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DIRITTO ROMANO:

dai re all’età giustinianea


Lineamenti di storia e diritto romano, sotto la direzione di mario talamanca. II edizione
(Conigliato: Pietro cerà alessandro corvino Antonino metro gianfranco purpura. Roma e il diritto.)
Hostes novi cives felice mercogliano. Diritti degli stranieri immigrati in roma antica.
Giovanna coppola bisazza INSTITUTIONES, manuale di diritto privato romano.

Il diritto non è solo quello dirigente o quello statale. Per tradizione, istituzione e storia
rispecchiano il diritto privato e il diritto pubblico. Privato riguarda i rapporti tra gli individui.
Mentre pubblico riguarda la cose comuni a tutti.
Nel diritto romano si cerca di far combaciare in un unico insegnamento sia il pubblicistico che il
privatistico.
Si hanno 3 argomenti:
Diritto pubblico
Diritto privato
Diritto dell’immigrazione, approfondimento monografico sull’immigrazione a Roma.
Il diritto è storia, che cambia al variare della cultura o società.
Storia del diritto romano dai re all’età Giustinianea. Dal 753 a.C. (dies natalis) fino al 765 a.C.

Istituzioni politiche: quelle che governano la società.


Organi costituzionali:
Le fonti del diritto: c’è bisogno che ci siano fonti sicure e affidabili sulla basa della produzione del
diritto. Fonti del diritto: consuetudine.
Abbiamo diverse età: l’età dei re, poi abbiamo la repubblica, poi il principato, e il dominato.

Tematiche:
Istituzioni: da instituere, che significa introdurre a un campo specifico del sapere.

L’età monarchica
Già qui abbiamo diversi problemi storiografici. (per i latini la storia era differenziata tra res gestas e
istoria).

Persone (famiglie e classi sociali), res (cose non animate. Beni mobili e immobili.) e actiones (tutela
dei diritti).
Le res hanno varie ripartizioni, comprendono la varità e il possesso.
Abbiamo le successioni (come per la morte) obbligazioni e contratti, tutela dei diritti.

Per il diritto agli stranieri al tempo dei romani, questi ultimi davano agli stranieri un alone di
stranezza.

Origini di Roma
Il principio della storia romana è contrassegnato dal problema delle origini di Roma, problema
ancora oggi irrisolto.
La storia è il succedersi degli eventi.
La storiografia al contrario è un interpretazione degli eventi, è una chiave di lettura degli eventi.

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Dunque il problema delle origini di Roma è un problema di interpretazione, in quanto le fonti sono
molto scarse al riguardo. Le fonti si possono dividere in fonti di conoscenza del diritto e fonti di
produzione del diritto. Le fonti delle origini di Roma sono quelle archeologiche, epigrafiche e
papirologiche (iscrizioni e papiri). Poi abbiamo le fonti di tradizione manoscritta (scritture di antichi
autori latini). Per l’origine di Roma non abbiamo fonti manoscritte. Le prime fonti scritte si hanno
dal secondo secolo a.C. Per cui identifichiamo l’origine di Roma con fonti di carattere archeologico.
Uno dei primi a narrare per iscritto è Tito Livio, il quale scrive in un epoca in cui Roma era dilaniata
dalle guerre civili. Lui ha un ideologia che rispecchia le storie a lui precedenti, scrivendo sotto
chiave annalistica, tipica degli annali, ovvero scrittori che narravano anno per anno. L’anno
prendeva il nome dai consoli in carica.
“La fondazione di Roma” si ha probabilmente col formarsi di una comunità civile (di cives, persone
che vivono in una città seguendo diritti civili) tra il VII/VIII secolo a.C. nel Lazio. Comunità che
superava quelle precedenti. Roma viene fondata perché nasce il primo diritto civile. In principio
Roma permette la mobilità sociale, poiché questa città allora si stava formando. Sappiamo
dell’esistenza di sette re che regnarono su Roma grazie ai narratori greci. Inizia così l’epoca dei re,
prima i sabini e poi gli etruschi.
La fase monarchica è attestata. Il re aveva diverse funzioni, sia militari che giuridiche. Il Lazio
(latium vetus) era una terra molto difficile, ostica, con paludi e promontori. È facile immaginare
che c’erano delle comunità tribali.
Familia proprio iure, fondata sulla cognatio (legame di sangue) cioè la famiglia contrassegnata dal
nucleo di primo grado. Grazie al sistema romano ancora oggi si è parenti fino al sesto grado di
parentela.
Familia comuni iure, fondata sul comuni ignatio, famiglia più ampia, dove c’è un ascendente
comune ai vari membri.
C’era la realtà della “gens”. Le gentes sono raggruppi parentali più estesi della famiglia che
presuppongono un capostipite comune, ma che non è più in vita, che da il nome alla gens stessa.
Nella stessa successione legittima i romani prescrivevano una codificazione di massa, i primi gradi
della successione legittima, e si dicevano le successioni al defunto “heredes”, i “sui” i figli legittimi,
poi gli adegnati gli intermedi, che sono uniti dallo stesso legame di sangue all’antenato (nonni e
bisnonni), e infine i gentiles gli appartenenti alla stessa gens.
I romani avevano il prenome (nome di battesimo), il nomen (nome della gens) e poi vi era una
terza parte, come il nostro cognome, indicava il rampo familiare di appartenenza.
Successivamente tutte le gens si riunirono in una “civitas” nella città di Roma. A questo punto
nasce il diritto civile, poiché nasce una distinzione tra chi è all’interno della comunità e chi è
all’esterno. Le mura danno un identità alla città, si formano così i cives, cittadini della civitas. Dopo
i primi quattro re romani, abbiamo i re etruschi, i Tarquini.
Le testimonianze che abbiamo sin dalla fondazione di Roma attestano che ci furono 3 tribù: Latini,
Sabini ed Etruschi.
Nella società latina vi erano i patrizi e i plebei: patrizi sono le persone che hanno il potere, potere
acquisito dalla discendenza. Plebei, sono la moltitudine, quelli che riempiono lo spazio.
Abbiamo tre istituzioni principali pervenuteci dalle fonti latine: i rex ovvero i monarca, un consesso
di anziani ovvero il senato, e un’assemblea popolare ovvero i comitia, le persone che
combattevano o che coltivavano.
Il senato era la sede delle decisioni dei più saggi, anziani. Il re invece esercitava funzione suprema
e funzioni religiose, religione che era unica per tutti i cittadini, proprio come i diritti. Inoltre il re
esercitava anche funzione di comando militare.
Nell’ età monarchica abbiamo diverse fasi: i re latini che si alternano a quelli di origine sabina, i cui
cittadini si coagulavano più o meno tra loro; i sabini formavano il cuore della civiltà romana. Numa
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Pompilio, segna un’alternanza, perché è sabino rispetto a Romolo, e perché ammette i culti
stranieri (peregrini). Poi vi è Tullo Ostilio, a cui viene attribuita una fase guerresca. Poi si torna al
re sabino, Anco Marcio, che estese Roma fino ad Ostia che era una città importante per via della
sua posizione sul mare. Dopo la fase latino-sabina, inizia la fase etrusca, quella dei Tarquini.
Costoro erano diversi rispetto ai primi. Erano in carica a vita, e discendevano dinasticamente.
Il rex latino o sabino veniva nominato tramite un accordo stipulato in senato, da gruppi familiari
più potenti. Vi era la lex curiata de imperi, che era una legge che serviva per eleggere il rex, era
una sorta di manifestazione per il suffragio imperiale che il popolo delega il proprio comando al
rex. I poteri religiosi si acquisivano con l’inauguratio, ovvero una cerimonia dove si prendevano i
segni propizi per l’inaugurazione del potere.
Per quanto riguarda la religiosità, vi erano delle manifestazioni alle divinità favorevoli, una di
questi era quella degli àuguri. Gli auguri interpretavano il valore divino e la successione degli
eventi. Ricavavano questi segni dal volo degli uccelli. Qui iniziò a nascere anche lo ius augurale, che
era il diritto degli auguri. Vi erano poi i Feziani, collegio di 20 sacerdoti che si occupavano dei
rapporti con gli altri popoli, la fides inter popolos, il diritto popolare. Essi con determinate
cerimonie consaravano trattati di pace, armistizi e alleanze. Appianavano discordanze con gli stati
stranieri.
Il collegio sacerdotale dei pontefici, permetteva una vita libera, basata sul calendario degli eventi
naturali, del ciclo della luna (28 giorni). In base a questo calendario si dovevano indicare i dies fasti
e i dies nefasti. Qui abbiamo le prime fonti del diritto romano.
Di queste in ambito del diritto cittadino vediamo due fattori, i mores e le legis. Un popolo era
guidato o da mores o da legis. Diritto positivo e fattori personali.
I mores sono quella parte di consuetudini che producono diritto. Questi si sono formati in maniera
impersonale, ad esempio le 12 tavole. I mores producono per la prima volta una fonte di diritto
scritto. Una delle mores è la successione legittima.
La seconda fase dell’età monarchica, il potere regio va in mano agli etruschi. Il primi re etrusco,
Tarquinio Prisco, si impossessa del regno non rispettando a pieno le regole allora vigenti. I tarquini
riuscirono a scansare il senato. Il senato nasce come roccaforte dei patres, nasce come
espressione di aristocrazia, come governo dei pochi, che dominavano sui plebei. Quest’ultimo
viene riformato. Con la monarchia etrusca i patriarcati verranno eliminati. I re etruschi stabiliscono
un contatto immediato con gli strati produttivi della popolazione. Abbiamo l’ingresso al senato di
nuove gens, governate dai patres minori. Questo processo porta ovviamente ad un aumento dei
senatori, erano 300 come ancora oggi lo sono. Romolo nomina 100 patres, con i sabini ne abbiamo
150/200. Poi il numero diventa 300 poiché i Tarquini chiamano anche i patres delle gentes minori.
Entrano così tutte le persone più fidate dei tarquini.
Abbiamo nuovi ordinamenti, ad esempio l’ordinamento centuriato. Era composto dai combattenti,
vi erano 100 soldati. Cambia la tattica militare: abbiamo la tattica oplitica, con uomini attrezzati in
gruppo, equipaggiati con lance, scudi ed armi, che avanzavano tutti insieme. C’era bisogno di un
rinnovamento e ampliamento delle armi. Questo con gli etruschi avviene, in quanto erano un
popolo ricco di ferro, e quindi riuscivano a fabbricarsi le armi. I comizi centuriati venivano
strutturati in base alla classe, all’interno della classe si viene ripartiti in centurie.
L’esercito era composto dai fanti e dai celeres (cavalieri), che avanzavano più velocemente. I
cavalieri erano le persone più ricche, e votavano sopra la prima classe. Si era divisi in classi in base
alla ricchezza. Abbiamo 6 classi, dai più ricchi ai meno ricchi. Nell’esercito vi erano i seniores (oltre
i 45 anni) e i juniores (20-45).
La tribù era fondamentale a quei tempi, era un po’ come avere la residenza nell’antica città. Si
apparteneva alla tribù in 2 modi:
essere in una tribù territoriale, per discendenza gentilizia
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con gli etruschi la tribù diventa territoriale, si apparteneva a una tribù in base alla propria domus.
Mobilità sociale: orizzontale (spostamenti nelle città più ricche) e verticale (ascensore sociale, ci si
arricchisce sempre di più).
ETA’ REPUBBLICANA:
Dopo la monarchia c’è la repubblica, un epoca più lunga complessa e meglio attestata. Abbiamo
nel 509 a.C. come riferimento dell’inizio di quest’ epoca, in cui avviene un passaggio costituzionale
dai re ad una sorta di repubblica senatoriale. Qui abbiamo i magistrati eletti ogni anno, che
assumono ruolo politico. I magistrati iniziano ad essere slegati dalle gens patrizie e inizia a formarsi
uno strato sociale di quelli che non sono i patrizi. I patrizi erano numero chiuso, coloro che
nascevano con una madre e padre patrizi. Chi nasceva con solo uno dei genitori patrizi non era
patrizio. Col passaggio dalla monarchia alla repubblica abbiamo delle controversie perché i
Tarquini vengono spodestati da un azione congiunta tra patrizi e plebei. Abbiamo così la serrata
del patriziato, poiché cacciati i re i patrizi si resero conto che il potere poteva andare nelle loro
mani. In risposta, la plebe, avendo esigenze diverse, voleva arrivare al pareggiamento degli ordini
sociali. Sull’Aventino vengono eletti i primi tribuni della plebe, persone rappresentanti della plebe,
che però non potevano arrivare al consolato. Poi vi erano i magistrati, eletti in carica non vitale e
con poteri limitati in quanto vi era la repubblica. Nella repubblica arcaica troviamo le 12 tavole,
che possono essere considerate un codice ufficiale. Qui si passa dal papiro ai fogli rilegati. Le 12
tavole racchiudono il diritto vigente a Roma in quel periodo (451 a.C.). Qui Roma passa dalle
supreme magistrature dei consoli, a 10 uomini eletti che sostituiscono le magistrature. Cambia così
il profilo della società e quindi cambia il diritto, e infatti il diritto è un profilo della società. C’era il
conflitto tra plebei e patrizi, i plebei volevano entrare in consolato e i patrizi volevano che i plebei
rinunciassero alla loro magistratura. I consoli dei plebei avevano la sacrosantitas (una sorta di
inviolabilità personale, non potevano essere toccati). A questo punto abbiamo una rottura
costituzionale, poiché il re aveva solo ed esclusivamente poteri religiosi.
Due decimviri: il primo riguarda le prime 3 tavole trattano della famiglia, di questo grande nucleo
costitutivo di diritto. e il secondo avrebbe aggiunto alle prime 10 tavole altre 2 tavole, riguardo al
divieto di connubio tra plebei e patrizi.
Media repubblica: I consoli plebei appaiono in consolato solo dal 367 a.C. con compromesso
Licinio VI in base al quale uno dei consoli sarà plebeo. Dal punto di vista delle periodizzazioni qua si
conclude una fase arcaica dell’età monarchica. Dopo Roma inizia a conquistare gran parte
dell’Europa dopo lo scioglimento della lega latina (338 a.C.).
Le regole della monarchia subiscono una frattura, il titolo di rex non comparirà più nelle scritture,
ci sarà solo il rex sacrorum (colui a cui spettavano solo incarichi religiosi).
È stata chiamata anche “età del consenso” poiché chi aveva lottato a lungo venne incluso al
potere. Nel 449 a.C. furono designate le 4 leggi Valeriae Horatiae, chiamate così dai nomi dei
consoli. I consoli sono due, con due nomi gentilizi. Queste leggi sono consolari, proposte dai
consoli ed approvate. Le più importanti erano: la legge Valeri Orati De tribunicia potestate (ogni
cittadino romano era uguale all’altro e per essere ucciso c’era bisogno del consenso popolare.) e
de senatus consultorium pebliscitis ( fu un unico provvedimento sul tribuno della plebe, che
avevano il compito di difendere i plebei dai patrizi).
Nella prima delle due leggi si inventato dei nuovi organi organizzativi, presi dalla popolazione e
non stranieri. Con decisioni che erano prese solo dalla plebe e decisioni prese solo dai patrizi.
TARDA REPUBBLICA:
Si raggiunge un equilibrio. Le leggi sono ancora in bilico in quanto sopperivano le altre fonti del
diritto. Lex canuleia, fu ratificata come legge dal pebliscito. Comportava l’abolizione del divieto di
connubio tra patrizi e plebei, i plebei non potevano raggiungere uno stato sociale più elevato. Chi
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nasceva da nozze tra patrizi e plebei era come se non fosse nato da nozze giuste. Prima fu solo
vietato il connubio, poi furono vietate le nozze. Chi nasceva da un matrimonio tra patrizi e plebei
non poteva diventare magistrato. Nel tribunale vi erano solo due consoli, affiancati da tribuni
militari, che erano plebei, che avevano la forza poiché erano la grande parte dell’esercito. Allora si
equiparò questa struttura magistratuale a tutti. Questa fu l’età delle guerre; i soldati andavano in
guerra avevano il cosiddetto “tributum” che era una sorta di stipendio per i soldati dato dalle
persone che non si impegnavano in guerra. Ci fu la conquista dell’Europa. Così si ottengono molte
terre e spazi da coltivare e usare per il bene comune. Il territorio diventa ager pubblicus, terreno di
tutti. Proprietà=diritto, implica che il proprietario abbia dei diritti; Possesso= significa che su un
territorio vi è un possessore, che ne usufruisce e lo fa fruttare, solo col tempo diventa diritto.
L’ager pubblicus veniva dato in possesso, non in proprietà. Poteva permettersi di avere un
territorio in possesso solo chi aveva già ricchezze precedenti, quindi i patrizi. Ci furono anche delle
leggi che limitavano il possesso.
Con gli anni si arriva ad un compromesso tra patrizi e plebei, ci furono lee leggi Licininae seste, in
particolare due leggi: una legge (lex de modo agropum) sulla guerra sull’espansione territoriale.
Un’altra, lex de re aerae, che limitava i prestiti dei peblei.
Nacquero i magistrati maggiori e minori, che li affiancavano. Poi ci sono le cariche magistratuali. I
magistrati potevano essere sia in carica permanente, che in carica non permanente. La censura
non è permanente, viene eletta ogni 5 anni. I pretori e magistrati maggiori potevano convocare i
comizi, l’insieme dei soldati. I magistrati minori erano i questori, gli epiri, un collegio composito di
altri magistrati, e infine le cariche magistratuali plebee.
Tutto ciò scaturisce un tipo di assetto pubblico diverso: nasce il governo senatorio. Poichè tutti i
magistrati erano in carica temporale, il senato garantiva un governo stabile, dove entravano quelli
che già avevano esperienza al governo. Abbiamo in tal senso una continuità governativa. Avremo
poi una rottura politica.
LA SUPREMA MAGISTRATURA (il consolato)
Si sottolinea il comando militare, il cui pretore, unico e solo, guidava tutto l’esercito composto da
fanti e cavalleria. Abbiamo poi i consoli, che sotto la guida del senato attuano la politica estera.
Inoltre potevano convocare e presiedere il senato, e contemporaneamente avevano il potere di
intraprendere una guerra. Questi convocavano in genere i comizi centurati per convocare i consuli
successivi.
1 a 35
43 a 89
94 a 108
115 a 274
373 a 435
487 a 500
510 a 544
561 a 564
604 a 626
636 a 667
Dal 376 a.C. entra in vigore una nuova contropartita, che i patrizi vollero per concedere ai plebei il
posto di consoli.

Dopo la suprema magistratura, abbiamo alcuni anni di confusione, fino al ritorno del consolato:
composto pero da patrizi e plebei insieme.
Affianco ai patrizi si ponevano gli edili curuli, che sono una copia delle competenze degli edili
plebei. Gli edili mcuruli portavano con se una sella e si siedevano ad ascoltare le ragioni del
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popolo. Si occupano della città, dei giochi pubblici e della annona. Delle urbis curavano la viabilità,
l’arredo le luci e la pulizia; dei giochi pubblici organizzavano i premi e i luoghi. Le annone
consistevano nel rifornimento dei mercati e dei generi alimentari.
Roma aveva un personale esiguo della pubblica amministrazione. Questo, poiché non cambia la
società, rimane sempre un sistema efficiente.
A Roma le cariche magistratuali plebee diventano più forti e più numerose; i magistrati plebei
avevano anche un loro tesoro, custodito nei pressi di Napoli. I tribuni della plebe invece
costituivano la parte preponderante della situazione economica sociale tra i plebei. I tribuni
nascono come cariche rivoluzionarie, e dal punto di vista giuridico hanno poteri che noi definiamo
negativi (potere di veto, l’intercessio). I tribuni interpellavano la plebe e organizzavano secessioni
convegni e rivolte. La realtà plebea diventò sempre più efficiente.
Nel 287 a.C. abbiamo sull’Aventino la lex hortensia: da allora si era imposto che le deliberazioni
prese durante il concilium plebis dovessero vincolare tutto il popolo romano.
Quando durante le assemblee si prendevano decisioni, talvolta queste avevano bisogno di essere
incrementate o cambiate. Per questo vi era un collegio, quello degli auguri, che incrementavano le
decisioni grazie all’interpretazione del volere divino.
Il senato aveva un potere che non poteva lasciare, a quell’epoca; l’economia era ancora detenuta
dai patrizi.
PARTE SPECIALE:
A quei tempi Roma ha rapporti con gli stranieri.
Faetus cassiani: 493 a.C. che univa i latini con i sabini
I volsci che volevano conquistare i suoi territori: abbiamo 2 momenti: un primo, con la
coalizzazione di latini e romani per sconfiggere i volsci. Un altro momento prevedeva la
colonizzazione da parte dei sabini nei territori latini.
I latini e i romani avevano rapporti solo per le conquiste altrui, si alleavano per sconfiggere le
potenze nemiche. Fin quando Roma non decise di attaccare i territori latino sabini.
Roma intraprende 3 guerre con i sanniti, dopo due sconfitte e una vincita allora Roma diventa
bilaterale con tutti gli altri.
Nel 241 a.C. Roma mette le mani sulle isole: prima sulla Sicilia poi sulla Sardegna e la Corsica. La
Sicilia non era raggiungibile solamente mediante mezzi terreni, poiché era una tratta trasmarina.
Qui in Sicilia costituiscono la prima provincia. Successivamente Roma si espande anche in
Sardegna e Corsica fondando anche qui colonie. Roma si rende conto di avere possibilità di
espandersi con le guerre puniche. Il vero momento in cui si trasforma il diritto romano è la prima
guerra punica, nel 242 a.C. dove il pretore peregrini fa il suo ingresso a Roma. Il commercio e il
connubio rappresentavano la prima scelta di scambio di materia commerciale e di beni.

Il primo comportamento che si decide di avere per i romani, è quello verso i vicini. Roma è in
grado di assorbire i vicini. Roma si prefigge di avere una politica di espansione e di accrescimento
della città, “civitas augesce”.
Definizione di diritto civile: quel diritto che ogni popolo stabilisce per se, è suo proprio e si chiama
diritto civile, come a dire diritto proprio di cittadini.
Pomponio definisce questo ius civile con un discorso:
“All’inizio della nostra città il popolo dapprima cominciò a compiere atti senza legge certa, senza
diritto certo, e tutte le cose erano governate dalla mano dei re. Poi, affinché ciò non durasse più a
lungo, parve bene istituire un colleggio di 10 uomini, con autorità pubblica, per mezzo dei quali si
acquisissero legge dalle città greche. E la città di Roma venisse fondata sulle leggi.

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Approvate tali leggi (così come suole naturalmente avvenute che l’interpretazione richieda
l’autorità dei giuristi), cominciò ad essere necessaria la discussione del foro. Questa discussione e
questo diritto, che senza essere fonte scritta, venne messo insieme dai giuristi, non è chiamato con
una denominazione propria, così come invece le altre parti del diritto vengono designate con nomi
propri che sono stati ad esse attribuiti, ma viene chiamato con il nome comune di ‘diritto civile’ .”

Quindi abbiamo lo ius civile, e poi una serie di diritti che vengono attribuiti ai vicini latini, questa è
la realtà antica del tempo.
Vennero fondati degli strati appositi: lo ius gentium e lo ius honorarum.
“Anche il diritto onorario è voce viva del diritto civile, né meno correttamente viene detto diritto
nella nostra città il diritto onorario.” Se si era cittadini romani, si era proprietari terrieri della terra
che si coltivava, e che si combatteva per difendere. È originaria anche l’immigrazione, per cui
Roma subito capisce che bisogna integrare intere comunità latine, che affluiscono o
volontariamente o per conquista. Roma infatti quando si inizia ad allargare, incontra popoli diversi
già stanziati in precedenza e li ingloba automaticamente.
Il fulcro del potere politico è il senato, questo ingloba anche i ceti dirigenti locali dei popoli
conquistati. Valditara sostiene che Roma fu molto aperta fino al 3/4 secolo poi successivamente
dopo aver conquistato vari territori, inizia verso il 2/1 secolo a.C. ad attuare una politica di
restringimento. Questo perché la troppa immigrazione causava problemi politici. A questo
sconquasso di terre devastate dai cartaginesi, alle terre non più coltivabili, bisognava attuare un
piano di ridistribuzione della popolazione.
Concetto di “reimmigratio” ovvero di reimmigrazione, dove gli stranieri vengono costretti a
rimpatriare e ad andare via, nel 200 a.C. ad esempio dopo certi spopolamenti, bisognava far
tornare tutti gli immigrati a piacenza e cremona. Questo è uno dei casi di rimpatrio della
popolazione, che non poteva spostarsi tutta verso certi territori.
La politica stanziativa non è possibile nell’antica Roma, perché, come anche oggi, non era possibile
abbattere la mobilità. Roma comunque fino all’età imperiale cercò di regolare i diritti degli
stranieri.

Roma non è stata mai una comunità statica, è sempre contrassegnata da un dinamismo sociale,
soprattutto per quanto riguarda gli immigrati. È un fenomeno del tutto originale rispetto al nostro,
in quanto a noi si tratta di una migrazione per lo più tra stati. A Roma non esistevano frontiere, che
è un concetto inventato con kennedy e roosevelt dagli americani. A Roma c’era il concetto di
“limes” ovvero qualcosa che si spostava. Molti preferivano fare gli schiavi a Roma, che essere liberi
in patria, poiché si guadagnava di più. Gli immigrati hanno dei singoli diritti e non hanno condizioni
giuridiche differenti. Abbiamo due grandi orientamenti sul numero del popolo romano, in
particolare però esaminiamo quella del berochj 1896 che sostiene che Roma non avesse mai
superato i 5/6 milioni di cittadini (risultato del censimento di Augusto), con gli schiavi che non
superavano 1/3 della popolazione. Ciò significa che siccome nessun cittadino romano poteva
essere schiavizzato, vi era un elevato numero di stranieri a Roma.
Augusto fece fare 3 centurie, ne abbiamo dimostrazione nelle res gestas.
È stato fatto uno studio sui monumenti e sulla loro capienza, in quanto da queste capienze si può
dedurre quanti cittadini vi erano in una città. Ad esempio al circo massimo potevano starci 150
mila spettatori, più il colosseo che ne contevena 50 mila. Questo significava che la popolazione di
Roma si aggirava attorto al milione di persone. Roma riusciva quindi a controllare numeri enormi,
con un ragionamento fondato sulla distribuzione territoriale oculata nella penisola italica.
Le nuove costituzioni imperiali sono definite novelle. Ad esempio l’editto di caracalla (cost.
antoniana) è una forma di cost. imperiale. Le novelle sono qualcosa che viene emanato in maniera
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nuova. Novellare significa qualcosa che è stato rinnovato ed innovato. La costituzione giustinianea
è una novella del precedente diritto.
Per quanto riguarda gli stranieri, abbiamo alcune etnie frutto di conquiste di massa, ad esempio i
popoli galli, portati interamente a Roma. Lo schiavo a Roma aveva un proprio patrimonio di
destinazione, che era ben diverso da quello dei cittadini liberi. Abbiamo una disciplina giuridica
propria per gli schiavi, che addirittura valorizzava quelli più meritevoli. Si entrava così a Roma
anche per fare fortuna, anche da schiavi. Infatti il flusso di schiavi a Roma fu qualcosa di enorme.
Nell’antica Roma gli schiavi avevano capacità di agire, ma di per se non avevano capacità giuridica.
I padroni davano dei soldi agli schiavi che andavano sul loro patrimonio non sotto forma di regalo,
perché era un atto giuridico. “cio che il servo ha col permesso del padrone separato dalle sostanze
del padrone stesso, dedotto quindi ciò che si deve al padrone” quindi è il concetto di un
patrimonio separato sul quale si costruisce la possibilità di formarsi e accumulare ricchezze per
comprare la libertà.
La servitù su base volontaria avveniva tramite dei mercanti e delle compravendite, che si erano
specializzati nella tratta degli schiavi. Vi erano anche dei mercati di schiavi, uno ad esempio, presso
un tempio, ed alcuni erano mercati permanenti, come una piazza antica. C’erano anche dei
mercati priodici, non a Roma ma nei punti dove si raccoglievano gli schiavi ad esempio nella
iugoslavia. Vi erano anche quelli che si facevano vendere come schiavi. Gli schiavi vendevano la
propria opera fisica, uno schiavo ad esempio era olimpio, lui si arricchì andando a Roma come
schiavo. Il mangones era colui che vendeva gli schiavi. Lui era un mercator, aveva della merce e la
vendeva. Costoro erano visti con malocchio da molti nell’antica Roma. C’era una particolarità: per
la vendita degli schiavi c’era un obbligo, che diceva che bisognava dichiarare la ratio, la
provenienza dello schiavo, poiché vi erano dei territori da cui provenivano persone con cui non si
aveva consuetudine, ad esempio gli africani, e popoli più affini a quello romano.
Questo tipo di obbligazione viene usata anticamente anche dai peregrini. “l’obbligazione mediante
parole si fa con domanda e risposta. Come -prometti che sarà dato? Prometto. Darai? Darò.
Prometti ? prometto. Farai ? farò.- Ma l’obbligazione verbale -spondes? (Prometti che sarà dato?)
è propria dei cittadini romani, le altre invece sono di diritto delle genti e valgono per tanto fra tutti
gli uomini, sia cittadini romani che stranieri.”
La cittadinanza romana richiede che ci si implichi nella comunità.
Sallustio: “1 La città di Roma, come si sa, ebbe prima come fondatori i signori i troiani, che sotto
Enea, profughi, vagavano senza fissa dimora, e con loro gli aborigeni, razza agreste, senza leggi,
senza governo, libera e senza freno. 2 Trovatisi dentro le stesse mura, diversi di razza, diversi di
lingua, diversi di costumi, incredibile appare con quanta facilità si fondessero: così di una
moltitudine dispersa e randagia, la concordia fece in breve tempo una città”
Anche con questo brano vediamo come Roma si caratterizza fin dagli antichi tempi da stranieri e
persone che si insediavano. Qui abbiamo un’affinità con gli schiavi che anche qui si insediavano
come stranieri con l’intento di arricchirsi. Gli schiavi avevano una loro soggettività, a differenza
della capacità giuridica che non avevano.
La comunità di Roma non è aperta solo sul piano territoriale, ma anche sul piano del diritto, infatti
aveva una concezione di comunità come città.

A Roma l’economia funzionava con la manodopera schiavile a costo zero, per cui è facile pensare
come a Roma la percentuale della popolazione di schiavi fosse piuttosto elevata.
I romani erano molto tolleranti verso i popoli altrui, sia sul punto di vista sociale che quello
religioso, questo perché non volevano dare adito a guerre civili.
“la libertà è la facoltà naturale di fare ciò che a ciascuno aggrada, tranne cio che sia impedito dalla
forza o dal diritto. la servitù invece è un istituto del diritto delle genti, per cui qualcuno è
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assoggettato contro natura al dominio altrui. I servi sono chiamati così perché i comandanti
militari sono soliti vendere e, in questo modo con-servare e non uccidere i prigionieri di guerra.
Sono in vero detto mancipia perché sono presi con la mano dai nemici.”

“Anche le manomissioni appartengono al diritto delle genti, la manomissione è la dismissione a


quella Si tratta cioè della cessione
Fin tanto che qualcuno è in servitù, è sottoposto alla mano e alla potestà altrui; se poi è
manomesso, è liberato dalla potestà. Ciò prese origine dal diritto delle genti, in quanto secondo il
diritto naturale, tutti nascerebbero liberi e non sarebbe nota la manomissione, essendo
sconosciuta la servitù; ma poi, dopo che la servitù si diffuse, secondo il diritto delle genti, seguì il
beneficio della manomissione e allora, pur essendogli esseri umani chiamati con un unico e
naturale nome di uomini, secondo il diritto delle genti, cominciarono a esservi 3 genti: i liberi,
inoltre il genere ad essi contrario i servi, infine il terzo genere, i liberti, coloro che hanno cessato di
essere servi.”

“I nostri maggiori sospettavano degli schiavi, anche quando questi erano nati nei poderi e nelle
stesse case dei padroni e si affezionavano subito ad essi. Da quando poi tra i nostri servi vi sono
degli stranieri, che hanno usanze e religioni diverse, o nessuna (religione), noi non abbiamo altro
mezzo per tenere a freno tale accozzaglia se non la paura.”
Nel tardo antico (Diocleziano e Costantino 284 e 313 a.C.) il fenomeno degli schiavi aumenta
poiché essere protetti da un padrone spesso conveniva piuttosto che subire eventi nefasti come le
invasioni barbariche sulla propria pelle e famiglia in prima persona. Una tale melania in quest
epoca libera 8000 schiavi, poiché la tratta degli schiavi andava contro il cristianesimo. Questo
testimonia il ritorno una scelta della schiavitù come stato giuridico perché era talvolta più
conveniente.

IL PRINCIPATO:
Con l’imperatore Cesare augusto (optimi statut auctor), Roma vive un periodo di massimo
splendore, come egli scrive nei suoi testi, dopo aver portato la città ad un periodo florido sotto più
punti di vista, voleva ritirarsi a vita privata. Alcuni scrittori come tacito, che ripercorre con un
escursus le guerre civili, descrivono con minuziosità la storia di quei tempi. Gia gli uomini prima di
augusto cercarono di portare la città ad un massimo splendore. Ad esempio pompeo, che fu eletto
senatore, perse con le armi ciò che con le armi difendeva, come dice tacito. “no mos, no ius” non -
c’era più uso e costume, e non c’era più diritto. Infine nel suo sesto consolato …
Quando inizia il principato, Augusto nel 23 a.C. è il momento in cui si hanno i veri poteri, ma già nel
28,27 a.C. vuole restituire il diritto alla repubblica. Cesare nel triumvirato, insieme a marco antonio
e giulio cesare, ebbe dei poteri illegali, sapendo ciò, abolisce tutte le norme emanate nel
triumvirato.

È un testo pressochè integro che viene ritrovato con grande soddisfazione dai giuristi, situato nel
museo di sevilla, in spagna. Proviene da una provincia ispanica. Il testo ha una tripartizione tipica
in Prescritio: che era la parte introduttiva
Relatio: parte contenutistica, viene definito l’imperatore tiberio e la parte sostanziale sulla
condotta di pisone governatore di silla.

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