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siciliana è la prima scuola d’Italia che utilizza il siciliano illustre (nobilitato alla luce del latino
e del provenzale).
Le colonne della lingua italiana sono: DANTE (nato nel 1265 e muore nel 1321),
PETRARCA e BOCCACCIO.
Uno studio ha affermato che se non ci fosse stata una diffusione del volgare illustre la
straordinaria presenza sociale ed economica della città di Firenze che attraverso le opere di
notai e mercanti pone il modello di lingua, questo non sarebbe stato sufficiente perché le
corti utilizzavano un volgare illustre che era una sorta di COINE’ (=lingua comune)
caratteristica proprio delle corti e che si ritrovava nelle lettere tra ambasciatori, conti e
principi (corteggiano).
Attraverso la larga diffusione delle scritture contabili il fiorentino ha rappresentato un
modello di volgare illustre. Questo rappresentò un moto unitario legato all’unità politica
(marzo 1861); grande interprete della volontà unitaria fu Alessandro Manzoni che con il suo
romanzo “I Promessi Sposi” costituì una tappa decisiva per la tendenza neounitaria della
lingua nazionale.
C’è una contrapposizione tra Alessando Manzoni e un linguista Isaia Ascoli che diceva
“lasciamo il pluralismo delle dannate e non imponiamo una lingua nazionale”, dal punto di
vista linguistico-ontologico avremmo avuto una geografia linguistica un po’ dispersiva ma la
volontà comune era quella di potersi intendere (il modello manzoniano quello che la scuola
utilizza come riferimento demolendo i dialetti), al tempo dell’Unità solo 750 mila persone
parlavano italiano su 30 milioni di abitanti.
I POETI SICULO-TOSCANI
Con la fine del regno svevo, conclusa l’esperienza della Magna Curia, la produzione dei
rimatori siciliani si diffuse al nord attraverso due direttrici fondamentali: l’area emilio-veneta e
l’area toscana.
Nella prima zona spiccò come centro importante di riferimento di mediazione e diffusione
della poesia siciliana Bologna, centro culturale per le università e l’ambiente, mentre in
Toscana alcuni anonimi intellettuali coordinarono una complessa operazione di selezione e
riordino dei materiali giunti dal sud al fine di poterli trasmettere. I testi recuperati venivano
trasmessi in forma “toscanizzata” e questi poeti sono noti con il nome di siculo-toscani.
A Bologna troviamo il primo passaggio dalla lirica siciliana a quella GUITTONIANA o
SICULO-TOSCANA (deriva dalla Sicilia ed è riscritta dai poeti toscani). Tuttavia, l’originalità
e la diversificazione delle loro esperienze biografiche e letterarie, impediscono di ricondurli
ad una vera e propria scuola come per i poeti siciliani, grazie ai poeti toscani le opere
vennero arricchite dal diverso contesto sociale e culturale dei Comuni e dalle nuove forme
metriche che daranno il via allo Stil Novo. Mentre la poesia siciliana si incentrava sull’amor
cortese ed interpretava la poesia come svago, al contrario nell’ambiente dei Comuni toscani
tornò centrale l’argomento politico, l'attualità e la cronaca. Tutto questo con lo sfondo della
continua lotta tra guelfi e ghibellini.
Questi poeti sono stati molto importanti anche per l’ampliamento delle forme metriche,
soprattutto con l’introduzione e lo sviluppo della ballata.
Il primo rappresentante della corrente siculo-toscana fu Bonagiunta Orbicciani in quanto fu il
primo a trapiantare in Toscana moduli poetici siciliani, egli inoltre assunse una figura di
mediatore tra la tradizione antica dei trovatori e dei poeti della Scuola e la poesia moderna
(quella del futuro stilnovo).
A Bologna c’era re Enzo (figlio di Federico II) e anche Guittone d’Arezzo (intellettuale di
maggiore spicco e maestro di un'area poetica che si forma in Toscana).
La capacità poetica di Guittone sarà decisiva per comprendere la nascita di una lirica
toscana che arriverà fino a Guinizzelli e Dante (Dolce Stil Novo).
Ma non c’è una scuola vera e propria, anche perchè c’è una novità perché la corte
federiciana viene sostituita dai comuni.
Guittone poi esercita influenza ad Arezzo, Pisa, Pistoia e Firenze. L’influenza di Guittone
porta a creare un gruppo ideologicamente omogeneo e la nuova figura dell’intellettuale è
quella dell’intellettuale del comune che prende parte anche alla vita politica e paga le
conseguenze di questa società.
GUITTONE D’AREZZO
Il più autorevole esponente della corrente siculo-toscana.
Aveva una personalità molto spiccata e trasferito dalla Sicilia (influenza siciliana e
provenzale → canzone civile per criticare le lotte tra i cittadini e la lotta tra giustizia e
ingiustizia).
Esso è considerato un FLANH o un SIRVENTESE cioè egli si scaglia contro coloro che
hanno distrutto la concordia tra i cittadini e in particolare Firenze aveva toccato delle
conquiste di carattere sociale, economico e politico molto alte e si contrapponeva a Roma
per il suo prestigio economico e politico (i più grandi banchieri d’Europa erano fiorentini)
però l’eccellenza che conquista Firenze genera anche delle lotte tra i cittadini i quali erano
divisi in due partiti principali:
● i Guelfi che appoggiavano la politica papale;
● i Ghibellini che appoggiavano la politica dell’imperatore (era lui a dover essere
arbitro di pace, di giustizia in Italia e nell’Impero a differenza del Papa a cui spettava
solo il potere spirituale, cioè quello di occuparsi della salvezza spirituale dei cittadini).
Guittone d’Arezzo era esponente del partito guelfo, (sconfitta di Montaperti 4 settembre 1260
→ segnò tragicamente la storia di Firenze in quanto ci fu perdita della supremazia
economica e sociale a causa del gran numero di cittadini coinvolti nella guerra che avevano
perso anche il loro beni e la vita), ma fu scomunicato dal papa.
La sua poesia abbraccia due versanti perchè la sua vita si può suddividere in due parti: egli
nacque intorno al 1235 e nel 65 ci fu una conversione (prima della quale aveva goduto di
una vita caratterizzata da feste e divertimenti) e decide di abbandonare tutto e ritirarsi in un
eremo dove c’erano i frati di Santa Maria e se fino a quel momento, la poesia trattava di
problematiche d’amore in prevalenza, lui decise di trattare tematiche religiose e politiche
perché desidera che i fiorentini (che lui amava molto nonostante provenisse da Arezzo, ama
molto la città e la chiama “Fiore”) possano porre fine a queste discordanze.
Guittone è considerato il caposcuola della poesia politica e civile in Italia (i siciliani, essendo
funzionari dell’imperatore, non potevano scrivere componimenti di carattere politico dato che
erano sotto un potere di tipo assolutista per cui l’imperatore non voleva che si parlasse male
del suo impero e di lui in persona; qui con i comuni si ha la rivendicazione della libertà di
parola e di organizzazione dei cittadini rispetto al potere imperiale).
Gli intellettuali che vivevano nei comuni potevano parlare liberamente ed esponevano
l’ingiustizia e condannavano la giustizia e la sete di potere che dilagavano tra le classi più
elevate (che facevano tutt’altro che pensare al bene dei cittadini e che pensavano solo ai
loro interessi).
Scrive circa 300 poesie (50 canzoni e 251 sonetti).
Dal punto di vista culturale risente della concezione di una giustizia che per essere applicata
in maniera equa e abbiamo pertanto un impegno politico, ideologico della sua opera; inoltre
usa molte allocuzioni (ad esempio le interrogative retoriche e molto si rivolge a Dio andando
a creare quasi un’apostrofe blasfema) che si trovano anche in Dante (prime righe influenzate
da Guittone e poi Dante si distacca da esse) e in Petrarca.
La poesia è molto prolissa di figure retoriche e metafore e non era facilmente accessibile a
tutti i lettori.
Lui usa uno stile antifrastico e il volgare utilizzato anche nella stesura delle lettere (da il
primato a Guittone), è gremito di citazioni bibliche e ricco di metafore e figure retoriche
(questo ci comunica freddezza).
Canzoniere significa una raccolta di poesie che hanno un forte nucleo unitario e organico,
questo non è il caso di Guittone (sono rime).
Tre sono i filoni della poesia:
● repertorio d’amore;
● repertorio di polemica civile e politica;
● repertorio con cenni autobiografici con riferimenti cronachistici (=differenza
sostanziale con la Scuola Poetica Siciliana).
Questa è la canzone più famosa di Guittone, dedicata alla rotta di Montaperti del 1260 che
ebbe un’importanza decisiva negli equilibri politico-militari dell’Italia comunale del tempo e fu
sempre sentita dai Guelfi fiorentini come un’onta da cancellare: lo scontro fu molto
sanguinoso e vide le truppe Ghibelline spalleggiate dalle truppe tedesche di Manfredi di
Svevia e capeggiate dal nobile fiorentino Farinata degli Uberti, mentre il tradimento di Bocca
degli Abati che militava tra i cavalieri di Firenze favorì la presa del carroccio delle forze
guelfe, nonché il massacro dei suoi eroici difensori.
La battaglia di Montaperti, quindi, causò il declino politico della città di Firenze (sino ad allora
la città più potente della Toscana) e che ora suscita il lamento accorato del poeta, ispirato al
genere provenzale del “planh”. Guittone produce un altro esempio di poesia impegnata e
civile, inaugurando il genere della canzone politica che avrà successo in seguito (soprattutto
nella poesia di Dante dell’esilio) e usando specialmente l’arma dell’ironia, con cui colpisce
impietosamente la città di Firenze ormai decaduta. Il suo dolore si trasforma in sarcasmo
verso i fiorentini: ciò che è avvenuto lo hanno meritato e ora è naturale che essi siano
costretti a servire i tedeschi. Infine il poeta conclude affermando ironicamente che, dopo
aver vinto i tedeschi e i senesi, ora Firenze può invitare alla propria corte i signori di tutta
Italia. Per Guittone la rovina di Firenze significa la crisi di quegli alti valori di civiltà e la fine di
una politica che agisca per garantire la giustizia e la pace.
Il linguaggio è privo di ornamento e di ricchezze, si tratta di una lingua molto concreta,
incentrata su cose e fatti e perciò molto espressiva. In questo caso l’autore scrive spinto
dalla forza dei propri sentimenti e delle proprie emozioni: il dolore e lo sdegno che il poeta
nutre sono tali che egli non riesce a contenere la propria amarezza, la quale continua con
sarcasmo che domina in tutta l’ultima parte della canzone (dal v.67 in poi, versi in cui l’autore
utilizza la modalità retorica dell’antifrasi: afferma il contrario di quanto è realmente accaduto
in modo tale da esprimere tutta la sua ira nei confronti di chi ha determinato la sconfitta e
l’attuale stato di prostrazione della sua amata città).
“e” → polisindeto
“dia” → latinismo
“dannaggio” → provenzalismo
Altezza tanta êlla sfiorata Fiore “Fiore” → anche se era di Arezzo, torna a
fo, mentre ver’ se stessa era leale, parlare di Firenze (sua seconda patria)
che ritenea modo imperïale,
acquistando per suo alto valore “sfiorata Fiore” → c’è la stessa radice, si
provinci’ e terre, press’o lunge, mante; tratta di una FIGURA ETIMOLOGICA
e sembrava che far volesse impero sfiorata → METAFORA.
sì como Roma già fece, e leggero
li era, c’alcun no i potea star avante. mante → francesismo che vuol dire molte
E ciò li stava ben certo a ragione,
ché non se ne penava per pro tanto, leggero li era → ENJAMBEMENT
como per ritener giustizi’ e poso;
e poi folli amoroso non se ne penava per pro tanto,
de fare ciò, si trasse avante tanto, como per ritener giustizi’ e poso →
ch’al mondo no ha canto ANTITESI
u’ non sonasse il pregio del Leone.
“Leone” → ALLEGORIA simbolo di Firenze,
PARAFRASI: leone che sullo scudo ha effigiato il giglio.
Purtroppo la nobile Firenze ha perso il suo Esso proteggeva la città e veniva anche
fiore,mentre essa era leale verso se stessa, chiamato marzocco da "mars-martis:
e aveva un aspetto imperiale, conquistando piccolo marte” cioè difendeva la città dagli
grazie al suo alto valore numerose province assalti nemici.
e terre, vicine o lontane; e sembrava che
volesse creare un impero come quello di
Roma, e le sarebbe stato facile, poichè
nessun’altra città la poteva sopravanzare. E
ciò avveniva certamente a buon diritto,
poichè non si dava tanto da fare per il suo
vantaggio, quanto piuttosto per mantenere
la giustizia e la pace; e poichè le piacque
fare questo, acquistò un tale potere che nel
mondo non c’è alcun luogo dove non
risuonasse il prestigio del Leone.
a → latinismo (ab)
reo→ reità: sostantivo che vuol dire
ingiustizia
li → vuol dire “ a lui”
“gentil” → non vuol dire solo “nobile”, ma
anche “di elevato sentire”.
Conquis’è l’alto Comun fiorentino, Qui inizia a cambiare il tono che diventa più
e col senese in tal modo ha cangiato, angosciato rispetto a quello precedente che
che tutta l’onta e ’l danno che dato esprime l’accuramento del poeta nei
li ha sempre, como sa ciascun latino, confronti della situazione in cui si trova il
li rende, e i tolle il pro e l’onor tutto: leone.
ché Montalcino av’abattuto a forza, Inizia in questa parte una vena ironica,
Montepulciano miso en sua forza, antifrastica e sarcastica, ad esempio
e de Maremma ha la cervia e ’l frutto; quando parla di un qualcosa di positivo si
Sangimignan, Pog[g]iboniz’ e Colle riferisce a qualcosa di negativo utilizzando
e Volterra e ’l paiese a suo tene; l’ANTIFRASI.
e la campana, le ’nsegne e li arnesi
e li onor tutti presi l’onta e ’l danno →”la vergogna e il danno”
ave con ciò che seco avea di bene. ENDIADI
E tutto ciò li avene
per quella schiatta che più ch’altra è folle. “latino” → nativo dell’Italia, quindi ci si
riferisce agli italici (non c’era ancora il
PARAFRASI: concetto di Italia, che si inizia ad avere con
Il nobile Comune di Firenze è stato Dante).
conquistato e ha scambiato le parti con
quello di Siena (acerrima nemica di “onor” → termine che torna spesso definito
Firenze), a tal punto che questo gli rende REPLICATIO.
tutta la vergogna e il danno che Firenze gli
ha sempre inflitto, come sa ogni italico, e ché Montalcino av’abattuto a forza → è
Siena toglie a Firenze tutto il potere e Siena ad aver sconfitto Montalcino e non
l’onore: infatti Siena ha abbattuto [le mura Firenze (inizia l’ANTIFRASI).
di] Montalcino, ha ridotto in suo potere
Montepulciano, e ha la cerva [il tributo] e la cervia → un tempo si andava a caccia e
rendita della Maremma; Siena considera come trofeo si portavano le corna del cervo,
come suoi San Gimignano, Poggibonsi, la “cervia” è diventata il simbolo di un
Colle Val d’Elsa, Volterra e il suo territorio; e omaggio che veniva concesso al signore
Siena si è totalmente impadronita della (accanto al denaro) quando si andava a
campana, delle insegne, delle armi e di tutti caccia. Questo quindi era segno di
gli arredi, insieme a tutto ciò che aveva di sottomissione.
buono con sé. E tutto ciò accade a Firenze
per quella parte del tuo popolo (i Ghibellini) cervia e ’l frutto → SINEDDOCHE
che è folle più di ogni altra.
Sangimignan, Pog[g]iboniz’ e Colle e
Volterra e ’l paiese a suo tene;
e la campana → ENUMERAZIONE
Foll’è chi fugge il suo prode e cher danno, e l’onor suo fa che vergogna i torna →
e l’onor suo fa che vergogna i torna, IPERBATO
e di bona libertà, ove soggiorna
a gran piacer, s’aduce a suo gran danno di bona libertà, ove soggiorna
sotto signoria fella e malvagia, a gran piacer, s’aduce a suo gran danno
e suo signor fa suo grand’ enemico. sotto signoria → ANTITESI
A voi che siete ora in Fiorenza dico,
che ciò ch’è divenuto, par, v’adagia;
ANASTROFE: si invertono solo uno/due
e poi che li Alamanni in casa avete,
elementi (soggetto, complemento
servite i bene, e faitevo mostrare
oggetto → complemento oggetto,
le spade lor, con che v’han fesso i visi,
soggetto)
padri e figliuoli aucisi;
esempio: cammin facendo
e piacemi che lor dobiate dare,
perch’ebber en ciò fare
IPERBATO: si invertono più elementi
fatica assai, de vostre gran monete.
della frase.
esempio: sempre caro mi fu quest’ermo
colle.
PARAFRASI:
E’ folle chi fugge il suo vantaggio e cerca il
è diverso dall’IPERBOLE che
danno, e fa in modo che il suo onore diventi
rappresenta un’esagerazione.
vergogna, e con grave danno si sottopone
a una tirannia malvagia ed empia dopo aver
goduto di una giusta libertà, dove stava con fella e malvagia → ENDIADI
grande piacere, e fa di un suo gran nemico fella → molto importante nel mondo
il proprio signore. Io dico a voi che vivete a feudale, dove si parla di “fellonia” facendo
Firenze che, a quanto sembra, ciò che è riferimento alla massima vergogna; di
successo vi piace; e dal momento che conseguenza si perpetua nella fedeltà, il
avete in casa vostra i tedeschi, serviteli vassallaggio è fedele al signore.
bene e fatevi mostrare le loro spade con cui
vi hanno sfregiato il viso, e ucciso i vostri A voi che siete ora in Fiorenza dico →
padri e figli; e sono contento che dobbiate APOSTROFE
pagarli con molto denaro, poiché nel fare
tutto questo sopportarono una gran fatica. Alamanni → sono i tedeschi che nella
cultura italica rappresentano un qualcosa di
negativo data la loro alleanza con i
ghibellini.
Monete mante e gran gioi’ presentate mante → francesismo che vuol dire molte
ai Conti e a li Uberti e alli altri tutti
ch’a tanto grande onor v’hano condutti, Onor e segnoria
che miso v’hano Sena in podestate; adunque par e che ben tutto abbiate →
Pistoia e Colle e Volterra fanno ora IPERBATO/EPIFRASI
guardar vostre castella a loro spese;
e ’l Conte Rosso ha Maremma e ’l paiese, dieresi: fondamentale per la metrica
Montalcin sta sigur senza le mura;
de Ripafratta temor ha ’l pisano,
e ’l perogin che ’l lago no i tolliate,
e Roma vol con voi far compagnia.
Onor e segnoria
adunque par e che ben tutto abbiate:
ciò che desïavate
potete far, cioè re del toscano.
PARAFRASI:
Offrite molte monete e gran gioielli ai Conti
(Guidi) e agli Uberti e tutti gli altri (ghibellini)
che vi hanno condotto a un tale onore,
mettendo Siena sotto il vostro potere;
Pistoia, Colle Val d’Elsa e Volterra ora
fanno sorvegliare le vostre fortezze a loro
spese; e il Conte Rosso (Aldobrandino)
tiene il territorio della Maremma, Montalcino
sta al sicuro senza le mura; i pisani hanno
timore per Ripafratta e i perugini temono
che leviate il lago (Trasimeno), e Roma
vuole allearsi con voi [con Firenze, questo
sembra un paradosso].
Sembra dunque che abbiate onore e
potere, e ogni vantaggio; potete ottenere
ciò che volevate, ovvero farvi signori di tutta
la Toscana.
Alcuni commentatori hanno detto che molto spesso lo stile non è scorrevole ma ripetitivo.
BIPARTIZIONE della poesia: prima parte sublimazione - seconda parte ricca di dati concreti,
precisi, circostanziali che non ha pudore nel parlare di “visi spaccati”, “di armi che feriscono
e uccidono” e da questo punto di vista si apre la strada del realismo.