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Storia Medievale a.a.

2020/2021
Prof. Del Tredici Federico.
Lez. 1 7/10/20
L’Impero Romano:
per capire il Medioevo è importante capire che cosa è stato l’impero romano. Perché come sappiamo
convenzionalmente il Medioevo inizia quando finisce l’impero romano, per di più è importante sottolineare
il fatto che tutta una serie di caratteristiche del medioevo si comprendono meglio solo se si ha presente
cosa fosse l’impero romano. L'impero romano raggiunse la sua massima espansione ai tempi di Traiano (98-
117 d.C.). Guardando la carta, l’impero romano occupa un territorio che va dalla Mesopotamia all’Armenia,
comprendendo l’Egitto. La popolazione più o meno era di circa 70 milioni di abitanti. Come funzionava
l’amministrazione di questo enorme territorio? Al vertice di tutto c’è un imperatore, dopo di che vi è il
senato, dove si riunisce la classe dirigente. L’aristocrazia senatoria, le più importanti e ricche famiglie
dell’impero, costituiscono l’elite che governano l’impero al fianco dell’imperatore. Una famiglia di questo
rango ha una ricchezza spropositata al contrario del contadino. Vi è una disuguaglianza a livello economico
molto importante. Queste famiglie ricchissime hanno delle proprietà sparse su tutto il mediterraneo. Il
prerequisito affinchè ci sia una distribuzione della proprietà è che ci sia un impero. Se c’è una forza in grado
di controllare e di garantire sicurezza, come l’impero, delle proprietà allora tali proprietà possono esistere.
L’esistenza dell’impero permette a queste famiglie di essere così tanto ricche. L’impero è sostenuto da
famiglie dell’aristocrazia senatoria, dall’altra parte l’impero garantisce a queste famiglie di essere così
ricche. Vi è per di più un esercito che aiuta a garantire un controllo sul territorio. Ma in relazione a questo
grande territorio, queste forze bastano? NO. I soldati romani dell’esercito romano erano al massimo 500
mila, e rispetto ai 70 milioni della popolazione del territorio erano sicuramente pochi. L’impero si aiutò
facendo accordi con le varie zone. I segni di questi accordi sono ad esempio l’arco di Costantino. Questi
archi sono la testimonianza dei patti che legano le diverse zone, le diverse popolazioni con Roma.
Sono stati trovati ritratti di egiziani che hanno accolto la cultura romana, vestendosi come i romani,
sistemandosi i capelli come i romani ecc, ma facendosi pur sempre seppellire come gli egiziani. Cosa
garantiscono ai romani queste elite periferiche? Le tasse. Queste elite locali garantiscono che vengano
riscosse le tasse. L’impero romano è uno stato che raccoglie tasse. (nel Medioevo le tasse non ci saranno
più). Roma con le tasse finanzia l’esercito. Per di più occorre avere un sistema burocratico che riesca a
tener sotto controllo le tasse e le finanze. Questo sistema burocratico produce archivi e documentazione.

Guarda immagine 1: Cartina dell’Impero Romano risalente al 400. L’impero si è un po' ridotto rispetto al
periodo dell’imperatore Traiano, non vi è più le Mesopotamia, ma tutto il mediterraneo è compreso.
Questa carta mostra i più importanti scambi commerciali all’interno dell’Impero Romano. Ci sono prodotti
di livello medio basso che si spostano da una zona all’altra a distanze anche lunghe, questi spostamenti
garantiscono una rete commerciale. Per commercio di prodotti medio bassi si intende le anfore, frumento,
vino, grano. Questa rete commerciale è particolarmente importante perché anch’essa garantisce l’esistenza
dell’Impero e la sua sopravvivenza. Nella carta ci sono frecce che vanno da Cartagine, quindi il Nord Africa e
dalla Sicilia verso Roma. Ci sono poi altre linee che collegano la Francia Settentrionale al confine del Reno.
Nella zona del Mediterraneo orientale ci sono delle linee che uniscono l’Egitto, il Medio Oriente, con
Costantinopoli fono al Danubio. Queste linee ricalcano le linee fondamentali degli scambi fiscali interni
all’impero romano, ovvero tasse che vanno dal nord africa, che è il grande produttore di grano, come la
Sicilia, verso Roma. I grandi scambi commerciali seguono delle linee che sono tracciate dallo Stato, cioè
sono gli spostamenti chiesti dallo Stato che favoriscono anche gli scambi commerciali. Lo stato chiede tasse
che vanno da Cartagine e dalla Sicilia verso Roma, e poi chiede tasse che vanno dalla Francia al confine del
Reno, che servono per mantenere l’esercito che è stanziato sul confino, lo stesso vale per le tasse che

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vanno dall’Egitto al Danubio, che servono per mantenere l’esercito stanziato sul confine del Danubio. Lungo
questi assi di scambio fiscale si sviluppa anche lo scambio commerciale. L’esistenza del commercio e
l’esistenza delle finanze sono strettamente collegate ed entrambe garantiscono l’esistenza dell’Impero. Il
crollo dello Stato comporta anche il controllo degli scambi commerciali, perché l’uno esiste grazie all’altro.
Questo impero è uno spazio politico, ha un grande spazio dove circolano beni, quindi vi è uno spazio
economico, di conseguenza circolano beni anche privatamente. In questo grande spazio circolano anche
persone.
Guarda immagine 2: Quest’immagine rappresenta coloro che sono fuori dall’impero. È l’immagine di un
sarcofago situato a Roma (piazza Navona) della metà del III secolo. Al centro vi è probabilmente un figlio
dell’Imperatore, ucciso in battaglia contro delle popolazioni barbare. Il sarcofago rappresenta la vittoria
contro una popolazione barbara. Lo scontro viene rappresentato mettendo a confronto romani e barbari. I
romani si trovano in alto e sono di dimensioni più grandi rispetto ai barbari che si trovano ai loro piedi. Da
notare anche il fatto che i romani hanno un’armatura, mentre i barbari sono per lo più nudi o semi vestiti,
inoltre i romani sono a cavallo. Le capigliature dei barbari, inoltre, sono molto folte, ciò indica non curanza
e quindi inferiorità. Da notare anche il fatto che il figlio dell’imperatore è l’unico senza armi, perché lui non
deve combattere in prima persona, ma deve per lo più guidare. La differenza maggiore tra romani e barbari
è che i primi hanno l’intelligenza, l’astuzia, la razionalità e la disciplina, tutte rappresentate dal figlio
dell’imperatore. I barbari, non sono deboli, anzi i muscoli rappresentano tutt’altro, ma le loro espressioni
trasmettono sofferenza, seppur i barbari sono i rozzi per eccellenza. Questo sarcofago rappresenta un
mondo barbaro forte, ma che perde contro la disciplina e la razionalità dei romani.
N.B. sulla fronte del figlio dell’imperatore c’è una croce (x). È una croce legata alla fede nella religione
mitriaca.

Lez. 2 8/10/20

Culto di Mitra: immagine di Mitra che uccide il toro, animale cosmico. È una religione fondata sulla re
generazione, che garantisce ai suoi fedeli la salvezza dopo la morte. La religione tradizionale romana, ma in
generale la religione tradizionale del mondo antico, non era una religione salvifica. Le religioni del mondo
classico hanno uno scopo politico e civile. I riti che la determinano servono per stringere e legare le persone
tra di loro, e questo è uno scopo civile. Per l’individuo tutto ciò può essere una dimensione piuttosto
frustante. L’individuo cerca di capire qual è il senso della morte. Ecco che le religioni come quelle del culto
di Mitra danno all’individuo tutte le risposte che egli cerca, attribuendo alla morte una dimensione salvifica.
il culto di Mitra ebbe una grande diffusione tra il terzo e il quarto secolo, fino a quando il cristianesimo non
ebbe la meglio e si impose sulle altre religioni.

Cristianesimo: La proposta del cristianesimo è “tu ti salverai”, “c’è vita dopo la morte”. Il cristianesimo
introduce il tema del giudizio universale finale. È una religione che nasce dal basso, tra la gente umile. Per il
cristianesimo, il mondo non era eterno, il tempo sarebbe finito prima e poi con il giudizio universale. Per il
cristianesimo l’animale più negativo è il serpente, in virtù del peccato originale. Il serpente e non qualsiasi
altro animale perché il serpente è il simbolo del tempo ciclico (immagine del serpente che si morde la
coda), invece per i cristiani il tempo finisce. Il cristianesimo inizia a diffondersi prevalentemente in ambito
urbano. Le prime persecuzioni avvengono alla fine del terzo secolo per il motivo per cui i cristiani si
rifiutavano di fare sacrifici all’imperatore. Pertanto dal momento in cui l’imperatore acquista potere, con la
convinzione che il potere derivasse da una qualche entità sovrannaturale, i cristiani entrano in contrasto
con quest’idea ed iniziano ad essere visti come una setta religiosa che entra in contrasto con le idee
politiche del tempo. Nel quarto secolo il cristianesimo ebbe la meglio. Nel 313, con l’editto di Milano,
Costantino emana la libertà di culto del cristianesimo. Nel 325, avviene il primo concilio ecumenico, il
concilio di Nicea, in cui tutti i vescovi del mondo cristiano si riuniscono a Nicea, per stabilire quale fosse la

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giusta religione. Nel 380, con l’editto di Tessalonica, Teodosio rese il cristianesimo la religione ufficiale
dell’Impero. Nel corso del quarto secolo il cristianesimo diventa la religione dell’elite. Nel momento in cui il
cristianesimo diventa tollerata, allora diventa anche pubblica: si costituiscono le chiese come edifici
materiali. San Giovanni in Laterano è la prima chiesa pubblica, oggi cattedrale di Roma. Secondariamente,
nasce anche la chiesa come istituzione legittimata a ricevere ricchezze. Ciò ha portato la chiesa ad essere
ricca.
Vicino ad uno dei palazzi imperiali, quello in cui abitava la madre di Costantino, Sant’Elena, colei che ritrovò
e portò la reliquia della croce di Cristo a Roma, dopo questo fatto, sorse la chiesa di Santa Croce in
Gerusalemme. Il cristianesimo è appoggiato dall’imperatore. È il fortissimo legame con l’impero che rende il
cristianesimo religione ufficiale. La chiesa nasce come appendice del palazzo imperale, il capo della chiesa
nel quarto secolo è l’imperatore. L’imperatore è colui che convoca il concilio di Nicea. L’imperatore era
capo della Chiesa. Gli imperatori puntano sul cristianesimo perché a livello politico ottenevano consensi,
stabilità e unità dell’impero. Il cristianesimo in più, rispetto alla religione romana tradizionale, ha il reticolo
delle chiese cristiane, che comunicano tra di loro, sono più solide e danno sicurezza all’impero. Se il
cristianesimo diventa importante a livello imperiale, l’elite dell’impero rappresenteranno i vescovi delle
chiese. A comandare è l’elite imperiale, colei che ricopre il ruolo di vescovo che si occupa
dell’organizzazione di una chiesa. Saranno costoro a decidere l’ortodossia, le letture da proporre, gli
insegnamenti. Il vescovo è il capo della chiesa, da cui dipende il clero. Il cristianesimo nasce come chiesa
imperiale e come chiesa strettamente legata al potere politico. Una chiesa ricca è gestita da persone ricche,
l’elite. Non soltanto l’imperatore è il capo della chiesa, ma Cristo diventa un po' un imperatore. Infatti:
Sarcofago di silicone (chiesa di Sant’Ambrogio a Milano), un sarcofago romano del 400 con rappresentate
varie scene tra cui la scena in cui cristo consegna la legge a San Pietro, il quale ha le mani velate per non
toccare direttamente la legge. Questa scena ritorna ad esempio nell’immagine in cui l’imperatore consegna
al magistrato l’editto.
Come è organizzata la Chiesa? Inizialmente il Papa non è il monarca della Chiesa, come lo vediamo noi oggi.
Questa figura inizierà a prendere forma tra l’11 e il 12 secolo. Inizialmente ci sono solo tanti vescovi senza
un vertice sopra di loro. Questi vescovi definiscono l’ortodossia, comunicando tra loro. Il capo della
comunità cristiana è il singolo vescovo da cui dipende il clero locale. È un capo che è evidentemente
appartenente all’elite. La chiesa cristiana è una chiesa cittadina che si diffonde in città. In campagna c’è
molta più difficoltà di penetrazione. Oltre a questo reticolo di chiese urbane che faticosamente cercano di
diffondersi in campagna, dando vita successivamente alle chiese rurali, c’è un altro reticolo importante
costituito dai monasteri. Nel 4 secolo la chiesa assume un’importanza politica non indifferente, seppur
inizialmente la religione era nata tra la gente umile. Queste componenti escatologiche, carismatiche ovvero
la contrapposizione che vede da una parte la religione organizzata dall'altra il carisma: il singolo individuo
che al di fuori di una singola rete organizzata suscita una risposta da parte di chi gli sta intorno e veicola un
messaggio religioso. Questa dimensione un po' meno istituzionalizzata, non scompare totalmente, non
scompaiono totalmente le esperienze di vita religiosa che pretendono di essere qualcosa di diverso rispetto
a questa chiesa così contaminata con il potere che ormai è diventato il cristianesimo. Ecco che allora in
tutta l'area dell'impero ma soprattutto in Oriente, vi sono figure di singoli eremiti che si allontanano dalle
città e anche dalla chiesa episcopale per vivere delle esperienze di fede più radicale. In Oriente queste
rimangono esperienze fortemente individuali e a partire dal quarto e dal quinto secolo si diffondono
esperienze di vita collettiva ma pur sempre segnate da una distanza dal mondo urbano e da una chiesa
ufficiale. Ecco che sorge la rete dei monasteri. Ogni monastero vede più persone, ognuna delle quali spinte
dalla voglia di vivere la fede individualmente e in maniera più distaccata rispetto alla chiesa urbana. I
monasteri costituiscono un altro polo rispetto alla chiesa episcopale.
Leggi: lettura su San Martino.
questa è la vita di San Martino scritta da un suo discepolo, Sulpicio Severo. San Martino è famoso per
l’episodio del mantello al povero. San Martino è realmente esistito, nato nel 316 nella zona dell’attuale

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ungheria, figlio di un militare. Successivamente si trasferì con il padre a Pavia, dove inizia a frequentare la
comunità locale, ma che poi venne trasferito in Francia per seguire la carriera militare. È in Francia che
avviene l’episodio del mendicante che si rivolge appunto a San Martino, lamentandosi del freddo. San
Martino prende il suo mantello e lo taglia in due per aiutare il povero mendicante. La notte successiva Gesù
gli apparirà in sonno ringraziandolo di averlo aiutato. Al mattino il suo mantello è miracolosamente tornato
intero. Da qui in poi la vita di San Martino cambia, inizia a vivere una vita religiosa più intensa fino a quando
non fonda un monastero, nel quale avrà diversi discepoli tra cui anche Sulpicio Severo. Infine San Martino
diventerà anche vescovo. La vita di San Martino è interessante perché ci fa capire l’estensione dell’Impero
Romano, dall’attuale Ungheria a Pavia, fino in Francia.
L’esperienza che San martino sta vivendo prima di diventare vescovo è un’esperienza da monaco, in un
eremo, lontano dalla vita cittadina. Il vescovo di Tours è morto. San Martino viene scelto dai cittadini, non
c’è un Papa che convoca un vescovo. Tra monastero e città c’è una distanza, Martino non ci vuole andare in
città e anche quando lo nominano resta la stessa persona di prima, tant’è che non cambia abita, quindi non
accetta la ricchezza del vescovo, e in più va ad abitare in una cella d’eremita a fianco della Chiesa.
Questa testimonianza sottolinea due mondi che sembrerebbero essere in contrasto, ma forze così tanto in
contrasto non sono. In città c’è la consapevolezza di un monastero lontano dalla città. È una lontananza che
non è una vera e propria differenza.

Lez.3 9/10

Sulpicio Severo, Vita di martino: Martino diviene vescovo di Tours.


Esistenza di due lati della gerarchia ecclesiastica: da una parte la gerarchia episcopale, legate al vescovo e
alla città, dall’altra un mondo legato al monastero, ad una vita condotta da eremita lontano dalla ricchezza
della Chiesa in città. Da una parte i ricchi vescovi dall’altra gli umili monaci.
Questa fonte (risalente alla metà del 4 secolo) ci dice che nelle campagne della Gallia il cristianesimo ancora
non era arrivato. C’era un tempio e un albero. Martino è il vescovo e come ogni altro vescovo si occupa di
cristianizzare le campagne. I pagani avevano il loro tempio. Per cristianizzare i pagani conta il gesto, il fatto,
l’azione, non è sufficiente convincere e cristianizzare a parole. Il vescovo butta giù il tempio, e con esso
anche l’albero adiacente, perché in quell’albero non c’era niente di sacro, anzi era consacrato ad un
demonio. Buttando giù l’albero, accade il miracolo. Un pagano dice: “noi butteremo giù l’albero, se
veramente questo Dio in cui tu credi esiste, tu ti salverai e non verrai sommerso dal tronco”. Dalla
testimonianza emergono dei pagani un po' scettici, ma allo stesso tempo non tanto legati alla loro religione
perché comunque disposti ad abbattere il loro albero sacro pur di vedere se effettivamente Dio esiste.
Le chiese rurali erano comunque dipendenti dalla chiesa urbana. Una diocesi è un territorio dipendente da
un vescovo in una determinata città. Nel medioevo le città sono le sedi episcopali: dove c’è un vescovo c’è
una città. Ci sono delle chiese episcopali dalle quali dipende il territorio circostante. Il vescovo è il capo di
una diocesi, ovvero di un territorio che racchiude tot chiese. Per città si intende la sede episcopale. Le sedi
episcopali sono molto più fitte nel centro-sud d’Italia piuttosto che nel nord d’Italia.

Gregorio di Tour: lui è un esponente dell’aristocrazia senatoria, nella Gallia del 6 secolo. Essendo un
vescovo di Tour è devoto all’esperienza del suo predecessore San martino. Importante è il suo incontro con
un monaco stilita. Il monaco stilita è un monaco che sta sopra una colonna, vive un’esperienza religiosa di
particolare eroismo e in particolare salgono sopra una colonna, senza scendere. Gregorio di Tour incontra
questo monaco stilita quando quest’ultimo è sceso dalla colonna. Vulfilaico è un monaco longobardo che
racconta di essersi convertito al cristianesimo perché ha sentito il nome di Martino. Vulfilaico viene istruito

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da abba Aredio. È proprio con abba Aredio che Vulfilaico compie un pellegrinaggio presso la tomba di San
Martino dove avviene il miracolo della polvere che si moltiplica nella teca. A questo punto Vulfilaico
abbandona la vita monastica e si trasferisce a Treviri, dove però c’è ancora parte della popolazione che
venera Diana. Così chè Vulfilaico erige la colonna, sale su la colonna e così convince i pagani ad
abbandonare la fede in Diana. Resta che abbattere la statua di Diana e Vulfilaico con un manipolo di uomini
l’abbatte. Succede però che i vescovi intervengono per motivi di controllo del territorio. I vescovi si
accorgono che Gregorio raccoglie seguaci e non vogliono che qualcuno assuma potere in quello stesso
territorio che è sotto il potere dei vescovi. Tra la chiesa monastica e la chiesa episcopale c’è comunque una
competizione. Gregorio sale sulla colonna, l’effetto di questo gesto è l’ottenimento dei seguaci (manipolo di
uomini). Questo per i vescovi è un problema. Da una parte gente che sembra essersi ritirata dal mondo, ma
che comunque raduna seguaci (per il suo carisma)e dall’altra le figure ufficiali come i vescovi (che
detengono il potere) che sentono la concorrenza.

Nella fonte 1 siamo ancora nel contesto dell’Impero romano, nella fonte 2, siamo nel contesto dell’impero
franco.

Convenzionalmente la fine dell’Impero Romano viene indicato ne 476 d.C. quando avvenne la deposizione
dell’ultimo Imperatore Romolo Augusto. La causa principale risulta essere le invasioni barbariche. Roma
stessa nel quarto secolo a.C. era stata invasa da un manipolo di barbari, i famosi celti delle fonti gaudine,
provenienti dalla pianura padana. Questi celti erano gli antinati dei barbari che conquistarono l’impero del
quinto secolo d.C. Quindi in realtà c’è un confronto costante con i barbari. Ai tempi di Augusto ci sarà una
spedizione militare che però non andrà a buon fine e i romani rinunceranno a conquistare la Germania,
stabilendo il loro confine sul Reno. In particolare il tardo impero romano è un periodo in cui i barbari
entrano spesso in contatto con i romani. Soprattutto i barbari entrano a far parte dell’esercito romano. Un
testimone ne è il generale Stilicone, lui è esattamente l’equivalente del generale rappresentato sul
sarcofago. Qui è rappresentato armato. Al suo fianco c’è la moglie e suo figlio. Quest’ultimo tiene in mano
un libro, simbolo del funzionamento dell’Impero. Nel quarto secolo l’Impero funzionava, nessuno si sarebbe
aspettato il crollo dell’impero. Agli inizi del quinto secolo le cose cambiano radicalmente.
I momenti essenziali sono gia all’inizio del quinto secolo, quando crolla il confine del Reno nel 406. Da poco
tempo le legioni romane hanno abbandonato l’inghilterra e da lì entrano gli anglo e i sassoni.
Successivamente i visigoti, nel 378 si sono scontarti con l’esercito romano in oriente e nella battaglia di
Adrianopoli uccidono l’Imperatore. I visigoti si spostano in occidente e nel 410 saccheggiano Roma, nel
famoso sacco di Roma. Per poi stabilirsi nella penisola iberica. È il segno di una fine di una civiltà. I vandali
conquistarono Cartagine. Questo è molto importante perché si interrompe il flusso commerciale più
importante dell’impero: lo scambio di frumento dalla regione che più di tutte produceva frumento verso
Roma. Dopo la caduta dell’Impero i grandi flussi commerciali si sono interrotti. Le grandi elitè senatorie
ovviamente perdono tutte le loro proprietà. Che cosa è cambiato rispetto a prima? Cambia il fatto che i
barbari non riconoscono più la superiorità dell’Impero, non c’è più un sistema politico nel quale inserirsi,
ma si preferisce creare, fondare un nuovo sistema politico proprio. Quando parliamo di franchi, visigoti,
barbari ecc, non dobbiamo pensare ad un popolo da sempre esistito e per lo più non dobbiamo pensare
che tutti siano effettivamente franchi o tutti siano visigoti, sono popoli costituiti da persone che in quel
momento si riconoscono del generale franco, visigota o longobardo che sia. Nel 476 l’Europa occidentale
presenta un quadro completamente diverso rispetto ai tempi dell’impero romano. Troviamo la divisione di
diversi regni romano-germanici, definiti così perché si assiste all’incontro tra un elemento germanico e un
elemento romano. Questi regni possono sopravvivere solo sulla base di un accordo di collaborazione tra i
nuovi arrivati e i romani. Fino a che punto possiamo dire che questi regni rappresentano un qualcosa di
totalmente nuovo? Non viene più riconosciuto un vertici imperiale, ma in relazione all’impero romano,

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questi regni non funzionano diversamente. Infatti sono detti anche regni post-romani. Nel 476 Odoacre ha
deposto Romolo Augusto, da quel momento l’Italia diventa un popolo ostrogoto. Nel 489 Teodorico,
anch’egli ostrogoto conquista l’Italia. Nasce il regno Ostrogoto con capitale Ravenna. Alla base vi era la
piena collaborazione tra l’elemento ostrogoto, che ha il compito di combattere e l’elemento romano che ha
il compito burocratico di risarcire le tasse. Questa bipartizione è dovuta al fatto che Teodorico vuole
preservare la divisione tra ostrogoti e romani, mantiene le due religioni diverse, vieta i matrimoni combinati
ecc. a Ravenna, infatti, ci saranno due battisteri, uno per gli ostrogoti ariani e uno per i romani cattolici.

Lez.4 14/10/2020

L’effetto, la conseguenza della caduta dell’Impero Romano è un mondo più regionalizzato. Questi barbari
che pongono fine all’impero d’occidente erano degli antichi frequentatori dell’Impero. In realtà queste due
realtà erano da tempo in contatto tra loro. I barbari che stanno fuori dall’impero, da una parte si
sedentarizzano, cambiando le loro strutture politiche, dall’altra entrano proprio nell’impero prendendo
parte all’esercito. Perché nel IV secolo questa presenza barbarica non ha dato sin da subito origine alla
caduta dell’impero? Perché dal 400 in avanti questi popoli non tendono più all’assimilazione del mondo
romano, ma tendono a mantenere la propria identità. Un esempio ne sono gli ostrogoti, come Teodorico,
che non si convertono al cristianesimo, ma rimangono ariani. In secondo luogo non hanno più l’obbiettivo
di farsi pagare dai romani, ma pretendono di avere delle terre, di diventare proprietari terrieri. E questo
cambia ogni cosa, perché vogliono radicarsi territorialmente. I barbari non vogliono più essere pagati con le
monete, ma con le terre. Quindi i barbari piano piano iniziano a diventare proprietari fondiari. Ora l’elitè è
costituito da proprietari fondiari, dediti alla guerra. Precedentemente l’elitè era civile, si occupava
dell’amministrazione civile, e separatamente vi era l’esercito che si occupava di difendere. Ora questa
distinzione tra elitè civile e elitè militare viene meno. Per di più i re di ogni singolo popolo, non riconosce
più l’unità imperiale. Ecco che nasce un mondo molto più regionalizzato rispetto al precedente. Da non
dimenticare un elemento fondamentale che ha a che fare con chi già c’era è il supporto dell’elitè locale.
L’immediata conseguenza è appunto la fine e il crollo dei grandi flussi commerciali. Un flusso commerciale
che è sempre stato significativo e fondamentale al funzionamento dell’impero, ora cessa di esistere. Non
tutto cambia realmente. Questi regni romano-germanici sono regni che in qualche modo possiamo definire
post-romani. Ovvero che sì molto è cambiato, ma molte caratteristiche del mondo romano si mantengono
in questi spazi regionalizzati. Ovviamente viene meno l’elitè amministrativa, le grandi famiglie senatorie che
avevano proprietà sparse per tutto l’impero. Ovviamente anche queste vengono meno. Tuttavia possono
continuare ad esistere famiglie di media elitè che magari continuano a possedere territori per tutto il regno
franco, o per tutto il regno ostrogoto. Un grande proprietario sarà sicuramente il papato. Le chiese sono
grandi proprietari terrieri. E in questo periodo il papato ha ancora molti territori sparsi per tutta Italia.
Rimane un mondo in cui può essere possibile essere un grande proprietario terriero. Questo è importante
perché nel medioevo non sarà più così. Di questi regni post romani potremmo dire che permane ancora la
riscossione delle tasse. Il palazzo di Teodorico è la testimonianza che ancora esiste un’amministrazione che
richiama all’antica amministrazione statale romana.

LETTERA A CLODOVEO RE DEI FRANCHI DI RE TEODORICO:


Teodorico scrive al re dei franchi, Clodoveo, congratulandosi con lui per aver sconfitto gli alemanni. Però
Teodorico, invita Clodoveo a non esagerare e a lasciar stare gli altri popoli. Quindi vediamo i due re che si
scrivono, al di sopra di loro non c’è nessun imperatore.
Casseodoro raccoglie e tiene da parte le lettere che documentavano la straordinaria attività di Teodorico.
La cosa più interessante da notare è lo stile alto e raffinato di questa lettera. Ciò segna una continuità

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dell’istruzione anche dopo la caduta dell’impero. Qui siamo in presenza di un Casseodoro, a capo di una
cancelleria, la cui cultura è ancora la stessa romana. Ecco perché vengono definiti regni post romani.

GREGORIO DI TOURS, HISTORUM FRANCORUM

Nel 579, qualche anno dopo la lettera di Teodorico. La fonte più importante è Gregorio di Tours, vescovo di
Tours che descrive al meglio il mondo del regno franco in quel periodo, dopo la caduta dell’impero romano.
Gregorio sta raccontando degli eventi che accadono nel 579, eventi inerenti a uno dei re dei Franchi,
Chilperico il quale ordinò in tutto il regno nuove e pesanti imposte, tasse. Perciò gli abitanti di Limonge si
radunarono e tentarono di uccidere Marco, colui incaricato di riscuotere le tasse, se non fosse stato
protetto dal vescovo. Se dovessimo soffermarci sul nome del referendario, Marco in traduzione e Marcus in
latino, noteremmo che esso è un nome latino in un mondo post-romano. Ma è importante notare che il
compito di riscuotere le tasse viene affidato ad una persona che ha un’origine gallo-romana. “Referendario”
il fatto che si utilizzi questa parola sta a significare che la carica di colui che riscuote le tasse è una carica che
viene espressa con un nome romano, non con un nome barbaro. È un pezzo di impero romano che ci
ritroviamo nel regno franco del 579. La fonte ci dice che la popolazione non volle pagare le tasse e non le
pagarono. Questi elementi che attestano una progressione dell’esperienza romana nel mondo barbaro, di lì
a poco iniziano a scomparire come le tasse. Perché far crollare il sistema fiscale? Da un punto di vista dei
barbari non conveniva far crollare il sistema fiscale, ma dal punto di vista del re, si. Per raccogliere le tasse
occorre mettere in piedi un sistema burocratico difficile, composto di registri, che devono essere sempre
aggiornati e un personale preparato che sapeva fare quel lavoro li. Ormai regni, come quello franco, quel
personale adeguatamente preparato non ce l’aveva più. Ad un certo punto le tasse non si riscuotono più ed
è qui che l’impero romano crolla definitivamente. I regni dal tardo sesto secolo non chiedono più le tasse.
Infatti il loro obiettivo non era la distruzione del sistema fiscale, anzi per un po' di secoli lo portano avanti,
ma dopo un po' questo sistema non riesce ad andare più avanti perché è estremamente difficile a livello
burocratico. Quindi, il re, senza le tasse, come riesce a pagare l’esercito? Con altre risorse: PROPRIETA’
TERRIERA, quindi con le terre. Chi è che protegge il referendario? Il vescovo. Il vescovo è un esponente
dell’elitè locale, è un mediatore tra il mondo regio e il mondo popolare.

Naturalmente c’è una parte dell’antico impero romano in cui le tasse continuano ad essere riscosse e in cui
esistono ancora dei flussi commerciali e questo è l’impero romano d’oriente. L’impero romano d’oriente è
un impero che non cade. In cosa è diverso rispetto all’occidente? È diverso nel fatto che quello è un mondo
che nel 7 secolo ancora funziona come funzionava l’antico l’impero romano. Noi oggi lo chiamiamo l’Impero
bizantino, ma era l’impero romano, l’impero dei romani. Agli inizi del 6 secolo, Giustiniano diventa
imperatore dell’impero (mosaico a Ravenna a San Vitale). Giustiniano rilancia l’impero d’oriente con tutta
una serie di campagne militare, che portano i romani a riconquistare parte dell’impero occidentale: nord
africa, coste della spagna e soprattutto nel 535 conquista tutta l’Italia nella guerra greco-gotica. Seppur
mancava la Gallia, la Bretagna, pezzi della Germania, ma possiamo dire che parte dell’impero era stato
riconquistato. Succede che a Ravenna vengono cancellate le immagini di Teodorico e della sua corte dal
palazzo imperiale. Giustiniano, a Ravenna, si fa rappresentare in questo mosaico che rappresenta la ripresa
dell’impero romano d’oriente. Accanto a lui ci sono i soldati, un vescovo e i diaconi, quindi il clero e i
funzionari, i burocrati, coloro che erano istruiti che potevano amministrare lo stato. L’immagine ci mostra
uno stato in cui al centro c’è l’imperatore, rappresentato come una divinità cristiana in terra, con accanto la
chiesa, i funzionari civili, i quali riscuotono le tasse ed infine l’esercito.

Lez.5 15/10/2020

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Il regno franco è il regno più importante che nasce dalle ceneri dell’Impero Romano d’occidente. I franchi
sono un popolo misto, costituito tra la fine del 4 e l’inizio del 5 secolo. All’inizio del 6 secolo questo regno si
afferma e diventa il più importante nel quadro europeo. Nel 6 secolo questo regno inaugura una centralità
all’interno delle vicende dell’Europa occidentale che durerà fino al 1800, dominando la scena politica. La
conversione al cattolicesimo del re Clodoveo nel 496 è uno dei fatti più importanti che caratterizza la storia
del regno franco. La conversione al cattolicesimo conferma la potenza del regno, un regno in cui si realizza
una conversione tra elitè franca e elitè romana. Questa conversione avviene precocemente perché i Franchi
sono cattolici e questo che effetto ha? I franchi sono cattolici, il che vuol dire che un franco può diventare
vescovo cattolico. Non esiste una chiesa ariana che è la chiesa dei franchi, la chiesa dei franchi è la chiesa
cattolica ed è qui che si incontrano i mondi romano e franco.
CARTINA: inizialmente il popolo franco occupa territori che in parte erano dell’Impero romano d’occidente,
ma anche territori che vanno oltre i confini dell’ex impero, ad esempio i franchi vanno oltre il Reno, ad est
del Reno, che al tempo dei romani quello era un confine. Nel 486, Clodoveo conquista la Neustria che
costituisce la prima grande conquista del regno franco. Nel 507 conquista dell’Aquitania. I franchi
conoscono l’espansione territoriale, ponendo sotto il loro controllo gran parte del territorio dell’ex impero.
Quanto è unito questo regno? La dinastia discende dalla dinastia merovingica, i successivi re franchi
appartengono tutti alla dinastia di Clodoveo, la dinastia merovingica. Non c’è stata un’ordinata successione,
perché i merovingi sostengono il progetto di dividere il regno tra i figli del re, dopo la sua morte. La storia
del 6 secolo della Gallia è caratterizzata da una sequenza di conflitti tra questi re che litigano per il
territorio.
Un regno in cui non c’è più la burocrazia che riscuote le tasse, come funziona? E quanto sono importanti
questi re senza tasse, senza burocrazia, senza esercito? I re sono importanti. Questi regni hanno un re che
conta. I re non riscuotono più le tasse, non hanno più la burocrazia, ma hanno la terra. Questi re sono
grandi proprietari fondiari. Il patrimonio regio era un qualcosa di enorme. I re hanno a loro disposizione
grandi territori. La loro vita è una vita di spostamenti tra i territori posseduti. Non tutti i territori vengono
gestiti così, in maniera diretta. Gran parte è gestito in maniera indiretta, da aristocratici, che a loro volta
sono a capo di una clientela armata che combattono e costituiscono l’esercito. Vengono pagati con la terra.
È questo sistema di concessioni che costituisce l’ossatura del regno. Il vescovo dal canto suo è importante
perché anche lui è un grande proprietario terriero. Anche il vescovo concede le terre per far si che qualcuno
combatta per lui. L’aristocrazia del regno franco è grande non perché ha del territorio proprio, ma perché
sono in rapporto con il re. L’aristocrazia è tanto più potente quanto più è in rapporto con il re, perché è
tramite il re che arrivano le risorse, i soldi e il territorio.
Il fatto che al tempo non si aveva un cognome, sta a significare che il patrimonio non si ereditava secondo
una linea familiare da padre a figlio, ma il patrimonio si ricavava dai rapporti con il re. Non sono
fondamentali i legami verticali, ma sono importanti i legami di relazione con il re. Il patrimonio di famiglia
non conta, non esiste, quello che conta è il patrimonio di relazioni chiamato prossimità del regio, ed è
questo quello che conta, non il patrimonio familiare, per questo non hanno i cognomi. È tramite questi
legami che le famiglie hanno la concessione di risorse. Queste concessioni consistono nel riconoscimento di
titoli. I re merolingi nominano i vescovi e degli ufficiali, chiamati conti, ovviamente questo titolo non passa
di padre in figlio.

Nel 550 circa, Giustiniano, riprende il controllo di tutta la penisola italiana, dopo una guerra
sanguinosissima che conta il più basso numero della popolazione di sempre.
I longobardi sono un popolo con delle loro leggende e con dei loro miti di fondazione. Quando parliamo di
popolo longobardo non parliamo di un qualcosa di definito, di unità. Questo è un popolo in armi che si
muove con le rispettive famiglie a comando di un re. Sono un magnete: attirano piccoli gruppi di persone
senza identità. Infatti i longobardi sono costituiti da sassoni e popolazioni diversissime tra loro. I longobardi
arrivano in Italia dopo una lunghissima migrazione partita dalla Scandinavia, passando per la Germania,

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l’Ungheria e nel 568 fanno il loro ingresso in Italia, conquistando l’Italia settentrionale. Il loro re è Alboino.
In quel momento l’Italia era sotto l’impero bizantino, ma i bizantini non avevano alcun interesse nel
controllare quel territorio quasi privo di popolazione. Nel 615 i longobardi conquistarono l’attuale Toscana
e tra il 650 e il 774 conquistarono Ravenna (capitale dell’Impero Bizantino), l’area intorno a Spoleto e
intorno a Benevento. Roma, non sarà mai conquistata dai longobardi, resterà sotto il controllo dell’impero
Bizantino. N.B. la Romagna si chiama così perché era la regione dei romani, cioè dei bizantini e la Lombardia
è chiamata così perché era la regione dei longobardi.
Con i longobardi la penisola italiana perde la sua unità politica e non la conquisterà più fino al 1861 con
l’Unità d’Italia. Il fatto che i longobardi conquistino qui e là senza alcun piano organizzato e studiato ci fa
capire che il potere regio è un potere debole. I re longobardi sono i capi dell’esercito, ma importanti come
loro sono i duchi che sono capi a loro volta di parti di quello stesso esercito. Il re è una figura fragile, tant’è
che quando Alboino muore, viene nominato suo figlio Clefi. Alla morte di quest’ultimo nel 574, i duchi
longobardi decidono di non aver bisogno di un re. Per 10 anni il regno longobardo vede a capo i duchi. I
franchi, tuttavia, popolo in espansione, fanno una serie di scorrerie imponendo ai duchi longobardi di
pagare tributi. Di fronte alla minaccia franca i longobardi, nel 584, nominano un re, Autari. A questo re
vengono concesse proprietà terriere per renderlo forte. Anche qui vediamo la conversione al cattolicesimo
la quale permette un incontro tra il mondo longobardo e il mondo romano. Alla metà del 7 secolo si assiste
alla definitiva conversione al cattolicesimo. Un punto su cui ci si può interrogare è il destino delle città dopo
la conquista longobarda. Uno dei grandi problemi della storia d’Italia è il ruolo delle città. Con la caduta
dell’impero romano le città scompaiono, perché scompaiono le tasse. Succede che con l’arrivo dei
longobardi le città subiscono un crollo, ma tuttavia continuano ad esistere (foto piantina Brescia) con i
longobardi Brescia si trasforma in una serie di blocchi distinti l’uno dall’altro. Non c’è un totale abbandono
della città, c’è una sua riduzione, però di fatto è vero che non c’è mai un’interruzione di continuità, non c’è
un momento in cui Brescia cessa di esistere. Nel regno longobardo le tasse non esistono e naturalmente
questo significa che i re longobardi sono poveri, per quanto possiedono proprietà terriere. Il regno dei
longobardi è segnato da una crescita del potere regio, questa crescita corrisponde ad un’espansione dei
territori. Tra il 714 e il 741 il re Liutprando che rappresenta l’apice della potenza longobarda. Si concepisce
come re voluto da Dio, è un re che pone sotto il suo controllo i duchi che operano localmente, espande la
corte di Pavia sui territori di Spoleto e Benevento che fino a quel momento erano stati indipendenti. È un re
che interviene pesantemente sul papato di Roma, minaccia Roma e questo è un problema. È un problema
perché il papa non ha così tante terre, non sparse per tutta Italia, perché quelle le ha perse on i longobardi.
Il papa teme la conquista longobarda perché sarebbe dovuto sottostare al re, dato che egli si concepisce
come voluto da Dio. Il papa teme di essere declassato a vescovo sotto il potere del re longobardo. Il papato
è strettamente legato al potere politico. Accade che il papa minaccia perché si sente minacciato. Nel 774, di
fronte alla minaccia longobarda, il papa di Roma non chiama l’imperatore bizantino, ma i Franchi, il re Carlo
Magno. Quest’ultimi chiamati dal papa conquistano i longobardi nel 774.

Lez.6 16/10

Abbiamo analizzato una foto relativa alle terme di caracalla. Nei sotterranei di questo edificio c’è un mitreo.
La cosa particolare di questo mitreo è la buca che vi è al centro, dentro alla quale c’era l’iniziando, colui che
doveva entrare del gruppo e sopra avveniva il sacrificio del toro. L’iniziando vestito di bianco, si sporcava
del sangue del toro. Un edificio di questo genere è legato sicuramente alla questione tasse.
Nell’Italia longobarda, edifici del genere non ce ne sono. La dominazione longobarda dura più di due secoli
e in due secoli non troviamo edifici del genere.
Nel 643, l’editto di Rotari segna la codificazione, la messa per iscritto di quelle che erano le norme
costituzionali dei longobardi. È un evento importante del rafforzamento del potere regio perché il re sta
mettendo per iscritto norme che già ci sono, senza inventarsele. Tuttavia è lui che permette di metterle per

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iscritto e non qualcun altro, in qualche modo quindi il potere regio si rafforza perché diventa il garante della
tradizione del popolo longobardo. Il potere regio si rafforza anche perché i territori sotto il dominio
longobardo aumentano sempre di più, facendo aumentare i contrasti con la Chiesa di Roma, la quale poi
chiamerà in proprio aiuto i Franchi. La prima spedizione Franca la avremo nel 751 con il padre di Carlo
Magno, Pipino il Breve il quale sconfigge i Longobardi ma poi si ritira. Vent'anni dopo suo figlio Carlo Magno
conquista il regno e diventa re del Regno longobardo. Da questo momento in poi il regno non è che non
esiste più ma diventa proprietà del re dei Franchi, cessa quindi di esserci una dinastia longobarda. Un altro
tema da affrontare in relazione ai longobardi è il loro rapporto con i romani. Nell’Italia longobarda, i
longobardi sono una minoranza, che comanda e che costituisce l’esercito mentre i romani sono una
maggioranza, sottomessa. In età longobarda assistiamo ad una fusione. Ad esempio l’editto di Rotari vale
per tutti non solo per i longobardi, perché il potere regio si estende su un territorio e non su una sola
popolazione. I processi di simbiosi tra longobardi e romani diventano sempre più forti fino a parlare di
un’elitè longobarda che comprende romani e longobardi senza alcuna differenza tra i due (inizio 8 secolo).
Per i Franchi ciò era successo due secoli prima.
FONTE: Leggi che ha aggiunto re Astolfo, re dei longobardi (750)
siamo nel 750, età avanzata del regno, il re è re Astolfo, colui che ha conquistato Ravenna e lui aggiunge
alcune leggi al precedente editto di Rotari.
Aggiunge le leggi a pavia, nel suo palazzo. Lo fa circondato da tutti i giudici e ai longobardi delle province,
quindi circondato dagli aristocratici del regno, questo per dare valore e rilevanza e garanzia di quello che
sta facendo. Il re è sicuramente più forte, semplicemente perché ha il diritto di aggiungere norme nuove,
senza chiedere il permesso a nessuno. Le norme nuove riguardano l’esercito, il quale era composto da
persone sufficientemente ricche per armarsi. Ora, l’uomo che ha 7 fattorie deve armarsi con una corazza,
con tutto l’equipaggiamento e anche i cavalli. Se hai ancora più case massaricie deve avere ancora più
cavalli e ancora più equipaggiamento. Se l’uomo non ha case massaricie, ma ha 40 iugeri di terra, avrà il
cavallo, lo scudo e la lancia, ma non l’armatura. L’armatura ce l’ha solo l’uomo più ricco perché costa i soldi,
perché rientra nella lavorazione del metallo che è costosissima. Infine ci sono i minori che combattono a
piedi con l’arco e le frecce. Aggiunge poi che quegli uomini che sono mercanti che non hanno terre, tra i più
ricchi di loro abbiano corazza e cavallo, i secondi solo il cavallo e i terzi arco e frecce, a piedi.
Queste norme ci dicono due cose importanti:
- il mondo longobardo del 750 è un mondo dove ci sono dei ricchi mercanti, non ricchi per via delle terre.
Essi ovviamente abitano nelle città e non nelle campagne.
- a proposito della distinzione romani e longobardi, in questa fonte, tale distinzione non è presente. Ciò
testimonia il fatto che ormai romani e longobardi si erano fusi in un’unica popolazione longobarda.
FONTE: l’Editto di Rotari
643 con L’editto di Rotari per la prima volta vengono messe per iscritto le norme del popolo longobardo.
Queste norme vengono scritte in latino. Si è discusso tantissimo circa l’antichità di queste norme. Le norme
presenti nell’editto sono molto antiche, forse precedono addirittura l’ingresso dei longobardi in Italia,
questo lo si dice perché descrivono un mondo molto antico: senza città, senza mercanti, costituito da
fattorie isolate, un mondo che sembra descrivere i longobardi prima del loro ingresso in Italia. Un mondo
basato sulle parentele, i clan familiari che sono legami di sangue, dove vi è un capo famiglia. Un mondo
dove questi nuclei familiari spesso sono in conflitto tra loro e quando succede non si affidano alla giustizia
regia, piuttosto nascono delle faide (faida= modo di farsi giustizia che non passa per lo stato, per il potere
superiore, è un modo di farsi giustizia da soli che non passa per il potere superiore). Questo editto descrive
un mondo in cui questi clan, questi nuclei familiari si regolavano i loro conflitti attraverso faide.
Dalla fonte si evince che la capitale è Pavia, nella quale risiede il palazzo del re. Il palazzo è la sede del
potere regio, dove il re ha a disposizione un grande patrimonio fiscale.
Segue un topos (topos in greco significa luogo comune che quando si parla vuol dire che si sta dicendo una
cosa in cui non si crede veramente, ma deve essere detta per giustificare una determinata azione). Qui il

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topos è il fatto che ci sono dei poveri che subiscono le angherie dei ricchi, ecco che il re interviene. Tutti i re
intervengono per difendere i deboli e per ristabilire la giustizia. Per questo il re vorrebbe riunire in un unico
volume tutte le leggi, sia quelle già esistenti (chiedendole agli anziani), sia quelle nuove da aggiungere.
Inoltre agli anziani vengono chiesti i nomi dei re, suoi predecessori, inizia ad elencare da prima che i
longobardi arrivassero in Italia. Questo testo, questo editto, sin dall’inizio dimostra una particolare
sensibilità all’inquadramento storico dell’azione presente: “io, Rotari, uomo eccellentissimo, 17esimo re
della stirpe dei Longobardi, nell’ottavo anno del mio regno, nel trentottesimo anno d’età, nella seconda
edizione e nell’anno 76 dopo l’arrivo della provincia d’Italia”. Già il modo di datare fa prevalere un forte
senso di memoria a quella che è la storia del suo popolo. Perché c’è questo rimando alla storia dei re, tanto
che poi segue l’elenco dei suoi predecessori? Perché vuole legittimarsi. La sua azione lì e ora è legittimata
dalla storia, dall’eredità dei re che lo hanno preceduto e che lui nomina.

Nei capitoli successivi aggiunti da Liutprando, la differenza sostanziale è che la legittimità del re è derivata
da Dio: “Le leggi che un principe ha deciso di stabilire, le ha concepite per volontà e ispirazione di Dio”.
Questa fonte ci suggerisce pure il fatto che i Longobardi si sono convertiti al cristianesimo. Non c’è bisogno
di elencare i re suoi predecessori e non c’è bisogno di chiedere le norme giuste agli anziani perché le
stabilisce solo il re, il quale sa che stabilirà le giuste norme perché il suo potere è legittimato da Dio ed è re
per volontà divina.
L’origine della stirpe dei Longobardi: prima dell’editto viene inserito un trattatello che racconta l’origine dei
Longobardi. Siamo in un’isola, la Scandinavia. Sono una tribù a capo della quale c’è una sacerdotessa.
Questo piccolo trattatello è databile intorno al 650, quindi viene inserito successivamente all’editto di
Rotari. Possiamo ipotizzare quindi che non ci sia un rapporto diretto con l’editto di Rotari. Il trattatello ha
un’origine differente. La cosa interessante è che anche qui troviamo un elenco dei re, proprio come
nell’editto.

Questo trattatello ci racconta tutta una serie di spostamenti avvenuti secoli prima. Quindi questo ci fa
capire che i Longobardi continuavano a sapere degli spostamenti dei loro antenati. Se confrontiamo questa
storia e questo elenco di re, c’è un elemento presente che invece manca nell’elenco che stile Rotari.
Teniamo conto che ci sono dei re Pagani, ma ancora più importante è la presenza delle DONNE. Il ruolo che
hanno le donne in questa storia è fortissimo, tant’è che nell’elenco dei re viene citata la madre, la moglie e
le figlie di ciascuno. Nell’editto di Rotari questa componente manca. Il primo longobardo che viene
ricordato, quando ancora i longobardi non si chiamavano così è proprio Gambara, la sacerdotessa a capo
della stirpe. Molto probabilmente questo testo è stato realizzato su ordine di qualche regina longobarda,
ovviamente non lo sappiamo con certezza, ma è molto probabile. Una delle candidate potrebbe essere la
regina Teodolinda, la quale nel suo palazzo si era fatta raffigurare degli affreschi che narravano la storia dei
Longobardi, a testimonianza del fatto che lei aveva un interesse per la storia dei Longobardi. In realtà
questo testo ci suggerisce una cosa a proposito delle famiglie aristocratiche: questo è un mondo in cui le
donne contano. I potenti non hanno escluso le donne, anzi esse sono essenziali. Le donne, in questi secoli
sono fondamentali per il raggiungimento del potere. Perché? L’aristocrazia non ha dei cognomi, le
proprietà non passano di padre in figlio. L’aristocrazia è potente per i legami diretti con il re. Il fulcro del
potere di queste famiglie è il rapporto con il regno stesso. Ma per mantenere vivi questi rapporti sono
fondamentali le donne. Immaginandoci un uomo aristocratico, che ha due figlie, facendole sposare con
altre famiglie aristocratiche viene mantenuto quel rapporto diretto ed orizzontale con l’elitè. Uno degli
elementi che ci fa capire come cambiano le cose nel Medioevo è proprio il ruolo delle donne.

Lez.7 21/10/2020

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Fonte: Testamento di Totone da Campione.
È importante perché è uno dei pochi documenti scritti che testimoniano l’età longobarda. I documenti che
testimoniano l’età longobarda in realtà sono un centinaio, prodotti nel corso dei secoli e distribuiti per le
diverse aree d’Italia. Sono abbastanza rispetto alla situazione del resto d’Europa, per esempio della Spagna
e dell’Inghilterra di questo periodo non abbiamo praticamente niente. La particolarità del testamento di
Totone è che è uno dei pochissimi documenti che ci dicono qualcosa di una società locale, non del vertice,
del potere regio o dell’aristocrazia, ma è la testimonianza della società locale delle campagne dell’VIII
secolo. Il testamento è del 777, tre anni dopo che Carlo Magno aveva conquistato il regno. Il contesto però
è quello ancora dell’età longobarda. Il protagonista del testamento è Totone che abita a Campione (oggi
Campione d’Italia è un’enclave: territorio italiano circondato da territorio della Svizzera) un villaggio che si
trova all’estremo nord del regno. Nel testamento è citata la Chiesa di San Zenone, costruita vicino al lago di
Lugano.

Nella testimonianza troviamo per prima cosa la data. 8 marzo 777: terzo anno dalla conquista di Carlo
Magno, ottavo giorno del mese di marzo. In questo testamento Totone da Campione lascerà tutti beni alla
chiesa di Sant’Ambrogio di Milano, questa chiesa era strettamente legata all’arcivescovo di Milano
Tommaso. Quindi lasciando i beni alla chiesa, è come se li lasciasse tutti all’arcivescovo.
Cosa stabilisce Totone? Per prepararsi al giorno del giudizio, prepara il testamento. Quest’apertura
giustifica il testamento. Notiamo che Totone si definisce figlio di Arochis, con il patronimico, senza
cognome. A partire dal nome, non possiamo dire se loro hanno o meno sangue longobardo. La prima cosa
che fa è dire che la casa in cui abita, dopo la sua morte deve diventare uno xenodochio (luogo per
l’accoglienza dei forestieri). Questo ci dice che in quel tempo da molte parti, arrivavano in quel luogo molte
persone, era un luogo di passaggio. Questo è un villaggio che collega la pianura padana al nord d’Europa.
Ciò significa che questo non è un mondo totalmente chiuso, senza circolazione di persone. In questo
testamento mancano i figli. Totone nel momento in cui fa testamento, non ha figli a cui lasciare qualcosa
del suo avere. Quello che ci interessa è vedere come viene descritto il “tutto”. Tutti i suoi beni sono:
domocoltili: una parte delle terre di un proprietario fondiario che viene lavorata dal proprietario stesso,
senza assumere qualcuno che la lavori per lui, senza affittarla, ma assumendo dei salariati che vanno a
lavorare su quella terra. Questi domocoltili sono costituiti da oliveti, poi cita i massari: contadini liberi che
lavorano per Totone e che in cambio gli pagano un affitto, poi cita gli aldi: contadini semiliberi che lavorano
per lui e che gli pagano un affitto diverso rispetto a quello dei massari. I massari per di più avranno altre
terre proprie e questa è la differenza tra i massari e gli aldi i quali invece lavorano terre esclusivamente del
proprietario terriero per cui lavorano. Quando Totone diche che lascia massari e aldi che lavorano per lui,
sta dicendo che lascia quelle persone che lavorano per quei determinati appezzamenti di terra? Ma allora
perché non fa uguale con gli oliveti? Perché quelle terre sono lavorate da persone che provvisoriamente
vanno a lavorare lì, non ci sono contadini fissi come massari o aldi. Il fatto che lui identifichi gli altri terreni
con i massari e aldi ci dice che quei contratti d’affitto sono lunghissimi. Successivamente entra in gioco
un’altra figura: il preposto. Totone chiede all’arcivescovo o al preposto (un membro della famiglia di
Totone, quindi i suoi beni non usciranno definitivamente dalla famiglia di Totone) che l’arcivescovo
nominerà di nutrire i poveri (i poveri sono tutti) un giorno alla settimana. Il preposto nell’arco di un anno
dovrà dare 20 libbre d’olio (dai suoi oliveti) alla basilica di Sant’Ambrogio e 200 libbre d’olio alla chiesa di
San Zenone di Campione. Totone chiede che poi alla messa del patrono si riuniscano nello xenodochio il
sacerdote, il preposto e i poveri e lì con loro l’olio illumini la chiesa affinchè non faccia mai buio. Lascia
meno libbre alla basilica di Sant’Ambrogio perché Totone è più legato alla chiesa di San Zeno di Campione,
chiesa della sua città, cercando così di rafforzare la posizione della sua città. Poi cita i servi: persone non
libere che lavorano anche loro terre di Totone e dopo la sua morte passeranno alla condizione di libertà
diventando aldi. È una società in cui si è molto attenti nel definire lo status sociale di ognuno. Questa
attenzione c’è per giustificare il rapporto economico con il padrone della terra: se sei massaro devi pagare

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meno, se sei servo devi pagare di più. Poi ci sono uomini che non sono classificati né come servi, né come
aldi, né come massari, che compiono dei lavori e che ricevono l’annona. Questi uomini sono coloro che
lavorano gli oliveti, sono dei salariati. Al vescovo lascia la sua casa, tutti i beni che vi confluiscono e la
Chiesa. La chiesa è di proprietà di Totone da Campione e nel 777 questa situazione è normale. A quel
tempo le chiese erano di proprietà di qualcuno, soprattutto in villaggi come quello di Totone, il proprietario
inoltre nomina anche il prete che dovrà celebrarvi le funzioni.
Qual è la posizione di Totone all’interno di questa società? È il signore del villaggio? Possiede qualche
carica? Totone da campione è il più grande proprietario fondiario locale, ha persone che lavorano per lui,
eppure non viene nominato alcun castello nel quale viene amministrata la giustizia e dove si riscuotono le
tasse. Ciò significa che il proprietario fondiario più ricco possiede quanto Totone e basta. Questo è un
mondo in cui non si riscuotono tasse e dove uno dei più ricchi proprietari terrieri non è un Signore e dove la
giustizia viene amministrata dal re. Che tipo di rapporti ha con il potere regio? Lui lascia tutti i suoi averi
all’arcivescovo, ma quei beni devono essere gestiti da un preposto, un membro della sua famiglia. Ma non
poteva lasciarlo direttamente al preposto? Perché tramandandoli all’arcivescovo, c’è come una sorta di
assicurazione per cui è sicuro che tali beni non verranno mai confiscati all’arcivescovo, figura molto legata
al re Carlo Magno.

Lez.8 22/10

L’Impero Carolingio: che il regno Franco fosse quello più importante tra quelli nati dopo la caduta
dell’Impero-romano, è assodato. A determinare la potenza di questo sono le sue dimensioni e la sua
precoce integrazione tra élite franca ed élite romana che porta ad un’aristocrazia militare potente e
cattolica che costituisce il fulcro di questo regno. Militarmente il regno franco è molto forte.
A 20 km da Torino c’è un monastero chiamato Sacra di San Michele, l’ingresso della Val Di Susa. I
longobardi avevano li qualche chiusa per difendere i confini, ma Carlo Magno senza neanche combattere
riesce ad invadere il territorio longobardo, questo per via della sproporzionalità delle forse.
La dinastia a capo del regno Franco era la dinastia Merovingia. I Merovingi erano una dinastia connotata da
un potere in qualche modo sacrale, che li distacca dall’aristocrazia circostanziale. L’aristocrazia del regno
franco aveva un rapporto simbiotico molto stretto con la corona. È potente non per i suoi averi, ma per le
concessioni da parte della corona. Tuttavia, tra la famiglia Merovingia e l’aristocrazia c’è una separazione
marcata da aspetti sacrali, si crede che questa famiglia abbia particolari poteri, al tempo stesso marcata da
comportamenti sociali. I Merovingi non si sposano mai con membri dell’aristocrazia franca, ma si sposano
con figli o figlie di altri re, di altri regni. Tra i Merovingi e la società aristocratica del loro regno c’è una
frattura. Questo fa sì che ai Merovingi sia riconosciuto un potere superiore, allo stesso tempo, però, questa
situazione allontana sempre di più i Merovingi da quella società che avrebbe dovuto governare. Tra il 7 e l’8
secolo d.C., succede che una grande famiglia, che chiamiamo Carolingi, comincia al contrario a costruire
una rete di alleanze con l’aristocrazia franca, salendo sullo stesso livello di importanza dei Merovingi,
aspirando al trono. Un primo tentativo di usurpazione avviene alla fine del 7 secolo, ma finisce male, perché
gli altri aristocratici non vogliono farsi governare da qualcuno che è come loro. Ma nel 751, con Pipino il
Breve avviene un colpo di Stato e tramite la legittimazione dei vescovi e poi del papa, Pipino il Breve
diventa re del regno Franco. Figlio di Carlo Martello che nel 732, in una battaglia famosa sconfigge i
musulmani che cessano le loro razzie al nord dei Pirenei. Il Papa di Roma, da tempo aveva perso i rapporti
con l’imperatore bizantino e trova un protettore proprio nel nuovo re dei franchi. I due, pertanto, iniziano
una sorta di alleanza. Pepino riceve dal Papa una legittimazione e il Papa riceve aiuto con il potere
longobardo. Il figlio di Pipino il breve, Carlo Magno, nel 774 entrerà in difesa del papato e conquisterà i
Longobardi. La vita di Carlo Magno è caratterizzata da battaglie e da conquiste. Il suo regno non si basa sulla
tassazione, ma sull’acquisizione di tante terre. L’impresa più importante di Carlo non è stata la conquista
dei longobardi. Una linea di espansione molto importante e molto più impegnativa a livello militare è la

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linea della Sassonia, siamo nell’attuale Germania settentrionale, appena sotto la Danimarca. I sassoni non
sono mai stati sotto il controllo romano né tanto meno minacciavano di voler conquistare il regno Franco.
Carlo Magno compie una serie di spedizioni militari sanguinosissime fino a quando non riesce a
sottomettere i sassoni, obbligandoli per giunta a convertirsi al cristianesimo. I sassoni non ne vogliono
sapere perché la cristianizzazione è sinonimo di sottomissione al conquistatore. Per 30 anni gli scontri
vanno avanti. Altrettanto importanti sono le spedizioni di Carlo in Germania meridionale e in Baviera,
inglobandole nell’Impero Carolingio. Inoltre, a sud dei Pirenei, viene fondata la marca di Spagna che
rappresenta l’area geografica più meridionale interessata dall’espansione dell’impero. Carlo non ci prova
neanche a conquistare il territorio arabo perché sono molto più forti, però riuscirà ad estendersi fino alla
Spagna settentrionale, area in cui non riuscirà mai ad ottenere il pieno controllo, per via degli arabi e per via
delle popolazioni lì presenti (Battaglia di Roncisvalle, cantata nelle chanson de geste fa riferimento a questi
episodi). Altra area importante è l’attuale Repubblica Ceca, conquistata da Carlo e che gli permise di
accaparrarsi un enorme tesoro. Queste sono guerre che portano al re enormi ricchezze che serviranno al re
per ricompensare gli aristocratici che combattono per lui. Alla fine di tutta questa serie di battaglie, l’impero
comprende un’area che potremmo identificare con l’Europa occidentale con l’aggiunta dell’Italia
Settentrionale fino a Roma, escludendo la Spagna. Rispetto all’Impero-romano questo impero ha
dimensioni molto più ridotte e per di più manca tutta quella serie di reti di commercio che l’Impero-romano
aveva con il mediterraneo e con l’Africa.

Come veniva governato questo Impero? Questo impero vede una presenza, un potere pubblico
significativo. Carlo divide l’impero in una serie di circoscrizioni chiamate comitati, governati da un conte, un
ufficiale periferico, non è un signore locale. È un membro dell’aristocrazia, scelto da Carlo per andare a fare
gli interessi del regno: amministrare la giustizia, riscuotere le tasse (non si intende che c’è un sistema
fiscale, ma che ogni tanto si chiede alla popolazione un contributo), convocare l’esercito e amministrare le
proprietà regie. L’attributo fondamentale dei re è fare giustizia. Questo è un elemento che non viene mai
meno. In età carolingia i conti amministrano la giustizia. Come l’amministrano? In un’assemblea,
coinvolgendo la popolazione locale o meglio, i ricchi locali che vengono convocati in un’assemblea chiamata
placito. Si coinvolge l’élite locale perché lui da solo non ha la forza sufficiente per prendere decisioni, per
far valere ciò che decide ha bisogno di un consiglio e dall’appoggio dell’élite locale. Il volere di questo
ufficiale deve essere sostenuto dall’élite locale. Il conte può essere rimosso, non ha la carica a vita. Nelle
zone periferiche, le circoscrizioni si chiamano marche o ducati, governate da un marchese o duca, che ha
delle prerogative militari.
Questo impero, inoltre, si regge anche sui legami vassallatici beneficiari, sono dei rapporti personali. Essere
vassallo di qualcuno significa che in cambio di un beneficio (terre) si presta un giuramento di fedeltà al più
potente, assicurandogli servizio, fedeltà, obbedienza. Carlo Magno ha dei vassalli, spesso aristocratici, con i
quali crea un rapporto di clientela formalmente stabilito. A loro volta anche i grandi aristocratici possono
avere dei vassalli e così via. Carlo Magno per controllare determinati territori si serve sia dei conti, sia dei
rapporti vassallatici che ha creato.
Carlo Magno tiene il controllo anche delle grandi istituzioni ecclesiastiche. I vescovi sono concepiti come
dei funzionari del regno, che dipendono da Carlo Magno, i vescovi sono scelti direttamente da Carlo Magno.
È importante però sottolineare anche la presenza di un centro. Al centro c’è il fisco regio: l’enorme quantità
di beni pubblici che Carlo Magno controlla e che gli servono per costruire la rete di relazioni su cui si basa il
governo del territorio. Al centro di tutto vi è il grande patrimonio regio, che in parte è concesso ai grandi del
regno: conti, arcivescovi, vassalli, in parte viene amministrato direttamente da Carlo Magno ed è sulle sue
corti (corte = azienda agricola). È attraverso il girare per queste sue corti che Carlo si muove su tutto il suo
territorio, consumando le risorse della corte in questione. Una corte come la intendiamo noi oggi, quindi
come luogo fisico, c’è e si trova ad Aquisgrana (Germania) al centro c’è quel poco di amministrazione
burocratica, c’è una cancelleria che rilascia diplomi e che riconosce possessi, c’è quindi anche qualcuno che

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insegna a leggere e a scrivere a coloro che devono ricoprire questi ruoli. Nelle varie zono dell’impero di
Carlo si scriveva in maniera diversa, ad un certo punto si decide a corte che doveva diffondersi un’unica
tipologia di scrittura in modo tale che gli ordini di Carlo potessero arrivare ed essere capiti anche nelle
periferie. Questa scrittura viene lavorata a corte, al centro e prese il nome di minuscola carolina, ed è quella
che utilizziamo noi oggi. Un altro fattore di uniformità dell’impero è la moneta. Una moneta d’argento,
l’unica coniata, e non d’oro perché non ci sono grandi scambi. 12 denari fanno un soldo, 20 soldi fanno una
lira (400 gr d’argento).
C’è anche una legislazione centrale: interventi normativi da parte del centro. Carlo Magno emana una serie
di diritti, detti capitolari perché sono divisi per capitoli, che hanno validità per tutto l’impero. Infine, un
ulteriore elemento importante ai fini dell’uniformità del regno è senz’altro la lingua. Il latino era ormai una
lingua morta che nessuno parlava più, ma che serviva per comunicare a livello nazionale. Era importante
però utilizzare lo stesso latino. Nel trattatello De Ortografia di Alcuino di York (ministro della cultura di Carlo
Magno) veniva presentato un elenco di parole e le loro corrette pronunce, utile per far si che in tutto
l’impero si parlasse lo stesso latino, senza varietà regionali. Questo è un Impero in cui l’imperatore è il
vertice della Chiesa, quindi si cerca di uniformare anche la liturgia, ovvero il modo di celebrare il rito. La
situazione nell’VIII secolo è che in ogni regione vi è il proprio rito locale, Carlo diffonde il rito romano per
uniformare l’impero anche sotto questo punto di vista. Oltre agli episcopati ci sono anche i monasteri che
hanno grandi proprietà fondiaria e anche qui ogni monastero ha la propria regola di vita diversa. La regola
di San Benedetto: ora et laborat viene diffusa dall’Impero carolingio, diventando la regola per eccellenza di
tutti i monasteri.

Carlo non ha una vera e propria capitale, ad un certo punto, però, Aquisgrana diventa la sua residenza
principale. Aquisgrana è una corte pubblica, cioè uno dei tanti pezzi che costituiscono il patrimonio
pubblico, che fa capo a Carlo. Fondamentalmente equivale ad un’azienda agricola, ad un luogo di
amministrazione di un patrimonio fondiario diffuso a livello locale. È pregiato perché ad Aquisgrana ci sono
le terme romane, riadattate, piene di giochi d’acqua. Di tutta l’immagine vista, è rimasta soltanto la
Cappella Palatina, cioè la Chiesa del Palazzo. Carlo costruisce un palazzo che ha funzione di rappresentanza
e che è sede privilegiata della sua residenza. Quello che vediamo in foto è il complesso del palazzo fatto
costruire da Carlo ad Aquisgrana. Com’era organizzato? Oltre alla presenza di terme, parte integrante del
palazzo è la chiesa. A sinistra c’è una basilica, basilica in senso romano quindi un luogo di amministrazione
burocratica della giustizia, ispirata alla basilica di Treviri (oggi città della Germania), basilica del IV secolo.
Carlo sentendo una continuità con il potere romano, modella le nuove costruzioni sui modelli dell’Impero-
romano. Tra la basilica e la chiesa vi è un lungo corridoio in pietra, il quale in mezzo aveva la torhalle ovvero
“aula della porta”: era la porta d’ingresso al palazzo, era monumentale, che aveva al suo piano superiore
una sala dove probabilmente veniva amministrata la giustizia. Infine, la cappella palatina, l’unica cosa
rimasta. È una chiesa a pianta centrale, significa che si sviluppa con un nucleo centrale, c’è un richiamo alle
strutture imperiali romani, vedi la chiesa di Santa Sofia. È una chiesa che si sviluppa su tre piani. Non è
originale il mosaico. Nel rosario troviamo Cristo in Trono, come Carlo Magno siede sul trono dell’Impero.
C’è un forte legame tra le due figure. Il trono di Carlo è un trono che si trova allo stesso livello o al piano
superiore rispetto all’altare. Questo vuole comunicare il fatto che la chiesa è controllata da Carlo, che non è
solo l’imperatore, ma è anche il capo della chiesa. L’imperatore che è il capo del regnum è anche il capo
della chiesa. Chiesa e regno sono mezzi per arrivare all’obbiettivo: la salvezza del regno.

Lez.9 23/10

La chiesa è una componente essenziale della struttura amministrativa del regno, che si poggia anche
sull’operato dei vescovi e dei grandi monasteri. Anche il Papa è una figura controllata dall’Imperatore e
guarda caso la notte di Natale dell’800, Carlo Magno viene incoronato dal Papa. Questa forte con-
penetrazione tra mondo laico e il mondo religioso non riguarda soltanto le altissime sfere, l’imperatore, ma

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opera anche ad un livello più basso: tutti i potenti hanno la loro chiesa e sono i capi della loro chiesa locale.
Totone da Campione aveva la sua chiesa, a livello locale anche qui il più potente era il protettore della
chiesa, questo ci fa capire che esiste una con-penetrazione anche a livello micro.
È attraverso la terra che si costituisce il grande patrimonio fiscale. Non esistono le tasse, quindi tutto ruota
intorno alla terra. Carlo magno ricompensa attraverso la concessione di terre, ma quante terre e chi le
lavora? Quando parliamo di queste concessioni, stiamo parlando di una grande quantità di terra. Per
esempio, l’Abbazia di Nonantola (tra Modena e Bologna), una delle più importanti abbazie dell’Impero, è
un’abbazia su cui tutti i sovrani mantengono una certa forma di controllo. Vari sovrani nel corso del tempo
fanno concessioni a quest’abbazia. I cerchi che vediamo nell’immagine indicano le terre dell’abbazia e
possiamo dire che l’abbazia di Nonantola aveva territori sparsi su tutto il territorio centro-settentrionale
della penisola italica. I grandi aristocratici hanno delle proprietà sparsi su territori molto ampi, che
ovviamente vengono concesse a “nobili” di livello minore, come Totone da Campione. Questi nobili a loro
volta fanno lavorare tali terre dai contadini. Come avviene la lavorazione di queste terre? Il sistema
curtense è quel modo di gestione delle proprietà fondiarie che era caratteristico dell’impero carolingio.
Questo sistema funziona così: ci sono tante proprietà, alcune di esse vengono concesse dall’abate ai suoi
clienti armati. In altri casi il monastero le gestisce in prima persona. Questa grande quantità di terre viene
divisa in curtis, corte = azienda agricola. Una curtis, più che un luogo fisico è un’unità amministrativa,
un’etichetta su cui si raccolgono le proprietà fondiarie di una determinata zona. Ciascuna corte raggruppa
sotto di sé tutti i territori che insistono su 6/7 villaggi. Quindi una corte è l’insieme delle terre che fa capo
ad un centro amministrativo. Queste corti sono lavorate così: una parte delle terre, detta pars dominica,
che non è data in concessione a nessuno, è la quantità di terra che viene lavorata attraverso le corvè. È
direttamente amministrata dal proprietario.

L’altra parte della corte è definita pars massaricia (massarius: contadino), perché concessa ai massari
(contadini liberi). Massaro deriva da manso, che significa podere. Il monastero concede la terra al
contadino che la lavora, in cambio paga un canone, un affitto al monastero. Oltre a questo affitto ogni anno
lui deve prestare del lavoro gratuito sulle terre del dominico. Il lavoro gratuito sulle terre del dominico è
definito lavoro sulle terre corvè.
Nel riquadro in basso a sinistra è rappresentata la struttura di una corte (corte = unità amministrativa), che
non è costituita da un insieme compatto di terreni, ma stiamo parlando di una fattoria che ha intorno pezzi
di terra che stanno in quell’area geografica ma in villaggi diversi. In questo caso abbiamo una corte con
terreni in quattro villaggi diversi. In questi villaggi non ci sono solo proprietà di quel monastero, ma anche
di altri proprietari. Non c’è un insieme compatto, queste terre confinano con terre di altri proprietari.
Queste terre sono divise tra il dominico (rosso) e il massaricio (blu). Le terre del dominico sono molto meno
rispetto a quelle del massaricio.
Il contadino che vive in un determinato villaggio, che lavora le terre che gli sono state concesse dal
monastero, sa di essere un contadino dipendente da una corte specifica e sa anche che ogni tanto deve
lavorare gratuitamente per quella corte. Inoltre, sa che quella corte è di proprietà di un importante
personaggio locale, un cavaliere, a cui quella corte è stata concessa dall’abate del monastero di Nonantola,
in cambio del suo servizio militare. Il cavaliere è vassallo di quel monastero. A sua volta l’abate ha ricevuto
quella corte da Carlo Magno come ricompensa per i servigi.
Carlo Magno  Abate  Cavaliere  Contadino.
Arabi e Musulmani: penisola arabica (Arabia pre-islamica) si trova ai margini dei grandi imperi come l’Egitto
da una parte e l’Impero persiano. L’Arabia è un’area in parte urbanizzata, in particolare sulle coste del mar
Rosso. L’area costiera è un’area di città, le più importanti sono Medina e la Mecca (centro religioso, dove si
trova la pietra nera, un meteorite). In queste zone vige il politeismo, ma in queste città, che sono
commercialmente attive, ci sono mercanti che vengono da zone monoteiste, come le colonie di ebrei.
(Maometto avrà la rivelazione di carattere monoteista nel 570 d.C., sottomissione ad Allah).

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5 doveri del musulmano: -sottomissione ad Allah -5 momenti di preghiera al giorno -ramadam -elemosina
-pellegrinaggio.
Le differenze essenziali tra Cristianesimo e Islam sono che nell’Islam manca tutta una serie di gerarchia
strutturata tra figure spirituali, non ci sono preti, vescovi, né tanto meno il Papa, ma solo figure-guida. Per
di più l’Islam non è caratterizzato dai sacramenti, quali battesimo, comunione, cresima, come lo è invece il
cristianesimo. Infine, Maometto è un profeta della religione musulmana e non rinnega Gesù, nel senso che
vede Gesù come un profeta e lui stesso come l’ultimo profeta, colui che ha ricevuto la rivelazione definitiva
e la più perfetta, riconoscendo Gesù anche lui un profeta. Per la religione cristiana, invece, Gesù non è solo
un profeta, ma è il messia, il figlio di Dio. L’avvento di una religione monoteista ha ovviamente delle
conseguenze: ovvero che tutte queste tribù arabe sono chiamate ad identificarsi in un’unica comunità
segnata dalla fede di un unico Dio. Questa è un’operazione che sposta l’accento dall’identità tribale ad
un’identità definita sulla base della fede. Infatti, la comunità di fede, è anche una comunità civile e politica.
Una comunità religiosa e politica che supera le diversità precedenti perché diventa un potentissimo mezzo
di aggregazione che supera quelle fratture tribali che prima caratterizzavano il mondo tribale. All’interno
del sistema politeista, la famiglia, i curaisciti, che dominavano la Macca e che traevano i loro guadagni dai
pellegrinaggi politeisti. La paura più grande era che imponendo una religione monoteista si sarebbero
esaurite le più grandi fonti di guadagno tratte dai pellegrinaggi. Per questo, Maometto nel 622 deve lasciare
la Mecca, che diventa il momento in cui l’islam viene fondato. Non nel 632, quando Maometto ritorna alla
Mecca, ma il 622, quando egli lascia la Mecca, perché si reca a Medina dove nasce la prima comunità
religiosa. Nel 632, Maometto torna alla Mecca, i curaisciti cedono e Maometto ha la prontezza di
mantenere la Mecca il centro religioso fondamentale. La pietra nera diventa un luogo di culto monoteista.
Con il rientro alla Mecca si sancisce la fine della prima fase della religione musulmana. Ne segue una
seconda fase, dove tutte le tribù separate inizialmente, si uniscono in un’unica fede per creare un vero e
proprio mondo arabo capace di sviluppare una grande espansione militare. Nel giro di pochi decenni gli
arabi musulmani conquistano mezzo mondo conosciuto: gran parte del mare mediterraneo meridionale e
l’ormai ex impero persiano e anche parte dell’impero bizantino ovvero le coste dell’Egitto, quindi l’Africa
settentrionale, l’odierna Palestina, Israele, Siria, ma anche l’Iran, L’Iraq fino all’India che facevano parte
dell’Impero persiano. Si crea un dominio che arriva fino in Spagna e quasi in Francia. Questa fase è segnata
anche da profondi scontri interni. Lo scontro interno più grande è quello tra sunniti e sciiti, che nascono in
questo periodo qua, scontro basato su chi deve essere il califfo, ovvero la guida suprema del mondo arabo.
Dopo Maometto si sono susseguiti 4 califfi, il quinto califfo, Alì, è un discendente della famiglia di Maometto
che pretende che i califfi siano esclusivamente discendenti della famiglia di Maometto, come lui. Alì viene
ucciso, ma il suo partito rimane in vita (attuali sciiti). I sunniti invece pensano che il califfo debba avere
anche un ruolo civile. I sunniti, tuttavia vincono perché uccidono Alì e spostano la capitale dalla Mecca a
Damasco in Siria, che è testimonianza che il baricentro di questo mondo si sta spostando. Conquistando i
territori dell’impero bizantino e dell’impero persiano, che erano territori basati su un sistema fiscale, gli
arabi non provocheranno una frattura tale, ma continueranno a chiedere loro tasse. Sotto questo punto di
vista quindi non cambia molto. Almeno in una prima fase, inoltre, evitano di radicarsi dal punto di vista
patrimoniale, ma rimangono un esercito che si sposta, senza mescolarsi con il popolo assoggettato. Gli
arabi si muovono in un mondo che è cristiano. L’islam inizia ad attrarre anche per il motivo per cui i
musulmani non pagavano le tasse. L’Islam è una fede aperta a tutti, non solo per gli arabi, per cui si inizia
una vera e propria derealizzazione dei domini musulmani cioè sempre di più il grande impero diventa un
impero musulmano in cui musulmano non è per forza arabo ma può essere anche un cristiano convertito.
La cosa da sottolineare sull’espansione dell’impero musulmano è che il processo di espansione (9-10
secolo) è un processo di regionalizzazione, dove il potere dei califfi rimane limitato ad una zona cuore
dell’impero, mentre nelle altre aree dell’impero nascono dei potentati locali che fanno capo a degli emiri
che sono dei funzionari dipendenti dal califfo, ma che di fatto si dichiarano indipendenti, costituendo dei
califfati autonomi, in particolare in Spagna nasce il califfato di Cordova, la stessa cosa succede in Egitto e in

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Marocco. Questo porterà ad una frammentazione dell’Impero, che non sarà più unito sotto il controllo di
un unico califfato. Stiamo parlando di un mondo ricco, molto più ricco rispetto al mondo dell’Europa
carolingia, un mondo dove si mantengono degli scambi di lungo raggio che non esistono nell’Europa
carolingia, mondo molto ricco anche dal punto di vista culturale, di rilevante importanza sono state infatti le
traduzioni arabe. La moschea di Cordova sorge sopra una chiesa visigota.
L’impero bizantino comunque continua ad esistere. La grande espansione araba colpisce gli interessi
bizantini, l’impero si riduce a Costantinopoli, parte della Turchia e della Grecia. A complicare le cose sono i
bulgari e gli slavi che entrano nei confini da nord, costituendo l’impero della Bulgaria colonizzando gran
parte della penisola balcanica. In realtà agli inizi del 9 secolo, dell’antico Impero-romano d’oriente rimane
bel poco, rimane Costantinopoli, gran parte della Turchia e parte della Grecia. Inoltre, in questo periodo
l’impero bizantino risente di conflitti religiosi causati dalla disputa sulle immagini (8 secolo). Per
controbattere lo strapotere dei monasteri, che all’interno dell’impero prosperavano proprio grazie al culto
delle immagini, e dall’altra parte per controbattere la religione musulmana, gli imperatori assumono
posizioni iconoclastiche, cioè stabiliscono che non si possono più venerare le immagini. Da lì nasceranno
tutta una serie di controversie, alla fine prevarrà la posizione non iconoclasta. Tutta via queste disparità
caratterizzeranno una crisi molto profonda dell’impero. Al tempo stesso accade che l’esercito di questo
impero viene pagato in terre, avvicinandosi quindi al sistema dell’impero carolingio, un impero che è
ancora fiscale ma che paga i soldati con la concessione di terre. L’impero-romano d’oriente lo chiamiamo
bizantino perché riduce la sua prospettiva da una visione globale al territorio di Bisanzio e al territorio
circostante. A partire dalla fine del 9 secolo l’impero conosce un periodo di rilancio con la dinastia
Macedone. Così l’impero conosce un momento di crescita (mantenendo il controllo dell’Italia meridionale
mai conquistata dai longobardi), tenendo sotto controllo slavi e bulgari e riconquistando parti dell’odierna
Turchia e Asia minore e anche le isole di Cipro e di Creta. (Doge: conte in veneziano, funzionario bizantino
che amministrava Venezia, quindi Venezia era sotto l’Impero bizantino. Chiesa di San Marco ha stile
orientale, perché è stata sempre sotto l’impero bizantino).

Lez.10 28/10

Questa fonte è un polittico: documento scritto in cui un grande proprietario fondiario, in genere un
ecclesiastico, fa un elenco di tutte le sue proprietà, come sono strutturate, chi ci lavora e quante corvè deve
prestare sulla pars dominica. I polittici informano perfettamente sul funzionamento di una corte in età
carolingia. Questo è un politico dell' 814 d.C., l'anno in cui muore Carlo Magno e riguarda l'abbazia di San
Germain che sta a Parigi ed è una grande proprietà terriera e che per amministrare tutte le terre comincia a
produrre documenti di questo genere, ovvero polittici che servono a stabilire com'è organizzata la corte.
Analisi: Palaiseau (palesò) è il centro di una curtis dell’abbazia. Si trova un manso signorile con una casa e
altre costruzioni agricole, poi c’è terra arabile, sulla quale si stima la quantità di ricavato. Ci sono campi di
grano, viti, boschi dove vi è l’allevamento, tre mulini, una chiesa. Questa è la pars dominica, non ci dice chi l
lavora perché non è affittata. La descrizione è molto dettagliata, capace di quantificare nello specifico il
ricavato di tutto il territorio. La differenza con Totone è che la sua terra era caratterizzata esclusivamente
da ulivi e che la descrizione del domo coltile di Totone non forniva descrizioni dettagliate, con numeri di
quanto la terra fruttasse. Nel dominico ci sono anche i mulini, importantissimi per macinare il grano.
Segue la descrizione del massaricio, le terre date in concessione. I contadini descritti sono i massari, coloro
che lavorano la terra e che in cambio pagano un affitto. C’è terra arabile dove si lavora il grano, vigne e
prato. Ogni anno egli ara 4 pertiche per il grano invernale e due pertiche per il grano primaverile, queste
sono le corvè, ovvero ogni anno lavora la pars dominica gratuitamente, in più paga l’affitto tramite
l’allevamento. Con questo documento entriamo in contatto con il contadino, sappiamo che ha una moglie
ma non sappiamo il suo nome, hanno due bambini e sappiamo che Walafredo è un colono, cioè ha uno
status personale libero, può essere che lui abbia anche altre terre proprie. Al monastero interessa che

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Walafredo ha due figli per una questione di eredità. Al monastero interessa sapere chi ci sarà dopo
Walafredo, nonostante i figli siano due bambini. Segue la descrizione di un altro contadino Airmondo e di
un altro ancora Ebrulfo. Quest’ultimo ha una moglie schiava, ciò significa che la moglie non ha uno status
libero. Al di là che queste persone siano uomini, donne, coloni, schiavi o bambini, queste persone sono DI
SAN GERMANO, cioè appartengono all’insieme di contadini che dipende dall’abbazia. Questa dipendenza
dall’abbazia è talmente forte da far dimenticare le altre etichette di queste persone.
Rispetto al testamento di Totone da Campione notiamo un’altra differenza: Totone non aveva un polittico
delle sue proprietà, lui fa un testamento che lascia alla chiesa, ma non ha un polittico. Ora invece ci sono
documento di questo genere, 100 anni prima tali documenti non esistevano.
Aumento del controllo sull'attività dei contadini: questa è una questione fondamentale. L’attività
economica di questi secoli è caratterizzata da una crisi, dovuta dalla diminuzione della popolazione, dei
commerci, al contrario sono aumentate, in questi secoli, le terre incolte, i boschi. I primi segni di inversione
di questa tendenza cominciano negli anni di questa testimonianza perché ora i proprietari fondiari sono
molto più attenti su cosa fanno i propri contadini. Documenti di questo genere sono documenti di
schedatura dei contadini. Ora i contadini cominciano ad essere nominati, identificati, controllati. Il
proprietario guadagna da questo controllo capillare ricavando di più. I proprietari riescono a tenere per sé
quantità sempre maggiore di prodotto. Il proprietario si impadronisce sempre di più del plus lavoro del
contadino, diventando più ricco. Diventando più ricchi i proprietari, aumentano i circuiti di scambio. È un
mondo in crescita economica. Si stanno riattivando i circuiti commerciali ma, in età romana i circuiti
commerciali si basavano sulle tasse, il commercio esisteva perché lo stato chiedeva le tasse. Ora le tasse
non ci sono. I circuiti si rafforzano sulla base della domanda privata, non sulla base della domanda pubblica.
Quindi la differenza fondamentale è che i circuiti commerciali di età romana esistono grazie al sistema
fiscale e all’azione dello Stato, a partire dal 9 secolo i circuiti commerciali si riattivano non grazie
all’intervento dello Stato e al sistema fiscale, ma grazie ad un controllo più capillare del lavoro dei
contadini, che permette ai proprietari di arricchirsi di più e di dar vita alla domanda privata, sulla quale si
poggiano i circuiti commerciali. Si assiste ad una ripresa economica in qui paradossalmente sta crollando lo
Stato. L’Europa si trasforma in un mondo che nell’11 secolo è senza Stati.

Come si arriva dall’impero carolingio, in qui il re diventa addirittura imperatore ad un mondo senza Stati?
Guarda schema su foglio lez.10:
Dopo la morte di Carlo Magno (814), il potere passa nelle mani dei suoi due figli: Pipino (re d’Italia), che
morirà presto e Ludovico il Pio (re d’Aquitania e poi imperatore). Alla morte di quest’ultimo, nell’840,
iniziano i problemi, prima tra il padre e i suoi figli e successivamente tra i figli stessi di Ludovico il Pio.
Regno di Ludovico il Pio: 814-840
Pace di Verdun: 843
Con la pace di Verdun i figli di Ludovico il Pio si spartiscono l’impero. Carlo il Calvo mantiene il controllo del
regno occidentale (attuale Francia), Ludovico il Germanico mantiene il controllo del regno orientale (attuale
Germania), Lotario I mantiene il titolo di imperatore e il controllo dell’Italia e di una striscia di territorio tra
il regno della Francia e della Germania, la così detta Lotaringia (oggi regione della Lorena). Ormai sono dei
regni distinti che poi a loro volta si frammenteranno al loro interno. Si assiste a tutta una serie di
frammentazioni: Lotario I divide il suo territorio nei suoi tre figli: Ludovico II re d’Italia, Lotario II re in
lotaringia e Carlo re in Provenza. I figli di Ludovico il Germanico invece diventeranno Carlomanno re di
Baviera mentre Carlo III il Grosso imperatore. Di fatto Carlo il grosso sarà l'ultimo imperatore che
appartiene alla dinastia carolingia. In questi anni il titolo imperiale non significa più nulla perché l'impero
non esiste più in quanto frammentato in vari regni dipendenti tra i diversi discendenti di Carlo Magno. Nel
regno di Germania ad un certo punto salirà al potere la dinastia Sassone e nel regno d’Italia assistiamo alla
presa di potere di varie famiglie aristocratiche, fino a quando Ottone di Sassonia, re di Germania diventa
anche re d’Italia nel 961 e viene incoronato imperatore nel 962, sempre nel 962 “Privilegium Othonis” il re

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pretende che il Papa gli riconosca fedeltà, il potere spirituale deve sottomettersi al potere temporale.
Nonostante tutto non sono solo queste dinamiche a determinare la frammentazione dell’impero. i re
ancora contano perché ci sono ancora delle aristocrazie che dipendono da essi. La situazione cambia
quando l’aristocratico inizia a diventare potente, perché lui è potente, non perché il re gli ha donato delle
concessioni. Accade quindi che l’aristocrazia inizia a non essere più dipendente dal re.
IMMAGINE di LOTARIO I, re di Lotaringia: miniatura che orna un vangelo. In questa raffigurazione Lotario I è
circondato da due aristocratici, due esponenti dell’alta aristocrazia del regno che prestano il loro servizio
militare per il regno. Il re è rappresentato seduto sul trono, con una corona e uno scettro, ma non è armato.
Del re viene esaltato un carisma quasi sacro, che assomiglia a quella realtà spirituale, dove il re non
interagisce con la realtà, non combatte in prima persona, non interagisce con gli aristocratici intorno a lui.
Questa immagine raffigura un re potente, connotato da una dimensione quasi sacra, circondato
dall’aristocrazia che gli presta il proprio servizio militare e questo ce lo testimonia il fatto che nell’immagine
gli aristocratici sono in secondo piano e più piccoli rispetto alla figura centrale del re. Tuttavia, c’è un
qualcosa che ci fa capire che le cose stanno cambiando. Uno dei due aristocratici sembra invadere lo spazio
sacro del re con la propria mano. Ciò sta a significare che gli aristocratici stanno piano piano rivendicando
prerogative proprie del re e iniziano a pensare che il suo potere non è derivato da Dio ma un potere
personale.

Lez.11 29/10

Fonte lez.11 dal “manuale per mio figlio” di Dhuoda (843)


è una sorta di manuale di istruzioni che una madre lascia al figlio affinchè egli possa fare carriera nella vita.
È molto probabile che questa sia una famiglia aristocratica, addirittura potrebbe essere una famiglia
imparentata con lo stesso Carlo Magno. È datato nell’843, data molto importanta perché è la data della
pace di Verdun, pace che stabilisce la separazione del regno tra i figli di Ludovico il Pio.
Il manuale inizia con la dichiarazione che Dio ha voluto Carlo (Carlo il Calvo) come re. Inoltre, viene
specificato che il padre del figlio in questione, Bernardo, marito di Dhuoda ha appoggiato Carlo come re,
quindi ha scelto di stare dalla sua parte. La madre invita il figlio a servire il re con fedeltà e lealtà. La donna
sfoggia le sue conoscenze, è una donna istruita che conosce le sacre scritture, scrive al figlio e ricorre a
esempi della letteratura classica e della Bibbia, il figlio deve essere un bravo servitore del re come Abramo è
stato un bravo servitore del Signore per eccellenza, Dio. Ogni onore (honor), ogni carica e ogni autorità
(potestas) sono un dono di Dio ed è per questo che dobbiamo servire i nostri signori con fedeltà. La madre
ricorda al figlio Guglielmo che mai i suoi progenitori si sono macchiati di infedeltà e lui dovrà fare lo stesso.
Questo testo ci mostra una madre preoccupata per il figlio che sta per mettersi a servizio del re e lo
raccomanda di non mettersi in brutte strade, ma di mantenere sempre la fedeltà nei confronti del re Carlo il
Calvo. Dhuoda ci sta descrivendo un mondo al centro del quale c’è il re. Tra le righe possiamo vedere
un’aristocrazia che sta cambiando, che se prima era strettamente legata al re ora, qualcosa sta cambiando.
La frase “noi sappiamo che ogni onore e ogni autorità sono un dono di Dio” lascia intendere che

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l’aristocrazia non dipende più dal re, ma sono un dono di Dio. Dal momento in cui Dhuoda pronuncia
questa frase lascia intendere che ogni carica non è decisa dal re, ma fanno capo alla volontà di Dio. C’è
un’aristocrazia autonoma rispetto al potere regio. Inoltre, il fatto che la madre continui a raccomandarsi del
fatto che il figlio debba essere fedele al re sta a significare che questa fedeltà non è così scontata. È un
contesto in cui l’infedeltà è possibile, la fedeltà non è scontata. Un contesto in cui ogni carica non è un
dono del re, ma è un dono di Dio. Questo cambia molto e ci fa capire che piega sta prendendo la società in
un’epoca post-carolingia. L’aristocrazia inizia a vedere le concessioni in terre, che prima erano concesse dal
re, come ereditarie, passano quindi dal padre in figlio. Proprio perché questi onori sono stati dati da Dio,
non possono essere tolti dal re, e tali onori passano quindi dal padre in figlio. Con un famoso capitolare, il
capitolare di Quierzy dell’887 si viene riconosciuta l’ereditarietà dei benefici.
Incursioni ed invasioni del 9-10 secolo: l’Europa occidentale subisce attacchi da saraceni, normanni
(vichinghi), ungari. I saraceni non sono un vero e proprio popolo, sono musulmani che abitano sulle sponde
meridionali del mediterraneo che si mettono insieme per compiere razzie sulla parte settentrionale del
mediterraneo, attaccando monasteri, vescovati e saccheggiando città. Queste invasioni non portano allo
stabilimento fisso di queste popolazioni nei territori che attaccano. Sono popoli che arrivano via mare e
combattendo e razziando fanno bottino per poi tornare nei propri territori. I saraceni nell’846 saccheggiano
la basilica vaticana. I saraceni saccheggiano la chiesa perché era ricca di oro. Gli ungari, stanziati nell’attuale
Ungheria, nel 924 saccheggiano il palazzo di Pavia (capitale del regno longobardo), ma nel 955 questi ultimi
verranno sconfitti a Lech da Ottone I di Sassonia, re d’Italia. L’altra grande invasione è quella dei normanni,
popoli che vengono dall’attuale Norvegia, Svezia, Danimarca, gruppo di uomini che hanno obbiettivo di far
razzia e bottino e che per due secoli mettono a ferro e fuoco tutto il nord d’Europa, arrivando a stabilirsi in
maniera stabile in tutta l’Inghilterra e arrivano persino a Parigi. I normanni si stabiliscono in maniera stabile
in una parte della Francia che prende il loro nome, La Normandia, riconosciuta dalla Francia tant’è che
Rollone viene nominato duca di Normandia nel 911.
Il fatto che la grande aristocrazia si rende sempre più indipendente rispetto al re e il fatto che quest’ultimo
perde il controllo piano piano dell’aristocrazia, non dipende da queste invasioni. Queste invasioni
avvengono perché i vari regni si stanno indebolendo, i regni non sono deboli a causa delle invasioni, ma le
invasioni avvengono perché questi regni sono già deboli. Sono deboli perché non hanno più la capacità di
distribuire quelle risorse che prima invece erano in grado di garantire.

La grande espansione carolingia si è interrotta. In Spagna non può proseguire perché ci sono gli arabi,
l’Italia meridionale è sotto il controllo dei bizantini, come l’oriente, che comunque è una potenza che non
può essere sconfitta e invasa e nell’est Europa non c’è “niente di interessante”. Ci sono dunque re poveri,
senza risorse da distribuire, l’aristocrazia è sempre più indipendente e è a causa di tutto ciò che si innesca
una spirale per cui il re cessa di essere il fulcro di questo sistema politico, prima di tutto per l’aristocrazia.
Quindi è a causa di dinamiche interne che arriviamo all’indebolimento dei regni. Dalla crisi di questi regni
nascono tanti principati indipendenti legati ai grandi aristocratici che sono autonomi da qualsiasi controllo
regio. Il re non cessa di esistere, diminuiscono i suoi poteri. Si passa dal concedere poteri al riconoscere
poteri. Ora il re riconosce l’importanza dell’aristocrazia, non è più lui che la rende importante, tramite
concessioni e benefici.
A partire dal 12 secolo non solo i grandi aristocratici si rendono indipendenti dal potere regio, ma
addirittura i piccoli aristocratici, i proprietari di castelli, gente come Totone da Campione si rendono
indipendenti da qualsiasi potere superiore. Nascono i signori e le signorie. Le signorie sono la versione
locale dello Stato, il signore fa a livello locale quello che faceva lo Stato a livello nazionale. Il signore è colui
che si occupa di giustizia. Prima la giustizia era amministrata dal conte all’interno del comitato che gli era
affidato attraverso i placiti, ovvero le assemblee. Il conte era scelto dal re. Ora la giustizia è amministrata
dal signore, che rivendica il fatto che amministrare la giustizia sia un suo diritto. I signori ora rivendicano
diversi diritti, come amministrare la giustizia ma anche lo stesso titolo di signore. Tutto ruota intorno al

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patrimonio. Tutta una serie di prerogative pubbliche che prima venivano gestite da ufficiali pubblici, ora
diventano patrimonio dei signori. Sono allodiali ovvero proprietà dei signori. Questo mondo signorile che
nasce è un mondo dove i re non contano più niente e in cui i poteri sono esercitati a livello locale sulla base
del fatto che sono di proprietà di una determinata famiglia. È un mondo più localizzato infatti questo
mondo è fatto di poderi locali, i poteri vengono esercitati a livello locale. Se non funziona più la grande
cornice del regno allora può funzionare il controllo locale. Con la fine dell’impero carolingio, i
funzionamenti del potere si localizzano in territori circoscritti. L’Italia centro settentrionale diventa un
mondo costernato da piccole signorie. Concretamente i signori come fanno ad esercitare questo potere? Il
signore protegge i propri contadini dagli altri signori, grazie ai castelli. I castelli servono per controllare, ma
anche per proteggere i contadini. I castelli sono luogo di protezione e di controllo dei contadini. Proteggi
per dominare, questo era il compito dei Signori. Oltre al castello, fondamentale era la proprietà fondiaria
attorno al castello. La terra è un elemento fondamentale per la formazione della signoria. Senza terra il
signore non ha i contadini. In questo quadro i monasteri sono sempre sotto il signore, perché molto spesso i
signori erano ecclesiastici. La famiglia che decide di costruire questo castello e di scommettere sul suo
controllo locale, se ha delle terre lontane 100 km quelle terre le abbandona, o al massimo cerca di
scambiarla con una più vicina al castello, concentrandosi sui territori circoscritti al castello, si ragiona su una
dimensione locale, su un’area ristretta. Inoltre, il figlio maschio eredita il patrimonio dal padre, con questo
nascono i cognomi. Nascono dei cognomi legati al luogo. es. I signori di Palombara Savina. Questi cognomi
passano dal padre in figlio identificando una linea di discendenza.
IMMAGINE: Pont Canavese, villaggio che sorge in una delle valli sopra Torino. Si chiama così perché sotto
scorre un fiume e c’è un ponte. Quella che vediamo è una torre, in precedenza, intorno ad essa c’era il
castello dei Signori, i conti del Canavese che discendono da funzionari carolingi, con sotto la Chiesa e il
villaggio del castello, dove vivevano i contadini. La torre sarà alta circa 50 m., la torre date le sue
dimensioni, protegge per dominare. Tuttavia, possiamo notare una seconda torre in secondo piano.
Tendenzialmente si cerca di tenere unito il patrimonio ereditario, ma evidentemente occorreva bilanciare il
patrimonio tra i vari figli. Lasciare tutto a due figli si rischiava di lasciare troppo poco a entrambi e quindi
rischiare di non contare a livello locale, lasciare tutto ad un unico figlio era un altro rischio ecco quindi
perché è stata costruita una seconda torre. Il potere è patrimonio, è concreto e si divide fisicamente tra i
figli eredi del signore. Le donne contavano molto, perché creavano relazioni. Alla donna veniva assegnata
una dote, così che la donna non aveva più alcun diritto sul patrimonio di famiglia.

Castello, patrimonio, definizione di interessi fortemente localizzati, protezione dei contadini, tutto questo
definisce la signoria. Manca però un elemento: la capacità coercitiva del signore. Il signore deve essere
capace di esercitare violenza sui contadini. Il signore ha dalla sua parte i cavalieri. I signori controllano le
società locali perché hanno alle loro dipendenze i milites. I signori riescono a coordinare attorno a sé delle
clientele militari, delle quali si servono per controllare la società locale.

Lez.12 30/10

I milites sono più ricchi del contadino medio, sono armati, ma allo stesso tempo non sono al livello
dell’aristocrazia locale, dei signori. Si tratta di un livello intermedio. Sotto le torri, sotto il castello ci sono
metaforicamente dei milites che garantiscono ai signori la possibilità di poter esercitare il loro potere. La
diffusione della signoria nell’Europa occidentale si può vedere anche come una diffusione della clientela
armata a livello locale. Come si costruisce l’immagine dei cavalieri? Sappiamo che uno dei problemi
fondamentali per chi viaggiava era attraversare gli appennini. Il valico più basso per attraversare gli
appennini è quello tra Firenze e Bologna. Un’ altra strada è quello di Parma-la Spezia, che non arriva
propriamente a Parma ma a Fidenza. Fidenza è il luogo da dove partiva la strada per attraversare gli
appennini nel Medioevo. In questo luogo sorge una chiesa nella quale vi è un basso rilievo che raffigura dei
pellegrini. Pellegrini con vestiti pesanti, asini e gente a cavallo. Le persone a cavallo sono i milites, i cavalieri.

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Il compito dei cavalieri in questi pellegrinaggi è garantire la protezione dei pellegrini, ma anche i commerci.
Il pellegrino trova una protezione nella signoria tramite il cavaliere. Ovviamente i cavalieri vorranno essere
pagati per il lavoro di protezione che esercitano. I cavalieri sono anche uno strumento per distinguersi per i
signori. Distinguersi significa prevalere nella società e non essere inglobati da essa. Si costruisce quindi
un’immagine del cavaliere che serve a distinguersi. Maggio era il mese in cui si radunava l’esercito, maggio
è il mese cavalleresco. Si sta costruendo uno spazio privilegiato per il cavaliere. L’uomo comune magari
viene rappresentato con una capigliatura normale, mentre il cavaliere spesso porta i capelli lunghi e con la
barba. Si vuole sottolineare la diversità dei cavalieri, come se fossero diversi persino a livello etnico.
Fonte esaminata: “Nascita di un potere locale. Dai conti di Pombia ai conti di Biandrate”.
Biandrate è in Piemonte tra Torino e Milano. Come nasce il signore di Biandrate? Attraverso la
documentazione si è ricostruito il loro albero genealogico. Prima di avere il primo conte di Biandrate
abbiamo una serie di discendenti di funzionari legati alla corte, i conti di Pombia. Riccardo I è il primo conte.
Egli vive nella metà del 10 secolo, siamo in una situazione in cui il regno d’Italia è indipendente, con un re
tratto dall’aristocrazia di Provenza. Momento in cui la grande aristocrazia sta iniziando a rendersi
autonoma. Riccardo I ha origine Provenzale, non è di Pombia, è fedele al re ed eredita i beni del precedente
conte di Pombia. Il rapporto con il re è fondamentale per la sua carriera. È ancora importantissimo il legame
con il potere regio. Ildebrando, invece, ha rapporti con il capitolo della cattedrale di Novara e con il
vescovo. Molto probabilmente qualcuno dei suoi figli potrà diventare vescovo di Novara. I suoi figli sono
Riccardo II, conte di Pombia, ha ereditato la carica. Gualberto è diventato vescovo di Novara. Uberto I
anche lui è conte di Pombia per un periodo e sposa la figlia del conte di Piacenza. Ciò significa che si iniziano
a creare dei legami. La generazione ancora successiva vede Riccardo III che anche lui sposa la figlia di un
conte, il conte di Bergamo, Adalberto sposa la figlia del conte di Parma, Umberto II mantiene il titolo di
conte e sposa la figlia del marchese di Torino, Guido I ottiene il titolo di conte, Eriprando porta avanti il
ruolo di vescovo di Novara e infine Gisla, sposa anch’essa un conte. La carica di conte non è più concessa
dall’alto, ma è diventata parte del patrimonio di famiglia. Quindi dal padre passa ai figli. Il fatto che i figli
siano contemporaneamente conti ci fa capire che il titolo di conte non rimanda ad una delega dall’alto, ma
è patrimonio di famiglia. Perché si passa da “Pombia” a “Biandrate”? Perché questa famiglia passa
dall’essere una famiglia legata al potere regio, ad una famiglia costituita da più rami, con più conti. Si
cambia nome per distinguersi dagli altri conti della stessa famiglia. Si riduce la scala geografica dei
matrimoni e delle terre, perché l’obbiettivo del signore è concentrare tutto a livello locale.

Fonte: Permuta tra il conte Adalberto del fu Uberto e l’abate di Nonantola (1034).
I conti di Pombia, in via di trasformazione in conti di Biandrate, si scambiano terreni con l’abate di
Nonantola. L’abate Rodolfo cede ai suoi fratelli e ai suoi nipoti 3 parti di una corte nel comitato di Torino.
Riceve in cambio la porzione di proprietà dei fratelli e nipoti della corte di Modena. I conti di Pombia hanno
delle terre a Modena e le cedono in cambio di terre nella zona di Torino, la stessa cosa pensa l’abate.
I conti Alberto e Guido (2 contemporaneamente) si costruiscono una clientela armata, giurando di
garantire, nel possesso delle terre, i milites che vorranno andare ad abitare a Biandrate. In cambio della
loro fedeltà armata loro garantiscono benefici in terre. A meno che i milites non decidano di andarsene,
quelle terre rimangono concesse a loro e se qualcuno provasse a contestare questo fatto ci faranno 12
abitanti eletti ad hoc che si occuperanno della questione. Questi abitanti sono a loro volta milites, quindi i
cavalieri garantiscono per loro stessi. I conti si impegnano a riconoscere l’ereditarietà di quei benefici dei
milites che potranno lasciarli ai loro figli maschi e femmine. Inoltre, se i milites vorranno vendere le loro
terre lo potranno fare solo con l’autorizzazione del conte. Se c’è qualche reato, a giudicare sono i consoli
eletti dai cavalieri, i conti intervengono solo per casi gravissimi, come adulterio o omicidio. A loro volta i
cavalieri giurano di prestare servizio ai conti. I conti così facendo hanno costruito la loro signoria: hanno
abbandonato le terre più lontane, hanno abbandonato l’idea di un potere delegato dal potere regio, hanno
costruito un castello e riempito di cavalieri e tramite l’appoggio dei cavalieri, garantiscono il funzionamento

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del lavoro dei contadini. Questa signoria si basa sulla capacità dei conti di creare una clientela armata, in
cambio di benefici. Fondamentalmente i più potenti sono i milites, perché essi giurano e promettono l’aiuto
reciproco nella tutela contro tutti delle loro terre. Se i contadini e i cavalieri si dovessero alleare, i conti non
esisterebbero più perché sono i cavalieri che garantiscono il potere ai signori.

Lez.13 4/11

La signoria, che nasce a partire dal 10-11 secolo nascono grazie alle clientele armate. I committenti di
questa vasca battesimale (vedi immagine), che si trova nel comune di Chiavenna, in cima al lago di Como,
nel 1156 fanno rappresentare una processione, il rito del battesimo e sul retro di questa fonte troviamo la
rappresentazione di coloro che abitano nel borgo di Chiavenna, oltre che la rappresentazione del cavaliere.
Tra quest’ultimo e i borghigiani ci sono delle differenze. La novità di quest’immagine non è solo la
rappresentazione della figura del cavaliere, ma anche il fatto che qui il committente della fonte battesimale
è lo stesso comune rappresentato. Il committente della fonte battesimale si auto-rappresenta. Da notare
che il cavaliere sta fuori dal borgo, è un corpo estraneo fuori dalle mura. I comuni non sono sempre esistiti.
Nascono sia in città che in campagna. Nell’11-12 secolo si creano dei grumi di potere, definiti su base locale
che prima non esistevano. In questo mondo più locale, insieme alle signorie nascono le comunità rurali, i
comuni. In questo periodo nasce anche l’idea di utilizzare un documento scritto. A partire dal 13 secolo
nasce la necessità di identificare gli individui con un documento scritto. Il mondo in cui stiamo entrando è
molto più simile rispetto a quello in cui viviamo. Un’altra questione importante è la chiesa. Il parroco veniva
scelto dalla signoria, dal signore. In questo periodo il Papa, vescovo di Roma, non è più importante degli
altri vescovi. In questo periodo la chiesa non è gerarchica, è modulare perché la chiesa è suddivisa in
episcopati, in tanti moduli non ordinati gerarchicamente. Il Papa non costituisce il “re della chiesa”. Il Papa
veniva scelto dall’imperatore (in età carolingia, l’imperatore rivendica il diritto di scegliere il Papa). Nel caso
in cui l’imperatore non potesse scegliere il Papa, quest’ultimo viene nominato dagli aristocratici dell’elité
locali, quindi dagli aristocratici romani. L’Europa è un reticolo di episcopati. Il vescovo è il capo di una
determinata diocesi e capo della chiesa locale. È il vertice. Insieme ai vescovi della regione si riunisce in
assemblea, detta anche sinodo, per discutere di argomenti teologici. Succede poi che si faccia una riunione
tra tutti i vescovi della cristianità e questa assemblea prende il nome di concilio ecumenico. Nei secoli
successivi al 7-8 secolo non vengono più convocati. In queste diocesi, dopo il vescovo troviamo le chiese
nate in campagne, dette Pieve (dal latino plebe). A partire dall’età carolingia le Pievi hanno il diritto di
richiedere la decima ai fedeli per il sostegno del clero. Perché poi sono i sacerdoti che amministrano la vita
religiosa legata a quella determinata chiesa e per farlo ricevono dei benefici locali, una base economica.
Sono i signori locali che scelgono il parroco di una determinata chiesa, in cambio di ulteriori benefici. Allo
stesso modo anche i monasteri vengono controllati dalle famiglie aristocratiche e molto probabilmente
l’abate affiderà i terreni della chiesa a membri di quella famiglia. Una delle cose che condiziona ancora oggi
il nostro mondo è il fatto che è in questo periodo che sfera spirituale e sfera temporale cominciano a
separarsi.
Riforma della Chiesa: siamo di fronte ad una chiesa corrotta, in cui tutto è nelle mani dei laici. I laici, i
potenti pensano ai propri interessi controllando e scegliendo il parroco a cui affidargli il controllo della
chiesa. Questa chiesa così profondamente controllata dai laici è insufficiente dal punto di vista religioso e
morale. La soluzione è rendere la chiesa indipendente, separandola dal mondo laico. Nel 910 viene fondato
in Francia il monastero di Cluny, stabilendo che non venga controllato dalla famiglia che lo ha fatto
costruire ma si richiede che venga controllato dal Papa. È un monastero indipendente dal mondo laico. Nel
giro di cento anni, seguendo l’esempio di Cluny, si creerà un movimento in direzione di una vera e propria
riforma della Chiesa. Nasce l’idea di canonica, case in cui stanno i sacerdoti. Separazione è la parola chiave,
in cui i sacerdoti si dividono dai laici. Si sviluppa l’idea di due grandi peccati: simonia (da Simon mago che
chiese a San Pietro di vendergli lo Spirito Santo) che altro non è che il nominare un determinato prete da

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parte dell’aristocrazia. Altro peccato era il nicolaismo, battersi contro il fatto che il prete non si possa
sposare. Il prete non poteva sposarsi per distinguersi dai laici. E poi perché inevitabilmente un prete che si
sposa è un prete che ha dei figli, nonché degli eredi a cui cedere la chiesa. Ma se così fosse si ritornerebbe
al discorso della simonia, in più, se si fosse sposato sarebbe stato uguale ai laici. Sempre per questo motivo
devono indossare determinati vestiti e avere determinate acconciature.
IMMAGINE di San Clemente. C’è un “recinto” dentro la chiesa, nel quale ci dovevano stare tutti i preti
durante le celebrazioni. La chiesa diventa un luogo in cui ci sono due spazi distinti, uno per i sacerdoti e uno
per i laici. Movimento rigorista (Pataria) degli anni 60 dell’11 secolo che nasce a Milano (studia sul libro).
Movimento dei patarini, persone che pensano che ci sia un’eccessiva commistione tra i laici e la chiesa e
che questo vada a sfavore delle anime. I patarini sognano una chiesa in cui tra l’altare e i laici ci sia un muro
che divida letteralmente i due spazi, perché secondo loro i due gruppi non dovevano neppure vedersi.
L’effetto voluto dai rigoristi è un distanziamento importante tra i due gruppi. Questo cambia il rapporto tra i
laici e la chiesa, perché inevitabilmente viene meno anche il minimo contatto con la fede.

Lez.14 5/11

In queste chiese, l’altare è molto lontano ecco perché i laici vanno alla ricerca di un qualcosa che li possa
avvicinare ancora di più alla fede. Vediamo infatti nelle pareti delle chiese raffigurazioni pittoriche di santi o
di Maia Vergine, ovviamente successive alla costruzione della chiesa. La chiesa è stata fatta costruire da un
sacerdote che ha pensato di dividere in maniera netta la propria area e l’area dei fedeli. Quest’ultimi nel
giro di 100 anni, richiedono e fanno realizzare sulle pareti delle figure in cui credono come la madonna e i
santi. Quando effettivamente questa riforma della chiesa vince? Quando queste istanze riformatrici
diventano patrimonio della cura pontificia ovvero quando sono i papi che sono portatori delle istanze
riformiste. Queste istanze riformatrici diventano qualcosa di molto importante nel momento in cui
diventano patrimonio del papato. Ricordiamoci che il Papa era il primo sacerdote controllato dal potere
politico. Quali sono le tappe fondamentali di questa riforma?
-Enrico III, imperatore e re d’Italia nomina Papa Leone IX nel 1049. Momento importante perché dopo una
fase in cui il papato era finito sotto il controllo delle famiglie aristocratiche romane, l’imperatore interviene
e nomina un suo candidato. È pur sempre un’intromissione laica, ma c’è la volontà di togliere il controllo
all’aristocrazia romana. Leone IX si circonda di persone (la curia) che fanno proprie quell’ideologia della
distinzione tra potere laico ed ecclesiastico. Successivamente si porterà avanti la volontà di distaccarsi
anche dal potere imperiale.
-Elezione di Niccolò nel 1059. Da questo punto in poi cambierà tutto. Alla morte del Papa leone IX viene
eletto Niccolò per la prima volta dai cardinali. I cardinali nominano un sacerdote titolare di una chiesa tra le
più importanti. Si stabilisce che il Papa venga eletto dai cardinali (i sacerdoti più importanti). Questo segna
la mancanza dell’intromissione imperiale.
-Elezione di Gregorio VII nel 1073. L’esponente di punta di quella curia riformista che aveva iniziato ad
esistere, secondo cui il potere papale deve essere fortemente indipendente dal potere politico.
-Dictatus Pape nel 1075
-Enrico IV depone Gregorio VII nel 1076. Il titolare del regno politico, l’imperatore depone il Papa per aver
preteso di diventare lui il capo della Chiesa. Perché fino a quel momento era l’imperatore il capo della
chiesa.
-Gregorio VII scomunica l’imperatore nel 1076. Ciò significa che l’imperatore non fa più parte della
comunità di fedeli, per cui i fedeli non avrebbero più potuto “seguirlo” e identificarlo tanto meno come il
capo della chiesa. Si arriva ad uno scontro che gira intorno alla “lotta per le investiture”, ovvero il diritto di
scegliere i vescovi. Per l’imperatore i vescovi erano di importanza fondamentale, erano figure che
rappresentavano localmente il potere regio. Per l’imperatore i vescovi erano la colonna portante della sua
capacità di governare e di mantenere il controllo sul territorio. Gregorio VII inizia a pretendere di volere

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scegliere lui i vescovi. I vescovi stanno dalla parte dell’imperatore perché per loro era la normalità, in più
avrebbero ottenuto dei benefici per rappresentare il potere regio localmente.
-Concordato di Worms (vorms) nel 1122, dove si stabilisce una sorta di punto di incontro secondo cui in
Germania i vescovi investono prima nel potere temporale e poi in quello spirituale, equivale a dire che i
vescovi sono legati più al potere imperiale, in Italia, invece, i vescovi investono più nel potere spirituale,
quindi sono controllati dal Papa.
Fonte: Dictatus Papae – 1075, Gregorio VII
Il Papa mette per iscritto le idee portate avanti dalla curia riformista di cui lui era l’esponente di punta.
La chiesa è fondata da Dio. Con questa affermazione sottolinea il distacco dal potere temporale, perché
afferma che la chiesa non è nelle mani dell’imperatore. Il pontefice romano è l’unico che può essere
chiamato universale. Sottolinea la differenza tra il papa e i vescovi. Il papa può deporre o riammettere i
vescovi. Gregorio riconosce il diritto papale di controllare i vescovi, deporli o riammetterli, sottolineando
che questo diritto non può essere dell’imperatore. Si sta dicendo che la chiesa non è una democrazia. Il
papa è un’istanza superiore, più importante del concilio. Non si può abitare con coloro che scomunico. Ciò
significa che coloro che vengono scomunicati non fanno più parte della società civile cioè non ha più una
famiglia e non fa più parte non solo della comunità religiosa ma soprattutto della comunità politica. Che a
lui solo è consentito fare nuove leggi, fondare abbazie. Il papa si sta prendendo il diritto di gestire in modo
universale la sfera spirituale. Gregorio VII sta descrivendo le caratteristiche della chiesa cattolica. Chiesa
cattolica significa chiesa romana. Da ora in poi è sottointeso che la chiesa cattolica ha il suo vertice a Roma,
di cui il Papa ne è il monarca. Il papa è il vertice della giurisdizione all’interno della chiesa. Il papa ha un
primato giurisdizionale, primato istituzionale e primato teologico perché dice anche che è solo il Papa che
stabilisce quali sono le Sacre Scritture. Si sta definendo una chiesa romana che è il vertice della chiesa
cattolica. La conseguenza di questo movimento sulla chiesa occidentale:
-la chiesa occidentale si definisce come una monarchia
-è una chiesa che si pretende separata rispetto al mondo laico
-se non sei d’accordo con il Papa non fai parte della chiesa. Questa è una questione cruciale perché
definisce l’essere “eretico”: non essere d’accordo con il papa. Il punto non è mettere in discussione la
dottrina ma mettere in discussione il papa. Le eresie dei primi secoli cristiani sono eresie teologiche,
dottrinali. Invece, a partire dal 12 secolo, essere eretico è colui che non è d’accordo con il papa.

Valdo di Lione è un mercante, è ricco. Ad un certo punto ha il desiderio di vivere intensamente la sua fede
cristiana e si mette a predicare il vangelo. Per la chiesa cattolica Valdo di Lione, fondatore dei poveri di
Lione è un eretico. Perché egli ha la curiosità di leggere il vangelo, scritto in latino, nonostante lui non
conoscesse il latino. Si reca da due sacerdoti e si fa tradurre in volgare il vangelo per capire cosa dicesse.
una volta letto e capito il vangelo si spoglia di ogni bene, convincendo gli altri a seguirlo nel predicare il
vangelo, nelle case, nelle strade e persino nelle chiese. A quel punto interviene l’arcivescovo di Lione
vietando loro di predicare. I fedeli di Lione, tuttavia volevano seguire la parola di Dio, non il volere di un
uomo definito arcivescovo. Valdo di Lione non ha contestato la parola di Dio, non ha mosso dubbi teologici,
ma ha messo in discussione il monopolio della chiesa sulle scritture e sulla predicazione, ovvero il controllo
del papa su tutte le cose sacre. La chiesa. Che è controllata dal Papa, il quale ha il monopolio sulle sacre
scritture, dal canto suo non vuole più essere messa in discussione, ecco perché definisce Valdo di Lione e i
suoi seguaci eretici.

Lez.15 6/11

Verticalizzazione: la chiesa diventa un’istituzione monarchica, con il papa al suo vertice.


Separazione: chiesa come sfera separata rispetto al controllo dei laici, parola chiave libertas.
Controllo capillare della vita dei laici: il Papa pretendeva di affermare la sua superiorità nei confronti del
mondo laico. Questa è una chiesa che pretende di controllare il mondo laico. Non è un caso che in questo

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secolo si fissano i sacramenti, imponendo una fase di passaggio nella vita dei fedeli: battesimo, comunione,
confessione, cresima, unzione degli infermi, matrimonio, morte.
Frattura con la chiesa d’oriente: chiesa che oggi chiamiamo chiesa ortodossa. Più che su questioni
dottrinali, la frattura ha a che fare con la struttura e l’organizzazione della chiesa, in quanto la chiesa
d’orienta non è disposta a riconoscere l’autorità e la supremazia del Papa. La chiesa d’oriente è una chiesa
imperiale, strettamente legata al potere temporale. La frattura avviene nel 1054, data dello scisma
d’oriente. Gli ortodossi ad oggi non hanno un papa, la loro chiesa è ancora organizzata come lo era all’ora.

Rinascono le eresie, causate dai dubbi legati al ruoto della chiesa. Come quella di Valdo di Lione, il quale
leggendo la parola di Dio decise di professare, compito che era esclusivo della Chiesa. I poveri di Lione
sostenevano però che fosse giusto prima obbedire a Dio, e poi all’uomo. La chiesa, difendendo il suo ruolo
di mediazione, sostenevano che i fedeli non potevano accedere alla parola di Dio senza passare attraverso
di essa: “fuori dalla chiesa non c’è salvezza”. Lutero invece, credeva che la salvezza ci fosse lo stesso perché
bastava credere e avere fede in Dio. Nasce il concetto di sermone, di predica, al quale avevano accesso
soltanto le figure sacerdotali.
-scisma d’oriente 1054
-vita di Valdo di Lione 1170-1217
-crociata contro i Catari 1208. I Catari sono diffusi nella Francia meridionale e nell’Italia settentrionale. I
catari sono uomini e donne che si distaccano dall’esperienza cristiana dando ad essa una denominazione
essenzialmente dualista: oltre al principio del bene, esiste anche un principio del male. Questa ideologia
non è cristiana perché per i cristiani c’è solo il principio divino, non c’è un Dio del male. Anche questa
diventa una questione fisiologica, i catari creano una chiesa alternativa, cosa che alla chiesa cattolica non va
bene tanto che viene organizzata una crociata contro di loro.
-vita di Domenico da Guzman 1170-1221:
-vita di San Francesco d’Assisi 1182-1226: figlio di un ricco mercante di tessuti di Assisi. Viene chiamato
Francesco perché il padre commerciava con la Francia. Ad un certo punto si spoglia dei suoi averi
abbracciando una vita di povertà e vivendo di carità, di elemosina e di predicazione. La sua storia ricorda un
po' quella di Valdo di Lione. Oggi però per la chiesa cattolica, Valdo di Lione brucia all’inferno mentre San
Francesco è un santo. Questo perché tra i due è passato del tempo. I francescani rischiano la stessa fine dei
poveri di Lione. Tuttavia, nel 1223 viene approvata la regola francescana, momento che segna il
riconoscimento dell’ordine dei francescani come legittimo nella chiesa cattolica. Su che basi viene
riconosciuto l’ordine dei francescani? Nella basilica superiore di San Francesco d’Assisi non ci sono muri né
recinti che separano il predicatore dai fedeli. Questo perché la chiesa ha capito che deve andare incontro
alle richieste dei fedeli e la chiesa lo fa accettando i francescani. Quest’ultimi per essere riconosciuti hanno
dovuto però giurare sottomissione e obbedienza al papa. Come sappiamo San Francesco riceve le stigmate,
questo paradossalmente separa i francescani dallo stesso fondatore, perché San Francesco viene visto
come un secondo Gesù Cristo, ovvero inimitabile. Il papato oggi riconosce che certe istanze non possono
essere rifiutate, ma disciplinate. Quindi i francescani si sono fatti disciplinare, giurando obbedienza al papa,
in cambio del riconoscimento della regola francescana.
Guarda fonte lez. 15 “La predica di San Francesco ai cardinali”.
Nel giro di qualche decennio succederà però che la chiesa chiederà ai francescani di diventare sacerdoti.

San Domenico da Guzman: fondatore dei domenicani. Anche lui fa una scelta radicale di povertà, ma a
differenza di San Francesco, Domenico da un’impronta intellettuale. Essi predicano contro gli eretici, in
particolare contro i Catari. Si occuperanno di gestire il tribunale dell’inquisizione per la chiesa.
I francescani e i domenicani NON sono monaci, sono frati. Il mondo monastico è quello dei benedettini. I
monaci non sono sacerdoti, essi vivono una vita regolata (con una regola) di isolamento in un monastero. I

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francescani e i domenicani sono frati che vivono in conventi perché non c’è la radice di monos=uno, la loro
vita è basata su una comunità. La loro vita è comunitaria, basata sulla comunicazione e non sull’isolamento.

Perché i conventi francescani nascono in città? Perché le città sono molto più importanti di prima, il mondo
sta cambiando. Da notare che il padre di Francesco sia un mercante ad Assisi che si occupa di scambi con la
Francia. Questo perché vi è una straordinaria crescita economica negli anni post l’11-12 secolo. Qual è la
condizione che permette una crescita economica? L’aumento della popolazione, garantita dalla crescita del
settore agricolo. Si creano dei circuiti commerciali di prodotti anche non eccessivamente costosi che
trasforma il panorama commerciale ed economico perché ora c’è un aumento dell’accesso al mercato,
dovuto alla necessità di beni che prima invece erano autoprodotti. Aumenta la produttività perché aumenta
la divisione del lavoro. La divisione del lavoro aumenta la velocità e la quantità della produzione. Ognuno fa
quello che riesce meglio. Il lavoro si divide, si ottimizza ai fini dell’aumento della produttività.

Lez.16 11/11

Aumenta la commercializzazione, anche di prodotti più minuti e su raggio medio. Questo è un


cambiamento significativo. L’aspetto che fa vedere più di tutti questo cambiamento economico è la crescita
del ruolo di città. Ecco perché questi esponenti dei nuovi movimenti religiosi risiedono in città. A partire dal
12-13 secolo l’Europa diventa più familiare perché diventa un continente di città, una rete di città molto
densa come lo è oggi. IMMAGINE: torre degli Embriaci, Genova. Quest’immagine è importante perché ci
consente di sottolineare una differenza tra la città italiane e le altre città. Dal punto di vista sociale le città
italiane rimangono più complesse. Delle città in cui una quota della popolazione è nobile. Le città italiane
sono dei luoghi dove una parte della popolazione è dedita a quello che nel resto d’Europa viene
considerato un tradizionale spirito nobiliare, gente che va a caccia, che va a cavallo che legge i romanzi
cortesi, gente che è cavaliere e che costruisce torri come questa. La popolazione delle città italiane è
socialmente diversa rispetto alla popolazione delle altre città medievali europee. Potremmo definire le altre
popolazioni medievali più borghese. Le città sono mercanti, commercianti, persone che non hanno una
tradizione nobiliare alle spalle, che vediamo al contrario nella popolazione delle città italiani. Le persone
delle città europee lavorano per stabilire il loro status, mentre le persone delle città italiane hanno alle
spalle una tradizione nobiliare alle spalle. Le città italiane sono costituite da cavalieri e non da borghesi o
mercanti. Per un tedesco, la nobiltà sta nei castelli in campagna, ed è nemica della città, dove risiedono i
borghesi. Ecco perché le città medievali europee non hanno le torri che invece troviamo nelle nostre città
medievali. Le torri vengono associate alla nobiltà. IMMAGINE: palazzo del comune di Siena, effetti del
Buongoverno. Affresco realizzato da Lorenzetti. Viene rappresentata la città di Siena agli inizi del 1300.
Nello sfondo vediamo tantissime torri, cosa che non avremmo visto in una rappresentazione di una città
tedesca. Un altro elemento fondamentale è la rappresentazione di un cavaliere a cavallo, altro elemento
che non avremmo trovato nella rappresentazione di un’altra città. Notiamo l’immagine di botteghe, dove si
vendono vasi, tessuti, calzature. Infine, viene rappresentata anche una lezione universitaria. È proprio in
questo periodo che sorgono le prime università. È un centro cittadino in cui si lavora in bottega, si seguono
lezioni universitarie, ma ciò non esclude elementi legati alla nobiltà come il cavaliere e la torre. C’è anche
l’immagine di nobili che parlano sotto una loggia. Vi è un falco, simbolo della caccia e della nobiltà che
testimonia il fatto che la nobiltà è parte integrante della città.

Per noi italiani il medioevo è l’età dei comuni, non dei castelli. I comuni non sono sempre esistiti. I secoli
che seguono la crisi dell’ordinamento carolingi sono secoli che vedono un vuoto ordinativo. Con il re esiste
un potere che amministra la giustizia, esiste un potere pubblico, esiste l’aristocrazia che si muove attorno
alle corti. Quando entra in crisi questo sistema, subentra la localizzazione. La signoria concentra la sua
proprietà in un territorio circoscritto, questa capacità garantisce il mantenimento dello status di signore. Le
signorie rappresentano il definirsi di un mondo nuovo. Passiamo da un mondo di poteri centrali ad un

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mondo di potere locale. L’Italia, però è un posto in cui le città sono di notevole importanza. In Italia, non
solo nasce la signoria in campagna, ma nascono anche delle autonomie in città che cercano di colmare quel
vuoto lasciato dal potere regio. La nascita dei comuni non è diversa dal fenomeno della nascita delle
signorie, anzi è un fenomeno parallelo. Senza un conte che viene inviato dall’alto chi si occupa della
giustizia? In una prima fase la figura che se ne occupa è il vescovo. Da qui il nome di città vescovili. Il
vescovo diventa un referente per la città perché sono proprietari terrieri, la terra serve per creare intorno a
sé una clientela armata. Alla fine dell’11 secolo ricordiamo la lotta per le investiture. Accade che questi
conflitti dividono la società cittadina. Inoltre, accade che il vescovo che viene nominato è un vescovo fuori
dalla città, esterno alla società cittadina. Di conseguenza, nasce il comune. Il comune prende il posto del
vescovo, che fino a quel momento reggeva la società cittadina. Dato che adesso il vescovo è troppo legato a
ciò che accade fuori dalla città, c’è la necessità di colmare questo vuoto, il quale viene colmato proprio dal
comune. Il comune è composto da coloro che fino a quel momento si sono riconosciuti nella figura del
vescovo. Il comune è un’istituzione, che pretende di assumere la guida della città. La guida della città è
affidata ai consoli. In Italia questo fenomeno ha alcune caratteristiche particolari, a differenza delle altre
città medievali europee. Le città italiane hanno una composizione diversa: cavalieri e signori sono parte
integrante della società cittadina. Mentre nel resto d’Europa le città tendono ad assumere una posizione di
autonomia all’interno di complessi politici più vasti, in Italia le città assumono vera e propria indipendenza.
Per l’Italia centro-settentrionale, sopra le città non c’è nessuno. Possiamo definirle “città-stato”. Nessuna
città europee ha questa stessa evoluzione. Proprio perché le città italiane sono abitate da cavalieri con le
torri, ma anche con il castello in campagna, queste città pretendono di controllare il territorio intorno a sé,
il contado. Il territorio controllato dal comune di Siena non è limitato dalle mura della città, ma tale comune
controlla anche il territorio intorno a sé. I comuni italiani pretendono di esercitare un controllo su un
territorio che va ben oltre le mura. Territorio che va per 40/50 km fuori dalle mura. La grande differenza tra
il mondo italiano e quello del resto d’Europa è che ad un certo punto i comuni spazzano via le signorie, che
al contrario continuano ad essere molto salde nel resto d’Europa. Il comune pretende di controllare il
contado e qual ora ci fosse il territorio di una signoria o qual ora la signoria glielo vietasse, il comune spazza
via la signoria. Es. vicino ai conti di Biandrate ci sono i comuni di Novara e di Vercelli, che nascono in questo
momento. Nel giro di 50 anni nel contesto di una serie di conflitti con l’imperatore dove i conti si schierano
con lui, mentre i comuni si schierano contro di lui, i comuni radono al suolo il territorio dei conti di
Biandrate. La signoria che ha alla base dei milites, viene eliminata da due comuni confinanti, eliminando la
base della signoria, i milites costringendoli ad andare ad abitare in città. Di conseguenza Biandrate è
diventata periferia e il nucleo del potere si è trasferito a Novara e a Vercelli. Al contrario nel resto d’Europa
le città finiscono entro le mura della città. Non esiste un contado e quindi nemmeno la pretesa da parte del
comune di governare al di fuori di esso. Nel 1150 i comuni italiani intraprendono una lotta contro
l’imperatore Federico I Barbarossa, che scende in Italia con suo zio l’arcivescovo Ottone di Frisinga.
Quest’ultimo in uno scritto afferma che “tutta quella terra è divisa tra le città, ciascuna delle quali obbliga
gli abitanti della diocesi ad obbedire, tanto che a stento si riesce a trovare un nobile che non sia sottomesso
alla nobiltà”. L’arcivescovo viene colpito dal fatto che l’Italia è divisa in comuni, all’interno dei quali ci sono i
nobili, che non stanno nei castelli in campagna, indipendenti dalle città.
I comuni italiani erano in ottime condizioni economiche perché erano legati sia all’economia feudale al di
fuori delle mura, che al commercio e al lavoro mercantile interno alla città. In tutto questo il vescovo
continua ad essere un importante proprietario fondiario che continua ad avere territori che dà in beneficio
ai milites per continuare ad avere potere in città.

Lez.17 12/11

Uno dei capisaldi della storia medievale italiana è la nascita dei comuni. Il comune è un’istituzione che
nasce in Italia centro-settentrionale ed assume quei compiti che prima erano a carico del vescovo, nelle

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città vescovali. L’attuale comune di Roma è nato nel 1153. Come momento di nascita del comune si prende
come riferimento la prima attestazione dell’esistenza di un console: prima nozione dell’esistenza del
console di Pisa nel 1081. Consoli di Lucca 1085. Consoli di Asti 1095. Consolidi Genova 1099. Non è che poi
la presenza di un autogoverno cittadino sia unica dell’Italia, i comuni esistono in tutta Europa, ma solo in
Italia i comuni pretendono di essere indipendenti. Indipendenza è un qualcosa che matura lentamente. Un
momento chiave è lo scontro con Federico I Barbarossa. I comuni quando nascono non pensano di doversi
collocare al di fuori di una tradizionale subordinazione rispetto all’imperatore. L’Italia centro-settentrionale
è un’Italia che è sottoposta all’imperatore che sta in Germania, in questo momento c’è Federico I che
appartiene alla dinastia di Svevia. Il suo intervento in Italia è giustificato dal fatto che certe prerogative sono
solo sue, per di più il suo intervento è sollecitato da altri comuni. Federico I è stato chiamato da alcuni
comuni minori, come Lodi, che si lamentano dell’espansione comunali di città come Pisa, Asti, Cremona,
Bologna, Verona e tante altre. Federico I non voleva rinnegare l’espansione comunale, ma voleva ribadire
alcune prerogative che gli appartengono. Vuole ad esempio nominare lui i consoli e vuole che si giuri
fedeltà a lui. Nel 1154 e nel 1158 ci sarà la Diete di Roncaglia dove Federico I si riunisce con gli aristocratici
per ribadire le sue prerogative. La sua iniziativa è ben accolta soprattutto dai comuni minori che così si
sentono più tutelati. Infatti, una delle cose che stabilisce Federico I è il divieto di conflitti tra i comuni senza
l’autorizzazione di Federico I. non a caso, tra coloro che si ribellano all’intervento dell’imperatore c’è
Milano. Perché Milano viveva di spedizioni annuali in atri comuni che venivano saccheggiati e sottomessi,
imponendo loro tasse. Nascerà quindi uno scontro molto forte tra Milano e l’imperatore: nel 1162 Federico
I distrugge le mura di Milano. Evento importantissimo perché Federico I distrugge il circuito delle mura in
mattoni, è un fattore simbolico importantissimo perché è come se stesse distruggendo l’identità della città.
Non è un caso che quando Milano sottomise Lodi, distrusse le sue mura, per ribadire che Lodi era ormai
sottomessa. Nel 1167, la presenza imperiale viene percepita come pressante e pertanto viene firmata
un’alleanza tra comuni italiani, stiamo parlando della Lega Lombarda, che segna il rispetto reciproco tra i
comuni. Queste città si ribellano all’imperatore e al suo esercito. Battaglia decisiva nel 1176, battaglia di
Legnano. Nel 1183 si arriva ad una pace, la pace di Costanza, in cui Federico I riconosce i diritti esercitati dai
comuni, riconoscendo una loro quasi totale indipendenza. Dopo 50 anni, Federico II riprenderà la battaglia
contro i comuni, vincendo nel 1238 con la battaglia di Cortenuova, tuttavia con la morte di Federico II nel
1250, i comuni otterranno la totale indipendenza dal potere imperiale.
IMMAGINE: quadro politico dell’Italia comunale. Finito il territorio cittadino di un comune, comincia un
altro territorio cittadino. Tra un comune e l’altro manca la signoria.
Controllo del territorio
Fonte: le condizioni dei comitativi (contadini, chiamati così perché appartenevano a un contado) comunali
in Toscana. Grazia, figlio di prete è rappresentante di comunità di uomini nel comune di Arezzo. Si dirige
dagli ufficiali più importanti del comune di Arezzo e afferma che essi appartengono al comitato di Arezzo.
Gli ufficiali del comune sono definiti “signori”, perché il comune nei confronti dei comitativi è signore. Il
comune controlla il contado, pretendendo che i comitativi ma anche i cittadini paghino le tasse (torna il
sistema fiscale!), quindi il contado è sottomesso al comune. Inoltre, i contadini rispondono di tutte le cause
civili e penali di fronte al podestà di Arezzo, che è il giudice. Per di più il comune manda degli ufficiali
comunali che vanno nel contado per amministrare la giustizia. Dimensione fiscale, dimensione
giurisdizionale, dimensione burocratica – amministrativa. Infine, guardando l’affresco del Lorenzetti
notiamo un ultimo punto: le mura, dalle quali entrano gli alimenti. la città viene alimentata dal contado.

Il comune di bologna dice che nel contado di bologna c’è gente costretta a dare ai nobili opere di carattere
militare, quindi servizio militare, contribuzioni in denaro o in natura: alimenti. Ci sono dei contadini che
sono sudditi dei signori. Ci sono ancora poteri signorili che ancora non sono stati eliminati eppure poco
tempo prima il comune aveva già liberato gli schiavi da ogni obbligo. Pertanto, il comune ribadisce che
queste situazioni non devono più esistere e quindi li liberano nuovamente, tuttavia continueranno a pagare

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le tasse al comune. Le città italiane, i comuni e gli ufficiali elaborano una serie di costruzioni culturali che in
qualche modo definiscono il comune ed elaborano anche tutto un armamentario culturale che serva a
giustificare il loro potere. Es. Il Comune di Bologna difende il diritto degli uomini di essere liberi. È un modo
di esercizio del potere, basato sul garantire i diritti degli uomini. C'è bisogno di un armamentario retorico e
culturale che giustifica la giustizia. Sul palazzo del comune di Novara ci sono rappresentati dei cavalieri, a
testimonianza dell’importanza che hanno i milites nel comune.
IMMAGINE: lunetta del protiro di San Zeno, Verona. In questo bassorilievo del 1138 viene rappresentato il
vescovo San Zeno al centro con intorno i membri della città di Verona. La cittadinanza veronese è articolata
con la figura centrale del vescovo, essendo ancora una fase di transizione. Circondato da figure a cavallo,
che come sappiamo sono molto importanti e persone a piedi. Per di più il vescovo sta consegnando gli
stendardi gialli e blu ai cittadini. Questo comune è articolato, è complesso, sicuramente rispetto agli altri
comuni europei. Da notare che il vescovo è girato verso i milites. Questo sta a significare che nelle prime
fasi, il governo comunale è appannaggio della milizia cittadina, dei cavalieri. Ciò significa che i cavalieri
hanno una serie di privilegi fiscali significativi, non pagano le tasse perché combattono, oppure se perdono i
cittadini gli ripagano il cavallo.

Lez.18 19/11

Nei comuni italiani ci sono i milites che combattono a cavallo. L’immagine del vescovo si san Zeno è
un’immagine che riporta una fase di passaggio dal vescovo ai cavalieri, che diventano autonomi e
autorevoli, costituendo un’istituzione nuova: il comune. Si può dire che queste erano persone che avevano
alle spalle importanti famiglie potenti e con il comando. Nell’immagine ci sono anche persone a piedi, che
non rientrano nel gruppo dei cavalieri. Vediamo un’ascesa di questo gruppo: il popolo. I comuni italiani
sono comuni che finiscono per essere controllati non più dai milites, ma dal popolo. Nel 1138 il vescovo
guarda i cavalieri, ma 100 anni dopo il comando passa nelle mani del popolo. A partire dalla metà del 1200
si vede l’ascesa del popolo, i cives. Essi sono mercanti, artigiani, commercianti, notai. Per popolo si intende
un’istituzione, un’associazione di persone che non fanno parte dei milites e non hanno alle spalle una
grande famiglia importante, al contrario dei cavalieri. Si chiama corporazione, quell’associazione di persone
che conducono lo stesso lavoro. Perché i loro rapporti significativi sono quelli corporativi e i rapporti di
abitazione, legati alla zona in cui vivono. Ad un certo punto i comuni cessano di essere controllati dai milites
e si aprono alla presenza del popolo. Il popolo reclama uno spazio all’interno dell’istituzione comunale. Il
popolo reclama di entrare nei consigli comunali, che è dove effettivamente viene gestito il controllo del
comune. Ad un certo punto, fine 12 secolo, inizio 13 secolo subentra la figura del podestà, un magistrato a
cui si affida il compito di governare il comune: amministrare la giustizia, condurre l’esercito ecc. questo è
possibile grazie all’allargamento del potere al popolo. Il podestà viene da fuori e con lui vi è una serie di
professionisti che collaborano con lui per la gestione degli affari del comune. Si ricorre a lui per sottrarre il
vertice del controllo dai milites e trasferirlo al popolo e quindi per costruire un vertice del controllo più
vicino al popolo. Il podestà è una figura terza. Intorno agli inizi del 200 in tutti i comuni italiani c’è un
podestà. La figura del podestà fa capire che i comuni sono sempre più legati tra di loro, perché nascerà una
rete di scambi del podestà e questo permetterà ai comuni di assomigliarsi sempre di più tra loro,
soprattutto sul piano degli affari. I vari comuni tendono ad assumere delle pratiche amministrative che si
assomigliano. A partire dal 1250, il popolo come istituzione prende il potere, entra a far parte dei consigli,
egemonizza questi consigli ecc. Parliamo di comuni popolari.

Es. il comune di firenze a partire dal 1250 viene segnato profondamente dalla crescita del popolo. gente
che apparteneva alle famiglie importanti come Dante e Cavalcanti, si trovano a fare i conti con una nuova
realtà dove sono costretti ad assoggettarsi a leggi e iniziative sostenute dal popolo. Dante pensa che sia

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giusto, Cavalcanti no.
Il popolo ha degli obbiettivi: completare il controllo del contado. Il contado deve essere a disposizione
completa della città. Si deve imporre un severo controllo delle tasse, una severa amministrazione della
giustizia.
Fonte: le condizioni dei comitativi comunali in Toscana: il comune di bologna rivendica la liberà degli uomini
e quindi abolisce i rapporti signorili. Il consiglio del popolo di Bologna che controlla il comune adesso va a
colpire fortemente quei residui di signoria che sono rimasti sul territorio bolognese. Togliendo ogni forma
di signoria, si mette in piede un sistema fiscale molto più importante. Si iniziano a chiedere le tasse anche ai
milites. Cresce enormemente il numero di carta, perché cresce l’amministrazione. I registri, i documenti
servono per controllare in maniera capillare i cittadini e registrare tutta l’attività comunale. È con il comune
popolare che si assiste all’aumento della documentazione. Una delle novità di questa seconda parte del
medioevo è l’idea che è un pezzo di carta a definire l’identità di una persona, perché cresce enormemente
la burocrazia. Il comune si preoccupa di registrare in forma scritta il pagamento delle tasse, infatti una tipica
fonte che compare in questo periodo sono i così detti estimi. Gli estimi sono delle registrazioni di quanto
deve pagare ciascun abitante del contado. Perché diventa importante sapere quanto ciascun cittadino
paga. C’è bisogno quindi di registri e di aggiornarli continuamente. Inoltre, ci si serve dei censimenti, in cui
vengono censiti tutti gli uomini, le donne, i bambini e gli anziani no. Inoltre, è importante registrare tutte le
deliberazioni avvenute durante le assemblee e le riunioni comunali. Anche le delibere dei giudici, la raccolta
degli statuti ovvero delle leggi che si decidono di applicare.
Fonte: l’estimo del comune di Pisa nel 1162. Data in cui il comune di Pisa non è ancora popolare, tuttavia si
arriva alla realizzazione di un estimo, cioè di un libro che deve far sapere quanto paga ciascun cittadino.
Verranno eletti 5 uomini del quartiere che mettano per iscritto i nomi, scelti dalla maggioranza (si coinvolge
il popolo) di maschi e femmine che dovranno essere sottoposti alla tassazione. Successivamente i consoli
dovranno mettere per iscritto i beni di ciascuno, esclusi i servi, i corredi, i cavalli e il genere alimentare. Se
qualcuno non potesse giurare sui suoi beni perché minorenne, questi ultimi saranno valutati da degli
estimatori che li valuteranno. E se qualcuno non può giurare i suoi beni verranno valutati il doppio. A
questo punto tutte le valutazioni devono essere presentate al console affinchè le faccia pagare. Di
conseguenza si stabilisce quanto deve pagare ciascuno e si mette per iscritto, ecco un altro registro,
l’estimo.
Fonte: dai registri catastali del comune di Chieri (Piemonte) del 1250. È un comune controllato dal popolo e
quindi c’è una particolare attenzione alla registrazione per iscritto dei documenti. Nell’archivio del comune
di Chieri abbiamo dichiarazione di averi come questa. “Io Uberto dichiaro i miei averi”. La dichiarazione è
molto precisa e dettagliata. Addirittura, il cane che vale 6 denari. Un soldo sono 12 denari. Infine, viene
indicato quanti soldi deve ad un’altra persona. L’evasione fiscale esisteva. Essere tassato aveva dei privilegi,
perché solo chi pagava le tasse partecipa al consiglio comunale.

Lez.19 20/11 (sistema feudale guarda libro)

IMMAGINE: immagine dell’Italia comunale. L’Italia centro settentrionale del 1200-1300 era fatta così. Ogni
città ha il suo colore, ogni colore rappresenta il contado di ogni comune. Ogni città è una sorta di “città-
stato” indipendente dal controllo imperiale. Questa carta fa vedere l’inizio di un processo di
ricomposizione, dove le protagoniste sono le città perché l’ordinamento politico trova il suo centro nelle
città. Questo processo di ricomposizione riguarda, non solo l’Italia, ma un po' tutta l’Europa.
Ricomposizione perché l’Europa del 12 secolo è un insieme di signorie e di principati senza un centro molto
chiaro. Se in Italia i protagonisti di questa ricomposizione sono i comuni, nel resto d’Europa chi sono? I re.
L’Europa del 12 secolo è un Europa in cui torna a crescere il peso delle monarchie, un processo molto lento.
Queste monarchie sono definite monarchie feudali. Uno dei punti cardini su cui tenta di costruirsi la
centralità del re sono proprio i 1. rapporti feudali. Vassallo (del signore) e valvassore (vassallo del vassallo)

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si crea una struttura piramidale basata sui rapporti vassallatici. Questi rapporti creano una piramide
gerarchica che ha come vertice il re. Il re ha dei vassalli che a sua volta hanno dei vassalli anche loro ecc.
questi rapporti perdono il significato militare per acquisire un significato giurisdizionale. Il punto è che quei
poderi che detiene il signore di quel territorio li ha perché derivano dal re. Cosa ci si guadagna con il
sistema feudale? Il re ha un guadagno di prestigio, il signore accetta il sistema feudale perché è una
legittimazione diversa. Questi sono processi che a volte i signori accettano e basta, a volte gli conviene
perché hanno una legittimazione diversa. Poniamo il caso che i contadini si rivoltano, il signore si appella al
re. Ecco, quindi, che il signore ha uno strumento nuovo rispetto a prima: l’intervento del re. Il re invece ci
guadagna il fatto che se il signore muore, senza eredi il re eredita tutte le terre, perché un feudo è
tecnicamente del re, che però passa in eredità ai figli del feudatario qual ora ce li avesse.
Un’altra prerogativa che sta a cuore ai sovrani di questo periodo è 2. maggior controllo sul territorio e lo fa
mandando dei rappresentati. Nascono gli ufficiali regi in periferia, i quali riscuoteranno le tasse, avranno
compiti giudiziari, tutto per compito del re. Inoltre, un altro fattore che contribuisce alla centralità del re è
la 3. Burocrazia, sia al centro che in periferia, dove manda degli ufficiali. Cresce l’apparato burocratico
centrale. Infine, il re si propone come 4. giudice. La prerogativa fondamentale su cui questi re costruiscono
la centralità è quella di essere giudice, pretendendo di giudicare le cause più importanti. A corte nascono
pertanto tribunali che si interessano delle cause maggiori, magari quelle che riguardano proprio i problemi
feudali. I re pretenderanno di intervenire infine, anche sull’ambito religioso, perché la chiesa è ricca, è
potente e quindi va a tutti gli effetti controllata. La chiesa dell’11 secolo è una chiesa controllata dal Papa e
infatti iniziano una serie di conflitti tra il potere regio e il papato.

Regno di Francia: nel 987, Ugo Capeto che era conte di Parigi diventa re di Francia. Concretamente egli
ancora non ha nessun controllo. Controlla realmente solo i territori che sono propri in quanto prima era
conte. La situazione cambia con i regni di Luigi VI (1108-1137) e Luigi VII (1137-1180) anche loro capetingi e
cominceranno a ribilanciare il loro potere su una scala che potremmo definire nazionale. Enrico
Plantageneto figlio della duchessa di Normandia e della Bretagna sposa Eleonora di Aquitania, quindi
rivendica alcuni diritti del trono d’Inghilterra per eredità materna e infatti diventa re d’Inghilterra nel 1154 e
contemporaneamente è signore di mezza Francia. Dal 1180-1223 avremo il Regno di Filippo Augusto che
sconfigge Giovanni Senza terra nella battaglia di Bouvines nel 1214. Chiamato senza terra proprio perché
perde tutto. Guarda cartina: i territori in blu sono quelli sotto il suo controllo, quelli verdi sono sempre suoi
territori ma concessi ai feudatari.

Regno di Inghilterra: non vive mai una fase carolingia. In età carolingia l’Inghilterra è suddivisa in piccoli
regni in conflitto tra loro. Lentamente si comincia ad unificare il territorio. Nel 1066 assistiamo ad un
momento di svolta perché vediamo sulla scena Guglielmo il Conquistatore, duca di Normandia che
conquista tutta l’Inghilterra con la battaglia di Hastings. Sin da subito in Inghilterra troviamo una fortissima
centralità monarchica, grazie anche al Domesday Book (1086), dove il re si pone come Cristo il Giudice e
chiede ad ognuno di dichiarare i propri averi. Segue il regno di Enrico II 1154-1189, che ribadisce la figura
del re come Cristo il Giudice e ribadisce edifici come l’ufficio dello scacchiere, deputato alla raccolta delle
tasse. Ancora oggi c’è il cancelliere dello scacchiere. Nel 1164 vengono emanate le costituzioni di Clarendon
e nel 1215 avremo la Magna Charta.

Lez.20 25/11

Regno di Sicilia: i longobardi non avevano mai conquistato tutta l’Italia. Ad eccezione del ducato di Spoleto
e Benevento che poi quest’ultimo diventerà principato, dopo che Carlo magno ebbe conquistato tutto
l’impero longobardo. Il principato di Benevento si rende indipendente rispetto all’impero carolingio. Tutte
le coste dell’Italia Meridionale sono sotto il controllo dei bizantini fino all’11 secolo. Concretamente sia in
area longobarda che in area bizantina si creano a partire dal 9-10 secolo tutta una serie di micro potentati

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l’uno indipendente dall’altro, di matrice bizantina e in conflitto tra di loro. Il principato di Benevento si
frammenta in una serie di contee autonome. La Sicilia a partire dal 9 secolo viene conquistata dagli arabi. A
partire dal 11 secolo si frammenta in potentati indipendenti l’uno dall’altro e autonomi. La situazione è
molto diversa rispetto alla Francia che invece è un regno unito sotto il controllo di un re e diviso in signorie.
Mentre in Italia settentrionale saranno le città a rendersi protagoniste di un processo di ricomposizione, in
Italia meridionale si assiste alla creazione di un regno indipendente: il Regno di Sicilia. Protagonisti di questa
creazione sono i Normanni, che si trovano in Sicilia come mercenari. Progressivamente cominciano ad
imporre la propria signoria sul territorio, legittimati dal papato. Nel 1059 il papa Niccolò II fa un accordo
con Roberto d’Altavilla e riconosce che parte dell’Italia meridionale è da essi controllata. 1130 Ruggero II
diventa re di Sicilia, è l’anno in cui si compie la conquista. Ruggero II riunisce tutta l’Italia meridionale, con
capitale a Palermo. Infatti, nella chiesa della Martorana di Palermo troviamo un affresco dove viene
rappresentato Ruggero II che viene incoronato da Cristo stesso, senza passare mediante figure religiose
come il Papa. È una rappresentazione fortissima della regalità di Ruggero II. Inoltre, è da notare l’abito
indossato da Ruggero II che rimanda ad un modello bizantino. Infatti, la scritta è in greco, perché il lascito
della cultura bizantina è fortissimo. Il regno di Sicilia ha una modernità incomparabile alla situazione della
Francia. In Sicilia, la signoria esiste ma è posta sotto lo stretto controllo del potere regio. Si tratta di un
regno nuovo che eredita una situazione pregressa, dal lascito bizantino e arabo il Regno di Sicilia eredita
sicuramente una forte supremazia e la capacità di mantenimento del controllo sicuramente moderno e
superiore rispetto al re di Francia o al re d’Italia. Il regno di Sicilia è un regno forte. Nel 1150: Catalogo dei
Baroni, testimonianza dell’ottimo funzionamento del regno. Un po' simile al Domesday Book inglese, con
questo registro il re di Sicilia conosce quali sono le proprietà di ciascun aristocratico e a seconda di questo i
singoli aristocratici devono pagare in cavalieri. È un registro che comprende tutta l’area dell’Italia
meridionale. Nel 1186 Costanza d’Altavilla sposa Enrico VI di Svevia (figlio di Federico Barbarossa), da
questo matrimonio nascerà Federico II, erede del trono del regno di Sicilia, ma anche imperatore.

Penisola Iberica: altra area che a partire dall’11 secolo vediamo un rafforzamento del potere regio. Questa
però è un’area che ancora nell’11 secolo è controllata dagli arabi. A partire dall’11 secolo quei pochi regni
cristiani cominciano una riconquista delle terre arabe. A partire dal 13 secolo questo processo viene
caricato di una valenza religiosa. I regni cristiani si espanderanno verso sud e nel 1085 conquistano Toledo,
ma ancora più importante è la battaglia di Tolosa nel 1212 perché con questa battaglia tutte le città della
spagna meridionale vengono riconquistate. Sono regni cristiani che come gli altri regni vanno incontro ad
un rafforzamento del potere regio.

Impero: nell’area imperiale (Germania, Polonia, Boemia, Italia settentrionale) non avviene questo
rafforzamento del potere monarchico. Il monarca non riesce a rafforzare il suo potere al contrario dei
monarchi degli altri regni d’Europa. L’imperatore che prova a rafforzare il proprio potere è Federico
Barbarossa. Tuttavia, il suo tentativo fallisce. 70 anni dopo suo nipote Federico II ci riprova, inizialmente
raggiunge qualche obbiettivo, ma a causa dell’opposizione delle città in Italia settentrionale e a causa anche
dell’opposizione del Papato, Federico II viene sconfitto nel 1248. All’inizio del 1300 anche Ludovico VII e
Ludovico il Barbaro cercheranno di controllare il proprio territorio ma ormai l’Italia settentrionale sfugge
definitivamente da qualsiasi controllo e potere regio. In Germania, invece, i protagonisti che si oppongono
al potere regio non sono le città, bensì principi e marchesi. Da notare che gli ultimi stati europei che
raggiungeranno l’unità sono proprio l’Italia (1861) e la Germania (1870). Ora il potere è nelle mani di
principi e marchesi. Mentre Federico II è impegnato ad affermare la sua sovranità sul regno di Sicilia con le
costituzioni di Melfi, nello stesso anno con lo statuto in favore dei principi Federico II afferma che la
giustizia debba essere controllata dai principi. Lui rimane solo una figura simbolica che controlla i territori
che sono suoi. Qui non avviene un processo di centralizzazione come magari lo vediamo in Francia.

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Come reagisce il papato ai processi di centralizzazione dei poteri regi? Il papa reagisce come signore
temporale: egli è anche un signore, anche lui è un proprietario terriero e reagisce da tale, perché anche lui
rivendica la sua sovranità su un determinato territorio. Infatti, alla fine del medioevo verrà creato lo Stato
della Chiesa. In realtà anche in questo caso il Papa affronta gli stessi problemi che affrontano tutti gli altri
re. Deve faticosamente provare a controllare e a imporre la propria supremazia sopra questi poteri locali. Il
papa inteso come capo spirituale della chiesa, nel corso del 1200-1300, si oscilla tra un’affermazione
teocratica delle prerogative papali e accordi costanti con gli altri regni. I papi tendono ad affermare la loro
sovranità sopra gli altri regni d’Europa. Rimangono pure affermazione perché poi il papato non ha un
esercito e anzi dovrà fare i conti con queste monarchie che crescono e che pretendono di controllare la
chiesa e la gerarchia ecclesiastica. Assistiamo quindi a una serie di scontri tra papato e monarchie, basati
sulla nomina dei vescovi, ma soprattutto sul sistema fiscale: sorge il dubbio se un vescovo francese debba
pagare le tasse al re di Francia o al Papa. Questi contrasti finiscono con una serie di accordi. Nel 1302 il
conflitto tra Bonifacio VIII e re Filippo il Bello è talmente forte che alla morte del papa viene eletto un papa
francese, si teme che quest’ultimo non venga accolto bene dalla popolazione e quindi nel 1309 il papa
viene trasferito in Francia e per i successivi 70 anni il papato starà in Francia.

Lez.21 26/11

Filippo il Bello elimina i templari per una questione fiscale, perché erano ricchissimi e quindi in qualche
modo vuole sottrarli al papa. IMMAGINE: scontro tra il papato e Federico II, quest’ultimo era re del regno
del sicilia e imperatore. Egli voleva rimarcare il suo potere anche in Italia settentrionale e questo era un
pericolo per il papato perché non poteva ritrovarsi un potente re sia a sud che a nord del suo territorio.
Verso la fine degli anni 40 del 1200 il papa abbandona a Roma, rimane il suo vicario Stefano Ponti che fa
realizzare questi affreschi nella cappella di San Silvestro nel monastero dei Santi Quattro Coronati. Questi
affreschi raccontano la storia che dovrebbero legittimare il potere politico del papa e sottomettere il potere
regio al papa. La storia raccontata è quella relativa alla donazione di Costantino, donazione con cui
Costantino ha lasciato la sovranità dei territori d’occidente al papa, oggi sappiamo che è un falso, ma nel
medioevo era ritenuta autentica. In occasione dello scontro con Federico II la donazione di Costantino viene
ritirata fuori e affrescata, con l’obbiettivo di legittimare il potere politico del papa. In questo affresco
vediamo a destra Costantino con delle pustole e sulla sinistra il Papa che mostra a Costantino l’immagine di
San Pietro e Paolo affinchè Costantino possa guarire. In una seconda scena viene rappresentata la
trasmissione del potere, tramite la concessione del copricapo, simbolo del potere, dall’imperatore al papa.
Infine, la scena più famosa, quella in cui il papa ha il copricapo simbolo del potere imperiale, ma un
dettaglio significativo è che l’imperatore funge da scudiero per il papa, simbolo di sottomissione al papato.
IMMAGINE: miniatura del 1460, tribunale regio inglese al lavoro. I parenti dei carcerati pagano i giudici per
chiedere loro la grazia. La giustizia regia funzionava anche in base alle eccezioni. Il re rivendica il diritto di
fare delle eccezioni, come concedere la grazia. Fare un’eccezione simboleggia affermare al massimo il
proprio potere. In quest’immagine ci sono una serie di richieste, che arrivano dal popolo e hanno bisogno di
funzionari del re per arrivare ai giudici e assicurarsi la grazia.
IMMAGINE. Borgo San Lorenzo (Fi), palazzo del podestà. Nel palazzo sono evidenti gli stemmi di famiglia dei
vari ufficiali che si sono succeduti. Quest’immagine rappresenta e testimonia la diffusione dell’ufficialità in
periferia.

Alla fine del medioevo il re dispone di un corpo dell’esercito stabile, a differenza di quello di Carlo Magno
che lo convocava di volta in volta. Anche i romani avevano un esercito stabile. Nel 1400 nascono i primi
corpi militari stabili che dipendono dal sovrano e sono pagati in denaro direttamente dal sovrano. Nasce
anche la corte regia, luoghi anche di divertimento, da dove nasce gran parte della cultura di una nazione,
che sia arte, musica o letteratura. Un punto fondamentale è che questa statualità nuova e tardo medievale
si costruisce nel costante dialogo tra il centro monarchico e la periferia. Dialogo con i corpi, ovvero dialogo

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tra il centro monarchico e i soggetti che sono detentori di potere in periferia, con il quale il centro deve
dialogare. In primo luogo, troviamo l’aristocrazia, successivamente gli ecclesiastici, le comunità locali,
quindi i borghigiani. Ovviamente questo dialogo è incessante. Il regno si costruisce sul consenso e sul
dialogo, non con la forza e l’imposizione.

Fonte: le monarchie tardomedievali tra accentramento e autonomie locali (corpi).


Il Giuramento di Calatayud (1481).
Le due corone si sono unite, Aragona e Castiglia. Il re va in parlamento per far giurare alle cortes di ricevere
suo figlio Juan come erede al trono. Il parlamento è costituito da prelati, cavalieri, baroni e procuratori delle
città e dei borghi e da tutti gli ufficiali. Il re convoca il parlamento di Aragona, dopo il giuramento
festeggiano. Il popolo deve far capire il suo valore al sovrano. Il sovrano deve capire quanto vale il popolo. è
con la festa che il sovrano si fa vedere dal popolo. è con la festa che avviene un momento di comunicazione
tra il re e il resto della popolazione. Dopo di che il re ne approfitta per chiedere le tasse al parlamento, per
pagarci l’esercito. Il parlamento afferma, che prima occorreva risanare le ingiustizie, pertanto il re e la
regina chiedono l’elenco dei delitti per fare giustizia. Un’altra cosa molto importante è il doppio
giuramento, nel quale il re e la regina giurano di mantenere gli usi e i costumi e i privilegi come li avevano
osservati i sovrani prima di loro.

Lez.22 27/11

Il processo di centralizzazione del sovrano, porta a una crescita dell’apparato di amministrazione dello
stato, cresce l’importanza dei personaggi che si occupano di amministrare lo stato. Lo stato è composto da
burocrati che si occupa di determinati compiti che mandano avanti “il governo” (anche se non si parla di
governo nel medioevo), mandano avanti il funzionamento della monarchia. Questi burocrati sicuramente
sono persone preparate e studiate. Il contrasto nascerà con gli aristocratici. I burocrati sono quelli più legati
al governo dello stato, mentre gli aristocratici sono quelli che hanno determinati territori e che ora lo stato
pretende di disciplinare. I burocrati iniziano a non provenire più dall’aristocrazia, anzi pretendono di
disciplinare e di controllare, ai fini di un buon funzionamento del governo, quegli aristocratici, che prima
erano i soli legati al sovrano. Nel 1337 nasce un contrasto perché il re d’Inghilterra aveva dei possedimenti
in Francia e nel corso del tempo il re d’Inghilterra accresce i suoi possedimenti in Francia e con la fine della
dinastia Plantageneta, il re d’Inghilterra Edoardo III vanta dei diritti e pretende di essere nominato re di
Francia, con la quale nasceranno dei conflitti con la dinastia dei Valuà. Agli inizi del 400 addirittura Parigi
sarà governata dagli Inglesi. Il duca di Borgogna, che aveva costituito una sorta di principato indipendente si
allea con il re inglese contro il re di Francia. Nel 1453 dopo una serie di vittorie, il re francese Carlo VII è in
grado di riprendere sotto il suo controllo gran parte del territorio. Il duca di Borgogna, zio del re di Francia si
allea con il re d’Inghilterra perché in Francia ci sono due fazioni, una legata al re e una legata al duca. Dietro
queste due fazioni ci sono due modi di intendere lo stato: quelli legati al re, come la corte, i burocrati
puntano sulla centralità del potere regio, mentre coloro che sono dalla parte del duca vorrebbero puntare
sulla gestione del controllo affidata alle autonomie locali. Nel 1453 vincono gli alleati del re e rafforzano il
potere regio, ma successivamente gli aristocratici si uniscono in una lega per decentrare il potere il più
possibile.

1348: PESTE.
IMMAGINE: duomo di Siena. Il duomo di Siena prevedeva un tentativo di ampliare la chiesa, tentativo che è
fallito a causa della peste. L’inizio di tutto è quando la peste arriva a Messina su delle barche provenienti dal
Mar Nero per poi diffondersi in tutta Europa, fino ai primi anni del 1400, dove si raggiungono i dati più bassi
della popolazione europea.
1300: 73 milioni
1350: 51 milioni

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1400: 45 milioni
1450: 60 milioni
Fonte: la peste del 1348 a Firenze. Chi scrive è Giovanni di paolo Morelli, che scrive un libro con i ricordi di
famiglia, e nel quale tratta anche l’argomento della peste. Si stima che durante il periodo di peste muoiono
80 mila, circa i due terzi della popolazione di Firenze che ne stimava 120 mila. Lo scrittore però afferma che
c’è da meravigliarsi del fatto che sia rimasto vivi qualcuno. Perché: a Firenze questo male non era mai
arrivata prima. Poi afferma che in quegli anni prima della peste, Firenze era molto popolata, tant’è che si
inizia a soffrire la fame. E questa situazione giustifica la debolezza degli uomini. La gente era debole a causa
della carestia, di conseguenza i morti aumentavano rapidamente, soprattutto per via della peste. Perché la
peste ha avuto un impatto molto forte? Molto probabilmente perché, secondo la testimonianza di Morelli,
si partiva già da una situazione precaria causata dalla carestia. La peste non è un evento delegato dal
contesto, ma in realtà la crescita economica e demografica europea era già arrivata ad un punto alto. La
crescita della popolazione causò un aumento della richiesta dei beni alimentari. Ogni territorio era disposto
alla coltivazione fino ad arrivare ad un periodo di carestia perché non si era in grado di sfamare tutta quella
popolazione. Quindi le persone erano deboli, che soffrivano la fame. Arriva la peste e inevitabilmente
cresce in maniera spropositata il numero di morti.
Ovviamente nasce un dibattito: alcuni si trovano d’accordo con la tesi di Morelli, altri invece sostengono
che non è vero che l’Europa era arrivata ad un elevato numero di persone tale da avere difficoltà nel
mantenerle. Il lascito della pestilenza e le conseguenze delle guerre costituiscono le caratteristiche
dell’Autunno del Medioevo. Uno storico inglese, ha affermato che la peste sia stato un bene, per il futuro.
Un po' lo sostiene anche Giovanni Paolo Morelli quando dici “non lo conosceresti oggi” riferendosi alle
erbe, lasciando intendere che in quel momento la situazione è molto migliore tanto che nessuno è
costretto a mangiare le erbe perché soffre la fame. In effetti, la crescita demografica post-pestilenza è
molto veloce e assistiamo ad un ritrovato equilibro interno agli Stati. La diminuzione della mano d’opera,
causata dalle eccessive morti, fa guadagnare di più. L’aumento del guadagno, di conseguenza implica un
aumento delle capacità di spesa e questo migliora il consumo e il mercato. Dopo la peste, infatti, tutti i
livelli della società, soprattutto gli strati più bassi cominciano ad avere uno stile di vita migliore. Quei
contadini che prima si autoproducevano i beni ora ricorrono al mercato.
Potere d’acquisto dei salari a Firenze:
1326-1348: manovale 47
1394-1430: manovale 100 (dopo la peste si acquista di più)
Questo punto è fondamentale perché a livello, macro-economico, aumenta la divisione del lavoro, di
conseguenza aumenta la produttività. Il fatto che aumenti il numero delle persone che ricorre al mercato è
dovuto all’aumento della divisione del lavoro e della produttività.

Lez.23 2/12

IMMAGINE: carta dei comuni dell’Italia centro settentrionale. Nel 1250 muore Federico II, il papato fa in
modo che Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia salga al trono, combattendo e sconfiggendo il vero erede.
Questa ascesa avrà delle ripercussioni anche sull’Italia centro-settentrionale. Il papa predilige il fratello del
re di Francia perché vuole separare nord e sud d’Italia. Federico II essendo re ed imperatore costituiva un
importante potere tutt’intorno al papato. Carlo d’Angiò, quindi eredita il regno di Sicilia, spostando la
capitale da Palermo a Napoli. Tuttavia, la nobiltà siciliana si ribella a Carlo d’Angiò trovando un alleato nel
re d’Aragona e di fatti la corona passerà poi a lui, nel 1282. Dal 1302 si stabilisce che la Sicilia rimane agli
aragonesi e il regno del continente agli Angiolini. Ora, quindi, in Italia sono entrati gli spagnoli e i francesi. Si
sono formate in Europa dei regni che sono in grado di intervenire al dì fuori di quelli che noi oggi
consideriamo i confini nazionali. Dovremmo aspettare il 1442 quando il re d’Aragona conquisterà anche
tutta la parte continentale del regno. L’Italia centro settentrionale invece, presenta un quadro comunale, ai

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margini del quale, tuttavia, ci sono alcune casate aristocratiche, che hanno il controllo su vaste aree,
chiamate principati. Il popolo sempre di più diventa il punto di forza dei comuni. Non stiamo parlando degli
aristocratici o dei milites, ma di quegli uomini esclusi dalla nobiltà ma che adesso pretendono di essere
presi in considerazione. A partire dalla seconda metà del 200 effettivamente il popolo, inteso come
corporazione, associazione, istituzione inizia a contare sempre di più. Il popolo pretendere di far parte
dell’amministrazione cittadina, pretendono di tassare i milites, pretendono di controllare in maniera molto
più capillare il territorio, mettendo in piedi un sistema di registrazione di tutto quello che è necessario per il
funzionamento del comune. È un governo molto più burocratico. Ora, il comune punta al bene della
collettività e non del singolo. I popolani stabiliscono che una delle cose più importanti per il bene comune è
escludere i milites. Uno dei provvedimenti dei popolari sono le così dette leggi anti-magnatitio. I magnati
sono quelle figure alla sinistra del Vescovo Zeno, i milites, coloro che sono contro il bene comune. Essere
escluso significa letteralmente buttati fuori dalla città. Vengono redatte delle liste di tutti coloro che
bramano contro il bene comune e vengono buttati fuori dal comune, impedendo loro di prendere parte al
governo della città. IMMAGINE: palazzo comunale di Milano, costruito nella seconda metà del 200,
costruito quando il popolo va al potere. Il popolo di Milano era diviso in 6 porte: come porta nuova, porta
romana, porta genova ecc. ogni porta era attraversato da uno dei corsi principali. Questi corsi avevano un
valore sociale perché erano i luoghi dove la popolazione si poteva riunire. All’incrocio di questi 6 corsi viene
costruito il palazzo comunale, sicuramente una posizione strategica. Il secondo piano di questo palazzo era
adibito ai consigli e alle riunioni comunali. All’interno di questo salone c’era una decorazione richiesta
proprio dal popolo, come quella, sulla parete corta del salone, ovvero la rappresentazione del popolo
stesso di Milano con i 6 stemmi delle 6 porte. Sulle pareti lunghe invece vengono rappresentati i contadini
con sopra il nome di ciascuno perché ogni comunità del contado di Milano, su richiesta della città era
tenuta a consegnare una lista di persone che avrebbero dovuto prestare servizio alla città. Questa
rappresentazione è piena di significato, perché viene celebrato il controllo sul contado. In più questo
controllo assume due volti: la capacità di costringere i contadini a fare quello che il popolo vuole, in più
viene celebrata la capacità di costruire documenti. Quindi capacità di controllare il territorio mediante la
documentazione scritta. IMMAGINE: palazzo comunale di Brescia, nel quale troviamo un affresco che
rappresenta un cavaliere incatenato. Anche in questa rappresentazione troviamo una scritta, il nome del
cavaliere incatenato. Questa immagine fa riferimento alla volontà del popolo di buttare fuori dalla città i
magnati. Infatti, il comune fece stilare una lista di tutti i magnati, e questo giustifica il nome del cavaliere
sopra la sua raffigurazione. La catena rappresenta il fatto che il comune ha tolto il potere e il controllo ai
milites, coloro che lo detenevano fino a poco tempo prima. Anche qui importante è la documentazione
scritta, tanto che viene inserita nelle raffigurazioni del palazzo comunale. Anche a Santa Sabina a Roma
(basilica del V secolo), vicino il giardino degli aranci, molto simile alla basilica di Trevieri a sua volta
somigliante alla villa di Aquisgrana. La cosa da notare è che solo a Roma famiglie importanti, magnatizie,
costruiscono all’interno delle mura della città, non solo torri, ma castelli, per sottolineare la loro
importanza. A Roma è molto più difficile buttar fuori i magnati perché erano famiglie veramente molto, ma
molto ricche e potenti. Addirittura queste famiglie controllavano il papato e i cardinali. A partire dalla
seconda metà del 200 il popolo cerca di controllare lo stra potere di queste famiglie.
Fonte: Cola di Rienzo (statua lungo la scalinata del campidoglio perché porta al palazzo comunale) si pone a
capo di un movimento a favore del popolo che punta a controllare i magnati. Cola di Rienzo ad un certo
punto fa discorsi al popolo di Roma e fa leggere una carta in cui erano scritte le prerogative che sono state
concesse dal popolo di Roma all’imperatore. Questa carta è sostanzialmente inventata. Quello che conta è
quello che Cola pensa che ci sia scritto, le prerogative che ha Vespasiano (che gli sono state concesse dal
popolo, quindi sono del popolo) sono che il popolo fa la politica estera, che il popolo debba controllare il
contado. Che potesse promuovere e degradare duchi e re (perché chi è nobile lo decide il popolo). infine,
che può imporre tasse. Poco tempo dopo, Cola riunì molti popolani tra cui piccoli nobili, ricchi mercanti e
insieme discussero dello stato della città, prendendo da lì a poco il potere, scacciando i baroni. (In questo

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periodo il papa è a Lione, in Francia, ma appoggia il movimento popolare, ovviamente).
Signoria rurale – castelli in campagna, 11 secolo.
Signorie cittadine – tardo 200 inizio 300.
Questi comuni popolari finiscono per essere governati da una famiglia di signori, es. i Visconti di Milano, gli
Este a Ferrara, i Gonzaga a Mantova, i Medici a Firenze, i Della scala a Verona, i Carrara a Padova. La città
diventa una città sotto signoria, con un signore che diventa il centro politico, imponendo tasse e
amministrando la giustizia ecc. queste città a guida popolare sono fortemente instabili, caratterizzate da
una dinamica politica intensa e violenta, divisa da fazioni. In questo contesto di instabilità avanza la
necessità di pace e stabilità che si concretizza dell’avanzare di un Signore e della sua famiglia.

Questa evoluzione, in senso signorile, non nega le conquiste popolari delle fasi precedenti. Queste signorie
affondano la loro legittimità nel popolo. Ecco perché vengono definite signorie popolari. Il popolo concede
il potere a un signore nel tentativo di calmare le acque. La legittimità di questo signore verrà comunque
sempre dal basso, dal popolo.
Fonte: i visconti di Milano. Il popolo di Milano decide di avere un rappresentante: Matteo Visconti e decide
che questo comando duri per un po' di anni. Matteo Visconti deve giurare in onore di Gesù Cristo, della
Vergine Maria, di Sant’Ambrogio e del sommo pontefice di fare gli interessi del popolo. il popolo adotta
questa soluzione per cercare di calmare le acque, si tratta di una concessione di potere in termini di
continuità perché si continuano a fare gli interessi del popolo.

Lez.24 3/12

Svolta signorile che riguarda molti comuni italiani verso la fine del medioevo. Comuni caratterizzati dal
governo del popolo, ad un certo punto si sviluppano in signorie popolari. Non tutti i comuni italiani hanno
una svolta signorile. In alcuni casi abbiamo un’evoluzione diversa che porta a gruppi di famiglie con in mano
il potere come nel caso di Venezia. Questo gruppo di famiglie è una sorta di oligarchia che regge il comune.
Oligarchia: potere dei pochi. Il punto della questione è che, sia che si vada verso una situazione di tipo
oligarchico, sia che si vada verso una situazione signorile il punto è che si crea un centro di potere più
solido. Nel corso del 3-400 si va verso la definizione di assetto politico più stabile, tuttavia legittimato dal
popolo. a volte succede che a diventare signori di queste città sono uomini che hanno castelli in campagna,
e diventano signori anche in città. Sviluppano la capacità di condizionare la vita in città. Il caso più
significativo è quello di Oberto Pelavicino che è l’erede di un’antica dinastia signorile che aveva sviluppato
la capacità di controllare una serie di territori tra Parma e Piacenza, grazie a questo, a partire dagli anni 50
del 200 è in grado di diventare signore di più città. Ha una capacità di controllare più città. Siamo in
presenza di un signore rurale che ottiene il controllo di più città, diventando un signore cittadino. Questi
esperimenti di solito durano molto poco perché è difficile che un signore rurale riesca a mantenere il
controllo solido della città. Ad eccezione della famiglia d’Este. Per il resto i signori comunali, lo sono
diventati perché faceva già pienamente parte dell’universo comunale. Queste signorie cittadine sono il
prodotto di un’evoluzione della vita cittadina stessa. I signori dei comuni sono legati al comune stesso già
da prima, non sono figure che vengono dall’esterno e che impongono il loro potere. I signori di Verona, i
della Scala, hanno origine mercantile, in sostanza si insignoriscono. E come loro moltissime altre famiglie di
altri comuni italiani. I signori si propongono di mantenere gli interessi del popolo, come giurò Matteo dei
Visconti a Milano. In molti casi e con il passare del tempo assistiamo al distaccamento dei signori,
assistiamo proprio all’emancipazione della signoria comunale che delegittima il popolo. Questo processo
avviene in primis perché dopo il giuramento questi signori fanno in modo di ottenere titoli permanenti e
fanno in modo che la loro carica diventi patrimonio di famiglia che passa in eredità dal padre al figlio.
Naturalmente avviene anche un distanziamento culturale perché il signore tenderà a sottolineare la sua
cultura diversa dalla cultura popolare.

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Matteo Visconti giura di essere fedele al popolo di Milano nel 1289, il castello viene costruito 70 anni dopo.
Ovviamente i signori fanno il gioco del consenso, convincendo quante più persone possibili che è meglio
essere sotto la protezione del signore che sotto la protezione del popolo. Per vedere legittimato il proprio
potere, il signore deve trovare qualcun altro, oltre al popolo, che può legittimare il suo potere. La scelta più
semplice ricade nell’Imperatore. Il signore può chiedere all’Imperatore di avere un’investitura, il signore
può essere nominato dall’imperatore “vicario”. Quindi il signore inizia ad essere tale non perché è stato
legittimato dal popolo, ma perché è vicario dell’imperatore. Questo titolo poi, entrerà a far parte della
proprietà della famiglia e quindi passerà in eredità di padre in figlio.
IMMAGINE: incoronazione di Gian Galeazzo Visconti. Un signore ha un titolo di legittimità che cala dall’alto,
non dal basso, dal popolo, ma dall’alto. Questo segna un distacco tra i signori e il popolo, che fino a poco
prima legittimava il suo potere. In Italia centrale, a concedere questi vicariati sarà il Papa.
Urbino – Montefeltro.

I motivi per cui la signoria popolare si sarebbe dovuta rendere indipendente dal popolo sono 4:
-dinastizzazione
-ricerca di un profilo culturale differente, rispetto a quello di matrice comunale popolare es. tomba di Can
Grande della Scala, che se prima era un mercante di Verona, ora si rappresenta come un cavaliere
-legittimità dall’alto, il vicariato
-spostamento di residenza

Evoluzione del quadro politico dell’Italia centro settentrionale alla fine del Medioevo: il quadro politico si
semplifica. Si vengono a creare degli Stati Regionali, che hanno le dimensioni di una regione. Dagli anni 30
del 300 l’Italia centro settentrionale è caratterizzata da un processo lento di regionalizzazione, di creazione
di domini più ampi, di dimensione regionale. Tant’è che la carta del quadro politico alla fine del 400 vede:
Ducato di Milano, Repubblica di Venezia, Repubblica di Firenze, Stato della Chiesa, Regno di Napoli.
A partire dagli anni 30 del 300 i visconti si fanno protagonisti di una politica di espansione. Alla fine del 300
ha il suo massimo splendore Gian Galeazzo dei Visconti che ha conquistato Verona, Venezia, gran parte
della Toscana, affacciandosi così all’idea di un futuro Ducato di Milano, che controlla la Lombardia, L’Emilia
e parti del Piemonte. In risposta a questo espansionismo le altre signorie italiane si muovono nella stessa
direzione. Es. Venezia conquista gran parte della terra ferma del veneto. Anche Firenze nasce in risposta
all’espansionismo dei Visconti e conquista Pisa, Pistoia, ma non Lucca e Siena. Anche il Papa comincia a
rafforzare il suo potere creando lo Stato della Chiesa che comprende Lazio, Umbria e Marche. Ecco come la
carta politica dell’Italia si semplifica. Da Città – Stato a Stati Regionali.
In questi stati regionali si consolida il sistema fiscale, crescono le magistrature centrali: i tribunali al centro,
cresce l’esercito che diviene stabile e non nominato ogni volta. Tutti questi stati affrontano il problema che
per governare c’è sempre bisogno di un dialogo con i corpi: i grandi ecclesiastici, i signori. Questi dialoghi
avvengono mediante un’istituzione: il parlamento. La differenza tra questi stati e gli altri stati europei è che
gli interlocutori principali, i corpi con cui il centro dialoga sono le città, perché quest’ultime non spariscono,
ma continuano ad esistere. A livello locale, le città continuano ad essere gli interlocutori principali con il
centro. IMMAGINE. Tomba di Azzone Visconti. Lui è protagonista della prima grande espansione dei
visconti, controllando gran parte della Lombardia. La sua tomba viene raffigurata con lui disteso nella parte
superiore. Nella parte bassa, vengono rappresentate delle coppie di cui una figura è in ginocchio, mentre
l’altra è in piedi. La figura inginocchiata è la rappresentazione della città conquistata. Al centro c’è Sant’
Ambrogio. Questa tomba ci da l’immagine di un tipo di Stato basato sulla somma di città.

Lez.25 4/12

I corpi degli Stati Regionali sono le città. La situazione dello spazio politico dopo la creazione degli Sati
regionali è legata alla

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PACE DI LODI 1454: i maggiori stati regionali stipulano questa pace dopo una serie di conflitti avvenuti nella
prima parte del 400 causati dal fatto che a Milano, Filippo Maria dei Visconti muore senza eredi e il ducato
di Milano passerà nelle mani del condottiero Francesco Sforza. La pace di lodi inaugura l’età degli equilibri.
Gli stati italiani successivamente si uniscono in una lega, la Lega Italica che, nel 1455, si prefigge il compito
di impedire i conflitti tra gli stati e di difendere queste aree dagli attacchi stranieri, si concorda una strategia
di difesa comune. Per un po' di anni l’Italia vive un periodo di pace, nonostante alcune rivolte interne
soprattutto nel Regno di Napoli dove alcuni baroni si ribellano alla corona perché in questo regno
l’aristocrazia era molto contraria al re. A parte ciò, la seconda metà del 400, è un periodo di pace e di
quiete. Accade però che a partire dal 1494 la situazione cambia perché il re di Francia, Carlo VIII rivendica il
trono di Napoli e compie delle spedizioni. La strategia di difesa tra gli stati regionali fallisce, la fine del 400 e
l’inizio del 500 è il periodo delle guerre italiche, l’Italia diventa un grande campo di battaglia dove le grandi
potenze europee si contendono la penisola.

Alla fine del 400 ci si rende conto che l’Italia è un pesce piccolo, in un mare di squali.

CHIESA: storia della chiesa nell’ultima parte del medioevo.


Il trasferimento del papato avviene nel 1309 a causa di un conflitto tra Bonifacio VIII e il re Filippo il Bello,
maturata per questioni di tasse. Dopo la morte di Bonifacio VIII, viene nominato un papa francese, che
viene male accolto a Roma e quindi viene trasferita la sede del papato ad Avignone, in Francia. Fino al 1377
il papato rimane ad Avignone, e questo trasferimento viene definito da Dante “cattività avignonese”.
Paradossalmente, in questo momento la curia papale si rafforza molto. Il governo della chiesa è sempre di
più concentrato nelle mani del papa. Si rafforza tutto l’apparato burocratico, i tribunali, intorno al papa. In
questo periodo l’eresia è la contestazione del papa. Coloro che si opponevano al papa in quanto capo
temporale erano definiti eretici. Alcuni degli eretici più significativi sono Fra Dolcino che viene condannato
nel 1307 per eresia ma non per questioni dottrinali, ma per questioni ecclesiologiche: cioè non riguardano
la fede, ma l’assetto della chiesa. Nel 1322 Papa Giovanni XXII dichiara eretiche le posizioni dei francescani
spirituali.
Fonte: NICCOLO’ DELLA TUCCIA, cronaca di Viterbo
Nell’ingaggiare un prete che amministrasse i sacramenti, al sacerdote venivano richieste determinate cose.
A Viterbo c’erano dei preti locali, ad un certo punto irrompono preti da fuori, lontani dalle abitudini del
popolo, vestiti diversi e facendo prediche particolari sull’Apocalisse o sulla penitenza. Naturalmente questo
tipo di predicazioni può infastidire il Papa, infatti, papa Martino V si imbatte in predicatori di questo tipo
perché non condivide il tipo di predicazioni che tengono. Questi sacerdoti, nonostante la particolarità
dell’argomento delle proprie predicazioni avevano molto seguito. Avere seguito si traduce in ricevere
elemosina. È questo il problema. Il papa li avrebbe dichiarati eretici, se non fosse che i fiorentini li avevano
accolti con simpatia. Di conseguenza il sacerdote venne invitato a Roma per “essere esaminato” ed
effettivamente non trovarono niente in loro che potesse essere considerato eretico perché ciò che
predicava era giusto. Naturalmente, questo tipo di predicazione, centrata sulla povertà della chiesa, sulla
necessità di una riforma e su la necessità di una chiesa povera, diventa ancor più pericolosa quando questo
tipo di predicazione diventano patrimonio dei detentori del potere politico, i quali prendono la palla al
balzo perché se la chiesa si deve spogliare di tutti i suoi beni, questi beni sicuramente si sarebbero spartiti
tra le grandi potenze europee. John Wycht, teologo inglese afferma che la chiesa deve essere povera, come
lo fu Gesù Cristo durante la sua vita terrena, tutti i sacerdoti di cristo devono seguire il suo esempio. Un
chierico non può di conseguenza essere signore civile. Il potere civile è incompatibile con la dignità papale.
La chiesa deve seguire lo spirito, non la materia. Ai signori laici è lecito guidare in senso spirituale i propri
sudditi nelle loro opere. Sottrarre la chiesa dai suoi beni per conferirli agli stati laici.
1377 Gregorio XI Riporta la curia a Roma
1382 condanna delle tesi di John Wyclif

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1378 con l'elezione di Urbano VI e Clemente VII si apre lo scisma d'occidente. I cardinali si dividono,
entrambi eleggono un papa e quindi ci sono due papi per 40 anni. Per lungo tempo non si trova una
soluzione a questo scisma perché i capi degli stati europei scelgono di affidarsi ciascuno a colui che gli
conviene di più.
1409 elezione di un terzo papa Alessandro V, all’interno della stessa chiesa si percepisce il periodo di crisi
1414 nel concilio di Costanza viene eletto Martino V
L’elezione di Martino V non fa venire meno l’idea che il vero potere all’interno della chiesa non lo dovrebbe
avere il papa ma il concilio dei vescovi. Infatti, Martino V nel diventare papa ha giurato che convocherà
spesso il concilio per farsi guidare da esso.
In questo periodo di crisi i capi degli Stati ne approfittano per controllare la chiesa. In Francia, in Inghilterra
e anche negli Stati regionali italiani se ne approfitta per assumere il controllo della chiesa. Gli stessi grandi
ecclesiastici della chiesa cattolica si rendono conto del momento di crisi e l’unico modo per contrapporsi
agli stati europei è quello di avere un pontefice forte.

Quindi assistiamo al ritorno di una monarchia papale forte con Pio II che nel 1460 restituisce centralità alla
figura del pontefice emanando la Bolla Execrabilis, con la quale dichiara esecrabili tutte le teorie
conciliariste (coloro che che credevano che il potere dovesse andare nelle mani del concilio).

Lez.26 9/12

Libricino piccolo. IMMAGINE: Lunetta del protiro di San Zeno, Verona. Le città italiane del tardo medioevo
sono caratterizzate dalla copresenza dei milites e dei pedites, coloro che non fanno parte delle famiglie
nobile. FONTE: la corte di Treviso, 1214. Cronaca di Ronaldino da Padova, riguarda una festa che viene
fatta in quel periodo. Fu organizzata una festa alla quale vennero invitati i milites e i pedites e 12 delle
donne più belle di Padova. I giochi si svolsero in questo modo: fu costruito un castello in cui vennero poste
le donne con le loro ancelle e attorno con i cavalieri che devono conquistare il castello. Da Venezia giunsero
molti uomini e donne di Venezia. Tuttavia, da un semplice gioco nacque un reale conflitto tra padovani e
veneziani, a tal punto da far arrestare i rapporti commerciali tra le due città. Tutto questo si svolge a
Treviso, ma in questo gioco i trevisani non ci sono, il che ci fa capire il reale motivo del conflitto tra
padovani e veneziani: la posta in palio era Treviso, tra le righe si capisce che questo era il problema (Treviso
poi finirà sotto la repubblica di Venezia). Da notare la cultura che c’è in una città comunale del 1200.
Potremmo dire che questa sia la tipica cultura cortese. Tuttavia, nella fonte c’è un punto che complica un
po' il quadro. I pedites. I pedites prendono parte al gioco. Parliamo di popolo. un qualcosa di
apparentemente omogeneo, in realtà quel popolo è estremamente diversificato. I membri di questo popolo
sono i grandi mercanti, gli artigiani, i medi mercanti, proprietari fondiari, che valgono sempre di più perché
gli affitti dei loro terreni valgono sempre di più perché cresce la domanda cittadina, perché cresce la
popolazione. I pedites sono composti anche dai notai e dai giudici. Il popolo da escluso che era ora
pretende di contare. Il popolo pretende di entrare a far parte dei consigli cittadini, di tassare i milites, di
controllare in modo capillare il contado e la richiesta di passare da un processo accusatorio ad un processo
inquisitorio. Il processo accusatorio si basa sul fatto che il processo non nasce se non c’è una parte che
chiede al giudice di mettere sotto processo l’altra parte. Nasce da un’accusa. In un ordinamento del genere
non è prevista l’indagine. Nel sistema inquisitorio subentra l’indagine. La giustizia interviene senza bisogno
di accuse. Subentra l’inquisizione, la capacità del magistrato di agire d’ufficio. Il popolo propone un sistema
inquisitorio perché prima un popolano non si sarebbe mai permesso di accusare un cavaliere o una persona
alto locata. Pur nella diversità delle componenti che fanno parte del popolo, tutti si ritrovano sotto un
programma unitario. Intorno agli anni 40 del 200 c’è un momento di pausa, quando Federico II tenta di
riunire sotto il suo pieno controllo i comuni italiani. Le città centro settentrionali sono caratterizzate
dall’arresto del popolo perché all’interno del popolo c’è una frammentazione. Nel contesto di questi scontri
le stesse società popolari si frammentano e non essendo più unite si fatica a portare avanti le proprie

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istanze. Quando Federico II muore nel 1250, il popolo torna ad essere protagonista assoluto del quadro
comunale.
DOCUMENTO: la vicinanza di San Pancrazio, Bergamo 1207. Questo documento ci fa capire come
funzionano quelle organizzazioni di quartiere, che costituivano le cellule prima, attorno alle quali poi si
costruivano le organizzazioni comunali. Essere un membro della vicinanza di San Pancrazio significa fare
quello che fanno gli altri vicini della sua vicinia per la stessa vicinia. Significa partecipare alla riunione, che
avviene all’interno della stessa chiesa, far costruire delle opere di difesa che erano necessarie per quella
stessa vicinia. Opere di difesa perché a Bergamo accadde che il podestà ha chiesto alla famiglia più potente
dei milites, la chiesa che era più frequentata, questi ultimi rifiutano e nasce un conflitto che finisce con la
torre in fiamme. Inoltre, in questa vicinia si prendono prestiti collettivamente e pagano le stesse tasse. C’è
una responsabilità in solido: se uno non paga, sono responsabili tutti gli altri. Si eleggono dei rappresentati,
incaricati di uno specifico compito. Poi ci sono i consoli che sono dei rappresentanti stabili, non hanno un
incarico episodico, ma sono stabili. La vicinia è una piccola comunità che si riunisce frequentemente, si
prende cura delle strutture della città, ha dei magistrati stabili, riscuote le tasse, nomina rappresentanti
momentanei quando ci sono delle emergenze, ha dei consoli stabili. Questi sono legami orizzontali.

Qual è l’alternativa, rispetto a questi legami? Rispetto alla densità di legami tra vicini, l’alternativa sono i
legami clientelari con i milites. E quindi avere dei legami verticali con i milites.

Lez.27 10/12

Il popolo è un prodotto di una fase di crescita economica. Questo spiega il fatto che ad un certo punto una
buona parte della popolazione pretende di far parte del governo. Ma questo non basta perché fino a quel
momento li i milites erano stati perfettamente in grado di assorbire la domanda di mobilità sociale che
poteva venire dal basso. La milizia nel 12 secolo non era un gruppo chiuso che non fa entrare nessuno, era
in realtà un gruppo molto aperto e permeabile capace di assorbire la crescita di una famiglia. La milizia del
12 secolo è un gruppo aperto. A maggior ragione ci si chiede perché non assorbe la richiesta del popolo di
far parte del governo.
Fonte: la corte di Treviso. Questa cultura cortese e cavalleresca è alla portata anche dei pedites. I pedites
che partecipano a questa festa, di lì a poco verranno accolti nella milizia. E questa cosa è tipica di tutti i
comuni dell’Italia centro settentrionale. All’inizio del 200, però, la milizia non è più in grado di assorbire la
domanda di partecipazione da parte del popolo. Agli inizi del 200 la domanda di mobilità sociale è talmente
imponente che la milizia non riuscendo più ad assorbire tutti, si chiude. Di fronte a questa chiusura, chi è in
ascesa, non potendo rivolgersi verso l'alto si rivolge verso il basso creando un nuovo gruppo. Il popolo inizia
ad entrare nei consigli, inizia a cambiare la politica delle città, aumentano le carte, la tassazione ecc finchè
negli anni 41 non c'è un momento di relativo appannamento del popolo dovuto allo scontro tra papato e
impero che spacca il popolo. Con la morte di Federico II nel 1250 la cavalcata del popolo riprende ed esso
riesce non solo a prendere parte nei consigli comunali ma a diventare determinante: Nel secondo 200
nessun governo cittadino può essere concepito senza l'appoggio del popolo. Ciò non significa che queste
conquiste siano irreversibili e che il popolo non possa essere messo in discussione.
Fonte: Ordinamenti del popolo di Perugia 1260
Nel 1260 il popolo di Perugia sì dà degli ordinamenti, degli statuti, che valgono per tutti. Il governo è un
governo del popolo. Il primo punto e quello di disarmare la popolazione. Al popolo interessa che la vita
politica non sia segnata da quella conflittualità e violenza tipica del mondo cittadino nel momento
precedenti. Le sanzioni sono più alte di notte per evitare congiure, cospirazioni e valgono solo in città, non
nel contado né nei paesi stranieri . Denunciare è obbligatorio. È vietato partecipare a qualsiasi zuffa o
rumore, non si intende la rissa privata ma la sollevazione che ha valenza pubblica e politica, ciò vale anche
per chi viene da fuori, comitatini compresi. È vietato possedere armi e la multa per i milites è doppia perché
sono più pericolosi dei pedites, possono richiamare più persone. Si cerca insomma di garantire la pace e di

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preservare il governo di popolo. Inoltre le armi non devono essere prodotte nei aggiustate dai Fabbri, il
popolo interviene pesantemente, anche le pene sono pesanti per demilitarizzare la società. Queste
normative entrano a far parte della vita quotidiana e non vengono applicate in tutto e per tutto però sono
un messaggio politico. Un passaggio importante che le ultime due ordinanze devono essere poste nello
statuto dei fabbri: il popolo impone delle norme alle organizzazioni che sono alla base della sua nascita. Al
movimento dal basso verso l'alto si sostituisce quello dall'alto verso il basso, sì fa riferimento ad
un’associazione che si rende autonoma dalle organizzazioni locali da cui nasce e che impone loro degli
ordinamenti. Tutti i membri del popolo devono giurare la loro fedeltà al popolo, da ciò sono esclusi i milites
perché escluderli dal popolo significa escluderli dal governo della città. Altro passaggio chiave: si ordina di
distruggere tutti gli statuti delle società locali delle vicinanze, escluse quelle delle arti , dei giudici e dei
notai. A questo punto c'è un controllo molto forte sull’associazionismo locale. Viene creata una sorta di
polizia deputata al mantenimento dell'ordine pubblico. Il popolo ha la capacità di controllare lo spazio
politico cittadino e di spiegarlo ai suoi voleri. Da questo statuto emerge la capacità del popolo di far ruotare
tutta la città attorno a sé, in maniera molto più forte di prima perché c'è una capacità di intervento molto
più capillare. Il punto fondamentale è che è vietato al popolo avere rapporti di protezione giudiziaria, di
garanzia e di clientela politica ovvero rapporti giudiziari, economici e politici con un magnate. I membri del
popolo non sono membri di nient'altro. Il vescovo è pregato di scomunicare chi fa giuramento ad una parte,
fazione, gruppo clientelare legato ad un magnete. È importante evitare che si creino delle clientele verticali
attorno ai grandi magnati: la vittoria del popolo non è irreversibile. Le città italiane sono in bilico tra
un'organizzazione sociale verticale e una orizzontale. In sintesi, è un popolo forte ma che ha la costante
paura di perdere il suo potere. Il secondo 200 è l'età del trionfo del popolo però già alla fine del secolo si
pongono sostanzialmente due alternative: quella in cui il popolo va al governo e non elimina le istituzioni
esistenti ma vi si affianca, c'è il consiglio del comune quello del popolo: i magistrati comunali e quelli del
popolo. Affiancandoglisi si svuota il comune del suo significato. L'altra opzione è che il popolo si affida ad un
signore che è sempre un regime popolare. Nel corso del 300 questo secondo caso evolverà in modo diverso
ma nel 200 resta un regime popolare.

Lez.28 11/12

Nel secondo 200 alcuni comuni conoscono un’evoluzione signorile ma comunque legato al popolo,
soprattutto in Italia settentrionale, altri vedono il popolo andare al governo direttamente e questo è il caso
dell'Italia centrale. In questo secondo caso alle magistrature comunali si affiancano quelle popolari.
Entrambe le realtà sono fortemente condizionate dal popolo. Nel 300 i signori si renderanno via via sempre
più autonomi mentre governi di popolo si trasformeranno in una sorta di oligarchia, un nucleo di famiglie
che concentreranno gradualmente le cariche nelle loro mani. Questa evoluzione trecentesca ha spinto a
rivedere anche il 200: il potere di fatto è concentrato nelle mani delle famiglie più potenti, però, c'è
comunque una significativa presenza di quella parte della popolazione che nel 300 scomparirà dai consigli.
Questa parte della popolazione di fatto non prendeva decisioni, ma si limitava a ratificare quel potere. Le
esperienze 200 esche non sono democratiche nel modo in cui lo intendiamo oggi ma non sono nemmeno
oligarchiche come saranno nel 300. Anche il potere rettificativo è un potere importante: capita spesso che il
passaggio a questi consigli delle decisioni causi problemi. Ma soprattutto le decisioni che vengono prese
sono decisioni per il popolo.
Leggi antimagnitizie: Nel 300 o 400 queste famiglie sono riammesse alla vita pubblica, la loro cultura è
sempre la stessa e quindi sul lungo periodo non sembra essere cambiato poi molto. Il popolo non ha fallito,
risente solo di una frattura. Viene riportato un elenco dei nobili di Modena stilato agli inizi del 300 per
ordine del comune. L'elenco contiene anche tutti quei popolari che non sono degni di stare nel popolo. È un
provvedimento tipico, è la definizione di magnate, che significa grande e non nobile. Avvenire bandite tutta
la famiglia indicata per cognome. Nel secolo successivo però quelle famiglie fanno parte dell’oligarchia di

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Modena. Nel documento ci sono anche nomi cancellati per ordine del capitano del popolo, probabilmente
magnati diventati popolari. La differenza è che nella lista dei magnati si entra in gruppo ma si esce
singolarmente. Esce dalla lista chi rinnega i propri legami familiari e giura fedeltà al popolo, ciò avviene in
tutte le città. Quindi è vero che queste famiglie tornano al potere ma non come nobili, magnati ma come
popolari. E cambiato tutto perché prima i nobili facevano la politica, ora con il popolo e le leggi
antimagnatizie la politica fa i nobili. Si è nobile in quanto membri dell’oligarchia di governo e non in quanto
membri di una famiglia nobile. A Firenze queste persone cambiano addirittura cognome e stemma. La
frattura cambia la concezione della nobiltà. I cognomi sono gli stessi ma la nobiltà no perché anche se sono
ancora nobili e un tipo assolutamente diverso di nobiltà, non per sangue ma per politica. A Torino il popolo
perde: dai documenti, dalle liste emerge che prima si valorizzavano i legami orizzontali tra simili virgola e
dopo quelli verticali della parentela. Qui la nobiltà è di sangue.
Fonte: Dante, “Le dolci rime d'amor” – 1295
Dante è un membro di una famiglia della tradizione nobiliare Fiorentina che vede messa in questione dal
popolo la sua nobiltà e il suo ruolo nella società. Cavalcanti si esprime sulla questione con sdegno,
rinchiudendosi nel suo recinto aristocratico. Dante afferma che qualcuno, riferendosi a Federico II, ha detto
che la nobiltà consiste in antiche ricchezze e comportamenti aristocratici, quindi ha a che fare con
l'antichità della famiglia, con le sue origini, il suo sangue. Dunque, si è nobili per sangue. Dante afferma che
non conta il sangue ma la virtù individuale ed è questa che ci rende nobile. Ciò che dice l'imperatore falso

soprattutto perché le ricchezze sono negative perché distraggono l'uomo dall' esercizio della virtù.
Se fosse solo questione di sangue, se conta solo il passato, allora tutti gli uomini sarebbero nobili oppure
tutti non nobili. La nobiltà ha come suo frutto la virtù, che sta, come dice Aristotele, nell'equilibrio, nel
mezzo e produce felicità, la nobiltà si vede dagli effetti. La nobiltà porta sempre al bene. Secondo Dante,
viene prima la nobiltà e poi la virtù: dove c'è virtù c'è sempre nobiltà, ma non viceversa. Non ci si vanti,
quindi, di essere nobili per sangue perché i veri nobili sono quelli che tra loro sono virtuosi.

Lez.29-30 16/12

Cos'è la nobiltà? L'opinione comune ritiene la nobiltà un fattore ereditario, legata alle origini e al sangue di
famiglia. Dante, afferma che l'opinione comune falsa perché le ricchezze sono una cosa vile, e perché
ragionare in termini di sola discendenza conduce contraddizione. Dante afferma che la vera nobiltà si
manifesta nella virtù, quest'ultima e il compimento della propria natura. Solo compiendo la propria natura
di nobili si è virtuosi e quindi veramente nobili. Inoltre, l'esercizio della virtù porta la felicità. Dove c'è virtù
c'è sempre nobiltà, ma non viceversa.
Fonte: Dante, “Convivio” cap. 20, libro IV.
A Milano, i Visconti affermano di essere nobili per sangue ma non è così: la virtù non è una questione di
stirpe ma cade nelle singole persone, è l'individuo che può essere virtuoso non l'intera stirpe. Non si può
dire che i Visconti sono nobili, ma che Matteo Visconti o Gian Galeazzo Visconti sono nobili. Dante sta
ragionando sulla concreta situazione italiana nel secondo 200, egli afferma che i veri nobili sono quelli
cancellati dalle liste magnatizie perché di entrano con tutta la famiglia ma escono individualmente, grazie
alla virtù. Sono virtuosi perché collaborano per il bene del governo. Dante non si oppone con sdegno al
popolo, al comune popolare come fa invece cavalcanti. L'opposizione al popolo è dannosa e comunque è
giusto valutare l'individuo non la parentela sia nel bene che nel male. Una posizione diversa è quella di
Bartolo di Sassoferrato, giurista che vive nella metà del 300 e che scrive il primo trattato europeo sulla
nobiltà. Come tutti i giuristi medievali è innanzitutto un commentatore del Codex o Corpus Iuris Civilis, il
codice Giustiniano (Giustiniano fa raccogliere e sistemare tutte le leggi del diritto romano). Bartolo di
Sassoferrato è un ufficiale, fa parte della famiglia del podestà (il gruppo di ufficiali che si muove con lui), fu
discepolo di Cino da Pistoia, giurista, docente universitario molto conosciuto. Tra il 1342 e il 1355 scrive il
trattato sulla nobiltà, che più che un trattato e un commento al codex, che viene letto in tutta Europa ma

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che lui scrive tenendo a mente una situazione tipicamente italiana. In questo trattato si confronta con il
pensiero di Dante. Secondo lui l'errore di Dante è stato quello di non aver capito che la questione
fondamentale è l'azione del capitano del popolo: guardando alle liste non bisogna fermarsi e nomi
cancellati, ma bisogna guardare i commenti che li affiancano. Il punto fondamentale è la politica, e la
politica che fa i nobili non la virtù.
Fonte: Bartolo di Sassoferrato, “Tractatus de Dignitatibus”. Nel codex si parla di dignitas, come qualità che
fa distinguere qualcuno dai plebei, che altro non è che la nobiltà. È vero che per gli antichi la dignitas era
innanzitutto legata ad una carica pubblica, ma anche la nobilitas può essere legata ad un titolo e quando si
parla delle due cose in generale, sono la stessa cosa. Dunque, lui può utilizzare il codex per parlare di
nobiltà. Secondo lui esistono tre tipi di nobiltà: sovrannaturale (teologica), naturale e politica. La prima è
quella degli uomini Benedetti da Dio, ma non è visibile all'uomo, la seconda può essere intesa in due modi :
come capacità di svolgere il proprio compito o come virtù di essere atti al dominio, come dice Aristotele, la
terza è quella che distingue il nobile dal plebeo e in rapporto a questa nulla di ciò che ha detto Dante è
vero. È questa la nobiltà uguale alla dignitas romana, che somiglia un pò a quella teologica concessa da Dio:
è una qualità attribuita da chi detiene il potere politico, grazie alla quale colui che è stato beneficiato è
posto in maniera evidente al di sopra dei plebei onesti (i ricchi). Successivamente esamina la definizione: è
una qualità perché può essere acquistata e/o perduta perché legata al tempo e allo spazio. È attribuita
perché non dipende da se stessi, nemmeno dal proprio merito, è una concessione gratuita, libera da ogni
vincolo, che non ha nulla a che fare con la propria coscienza o volontà né con la propria virtù.
Parla poi dell’ereditarietà della nobiltà: Aristotele scrive nella Politica che si eredita ma non è così perché
essa dipende dal principe, dal detentore del potere politico, tuttavia, egli non ha torto perché ai suoi tempi
il governo ne ammetteva l’ereditarietà. Dunque, la nobiltà è sempre e solo ciò che il principe ha deciso che
sia.

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