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MATILDE DI CANOSSA

E IL SUO TEMPO
Atti del XXI Congresso internazionale di studio
sull’alto medioevo in occasione del IX centenario
della morte (1115-2015)

San Benedetto Po - Revere - Mantova - Quattro Castella,


20-24 ottobre 2015

TOMO PRIMO

FONDAZIONE
C ENTR O ITALI ANO DI ST UDI
SULL’ ALTO M EDIOE VO
SPOLETO
2016
ISBN 978-88-6809-114-9

prima edizione: ottobre 2016

© Copyright 2016 by « Fondazione Centro italiano di studi sull’alto medioevo »,


Spoleto.

Il Congresso è stato realizzato anche con il contributo di


INDICE

Consiglio di amministrazione e Consiglio scientifico della


Fondazione Centro italiano di studi sull’alto medioevo pag. IX
Elenco dei partecipanti .................................................... » XI
Programma del Congresso ............................................... » XIII
PAOLO GOLINELLI, Matilde: la donna e il potere ...................... » 1
TIZIANA LAZZARI, I poteri delle donne al tempo di Matilde ........ » 35
GIUSEPPE SERGI, Matilde di Canossa e Adelaide di Torino: con-
tatti, confronti, valutazioni tipologiche ............................... » 57
AMALIA GALDI, Sichelgaita e le altre. Donne di potere (?) nel
mezzogiorno medievale .................................................. » 75
ENRICO BONANATE, La titolatura pubblica femminile canossana:
evoluzione e difformità con il contesto italico ....................... » 99
VALERIE EADS, What Is a Warrior Countess? ......................... » 117
EUGENIO RIVERSI, « Maiorem se facit Italia »: la questione della
legittimazione del potere di Matilde nelle fonti narrative e trat-
tatistiche ..................................................................... » 133
ANDREA PADOVANI, Matilde e Irnerio. Note su un dibattito at-
tuale .......................................................................... » 199
GIUSEPPE FORNASARI, Canossa tra germanesimo e latinità. Alcune
riflessioni ..................................................................... » 243
ALBERTO RICCIARDI, Soissons 833 Canossa 1077. Potenzialità e
limiti di un confronto ..................................................... » 265
VI INDICE

MARINO ZABBIA, Protagonista di un secolo dimenticato. La fortu-


na di Matilde nelle cronache medievali ............................... pag. 301
LUCIA CASTALDI, La Vita Mathildis di Donizone di Canossa fra
tradizione manoscritta e opportunità politica ........................ » 323
MARIA LUISA CECCARELLI LEMUT, La dimensione marittima del-
la Marca di Tuscia ........................................................ » 355
CATERINA CICCOPIEDI, Matilde e i vescovi ............................. » 371
MARCO VENDITTELLI, « Usque ad Urbem cum comitissa Mathilda
pacifice venimus ». La situazione politico-sociale di Roma al
tempo di Matilde .......................................................... » 391
GIUSEPPA Z. ZANICHELLI, Donne e libri al tempo di Matilde ...... » 427
FILIPPO FONTANA, Aspetti archeologici del controllo del territorio
fra l’Alta Val d’Enza e l’Alta Lunigiana. La consorteria dei
da Vallisnera e i Canossani ............................................ » 447
EDOARDO MANARINI, Ai confini con l’Esarcato: proprietà, possessi e
giurisdizioni dei Canossa nel Bolognese orientale ................. » 459
RENZO ZAGNONI, Valichi matildici fra Emilia e Toscana: il caso
dell’itinerario Reno-Ombrone pistoiese ............................... » 481
ENRICA COZZI, Un ciclo pittorico dell’epoca e nel territorio di
Matilde: Acquanegra sul Chiese ....................................... » 501
FABIO SAGGIORO, Castelli e Canossa: alcune note sulle politiche
territoriali e sulle strutture materiali ................................... » 519
PAOLA GALETTI, Gli spazi del ‘quotidiano’ al tempo di Matilde . » 531
NICOLA MANCASSOLA, Pievi, chiese e monasteri al tempo di Ma-
tilde di Canossa ........................................................... » 549
CHIARA MARASTONI - ELENA MONTI, Il contributo dell’archeolo-
gia alla lettura del paesaggio abitativo di età matildica nel terri-
torio mantovano ............................................................ » 619
SILVIA LUSUARDI SIENA - CATERINA GIOSTRA, Archeologia a San
Benedetto Po: alle origini del monastero dei Canossa ............ » 645
INDICE VII

MANFRED LUCHTERHANDT, Architettura matildica? Le Cattedrali


padane tra nobiltà, chiesa e comune: il caso di Parma ........... pag. 665
SAVERIO LOMARTIRE, Cicli figurati e scritture esposte: un ruolo
per Matilde? ................................................................ » 701
XAVIER BARRAL I ALTET, Donne committenti e donne artiste nel
romanico europeo: una questione aperta dell’arte medievale ..... » 729
ANDREA DEL GROSSO, Le arti del metallo in area matildica tra
XI e XII secolo ............................................................ » 747
MADDALENA VACCARO, Matilde di Canossa a San Benedetto Po:
un mosaico « per ornamento del sepolcro »? ........................ » 771
FABIO SAGGIORO

CASTELLI E CANOSSA:
ALCUNE NOTE SULLE POLITICHE TERRITORIALI
E SULLE STRUTTURE MATERIALI

INTRODUZIONE

Delineare un quadro delle politiche territoriali legate ai castelli


dei Canossa è operazione complicata da molti punti di vista e che
esula dal presente contributo. Già osservava Aldo Settia come non
fosse facile sulla sola base documentaria esistente, valutare una
chiara politica di controllo territoriale 1. Questa infatti si declinò,
per i Canossa, non solo nella gestione diretta di alcuni centri ca-
strensi, ma anche nella loro acquisizione, anche temporanea, nella
loro cessione (a vassali od enti alleati e fedeli) all’interno di uno
scacchiere politico che dall’età di Adalberto Atto a quella di Ma-
tilde, presenta variazioni e fluidità 2.
Per questo, in questa sede, tratteggeremo alcuni punti che ci
sembrano significativi, non tanto per arrivare a delineare le strategie
(tentativo che già Aldo Settia 40 anni fa, reputava rischioso), quanto
piuttosto per capire se i castelli, abbiano rivestito un ruolo specifico
all’interno della politica canossiana, evitando di cadere nella tentazio-
ne di lasciar spiegare a Donizone 3 (o in generale ai cronachisti) la

1. A. A. SETTIA, Castelli e villaggi nelle terre canossiane fra il X e il XIII secolo, in Studi
Matildici, 1978, pp. 281-307.
2. V. FUMAGALLI, Terra e Società nell’Italia padana. I secoli IX-X, Torino, 1976; G.
ANDENNA, Città e impero, in R. SALVARANI, L. CASTELFRANCHI (a cura di), Matilde di Ca-
nossa. Il Papato, l’Impero, Milano, 2008, pp. 101-115. E. GOEZ, Matilde di Canossa e la sua
corte. Dominio e politica di potere a cavallo tra XI e XII secolo, in R. SALVARANI, L. CASTEL-
FRANCHI (a cura di), Matilde di Canossa. Il Papato, l’Impero, Milano, 2008, pp. 175-185.
3. M. OLDONI, Nella terra di mezzo dei signori di Canossa e di Matilde. Il “teatro di Do-
nizone”, in R. SALVARANI, L. CASTELFRANCHI (a cura di), Matilde di Canossa. Il Papato,
l’Impero, Milano, 2008, pp. 187-207.
520 FABIO SAGGIORO

centralità del loro ruolo di piazzaforte militare, che spesso in queste


cronache pare più retorica ed episodica che sostanziale.
A questi aspetti va sommandosi il nodo cronologico: ovvero
se esiste una variazione nelle proprietà dei castelli dei Canossa nel
corso del tempo e se questa variazione (basata inevitabilmente sul-
la fonte documentaria) possa avere chiavi di lettura generali, ovve-
ro, in altre termini, che si possa leggere il fenomeno al di là del
rafforzamento patrimoniale della famiglia.
Il terzo aspetto è quello invece legato alla cultura materiale
che emerge dai dati archeologici e che può aiutarci a comprende-
re la dimensione, certo “quotidiana” della vita tra X e XII secolo
e contestualizzare con maggior efficacia anche il dato archivistico-
documentale.

LA DISTRIBUZIONE DEI CASTELLI E LA LORO FUNZIONE

Un primo punto su cui quindi vorrei soffermarmi in questa


sede è quello legato alla distribuzione territoriale dei castelli rien-
trati nelle disponibilità della famiglia dei Canossa nel periodo che
va dalla figura di Adalberto Atto a quella di Matilde.
Il fatto che il quadro emergente da tale distribuzione sia sostan-
zialmente “fragile”, come aveva già ben osservato Aldo Settia, soprat-
tutto se inteso come espressione di potere politico-militare, in realtà
non impedisce di leggere tale quadro come l’espressione di relazioni
e reti che i Canossa seppero creare nel corso di un secolo. « È pro-
prio con l’acquisizione di numerosi siti incastellati, più che di impor-
tanti complessi fondiari, che Adalberto va costruendo la base della sua
potenza politica », scrive Settia nel 1978 4.
Si deve però tenere presente, un aspetto: ovvero quanto la
politica fu di promozione e quanto di acquisizione. In altre parole
se nelle diverse fasi, vi fu effettivamente un ruolo dei Canossa co-
me costruttori e promotori di iniziative fortificatorie o invece la
politica prodotta nei vari periodi fu quella di una mirata acquisi-
zione di opere già esistenti.
Com’è noto, la fonte cronachistica di Donizone tende a di-
pingere un quadro di attivissimi e fortissimi promotori di iniziati-

4. SETTIA, Castelli e villaggi nelle terre canossiane cit. (nota 1).


CASTELLI E CANOSSA 521

ve 5, ma è altrettanto vero che solo per una minima parte di que-


sti centri abbiamo certezza di un ruolo attivo nella costruzione o
ristrutturazione di una fortezza.
D’altronde interi territori, come quello parmense studiato da Lui-
gi Provero 6, vedono una consistente influenza della politica canos-
siana, seppur le proprietà direttamente controllate dalla famiglia siano
limitatissime (nell’età di Bonifacio Solignano, San Secondo e Castella-
rano), e questa si esprima sostanzialmente attraverso il rapporto con
due importanti famiglie (i Baratti e Guiberti) e poi nel periodo Ma-
tildico con lo sviluppo di una clientela e con alleanze di profilo: dai
Conti di Parma e Sabbioneta, ai signori di Cavriago e Cornazzano,
sino alle famiglie dei già citati Baratti e dei Maladobbati. Non ci di-
lungheremo oltre, ma questo solo per osservare, almeno sul piano
metodologico, che per comprendere a fondo la strategia nei vari pe-
riodi si debba procedere con un lavoro più ampio e sistematico an-
cora in larga parte da impostare.
Quindi il problema resta a mio avviso aperto, come resta tale,
al momento, il nodo della circolazione di eventuali modelli forti-
ficatori 7. Mi pare sia invece significativo mettere a fuoco alcuni
problemi per impostare future riflessioni.
Possiamo, credo, distinguere 4 grandi fasi, almeno per como-
dità di lettura dei dati, corrispondenti ai 4 maggiori interpreti:
Adalberto, Tedaldo, Bonifacio e Matilde 8. La comparsa dei ca-
stelli nel quadro documentario è ovviamente casuale (quando non

5. OLDONI, Nella terra di mezzo dei signori cit. (nota 3).


6. L. PROVERO, Società cittadina e linguaggio politico a Parma (secoli X-XI) [A stampa in
La vassallità maggiore nel regno italico: l’ordo feudale dei capitanei (secoli XI-XII). Atti del
Convegno internazionale di (Verona, 4-6 novembre 1999), Roma, 2001, pp. 185-210 
dell’autore - Distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”].
7. H. HEROLD, Fortified Settlements of the 9th and 10th Centuries ad in Central Europe:
Structure, Function and Symbolism, in Medieval Archaeology, 56 (2012), pp. 60-68; contributi in:
A. SETTIA, L. MARASCO, F. SAGGIORO (a cura di), Fortificazioni di terra in Italia. Motte, tumuli,
tumbe e recinti, in Archeologia Medievale, XL (2013), 2014.
8. T. LAZZARI, Aziende fortificate, castelli e pievi: le basi patrimoniali dei poteri dei Canos-
sa e le loro giurisdizioni, in A. CALZONA (a cura di), Matilde e il tesoro dei Canossa tra castelli,
monasteri e città, Milano, 2008, pp. 97-115. Aspetti sulla cultura materiale sono stati anche
trattati in P. M. DE MARCHI, Le campagne nell’altomedioevo tra storia e cultura materiale, in
R. SALVARANI, L. CASTELFRANCHI (a cura di), Matilde di Canossa. Il Papato, l’Impero, Mila-
no, 2008, pp. 153-165.
522 FABIO SAGGIORO

è presente un atto di fondazione o di acquisizione), ma può co-


munque essere utile per comprendere l’esistenza di alcune linee
nelle politiche territoriali.
Il primo dato che sembra emergere 9 è che i castelli acquisiti
o fondati da Adalberto Atto segnano alcune aree ben delineabili:
un primo punto è quello del Po, verso Nord, che significa tutta-
via anche una presenza e un controllo verso l’area mantovana, at-
traverso i centri di Gonzaga e Pegognaga (nonché l’isola di San
Benedetto) (Fig. 1) 10. Brescello ad Ovest e Ficarolo ad Est com-
pletano il quadro di una politica che, come aveva già notato Vito
Fumagalli, nel Po ha certamente un perno centrale.
Il secondo punto è quello appenninico, che ha nell’area di Ca-
nossa il suo centro, e che guarda prevalentemente all’area reggiana 11.
Aveva già notato Andrea Castagnetti 12 come i Canossa, che dal-
l’inizio dell’XI secolo erano stati investiti con Tedaldo del comitato
di Ferrara, avevano via via già proceduto nella zona traspadana ferra-
rese ad acquisizioni patrimoniali, terre e, soprattutto, castelli, secondo
una consuetudine consolidata di rafforzare con diritti signorili le basi
di potere nei territori affidati al loro governo. Uno snodo quello Fer-
rarese che rimase centrale sino all’epoca matildica.
I castelli che risalirebbero al periodo di Tedaldo non sembrano
essere molti (Fig. 2) e, come Nogara, Angiari o Casteldidone tra Ve-
rona e Cremona, oppure Vidalengo e Cortiniano prossimi o in area
bergamasca, la loro acquisizione si dovrebbe forse al rapporto di Ri-
childe con Bonifacio piuttosto che all’iniziativa di Tedaldo 13.
E’ certamente nel periodo di Bonifacio che il numero delle
attestazioni di castelli confluiti nelle disponibilità dei Canossa si fa
decisamente maggiore. Ma qui, certamente, si deve tenere conto
anche della casualità e parzialità della documentazione pervenuta.

9. Già peraltro ben delineato in V. FUMAGALLI, Terra e Società nell’Italia padana. I se-
coli IX-X, Torino, 1976.
10. Per la città di Mantova dal punto di vista archeologico nell’età di Matilde: E. M.
MENOTTI, Mantova nell’età dei Canossa attraverso le testimonianze archeologiche, in R. SALVA-
RANI, L. CASTELFRANCHI (a cura di), Matilde di Canossa. Il Papato, l’Impero, Milano, 2008,
pp. 267-273.
11. M. MUSSINI, L’architettura medievale nel territorio reggiano, in A. CALZONA (a cura
di), Matilde e il tesoro dei Canossa tra castelli, monasteri e città, Milano, 2008, pp. 251-387.
12. A. CASTAGNETTI, La società ferrarese (secoli XI-XIII), Verona, 1991.
13. LAZZARI, Aziende fortificate, castelli e pievi cit. (nota 8).
CASTELLI E CANOSSA 523

Appare però interessante osservare come sul piano geografico con


Bonifacio (e in seguito Matilde) il numero di attestazioni di ca-
stelli nelle disponibilità dei Canossa aumentino territorialmente in
area modenese e bolognese 14. Quanto questo avvenga per ragioni
legate ai processi di conservazione della documentazione archivi-
stica, non è dato sapere. Tuttavia, mi pare aspetto su cui valga la
pena riflettere. Anche perché, geograficamente, questo avviene
prevalentemente nel settore appenninico, con alcune limitate pre-
senze nelle aree di pianura.

Fatti salvi alcuni casi problematici mi pare comunque che il


rapporto con la viabilità di grande percorrenza sia una delle chiavi
di lettura più efficaci per descrivere la politica dei Canossa. Sin
dalla prima fase di Adalberto si delinea, certamente un nodo terri-
toriale (Canossa) 15, ma anche il rafforzamento e uno sguardo sul-
l’area del Po. Anche la ristrutturazione-recupero di Brescello 16 ha
un significato chiave in questa logica. Consolidati alcuni centri di
potere sembra evidente che lo sviluppo, nel periodo di Bonifacio,
avvenga lungo la strada Modena-Verona, cui si deve aggiungere
anche una maggiore presenza di castelli nei transiti appenninici 17.

La politica sui castelli che i Canossa sembrano tenere, almeno in


termini generali, non è quindi solo quella di luoghi di controllo dei
patrimoni fondiari, come talvolta – riduttivamente – è stata intesa. La
garanzia di poter disporre di centri fortificati, anche se minimi, ma di
presidio di aree strategiche, consentendo una fitta rete di comunica-
zioni e di monitoraggio della pianura padana, permetteva loro di gio-

14. Per un inquadramento archeologico dei castelli in area bolognese, seppur non in
stretta connessione con i Canossa, recentemente E. GRANDI, Il bolognese orientale tra primo
incastellamento e nuove fondazioni (secc. X-XIII), in Archeologia Medievale, XXXVII (2010),
pp. 47-60.
15. M. MUSSINI, L’architettura medievale nel territorio reggiano, in A. CALZONA (a cura
di), Matilde e il tesoro dei Canossa tra castelli, monasteri e città, Milano, 2008, pp. 256-257;
263-267.
16. A. A. SETTIA, Castelli e villaggi dell’Italia Padana. Popolamento, potere e sicurezza fra
IX e XIII secolo, Napoli, 1984.
17. Su questi temi: M. MUSSINI, L’architettura medievale nel territorio reggiano, in A.
CALZONA (a cura di), Matilde e il tesoro dei Canossa tra castelli, monasteri e città, Milano,
2008, pp. 254-256.
524 FABIO SAGGIORO

care un ruolo centrale in quadri politici ben più ampi 18. D’altronde
nessuno crederà che il castello di Nogara 19, assediato dall’imperatore
fosse veramente munitissimo come racconta enfaticamente Donizone
(forte vel amplum). Le indagini archeologiche hanno ben mostrato la
realtà materiale di questi centri, per lo più fortini di legno e terra 20.
Non è un caso che sia l’arrivo dell’esercito dei Canossa ad allontanare
le truppe imperiali, a riprova che – evidentemente – fu la rete di co-
municazioni che i presidi garantirono, ad esercitare un ruolo strategi-
co e non la singola fortezza. Sempre nel caso di Nogara, infatti, Ma-
tilde saputo dell’assedio superò il Po e giunse a Governolo, già castel-
lo nei suoi possedimenti a pochi km da Nogara stessa. L’emergere di
questa rete, pur restando sotto traccia è interessante, perché v’è da
chiedersi quanti altri soggetti politici potessero all’epoca in Italia Set-
tentrionale disporre di simili dinamiche che escono dalla logica del
mero controllo fondiario e che assumono un valore anche in chiave
strategica militare 21.

I CASTELLI E LA CULTURA MATERIALE

Sempre Aldo Settia aveva tentato un primo inquadramento su


base archivistica di un gruppo di 13 castelli gravitati nell’orbita dei
Canossa tra l’ultimo quarto del X secolo e la prima metà dell’XI 22
(Fig. 3). Il campione si distribuisce con sostanziale uniformità tra aree
di pianura e d’altura fornendo uno spaccato delle dimensioni di que-
sti centri. Le superfici osservate variano dal mezzo ettaro ai due etta-
ri, inquadrandosi così in centri di modesta superficie.

18. V. FUMAGALLI, Terra e Società nell’Italia padana. I secoli IX-X, Torino, 1976.
19. F. SAGGIORO, Nogara: un villaggio nella Pianura Padana tra IX e X secolo, in F. SAG-
GIORO (dir.), Nogara: archeologia e storia di un villaggio medievale, Roma, 2011, pp. 327-342.
20. F. SAGGIORO, G. M. VARANINI, Motte, recinti e siti con fossato nel territorio veronese: dati e
riflessioni tra fonti scritte e archeologiche (IX-XIV secolo), in Archeologia Medievale, XL (2014), pp.
133-144; più in generale: A. SETTIA, L. MARASCO, F. SAGGIORO (a cura di), Fortificazioni di ter-
ra in Italia. Motte, tumuli, tumbe e recinti, in Archeologia Medievale, XL (2013), 2014.
21. G. SERGI, Relazioni fra poteri e circolazione delle élites. Alcuni caratteri dell’alto medioe-
vo, in Forme delle relazioni internazionali nel medioevo. Atti del seminario di studio del
Centro per gli studi di politica estera e opinione pubblica (Milano, 27-28 novembre
1998), a cura di B. VIGEZZI, Milano, 2001, pp. 69-76.
22. SETTIA, Castelli e villaggi nelle terre canossiane cit. (nota 1).
CASTELLI E CANOSSA 525

Da 30 anni a questa parte gli studi archeologici che abbiano


riguardato siti legati alle proprietà dei castelli dei Canossa sono
stati pochi 23. La stessa rocca (Fig. 4), oggetto di alcuni primi in-
terventi archeologici tra il 2009 e il 2012 risulta ancora poco co-
nosciuta nelle sue fasi edilizie 24. I ruderi della chiesa di San’Apol-
lonio secondo alcuni studi recenti si rivelerebbero già risalenti alla
fase di Adalberto Atto, con successivi rifacimenti, ma non ci sem-
bra ancora possibile delineare un quadro complessivo della topo-
grafia della rocca 25. In ogni caso si dovrebbe forse distinguere una
fase pre Bonifacio, quando il ruolo del sito fu certamente centrale
e funzionale per la famiglia e il periodo successivo quando l’ini-
ziativa matildica tese a monumentalizzare e celebrare l’area, da cui
ebbe origine la casata, anche attraverso il noto trasferimento di
sarcofagi d’età romana e il “recupero dell’antico” 26.
Altre indagini sono state condotte da Ivan Chiesi, sotto la Di-
rezione della Soprintendenza, nel contesto della Rocca di Carpi-
neti, mettendo in luce – per la chiesa di S. Andrea – fasi di XI
secolo 27. All’interno del castello è stato condotto un sondaggio di
50 mq circa, che ha consentito di verificare resti di murature e di-
stinguere almeno due fasi principali per il periodo medievale. Una
prima fase che viene datata anteriormente al XII secolo (altome-

23. Solo da un anno si è avviato congiuntamente tra le Università di Bologna e Ve-


rona e con il Ministero per i Beni Culturali (Soprintendenza Archeologia per l’Emilia
Romagna e Direzione del Polo Museale) un progetto di studio e ricerca sull’area della
Rocca.
24. G. CERVI (a cura di), Indagini e ricerche condotte a Canossa dal Club Alpino Italiano
negli anni 2009-2012, Reggio Emilia, 2012; anche: M. BALZANI, Il rilievo morfometrico tridi-
mensionale di due edifici simbolo di Matilde di Canossa, in A. CALZONA (a cura di), Matilde e
il tesoro dei Canossa tra castelli, monasteri e città, Milano, 2008, pp. 229-249.
25. M. MUSSINI, L’architettura medievale nel territorio reggiano, in A. CALZONA (a cura
di), Matilde e il tesoro dei Canossa tra castelli, monasteri e città, Milano, 2008, pp. 256-257;
263-267.
26. C. FRANZONI, Arcae Marmoreae: le antichità nel tempo di Matilde, in A. CALZONA (a
cura di), Matilde e il tesoro dei Canossa tra castelli, monasteri e città, Milano, 2008, pp.
85-95.
27. I. CHIESI, Scavi e sondaggi archeologici nel castello delle Carpinete a Carpineti (RE), in
S. GELICHI (a cura di), Archeologia Medievale in Emilia Occidentale. Ricerche e studi, Manto-
va, 1998, pp. 65-78.
526 FABIO SAGGIORO

dievale) cui si associa un piano pavimentale in terra battuta, non


meglio definibile. Una seconda fase di XII-XIV secolo, dove si
sovrapporrebbero ulteriori piani pavimentali e cui si associerebbe
la costruzione delle cortine murarie.
Sebbene il dato sia limitato ad un saggio e forse anche da riconsi-
derare o riprecisare meglio alla luce delle nuove conoscenze maturate
sulle produzioni ceramiche, pare interessante comunque sottolineare
come la prima fase sia da riconoscere in strutture prevalentemente
deperibili e quella successiva veda comparsa ed uso della pietra.
Il caso di Manerbio (centro citato da Donizone nel 1090) è
stato studiato e pubblicato anni fa da Andrea Breda, ma per molti
versi non ci consente riflessioni puntuali 28. Edifici in legno delle
fasi centrali del medioevo, tra IX e XI secolo, sono stati qui rin-
venuti, come si registra ormai in molti altri centri della pianura 29.
A questo quadro ancora frammentato vanno però aggiunti i
casi di Nogara e Piadena. Quest’ultimo è ricordato come legato
alla figura di Bonifacio e di Richilde 30.
Scavato archeologicamente a metà degli anni ’80 da Gian Pie-
tro Brogiolo è stato pubblicato una decina di anni or sono dopo
uno studio coordinato dallo stesso Brogiolo e da Nicola Mancas-
sola e rappresenta uno dei casi più interessanti per i castelli della
pianura Padana nei secoli IX-XIII (Fig. 5) 31.
Per inquadrare meglio il sito nel contesto del convegno richiamo
il fatto. Il 10 dicembre 1022 Bonifacio marchese (di Canossa), figlio

28. A. BREDA, Manerbio (BS). Piazza Bianchi. Resti dell’abitato e del cimitero medievali,
in Notiziario Soprintendenza Archeologica della Lombardia, 1991, pp. 37-38.
29. Per esempio: F. SAGGIORO, G. DI ANASTASIO, C. MALAGUTI, A. MANICARDI, L. SAL-
ZANI, Insediamento ed evoluzione di un castello della Pianura Padana (Bovolone VR (1995-
2002), Località Crosare e Via Pascoli, in Archeologia Medievale, XXXII (2005), pp. 169-186;
I. VENTURINI, Il caso di Chiari e le fortificazioni rurali in legno d’area bresciana, in Archeologia
Medievale, XL (2013), 119-132.
30. G. BACCHI, Strutture territoriali tra antichità e medioe evo: il caso del basso cremonese, in
G. P. BROGIOLO, N. MANCASSOLA (a cura di), Scavi al castello di Piadena (CR), in S. GELI-
CHI (a cura di), Campagne medievali. Strutture materiali, economia e società nell’insediamento
rurale dell’Italia Settentrionale (VIII-X secolo), Mantova, 2005, pp. 209-220; G. BACCHI, I
Canossa e il basso Cremonese: la realtà regionale di una famiglia dalla ambizioni europee, in Per
Vito Fumagalli. Terra, uomini, istituzioni medievali, a cura di M. MONTANARI, A. VASINA,
Bologna, 2000, pp. 265-280.
31. G. P. BROGIOLO, N. MANCASSOLA (a cura di), Scavi al castello di Piadena (CR), in S.
GELICHI (a cura di), Campagne medievali. Strutture materiali, economia e società nell’insedia-
mento rurale dell’Italia Settentrionale (VIII-X secolo), Mantova, 2005, pp. 119-220.
CASTELLI E CANOSSA 527

del defunto marchese Teudaldo, e la contessa Richilda, sua moglie e


figlia del defunto conte (di Bergamo) Giselberto, di legge longobar-
da, dopo che Richilda ha dichiarato dinanzi a Tadone, conte del co-
mitato di Verona, di agire liberamente, ricevono in precaria da Lan-
dolfo, vescovo di Cremona, la corte di Oscasale con il castello, rice-
vono anche la corte di Bressanoro con il castello, e ricevono nuova-
mente (era di loro proprietà e l’avevano ceduta al vescovo) la corte
di Piadena con il castello. Per Piadena il castello con la cappella – è
cosa nota e che abbiamo richiamato in precedenza – misura 2 iugeri
(15000 mq circa), nello stesso documento i castelli di Oscasale e Bres-
sanoro misurano uno iugero entrambi, anche se nel primo caso
(Oscasale) se si sommano cappella, edifici dominici e sedimi infra ca-
strum si arriva comunque alla cifra di due iugeri.
Archeologicamente l’area scavata del villaggio-castello di Pia-
dena doveva essere già strutturata sin dal IX-X secolo. Infatti le
indagini condotte in località Castello hanno messo in luce una
lunga sequenza di edifici, datati nella prima fase al IX secolo e poi
sviluppatesi tra X e XI. L’organizzazione degli spazi interni di
questo abitato è interessante, come risulta noto ormai agli archeo-
logi, perchè si sono osservati edifici in materiale ligneo organizzati
urbanisticamente, con dimensioni regolari. Possiamo certamente
dire che le superfici di questi edifici siano mediamente comprese
tra i 50 e 80 mq. Presentano forma rettangolare e la cultura mate-
riale è rappresentata quasi esclusivamente da produzioni ceramiche
per uso domestico e pietra ollare.
Non sappiamo molto dell’organizzazione difensiva di questo
villaggio-castello che per alcuni aspetti presenta interessanti analo-
gie con il caso di Nogara (Figg. 6-7).
Anche questo caso, scavato in anni recenti, entra nella sfera
dei Canossa nel 1010 quando Richilde porta evidentemente nelle
disponibilità di Bonifacio una serie di beni ereditati dal suo primo
marito 32.

32. A. CASTAGNETTI, Le origini di Nogara (906) fra il re Berengario, il diacono veronese Au-
diberto, il conte Anselmo e il monastero di Nonantola, in F. SAGGIORO (a cura di), Nogara: ar-
cheologia e storia di un villaggio medievale, Roma, 2011, pp. 1-52; V. CARRARA, Proprietà e
giurisdizioni di San Silvestro di Nonantola a Nogara (Vr) secoli X-XIII, Bologna, 1992. Più in
generale: A. CASTAGNETTI, La pianura veronese nel medioevo, in Una città e il suo fiume, voll.
2, Verona, 1977, a cura di G. BORELLI, I, pp. 33-138.
528 FABIO SAGGIORO

Anche Nogara non è un insediamento fondato dai Canossa e


gli scavi hanno ben evidenziato come le strutture dell’abitato, an-
che esterno a quelle che saranno gli spazi veri e propri del castel-
lo, rimontino al IX secolo.
Il castello – di cui esiste la concessione all’edificazione da parte
di Re Berengario – risale agli inizi del X secolo.
Lo scavo 33 ha messo in luce un abitato esteso per oltre sei et-
tari di cui è stata principalmente indagata l’area di riva. I primi
edifici, sorti a pochi metri da uno dei rami del corso d’acqua, fu-
rono costruiti entro il primo quarto del IX secolo. Ad oggi sono
state individuate 4 strutture allineate che presentano caratteristiche
comuni per dimensioni e organizzazione interna. Si tratta di case
in legno, tra i 60 e i 90 mq, che adottano una tecnica costruttiva
basata su pali portanti verticali infissi nel terreno e travi orizzontali
per il supporto di pareti e assiti in legno. Gli edifici restarono atti-
vi per tutto il IX secolo, con trasformazioni interne o rifacimenti
di pareti o modesti ampliamenti, e poi con trasformazioni e ab-
bandoni sino alla fine del X/inizi dell’XI secolo.
Tra la fine del X e l’XI secolo l’area abitata prossima alla riva del
Tartaro venne abbandonata, almeno sul piano insediativo. Si tenga
presente che l’area degli edifici dal IX secolo aveva conosciuto una
progressiva “rarefazione” degli stessi con la sopravvivenza, in partico-
lare, di uno solo di essi nel corso del X secolo, attorno al quale si
raccoglievano varie attività. L’abbandono di questo portò alla com-
pleta ridefinizione dell’area. Vennero fatti riporti di terreno, che se-
guirono una fase legata forse ad un episodio alluvionale, documentato
dai resti di detriti vegetali sopra i resti dell’edificio. Le analisi pollini-
che in questa fase 34 (fine X-prima metà XI secolo) individuerebbero
un momento di ritorno delle acque stagnanti e un parziale arretra-
mento della presenza antropica. Si tratta di una fase circoscritta, di cui

33. F. SAGGIORO, L’area e la sequenza di scavo, in F. SAGGIORO (dir.), Nogara: archeologia


e storia di un villaggio medievale, Roma, 2011, pp. 53-76. F. SAGGIORO, Nogara: un villaggio
nella Pianura Padana tra IX e X secolo, in F. SAGGIORO (dir.), Nogara: archeologia e storia di
un villaggio medievale, Roma, 2011, pp. 327-342.
34. M. MARCHESINI, S. MARVELLI, I. GOBBO, S. BIAGIONI, Paesaggio vegetale e antropico
circostante l’abitato altomedievale di Nogara (Verona): risultati delle indagini archeopalinologiche,
in F. SAGGIORO (dir.), Nogara: archeologia e storia di un villaggio medievale, Roma, 2011, pp.
159-192. E. CASTIGLIONI, M. ROTTOLI, Nogara, l’abitato di Mulino di Sotto. Coltivazione,
alimentazione e ambiente nel medioevo. Risultati preliminari, in F. SAGGIORO (dir.), Nogara:
archeologia e storia di un villaggio medievale, Roma, 2011, pp. 123-158.
CASTELLI E CANOSSA 529

non è possibile comprendere le ragioni, ma che segna un passaggio


significativo nel rapporto con il corso del fiume e forse più in gene-
rale di ripianificazione dell’abitato.
L’area non venne più sfruttata come spazio insediativo, ma venne
riadattata a zona artigianale con attività di fusione e riduzione del ma-
teriale. Sono state documentate la presenza di tettoie e resti di strut-
ture per la lavorazione dei metalli, mentre più a nord l’area del gran-
de fossato, viene ripianificata con l’ampliamento del vallo e del canale
che raggiungono nel corso del XI secolo, dimensioni considerevoli.
L’immagine di Nogara tra XI e XII secolo sarebbe quindi quella di
uno spazio più razionalizzato rispetto alle fasi precedenti: pur mante-
nendo la medesima superficie di occupazione l’area di riva viene de-
stinata alle attività produttive: aspetto che sarebbe confermato dall’a-
rea dei mulini meridionali (o di sotto) per la quale le prime attesta-
zioni archeologiche raccolte rimontano infatti al XI-XII secolo. At-
torno al castello, probabilmente ancora spazio insediato e di una certa
vivacità, si organizzano così nuovi poli funzionali destinati a sopravvi-
vere fino a tutto il XIII secolo.
Analoghe situazioni si osservano ancora nelle aree di bassa pia-
nura nel territorio bolognese (Fig. 8): a S. Agata Bolognese dove
un abitato datato tra IX e XI secolo presenta un sistema di abita-
zioni “a schiera”, circondate da un ampio fossato navigabile, ester-
namente al quale si collocava probabilmente un’area “a motta”, a
rappresentare lo spazio signorile 35.
Lo scavo di S. Agata mostra una sequenza così riassumibile:
1. una fase di prima occupazione dell’area nel IX secolo, con
strutture abitative e con una prima strutturazione del fossato – di
questa fase non è chiara del tutto l’organizzazione topografica, vi-
sti i pesanti interventi di edificazione dei periodi successivi;
2. fase di X-XI secolo: in questa fase l’abitato assume la fisio-
nomia di un vero centro fortificato: uno spazio signorile rappre-
sentato dalla motta, cui si contrappone lo spazio abitato e produt-
tivo del recinto più grande;
3. una fase di abbandono nel XI secolo, con la riconversione
dell’area ad uso agricolo e poi nel XIII secolo, un episodio allu-
vionale che segna il definitivo abbandono dell’area.

35. S. GELICHI, M. LIBRENTI, M. MARCHESINI (a cura di), Un villaggio nella pianura. Ricerche
archeologiche in un insediamento medievale del territorio di Sant’Agata Bolognese, Firenze, 2014.
530 FABIO SAGGIORO

ALCUNE RIFLESSIONI

Il quadro che emerge da questa prima analisi rivela grandi di-


somogeneità e asimmetrie. Da un lato la fonte documentaria-ar-
chivistica pur offrendo numerosi elementi, anche quantitativi, per
una comprensione geografica del fenomeno dei castelli canossiani,
resta parziale, tanto nei termini delle origini di questi centri (sono
meno del 10% i castelli di cui abbiamo testimonianza di diretta
iniziativa di un membro dei Canossa), quanto nella comprensione
delle dinamiche della trasformazione dei centri stessi. In seconda
battuta gli stessi dati archeologici vanno considerati con prudenza:
Piadena e Nogara sono centri che sorgono ai margini dell’area
d’influenza dei possedimenti canossani, pur essendo centrali nelle
sue politiche, e rientrano in questi solo per donazioni/acquisizioni
patrimoniali legate a Bonifacio e Richilde. Si deve quindi usare
prudenza a leggervi aspetti caratterizzanti.
Paradossalmente è il sito di S. Agata, di cui non abbiamo al-
cun elemento per affermare una sua appartenenza a possedimenti
canossani, quello a Sud del Po, che forse potrebbe meglio inqua-
drare dinamiche e problematiche connesse ai siti nelle pianure tra
Modena e Reggio: ma il suo repentino abbandono e insuccesso
sul lungo periodo invitano ad usare prudenza.
Il castello di Carpineti meriterebbe forse ulteriori approfondi-
menti, mentre ci auguriamo alcune risposte possano venire dallo
studio sulla Rocca di Canossa che aiuterebbe indubbiamente a
comprendere meglio origine e dinamiche di questi processi.
A fronte di un quadro ancora frammentario e disomogeneo,
tuttavia è indubitabile che proprio l’incontro tra fonti archeologi-
che e archivistiche metta in luce aspetti di interesse, primo fra
tutti i modi di organizzazione degli spazi e delle produzioni. Vi è
da chiedersi se il potere dei Canossa – centrale nella politica del-
l’Italia Settentrionale nel X e XI secolo – esercitò infatti un’in-
fluenza anche sui sistemi di produzione e sui modelli dell’abitare,
così profondamente legati al corso del fiume Po o ne ebbe in
qualche modo una stretta relazione. È questo un aspetto che an-
drebbe ulteriormente approfondito negli anni a venire, con ricer-
che sistematiche e mirate.
F. SAGGIORO

Fig. 1 - Distribuzione dei castelli di proprietà dei Canossa. Le fasi indicate si riferiscono alla prima attestazione come disponibilità della famiglia.
TAV. I
TAV. II
F. SAGGIORO

Fig. 2 - Fasi delle attestazioni dei centri castrensi nelle disponibilità della famiglia a confronto.
F. SAGGIORO TAV. III

Fig. 3 - Superficie dei castelli di proprietà dei Canossa (da Settia 1978).

Fig. 4 - Rocca di Canossa. Rilievo e planimetria degli scavi nel rilievo di Gaetano Chierici
(1860-1890). Rielaborata.
TAV. IV F. SAGGIORO

Fig. 5 - Castello di Piadena (da Brogiolo Mancassola 2005).


F. SAGGIORO TAV. V

Fig. 6 - Castello di Nogara, topografia generale dell’area (da Saggioro 2011).


TAV. VI
F. SAGGIORO

Fig. 7 - Abitato altomedievale di Nogara: secoli IX-X (Saggioro 2011).


F. SAGGIORO TAV. VII

Fig. 8 - Abitato di S.Agata Bolognese (X-XI secolo). (Gelichi et al. 2014).

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