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Il primato del regno meridionale (di Federico II) va riconosciuto.

Per la prima volta in Europa e in Italia c’è un re che va riconosciuto, in quanto da parte di
madre eredita i regni di Germania e da parte del padre, eredita, il regno dell’Italia
meridionale; questo lo rese imperatore in tutti i sensi tanto che i papi si sentivano circondati
da questo potere estremo. È il primo ad affermare che non vale la pena fidarsi dei baroni per
cui dà un’ impronta unitaria del regno, infatti la volontà dell’imperatore viene comunicata al
regno attraverso “missi dominici” (=mandati speciali del signore), questo significa che la
volontà dei baroni, i quali si sentivano piccoli re nel loro feudo, viene conculcata però si
confronta con la volontà dell’imperatore. I missi dominici spesso, però spesso non erano
nobili, ma borghesi colti o che avevano frequentato studi elevati.
Questo forte stato accentrato che comprende varie regioni (Puglia [escluse le punte ancora
di influenza bizantina], Calabria, Sicilia, Campania, Basilicata).
Il Papa nel diritto è un sovrano assoluto (re eletto nel conclave, quindi elettivo nella
formulazione del potere, ma nel momento in cui diventa Papa è sovrano assoluto).
L’Abruzzo faceva parte quasi completamente degli stati del Vaticano, lo stato della Chiesa
infatti arrivava fino a Bologna (=città guelfa per antonomasia) e includeva Firenze.
Ci si trova in una realtà accentrata, governata dai Missi Dominici (spesso di origine
borghese) valorizzati sul campo di studi di competenze anche militari, secondo una tesi alle
origini del regno meridionale ci sarebbe un forte accentramento di uno stato che da Federico
II fino a suo figlio Manfredi e a Corradino di Svevia passò poi ai domini aragonesi.
Quindi mentre al centro nord si sviluppava la FENOMENOLOGIA DEI COMUNI, con
l’attivismo delle classi borghesi, a sud perseguiva uno STATO ACCENTRATO, ESOSO che
spremeva le popolazioni locali con tasse e tributi.

La scuola guittoniana non era una scuola effettiva: non c’era un cenacolo.

LA PROSA DUECENTESCA
Quando si parla di letteratura del Duecento ci si riferisce alle prime poesie opere scritte in
lingua volgare, la quale era la lingua parlata dal volgo (=la gente comune), a differenza della
lingua latina che era quella lingua più "acculturata" parlata soprattutto dagli uomini della
Chiesa che si occupavano di cultura. Il volgare man mano iniziò a prendere piede ed è
considerata come quella lingua che diverrà la nostra lingua italiana.
È opportuno sottolineare come, all'epoca, non esistesse una lingua che potesse definirsi
italiana essendo presenti in volgare fiorentino, quello siciliano ed altri volgari sparsi in tutto il
territorio. La prima opera in volgare a far parte della letteratura italiana è stato il “Cantico di
Frate Sole”, una poesia in volgare umbro composta nel 1225 da Francesco d'Assisi. Molte
furono, in quel periodo, le opere poetiche che iniziarono ad essere iscritte utilizzando la
lingua volgare.
Fu nella seconda metà del Duecento che la prosa volgare, iniziò ad assumere caratteristiche
sia sintattiche che stilistiche indipendenti da quelle dettate dal latino, anche se quest'ultimo
rimase comunque un punto di riferimento costante, assieme al francese, inoltre, il latino,
continuò ad essere la lingua esclusiva utilizzata in strutture aventi carattere ufficiale oppure
per la produzione di testi di argomento teologico oppure filosofico.

IL DOLCE STIL NOVO


Nella seconda metà del Duecento, fiorì un'esperienza poetica decisiva per lo sviluppo
della letteratura italiana: il Dolce Stil novo o Stil novo. Si tratta di un'esperienza poetica che
nasce negli anni 60/70 del XIII secolo a Bologna, allora prestigioso centro culturale, ma si
sviluppa soprattutto a Firenze, dove invece vivace l'economia, tra la seconda metà del XIII e
l'inizio del XIV secolo (1280-1310).
Nella civiltà comunale la nuova classe sociale borghese è la cultura universitaria favorirono
questo nuovo movimento poetico. Contemporaneamente anche la figura dell'intellettuale
mutò, infatti i poeti stilnovisti non erano più solo legati alla presenza nelle corti, ma
incominciarono a ricoprire ruoli civili e soprattutto politici importanti, erano uomini colti, istruiti
e dediti alla filosofia pertanto nacque così un élite che aveva indicava un ruolo di primo
piano sia nella politica che nella cultura.

I poeti più importanti appartenenti a questa linea sono: Guido Guinizzelli, Guido
Cavalcanti, Cino da Pistoia e Dante Alighieri, i quali in realtà non appartengono né ad
una vera scuola né ad una vera e propria corrente letteraria. Infatti il termine stilnovo venne
utilizzato da Dante successivamente nel XXIV (24) canto del Purgatorio ai versi 40-62 (per
circa 22 versi che sono terzine incatenate) parla di questa nuova maniera di poetare, a
parlare come soggetto è Bonagiunta Orbicciani da Lucca definisce la canzone dantesca
“Donne ch’avete intelletto d’amore” con l’espressione ai versi 55-57 “dolce stil novo”.

Nonostante non si possa definire un'ideologia comune, comunque questi autori sono legati
fra loro da una forte amicizia e da elementi poetici in comune, il più importante è la nobiltà
di cuore, ovvero una nobiltà interiore e contrapposta a quella di sangue o di
lignaggio. Questi autori della realtà comunale cercavano di contrapporre all'aristocrazia
tradizionale il loro cor gentile, ovvero il loro prestigio culturale ed etico.
Alcuni studiosi interpretano lo Stilnovo come un movimento d'avanguardia per via dei nuovi
temi trattati e del nuovo stile adottato, altri, invece pensano che lo Stilnovo abbia
semplicemente continuità con i movimenti precedenti. Si tratta di una produzione letteraria
pensata per un nuovo pubblico borghese, che inizia ad affiancarsi a quello nobiliare. Tuttavia
questo non deve far pensare che ci sia un ampliamento nel numero di lettori, perché i poeti
stilnovisti continuano comunque a rivolgersi a una cerchia ristretta e selezionata di persone.
L’ attributo "dolce" vuol dire proprio l'uso di una sintassi piana e lineare: la scelta di una
lingua cittadina (=fiorentino) colta e raffinata, la rinuncia a forma e povere di linguaggio e un
limitato uso di artifici retorici.

Per gli stilnovisti la piena realizzazione della gentilezza del cuore è resa possibile
dall'esperienza amorosa, quindi la tematica amorosa recupera il ruolo centrale nella
poetica dopo che i poeti siculo-toscani avevano presentato temi differenti. Come esprime
Dante nel XXIV canto del Purgatorio, l'esperienza poetica nasce da una genesi
esclusivamente interiore, dettata da un'ispirazione trascendente e lontana da circostanze
private e occasionali. Ne derivano le novità rispetto alla tradizione provenzale siciliana:
1. l'interdipendenza tra il sentimento amoroso e la natura interiore nobile e gentile del
poeta-amante;
2. l'insistenza sull' ispirazione interiore della poesia;
3. la connessione tra il contenuto e la forma che lo esprime;
4. il ricorso a nozioni filosofiche per sostenere Illustrare le affermazioni intorno alla
natura e agli effetti del sentimento amoroso, che per gli stilnovisti (a differenza
dell'amor cortese che raffinava il comportamento sociale dell'individuo) è inteso come
virtù che educa e forma l'individuo sul piano morale e profondo. Diventa dunque una
dimensione totale, spirituale. Per gli stilnovisti l’amore è un’esperienza complessa,
come lo è la donna amata, intesa come un essere miracoloso il cui saluto comporta
la salvezza spirituale. La donna-angelo di cui il poeta si innamora dopo averla vista,
diventa mediatrice tra uomo e divinità. La “donna angelicata” degli stilnovisti è un
angelo nel significato tecnico della filosofia scolastica, secondo la quale gli angeli
sono tramiti fra Dio e l’uomo. L’amore trasforma una qualità potenziale in realtà.

La novità più evidente si colloca sul piano stilistico. Innanzitutto è importante sottolineare
una rinnovata attenzione per l'arte retorica, lo stile è fondamentale perché deve rispecchiare
ed esprimere ciò che deriva dall'interiorità. Per questo motivo gli autori stilnovisti adottano la
linea della dolcezza o leggiadria stilistica, una scelta poi lessicale alta e raffinata
tendenzialmente selettiva punto dolcezza del suono, soavità, sottigliezza, lessico tecnico
filosofico e scientifico sono le grandi componenti stilistiche del movimento. Il rapporto tra
metrica e sintassi è piano, per lo più privo di enjambement forti e spezzature interne al
verso. La “dolcezza” di cui parla Dante, fa riferimento proprio alla “leggerezza” stilistica che,
insieme al motivo della forza conoscitiva dell’esperienza d’amore, è l’altra grande novità
dello stilnovo. Rispetto alla poetica precedente, gli stilnovisti si allontanano dal linguaggio
complesso e oscuro dei siculo-toscani, così come dai suoni aspri, delle rime e della retorica
difficili. Di conseguenza gli stilnovisti si dedicavano ad un pubblico elitario selettivo che
condivideva gli stessi valori e interessi dell'autore.

Cosa voleva dire “DOLCE STIL NOVO”?


➢ “Dolce” perchè c’è una ricerca eufonica (=dal dolce suono)
➢ “Stil” perché ha la capacità di accumulare parole, termini e argomento (il tema
centrale è l'amore che non è nuovo, ma la novità è l’eleganza formale e gli aspetti
psicologici e le circostanze in cui nasce l’amore (la sua genesi)).
È un cenacolo perchè poeti come Cavalcanti, Guinizzelli, Cino da Pistoia e Lapo
Gianni hanno aperto una comunanza di intenti, ovvero il superamento dei
guittoniani, attraverso il tema dell’amore che “spira e ditta dentro”.
Il punto di partenza fu Andrea Cappellano: “De Amor” da cui si prende spunto.
Si tratta dell’amore cortese in modo più articolato e percorso in lungo e in largo, nello Stil
novo la donna è generatrice di valori di eccellenza e positivi che puntano alla nobilitazione e
al riscatto morale dell’uomo.
GUIDO GUINIZZELLI
È il precursore e il pioniere del nuovo modo di poetare.
Si dice che sia nato intorno al 1230 (o 1240) a Bologna, partecipò a lotte politiche del
Comune di Bologna quale Ghibellino seguace della fazione dei Lambertazzi, e perciò, al
trionfo dei Guelfi (1274), è costretto a ripararsi in esilio a Monselice (vicino Padova (c’è
Arquà Petrarca, paese dove visse gli ultimi anni Petrarca)), dove morirà nel 1276.
Fu giudice, notaio e uomo di legge di parte ghibellina, ed è considerato il poeta “padre” dello
Stilnovo.
Sono giunti fino a noi 20 componimenti poetici (5 canzoni e 15 sonetti) e 2 brevi frammenti,
oltre a 3 canzoni di incerta attribuzione. In questi componimenti, pur non essendo possibile
delineare la loro successione cronologica, è bene riconoscere una fase di tipo guittoniano e
siciliano sia nel contenuto sia nello stile, come appare nella canzone “Al cor gentil rempaira
sempre amore” e in alcuni sonetti come “Io voglio del ver la mia donna laudare”, nei quali si
possono cogliere i temi e i principi tipici dello Stil Novo: il topos della lode di Madonna, quello
del “salutifero” e quello della nobiltà di cuore (=il cor gentile).
Le opere di Guinizzelli hanno influenzato altri autori come Dante e Cavalcanti, Dante ad
esempio lo incontra nel canto XXVI del Purgatorio tra i lussuriosi e lo definisce “il padre mio
e degli altri poeti migliori di me che mai abbiano composto poesie d’amore soavi ed
eleganti”.
Con questo autore è possibile incontrare altri temi come l’angoscia amorosa e la morte
spirituale, ma è anche possibile comprendere che la letteratura italiana è policentrica, infatti
in questi anni molti autori fanno tappa a Bologna o a Ferrara, così come a Firenze.

La prima grande i guittoniani invece non gli stilnovisti (fino agli anni 60-70 e inizi 80 del secolo
scuola poetica è la costituiscono una scuola, scorso), sembrava che Guinizzelli fosse il caposcuola
scuola siciliana guardano al modello di Guittone e che da un lato avesse Cavalcanti e dall’altro Dante e
ma sono dispersi sul territorio e Cino da Pistoia, ma è accertato che forse Dante abbia
raramente si incrociavano seguito delle lezioni di diritto a Bologna. Dante considera
semmai si inviavano sonetti Guinizzelli un maestro (non è certo che tenesse delle
reciprocamente sonetti e lezioni).
componimenti (cosa che faranno Bologna è sede di diritto e filosofia dell’epoca in quanto lì
gli stilnovisti) si trovava Re Enzo (figlio di Federico II realizza
componimenti alla siciliana). A tal proposito c’è una
tradizione siculo-toscana intorno a Bologna, da questa
idea Guinizzelli venne fuori con una poetica dell’amore in
cui la donna è mediazione tra uomo e Dio. La novità è
quindi che a differenza dei guittoniani, chi riprende l’idea
dell’amore come centrale è Guinizzelli in uno svolgimento
che prende le distanze dall’amor cortese (che riguarda la
donna castellana).
Qui siamo in una delle capitali del fenomeno comunale:
Bologna (comune guelfo) a differenza di Firenze che è
ghibellina ed è centro del dinamismo mercantile,
l’emersione del ceto borghese capace di portare a
termine scambi di merci e che fa emergere un ceto colto
che ha compiuto un ciclo di studi ma che non ha origini
nobili; qui si tratta di un amore visto e cantato in tutte le
sue manifestazioni.
In pratica, il Dolce Stil novo è lo statuto poetico che è
autonomo rispetto all’aristocrazia e che si pone in grado
di guidare il comune anche dal punto di vista culturale.
Dal punto di vista poetico è importante il fatto che
abbiano superato i siciliani (non vogliono commettere
peccato nell’ambito amoroso).
Si tratta quindi di un cenacolo dove Guinizzelli non è
fisicamente presente davanti a Dante e a Cavalcanti, ma
è presente come testo dal quale partire. Per Dante, il più
grande è Guido Guinizzelli infatti lo chiama “padre mio”
nel De Vulgari Eloquentia.
La canzone manifesto del Dolce Stil novo è: AL COR GENTIL REMPAIRA SEMPRE
AMORE, la quale dà le coordinate entro cui muoversi.
La donna non è più una castellana, ma è generatrice di valori positivi= tutto ciò che di bello
ed eccellente che l’uomo può manifestare viene indicato e motivato dalla donna.
Alla base del tutto c’è la dimensione aristotelica-tomistica della potenza e dell’arte.

AL COR GENTIL REMPAIRA SEMPRE AMORE


Guido Guinizzelli, legato nella produzione alla poesia siculo-toscana, è considerato un
grande innovatore nella tradizione poetica italiana. Infatti, la canzone si può considerare il
manifesto programmatico dello Stil Novo ed è una canzone dottrinale, che esprime una
teoria precisa.
Il tema centrale è quello della "gentilezza”, ossia la nobiltà, che non dipende dalla nascita,
bensì dal valore della persona. Si tratta di un tema già presente nella poesia cortese, ripreso
in un contesto del tutto diverso. Guinizzelli, è un "borghese", un giudice che, nella società
urbana fiorentina del Duecento, aspira legittimare la propria ascesa sociale, elaborando una
nuova concezione della nobiltà rispondente ai propri interessi: la nobiltà non è più ereditaria,
ma dipende soltanto dall’ “altezza dell'ingegno". Ciò che nobilita il cuore è l'amore vero e
puro, spirituale, che leva e raffina l'anima; si tratta di un amore che trova la sua sede
naturale nel cuore "gentile".
fin’amore: amore fine, raffinato in tutte le sue manifestazioni sia emotive che fisiche.
Riferimento ad Andrea Cappellano.

Le stanze di questa canzone sono 6 e ogni stanza è composta da 10 versi.

C’è un’ INTIMA CORRELAZIONE E UNA CORRISPONDENZA BIUNIVOCA TRA AMORE


E NOBILTÀ D’ANIMO che domina le prime 4 stanze, le quali contengono un’insistenza con
il mondo scientifico fisico-naturale con metafore che richiamano l’arte venatoria, cioè della
caccia con riferimenti a Federico II che scrive il Trattato di Falconeria.

➢ Nella prima strofa, il poeta afferma vigorosamente l'identità tra l'amore e il cuore
gentile, che sono inscindibili;
➢ nella seconda, si ribadisce questa identità, sottolineando che la donna oggetto
d'amore libera l'uomo da ogni bassezza e lo eleva;
➢ nella terza, poi, con un paragone con il fuoco, il poeta ripete che l'amore dimora per
natura nel cuore nobile, mentre un indole volgare è contraria all'amore;
➢ la quarta strofa afferma il concetto chiave: la nobiltà d'animo non è ereditaria, bensì
dipende dai meriti personali di ciascuno;

Dopo le 4 stanze ci sono le ultime due c’è il congedo che spiega la questione della
donna-angelo infatti sono contenute le parole decisive. È decisiva quanto la formazione
dell’uomo e il suo coraggio.

➢ Nella quinta strofa, è introdotto un altro tema fondamentale, quello della


donna-angelo, che, con la propria bellezza, suscita nell'amato il bene e la virtù;
➢ nell'ultima strofa, infine, si immagina che l'uomo sappia giustificare davanti a Dio
l'amore per la donna, che non è stato peccaminoso, proprio perché la donna aveva le
sembianze di un angelo.
Al cor gentil rempaira sempre amore Schema metrico: ABAB di versi
come l’ausello in selva a la verdura; endecasillabi c(settenario)Dc EdE. Non
né fe’ amor anti che gentil core, siamo dinanzi allo schema principe della
né gentil core anti ch’amor, natura: canzone con due piedi e una fronte.
ch’adesso con’ fu ’l sole, Abbiamo una fronte e un sirma di una
sì tosto lo splendore fu lucente, canzone= componimento più alto della
né fu davanti ’l sole; nostra poetica.
e prende amore in gentilezza loco
così propïamente gentil = coloro che discendono dalla stirpe
come calore in clarità di foco. romana (Pietro: muore sulla croce a testa in
giù perchè non voleva essere crocifisso
PARAFRASI: come il suo maestro Gesù, Paolo). Per cui
Al cuore nobile torna alla sua dimora fino alla vigilia di Guinizzelli, Gentile era un
sempre l’amore come i volatili al verde del esponente dei patrizi (discendente della
bosco; la natura non creò l’amore prima del stirpe)
cuore nobile, né il cuore nobile prima
dell’amore: non appena fu creato il sole, Al cor gentil rempaira sempre amore:
subito lo splendore risplendente, e non IPERBATO con ALLITTERAZIONE della
risplendette prima della creazione del sole e “r”
l’amore prende posto nella nobiltà d’animo
in modo così naturale come il calore nel come l’ausello in selva a la verdura:
chiarore del fuoco. SIMILITUDINE di tipo naturalistico più facile
da riconoscere rispetto alla metafora.
come: ANAFORA

ausello: provenzalismo

Già i primi versi ci danno l’idea di una


consapevolezza d’animo, di un poeta che è
colto, conosce la tradizione e intuisce di
dover iniziare a dire parole nuove.

né fe’ amor anti che gentil core, né gentil


core anti ch’amor: CHIASMO e
ANASTROFE
né: ANAFORA

l: allitterazione

gentilezza: METONIMIA

così propïamente come calore in clarità


di foco: SIMILITUDINE coblas cab finitas
come, così: ANAFORA

Foco d’amore in gentil cor s’aprende come vertute in petra prezïosa:(dieresi)


come vertute in petra prezïosa, SIMILITUDINE NATURALISTICA (la
che da la stella valor no i discende botanica è fondamentale per tutti gli studiosi
anti che ’l sol la faccia gentil cosa; dal 700 in poi). Le scienze medievali non
poi che n’ha tratto fòre avevano la classificazione in zoologia,
per sua forza lo sol ciò che li è vile, botanica, mineralogia, ma si parlava di
stella li dà valore: bestiario.
così lo cor ch’è fatto da natura come: ANAFORA
asletto, pur, gentile, anti che ’l sol la faccia gentil cosa:
donna a guisa di stella lo ’nnamora. IPERBATO

PARAFRASI: così: ANAFORA


Il fuoco dell’amore si accende nel cuore
nobile come le proprietà positive in una l: allitterazione
pietra preziosa, in cui la proprietà non
discende dalla stella prima che il sole la a guisa di stella: SIMILITUDINE
renda una cosa nobile; dopo che il sole ha
tirato fuori, grazie alla sua forza, ciò che in ’nnamora.: coblas cab finitas (FIGURA
lei è vile, la stella le dà valore: così, il cuore ETIMOLOGICA)
che è stato reso eletto dalla natura, puro e
nobile, lo fa innamorare della donna, simile
alla stella.

Amor per tal ragion sta ’n cor gentile Amor: coblas cab finitas (FIGUR
per qual lo foco in cima del doplero: ETIMOLOGICA) +ANAFORA
splendeli al su’ diletto, clar, sottile;
no li stari’ altra guisa, tant’è fero. per tal ragion sta ’n cor gentile per qual
Così prava natura lo foco: SIMILITUDINE
recontra amor come fa l’aigua il foco
caldo, per la freddura. doplero: torcia a due fuochi
Amore in gentil cor prende rivera
per suo consimel loco stari’: sicilianismo
com’ adamàs del ferro in la minera.
Così: ANAFORA
PARAFRASI:
Amore sta nel cor gentile come il fuoco sta natura recontra: ENJAMBEMENT
in cima alla torcia; lì, chiaro e sottile,
splende a suo piacimento; non gli si come fa l’aigua il foco caldo, per la
adatterebbe un altro modo di essere, dal freddura: SIMILITUDINE
tanto che è indomabile. Così l’indole cattiva
va contro l’amore, come fa l’acqua, foco caldo: ENJAMBEMENT
essendo fredda, con il fuoco, che è caldo.
L’amore prende dimora nel cuore nobile, com’ adamàs del ferro in la minera:
come in un luogo che gli è simile, come il SIMILITUDINE e ANASTROFE
diamante nel minerale del ferro.
com: ANAFORA

ferro: coblas cab finitas

Fere lo sol lo fango tutto ’l giorno: Fere: coblas cab finitas


vile reman, né ’l sol perde calore; I due versi non hanno lo stesso significato:
dis’omo alter: «Gentil per sclatta torno»; ferro=materiale, fere=dal verbo ferire, ma
lui semblo al fango, al sol gentil valore: acusticamente riprende il suono.
ché non dé dar om fé
che gentilezza sia fòr di coraggio dis’omo alter: «Gentil per sclatta torno»:
in degnità d’ere’ verso decisivo+ ANASTROFE
sed a vertute non ha gentil core,
com’aigua porta raggio d: allitterazione
e ’l ciel riten le stelle e lo splendore.
com’aigua porta raggio e ’l ciel riten le
PARAFRASI: stelle e lo splendore: SIMILITUDINE
Il sole colpisce il fango per tutto il giorno:
eppure, esso resta vile e il sole non perde il com:ANAFORA
suo calore; dice l’uomo superbo: “Sono
nobile di stirpe”; lo paragono al fango, splendore: coblas cab finitas (FIGURA
(paragono, invece) al sole la vera nobiltà: ETIMOLOGICA)
perchè non si deve credere che la nobiltà
risieda al di fuori del cuore, nella dignità
ereditata, se non si ha un cuore nobile
incline alla virtù, come l’acqua si lascia
attraversare dal sole ed il cielo contiene le
stelle e la loro luminosità.

Splende ’n la ’ntelligenzïa del cielo Splende: coblas cab finitas (FIGURA


Deo crïator più che [’n] nostr’occhi ’l sole: ETIMOLOGICA)
ella intende suo fattor oltra ’l cielo,
e ’l ciel volgiando, a Lui obedir tole; ’ntelligenzïa del cielo: cosmologia
e con’ segue, al primero, medievale secondo la quale la terra è al
del giusto Deo beato compimento, centro dell’universo.
così dar dovria, al vero, METAFORE SOLE-DIO già iniziata con
la bella donna, poi che [’n] gli occhi Francesco d’Assisi.
splende
del suo gentil, talento Deo crïator: dieresi
che mai di lei obedir non si disprende.
suo fattor: PERIFRASI (Dio)

PARAFRASI: così:ANAFORA
Dio creatore splende nell’intelligenza
angelica più di quanto risplende il sole ai d: alliterazione
nostri occhi: essa conosce il suo creatore al
di là del suo moto celeste e, facendo girare la bella donna, poi che [’n] gli occhi splende
il cielo, comincia ad ubbidirgli; e allo stesso del suo gentil: aggettivo sostantivato “la
modo che subito segue il giusto donna splende negli occhi del suo amato.
compimento del disegno di Dio, così in
verità la bella donna, dopo che risplende splende del suo gentil: ENJAMBEMENT
agli occhi del suo innamorato, dovrebbe
ispirargli tal desiderio di non staccarsi mai
dall’obbedienza a lei.

Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?», d: alliterazione


sïando l’alma mia a lui davanti.
«Lo ciel passasti e ’nfin a Me venisti Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?»,:
e desti in vano amor Me per semblanti: apostrofe alla donna
ch’a Me conven le laude
e a la reina del regname degno, sïando: gerundio alla siciliana
per cui cessa onne fraude».
Dir Li porò: «Tenne d’angel sembianza alma: forma di sincope
che fosse del Tuo regno;
non me fu fallo, s’in lei posi amanza». «Lo ciel passasti e ’nfin a Me venisti:
anastrofe
PARAFRASI:
Quando la mia anima starà davanti a Lui, ME: io di Dio
Dio mi dirà: “Che presunzione hai avuto?
Hai attraversato il cielo e sei giunto fino a reina-regname: FIGURA ETIMOLOGICA
me e hai preso me come termine di reina del regname: PERIFRASI (Maria)
paragone per un amore vano: perché le lodi
si addicono solo a Me e alla regina del vero Dir Li porò: io potrò dirgli (a lui= a Dio)
regno (la Madonna), grazie alla quale
svanisce ogni inganno”. Potrei rispondergli:
“Avevo l’aspetto di un angelo del Tuo regno;
non commisi un peccato, se indirizzai a lei il
mio amore".

L'argomentazione del poeta è ricca di paragoni filosofici e scientifici, tant'è che questo testo
si può considerare un vero e proprio trattato filosofico in poesia, sia nella forma sia nel
contenuto. In ogni strofa, infatti, con un procedimento tipico della trattatistica medievale,
compare un'analogia tra il principio amoroso da dimostrare e uno del mondo fisico: la virtù
della pietra preziosa infusa dalle stelle, il fuoco che tende a salire per la sua stessa natura, il
diamante che attira il minerale del ferro. Nella quinta strofa, invece, il paragone diventa di
tipo teologico: le intelligenze angeliche obbediscono a Dio, come l'amante deve obbedire all’
amata: questo perché la donna è comparata ad un angelo, cioè ad un messaggino di Dio, la
cui bellezza va cercata al di là delle apparenze fisiche, per cui amarla e obbedirle e come
amare e obbedire a Dio.
La novità di questo testo è la presentazione di una teoria organica e strutturata
sull'amore: il cuore è gentile e la potenza, irrinunciabile, in mancanza della quale non può
avvenire nessuna trasformazione in atto, l'amore è l'atto, la donna chiude il cerchio perché
colei che innesca il processo di passaggio dalla potenza all'atto (la cosiddetta nel linguaggio
aristotelico “causa efficiente”).
L'amore viene sempre designato con immagini che richiamano il sole, la luce, le stelle, il
calore ed è sempre collegato alla sfera dell’ "elevazione" verso il cielo; ad esso, si
contrappone il campo semantico antitetico del "freddo", connesso, invece, ad immagini vili e
basse come quella del fango, ad esempio il fuoco (caldo) si riferisce al “cor gentile"; l'acqua
(freddo) si riferisce invece alla "prava natura”.

A livello lessicale sono presenti elementi tipici del precedente linguaggio poetico:
● gallicismi come “rempaira”, “rivera”, “asletto”;
● forme provenienti dalla tradizione siciliana e provenzale come “core” e i sostantivi
astratti in -anza “amanza”, e in -ura "verdura", “freddura”.
Tuttavia nel complesso il lessico appare piano, lontano dalla ricercata varietà della poesia
precedente, riconducibile a Guittone D'Arezzo.
● Tipicamente bolognesi sono le forme “dise” e “presomisti”;
● rilevante anche il ricorso al supporto linguistico del latino tramite termini come “laude”
e “fraude”.
Viene ripresa anche la tradizione provenzale delle coblas capfinidas, cioè del collegamento
tra una stanza e l'altra tramite la ripetizione della stessa parola o l'Impiego di termini legati
da figure etimologiche. A parte la quinta stanza, complessa ed interpretazione incerta, la
sintassi è abbastanza piana e lineare, soprattutto se confrontata con quelle delle poesie
precedenti.
La canzone guinizzelliana verrà inoltre menzionata da Dante nel “De Vulgari Eloquentia" in
quanto questo testo per Dante fu un testo guida soprattutto per l’ideologia in esso contenuti.
Quando Guinizelli scrisse questo testo, si trovava a Bologna, la quale era un centro
universitario tra i più prestigiosi d’Europa. Non è quindi un caso che egli introduca nel
linguaggio della poesia elementi naturalistici e scientifici, oltre a concetti filosofici come
quando individua nella donna idealizzata la capacità di tradurre in atto l’amore che è
presente nei “cuori gentili”.

Intorno agli anni ‘50-’60 Petrocchi ipotizzò che la canzone di Guinizzelli fosse stata portata
materialmente da Bologna a Firenze grazie a Dante, questo però non è stato accertato
perché non c’è traccia di alcun legame fisico tra i due autori.
L’ambiente di Bologna viene dilatato e sviluppato dai due grandi nomi fiorentini: Dante e
Cavalcanti.

Emblematico è un sonetto di Dante: GUIDO, IO VORREI CHE TU, LAPO ED IO.

Prima di Francesco d’Assisi c’è un componimento poetico che però è anonimo. La


letteratura è una creazione di un autore consapevole.
I cantare sono anonimi= manifestazioni in ottave che comprendono il Ciclo Bretone, il Ciclo
Carolingio fino a Matteo Maria Boiardo e Ludovico Ariosto.

DANTE ALIGHIERI
Dante degli Alighieri di Mellicciano nacque tra maggio e giugno 1265 a Firenze da una
famiglia di piccola nobiltà che apparteneva alla parte guelfa.
Il nome Dante è ipocoristico, cioè abbreviato da “Durante”; dopo la morte della madre,
trascorre l’infanzia nella città toscana dove apprende i primi rudimenti del latino e studia
grammatica. In seguito alla morte del padre (lavorava come cambiavalute), deve occuparsi
degli affari di famiglia.
Intorno ai 18 anni egli manifesta i primi segni della vocazione letteraria, scrive dei versi
d’amore per una donna di nome Beatrice (Bice di Folco Portinari), alla quale dedicherà in
seguito la “Vita Nova” il suo capolavoro giovanile (1292-1294). Questi anni corrispondono al
movimento stilnovista e segue come modello Guido Cavalcanti.

Ha una triplice formazione:


● formazione retorico-grammaticale, dove emerge il nome di Brunetto Latini forse il
massimo intellettuale dell’epoca ascrivibile ad una nascita nel 1220 e una morte nel
1294. Egli era l’interprete di una cultura militante e impegnata che si nutriva
soprattutto della letteratura transalpina;
● formazione filosofico-letteraria, intorno a Bologna dove aveva notizia della
permanenza di re Enzo. In questo caso le letture più importanti furono quelle di
Severino Boezio “De consolatione filosofia” ovvero la consolazione che può dare la
filosofia.
● formazione filosofico-teologica, intorno al 1240.
Dei critici illustri hanno parlato di un:
● Dante Francescano
● Dante Dominicano
La Chiesa attraversava una crisi profonda, dove i punti di riferimento erano:
Sant’Agostino, Sandro da Ventura e i Mistici, Aristotele, San Tommaso, quindi Dante
attinge a loro in maniera importante. Ci sarà poi un riferimento a Pietro di Giovanni
Olivi e Ubertino de Casale.

A vent’anni Dante sposa Gemma Donati nel 1285 o 1295, la quale gli era stata promessa
come moglie nel 1276. Si parla di un primogenito di nome Giovanni, con certezza però di
altri figli di nome: Jacopo, Pietro e Antonio.
Tra il 1286 e il 1287 soggiorna a Bologna.
Anno particolare fu quello in cui morì Bice di Folco Portinari (1290), moglie di Simone dei
Bardi, ovvero Beatrice donna che lui canta. Dopo qualche anno dalla scomparsa di
quest’ultima, Dante continua a coltivare i propri interessi letterari e a sperimentare un
linguaggio poetico diverso da quello della “Vita Nova”. Nel 1289 Dante prese parte alla
Battaglia di Campaldino contro i Ghibellini di Arezzo.
Tra il 1295 e il 1304 si impegna nella realtà politica di Firenze, città che attraversa in quel
periodo è sede di rivalità tra la fazione dei Guelfi bianchi e dei Guelfi neri; tale divisione
risaliva al periodo in cui i guelfi si erano affermati a Firenze sui ghibellini: mentre i bianchi
tenevano molto all’indipendenza delle città, i neri non esitavano a cercare l’appoggio del
Papa pur di ottenere il controllo totale.
Dante è Guelfo, ma questo partito si scinde tra:
➔ guelfi bianchi, (sostenuti dalla famiglia dei Cerchi) che considerano il Papa come
riferimento, ma la politica cittadina del comune di Firenze spetta a loro,
➔ guelfi neri, (sostenuti dalla famiglia dei Donati) hanno un rapporto simbiotico con il
Papa che secondo loro deve coordinare tutte le forze guelfe della penisola italilana
e che il presidio armato guelfo nero sia utile per rispondere agli attacchi.

Nel 1295 egli è annoverato nel Consiglio Speciale del Popolo, di lì a pochi mesi fa parte del
Consiglio Dei Savi, del Consiglio dei Trenta e nel 1296 fece parte del Consiglio dei Cento.
Fa parte anche dell’Ambasceria a San Gimignano.
Nel 1295 sono attenuati gli ordinamenti, che prevedevano scontri tra le fazione dei Guelfi e
Ghibellini, i quali evitarono che i nobili avessero dei poteri decisivi nel governo della città si
decise che potessero prendere parte alle copulazioni, ovvero forme che riuniscono
protagonisti della stessa parte. Dante apparteneva alla copulazione degli SPEZIANI (oggi
chiamati farmacisti per la sua formazione scientifico-letteraria). Dante combatté contro i
Ghibellini e cominciò il cosiddetto Cursus Honorum.
Dal 15 giugno al 15 agosto 1300, Dante divenne Priore e aveva come primo obiettivo quello
di pacificare i contendenti, per cui insieme agli altri priori assume il compito di mandare in
esilio i più facinorosi (violenti) tra cui Guido Cavalcanti il 24 giugno (suo migliore amico fino a
poco prima).
Tra ottobre e novembre 1300 il Papa dichiarandosi garante e paciere mandò Carlo di Valois
con un presidio armato a Firenze, i bianchi si sentirono in pericolo e fuggirono; in questo
modo si assiste ad un colpo di stato a Firenze. Nel 1301 l'intromissione di Papa Bonifacio
VIII nella politica di Firenze indussero Dante a schierarsi con i bianchi, nello stesso anno il
poeta venne invitato a Roma presso il pontefice con l’incarico di scongiurare l’arrivo di Carlo
di Valois, che ha il compito di mettere pace fra le fazioni in lotta, ma il suo vero scopo è
quello di favorire la vittoria dei neri, riuscendo nel suo intento.
Dante, ritornato dalla missione a Roma, venne condannato all’esilio il 27 gennaio 1302 per
due anni con l’accusa di baratteria (cioè di aver tratto illeciti guadagni degli incarichi ricevuti
dal Comune ed essersi dimostrato ostile al Papa e a Carlo di Valois) e casa sua venne
saccheggiata.
Non essendosi presentato a discolparsi, una successiva sentenza lo condanna a morte e
confisca di tutti i beni. Dante dopo un vano tentativo di rientrare in patria con la forza iniziò il
suo esilio volontario, infatti, soggiorna in molte città italiane con la funzione di uomo di corte
presso i signori magnanimi, i quali ospitavano uomini di cultura per ricavarne lustro e
prestigio, soggiornò infatti a:
❖ Verona, dove fu ospite di Della Scala a cui dedicò la Divina Commedia. Con gli
Scaligeri ha un rapporto privilegiato infatti è redattore, delegato a missioni
diplomatiche e addirittura viene contattato perchè c’è la possibilità di ritornare a
Firenze con un intervento militare tramite anche una possibile alleanza tra guelfi
bianchi e ghibellini, ma presto si accorge che questa è una combriccola malvagia e
scempia.
❖ Ravenna, ove trascorse i suoi ultimi anni di vita e venne in contatto con Guido da
Polenta.
Durante il suo periodo in esilio scrisse opere come “Convivio” e “De Vulgari Eloquentia”,
nel 1304 dopo essere stato rappresentante dei bianchi in esilio, il poeta definitivamente con
loro.

Nel 1310 spera di poter tornare a Firenze grazie alla discesa dell’imperatore Arrigo VII di
Lussemburgo in Italia, questo evento sembrò a Dante l’arrivo del senso dell’impero.
Dante era molto legato agli interessi di Firenze e desiderava che questi si affermassero su
quelli degli altri comuni facendo in modo che fossero tutelati dall’ingerenza papale. Con
Carlo di Valois, Dante dovette andare in esilio. Questo periodo aprì in Dante una nuova
concezione politica, cioè quella universalistica e Dante che prima era vissuto all’interno di
una comunità chiusa (fiorentini erano i più forti nella finanza internazionale) però era sempre
una città con interessi particolari, invece a partire dagli anni successivi Dante si accorge che
gli uomini che perseguono solo i propri interessi o gli interessi delle proprie città non
possono avere una concezione di veri cristiani perché il Cristianesimo è una fede universale.
Quindi le barriere fra città e città, così come i vari scontri all’interno della stessa città
denunciano una visione troppo particolare e anticristiana e quindi lui abbraccia questa
visione universale dei popoli e dei comuni che pur mantenendo la propria autonomia dal
punto di vista amministrativo, sociale e culturale devono essere coordinati da due figure:
quella del Papa per quanto riguarda gli aspetti spirituali e quella dell’imperatore dal punto di
vista morale e politica la quale mancava prima che ci fosse l’elezione di Enrico VII di
Lussemburgo che sembra incarnare questi valori universali della politica ispirata al
Cristianesimo in cui tutti avevano uguale dignità e legittimità. L’imperatore era un Primus
inter pares, quindi non doveva esercitare un’ingerenza pressante sull’Italia o sull’impero, ma
doveva garantire l’ordine e la pace laddove queste venivano turbate, come avveniva in Italia
dove le città erano costantemente in lotta tra di loro.
Dante nel “De Monarchia” saluta l’imperatore come garante della pace universale, scrive sia
i principi italiani che i prelati perché accolgano l'imperatore e porre le genti italiane in
sincronia riguardo la politica e i valori cristiani. Alcuni contestarono questa visione di Dante
in quando sembrava imperialista, ma non è così, anzi l’impero è concepito come un’entità
che dovrebbe portare la pace nel mondo, ma Dante sulla politica afferma che sia il Papa che
l’imperatore ricevono il potere da Dio per cui il loro potere non è subordinato l’uno all’altro
(come affermato nel Medioevo, infatti, il potere dell’imperatore era subordinato a quello del
Papa), poi c’era invece un altro partito che affermava che il Papa doveva essere subordinato
all’imperatore; Dante invece si oppone a queste due concezioni e presenta una nuova
concezione che probabilmente deriva da un grande filosofo di origine araba Averroè,
secondo il quale i due poteri erano autonomi tra di loro anche se dovevano collaborare,
ognuno dei due ordini aveva un compito: l’imperatore doveva gestire l’ordine, la giustizia e la
pace degli uomini sulla Terra, mentre il Papa aveva un compito di ordine spirituale che
garantiva l’assicurazione della purezza dei costumi, l’osservanza del Vangelo, le concezioni
di amore per il prossimo, quindi la Chiesa doveva occuparsi del bene spirituale di tutti i
popoli indifferentemente, quindi Dante condanna il potere temporale dei Papi e dice che
l’adorazione di Costantino non ha nessuna validità giuridica (due secoli dopo Lorenzo Valla
scoprì la falsità dell’adorazione di Costantino).
Dante fu quindi precursore di una concezione così moderna (il papato non doveva avere
nessun interesse mondano ma doveva occuparsi solo del bene delle anime) la quale fece
molta fatica ad affermarsi perché fino alla presa di Roma il Papa aveva ancora il potere
temporale. Per questo, Dante fu condannato come eretico in quanto in antitesi con le
concezioni dell’epoca.
Purtroppo l’impresa di Arrigo (Enrico) VII non andò a buon fine ma quando arrivò in Italia fu
ben accolto dai comuni del nord (come Milano e Verona) ma poco dopo si ammalò di
malaria e morì nel 1313 facendo crollare il sogno di Dante.
Dante elabora la TEORIA DEI DUE SOLI: Impero e Chiesa, infatti l’ingerenza nei confronti
l’uno dell’altro crea il caos. L’imperatore non parteggia per un comune o per un altro per
questo per Dante è garante di pace.
Dante, secondo Dantini, ha lo sguardo rivolto al passato perchè non intuisce lo sviluppo di
un' Europa che guarda agli Stati nazionali, ma ha la visione medievale di un impero garante
e arbitro contro la degenerazione dei comuni le cui mura sono macchiate dal sangue degli
scontri civili.
Dante nella “Commedia” considera la fede come la luce che guida gli uomini verso la
liberazione e il superamento degli ostacoli che si incontrano nel nostro cammino.
Scrisse la “Commedia” alla quale venne attribuito l’aggettivo “Divina” da Boccaccio.
All’interno dell’opera di Dante, egli afferma “Nel mezzo del cammin di nostra vita…” l’opera è
ambientata nel 1300 (anno del Giubileo termine ebraico “Jobel” ovvero l’anno in cui si
contornava tutto, anno della riconciliazione).
Dante fu inoltre promotore di una campagna “contro Guittone” perché lo ritiene
municipalistico, prolisso, eccessivamente retorico, e duro nell’eloquio, per questo Dante
sceglie Guinizzelli come suo maestro, come afferma nel “De Vulgari Eloquentia”
definendolo il più grande, e Cavalcanti come riferimento e fratello maggiore. Guido
Guinizzelli non poteva conoscere Dante, che però conosceva Cavalcanti (più grande di circa
7-8 anni). Guittone conserva il primato della canzone politica, e Dante è un grande scrittore
di politica infatti Guittone è il personaggio che teme di più per questo lo respinge tra i rimatori
significativi di molte città d'Italia, ma indica come precursore e riferimento del modello suo il
grande Guinizzelli.
Morì a Ravenna nel 1321.

Dinanzi al personaggio più illustre, bastano alcuni personaggi minori pronti ad allearsi e a
metterlo in minoranza, così come succede a Firenze. Guittone aveva dei seguaci di
Bologna, Onesto degli Onesti e Guido Desideri, per cui il rapporto Bologna-Firenze erano
notevoli:
● Bologna era la capitale del diritto e della filosofia;
● Firenze, invece, sviluppò gli Studi universitari più avanti, ma a prendere il
sopravvento fu il dinamismo mercantile, infatti fu il comune economicamente più
dinamico.
Bancarotta è un termine coniato a Firenze, perché i responsabili dell’economia
comunale mandavano il drappello solidati che era un pegno.

Boccaccio durante la sua giovinezza che visse intensamente, fu funzionario della compagnia
bancaria dei Bardi che conosce i giovani e i principi della corte di Napoli, infatti il simbolo
della allegra brigata (inserita nel Decameron) richiama la compagnia con cui trascorreva il
tempo durante la sua giovinezza.
Firenze, da comune più dinamico del centro Italia, divenne il comune EGEMONE in
Toscana.

La mediazione con i siciliani da Bologna fu dovuta anche grazie alla presenza di Re Enzo.

PROVENZALI E SICILIANI, Bologna era crocevia della poesia provenzale e siciliana, a


differenza di Firenze che supera il modello guittoniano e da queste onde che si incrociano
nasce un nuovo IDEALE LIRICO: che dal punto di vista formale acquisisce un’eleganza
formale che i guittoniani non avevano, e dal punto di vista della diffusione fu precursore del
DOLCE STIL NOVO è Guinizzelli (notaio e giudice); i maggiori rappresentanti sono
Cavalcanti, Dante e Cino da Pistoia.
Si ha quindi di superamento del modello guittoniano, tra gli autori post-guittoniani abbiamo:
Onesto da Bologna, Fabiuzzo Lambertazzi.

METACOMUNICAZIONE: Dante è poeta di altri poeti, in quanto fa parlare Bonagiunta


Orticciani, siamo nell’ambito di una riflessione critica e poetologica sui poeti che hanno
preceduto Dante. Questa missione di giudicare i poeti precedenti è affidata a Bonagiunta
Orticciani che è il poeta di transizione (il crocevia) tra i poeti siculo-toscani e gli stilnovisti. Il
tema centrale è l’amore in tutte le sue manifestazioni che sono anche psico-fisiche:
coinvolgono mente e cuore, toccano le fibre dell’intero organismo umano. L’avvio dello Stil
novo prevede la riconsiderazione della donna, intesa come donna-angelo la quale salva e
dà salute (tema che si ritrova nella “Vita Nova” di Dante).

Definizione voluta da Dante di DOLCE STIL NOVO: lessico dal dolce suono, la novità sta
nella distanza dallo stile guittoniano.

perchè non chiamiamo le poesie di Dante “canzoniere” ma chiamiamo “canzoniere” le


poesie di Petrarca?
RIME di Dante: 1283-1308 (25 anni) sono eterogenee, legate a momenti biografici di
rapporti differenti.
Ci sono rime giovanili, in cui si vede Dante che entra in delle zone dichiarandosi anche sul
versante (?)

IL PENSIERO E LA POETICA
Poeta, filosofo, teologo, artefice di opere in latino ed in volgare, di prova e di versi, Dante è il
primo vero autore classico della letteratura italiana ed europea. Prima dell’esilio l’autore ha
sempre caratterizzato le sue opere con un continuo confronto con il passato e con il dialogo
con i suoi autori contemporanei. Infatti in questa fase Dante si può definire un poeta d’amore
vicino allo Stilnovo, condivide con Guinizzelli e Cavalcanti i temi come il servizio d’amore e
la nobiltà d’animo soprattutto nelle “Rime” e nella “Vita Nova”. In quest’ultima opera risulta
particolarmente evidente l’innovazione dantesca:
1) la decisione di organizzare le liriche in modo da costruire un libro organico e unitario
che ruoti intorno al rapporto fra amore e creazione poetica;
2) il processo di totale spiritualizzazione che investe la figura di Beatrice;
3) a partire dall’amore per questa donna, inaugura poi un’esperienza poetica inedita
chiamata “stile della loda”.
Secondo questa concezione, il fine unico della poesia è lodare la superiorità della donna
amata in modo totalmente gratuito, senza chiedere nulla in cambio perché nello stesso
lodare la donna risiede la felicità del poeta (=superamento dell’amor cortese).
Gli anni successivi alla composizione della “Vita Nova”, sono segnati da uno studio
dottrinario e filosofico incessante e dal coinvolgimento nella vita pubblica di Firenze. Sul
piano della produzione letteraria, in questo momento si manifesta una forte tendenza allo
sperimentalismo poetico (espressionismo, comicità, satira, ironia). Inoltre in questi anni si
concentra molto sul rapporto tra latino e volgare, riflessione evidente nel “Convivio” e nel
“De Vulgari Eloquentia”. Dopo anni interi di studio e di operazioni, Dante celebra la dignità
culturale del volgare e la possibilità di utilizzarlo per argomenti elevati, ma anche soprattutto
la sua valenza unificatrice: veicolo di coesione culturale politica e civile. Di conseguenza
poter estendere infine i confini del proprio pubblico. Senza i suoi studi, in Italia non ci
sarebbe stata l’unità culturale e letteraria.

Dopo l’esilio Dante non dimentica il ruolo morale della poesia, mezzo utilizzato per
mantenere il confronto con i temi della politica e del vivere civile; a volte con grande
incisività, la propria indignazione contro la corruzione morale e contro la propria utopia di
unità e di giustizia.
Sradicato dal suo ambiente culturale, Dante è costretto a ridisegnare la propria identità e
funzione oltre i confini della realtà comunale, cercando di estenderla in una dimensione più
ampia e sovramunicipale. L’esperienza dell’esilio lo porta ad abbandonare la visione politica
precedente, per creare una nuova utopia politica delineata nella sua opera “De Monarchia”,
nel quale viene formulato il principio delle due istituzioni guida ossia Impero e Chiesa.
Secondo l’autore ognuna è sovrana nel proprio ambito, la Chiesa in quello spirituale e
l’Impero in quello politico, e l’una non deve prevalere sull’altra. Così secondo l’autore si può
creare una felicità terrena basata sull’armonia sociale.

Tutte queste riflessioni portate avanti durante il corso della sua vita, trovano una sintesi nel
“poema sacro”: Divina Commedia. Il cammino inizia con la scelta di Beatrice come guida
del Paradiso e della celebrazione dell’amor supremo. Il percorso morale dell’individuo e
dell’umanità intera è esposto lungo il viaggio nei tre mondi ultraterreni (Inferno, Purgatorio e
Paradiso) e culmina nella celebrazione del libero arbitrio. Nei vari canti Dante analizza e
critica aspramente la situazione dell’Italia e preannuncia il suo pensiero politico. Tutto il
poema è scritto in volgare ma caratterizzato da una pluralità di registri e stili (plurilinguismo e
pluristilismo). Grazie a quest’opera l’autore produce il volgare illustre, una lingua nuova che
acquisisce prestigio al pari del latino. Durante il viaggio l’autore si confronta con tanti autori e
poeti del passato e del presente. Ognuno di questi incontri diviene un modo per fare i conti
con se stesso e con il proprio passato, quindi dimensione biografica e universale si
intrecciano in un’unica opera che coinvolge l’umanità intera.
Uno dei maestri di Dante, Brunetto Latini, pensava che l’intellettuale dovesse essere
impegnato politicamente e culturalmente.
Avvenimento importante nella vita dell’autore fu l’incontro con Guido Cavalcanti che lo
introdusse nel Dolce Stil Novo.
Nel 1290 ci fu la morte di Beatrice e Dante, iniziò a dedicarsi agli studi filosofici. Durante il
periodo in cui si trovava a Bologna, egli scrisse un trattato sulla lingua e particolarmente
importante fu la vicenda dell’esilio durante il quale compose le sue opere maggiori a
cominciare dalla Divina Commedia, opera dalla quale emerse la personalità moderna ma
allo stesso tempo legata ai vincoli del Medioevo del poeta.
La figura dell’intellettuale, per Dante, doveva addentrarsi in ogni campo del piacere legato a
una funzione religiosa e l’unità è data da Dio.
Le idee di Dante erano divise in:
1. POLITICA= che varia durante il periodo dell’esilio. La ritroviamo nel “De Monarchia”,
ma il suo pensiero politico è espresso in tutte le sue opere;
2. FILOSOFIA E TEOLOGIA= la prima si ritrova in opere come il “Convivio”, nel quale
si afferma la filosofia tomistica (di San Tommaso d’Aquino), la seconda influenzata da
Sant’Agostino e da Boezio;
3. LINGUA E POETICA= lo notiamo nell’opera intitolata “De Vulgari Eloquentia”.
Dante fu il primo a porsi l’interrogativo di una lingua comune a tutto il territorio
italiano.
Le sue opere, quindi, si dividono in opere in: latino e volgare.

OPERE IN VOLGARE OPERE IN LATINO

VITA NOVA, è la prima opera unitaria di Dante. Ha DE VULGARI ELOQUENTIA, è un’opera composta tra
accompagnato tutta la vita dell’autore e si muove tra 1303 e 1305, quasi contemporaneamente al
rinnovamento e della memoria. La composizione “Convivio”, dove però adotta volontariamente il latino
dell’opera è da collocarsi tra il 1292 e il 1294 ed è in quanto è motivato da un certo tipo di pubblico a cui
costruita sul modello del prosimetro, ossia l’unione tra rivolgersi. Infatti, questa lingua viene utilizzata per
prosa e versi. Lo stretto legame tra poesia e prose rivolgersi al gruppo ristretto di doctores illustres, ovvero
mira a ricostruire un itinerario autobiografico che quei poeti e pensatori che vogliono servirsi del volgare
ruota attorno alla vicenda dell’innamoramento di illustre.
Dante per Beatrice. Partendo dall’esperienza Quest’opera è dedicata all’arte di dire in volgare. Fu
biografica l’autore riesce a proiettarla su un piano progettata in 4 libri, di cui però Dante scrisse solo il
allegorico e universale, processo che si svilupperà primo e parte del secondo:
soprattutto nella “Commedia”. L’opera si incentra sul ● nel primo libro, viene formulata la distinzione tra
primo incontro tra Dante e Beatrice e lo sviluppo del lingua volgare e grammatica, cioè tra la lingua
loro rapporto fino ai presagi di morte di lei. naturale che i bambini imparano e una lingua di
In questa raccolta Dante supera lo Stilnovo con la secondo grado, regolata da principi e norme
svolta della loda, ma ci sono molti elementi che ci ben precise (come il latino e il greco). L’autore
riportano a Cavalcanti e a Guinizzelli come il gioco descrive anche il proprio ideale linguistico,
del saluto/salute. Beatrice, donna-angelo, assume dei trattando dell'origine del linguaggio, dalla
connotati che richiamano la figura di Cristo. In creazione di Adamo alla distruzione della torre
quest’opera è inoltre molto chiara l’influenza di testi di Babele, e soffermandosi a considerare gli
religiosi e lo si può notare nello stile e nel lessico idiomi derivanti dal latino come il provenzale, il
elevato e raffinato. È formata da 42 capitoli, (i quali francese e l’italiano. All’interno dell’italiano
contengono anche 25 sonetti, 3 canzoni compiute, 2 Dante riconosce circa 14 dialetti allora parlati,
incompiute e 1 ballata) composta di 31 poesie scelte ma nessuno di essi possiede le qualità proprie
dall’autore fra quelle scritte tra il 1283 e il 1293 e del volgare che lui definisce “illustre”.
collegate da un commento in prosa: si tratta quindi di Il volgare per Dante doveva essere:
un prosimetro, cioè un testo misto di prosa e versi. 1. ILLUSTRE= adatto allo stile sublime
L’amore per Beatrice diventa sempre più capace di illuminare tutti i volgari e
disinteressato: attraverso la lode di lei, il poeta chiunque lo parli o lo scriva;
conosce una radicale rinnovamento spirituale grazie 2. CARDINALE= ovvero il cardine attorno
al quale nascono le “nuove rime” e la tensione verso al quale devono ruotare gli altri volgari
una poesia più alta. municipali;
Il titolo sta ad indicare la gioventù e il rinnovamento 3. REGALE O AULICO= ovvero la lingua
spirituale e poetico di cui Dante beneficia grazie della cultura che sarebbe parlata
all’incontro con Beatrice. “Vita Nova” è all’interno del palazzo reale;
un’espressione usata da Sant’Agostino, da San 4. CURIALE= linguaggio elegante e
Tommaso e altri padri della Chiesa per indicare dignitoso delle corti.
un’esistenza libera dal peccato. Un primo significato Attraverso l’utilizzo di questi volgari si possono
della “Vita Nova” è quello di giovinezza. Nel termine sviluppare argomenti di tipo: epico-guerreschi,
“nuova” c’è una tradizione religiosa che insiste sulla amorosi e morali.
renovatio (rinnovamento), dunque significherebbe ● nel secondo libro, invece, Dante indica i modi
“vita rinnovata” dall’amore per Beatrice, ovvero un secondo i quali il volgare illustre può essere
amore che conduce a Dio. utilizzato in poesia. Nel farlo ripercorre tutte le
Dopo il proemio, rappresentato dal primo breve esperienze in volgare passate e contemporanee
capitolo, la vicenda si apre con un tono quasi sacrale. e ne fa una classificazione, per stabilire una
“Nove” è la prima parola: un numero simbolico e gerarchia di nobiltà o altezza in base alla
sacro destinato a conferire un carattere di materia, al genere, alla forma metrica e alla
predestinazione e di miracolo agli eventi. Alla fine del misura del verso. Viene quindi riaffermata la
nono anno di vita Dante vede per la prima volta tripartizione classica dei generi secondo la
Beatrice, ne consegue una prima rivelazione quale esistono tre stili: mezzano o "comico",
d’amore. Nove anni più tardi Dante rivede Beatrice, la umile o “elegiaco” sublime o “tragico”, a
quale gli rivolge il saluto e poco più tardi il poeta, ciascuno dei quali corrisponde un diverso tipo di
tornato nella sua camera, sogna Amore divenuto volgare da quello illustre a quello mezzano o
signore della sua anima. Amore toglie ogni vigore a umile.
Dante, tanto che gli amici si preoccupavano per lui. In Infatti vengono evidenziati gli argomenti che
una chiesa si accorge che tra sé e Beatrice c’è una possono essere trattati tramite l’utilizzo di
donna molto più bella che lo guarda, convinta che questa lingua: filosofia, amore, politica, armi e
l’attenzione del poeta sia per lei. Di questa donna il virtù mantenendo un livello alto. La forma
poeta si servirà per alcuni anni, dedicandole anche poetica in cui si deve concretare quello stile è la
delle poesie. Tempo dopo, Amore gli suggerisce di canzone.
fare ricorso anche a una seconda donna. A questo Quindi, quest’opera non è solo un trattato di
punto, Beatrice nega il saluto a Dante in seguito alle grammatica, poetica e retorica ma è anche un vero e
voci che lo accusano di essere privo di cortesia, a proprio trattato di politica culturale.
causa del suo rapporto instaurato con la seconda
donna: dunque non perchè Beatrice sia gelosa, ma DE MONARCHIA, si tratta dell’unica opera completa e
perchè lei disapprova la facilità con cui Dante dell’opera dottrinale più organica di Dante.
manifesta il proprio interesse da una donna all’altra. Qui si affronta una tematica di carattere politico ed è
La negazione del saluto è sinonimo di una grande divisa in 3 libri:
sofferenza per il poeta. Nel capitolo 12 Amore, 1. MONARCHIA (=primo libro), si parla di una
apparsogli di nuovo in sogno, invita Dante ad monarchia universale che dà stabilità politica
abbandonare ogni finzione. Da qui iniziano le rime all’uomo, che possa garantire pace e giustizia.
rivolte a Beatrice, che esprimono un amore Ha una forma di carattere sacro perchè
tormentato. dimostra che il primo vero impero si afferma
Nel capitolo 18 alcune donne rimproverano Dante di nell’anno della nascita di Cristo;
non esprimere nei suoi versi le lodi dell’amata. 2. SIGNIFICATO STORICO DELL’IMPERO
Attraverso il colloquio con queste donne che hanno ROMANO, mantenuto da un’unica autorità che
“intelletto d’amore” (=sono in grado di comprendere governa un grande territorio;
tale sentimento) viene enunciata la nuova invenzione 3. MASSIMI SISTEMI (=terzo libro), si parla della
lirica: la beatitudine del poeta sta nelle parole che lotta tra Impero e Chiesa a discapito dei
lodano la sua donna. È il passaggio a un sentimento cittadini. Dante dice che c’è un equilibrio solo se
verso la persona amata per ciò che essa è in sé, non l’imperatore si occupa del benessere terreno dei
per ciò che donare all’amato. Nella poetica della lode cittadini e il Papa di occupa della guida
i temi centrali sono la dolcezza che si sviluppa spirituale.
nell’animo e la gioia che deriva dal disinteressamento
della donna. Tuttavia, nel momento dell’esaltazione UTOPIA DANTESCA, vuole separare i due poteri ed è
dell’amore, subentra la percezione della mortalità una teoria irrealizzabile, poiché entrambi i poteri
corporale: il padre di Beatrice muore e in seguito derivano da Dio con una visione di carattere teologico.
anche lei, nel capitolo 2, e a seguito di questo tragico
avvenimento, Dante entra in crisi. L’ultimo sonetto LE EPISTOLE, sono 13 lettere scritte in latino (le altre
descrive Beatrice come ormai irraggiungibile per sono state perse) le quali sono composte in uno stile
l’intelletto, anche il suo ricordo resta indelebile nel elaborato, cariche di risentimento in quanto vengono
cuore. Quest’opera è considerata importante per: scritte durante l’esilio per cui trattano principalmente
➢ lo stilnovismo raffinato; l’argomento politico. Strettamente collegata al poema è
➢ le informazioni fornite sull’autore; “L’Epistola a Cangrande della Scala” che contiene la
➢ la ricchezza di significati allegorici; dedica del Paradiso al Signore di Verona che fu molto
➢ l’uso di fonti, come ad esempio le confessioni generoso con il poeta.
di Sant’Agostino che lo aiutano a fare
un’analisi introspettiva; LE EGLOGHE, imitazione delle “Bucoliche” di Virgilio.
➢ la presenza del modello del Medioevo, detto
QUESTIO DE AQUA ET TERRA, narrava una tematica
modello agiografico, cioè il racconto della vita
di carattere scientifico che gli serviva per definire l'area
dei santi, grazie al quale Dante esalta la figura
geografica in cui ambientare la Divina Commedia.
di Beatrice;
➢ il fatto di essere una poesia nuova, cioè si
tratta del racconto dell’autore che si rivolge ad
un pubblico più ampio e colto che comprende
il messaggio dell’opera.
Vita Nova si presenta come un’esperienza
sentimentale e intellettuale passata, queste due
esperienze sono così unite tra loro da non potersi
distinguere. Il libro è diviso in tre parti:
1. GLI EFFETTI CHE L’AMORE PRODUCE
SULL’AMANTE, quindi l’AMOR CORTESE
dove l’innamorato spera in una ricompensa al
suo amore da parte della sua donna (il
saluto). Dante però essendosi innamorato
perdutamente di Beatrice non vuole rivelare
questo suo amore alla gente perché ha paura
dei malparlieri e vuole proteggere la sua
signora e di conseguenza finge di essere
innamorato di un’altra donna, questo però non
fa altro che aumentare i pettegolezzi della
gente e suscita lo sdegno di Beatrice che gli
nega il saluto. Dante cade in una profonda
depressione, facendo dei sogni in cui c’è
l’amore gigantesco. Questo è un itinerario
spirituale del poeta che da una sensazione di
angoscia materiale a seguito della quale ci si
purifica nel momento in cui si comprende che
il vero amore non insiste sull’ aspettarsi dalla
donna qualcosa di tangibile (lui rinuncia anche
al saluto) e pertanto si propone di fare solo
una lode della sua donna.;
2. LA LODE DELLA DONNA, quindi l’AMORE
FINE A SE STESSO dove l’appagamento
scaturisce unicamente dalla contemplazione e
dalla lode della donna amata. Siamo in una
situazione in cui l’amore viene privato dei suoi
aspetti legati al carattere fisico e diventa
sempre più spirituale perché la lode non
riguarda la bellezza fisica della donna ma
riguarda le sue doti spirituali infatti non c’è
nessuna descrizione che riguarda il suo
aspetto fisico o il suo abbigliamento, ma il
tutto viene spiritualizzato e rarefatto. Alcuni
critici hanno addirittura parlato di una visione
astratta cioè tolta da quelli che sono gli aspetti
concreti, non c’è infatti nessuna descrizione
dell’ambiente in cui egli incontra Beatrice, non
c’è nessun accenno a Firenze; ma si
concentra solo sulla dimensione spirituale,
ovvero su quella nobiltà e grazia che la donna
emana (grazia intesa nell’aspetto
sovrannaturale, perchè è una grazia che viene
da Dio e che provata dal suo atteggiamento
che diffonde la sua dolcezza e la sua
spiritualità trasmettendo questi suoi valori a
tutti coloro che la incontrano e a cui lei dona il
suo saluto=salvezza). Ci si libera degli aspetti
materiali per entrare in una dimensione
soprannaturale che pian piano diventa una
dimensione contemplativa (contemplare
l’anima di Beatrice nella quale è presente la
luce divina);
3. LA MORTE DELLA GENTILISSIMA, quindi
l’AMORE MISTICO per la donna che innalza
l’anima sino alla contemplazione di Dio. Nel
1290 Beatrice muore a soli 25 anni e
naturalmente questo lascia in Dante un vuoto
incolmabile e una disperazione che può
essere consolata soltanto dalla fede. Tra
l'altro Dante si stava innamorando di un’altra
donna, ma ad un certo punto gli appare
Beatrice in sogno che lo rimprovera e gli dice
di dedicarsi a una vita spirituale, per cui
questa parte rappresenta una svolta. Dante
tra l'altro si rivolge alle donne perché le reputa
più sensibili degli uomini nel comprendere le
cose legate alla spiritualità.
Dante attraverso la Vita nova inizia a prendere le
distanze da Guido Cavalcanti (ancora alle prese con
una visione averroistica dell’amore) per cui le due
strade iniziano a prendere le distanze l’una dall’altra.
Spesso la Vita nova è stata paragonata a un’opera di
san Bonaventura da Bagnoregio (incontrato con San
Francesco) che scrisse un’opera intitolata “Itinerarium
mentis in deum”. L’opera di Dante viene anche
considerata dagli intellettuali stranieri come Charles
Yverdon un itinerarium mentis in deum, il quale è
ancora attuale e questo itinerario si conclude con la
visione beatifica della signora che è amata da Dante
che sta nella gloria di Dio.
E’ il sigillo di una vita immersa nel divino.
Questa non è solo la Vita nova di Dante, ma anche
quella dei fiorentini sensibili alla nobiltà spirituale e
che si distaccano dalla bramosia del potere e del
denaro (si uccidevano per ottenere ciò che avevano
gli altri).
Va letta come rinnovamento della mente e del cuore
nella bontà divina.

RIME, raccolta di poesie non organizzate che


contengono varie tematiche, si tratta di un esercizio
stilistico che comprende i modelli più vicini a Dante
come la lirica cortese, la lirica guittoniana, la lirica
guinizzelliana e la lirica cavalcantiana.
Si suddividono in cinque gruppi:
1. rime stilnovistiche, scritte
contemporaneamente a “Vita Nova” e il tema
centrale è l’amore;
2. rime tenzone, che rappresenta uno scambio di
scherzi pertanto di genere comico;
3. rime dottrinali/allegoriche, le quali hanno un
aspetto filosofico;
4. rime petrose, poesie d’amore dedicate a Petra
(=nome allegorico di una donna dal cuore di
pietra che non ricambia l’amore di Dante) non
si tratta di un amore stilnovista ma di un
amore sensuale;
5. rime civili, scritte durante l’esilio e contengono
dei risentimenti politici.

CONVIVIO, scritto tra 1303 e 1304 e si tratta di un


saggio enciclopedico e dottrinario. Il titolo del trattato
deriva da “cum vivandum” che significa “condividere il
cibo” “banchetto” ed è basato sulla metafora del
nutrimento di sapere e della conoscenza, allude
anche alla sua scrittura, nella quale le canzoni
rappresentano la vivanda ossia il cibo e il commento
il pane.
Avrebbe dovuto comprendere 15 trattati, ma la
stesura dell’opera si interruppe a 4, dove Dante
immaginò di invitare ad un banchetto tutti i sapienti,
ognuno dei quali doveva cibare l’altro di conoscenza,
mentre lui si vedeva a raccogliere le briciole di
sapienza.
● nel primo libro, introduttivo (13 capitoli), sono
esposte le ragioni e i contenuti dell’opera in
cui l’autore giustifica la scelta del volgare, del
tutto originale per un testo di natura filosofica.
Con questa scelta, l’autore aspira ad allargare
i confini del proprio pubblico e a raggiungere
tutti gli uomini che desiderano la conoscenza.
Contro la scelta del latino vi è anche la
ragione di carattere “tecnico”: i trattati del
Convivio, sono scritti a commento filosofico di
liriche in volgare;
● nel secondo libro, di 15 capitoli, si parla della
struttura dell’universo, dei cieli, delle gerarchie
angeliche, dell’immortalità dell’anima e si
parla dei diversi modi in cui si possono
interpretare le Sacre Scritture. Il poeta
analizza, inoltre, il passaggio dell’amore per
Beatrice all’amore per la filosofia,
simboleggiata dalla figura della “donna
gentile”;
● nel terzo libro, di 15 capitoli, si trova una sorta
di inno alla sapienza, vista come massima
aspirazione dell’uomo. Parla, quindi,
dell’importanza della filosofia che verrà
rappresentato da Beatrice che nella “Divina
Commedia” invece, sarà il simbolo della
teologia. La filosofia in questo trattato è vista
come ricerca della verità, del senso della vita
che può essere parallelo alla teologia ma che
poi si intrecciano tra di loro. Dante segue
insieme studi filosofici e teologici e alla fine
trova un punto d’incontro anche se lui parla di
autonomia tra filosofia e teologia, lui nella sua
vita prende entrambi gli aspetti seppure con
una ideologia diversa, perché il metodo
teologico e filosofico sono distinti tra di loro, la
teologia è molto complessa e vede il suo
massimo punto nella contemplazione come fa
dante nel paradiso.
● nel quarto libro, il tema amoroso viene
completamente abbandonato e ci si dedica
maggiormente ai concetti di gentilezza e
nobiltà, quest’ultima in opposizione alla
cupidigia. Secondo Dante solamente l’impero
può estinguere le discordie sociali diffondendo
giustizia e pace. Uno dei capitoli più importanti
di questo libro è “I quattro sensi delle
Scritture”.
Oltre alle finalità divulgative del trattato, scopo di
Dante nel Convivio è anche quello di difendere sé
stesso dalle accuse seguite alla condanna e all’esilio.
Il sapere, in quest’opera, è travolto dalla fantasia e
dal sentimento di Dante, che è appunto prima di tutto
un poeta.
Questa concezione del volgare non è di basso livello
ma aulico e cardinale in ogni espressione. in questo
trattato c’è anche la mistica medievale che è “langue”
della comunità che era quella degli italiani, mentre le
parole che sono communicative per il singolo, ed
insieme formano la lingua. Inoltre, in questo trattato
Dante per la prima volta differenzia la filosofia dalla
teologia che è una forma di eresia perché al centro di
tutto c’era dio, e la filosofia era a disposizione della
teologia che preambolo le premesse della fede
(400-500). quindi il convivio è precursore di questa
ideologia.
Questo trattato è anche un discorso sociologico
perché si rivolge al prossimo nella sua onestà e
sincerità, nel saper perdonare e valorizzare gli altri e
seguire una vita cristiana.

DIVINA COMMEDIA

TANTO GENTILE E TANTO ONESTA PARE


Si tratta di uno dei componimenti più celebri della letteratura italiana, che nella struttura della
“Vita Nova” segna il culmine della poetica della lode a Beatrice.
Venne composta tra il 1292 e 1294, subito dopo l’immaginazione della morte di Beatrice, e
prima della morte fisica di lei. Nel sonetto Dante descrive gli effetti lodevoli di Beatrice: il suo
saluto meraviglia chi la incontra, che la giudicano un’apparizione soprannaturale, e al tempo
stesso infonde dolcezza. La fanciulla tuttavia mantiene un atteggiamento di profonda umiltà,
apparendo come una creatura angelica. Il sentimento amoroso qui non ha più niente di
concreto, infatti la dimensione terrena è superata in una visione celestiale non corrotta dalla
corporeità. Lo stile della lode evidenzia il fatto che il poeta è avvolto in un amore ormai
soltanto spirituale.
Si tratta di una poesia lirica (sonetto di 14 versi endecasillabi) che fa parte dell’opera “Vita
Nova” che è un prosimetro cioè un genere che unisce poesia e prosa.
Le rime sono ABBA-ABBA-CDE- EDC, quindi, sono incrociate nelle quartine e invertite nelle
terzine, questo schema lo rincontreremo in altre parti di Dante. (paronomastica è la rima
“vestuta”-”venuta”).
Tanto gentile e tanto onesta pare Tanto gentile e tanto onesta pare:
la donna mia, quand’ella altrui saluta, ENDIADI
ch’ogne lingua devèn, tremando, muta, T: ALLITTERAZIONE
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
pare la donna mia → ENJAMBEMENT
PARAFRASI:
Tanto gentile e tanto onesta appare la mia gentile: nobile (“Al cor gentile rempaira
donna, quando saluta la gente, tanto che sempre amore”)
tutti fanno silenzio e gli occhi non osano
guardarla.
pare: appare (si troviamo già nell’atto della
contemplazione della creatura particolare
che emana grazia).
Sembra quasi come un’apparizione di una
persona che emana fascino e che scatena
una passione, e tutti vengono conquistati
dalla sua grazia divina e non osano
sollevare gli occhi verso di lei (per la luce
troppo forte).

ch’ogne lingua devèn, tremando, muta, e li


occhi no l’ardiscon di guardare.:
IPERBOLE, connota anche da un punto di
vista esteriore la perfezione estetica e
morale che la bellezza della donna emana,
e la sua natura angelicata viene
successivamente confermata dalla
similitudine dei versi 7-8.

Ella si va, sentendosi laudare, umiltà vestuta: METAFORA


benignamente e d’umiltà vestuta,
e par che sia una cosa venuta e par che sia una cosa venuta da cielo in
da cielo in terra a miracol mostrare. terra a miracol mostrare: SIMILITUDINE +
PERIFRASI
PARAFRASI:
Ella procede, sentendosi lodare, con venuta da cielo in terra: ENJAMBEMENT
l’apparenza esterna di cortese benevolenza
e pare sia una creatura discesa dal cielo M: ALLITTERAZIONE
sulla terra per mostrare la potenza divina.
mostrare: verbo chiave perchè Beatrice
con la sua presenza rivela la grandezza
divina.

Mostrasi sì piacente a chi la mira mira che dà → ENJAMBEMENT


che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi no la prova; M: ALLITTERAZIONE

PARAFRASI: che dà per li occhi una dolcezza al core, Gli


Si mostra così bella a chi la guarda, che occhi hanno la funzione di trasmettere la
tramite gli occhi trasmette una dolcezza al dolcezza nel cuore degli osservatori.
cuore che chi non la prova non può capire.

e par che de la sua labbia si mova labbia: SINEDDOCHE per intendere “volto”
un spirto soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira. si mova un spirito → ENJAMBEMENT

PARAFRASI: spirto : SINCOPE


e sembra che dal suo volto provenga un
soave spirito d’amore che dice all’anima:
Sospira.

In questo sonetto i verbi sono a fine verso per riprendere la costruzione latina della frase per
mettere in evidenza cosa vuole indicare perché per Dante il verbo è la parte più importante.
Ci sono due parole al verso 10 e 13 che non sono verbi ma parole.
Quando si utilizzano i verbi all’infinito, gerundio presente e passato sono implicite.
Ci sono 3 principali che distinguono le subordinate relative, causali.

Per comprendere al meglio questo sonetto bisogna ricondurlo alla corrente letteraria del
Dolce Stil Novo che fa capo alla produzione giovanile di Dante. Concetto fondamentale dello
Stilnovo, ripreso anche in questo sonetto, è l'idea che identifica la nobiltà con la virtù e
l'amore con la gentilezza punto l'amore diventa una sorgente di perfezione morale e di
elevazione a Dio per mezzo della figura della donna-angelo, ed è la tematica fondamentale
della corrente e del componimento preso in esame.
Nelle due terzine che chiudono il componimento è evidente la funzione salvifica della donna,
la visione della stessa infatti è in grado di introdurre nell'animo umano il sentimento amoroso
che fa tutt'uno con la nobiltà.
In questa poesia Dante ne risente che Beatrice non lo saluta come fa anche Cavalcanti nella
sua delusione amorosa. In Dante questa fase viene superata perché Beatrice gli appare e gli
dice che deve trovare un amore diverso, poi lei muore. Entrambi sono uniti dalla fede di Dio
e poi inizia il periodo della lode, nel senso lodare la donna e Dio senza avere nessun
contatto. Amore mistico che riceve dall’ammirazione un immagine che indica la
prefigurazione di un evento soprannaturale, contemplazione divina che ci lascia senza
parole. Anche chi la incontra non può fare altro che sospirare dalla forte emozione, ed è un
modo dell’anima non è una parola.

Dal 1203 al 1308 troveremo le rime usate da Dante e c’è un tripartizione: rime giovanili sono
quelle utilizzate da Dante da giovane e terminano con la “Vita Nova”. Dante guarda a chi lo
ha preceduto come Guittone e Guinizzelli. I nomi delle donne principali che utilizza sono
Violetta, Fioretta, che sono delle donne piú belle di firenze che però lui non dice.

Forese Donati è il fratello di Piccarda Donati e fratello di Corso Donati, capo dei guelfi neri, e
dante era un guelfo bianco. Dante utilizza il filone comico-realistico e vive una vita anche
all’insegna del divertimento. i grandi poeti si scambiano i sonetti.
Dante offende Forese Donati di avere il vizio di gola e di non essere un buon marito, mentre
forse lo offende di non essere un buon marito, di essere vigliacco e questo indica una
rappresentazione comico- realista.

A Dante serviranno i periodi oscuri per realizzare la sua “Divina Commedia”.


Lui non è un canzoniere perché gli altri suoi componimenti sono distinti e separati dalla
“Divina Commedia”. Dante veniva visto dagli altri poeti come modello che cercavano di
superarlo.
La poesia di Dante si arricchisce, si evolve e si modifica questo porta a una comprensione
più complessa e contraddittoria ma c’è un filo rosso che lo accompagna sempre, quello della
straordinaria libertà dell'intellettuale dinanzi al potere. per questo nel 1965 Montale diceva
che Dante è un intellettuale modello.

Vittorio Alfieri, studiava i testi di Dante, lui conduceva una vita nobile e gli permisero di
estendere queste conoscenze anche a Vienna dove c’era Federico II. Inoltre, in quel periodo
i preti o appartenevano ad una corte o dovevano espandersi all’interno del loro ordine.

Dante fu condannato per la prima volta il 27 gennaio del 1302 e la seconda volta il 10 marzo
1302 per poi finire in esilio. In cuor suo Dante sperava sempre che il governo giungesse ad
un’attenzione nei suoi confronti visto la sua grandezza intellettuale e viste anche le sue
straordinarie opere.

DANTE A GUIDO CAVALCANTI


Diverso per ritmo e contenuto da “Tanto gentile e tanto onesta pare", in quanto a differenza
di quest’ultima dove prevale una struttura più ipotattica qui invece prevale la paratassi ed è
presente un ritmo piano e disteso quasi come quello di una nave che prende il largo con
vento favorevole. Il lessico utilizzato è più semplice e più accessibile a tutti.

In questa poesia le rime sono incrociate con schema metrico ABBA, ABBA (seconda
quartina detta anche tetrastica), CDE, EDC. Nella poesia non ci sono settenari ed
endecasillabi.

Guido, i’ vorrei (PRINCIPALE) che tu e inizia con questa invocazione al suo amico
Lapo ed io fossimo presi per incantamento Guido Cavalcanti.
(SUBORDINATA DICHIARATIVA) “che tu e Lapo ed io”: POLISINDETO
e messi in un vasel,(COORDINATA ALLA “che tu e Lapo” : SINERESI
SUBORDINATA) ch’ad ogni vento “i’”: APOCOPE
per mare andasse al voler vostro e mio “ch’ad ogni vento”: APOCOPE
(SUBORDINATA DICHIARATIVA); “voler”: APOCOPE

È presente un desiderio di evasione


PARAFRASI: paragonabile ad un sonno di carattere
Guido, io vorrei che io, tu e Lapo fossi presi idilliaco che Dante concepisce perché si
da un incantesimo e messi su una piccola
vuole distaccare da una vita che con lui non
nave che ad ogni soffio di vento andasse
attraverso il mare, seguendo il mio ed il è sempre stata propizia e favorevole. Per
vostro desiderio questo in queste prime quartine c'è l’elogio
della capacità di evasione da una vita che
sembra così malinconica e che potrebbe
essere ispirata dalla bellezza della natura
(mare=libertà). Qui si sente molto “la libertà
degli intellettuali”, il sogno della libertà, in
questo sogno coinvolge i suoi amici più cari:
guido cavalcanti e lapo gianni e le loro
mogli, (donna Vanna e donna Lagia) e alla
30° donna (su 60) più bella di Firenze, che
però non è Beatrice.
Un altro aspetto che prevale oltre al sogno
è l’incantesimo che rende un po' surreale la
poesia ed anche opera che deriva dal mago
Merlino; quindi, rimanda al “Ciclo Bretone”
in cui i temi principali sono la lotta per la
fede ma anche l’innamoramento e
l’esaltazione della donna che porta ad una
dimensione di gioia e benessere sia
dall’aspetto dell’amicizia che abbraccia le
prime due quartine e poi l’aspetto
dell’amore che riguarda le due terzine.

sì che fortuna od altro tempo rio “‘’l disio”: DIERESI


non ci potesse dare impedimento,
(SUBORDINATA CONSECUTIVA)
anzi, vivendo sempre in un
talento,(SUBORDINATA IMPLICITA DAL
VALORE CAUSALE /TEMPORALE)
di stare insieme crescesse ’l disio.
(SUBORDINATA CAUSALE E IPERBATO)

PARAFRASI:
in modo tale che una tempesta o un altro
tipo di cattivo tempo non ci potesse essere
di ostacolo; anzi, vivendo sempre con un
solo, comune desiderio, aumentasse la
voglia di stare insieme.

E monna Vanna e monna Lagia poi


con quella ch’è sul numer de le trenta Le parole in questa poesia sono semplici e
con noi ponesse il buono incantatore: si avvicinano all’italiano che usiamo oggi.
nella seconda parte c’è l’esaltazione delle
PARAFRASI: donne che sono nominate per prime anche
e poi (io vorrei che) il buon mago (Merlino)
se sono complemento oggetto mentre il
mettesse insieme a noi la signora vanna e
la signora lagia insieme a quella che è al “buono incantatore” che è il soggetto sta
numero trenta nell’elenco (delle donne più alla fine del verso, perché le donne sono
belle della città): messe in una posizione di maggior rilievo.

(“buono incantatore" sogg, e “ponesse” ,


predicato verbale che indica e regge “io
vorrei” che regge le due quartine e le due
terzine, questo è fortissimo iperbato che
caratterizza la terzina).

“E monna Vanna e monna Lagia”:


POLISINDETO
“il buono incantatore”: SINERESI

“con” / “con noi”: ANAFORA

e quivi ragionar sempre d’amore,(ANCHE Alla fine, c’è la visione del “PLAZER”
QUI DIPENDE “DAL IO VORREI” CHE ovvero un genere letterario che rappresenta
REGGE TUTTO IL COMPONIMENTO) un sogno di una vita ispirato ai lavori della
e ciascuna di lor fosse contenta, vita della bellezza (questo deriva dalla
(SUBORDINATA) poesia medievale francese), della libertà e
sì come i’ credo che saremmo noi. dell’amore che sono le 3 componenti
principali all’interno della poesia. il “plazer”
PARAFRASI: visto come l’incantesimo della sensualità e
e qui, sulla nave, loro parlerebbero sempre la magia di mago Merlino.
d’amore, e ciascuna delle donne sarebbe regge ancora il “vorrei”
contenta così come credo lo saremo anche
noi. “e quivi ragionar sempre d’amore”:
POLISINDETO

Dal punto di vista linguistico c’è un linguaggio piano, ci sono polisindeti, l’ enjambement è
presente al primo rigo e poi il senso della frase si chiude con il verso.

Per quanto riguarda la struttura sintattica all’inizio non ci sono anastrofi ma ci sono nella
terza strofa, dalla terzina perché le donne sono messe al primo posto e infatti il
complemento oggetto, ovvero le donne si trovano prima del soggetto.

Per quanto riguarda gli altri aspetti si nota l’influenza della poesia provenzale e anche del
ciclo arturiano che poi ispirò anche la nascita di una letteratura che viene nel V canto dell’
Inferno considerata suscitatrice anche di emozioni molto forti di carattere erotico, come
accade nell’epidosio di Paolo e Francesca mentre leggevano il “Galeotto”. Questo episodio è
posto da Dante come qualcosa da cui fuggire e quando i critici romantici dicevano che era la
massima espressione del sentimento di Dante dicevano qualcosa che non era vero, perché
Dante in quel momento sviene, preso da questo amore passionale. Il senso dell’amore
provenzale esaltato al massimo che rappresenta la condanna dell’amore perché cosí tanto
passionale che porta al suicidio. Nel Purgatorio e nel Paradiso Dante parla del vero
sentimento d’amore in tutte le sue manifestazioni. Lui fa questo viaggio partendo dagli abissi
dell’Inferno per poi liberare l’anima pian piano nel Purgatorio e nel Paradiso.

Con Dante dopo ci si allontana da questa figura idilliaca e si entra a far parte di una
concezione piú realistica, c’è la ricerca della conoscenza, della saggezza. In questa poesia
c’era la ricerca della libertà, dell’amore in modo un pó leggero perché l'incantatore che porta
gli amici su una nave rappresenta un sogno di evasione ma è tutto molto fittizio. Infatti, dopo
Cavalcanti gli risponde rifiutando l'invito e che donna vanna sia la sua donna. Da questa
poesia poi nascono il “Convivio” e il “De Vulgari Eloquentia” che sono importanti per la
formazione di una lingua che possa essere compresa da tutti coloro che abitano nella nostra
penisola.

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