Sei sulla pagina 1di 3

LEZIONE 1 – 28/09/2023

Nel periodo dell’Alto Medioevo vi era un’idea che già circolava da tempo, cioè che il sovrano è al di sopra di
tutto. Questo concetto è stato affermato sempre più da Giustiniano. “Da questo momento in poi, il sovrano
è semi Dio”, disse proprio l’imperatore a seguito del fallimento delle rivolte del 532.

Dal punto di vista del diritto, Giustiniano ha una sincera passione per il diritto romano classico. L’imperatore
vive in Oriente (Macedonia) dove la lingua ufficiale dal punto di vista giuridico è il greco. Lui studia e
conosce anche il latino e da qui il capolavoro mastodontico del codex. Quando un sovrano cerca di bloccare
una fonte del diritto creativa che si forma dal basso, da pensieri di giuristi, si tratta di fonti distinte dalla
legge.

Quello che è dentro la legge è diritto secondo Giustiniano, quello che è fuori non esiste più, non è diritto.
Giustiniano farà il codex nel 29 e sarà rinnovato nel 34. Si accorge infatti che il codice è invecchiato, e nel 34
si rinnova e aggiorna in qualche modo il primo codice. Tra il 44 e il 54 si abbassa la qualità e quantità dei
codici giustinianei. Si dice che Giustiniano volesse fare una raccolta delle costituzioni successive al codex ma
non ci riuscì. Abbiamo delle raccolte che probabilmente nascono in Oriente ma arrivarono anche in
occidente e traducono in latino queste costituzioni giustinianee.

Il corpus iuris civilis è un mezzo che consente di tramandare le fonti ma non solo, in quanto al suo interno
troviamo il codex, le istituzioni, i gesta e le novelle (istituzioni, digesta e codice sono scritti in latino, mentre
le novelle sono scritte in parte in latino e greco). Il diritto dell’epoca medievale è veramente semplice, le
città quasi scompaiono, gli scambi sono ridotti. Il diritto formale non serve, è poco utilizzato.

Quello che accade in Occidente: Giustiniano estende la sua legislazione all’Occidente. In Occidente vi era
già il codice teodosiano, fortemente sostenuto dalla Chiesa, elemento fortemente attaccato alla tradizione.
Nel 568 arrivano in Italia i longobardi (nella parte meridionale), al centro invece vi erano i bizantini. In
questa situazione il pontefice versava nel terrore, si ritrova in una situazione in cui aveva da una parte i
longobardi e dall’altra l’imperatore d’Oriente che lo riteneva incapace di difendere la sede apostolica, e i
rapporti erano spesso tesi tra il pontefice e l’imperatore. L’imperatore toglie le immagini sacre alle Chiese,
ad esempio. Si iniziano ad imporre i dazi alle Chiese d’Oriente. I rapporti tra impero d’oriente e Chiesa
erano tesissimi, tanto che ai pontefici balena l’idea di farsi loro stessi imperatori d’Occidente.

I pontefici si rivolgono ai franchi, popolazioni germaniche, e nel 700 inizia un rapporto stretto tra la Chiesa e
i franchi, in particolare con la dinastia dei Carolingi. Il capo di questi ultimi, c.d. Pipino il Breve, strinse un
accordo con i pontefici e fece nominare i suoi figli “patrizi romani”, qualifica che generalmente veniva
riconosciuta all’esarca di Ravenna. I franchi in qualche modo vengono riconosciuti dalla Chiesa. Era come se
la Chiesa chiedesse ai franchi di riconquistare gran parte dei territori, ma sempre nel nome della Chiesa.
Sicuramente inizierà una guerra tra i franchi e i longobardi e i primi saranno i vincitori.

La notte di natale dell’800 vede Carlo Magno, figlio di Pipino il Breve, proclamato dal pontefice come
imperatore del Sacro Romano Impero. Per Carlo, l’impero che si forma era un’unione di tre corone: franchi,
longobardi ed esarcato. Rinasce in Occidente un impero che non c’era più, sacro e romano. (idea di
renovatio imperii). È l’erede della romanità e questa è l’idea che passa. Nella dinamica e linguaggio feudale,
è come se il pontefice che dà a Carlo la spada e lo incorona, rendesse Carlo vassallo della Chiesa. Carlo
accetterà di buon grado il ruolo di imperatore e incarna perfettamente la figura, pur avendo una visione
germanica. Il governo è sempre su un impero veramente grande che coinvolge gran parte dell’Occidente.
Per la prima volta si trova ad avere un impero multietnico, con più religioni che lo compongono. Carlo
affronterà la situazione e da vassallo inizierà lui stesso a controllare e proteggere la Chiesa, parteciperà a
concili, userà come strumento di uniformità la cultura, infatti nasce la prima scrittura comune (minuscola
corsiva) a tutto l’impero.
Dal punto di vista legislativo la voce dell’imperatore era già legge, ma attraverso i c.d. capitolari veniva
messa per iscritto. I capitolari si dividevano e classificavano in: (i nomi dei capitolari non si capiscono, ho
cercato su internet)

- Capitularia ecclesiastica, provvedimenti per il clero;


- Capitularia mundana, provvedimenti per i laici;
- Capitularia misso rum, istruzioni per i missi dominici;
- Capitularia legibus addita (o addenda), provvedimenti per modificare le consuetudini popolari al
potere sovrano.

Dopo la morte di Carlo Magno, l’approccio cambia specificamente nei rapporti intercorrenti tra imperatore
e Chiesa. La fazione nobiliare si insinua maggiormente, cercando di assumere rilievo. L’VIII e il IX secolo
rappresentano la fase della falsificazione ecclesiastica. Relazione molto stretta tra la formazione del diritto
canonico e la teologia. Rende vero il testo il riconoscimento da parte del pontefice e questo modo di
ragionare passa dal diritto. Le falsificazioni sono fondamentali per capire il rapporto della Chiesa con
l’imperatore e non solo.

DIRITTO MEDIEVALE: le leggi sono residuali, mentre le consuetudini stanno alla base. i rapporti che
governano questa fase storica sono di tipo feudale. I proprietari terrieri potevano divenire anche
proprietari territoriali. L’economia era essenzialmente di tipo agricolo e i rapporti piuttosto semplici, motivo
per il quale la compilazione giustinianea cade nell’oblio.

Si ragiona sulla base del criterio della “parcellizzazione”, cioè “un principio che vale per una porzione
territoriale non vale per un’altra”. Tuttavia vi sarà la nascita di consuetudini che, di converso, avranno
un’applicazione via via sempre più estensiva. Si inizia a dare una certa uniformità al diritto, anche perché
non bisogna dimenticare l’elemento comune che è la religione cristiana. Le consuetudini, dunque,
acquistano formalità per mezzo di:

1. Sentenze dei giudici


2. Atti dei notai

I notai intervengono con la firmitas (da qui il termine “firma”) e la consuetudine diventa vincolante ed
irrevocabile (ma non inattaccabile). In quest’epoca, dunque, non abbiamo giuristi ma i notai, cioè i pratici
del diritto.

FEUDO: La più importante struttura sociale, economica e politica è quella del feudo. Caratterizzerà tutto, il
prima e il dopo. Il feudo si estende formalmente fino alla rivoluzione francese, mentre dopo il 1789 vi sarà
l’estinzione delle leggi feudali. Vi sono varie tipologie di sistema feudale (russo, giapponese).

Il sovrano era prima di tutto un signore feudale, un signore territoriale. Egli divide il territorio non solo fra
gli eredi ma anche fra i primi fedeli (i vassalli, appunto). La dinamica feudale diventa centrale e coinvolge
anche aspetti istituzionali.

Il vassallo garantisce un aiuto, una prestazione indefinita nei confronti del signore feudale e in cambio
quest’ultimo assicura protezione al vassallo. Iniziano a specificarsi, con il passare del tempo, le c.d. res del
vassallo, cioè le prestazioni dello stesso. La prestazione del vassallo inizia a diventare prestazione di servizio
militare, mentre quella del signore passa dall’essere una protezione generica, prima, e un beneficium, una
protezione territoriale, poi. I rapporti che intercorrono tra sovrano e vassallo sono di tipo PERSONALE. Il
vassallo ha il potere di impedire ad altri soggetti di introdursi nel proprio feudo. Si tratta in questo caso di
funzioni pubblicistiche.

Un carattere originario c’è sempre stato, il vassallaggio nasce da un rapporto personale. Alla morte dei
soggetti il rapporto terminava perché era un rapporto personale, non poteva continuare in capo agli eredi.
Poi inizia a specializzarsi e comparire l’elemento patrimoniale, cioè il beneficium. La prestazione del signore
esiste e si specializza, il signore riconosce la terra al vassallo e quest’ultimo conferirà il servizio militare. Le
tre componenti del feudo maturo sono appunto queste:

1. Rapporto personale
2. Elemento economico/beneficium e il negare ad altri di entrare.
3. Elemento politico

Cerimonia dell’omaggium, vi sarà un giuramento di fedeltà, scambio del bacio che è un elemento cristiano
(avveniva nelle Chiese) e l’investitura (immissione nel possesso del bene). Per la consegna dei feudi
maggiori, quelli che direttamente dal sovrano passavano ai vassalli, vi era anche la consegna della spada
vassallatica. La subordinazione avveniva tramite commendatio.

il feudo entra nel linguaggio anche ecclesiastico, i preti prevedono l’omaggio feudale.

I feudi diventano ereditari, nei fatti si dice che Carlo II aveva promesso ai suoi ufficiali che i feudi sarebbero
passati ai figli. Da qui la consuetudine di rendere ereditari i feudi maggiori, cosa che per le origini era
impensabile. A poco a poco il feudo invece diventa ereditario e questo è un altro elemento fondamentale. Il
feudo è un miscuglio di elementi romanistici, germanici e religiosi/cristiani, ma non è niente di tutto questo
nello specifico perché si richiama alla commendatio o ad altre forme. Definirlo da un punto di vista formale
è complesso e si richiama un po' alla precaria ritualità romana ma non è del tutto corretto.

È usufrutto? Si avvicina, ma non è nemmeno quello. Altre fonti di diritto medievale studieranno il feudo,
l’idea delle definizioni tipiche del diritto. Si parlerà di una forma di dominium che non è più quello romano.
Più azioni possessorie sullo stesso bene, cosa inconcepibile per il diritto romano. Prende gli elementi nel
diritto romano ma è sconosciuto per loro.

Potrebbero piacerti anche