Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Periodo pre-classico / classico / tardoclassico —> Comincia nel 242 a.C e termina nel 240
d.C (anno della morte di Mastino —> ultimo giurista classico). Se teniamo conto anche del
periodo tardo classico arriviamo all’abdicazione dell’imperatore Diocleziano.
Gli schiavi non sono soggetti del diritto, appartengono al periodo classico e solo più avanti
potranno compiere degli atti che però andranno in capi al padrone. Tutto il diritto antico è
caratterizzato dalla schiavitù. Le società antiche si basano sulla schiavitù, gli schiavi sono
delle res, ossia delle cose e non sono soggetti di diritto
Si è passati da questo diritto ancora embrionale a una scienza giuridica, quindi la massima
evoluzione si è avuta nel periodo dei severi che ancora oggi stupisce.
La raccolta di Gesto è stata creata dall’imperatore Giustiniano ed è stata trasmessa nei secoli
perchè l’impero romano era finito, ma non era di ito finito il diritto romano. Quest’opera è
stata studiata poi nei secoli ed è rimasta in vigore come diritto comune, cioè in tutti i casi in
cui i singoli stati non trovavano una regola applicavano il diritto romano. La scienza
giuridica era diminuita e quindi gli stati quando non avevano una soluzione andavano a
cercare i passi dei grandi giuristi e lo applicavano come diritto comune e tutto questo finì nel
1900. Con l’emnazione del codice tedesco, il diritto romano perse vigenza, ma è comunque
alla base di tutti i diritti europei, tranne quello inglese che si basa su principi diversi
Formalismo
Necessità di una ripida forma, sia con parole, sia con gesti per il compimento degli atti
giuridici. Se questa forma non veniva rispettata l’atto non era valido. Per esempio nella
mancipatio era necessaria la presenza del mancipatio dans (venditore), del mancipatio
accipiens (compratore) e di cinque testimoni che dovevano essere liberi cittadini romani sui
iuris e di un librepens, cioè di un soggetto che teneva in mano una bilancia in cui si doveva
pesare il bronzo grezzo.
Non era solo necessaria la presenza di queste persone, ma era necessario che venissero
rispettati tutti i requisiti (es. se tutti i cinque testimoni non erano cittadini romani, la
mancipatio non era valida). Dovevano essere pronunciate determinate parole e sé queste
parole non venivano pronunciate correttamente la mancipatio non era valida. Il formalismo
nel periodo antico era necessario per il compimento degli atti, ma col passare del tempo ci
saranno negozi non formali, ma nel periodo antico il formalismo è la regola e questo creerà
dei gravissimi problemi per la mancipatio (negozio di trasferimento per la proprietà). Se era
presente un difetto ella mancipatio il negozio non era valido e la proprietà non era passata.
Un’altra caratteristica importante del periodo antico è la grande importanza delle gentes e
delle familiae. Le gentes col passare del tempo persero rilevanza, mentre le familiae rimasero
sempre la base portante della società; la famiglia aveva una struttura gerarchica che
possiamo raffigurare come una piramide, al vertice del quale ci sta il Paterfamilias, ossia
l’unico soggetto sui iuris (che significa di proprio diritto, cioè non sottoposto a nessuno),
nella mancipatio era quindi necessario che ci fossero solamente soggetti sui iuris in grado di
compiere gli atti. Tutti gli altri soggetti sono chiamati Alieni iuris, cioè sottoposti al poter
altrui (quello del paterfamilias). Tutti i figli, i nipoti, gli eventuali pronipoti, le mogli che si
sposano in manu (la manus è un potere quasi equivale a quella della potestas), infatti anche la
moglie è una alieni iuris sottoposta al marito, stessa cosa per i figli della moglie sposata in
manu. Questo perchè la patria potestas oltre ad essere così pesante non cessa fino alla morte
del paterfamilias; si possono avere anche figli di grande età alieni iuris, poichè solo alla
morte del pater tutti i figli possono diventare sui iuris. Per quanto riguarda le donne (anche
se sui iuris) dovranno avere un tutore.
Paterfamilias —> ha il potere di vita e di morte. E’ l’unico soggetto pienamente capace che
può compiere tutti gli atti giudici, e soprattutto ha un potere assoluto sui figli, si parla di ius
vitae acneicis, ossia il diritto di vita e di morte
Leges regiae: Pomponio afferma che Romolo divise il popolo in curiae e fece loro votare
variae leges, come poi fecero i suoi successori, sempre secondo Pomponio queste leggi
furono raccolte da sesto papirio in un libro chiamato Ius civile papirianum. Un tempo si
riteneva che le leggi non fossero mai esistite, ma oggi la maggior parte della dottrina
concorda sul fatto che le leggi regiae non solo siano esistite ma anche che venissero redate
per iscritto, è però difficile che venissero votate dai comizi curiati. Più probabile che
venissero emanate dai singoli re davanti alle curie. All’inizio della repubblica (V sec. A.C) i
mores erano di gran lunga prevalenti e grande era la rilevanza della loro interpretazione
affidata ai pontefici.
I plebei ritenevano che questa interpretazione andasse a loro danno e a vantaggio dei patrizi,
così presero a chiedere a gran voce una legge scritta.
Si narra che i plebei si ritirarono sull’aventino e smisero di lavorare.
I patrizi si trovarono costretti a nominare 10 magistrati (decemviri legibus scribundis) col
compito di redigere un corpo del leggi scritte, fu così emendata nel 450 a.C la delle delle XII
tavole che andò distrutta nell’incendio gallico.
Il testo che conosciamo è stato ricostruito dagli studiosi moderni sulla base delle citazioni di
giuristi e letterati, ma il linguaggio sia pur arcaico non è quasi sicuramente quello originario.
Non si può escludere che alcuni versetti delle XII tavole riportino antichi mores preesistenti.
Così non si definisce nelle XII la patria potestas che era sicuramente già conosciuta dai
mores, ma si stabilisce che se il padre vende il figlio per tre volte, il figlio sarà libero dalla
potestas paterna. Le XII tavole riguardano soprattutto il diritto privato ma contengono
anche norme di diritto penale e di diritto processuale, pur avendo ottenuto una legge scritta i
plebei non ottennero tutto ciò che volevano perchè si trattava si 12 versetti molto stringati
che avevano neccessariamente bisogno di interpretazione e l’interpretazione rimase nelle
mani dei pontefici che dunque continuarono ad interpretare non solo il mores, ma anche le
XII tavole, però questa interpretazione col passare del tempo cominciò a poter essere essere
esercitata anche da giuristi laici, detti prudentes. L’interpretatio delle XII tavole fu molto
importante perchè i giuristi riuscirono ad allargare l’ambito dei vari versetti e anche a creare
dei nuovi regoli sfruttando le norme esistenti. A partire dalla meà del V secolo a.C, quindi
nel periodo della repubblica cominciarono a emanarsi le leggi chiamate poi nel periodo
successivo leges rogatae, queste erano dei testi normativi proposti ai comizi centuriati dai
supremi magistrati approvati dall’assemblea e ratificati dal senato. L’assemblea poteva solo
approvare o respingere, ma modificare il testo proposto. Accanto alle leges rogatae abbiamo i
plebisciti deliberazioni della plebe prese dalle assemblee plebee. I prebisciti valevano in
origine solo per la plebe, ma con la l’ex hortensia del 286 a.C vincolarono l’intero popolo,
tanto che non si distinse più tra leggi e plebisciti.
Le norme, i precetti e le regole contenute nelle varie fonti regolavano la condotta degli
uomini nella vita sociale e stabilivano la sua rilevanza o irrilevanza e la qualificavano. I
soggetti la cui condotta veniva regolata e qualificata si trovavano in determinate situazione
giuridiche, per esempio avevano o non avevano la facoltà di comportarsi in un certo modo,
dovevano o non dovevano compiere un certo atto, potevano o non potevano produrre
determinati effetti giuridici. Spesso questa condotta regolata, valutata e qualificata dal diritto
era vista in funzione di altri soggetti, la cui condotta veniva ugualmente regolata valutata e
qualificata. Si aveva così quello che modernamente chiamiamo “rapporto giuridico”, cioè una
relazione tra due o più soggetti disciplinata dal diritto.
Distinzione tra soggetti “sui iuris” e soggetti “alieni Iuris” (sottoposti al potere del
paterfamilias). Alla morte del paterfamilias tutti i soggetti a lui sottoposti diventano sui iuris,
ma le donne e gli impuberi devono avere un tutore, fanno parte del patrimonio non lo posso
controllare, questo viene fatto da un sostituto, perchè gli manca quella che modernamente
chiamiamo capacità di agire.
Nel secondo sottoperiodo si cominciò a parlare della necessità per il soggetto vincolato di
fare in modo che il risultato venisse raggiunto e questa necessità venne definita “oportere”.
L’oportere derivava dal vincolo comporale che gravava sul soggetto passivo. Per evitare che
questo vincolo si perpetuasse o se potenziale si realizzasse, era necessario che il soggetto
vincolato operasse per fare ottenere al soggetto attivo il risultato.
Si sfrutta il meccanismo della vindicatio, della legis actio sacramento in rem che prevede la
vindicatio. Le parole della vindicatio sono: melma, esse, aio (affermo che il bene è mio). I
pontefici suggeriscono a chi voleva acquistare un bene d’accordo con l’attuale proprietario di
recarsi con questi davanti al re o magistrato e di compiere la vindicatio affermando cioè che
il bene gli appartiene. Bastava che l’altro soggetto tacesse e non compisse la contravendicatio
perhcè il re o magistrato effettuasse l’addictio del bene a chi l’aveva affermato proprio. La
particalarità è data dal fatto che chi compie la vindicatio si afferma proprietario, mentre in
realtà lo diviene solo con l’additio del magistrato. L’ato venne chiamato in iure cessio e servi
per i trasferimento sia delle res mancipi che delle res nec mancipi. La sponsio veva in origine
anche una valenza religiosa. Col passare del tempo si trasformò in stipulatio, consisteva
sempre in una domanda e una congrua risposta centum mini dari spondes? Spondeo
prometti che mi siano dati 100? Prometto. Mentre la sponsio originaria era un negozio di ius
civile, riservato ai cittadini romani, la stipulatio che prevede l’uso di verbi diversi da spondeo
ma con lo stesso significato di promettere, e un istituto di ius gentiu, utilizzabile anche dai
peregrini.
Persone e famiglia
Il primo presupposto perché una persona fisica possa essere punto di riferimento di
situazioni, rapporti e atti giudici era la sua esistenza autonoma che coincideva con la nascita.
Prova della nascita era data secondo i proculiani dall’emissione di un vagito, mentre per i
sabiniani era sufficiente qualsiasi manifestazione di vita come un movimento o un respiro.
Giustiniano accolse l’opinione dei sabiniani. Secondo parte della dottrina era richiesto anche
il requisito della vitalità, cioè dell’attitudine a vivere che coinciderebbe con la maturità della
gestazione e cioè la nascita dal settimo mese. Il requisito non sembra però richiesto nelle
fonti romane, mentre venne adottato nel code napoleon e nel nostro codice del 1865, mentre
non si trova più nell’attuale codice del 1942. Anche nel codice del 1865, il requisito era
comunque molto sfumato perché si presumevano vitali i nati vivi. Altro requisito era quello
di non essere un monstrum o prodigium (i nati deformi non vengono considerati umani).
Nel periodo antico potevano essere uccisi o esposti col controllo dei vicin.
Nel periodo classico ci si preoccupa soprattutto del fatto che possano essere eredi o che
possano giovare ai genitori per le leggi demografiche.
Per quanto riguarda la fine della vita è data dalla morte. I problemi ai potevano porre in caso
di commorienza (morte di più soggetti nello stesso momento).
Lo status liberatis, status civitatis, status familiae. Per lo status familiae era necessario essere
sui iuris.
La capacità giuridica era la possibilità di essere titolari i diritti e doveri.
La capacità di agire era la possibilità di compiere validamente da soli atti giuridici
Le donne non hanno capacità di agire, neanche raggiunta la maggiore età e devono avere un
tutore (i maschi fino ai 14 anni devono avere un tutore). Oltre all’età e al sesso ci sono altre
cause che impediscono la capacità di agire e sono: la pazzia, la prodigarità (anche loro
devono avere un tutore chiamato curatore) (viene stabiltà una cura ai minori di 25 anni).
Status libertatis
Gaio inizia il suo discorso con una summa divisio tra le persone, cioè tutti gli uomini sono o
liberi o schiavi. Lo schiavo non può essere titolare di situazioni giuridiche; Il potere su di lui
è permanente perchè alla morte del dominus (proprietario) passa ai figli, l’unico modo per
essere libero è la manomissione da parte del padrone che lo pone nella situazione di liberto.
Nel periodo arcaico la situazione degli schiavi era forse migliore perchè il loro numero era
modesto e no esisteva ancora quel sistema che è stato modernamente definito come modo di
produzione schiavistico.
Se lo schiavo era in realtà libero poteva dimostrare la sua libertà trovando un absertor
libertatis, cioè una persona libera che in giudizio dimostrasse la sua libertà (dal punto di vita
patrimoniale lo schiavo è un bene).
Status civitatis
La cittadinanza era il secondo requisito dopo la libertà per poter essere pienamente titolari
delle situazioni giuridiche soggettive. Per quanto riguarda i non cittadini dobbiamo
distinguere fra i nemici, hostes e gli stranieri detti peregrini.
L’incolumità è la libertà dei peregrini erano protette, ma essi non erano destinatari del ius
quiritium e non potevano neanche avvalersi del processo per le legis actiones. Una posizione
particolare la occupavano i latini che costituirono con i romani una lega, la lega latina, che
divenne col foedus cassianumdel 493 a.C una specie di unità federale. Le singole comunità
rimanevano indipendenti, ma svolgevano insieme varie attivtà di carattere religioso-politico
e militare. I latini avevano il diritto di trasferirsi. Roma assumendo la cittadinanza romana, il
cosiddetto ius migranti.
Il diritto di votare nei comizi se si trovavano a Roma il giorno delle votazioni (ius suffragi),
quello di compiere determinati atti del ius civile (ius commercii), nonché quello di contrarre
matrimonio con i romani (ius connubii). La cittadinanza romana si acquista per nascita, vale
la stessa regola per la libertà, però nel caso di matrimonio legittimo il nato era cittadino
romano se il padre aveva la cittadinanza romana nel momento del concepimento. Al di fuori
del matrimonio legittimo il nato era cittadino romano se la madre era cittadina romana al
momento della nascita. Nel primo caso non conta se la madre è cittadina e nel secondo caso
se il padre non è cittadino. Si nasce cittadini anche se non c’è un matrimonio legittimo. Può
darsi che la cittadinanza può essere conferita a uno straniero o a una comunità trainerà con
una disposizione del re e certamente poteva essere conferita durante la repubblica con una
legge votata dai comizi. La cittadinanza si perdeva come conseguenza della perdita della
libertà nonché se si acquistava un’altra cittadinanza. Si perdeva inoltre, non si sa se nel
nostro periodo, con l’interdictio aqua et igni a carico di un condannato a morte che fosse
fuggito da Roma.
Status familiae
Si intende la posizione che si riveste all’interno della famiglia e per famiglia intendiamo un
gruppo di persone unite fra di loro da un vincolo di parentela. La parentela che viene in
considerazione nel periodo antico è l’adgnatio che univa tutti coloro che erano sottoposti a
un comune paterfamilias o che i sarebbero stati sottoposti se il paterfamilias non fosse
premorto, ma entro il limite del sesto grado. La parentela può essere in linea retta o in linea
collaterale. In linea retta unisce gli ascendenti ai discendenti, padre e figlio, e a ogni
generazione corrisponde un grado, così padre e figlio adgnatio di primo grado, pater e nipote
di secondo grado, paterfamilias e pronipote adgnatio di terzo grado. In linea collaterale fra
persone che hanno un capostipite comune, ma non discendono l’uno dall’altro, per esempio
fateli adgnatio di secondo grado, zio e nipote di terzo grado, cugini di quarto grado. Questa
parentela (adgnatio) passa necessariamente attraverso gli uomini e non richiede
necessariamente il vincolo di sangue perchè si poteva entrare nella famiglia anche con la
conventio in manus l’adoptio o l’adrogatio. L’ulpiano distingue la famiglia in famiglia
proprio iure composta dal paterfamilias e dalle persone a lui sottoposte e in famiglia
communì iure composta da tutti gli adgnati entro il sesto grado. Secondo molti studiosi nel
periodo antico la famiglia agnatizia sarebbe stata la vera famiglia. In particolare il secondo
bonfante la famiglia sarebbe stata un organismo politico avente funzioni in qualche analoghe
a quelle dello stato. Il paterfamilias avrebbe scelto il suo successore attraverso il testamento.
La tesi del buonfante è stata però smentita dal fatto che alla morte del pater tutti i figli
diveniva sui iuris e quindi non potevano essere sottoposti a un fratello scelto dal padre come
suo erede.
Anche se non si può accogliere questa teoria, la famiglia era comunque una formazione di
grandissimo rilievo, organizzata attorno a un capo con un proprio culto 8i sacra familiaria)
che svolgeva una propria attività economica. La struttura autoritaria della famiglia trova la
sua migliore espressione nel potere del paterfamilias sui sottoposti, che vengono classificati
come alieni iuris.
Il padre ha sui figli la patria potestas che gli permetteva di disporre di essi sia materialmente
sia giuridicamente. Poteva venderli a titolo definitivo o a scopo di garanzia, poteva non
accoglierli in famiglia ma esporli, poteva infliggere loro qualsiasi pena corporale e persino
ucciderli.
Una legge di Romolo riportata da Dionigi di Alicarnasso, prevedeva però l’obbligo di allevare
tutti i figli maschi e le figlie primogenite e di non uccidere figli che non avessero ancora
compiuto i tre anni, salvo il caso dei monstra et prodigia.
Esiste una norma, arrivata mutila, che richiede una iusta causa perchè il pater possa uccidere
i figli. Ciò nonostante nelle fonti si parla spesso del diritto di vita e di morte del padre sui
sottoposti. La vitae necisque potestas è citata anche nel formulario dell’adrogatio.
All’assolutezza del poter del pater corrispondeva l’assenza dei diritti dei figli che non
potevano essere titolari di situazioni giuridiche soggettive nel campo del diritto privato,
mentre nel campo di diritto pubblico poteva essere ammessi a votare nei comizi e anche a
rivestire cariche come quella di senatore. Alle donne fu invece sempre vietata la
partecipazione agli incarichi di ordine pubblico.
Era sottoposto alla patria potestas, il figlio nato all’interno di un legittimo matrimonio (i
figli nati al di fuori del legittimo matrimonio erano più svantaggiati).
Al momento della morte del paterfamilias si estingue la patria potestas sui discendenti
diretti (muore il padre e i figli diventano sui iuris).
La patria potestas può acquistarsi anche tramite adrogatio e adoptio.
L’adrogatio è un atto molto antico che serviva a sottoporre a un paterfamilias detto
arrogante, un altro paterfamilias detto arrogato con tutte le persone e i bene che a lui
facevano capo. La rilevanza di quest’atto è mostrata dalla struttura dell’atto perchè era
necessario il voto dei comizi curiati nonché la loro convocazione da parte del pontefice
massimo. Gli effetti dell’adrogatio consistevano nel sottoporre l’adrogatio la potestas
dell’arrogante, trasformandolo da soggetto sui iuris a soggetto alieni iuris. L’arrogante
acquistava per tanto la patria potestas sull’arrogato e su tutti i suoi sottoposti. Un problema
era posto per i debiti dell’arrogato, che per via della capitis deminitio subita, si estinguevano.
Adoptio non si può trasmettere la patria potestas da un soggetto ad un altro, ma la
giurisprudenza ponteficale. Organizzò un atto detto emancipatio che permise di estinguere
la patria potestas su un figlio e renderlo sui iuris.
Con una variante dell’emancipatio, una volta estinta la patria potestas fu possibile che il
figlio venisse considerato figlio di un altro attraverso l’adoptio. Per quanto riguarda
l’emancipatio, un versetto delle XII tavole diceva “si pater fili un ter venum dubit, filium a
parte liber esto” ( se il padre vende il figlio per tre volte, il figlio sarà libero dal padre. Sulla
base di questo versetto, i pontefici suggerirono al padre che volev far uscire il figlio dalla sua
potestas, il compimento di un insieme di atti in accordo con una persona di sua fiducia. Il
padre effettuava tre mancipationes successive all’amico il quale le prime due volte
manometteva il figlio vindicta e dopo la terza lo rimancipava al padre che però non lo aveva
più (essendoci già state tre vendite) in potestate ma in mancipio e poteva manometterlo. In
seguito prima dell’ultima manomissione un terzo rivendicava il figlio come proprio e non
venendo contraddetto, grazie a un accordo dal pater, otteneva che il magistrato compisse
l’addictio nei sui confronti.
La manus:
Il paterfamilias nel periodo antico aveva la manus sulla moglie e sulle mogli dei figli. La
manus sulla moglie si differenziava dalla patria potestas perchè la moglie del paterfamilias
occupava una posizione importante nella famiglia indicata anche dal titolo di materfamilias.
Giuridicamente però la moglie in manu era alieni iuris e nelle fonti viene definita loco filiae
(come una figlia). Per la costituzione della manus erano previsti appositi atti.
Confarreatio:
Il primo il più solenne riservato ai patrizi era la confarreatio che prevedeva la pronuncia di
parole solenni e di gesti rituali da parte degli sposi nonché la presenza di dieci testimoni e la
partecipazione del flamen dialis, si offriva un pane di farro a giove farreo.
Coemptio:
La coemptio compera fittizia della moglie tramite mancipatio. La formula veniva adattata in
modo da far si che la donna non cadesse in mancipio, ma sotto la manus.
Usus:
Abbiamo poi un terzo atto costituito dall’usus, in assenza di confarreatio e coemptio, se la
donna per un anno viveva nella casa del marito attraverso l’usus si acquistava la manus. Se
però la donna si allontanava per tre notti consecutive dalla casa del marito (trinpctii
usurptio) l’usus si interrompeva.
Secondo molti autori matrimonio e manus nel periodo antico era strettamente legati. Il
Volterra però nel secolo scorso ha possto in evidenza che si tratta di entità diverse perchè il
matrimonio richiedeva il raggiungimento dell’età pubere (14 per i maschi, 12 per le donne), il
conubium e l’assenza di rapporti di parentela nonché il consenso dei coniugi. La manus era il
potere sulla donna unita in matrimonio e non spettava necessariamente al marito, ma se
questo era alieni iuris, a suo padre. Tuttavia nel periodo antico manus e matrimonio erano
strettamente compenetrati perchè la manus non poteva esisteva senza il matrimonio e il
matrimonio senza la manus nel diritto antico non aveva determinati effetti giuridici.
Nel periodo antico spesso scioglimento del matrimonio ed estinzione della manus erano
collegati. Nel caso della confarreatio era prevista la diffarreatio che scioglieva sia il
matrimonio ed estingueva la manus.