Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
1
Durante il viceregno spagnolo Napoli è una “capitale senza re” : ciò non esclude che vi
fosse una corte vicereale, e che le pratiche ostentative fossero altrettanto diffuse. Tuttavia
la presenza del monarca e lo status di regno autonomo accentuano enormemente il ruolo
simbolico della corte. Si veda su questi argomenti berengo M., L’Europa delle città.
Il volto della società urbana europea tra Medioevo ed Età moderna, Torino : Einaudi,
1999, p. 33 e segg. Per un pro lo recente sulla Napoli capitale nell’età del viceregno
si veda Muto G., “Le tante città di una capitale : Napoli nella prima età moderna”,
67
aliDa clemente
“Storia Urbana”, n. 123, 2009, p. 19-54. Per un quadro storico generale della Napoli
borbonica si veda chiosi Elvira, Il Regno dal 1734 al 1799, in galasso Giuseppe, romeo
Rosario (dir.), Storia del Mezzogiorno, vol. IV, Napoli & Roma : Ed. del Sole, 1986,
p. 373-467. E ancora il classico colletta Pietro, Storia del Reame di Napoli, Torino :
UTET, 1975, p. 918. galasso Giuseppe, allum Percy (dir.), Intervista sulla storia di
Napoli, Roma & Bari : Laterza, 1978, p. 293. galasso Giuseppe, romeo Rosario (dir.),
Storia del Mezzogiorno, 15 volumes. coniglio Giuseppe, I Borboni di Napoli, Milano :
Corbaccio, 1999, p. 478.
2
L’esempio supremo di questo modello di esercizio del potere assoluto è sicuramente la
Francia di Luigi XIV. In merito si veda il classico MANDROU Robert, Luigi XIV e il suo
tempo, Torino : Sei, 1990, p. 587. Sul ruolo dei rituali e della pompa nella costruzione
del potere monarchico si veda la breve ma densa rassegna di BURKE Peter, La storia
culturale, Bologna : Il Mulino, 2006, p. 111-114.
3
Sul legame tra consumi di lusso e mobilità sociale discendente insisteva un classico
della storiogra a sociale europea come stone Lawrence, La crisi dell’aristocrazia.
L’Inghilterra da Elisabetta a Cromwell, Torino : Einaudi, 1972, 925 p.
4
Sulle trasformazioni urbanistiche di Napoli si veda De seta Cesare, Napoli, Roma
& Bari : Laterza, 1999, p. 319.
5
musi A., “Stato e strati cazioni sociali nel Regno di Napoli”, in L’Italia dei viceré.
Integrazione e resistenza nel sistema imperiale spagnolo, Cava de’ Tirreni : Avagliano,
2000.
6
Si veda venturi Franco, Napoli capitale nel pensiero dei riformatori illuministi,
in AA.VV., « Storia di Napoli », vol. VIII, Napoli : ESI, 1971, p. 3-73. Di un incremento
del consumo di lusso nella capitale si ha notizia già dalla ne del Seicento, in corrispon-
denza con il processo di forte mobilità ascendente del cosiddetto “ceto civile”. In merito,
galasso Giueppe, “Ai tempi del Vico : fra il tramonto del viceregno e l’avvento di Carlo
68
consumi Di lusso eD economia monDo. il regno Di naPoli nel xviii secolo
quanto degli stranieri che, attratti dalla nuova meta del Grand Tour, colgono
immediatamente, non senza cedere talvolta a rappresentazioni stereotipe7,
la peculiarità del costume partenopeo. Ne emerge la sua accentuata
propensione alla teatralità e all’eccesso, così negli atteggiamenti come
nelle forme del vestire, del mostrarsi e del circolare nello scenario urbano8.
Al di là della matrice antropologica o politica della propensione al
lusso dei ceti alti e medio alti partenopei, l’incremento del consumo
di lusso nel corso del Settecento sembra avere evidenti fondamenta di
tipo economico. Intanto, per unanime riconoscimento della storiogra a
modernista, Napoli è venuta affermandosi progressivamente, tra Cinque
e Settecento, come grande centro di consumo9 per effetto della deindus-
trializzazione prodotta dalla crisi del Seicento10.
Le tendenze secolari di prezzi e salari accompagnano e giusti cano
l’aumento dei consumi di lusso : nel corso del Settecento si assiste a
una divaricazione crescente dei redditi. All’incremento della popo-
lazione fa fronte una diminuzione della produttività marginale del
lavoro agricolo. Ciò, insieme alla pressione della domanda, fa lievitare
i prezzi delle derrate ingrossando sul lungo periodo, in particolare dopo
la carestia del 1763, la rendita fondiaria11. La congestione urbana gon a
gli af tti e la rendita immobiliare. Nell’insieme i redditi alti e medio alti,
69
aliDa clemente
12
romano Ruggiero, “Prezzi, salari e servizi a Napoli nel secolo xviii”, Napoli dal vice-
regno al regno, Torino : Einaudi, 1976.
13
In particolare la Fiera di Salerno, istituita nel xiii secolo, riveste ancora una grande
importanza come momento di redistribuzione dei prodotti di importazione. sinno A.,
La Fiera di Salerno, Salerno, 1958.
14
Sulla complementarietà e i legami tra la nobiltà urbana e il vertice del ceto mercantile
si veda macry Paolo, Mercato e società nel Regno di Napoli. Commercio del grano e
politica economica nel Settecento, Napoli : Guida, 1974, p. 340 e segg.
15
berg Maxine, “Asian Luxuries and the Making of the European Consumer Revolu-
tion”, in berg M., eger E. (eds.), Luxury in the Eighteenth century. Debates, Desires and
Delectable Goods, Basingstoke : Palgrave Macmillan, 2003, p. 207-218.
16
Dell’estero lia del consumatore napoletano si può avere un saggio dalla lettura
degli avvisi commerciali, le prime forme di pubblicità che compaiono sulle gazzette
locali, dove spesso gli annunci fanno riferimento, in maniera più o meno surrettizia,
alle origini estere del prodotto, che ne aumentano evidentemente la capacità attrattiva,
l’illusione di ef cacia e il valore agli occhi dei potenziali consumatori. Così il liquore che
70
consumi Di lusso eD economia monDo. il regno Di naPoli nel xviii secolo
71
aliDa clemente
21
Dialogo loso co intorno al lusso, in Opuscoli quattro sopra il lusso dell’abate
Giambatista Conte Roberti, Bassano, 1785.
22
roberti Giovanni, Dialogo loso co intorno al lusso.
23
Roberti Giovanni, Discorso cristiano contro al lusso, in Opuscoli.
24
E.F. Galiani, prendendo atto della necessità del lusso nel “cammino delle civiltà”,
sostiene tuttavia che per gestirlo occorre fare in modo che esso alimenti “le industrie de’
concittadini, non quelle degli stranieri”. galiani Ferdinando, Della moneta libri Cinque,
libro IV, par. II, Digressione intorno al lusso considerato generalmente, Milano, IV
edizione, 1831, vol. II, p. 121. genovesi Antonio, Lezioni di commercio o sia d’economia
civile, Bassano, 1769. “Il lusso sostenuto per materie esterne principalmente se è
generale, è pernicioso ad ogni corpo civile, se può lungo tempo durare, come quello che
consuma se stesso”, parte I, cap. X, § XXII, p. 140. A seguire, Genovesi dimostra che
se il lusso delle cose straniere è moderato e riguarda pochi, può essere stimolante sullo
sviluppo delle manifatture interne : “Le classi inferiori non potendo far uso delle derrate,
e manifatture esterne, s’industrieranno di aver dell’interne, così buone, o anche migliori
che non sono le forestiere.”, § XXIII, p. 141.
25
In merito, si legga la recente sintesi di belfanti C. Marco, Civiltà della moda, Bologna :
Il Mulino, 2008, 334 p.
72
consumi Di lusso eD economia monDo. il regno Di naPoli nel xviii secolo
26
Così la de nisce Galiani : “Un’affezione del cerebro, propria alle nazioni europee,
per cui si rendono poco pregevoli molte cose, solo perché non giungono nuove.”, galiani
ferdinando, Della moneta.
27
“È certo che oggi, che il mondo è pieno d’abitatori, uno non può arricchire senza che
altri impoverisce […]. Il commercio succhia sangue anche a’ più lontani (popoli, nda),
meno gloriosamente sì, ma con più comodità.” galiani F., Della moneta.
28
hont Istvan, Jealousy of Trade. International Competition and the Nation-State in
Historical Perspective, Cambridge-Massachusetts & London : Harvard University
Press, 2005, 541 p.
29
Su questa lettura del dibattito napoletano sul lusso si veda frascani Paolo, “Il dibattito
sul lusso nella cultura napoletana del Settecento”, Critica storica, vol. XI, 3, n.s., 1974,
p. 397-424.
30
Voyages d’Italie et de Hollande par M. l’Abbé Coyer, Paris, 1775, tomo II, p. 185.
31
Osservazioni sul lusso del marchese Giuseppe Palmieri estratte dalla seconda edizione
della di lui opera Sulla pubblica felicità, Napoli, 1788, in “Scrittori classici italiani di
Economia Politica”, tomo XLIX, Milano, 1816, p. 57.
73
aliDa clemente
aL microscopio
Per veri care la fondatezza delle impressioni degli osservatori coevi,
abbiamo esaminato il patrimonio di beni mobili di un campione32 della
popolazione napoletana settecentesca attraverso gli inventari post mortem33,
schedando i beni dei quali era riportata la provenienza o lo stile, quando
esplicitamente de nito come straniero (cfr. Tab. 1).
Tabella 1. Consistenza e composizione del campione34
32
Gli inventari post mortem della prima parte del secolo sono stati individuati nell’Archivio
Notarile presso l’Archivio di Stato di Napoli – Sezione Militare. ANN, Fondo Notai
Seicento, Notar Ragucci, ff. 508/61, 508/62 ; Notar Servillo, ff. 665/51, 665/52, 665/53,
665/54, 665/55, 665/66. Per la seconda metà del secolo, data l’inaccessibilità dei
documenti notarili, si è fatto ricorso agli inventari post mortem contenuti nei faldoni
dei processi civili, in cause relative a contese su eredità e deduzioni di patrimoni.
In particolare, Archivio di Stato di Napoli (ASN), Processi Antichi, Pandetta corrente,
ff. 5, 111, 284, 323, 92, 179, 419, 561, 790, 743, 148, 428, 174, 653, 884, 238. Ed anche
in ASN, Amministrazione generale dei beni dei rei di stato, f. 288. L’analisi di queste
fonti è organicamente con uita in clemente Alida, Il lusso “cattivo”. Dinamiche del
consumo nella Napoli del Settecento, Roma : Carocci, 2011, 248 p.
33
Per la metodologia di utilizzo di questa fonte si vedano schuurmann A.J., “Gli inventari
post mortem come fonte per lo studio della cultura materiale. Un programma olandese
di ricerca”, Quaderni storici, 43/1980, p. 210-216. riello Giorgio, “Things seen and
unseen. Inventories and the representation of the domestic interior in the early modern
period”, LSE paper, dicembre 2004. De vries Jan, “Between purchasing power and the
world of goods : understanding the household economy in early modern Europe”, in
brewer John and Porter Roy (eds.), Consumption and the world of goods, London &
New York, 1993, p. 102-104. casalilla B.Y., Inventarios post mortem, consumo y niveles
de vida del campesinado del Antiguo regimen. Problemas metodologicos a la luz de la
investigacion internacional. lencina Pérez Xavier, “Los inventarios post-mortem en el
estudio de la cultura material y el consumo. Propuesta metodologica”, vol. X, Siglo xvii,
in torras Jaume e yun Bartolome (dirs.), Consumo, condiciones de vida y comerciali-
zacion. Cataluna y Castilla, siglos xvii-xix, Barcelona, 1999. mazzi M.S., “Gli inventari
dei beni. Storia di oggetti e storia di uomini”, Società e storia, n. 7, 1980, p. 203-214.
34
Il ceto medio è categoria eterogenea al suo interno, nella misura in cui comprende
tanto il ceto professionale (ceto civile, medici e indotto, burocrazia di corte) tanto compo-
nenti del ceto artigiano e mercantile urbano, a sua volta articolato in più livelli, che vanno
dai ricchi mercanti monopolisti legati all’approvvigionamento urbano o al commercio di
import export, ai piccoli commercianti e agli artigiani semplici.
74
consumi Di lusso eD economia monDo. il regno Di naPoli nel xviii secolo
Tabella 2. Possessori di beni esteri o di stile estero, divisi per ceto sociale
di appartenenza
35
In realtà i religiosi rappresentano già nel Seicento un ampio e uniforme bacino di
domanda per le merci di importazione inglese. Si veda Pagano De Divitiis Gigliola,
Il commercio inglese nel Mediterraneo dal ‘500 al ‘700. Corrispondenze consolari e
documentazione britannica tra Napoli e Londra, Napoli : Guida, 1994, p. 21.
75
aliDa clemente
36
sPiriti G., Ri essioni politico-economiche d’un cittadino relative alle due province
di Calabria, Napoli, 1793.
76
consumi Di lusso eD economia monDo. il regno Di naPoli nel xviii secolo
oggetti non
pre 1750 post 1750
riscontrati
proVenienza dettagLio n r. n r.
negLi inVentati
articoLi articoLi
pre 1750
Tele e vacchette di
Europa Fiandra, tele d’Olanda, 77 126 Tele
nordoccidentale panni, cammellotti e di Germania
rattine di Bruxelles
Panni,
Inghilterra – – 22
londrini, tele.
77
aliDa clemente
Con i tessuti tocchiamo l’aspetto forse più vistoso dell’in uenza della
moda estera (cfr. Tab. 5). La tela di Fiandra domina nettamente tutto
il campo della biancheria domestica, dai “salvietti” e i “moccatori”,
alle lenzuola, ai cuscini. Va precisato che le tele di Olanda e di Fiandra
sono ampiamente diffuse già nella prima metà del secolo e conoscono un
ampliamento a nuove fasce sociali di consumatori nella seconda metà.
Quanto all’abbigliamento, se pure i sarti locali proliferano nel generale
nuovo culto delle apparenze37, è certo che i tessuti che lavorano, che
siano di materiale prezioso e raro o di qualità più comune, alimentano
in questo campo un mercato assai ampio, che va dalla rattina olandese
ai panni d’Inghilterra, al cammellotto di Bruxelles, a raso, seta e taffettà,
“tela indiana”, e soprattutto mussoline. Tornando alla nostra rilevazione
quantitativa, ben più consistente risulta la proporzione di tessuti di
importazione sul totale se, oltre a quelli esplicitamente indicati come
esteri, si aggiungono i nuovi tessuti, estremamente diffusi nella seconda
metà del secolo, presumibilmente d’importazione data la esigua o nulla
presenza di produzioni locali : in particolare le mussoline38, i calancà
(o calicò), la batista, nonché i vari panni come saie, cammellotti, segovie,
scottini e stamine (cfr. Tab. 6).
Calancà
Cammel- Ante-
Batista Mussolina e tela Segovia Stamina Rattina Criscetto Castoro Totale
lotto lascia
stampata
31 80 42 12 2 6 3 2 8 16 202
37
Si veda, a questo proposito, l’interessante saggio di scognamiglio cestaro Sonia,
“La corporazione napoletana dei sarti (1583-1821)”, Archivio storico per le province
napoletane, n. CXXIII, 2005, p. 243-284 (parte I) ; CXXIV, 2006, p. 289-376 (parte II).
38
Dell’unica produzione nazionale di mussoline, localizzata nella provincia di Otranto,
abbiamo notizia da corraDo Vincenzo, Notiziario delle particolari produzioni delle pro-
vince del Regno di Napoli, Napoli, 1816 (II edizione). Sui nuovi tessuti si veda anche
lemire Beverly, “Plasmare la domanda, creare la moda : l’Asia, l’Europa e il commercio
dei cotoni indiani (xiv-xix secc.)”, Quaderni storici, n. 122, 2006, p. 481-508.
78
consumi Di lusso eD economia monDo. il regno Di naPoli nel xviii secolo
39
La crisi dell’industria della seta era iniziata intorno agli anni Trenta del Seicento. Gli
ampi mercati esteri per la seta napoletana, in particolare quelli in cui una autonoma
capacità produttiva si andava costituendo – Inghilterra, Olanda, Fiandre – si contrassero
enormemente. Mentre il primato della produzione e della moda passava a Lione, che
l’avrebbe saldamente detenuto no alla ne del Settecento, nel viceregno si veri cava un
ampio processo di decentramento produttivo e di scadimento qualitativo della produzione
di seta. Sul mercato internazionale Napoli si ritrovava con una posizione ben differente
dal passato : da esportatrice di sete lavorate di pregio a timida esportatrice di sete meno
pregiate verso aree poco progredite (ex impero spagnolo), e massiccia importatrice di
sete lavorate. Si veda, per una sintesi recente, ragosta Rosalba, Napoli città della seta,
Roma : Donzelli, 2009, 248 p.
79
aliDa clemente
40
Su vecchio e nuovo lusso, De vries Jan, “Luxury in the Dutch Golden Age in Theory
and practice”, in berg m. and eger e. (eds.), Luxury in the Eighteenth Century. Ed anche
stearns Peter N., Consumerism in world history. The global transformation of desire,
New York : Routledge, 2006, 147 p. Per una illustrazione sintetica delle trasformazioni
del consumo europeo nel corso del xviii secolo si consulti belfanti C. M., Civiltà della
moda, p. 87-105. Si legga inoltre l’interessante interpretazione di smith Woodruff,
Consumption and the making of respectability, London : Routledge, 2002, 339 p.
80
consumi Di lusso eD economia monDo. il regno Di naPoli nel xviii secolo
Lusso e importazione
Oltre agli indizi ricavati dall’analisi del campione di inventari post
mortem e alle testimonianze dei contemporanei41, una ricognizione dei
beni di importazione dovrebbe passare attraverso una più circostanziata
analisi della bilancia commerciale. Per quest’epoca prestatistica
disponiamo soltanto di due fonti quantitative sull’andamento delle
esportazioni e delle importazioni del Regno, ampiamente note alla
storiogra a settecentesca : i dati sparsi riportati da G.B.M. Jannucci
nel 1767-6942 e la bilancia del commercio estero del Regno stilata dal
Galanti per ordine del Re negli anni 1771 e 178443 (cfr. Tab. 8). Dal
quadro del Galanti si deduce che, in misura forse maggiore rispetto a
quanto le rilevazioni notarili consentano di stabilire, oltre alla scontata
importazione di coloniali come caffè, cacao e zucchero, tutto ciò che
più frequentemente si trova nelle case benestanti e nobiliari è di origine
estera. Dai cavalli che trainano le carrozze al legno lavorato con cui sono
costruite, dalle suppellettili che ornano le case di magnati e borghesi alla
carta di cui sono fatti i loro libri, ai libri medesimi ; dai vetri delle nestre
ai cristalli ornamentali, dal legname per i mobili al materiale di rives-
timento, dalla materia prima dei loro vestiti lussuosi o ordinari, per nire
con tutti i beni con i quali il secolo dei Lumi disegna il nuovo identikit
dell’uomo raf nato. Tabacchi, polvere di Cipro, cappelli, guanti, tabac-
chiere, ventagli e altre galanterie. Spesso liquidate come “bagatelle”,
ritenute indegne di valutazione dai notai, le galanterie e le “chinchiglie”
importate nell’insieme da Inghilterra, Francia, Olanda e Germania, sono
valutate da Jannucci la non indifferente somma di 100.000 zecchini.
41
A questi si potrebbe aggiungere un’ulteriore fonte indiziaria, quella rappresentata
dalle rubriche di merci pervenute da fuori Regno contenute nella stampa periodica com-
merciale. A titolo di esempio riporto qui due numeri del Foglietto di notizie domestiche,
conservato dall’Archivio di Stato di Napoli, del 1777 (n. 105) : tele di cotone stampato,
fazzoletti, tele di Germania, criscetti di vari lavori, teliere, servizi da tavola in Fiandra,
nobiltà di vari colori, drappi con oro, lavori d’oro e guarnizioni. Fiori di velo, veli di
Francia, porcellana di Francia, acqua d’odori, sono le merci pervenute da fuori regno a
vari negozianti della capitale.
42
jannucci G.B.M., assante F. (a cura di), Economia del commercio del Regno di
Napoli, 1767-69, Napoli, 1981, parte I, p. 60 e segg.
43
galanti Giuseppe Maria, Della descrizione geogra ca e politica delle Due Sicilie,
libro I, cap. XXIX, Napoli : ESI, 1969, p. 549 e segg.
81
aliDa clemente
Cavalli 25.000
Carta 40.000
Cera 230.000
Crete, porcellane, maioliche 3.731
Cristalli e vetri 36.540
Cuoi e pelli 878.372
Generi diversi (cappelli, guanti, ossame, pennacchi,
101.230
tabacchiere, ventagli)
Lana barbaresca 810.632
Legno lavorato e diverso 22.540
Libri 30.000
Lavori di seta 965.000
Tabacchi 534.000
44
galanti Giuseppe Maria, Della descrizione geogra ca e politica delle Due Sicilie.
45
jannucci G.B.M., Economia del commercio del Regno di Napoli, p. 60.
46
galanti Giuseppe Maria, Della descrizione geogra ca e politica delle Due Sicilie,
p. 563-564.
82
consumi Di lusso eD economia monDo. il regno Di naPoli nel xviii secolo
47
jannucci G.B.M., Economia del commercio del Regno di Napoli.
48
Ovvero senza contropartita in merci, data l’incapacità del Regno di Napoli di
compensare la crescente importazione con l’esportazione.
49
romano Ruggiero, “Il commercio franco-napoletano nel secolo xviii”, Napoli :
dalviceregno al regno. Storia economica, Torino : Einaudi, 1976, p. 67-122. Sul commercio
tra Francia e Mezzogiorno si veda anche salvemini B., visceglia M.A., Marsiglia e
il Mezzogiorno d’Italia (1710-1846), 1991. Flussi commerciali e complementarietà
economiche, in “Mefrim”, n. 103, 1, p. 103-63. ciccolella D., Il commercio franco-
meridionale di bre tessili tra Sette e Ottocento. I dati e le dinamiche, in salvemini
Biagio (a cura di), Lo spazio tirrenico della “grande trasformazione”. Merci, uomini e
istituzioni nel Settecento e nel primo Ottocento, collana Mediterranea, Edipuglia, 2009,
p. 87-116.
83
aliDa clemente
50
Su ore ci e argentieri si veda strazzullo Franco (a cura di), Settecento napoletano.
Documenti, Napoli : Liguori, 1982, 392 p.
51
Si legga mastrocinque C.A., La moda e il costume, in AA.VV., Storia di Napoli,
vol. VIII, Napoli, 1971, cap. I, p. 791. È oramai riconosciuto che molte delle innovazioni
più rilevanti della storia manifatturiera del Settecento furono ispirate da pulsioni em-
ulative dei manufatti importati. Si rimanda a berg Maxine, “From imitation to inven-
tion : creating commodities in Eighteenth century Britain”, Economic history review,
n. LV, 1, 2002.
84
consumi Di lusso eD economia monDo. il regno Di naPoli nel xviii secolo
52
Per un quadro delle arti e dei mestieri nella Napoli del Settecento si veda mascilli
migliorini Luigi, Il sistema delle arti. Corporazioni annonarie e di mestiere a Napoli nel
Settecento, Napoli : Guida, 1992, 233 p.
53
aliberti Giovanni, Economia e società a Napoli dal Settecento al Novecento, Napoli,
1974, 428 p.
54
mastrocinque Cirillo Adelaide, La moda e il costume, in AA.VV., Storia di Napoli.
55
corraDo Vincenzo, Notiziario delle particolari produzioni delle province del Regno
di Napoli, Napoli, 1816.
56
Non abbondano ricerche sulla produzione tessile nel Regno nel xviii secolo.
De majo Silvio, “Industria laniera e strutture socio-professionali nel Regno di Napoli
nella seconda metà del Settecento. I casi di Arpino, Salerno e San Severino”, AA.VV.,
Studi sulla società meridionale, Napoli, 1978, p. 165-219. visceglia M.A., Lavoro a
domicilio e manifattura nel xviii e xix secolo : produzione, lavorazione e distribuzione
del cotone in Terra d’Otranto, in AA.VV., Studi sulla società meridionale, Napoli, 1978.
ciccolella Daniela, La seta nel Regno di Napoli nel xviii secolo, Napoli : ESI, 2003,
402 p.
85
aliDa clemente
Lecce Bombace 2
Piedimonte Panno 2
Tessuti Tessuti
L’Aquila,
Filo 2
Prajano
Cava Tela 1
Cava Tela 3
Caivano Tela 1
Messina Spichetto 2
Lecce Pelle, opera 4 Ponte della Creta e
Mobilio 17
Calabria Olivo, ebano 9 Beni Maddalena porcellana
ornamentali
Oggetti Fabbrica
Abbruzzo Chicchere 1 Porcellana 1
d’uso del Re
Totale 58 Totale 54
57
galanti Giuseppe Maria, Della descrizione geogra ca e politica delle Due Sicilie.
bianchini L., Storia delle nanze del Regno di Napoli, Napoli, 1839.
58
galanti Giuseppe Maria, Descrizione di Napoli, § XIX, Arti meccaniche e commercio,
edizione a cura di Pellizzari M.R., Di mauro, 2000, p. 251.
59
Non si sa molto riguardo alla tradizione locale spontanea di produzione di porcellane e
crete, oscurata dalla ben più nota manifattura reale di Capodimonte. Alla sua importanza
fa un accenno solo ipotetico da fonte indiretta musella guiDa Silvana, “La Real Fabbrica
86
consumi Di lusso eD economia monDo. il regno Di naPoli nel xviii secolo
87
aliDa clemente
63
strazzullo Franco (a cura di), Settecento napoletano…, vol. I, p. 288-89.
64
strazzullo Franco (a cura di), Settecento napoletano…, vol. I, p. 34 e segg.
65
strazzullo Franco, Le manifatture d’arte di Carlo di Borbone, Napoli : Liguori,
1979, 349 p.
66
“Hobbies”, li de nisce R. Ajello in strazzullo F., Le manifatture d’arte…, prefa-
zione, p. 25.
67
Se infatti all’inizio del secolo la porcellana era un articolo di consumo esclusivo dei
nobili, nel corso del secolo il suo consumo si diffuse presso i ceti medi e ciò si ri etté
anche sulla natura della produzione di Capodimonte : le galanterie e le statuine in serie
divennero oggetti di moda presso le famiglie dei ceti medio alti e Capodimonte assurse
rapidamente a brand di maggiore successo della monarchia borbonica. Si veda musella
guiDa s., La Real Fabbrica della Porcellana di Capodimonte…
88
consumi Di lusso eD economia monDo. il regno Di naPoli nel xviii secolo
68
Portici, 28 ottobre 1760. Tanucci propone di selezionare due o tre dei migliori arte ci
di drappi del Regno per prescrivere loro “mode e colori d’ogni anno”, sull’esempio
di quelli francesi che piacevano a gentiluomini, dame, consiglieri e maggiordomi del
re. mincuzzi Rosa (regesti a cura di), Lettere di Bernardo Tanucci a Carlo III di Bor-
bone (1759-1776), Roma, 1969, Napoli, 3 gennaio 1764 e 31 gennaio 1764. Nel 1764
si adopera per evitare che gli arte ci di cristalli e gli incisori lascino il Regno, e nello
stesso mese vieta, su disposizione di Carlo, l’acquisto di legno estero per la fabbricazione
di carrozze.
69
bianchini Lodovico, Storia delle nanze del Regno di Napoli, Napoli, 1839, p. 509-510.
Bianchini ricorda il tentativo di Re Carlo di stimolare la produzione di panni di lana con
la domanda di uniformi per l’esercito e con l’istituzione di una scuola ad Arpino da parte
di un tale Baduel. Aggiunge che ciò non riuscì a realizzare una produzione suf ciente né
di panni ni né di panni ordinari.
70
bianchini lodovico, Storia delle nanze…, p. 509.
71
Lettere di Bernardo Tanucci a Carlo III di Borbone (1759-1776), Portici,
12 novembre 1771.
72
Lettere di Bernardo Tanucci a Carlo III di Borbone (1759-1776), Caserta, 21 aprile
1772. Tanucci riporta la soddisfazione del re per la fabbrica di “camelotti, e barracani
che il Principe di Cariati ha introdotto nella sua terra di Palmi colle lane delle capre
d’Angora”.
89
aliDa clemente
73
Nel Regno sorgono i primi nuclei di industria pesante, da Pietrarsa alle acciaierie
di Campobasso, dagli arsenali del porto ai cantieri di Castellammare, alle ferriere di
Mongiana. Si veda rubino Gregorio E., “La Real Fabbrica d’Armi in Torre Annunziata”,
in musella guiDa Silvana, Manifatture in Campania, p. 116-151.
74
battaglini Mario, La fabbrica del re : l’esperimento di San Leucio tra paternalismo e
illuminismo, Roma : Edizioni Lavoro, 1983, 125 p.
75
A titolo di esempio si legga il recente vocino Michele, Primati del Regno di Napoli :
ordinamenti, risorse naturali, attività industriali prima dell’Unità d’Italia, Napoli :
Grimaldi, 2007, 202 p.
90
consumi Di lusso eD economia monDo. il regno Di naPoli nel xviii secolo
76
bianchini lodovico, Storia delle nanze…, p. 508.
77
Già nel Seicento i tentativi di imporre dazi sui pannilana inglesi vengono
immediatamente vani cati dalla minaccia della perdita del mercato inglese di olio e seta.
Nel Settecento gli sforzi di Carlo di Borbone di creare manifatture autonome furono
osteggiati dagli inglesi, nella misura in cui minacciavano di sottrarre ad essi segmenti
del mercato meridionale. Si veda romano Ruggiero, “Il commercio franco-napoletano
nel secolo xviii”, in Napoli : dal viceregno al regno. Storia economica, Torino : Einaudi,
1976. bevilacqua Piero, Il Mezzogiorno nel mercato internazionale (secoli xviii-xx),
in “Meridiana”, n. 1, 1987, p. 29.
78
romano Ruggiero, “Il commercio franco-napoletano nel secolo xviii” …, p. 67-122.
79
È quanto denunciava con forza Jannucci. Si consulti in merito venturi Franco,
“Un bilancio della politica economica di Carlo di Borbone – L’economia del commercio
di Napoli di Giovanni Battista Maria Jannucci”, Rivista storica italiana, n. LXXXI,
1969, IV.
91
aliDa clemente
80
jannucci G.B.M., Economia del commercio del Regno di Napoli…, p. 882-902.
81
Galanti G.M., Della descrizione geogra ca e politica delle Due Sicilie, vol. II,
cap. XIX, par. 5.
82
Si tratta della nuova tariffa varata nel 1788 da un Supremo Consiglio delle Finanze
nel quale siedono Giuseppe Palmieri e Gaetano Filangieri, con la quale si pensa di
“agevolare di molto l’introduzione degli otto oggetti di lusso […] per evitare i contrab-
bandi e per accrescere un legame con gli stranieri af nché preferissero le nostre derrate
ricambiandone una parte colle loro manifatture di lusso”, anche per indurli a ribassare
“i dazi sulle straniere merci utili o necessari alle nostre arti e all’industria”. bianchini
Lodovico, Storia delle nanze del Regno di Napoli. In merito si veda anche chorley
Patrick, Oil, silk and enlightenment. Economic problems in Eighteenth century Naples,
Napoli : Istituto italiano di Studi storici, 1965, p. 147. Con arguzia, Chorley vede
nell’apparentemente irrazionale sistema doganale del Regno il ri esso della preminenza
di interessi della capitale consumatrice rispetto alle province produttrici.
83
Per comprendere la crisi del riformismo borbonico è essenziale la lettura di villani
Pasquale, Mezzogiorno tra riforme e rivoluzione, Roma & Bari : Laterza, 1977, 339 p.
92
consumi Di lusso eD economia monDo. il regno Di naPoli nel xviii secolo
84
Malgrado la letteratura tradizionale interpreti come un fallimento il modello
imprenditoriale del Mezzogiorno. Si veda il classico, ora contestato, Davis John, Società
e imprenditori nel Regno Borbonico (1815-1860), Roma & Bari : Laterza, 1979, 335 p.
85
barra F., Il Mezzogiorno nelle relazioni internazionali, in aa.vv., Storia del Mezzo-
giorno, Roma : Edizioni del Sole, 1986, p. 199. Il Mezzogiorno occupa nel mercato
internazionale un ruolo “caratteristico dei paesi sottosviluppati, basato com’era
sull’importazione di manufatti e l’esportazione di materie grezze non lavorate (lana,
seta, grano)”.
86
P. Macry scriveva nel 1974, in conclusione di un’opera rimasta esemplare nella
storiogra a sociale ed economica del Mezzogiorno : “Di fatto il Regno di Napoli esporterà,
per tutto il Settecento, olio, seta, grani, soda, lana ed importerà manufatti. […] sarà, per
Inghilterra e Francia, paesi ricchi di manifatture, un punto di riferimento vitale per quanto
riguarda le materie prime industriali e, seppure con minor continuità, le derrate alimentari.
In sottordine, il Regno costituirà un mercato dove tessuti e altri manufatti anglo-francesi
troveranno la propria collocazione.” E più avanti : “l’importanza del Regno – nel contesto
delle economie sviluppate – sarà quella di serbatoio di materie prime più che di mercato
per prodotti industriali.” macry Paolo, Mercato e società nel Regno di Napoli, p. 483-84.
87
Si veda ancora bevilacqua Piero, “Il Mezzogiorno nel mercato internazionale
(secoli xviii-xx)”, Meridiana, n. 1, 1987, p. 23 e segg.
93
aliDa clemente
88
È la tesi di Gigliola Pagano de Divitiis, Il Mezzogiorno d’Italia e l’espansione com-
merciale inglese, in “Archivio storico per le province napoletane”, vol. C, XXI, 1982,
p. 125-151.
89
Pagano De Divitiis gigliola, Il Mezzogiorno d’Italia e l’espansione commerciale
inglese. Rispetto a Napoli, le esportazioni inglesi equivalgono a circa i ¾ delle impor-
tazioni no alla metà del Settecento.
90
salvemini Biagio, “The arrogance of the market : the economy of the kingdom
between the Mediterranean and Europe”, in imbruglia Girolamo (a cura di), Naples in
the Eighteenth century. The birth and death of a Nation state, Cambridge, 2000, 272 p.
91
lo sarDo Eugenio, Napoli e Londra nel xviii secolo, Napoli : Jovene, 1991, 382 p.
92
Nella relazione commerciale del 1784, riportata da Lo sardo, si segnala l’ormai
consolidato mercato napoletano per i velluti di cotone e per tutti i tessuti di Manchester.
94
consumi Di lusso eD economia monDo. il regno Di naPoli nel xviii secolo
93
ASN, documento anonimo s.d., post 1759. In attesa di collocazione, il documento ci è
stato gentilmente messo a disposizione dal dottor F. De Mattia.
94
brauDel Fernand, Civiltà materiale, economia e capitalismo. I tempi del mondo,
Torino : Einaudi, 1997.
95
Per una rassegna degli studi sui rapporti centro-periferia e sugli approcci della WSA
si veda chase Dunn C., grimes P., World Systems Analysis, in “Annual Review of
Sociology”, 1995, vol. 21, p. 387-417.
96
In particolare l’antropologa J. Schneider ha richiamato l’importanza del commercio
dei beni di lusso tanto sul piano della creazione delle reti di interdipendenza quanto ai
ni della riproduzione dei sistemi sociali e di potere locali. Il saggio è schneiDer Jane,
“Was There a precapitalist world system ?”, Peasant Studies, 1977, n. VI, 1, ripubblicato
in chase Dunn Christopher and hall thomas, Core-Periphery relations in precapitalist
worlds, Boulder : Westview Press, 1991, p. 45-67.
95
aliDa clemente
Abstract : The article highlights the relationship between the spreading of luxury
consumption in Naples during the 18th century, the integration of international mar-
kets, and the political attempts to establish indigenous substitute manufactures. The
exotic taste for the new luxury, condemned by local economists as the main reason
for the weakness of Neapolitan economy, because of its growing dependence on
imports, is tested on a sample of post-mortem inventories. This source, widely used
in historical research about material culture in the early modern period, sometimes
contains information about both imported luxuries and indigenous “foreign style”
goods, showing at a micro level the effects of that growing globalization of taste and
market, that the central policy unsuccessfully tried to contain.
96