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STORIA ECONOMICA.

UN SISTEMA ECONOMICO INTEGRATO: L’EUROPA DEL XV SECOLO.

Al posto di poli urbani e mercati:

Secondo Fernand Braudel un'economia-mondo occupa un dato spazio geografico e i limiti che la
individuano variano lentamente. Essa presuppone sempre un polo, un centro, rappresentato da
una città dominante. Intorno a questo polo si collocano delle aree intermedie e poi delle zone
periferiche che, si trovano in una posizione indipendente proprio a causa della loro posizione
geografica. In definitiva l'economia-mondo è un'area economicamente autonoma capace di
bastare a se stessa, almeno per gli aspetti essenziali. Ad esempio per Braudel, il cuore industriale
ed economico dell'economia-mondo mediterranea dei secoli XV e XVI è costituito da 4
città:Genova, Milano, Venezia e Firenze e da una serie di loro satelliti urbani.

All'interno di un'economia-mondo è possibile individuare:

 L'area centrale è la zona più sviluppata, ricca di capitali e tecnologie, che organizza e
regola le attività commerciali di tutto il sistema. Suo compito è di fare in modo che ciascuna
parte si specializzi nella produzione di una merce o parte di essa.
 Le aree semiperiferiche, le quali sono direttamente collegate al centro ma non hanno lo
stesso potere di controllo. Tali aree tendono a copiarne il modello e i ritmi di sviluppo ( a
volte con successo) tanto da diventare esse stesse centrali.
 Le aree periferiche, le quali sono aree poco sviluppate, povere di capitali e tecnologie. Esse
dipendono dall'area centrale e dalle aree semiperiferiche, cui cedono a basso prezzo le loro
materie prime o i prodotti agricoli. Esse in cambio ricevono prodotti finiti a prezzi molto
alti.
 Vi sono le aree esterne all'economia-mondo le quali scambiano con essa solo prodotti di
lusso, quindi beni non indispensabili al funzionamento del sistema.

Molto più gravi, invece, sarebbero le conseguenze se si dovessero interrompere i rapporti tra il
centro e le aree semiperiferiche e periferiche risulta evidente, quindi, come col termine di
economia mondo si indichi un sistema e non un'area geografica. L'obiettivo di Braudel è quello di
verificare in che modo le successive economie-mondo spiegano o meno i giochi del capitalismo. Il
concetto di economia-mondo quindi non solo è utile per tracciare la dinamica del capitalismo ma
risulta essere la chiave per poter scrivere una storia universale. Non è un caso allora se grazie
all'azione trainante di alcuni centri urbani, definiti poli, si attua un'azione di spinta e di
aggregazione di vari settori dell'economia che si impongono come centri che dispongono la
maggiore quantità di risorse produttive. Ecco allora spiegato come, almeno fino a tutta la prima
metà del XV secolo, fioriscono i traffici commerciali;questi ultimi, meglio ancora il capitalismo
commerciale del XV secolo, vede emergere due importanti poli (punti di riferimento di tutto il
sistema economico europeo) :

 A sud, il polo delle città italiane del mediterraneo specializzate nel commercio con l'oriente
da cui importa prodotti come spezie, cereali e materie prime.
 A nord il polo dei porti anseatici del Baltico. Sono proprio le navi dell'Hansa, che
commerciano con tutti i paesi dell'Europa Settentrionale.

Lento formarsi di un efficiente mercato monetario XV secolo.

Moneta:passaggio da oro ad argento.

Sin dal XV secolo la scarsa disponibilità di metalli preziosi rappresenta un limite alla creazione di un
efficace sistema monetario. Il battere moneta ha da sempre rappresentato un indiscusso simbolo
del potere e della sovranità. Proprio le zecche, di fatti, rappresentano una fondamentale fonte di
entrate finanziare sia in modo lecito (attraverso il diritto di signoria), sia in maniera illegale
(attraverso il più frequente ricorso a coniare moneta sempre più scadente), ovvero con poco
titolo, alla quale però veniva dato un immutato valore legale.

Quando il Mediterraneo si chiude, all'indomani dell'espansione Araba, diventando un unico "lago


arabo", l'Europa subisce una delle sue più marcate fasi di involuzione. La crisi economica e la
scarsità di oro spinge l'Europa ad attuare una riforma del sistema monetario che abbandona l'uso
dell'oro per sostituirlo con l'argento. Il soldo, che è stato fino ad ora la moneta di eccellenza,
diviene solo una moneta di conto. Il denaro diventato argento e del peso circa di 2 gr, diviene ora
la moneta reale. L'abbandono quindi della moneta d'ora è visto come un regresso ( proprio perché
si passa all'argento). La scarsità di oro limita la quantità di moneta in circolazione infatti bisogna
attendere i primi carichi preziosi dalle Americhe affinché il sistema monetario dell'Europa di
irrobustisca. La quantità estratta di argento è certamente aumentata e, ciò, è dovuto al
miglioramento del sistema di estrazione dalle monete del vecchio continente (austriache ed
ungheresi). L'aspetto che ha evidenziato è : l'organizzazione monetaria di tutti gli stati è basata
sulla distinzione tra la moneta reale ( quella coniata) e la moneta di conto ( utilizzata per la
contabilità, la moneta convenzionale). Proprio quest'ultima fino a tutto il XV secolo funge come
una misura del denaro costante in circolazione. Il caso calzante è vi è nel corso di questo secolo
quando viene sottoscritto un accordo che trasforma il fiorino romano nell'unica moneta legale.
Importante è il discorso sulla velocità di circolazione della massa monetaria:l'oro, ovviamente
circola meno velocemente dell'argento e ciò porta a formulare quella che si definisce "Legge di
Gresham", la moneta cattiva scaccia la moneta buona. Se vi sono in circolazione due monete
metalliche aventi lo stesso valore nominale, la moneta che ha maggiore valore intrinseco
scomparirà per essere fusa, lasciando in circolazione la moneta che ha invece minore contenuto di
metallo. Inoltre la velocità di circolazione della massa monetaria è maggiormente condizionata dal
ruolo del credito e dalla lentezza del recupero dei capitali investiti nel commercio e nelle
manifatture.

Nell'Europa del tempo vige un sistema variegato nella coniazione e nella circolazione delle monete
le quali: da un lato, dipendono dalla disponibilità del metallo, dall'altro rappresentano uno
strumento di politica economica che utilizza la svalutazione e la rivalutazione come un'opportunità
di regolamentazione dello stato.
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI BENI.

Nel descrivere i tratti essenziali dell'economia mediterranea si è potuto osservare come i suoi
principali problemi derivino direttamente dal continuo fabbisogno alimentare. Una regione di
circa 60 milioni di abitanti che, nonostante l'esistenza di mercati interni, in parte autosufficienti,
necessitava di frequenti scambi per un approvvigionamento reso più difficile da continue carestie
e da un veloce aumento demografico. Quindi di conseguenza vi è stato il prevalere delle scorte
alimentari nei carichi mercantili dell'epoca.

Il primo fattore che (dal punto di vista quantitativo) condiziona la domanda dei beni è la
popolazione che si rivolge a questo mercato nello specifico. Quella demografica è una variabile
per la quale, almeno per il XIV e XV secolo non si hanno daci certi, tuttavia nelle diverse fonti è
possibile rintracciare qualche attendibilità. Non è errato ritenere che il periodo medievale sia stato
caratterizzato dalla popolazione europea in crescita costante e ciò nonostante l'alta mortalità
catastrofica, causata da guerre, epidemie, carestie ecc. D'altro canto è inutile negare che una gran
parte di questi decessi è dovuta alla cattiva o scarsa alimentazione. Un fatto è certo: la
popolazione Europea dai secoli XIV e XV è una popolazione giovane dato che le aspettative di vita
si aggirano attorno ai 40/45 anni. Un duro colpo all'aspetto demografico sarà dato dalla peste nera
che tra il 1347 e il 1351 avvolge l'intero continente, contagiandolo. Si deve attendere la fine del XV
secolo perché la popolazione inizi ad attestarsi sui livelli precedenti alla peste e solo poi nel '500
assisteremo ad un vero e proprio boom demografico. Già dal 400 la popolazione comincia ad
aumentare e, a questo aumento, corrisponde una rapida tendenza alla concentrazione della
popolazione nelle città, che iniziano a dilatarsi. Il motivo è presto detto: anzitutto un bisogno di
protezione e di difesa che la città offre con le sue cinta murarie ma anche la ricerca di un lavoro
meglio remunerato. Gli spostamenti seguono due direttrici ben distinte: dalla campagna e/o dai
centri minori verso la grande città, creando a quest'ultime non pochi problemi.

CONSUMI E INVESTIMENTI

Il problema dell'approvvigionamento negli alimentari ci indirizza verso un nuovo problema.


Nell'Europa del '400 la spesa globale è soprattutto una spesa di consumo e la domanda proviene
in larga misura dai privati, dei bisognosi. La spesa pubblica non si differenzia molto da quella
privata nell' acquisto di beni e servizi, fatta eccezione durante i periodi di guerra. Tuttavia questa
spesa pubblica risente ancora degli indirizzi dei secoli precedenti e si rivolge soprattutto alle vie di
comunicazione e di trasporto. Pertanto la spesa globale è soprattutto una spesa di consumo. Sono
proprio le necessità primarie della popolazione che assorbono la quota più rilevante del reddito
individuale:abitazione, alimentazione e vestiario. È stato stimato che circa l'80% del reddito dei
singoli è destinato alla spesa dei beni primari, a confermare ciò che abbiamo detto
precedentemente. D'altronde i problemi veri e propri sopraggiungono durante i periodi di crisi.

Settore primario, varietà di culture e innovazioni.

L'agricoltura e, quindi, il settore primario, svolge un ruolo cardine nell'economia europea dell'età
moderna. Proprio per definizione nel settore primario, confluiscono tutte quelle attività i cui
prodotti sono riconducibili direttamente dalla natura: pesca , agricoltura ecc. Per capire la grande
importanza di questo settore basti pensare che alla fine del Medioevo la principale risorsa
dell'Europa è rappresentata dalla terra sia in quantità di beni prodotti, sia di manodopera
impiegata.
È possibile tracciare un quadro d'insieme delle diverse aree geografiche e così:

 nell' Europa Mediterranea, alla produzione di cereali si affianca quella della vite, l'ulivo, il
gelso, agrumi, cotone, canne da zucchero;
 nell'Europa Settentrionale e Atlantica, spiccano le zone seminate ad orzo, segale, avena,
ma anche piante tessili come canapa e lino;
 nell'Europa Centrale e Orientale infine, le colture di cereali rappresentano la
specializzazione assoluta diventando fonte di approvvigionamento per tutto il resto
dell'Europa.

La principale innovazione nella pratica agricola del XV secolo è costituita dal passaggio dalla
rotazione binaria alla rotazione triennale, dove a rotazione ogni anno 1/3 del campo viene lasciato
a riposo ( maggese). I vantaggi sono da subito visibili e apprezzati tanto da protrarre questa
tecnica ( in alcune aree anche fino alla metà del XIX secolo. Con il nuovo sistema si hanno 3 effetti:

 si realizza un aumento delle produttività del terreno;


 si giunge a una più equa distribuzione del lavoro agricolo nel corso dell'anno con la semina
sia autunnale che primaverile;
 si introducono innovazioni come l'aratro a ruote in ferro e l'utilizzo di cavalli come animali
da tiro.

Settore secondario: comprende tutte le attività manifatturiere + LIBRO

I generi manufatti ( quindi tutto ciò che viene realizzato a mano dall'uomo) sono largamente
richiesti dalla popolazione. Tutto in natura è oggetto di lavorazione, dai prodotti della terra:
cereali, legname , pelle, piante; a quelli del sottosuolo:oro, argento, rame, ferro (armi, attrezzi da
lavoro) ; a quelli del mare: il pescato, che è una delle principali risorse cui si legano importanti
attività di trasformazione, il sale, il corallo.

IL PORTOGALLO E LA SPAGNA – TRATTATO DI TORDESILLAS.

Il 1492 fu un anno molto particolare:

 muore uno dei più abili mediatori che riusciva a mantenere la pace in Italia evitando
interventi stranieri, Lorenzo il Magnifico. Pertanto Spagna, Francia e Germania ne
approfittano e comincia per l'Italia il periodo delle dominazioni straniere;
 Papa Alessandro VI succede a Innocenzo VIII;
 la presenza Turca in Grecia, Albania, Bosnia e Serbia diventa sempre più fonte di
preoccupazione e si avverte sempre più come minaccia per gli equilibri geo-politici del
bacino mediterraneo.

CHICCA. Addirittura nel 1492 cadde addirittura un meteorite di oltre 100 km, successe di tutto.

Questo anno fu particolarissimo per la corona spagnola:

 fine della “Reconquista” con la caduta del regno di Granada;


 espulsione degli Ebrei che non accettano la conversione al cattolicesimo;
 Cristoforo Colombo giunge in America.
Nel 1494 si decide di concretizzare il tutto con la firma di un trattato (il trattato di Tordesillas) ; si
decide che il mondo al di fuori dell'Europa venga diviso lungo il meridiano nord/sud. Le terre ad
est della linea sarebbero appartenute al Portogallo e quelle ad Ovest alla Spagna. Il trattato è
importante perché era inteso a risolvere la disputa che si era creata all'indomani della scoperta di
Colombo. Infatti già nel 1481 Sisto IV, tramite una bolla, aveva garantito al Portogallo tutte le terre
scoperte a sud dalle isole Canarie (che sappiamo essere spagnole). Tuttavia quando successe il
papa Alessandro VI (spagnolo) cambia le carte in tavola: con una nuova bolla stabilisce che tutte le
terre ad ovest di un meridiano appartengano alla Spagna mentre, le nuove terre scoperte ad est di
quella linea sarebbero appartenute al Portogallo. Il re portoghese non soddisfatto di questa
soluzione, inizia dei negoziati con Re Ferdinando II e la regina Isabella per spostare la linea più ad
ovest, sostenendo che il meridiano si sarebbe esteso attorno a tutto il globo (in buona sostanza si
vuole limitare il controllo spagnolo in Asia). Il trattato viene sancito con una nuova bolla: il
meridiano venne indicato dai portoghesi come raia ( che significa confine nella loro lingua) e, per
similitudine degli spagnoli come raya ( che significa riga). La spagna quindi guadagnò territori
comprendenti tutte le Americhe. Solo nel 1750 con il trattato di Madrid si certifica
definitivamente il trasferimento di gran parte del bacino dell'Amazzonia sotto il dominio
portoghese. Alla Francia, Inghilterra e Olanda ( che cominciano i primi viaggi di esplorazione) viene
esplicitamente negato l'accesso alle nuove terre lasciando dunque loro un'unica opzione: la
pirateria.

10 anni dopo il trattato di Tordesillas gli Spagnoli, fanno di Siviglia il più importante terminale
delle merci. In una prima fase si assisteva alla prevalenza di invii dalla Spagna verso le colonie
(soprattutto manufatti e generi alimentari) al fine di sostenere al meglio l'insediamento dei Coloni.
Via via prendono corpo i primi invii verso la Madrepatria delle merci prodotte in canna da
zucchero, cotone, legname e dei minerali estratti nei giacimenti esistenti ( in particolare oro,
argento e rame).

Gli arrivi massicci di questi metalli preziosi ci porta ad affrontare un importantissimo problema:
quello della moneta e dell' infrazione.

XVI SECOLO LA DEMOGRAFIA. L’andamento della popolazione Europea.


Il lungo '500 si presenta agli storici economici come un' arcata temporale che raggiunge all'incirca
130 anni. Uno degli aspetti che conferisce unita a questo secolo è l'andamento demografico. Tra il
1500 e il 1630 ovunque in Europa la popolazione è in aumento. Un espansione demografica che
terminerà solo con la grande epidemia del 1630. L'incremento è soprattutto scandito da un
fenomeno migratorio : al grande fascino attrattivo esercitato dalla Città sul Contado. In un sistema
economico preindustriale, la popolazione è i suoi flussi costituiscono un fondamentale elemento
dinamico. È proprio nelle città dove si può cogliere maggiormente la vera dimensione del
fenomeno. I fenomeni che scandiscono i ritmi e le dinamiche dell'andamento demografico sono le
nascite, i matrimoni e le morti. Cioè quanto la demografica storica definisce: il mutamento
naturale della popolazione. Le nascite sono uno dei fattori peculiari dell'andamento demografico,
quest'ultimo ci porta di fronte a diverse considerazioni e cioè che si concentra in alcuni periodi
dell'anno. I due picchi di natalità si verificano: fine inverno/primavera e autunno. In un sistema
economico tradizionale ( basato dunque sul settore primario) i concepimento si concentrano
principalmente prima del raccolto estivo e nei mesi invernali ( però meno frequenti). In un sistema
economico tradizionale è però importante controllare l'espansione demografica e non farla
diventare insostenibile. Ciò si può ottenere solo attraverso un rigido controllo che si basi
essenzialmente sul limitare la crescita dei matrimoni. Limitazione che può essere possibile solo con
l'innalzamento dell'età maritiale. In buona sostanza si tratta dunque di controllare l'età maritiale
nel tentativo di regolare il rapporto uomini/risorse disponibili.

Tuttavia però la mortalità, in un sistema economico tradizionale, esce da ogni forma di controllo.
Nessuno di fatti ha certezze oggettive di sopravvivenza;i fattori che la mettono in forse
sono:l'igiene pubblica (carenza del sistema di eliminazione di rifiuti organici e non), scarsa igiene
privata e arretratezza della medicina. Quindi vi erano delle vittime predestinate: soprattutto
bambini, infatti la mortalità ordinaria infantile era elevatissima. Ciò è riscontrabile soprattutto dal
rapporto tra morti nel primo anno di vita e numero dei nati vivi. Come per le nascite ed i
matrimoni, anche la modalità ordinaria va vista sotto l'aspetto della stagionalità. Esistono cioè dei
periodi dell'anno in cui la popolazione dell'universo preindustriale muore con maggiore frequenza:
a fine inverno e a inizio autunno.

Interessante è sottolineare come in campagna di viva di più rispetto che in città :migliore qualità di
vita, meno pericoli, maggiore disponibilità di alimentari.

Concludendo questo excursus demografico soffermiamoci su un ultimo aspetto:la mortalità


straordinaria la quale, da una parte è dovuta sempre di più alle frequenti carestie, ma d'altra parte
la causa va data all'uomo che non rispetta le più elementari norme di igiene.

Le grandi epidemie si caratterizzano come principale elemento regolatore delle morti straordinarie
e ve ne furono molteplici in questo secolo. È quasi immediato quindi pensare che in questo secolo
più si espandono le città e maggiore è il rischio di vederle soccombere a questi sanguinosi
avvenimenti. Un altro aspetto non di secondaria importanza è rappresentato dalle carestie che
vanno viste come crisi alimentari o di sussistenza. Di queste ultime spiccano le due più importanti
del 1594-97 (Francia) e 1659-62 (Inghilterra). Esse si ricordano per risvolti sia economici ( per
l'aumento sconsiderato del grano, quella Francese,) che istituzionali (per il rafforzamento della
monarchia che si erge a garante della sopravvivenza del suo popolo, quella inglese,). Un fatto
comunque è certo:l'autosufficienza alimentare è il sogno dell'Europa Moderna.
4)GLI SCAMBI FINANZIARI. I FLUSSI.

La via preferita del gioco degli scambi rimaneva sempre quella del mare in particolar modo il
Mediterraneo (nonostante il rischio di essere aggrediti da banditi o fare naufragi, venti forti,
tempeste). Sebbene il Mediterraneo ancora nel XV secolo conservi una sua integrità economica,
nel corso di questo secolo avviene una radicale trasformazione dell'attività mercantile. Proprio in
questi anni i mercanti prendono parte attiva alle crociate di scoperta. Ma accanto a questi
mercanti-viaggiatori, altre figure partecipano a un altrettanto importante gioco di scambi:e cioè
quanti, su più agili e veloci navigli percorrono in lungo e largo il mediterraneo. La protagonista
assoluta è la stiva delle navi, essa rappresenta la cassaforte nella quale il mercante-armatore
custodisce le sue aspettative; oppure dove i più giovani e inesperti mercanti affidano tutte le loro
speranze. La stiva però non è solo il luogo dove i padroni della nave sottraggono percentuali
previste agli ignari armatori, ma è anche lo spazio dove i marinai, ripongono le poche mercanzie
acquistate durante il viaggio e che, una volta a destinazione, con la loro vendita integrano il basso
salario percepito. L'aumento a dismisura del volume di merci trasportate, richiede ora una
maggiore velocità di base preferendo la rapidità dello scambio a discapito della quantità di carico.
Tuttavia i piccoli velieri non sostituiscono completamente le grosse galere;almeno nel
mediterraneo la crisi delle grosse stazze si avrà nel XVI secolo, quando a Venezia (ma un po' per
tutto il bacino) si affermerà la fortuna dei piccoli velieri, diventati il simbolo della crescita degli
scambi. Sono quindi tutte presenze/movimento (ricordando la frase di Lucien Febvre) che rendono
il mediterraneo un complesso di strade di terra, di mare, di fiume. Il mediterraneo sarà una rete
articolata di collegamenti regolari e di distribuzione. L'attesa della primavera si svolge tra piccole
operazioni e, quando essa arriva a scandire nuovamente i ritmi allora si riprende a contrattare
acquisti e vendite. Il molo dei porti riacquista nuovamente colore. Riprende quindi il frenetico
trattare nelle fiere cittadine.

Le migrazioni fra vecchio e nuovo mondo.

La popolazione Europea appare in movimento lungo varie direttrici:dalla campagna alla città,da
Paese a Paese e da continente a continente.

 Dalla campagna alla città: dal movimento città/campagna emerge anche un fenomeno
( tipico dell'economia agricola) che caratterizzerà l'Europa nei prossimi secoli:pauperismo (i
poveri che diventeranno un grosso problema tra i diversi problemi). La popolazione,
disperata per non avere a disposizione mezzi di sussistenza, si muove fra la città e la
campagna seguendo i ritmi delle stagioni; e cioè quelli legati al raccolto,
all'immagazzinamento delle scorte. Come nei momenti di crisi, lo spostamento avviene
anche fra città e città alla ricerca del luogo dove la mancanza di mezzi di sussistenza sia
meno avvertita.
 Da Paese a Paese: tipico è il caso dei mercenari Svizzeri al servizio delle diverse corti; ma
anche le guerre di religione giocano un ruolo determinante se si pensa alla e migrazioni di
interi gruppi. ( questione ebrei)
 Da Continente a Continente: questo genere di migrazione mostra caratteristiche particolari
in quanto l'afflusso verso i nuovi mondi non è ancora un movimento diffuso. I viaggi sono
ancora lunghi e disagiati. L'emigrazione in questa prima fase è alimentata soprattutto da
chi svolge affari con commerci d'oltremare, da avventurieri e da che si dedica soprattutto
allo sfruttamento delle risorse. Il nucleo, dunque, è composto da mercanti, uomini di mare,
ufficiali e fra questi c'è anche chi considera l'esperienza temporanea, anche se molti si
stabiliscono o ritornano a stabilirsi definitivamente.

È importante considerare che fra questo genere di migrazione deve essere considerata anche
quella forzata: la vergognosa tratta degli schiavi. Uomini e donne prelevati dalle coste africane e
in condizioni disumane trasferiti nel Nuovo Mondo per lavorare nelle piantagioni di canna da
zucchero.

La qualità della vita.

La crescita della popolazione nel corso del XVI secolo è stata rallentata da 3 fattori esogeni:le
epidemie, le guerre e le carestie. Per quanto riguarda proprio queste ultime è importante
rimarcare come: tanto la scarsa produttività del suolo, quanto un altrettanto scarso rapporto tra
seme piantato e raccolto siano fenomeni strutturali all'agricoltura nel tempo. Basta poco a
determinare una crisi di sussistenza: attacco di parassiti, un inverno mite, una guerra ( proprio il
passaggio di un esercito significa rovina dei campi, razzia delle dispense, diffusione di malattie
contagiose).

La parola chiave per le città dell'Europa è organizzazione, gestire le proprie scorte e ciò è possibile
farlo solo gestendo la disponibilità dei grani. Il commercio dei cereali è l'occasione per importanti
operazioni commerciali ovunque in Europa: dal Baltico al Mediterraneo. Pertanto si è osservato
come la qualità della vita diventò molto scarsa proprio perché diversi individui che venivano colpiti
dalle epidemie dovevano ritrovarsi in situazioni di debilitazione fisica, tale da ridurre le difese
dell'organismo. A provocare questa debilitazione sarebbero state proprio le carestie, le guerre.

L'agricoltura. - I rapporti con la terra, le nuove produzioni agrarie-

Ecco spiegato il perché la corsa alla terra è uno dei tratti caratterizzanti del lungo '500. L'acquisto
di terra è sempre un affare in quanto con l'aumento della domanda di generi alimentari, la
coltivazione dei campi diviene occasione di investimento e quindi un' opportunità per veder
aumentare il proprio reddito, oltre che a garantirsi un adeguato approvvigionamento delle materie
prime nelle proprie dispense. Il XVI secolo si configura come il secolo in cui si confermano gli
interessi fiscali sulla terra con il diffondersi delle imposte fondiari e l'inizio di una sorta di
concorrenza con Stato e Città. Una delle caratteristiche dell'economia agraria è la messa a coltura
delle cosiddette terre marginali, e in modo particolare facendo ricorso alla bonifica.

Il sistema agrario, di fatto, è ancora dedito alla coltura di prodotti tradizionali dai 4 cereali.
Accanto ad essi, cominciano a destare interesse oltre a coltivazioni come l'olivo e la vite, anche
quello di tipo industriale: lino, canapa, gelso, cotone, le cui produzioni riempiono i laboratori del
settore tessile. La scoperta del Nuovo Mondo, ha fatto conoscere anche nuovi prodotti la cui
diffusione muta gusti, diete e abitudini alimentari. Questi nuovi prodotti mitigheranno l'effetto
delle carestie. Mais, patate, pomodori, i prodotti che maggiormente incidono sulla dieta
alimentare, ma anche tabacco, caffè, thé e cacao iniziano a stimolare la curiosità scientifica di
botanici e agronomi e, solo a partire dal Seicento diventano generi di consumo di lusso. Il lungo
'500 è anche il secolo della risicoltura, il cui incremento della produzione è dovuto anzitutto alla
forte richiesta che proviene dalla domanda di riferimento da parte delle flotte. Il riso, a differenza
degli altri prodotti, si conserva meglio e più a lungo e, quindi, può essere consumato sulle navi
durante i viaggi transoceanici. Interessante notare come le navi imbarchino animali vivi che non
solo garantiscono (una volta giunti a destinazione) trasferimenti o l'utilizzo in battaglia ( cavalli),
ma anche che assicurino il soddisfacimento alimentare durante la traversata (bovini, ovini, suini,
conigli e galline). A bordo, infatti, non si può conservare a lungo né carne fresca né i derivati come
latte e uova. Molti degli esemplari imbarcati hanno anche lo scopo di giungere vivi a destinazione
per essere allevati a fare in modo che nelle colonie si possa riprodurre ( per quanto possibile) lo
stile di vita e le condizioni che si vivono nella Madrepatria.

All'inverno, nei viaggi di ritorno, si imbarcano animali esotici che giunti a destinazione non solo
destano curiosità, ma nel tempo entreranno a far parte della dieta alimentare ( il tacchino).

Possiamo riassumere schematicamente le conseguenze della crescita economica del XVI secolo:

 Aumento dei prezzi delle derrate agricole;


 Aumento dei prezzi dei terreni;
 Aumento dei fitti agrari;
 Corsa alla terra;
 Estensione del coltivo;
 Caduta dei salari.

AUMENTO DEI PREZZI DELLE DERRATE AGRICOLE.

Il mercato del settore primario ha avuto una forte impennata dovuta ad un eccesso di rialzo della
domanda. Pertanto viene da porci una domanda: quale importante conseguenza porta la
maggiore domanda di derrate agricole?

Anzitutto un aumento dei prezzi a dismisura sul genere di punta: il grano. I prezzi dei cereali
subiscono forti incrementi, pari ad un incremento medio annuo del 4,3%. L'aumento dei prezzi dei
cereali, in tal senso, si mostra come il fattore che porta a far arrivare la produzione agricola verso
determinati sbocchi. Ecco perché il '500 viene definito secolo delle cerealicoltura. Un' altra
importante a conseguenza, sempre sul piano agricolo, è rappresentata:

 dalla messa a coltura delle terre marginali ( cioè quei terreni che presentando una scarsa
fertilità in origine, non sono stati sfruttati)
 dalla bonifica dei terreni paludosi.

Da questo momento in poi si punterà alla coltura di nuove terre, piuttosto che di intensificare la
produzione per ettaro. In tal senso si devono inquadrare due differenti posizioni messe tra loro a
confronto: quella di tipo intensivo e quella di tipo estensivo.

 Nel tipo di coltura estensiva, prevale l'utilizzo della cosiddetta rotazione triennale;
 Nel tipo di coltura intensiva la produttività è maggiore, in quanto si aumenta la
produttività del terreno cambiando il tipo di rotazione: ovvero passando dalla rotazione
triennale a quella quadriennale sostituendo al posto del maggese ( la parte del campo
lasciata a riposo). Al posto del maggese vengono piantate le erbe mediche nell'intenzione
di rendere più fertile il terreno, di aumentare il suo humus. Si creano quindi le stalle dove,
gli animali mangiando queste erbe mediche, concimano il terreno e questo concime viene
sfruttato per produrre di più nelle altre zone di campo. Questa sperimentazione messa in
essere da Tarello, fa compiere un salto di qualità al sistema delle rotazioni nel ciclo agrario.
Pertanto facendo ciò aumenta la produzione dei terreni riducendo la manodopera nel
lavoro dei campi.

È facile intuire come in quegli anni una proposta simile risulti destabilizzante per la società
dell'epoca:il timore che massa di sbandati ( provenienti dalle campagne) affluisca in città in cerca
di sopravvivenza in settori come il secondario e il terziario, ( che di fatto non sono pronti ad
accogliere numeri così grossi), spinge le autorità a non seguire tale via. Per questo motivo si
mostra vincente la posizione assunta da Alvise Cornaro che sostiene la messa a coltura di terre
marginali, ricavate soprattutto con opere di bonifica. Inoltre si spiega chiaramente come
un'agricoltura di tipo estensivo ( meno produttiva) prenda il sopravvento su di un'altra di tipo
intensivo ( più produttiva). Una scelta, quella di Cronaro, che negli anni successivi verrà rafforzata
con l'introduzione della coltura del mais. Tuttavia quest'ultima risulterà un grosso inganno perché,
le poche cure e l'alta resa di questa pianta, distraggono il vero problema da risolvere: quello legato
alla produttività. Un'analisi svolta dal più importante esponente di storia agraria dell'Europa
(Slicher van Bath) evidenza come sui 4 cereali di base ( frumento, segale, orzo e avena) si realizza,
a seconda delle aree, fra le 4 e le 7 volte il seme utilizzato. Perché dunque una resa così bassa? La
risposta la possiamo trovare:

 nel l'arretratezza tecnologica con cui si lavorano i campi. Il seme non riesce a penetrare a
fondo nel terreno;
 nella scarsa concimazione, in quanto ancora non si era ancora attuato l'allevamento in
stalla del bestiame di grossa taglia;
 nella resistenza della rotazione triennale, che sfinisce i campi e l'anno maggese, in realtà,
non consente di ripristinare il ciclo azotato del terreno.

Aumento dei prezzi dei terreni.

Di fatto, nonostante tutto ciò, ci ritroviamo di fronte ad un paradosso: la terra si avvalora


costantemente. Ovunque in Europa si registrano incrementi del prezzo della terra grazie alla forte
pressione demografica e al costante aumento della domanda di derrate agricole ( in particolare
dei cereali). La terra rimani sempre un ottimo affare, per questo aumentano i prezzi. Il valore dei
terreni aumenta di pari passo con l'aumentare dei prezzi delle derrate; allo stesso mento si
registra un costante incremento del valore locativo dei suoli ( di quanto i proprietari chiedono per
l'uso dei terreni). Numerosi esempi sono riportati, come quelli riguardanti l'aumento dei fitti
ovunque nell'Europa. Proprio verso fine '500 si registra un aumento del frumento ( di circa 6 volte)
e un aumento dei fitti ( di 9 volte) rispetto ai primi anni del secolo.

Aumento dei prezzi dei fitti agrari.

Contrariamente a quanto ci si possa pensare, l'aumento dei fitti non innesca meccanismi che
portano a peggiorare le condizioni di coloro che fittano le terre; e questo grazie soprattutto al
costante aumento dei prezzi delle derrate agricole che continua ad assicurare ampi margini di
profitto da parte di coloro che fittano le proprie terre. Sono però i piccoli conduttori che, non
rientrando negli alti profitti dovuti alla vendita dei prodotti, non riescono a far fronte alla forte
richiesta di fitti crescenti da parte dei proprietari e si vedono costretti a cedere la propria
indipendenza nella condizione di salariato. La spinta verso l'alto dei fitti determina un processo di
disgregazione dei tradizionali equilibri su qui si fondano i rapporti secolari nelle campagne.

Corsa alla terra.

Va esaminato di certo un ulteriore aspetto molto importante : quello legato alla mobilità dei
capitali dalla città verso la campagna. Acquistare terra è sempre un affare, il migliore affare
possibile: non solo i vecchi proprietari terrieri acquistano terreni ma anche mercanti e
professionisti delle arti liberali ( discipline accademiche, mestieri o professioni coltivate da persone
libere), tutti vogliono comprare terra, sorgendo in essa un'ottima opportunità di investimento.
Accanto a queste motivazioni ve ne sono altre di carattere prettamente economico, dovute al
l'aspirazione di progredire socialmente ( acquisire titoli grazie all'acquisto e profitto della terra) o
di investire in un'attività dai ritmi meno frenetici rispetto ai commerci o alle manifatture.

La caduta dei salari.

La remunerazione del lavoro conosce una forte flessione. I salari nell'arco di 130 anni a stento
raddoppiano a fronte dei forti rialzi dei prezzi, soprattutto legati ai generi di sussistenza,
registrando incrementi di 4/5 volte superiore al loro valore. I salari ora assumono un ruolo
particolare: essi costituiscono reddito. Salari bassi significano eccesso di manodopera sul mercato
del lavoro. È proprio nelle città ( dove il lavoro è organizzato soprattutto in corporazioni) che
iniziano a manifestarsi tensioni piuttosto forti. Le corporazioni quindi iniziano a proteggersi
aumentando le tasse di ingresso nel mestiere e chiedendo maggiori oneri per l'apprendistato o per
le maestranze ( chi voleva apprendere, imparare un'arte, doveva pagare). Quindi risulterà sempre
più difficile entrare in una corporazione e accedere a un mestiere.

- INNOVAZIONI-

IL XVI secolo è il periodo in cui si iniziano a vedere i primi risultati di quella che nei secoli
successivi sarà indicata come Rivoluzione Scientifica. È questo il secolo di Galileo, Keplero,
Copernico, ovvero i precursori della nuova scienza che pone lo scienziato dinnanzi ad una nuova
immagine della scienza e un diverso metodo d'approccio.

Una scienza che procede di ipotesi in ipotesi;che conosce traguardi predeterminati. Una scienza
autonoma dalla fede, contraria alle pretese del sapere dogmatico. Bertolf Brecht farà dire a Galileo
: " dove per mille anni aveva dominato la fede, ora domina il dubbio. Tutto il mondo dice"
d'accordo, sta scritto nei libri" e Galileo dice " ma lasciate un po' che vediamo noi stessi". Con ciò
intende di mettere in dubbio ciò che viene dato per certo, ciò che è indiscutibile per fede. Galileo
decide di annullare ciò e mettere in dubbio il dogma. Non stupisce, di fatti, che la Chiesa (per
istinto di conservazione e sopravvivenza) deve ricorrere allo strumento della Controriforma
( Concilio di Trento) per recuperare gli antichi schemi del sapere.

Necessità metalli.
In questo secolo si cominciano a diffondere le prime empiriche conoscenze tecnologiche; le
esigenze militari impongono di studiare ed esaltare la necessità di metalli. Una maggiore
attenzione, quindi, è rivolta alle tecniche di estrazione dei minerali e alla loro trasformazione.
L'energia meccanica usufruisce dell'apporto della ruota idraulica e di quella eolica. La legna è
insostituibile come combustibile e tale necessità, unita a quella di costruire navi sempre più
grosse, provoca la distruzione di gran parte del patrimonio boschivo europeo. Questo tipo di
operazioni però, necessitano di importanti sforzi finanziari e in tal senso grandi case bancarie
investono e supportano imprese del settore.

Su tutte i FUGGER ( fiuggher) . Questa famiglia tedesca di agiati artigiani e tessitori, inizi del '400 si
divide in due rami:

 FUGGER DEL CAPRIOLO: continuano ad operare nel settore tessile e, nel tempo si
espandono in quello metallurgico e concentrano gli sforzi nell' importazione di spezie, sete
e cotone;
 FUGGER DEL GIGLIO:rappresentati da 3 fratelli che si specializzando nello sfruttamento
minerario;aprono fonderie e commerciano rame e argento.

Accanto alla richiesta di metalli come oro, argento e rame, anche il ferro e il bronzo (esigenze
militari) lo stagno e il piombo (utensili e caratteri di stampa) conoscono momenti di fortuna. La
ricerca in questo secolo compie grossi progressi nella cartografia e nelle costruzioni navali e civili
con nuove tecniche di progettazione.

Settore tessile.

Anche nel settore tessile si avvertono le prime grosse novità. Paesi bassi e Inghilterra si impongono
con la vendita di nuovi panni di lana sui mercati che per tradizione sono sempre appartenuti agli
Stati Italiani. Sono i cosiddetti short clothes: tessuti in lana più leggeri e meno resistenti di quelli
italiani, ma sicuramente più competitivi nel prezzo. Un nuovo prodotto ora attira l'interesse delle
classi economicamente più agiate:la seta.

La forte crescita demografica, la messa a coltura di terre marginali, i nuovi territori d'oltremare, le
innovazioni e i miglioramenti tecnologici sono fattori che per tutto il lungo '500 non solo
garantiscono produzioni di beni e servizi in modo da soddisfare la domanda effettiva, ma
consentono anche un espandersi dell' offerta nei diversi settori economici. La sempre maggiore
richiesta di generi alimentari e di materie prime ( tessili e minerali) impone aumenti nella
produzione e soprattutto una diversa organizzazione del lavoro sia nei campi che nelle miniere.
Senza ombra di dubbio, però, è il settore secondario che mostra una maggiore dinamicità. La
produzione di manufatti offre anche occasioni di lavoro, caratterizzando uno degli aspetti
significati dell'espansione economica europea.

Il settore secondario.

Il settore secondario comprende tutte quelle attività di trasformazione che si vanno profilando in
Europa occidentale tra i secoli XVI e XVIII. È bene chiarire subito che tra il Cinquecento e il Seicento
non si verificano delle novità sostanziali nella produzione di beni manufatti.
Il settore secondario, sotto il profilo organizzativo è strutturato:

 sia nelle città, dove partecipano più soggetti: qui, il settore, è rappresentato da un elevato
numero di botteghe artigiane dove lavorano il capo bottega ( magister) alle cui dipendenze
troviamo i lavoranti (soci laborantes) e i garzoni (discipuli) che presso la bottega maturano
l'apprendistato ( sempre pagando);
 sia nelle campagne, dove partecipa un solo soggetto: sono i contadini che, nei loro
momenti liberi (quando ciò i tempi e i ritmi della campagna lo consentono), svolgono
alcune attività di trasformazione soprattutto nel settore tessile.

Nelle botteghe di Città i padroni delle botteghe, si associano tra di loro in Corporazioni di Arti e
Mestieri.

Le attività secondarie partono:

 in un primo tempo, con le attività di trasformazione volte all'autoconsumo (Cottage


system) ;
 successivamente, con le attività di trasformazione che sono integrate nel mercato (Factory
system) ;
 infine, quando la regia del Mercante Imprenditore diventa più attenta, le attività di
trasformazione assumono il connotato di Putting out System.

Corporazioni.

Le scopo delle corporazioni era:

 tutelare l'attività sulle caratteristiche che i manufatti devono possedere prima di uscire da
una bottega corporata;
 difendere gli interessi particolari dei corporati;
 sorvegliare affinché regni l'armonia;
 controllare che vengano attuate quelle operazioni di mutuo soccorso tra i corporati.

In buona sostanza, si presentano due stadi di evoluzione del settore secondario: lo stato originario
e quello evoluto.

Lo stato originario è collocabile Nell'Europa dell'Alto Medioevo (XII secolo), quando le botteghe
artigiane lavorano per un mercato racchiuso tra cinte murarie. Elementi caratterizzanti:

 il mercato è limitato non essendo numerosa la popolazione;


 la domanda è certa, specifica e si può collocare ai committenti che si rivolgono alle
botteghe artigiane;
 la bottega commensurate l'offerta alla domanda, evitando in tal modo crisi di
sovrapproduzione.

Lo stadio evoluto è collocabile nell'Europa del Basso Medioevo e nei secoli dell'età moderna. Il
mercato si amplia, non vi è più un mercato chiuso, diventa un mercato provinciale, regionale,
nazionale e questo grazie all'influenza delle scoperte e del Nuovo Mondo. Elementi caratterizzanti:

 la voglia degli operatori commerciali di negare gli spostamenti, fissarsi nelle loro botteghe;
 la mancanza di adeguate conoscenze, che porterebbero consentire a questi di avere
successo sui mercati a più ampio respiro.

Mercante Imprenditore. CHIEDE ALL'ESAME ( PAG 25 LIBRO).


In questo stadio evoluto del settore secondario si inserisce una nuova figura economica: il
mercante imprenditore. Questa figura viene spiegata da Kulisher il quale, sospende il proprio
esercizio gradualmente e si dedica alla vendita dei manufatti, diventando così Imprenditore
Commerciale. Al tempo stesso espande l'attività rivolgendosi, ora, alle merci prodotte da altri
artigiani, i quali ben presto finiscono per concentrare la loro intera produzione verso questo
mercante che ormai organizza l'intero ciclo produttivo. Il Mercante Imprenditore nasce nei
laboratori di quegli artigiani che si occupano degli ultimi stadi della fabbricazione.

In tal senso Kulisher riporta l'esempio delle botteghe artigiane di Solingen: qui operano artigiani
del:

 primo stadio, fabbri armaioli ( che davano la forma all'arma)


 secondo stadio, temperatori ed affilatori
 terzo stadio, brunitori e rifinitori.

È proprio nelle botteghe degli artigiani di quest'ultimo stadio che si ammassano i manufatti per
essere rifiniti. I brunitori e rifinitori possono liberamente spostarsi al di fuori delle mura di cinta
della città, in quanto non sono depositari di alcun segreto dell'arte, a differenza di tutti gli altri
artigiani ai quali era vietato uscire dalle città per timore che il segreto dell'arte possa essere
divulgato, scoperto.

Dunque per Kulisher è tra gli artigiani del terzo stadio che prende corpo la figura del Mercante
Imprenditore, in quanto essi sono i candidati naturali per commercializzare il manufatto.

Gli artigiani del terzo stadio oltre a svolgere un'attività di intermediazione, essi organizzano
l'intero ciclo produttivo attraverso tre fasi:

 consegna del materiale grezzo;


 ritiro del semilavorato;
 consegna alle botteghe artigiane per la lavorazione finale.

In conclusione:

 innanzitutto la comparsa del Mercante Imprenditore rappresenta un importante salto di


qualità nell'organizzazione del settore secondario;
 egli muta la valenza della domanda, che da certa su un mercato locale si trasforma in
incerta su un mercato più ampio;
 si modifica strutturalmente l'essenza della famiglia contadina, che è costretta ad
abbandonare i lenti ritmi dell'autoconsumo perché attratta da quelli più veloci e frenetici
della commercializzazione dei manufatti. Prende corpo la cosiddetta TRASFORMAZIONE
DECENTRATA che sarà prevalente durante il ciclo depressivo dell'economia europea.
Sotto la sapiente regia del Mercante Imprenditore prendono corpo quelle forme di trasformazione
note come:

 Putting out System Inghilterra;


 Opificio Decentrato Francia;
 Verlag System Slesia.

Questa figura assume in prima persona il rischio commerciale, mentre il rischio tecnico ricade
sull'artigiano o sulla famiglia contadina.

I VARI COMPRATIMENTI:

Emerge dunque come il settore secondario sia dominato dal rapporto città/campagna e
dall'arretratezza tecnologica dovuta soprattutto alla prevalenza del capitale circolante su quello
fisso. Il tutto va ovviamente a discapito della standardizzazione dei prodotti manufatti, che di fatto
è impedita. Forti si presentano il comparto tessile e l'edilizia.

Partendo dal tessile:

 la sua importanza è in funzione del vestire quotidiano;


 fonda la sua forza sull'ampia diffusione che esso ha Nell'Europa Moderna;
 occupa un alto numero di persone.

Per quanto riguarda l'edilizia:

 la sua forza si fonda soprattutto grazie alla forte richiesta avanzata dai ceti
privilegiati:nobiltà e clero su tutti;
 non di secondaria importanza quella proveniente dai ceti minori, i quali comunque
chiedono la costruzione di case più modeste o di mulini e canali.

Un notevole peso è dato anche dai comparti alimentare e quello di pelle e cuoio.

Alimentare: l'importanza di questa attività di trasformazione nell'economia europea di questo


secolo fino al 18esimo è fondamentale. Basti pensare al pane che come prodotto finale ha alle
spalle prima l'attività molitoria e poi quella dei fornai.

Pelli e cuoio: altra attività di rilievo è costituita dalla concia dei peli. La misura viene data dall'uso
vario e molteplici le che si fa del cuoio:dalle calzature alle guarnizioni per gli abiti, ai finimenti per
gli animali.

In conclusione, non deve stupire come all'interno dell'universo urbano la percentuale degli
occupati nel settore secondario sia piuttosto alta. Comunque resta un fatto: il settore primario
rimane sempre il settore fondamentale cioè quello in cui la popolazione trova maggiore
occupazione. Ciò ha una spiegazione : il basso livello tecnologico non consente di aumentare la
produttività.

Furono vari i limiti incontrati dal settore secondario:


 Innanzitutto, non si può non ricordare come l'arretratezza dei trasporti di fatto costituisca
un serio limite allo sviluppo del settore secondario. È sempre più difficile commercializzare i
prodotti su mercati più ampi;
 un secondo limite si può riscontrare nel basso livello dei redditi delle masse popolari, che
non consente una domanda ampia di manufatti;
 a tale proposito non si può non ricordare come nelle campagne l'autoconsumo abbia
costituito un serio limite: le famiglie contadine producono da sole i manufatti di cui hanno
bisogno, non hanno esigenza di rifornire dalla città;
 paradossalmente, anche la ricchezza dei pochi privilegiati ha costituito un serio limite
incontrato dal settore secondario. La regione è facilmente individuabile nel fatto che quella
dei ceti più ricchi è una domanda qualificata. Una domanda volta soprattutto verso i generi
di lusso.

ESPANSIONE OLTREMARE.

Tra il XVI e il XVIII secolo sono avvenuti dei mutamenti che hanno riguardato anche la distribuzione
geografica delle industrie europee. In tal senso, un'attenzione notevole è stata data
dall'espansione oltremare, cioè allo scopo di rifornire le colonie dove manca ogni tipo di
manufatto.

Lungo il corso del '500 possiamo dire dunque, che io Nuovo Mondo ha esercitato un' importante
influenza stimolatrice. Tuttavia il più generale incremento demografico non ha riportato un
importante fattore di sviluppo alla domanda di manufatti in quanto, il grosso dei redditi delle
masse popolari viene speso in primi per generi alimentari e solo in subordine in quello dei
manufatti.

La potenza attrattiva delle città.

È questo secolo dove le città mostrano tutta la loro potenza attrattiva verso il contado: le città ora
si dilatano, crescono per dimensione e numero di abitanti. Un'espansione che, per gran parte della
storiografia economica non è stata vista in buon occhio, la ragione è presto spiegata: i cosiddetti
investimenti nella pietra non hanno altro scopo se non di distogliere preziose risorse agli altri
settori più produttivi. La crescita delle città ha determinato una svolta anche e soprattutto
nell'agricoltura, la quale ora va a commercializzarsi, grazie al l'approvvigionamento delle città. In
buona sostanza, fittavoli, piccoli e grandi proprietari terrieri ora tendono ad aumentare la
produzione agricola globale al fine di commercializzare.Dunque, essi vanno aumentando le proprie
quote di reddito, che possono così essere destinate all'acquisto di manufatti.

Emblematico è quanto accaduto in Polonia durante il lungo '500: a causa dell' aumento della
domanda di grano, i ricchi proprietari terrieri ottengono enormi profitti con la vendita di grani ai
mercanti i quali, a loro volta, hanno fatto della Polonia un importante emporio per i manufatti: dal
vino francese al pesce salato olandese, ai tessuti inglesi.
PREMESSE XVII SECOLO.
Gli storici economici considerano da sempre il XVII secolo come un periodo di forte ristagno
demografico, se non proprio di regresso. Le varie regioni d'Europa conobbero forti crisi alimentari
ed epidemiche che portarono ad un'interruzione del trend di crescita iniziato alla fine del
Medioevo. La reazione alla crisi fu diversa nei vari paesi:
 mentre in alcune zone essa determina un passo avanti nella creazione del sistema
capitalistico;
 in altre zone, invece, la crisi favorisce il consolidamento dell'economia feudale, arrestando
il generale progresso della società.

Ecco che allora, nell'Europa,diviene evidente la divisione in:

 un'area di sviluppo ( Inghilterra, Olanda e in parte Francia) ;


 una zona depressa ( Spagna e Mezzogiorno d'Italia).

Tra le cause della crisi economica dell'Europa occidentale spicca quella individuata nel fatto che lo
sviluppo economico del '500 sia rimasto attaccato a quello del passato,di fatti, la fase di prosperità
del XV secolo può definirsi una falsa partenza. L' iniziativa capitalistica ( prevalentemente
mercantile e finanziaria) si è adattata alla prevalente organizzazione feudale, senza riuscire ad
abbatterla. Da qui, tutta una serie di contraddizioni che hanno portato alla famosa e lunga crisi di
questo secolo; prima fra tutte:

 lo squilibrio della produzione agricola ancora relativamente statica, visto che il permanere
del dominio feudale nelle campagne ostacola l'evolversi dell'organizzazione produttiva;
 ma anche la crescente domanda di beni alimentari creata dalla crescita delle città, dovuta
all'incremento del commercio, delle manifatture e della pubblica amministrazione.

Un altro limite può essere individuato nel fatto che sia il sistema coloniale spagnolo, ( basato
prevalentemente sullo sfruttamento delle risorse minerarie e agricole) che quello portoghese
( impostato sul monopolio commerciale), di fatto non riescono a creare nelle terre d'oltremare un
mercato capace di stimolare la produzione europea ed assorbirla.

Nella prima metà del '600 si crea la trama per un nuovo sistema coloniale in cui sono evidenti le
tendenze del capitalismo moderno:

 a unificare l' economia sul piano mondiale; e a sfruttare le differenze di sviluppo tra le
varie parti del mondo.

Vecchio e Nuovo convivono in questo sistema:

 Vecchio, è il capitalismo mercantile, impegnato a trasferire merci da un punto all'altro


delle terre fino ad allora conosciute;
 Nuovo, è il colonialismo collegato con l'evoluzione del sistema produttivo, in quanto
fornisce materie prime necessarie alle manifatture della Madrepatria e cerca mercati di
sbocco per i loro prodotti.

Ciò ci aiuta meglio a comprendere perché due nazioni ( Olanda e Spagna), non hanno mantenuto
a lungo le conquiste finanziarie ed economiche:

 l'Olanda non manda di una notevole attività produttiva specialmente nel settore tessile,
armatoriale e nella conservazione del pescato;
 la Spagna, versa all'estero l'oro e l'argento che riceve dalle colonie, per acquistare
manufatti e beni alimentari che produce in maniera insufficiente.
Nella seconda metà del Seicento, le colonie inglesi influiscono sui vasti mercati per le manifatture
nazionali e fonti di approvvigionamento per materie prime. Tuttavia il dislivello tra le diverse aree
economiche appare più netto se consideriamo l'Europa nel suo insieme.

Allo slancio del capitalismo mercantile, all'espansione dell'economia urbana e all'avvio verso la
modernizzazione dell'apparato produttivo corrisponde la ripresa di una delle forme più tipiche
dell'organizzazione feudale: la servitù della gleba. Un processo che prende slancio in
corrispondenza delle prime massicce esportazioni di cereali verso l'occidente. Proprio l'aumento
della richiesta di materie prime (grano e legname) stimola notevolmente l'economia dei paesi
che si affacciano sul Baltico. Tuttavia però le accresciuto possibilità commerciali stimolano in
questi paesi un'intensificazione dello sfruttamento delle masse contadine da parte dei grandi
proprietari terrieri.

Ad esempio:

 in Polonia, si rinnova il dominio dei grandi feudatari;


 in Russia, il diritto dei proprietari di essere padroni assoluti ( sia della terra che dei
contadini) è largamente riconosciuto e ciò provoca ripetute agitazioni che mettono in
pericolo l'unità del paese;
 in Svezia, la corona è appoggiata dalla chiesa luterana e inoltre vive una delicata situazione
internazionale dovendo diffondere la propria indipendenza e la propria presenza nel
Baltico, dalla pressione e dalla concorrenza della Polonia.

Guerra Dei Trent'Anni.

Un ulteriore fatto s'innesca nella crisi economica di lungo Seicento: La Guerra dei Trent'anni
( 1618-1648). Quest'ultima fun una lunga e sanguinosa guerra con effetti rovinosi soprattutto il
larga parte della Germania.

XVII SECOLO.
Demografia: andamenti globali + Gli effetti sul tenore di vita, sui consumi e sui prezzi.

Le conseguenze economiche della caduta demografica portarono a 3 flessioni:

 flessioni dei prezzi delle derrate agricole;


 flessione del prezzo della terra;
 flessione dei fitti agrari. ( Appunto l'opposto del XVI secolo dove invece, vi fu un aumento
delle 3 flessioni).

Diminuzione prezzi delle derrate agricole.

Uno degli effetti più bruschi causati dalla forte flessione demografica del '600 è stato senza dubbio
la ricaduta che si ebbe sui prezzi delle derrate agricole. Un numero minore di persone, rispetto al
passato, ora si rivolge al mercato. La minore domanda di derrate agricole subito si ripercuote sui
prezzi che calano bruscamente, senza che tra l'altro, si sia registrato un qualche tentativo di
adeguare l'offerta a questa nuova situazione.

Nord Italia, Francia, Germania, Inghilterra, Olanda, Polonia, ovunque in Europa si registra un calo
di prezzi dei cereali. Una concentrazione dei prezzi agricoli che si ripercuote su tutta una serie di
fenomeni:

 riduzione delle terre messe a coltura e questo a vantaggio del pascolo;


 riduzione del rapporto seme-prodotto;
 diminuzione dei fitti agrari, dovuto al progressivo diminuire del valore dei terreni;
 passaggio, da parte dei proprietari terrieri, a forme di gestione della terra più ristrette.

Sono proprio le strutture interne al mondo agrario che vanno modificandosi assumendo forme di
allargamento nelle dimensioni della proprietà terriera medio-grande, a danno della piccola
proprietà coltivatrice. Nonostante tutto,la terra continua ad essere sempre un buon affare, un
rifugio per i ceti cittadini ricchi che continuano ad investire in essa. A un mercato della terra, fa da
eco un altro mercato, quello del lavoro, che ugualmente è percorso da forti tensioni sociali ed
economiche. La forte concentrazione demografica si ripercuote ovviamente sull'offerta del
lavoro: rispetto al passato, meno braccia si offrono sul mercato del lavoro e, la logica conseguenza,
è l'aumento dei salari reali ( ovvero quelli legati al potere d'acquisto. Quindi a una concentrazione
della domanda del prodotto finito, corrisponde una diminuzione dell'offerta di lavoro, che
aumenta il prezzo del lavoro stesso. Uno squilibrio tra fattori produttivi e quantità di domanda.

Dati i grandi salari, la produzione si sposta verso luoghi dove il lavoro costa di meno: la
campagna, che ha reagito meglio rispetto alle città nei confronti della lenta ripresa demografica.
(proprio come succede oggi che, l'imprenditore decide di spostare i lavoratori dove il lavoro costa
meno).

Ecco dunque che le attività produttive volte alla trasformazione ( le manifatture tessili) iniziano a
decentrarsi, a spostarsi. La campagna, questa volta, vince contro la città ( a differenza del XVI
secolo dove invece, notiamo l'opposto, in quanto i contadini si spostano nelle città per
protezione).

Il fenomeno che maggiormente interessa questa secolare fase di crisi è senza dubbio quello della
riduzione del coltivo unita ad una caduta generale del prezzo del grano.

Fra tutte le aree geografiche europee il Mezzogiorno d'Italia è stata quella dove maggiormente
si sono avvertiti questi fenomeni. Studi approfonditi hanno evidenziato come il pascolo e
soprattutto la pastorizia riducano la superficie dell'arativo a grano. In tutte le diverse zone la
pastorizia viene identificata come più remunerativa rispetto al passato.
La Germania è quella che più fra tutte ha subito disastrose conseguenze da questa situazione:
essa esce a pezzi dalla lunga Guerra dei Trent'Anni che, porta a villaggi distrutti e spopolati, scorte
di grano e bestiame razziati, campi distrutti dalla furia di combattimenti ecc. Pertanto non
meraviglia come in questo paese il prezzo dei cereali è fra i più bassi d'Europa e la terra assicura a
stento i minimi vitali, i beni primari.

Aumento dei prezzi della terra.

Studi analitici hanno dimostrato come la tendenza generale di periodo porta verso un vero e
proprio crollo dei prezzi della terra, dovuto alla caduta dei prezzi sulle derrate. Ma ciò non significa
che non si compri terra, anzi al contrario aumentano i casi di profitto acquistando la terra e
successivamente vendendola.

Caduti dunque i prezzi e non potendo risparmiare né sui salari né sul capitale, al fittavolo non
rimane che o ridurre il proprio tenore di vita o ridurre il pagamento dei fitti. Ovunque nella
penisola i fitti sono in calo.

Rendita.

Il fitto della terra però, nell'Italia Settentrionale, assume in nome di rendita fondiaria. Nel
linguaggio degli economisti classici quest'ultima corrisponde essere la parte del prodotto della
terra corrisposta al proprietario terriero come compenso dell'uso delle forze originarie e
indistruttibili del terreno. La rendita nasce dalla diversa fertilità della terra ed è, quindi, rendita
differenziale. In sostanza è un guadagno differenziale a favore dei proprietari terrieri più fortunati:
coloro che avevano terra più fertile, i benestanti.

Via via che cresce la domanda di prodotti agricoli al crescere della popolazione, vengono messe a
coltura meno terre fertili. Poiché il prezzo di collocamento sul mercato dei prodotti si commisura
al costo della produzione della terra meno fertile, ne consegue che i proprietari delle altre terre
conseguono una rendita che è pari alla differenza dei costi di produzione delle terre possedute
(inferiore alle terre marginali) e i prezzi spuntati sul mercato.

In conclusione quindi non è la rendita la causa del prezzo bensì l'effetto. Il prezzo dei prodotti
determina la rendita che, a sua volta, influenza il prezzo della terra a vantaggio dei proprietari
terrieri: da qui la lotta alla rendita parassitale definita da Marx ( il vantaggio dei proprietari terrieri
rispetto agli altri). La rendita è assorbita dal fittavolo sotto forma di canoni pagati dai fittavoli. Se il
proprietario gestisce in proprio l'azienda agricola, la rendita è inclusa insieme al profitto nell'utile
dell'esercizio. Oltre alle terre meno fertili, al crescere della domanda possono venire messe a
coltura anche terre più lontane dai mercati di sbocco dei prodotti ( dove arriveranno i prodotti).
Questo tipo di rendita costituisce la rendita di posizione.

Altri fattori che contribuiscono alla nascita della rendita sono:

 le condizioni climatiche che consentono di produrre primizie pregiate ( da cui deriva la


cosiddetta rendita di primizia) ;
 i capitali;
 il lavoro impiegato.
La rendita deriva anche dalla produttività crescente o decrescente delle dosi di capitale e di lavoro:
l'applicazione di miglioramenti tecnici può modificare il livello della rendita;

La rendita feudale è costituita dalla somma della rendita pubblicistica,rendita fondiaria


impropria e rendita immobiliare.

 Rendita pubblicistica: derivata dalle entrate che vengono acquisite dal signore in virtù di
diritti di tipo pubblicistico quali l'esercizio della giustizia, il diritto di banno ecc ( tutte quelle
azioni che rafforzano la posizione del signore) ;
 rendita fondiaria impropria: derivata dalle entrate che vengono acquisite dal signore in
virtù del possesso dei terreni che egli può gestire direttamente o cedere in affitto;
 rendita immobiliare: derivata dalle entrate che vengono acquisite dal signore dal possesso
di mulini, frantoi, forni ecc: e cioè gli immobili per il cui uso la comunità deve anche una
quota stabilita del prodotto.

Di queste tre, quella che maggiormente incide sulla rendita fondiaria, è la rendita fondiaria
impropria:proprio per quanto riguarda quest'ultima, un ruolo chiave lo gioca il diritto di terraggio,
riscosso in natura. Si tratta di una denominazione dell'affitto di un terreno a coltivazione diretta
con canone in natura, determinato da una misura fissa; è un contratto a coltivazione estensiva,
che consente la messa a coltura di appezzamenti a rendimento marginale.

Altra forma di rendita è quella rappresentata dall'affitto di terreni versato in denaro o in natura.

Generalmente la durata contrattuale è triennale o in multipli di tre anni. Così, quando è forte la
fame di terra, il Signore tende a usurpare queste terre, sottraendole al pascolo per metterle in
coltivazione. Il nuovo secolo, con il forte calo demografico, cambia questo stato di cose.

Il processo di concentrazione della terra in Occidente.


Il Regime del suolo in Europa.
Innanzitutto cosa si intende per Regime Del Suolo: forme e modi di produzione, oltre che i
rapporti istauratisi in una determinata area tra uomini e terra.
Il fiume Elba assume un ruolo fondamentale nel corso del secolo ma già da prima, ad esempio per
i Romani. Esso era un importante determinatore della geografia europea:

 nel medioevo rappresenta il limite orientale dell'impero carolingio. Le sezioni navigabili del
fiume sono essenziali allo sviluppo e al successo della Lega Anseatica e numerosi sono i
commerci svolti grazie alle sue acque;
 nell'età Moderna è un importante spartiacque dell'economia europea;
 al termine della Seconda Guerra Mondiale diviene parte del confine tra Germania est e
Germania ovest.

Grande gratitudine va data a uno degli storiografi più importanti che ha avuto il merito di
sintetizzare e analizzare il risultato di decenni di ricerca della storiografia economica tedesca, Aldo
De Maddalena. Egli ci propone due distinti regimi del suolo a seconda che si consideri la proprietà
terriera ad Est o ad Ovest del fiume Elba.

 A Est prevale il regime dell'amministrazione diretta del Signore su tutta o quasi tutta la
tenuta. Siamo cioè in presenza della cosiddetta Gutherrshaft dove l'intero fondo va a
coincidere con quella che generalmente si è soliti definire la riserva signorile. I pochi poderi
liberi sono concessi a contadini che li coltivano per sé stessi, scontandoli con il lavoro
condotto sulla riserva del Signore. Le ragioni di questo tipo sono state ampiamente
illustrate durante il corso del '500, quando si è parlato del forte rialzo dei prezzi del grano a
causa della sua forte domanda; una tale situazione ha funzionato da freno allo sviluppo
nelle terre a Est dell'Elba, dove non sono state innescate quelle dinamiche di sviluppo
tipiche dell' Occidente, poiché ciò che preme ai proprietari dell'Est è di aumentare la
produzione di grano, di fatto ottenibile aumentando il numero delle giornate lavorative. La
crisi di questo secolo è I probelmi legati alla caduta demografica sono collegati a questa
situazione: i proprietari dell'Est Elba, per aumentare la produzione di grano, accentuano la
pressione sui contadini che possiedono le terre fino a ridurli in stato di servitù
(nuovo/secondo servaggio). Ecco che la condizione di servo elimina automaticamente la
possibilità di poter disporre di un salario, oltre al fatto che la stessa concessione della terra
è soggetta ad una continua ripartizione tra i servi che di volta in volta aumentano la
collettività.
 A Ovest, invece, sempre secondo gli studi condotti da Aldo De Maddalena, si sta
realizzando il regime della cosiddetta Grundhershaft dove, la gestione della terra, viene
affidata dal proprietario ad altri in cambio di prestazioni sotto forma di censi, denaro,
rendite. Ecco spiegato perché nel XI secolo, nonostante tutto aumenti, solo la terra a censo
non conosce forme di rivalutazione. La terra a censo di fatto è immobilizzata e sul mercato
può procurare ricchezza solo al ceto borghese che lo prende in fitto dai nobili, a cui rimane
il diritto eminente; questo è appunto il motivo dominante che lega l'intero mondo agrario
europeo. Il proprietario eminente delle terre tributarie conserva il titolo della proprietà che
cede al concessionario, il quale ha solo il dominio utile, ovvero solo il diritto di sfruttare la
terra attraverso una serie di prestazione in natura in denaro o in lavoro.

Nel mondo agrario occidentale la situazione, si fa interessante quando il signore, attraverso censi,
canoni e livelli mette in gioco la sua riserva che può essere frittata o gestita attraverso il lavoro
salariale. La riserva signorile, dunque, può essere venduta e trasmessa dall'acquirente in via
ereditaria.
In buona sostanza, con l'entrata in gioco della riserva signorile, ora sono due le forme di
conduzione nelle campagne: l'affitto e la colonìa (vedi accento) parziaria.

 Affitto: il fittavolo, dietro pagamento in denaro o in natura di un canone o livello


corrisposto al proprietario, gestisce in piena autonomia l'azienda agricola;

colonìa parziaria: il proprietario con il coltivatore partecipa ai rischi della conduzione dividendo
tutto a metà con il colgono. La mezzadria costituisce un tipo particolare di colonì parziaria. Questo,
dunque, lo scenario continentale.

Diverse però le sfumature e le differenze tra paese e paese, tra regione e regione.

L'Italia.
La nostra penisola su tutti mostra anomalie già nella sua apparente divisione in due mondi
( urbano/agrario), diametralmente opposti:

 Centro-nord: caratterizzato da un notevole sviluppo del fenomeno urbano che ha


accentuato la scomposizione dei vecchi rapporti agrari. Una macro area dove affitto e
colonìa parziaria sono da tempo diffusi sia da parte dei proprietari nobili che da quelli di
origine borghese;
 Mezzogiorno: dove ancora una volta le cose vanno differentemente. Un mondo dove la
grande proprietà fondiaria a senso la si può definire signorile. Il diritto feudale ora lo si ha
tra il suddito e il sovrano di fatti, la feudalità sarà abolita solo nel 1806; ma fino ad allora, il
nostro Mezzogiorno rimane di fatto un mondo ancora feudale.

Interessante questo passaggio che non vede più tutelati gli interessi del singolo, ma quelli di un
intero gruppo che ora vede nel sovrano il suo massimo garante.

Non vi è più la figura feudale del servo; I contadini possono muoversi liberamente nel regno senza
chiedere il permesso ad alcuno. Da ora, i propri comportamenti ne rispondono solo al sovrano. Ma
comunque è sempre il solo barone che possiede a pieno il titolo della terra, che concede la terra
dietro il pagamento di un terraggio; in buona sostanza è il feudo che continua a regolare la
produzione agraria sia nell'interesse della collettività che in quello del semplice contadino.

Una situazione che sempre più si aggraverà nel tempo, soprattutto con la comparsa di un
personaggio: il gabellotto, un mediatore che si pone come figura intermedia tra il contadino e il
proprietario. Un personaggio che consente al Signore di vivere tranquillo, in buona sostanza è lui
che instaura i rapporti di colonìa. Potremmo definirlo come un mercante di campagna, un buon
fattore che versa al barone un canone fisso e poi si comporta da vero padrone della terra. È
proprio con loro che, nei momenti di crisi, il piccolo proprietario coltivatore si indebita.

Inghilterra.
Un'altra partita importante, il mondo agrario, la gioca in Inghilterra, dove il landlord ( proprietario
terriero) ha come compagni di gioco i tanants farms ( grossi fittavoli non proprietari) e i braccianti
agricoli. Qui in Inghilterra la tenuta signorile, resta ben separata dalla proprietà dei contadini anzi,
si amplia proprio a spese di questi ultimi. Il perché è spiegato dal fatto che da subito il signore fitta
la sua riserva; ciò però non significa che in Inghilterra manchino forme censi e di terra, di fatti
esistono:

 i free-holders, che dietro censi e canoni ottengono la terra in uso perpetuo;


 i copy holders, che possono trasmettere la terra anche in via ereditaria, ma dietro
pagamento di un'altra tassa;
 i copy holders a termine, i quali sono soggetti al rinnovo periodico dei fitti.

Tuttavia le diverse flessioni di lungo '600, la brusca discesa dei prezzi agricoli e le alte imposte
fondiarie aggravano le condizioni dei piccoli proprietari terrieri. Il grande proprietario terriero che
ha tutto il suo interesse nell'acquistare terra, inizia il suo attacco alle posizioni del mondo
contadino, soprattutto attraverso le recinzioni delle terre comuni e dei fondi i divisi appartenenti a
più persone e, dopo il raccolto destinati al pascolo delle greggi comuni dei proprietari.

Le enclosures ( recinzioni).

Nel XVII secolo gli open fields ( fondi invisi) diminuiranno drasticamente a causa del l'affermarsi
delle recinzioni (enclosures). Per quanto riguarda questo fenomeno abbiamo due fasi ben distinte:

 1 fase, le recinzioni sono un atto privato, cioè il grande proprietario usurpa terre di uso
civico, campi aperti utili e sfruttati a rotazione dai piccoli coltivatori ;
 2 fase, le recinzioni come atto pubblico, cioè la recinzioni sono definite dallo stato e
diventano un'importante operazioni di ricomposizione fondiaria. I grandi proprietari
terrieri in camera o le terre dei piccoli coltivatori che, ottenuti i campi dietro il pagamento
della recinsione stessa, ora non hanno più i mezzi per condurre adeguatamente il fondo.

In realtà, con queste recinzioni, si danneggiano per lo più i contadini che, non possono più
usufruire dei benefici ricavati da quei terreni, mentre vanno a favore ai grandi proprietari terrieri:
per le recinzioni è necessario sostenere spese di tipo privato ma anche legali, che scoraggiano i
piccoli proprietari. Con le recinzioni è possibile unificare più terreni e creare grandi aziende che
vengono cedute ai grandi fittavoli capitalistico, i quali sono in grado di effettuare i necessari
investimenti.

Un miglioramento agricolo che consente all'Inghilterra di limitare i danni della lunga crisi del '600 e
la migrazione da parte del Contado verso le città: migrare cioè, verso occupazioni di tipo
manifatturiero/industriale.

Arriviamo dunque alla prima conclusione: la struttura capitalistica assunta dall' agricoltura
inglese è la chiave di volta dello sviluppo economico e industriale del paese.

La Francia.
Diverso il caso francese dove, la piccola proprietà terriera, conserva le posizioni acquisite per
conservarla e successivamente diffonderla. Qui è lo Stato che si appropria del surplus del
prodotto; è fondamentale, dunque, non concentrare la domanda nelle mani della grande
proprietà fondiaria bensì frazionarla fra i piccoli e medi proprietari terrieri.
Aumentando il numero di proprietari, aumenta di conseguenza il prelievo fondiario quindi essi
sono un importante fonte delle entrate dell'Erario. Ecco perché le rivolte contadine sono rivolte
contro lo Stato e non solo contro il signore.

Sebbene le popolazioni siano di fatto garantite con ereditarietà e costi fissi ( grazie sempre
all'opera dello Stato) è indiscutibile che, sul lungo periodo l'alta tassazione dell'Erario non
incoraggia una maggiore produttività (in quanto o io pago le tasse o risparmio quel denaro per le
terre) . Ciò fu un inevitabile limite allo sviluppo industriale : ecco spiegato il ritardo Francese verso
l'industrializzazione.

Affinché si possa affermare un sistema di crescita occorre che si verifichino due condizioni:

 il collasso del sistema di appropriazione del surplus mediante costrizione extra-


economica e, cioè, i signori devono essere in grado di usare la forza per indurre i contadini
a lavorare il dominico;
 l'indebolimento dei produttori diretti: cioè bloccare la tendenza che consente la
trasformazione di un possesso consuetudinario in un possesso libero.

Grazie a queste due condizioni è possibile che si crei un sistema nuovo di proprietà basato sulla
triade: proprietario fondiario==> fittavoli ==> bracciante salariato. In buona sostanza è ciò che è
accaduto in Inghilterra e che ha favorito lo sviluppo continuativo delle forze produttive. Ciò fu
possibile soprattutto grazie all'espansione dle dominico che, aumenta la porzione di terra che il
signore può affittare ( operazione questa, che in Francia non fu possibile poiché i terreni si sono
trasformati in proprietà nelle mani dei produttori diretti).

Tuttavia un nuovo elemento si introduce nelle dinamiche dell'accumulazione tra i signori feudali:
l'intensificarsi delle esportazioni dei tessuti di lana; se a ciò si aggiunge l'aumento delle derrate
agricole e il conseguente aumento dei prezzi agricoli, allora si assiste ad uno sviluppo agrario
funzionale al mercato: si crea cioè, una proprietà fondiaria commerciale. In buona sostanza si crea
quella rete di fittavoli e quel mondo di salariati agricoli che spinge la corona inglese ( Tudor) a
creare uno stato funzionale ai nuovi equilibri economici. Ecco che i signori a loro volta hanno la
necessità di controllare la Corona e, lo fanno attraverso un'istituzione: il Parlamento.

In definitiva, ciò che distingue e caratterizza lo sviluppo inglese è soprattutto il fatto di aver visto
sviluppatasi un'aristocrazia capitalistica che si pone alla guida della rivoluzione agraria.

Ruolo contadino.

La reazione del mondo contadino a questo stato di cose è stata quella di diventare più competitivo
e, cioè, di affrontare la concorrenza, tagliando i costi e introducendo le innovazioni agronomiche.

In poche parole un contadino che:

 si trasformi in fittavolo capace di reggere il confronto con un sistema competitivo di canoni


 e che sia in grado di mettere sul mercato prezzi più bassi che, pur assicurando i necessari
margini di profitto, di fatto sia in grado di eliminare dal mercato i più deboli e meno
attrezzati.
Ecco allora spiegato come la terra in Inghilterra diventi un investimento commerciale e non si
avverta più l'esigenza di considerarla come oggetto per perpetuare la famiglia ( a differenza di
Francia e altre zone di Europa). Ecco perché i giovani figli ora, tendono a uscire fuori, a inserirsi in
mondi professionali e a studiare.

Differenza aziende agrarie inglesi e francesi.

La differenza tra le aziende agrarie inglesi e francesi si coglie in tutta la sua evidenza durante il
'600:

 le aziende inglesi reggono i contraccolpi aumentando la produttività con l'introduzione di


forme miste ( ovini + cereali) oppure con un impiego estensivo delle coltivazioni;
 in Francia invece l'opposto, i proprietari, invece di diminuire i canoni li aumentano, talvolta
li raddoppiano spingendo verso l'indebitamento.

Crisi del XVII secolo.

Come nota Brenner, la crisi del Seicento è significativa anche per un altro aspetto: il trapporto tra
industria e agricoltura.

Il caso inglese ci viene ancora una volta in aiuto:

 mentre la tendenza europea vede uno sviluppo industriale comunque frenato dalla base
sociale di tipo agrario-feudale; e vede i settori primario e secondario dipendenti dai mercati
esteri
 in Inghilterra accade il contrario: è proprio il mercato interno che supplisce alla congiuntura
estera negativa.

Ciò che nota Brenner, è stato possibile grazie all'intelligente opera della corona inglese. I Tudor si
ergono a garanti dell'ordine e del regolare funzionamento dei processi economici di natura
contrattuale. Egli ci spiega la chiave del successo inglese: un'abile fusione tra economico e politico,
pur mantenendo ben distinta la separazione istituzionale tra Stato e Società civile. Non è dunque
un caso, il rafforzamento del Parlamento ( unico strumento di controllo sulla Corona).

Settore terziario -Finanza pubblica- XV SECOLO


I MERCANTI BANCHIERI. I PRIMI STRUMENTI E LE ISTITUZIONI DI CREDITO.

Le Fiere.
Quando si è parlato di economia mondo si è notato come, grazie all'azione trainante di alcuni
centri urbani ( che abbiamo definito poli), si sia attuata un'azione di spinta e di aggregazione di vari
settori dell'economia che si impongono come centri in cui arriva la maggiore quantità di risorse
produttive e, ciò, grazie soprattutto alle condizioni di operatività di quel Polo.

Dunque spiegato come nel XV secolo, accanto allo sviluppo del settore tessile ( lana in modo
particolare) fiorisce tutta una serie di traffici commerciali ( i quali consentono l'acquisizione di
ingenti fortune).

Le principali merci che partecipano al gioco degli scambi sono la lana e la seta; ma anche carichi
ingombranti trovano spazio nelle stive delle navi: sale, cereali, riso, spezie, cuoio, legname, ferro,
rame, stagno ecc.

Per altri beni, soprattutto quelli di minore ingombro, le Fiere sono il luogo preferito, il punto di
incontro dei mercanti del Nord e del Sud Europa. In ognuna di esse il mercante trova occasioni di
scambio e soprattutto il modo per poter meglio regolare le partite incrociando il dare e l'avere e
questo, di fatto, costituisce un duplice vantaggio:

 da un lato, l'aggregarsi del circolante (vista la pericolosità dei viaggi)


 dall'altro, riuscire ad ottenere preziose dilazioni nei pagamenti grazie a strumenti
creditizi.

I Mercanti-Banchieri.

Sin dal medioevo si sono affermate delle figure ben precise di mercanti che svolgono anche la
funzione di banchieri. Uomini d'affari che hanno accumulato ingenti ricchezze e che accanto ad i
commerci non rifiutano di svolgere attività di prestito e interesse. Spesso questi mercanti-
banchieri custodiscono un deposito di somme di denaro di clienti e soci che, utilizzano per i loro
investimenti e li ripagano con un giusto interesse. Un grosso investimento sbagliato o sfortunato,
porta il banco al fallimento.

Lettera di Cambio.

I banchi privati, generalmente concedono crediti per compensazione ( cioè senza che si maneggio
somme di denaro). Per questo motivo, tali banchi, sono detti anche banchi di scritta.

In buona sostanza, presso questi banchi, i mercanti pagano reciprocamente i loro debiti con
operazioni dette a giro: e cioè il banchiere ha il compito di compensare debiti e crediti di quei
mercanti che presso il suo banco sono intestatari di una scritta, cioè di un conto. Ecco che, in tal
senso, comprare uno strumento creditizio che ben presto si diffonderà nel tempo fino ai giorni
nostri: la lettera di cambio.

Quest'ultima è data da 4 oggetti:

 il numerante, ovvero il debitore originario;


 il traente, ovvero il banchiere a cui il debitore (numerate) chiede di pagare il debito in un
luogo distante da dove egli risiede;
 il trattario, ovvero il banchiere di fiducia del traente: egli opera sulla piazza dove deve
essere pagato il debito;
 il beneficiario, ovvero il creditore.

A questo punto entrano in scena due nuovi elementi: la distanza loci e la permutation.

 Distanza loci: ovvero l'esigenza di pagare denaro contante in un luogo distante da quello in
cui viene dato l'ordine di pagamento.
 Permutatio pecuniae: questo vuole dire pagare il debito con somma equivalente al valore
che corre sulla piazza dove risiede il debitore.

Considerata la lentezza delle comunicazioni, questo vuol dire che per il pagamento di una lettera
di cambio trascorre molto tempo e quindi, il debitore, ha a sua disposizione un lasso di tempo
( che varia da uno a tre mesi) per raccogliere la somma dovuta.

Tuttavia questa lettera di cambio comporta rischi che possono essere rappresentanti:

 dal variare del tasso di cambio della moneta ( e quindi uno dei due banchieri ci rimetteva) ;
 dall'insolvenza del debitore (numerante);
 dai ritardi dovuti al sistema delle comunicazioni;

Infine dal rifiuto del trattato di pagare una lettera di cambio: la protesta.

Vista la lunghezza e le tecniche adoperate per ritardare il pagamento di una lettera di cambio, ben
presto si ricorrere a due novità: all'uso

 dello sconto: pagamento anticipato che concede al debitore un abbuono alla somma
dovuta;
 della girata: con l'apposizione della firma del girante (la lettera può essere trasferita a terzi,
che ne diventano i beneficiari).

L'affermarsi della lettera di cambio dà modo che si sviluppino sempre più delle particolari fiere
dette di compensazione, che prendono il nome di fiere dei cambi.

Fiere della Champagne.

Cronologicamente, siamo intorno al 1100, le prime fiere che incontriamo sono le 6 fiere della
Champagne (della contea). Il calendario era fissato in maniera tale che, per gran parte dell'anno,
almeno una fiera fosse aperta, garantendo la continuità delle transazioni. Queste ultime divennero
il cardine del commercio europeo per circa due secoli: in esse non solo si scambiano merci, ma si
effettuano anche fiere di pagamenti. Ognuna dura 6 settimane: nelle prime due si mostrano le
attività commerciali più tipiche. Nelle altre 4 settimane le attività di compensazione.

Le Fiere di Ginevra.

Già alla fine del 1300 alle fiere della Champagne, subentrano le 4 fiere di Ginevra che bene presto
diventano importanti terminali di sbocco delle merci italiane dirette verso le regioni centrali del
continente. L'unità di conto adottata è il marco d'oro.
Le Fiere Castigliane.

Sempre nel corso del XV secolo, un importante ruolo lo rivestono anche le 3 fiere Castigliane dove,
un ruolo fondamentale è svolto dai cosiddetti Banchi di fiera dove, si svolgono tutte le operazioni
finanziarie: credito, pagamento delle lettere di cambio ecc.

Le Fiere di Lione.

Fra la seconda metà del '400 e quella del' 500 un ruolo centrale fu svolto dalle 4 fiere di Lione. La
fiera dura 3 settimane:

 il momento commerciale, dura 2 settimane;


 Il mercato finanziario, l'ultima settimana.

Durante quest'ultima settimana si dà vita a una vera e propria fiera di cambi. Il regolamento di
fiera si basa su 3 operazioni da farsi nel giro dell'ultima settimana:

 i primi due giorni si annotando debiti e crediti su un registro detto scartafaccio;


 il 3 giorno si provvede alla cosiddetta accettazione da parte del mercante-banchiere, che
consiste nel l'apposizione di una sua sigla sullo scartafaccio del collega per dare valore
legale all'effetto;
 Il 4 giorno si provvede alla fissazione del cambio, i mercanti-banchieri si riuniscono e si
consultano sui corsi dei cambi da applicarsi ai contratti stipulati durante i giorni di fiera;
 negli ultimi giorni si provvede al regolamento dei saldi che può avvenire o in contanti o per
compensazione tra le diverse piazze.

Le fiere di cambio genovesi

Nella seconda metà del '500, l'importanza sempre crescente del capitale finanziario vede
esplodere le fiere di cambio genovesi; a partire proprio dal XVII secolo, queste fiere entrano in
crisi. Durante il loro svolgimento generale vi partecipano fra i 50 e i 60 mercanti-banchieri e, per
rendere più agevoli gli scambi di ingenti capitali si utilizza lo scudo di marche, come moneta di
conto. Mentre si succedono le giornate di fiera, si registra un conto del dare e dell'avere che viene
presentato al Magistrato di Fiera il quale, stima un bilancio generale nel quale si pareggiano i conti
di ogni mercante-banchiere che al momento è presente in Fiera (questa operazione è detta
incontro dei debiti e dei crediti). Al termine dell'operazione, il magistrato di fiera invita i presenti a
saldare i debiti per mezzo di una lettera di cambio a scadenza fissa ( tenuto conto della piazza dove
il pagamento deve essere effettuato).Successivamente alla fase di liquidazione, i mercanti-
banchieri si riuniscono con i maggiori cambiati presenti e ( a maggioranza) fissano il prezzo di
cambio sulle diverse piazze dove, per mezzo della lettera di cambio, si devono effettuare i
pagamenti a saldo. Nel resto dell'Europa, al posto della lettera di cambio, vi era il pagherò. Il
debitore, cioè, si impegna a restituire la somma dovuta al creditore, con l'aggiunta degli interessi
correnti presso una precisa data.

Nel corso del tempo si applica una nuova tecnica finanziaria: l'assegnazione, con la quale il
creditore ( che trasferisce ad una terza persona il suo credito) rimane comunque obbligato in
solido, sino al pagamento da parte del debitore in originario.
Questa nuova forma di credito, nel Seicento ( XVII secolo) genera una variante che consiste
nell'anteporre al pagherò una girata da parte del creditore.

Col passare del tempo, l'alto volume degli affari e l'inadeguatezza della maggior parte dei mercanti
banchieri e dei cambiatori banchieri dà modo ad un intervento dello stato che richiede la
formazione di banche pubbliche che nel tempo assumono un ruolo fondamentale nello sviluppo
del capitale mercantile.

I MERCANTI BANCHIERI. I PRIMI STRUMENTI E LE ISTITUZIONI DI CREDITO.

I banchi pubblici.
I banchi pubblici:

 svolgono operazioni sia di deposito che di bancogiro; queste ultime, dette anche giroconto,
consistono nel trasferimento di una somma di conto corrente intestato a un correntista al
conto di un altro correntista della stessa banca;
 accettano depositi, sui quali non si corrispondono interessi, ma devono essere restituiti al
momento della richiesta;
 all'atto del deposito, rilasciano delle fedi di deposito che agevolano i pagamenti in un
momento in cui le difficoltà monetarie sono una costante d'epoca. (Ciò fu possibile perché
le fedi potevano essere girate anche a terzi);
 pagano a terzi su ordini inoltrati dai clienti.

Sul finire del Seicento, le accresciute esigenze di una maggiore liquidità danno modo di fondare
particolari banche che prenderanno il nome di banche di circolazione e successivamente di
emissione, che possono emettere biglietti al portatore ( cioè bastava la semplice consegna del
biglietto, del titolo, per trasferire anche il diritto di credito in esso contenuto) a quanti hanno
bisogno di credito.

Vari prestiti nel tempo.


I prestiti al consumo.

Affrontando il tema del credito nell'ambito più ristretto, un ruolo decisivo lo giocano i prestiti di
consumo.

Quest'ultimo, anche denominato credito, è una pratica generalmente usata non solo dai mercanti
di città ma anche da quelli di campagna I quali, dietro pagamento in contanti ( generalmente a un
prezzo più basso rispetto a quello del mercato), acquistano in anticipano i prodotti della terra.
Pratica questo uso soprattutto quando il raccolto è scarso e, qualora il contadino non sia in grado
di restituire il suo debito, il tutto ( con aggiunta di interesse) sarebbe stato scontato sul raccolto
dell'anno successivo.

Merciai, artigiani, negozianti, ognuno tiene conti aperti con l'altro, allo scopo pratico di
compensarli tra loro. Solo periodicamente infatti, si provvede con il saldo in contanti, per il resto di
tempo i conti rimangono reciprocamente aperti determinando una sorta di dilazione di
pagamento: ovvero una forma di credito reciproco dove capita che il pagamento non avviene in
contanti bensì attraverso un'altra forma di compensazione e cioè l'assegnazione di credito.

Ad esemPio:

A chiede a B di pagare il suo debito a C che diviene quindi il creditore di B

Qualora anche B sia il creditore di C ha luogo una nuova compensazione tra questi ultimi due.

Prestito a interesse.

Tuttavia in tutte queste forme di prestito, ( pagherò, lettera di cambio ecc.) rimane ferma la
pratica del prestito a interesse. Presso tutti i ceti vi sono persone che prestano denaro e,
generalmente, il tasso di interesse si aggira attorno al 12% fatta eccezione per quello praticato
dagli istituti religiosi dove invece si aggirava intorno al 4,5% ( il giusto interesse).

Ma anche i ceti più bassi chiedono denaro e, nonostante le cifre modeste, le somme sono
restituite con notevole ritardo.

Prestito su pegno.

Nell'ambito dell'economia locale un'altra forma di prestito al consumo viene praticata soprattutto
verso i ceti più bassi della popolazione: prestiti su pegno.

Il prestito su pegno è rivolto ai ceti più bassi della popolazione che, in cambio di pochi denari,
impegna le poche e povere cose fondamentali per la loro stessa esistenza: vestiti, attrezzi da
lavoro ecc. Gli interessi sono altissimi ( intorno al 20-25%) per via dell'alto rischio corso dai
prestatori.

Ad aumentare l'impopolarità del prestito, contribuisce soprattutto il termine entro cui restituire la
somma: generalmente entro 6 mesi.

Condanna della Chiesa di Roma.

Da qui la condanna della Chiesa verso questa attività di prestito a interesse che era vista come
usura:

 l'usura era tutto quanto richiesto in cambio del prestito, oltre al prestito stesso;
 l'usura era un peccato codificato sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento;
 l'usura era la speranza di ottenere in cambio un qualcosa che vada oltre il valore del bene
prestato ( pertanto considerato peccato) ;
 i prezzi alti per beni venduti e il credito in generale sono da considerarsi usure implicite.

Col passare del tempo, queste dure posizioni della Chiesa vanno sfumandosi, si passa a
interpretazioni più moderne e soprattutto più rispondenti ai nuovi canoni dell'economia monetari
e alle esigenze ora richieste dall'aumento dei traffici commerciali.

In buona sostanza la Chiesa di Roma riconosce due nuovi principi: danno emergente e lucro
cessante.
 Danno emergente, cioè il danno dovuto per il periodo di tempo in cui il prestatore si priva
del denaro: e cioè l'impossibilità di spendere con profitto il denaro prestato;
 lucro cessante, dunque c'è un guadagno materiale, un vantaggio economico che viene
meno.

Da qui l'introduzione di ulteriori due elementi che vanno a giustificare le forme di prestito:
stipendium laboris e periculum sortis.

 con Stipendium laboris, si intende l'attività di prestito vista come un vero e proprio lavoro,
e come tale richiede impegno, conoscenze e tecniche di contabilità;
 con Periculum sortis, viene riconosciuto l'alto rischio del prestatore nello svolgere questo
tipo di attività ( perché si può verificare una truffa).

I monti di Pietà.
Il cambiamento nelle posizioni della Chiesa DI Roma la si può cogliere nell'istituzione di Monti di
Pietà che ( creati dai Francescani) sorgono al fine di fornire un salvagente alla povera gente che
ricorre ai prestiti usurai dei banchi sia ebraici che cristiani.

Questi ultimi si impegnano nel donare, distribuire, piccole somme di denaro su pegno e questo
allo scopo di accontentare il maggior numero possibile di richieste. Il pegno su prestito risarcisce il
prestatore in caso di mancato pagamento del debitore entro i tempi e termini prestabiliti. La
durata del prestito è sempre di sei mesi. I Monti di Pietà non ricorrono a nessuna forma di
interessi sul prestito ma, ben presto ( per coprire le spese di gestione) si ricorrere ad un interesse
compreso tra il 2 e 5%. Col tempo queste istituzioni accettano anche somme di denaro in deposito
che devono essere restituite su richiesta dei depositati.

Nel corso del Seicento si assiste alla scissione dei monti in due forme ben distinte:

 Monte grande, ovvero una vera e propria banca che effettua prestiti con un interesse del
6% e accetta depositi al tasso compresi tra il 4 e 5%;
 Monte piccolo, invece, continua le operazioni di prestito su pegno rivolto ai ceti più bassi e
miseri.

Monte dei Paschi di Siena.

Ricordiamo di proposito il Monte dei Paschi di Siena, ritenuta la più antica banca del mondo. Essa
ebbe origine nel 1472, come "Monte Pio" e fu istituito per dare aiuto alle classi più disagiate della
popolazione. La sua attività, ebbe una rapida evoluzione in senso tipicamente bancario, specie a
seguito delle riforme del 1568 e 1624.
1624.

In particolare, lo Statuto del 1624 varó l'adozione di progredire strutture operative che legarono
ancor più strettamente l'attività del Monte all'economia dell'area di insediamento. A seguito di
questa riforma assume il nome oggi noto.

Il Granduca Ferdinando II di Toscana, concesse ai depositanti del Monte la garanzia dello Stato,
vincolando a tale scopo le rendite dei pascoli demaniali della Maremma ( I cosiddetti "Paschi").
Pertanto comincia a diffondersi ad aree sempre più vaste.

Monte frumentario.

Il Monte dei pegni è un'attività di prestito tipicamente urbana e ha il suo omologo nelle campagne:
Monto Frumentario.

Essi sono sorti in campagna con lo scopo di amministrare il prestito su pegno volto al consumo.
Attraverso questi istituti si presta ai contadini il grano per la semina o per il sostentamento della
famiglia. La restituzione avviene dopo il raccolto, con l'aggiunta di un tot a titolo di interesse.
Generalmente il grano viene prestato alla rasa e restituito alla colma e, il differenziale tra queste
grandezze, corrisponde all'interesse.

Livello Affrancabile.

Altra forma di credito è il cosiddetto Livello Affrancabile: si tratta sempre di una forma di prestito
tra due soggetti dei quali il debitore si impegna a restituire, oltre al capitale, una certa quota di
interessi. La particolarità di questa forma di prestito consiste nel fatto che le operazioni avvengono
dinnanzi ad un notaio che regola la nuova forma di rapporto. Il debitore, infatti, si impegna a
vendere un suo bene immobile al creditore, per un valore pari o superiore alla somma prestatagli.
Il notaio eroga un secondo atto nel quale il creditore fitta quello stesso bene immobile ( case o
terreni) al debitore, il quale si impegna a versarli un canone annuo ( censo livellario) pari
all'interesse dovuto sulla somma originariamente prestatagli. Il rapporto livellario si ritiene
esaurito al momento della restituzione del debito.

FINANZA PUBBLICA. XVI SECOLO PAG 65.


La finanza pubblica nell'età moderna risente ancora degli schemi ereditati dal sistema feudale. Le
fonti di entrata dei Sovrani si basano:

 sull'impostazione fiscale;
 sul reddito dei domini della Corona;
 sull'alimentazione di beni e privilegi;
 sull'indebitamento.

L'imposizione fisica delle Corona trova maggiore consistenza nelle imposte indirette: dazi, imposte
dei consumi e imposte doganali. A livello locale, invece, prevale la forma del prelievo diretto sia su
beni mobili che immobili.

La finanza straordinaria (attivata per far fronte alle esigenze emergenti), provoca invece una sorta
di mix tra le due forme di organizzazione.

Le imposte.

L'imposta, genericamente, può essere definita come erariale, statale o locale. In relazione
all'oggetto dell'imposta, la distinzione tradizionalmente più importante è quella tra imposte
dirette e imposte indirette.

 Le imposte sono definite dirette, quando colpiscono in via immediata la ricchezza


espressiva della capacità contributiva in capo al soggetto passivo che la ha manifestata;
sono, quindi, imposte dirette quelle sul reddito o sul patrimonio, oggi costituite nel sistema
tributario italiano, da Ires, IRAP e ICI.
 Le imposte indirette, invece, sono finalizzate a colpire le manifestazioni secondarie di forza
economica: esse generalmente prendono in esame la spesa, i consumi, gli investimenti, i
trasferimenti. In poche parole le imposte indirette colpiscono la ricchezza ma solo nel
momento in cui essa viene consumata o trasferita. Nel nostro ordinamento, fra le imposte
indirette importanti, troviamo L'IVA, le accise ( benzina) e l'imposta di registro, la quale
colpisce i trasferimenti di ricchezza come l'acquisto di una casa.

Nell'Europa moderna, le imposte dirette sono aperiodiche e, quindi ben altra cosa rispetto a quelle
dell'epoca contemporanea, dove sono previsti ruoli d'imposta ai quali ogni singolo contribuente
viene associato per un reddito da lui dichiarato e poi controllato dalle autorità.

In età moderna è tutta un'altra cosa: l'esazione avviene per contingenti, cioè per quantum; non
era il singolo che agisce in prima persona, ma il corpo di cui fa parte. Fisicamente il corpo può
essere rappresentato dalla città, dal territorio, dal ceto sociale.

L'autorità indica il quantum, cioè il contingente che deve essere riscosso presso i singoli corpi e per
il quale, essi sono responsabili verso i pubblici poteri. Il prelievo avviene per contingenti e quindi si
deve fissare la quota del contingente per ogni singolo corpo. Le autorità indicano il contingente
generale (A), cioè l'importo complessivo dovuto che viene suddiviso in contingenti specifici (X)
determinati in relazione alle singole città.

Il contingente specifico (X), rappresenta dunque il quantum dovuto dalla città e si ricava col
metodo delle proporzioni, dopo aver stabilito i criteri con i quali si deve indicare la capacità
contributiva complessiva della città (C), la quale si determina in relazione alla capacità contributiva
di tutte le altre città (B).

Si imposta, dunque, la seguente proporzione:


A:X=B:C

Il contingente generale ( importo complessivo dovuto) : al contingente specifico ( quantum


dovuto alla città) = la capacità contributiva di tutte le altre città : alla capacità contributiva
complessiva delle città (C)

Una volta stabilito il dovuto dalla singola città, si provvede a dividerlo fra i contribuenti a seconda
della loro capacità contribuitiva: e cioè, sulla base delle dichiarazioni dei soggetti fiscali si arriva ad
una stima dei singoli patrimoni. Questa cifra, rappresenta il quantum ( è detta carato d'estimo) , la
quota partecipativa del singolo che si rapporta a quella complessiva dovuta alla città.

Pertanto si reimposta la proporzione:

Contingente specifico dovuto alle città : al contingente del singolo = la quota partecipativa
( quantum) della città : alla quota partecipativa ( quantum) del corpo

Il carato d'estimo/quantum, dunque, non è altro che un coefficiente che diventa esecutivo quando
le autorità stabiliscono che ve ne sia bisogno. In questo caso, scatta un moltiplicatore e così, ogni
contribuente, si vede aumentare il proprio coefficiente contributivo di tante volte, quanto è la
quota unica fissata per raggiungere la cifra richiesta.

Mutui.

Un fatto è certo: nell'Europa moderna gli Stati hanno sempre più bisogno di denaro, ed è proprio
tra gli operatori del terziario che si trovano i più convinti sottoscrittori dei prestiti pubblici lanciati
dagli Stati. Per lo stato moderno indebitarsi era estremamente facile: guerre, carestie, eserciti
sempre più costosi, fanno aumentare la spesa pubblica. Si ricorre anche a forme di prestiti
pubblico, cioè a forme di mutui che possono essere distinti in: mutui a breve termine e a lungo
termine.

Per quanto riguarda i mutui a breve termine, si esercitano due meccanismi: l'appalto d'imposta e
l'assegnazione.

Appalto d'imposta: con esso lo Stato affida al creditore il diritto di riscuotere una determinata
imposta indiretta (generalmente un dazio indiretto: ferro, sale, tabacco ecc.). In buona sostanza il
creditore, in cambio di una somma prestata allo stato, può riscuotere per un periodo di tempo
determinato, un'imposta. Il profitto consiste nell'abilità da parte del creditore di riscuotere più
denaro possibile in questo lasso di tempo. Nel regno di Napoli prende il nome di arredamento;

Assegnazione: questo secondo meccanismo si differenzia dal primo solo per la modalità di
riscossione. Lo Stato è sempre debitore verso un privato che gli concede un prestito, cui è affidata
l'assegnazione della riscossione di una determinata imposta, fino a quando il suo credito non viene
del tutto soddisfatto.

Queste forme di mutui a breve termine, col passare del tempo e in ragione del fatto che lo Stato il
più delle volte è costretto ad ipotecare anche il gettito futuro, si trasformano in mutui a lungo
termine e il tasso di interesse si abbassa sempre di più ( dal 32% del XV secolo a poco più dell'11%
nel XVI e XVII secolo). Esse assumeranno il nome di asiento in Spagna e Partì in Francia.
La costante diminuzione dei tassi di interesse sui prestiti pubblici, conobbe nel corso del XVII
secolo (in Inghilterra e soprattutto in Olanda) una forte concentrazione dei tassi di interesse che si
attesta intorno al 4%. La tendenza comune a questi due Stati è stata quella di aver trasformato il
debito fluttuante ( cioè quei titoli di credito verso lo Stato a breve scadenza) in debito consolidato
(cioè quei titoli obbligazionari il cui rimborso non è prefissato al momento dell'emissione).

Olanda.
Durante il XVII secolo, nei Paesi Bassi, si concretizza un sistema dualistico: da un lato Anversa e
dall'altro Amsterdam.
 Per quanto riguarda Anversa, essa si pone come capitale finanziaria e principale centro
commerciale per prodotti di alto valore ( seta, spezie, argento e lane inglese) ;
 per quanto riguarda Amsterdam, essa assume sempre più un ruolo predominante nel
Baltico soprattutto per la commercializzazione dei cereali, del pesce e del legname.

A fine della Guerra dei Trent'anni questa giovane nazione si presenta come la nazione più
sviluppata d'Europa e non subisce le forti crisi, riesce a resistere. Amsterdam diviene sempre di più
il centro propulsivo dello sviluppo della Nazione che inizia a essere identificata con il termine di
Olanda. Non vi è dubbio che, proprio la città di Amsterdam, è diventata il centro della più ampia
rete di commerci grazie alla presenza della Compagnia Olandese delle Indie Occidentali.

Di fatto, il successo olandese non è legato solo al commercio. Molto è dovuto anche al grande
sviluppo manifatturiero e delle altre aree agricole di Olanda e Zelanda.

I Paesi Bassi con successo hanno saputo inserirsi nel gioco degli scambi dei prodotti manufatti,
coprendo una buona fetta di mercato; in questo modo, le altre città Olandesi si sono inserite
brillantemente nella produzione di tessuti di lana pettinata, di rasi e tele. Allo stesso modo, le città
dei distretti agricoli, si specializzando nella produzione di tessuti meno pregiati ma di fatto
competitivi a causa del basso costo del lavoro ( che sempre più diviene un fattore decisivo del
successo olandese).

Un'agricoltura molto avanzata, infine, concorre ad affermare il predominio olandese. La cosa ha


dello straordinario se si considera la piccola dimensione territoriale della Nazione e l'opera di
ingegno umano volta a recuperare nuova terra dal mare, grazie a un complesso sistema di dighe
aggiunto ad altrettanti sistemi di canalizzazione e di irrigazione.

Dunque le ragioni dello sviluppo olandese sono diverse e tutte rilevanti. Religione, tecnologia,
forma di governo, inoltre contribuiscono a circa 150 anni di ininterrotto successo Olandese.

La VOC.

Ruolo fondamentale lo gioca la Compagnia Olandese delle Indie Orientali ( da ora VOC) istituita
dal 1602. La presenza di una così straordinaria istituzione economica permette all'Olanda di poter
usufruire ( per i propri commerci internazionali) di più denaro e navi di quanto non possano fare
Portogallo e Inghilterra messe insieme.

La VOC è divisa in 6 camere e ognuna partecipa al capitale sociale; le singole camere rilasciano
delle azioni di valore nominale variabile, fino al raggiungimento della propria quota. La novità
consiste nella durata della sottoscrizione delle azioni: non più limitata come in passato al singolo
viaggio, ma ora il capitale risulta vincolato per 10 anni. Le azioni sono al portatore e quindi si crea
subito un mercato dei titoli legato al fatto che alcuni investitori decidono di smobilizzare una
parte, o tutto il loro capitale, prima della scadenza naturale dei 10 anni, e ciò avviene soprattutto
perché altri sono disposti a pagare azioni più del loro valore nominale.

Altra novità si ha quando allo scadere dei 10 anni, la VOC ( con l'appoggio dello Stato) si rifiuta di
liquidare ai sottoscrittori delle azioni che ora valgono più del doppio del valore iniziale. Da quel
momento la VOC si trasforma in una sorta di S.p.a ante litteram e il suo capitale non è più soggetto
a scadenze, ma diviene oggetto di contrattazione della Borsa di Amsterdam.
In conclusione, il fatto che la VOC sia diventata responsabile solo di fronte ai propri azionisti, ha
come immediata conseguenza che la penetrazione commerciale olandese diventi più efficace, in
quanto non risente di tutte le pesantezza burocratiche.

Il colonialismo olandese si basa soprattutto sulla costruzione o conquista di basi commerciali


attraverso cui controllare l'economia dei territori circostanti. La VOC attraverso i propri
rappresentanti controlla la produzione di spezie ed esige delle prestazioni da parte degli indigeni.
Elemento, questo, che ha spinto alcuni storici a considerare la politica olandese come di tipo
feudale.

Ovviamente, per fare tutto ciò, gli olandesi hanno bisogno di controllare militarmente il territorio e
quindi si impegnano in violente e sanguinose spedizioni di conquista e di penetrazione
nell'entroterra.

Un aspetto negativo del successo olandese è rappresentato dal fatto che la VOC abbia lasciato
molta libertà di azione ai propri rappresentanti nelle colonie ( Governatori) ; il che, ha consentito
la possibilità di accumulare ingenti ricchezze personali a discapito della Compagnia. L'esempio
della VOC è stato ben presto imitato da altre nazioni: Francia e Inghilterra su tute. Nel 1621 alla
Compagnia delle Indie Orientali, si affianca quella delle Indie Occidentali che a differenza della sua
omologa, cerca di stabilire colonie più radicate in diverse zone.

Qui sorge la Colonia battezzata Nuova Olanda, con New Amsterdam come capitale. Essa assume
ben presto dimensioni importanti e nel 1664 è ceduta agli inglesi, che ribattezzaroni la capitale in
New York, come trionfo del fine del conflitto anglo-olandese.

In conclusione si può dire che se entrambe le Compagnie hanno potuto svolgere un ruolo così
attivo, ciò è dovuto soprattutto alla presenza di una Borsa evoluta come quella di Amsterdam.

Circolazione di denaro.

Per gli imprenditori olandesi è molto più semplice procurarsi il denaro necessario per nuove
attività o per potenziarne le esistenti. In effetti, dal momento che il commercio permette profitti
molto alti e che la Borsa di Amsterdam attira capitali da tutta Europa, la quantità di moneta
circolante nel Paese è sempre molto abbondante e di conseguenza i tassi di interesse rimangono
bassi altrove.

La crescita costante del mercato mobiliare mette in circolazione un numero sempre crescente di
titoli e di moneta non metallica. Pertanto, per porsi al riparo dall'insidia delle autorità (che non
sono d'accordo con tutto ciò), i grandi capitalisti in accordo con il Governo organizzano un sistema
( con al Centro la Banca di Amsterdam) che è in grado di bilanciare e di dare solidità all'intera
economia Olandese.

In buona sostanza, la banca di Amsterdam, ha il compito di garantire ogni titolo di credito quindi
non esita a porre vincoli e freni all'economia quando richiesto. In tal senso, è interessante notare
come mentre nelle nazioni si pone il problema di come far affluire al proprio interno il maggior
numero di moneta possibile, in Olanda, invece, si vivono problemi legati a tutt'altro genere di
scelte finanziarie. La stessa VOC non può essere al centro di controlli soprattutto da parte dei 60
direttori ( cioè i suoi maggiori azionisti), i quali formano il consiglio di Amministrazione.
In conclusione possiamo dire che il capitalismo moderno si è imposto in una nazione, l'Olanda, il
cui quadro normativo e istituzionale si rifà ad un concetto tipicamente medievale di libertà,
centrato sulla prevalenza dell'autonomia cittadina ( Amsterdam) rispetto al potere centrale.

Gran Bretagna.
Tra la fine del XVIII e i primi decenni del XIX secolo, un mutamento dell'assetto storico-economico
e sociale si manifesta in Inghilterra, attraverso un processo di rapida proletarizzazione delle masse
contadine e una conseguente operazione tra agricoltura e industria. Risultato di tale processo è
stato un rapido aumento del tasso di sviluppo industriale dell'Inghilterra.

Secondo la storiografia classica, la rivoluzione agraria costituisce il naturale presupposto per


l'affermazione di un modello economico capitalistico.

Solo un profondo cambiamento del settore agricolo è in grado di:

 fornire manodopera, attraverso un processo di proletarizzazione dei contadini: questi


ultimi costruiscono la forza-lavoro utilizzata per l'avvio dell'industrializzazione;
 trasformare l'agricoltura, cambiando i metodi di coltura e attuando un processo di rapida
meccanicizzazione nel corso del XIX secolo;
 produrre derrate alimentari per le masse inurbate, con estensioni di terreno minori: ciò ha
comportato un aumento della produttività.

Tale concezione storica (che lega rivoluzione agraria e industriale) è stata temperata da una più
moderna storiografia che, al termine di rivoluzione industriale tende a preferire quello di
modernizzazione e individua gli aspetti più importanti di questo processo:

 nell'industrializzazione e nella nascita del modello di sviluppo capitalistico a economia di


mercato;
 nelle trasformazioni dell'agricoltura;
 nei profondi cambiamenti dei trasporti e dei commerci;
 nel boom demografico e nel correlato fenomeno di urbanizzazione.

Rivoluzione agraria.
Uno degli aspetti principali di questo processo di modernizzazione è costituito dalle trasformazioni
in agricoltura. Infatti, con l'espressione rivoluzione agraria, generalmente si indica quel processo di
modificazione dei metodi di produzione utilizzati in agricoltura; nonché il cambiamento del
sistema di ripartizione delle proprietà terriera, che nel corso degli anni ha trasformato
profondamente la struttura del settore agricolo. Tel processo, il cui inizio si può ricondurre al XVII
secolo, determina bene presto:

 ridimensionamento della parcellizzazione dei fondi agricoli, mediante la pratica delle


enclosures;
 progressiva abolizione del sistema di coltivazione a maggese.

In Inghilterra le innovazioni cominciano col sostituire la tecnica del maggese con la semina ad erba
medica dei campi lasciati a riposo. Tale pratica permette l'intensificarsi dell'allevamento del
bestiame che ora è nutrito con foraggio di qualità migliore: trifoglio e erba medica. Agli inizi, le
principali innovazioni ( che garantiscono un notevole incremento produttivo) sono di carattere
biologico ed organizzativo. Si diffonde l'uso di legumi azotato per reintegrare il suolo: la domanda
di concime aumenta e i contadini usano quantità considerevoli delle ceneri ottenute dalla torba e
dalla legna; nonché di letame aumentato in virtù dello sviluppo della coltura foraggera.

La novità assoluta dell'adozione del sistema della rotazione quadriennale che consiste:

 piante e radici profonde (preferita la rapa) cereali leggeri o primaverili ( orzo e avena) ;
 prato artificiale (trifoglio) ;
 frumento.

Questo tipo di rotazione fra il 1825 e il 1850 conquista tutta l'Inghilterra.

L'allevamento del bestiame compie importanti progressi a partire dal XVIII secolo. Si migliora la
qualità del foraggio, si sviluppa la tecnica dell'ingresso in stalla, oltre quella per migliorare la razza
degli animali. Uno dei pionieri in questo ambito fu Bakewell che migliora la qualità delle pecore e
dei bovini dei suoi allevamenti, producendo un tipo di pecora fornitrice di una maggiore quantità
di carne e di lana, e un tipo migliore di buoi da macello.

La prima ondata di trasformazioni agricole permette di far fronte al drammatico aumento


demografico. In Inghilterra la fase proto-industriale si distingue per adozione della falce al posto
del falcetto per il taglio del grano: l'uso della falce riduce la manodopera per la mietitura.

È bene specificare che in agricoltura l'innovazione tecnologica comprende qualsiasi modifica dei
metodi di produzione che abbia l'effetto di aumentare la produzione a parità di capitale, di lavoro,
di terra e di materie prime impiegate.

Rivoluzione demografica.
Nel corso del XVIII secolo le tre nazioni più ricche al mondo per reddito medio in ordine sono l'
Olanda, l'Inghilterra e la Francia. Mentre dal punto di vista del reddito complessivo ( ovvero la
pura forza economica della nazione), l'ordine si inverte ponendo l'Inghilterra al primo posto. Fino
al XVIII secolo per incrementare la crescita del prodotto nazionale, della produttività e del livello di
vita è stato necessario mantenere in equilibrio la crescita della popolazione e i mezzi di
sussistenza. Il settore agricolo, dunque, costituisce il serbatoio per procurare il cibo necessario alla
popolazione. Aumentare, inoltre, il tasso di sviluppo del settore agricolo con innovazioni tecniche
e/o politiche sociali, significa interagire con il tasso di sviluppo della popolazione. È storicamente
provato, infatti, che quando la produzione agricola cresce, in seguito alla diffusione di tecniche
nuove e più produttive, la popolazione aumenta più velocemente.

In Inghilterra, a partire dalla metà del XVIII secolo, la crescita della popolazione assume un ritmo
accelerato rispetto ad ogni altro indice registrato in Europa. Una delle spiegazioni di questa grande
crescita è da ricercarsi:

 nell'abbassamento dell'età maritiale;


 nei progressi sociali e tecnologici in campo della sanità e dei servizi igienici;
 nel controllo delle malattie che hanno fatto seguito alla rivoluzione industriale.

Le migliori condizioni di vita e l'aumento del reddito reale pro capite durante la rivoluzione
industriale, hanno favorito una riduzione dell'età maritale con conseguenze immediate sul tasso di
natalità. Interessante notare come il modello inglese di risposta demografica (fondato sul
cambiamento di tasso di nunzialità) sia in netto contrasto con quello delle altre nazioni europee in
cui l'equilibrio fra popolazione e risorse naturali è stato determinato dai cambiamenti nel tasso di
mortalità.

La crescita demografica ha come conseguenza lo sviluppo dell'urbanesimo che ha stimolato


ulteriormente il progresso industriale (come abbiamo visto nel corso del XV secolo). La migrazione
dalla campagna alla città è stata comune a tutti i periodi di rapido mutamento demografico perché
l'agricoltura è stata troppo lenta nelle sue trasformazioni per adattarsi ai bisogni della
popolazione. La forza lavoro in eccesso ha dovuto necessariamente trovare sostentamento e
occupazione in attività diverse per le quali la città offre occasioni più favorevoli (piccolo
commercio, artigianato, manifatture, servizi di trasporto) ; proprio come abbiamo visto nel corso
del XV secolo. Le città in questo quadro generale, comunque costituiscono dei centri di consumo
spesso separati dai luoghi di produzione alimentare. La loro crescita, inoltre, ha avuto l'effetto di
incrementare la domanda del consumatore più velocemente di quanto non abbia fatto l'aumento
della stessa popolazione. Alla fine del XVIII secolo in Inghilterra, si ha un forte incremento della
popolazione cittadina e nel 1831 il 25% degli inglesi vive in città con più di 20mila abitanti. Solo
Londra, in quegli anni, ospita circa 500mila abitanti e nel corso dell'800 anche Manchester
raggiunge tale cifra. Nel 1870 il 66% degli inglesi vive stabilmente in centri urbani. Anche nel resto
d'Europa lo spostamento di masse crescenti di disoccupati verso le città ne aumenta il numero e le
dimensioni. In conclusione, questa esplosione demografica è stata il risultato di progressi della
medicina e delle condizioni igieniche, insieme all'aumento del reddito reale, nel primo periodo di
modernizzazione. Ciò ha avuto il merito di ridurre drasticamente la mortalità, mentre il tasso di
fertilità si è mantenuto costantemente alto.

Il processo di industrializzazione europea pag 251.


Rivoluzione Industriale Inglese.
Sebbene possa sembrare eccessivo l'uso del termine Rivoluzione per indicare quel radicale
mutamento che ha interessato l'Inghilterra tra il 1780 e il 1850, per poi estendersi al resto
d'Europa, tuttavia nessun altro evento ha prodotto trasformazioni così profonde nella società.

Se con il neolitico l'uomo vive in capanne, su palafitte, inizia l'agricoltura e l'allevamento degli
animali; con l'avvento dell'industrializzazione l'uomo di trasforma da agricoltore e artigiano in
abile manipolatore di macchine in grado di sfruttare fonti di energie offerte dalla natura.

La rivoluzione industriale dà luogo a vistosi cambiamenti socio-culturali che hanno protratto i loro
effetti fino ai giorni nostri. Secondo alcuni vi sarebbe stata una netta frattura tra il periodo della
rivoluzione industriale e quello precedente. In tal modo sarebbe possibile individuare il nesso tra
cause ed effetto, in genere le cause individuate sono:

 l'introduzione della macchina nel processo produttivo;


 la concentrazione delle masse operaie in grandi unità produttive;
 l'accentuarsi del fenomeno della divisione del lavoro;

Proprio quest’ultimo fenomeno nel mondo dell'impresa, trova la sua massima applicazione nel
taylorismo e nella catena di montaggio industriale. Secondo questa interpretazione, quindi,
l'elemento essenziale della rivoluzione industriale è il rivoluzionamento delle forme tecniche del
processo di produzione.

Altri storici, invece, hanno preferito individuare le cause della rivoluzione industriale in una serie di
eventi concomitanti che hanno trovato la loro origine e si sono sviluppati nel corso di vari secoli.

Le ragioni per cui l'Inghilterra è stato il primo paese a sfruttare questa serie di eventi sono da
ricercare soprattutto nella specificità del sistema economico e sociale inglese, dove già nel XVIII
secolo si incoraggia lo sviluppo delle manifatture e si sono poste le premesse per lo sviluppo
capitalistico. In Inghilterra, appunto, si sono combinate un insieme di innovazioni tecniche e sociali
che hanno espresso nuovi modi di produrre beni e servizi.

In Inghilterra tutti questi fattori potenziali di modernizzazione industriale sono dipeso in larga
misura da una situazione dinamica dell'economia: l'andamento dei redditi reali e la crescita delle
aspettative.

L'andamento dei redditi ha migliorato le condizioni sanitarie e dell'istruzione, elementi questi che
a loro volta hanno influito sulla qualità delle forze lavorative e sulla capacità imprenditoriale
britannica che nel secolo successivo ha costituito il modello teorico ed economico di sviluppo per
tutte le altre nazioni che hanno intrapreso la via dell'industrializzazione.

Modello Inglese.

I vantaggi di cui l'Inghilterra gode sono:


 la crescita a spirale della popolazione e del prodotto agricolo. L’equilibrio tra popolazione
e produzione agricola è mantenuto con l'ascesa a spirale di entrambe. La popolazione è
cresciuta circa del 6,4% a decennio, raddoppiando fra il q700 e il 1820. La produzione
granaria si mantiene a passo, raddoppiano grosso modo nello stesso periodo.
 La manodopera non abbondante nelle manifatture. Essa ha spinto alla meccanizzazione
del processo produttivo. Ciò che ha favorito lo sviluppo industriale è stato un cambiamento
nella distribuzione geografica e nell'impiego della popolazione. E inoltre, è stato proprio il
movimento delle enclosures che ha favorito, con la concentrazione della proprietà
fondiaria, l'aumento della produttività del lavoro agricolo, rendendo disponibile una
quantità di manodopera per l'industria e la città.
 I salari reali con un potere di acquisto doppio rispetto a quelli francesi. Da ciò una
maggiore domanda che ha favorito la produzione di merci di largo consumo, semplici e
utili.
 Lo spirito di iniziativa che non è stato scoraggiato dalle convenzioni sociali. L'investimento
di capitali nei settori agricolo, meccanico e commerciali ha favorito la modernizzazione
dell'industria.

Invenzioni e innovazioni.

Una rilevante importanza nella modernizzazione dell'industria inglese la rivestono le invenzioni e


innovazioni tecnologiche. Le invenzioni importanti sono avvenute nelle industrie tessili, in quelle
dei metalli ferrosi e delle macchine a vapore. Questi 3 settori ( manifatturiero, siderurgico e
meccanico) hanno richiesto quantità enormi di energia umana. I cambiamenti tecnici avvenuti in
questi settori hanno contribuito in misura decisiva in 3 fattori:

 alla dimostrazione dei vantaggi della divisione del lavoro;


 all'affermazione del sistema di fabbrica;
 alla standardizzazione di merci prodotte pe runa clientela sconosciuta.

Le innovazioni più sensazionali si sono realizzate nell'industria tessile, specie in quella cotoniera. La
produzione tessile domestica (nonostante la crescente espansione) non riesce a far fronte alla
richiesta che proviene dai mercanti, perché comporta tempi molto lunghi, soprattutto nella fase
della filatura: per alimentare un telaio occorrono 5 filatrici. Quando nel 1733 John Key brevetta La
navetta volante, che accelera i tempi della tessitura, lo squilibrio tra le due fasi della lavorazione si
accentua. La soluzione al problema compare intorno al 1760 quando James Hargreaves con la
spinning Jenny ( giannetta) e Richard Arkwright con il water frame ( filatoio idraulico) accelerano la
filatura fino a centinaia di volte.

Altro contributo determinante alla meccanizzazione dell'industria è stato quella della macchina
a vapore perfezionata da James Watt e introdotta nell'industria cotoniera a partire dal 1787.
Questo è stato un importante passo in avanti perché ha liberato la fabbrica dai limiti imposti dalla
necessità di stanziarsi in prossimità di corsi d'acqua per sfruttare l'energia. L'impiego dei
macchinari non si concilia con il lavoro a domicilio, in quanto le macchine azionate a vapore o
dall'energia idraulica, non possono essere collocate nelle case dei lavoratori. Inoltre, i costi dei
macchinari, sono stati molto elevati e pertanto si rendono necessari grossi capitali di mercanti per
acquistare le macchine. La meccanizzazione trasforma così i mercanti e i contadini ricchi, in
imprenditori. (mercante imprenditore).

I primi stabilimenti dell'industria tessile ( le filande) sorgono infatti in prossimità die corsi d'acqua.
Il lavoro domiciliare a telaio diviene ormai improduttivo perché negli stabilimenti meccanizzati si
riesce a produrre una maggiore quantità di tessuti, soprattutto a prezzi competitivi.

Anche nella fabbricazione dell'acciaio, l'Inghilterra ha avuto una posizione di primato grazie allo
sviluppo di tecniche più avanzate. Il bisogno di acciaio è sempre più pressante, perché è l'unico
metallo in grado di sopportare gli sforzi dovuti all'accresciuta velocità delle macchine alle
lavorazioni più pesanti; tuttavia però, gli alti costi ne limitano drasticamente l'uso.

La ricerca di un metodo più economico per fabbricare l'acciaio ( a quel tempo noto come ferro
saldato) , ha portato allo sviluppo della laminazione e del pudellaggio (processo di affinazione per
ottenere ferro dalla ghisa) brevettate nel 1784 da Henry Cort.

Tutti questi cambiamenti tecnologici hanno influito sulla crescita economica, sulla natura e sulla
localizzazione dell'industria dei metalli ferrosi e hanno reso possibile una diminuzione dell'acciaio
del 50% tra il 1856 e il 1870. In Gran Bretagna tra il 1780 e 1880 il prodotto totale è accresciuto al
ritmo del 28% ogni 10 anni e il prodotto pro capite del 13,5%.

In conclusione, possiamo dire che all'origine di una crescita così aggressiva sta la nuova tecnologia.
La crescente efficienza di impianti e macchinari, e soprattutto la quantità di questi ultimi presente
nei processi produttivi, hanno creato l'abbondanza materiale che è poi la caratteristica primaria
dell'economia moderna.

Cambiamenti strutturali, produttivi e di mercato rivoluzione industriale.

I cambiamenti strutturali, produttivi e di mercato più evidenti della rivoluzione industriale furono
quattro:

 l'applicazione diffusa della macchine a vapore;


 assoluta supremazia del ferì e dell'acciaio come materiale di costruzione dei beni
strumentali;
 la produzione di merci di larghissimo consumo;
 la continua riduzione del costo e del prezzo di vendita di queste merci.

Con paradigma tecnologico si intende un insieme di conoscenze integrate alla nascita della
tecnologia, un modello condiviso di queste innovazioni.

È fuori dubbio che durante la prima fase della modernizzazione Inglese del XVIII secolo, le
innovazioni tecnologiche hanno mirato a ridurre i costi di lavoro. L'offerta di manodopera incide
sulla realizzazione di prodotti nuovi e migliori: è sotto questo aspetto che si devono vedere le
acciaierie, le macchine utensili, ecc che sono state progettate con l'intento di incidere sulla qualità
e quantità del prodotto.

Commercio e finanza.

La Gran Bretagna organizza un sistema di rapporti economici con i paesi extraeuropei stabilendo
dei flussi commerciali d'oltremare molto fiorenti in virtù di un efficiente e numerosa flotta
mercantile. Fra il 1660 e il 1849 il commercio britannico è stato governato dal Navigation Act
( emanato da Cromwell nel 1651), il quale esige che tutte le importazioni fossero trasportate da
navi inglesi e si imponeva alle colonie inglesi del Nord America e delle Indie Occidentali di
sottostare a tale monopolio. Lo sviluppo della flotta mercantile permette alla Gran Bretagna il
dominio dle commercio mondiale ai mercanti inglesi. Essi, infatti, hanno libero accesso alle merci
tropicali che possono essere rivendute con notevole profitto in Europa.

Difendere tale monopolio è stato compito della marina da guerra inviata a proteggere interessi dei
mercanti britannici; in virtù della sua presenza bellica, spesso essa ha violato con la forza i
monopoli di altre nazioni commerciali (Olanda e Portogallo). Una grand industria navale richiede
dunque, l'impiego di un numero di addetti in percentuale più elevato rispetto alle altre nazioni
europee. In tal senso è interessante notare Ome nella seconda metà del 600, circa il 40% delle
forze lavorative sono occupate in attività extra-agricole.

Nel XVIII secolo la Gran Bretagna diventa un importante centro per il commercio di riesportazione
e gran parte del commercio mondiale, ha come punto di riferimento i porti britannici. I manufatti
inglesi, aggirano il protezionismo europeo incrementando le vendite dei mercati Nord americani in
via di sviluppo. Lo spostamento di direzione del commercio estero al di fuori dell'Europa
determina un notevole aumento dei profitti che sono investiti in imprese industriali capaci di
produrre merci di qualità e di valore adatte a essere vendute all'estero, garantendo quindi surplus
di guadagno elevato.

Dal punto di vista commerciale uno dei cambiamenti più rilevanti riguarda l'accertamento di
tutta la complessa struttura delle istituzioni commerciali della City di Londra, organizzata in
modo da individuare i capitali da investire. In buona sostanza:

 si realizza un sistema metodico di compravendita;


 si attua il controllo e la standardizzazione del prodotto;
 si assicurano i carichi di merci destinate all'esportazione.

In conclusione possiamo dire che si realizza un circolo vizioso in quanto il surplus economico
nazionale fornisce i guadagni al settore commerciale il quale, a sua volta, ha un interesse diretto a
finanziare lo sviluppo industriale.

Fonti di finanziamento nella Rivoluzione Industriale.

La 1 Rivoluzione Industriale ha interessato settori produttivi come il tessile, il metallurgico e il


minerario che non hanno richiesto grossi capitali per iniziare l'attività.

 Una volta avviata la propria attività, l'industria si autofinanzia reinvestendo i profitti.


 Una seconda fonte di finanziamento è costituita da parenti e amici o altre persone che
affidano i lori capitali all'industria con prestiti a lungo termine.

Il denaro, inoltre, si procura ipotecando gli edifici degli stabilimenti. L'ipoteca resta un importante
strumento di finanza industriale fino alla metà del XIX secolo, diventando un titolo attraente in un
periodo in cui la rendita dei buoni del tesoro è stata in calo.
Infine le imprese più solide e grandi cominciano a emettere obbligazioni sul modello dei titoli di
stato e a fare ricorso al credito a lungo termine garantito da ipoteche.

Le banche, dal canto loro, non sono le sole a finanziare le industrie: in Inghilterra esiste un legame
tra esse e le industrie proprio perché molte banche di provincia sono state fondate agli inizi del XIX
secolo proprio dagli stessi industriali che se ne servono per finanziare le proprie imprese.

La prima casa Bancaria di provincia è stata quella fondata nel 1716 da James Wood. Dopo il 1760
si diffondono nell'intero paese e, anche i più grandi industriale ( ad esempio Watt, Bulton) aprono
le proprie banche provinciali, vista la necessità di reperire moneta contante per pagare salari e
scorte.

Man mano che il sistema economico va potenziando e lo sviluppo industriale irrobustendosi la


domande dei prestiti cresce ed è assai difficile continuare ad operare in modo razionale. Iniziano
così i fallimenti: a centinaia saranno le banche inglesi che chiuderanno, a differenza si quanto
succede in Scozia ( dove non vi sono vincoli legislativo come il Bubble Act). Così, il governo del
1826 è costretto ad emanare una legge Bancaria con la quale si proibisce alle banche provinciali
di emettere i biglietti di taglio inferiore a 5 sterline. Con la stessa legge si permette alle Banche,
nella forma si s.p.a, di poter contare su più di 6 soci. Solo la banca di Inghilterra potrà aprire filiali
nel resto del paese.

La legge Bancaria del 1826, in buona sostanza, deve essere intesa come un intervento volto a
riequilibrare il sistema bancario inglese. Un evento di straordinaria importanza si ha nel 1844 con
il Banck Charter Act, con il quale è concesso alla sola banca di Inghilterra il potere di emettere
banconote.

La banca di Inghilterra.

Sin dal 1694 la Banca di Inghilterra ( nata su istituzione scozzese William Paterson) è stata
autorizzata a emettere biglietti per un importo pari a 1.200.000 sterline. Il parlamento con il
Tannage Act (Atto sul Tonnellaggio) concesse il diritto d'esercitare affari di banca da emettere,
sino alla concorrenza del capitale, biglietti all'ordine di taglio unico ( 20 sterline). Il disegno di legge
è passato attraverso entrambe le Camere del parlamento il 25 Aprile e ha ricevuto l'assenso reale
il 27 luglio.

Lo statuto (charter) del 1694 prevede la concessione di tariffe e doveri sul Tonnellaggio di navi e
navi da carico, ma anche su birra, birra chiara e altri liquori, per garantire compensi e vantaggi a
coloro che hanno anticipato volontariamente il denaro per portare avanti la guerra contro la
Francia.

In buona sostanza si è trattato di finanziare il governo con una somma di 1.200.000 sterline in
cambio di una rendita di 100.000 sterline, pari all'interesse annuo, ritenendola sufficiente a
sostenere il credito delle banconote.

I prestatori sono incorporati in una società, la Bank of England, con tutti I privilegi di una
corporation: a reggerla vi è un governatore, un vice governatore e 24 direttori ( costituenti il
consiglio). Tutti coloro che hanno sottoscritto il prestito godono dello status dei soci e partecipano
all'assemblea generale. Con il versamento di una quota di almeno 500 sterline si ha il poter di
eleggere ogni anno il governatore, il vice governatore e i 24 direttori.
Legge 1697.

La successiva legge del 1697 autorizza l'aumento del capitale a 2.200.000 sterline e proponga la
durata fino al 1710. L'importanza di questa legge consiste nel garantire alla Banca d'Inghilterra
l'esclusività: essere l'unica Banca autorizzata con una legge del Parlamento. Una posizione di
privilegio che si concretizza nel 1844 con il Bank Charter Act.

Pag 325. Riforma monetaria (GOLD STANDARD).

Bisogna tuttavia soffermarci sui problemi di natura finanziaria e monetaria. Uno di questi è
rappresentato dal fatto che la sterlina in Inghilterra è di fatto ancorata all'argento. La scarsità di
tale metallo sia in Europa che in Oriente, oltre all'alto prezzo che esso raggiunge, spinge i mercanti
a frane continua raccolta per rivenderlo sui mercati orientali dove si punta a prezzi più alti. Si
rende quindi inevitabile il passaggio ad un sistema su base aurea. Un primo passo, non ufficiale, si
ha con la Riforma monetaria del 1770 con cui:

 si sostituiscono le monete d'oro leggere con nuovi pezzi di peso adeguato;


 si limita il valore legale dell'argento pagamenti non superiori alle 25 sterline.

Il riconoscimento legale lo abbiamo però nel 1816 con il Peel Act con cui:

 si ancora il valore della sterlina d'oro;


 si limita l'emissione dei biglietti alla disponibilità delle riserve in oro presso le Banche;
 si fissa la parità della sterlina sul vecchio calcolo del 1717 fatto da Isacc Newton ( al tempo
direttore della zecca) che stabilisce 1 sterlina d'oro= gr. 7,32 di oro fino.

Si inaugura così il Gold STANDARD che contrassegnerà i rapporti commerciali internazionali per
tutto l'800 e fino allo scoppio della 1 Guerra Mondiale.

Il vero problema però, è rappresentato dalla quantità di moneta circolante nel Pese. Infatti, il
volume della moneta circolante è in funzione dell'oro posseduto dalla Banca d'Inghilterra; e l'oro,
a sua volta è in funzione del gioco mondiale della domanda e dell'offerta dello stesso.

Bilancia commerciale.

Ecco che allora diviene necessario un rigido controllo sulla bilancia commerciale. Il suo andamento
influisce sulla quantità di oro circolante nel paese. In buona sostanza, se aumentano le
esportazioni la quantità di oro aumenta e le cose vanno per il meglio. Ma se accade il contrario,
le cose si complicano: le importazioni in aumento fanno uscire dal paese ingenti quantitativi di oro
che rientrano nel saldo al negativo della bilancia commerciale. Le cose possono ulteriormente
aggravarsi alla luce dell'ingente volume di moneta cartacea ( biglietti e banconote) emessa sia
dalla Banca d'Inghilterra che dalle altre Banche provinciali. Un problema, questo, che spinge i
dirigenti della Banca di Inghilterra ad adottare nel 1827 la prassi di mantenere costante la base
monetaria, detenendo un portafoglio composto per un terzo da riserve bancarie e metalli preziosi
e per due terzi da obbligazioni. In questo modo l'emissione di moneta veniva legata alla quantità di
oro presente nel paese. Con il Bank Carter Act entra ufficialmente in vigore il regime del Gold
Standard come meccanismo di riequilibrio automatico degli scambi esteri.
Currency School e Banking School.

Due tendenze di pensiero convivono, in quegli anni, tra gli economisti britannici:

 la Scuola metallista ( o metallica) cui apparteneva David Ricardo si sviluppa tra il 1825 e il
1850 conosciuta con il nome di British Currency School;
 la Scuola Bancaria ( o Banking School) che si oppone all'obbligo di riserva aurea sulle
banconote emesse dalla Banca centrale di Inghilterra, introdotto nel 1844 tramite il Bank
act e alle politiche monetarie della Scuola Metallista.

Unico punto in comune tra le due correnti è rappresentato dalla formazione di un sistema
monetario in cui il valore della moneta sia ancorato all'oro e, come tale, correlato ad altri sistemi
monetari a base aurea.

Scuola metallista.

Scuola metallista: il disavanzo nella bilancia dei pagamenti è solo da attribuirsi a un livello troppo
alto dei prezzi. Bisogna quindi metterli sotto controllo: restringendo il credito e cioè riducendo la
massa monetaria in circolazione. Il solo modo per proteggere l'economia da eccessive emissioni è
quello di far circolare la moneta cartacea allo stesso modo di quella metallica.

Quando dell'oro esce dal paese, allora bisogna ridurre la quantità in circolazione.

Nella Currency School è indispensabile monitorare sotto un rigido controllo l'emissione di moneta
cartacea. Da qui, la scelta del Governatore di fare proprie ( sin dal 1827) la tesi della Currency
School e di dotare la Banca di Inghilterra di riserve per 2/3 e per 1/3 in oro.

Scuola Bancaria.

Scuola Bancaria (Banking School) : I suoi componenti sono del tutto contrari a forme di restrizione
di credito e, quindi, della massa monetaria circolante. Essi sostengono che contingenze
momentanee ( raccolti o richieste di oro) sono la causa di squilibri della bilancia commerciale.
Secondo i componenti della Banking School l'emissione di carta moneta non deve essere
proporzionata alla domanda, che deriva dai bisogni del commercio. Dunque per far fronte alle
emissioni successive, occorre convertire i biglietti in moneta metallica, dal momento che le
banconote inutili sarebbero state subito convertite in oro.

Il capitalismo finanziario.

Per concludere il discorso sulle fonti del finanziamento nella Rivoluzione Industriale inglese, è
importante ricordare le vicende che hanno coinvolto centinaia di banche di provincia tra la fine del
XVIII e gli inizi del XIX secolo. Durante il XVIII secolo, la rapida espansione del settore delle
esportazioni, fornisce possibilità enormi alla produzione di massa e all'economia di scala. L'assetto
societario che ha dato l'avvio alla prima fase della rivoluzione industriale ( legata alla figura del
proprietario-gestore unico della fabbrica) col passare del tempo risulta inadeguato a garantire la
crescita della dimensione dell'impresa. Si rende quindi necessario:
 l'apporto di nuovi capitali;
 la formazione di personale direttivo;
 l'apporto di tecnici.

Da questo punto di vista è stata fondamentale la liberalizzazione delle Società per azioni ( con il
Joint Stock Companies Act del 1844) che devono garantire all'impresa capitali indispensabili per la
crescita delle industrie. Le s.p.a rappresentano un ottimo strumento finanziario per raccogliere
capitali da diversi investitori. Nel corso del XIX secolo ulteriori innovazioni interessano il
capitalismo finanziario, che migliora la sua efficienza con la nascita della società a responsabilità
limitata (s.r.l) e la diversificazione delle azioni in ordinarie e privilegiate.

Questi tipi di azioni sono state indispensabili per raccogliere capitali necessari per portare alcune
imprese a una maggiore efficienza produttiva. Il parlamento inglese attua il riconoscimento
giuridico nel 1863.

Trasformazione del sistema interno e dei trasporti.

Un'altra rivoluzione che ha accompagnato e talvolta anticipato la rivoluzione industriale, riguarda


la trasformazione del sistema interno dei trasporti.

Fino alla metà del XVIII secolo le merci inglesi sono trasportate da cavalli da soma. Le strade sono
spesso intransitabili ai carri per la cattiva manutenzione ( affidata alle prestazioni obbligatorie dei
contadini e della popolazione rurale) e non consentono lo spostamento delle merci per lunghe
distanze.

Tuttavia L'esistenza di fiumi navigabili e la presenza di lunghe coste favoriscono il trasporto fluviale
e il piccolo cabotaggio ( navigazione per costa con navi piccole). Le navi costiere trasportano merci
pesanti e voluminose come legna, cereali e metalli.

L'aumento dei traffici commerciali, oltre al fatto di dipendere da fattori climatici, rendono più
evidenti gli ostacoli presenti nel sistema dei trasporti fluviali e, in modo particolare, quelli destinati
alle regioni più interne. I tentativi per superare tali ostacoli sono diversi e uno dei più efficaci è
consistito nell'affidare la responsabilità della manutenzione delle strade di maggior traffico a
gruppi di privati ( turnpike trust) che impongono il pagamento di un pestaggio agli utenti privati.
Tali gestori, autorizzati con decreto parlamentare a procurarsi capitali necessari per mantenere
e/o costruire strade, realizzano dal 1751 al 1772 una efficiente pianificazione del territorio. I
soddisfacenti risultati raggiunti, spingono i proprietari terrieri, i mercanti e gli artigiani a finanziare
questi monopoli regionali, visto che la rete stradale in efficienza riduce la durata del viaggio, oltre
che a consentire il trasporto passeggeri e merci in modo rapido, sicuro ed economico.

Anche la navigazione interna è notevolmente migliorata e, soprattutto dopo il 1760, merci in


arrivo e in partenza possono essere trasportate a basso costo.

È emblematico da parte del III duca di Bridgewater creazione di un canale per espandere la
vendita del carbone. Quest'ultimo, terminato nel 1761 per il suo primo tratto di 12 km, nel 1776 è
stato prolungato fino a Liverpool. I costi di trasporto del carbone si riducono del 1/6 rispetto a
quelli di via terra. Esso fu il primo a essere costruito senza seguire un corso d'acqua naturale
preesistente, diventando così un modello per i canali successivi. Questi, costruiti fino agli anni
Venti del XIX secolo, di fatto collegano le città manifatturiere interne al mare.

Interessante notare come l'Inghilterra abbia avuto la sua rivoluzione dei trasporti prima ancora
dell'era delle ferrovie.

Gli anni di crisi e le Corn laws. Pag 313.

Nell'arco di tempi compresi tra il 1750 e il 1780, lo sviluppo economico inglese è soggetto a periodi
di crisi economica di cui la più grave sopraggiunge alla caduta di Napoleone. Al boom economico
degli anni 1814-1815 segue un vero proprio crollo nel 1816. Si viene a determinare una lunga fase
depressiva che, per oltre un ventennio, provocherà la caduta dei profitti industriali, la riduzione dei
salari e la disoccupazione.

Il mondo industriale e degli economisti propone l'abolizione delle leggi sui cereali (Corn Laws) e
del protezionismo agricolo, affermando la necessità del libero scambio dei prodotti industriali.

Le Corn lows sono votate dal parlamento inglese nel 1819 e rappresentano una misura tesa a
proteggere la produzione cereali ola inglese dalla concorrenza degli altri Stati. Per quanto riguarda
il grano, esse ne impediscono l'importazione a un prezzo inferiore a 82 scellini.

Le Corn lows sono state e mandate più volte e nel 1822 è stato adottato il meccanico della scala
mobile con cui si prevede:

 un prezzo minimo che garantisce la copertura dei costi del produttore, oltre a un certo
margine di profitto;
 una variazione del dazio da applicare alle importazioni a seconda della situazione del
mercato.

Quest'ultima misura sta a significare:

 quando il prezzo del grano aumenta, si riducono i dazi. Ciò provoca un aumento delle
importazioni che tende a riportare il prezzo a livello prefissato;
 quando il prezzo interno diminuisce, si aumentano i dazi, scoraggiano le importazioni
dall'estero.

Le Corn Lows sono definitivamente abolite nel 1846 a seguito della Anti Corn Low League
( fondata da Richard Codben e John Bright nel 1838), istituita sia per combattere contro ogni
forma di protezionismo che per un totale e completo libero mercato.

La civiltà del ferro.

Lo slancio dato alla metallurgia dalla macchina a vapore e dalla ferrovia sviluppa una vera civiltà
del ferro, la cui produzione aumenta nella misura da 1 a 8 nell'arco di un Trentennio, a partire dal
1826 in cui le esportazioni inglesi toccano i minimi storici.
La moneta e il credito favoriscono questa ripresa e nel 1850 la rete ferroviaria inglese copre ormai
10.000 km del territorio nazionale contro gli appena 3.000 della Francia.

La carta vincente è stata quella di adottare nella politica ferroviaria i canoni economici del
laisezz-faire: si decide, cioè, di lasciare capo libero alle imprese private e lo Stato si limita ad
approvare i progetti e a fissare i prezzi minimi degli espropri delle terre. Una tendenza del tutto
opposta a quanti avviene nel resto dell'Europa dove, lo Stato si assume la proprietà della rete
ferroviaria, intervenendo direttamente sia nella fase progettuale che nel sistema delle concessioni.
Interessante notare che in Gran Bretagna la maggior parte del capitale è raccolto con azioni di
piccolo taglio, soprattutto fra risparmiatori della middle class a testimonianza di una mentalità
imprenditoriale non solo tra i ceti più ricchi, ma presente sia nelle grandi città che nelle province.

In conclusione, la vera rivoluzione è consistita soprattutto nell'abbassare enormemente i costi di


trasporto. Le merci a prezzi più bassi ora percorrono lunghe distanze per raggiungere mercati in
continua espansione per la crescita fortissima della domanda. Non è un caso, allora, se delle
ferrovie si parla come dello strumento di maggiore importanza del XIX secolo.

Rivoluzione industriale altri paesi.


La Rivoluzione industriale in Europa ha avuto caratteri diversi da quella che, invece, ha avuto in
Gran Bretagna. È fuori dubbio che il merito è i vantaggi connessi all'essere la Gran Bretagna prima
nazione industrializzata, si accompagnano svantaggi che hanno comportato maggiori costi sociali e
di sviluppo per il primo paese che si affaccia in questo processo di modernizzazione.
I paesi europei, dunque, avendo nell'industrializzazione un modello di riferimento, hanno evitato
di ripetere gli eccessi e realizzano la loro rivoluzione industriale con un ritmo evolutivo e con un
tasso di sviluppo mai raggiunto dall'Inghilterra. L'ultima, fondamentale, differenza sta nel campo
dei trasporti: a differenza: mentre in Inghilterra l'avvento della ferrovia ha portato a
completamento un processo già avviato, per le altre nazioni europee che intraprendono questa
modernizzazione, la ferrovia, invece è stata fondamentale per l'inizio e il prolungamento di tale
processo.

L'Europa marginale.

Il propagarsi dell'industrializzazione a livello mondiale non è stato un processo omogeneo, per cui
gli storici economici usano parlare di generazioni successive di paesi industriali.

La 1 generazione si ha con l'Inghilterra;

la seconda generazione si ha con il Belgio e la Francia nella prima metà dell'800;

la terza generazione con gli Stati Uniti e la Germania nella seconda metà dell'800;

la quarta generazione con il Giappone, Russia e Italia che tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX
secolo, collocano la loro fase di take off (decollo).

I casi Nazionali.
Paesi Bassi e Belgio.

I Paesi Bassi e il Belgio, in particolare nel corso del XIX secolo hanno avuto vicende contrastanti: i
primi, hanno conosciuto il periodo di massima espansione commerciale nel corso del '600, grazie
al suo predominio sui mari e alla fiorente attività sui porti.

Il Belgio, invece, dalla data della sua indipendenza (1830), ha conosciuto un periodo di notevole
sviluppo economico favorito dalla sua posizione centrale nell' ambito delle correnti Europee di
traffico commerciale.

Paesi Bassi/ Olanda.

Il declino dei Paesi Bassi dal XVII al XIX secolo è stato lento e graduale e ha avuto inizio con
l'emanazione del 1651 del Navigation Act, da parte dell'Inghilterra, e con la dura sconfitta
dell'Olanda nella guerra commerciale 1652-54, che ha sancito la definitiva vittoria del monopolio
marittimo-commerciale britannico e il declino di quello Olandese.
Con la vittoria sull'Olanda, l'Inghilterra spezza il monopolio olandese nel commercio del tabacco,
zucchero, pellicce e merluzzo e si intensifica la partecipazione inglese alla tratta degli schiavi.

Durante il XVIII secolo, le frequenti guerre continentali hanno coinvolto anche i Paesi Bassi, il cui
territorio è circondato dalle grandi potenze europee in lotta fra loro: Prussia Est, Francia a sud
ovest e al nord il mare controllato dalla flotta inglese.

L'agricoltura, nel XVIII secolo risulta già abbastanza progredita e con una struttura agraria
relativamente moderna, ma insufficiente a sviluppare il fabbisogno alimentare interno.

Le fiorenti attività bancarie risultano seriamente danneggiate dalle guerre di fine Seicento anche
se, dopo quella di Londra, la Borsa di Amsterdam risulta essere tra le maggiori in Europa. La risorsa
principale del Paese, resta ancora il commercio dei prodotti tropicali, che trovano sbocco sui
mercati tedeschi.

Il sistema stradale è già molto efficiente nel 1830 e notevole è anche lo sviluppo dei traffici tramite
una fitta rete di canali che collegano i principali centri urbani con le città belghe e tedesche.

L'abbondanza delle vide d'acqua fa sembrare le ferrovie meno indispensabili altrove. Così, solo nel
1839 si inaugura la prima linea su strada ferrata; nel 1850 l'intera rete non supera i 179 km. Di
fatto però, Amsterdam è già collegata ad Anversa, attraverso Rotterdam. Nel 1865 risultano in
esercizio 865 km, costruiti per lo più dallo Stato e dati in appalto a compagnie private.

In definitiva l'Olanda, per tutto il XIX secolo, rimane legata a una economia di vecchio tipo ( e cioè
capitalistico commerciale) in cui:

 la flotta;
 i servizi marittimi, le risorse delle Colonie;
 e gli interessi sui capitali investiti all'estero

rappresentano le voci fondamentali del suo sistema economico.

Belgio.
Il Belgio in molti settori ha condiviso con l'Inghilterra il ruolo di nazione pilota. Si rende
indipendente nel 1830, dopo essere stato possedimento austriaco nel '700 e dipartimento
francese dal 1795 fino alla sconfitta di Napoleone nel 1814.
Fu proprio sotto il dominio francese che sia in Belgio che in Olanda sono aboliti gli obblighi feudali
e si avvia la riforma fondiaria. In entrambi i paesi, i contadini hanno accesso alla proprietà dei
poderi e possono acquistare beni della Chiesa e di quanti sono emigrati.

La vera ragione che porta il Belgio all'affrancamento nel 1830 dalla tutela olandese sta:

 nel grado di efficienza della sua economia;


 nel possesso di risorse essenziali per la modernizzazione del paese (carbone) ;
 nello sviluppo del settore metallurgico che, dal medioevo, è all'avanguardia in Europa.

Nei distretti della Sonbre e della Mosa si sono sviluppati importanti centri siderurgici e
metallurgico d'importanza continentale e nel 1837 il Belgio esporta i suoi macchinari in Olanda,
Russia e nello Zollvrein (unione doganale sorta nel 1834 per volontà della Prussia).

Molto attivi sono anche i centri manifatturiere per lana e metalli. La città, infatti, non è solo il più
importante centro di fabbricazione di armi, ma si avvia a diventare grande anche per il
rifornimento.

Dell'alto livello di esperienza e specializzazione raggiunto nella lavorazione metallurgica, ne


beneficiano soprattutto le ferrovie che nel 1834 sono considerate dal Parlamento un servizio
pubblico e costruite con il denaro dello stato. È stato possibile costruire questa rete ferroviaria
nazionale sfruttando il vantaggio di essere una regione di transito del traffico internazionale. Il
Belgio deve inizialmente importare macchinari e attrezzature dall'Inghilterra ma, col progredire
delle linee, sorgono fabbriche nazionali in grado di fornire rotaie di acciaio, ruote per vagoni,
locomotore e altre attrezzature. In definitiva, è bene ricordare la posizione di avanguardia del
Belgio nella prima fase dell'industrializzazione continentale che è data proprio da questo periodo
caratterizzato dalle costruzioni ferroviarie. Molto sviluppato risulta essere anche il sistema
finanziario belga, tanto che il capitalismo anonimo è comparso già nel XVIII secolo con una grande
società di azioni: la Compagnia di Ostenda per l'assicurazione dei moli marittimi.

Nel XIX secolo il sistema bancario Belga e in particolare i due istituti di credito ( la Société
Generale e la Banque de Belgique) danno vita a nuove società. Sì dà vita in media a 25 società
all'anno e si tratta soprattutto di società metallurgiche e minerarie.

Société Generale, fondata nel 1822, è una società per azioni ( s.p.a) che pratica prestito ipotecario
e finanzia la messa a coltura dei fondi espropriati alla Chiesa, oltre a numerose altre imprese
industriali. Nel 1835 essa si contende il mercato finanziario con la Banque de Belgique, fino alla sua
fusione nel 1851 in un'unica società: la Banque Nationale con privilegio di emissione.

In conclusione, la presenza di un solito sistema bancario e industriale ha fatto del Belgio una
piccola presenza che ha saputo svolgere un ruolo peculiare nella storia economica europea del XIX
secolo.

Francia.

Anche in Francia la rivoluzione industriale non è stato un processo lineare, ma un fenomeno


articolato e complesso. L'avvento di un moderno sistema capitalistico ja conosciuto 3 stadi di
sviluppo:
 fra il 1820 e il 1830;
 fra il 1851 e il 1870
 fine del XIX secolo.

Agricoltura.

Mondo agrario Francese XVII secolo.

L'eccessiva frantumazione della proprietà fondiaria è stata la conseguenza della rivoluzione


francese (quindi un rivolgimento politico, sociale e culturale) che, liberando il proletariato rurale
dagli obblighi, ha favorito un processo di distribuzione della proprietà terriera senza indennizzi.

In Francia, tutti gli sforzi successivi alla riforma agraria sono falliti.

In definitiva, la Francia resta ancora un paese in cui predomina l'economia agricola e non vengono
alterati i vecchi equilibri fra le componenti rurali e quelle urbane.

D'altra parte, nel corso dell'800 alla Francia è mancata quella rivoluzione demografica che ha
interessato tutto il continente europeo. L'unica importante novità si è avuta nel cambiamento
della distribuzione geografica della popolazione che affluisce e determina l'ampliamento di città
come Parigi, Lione, Marsiglia che hanno raddoppiato gli abitanti fra il 1850 e il 1910.

In buona sostanza, contrariamente a quanto accaduto in Inghilterra, in Francia non si è verificato


quel fenomeno di crescita a spirale, vale a dire quella spinta espansiva nella produzione agricola
che ha contribuito all'innovazione tecnica inglese.

Il motivo è da ricercare nel fatto che nella Francia della prima metà dell'800 il mercato non è
abbastanza ampio e dinamico per invogliare gli innovatori ad abbandonare i sistemi tradizionali di
utilizzazione della terra.

In Inghilterra l'aumento della popolazione invece, è stata una grossa sfida per il settore alimentare
dell'economia e pertanto il rivoluzionamento dell'agricoltura è stata una risposta obbligata. In
Francia, la sussistenza dei singoli non è stata minacciata da una rapida crescita demografica e di
conseguenza non vi è stato alcuno stimolo per una rivoluzione agraria.

Un periodo di prosperità dell'agricoltura si è avuto sotto Napoleone III quando, l'aumento dei
redditi agricoli e l'innalzamento di domanda dei beni durevoli e di consumo, ha contribuito a
generare progresso all'industrializzazione francese.

Per la prima volta in Francia si stabilisce una correlazione fra potere d'acquisto degli agricoltori e la
produzione di beni e servizi industriali. Questo processo ha avuto inizio intorno al 1820:

 quando si è accresciuta l'estensione delle superfici coltivate;


 quando l'aumento dei redditi per ettaro si è realizzata con lo sviluppo del patrimonio
zootecnico ( in particolare quello da macello) e ciò per meglio rispondere all'aumento
consumo della carne, connesso allo sviluppo urbano.

In Francia l'estensione delle superfici coltivate si accresce e i cereali maggiori migliorano la qualità
dell'alimentazione. L'aumento delle rese determina benefici diffusi tra le diverse categorie so cielo
legate alla terra.
In conclusione, i miglioramenti agricoli e la progressiva concentrazione dell'autoconsumo
avvantaggiano non solo le imprese rurali che producono generi di largo consumo, ma anche quelle
imprese che fabbricano attrezzi da lavoro e strumenti meccanici.

A partire dagli anni '40 dell' 800 gli investimenti cominciano a spostarsi dalla terra agli immobili
verso settori più redditizi come le costruzioni ferroviarie e le industrie in fase di espansione.

Industrie e trasporti.
Il momento rivoluzionario prima, le guerre napoleoniche e il blocco continentale non hanno
favorito lo sviluppo del settore industriale, né quello manifatturiero. Fu soprattutto il Blocco
Continentale che maggiormente disattese le aspettative francesi. Il blocco continentale è
l'embargo ovvero sequestro di navi mercantili estere, disposto da uno Stato nei propri porti per
misura di polizia oppure per ragioni belliche o di rappresaglia. Divieto di esportazione di materiale
strategico in paesi belligeranti.

Quest'ultimo avrebbe dovuto colpire duramente le importazioni britanniche sui mercati europei e
creare all'interno dell'isola gravi difficoltà, tali da muovere la popolazione a esercitare pressioni
affinché si chieda la pace. Nel frattempo, il paese si sarebbe accaparrato i mercati europei e
mediterranei, che sono vietati all'Inghilterra.

L'accresciuta domanda di merci avrebbe stimolato le manifatture nazionali e la crescita delle


industrie avrebbe aumentato il potenziale economico, militare e politico della Francia. Il blocco
continentale è continuamente violato dagli armatori, tanto che l'Europa è piena di merci di
provenienza inglese. Se l'industria francese non ha saputo sfruttare al meglio le occasioni che il
mercato ha riservato nel campo della lavorazione del cotone tuttavia, questo atteggiamento, non è
stato del tutto negativo( dal momento che, all'indomani della caduta di Napoleone, la Francia
sceglie la via del protezionismo, imponendo tariffe altissime a tutte le merci d'importazione, fino a
proibire l'importazione di filati e tessuti di cotone).

Il protezionismo infatti ha stimolato l'innovazione tecnica e l'andamento della produzione


dell'industria tessile e siderurgica nei decenni successivi. Lo stimolo fu tale che la concentrazione e
la meccanizzazione di questi due settori costituiscono i fattori trainanti dell'economia francese.

La costruzione delle ferrovie, favorisce poi il massimo tasso di sviluppo industriale nella
metallurgia e nelle altre attività correlate. Nel ventennio 1850-1870 la produzione di ghisa si
triplica e ancora di più quella del ferro e dell'acciaio. L'estrazione del carbone aumenta molto coi
bisogni delle locomotive e della metallurgia. L'incremento è stato tale che la produzione è
quadruplicata in quantità e si è sestuplicata in valore.

In buona sostanza, la costruzione delle ferrovie (1840-1860) e le infrastrutture urbane (1870)


hanno fatto da battistrada alla seconda fase dello sviluppo industriale.

Le imprese ferroviarie usufruiscono dell'assistenza finanziaria dello Stato, voluta per creare una
rete di trasporti meglio rispondente alle esigenze di un incremento del volume del traffico che tra
il 1855 e il 1867 aumenta di oltre il 10% all'anno. Se da un lato un merito della ferrovia è stato
nell'avere fortemente incentivato il progresso industriale e il passaggio dall'industrializzazione
leggera a quella pesante; dall'altro un ulteriore merito consiste nel fatto che ha velocizzato il
trasporto e facilitato lo scambio commerciale fra mercati lontani o situati troppo all'interno. In
Francia, il trasporto su strada è a tal punto sviluppato che gli stessi viaggiatori inglesi al Grand Tour
definiscono il sistema stradale francese come il più sviluppato e ordinato dell'intera Europa. Nel
corso dell'800 il sistema delle strade miglioró ancora e alla fine del secolo, l'80% delle strade
francesi è reso impermeabile con pietrisco e compatto con rulli meccanici, a vantaggio dei
viaggiatori e del piccolo commercio, e cioè dei principali utenti del sistema stradale.

Commercio.
È stato solo dopo il 1850, con la nascita del II Impero, che la politica francese delle altre tariffe
comincia a modificarsi, essendosi di fatto consolidato il sistema industriale grazie ad un insieme di
fattori concomitanti rappresentati da:

L'ampliamento del mercato interno, agevolato dallo sviluppo delle costruzioni ferroviarie,
dell'ammodernamento della rete stradale e dall'aumento dei redditi agricoli;

la protezione doganale, che ha ridotto la pressione della concorrenza straniera sulla produzione
delle industrie nazionali;

gli stanziamenti governativi, rivolti soprattutto a favore dei trasporti e delle opere pubbliche;

infine la diffusione delle innovazioni tecniche, già sperimentate in Gran Bretagna e, quindi, meno
costose le quali hanno favorito maggiori aperture di credito da parte del sistema bancario.

Agli inizi degli anni sessanta dell'800, una serie di trattati commerciali sono firmati dal governo
francese prima con la Gran Bretagna e dopo con le altre potenze europee. Il trattato anglo-
francese, noto come TRATTATO COBDEN-CHEVALIER (dal nome dei due promotori Cobden e
Chevalier) è stato firmato da Regno Unito e Francia il 23 gennaio 1860.

Il trattato, considerato come il primo trattato commerciale moderno, è stato considerato il


modello di riferimento per tutti gli altri trattati a venire. Con esso da parte francese si sopprimono
le proibizionismo riguardanti i filati, i tessuti di lana e di cotone, riducendo le tariffe doganali a
livelli non superiori al 30%. Gli inglesi, invece, aboliscono i dazi sull'importazione vinicola, sul
brandy francese e soprattutto quelli sull'esportazione del carbone. Entrambe le parti si sono
accordate sulla clausola del reciproco trattamento di nazione più favorita: praticare dazi più bassi
rispetto a quelli praticati agli altri paesi. Successivamente, tale clausola diviene fondamentale negli
accordi commerciali che Francia e Gran Bretagna stipularono rispettivamente con gli altri Stati.

Di conseguenza, il valore delle esportazioni Britanniche in Francia ottiene più di un raddoppio nel
1860 e anche l'importazione di vini francese nel Regno Unito raggiunge un risultato simile. La
Francia pone fine al trattato nel 1892 in seguito alla LEGGE MÈLINE ( melen)

La LEGGE MÈLINE è stata una misura protezionistica francese introdotta nel 1892 ed è nota come
il più importante atto economico legislativo della III Repubblica e segna un ritorno alle precedenti
politiche protezionistiche che pongono fine al periodo di libero scambio associato al Trattato
Cobden-Cheavelier del 1860. La legge è stata in parte vista come il risultato degli sforzi degli
industriali per aiutare e combattere una minaccia economica esterna percepita per il mercato
interno.
Così attraverso una rete di trattati basato su questa clausola, si generalizzando i dazi doganali più
bassi che il mondo occidentale abbia mai conosciuto. Con la gravissima crisi dell'agricoltura
europea seguita nel 1873, subentra una nazione contro questa politica tariffaria. In Europa i dazi
doganali cominciano a risalire nel 1878 e continuano ad aumentare fino alla Prima Guerra
Mondiale. Una conseguenza immediata dei provvedimenti protezionistici è stata l'esplodere di
guerre tariffarie.

In conclusione il commercio si sviluppa a causa dell'accresciuta produzione dell'industria e


dell'agricoltura piuttosto che come conseguenza del libero scambio e protezionismo.

La finanza.
Per quanto riguarda la finanza, in Francia operano molti banchieri privati e in particolare nella
capitale è stata molto fiorente un gruppo di case bancarie e, la Haute Banque ( Alta banca)
composta da banchieri protestanti, da ebrei e da stranieri trasferiti si a Parigi durante il Primo
Impero. Essi operano con capitali propri, accettano depositi a interesse e gestiscono i patrimoni
loro affidati.

Nel XIX secolo l'Alta Banca parigina finanzia il commercio internazionale, sottoscrive titoli del
debito pubblico ed investe in ferrovie ed assicurazioni. Sono delle vere e proprie banche d'affari e,
tra esse, si distingue la Banca dei Tothschild che nel 1848 detengono il 10% del capitale
complessivo investito nelle ferrovie.

L'Alta Banca contribuisce inoltre al finanziamento industriale costituendo molte associazioni


economiche sotto forma di società in accomandita s.r.l e di società anonime.

Durante il Secondo Impero il sistema bancario francese si consolida con la nascita di grandi istituti
di credito: Credit Foncier 1852, Société Generale du credit Mobilier 1852, Credit Lyonnais 1863 e
Société Generale 1864. Essi, liberando il credito dal monopolio privato, finanziano le società
ferroviarie francesi straniere e la media impresa. Nel 1867 il Governo approva lo statuto per le
s.p.a. Oramai il sistema finanziario e creditizio francese è al pari con quello britannico.

Gli Anni delle Crisi.


La circolazione dei capitali, i continui finanziamenti alle industrie, le attività speculative sui titoli e
la produzione di massa a costi sempre più bassi determinano ricorrenti crisi economiche che
coinvolgono tutta l'Europa.
Di fatto, queste crisi sono diverse da quelle dei secoli precedenti, dovute a cattivi raccolti, a guerre
o a una forte pressione demografica non seguita da una adeguata crescita della produzione
agricola. Questo stato di cose evidenzia in maniera drammatica il contrasto fra sistema agrario
moderno fondato sulla policoltura e sistema tradizionale monocoltura, ancora diffuso nelle aree
europee più arretrate del Nord-Ovest e dell'Est.

1. La crisi dell'età industriale, dunque, sono di tipo finanziario, speculativo e di produzione le


quali si svolgono secondo una successione di fatti quasi identica.
2. Ad un periodo di congiuntura favorevole ( cioè di aumento della domanda di uno o più
beni) e di rialzo dei prezzi, si arriva a un rapido ampliamento degli impianti.
3. Successivamente accade che le aspettative dei profitti crescenti fanno aumentare il corso
delle azioni delle società interessate, sulle quali non è difficile che si concentri una bolla
speculativa di rialzo.
4. Si è costretti, dunque, a far ricorso al credito bancario, sia per i nuovi investimenti che per
alimentare la speculazione stessa. In buona sostanza, si contribuisce a estendere la
produzione e a far crescere ancora il corso dei titoli.
5. Ne consegue che la capacità produttiva delle macchine consente una crescita della
produzione ben oltre la possibilità di assorbimento del mercato, cosicché non tarda a
manifestarsi la crisi di sovrapproduzione, e cioè di produzione superiore alla domanda, che
si manifesta con uno squilibrio tra offerta e domanda di merci che vengono investite per un
periodo più o meno lungo e solitamente indicato come una delle principali manifestazioni
della crisi.
6. Accade che i prezzi crollano, le merci restano invendute, gli utili si riducono o si assimilato,
il corso dei titoli precipita.
7. Conseguenza finale: licenziamenti del personale e fallimento sono l'immancabile sbocco
della crisi.

La Francia non ne è immune da crisi dell'età industriale: una delle vittime illustri e stato il Credit
Mobilier (che al tempo si occupa di finanziare le costruzioni ferroviarie, le linee di navigazione
transatlantiche nazionali e altro) il quale fallisce nel 1866, quando non si presentano più
opportunità di mercato per le sue attività.

Il Credit Mobilier nato nel 1852 in una fase di espansione economica, favorita dal ritorno a
condizioni politiche stabili, dopo le rivoluzioni del 1848, apre crediti in Francia e in gran parre di
Europa contribuendo allo sviluppo dell'industria dei metalli ferrosi, in seguito alla ripresa delle
costruzioni ferroviarie.

La forte domanda ha fatto salire i prezzi e con essi i salari e i costi di produzione, ed è rimasta
sostenuta per quasi tutti gli anni Sessanta dell'Ottocento in virtù dell'ulteriore espansione delle
ferrovie.

Ad aggravare lo stato delle cose, si aggiunge la crisi agraria del 1873 che ovunque nel continente
europeo fa precipitare la situazione economica, provocando un netto rallentamento dello sviluppo
industriale sia negli indici della produzione che in quelli degli investimenti.

La Francia, esaurita la spinta impulsiva impressa al settore industriale a vantaggio della Germania,
precipita, così, in un lungo periodo di ristagno economico.
La decimazione dei redditi agricoli, il ristagno delle esportazioni e la caduta degoi investimenti
nelle infrastrutture contraggono per oltre 20 anni il mercato interno. Solo verso la fine del secolo,
il mutamento della congiuntura nazionale fa lievitare i prezzi, liberalizzare gli scambi, agevolando
lo sviluppo degli investimenti e dell'occupazione.

Ha così inizio la terza e ultima fase di crescita industriale ( take off) che ha fatto della Francia una
potenza economica in grado di competere alla pari sui mercati internazionali con le altre potenze
industriale.

Germania.
Per quanto riguarda la Germania, il punto di partenza della rivoluzione industriale e del professo di
mutamento effettivo del sistema economico risiede in una modifica delle istituzione della società
rurale, oltre che dei rapporti fra città e campagna.
Il progresso dell'agricoltura tedesca in senso capitalistico è stato circoscritto ad alcune regioni tra
cui la Prussia Orientale: esso non ha avuto lo stesso ruolo che ha rivestito, invece, nel processi di
modernizzazione britannico, anche se non fu del tutto marginale come lo era stato per la Francia.
Un fatto è certo: lo sviluppo industriale tedesco ha presentato caratteri di precocità a livelli più
consistenti laddove il settore rurale è risultato da tempo più attivo o comunque meno arretrato sia
nel processo delle forme di insediamento, sia nel regime della proprietà privata, sia nelle
dimensioni delle aziende agricole.

Ciò che è accaduto negli stati tedesco durante il XIX secolo è stato un profondo rivolgimento che
ha emancipata uno stato feudale-militare in una potenza industriale, finalizzando il decollo
industriale alla realizzazione dell'Unità Nazionale (1871).

Agricoltura.

Prima della metà dell'800, in Germania si sono realizzate importanti trasformazioni economiche
che hanno riguardato in particolare l'agricoltura. L'avvio di queste trasformazioni si è avuta nei
territori appartenenti alla Prussia dopo il 1806 l; in seguito, nell'arco di un decennio, sono state
adottate anche dagli altri Stati Tedeschi. In buona sostanza si è trattato:

 dell'abolizione della servitù contadina;


 della divisione delle terre demaniali;
 della ristrutturazione del sistema della proprietà fondiaria finalmente liberata dai gravami
feudali.

Tale processo di riforma agraria ha seguito vie diverse che hanno sancito differenze spesso
notevoli fra i diversi stati tedeschi. Le ragioni sono imputabili sia nella diversa organizzazione del
sistema produttivo e sia alla diversità di uso e funzioni dello spazio agrario che in Germania si
ripartisce geograficamente in: Sistema dei Polders; Sistema dei campi aperti; Sistema Slavo.

 Sistema dei Polders: sul modello agrario dei Paesi Bassi, caratterizzato dalla proprietà
individuale, in cui non esitano le servitù collettive e si pari a la coltura intensiva.
Il Polder. Il Polder è un tratto di mare asciugato artificialmente con dige e con un
complesso sistema di drenaggio dell'acqua. In sostanza si tratta di una porzione di terreno
pianeggiante, recintata da argini, che può avere un contatto con l'acqua esterna soltanto
mediante l'azionamento artificiale dei dispositivi. Nel tempo troveremo i Polder sul
modello olandese in Belgio, in Francia, in Germania, in Italia, nel Regno Unito, in Spagna, in
Israele, in Portogallo, in Egitto e in Giappone.
 Sistema dei campi aperti: a Ovest dell'Elba, caratterizzato dalle coltivazioni comunitarie in
cui vige la rotazione triennale e la servitù collettiva dove le terre di ciascun agricoltore non
sono separate da siepi e le decisioni sopra le coltivazioni di ciascuna zona ( percella) sono
prese in comune tra vicini, nel rispetto delle tradizioni. Gli apprezzamenti di terra di
proprietà dei singoli contadini di un villaggio venivano coltivati in comune e il raccolto poi
redistribuito in proporzione ai diversi proprietari.
 Sistema Salvo: a Est dell'Elba, caratterizzato dal servaggio e dove pochi sono i contadini
liberi, mentre la proprietà signorile dello Junker è molto estesa e comprende anche la
foresta l. Quest'ultimo sistema è diffuso soprattutto in Prussia dove la produzione agricola
è finalizzata allo sbocco sui mercati dell'Europa occidentale e lo Junker, da vero agricoltore
capitalista, sopraintende ai lavori nelle sue terre e ricava reddito dall'attività agricola
anziché limitarsi a riscuotere diritti feudali.

Tra il 1807 e il 1809 l'aristocrazia Prussia, per un decreto, concede ai contadini l'abolizione della
servitù per guadagnarsi il loro appoggio contro le truppe napoleoniche e concede loro anche
possibilità di acquistare proprietà fondiarie e il diritto di lasciare la terra.

Tuttavia le leggi Prussia di riforma sono state comunque favorevoli agli Junker, permettendo loro
di aumentare il numero dei poderi per ricavare guadagno.

Le riforme.

Specialmente con l'editto del 1811, stabiliscono che i contadini, possono avere la proprietà di 2/3
della terra, ma solo a patto di concedere il rimanente 1/3 ai loro signori. Questa norma, nel 1816,
è stata dichiarata applicabile solo a chi possiede almeno 2 buoi, mentre agli altri cittadini di solito
devono cedere fino alla metà della loro terra per diventare proprietari a pieno titolo.

Ad Ovest dell'Elba, il sistema feudale, più vicino a quello francese, fu abolito più facilmente perché
le entrate dei signori sono costituite da rendite, in natura o in denaro, versate dai contadini. Nella
regione fra il Reno e l'Elba, dove l'influenza francese fu maggiore, le riforme sono applicate in
blocco e nascono piccole proprietà contadine. Il feudalesimo fu abolito nel 1798 e i contadini
hanno la proprietà piena della terra, senza dover pagare imposte.

Dopo il 1850 e nei decenni successivi questo processo di emancipazione rende disponibili per
l'agricoltura considerevoli quantità di manodopera, di terra e di capitale, che incrementano
moltissimo sia la produzione che il reddito. Senza dubbio, l'aumento tra il 1825 e il 1850, della
produzione dei cereali, patate e altro è dovuto anche all'investimento in edifici, bestiame,
fertilizzanti e nel dissodamento di nuove terre.

Lo Zollvrein.

Il forte aumento demografico è un altro fattore che ha contribuito allo sviluppo della manifattura
tessile. E dal 1834 la nascita dello Zollvrein, l'unione doganale tedesca, fornisce l'occasione per
un'ulteriore espansione del settore nel mercato del commercio interno agli stati aderenti.

Lo Zollvrrin nasce nel 1834 per volontà della Prussia che controlla già gran parte dell'economia
tedesca. Fin dal 1818 le tariffe doganali Prussia sono unificate e ridotte a una tariffa moderata,
variabile secondo la merce ( ad valore). La tariffa adottata è quella prussiana. I negoziati con i paesi
terzi sono condotti dalla Prussia. Gli altri 37 Stati membri sono responsabili dell'esazione dei dazi
alle loro frontiere e il ricavo veniva diviso tra di loro, in proporzione alla popolazione.

Ben presto i risultati si manifestano: nei negoziati commerciali con l'estero, gli stati tedeschi
ottengono tutta una serie di vantaggi. Nel complesso i dazi doganali contribuiscono a elevare
notevolmente il reddito nazionale tedesco.

In Germania le precondizione del decollo industriale sono costruite specialmente in Prussia a


partire dal 1820 e fino al 1840, tramite un processo di accumulazione del capitale nell'agricoltura,
nell'edilizia e nelle infrastrutture. Negli ultimi due settori tale processo è stato particolarmente
accelerato per la continua crescita delle costruzioni (edifici pubblici, abitazioni)e tre lo sviluppo
delle infrastrutture ha favorito la concentrazione di attività specializzate, l'incremento della
manodopera extra-agricole e la domanda di beni e servizi.

I movimenti migratori delle campagne verso El città, fra il 1830 e il 1840 hanno coinciso con la
diffusione dell'industria cotoniera; ma l'esodo rurale assume proporzioni notevoli quando
l'aumento dei prezzi di alcuni generi alimentari e la carenza di nuove terre da bonificare danno vita
a un movimento di emigrazione interna dall'Est e dal Sud verso le città dell'Ovest più
industrializzato. Tra il 1853 e il 1882 l'industria assorbisce quasi totalmente il 6% della forza lavoro
prima impiegata nell'agricoltura, facendo salire oltre il 30% il numero degli addetti; mentre il
terziario supera il 20% con una forte presenza di personale qualificato.

Industrializzazione.
Solo dopo il 1870 il sistema industriale tedesco assume quelle dimensioni aziendali e operative su
grande scala che trasportano il sistema tedesco ai vertici dell'economia internazionale per i suoi
elevati livelli di efficienza e di organizzazione manageriale. A differenza dell'Inghilterra, infatti,
nell'aristocrazia e nel ceto medio tedesco vi sono forti pregiudizi verso le carriere professionali
nell'industria. L'attività dell'imprenditore è considerata un'occupazione motivata dal culto per il
denaro. Di fatto, essa assume maggiore importanza quando si inizierà a concepire
l'industrializzazione come uno strumento essenziale sia per il rafforzamento del prestigio
nazionale, sia per il conseguimento degli obiettivi politici del paese. Proprio la rete ferroviaria è
concepita come strumento per rafforzare l'unità territoriale politica e, l'ulteriore sviluppo del
sistema industriale diviene la lega essenziale per il potenziamento dell'apparato militare.

In tale ottica, dunque, non è un caso il fatto che proprio la Prussia sia stata all'avanguardia nel
processo di ammodernamento dell'agricoltura e dell'industria e, soprattutto, nella costruzione
dello stato nazionale germanico. Dal 1816 al 1853 una somma considerevole dei fondi pubblici è
destinata alla costruzione e miglioramento delle infrastrutture. Il settore trainante, nel processo
dell'industrializzazione, è stato quelle delle ferrovie ( soprattutto in Germania). Ecco che tra il 1835
e il 1844 il ritmo delle costruzioni ferroviarie ha fatto aumentare a dismisura la domanda di
prodotti in ferro e altri materiali a vantaggio delle imprese siderurgiche e meccaniche.

All'incremento degli investimenti ferroviari contribuisce anche lo Stato nella misura del 50% dei
capitali impiegati complessivamente. Le nuove opportunità d'affari, creata da una rete ferroviaria
eccezionale, fanno acquisire all'industria tedesca nuove dimensioni strutturali.

In buona sostanza, possiamo dire che il peso specifico dell'industria pesante, specializzata nella
produzione di beni capitali ( metalli, carburanti, macchinari) diventa maggiore e il suo ritmo di
sviluppo più maggiore rispetto a quello dell'industria leggera e dei beni di consumo.

La manifattura tessile nel settore dell'industria leggera conserva una posizione predominante per
volume d'affari e numero di operai, mentre la produttività delle industrie moderne è incoraggiata
dallo Stato che riduce la tassa sulla produzione del carbone dal 10 al 5% e favorisce l'innovazione
tecnica nei sistemi di estrazione.

Il grado di sviluppo produttivo nel settore dell'acciaio e in quello meccanico tedesco risulta essere
di gran lunga maggiore rispetto a quello britannico e francese. Già nel 1870, poi, la Germania, per
la produzione della ghisa, supera quella Francese sommata a quella belga.
Le commesse militari e la crescita del mercato interno aumentano in corrispondenza dei vittoriosi
eventi bellici sull'Austria e sulla Francia e con l'unificazione nazionale (1871). Le industrie, in modo
particolare quella pesante, per espandersi sul mercato internazionale hanno avuto bisogno di un
apporto di capitali che è andato al di là delle possibilità finanziarie dei gruppi a carattere familiare.

Dopo il 1870 l'ammodernamento tecnologico ha richiesto una maggiore integrazione tra banche e
industrie e la trasformazione di gruppi industriali più consistenti e competitivi in S.p.a.

Tra il 1873-1883 il credito bancario favorisce il processo di concentrazione industriale e


commerciale, caratterizzato dalla formazione di importanti cartelli ( il monopolio che si crea tra
una o più aziende in quel settore) che si garantiscono la spartizione del mercato, assicurando
importanti e costanti flussi di denaro. Seconda la tipologia classica le principali forme di cartello
furono 4:

1. le aziende si accordano per dividersi il mercato. Regioni, zone, clienti vengono assegnati ai
componenti del cartello;
2. le aziende si accordano per fissare i prezzi di vendita all'interno e all'estero;
3. le aziende fissano di comune accordo non solo il volume totale della produzione
raggiungibile dalle ditte che compongono il cartello, ma anche la quota da assegnarmi ad
ogni componente;
4. le aziende si accordano per la partecipazione agli utili.

I cartelli inoltre si distinguono in orizzontali e verticali:

 orizzontali, cioè le aziende si scordano per produrre lo stesso tipo di materia prima o di
merce manifatturata;
 verticali, cioè quell'accordo che nasce tra aziende impegnate nei differenti stadi della
lavorazione di un manufatto.

La finalità è non far nascere la concorrenza, eliminarla.

Commercio.

Sebbene alla fine del XIX secolo la Germania sia l'unica delle 3 grandi potenze industriali europee a
non possedere un Impero coloniale, tuttavia riesce ugualmente a inserirsi sui mercati
internazionali sia sfruttando le armi del DUMPING, sia offrendo prodotti di alta qualità.

Dumping: generalmente si intende la riduzione di un prezzo all'esportazione al di sotto del prezzo


praticato per lo stesso bene del mercato interno, con lo scopo di acquistare quote di mercato o di
acquisire una valuta estera. In buona sostanza, si tratta di vendere un surplus di produzione a
clienti non abituali e a prezzi di molto inferiori rispetto a quelli normalmente imposti.

La caratteristica dell'economia tedesca è stata la concentrazione delle sue esportazioni sui mercati
del vecchio continente, e in modo particolare su quelli del Centro Europa.

La forza di penetrazione del commercio estero tedesco aumenta con la formazione dei cartelli che
comincia nel 1880 e si protrae senza interruzioni fino al primo conflitto mondiale 1914. In questi
30 anni la Germania riesce a raggiungere e superare la stessa Gran Bretagna in alcuni settori di
importanza strategica: siderurgia, elettromeccanica, chimica. Dalla unità nazionale, la Germania è
una grossa realtà industriale, finanziaria e commerciale il cui peso politico-militare condiziona il
sistema di alleanza di tutta Europa.

Finanza.

Mentre in Inghilterra la crescita economica è stata lenta e graduale, in buona parte dei paesi
europei, e in particolare in Germania, essa è dovuta essere rapida ed accelerata, se non anche
forzata dall'intervento diretto dello stato, per recuperare il ritardo accumulato.

Le strutture economiche hanno conosciuto un'evoluzione molto rapida, dando luogo a fenomeni
di gigantismo nella concentrazione tecnica e finanziaria. Per questo motivo le banche tedesche
hanno avuto un ruolo di grande importanza nello sviluppo economico del paese da far sembrare
che siano esse stesse a trascinare la crescita del paese. Il settore del credito è dominato dai
banchieri privati che preferiscono investire nei prestiti governativi, anziché finanziare attività
commerciali e industriali che di fatto dovettero fare ricorso all'autofinanziamento. Quando, però,
la disponibilità del risparmio diventa insufficiente per le accresciute necessità degli investimenti
industriali, allora il peso del credito bancario inizia ad aumentare progressivamente. Così, la
liberalizzazione delle norme per la costruzione di società anonime porta alla nascita di numerose
banche per azioni, la metà delle quali fallisce dopo la crisi del 1870.

Fra gli istituti di credito hanno avuto importanza in primo piano soprattutto le quattro banche
dette banche D o banche miste.

Le Deutsche Banche ( Dochu banc) e la Disconto Bank sono nate per finanziare il commercio
estero e, per quanto riguarda la Deutsche Bank ha 12 Banche a essa collegate, mentre la Disconto
ne ha altre 6. Seguono poi la Dresdner Bank e la Danat Bank:la prima collegata a 8 banche,
mentre la seconda a 4.

Questi istituti hanno promosso una politica di fusione azionaria assorbendo le banche provinciali
più piccole, creando gruppi bancari che operano dividendosi il settore degli investimenti
industriali. Così la Deutsche Bank si occupa principalmente delle industrie elettriche, la Disconto e
la Dresdner delle minerarie e siderurgiche e la Danat Bank quelle chimiche. Le banche dunque
seguono da vicino il movimento di concentrazione industriale e si impegnano nella formazione di
cartelli, i quali ( fissando prezzi e quote di mercato) riducono i rischi per le imprese che vi
partecipano. Esse cominciano a fondersi e, questa è la novità tedesca, a costruire potenti gruppi
sotto la guida degli istituti più grandi per meglio distribuire i rischi e le eventuali perdite
( capitalismo organizzato, Management).
In conclusione, la Germania non si è solo trasformata da paese agricolo a industriale; ma ha posto
le basi per lo sviluppo, nel XX secolo, di un sistema capitalistico organizzato che non ha altro
paragone in Europa.

Gold standard.
Sistema di monometallismo aureo:

 la circolazione è composta di monete d'oro e di biglietti di banca pienamente convertibili in


monete d'oro e viceversa;
 vige libertà di coniazione e di fusione nonché di importazione e di esportazione del metallo.
Tale sistema ha regolato le relazioni economiche internazionali dal 1870 alla Prima guerra
mondiale. La dichiarazione di un prezzo fisso (la parità) di ciascuna valuta rispetto all'oro
determinava,

 per quanto riguarda i rapporti interni, un legame di proporzionalità tra la quantità di


moneta in circolazione e il totale d'oro posseduto dalla banca centrale;
 per quanto riguarda i rapporti esterni, un sistema di tassi di cambio praticamente fissi.

Nel 1914, con l'inizio della Prima guerra mondiale, la piena convertibilità del denaro in oro venne
abbandonata, ad eccezione degli Stati Uniti, rimanendo, invece, coperta solo una frazione del
circolante. La riduzione della riserva aurea al di sotto del limite legale consenti infatti un
incremento della base monetaria per finanziare la spesa militare. La spesa bellica fu finanziata
applicando dazi, abbandonando così la politica liberoscambista, e tramite un incremento
dell'emissione di moneta e titoli di Stato, si verificarono fenomeni di iperinflazione e un aumento
del debito pubblico.

La crescita interna era sostenuta da un circuito finanziario Stato-industria militare, con la


mediazione delle banche: la banca centrale aumentava l'offerta di moneta allo Stato contro
l'emissione dei titoli di debito, poi dalle banche. Lo Stato trasferiva gran parte della nuova moneta
all'industria militare, della quale era il principale cliente, e l'industria militare reinvestiva
consistenti profitti nell'acquisto di titoli di debito pubblico dalle banche nazionali, chiudendo il
circuito vizioso.

Nel 1924 la convertibilità fu ristabilita in Germania grazie al Piano Dawes e nel 1925 in Gran
Bretagna a partire dal 1931 i Paesi decisero di sospendere il gold standard.

Il gold standard fu sostituito da Bretton Woods nel 1944 con il gold exchange standard dove il
dollaro statunitense, unica moneta a garantire la convertibilità in oro, si affermò nei decenni
successivi come mezzo di pagamento internazionale e principale valuta di scambio, fino a quando,
a causa del suo progressivo indebolimento a partire dagli anni anni Sessanta, il 15 agosto 1971 il
presidente statunitense Nixon, con lo Smithsonian Agreement interruppe la convertibilità del
dollaro in oro, decretando di fatto la morte del sistema aureo e la nascita del sistema fluttuante
dei cambi flessibili creati dagli stessi USA. Il gold exchange standard fu definitivamente
abbandonato nel 1973.

Rivoluzione dei prezzi.

Vista la concomitanza del fenomeno con l'arrivo del massiccio d'oro e d'argento dalle Americhe, gli
studiosi dell'epoca (come l'economista francese Jean Bodin) attribuirono la crescita dei prezzi in
Europa a un processo inflativo. E cioè sarebbe stato l'aumento improvviso della quantità di metalli
preziosi disponibili a provocare una riduzione del valore delle monete (che erano fatte di oro e
argento) e, di conseguenza, il rialzo dei prezzi. Dunque, i rincari cinquecenteschi andavano
attribuiti proprio all'aumento demografico e al conseguente squilibrio tra una domanda in
continua crescita e una produzione agricola incapace di far fronte alle richieste. La rivoluzione dei
prezzi influì in modo assai diverso sui redditi e sul livello di vita della popolazione europea
determinando anche, secondo alcuni storici, una delle cause di quella fu chiamata la Crisi del XVII
secolo.

L'Italia.
Allo stesso modo della Germania, l'Italia risolve il problema dell'Unità nazionale piuttosto tardi.
L'unificazione del paese ha inizio nel biennio 1859-1860 e si completa prima con l'aggregazione del
Veneto (1869) e poi con l'occupazione di Roma (1870).
Nel periodo che intercorre tra la Restaurazione (1815, ovvero il periodo che inizia quando
terminano le Guerre Napoleoniche) e l'Unità (1860) la penisola italiana è divisa in 7 stati il cui
grado di sviluppo è diseguale. Si evidenzia quindi un dualismo economico che si perpetua fino al
decennio del '900, e cioè gli anni del take off italiano. Un dualismo economico che ha conseguenze
negative non solo sullo sviluppo delle dimensioni del mercato interno dei prodotti, ma anche sul
mercato del lavoro e sui costi industriali. La disuguaglianza economica fra Nord e Sud prima di
tutto riguarda una disuguaglianza di sviluppo nell'agricoltura. Al Nord esistono:

 la grande fattoria della Padania, condotta secondo criteri di gestione capitalistica e


intensiva;
 l'impresa colonica dell'altopiano che pratica la bachicoltura e cioè la coltura (allevamento)
del baco da seta.

Nel Mezzogiorno, a partire dall'Agro pontino romano domina il latifondo lavorato con sistemi di
coltivazione arretrati. L'Agro Pontino è una regione storico-geografica italiana compresa tra l'Agro
Romano e il Lazio Meridionale e includente la pianura pontina:

 l'Agro romano è una vasta area rurale che si estende attorno alla città di Roma.
Politicamente e storicamente ha rappresentato l'area di influenza propria del governo
municipale di Roma;
 il Lazio meridionale o Basso Lazio è l'area storico-geografica situata all'interno dell'attuale
regione politica del Lazio. È definita anche Lazio Borbonico perché appartenuta al Regno
delle due Sicilie prima del 1860 e confluiti poi all'interno dello stato Unitario.

Si tratta di un latifondo monocolturale ed estensivo dove è diffusa la rotazione con la pratica del
maggese; in tal senso è interessante notare come nel Mezzogiorno e in Sicilia, i signori dirigono le
coltivazioni allo stesso modo degli Junker prussiani ma, differentemente da loro, tendono ad usare
i profitti in consumi di prestigio anziché investirli in migliorie.

Altra differenza Nord/Sud riguarda le attività extra agricole.

Oltre alla diffusa lavorazione della seta, sia in Piemonte che nel Lombardo, già nei primi anni
dell'800, si pratica la filatura di cotone e lana. Sviluppate anche attività cantieristiche in Liguria e la
lavorazione del ferro nel bresciano e nella Valle D'Aosta.

Nel Mezzogiorno esistono stentate attività manifatturiere, nelle campagne domina la lavorazione a
domicilio, rivolta però esclusivamente all'autoconsumo e non al mercato.

Nel complesso, l'agricoltura italiana non svolge quel ruolo passivo di stimolo
all'industrializzazione per via dell'estrema arretratezza diffusa, fatta eccezione della ricca
agricoltura della Valle Padana. Qui, l'agricoltura ha prodotto un’eccedenza che avrebbe potuto
costruire una condizione per un avanzamento industriale: invece, come notano Jones e Woolf,
chiese e palazzi l'assorbono in gran parte.

Il dualismo Nord/Sud si evidenzia ancor di più nel campo delle ferrovie. Nel centro-nord esistono
1588 km di strada ferrata contro gli appena 119 km nel sud. Ciò equivale a dire che il resto del
paese è privo di ferrovie. Così, all'indomani dell'Unità, la principale occupazione dei governanti
liberali italiani ( la cosiddetta Destra Storica) riguarda soprattutto la politica doganale e la
creazione di una rete ferroviaria nazionale.
Nel campo della politica doganale e monetaria, l'intervento dello stato è particolarmente urgente
perché esse costituiscono le premesse per l'allargamento del mercato.

Al momento del l'unificazione vi sono ben 7 sistemi monetari diversi, di cui alcuni bimetallistici e
altri monometallistici su base argentea. Inoltre nel Regno di Sardegna e nel ducato di Parma, è in
vigore il sistema metrico decimale, differentemente dagli altri stati, nei quali ciascuno ne adotta
uno diverso. La differenza esistente tra le tariffe doganali è enorme: molto basse nel Nord Italia e
esagerate nel Mezzogiorno. Al momento dell'adozione unica delle tariffe doganali l, per la prima
volta si verifica che tariffe si ribassino in un solo giorno fino all'80%.

La crisi colpisce alcuni settori manifatturiero in seguito all'abbassamento delle tariffe doganali
cosicché l'industria meridionale è travolta e non ha avuto possibilità di riprendersi.

Diversamente, invece, per l'industria domestica e l'artigianato locale che risentono meno le
conseguenze dell'apertura del mercato, perché gran parte del Mezzogiorno ( privo di una struttura
commerciale e di un adeguato sistema di comunicazioni) è ancora impenetrabile alla produzione
industriale.

Lo stesso Cavour, con istituto politico, fu consapevole della funzione che il progresso tecnico e lo
sviluppo economico hanno avuto nella formazione dello Stato Moderno e vide nelle ferrovie lo
strumento d'integrazione politica tra le diverse parti d'Italia.

In buona sostanza si tratta di sciogliere il nodo legato all'allargamento dei mercati regionali in un
unico mercato nazionale. Il nuovo stato dunque, interviene per correggere errori, colmare deficit e
si assume la funzione di coordinatore e unificatore delle nuove costruzioni ferroviarie. La politica
ferroviaria rappresenta un ingente carico finanziario per lo Stato e gli stessi Italiani.

Crisi società meridionale.

Questo stato di cose porta alla crisi della società meridionale. Le ragioni di questa crisi sono
individuabili nella matrice cavouriana del processo di unificazione che modella lo schema unitario
su aree territoriali con esperienze storiche diverse. Ed è così che hanno origine quei dislivelli
economico produttivi che rappresentano il divario Nord-Sud. La classe politica dominante attua è
impone schemi validi solo per alcune zone del paese e per l'unica classe che gestisce al Sud ancora
un potere economico politico ( l'aristocrazia latifondista). D'altro canto la scelta liberoscambista è
quasi obbligata nell'ambito di una politica economica che principalmente deve assicurare il
contatto con la più evoluta Europa. Una potente Europa, verso cui ora tendono prima la strategia
diplomatica di Cavour e successivamente gli obiettivi della Destra Storica. È bene sottolineare
come le forze conservatrici sono di chiara tendenza liberista.

D'altra parte il mezzogiorno è individuabile come un mondo agrario in crisi. Un mondo che al suo
interno non riesce a trasformarsi perché a nulla serve il riferimento sottinteso al modello di
capitalismo inglese centrato sul legame: rivoluzione agraria / rivoluzione industriale. Un processo
di trasformazione che non può avvenire se non con un preciso intervento dall'alto ( da parte dello
stato) seguendo però, la logica che ha guidato: quella di collocare il paese alle grandi potenze
economiche europee. Una logica dove emerge più il peso politico che quello economico delle
decisioni, dove il prezzo più alto paga soprattutto la campagna meridionale.
Ecco allora spiegato perché il principale impegno alla modernizzazione dei governi della destra
storica ( dal 1861 al 1876) è rivolto soprattutto:

 a una politica di risanamento delle finanze pubbliche, raggiunto nel 1876, con il raggiunto
del a pregio di bilancio ( Italia zenza debiti);
 all'adozione di misure finanziarie quali:
 introduzione del corso forzoso imposto dalla moneta cartacea;
 tassa sui macinati e altre decime.

Un momento assai difficile che mise in crisi il suo equilibrio finanziario, il giovane stato unitario lo
vive nel 1866, durante la guerra austro-prussiana ( chiamata anche guerra delle sette settimane,
combattuta accanto al Regno di Prussia e ad alcuni stati tedeschi minori contro l'impero
astro-ungarico e i suoi alleati tedeschi - per le fasi combattute sul suolo italiano il conflitto si indica
come la III Guerra d'indipendenza.-

Al disavanzo ingentissimo, si cerca di porre rimedio lanciando prestiti nazionali; vale a dire che si
collocano soprattutto all'estero titoli del debito pubblico italiano. La grave crisi finanziaria
internazionale del 1866 si ripercuote sui titoli pubblici italiani collocati all'estero, che di colpo
crollano. Si sospende, così, l'emissione di nuovi titoli l, che l'Italia non sarebbe stata in grado di
onorare, oltre a chiedere un prestito di 250 milioni di lire alla Banca Nazionale del Regno. La
concessione del Governo Italiano è di autorizzare la Banca Nazionale del Regno a sospendere la
conversione metallica dei propri biglietti cartacei. Si mise in essere cioè, un regime forzoso
( 1/5/1866), che fu poi abolito solo nel 1882.

Il corso forzoso.
Definizione corso forzoso.

Il corso forzoso è un sistema monetario cartaceo o di cartamoneta, definito inconvertibile, poiché


ai possessori di moneta cartacea non è consentito il diritto di trasformare i biglietti di banca in
moneta metallica aurea. Il corso forzoso si distingue dal sistema aureo o gold standard, la cui base
monetaria è rappresentata dall'oro. In quest'ultimo, la cartamoneta in circolazione è convertibile,
parzialmente o totalmente, nello stesso metallo prezioso.

Ragioni storiche del corso forzoso.

Il sistema di cartamoneta inconvertibile apparve per la prima volta nel periodo napoleonico, a
motivo di una profonda crisi del sistema aureo. La riduzione delle riserve in oro fu la ragione
comune che l, attraverso i secoli, indusse numerosi Stati ad adottare il corso monetario forzoso.
Questa contrazione fu determinata dalla necessità di adoperare l'oro per attenersi ai debiti
contratti con l'estero, indispensabili per coprire le spese legate alle operazioni di guerra. In tale
situazione, molte nazioni registrarono contestualmente ingenti disavanzi della bilancia dei
pagamenti.

Questo scenario portò all'emissione di moneta fiduciaria in misura maggior è rispetto alle reali
capacità degli Stati, costretti a quel punto, a indebitarsi con la banca centrale, fino a quando la
totale assenza di riserve auree, necessarie per la conversione, obbligava gli stessi governi a
conferire mandato alla banca centrale per l'interruzione della convertibilità, e la trasformazione
del sistema monetario in corso forzoso.

Corso forzoso in Italia.

Il sistema inconvertibile fu adottato in Italia su provvedimento del ministro delle Finanze A.


Scialoja nel 1866, con l'obiettivo di far aumentare la circolazione della moneta cartacea rispetto a
quella metallica. In tali anni, 6 banche e mettevano biglietti, due delle quali, Banco di Napoli e
Banco di Sicilia, di proprietà pubblica. Anche a seguito dell'adozione del corso forzoso rimase
invariato il numero degli istituti di emissione, convalida do da una legge del 1874. Il paese viveva
un'accentuata fase recessiva, legata alla crisi nata negli Stati Uniti a seguito della guerra di
Secessione. Quest'ultima condusse Gli stati Uniti a richiedere i crediti concessi a numerosi stati. Ciò
si riflesse, particolarmente, nell'economia dei paesi europei e, quindi, dell'Italia. Nello stesso
periodo, i mercati finanziari furono colpiti da una profonda crisi, legata a una decisa caduta dei
titoli, inclusi quelli di Stato. A quelle difficoltà, si aggiunse il disavanzo del bilancio dello Stato
( bilancio pubblico) per il quale fu necessario il ricordo al debito pubblico, attraverso l'emissione di
titoli quotati sotto la pari per raggiungere un numero maggiore di sottoscrittori ( il prezzo di
emissione, o prezzo di rimborso, risulta essere inferiore al valore nominale del titolo).

La sinistra Storica.
L'evento più importante del post-risorgimento è rappresentato dal l'avvento al potere della
Sinistra storica rappresentata prima dal governo di Agostino Depretis ( 1876-1887) e poi da quelli
di Francesco Crispi (1887-1896) e quindi dalla graduale scomparsa della Destra Storica, prima di
Cavour e poi di Ricasoli, incapace di affrontare problemi sociali del paese.

Le principali riforme della Sinistra riguardano l'istruzione, il fisco, il suffragio universale e il


decentramento amministrativo.

Nel 1879 il governo vara la legge Coppino che rende obbligatoria l'istruzione elementare. La
riforma fiscale, sempre nel 1879, porta alla graduale abolizione della tassa sul macinato, anche se
di fatto è mantenuta la tassazione indiretta sui prodotti di maggiore consumo. La nuova legge
elettorale del 1882 concede il diritto di voto a tutti i maschi di 21 anni che pagano un'mposta
annua di 19 lire. Con il decentramento amministrativo i Sindaci diventano elettivi e si conserva la
figura del Prefetto. L'imposizione di tariffe doganali protezionist8che, tra il 1878 e il 1887 riducono
gli squilibri della bilancia commerciale.

Con la gestione della sinistra storica si assiste allo sviluppo industriale che si sta realizzando
soprattutto nel settore tessile, il quale trae giovamento in seguito:

 all'espandersi del mercato interno;


 al migliorato sistema di comunicazioni ;
 alla crescente urbanizzazione;
 all'adozione del Protezionismo nel 1878;
 e al deprezzamento del cambio (effetto del corso forzoso) che favorisce le esportazioni.

Nelle città del futuro triangolo industriale (Torino, Milano e Genova) fioriscono piccole attività
meccaniche che funzionano da Indotto per l'industria tessile, per il mercato dei beni e dei servizi
connessi all'urbanizzazione e alla domanda proveniente dal settore dei trasporti vicinali: tram vie
e ferrovie locali. L'Italia priva di risorse naturali ( non ha né carbone, né ferro)non può quindi
nell'immediato sviluppare l'industria pensante, in special modo quella siderurgica, dunque deve
ricorrere al mercato estero per l'acquisto di locomotive ed altro.

La siderurgia in Italia, in realtà, si orienta verso la lavorazione del rottame in ferro, in seguito alla
sostituzione delle rotaie in ferro con quelle in acciaio. Si dovrà attendere il 1896, quando una
nuova fase di sviluppo ( a tassi di crescita molto elevati) si aprirà in Italia grazie ad un ciclo
congiunturale positivo sul piano internazionale che per molti storici è preludio per il take-off.

L'Italia, allora, occupa sul mercato internazionale lo spazio lasciato libero dai pionieri nel settore
tessile che dalla metà degli anni ottanta inizia a produrre massicce eccedenze esportabili
( soprattutto in comparti di cotone e seta) in misura tale da costruire una base soddisfacente di
interscambio per le importazioni necessarie alla modernizzazione del Paese.

Questo è stato il ruolo svolto dai cosiddetti latecomers (i Paesi ritardatari)come l'Italia e la Russia,
le cui eccedenze di seta grezza ( Italia) e di cereali ( Russia) mettono in luce una funzione nuova,
ma centrale, svolta dal l'agricoltura capitalistica nella seconda metà dell'800 a sostegno dello
sviluppo industriale.

In tal senso, è bene tener conto che l'apporto di capitali si svolge ancora per lungo tempo sotto
forma di autofinanziamento. La società azionaria, in Italia, comincia a prendere piede solo
all'inizio del nuovo secolo.

Infatti nel periodo 1900-1914, sotto la guida del governo Giolitti, l'Italia conosce un
miglioramento economico che si concentra al Nord del Paese e nella Capitale, mentre il Sud
rimane sostanzialmente arretrato. Sono di questi anni provvedimenti come:

 la nazionalizzazione delle ferrovie;


 importanti lavori pubblici;
 pareggio del bilancio;
 diminuzione della rendita nazionale dal 5 al 3,5%, che consente un notevole risparmio allo
Stato;
 infine la Riforma elettorale.

In conclusione, anche se l'agricoltura resta ancora uno dei pilastri dell'economia statale, l'Italia e
ugualmente diventata una nazione industriale.

XX secolo.
Le grandi Tappe.
La 1 Guerra Mondiale.

La 1 Guerra Mondiale segna la fine del liberalismo ottocentesco. Il conflitto sconvolge i modelli che
reggono la vita economica e sociale e per tutta la sua durata provoca grande perturbazione
economiche e, senza ombra di dubbio, si può dire che al suo termine viene lasciata una pesante
eredità al punto che le conseguenze economiche e politiche hanno condizionate la storia europea
dei successivi decenni.

 Dal punto di vista economico, il Conflitto fu importante per 3 aspetti:


 la rottura con il passato;
 la trasformazione profonda delle economie nazionali e internazionali;
 i costi e le conseguenze economiche che ha determinato.

Allo scoppio, nell'agosto del 1814, i mercati finanziari precipitano; i governi perdono il controllo
delle transazioni estere e quindi sospendono la conversione delle loro monete. In definiva si
smantella rapidamente l'intero sistema monetario internazionale: il gold standard.

Vista sotto questi aspetti, la guerra rappresenta una vera e propria rivoluzione economica. E ciò
vale ancora di più se guardiamo il nuovo ruolo che lo Stato assume nei paesi coinvolti nel conflitto.
Ovunque si organizza un'economia di guerra, nel senso che:

 da un lato ci si preoccupa di fabbricare armamenti necessari al conflitto;


 dall'altro di assicurare le provviste di beni essenziali per gli eserciti, la popolazione civile e
le industrie (in buona sostanza alimenti e materie prime).

Ovviamente, per realizzare questo obiettivo è necessario adottare una forte conduzione da parte
dello stato sia nel campo della produzione che in quello della distribuzione ( tutto deve passare per
lo stato).

Ciò, tra l'altro, vuol dire soprattutto un rigido controllo sui salari, sui fitti, sui redditi e sui prezzi. È
facilmente intuibile come il tutto vado contro quelle che sono le regole del funzionamento del
libero mercato, proprie di quel capitalismo di stampo liberale che ha dominato la scena fino al
1914.

Gli anni del I Conflitto mondiale provocano in Europa una riduzione del PIL. La caduta più brusca si
determina in coincidenza della fase finale della guerra 1918 e nel suo immediato dopoguerra fino
al 1922. Solo a partire dal 1923 si può parlare di un periodo di prosperità crescente. Dal 1929 al
1932 il PIL subisce cadute continue fino a totalizzare una perdita complessiva di 10 punti
percentuali. Gli anni dal 1933 al 1939,poi, seguono un costante recupero che totalizza fino ad un
30% d'incremento.

In buona sostanza durante il 1 Conflitto mondiale, tutti i paesi subiscono cadute del loro PIL, fatta
eccezione del Regno Unito e l'Italia: ciò soprattutto grazie al fatto che la guerra è rimasta fuori dai
loro confini o, come per l'Italia, si è svolta in territori economicamente non rilevanti.

Viceversa, quando nel 1919 il conflitto cessa, sia il Regno Unito che l'Italia cadono in una fase di
forte depressione postbellica e questo mentre gli altri alleati ( Francia e Belgio) o i paesi neutrali
iniziano a riprendersi con una certa vivacità. Non un caso, allora, se negli anni successivi al I
dopoguerra in Italia si genera il Partito Nazionale Fascista (PNF).

I costi, la finanza.
I costi della guerra sono molto alti: le finanze pubbliche degli Stati che vi hanno preso parte sono
esposte a delle serie di crisi finanziarie. La spesa pubblica precipita, provocando indebitamento
colossali. Paradossalmente i danni maggiori si hanno proprio a causa di quelli che Keynes ha
definito le conseguenze economiche della pace, e cioè le condizioni che i vincitori impongono (con
i trattati di pace) ai vinti.

La guerra, dunque, genera immensi volumi di debito tra le potenze dell'epoca; e sono soprattutto i
paesi alleati come la Francia, il Regno Unito, il Belgio e l'Italia a indebitarsi notevolmente
soprattutto nei confronti degli USA. La causa è presto detta, in quanto essi ( a causa del conflitto)
hanno riorganizzato l'intero apparato produttivo verso la fabbricazione del materiale bellico.

Durante gli anni del conflitto sono proprio gli USA a trasformarsi nel loro principale fornitore,
diventando quindi, automaticamente il principale creditore che una volta terminato il conflitto,
chiede la devoluzione dei crediti vantati. Gli USA, però, si scontrano con il rifiuto da parte di questi
paesi, i quali (essendo già impegnati a ricostruire le proprie economie) avrebbero potuto onorare i
propri impegni solo se i paesi vinti avessero loro accreditato gli indennizzi pattuiti.

In buona sostanza si tira in ballo la Germania, che diviene la questione cardine per stabilizzare il
sistema finanziario internazionale. Spingerla al pagamento significa mandarla verso il disastro
economico. Di fronte alla sua impossibilità di pagare gli indennizzi pattuiti, la Francia e il Belgio
decidono di occupare i bacini minerari della Ruhr, optando per una riscossione in natura dei debiti
tedeschi.

La Germania reagisce a questo stato di cose chiedendo ai lavoratori delle zone occupate di non
lavorare ( sciopero passivo), finanziando i salari dei lavoratori in sciopero. Ciò è possibile
emettendo più denaro; esso dunque, smette di servire per gli scambi e la Germania passa a
un'economia di baratto. I detentori di redditi fissi sono presto rovinati e il paese esce
dall'iperinflazione solo con l'aiuto degli USA.

Piano Dawes.
Nel contesto del Piano Dawes la Germania ottiene un importante apertura di credito che gli
consente di creare una nuova base monetaria e una nuova moneta, il Rentenmark che le avrebbe
consentito di riprendere l'attività produttiva. Tutto questo accade nel 1925, ovvero in quegli anni
venti che tra il 1921 e il 1925 vedono crescere il PIL di oltre il 20% e il ritorno alla normalità sembra
ormai un dato d'acquisto.

Dagli USA arrivano le grandi innovazioni ( si pensi all'automobile e agli elettrodomestici) come
segno di prosperità.

La normalità è sancita con il ritorno al Gold Standard (l'Inghilterra nel 1925, l'Italia nel 1927 e la
Francia nel 1928) realizzato secondo parità ottimistiche che implicano forti rivalutazioni della
valuta nazionale che si sarebbero potute compensare riducendo il costo del lavoro.
Passato il 1926, gli ultimi anni tornano a essere di prosperità per tutta l'Europa anche se di fatto
nell'economia mondiale persistono ancora forti squilibri:

 quelli derivanti dalla ristrutturazione produttiva dell'economia internazionale;


 quelli derivanti dall'isolazionismo americano.

Le conseguenze della ristrutturazione produttiva sono dovute soprattutto al fatto che la Guerra ha
incoraggiato l'aumento della capacità produttiva di tutti quei paesi extraeuropei non coinvolti nel
conflitto. Ciò ha Indotto a forti investimenti per ampliare superfici da coltivare, per allevare
bestiame e per produrre manifatture tradizionali dell'industria europea, ora convertire alle
esigenze belliche.

Terminata la Guerra e tornati gli uomini ai campi e alle fabbriche, l'Europa torna alla normalità e
ciò mentre la capacità produttiva extraeuropei a è cresciuta di molto e sta vivendo una pericolosa
crisi di sovrapproduzione. Un problema che poi in quei paesi è diventato cronico. In buona
sostanza si viene a determinare una tendenza di deflazione strutturale dove le esportazioni,
tornate alla normalità, generano eccesso di offerta e quindi un ribasso dei prezzi.

Isolazionismo Americano.
Il secondo forte squilibrio nell'economia internazionale è dato dall'isolazionismo americano che si
manifesta soprattutto in 3 forme:

 nel disinteresse degli USA verso i trattati di pace e soprattutto per il Nuovo Oridne
Mondiale ( Società delle Nazioni) ;
 nell'improvvisa chiusura all'immigrazione.
 nell'isolazionismo commerciale: reinserendo nel 1929 una politica di inasprimento dei dazi
doganali.

È proprio in questo ambiente, sempre più chiuso, che gli USA vivono i loro felici anni Venti. È
soprattutto il mercato borsistico che tra il 1928 e il 1929 attrae sempre più fondi, diffondendo tra
l'altro anche l'acquisto di azioni a credito. Tutto si fonda sulla fiducia che la crescita sarebbe stata
continuativa, ma non è stato così.

Il mercato interno americano è sempre più saturo, la disparità è sempre più crescente tra gli USA e
il resto del mondo riduce la dimensione di molti mercati. Nel mondo economico statunitense si
possono estrarre informazioni che indicano per il II semestre un raffreddamento dell'economia del
paese.

È un colpo inaspettato che genera un'esagerata e ingiustificata corsa alla vendita dei titoli nella
borsa di New York. Così il giovedì 24 e il successivo martedì 29 ottobre del 1929 ( giovedì e martedì
nero), le quotazioni precipitano. Chi ha comprato azioni a credito, travolge quanti hanno prestato
loro il denaro: le banche, che adesso si affrettano a reclamare i crediti accordati.

Le stesse imprese ora, per mancanza di liquidità, si vedono costrette a dichiararsi insolvibili. Per
molte vi è il fallimento e la disoccupazione si allarga a macchia di olio. Ció che appare
sorprendente è l'atteggiamento impassibile della FED Reserve, anzi la sua neutralità non fa che
accentuare la crisi.
Allo stesso tempo accade che le banche statunitensi reclamano i loro crediti anche alle banche e
alle imprese europee che soprattutto nella ragione del piano Dawes hanno avuto facile accesso al
credito nordamericano. Ciò che sta accadendo negli USA determina pericolose conseguenze in
Europa.

La contrazione creditizia americana si fa subito sentire e già si hanno le prime vittime nella
primavera del 1931 quando sono sospesi i pagamenti al Credit Anstalt di Vienna e alla Darmstädter
di Berlino. Anche in Italia arrivano i primi contraccolpi che si fanno sentire nei confronti della
Banca Commerciale Italiana e del Credito Italiano (la Banca mista italiana) in loro soccorso
interviene la Banca d'Italia che richiede alle 2 banche di cedere gran parte del loro pacchetto
azionario a 2 Società Finanziarie controllate dalla Banca d'Italia e poi confluite nell'IRI.

Il tutto mentre il regime fascista, con la discrezione della censura, fa passare la cosa in subordine.

Gli anni Trenta si aprono come anni di crisi, dove il PIL subisce cadute continue fino a 10 punti
percentuali. Le forme di uscita dalla crisi sono state diverse. I paesi minori riescono più facilmente
ad adattarsi ai nuovi modelli di competitività, scoprendo importanti nicchie di mercato.

Le Grandi Nazioni, invece, fanno più fatica e adottano sistemi diversi, ma comunque con due
elementi comuni per tutti:

 chiusura commerciale;
 intervento pubblico.

Negli USA Roosevelt vince le elezioni e introduce una serie di misure che danno vita al New Deal (il
Nuovo Corso). Inoltre, decidere di uscire dal Gold Standard e sostenere la domanda interna
attraverso una serie di iniziative pubbliche.

USA prima e dopo crisi del 1929.


In Germania Hitler attua misure non del tutto diverse, anche se dai toni politici più marcati. Ad
esempio elimina i sindacati, liquida ogni forma di dissenso del regime e investe ingenti somme di
denaro pubblico nel riarmo, facendo prevalere l'orientamento autarchico in ogni decisione di
natura economica. Nel Paese, inoltre, si incoraggia la produzione di articoli sostitutivi di quelli da
importare, spingendolo verso la chiusura commerciale.

Differentemente dagli USA, la Germania mantiene il Gold Standard pur facendo spesso ricorso ad
accordi bilaterali di clearing (compensazione), [Due Stati si impegnano a compensare
reciprocamente i propri scambi commerciali, allo scopo di evitare movimenti di valuta,
uguagliando la quota delle importazioni a quella delle esportazioni.

In Gran Bretagna, invece, si promuove l'Housing sociale, mediante programmi di investimenti


pubblici. In Francia, si pensa forme di aumento salariale agi operai, si introducono le ferie pagate,
riduce la settimana lavorativa a 44 ore e si nazionalizza la ferrovia.

In Italia, come in Germania, prevale l'orientamento autarchico e la diffusione dell'intervento


pubblico. Anzi, proprio in questi anni, si ha l'affermazione del modello dirigista nella politica
industriale e finanziaria soprattutto quando nel 1933 con la costituzione dell'IRI (Istituto per la
Ricostruzione Industriale, liquidato nel 2000) lo Stato assume la gestione o la partecipazione
nell'ambito di numerosi gruppi industriali.

IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale).


Ente creato nel 1933 e liquidato nel 2000. Fu fondato per acquisire le proprietà industriali già in
capo alle 3 grandi banche italiane, Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano e Banco di Roma,
giunte al fallimento a seguito della grande crisi del 1929 e poi definite banche di interesse
nazionale. Lo sviluppo italiano venne infatti accelerato con la promozione di banche miste ( cioè
abilitate nel contempo alla raccolta e all'investimento).

La prima fase della storia dell'IRI.

Dagli ultimi decenni dell'Ottocento alla fine della Prima guerra mondiale, questi istituti furono
autorizzati dal governo a raccogliere i risparmi privati, con i quali investire nelle imprese operanti
nei comparti dell'industria pesante e delle infrastrutture vedevano nello stesso governo nazionale
il principale acquirente. Tale meccanismo crollò alla fine della guerra quando le imprese
controllate entrarono in crisi, e reagirono acquisendo il controllo delle stesse banche di
riferimento che, a loro volta, vennero spinte a indebitarsi sui mercati internazionali. Con la crisi
finanziaria internazionale del 1929, le banche andarono in default e con esse le aziende
controllate.

Nacquero così il piano Sinigaglia (per il rilancio della siderurgia) e il grande piano di opere
autostradali, che caratterizzarono gli anni della ricostruzione e del boom. In quel periodo venne
richiesto all'IRI di sostenere lo sviluppo del Mezzogiorno, con investimenti che pure esigevano
maggiori oneri per localizzazioni vantaggiate.

Il ruolo dell'ente dal 1970 al 2000.

Negli anni 1970 il gruppo fu chiamato nuovamente a svolgere funzioni di salvataggio di imprese in
crisi, crescendo progressivamente di proporzione e, nel contempo, perdendo redditività; furono
quindi necessarie continue Iniezioni di risorse statali per sostenere una condizione che
progressivamente risultava sempre più intollerabile. Alla meta degli anni 1980, con R. Prodi, ebbe
inizio il risanamento, che portó nei primi anni 1990 alla privatizzazione delle 3 banche di interesse
nazionale, e successivamente, a un piano di vendite, che sfoció con la presidenza del Consiglio di R.
Prodi, nella liquidazione dell'istituto, immettendo sul mercato imprese di grande dimensione, che
costituiscono il vertice del sistema industriale italiano.

Italia: la svolta autarchica e le sanzioni. ( fare bene DOMANDE ESAME)


La svolta autarchica dell'Italia si ha nel 1935 quando, a causa dell'aggressione all'Etiopia, l'Italia
deve subire delle sanzioni economiche da parte della Società delle Nazioni.

Dopo la svolta autarchica, anche i consumi e la produzione sono sottoposti alla gestione statale e
ciò allo scopo di mobilitare tutte le risorse nello sforzo di raggiungere la piena autonomia
economica.

LE SANZIONI.

Il 3 ottobre 1935 il generale Emilio De Bono ordina alle proprie truppe di attraversare il fiume
Mareb ed entrare in Etiopia. L'attacco italiano all'Etiopia viola l'articolo XVI dello statuto della
Società delle Nazioni, sottoscritto da entrambi gli Stati.

Il 6 ottobre 1935 il Consiglio della Società delle Nazioni condanna l'attacco italiano (condanna che
è stata poi formalizzata 4 giorni dopo dall'Assemblea) la quale istituisce un comitato composto da
18 membri incaricati di studiare le misure da prendere contro l'Italia.

Il 3 novembre sono approvate le sanzioni e si decide l'entrata in vigore per il successivo giorno 18.
Mussolini, che vuole anticipare le sanzioni da una posizione di forza con l'occupazione di tutto il
Tigrai, ordina una nuova offensiva verso l'interno che porta a occupare Macallé l'8 novembre.

Il 18 novembre il Regno d'Italia è colpito dalle sanzioni economiche approvate da 50 stati


appartenenti alla Società delle Nazioni, con il solo voto contrario dell'Italia, l'astensione di Austria,
Ungheria e Albania. Le sanzioni risultano inefficaci perché numerosi Paesi, pur avendo votato la
loro imposizione, continuano a mantenere buoni rapporti con l'Italia, rifornendola di materie
prime. Fu in questa fase che comincia un progressivo avvicinamento tra la Germania di Hitler e
l'Italia di Mussolini, anche se da parte tedesca la fornitura di armamenti al Negus proseguirà fino al
1936. La Spagna e la Jugoslavia, pur avendo votato le sanzioni, si affrettano a comunicare al
Governo Italiano che non avrebbero rispettato le divere clausole. Interessante notare che per la
prima volta nella sua storia la Società delle Nazioni decreta delle sanzioni nei confronti di un paese
membro.

Le sanzioni vietano l'esportazione all'estero di prodotti italiani e il divieto all'Italia di importare


materiali per la causa bellica. Le sanzioni però non riguardano materie di vitale importanza, come
ad esempio il petrolio e il carbone di cui l'Italia non dispone.

Gran Bretagna e Francia argomentano che la mancata fornitura di petrolio all'Italia può essere
facilmente aggirata ottenendo adeguati rifornimenti dagli USA e dalla Germania nazista che non
fanno parte della SdN. Gli USA, infatti, pur condannando l'attacco italiano, ritengono inappropriato
che le sanzioni siano state votate da Nazioni con Imperi Coloniali, come la Francia e la Gran
Bretagna.

LA REVOCA DELLE SANZIONI.


Il 4 luglio 1936 Benito Mussolini annunciò la multa delle sanzioni all'Italia dalla Società delle
Nazioni dal balcone di Palazzo Venezia.

Dopo l'ingresso delle truppe italiane ad Addis Abeba il 5 maggio si ripresentò nuovamente il
problema delle sanzioni. Numerose nazioni premevano affinché queste fossero revocate, in
particolare i paesi che avevano importanti rapporti commerciali intenzionati a seguire la Gran
Bretagna sulla strada della fermezza. Lo stesso Mussolini intervistato dal quotidiano britannico
Daily Telegraph mostrò toni più concilianti. Il 30 giugno, su pressione dell'Argentina si riunì
un'assemblea speciale della Società delle Nazioni nel corso della quale Hailè Selassiè propose di
non riconoscere le conquiste italiane in Etiopia; tuttavia la sua proposta fu rifiutata con 23 voti
contrari (1 favorevole e 25 astenuti) e il 4 luglio 1936, nel corso della medesima assemblea dopo
poco più di 7 mesi dalla loro promulgazione, la Società delle Nazioni revocò le sanzioni, il cui
fallimento si rivelò un colpo mortale alla credibilità della Società stessa.

Un'altra reazione alle sanzioni fu di pianificare e mettere in atto una strategia economica fondata
sull'autarchia: l'Italia, al pari della Germania, tentò di realizzare un'economia indipendente rispetto
alle importazioni dall'estero, in modo da diventare completamente autonoma economicamente e
di rendere quindi inutili e inefficaci sanzioni economiche di qualsiasi genere. Con l'autarchia venne
aumentata la produzione di grano e vene dato il via anche a un vasto programma di ricerca
scientifica, volto a scoprire nuovi metodi di sfruttamento delle risorse. Si deve a questo periodo,
ad esempio, lo sviluppo dei tessuti artificiali o dei carburanti e del carbone sintetico ma, più in
generale, a un forte impuso alla ricerca scientifica in particolare nel campo farmaceutico e
chimico: posizioni di punta assumono in questo periodo la Montecatini,la Anic, l'ACNA, la società
agricola italiana gamma autarchica e l'Istituto Guido Donegani.

II GUERRA MONDIALE.
Nel 1939 l'Europa è nuovamente scossa da venti di guerra. La II Guerra Mondiale è un conflitto la
cui mobilitazione militare ed economica amplia al massimo la capacità produttiva di tutti i paesi
coinvolti.

La disoccupazione sparisce ovunque in Europa. Il PIL non aumenta se non nei paesi belligeranti, i
quali non subiscono occupazioni militari. L'imminente dopoguerra fa capire che non si sarebbero
dovuti reclamare con insistenza i debiti di guerra e provocare asfissie di economie languenti. Gli
stessi USA solo più tardi hanno compreso l'errore commesso isolandosi o rimanendo indifferenti
dinnanzi alle richieste di aiuto dei paesi in ricostruzione.

Alla luce di queste considerazioni si devono leggere gli accordi di Bretton-Wood del 1944 che si
fondano sulla creazione di 3 istituti sovranazionali.

 BANCA INTERNAZIONALE PER LA RICOSTRUZIONE E LO SVILUPPO (BIRS): che ha come


scopo originario quello di finanziare la ricostruzione e lo sviluppo nei paesi coinvolti nella II
Guerra mondiale; successivamente lo scopo è stato allargato al finanziamento dei paesi in
via di sviluppo tra gli stati membri, solitamente in cambio dell'adozione di politiche di
austerità.
 FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE (EM): che ha il compito di vigilare sulla stabilità
monetaria con l'obiettivo di ricostruirne un commercio internazionale aperto e
multilaterale. Al suo interno ogni stato aveva un peso proporzionale alla quota del capitale
del fondo sottoscritta.
 ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO ( OMC, ma anche WORLD TRADE
ORGANIZATION (WTO)) che è stata creata allo scopo di supervisionare i numerosi accordi
commerciali tra gli stati membri.

PIANO MARSHALL.

Ma è soprattutto quando si è fatto nell'immediato dopoguerra con il Piano Marshall che si pone
come obiettivo quello di finanziare per un massimo di 4 anni le importazioni di cui l'Europa
necessita; in cambio le si chiede di iniziare un processo di liberalizzazione commerciale.

I primi anni del II dopoguerra sono dominati dalla politica degli aiuti umanitari. Le nuove
amministrazioni nei territori liberati, concentrano ogni sforzo e attenzione su questi compiti
urgenti.

Via via si sta procedendo verso la normalizzazione e l'Europa occidentale aumenta il suo ritmo di
crescita. Poco male, se a preoccupare non sia la bilancia commerciale degli Stati europei, di fatto in
deficit con gli USA, da cui continua una pericolosa tendenza l'importazione.

L'intera Europa si sta avviando in ambiziosi programmi di modernizzazione produttiva per


migliorare i suoi livelli di competitività di fronte al nuovo ordine economico internazionale. In
effetti, il vero problema consiste nella solvibilità dei Paesi europei verso l'enorme quantitá di
importazioni dagli USA, che dal canto loro hanno tutta l'intenzione di conservare questo
eccezionale livello del loro Export. Così, tra il 1948 e il 1951 mettono in atto un programma di aiuti
per l'importazione di 13 milioni di dollari, noto come ERP (European Recovery Program) o anche
Piano Marshall.
Gli USA finanziando l'Export di beni verso l'Europa non solo consente un rapido rafforzamento
economico regionale, ma realizzano anche 2 azioni che risulteranno decisive per l'intera Europa:

1) l'eliminazione del plafond produttivo imposto alla Germania; e ciò, allo scopo di facilitare la
normalizzazione produttiva di tutta l'industria europea (storicamente dipendente dall'export
tedesco). Tra le altre cose significa anche la divisione della Germania in OVEST ed EST che si
traduce nella divisione dell'Europa in due blocchi.

2)Il consentire ai governi europei di approntare sistemi preferenziali per meglio irrobustire il
commercio tra i vari stati europei.

Se tutto avesse risposto alle aspettative del Piano Marshall, l'Europa in breve tempo sarebbe stata
rispettosa degli accordi di Bretton Woods. In realtà, le cose vanno diversamente: l'Europa non
intende aprirsi verso i paesi terzi in un pieno regime di competizione internazionale e soprattutto
gli stati europei impediscono agli USA di modificare anche minimamente le politiche di
ricostruzione.

Un grosso problema è rappresentato dal tasso di cambio. Nel 1950, con la creazione dell'Unione
Europea dei Pagamenti (UEP) si trova una sorta di impegno per la fissazione del tasso di cambio in
modo conforme agli accordi di Bretton Woods.

In effetti, la questione è delicata soprattutto alla luce della forte svalutazione della sterlina. I paesi
europei occidentali introducono la UEP in uno schema di cooperazione monetaria intereuropea al
fine di risparmiare dollari e di stabilizzare in maniera rapida ed efficace i tassi di cambio. La UEP
cessa di esistere nel 1958 e il suo successo spinge i paesi membri a compiere quel passo che poi
porta alla nascita della Comunità Economia Europea (CEE): il primo vero passo verso l'integrazione
europea.

Il primo esperimento di integrazione, comunque, si ha nel 1951 e vede come protagonisti i settori
chiave della prima industrializzazione. Si tratta della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio
(CECA). I buoni risultati della UEP e CECA portano al Trattato di Roma del 1957 con il quale fu
istituita la CEE.

Con la Comunità Economica Europea si modificano completamente gli equilibri intereuropei: i


paesi che non vi aderiscono si riuniscono nell'European Free Trade Association (EFTA); in essa,
capeggiati dalla Gran Bretagna, figurano L'Austria, la Danimarca, la Norvegia, la Svezia, il
Portogallo, la Svizzera e dal 1961 anche la Finlandia. Generalmente si tratta di paesi che:

 che già hanno consolidate tradizioni commerciali con la Gran Bretagna;


 che non possono integrarsi politicamente alla CEE;
 che devono rispettare l'obbligo di neutralità (Austria e Svizzera).

Per quanto riguarda l'altra Europa, quella posta sotto l'occupazione sovietica, è invitata a
partecipare al Piano Marshall, ma deve declinare l'offerta sotto la forte pressione dell'URSS.

Il mondo dopo Yalta e Potsdam è ormai diviso in aree di influenza: mentre l'Europa occidentale sin
dal 1949 si raccoglie in mutua difesa sotto l'ombrello della NATO (North Adantic Treaty
Organization), Mosca lo farà il 18 giugno dando vita al PATTO DI VARSAVIA che rimane in vita fino
al 1991. La decisione fu presa da Nikita Chruičev quando, il 6 maggio 1955, la Germania Ovest
entra a far parte della Nato. Oltre all'URSS vi partecipano l'Albania (uscita poi nel 1961), la
Bulgaria, la Cecoslovacchia, la Germania Bst (dal 1956), la Polonia, la Romania e l'Ungheria.

Guerra fredda.
Nell'ottica della contrapposizione Est-Ovest si assiste sin dal 1949 alla risposta sovietica al Piano
Marshall con la creazione del COMECON (Consiglio di Mutua Assistenza Economica), che risponde
a quella che è la principale esigenza dell'URSS: fissare quantità e prezzi delle merci che si deve
commerciare tra i paesi membri. In linea di massima ogni scambio si svolge a tutto vantaggio della
stessa URSS che in questo modo continua a rifarsi dei danni di guerra subiti.

L'aspetto più grave è rappresentato dalla mancanza di libertà di commercio: ogni negoziazione
deve comunque avere l'assenso sovietico. In buona sostanza, si tratta di relazioni commerciali di
tipo bilaterale.

In effetti, la CEE e l'EFTA, da un lato, e il COMECON, dall'altro, ben presto segnano momenti di
tensione (vista la crescita continua e accelerata dell'Ovest) che sfociano nella costruzione del muro
della vergogna. Ciò porta alla formazione di quel fenomeno noto come la guerra fredda. Questo
termine è usato per la prima volta da George Orwell in un articolo del 19 ottobre 1945, apparso sul
Tribune intitolato Yau and the Atom Bomb, nel quale il grande autore visionario immagina uno
scenario in cui le 2 superpotenze finiscono per dominare e opprimere tutti gli altri paesi.

La guerra fredda dura più di 35 anni, e cioè fino a quando Mikhail Gorbačev, adottando la
cosidderta dottrina Sinatra, sancisce il definitivo abbandono della dottrina Breznev (usata per
glustificare l'invasione della Cecoslovacchia nel 1968 e quella Afigana del 1979) e consente la
libertà di scelta per le nazioni est europee.

Golden Age e Crisi Petrolifere.


Gli anni dal 1958 al 1971 segnano per l'Europa Occidentale una vera e propria Golden Age, vivendo
in un ambito di parità fissa dei cambi e soprattutto inaugurando la fase più prossima al sistema di
relazioni economiche internazionali previsto dagli accordi Bretton Woods.

La golden age significa una forte tendenza alla convergenza nei redditi pro-capite. Tutti i paesi
europei dell'area occidentale mostrano un tasso di crescita ottimo. Molti paesi crescono di anno in
anno (eccetto la Gran Bretagna) superando gli stessi USA e questo a riprova che l'economia
europea si comporta assai meglio di quella del resto del mondo. Anzi, nell'Europa occidentale
proprio i paesi più poveri (fatta eccezione per l'Irlanda) crescono maggiormente e più
velocemente.

Allo stesso modo, anche se in tono minore rispetto all'Occidente, quella dell'Europa Orientale è
stata una crescita sostenuta. Certamente è più difficile misurarla in quanto il concetto di PIL a Est
limita alla produzione fisica (agricola e industriale) e quindi i servizi considerati improduttivi non
vengono calcolati (a ovest, invece, il PIL si ottiene sommando i consumi, gli investimenti fissi lordi,
le esportazioni nette, il cosiddetto saldo commerciale.

In buona sostanza, l'obiettivo è quello di massimizzare la produzione industriale e ogni tipo di


politica economica puó essere definita come industrializzazione forzata, nel senso che la priorità
data all'industria si spiega con la volontà di produrre elementi della propria indipendenza
strategica (armamenti).

La Golden Age non cessa di colpo, quanto piuttosto il deterioramento dei meccanismi di
compromesso interno, oltre a una forte conflittualità sindacale tra la fine degli anni 60 e i primi
anni 70, contribuiscono a raffreddarla.

A ciò si aggiunge la preoccupazione della condizione del deficit pubblico USA (spese miltari per la
guerra in Vietnam), che in effetti porta il gigante americano a forme di politiche inflazioniste e ad
usare mano libera per svalutare il dollaro come risposta alle difficoltà di bilancio e a quelle
commerciali.

La decisione americana, in buona sostanza, segna la fine di Bretton Woods e inaugura un


periodo di instabilità finanziaria.

In Europa si rafforzano i meccanismi di cooperazione tra le monete europee, mediante l'adozione


del Serpente monetario. «Accordo monetario concluso nel 1972, che istituiva i margini di
oscillazione delle monete europee fra di loro entro una fascia del 2,25% complessivo, mantenendo
contemporaneamente la fascia di oscillazione nei confronti del dollaro USA (detta tunnel),
stabilita con l'accordo di Washington del 1971, pari al 4,5%.

Questo tentativo, volto ad avviare il processo di unificazione monetaria europea, incontró


numerose difficoltà dovute alla crisi del sistema monetario internazionale e soprattutto al divario
nei tassi d'inflazione fra i paesi CEE, e funzionó solo pochi mesi con la totalità delle monete
comunitarie. Dal 1979 i rapporti tra le monete della comunità europea sono stati regolati dal
Sistema monetario europeo e dalla creazione dell'Euro (1 "gennaio 1999).

Crisi Petrolifere.

La prova del nove per l'economia europea arrivo verso la fine del 1973, quando l'OPEC
(Organization of the Petroleum Exporting Countries) per rappresaglia all'atteggiamento filo
israeliano durante la guerra dello Yom Kippur, aumenta bruscamente il prezzo del petrolio. È un
vero e proprio shock.

È finita l'era dell'energia a basso prezzo. Nell'arco di 4 mesi il prezzo del petrolio aumenta di 4
volte e la conseguenza è stata la comparsa di pesanti deficit commerciali in tutti i paesi importatori
di petrolio.

Il mondo da quei giorni si divide in paesi importatori e paesi esportatori di petrolio, a cui si
aggiunge la 3 categoria, quella dei paesi autosufficienti: USA e URSS che sono grandi produttori. A
risentirne maggiormente sono l'Europa occidentale, il Giappone e il Terzo Mondo.

 Da un lato USA e URSS con la vendita del petrolio mettono a posto i loro conti e riescono
brillantemente a superare la crisi;
 dall'altro i paesi OPEC si arricchiscono all' inverosimile.

Le risposte alla crisi sono diverse: per quanto riguarda i Paesi comunitari, essi accantonano ogni
progetto di unificazione monetaria e rimandano i piani di coordinamento delle politiche monetarie
per avere una maggiore libertà di azione. Si attuano 3 tipi di politica economica:
Svezia e Spagna la ritengono una crisi transitoria e le perdite di capacità di acquisto del Paese può
essere assorbita dal bilancio pubblico. Lo Stato decide per una riduzione delle imposte. In effetti
entrambi gli stati reagirono bene alla logica depressiva dello shock e possono godere di un discreto
tasso di crescite rispetto a quello dei paesi O.S.C.E. (Organizzazione per la sicurezza e la
cooperazione in Europa) è un'organizzazione regionale per la promozione della pace, del dialogo
politico, della giustizia e della cooperazione in Europa che conta, attualmente, 57 paesi membri ed
è, pertanto, la più vasta organizzazione regionale per la sicurezza; Quella adottata dalla maggior
parte degli Stai che intervengono con la precisa volontà di affrontare la crisi con il risparmio
energetico. All'aumento dei prezzi i governi risposero con aumenti salariali, finanziando politiche
inflazionistiche;

Il Giappone applica i forti aumenti del prezzo del petrolio, vivendo la crisi più duramente degli altri,
ma una volta assimilata tornano a crescere velocemente. La Germania federale, invece, tese a
contenere l'inflazione, obbligando famiglie, imprese, sindacati, e pubblica amministrazione a
ridimensionare le proprie entrate. Il risultato è stato che Germania esce dalla crisi con una
moneta forte, il marco, e con un'inflazione bassa, a differenza degli altri paesi dell'area OSCE dove
l'inflazione aumenta unitamente alla disoccupazione.

In tutti i paesi coinvolti nello shock petrolifero si viene a determinare per la prima volta la
combinazione di due fattori: stagnazione economica e inflazione, che fu conosciuta da allora con il
termine di stagflazione.

Sembra che le cose si stiano mettendo per il meglio, quando nel 1979, arriva il 2 shock petrolifero,
conseguenza della caduta in IRAN del regime dello Scià e la salita di Khomeini. Le tensioni con gli
USA creano forti incertezze sul mercato petrolifero. Nel 1980 scoppia il durissimo conflitto IRAN
IRAQ che si svolge tra i due massimi esportatori di petrolio.

2 Crisi Petrolifera.
L'OPEC aumenta del doppio il prezzo del petrolio e provoca un ulteriore impoverimento dei paesi
importati, oltre a una forte recessione tra il 1981 e il 1983.

Il 2 shock petrolifero (1970) unito alla quotazione del dollaro in aumento e alla politica sui tassi di
interesse provoca altre conseguenze. Innanzitutto una situazione di disagio vissuta dall'OSCE,
corrisponde a una sovrabbondanza economica in tutti i Paesi dell'area OPEC, soprattutto nelle
monarchie arabe che accumulano ingenti ricchezze. In effetti, si viene a determinare una sorta di
combinazione di ritorno, nel senso che molti petrodollari ritornano sui mercati borsistici e nelle
banche occidentali in cerca di investimenti redditizi. paesi L'aspetto interessante è stato che
questa volta non sono i ricchi a investire nei pasi poveri, ma i nuovi ricchi a investire nei paesi già
ricchi.

Certamente ci sono state delle eccezioni come Algeria, Indonesia, Messico, Venezuela, Iran, Iraq
che invece, impostano strategie di investimento più ambiziose e orientate allo sviluppo delle
proprie economie. Lo scopo è quello di entrare nell'orbita dei paesi più industrializzati e quindi
svincolarsi dal ruolo semplice di paese esportatore. Ma la situazione internazionale è cambiata: la
politica americana di scarsità del denaro fa aumentare enormemente i tassi di interesse e tra il
1980 e il 1985 il dollaro subisce ascese inarrestabili, colpendo quanti si sono indebitati con i
petrodollari. Inutile dirlo che questo è stato il caso di molti paesi del terzo mondo (sia Africa che
America Latina), anche se alcuni dei paesi del secondo mondo non sono stati immuni.

Si pensi alla Polonia e al forte indebitamento di un po 'tutti i paesi dell'Est, che soprattutto negli
anni "70 si sono fortemente indebitati per modernizzare le loro infrastrutture e il loro macchinario
industriale ricorrendo al credito occidentale in ragione di un dollaro a buon mercato.

La crisi del debito esplode prima in Messico nel 1982, quando il dollaro continua a salire e il prezzo
del petrolio si è invece assestato. Il peso messicano si svaluta enormemente e in maniera
repentina. La situazione spaventa la comunità finanziaria che vede in pericolo gli investimenti in
molti Paesi che corrono rischi analoghi.

A normalizzare la situazione, del FMI (finanziare deficit transitori nei conti esteri) e del BIRS
(finanziare investimenti) che snaturano la loro vocazione e si occupano di stabilizzare e sviluppare
l'economia internazionale alla luce delle azioni che unilateralmente hanno intrapreso gli USA
(aumento dei tassi di interessi e dollaro forte).

ANNI DI CRISI.
La prima metà degli anni Ottanta è dedicata al riassetto delle economie. Europa e Giappone
orientano le loro politiche a controllare squilibri macroeconomici e su tutti l'inflazione. Diciamo
che fino al 1988 i risultati sono incoraggianti, nel senso che si manifestano modesti, ma continui
recuperi. I paesi del Terzo mondo e dell'Est europeo procedono agli aggiustamenti, mobilitando
risorse per il pagamento del debito estero (interessi mangiano il capitale). Nel frattempo negli
USA, sotto la presidenza Regan, si procede ad effettuare riforme strutturali di carattere liberal-
conservatore.

La svolta negli anni Ottanta si ha nel gennaio del 1986, quando l'Arabia saudita rompe il cartello
OPEC e inizia ad aumentare la produzione di greggio. Presto è seguita da altri paesi del cartello e in
pochi mesi il prezzo del greggio a barile scende fino a toccare i prezzi del 1973 (I crisi).

Contemporaneamente la Federal Reserve abbassa i tassi di interesse e con essi inizia la


svalutazione del dollaro. Con un dollaro debole è possibile pagare più facilmente gli interessi sul
debito estero, ma soprattutto un petrolio a prezzi bassi consente alle bilance dei pagamenti di
numerosi paesi di porre rimedio a molti dei loro problemi.

In questo clima di maggiore ottimismo si procede all'integrazione nella CEE di due nuovi stati:
Spagna e Portogallo. La fase espansiva dell'Europa culmina nel 1988 quando raggiunge il 4% di
crescita per l'intera Europa. È dunque nell'ottica di questo ritrovato ottimismo che la CEE lancia i
suoi progetti di integrazione europea e monetaria.

 1990 riunificazione tedesca


 1995 Austria, Svezia e Finlandia
 1999 EURO moneta unica europea.
 2004 Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovenia, Ungheria
 2007 Bulgaria e Romania
 2013 Croazia
 2015 sarebbe dovuta entrare la Turchia.
Crollo Blocco Sovietico.
Come si può notare molti dei paesi membri del blocco sovietico oggi fanno parte della CEE e ció è
stato possibile all'indomani del 1989 quando, con la caduta del muro di Berlino, le due Germanie si
sono riunite in un'unica nazione.

Il processo di dissoluzione è stato rapido e talvolta cruento: in 6 settimane, fra il novembre e il


dicembre 1989 i paesi del blocco sovietico, intraprendono la nuova via che li avrebbe riavvicinati al
mondo libero occidentale. L'URSS e l'intera Europa dell'Est sono in declino, già dalla fine della
Golden age: anche se la I crisi petrolifera (1973) è stata vissuta alla stessa stregue dell'Europa
occidentale, la seconda (1979) è stata più devastante e ha fatto più danni della precedente.

Ormai sono terminati gli anni in cui i paesi del blocco possono acquistare petrolio dall'URSS a
prezzi inferiori (COMECON) rispetto a quelli del mercato mondiale, per poi rivenderlo, ricavando
entrate extra. Inoltre, gli ingenti prestiti ottenuti dall'Occidente vanno incrementandosi ancor più
con lo shock e dopo il 1981 per molti di loro la situazione diviene insostenibile.

Dunque, i paesi a Est non riescono a stabilizzare le loro economie, mentre a Ovest i paesi europei
recuperano lentamente, ma saldamente, il loro ritmo di crescita. La guerra dell'URSS in
Afghanistan, inoltre, rende difficile la situazione nella stessa casa de gigante sovietico. Le stesse
riforme di Gorbaciov volte alla trasparenza (glsnost) non danno gli effetti sperati, anzi portano al
fallimento il colpo di stato del 1991 e alla sua sostituzione con Boris Eltsin.

Ma cosa è accaduto in URSS fra gli inizi e la fine degli anni Ottanta?

La data chiave è l'11 marzo 1985, quando in Unione Sovietica Gorbaciov viene eletto segretario
generale del PCUS, la carica più alta nella gerarchia del partito e del paese. È il primo leader
sovietico a essere nato dopo la Rivoluzione d'Ottobre.

Le due parole d'ordine del suo piano di riforma sono perestrojka (riforma / ristrutturazione) e
glasnost, (trasparenza), a fronte di un Paese in crisi, soffocato da burocrazia, dogmatismo
ideologico e corruzione. L'apertura all'Occidente e, specifico, la sua capacità di instaurare rapporti
politici e umani con Ronald Reagan, condurrà a una serie di accordi per la limitazione delle spese
militari, contribuendo indirettamente al crollo del muro di Berlino e alla fine della Cuerra Fredda.
Ma il suo piano di riforme non dà i risultati sperati. Nell'URSS della perestrojka le merci di beni di
consumo scarseggiano; le Repubbliche Sovietiche vogliono e ottengono l'indipendenza. Il 25
dicembre 1991 Gorbaciov, dopo un fallito golpe ai suoi danni, si dimette dalla carica di presidente:
è la fine del suo progetto di riforme, è la fine di un impero.

Sicuramente uno degli errori di Gorbaciov è stato quello di non aver eliminato la pianificazione
economica in quel generale clima di liberalizzazioni. Così, i mercati all'interno sono rigidamente
controllati dagli uffici della pianificazione.

Ciò significa crollo della capacità, da parte dello stato, di riscuotere, unito alla dissoluzione di tutti
quei monopoli del potere caratteristici di uno stato.
Dal 1990 al 1998 per la Russia si può parlare dunque di vero e proprio disastro e solo con l'avvento
di Putin la Russia inizia a conoscere periodi di ripresa e una nuova grandezza.

Passato e Presente Gorbaciov: fine di un Impero.


Una volta rovesciati i regimi dittatoriali dell'Est, la transizione da un'economia pianificata e chiusa
verso l'esterno, a un'altra di tipo capitalistica, di mercato, è stata traumatica. In termini di PIL ha
significato una sua contrazione per tutti gli anni 1990-1993. Solo nel 1994 si ritorna a tassi di
crescita positivi. È interessante notare che quelli sono comunque anni caratterizzati da una vera e
propria rivoluzione economica. Tre sono i cambiamenti che si sono verificati:

1) Un primo riguarda economie fino ad allora chiuse, che si aprono al mercato estero di beni e
servizi, facendo registrare forti movimenti di persone e capitali.
2) Un secondo cambiamento vede da un lato ammettere di funzionare la pianificazione
dall'emergere dei mercati che controlla.
3) Un terzo cambiamento si verifica con la privatizzazione delle proprietà pubbliche.

Dei tre, senza dubbio questo è stato emblematico che prende più tempo e si completerà molto più
tardi.
COMPARTO A SCELTA: PASTIFICIO.

Ingresso del pastificio in Corso Garibaldi Salerno.

Fondato a Salerno nel 1883 da Domenico Scaramella, negoziante di grani e a lungo presidente della Camera
di Commercio, il pastificio in Corso Garibaldi è stato tra i più importanti pastifici del Mezzogiorno.
L’inaugurazione del nuovo stabilimento (1902) e l’acquisizione del locale pastificio Natella preludono alla
trasformazione in società anonima (1928) e al cambio gestionale con Matteo Scaramella, presidente
dell’Unione degli Industriali di Salerno. Investimenti e diversificazioni (oleificio, conceria, partecipazioni)
accompagnano il processo di crescita sino ai bombardamenti del 1943.

Con nuovi finanziamenti, il pastificio cerca di rilanciare la produzione, trasferita a Fuorni, verso i mercati
britannico e mediorientale, ma la svalutazione della sterlina e i conflitti palestinesi determinano una crisi
irreversibile sino alla chiusura a inizio anni settanta.

MOLINI E PASTIFICIO F.LLI NATELLA.

Nel primo Novecento i Molini e Pastificio F.lli Natella, proseguendo l’attività molitoria avviata a Salerno dal
padre Saverio, conoscono una rapida espansione puntando sul pastificio meccanico. Nel 1920 le
potenzialità dell’impresa, mentre nella macinazione uguagliano Scaramella e superano Rinaldo, nella
pastificazione oltrepassano nettamente i concorrenti. La società, però, non supera la crisi degli anni venti ed
è rilevata dalla Domenico Scaramella Molini e Pastificio. Nondimeno, accanto ai brand più noti, altre
iniziative assumono rilevanza nel Salernitano: a Nocera Inferiore il pastificio dei fratelli Gabola che, fondato
dal padre Isaia nel tardo Ottocento, raggiunge un’elevata consistenza patrimoniale negli anni ’40; il
pastificio Ferro a Cava de’ Tirreni, dove Marcantonio, imparato il mestiere nel paterno molino molisano,
rileva un impianto meccanizzato che trasforma radicalmente in un moderno stabilimento; il pastificio che
Eugenio e Silvestro Crudele, con interessi anche nel settore conserviero, realizzano a Pontecagnano sin dai
primi decenni del Novecento.

Le origini risalgono al pastificio Rinaldo & C. (1868), assorbito nel 1950-51 nella Rinaldo & Amato.
L’iniziativa industriale degli Amato affonda le radici nella forte crescita che l’azienda commerciale di
Antonio, ereditata dal padre e gestita con il nipote Giuseppe, conosce dopo il trasferimento da S. Cipriano
Picentino a Salerno. Assunta la denominazione di Antonio Amato & C. Molini e Pastifici (1958), introduce,
grazie all’autofinanziamento e a prestiti Isveimer, la fabbrica orizzontale, delocalizzata da corso Garibaldi a
Mercatello e poi nel nuovo stabilimento costruito, da metà anni ’80, nella zona industriale.

Con un molino moderno (1964), crescenti impianti a ciclo continuo automatizzato, qualità totale dei
prodotti, capillare rete vendita e politiche di marketing (decennale sponsor della Nazionale calcio), diventa
un brand noto nel mondo e tra i principali leader nel settore. Resiste a prezzi amministrati, concorrenza e
grande distribuzione. Poi, la recente crisi (2009) sino al crac (2011). Oggi è marchio del Gruppo Di Martino.

MOLINI E PASTIFICI RINALDO

Avviato nel capoluogo (1868) per iniziativa di otto soci salernitani, esponenti di spicco dell’economia
provinciale, lo stabilimento di sfarinati è affiancato, a fine anni ottanta, da un moderno pastificio. Disaccordi
societari non frenano l’espansione della Rinaldo & C. nel mercato salernitano tra fine secolo e la Grande
Guerra, mentre la successiva crisi è superata con investimenti tecnologici e con la trasformazione della snc
in società anonima (1920). Una nuova frenata, per la rivalutazione della lira e la crisi del 1929, non
interrompe il trend ascendente del fatturato. Dagli anni trenta, in sintonia con la politica del regime, il
pastificio, secondo solo a Scaramella, espande il suo giro d’affari sotto la gestione del giovane Tommaso
Prudenza che, nel dopoguerra, è presidente dell’Associazione confindustriale salernitana (1945-61) e
ricopre altre cariche prestigiose. Danneggiato dai bombardamenti (1943), la famiglia Amato lo rileva e ne
cambia denominazione: prima Rinaldo & Amato (1951), poi Antonio Amato & C. Molini e Pastifici (1958)

PEZZULLO MOLINI PASTIFICI MANGIMIFICI.

Originario di Frattamaggiore, Luigi Pezzullo rileva un antico pastificio ebolitano (1940) per trasformarlo
nella Molini e Pastifici Ebolitani (1957) e poi in società per azioni prima della sua scomparsa (1967). Dagli
anni settanta l’OrodiNapoli diventa tra i principali produttori italiani grazie a don Sossio, imprenditore
gentiluomo prestato alla politica: sindaco, senatore socialista, presidente di Confindustria Salerno (1995-99,
2011-12). La nuova denominazione (1975) rivela l’avvenuta integrazione verticale e diversificazione
produttiva (mangimi, allevamenti). A fine anni ottanta, dopo il terremoto, risale la costruzione di uno
stabilimento all’avanguardia e il passaggio alla Buitoni-Nestlè che avvia un nuovo mulino (1997). Nel 2005
l’OrodiNapoli è ceduto a TMT, oggi gruppo alimentare Newlat della famiglia Mastrolia.

MOLINI PIZZUTI.

Michele Pizzuti avvia l’attività molitoria a Montecorvino Rovella negli anni cinquanta e la trasforma in un
opificio industriale nel 1962. Dal 1988, tramite la Co.Pi., si orienta ai mercati esteri, mentre nel 1992
ristrutturazioni e investimenti determinano il potenziamento del molino delocalizzato nell’area industriale
di Bellizzi. Con un avanzato sistema di automazione ed elevate capacità produttive, la società a
responsabilità limitata innova con passione nell’arte molitoria; alla continua ricerca di selezionate materie
prime, compresi gli antichi grani cilentani, realizza prodotti di elevata qualità. Con il centro di ricerca e
formazione Scuola bianca mira anche alla creazione di figure professionali del settore (panificatori, pizzaioli,
pasticcieri).
COMPARTO A SCELTA. IMPRESE TESSILI.

La parabola del tessile.

Il tessile-abbigliamento ha rappresentato sino alla metà del Novecento il settore strategico dell’industria
manifatturiera salernitana. In particolare, dagli anni venti dell’Ottocento, il cotone si affermò come il
comparto fondamentale, relegando lana, lino e canapa a un ruolo complementare, se non residuale. Una
forte identità culturale, religiosa, linguistica e sociale, rafforzata da valori condivisi e da forti legami
familiari, aveva unito le tre generazioni di imprenditori svizzeri (e tedeschi) che, in meno di un secolo,
avevano reso i due poli produttivi del Salernitano un complesso industriale di livello internazionale. Nel
1919, con l’egida di Nitti e l’appoggio della SME e della Banca Italiana di Sconto, i Cotonifici riuniti di Salerno
(1916) e il gruppo di Robert Wenner furono riunificati e italianizzati nelle Manifatture Cotoniere
Meridionali. I disegni di razionalizzazione, espansione verticale e contenimento dei costi, portati avanti dal
padovano Bruno Canto, forte dell’appoggio politico e della stampa, tuttavia, si infransero presto nel
fallimento della banca mista di riferimento e nella politica deflazionistica del regime (1926). Quota 90,
infatti, penalizzò le esportazioni dei tessuti standardizzati di basso costo del gruppo, smerciati nei mercati
balcanici e orientali. Ai primi sintomi della crisi del 1929, le MCM, fortemente indebitate, passarono sotto il
controllo del Banco di Napoli che, con la gestione Paratore, puntò a risanare finanziariamente la società,
anche con riduzioni salariali e dell’orario di lavoro. Nella crisi degli anni trenta, numerose cessazioni di
attività e pesanti riduzioni della produzione interessarono anche le imprese cotoniere minori e gli altri
comparti tessili, specie il laniero che, nella valle dell’Irno e nel Picentino, vantava un’antica tradizione
protoindustriale. I pochi lanifici industriali, di origine ottocentesca, cresciuti sino alla Grande Guerra,
conobbero un progressivo ridimensionamento o scomparvero; il lanificio Notari (Vietri sul Mare) fu tra i
pochi a sopravvivere e, anzi, puntando sul confezionamento abiti, ebbe una fase di sviluppo sino a metà
anni ’60. Anche peggiori furono, forse, gli anni cinquanta. Danneggiate dalla guerra, le MCM riuscirono ad
ottenere prestiti dal Banco di Napoli e dal piano ERP, ma si ritrovarono fortemente indebitate e furono
salvate dall’IRI, finendo nel calderone delle partecipazioni statali. Più infelice fu, invece, il destino di quelle
imprese minori che, con propri target e nicchie di mercato, avevano continuato l’attività negli anni
precedenti. Nel decennio, infatti, chiusero sia la storica tessitura meccanica cavese di Leopoldo Siani, che
risaliva al 1899, ma anche gli Stabilimenti Tessili Mattioli che, da metà anni trenta, si erano localizzati a
Vietri sul Mare. La crisi postbellica implicò anche la dismissione delle imprese canapiere di Sarno, ponendo
fine a una tradizione che risaliva all’Ottocento. Dallo stabilimento della Partenopea (1841), rilevante
impresa nazionale anche dopo l’unificazione, erano infatti derivate, grazie a imprenditori di diversa
nazionalità, numerose iniziative industriali, di dimensioni più modeste, tra cui spiccava la Buchy e
Strangmann, che sino allora avevano occupato una non trascurabile manodopera. La tradizione laniera,
invece, conobbe un nuovo slancio quando la Marzotto sud aprì a Salerno (1959) un grande stabilimento di
confezionamento di abiti maschili. La società, poi denonimata Issimo, era una diretta filiazione della
Marzotto, grande gruppo di Valdagno, che così, precorrendo i tempi, si impiantava nel Mezzogiorno
attraverso fondi BIRS tramite l’Isveimer. Altre iniziative, dalla SNIA Viscosa, poi TEX-SAL (fibre artificiali) alle
Manifatture Tessili Cavesi (biancheria e arredo casa), arricchirono il settore per un certo periodo. Dopo un
buon andamento, tuttavia, nel 1983 arrivò la decisione unilaterale di sospendere la produzione della Issimo,
ma anche altri impianti chiusero negli stessi anni. Poco dopo, tra il 1986-87, si arrivò alla privatizzazione
delle Manifatture Cotoniere Meridionali. Il passaggio all’IRI non aveva riempito di contenuti industriali il
gruppo cotoniero che, però, restava rilevante sotto il profilo occupazionale. Negli anni settanta, l’impresa
era passata all’ENI, incaricata di riorganizzare l’intero settore tessile nazionale, ma il fallimento del piano
Lanerossi aveva aperto, nel libro bianco delle Partecipazioni statali, una nuova pagina che prevedeva lo
smobilizzo ai privati. Di una tradizione plurisecolare, oggi, restano poche tracce, come le Manifatture Tessili
Prete, che, sorte nei difficili anni cinquanta, proprio a Scafati, indicano nella qualità del made in Italy una
possibile strada per fare impresa in un settore non più strategico per le sorti industriali.
Panoramica degli stabilimenti tessili Schlaepfer Wenner & C. Fratte - A inizio Novecento è tra i maggiori
gruppi cotonieri nazionali. Le origini risalgono alle manifatture impiantate da imprenditoria svizzera dagli
anni venti dell’Ottocento. Con stabilimenti a Fratte, Pellezzano, Angri, Nocera e Scafati, comprende due poli
produttivi che sono riuniti e italianizzati, con l’appoggio della Banca Italiana di Sconto, nelle Manifatture
Cotoniere Meridionali (1919). I disegni di razionalizzazione e integrazione produttiva si infrangono, però,
nella rivalutazione della lira (1926) e negli anni trenta il Banco di Napoli, con la gestione Paratore, ne
assume il controllo in un’ottica di risanamento finanziario. Nel secondo Novecento si consuma la parabola
discendente delle Manifatture che, pur mantenendo rilievo occupazionale, sono svuotate di contenuti
industriali.

Operai ai macchinari tessili - Rilevate dall’IRI negli anni ’50, a causa dell’elevato indebitamento, passano
all’ENI negli anni ’70, ma la mancata ristrutturazione del settore tessile nazionale (piano Lanerossi) conduce
alla privatizzazione delle MCM, cedute al gruppo Polli-Lettieri-De Angeli (1986-87).

Altre imprese tessili.

Il ruolo strategico che il settore tessile riveste nell’industria manifatturiera del primo ’900 è evidenziato,
oltre che dai grandi stabilimenti delle Manifatture Cotoniere Meridionali, da imprese minori come la società
anonima napoletana Stabilimenti Tessili Mattioli (1937) che, a Vietri sul Mare, si occupa di filatura e
ritorcitura del cotone sino al suo fallimento a fine anni ’50. A Cava de’ Tirreni, un’antichissima tradizione
tessile rivive nella Manifatture Tessili Siani grazie al commerciante di tessuti Leopoldo che, a Passiano, avvia
un’attività industriale, prima con manodopera a domicilio, poi con una tessitura meccanizzata (1899), di
rilievo occupazionale, chiusa però nel 1957. La sua eredità è poi raccolta, nel confezionamento biancheria e
arredo casa, dalle Manifatture Tessili Cavesi spa sino alla liquidazione (1995). A Sarno si concentrano varie
imprese canapiere – di origine tardo-ottocentesca e crocevia di diversa nazionalità che assorbono una
discreta manodopera sino a quando, danneggiate dall’operazione Avalanche e requisite dalle forze alleate,
dismettono l’attività (anni ’50).

Marzotto Sud.

Nel 1959 la Marzotto Sud (1956), poi denominata Issimo (1978), inaugura a Salerno un grande stabilimento
per la confezione di abbigliamento. La società è una filiazione della Marzotto, importante gruppo laniero di
Valdagno, che – con finanziamenti BIRS tramite Isveimer, volti a incentivare insediamenti industriali nel
Mezzogiorno, – mira a differenziare la sua produzione, basata soprattutto sui filati, in un’area di antica
tradizione protoindustriale. Il ciclo espansivo del settore, con grandi esportazioni nei mercati europei e
statunitense, consente una rilevante crescita, anche occupazionale, sino alla metà degli anni settanta. Poi,
con la concorrenza di nuovi competitors, perdite e bassa produttività impongono, invano, un piano di
ristrutturazione. La messa in liquidazione dell’impianto salernitano (1983) ne comporta la chiusura (1985),
proprio mentre la Marzotto realizza crescita e acquisizioni (Bassetti, Lanerossi).

Manifatture tessili Prete.

Dopo anni di training nel settore manifatturiero in Svizzera, nel 1950 Carmine Prete e la moglie Vincenza
avviano una propria produzione tessile a Scafati, ancora sede dello stabilimento delle Manifatture
Cotoniere Meridionali impiantato nel primo Ottocento dall’imprenditoria svizzera. Pregiati tessuti made in
Italy, filati naturali europei, design personalizzabile e un mix tra tradizione e innovazione segnano un
percorso di crescita – con telai raddoppiati negli anni sessanta e triplicati nel decennio successivo – che
coniuga antiche e nuove tecnologie: dai telai Jacquard meccanici sino alle macchine a navetta, a ratiera e a
nastro di ultima generazione. Divenuta leader nella produzione di tessuti in lino, canapa, cotone e misti per
noti brand di abbigliamento e di biancheria, le Manifatture Tessili Prete realizzano anche collezioni proprie
dagli elevati standard certificati che, vendute sul mercato nazionale e in città estere, sono esposte – quasi
opere d’arte – in musei archeologici (Napoli) e della canapa (Santa Anatolia di Spoleto).

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