d’ingresso, il PRÒNAOS o pronào, delimitato da sostegni puntiformi o dai prolungamenti
esterni delle pareti longitudinali.
La statua del dio si ergeva dinnanzi alla parete di fondo del naòs, inizialmente ricurva.
A partire dalla seconda metà del VII secolo si giunge a una disposizione generale semplice e chiara: un corpo
centrale dall’interno sacro e oscuro, entro il proprio ritmato confine.
Tra i supporti centrali interni al naòs o i suoi setti laterali e gli elementi esterni venne a stabilirsi un legame di
natura strutturale, una sequenza di sostegni (pali), copertura capriata sostenuta anche da una serie di pali
longitudinale.
Mediazione tra spazio aperto e spazio chiuso, sequenza di luce e ombra attraverso l’utilizzo dei pali, lontano
dall’ingresso quasi nell’ombra, la statua della divinità.
Per il suo svilupparsi e stare intorno al naòs con esili sostegni puntiformi, l’estremo confine fu denominato
perìstasi (perìstasis: da perì, “intorno”, e stàsis, “collocazione, posizione”), mentre lo spazio del portico
circondato o delimitato esternamente da detti sostegni che abbracciava il corpo centrale fu denominato
peristìlio (da perì e stýlos, “sostegno, colonna”) e perìptero (circondato da un’“ala”, pteròn, di sostegni) fu
detto il tempio che ne era dotato.
Alla PIATTAFORMA DI BASE venne attribuito un profilo a gradoni che separa dal suolo la casa di Dio.
CREPIDOMA  crepis  rialzo (composta da tre parti)
EUTINTERIA  poggia la gradinata dal tempio
STEROBATE  insieme dei gradini perimetrale
STILOBATE  piattaforma dove poggiano le colonne
I SOSTEGNI VERTICALI, vennero trasformati da semplici supporti lignei in fusti cilindrici più sottili al sommo che
alla base, e sensibilmente rigonfi a circa 1/3 della loro altezza - l’èntasi (da lgreco èntasis, “tensione”) - forse
per esprimere la deformazione elastica dovuta alla compressione delle fibre.
Le forme iniziano a mostrare le forze in gioco, il senso del peso.
Tra i fusti cilindrici e le prime travi orizzontali superiori furono inserite delle tavole quadrate di mediazione e di
ampliamento degli appoggi (abaco da àbax, “tavola”) , modellandovi al di sotto cuscini di raccordo rigonfi e
schiacciati che rappresentavano l’effetto dei pesi alla sommità dei fusti e la conseguente deformazione
(echìno per la sua somiglianza al guscio del riccio di mare detto echìnos).
In corrispondenza delle testate delle travi orizzontali della copertura e dei tamponamenti inerti dei
vuoti fra di esse, secondo quanto tramandato da Vitruvio, furono fissate lastre di cotto piane e
lastre di cotto solcate da stretti canaletti verticali per il riparo dalle piogge che colpivano di
traverso e per il successivo scivolamento delle acque.
Nel VI secolo si passò all’utilizzo della pietra, la costruzione divenne così l’espressione delle forze strutturali
messe in gioco.
Su sostegni lapidei così configurati fu posta l’intera travatura, divenuta anch'essa lapidea: la quale
divenne di tale spessore da risultare in altezza quasi pari alla metà di quella dei sostegni
verticali: per paradosso si giunse a una soluzione che determinava un aumento consistente di peso,
e questo nell’intento di compensare con l’aumento della sezione della trave lapidea la scarsa
resistenza alla flessione del nuovo materiale.
Il passaggio dal legno alla pietra comporta un riesame delle relazioni strutturali tra gli elementi introducendo
alcuni problemi.
Il dimensionamento delle colonne oscillò fra altezze equivalenti a quattro o a cinque volte il modulo, le
trabeazioni furono ridotte a un’altezza pari a poco più di un terzo di quella delle colonne.
Per equilibrare le forze delle parti tra loro, gli architetti constatarono che il modo migliore consistesse nello
scegliere a priori un rapporto numerico semplice tra due grandezze significative per individuare una grandezza
alla quale assegnare il valore di unità di misura: il MODULO, vale a dire un’entità che opportunamente
moltiplicata o divisa indicasse la dimensione delle membrature più importanti e anche delle più minute.
Il passaggio di materiali implica una variazione nella trabeazione, parti che rimangono in memoria, triglifo non
perfettamente in asse con la colonna sottostante, problema creato dalla maggior larghezza delle travi.
Intenzione ossessiva di mantenimento dall’idea iniziale.
Modificando lo spazio tra le colonne (INTERCOLUMNIO) principalmente tra quelle negli angoli, il disertamento
si sistema quasi del tutto (elemento/modifica puramente estetica).
All’originario sistema di nessi strutturali se n’era sostituito uno geometrico-formale.
Ma, poiché si tratta di un sistema rigido si introducono delle deformazioni architettoniche a correzione degli
effetti della percezione visiva; le compensazioni ottenute con queste deformazioni furono attuate certamente
non prima della seconda metà del VI secolo e i modi in cui furono applicate riflettono l’ideazione di
procedimenti che di volta in volta risultano essere stati messi a punto nel cantiere.
Altezza della colonna = cinque moduli
Capitello = ½ modulo (dorico) -> Ordine dorico, ordine più arcaico
Tempio dorico, sistema di formecollegate
Definito tra il VI e il V secolo
Fusto alto 5 moduli (modulo: diametro della colonna preso alla base).
Sistema relativamente semplice da eseguire
Sistema geometrico proporzionale e modulare.
I greci intervengono con attenzione per linee orizzontali percepite dall’occhio in modo non lineare, viene
quindi inserita una bombatura al centro in modo da percepire visivamente l’asse orizzontale effettivamente
orizzontale.
Anche la colonna vista da vicino danno il senso di venirti addosso, si è deciso di inclinare leggermente verso
l’interno il fusto della colonna.
Sistema di controllo minuzioso utilizzato per tanti secoli successivi.
Esempi strutturali che portano al Partenone
Atene (intorno il 450 a.C.)
È la principale città della Grecia, centro politico.
Acropoli si separa con una collina visibile da quasi tutti i punti della città, è anche l’area più sacra.
Per poter arrivarci c’è un percorso lunghissimo che si fa sempre più ripido.
A destinazione ci accoglie un edificio dei propilei, esso segna l’inizio dell’area sacra.
Commissione di ordini architettonici.
Differenziazione di dimensioni delle colonne tra interno ed esterno, segnalano i diversi ordini.

Tempio di Atena Nike


Piccolo tempio non dotato di tutto il giro di colonne
PRONCIO  4 colonne
Opistodomo
Ordine ionico, 4 colonne davanti e dietro
Avvolgimento decagonale dei capitelli delle colonne
Il capitello si adatta al punto di vista dell’osservatore, impossibilitato a osservare frontalmente
Edificio che poggia su una base
Fasce di architrave e fregio che contiene una decorazione di storie e battaglie della dea guerriera, fregio
narrativo che diventa una zona dinamica grazie alle figure sculturali
Gradinata continua alla base che dialoga con la sommità, ricoprendo il perimetro
Legame tra elementi che compongono un contrasto
Opera isotopa dove le pietre sono perfettamente lisce e i tagli che dividono le pietre sono quasi invisibili

Eretteo, 421 – 413 a.C


Tempio composito da varie parti
Corpo principale  tempio ionico
Loggetta delle cariatidi (statue che reggono il tutto, fungono da colonne, guardano verso il Partenone)

Partenone
Dedicato ad Atene vergine
Celebrato per la sua perfezione fin quando nel 1970 viene pubblicato un libro chiamato “Gli architetti del
Partenone” (VERA E PROPRIA BOMBA)
Guerre persiane caratterizzano la storia dei rapporti tra Grecia e Impero Persiano VIII e VI a.C.
Nel 490 a.C. i Greci sbaragliano i persiani dalla battaglia di Maratona
Per celebrare la vittoria si diede inizio alla costruzione del tempio., disposti tutti i primi elementi, piattaforma e
poi gradini in rocchi di marmo, nel 480 i Persiani invadono Atene e radono al suolo l’Acropoli tra cui il primo
Partenone chiamato: Partenone anteriore (di cui non sappiamo quasi niente).
Nel 468, respinti i persiani, Scimone (capo del governo, stratega), decide di ricostruire il Partenone, incarica lo
stesso architetto di Atena Nike, Callicrate.
L’architetto inizia a progettare e costruire arrivando a metà cantiere, il committente muore e viene succeduto
da Pericle, colui che mette a punto e realizza un nuovo sistema di governo, la democrazia.
Pericle decide di celebrare il passaggio politico attraverso l’ampliamento del progetto iniziale del Partenone.
Solleva dalla carica Callicrate e affida a Ictino affiancato da Fibia (scultore), considerandoli il “meglio” per
costruire il simbolo di quel periodo storico.
Ictino entra a cantiere aperto prendendo atto di restrizioni dovute al modulo già posato da Callicrate per
favorire l’ingresso centrato tra due colonne.
Il Partenone è dunque il risultato di una serie di compromessi fra esigenze diverse.
Queste trasformazioni furono calcolate con estrema abilità a partire da una misura imposta:
quella del diametro inferiore della colonna.
Statua crisoelefantina della Dea.
Aumento non imponente dell’edificio, numero dispari di colonne sul lato lungo.
Progetto Callicrate: Nel naos due fila di colonne
Progetto Ictino: colonne che configurano un diaframma atmosferico che incorniciano la statua della dea,
impedendo la vista dello sfondo.
Nello spazio dell’opistodomo Callicrate aveva già progettato uno spazio a 4 colonne.
I diametri della colonna cambiano in base agli spazi, per sottolineare lo slancio delle proporzioni viene
impiegato un ordine ionico;
All’interno i diametri sono più piccoli, andando verso l’esterno si aumenta di spessore.
Diametro piccolo  colonna bassa
Nel naos l’ordine è dorico con due registri sovrapposti.
Decorazione scultorea ricca e raffinatissima.
L’opistodomo, separato da un muro continuo.
Per lo spazio degli atenei viene introdotto un ordine ionico, colonne più snelle e più alte.
Pianta rettangolare, muri ortogonali tra di loro.
Le misurate armonie di questa «musica visualizzata » dovevano essere colte dallo spettatore.
Le varietà della curvatura e le difformità nelle larghezze e nelle spaziature degli elementi
dell’ordine vanno riguardate tutte insieme come parti integranti di un’unica idea dominante.
Per comprendere questa idea bisogna però conoscere un concetto che si era andato evolvendo
nell'arte della scultura in marmo, intimamente connessa con l’architettura.
I muratori seguivano passo passo un procedimento identico a quello degli scultori.
Ictino applicava in tal modo all’architettura i metodi correnti fra gli scultori del suo tempo.
Dovremmo supporre una conoscenza da parte di Ictino delle teorie sulla scultura di Policleto,
autore di un trattato Il canone sulla teoria delle proporzioni basata sul corpo umano. Queste teorie
Ictino le applicò all’architettura, col convincimento che la struttura organica di un tempio sarebbe
rimasta senza vita, come una statua arcaica, se e quando non fosse stata animata; ciò si sarebbe
ottenuto temperandone la rigidità geometrica con minute deviazioni dalla uniformità schematica,
simili a quelle introdotte dallo scultore per rendere vive le sue statue.
Con il Partenone e i Propilei si introduce l’uso dello ionico all’interno dei templi dorici.
Mescolanza.
Secondo Pausania, Ictino sarebbe autore anche del TEMPIO DI APOLLO A BASSAE, nel
Peloponneso.
L’interno del tempio presenta una concezione completamente nuova: la disposizione di colonne
ioniche e corinzie che sostengono una trabeazione con fregio in marmo scolpito e cornice di
calcare, non ha alcun rapporto con le strutture esterne: il sistema ionico risulta dunque incastonato
come un ornamento indipendente. Si tratta poi di semicolonne appoggiate a setti trasversali che
delimitano lo spazio con una serie di piccole quinte sceniche. Al centro una colonna libera con
capitello corinzio: il primo esempio in assoluto nell’architettura greca
Edificio che associato ad un’idea porta con se un secondo significato.
- Monumento all’avanguardia artistiche, si guarda verso il futuro basandosi sul passato.
- L’immagine del Partenone diventa ossessiva durante il rinascimento.
- Immagine coperta da un’aurea
New York Stock Exchange 1903
Palazzo del reich 1984
Neue Nationalgalerie 1960, ripresa di alcune tecniche di progettazione, simbolo opposto alla situazione sociale
del momento.
Radiatore della Rolls Royce.
Durante il 900 il rifacimento all’arte greca era evidente in ogni angolo dell’occidente.
Calandra della Rolls Royce riprende Nike di Samatraca (III sec. a.C.), statua alata, secondo il mito era una
divinità che annunciava la vittoria ai marinai.
Villa Savoye 1929 - schizzo Acropoli di Atene 1911
Prima di iniziare a progettare Le corbusier va ad Atene e studia i templi.
Chiaroscuro portato dalla luce, cerca il modulo della struttura prendendo le misure.
Il Tempio Greco è una parte viva di tutti i periodi creando un movimento continuo tra passato e futuro.
L’architettura romana

Passaggio tra due contesti geografici e culturali diversi.


Civiltà romana in cui fiorirà prima la repubblica e poi l’impero
Repubblica Romana 509 – 27 a.C.
Impero Romano 27 – 476 a.C.
Parallela alla civiltà greca.
Spostamento tra penisola greca e italica.
La filiazione dalla cultura greca è un aspetto che potremmo ben dire fondante della cultura latina, e
ciò vale anche per quanto riguarda l'architettura. Roma si proclama figlia della Grecia.
In architettura c’è il desiderio di riprendere come esempio le colonie della magna greca (Templi in pietra che
presentano caratteristiche della Grecia)

Tempio di Giove Ottimo massimo, Roma 509 a.C. – Campidoglio


Posto su 1 dei 7 colli di Roma
Giove  trascrizione di Zeus
Non rimane quasi più niente, solo delle fondamenta scavate
62,5m x 52m VS 70m x 40m (Partenone)
Immagine conosciuta attraverso una medaglia, in base ad essa potremmo dire che fosse un tempio greco.
Il tempio in area italica è leggermente diverso
Tempio accessibile tramite una gradinata inserita nel podio
Diverse file di colonne (successione di limiti visivi)
Le colonne non creano un perimetro ma si formano nel muro di fondo
Non ha una cella (naos), lo spazio si divide in tre spazi in serie
Tre divinità a cui è dedicato
Nella penisola italiana erano assenti i materiali utilizzati in Grecia
Parta basamentale in blocchi di pietra, mattoni crudi, il resto della struttura con elementi lignei
Rivestimento piastre di terracotta dipinte
Se consideriamo però le tecniche costruttive vedremo come questo tuttavia sarà valido solo fino a un certo
punto, e come questa alterazione finirà per dare luogo a forme e spazi completamene nuovi; due sistemi
antitetici tra loro: quello greco, trilitico e puntiforme (sostegni verticali, travi orizzontali e coperture piane) e
quello romano, che è un sistema murario e voltato.
La differenza sostanziale riguarda i materiali: vengono impiegati quelli disponibili localmente.
Questo è un primo punto: in Italia il marmo, che è il materiale principale dei templi greci, non si
trovava. Le prime cave di marmo verranno scoperte e messe in funzione nel I sec a.C. sotto
l'imperatore Augusto.
Materiali a disposizione:
• Mattone crudo
• Pietra di origine vulcanica
• Argilla pregevole
• pietra squadrata, tufo (opus quadratum)
• pietra irregolare, travertino (lapis tiburtinus) Pietra chiara, leggermente grigiastra, assomiglia al
marmo esteticamente.
• il legno per la struttura dei tetti,
• rivestimenti in terracotta e tegole.
Tecniche di lavorazione
Nell'edilizia romana si pone molto presto il tema della RELAZIONE TRA STRUTTURA E
RIVESTIMENTO: ovvero il sistema costruttivo di un muro era piuttosto complesso e non era fatto
per essere visto dall’esterno.
La muratura poi, raramente era composta da pezzi monolitici, invece si preferisce per semplicità ed
economia di esecuzione, una muratura che possiamo definire "a sacco”:
• Parte centrale: pietrisco (cemento) e malta (calce, sabbia, acqua di
fiume)
• Parte esterna: rivestimento e contenimento  Incertum,
Reticulatum (blocchetti di tufo a cuneo), Latericium (mattoncini),
Mixtum
• Rivestimento di stucco: decorazione dipinta, oppure lastre di pietra
sottili di travertino
Sistema in serie elaborato che riempie la lacuna dei materiali, utilizzato come materiale inerte da
riempimento, tamponato dal rivestimento.
messa a punto di tecniche costruttive nuove, il cui impiego dette luogo a nuove strutture e a una nuova
architettura.
- Domus (casa)
Sistema abitativo ricco e complesso
Sequenza di spazi aperti in serie (cortili) circondati da perimetri di colonne (quasi il contrario
del tempio)
- Terme di Caracalla, III secolo Roma
Fortuna in età imperiale
Edifici collettivi, producono delle sequenze di ambienti voltati e arcati
Negli edifici in muratura, l'arco offriva la possibilità di coprire ampi spazi senza sostegni intermedi.
La traslazione di un arco a tutto sesto lungo un asse nello spazio risulta poi la volta a botte.
Partendo dunque da un più stabile sistema ad arco, diminuendo l’ampiezza dell’apertura e
ingrossando i membri verticali, quella che nel sistema trilitico era la colonna si trasformò in un
pilastro rettangolare con una semicolonna addossata che conservava la memoria del più antico
sistema di riferimento.
In questo modo la colonna viene trasformata in un elemento decorativo, indipendente dalla logica costruttiva
della struttura sottostante.
Il contributo degli architetti romani consistette nel combinare quest’uso decorativo degli ordini
greci, con l’impiego dell’arco definendo il sistema dell'ordine inquadrante.
146 a.C. Periodo in cui politicamente Roma cresce e la Grecia si contrae.
Afflusso di opere d’arte portate dalla Grecia
Diffusione di elementi di una cultura più antica
Nasce un commercio di opere originali ma anche copie ridotte, mercato dell’arte con cui si scoprono artisti e
architetti.
Nuove scoperte tecniche in cui viene aumentato l’impiego del marmo importato dalle cave.
Maggior definizione del muro a secco, modalità che si congiunge con l’arco.
Nell’ultimo secolo della Repubblica si importavano a Roma marmi bianchi e colorati in quantità
crescente: il marmo bianco proveniva dall’Attica, quelli colorati dall’Africa e dall’Egeo, ma fu
proprio l’apertura delle cave di Carrara (dal 36 aC. - ci vogliono anni per mettere in attività una
cava di marmo) che in pochi decenni trasformò quello che era stato un lusso esotico in un materiale
da costruzione normale per certi tipi di architettura monumentale.
Era ancora un materiale costoso e, tranne che per le colonne, i capitelli, le trabeazioni e i pavimenti,
si usava normalmente come un sottile rivestimento su materiali più economici.
Sotto Augusto (1 secolo aC) avviene il passaggio dai materiali locali al marmo.
Tuttavia pur disponendo di maggiori quantità di marmo non si rinuncia ad abbandonare le tecniche
e le spazialità che si vanno mettendo a punto a partire dalla riflessione sull'arco e le volte.
L'assoluta novità infatti è la messa a punto di un nuovo materiale l’opus caementicium.
Il calcestruzzo romano fu inventato nei cantieri come surrogato economico ed efficace di materiali
più costosi e difficili da reperire in Italia centrale. Si scoprì poi che lo si poteva impiegare in varie
forme di volte semplici. Lo sviluppo di una tecnica edilizia che comportava un'architettura voltata si
congiunse con l’uso crescente dell’arco al posto dell’architrave piano della tradizione greca.
Si trattava di una tecnica molto versatile perchè il conglomerato assumeva qualsiasi forma fosse
stata predisposta nelle casseforme su cui si deponevano gli strati di malta pozzolanica (pozzolana,
calce e acqua) e materiali inerti (frammenti di pietra o laterizi).
Si tratta di una certa tecnica che permette un certo tipo di edificio, di soluzione progettuale.
Per costruire le volte si impiegavano poi delle CENTINE LIGNEE.
Una centina poteva essere impiegata con il ruolo di cassaforma.
Volte e cupole divennero le coperture preferite dai costruttori romani a partire dal I sec aC quando
l’uso della pozzolana consentì la produzione di malte ad alta resistenza.
Nelle cupole l’opus caementicium si presentava come estensione in aggetto del muro verticale, dal
punto di vista statico si sfruttava l’effetto di collaborazione degli anelli orizzontali del
conglomerato, che, deposti uno sull’altro, coprivano gradualmente l’ambiente. Nelle cupole si
poteva lasciare al centro il vuoto dell’oculo, alleggerendo la struttura e ricavando una fonte di luce
per l’interno.

L'edificio simbolo dell’opera cementizia è infatti una cupola:


Il Pantheon, Roma (118 – 128 d.C.)
Imperatore Adriano, costruito sopra un tempio di Agrippa
Imperatore che credeva nell’equivalenza tra due culture, una non
doveva dimenticare l’altro.
Il perimetro è scavato dalle nicchie semi-circolari interne non visibili
dall’esterno.
Montaggio di organismi diversi: il pronao, la facciata da tempio, e la
rotonda.
Pronao simile ad un tempio greco
Nicchia centrale, fronte all’ingresso, appare libera e più grande
rispetto alle altre
Sistema trilitico con colonne che sostengono un architrave
Colonna mono litiche e colorate (granito verde e rosso, Egitto)
Tempio dedicato a tutti gli dèi, ad ognuno la sua nicchia
Celle perfettamente arcolana (diametro = 46.5m), cupola alta 43.5m
La rotonda è l’elemento sul quale si concentrarono maggiormente
Adriano e i suoi architetti.
La dimensione è assolutamente inedita e lo sforzo ingegneristico è
notevole.
La gradazione dei coementa del conglomerato secondo il peso e la resistenza alla compressione fu
attentissima: travertino nelle fondazioni, strati alterni di travertino e tufo nella parte più bassa del
tamburo, tufo nella parte superiore e nei due anelli più bassi dei lacunari, una fascia di laterizio e
tufo in corrispondenza del terzo anello di cassettoni, e al di sopra soltanto tufo giallo e pomice.
In questo modo, e diminuendo lo spessore dell’involucro da circa 6 metri nel tamburo a 150 cm alla
chiave, si calcola che il momento flettente fu tenuto costante quasi lungo tutta la sezione – cosa
molto importante per assicurare la stabilità della struttura.
Un ultimo fattore importante è costituito dalle numerose cavità accuratamente distribuite nello
spessore del tamburo. Oltre a facilitare l’asciugatura della grande massa di calcestruzzo, queste
cavità servirono ad alleggerire il peso morto della muratura e in particolare durante la costruzione, a
diminuire il carico sul vano d’entrata e sulle 7 nicchie radiali che costituiscono la principale
articolazione decorativa dell’interno.
A questo servivano anche i grandi archi di scarico che sono un elemento così cospicuo del muro
esterno del tamburo, e i frequenti corsi di tegoloni.
Progressiva diminuzione della sezione.
Esternamente il punto di appoggio della cupola è più alto rispetto all’esterno.
L’architettura paleocristiana
Nuova religione  cristianesimo (praticata segretamente, fino al 200 organizzavano riunioni nelle catacombe
per spezzare il pane, eucarestia)
A partire dal 230 inizia a utilizzare degli spazi che prendono degli elementi delle domus.
la tecnica costruttiva romana raggiunge risultati impensabili soprattutto in considerazione dei modesti mezzi di
cantiere. Tuttavia gli elementi di discontinuità in questo intervallo temporale sono in prima
istanza rappresentati dalla messa a punto di nuove tipologie in relazione alla nascita e
all'affermazione del cristianesimo.
Fino al 200 non si delineò in alcun modo un’architettura cristiana.
Successivamente incontri in DOMUS ECCLESIAE - case di riunione.
EDITTO DI MILANO DEL 313: l'imperatore Costantino riconobbe il cristianesimo e ne assicurò la posizione
ufficiale. Da questo momento Chiesa e impero strinsero saldi legami.
La nuova fisionomia ufficiale della Chiesa esigeva la messa a punto di una tipologia nuova per
l’edificio ecclesiastico.
L’attenzione si fissò su un tipo di edificio che univa alle connotazioni religiose i caratteri propri
dell’architettura ufficiale; questo modello già esisteva ed era la BASILICA.
Dal II secolo a.C. di basiliche se ne erano costruite in tutto il mondo romano: erano vasti luoghi di
riunione coperti, annessi al Foro o aule di udienza imperiale, costituite da un ambiente unico, in
genere a pianta rettangolare, in certi casi suddiviso da supporti. In una versione più complessa, la
navata era circondata da navate laterali o da navate laterali e galleria. L’ingresso poteva essere sui
lati maggiori o minori. Il tribunal, sede del magistrato che amministrava la giustizia, era posto su
una semplice pedana e si trovava o nella navata centrale o in quelle laterali, oppure in un’abside, a
pianta rettangolare o semicircolare.

Basilica Costantiniana di Treviri,


eretta tra il 305 e il 312 quando Costantino risiedeva a Treviri con il titolo di Augusto, essa costituiva la grande
sala delle udienze dell’adiacente palazzo, il luogo dove si teneva corte, e si amministrava la giustizia.
È chiaro che le basiliche cristiane di nuova costruzione non derivarono da alcun tipo specifico di
basilica romana, ma si tratta di un fatto nuovo all’interno di una tradizione solidamente formata.
Tra il 300 e il 320 prevalse il tipo di basilica a navata unica coperta con capriate a vista o
soffitto piano, preceduta da un portico e terminata da un'abside, con l’asse longitudinale in
netto risalto.

Basilica di Massenzio
Una delle ultime basiliche laiche, 312 terminata da Costantino, studiata da tutti gli architetti
3 navette, spazio principale
Nell’abside statua di Costantino, amplificazione dell’autorità
Volta a crociera, impostate su grandi colonne leggermente staccate dal muro ma agganciate ai setti per
scaricare
Volte a botte che reggono i muri

San Giovanni In Laterano (313-320).


La navata centrale era conclusa da un’abside semicircolare ed era fiancheggiata su ciascun lato da
due navate minori. Appaiono evidenti i caratteri essenziali della basilica così come la riconosciamo,
con i volumi della navata centrale e di quelle laterali, giustapposti in una sequenza scalare.
Prossime cronologicamente tra loro, Treviri e il Laterano mostrano soprattutto la diversità di funzioni:
la cattedrale lateranense con la sua moltiplicazione di spazi serviva alla comunità
cristiana e al suo vescovo per celebrare le cerimonie religiose nonché la sede del
rappresentante in terra di Cristo, dunque un'aula di riunione; mentre a Treviri era la
sede della divina maestà dell’imperatore.
Un’altra tipologia di edificio era il MARTYRIUM, la tomba del martire, oggetto di venerazione.
e luogo santo e aula funeraria (ci si faceva seppellire presso un martire). Si tratta sempre una
variante della basilica. Navata centrale e navate laterali, un portico d’entrata. Le pareti della navata
centrale che sporgevano al di sopra dei tetti delle navate laterali, erano sostenute da pilastri o
colonne. In tutti questi edifici le navate laterali continuavano intorno all’abside formando un
deambulatorio.

San Pietro a Roma (319-322):


Si configura nel luogo della sepoltura di San Pietro in cui sorgerà poi l’abside costruita intorno
Basilica cimiteriale perché fuori dalle mura
Le navate erano studiate per le tombe
Portico a 4 bracci, ingresso rientrato rispetto al portico.
Transetto e abside formavano una zona a sé stante per funzione.
Il transetto custodiva la memoria dell’apostolo. La navata centrale e quelle laterali erano
un cimitero coperto (e infatti per questo la basilica viene costruita fuori della città).
La navata centrale era scandita da grandi colonne, tutte di spoglio, e per materia, colore e
misura diverse tra loro. Al pari dei fusti, anche i capitelli di spoglio erano diversi come altezza
e ordine (corinzio o composito); sopra di essi poggiava una trabeazione anch’essa formata da
pezzi di spoglio.
Le pratiche dello spoglio e del reimpiego, già diffuse in età pre-costantiniana e costantiniana,
vengono profondamente risignificate da committenti, architetti e costruttori cristiani. L’associazione
di materiali antichi e nuovi nelle basiliche dei primi secoli del cristianesimo sarebbe cioè espressiva
del fondamento teologico della nuova fede: la compresenza, nel canone della scrittura sacra
cristiana, dell’intero corpo della scrittura sacra ebraica (Antico testamento) associata al Nuovo
testamento (Vangeli, Atti degli apostoli, lettere apostoliche, Apocalisse), l’uno riletto e interpretato
come anticipazione dell’altro, e aventi pari dignità. Con ciò i cristiani avrebbero in sostanza
fondato una nuova estetica, che pur traendo le proprie radici dal classicismo, al tempo stesso ne
prende le distanze, ponendolo in crisi e giungendo infine a scardinarlo.
La compresenza di antico e nuovo si verifica anche a livello tipologico. Si può seguire la genesi del
tipo della basilica cristiana concentrando principalmente l’attenzione su un immancabile elemento
che ne qualifica l’impianto: si tratta dell’abside, l’itinerario della cui “migrazione” può essere
ricostruito dai templi dedicati agli dei, alle residenze imperiali, alle basiliche ad uso civile dei fori e
degli accampamenti. L’assunzione dell’abside come elemento qualificante delle basiliche cristiane
segnala quindi come al culto imperiale si vada progressivamente affiancando il culto del nuovo Dio
e segnatamente di Cristo.

Nei LUOGHI SANTI, come la Palestina, i santuari invece non contenevano mai tombe, sorgevano
entro le mura e servivano come luoghi di riunione per le comunità. La diversità delle funzioni
comportava soluzioni differenti. Un edificio ottagonale, come quello che conclude la chiesa di
Betlemme, si può far agevolmente risalire ai grandi mausolei imperiali della tarda antichità, che
erano tutti a pianta centrale. Un esempio di questi mausolei imperiali è quello di Diocleziano a
Spalato (fine III secolo). Si tratta di un tipo di tempio-tomba destinato a commemorare
l’imperatore, detto heroon (ovvero eroe), che a sua volta richiama le tombe a tholos ipogee di età
micenea. Adotta dal Pantheon parecchie caratteristiche.
Questa tipologia viene adottata anche per sepolture importanti:
Mausoleo di Elena 326-330: antiche sepolture imperiali, pianta
centrale con nicchie laterali alternate.
Spazio centrale utilizzato per la sepoltura dei martiri
Santa Costanza 350: con una copertura in calcestruzzo tipo Pantheon.
Tornando ai luoghi Santi:
GERUSALEMME in Palestina la rotonda dell’Anastasis (336-350), venne costruita sul luogo del
Santo Sepolcro, l’edificio che copriva il sepolcro da cui Cristo era risorto e che fronteggiava,
all’estremità occidentale di un cortile poco profondo, circondato su tre lati da portici, l’abside della
basilica-martyrium di Costantino.
I contemporanei di Costantino devono aver considerato naturale adattare la pianta dei
mausolei imperiali alla commemorazione di Cristo, ponendo come analoghi Cristo e
l'Imperatore.

Per la propria sepoltura, Costantino sceglie un tipo diverso: la pianta a croce greca coperta da cupole.
Costantino viene sepolto al centro della chiesa che egli fa costruire dedicata agli Apostoli.
Dell'APOSTOLEION abbiamo una descrizione di Procopio del V secolo: la pianta era costituita da
una croce greca, all’incrocio dei bracci si trovava un padiglioncino fiancheggiato da dodici “sacre
stêlai”: il sarcofago dell’imperatore era circondato da cenotafi dedicati ai 12 apostoli.
L’edificio era dunque evidentemente mausoleo dell’imperatore e insieme martyrium dedicato agli apostoli, nel
segno della Croce ben evidente nella sua planimetria. Con la tomba al centro della struttura.

A Roma viene messo a punto il tipo canonico di basilica: nel 385 si inizia a costruire la
chiesa di SAN PAOLO SULLA VIA OSTIENSE. Di grandissime dimensioni, una sorta di replica
del San Pietro Vaticano. Gli elementi dei colonnati di San Paolo erano omogenei.

Nel 395 la divisione dell’impero in Impero romano d'oriente e Impero romano d'occidente finì per risolversi in
uno scisma.
Il 400 fu un secolo di scompigli che portarono alla caduta dell’impero romano d’occidente nel 476; rimane
l’impero romano d’oriente con capitale Costantinopoli (Bisanzio)
Tutta l’elaborazione di tipi architettonici adeguati a esprimere le necessità della Chiesa si conclusero alla fine
del IV secolo.
Con gli inizi del VI secolo l’Occidente latino diventa sempre più un mondo a sé, sia come realtà politiche, sia
per la vita intellettuale, artistica e religiosa.
L’architettura Carolingia

Il 476 sancisce l’inizio del medioevo, precisamente alto medioevo che va fino al 1492, ovvero l’anno della
scoperta dell’America.
Il medioevo non fu assolutamente un periodo buio, in questi mille anni si succedono tantissimi avvenimenti
importanti, il primo di questi, 50 anni dopo la caduta dell’impero, fu la salita al trono di Giustiniano, 527,
imperatore d’oriente per oltre 40 anni, in questo periodo tenta di unificare l’impero, affermando il suo diritto
ereditario su provincie occupate illegalmente da popoli barbari ed eretici; riesce a riportare il Mediterraneo
territorio di scambi, commerciali e culturali.
Due strumenti utilizzati nell’impresa della riunione dell’impero:
Armi, esercito
Legge -> nuovo corpo di leggi, scritto in greco e il
latino, rivendica la legittimità del territorio
dell’impero, evidenzia le radici romane, sogno
irrealizzabile di far rivivere a Roma la sua gloria.
Costantinopoli diviene capitale dell’impero, viene considerata la nuova Roma.

Fino agli inizi del regno di Giustiniano la maggior parte delle chiese, in Oriente come in Occidente,
salvo qualche rara eccezione, era basata su un unico tipo di edificio: la basilica.
La situazione muta radicalmente con il VI secolo.
L’Occidente continuerà a considerare la basilica come l’unica forma appropriata di chiesa per tutto
il medioevo e oltre, tanto che i sistemi successivi romanici e gotici con i loro repertori di forme ne
lasceranno immutato il principio planimetrico.
D’altra parte l’architettura promossa da Giustiniano in Oriente rompe con la tradizione della
basilica e dunque con una certa tradizione romana. Volgendosi a edifici a pianta centrale coperti a
volta, gli architetti di Giustiniano riprendono concetti sviluppati dall’architettura tardo-imperiale
romana del III e IV secolo nelle aule dei palazzi, negli edifici funerari, nelle terme e nei giardini.
Un edificio a pianta centrale d’altra parte rappresentava l’ideale per le esigenze di un rituale in cui
la celebrazione della messa occupava il posto centrale, dal punto di vista liturgico e architettonico.
E’ una nuova architettura, che ha le sue radici in un’altra tradizione, quella della tardoantichità, l’architettura
bizantina comincia con Giustiniano.

532-537 d.C. impresa straordinaria, progettazione e costruzione della basilica di Santa Sofia.
Cuore della città di Istanbul, attaccata al palazzo imperiale, chiesa palatina in fronte all’ippodromo, presenti
ancora gli obelischi.
Costruita sulle macerie di una basilica precedente, monumento alla vittoria rispetto alla rivolta cittadina.
Materiali importati, sia dalle regioni vicine sia dalla costa atlantica della Francia.
Cantieri che tengono assieme piu’ territori grazie all’approvvigionamento dei materiali, centinaia di lavoratori
sun un unico cantiere.
Realizzata in 5 anni, con non poche difficoltà successive alla chiusura del cantiere, la cupola cadde dopo soli 20
anni.
L’autore non è un architetto bensì due mechanicoi: Antemio di Tralle e Isidoro di Mileto, esperti
nella statica e nella cinetica, si occupavano anche di matematica.
Ingresso tramite un quadriportico
Il SISTEMA STRUTTURALE è audace ma al tempo stesso semplice.
È un grande rettangolo di 71x77 metri.
Al suo interno 4 grandi pilastri s’innalzano agli angoli di un quadrato di 100 piedi bizantini di lato.
Impostati 4 grandi ordini, diversi a due a due; (Arcate tampone, arcate aperte).
Su questi si staccano 4 arconi, due liberi e due incorporati nei muri laterali della navata.
La cupola principale s’imposta su 4 PENNACCHI di forma leggermente irregolare, ed è una sorta di gigantesca
conchiglia sostenuta da 40 nervature collegate da 40 triangoli curvi.
All’esterno 40 brevi contrafforti incorniciano le finestre.
Contrafforti maggiori controbilanciano le spinte degli archi maggiori e della cupola, lavoro al quale
contribuiscono anche le due semicupole laterali. Catini absidali.
Questo nucleo centrale, dalla statica insicura, composto di pilastri, archi, cupole, semicupole e
catini (spazi accessori), costituisce il nucleo interno di un edificio a doppio involucro.
Altrettanto semplici sono i METODI COSTRUTTIVI adottati.
Solo gli 8 pilastri principali sono costruiti in grandi blocchi di pietra.
I muri in tutto il loro spessore, sono fatti di sottili mattoni affondati in letti di malta alti sino a
7 centimetri, attraversati da filari di pietra, collocati, chiaramente, alla base delle volte.
Mattoni disposti di taglio anzichè di faccia, con spessi letti di malta pozzolanica, formano delle
volte straordinariamente sottili e leggere. Esse si saldano ai muri in una massa elastica quasi
omogenea, ma non come in una muratura in calcestruzzo romana.
La concezione della struttura implica una nuova spazialità: spazi espansi, che si espandono e si
intrecciano, diaframmi visivi che smaterializzano lo spazio. Sequenze spaziali.
Anche i materiali contribuiscono a quest’effetto, lo spessore dei pilastri è negato o perlomeno
attenuato dalla policromia del marmo. Decorazione, capitelli, ordini.
La prima cupola era ricoperta di semplice mosaico d’oro, mentre la nuova cupola del 563
presentava una grande croce. Sotto la cupola s’incontravano l’imperatore e le gerarchie
ecclesiastiche. La cupola di Santa Sofia è il simbolo di questa interazione. Sistema di volte collaboranti,
espressione strutturale visibile dalla sezione trasversale.
Le finestre erano schermate da lastre di vetro colorato.
I pilastri che reggono su la cupola vengono uniti a degli assi murari fino che arrivano fino alla cupola e creano
delle torri che lavorano come se fossero contrafforti-
Il sistema a doppio involucro presente in questa basilica è formato da un sistema statico incartato da un
sistema strutturale, entrambi i componenti hanno non hanno una funzione decorativa, possono essere
decorati ma non è quella la loro funzione.
Santa Sofia è un insieme tra Pantheon e basilica di Massensio, cambiando i materiali usati negli edifici, gli spazi
vengono diversi.

Santi Sergio e Bacco (Detta La Piccola Santa Sofia)


Nelle città greche delle coste dell’Asia minore già dal II e III secolo era tradizionale la muratura
tutta in mattoni, rinforzata da catene di blocchetti di pietra (come ai Santi Sergio e Bacco), sia
da catene collegate da pesanti pilastri in pietra (come a Santa Sofia). Era pure comune il sistema
di costruzione in calcestruzzo, lasciato a vista oppure rivestito di piccole pietre e percorso da
intervalli di fasce di mattoni (mura di Costantinopoli).
Allo stesso modo, i sistemi di costruzione delle volte usati nelle nuove chiese costruite nei primi
anni del regno di Giustiniano erano stati importati anni prima sempre dalla città costiere
dell’Asia minore.
Le cupole e le semicupole di Santa Sofia e la cupola a ombrello dei Santi Sergio e Bacco altro non
sono, per quanto riguarda la tecnica costruttiva, che uno sviluppo di questa pratica antica:
sottili, leggere e fatte di un solo strato di mattoni disposti di taglio ma inclinati e adagiati in
uno spesso strato di malta.
La particolare tecnica che permetteva di costruire volte più leggere consentì agli architetti di
immaginare costruzioni a scheletro più audace, supporti meno frequenti e più sottili, maggiore
ampiezza delle volte che danno luogo al tema architettonico del DOPPIO INVOLUCRO-impianto
tetraconco, il quale consente l’intrecciarsi di volumi spaziali, delle visuali frammentate, il
trasformarsi dei limiti dei volumi in diaframmi, l’espansione del nucleo centrale nelle esedre e nello
spazio avvolgente delle navate e delle gallerie.
Il mutamento della tecnica di costruzione delle volte mette in luce il rapporto tra l’architettura di
Giustiniano e la tradizione precedente.
Le forme tradizionali sono una fonte a cui attingere, trasferendole in nuovi contesti, adattandole a
nuove esigenze, trasformandole e arricchendole di nuova vita.

San Vitale a Ravenna.


epilogo-architettura standard nell’eta’ di giustiniano
Santa Sofia e Santi Sergio e Bacco rappresentano tuttavia degli exploit isolati. Sarannole concezioni
più modeste, facilmente comprensibili e di buon senso, e le tecniche costruttive più semplici a
prevalere nella maggior parte degli edifici del VI secolo.
Pochi elementi essenziali e ripetibili, vengono accantonate le forme complesse e vengono
privilegiati tipi semplici. Cupole a vela o su pennacchi costruite a sottili gusci di mattoni coprono
facilmente larghi spazi poggiando su supporti relativamente esili. Tutte queste soluzioni di volte
permettono di coprire un vano quadrangolare. I lati di questo vano possono essere chiusi da pareti
leggere, oppure possono essere aperti per continuare il vano principale nelle 4 direzioni mediante
unità spaziali secondarie coperte da volte a crociera o a botte, metre il tutto è sostenuto da pilastri
angolari.
Questo insieme a forma di croce, di solito coronato da una cupola a vela o su pennacchi,
diviene l’unità base di un’architettura tipica dei primi secoli dell’epoca bizantina. Si tratta di
edifici dalla concezione piuttosto semplice.
Questi evitano la soluzione del nucleo centrale che si espande attraverso nicchie sporgenti o cupole
e semicupola che fluiscono una nell’altra, evitano anche le soluzioni a doppio involuscro e il
conseguente interferire reciproco delle unità spaziali; tendono invece a un rapporto chiaro tra queste
e gli elementi che le delimitano.
La ripetizione nello schema a croce greca di cinque cupole ha dato origine alla piante della chiesa
giustinianea di Santi Apostoli (536-550) costruita sull’Apostoleion di Costantino (distrutto ma
descritto da Procopio).
San Giovanni a Efeso, fatta costruire dallo stesso Giustiniano.
Età medioevale: rinascita Carolingia e romanico

Nel 568, tre anni dopo la morte di Giustiniano, e 21 anni dopo la consacrazione di San Vitale a
Ravenna, i Longobardi conquistarono l’Italia, la grande epoca dell’architettura paleocristiana si
concluse.
I bizantini non riuscirono ad arginare l'invasione, ma mantennero il controllo di alcune aree della
penisola.
Nuovi assetti politici, modificabili e instabili.
Culture che si mischiano, orientali e occidentali con anche qualche dettaglio del nord Europa.
La minaccia più pericolosa per l'Impero proveniva però dall'Oriente: nel 626 i Persiani, dopo aver
conquistato l'Asia minore, assediarono Bisanzio. L'Impero non poté però resistere agli Arabi, che
dilagarono nel Medio Oriente e nell'Africa settentrionale. Nel 616 i Persiani invasero Alessandria.
L'Impero d'Oriente perdeva così buona parte dei suoi territori.
Persa ormai ogni ambizione di impero universale, si andava accentuando il carattere orientale
dell'Impero.
Il lungo periodo di crisi che seguì è quello che apre al cosiddetto alto medioevo.
Con la crisi delle istituzioni, vale a dire dei governi centrali, va in crisi un’idea di città e di territorio
collegati da strade efficienti e sicure.
Alle invasioni barbariche da Nord si aggiunge nel 711 quella degli arabi in Spagna.
Le invasioni infatti aprono un tempo lento nel quale andranno a consolidarsi nuove formazioni
politiche (che poi daranno luogo agli stati europei), il tono della civiltà cessa di essere urbano e va
man mano permeandosi di formule delle società primitive e dunque di abitudini rurali.
Con le invasioni, l’Occidente dell’Europa accoglieva, nei residuo della struttura imperiale, una
nuova condizione dell’uomo e nuove forme, che sembravano risalire al mondo delle civiltà primitive.
L’invasione araba dall’Africa e da Sud Europa, viene contrastata dai Franchi: Carlo Martello,
capostipite della dinastia Carolingia, li sconfigge nel 732 a Poitiers (Tours), in Francia. Suo figlio
sarà Carlo Magno, colui che sarà incoronato imperatore del Sacro Romano Impero dal papa a Roma,
nella basilica di San Pietro, nella notte di Natale dell’800. Il tentativo è di ripristinare l’Impero romano
sotto il segno della cristianità.
Insieme nasce il feudalesimo, una sorta di precipitato di origine romana (l’antico sistema province -
governatori), per la gestione e il controllo del territorio.
L’imperatore di questo nuovo impero si trovava in area occidentale, dove la capitale fu decentrata
rispetto a quello che era Roma un tempo, infatti venne trasferita ad Aquisgrana (Germania).
Il grande impero di Carlo Magno è legato sia alla massa di quelle tradizioni antichissime dei popoli
barbarici, che all'idea di Roma come impero universale.
Fin dall’inizio del Medioevo si pone dunque il problema: Oriente o Roma, che non è separabile
dall’altro: cultura mediterranea e cultura barbarica.
Chiaramente questo mescolarsi di culture produrrà sul lungo periodo aspetti interessanti, anche dal
punto di vista architettonico. Certi modelli viaggeranno inaspettatamente lontano.
La ricchezza sta nell’estrema varietà: l’arte fonde ai residui della civiltà antica i resti delle culture
barbariche e gli apporti dell’Oriente, nulla viene eliminato.
Flussi di popolazione che passano all’interno del territorio. Disturbo geopolitico.
Carattere rurale in cui l’importanza delle città inizia a venire a meno
(nome della rosa)  monasteri che diventano cittadelle, grande spazio che accoglie una popolazione,
comunità chiusa in una anta muraria
in questi monasteri si salva la cultura classica grazie alle biblioteche e alle trascrizioni di manoscritti
L’arte Carolingia basandosi su quello che era l’impero romano d’occidente spingeva naturalmente a
rivolgersi agli esempi della Roma antica.
Carlo Magno, ammiratore, come molti nel medioevo e come ogni sovrano assoluto di qualsiasi
epoca, della romanità, intraprese anche una reviviscenza della classicità e diede un nuovo impulso
agli studi sia attraverso i monasteri, ove, negli scriptoria, si copiavano e si illustravano i manoscritti,
non soltanto quelli religiosi ma anche i classici dell’antica Roma.
Carlo magno vuole rivivere l’idea dell’antico tramite l’architettura.
Palazzo ad Aquisgrana composto da:
cappella Palatina,
basilica,
edifici in cui viene una riproposta di forme antiche
Guardando il palazzo, e in particolare la cappella Palatina, si è automaticamente trasportati a
riferimenti dell’età romanica presenti su tutto il territorio dell’impero, per esempio la basilica di San
Vitale a Ravenna, che a sua volta guardava al tempio di Minerva Medica.
La cappella Palatina presenta uno spazio centrale ottagonale perimetrato da un recinto a dodici lati,
esterno.
Generazione di forme architettoniche che trapassano i secoli e creano una tipologia di edificio che si
richiama a Roma.
Lo spazio centrico è circondato da un deambulatorio, tutta la capella è accuratamente rivestita di
marmi colorati e venati.
Continua il sistema del rivestimento o della sovrapposizione, con la pittura o il mosaico. Le diverse
tecniche sono ancora indipendenti, non sono soggette al principio di una disposizione unica, definita
dall’architettura.
Durante questo periodo la chiesa ha un’importanza immensa, tanto che le maggiori edificazioni erano
realizzate per i grandi ordini monastici, in particolare i benedettini.
Le chiese benedettine come San Gallo richiamavano a schemi antichi ma con un’ottica
completamente diversa, concepite in base a programmi colossali e costruite per
accogliere un popolo di monaci: a doppia abside e a doppio transetto, sembrano essere costituite da
edifici indipendenti.
Cittadella, complesso di edifici, riemersione di alcuni motivi che sembrano casuali e fuori contesto ma
che in realtà hanno un significato e una funzione ben precisa.
Il documento della pianta di San Gallo (803). Pianta a due absidi contrapposte che deriva
direttamente dalla Basilica Ulpia, e la si ritrova nell’architettura cristiana dell’Africa del Nord, ma
anche a Fulda.
Della fine del IX secolo nella navata di Saint-Philibert de Grand-Lieu, è ancora l’architettura
carolingia che sostituisce il pilastro composito a quello cilindrico o quadrangolare : si tratta di una
combinazione di capitale importanza poichè il suo sviluppo continuo, durante due secoli, porterà
l’architettura dal sistema murario, in cui le forze sono passive, a quello funzionale, ove ogni
elemento specifico agisce in vista di una determinata funzione.
Ma una delle più importanti novità, destinata a modificare più profondamente il piano delle
composizioni delle masse, è trasmessa dall’arte carolingia a quella romanica: un corridoio che
prolunga le navate laterali attorno al santuario e sul quale si aprono cappelle laterali- l’ambulacro a
cappelle radiali. Cfr. la cattedrale di Clermont (946).

Epoca di stabilità geopolitica e culturale


- Sacro Romano Impero (arca tedesca)
- Regno di Francia
- Regno d’Inghilterra
Prime configurazioni degli stati nazionali, produzione di una possibilità che le città tornino a riavere la
loro funzione e la loro bellezza
(Europa delle Cattedrali, sede del vescovo ogni centro importante ha la propria.)
Città che attraggono la popolazione con Chiese sempre più grandi.
In alcuni contesti ci sono riprese dell’antico e dell’Ottocento
Ritmi di costruzioni che si ripetono
Schemi che riportano al Pantheon
Copertura a capriate (piane) lignee leggere
L’assetto planimetrico, pianta benedettina, semplice e chiara, caratteristiche stabilità dall’età
paleocristiana, navate laterali che creano un percorso continuo
Anno Mille. Il secolo XI non è affatto un risveglio miracoloso, è incontestabile che esso inaugura
un’era nuova per la storia dell’Occidente, ma è dimostrato che la frattura dell’anno mille è
arbitraria. Sarebbe più esatto far iniziare l’età nuova con la seconda metà del X secolo.
Un complesso di avvenimenti spiega il mutamento dell’Occidente, innanzitutto lo stabilizzarsi dei
barbari, la loro ammissione alla comunità cristiana, il loro mutamento.
In Occidente si costituiscono due formazioni politiche che danno un nuovo aspetto all’Europa
cristiana : il Sacro Romano Impero romano-germanico e la monarchia capetingia in Francia.
Infine, all’interno di una civiltà feudale e monastica, si sviluppa con improvviso vigore una civiltà
urbana e mercantile. L’aumento della popolazione, la libertà di traffico sul mare, una relativa
stabilità politica, contribuiscono a determinare il rinnovamento della vita urbana, interrotta a partire
dall’VIII secolo e precaria sino all’epoca precedente.
Comincia a esercitarsi la potente attrazione delle città rispetto alle campagne, la chiesa e la fortezza
erano i solidi pilastri di una terra ridivenuta cristiana. Edificare in forme appropriate sarà compito di
imperatori, principi e re. L’edilizia diviene simbolo di autorità e grandezza.
• Notre dame
Cappella, attaccata all’abside, culto sostenuto finanziariamente da una famiglia, elemento
sociale utilizzato per sepoltura o celebrazioni
la costruzione di una propria cappella era una ostentazione della propria classe sociale
Altezze vertiginose portate in europa grazie alle crociate, i soldati erano elementi importanti che
tornavano
Corpi, reliquie, oggetti sacri, oggetti appartenenti a santi, utilizzati per rendere di maggiore
importanza le basiliche
Anche i pezzi di architettura venivano portati e piazzati nelle città
Nuove figure di lavoratori che unendosi all’occidente
Creavano nuove invenzioni  es. volte a botte traversali
• Saint Etienne
altro scatto in avanti
solita planimetria in cui la navata centrale si alza più del solito coperta da una volta a botte,
sostenuta da archi traversali, realizzata in pietra e mattoni.
semi colonne estensibili a piacere e necessità
Mancato utilizzo effettivo del modulo
Importante la sezione: volta a botte che spinge sulla quota d’imposta
navate laterali divise su due piani 1. Volta di crociera – 2. Quarto di cerchio
Architettura all’interno del tetto, contenimento scatolare
sistema di volte collaboranti
Idea di passare da una copertura capriata ad una copertura voltata
Pilastro polistilo utilizzato come base
scarico delle forze più sicuro
Assenza di mosaici, spazi colorati, decorazioni eccessive
utilizzo unico della pietra  capitelli che raccontano storie, popolazione analfabeta che comprendeva
la bibbia e la lettura sacra tramite le immagini e le sculture
Messa in latino, non comprensibile al popolo
Bibbia dei poveri  rappresentazione dei testi
La prima Crociata (1095-99) è di nuovo l’occasione per un arricchimento culturale : vengono
importate tecniche di costruzione, ma anche maestranze dall’Oriente, costruttori, ingegneri, così
come testi di filisofia, astronomia, ingegneria etc. oltre che reliquie e pezzi antichi.
La proliferazione di castelli e fortificazioni va di pari passo con la costruzione di chiese : si va verso
quella che possiamo chiamare l’Europa delle cattedrali.
Contemporaneamente il fenomeno monastico in Europa diviene il maggior riorganizzatore dello
spazio, in quanto i monasteri sono i luoghi dei monaci, ma anche poli di attrazione, aggregazione e
di impulso per le attività agricole e culturali, la Cattedrale rappresenta la più grande opera
architettonica del Medioevo.
La prima arte romanica adotta alcuni dati, antichi o più recenti dell’architettura carolingia : il
deambulatorio, il doppio transetto, oppure alcune soluzioni strutturali come le volte sulle navate (in
Catalogna. E’ una tecnica che usa sempre più esclusivamente la pietra in tutte le parti dell’edificio,
che sembra conservare qualcosa della grande edilizia romana. I muri spessi hanno aperture esigue,
le superfici nude permettono una decorazione molto sobria: lesene verticali in leggero aggetto tra le
quali corrono, al livello delle cornici, eleganti gallerie di archetti ciechi. Oppure gallerie su
colonnette che alleggeriscono la massa muraria.
In Borgogna, collocata all’incrocio di una fitta rete di scambi, terra di grandi monasteri, viene
messa a punto quella che viene chiamata la pianta benedettina : con il coro molto sviluppato e
cappelle absidali. I costruttori borgognoni dell’XI secolo hanno cercato di risolvere il problema
della volta unito al problema dell’illuminazione diretta delle navate, sostituendo diversi sistemi alle
primitive capriate delle loro chiese o concependole voltate sin dall’inizio.
Saint Etienne di Nevers (1063-1097)
In Germania: Duomo di Spira (1027-1039). Estensione delle arcate a tutta l’altezza della navata,
lanciate dal pavimento alla sommità del muro, incorniciano insieme le grandi campate e le finestre
superiori, tutto unito chiaramente da un principio costruttivo.
Un ordine colossale sostituisce alla sovrapposizione dei piani tipo Genrode e Hildesheim, una
coordinazione sistematica tra le parti.
Nei tipi della basilica primitiva, il muro è sostenuto da colonne congiunte da un architrave
orizzontale. Più tardi è aperto da arcate, sostenute sia da colonne, sia da pilastri rettangolari che
fatto tutt’uno con esso, e che, partendo da terra, salgono senza interruzione sino al tetto.
Il primo indice di un’evoluzione dei supporti è dato dalla sezione cruciforme dei supporti stessi: il
blocco quadrangolare si scompone, per così dire, in quattro pilastri, di cui due costituiscono le
imposte delle arcate longitudinali e due s’alzano a ricevere determinati elementi della copertura.
Combinando la colonna con il pilastro rettangolare o cruciforme, il Medioevo adotta un tipo di
supporto del tutto funzionale. Le parti sono indipendenti, ma ciascuna, secondo il proprio compito,
concorre alla funzione d’insieme.
Tecniche edilizie: le rovine antiche erano a disposizione a mostrare i modi con i quali erano state
costruite, ma la tecnica del calcestruzzo è perduta. Vengono usati blocchi di pietra da taglio con
perni in ferro, mentre le coperture sono a capriate di legno rivestite in lamine di piombo invece che
tegole di terracotta. L’uso del vetro, già noto presso i romani, impiegato in maniera estesa.
Cluny: per l’enormità del progetto poteva essere paragonata al duomo di Spira.
Vezelay: domina il tema delle aperture luminose e delle coperture in pietra.

Cattedrale di Durham, 1093-1104.


Appare un elemento nuovo, la cui rapida
evoluzione, nella prima metà del XII secolo,
trasformerà
radicalmente il sistema costruttivo: l’arco di
rinforzo, teso diagonalmente sotto le volte per
alleggerirle, ovvero il costolone.
Già la volta a crociera semplice aveva, rispetto
quella a botte, il vantaggio di ripartire e di
localizzare le spinte ai 4 angoli della campata.
Il costolone semplificava e consolidava la
costruzione sostenendone le masse,
assicurando l’indipendenza e la leggerezza
delle vele in
muratura semplice. Per il progressivo sviluppo
di tutte le sue possibilità, esso doveva in
definitiva
sostituire al sistema murario omogeneo
l’armatura degli archi e delle nervature.

Le cattedrali gotiche: sistemi arditi ed


esposti
Nell’architettura gotica gli elementi strutturali vennero resi espliciti dall’esterno.
Elementi principalmente gotici:
volte a crociera con arco a sesto acuto
volta più stabile, piedritto vicino, forze che scaricano bene
possibilità di altezze vertiginose
peso del tetto in legno, forze da intercettare e trasferire a terra tramite gli archi rampanti 
sostenuto da un setto di muratura perpendicolare al perimetro della facciata
Pinnacoli, verticalizzano il peso delle forze, e le spingono a terra.

Il gotico si sviluppa nella zona dell’Ile-de-France, che si rivelò terreno fertile per nuovi esperimenti,
nella quale si passò da una forma arcaica, a una forma giovane e nuova che rapidamente le superò
tutte.
Il costolone ha il carattere di un accorgimento di cantiere, ma il principio è posto: alla volta
compatta si sostituisce la volta articolata.
Quanto ai fenomeni di assestamento e tensione: il costolone ha un coefficiente di assestamento
inferiore a quello delle vele; esso costituisce nel corpo della volta un elemento di tensione che
riceve una parte del carico e lo converte in spinta. Il fatto è che i materiali non sono gli stessi per
volta e nervature: queste ultime sono più resistenti, murate con maggiore perizia e implicano un
minor gioco.
Quanto al problema dei membri complementari, si giunge prestissimo alla soluzione dell’arco di
appoggio laterale a quella dell’arco rampante. Il compito dell’arco di appoggio non è solo di
assicurare in modo armonico l’incontro delle volte e dei muri laterali che le ricevono, ma di
alleggerire questi ultimi raccogliendo su di sè una parte del peso delle vele. Una volta acquisito
questo “scarico” il muro perde d’importanza, diviene un tramezzo. A cominciare da allora
accoglie le aperture che non compromettono più l’equilibrio.
L’arco rampante non era altrettanto inevitabilmente necessario. Si rese inevitabile con il crescere
in altezza delle navate e con l’ampiezza delle aperture.
L’intuizione geniale non fu tanto quella di lanciare l’arco rampante al di sopra dei tetti, dai quali era
ancora coperto (Durham), quanto di concepirlo nella forma di un arco.
L’arco rampante si alza con le navate, e vi si appoggia nei punti d’incontro delle spinte, o almeno
tenta d’individuare empiricamente questi punti, e raddoppia perciò le sue campate aeree e le
riunisce legandole con raggi paralleli. Per evitare ogni cedimento al di sotto del punto d’attacco una
colonnetta in controvena sostiene e regge il muro.
Le volte normanne erano eseguite in pietra. La ricchezza geologica dell’Ile-de-France rese possibile
la costruzione delle volte in conci o pietra da taglio, il che permetteva di ridurne peso e spessore di
più della metà.

Saint-Denis, prima cattedrale gotica ad essere realizzata, opera inaugurale di questo nuovo modo di
costruire con nuovi elementi.
Luogo più importante di Francia, sepoltura e proclamazione dei monarchi francesi
Rinnovamento che indica un abbattimento e una ricostruzione vecchia chiesa, compatta a 3 navate
con doppia abside, sistema carolingio.
Rinnovata nel 1136 due parti del cantiere che si chiudono al centro.
I modelli che Suger aveva in mente erano due: Santa Sofia a Costantinopoli, e il Tempio di
Salomone, quest’ultimo una sorta di prototipo ideale.
Coro circondato da un doppio deambulatorio, dal quale s’irradiano nove cappelle. È come se il
deambulatorio esterno si estendesse oltre le pareti che normalmente separano le cappelle tra loro.
Quanto rimane di esse non è altro che una serie di gusci leggermente arcuati, larghi ciascuno quanto
basta per contenere un altare. L’altezza della navata centrale doveva essere simile, se non identica a
quella del coro: l’idea era quella di trasformare st. Denis in una sorta di cosmo trasparente.
Pochi anni più tardi cominciano a sorgere nel regno di Francia vaste chiese di dimensioni
considerevoli.
Cambiamento tra prima e dopo è l’apparecchiamento murario, utilizzo di contrafforti
sistema di filtri tra interno ed esterno, ingresso per gradi, passaggio in gradazione luminosa (tanta –
poca – tanta / luce – scuro – luce)
3 navate, doppio deambulatorio
Pilastri che si scompongono in elementi con funzioni specifiche e differenti
Nervi e tendini esposti
Richiesta di aggiunta di colonne delle terme di Diocleziano a Roma, inutile strutturalmente solo un
collegamento con il passato
all’interno prevalenza di luce (Santa Sofia)
Introduzione dell’arte vetrata
mosaici di vetro colorati unite da piombo colato, eredità del mosaico.
Costolone rende possibile tutto quelle novità presenti
Volta a crociera  divisa in sei vele, unghie
Si afferma il carattere scarnito dell’architettura gotica francese. Nel transetto due gallerie
sovrapposte, al livello del secondo e terzo piano di finestre che si equilibrano.
Soissons: la composizione del braccio meridionale concepita combinando il motivo di un emiciclo
con la disposizione propria di una navata. Rotonda annessa.
Laon, atrio, torri, cattedrale fortificata.
Notre-Dame Parigi, dimensioni colossali, pianta compatta.

L’età classica
La chiesa a quattro livelli scompare, sostituita da edifici le cui navate laterali sono decisamente
sviluppate in altezza. Al sistema delle cellule spaziali e dei registri sovrapposti si sotituisce una
combinazione di volumi non più interrotti da alcuna membratura.
Architettura traforata e percorsa da nervature, sottile nei procedimenti di equilibrio.

Edificio simbolo: Chartres (1194-1220).


Oltre ai campanili della facciata e la guglia della crociera, due torri fiancheggiano ciascun braccio
del transetto. Il modello per la composizione è Laon.
Si trova ormai definita la chiesa come scheletro, coordinazione di forze attive in cui la solidità delle
parti è assicurata dal loro gioco reciproco.
Metodo di progettazione in base alla geometria, a partire dal quadrato e dai suoi moduli si possono
dedurre tutte le proporzioni possibili per via geometrica. È un procedimento che si manteneva
segreto. Villard De Honnecourt, tutto proporzionato in base a serie di quadrati che progrediscono in
via geometrica.

REIMS è cattedrale con funzione regale, sede della sacra unzione: viene realizzata una navata di
dieci campate con transetto contenuto.
Amiens: Vetrate immense e contrafforti che derivano direttamente da Chartres: svuotamento e
irrigidimento in funzione reciproca.
Profusione dei vuoti che tende a ridurre la costruzione a un sistema di archi e supporti rinforzati, a
vantaggio delle aperture. Le cappelle absidali sono per tutta la loro altezza aperte da immense
finestre sostenute da contrafforti in potente aggetto. Nel coro e nel transetto, il muro esterno del
triforio è traforato, tanto che, viste dal basso e di fronte, tali aperture sembrano continuare le
finestre superiori da cui sono separate solo da una stretta fascia di muro.
Sainte-Chapelle a Parigi: stupefacente gabbia di ferro e vetro iniziata da San Luigi per accogliere
una reliquia della Santa Spina. La massa murale, eliminata per far posto alle vetrate, si ritrova
nell’enormità dei contrafforti, come se i muri laterali fossero stati ribaltati per costruire un sostegno
perpendicolare.
L’architettura come organizzazione di forze ha infine sostituito l’architettura di materia pesante.
Fra le nervature dello scheletro strutturale ogni spazio è riservato alla luce: ovunque la vetrata possa
svuotare il muro e colorare la luce, il muro scompare.
Progressione regolare che sostituisce via via il peso e l’inerzia con lo slancio e l’azione, attraverso il
principio della tensione assoluta e dell’assottigliamento dei supporti.

Beauvais: proporzioni colossali, siamo al paradosso costruttivo. Per evitare di ingombrare la navata
laterale con una struttura muraria enorme, gli archi rampanti del coro di Beauvais a doppio ordine e
a doppio pilastro d’appoggio, pesano solo in parte sui pilastri della navata stessa; in parte invece il
loro pilastro centrale incombe su di essa, tenuto in equilibrio dal doppio sistema di archi che, da una
parte e dall’altra, vengono ad appoggiarglisi contro.
Proprio qui sta l’eleganza della soluzione: gli archi che hanno la funzione di raccogliere le spinte
delle volte costringono le spinte stesse a sostenere un equilibrio instabile. La struttura murale
traforata da grandi aperture si ritrova, moltiplicata, in quella foresta di elementi rampanti, archi e
pilastri d’appoggio che circonda il santuario.
All’interno ritroviamo il coro di Amiens, sensibilmente più slanciato, tanto che la sproporzione in
altezza lo fa sembrare stretto, con le lunghe vetrate simili a lame, il triforio trasparente, le nervature
ovunque tese.
Su queste forme pienamente intellegibili, poiché sono intellettualmente coordinate, l’Europa
lavora in diverse maniere, secondo le necessità degli ambienti, le tradizioni, le circostanze più o
meno favorevoli.
A Chartres, ad Amiens si raggiunge l’estremo della concezione gotica dell’edificio: la
verticalizzazione e la riduzione del sostegno al minimo, la struttura puntiforme fino
all’esagerazione. E più avanti andiamo più esagerata è la presentazione del muro come un
diaframma, quindi un’inondazione della luce che mette in rilievo l'estrema razionalità della
struttura.
Nel momento in cui l’attività dei cantieri francesi è interrotta o rallentata dalla guerra contro gli
inglesi, il linguaggio architettonico che essi hanno perfezionato attraverso generazioni è quello di
quasi tutta l’Europa.

Basilica
Costruzione di spazi ufficiali (editto di Costantino
 Tessalonica  10 anni dopo  abolizione del paganesimo
No schema del tempo
spazi accoglienti
- Basilica di Massenzio
(caratteristiche pre cristianesimo)
San Pietro e Basilica lateranense  archi su colonne, coperture lignee (inizio di allargamento della
struttura)
Basilica arciformi
- Santa Sofia (pantheon – basilica di Massenzio)
cupola su pennacchi
contenuta da due sistemi diversi lungo l’asse
1° sistema:
4 pilastri + 2
semi cupole
abside
esedra
volte collaboranti che ricevono e assorbono le forze
2° sistema:
Navata a due altezze
Pilastri agganciati ad altri pilastri (contrafforti) contengono le spinte
Pilastri in pietra
Volte in mattoni con tanta malta  sistema elastico
Spazio interno che cambia, aperto e affluente.
Filippo Brunelleschi

Italia del 1400  signorie territoriali, cultura comune, presenza di zone antiche, evidenti linguaggi
diversi che coesistono nello stesso periodo.
Tempo nuovo in cui l’architettura torna ad essere un mezzo di trasmissione culturale.
Rinascimento età della messa in immagine dell’uomo
Rivoluzione potentissima inaugurata da un progetto atomico:

LA CUPOLA DI SANTA MARIA DEL FIORE


Brunelleschi è vincitore nel 1418 di un concorso indetto dall’Opera della Cattedrale, nel quale gli
venivano affidate quelle che oggi chiameremmo la progettazione esecutiva e la direzione dei lavori
della cupola, dovette infatti impegnarsi a rispettare nella costruzione, i canoni formali contenuti nel
progetto originario: volta
a sesto di quinto acuto
sugli spigoli interni
impostata su una base di
forma
ottagonale.
Nel concepire la cupola di
Santa Maria del Fiore era
necessario sottostare a
due condizioni:
1) il tamburo aveva un
perimetro ottagonale; e
su tre lati era cinto da
tribune poligonali;
2) il modello dell’intera
chiesa, costruito nel
1367, mostrava che le
nervature d’angolo della
cupola proposta avevano
un profilo particolare,
detto a quinto acuto: un
arco circolare a
punta, con un raggio pari a 4/5 della luce della cupola.
Le tribune che circondano il tamburo hanno anch’esse questo profilo.
Già nel 1394 gli esperti dell’Opera del Duomo iniziavano a esprimere dubbi circa la possibilità di
completamento della cupola. Nel 1413 veniva completato il tamburo ottagonale, e nonostante il
tamburo fosse stato costruito con uno spessore di quattro metri, il costo della sola armatura della
cupola sembrava scoraggiare il progetto.
Il 19 agosto 1418 viene indetto un concorso per l’armatura della grande cupola.
Il modello della cupola di Santa Maria del Fiore di Filippo Brunelleschi venne completato nel 1418
e approvato nel 1420.
L’incredibile invenzione era costituita da due pelli: una doppia cupola composta da una spessa pelle
interna, a pianta ottagonale, connessa con costolonature/meridiani ad arco a una cupola esterna, più
fine.
Essenziali, tra gli elementi strutturali della cupola, sono i cerchioni: anelli orizzontali di calcare
rinforzati esternamente da catene in ferro, che prevenivano lo “scoppio” della cupola sotto
l’immensa trazione alla quale erano sottoposti i paralleli.
La cronologia dell’avanzamento del cantiere della cupola mostra che la chiusura di ognuna delle tre
catene di macigno, va a fornire le assicurazioni per il proseguimento della costruzione
inaugurando di volta in volta nuove fasi di lavoro di distinti settori della fabbrica.
Mentre il Pantheon doveva la sua forza al peso stesso della sua spessa muratura, la cupola di Santa
Maria del Fiore consisteva di due cupole, relativamente sottili e leggere, la cui forza era data dai
cerchioni di pietra e ferro che rendevano il crollo impossibile a qualsiasi fase della costruzione.
Lo scheletro della cupola era fatto di otto costolature d’angolo a forma di quinto acuto, e di due
costolature più piccole poste (larghe 2,5 metri) tra le costolature d’angolo (larghe 4 metri) su
ciascun lato dell’ottagono. Ambedue sono abbastanza profonde (e rastremate) da raccordare la
cupola interna e quella esterna. L’ottagono superiore funge da chiave di volta per le 24 nervature, e
sorregge la lanterna di marmo.
Lo spessore della cupola interna è di 210 cm alla base e 150 alla sommità, lo spessore di quella
esterna è di 75 cm alla base e 38 alla sommità. Ambedue le cupole hanno otto facce, ricurve
all’interno in direzione dell’asse verticale della cupola, ma con sezioni orizzontali rettilinee lungo
tutta l’altezza.
Non bisogna pensare alla cupola come a uno scheletro di costoloni/meridiani e di
cerchioni/paralleli su cui sono fissate le sottili superfici della cupola interna e quella esterna.
Sebbene siano i larghi costoloni a trasferire gran parte dell’immenso peso della cupola giù fino al
tamburo ottagonale, bisognava tuttavia che i 24 costoloni e le due cupole raggiungessero la cima
insieme, ed è qui la chiave risolutiva dell’incredibile invenzione: la costruzione della più grande
cupola mai edificata senza l’ausilio di un’armatura.
Ispezionando le cinque gallerie interne tra le due cupole è stato scoperto che, circa a metà della
cupola, ciascun costolone angolare è connesso ai due intermedi adiacenti da nove gruppi di archi
orizzontali posti a intervalli regolari. Inoltre, questi archi, insieme alla porzione di cupola esterna
che sta tra i due costoloni intermedi, costituiscono nove anelli concentrici orizzontali.
Dunque sebbene la forma della cupola sia ottagonale, questa contiene al suo interno una serie di
anelli circolari e dunque funziona come una cupola circolare.
Come Brunelleschi ben sapeva avendo studiato il Pantheon e altre cupole della Roma antica, una
cupola circolare è stabile durante tutte le sue fasi di costruzione, in quanto l’anello superiore dunge
da chiave di volta per i suoi archi/meridiani, evitando che questi cedano all’interno.
E’ per questo che la cupola non necessita di essere sorretta dall’interno durante la sua costruzione,
sempre che si limiti la sua tendenza a esplodere in corrispondenza dei paralleli. E questo veniva
scongiurato dai cerchioni in calcare e ferro.
La costruzione senza armature ha prodotto una cupola che non subisce il trauma statico del disarmo
ma che cresce lenta: una conchiglia, come scrive Vasari “non murato ma veramente nato”.
Affinchè la cupola funzionasse andava considerato un ulteriore aspetto.
Durante la costruzione, l’anello superiore di una cupola circolare funge da chiave di volta per tutti i
meridiani solo quando è un anello completo, che deve essere in compressione. Ma, durante la
costruzione, l’anello superiore non può essere costruito istantaneamente, e mentre rimane
incompleto e aperto, non può reggere tutti i meridiani.
Brunelleschi riuscì a connettere l’anello superiore in costruzione e dunque incompleto a quelli
sottostanti impiegando lo stratagemma della disposizione dei mattoni a spina di pesce. Ovvero:
appoggiò i mattoni degli anelli superiori in piano sopra i mattoni degli anelli già costruiti
interrompendo questi strati in piano con mattoni posti in verticale, ogni 90 cm. I mattoni in verticale
disegnano una spirale lungo la superficie delle cupole, legando la muratura superiore a 3 dei 4 strati
inferiori, con un disegno a spina di pesce.
Visto che il tempo necessario per l’asciugatura della malta era inferiore al tempo di posa di un
nuovo strato di mattoni, ciascuno strato incompleto in costruzione veniva legato a tre strati inferiori,
resistendo così alla spinta dei meridiani che vi si appoggiavano contro.
Inoltre Brunelleschi aveva capito anche che perché una cupola di mattoni potesse funzionare con
meno
una di calcestruzzo, non bisognava mettere i mattoni in orizzontale, ma ad angolo retto rispetto alla
superficie della cupola, cioè con un’inclinazione verso l’interno, che aumentava con l’altezza della
cupola.
Le spirali a spina di pesce dei mattoni posti in verticale evitavano anche che i mattoni posti in
orizzontale scivolassero sui loro piani inclinati, bloccandoli alla muratura già consolidata.
In assenza di un’armatura di sostegno, l’assestamento della muratura, per effetto del calo della
malta, avviene quindi con continuità, assecondando il progredire dell’opera nelle diverse fasi e
affrancando l’equilibrio dell’insieme dagli imprevisti del disarmo finale.
Le MACCHINE, perlopiù argani possenti e ingegnose gru girevoli, concepite e utilizzate da
Brunelleschi per questa impresa, che umanisticamente eguagliava e superava quelle inarrivabili
degli Antichi, pur protette dal segreto di bottega, da aniconiche come le voleva gelosamente
mantenere il loro progettista, divennero modelli, innalzati dai contemporanei a livello di exempla.
Circolarono da una generazione all’altra, con un’eco continua e costante nella produzione grafica
delle generazioni successive agli architetti del primo ‘400. Le troviamo infatti nei taccuini di
bottega e nei codici manoscritti tardo-quattrocenteschi, cinquecenteschi e ancora seicenteschi,
affiancate e frammiste ai modelli degli ingegni classici, alle macchine vitruviane.
Uno degli elementi della vulgata relativa al Rinascimento è la parola “invenzione della
prospettiva”. L’uomo preso in considerazione è il vero uomo, l’uomo proporzionato, non più
quello infinitamente piccolo davanti alle divinità delle tavole di Cimabue. Nella prospettiva tutte le
figure sono legate prospetticamente nello spazio, e per prospetticamente s’intende che quello spazio
è calcolabile, che ogni punto ha una sua coordinata, che un sistema sofisticato di assi riesce a
ritrovare e a riproiettare la prospettiva nel piano. Dunque è il massimo del naturalismo.
La contesa storiografica è su chi ne sia l’inventore: Brunelleschi o Alberti? Questa contesa deriva
da un testo che viene scritto dopo la morte di Brunelleschi e verso gli ultimi anni di vita di Alberti.
L’autore è Antonio di Tuccio Manetti, il biografo di Brunelleschi. Dovremo dare molta importanza
al fatto che si sia scritta per la prima volta la vita di un artista, perché questo rappresenta la nascita
dell’artista come soggetto: l’artista non è più un personaggio anonimo, che quasi si confonde con
colui che lavora in modo pratico e empirico (pressi e empiria), o con uno spirito del tempo per cui
non è il soggetto a contare nel coro. È per questo che non troviamo grandi nomi di architetti gotici
e quasi nessun nome di architetto romanico, pochi pittori di icone hanno un nome.
La biografia di Filippo Brunelleschi è importante anche perché è stata scritta in funzione anti-
albertiana,
vale a dire per diffondere la memoria di Brunelleschi, dimostrando quanti errori
nell’architettura fanno i continuatori di quell’architetto, in modo che non lo si possa attaccare per
qualcosa che appartiene ad altri. Vale a dire che l’importanza sta in quello che possiamo chiamare
“l’invenzione dell’errore”.
A un architetto medievale non interessava se due lati erano perfettamente ad angolo retto. Esistono
molti esempi di basiliche romaniche, o rotonde poligonali con lati tutti diversi, questa era la prassi
normale del medioevo. Anche l’architettura bizantina non era certo fatta con lo spirito delle riga e
della squadra, perché si tratta di qualcosa che appartiene a un’epoca molto più recente: l’Ottocento.
Nell’architettura gotica operano molti architetti, per la costruzione di una cattedrale ci vogliono
almeno cinque generazioni che vi lavorano e nessuno di essi muta quello che ha fatto l’architetto
precedente. I pittori e gli architetti in quel periodo sono personaggi scelti, spesso parenti, si tratta di
vere e proprie dinastie. Il modo più sicuro per diventare capomastro in una Cattedrale è quello di
sposare la figlia del capomastro, in modo da conoscerne anche i segreti costruttivi. Non esiste il
problema che il progetto sia stato deformato rispetto allo stato iniziale.
Se voi a un’opera romanica, carolingia, aggiungete o togliete qualche elemento, cambiate i capitelli
o addirittura sistemate i pilastri in modo diverso non c’è errore. L’architetto non disegna i capitelli.
Le piante delle chiese bizantine a Istanbul: sono a pianta centrale ma non c’è un angolo perfetto
(solo a Santa Sofia), c’è l’idea dell’ottagono.

Ospedale degli Innocenti alla Rotonda degli Angeli


Capitello all’antica tratto dal Pantheon (tutti uguali)
edificio seriale, l’introduzione di un particolare porta un errore
Sistema puntiforme
Fra il concetto di progetto e quello di errore vi è un legame strettissimo: là dove non c’è progetto,
non esiste errore, ma dove il progetto è presente l’errore diviene un’ossessione.
Il portico degli Innocenti è la prima opera importante di Brunelleschi (1378-1446) è iniziata intorno
al 1418 ed è uno choc per tutta Firenze. È pure indicativa per la nascita del concetto di “errore”.

L’OSPEDALE DEGLI INNOCENTI è un edificio pubblico, la piazza esisteva già al 1418.


Struttura socialmente innovativa, orfanotrofio, ospedale
posto su una piazza, concepita circondata da 3 portici, chiesa e piazza dell’Annunziata, collegata alla
piazza del duomo, richiamo del foro romano antico
tutti i portici sono rialzati, portici staccati dal livello urbano, edificio su podio (tempio)
Nei pennacchi ci sono dei cerchi, rilievi in maiolica colorata fratelli dalla Robia raffigurano gli
innocenti (cerchi tangenti in 3 punti)
Internamente si formano cubi con i colori, sottolinea la differenza su parti portanti e strutturali con
parti di tamponamento spazi incatenati
È uno degli edifici più grandi e visibili di Firenze.
Archi a tutto sesto su colonne, pulvino. Tutto l’apparato è composto strutturalmente da volte a vela
con costolature a muro.
In quest’architettura abbiamo un edificio totalmente misurato attraverso rapporti semplicissimi: un
quadrato e mezzo quadrato, utilizzo della geometria per controllare le forme.
Tutti i particolari all’antica, e non antichizzanti, formano una sorta di modulo e sono tratti da esempi
antichi o presunti tali.
Viaggio con Donatello a Roma a rilevare le anticaglie.
Ma quello che conta è che questi rapporti tra diametro/altezza del capitello/altezza del plinto sono
perfettamente all’antica, non c’è possibilità di variare. Tanto più che l’interasse è un multiplo del
diametro. Dunque abbiamo un “sistema a griglia” che incatena lo spazio con la stessa concettualità
della prospettiva (che è una griglia mentale che misura visivamente lo spazio).
Colonne che scandiscono un ritmo di cubi spaziali.
Capitelli corinzi e colonne tutte uguali, le basi anche: il fatto nuovo è l’elemento standardizzato.
Le finestre rettangolari con timpani (simile pantheon)
Se nell’Ospedale degli Innocenti troviamo Brunelleschi cimentarsi con il sistema colonna-vuoto:
vale a dire un sistema puntiforme, nell’opera successiva, la SACRESTIA VECCHIA lo vediamo
cimentarsi con il problema del muro pieno e dell’ordine a parete.
Cupola a creste e vele, con costoloni che permettono l’apertura di oculi, archi piani, da cui parte
questo elemento che è una sorta di volta a botte inclinata.
Accentuazione del telaio dei 12 costoloni meridiani a tutto sesto. Le costole, sostenute
provvisoriamente da centine, avrebbero avuto funzione di guida per l’imposta laterale delle vele
stesse. La funzione portante degli archi meridiani è quella di assorbire il carico . Il pozzetto della
lanterna, chiave del sistema voltato, al fine di assorbire la pressione centripeta dei 12 arconi è
murato con mattoni posti verticalmente, formando una struttura resistente anulare.
La conformazione è anche qui a doppio guscio: quello interno costituito da vele a unghia, quello
esterno, separato da un’intercapedine, da vele a direttrice obliqua rettilinea; su queste ultime è
posato il manto di copertura, secondo una geometria conica.
Il problema è: da dove Brunelleschi trae un elemento come lo spicchio sferico? La mediazione tra il
cerchio e il quadrato è un elemento dell’architettura bizantina, ma Brunelleschi non la conosceva.
Ma era stato a Padova: Battistero XIV secolo.
Interno Sacrestia Vecchia: sistema sostegni verticali che scandisce e misura lo spazio; all’interno
della scarsella vediamo un elemento completamente nuovo, all’interno dell’elemento quadrato
piccolo che ha delle nicchie molto schiacciate, con mensola nella chiave dell’arco. Le nicchie sono
depresse perché sono il risultato dell’intersezione di un cerchio con il quadrato. Allora tutta la
composizione planimetrica diventa l’intersezione di un grande quadrato con uno piccolo e di un
cerchio con uno grande.
L’elemento nuovo è la parasta filiforme che sporge dal muro. Un ideale pilastro completo di 6x6
scanalature è stato annegato nella muratura e ne emerge solo questo “relitto”. Questo avviene nello
spazio minore, così abbiamo una differenziazione degli angoli dello spazio grande quadrato, con
lesene piegate agli angoli, dallo spazio piccolo, con lesene filiformi.
Dunque analogia grande - piccolo,mai identità.
Tutto questo ci riporta al Pantheon, se Brunelleschi non lo avesse studiato non avrebbe potuto
inventare questa “metamorfosi del pilastro”: la lesena piegata a libro la ritroviamo agli angoli delle
nicchie rettangolari del Pantheon.
Sacrestia Vecchia date 1418-1422. Contemporanea all’Ospedale ma due filoni di ricerca diversi.
Nel 1425 Brunelleschi viene chiamato per la CHIESA DI SAN LORENZO.
Capitelli tutti uguali: standard, su disegno dell’architetto, probabilmente su un modello antico.
Navata archi su colonne che ricordano l’Ospedale, ma abbiamo un elemento nuovo: tra il capitello e
l’imposta dell’arco abbiamo un pezzo di trabeazione interposta, il pulvino.
Se considero le paraste che reggono la cupola abbiamo un’intersezione di due sistemi: trabeato con
paraste (una sorta di immenso trilite dalla cupola alla facciata), arcuato con colonne.
E il ragionamento continua il pilastro è scanalato, mentre la colonna, monolitica è liscia. E’ una ricerca
intorno all’intersezione tra sistema trilitico e sistema voltato.

SANTO SPIRITO
Planimetria basilicale, pianta centrale, transetto
navata laterale che prosegue, gira e arriva alle contraffatte.
Campate quadrate voltate a vela
2 sistemi spaziali  sistema puntiforme infilato all’interno di nicchie ogni compatte diventa una
coppetta semi circolare.
susseguirsi di sistema murario che contorna la chiesa
paraste e semi colonne
nicchie in facciata non visibile
Gabbia prospettiva perfetta
assoluta continuità di volumi su tutto il perimetro.
Pieno in asse, spazio a percorso senza fine. Sistema a incastro, intersezione di strutture diverse.
Ordine maggiore trilitico-ordine minore arcuato. Sistema architettonico puntiforme (archi e
colonne)- sistema murario delle nicchie (già sperimentato nella Sacrestia Vecchia). Continuità
muraria con all’interno una struttura puntiforme.
Il sistema dell’Ospedale e quello della Sacrestia assemblati insieme in un organismo molto
complesso.
Le nicchie sono spazio atmosferico, profondità plastica, membrature morbide, toroidi.
Modellazione dello spazio.
Architettura imperiale delle grandi terme romane, ma nulla è copiato alla lettera, Brunelleschi
coglie la logica del discorso antico e la continua. E così la lingua dell’architettura antica si
trasforma, è una lingua viva, non morta.
Cupola su pennacchi
semi colonne proiettate a parete, gioco di ombre e luci, e tridimensionalità
rende armonica e plastica la parete
Brunelleschi continua il ragionamento degli ordini architettonici sotto la cupola (2 soluzioni, due facce
e due paraste gigante  verso nav. centrale, semi colonne addossate  verso navate minori
Archi volte a vela
Facciata di tamponamento
Finestre leggermente curve, indicato la non ortogonalità delle pareti interne.
ROTONDA DEGLI ANGELI
Iniziata nel 1435-36. Ne rimangono poche tracce. È un oratorio camaldolese, è la prima opera
dell’Umanesimo italiano a pianta centrale, esplicita per la prima volta perfettamente lo spirito con cui
era stato costruito il Pantheon dell’età di Adriano e gli altri edifici centrici dell’antichità, ma anche San
Vitale a Ravenna, tempio cristiano e non pagano.
designato come un tempio, pianta ottagonale (due dimensioni, spessore completa, monte scavato da
nicchia e cappella interna, visibile esternamente, cantiere non terminato.
Pianta centrale commentata da cappelle: anche queste sono spazi perfettamente ripresi
dall’antichità. Due lati rettilinei e due absidi affacciate tra loro, spazi tipici delle aule termali
antiche. Anche lo scavo dentro la muratura richiama quel discorso spaziale e di modellazione del
muro che si era visto a Santo Spirito.

TRIBUNE MORTE SANTA MARIA DEL FIORE


Già cupole laterali con contrafforti a setto che portano fuori le spinte e le scaricano sui pilastri
esterni erano previste dal progetto trecentesco e vengono realizzate in stile gotico. Quello che
Brunelleschi costruisce sono quattro semicilindri che occupano lo spazio intermedio tra le cappelle.
Un contrafforte in genere è un arco rampante e quindi un setto, mentre in questo caso è una
superficie avvolgente che resiste in proprio per superficie, poiché semicircolare.
Le semicolonne hanno anche finalità di esplicitare la funzione statica poiché è come se il
semicerchio premuto creasse delle escrescenze nei punti di maggiore sforzo, ma al tempo stesso
cono la convessità che si contrappone a una grande concavità. Dove lo scavo è alleggerimento della
massa muraria. Modelli antichi, mausoleo di Sant’Elena a Roma.
Ma le tribune erano anche quattro grandi magazzini relativi a tutto il materiale da costrizione che
sarebbe poi servito per la costruzione finale del LANTERNINO.
Questo si configura come un tempietto monoptero, di tipo antico
Tribune morte  completano il sostegno al di sotto del tamburo
Tra le varie cupole dell’ottagono abbiamo (semi cupola 300 esce)
Sistema del santo spirito, muro articolato, coppie di semi colonne
Lanterna di chiusura vero e proprio edificio progettato a parte per un nuovo concorso
peso ulteriore, sistema a contrafforti
tempietto circolare con speroni che mettono in continuità
elementi strutturali della lanterna
Leon Battista Alberti

Alberti figura eccezionale nel panorama dell’architettura occidentale: è in primo luogo un umanista,
un intellettuale, letterato, filosofo, conosce il latino e il greco, eruditissimo in tutte le Litterae greche
e latine, a conoscenza dei dibattiti religiosi del tempo. L’unico trattato, l’unico grande pensiero
artistico del ‘400 cosciente, proprio a conoscenza dei fermenti filosofici a lui contemporanei e quello
di Leon Battista Alberti. Si tratta del De re aedificatoria, in latino, la cui prima stesura viene oferta dal
suo autore al papa Nicolò V nel 1452. Il trattato è scritto in latino, e la prima edizione a stampa è del
1485 (Alberti muore nel 1472), mentre la prima traduzione in volgare è del 1550. E’ subito chiaro che
non è un trattato per gli architetti ma per i committenti, ed è altrettanto chiara la volontà di emulare,
e superare, il trattato di Vitruvio, di cui accoglie la struttura in dieci libri e i principi di FIRMITAS,
UTILITAS E VENUSTAS, ma con una diversa concezione. Già nel Proemio enuncia un primo principio
che sarà alla base di tutta l’architettura moderna: la DISTINZIONE TRA L’ARCHITETTO E IL FABER.
L’architetto è colui che svolge un’attività intellettuale, non è il capomastro, non è il faber, non è colui
che lavora con le mani, non è l’esecutore, tanto che architetto può essere colui che solamente
progetta, ma che progetta tenenedo conto dell’intera gamma delle difficoltà connesse
all’architettura, in modo da poter guidare con il suo intelletto le schiere degli esecutori. Il problema è
che questo nuovo architetto domina completamente l’intero ciclo della produzione edilizia e quindi si
distingue nettamente dal capomastro gotico, sempre presente in cantiere e che decide per pratica e
per empiria. Ma l’architetto sta cominciando ad essere una metafora, non è un professionista, è una
metafora di buon governo. La struttura dei dieci libri: Nel I libro Alberti dà le definizioni
dell’architettura; Il II e III sono dedicati alla firmitas: quindi si sofferma sulla qualità dei materiali, su
dove vanno prese le calci, le pozzolane, in quali cave, con quali accorgimenti, in quale stagione, come
si fano le fondamenta. Tutta la parte materiale dell’architettura privilegiando la parte fondativa. Il IV
e V libro sono dedicati all’utilitas, quindi alle funzioni e a quello che nell’800 si chiamerò la tipologia:
vale a dire il tempio, la casa, la villa etc. I libri dal VI al IX sono dedicati alla venustas, alla teoria del
Bello, quindi alla decorazione e alle proporzioni Libro X: conclusioni. 2 Nel libro IX troviamo una
distinzione fondamentale tra pulchritudo e ornamenta: esiste un bello essenziale e un bello
aggiuntivo. La pulchritudo viene sintetizzata da Alberti come concinnitas universalium partium:
organizzazione armoniosa delle parti, è quella disposizione generale in un’opera artistica in cui nulla
si può aggiungere e nulla si può togliere. Questo significa che tutte le parti sono necessarie l’una
all’altra in maniera perfettamente calibrata, sia dal punto di vista armonico (delle proporzioni), sia dal
punto di vista formale e qualitativo. Concetto di ORDINE ARCHITETTONICO. In Vitruvio il tema non è
trattato a parte ma è all’interno della trattazione dei templi, quindi non esiste un ordine ionico per
Vitruvio, ma esiste un tempio ionico. Per Alberti c’è qualcosa di più: egli parla un pò degli ordini, ma
questi sono principalmente una “pulchritudo ausiliaria”, non sono la sostanza dell’architettura. Il
bello dell’architettura, quella concinnitas in cui nulla si può togliere o si può aggiungere è per Alberti
nella struttura dell’architettura, e quindi nel valore murario, continuo, nell’organismo come tale a cui
gli ordini si applicano come decorazione.
Esordio di Leon Barrista Alberti come architetto:
Tempio Malatestiano A Rimini
Committente Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini, condottiero e mercenario, ritratto
nell’affresco di Piero della Francesca all’interno del Tempio Malatestiano, il committente viene messo
sullo stesso piano di un condottiero bellico, volontà di trasformare la chiesa Medioevale già esistente
in un tempio contenente in futuro le spoglie e i sarcofagi della famiglia.
Corte non più medievale ma umanistica, al centro il principe condottiero.
Medaglia di fondazione di Matteo de’ Pasti, reca la data 1450, raffigura il progetto iniziale non
realizzato completamente. Interno che nulla a che vedere con il linguaggio albertiano, archi acuti,
pilastri tagliati, linguaggio di elementi affastellati tra loro.
Matteo de Pasti lavora all’interno “architetto e costruttore”, Agostino di Duccio scultore “lapicida”
(da iscrizione all’interno).
È un cantiere interrotto, a causa della morte di Sigismondo nel 1468. Alberti interviene accostandosi
all’edificio preesistente.
Cupola tipo Pantheon, dialettica di spazi diversi, confronto tra architettura all’antica della rotonda e
navata pseudo-gotica o proto-umanistica.
Riproduzione della rotonda dell’Anastasis di Gerusalemme: una grande rotonda con un corpo
longitudinale.
Edificio foderato in prospetti in pietra d’Istria bianchi, pelle che riveste l’edificio.
Prospetto principale:
3 arcate a tutto sesto che si impostano sulle imposte
portale centrale sfondato con decorazione colorata
impaginato da arco di trionfo
Prospetto laterale:
archi su pilastri (tipo acquedotto), ordine di pilastri nudi che reggono archi a sesto acuto senza
basi, elementi rialzati da una sorta di stilobate
Grandi paraste che lavorano come ordini inquadranti, sequenza come continuità di archi di
trionfo all’antica.
paraste, ordine gigante, alto più pioni.
Edificio come organismo
da fuori si capisce cosa c’è all’interno
Le colonne in facciata Alberti le chiama puchritudo addita, bellezza aggiunta. E’ una bellezza che
chiaramente non fa parte della struttura portante, è appagamento per l’occhio ma non proviene dalla
necessità costruttiva dell’opera stessa. Ma per Alberti deve avere un suo significato. Cantiere nella
prospettiva di Basinio da Parma: ci mostra il Tempio Malatestiano in costruzione. Si vede la classica
gru vitruviana controventata, chiamata antenna o stella. Facciata, decorazione. Nel fornice centrale,
diventa spazio, accentuato da uno sfondo prezioso, quasi medievale. Dunque da un lato severa
struttura, assoluta strutturalità (pilastri senza base, un’architettura che nasce da terra senza
mediazione, quasi un brutalismo), dall’altro la pulchritudo addita, di una ricchezza quasi eccessiva.
Nello stesso periodo in cui Alberti è impegnato nel cantiere di San Francesco a Rimini è
probabilmente impegnato nella progettazione ed esecuzione della facciata (della sola facciata e non
del palazzo) del Palazzo Di Giovanni Rucellai a Firenze.
Palazzi precedenti: palazzo di Cosimo de Medici, Michelozzo, simbolo del potere mediceo per
dimensioni e strategia insediativa (palazzo-piazza-San Lorenzo come cappella palatina).

Palazzo Rucellai 1446 - 1447


Opera assolutamente innovativa per la Firenze della metà ‘400
Bugnato che si appiattisce verso l’alto, non ordini non trabeazioni, solo una commisurata a
tutt’altezza. Idea della casa all’antica. Palazzo Rucellai è un intervento simile a quello del tempio
Malatestiano, vale a dire che Alberti interviene negli anni 1454-55 su un edificio iniziato da un altro
architetto, probabilmente Bernardo Rossellino, che si occupa della distribuzione e costruisce le
murature al rustico (1446-47). Ma in questo caso si tratta dell’applicazione di una lastra di facciata.
L’osservazione delle pietre dimostrò che l’organismo iniziale era a 5 campate e non 7. Un palazzo
piccolo, raffinatissimo, per la mentalità dell’epoca. E’ la prima volta che nella storia dell’architettura
moderna un ordine dorico, un ordine pseudo corinzio e un altro ordine pseudo corinzio, vengono
allineati sulla verticale, vale a dire la ripresa di quel sintagma fondamentale antico del Colosseo
principalmente, o del Teatro di Marcello, della SOVRAPPOSIZIONE DEGLI ORDINI; non le semicolonne,
che lui usa di rado e per ragioni trionfali, ma quello che a lui interessa è la materia, la muratura, ciò
che parla in quanto statica, quindi paraste, quindi anche una certa irriconoscibilità del modello
Colosseo perchè solamente l’occhio raffinatissimo anche di allora se ne poteva accorgere. La facciata
di palazzo Rucellai è una griglia, a questo punto completamente proporzionata, misurata dalle
trabeazioni che vengono sovrapposte correttamente ai capitelli, basandosi su una diminuzione
costante non casuale. Senza ambiguità: e infatti data la presenza dell’ordine, anche la trabeazione e
la cornice dell’ultimo piano, si rapporta all’ordine sottostante, e l’altezza della trabeazione è un 4
modulo e mezzo della parasta corrispondente, non corrisponde più ad un’altezza enorme (come nel
palazzo di Cosimo de Medici) perchè deve chiudere un palazzo. Citazione del modello antico: ultimo
ordine del Colosseo, fregio invaso da mensole. Tecnica dell’estrapolazione: imito senza rendere
riconoscibile il modello. Brunelleschi e Alberti stanno imitando l’antico o lo stanno inventando?
Diventa una lingua viva, in trasformazione. Un linguaggio trasformazionale. Il basamento è per
sedersi. La parte più importante è la parasta: in basso si chiude con una base attica, e un plinto. Ma
c’è una stranezza: ambedue le modanature proseguono lungo il muro. La base esprime il fatto che la
parasta sta pesando e lì si sta rigonfiando qualcosa. Ma questo corrisponde al concetto albertiano
come viene espresso nel De re aedificatoria: che cos’è la parasta se non un incresparsi del muro? E’ il
muro che viene leggermente in avanti, per cui il muro è trattato come una parasta. Questo Alberti lo
ha visto nel Pantheon, ma è un elemento che attraversa le epoche perchè gli architetti gotici
unificavano non paraste ma pilastrini, fasci polistili, unificando anche le basi. Ma non è questo che ha
in mente Alberti, perchè ormai è prassi arcaica. Lui guarda quegli esempi dell’antico per dimostrare
come questo elemento possa essere la base di un muro oltre che di una parasta. Ma la parasta fa
parte del muro. Ma se così fosse anche la parasta dovrebbe essere bugnata (Rossellino a Pienza), e
infatti lui incide leggermente le paraste.
Nel De re aedificatoria cos’è l’ordine architettonico? E’ “additum”, applicato, è quello che Alberti
definisce non la bellezza necessaria ma quella sussidiaria. Nel Tempio Malatestiano erano le
semicolonne in facciata, mentre sul fianco non vi era ordine ma pura struttura e quindi Pulchritudo
logica dell’architettura. Qui abbiamo qualcosa di più, ma nello stesso tempo fa parte del muro, e
allora noi scopriamo che in questa maglia che ci era sembrata all’inizio totalmente razionale, noi
incontriamo la “varietas” del taglio delle pietre, l’ambiguità delle paraste, cioè questi elementi sottili
che sgarrano dalla freddezza apparente dell’insieme. Fascia a opus reticulatum, che diviene pura
astrazione, nel XII secolo, nel San Miniato al Monte era diventato motivo decorativo. Dunque Alberti
si trova a intrecciare due tradizioni: antica romana, e cittadina. Ma il bugnato piatto da dove viene?
Tempio di Marte Ultore, ma le bugne sono regolari: è il concetto, non il modello. Un altro esempio è il
tempio di Vesta: anche qui c’è una forte regolarità, e il gusto dell’astrazione delle “crusta”
superficiale.

Palazzo Filippo Strozzi 1489 – 1504


3 registri, sistema di divisione dei piani con marcapiani, no ordini architettonici, in assenza
architrave, fregio, cornicione, bifore fiorentine
palazzo cubico, piazza antistante che mette in risalto
(cuci scuci di abitazioni esistenti nei dintorni, 8 case in 1)
Progetto di una facciata, strada tanto stretta, palazzo visto sempre di scorcio
cortile a due bracci
bugnato gentile, bifore
griglia di ordini archi sovrapposti verticalmente, trabeazione proporzionata all’ultimo ordine, il fregio
dell’ultimo ordine del Colosseo è invaso da mensola così come Palazzo Rucellai
Opusi reticolatum
Reticolazione decorativa della chiesa di San Miniato al Monte<
Punto di riferimento per creare e progettare l’umanesimo
Ordini:
1 ordine dorico  capitello definito, sistema ovuli scanalature verticali
2 ordine invenzione albertina, ordine italico, corinzio semplificato
3 ordine corinzio

Sant’Andrea a Mantova 1472 - 1494


Committente marchese di Mantova Ludovico Gonzaga. Mantova ha origini etrusche. Alberti propone
una serie di interventi, tra cui il rinnovamento della chiesa di Sant’Andrea in forma di 5 “tempio
etrusco” descritto da Vitruvio con proporzioni di 5:6, larghezza della navata uguale alla sua altezza,
con ai lati delle celle che si aprono su una navata unica. Dove lo trova un modello simile nell’antico?
Nella Basilica di Massenzio a Roma. Ma c’è qualcosa di più importante dal punto di vista strutturale:
la grande struttura voltata in muratura, non è possibile costruirla in maniera lapidea. E Alberti realizza
tutto il Sant’Andrea in materiale locale: il laterizio, il mattone. Planimetria. Diversi tipi di coperture,
per le cappelle-celle volte a botte alternate a cupolette basse, al centro grande volta a botte: è il
sistema delle volte collaboranti all’antica, è la prima volta che lo troviamo nel ‘400 di questa
grandezza. Questa scansione si ripercuote in questo sistema della TRAVATA RITMICA, inventata da
Alberti. Al di sopra del tetto i setti delle cappelle proseguono con funzione di contrafforti della grande
volta a botte, permettendo di scaricare le spinte supplementari; per cui la volta a borre scarica in
parte sulle volte secondarie e in parte sui contrafforti. Che poi è il principio dell’arco rampante gotico.
Il transetto è un’alterazione del progetto albertiano, non ama le chiese con transetto. Nel frattempo
Alberti è morto (+1472), ma ha lasciato un modello. Prassi del cantiere. Cupola costruita da Juvarra
nel ‘700. La facciata è la proiezione a 90° dello schema della travata ritmica, perfetta corrispondenza
tra interno ed esterno. Edificio come ORGANISMO. Tutta questa consequenzialità di parti in un gioco
perfetto dove nulla si può aggiungere e nulla si può togliere è sintetizzato da Alberti nel concetto di
Concinnitas universarium partium: spazi collaboranti, ogni parte dell’edificio è assolutamente
necessaria. In realtà l’organismo è tutto scatolare, non funziona più neppure per pilastri. Abbiamo
visto Brunelleschi procedere ponendo colonne tutte uguali e continue nelle navate di San Lorenzo e
Santo Spirito, e poi usare la superficie muraria puntualizzata da paraste angolari diversamente
configurate nella Sagrestia Vecchia. Qui il concetto è completamente diverso. Bisogna immaginare la
superficie resistente come se si trattasse di un intero pilastro bucato perchè alleggerito. Un enorme
pilastrone scavato che diventa cappella, ma allora la collaborazione delle volte diventa collaborazione
dell’intera struttura, non vi è un frammento di muro che sia incoerente con tutto il resto. Cosa vuol
dire organico? Vuol dire che partecipa profondamente all’unità dell’edificio. Alberti introduce in
questa complessità organica un qualcosa che dovremmo chiamare INTERSEZIONE DEGLI ORDINI
inventando quello che verrà chiamato l’ORDINE GIGANTE. Quand’è che un ordine può essere
chiamato gigante? L’ordine gigante significa che questo grande ordine che arriva sino alla trabeazione
comprende tante cose dentro di sè: un primo livello che è 6 quello della porta, un secondo che è
quello della specchiatura e poi quello della finestra superiore: quindi lo potremmo interpretare come
tre livelli di un palazzo. Un secondo concetto è quello dell’intersezione degli ordini: è l’arco di trionfo
antico. Catena di archi trionfali. E questo lo si capisce meglio ancora guardando la facciata. Mentre
all’interno questi archi di trionfo sono schiacciati a parete, all’esterno, in facciata non abbiamo una
lastra (come nel Tempio Malatestiano, o in palazzo Rucellai) ma uno SPAZIO. Un arco trionfale
completo. Modello per nicchie sovrapposte e decorate da conchiglie: arco di Giano. La
monumentalità, il gigantismo espresso da Alberti corrispondono a una volontà d’isolamento.
Sant'Andrea va letto come un frammento di razionalità, chiuso in se stesso, che non può pervadere la
città. In queste architetture albertiane, in questa loro finitezza, in questa totale razionalità, in questa
totale concinnitas come esempio di armonia, dove nulla si può aggiungere e nulla si può levare, non
dobbiamo vedere un insegnamento estensibile. Questi che possiamo chiamare dei frammenti di
razionalità s’infilano nella città medievale con una violenza che esclude qualsiasi colloquio con la
città, dichiarando che se c’è razionalità questa è una razionalità simulata in quell’artificio che è
l’architettura.

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