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IL FEUDALESIMO (3)

Inizio questa dispensa attraverso una citazione lunghissima che secondo me riesce a
definire in modo chiaro cosa si intende per “feudalesimo”
<<Come concetto operativo della storiografia [per “storiografia” si intende una
disciplina che si occupa del metodo attraverso il quale viene ricostruita la storia] il
termine feudalesimo indica il sistema politico sorto nella metà del secolo IX nei territori
dell’impero carolingio, giunto a maturazione nei secoli X e XI, esportato dai normanni
in Inghilterra e nell’Italia meridionale, e per un breve periodo nel Vicino Oriente in
seguito alle crociate; indica inoltre strutture politiche ed economiche analoghe diffuse in
seguito anche in Europa orientale, dalla Polonia alla Russia; infine, più in generale, il
sistema delle relazioni personali interne alla nobiltà, ma anche la natura complessiva
della società del Medioevo. Caratteri propri del feudalesimo sono, sul piano politico, la
frammentazione della sovranità in una rete complessa di poteri locali e un sistema di
dipendenze personali; sul piano economico, la signoria aristocratica sul lavoro dei
contadini tipica del sistema curtense; sul piano ideologico, la teoria dei “tre ordini”,
formulata già nel X secolo da Adalberone di Laon, sulla base delle distinzioni di status
e ceto, e la cultura cavalleresca irradiata dalle corti della Francia settentrionale e
meridionale. Entrato in crisi il feudalesimo tra i secoli XIII-XIV con il sorgere dei liberi
comuni, col fiorire dell’economia delle città e con il formarsi degli stati nazionali, le
istituzioni feudali non scomparvero però mai del tutto nella società dell’ancien régime
[con questo termine (scritto in corsivo poiché non in italiano) si intende la storia e le
istituzioni europee prima della rivoluzione francese e della rivoluzione industriale]. Il
termine feudalesimo viene spesso usato con la connotazione negativa di potere arretrato
e autoritario ereditata dal linguaggio della rivoluzione francese, che sancì con un atto
legislativo l’”abolizione della feudalità”>>1. Ora facciamo un passo indietro: il 476 d. C.
rappresenta la data simbolo della caduta dell’Impero romano d’Occidente. Questo
evento ha provocato, come facilmente immaginabile, un senso di precarietà ed
insicurezza generale, favorendo l’affermazione di altre forme di organizzazione sociale
quali il feudalesimo. Per semplificare possiamo dire che da una società (quella romana)
molto articolata e strutturata si passa a forme elementari di solidarietà ed ovviamente la
forma più elementare di solidarietà per antonomasia è quella parentale, tipica delle
popolazioni barbariche. <<Il peso della coesione familiare e parentale caratterizzava
lo stesso vincolo che generò il rapporto feudale: senior e junior, vecchio e giovane,
indicavano il signore e il suo vassallo>>2. Questo non vuol dire che ovunque da queste
premesse si è sviluppato il feudalesimo, ad esempio i longobardi che erano ancorati ai
rapporti tribali ed etnici non conobbero tale sistema di potere. Per quanto riguarda
l’Italia, infatti, fu la conquista carolingia (<<nel 774-800 si ebbe la progressiva
sostituzione dei franchi ai longobardi nelle strutture politico-amministrative del
regno>>3) a portare il sistema feudale.
A questo punto possiamo indicare il nocciolo fondamentale del feudalesimo, che è un
<<rapporto personale tra due uomini>>4. Ma che tipo di rapporto era? Prima di
andare avanti aggiungiamo che si può chiamare anche “sistema vassallatico-
beneficiario”. Il <<vassallaggio era un’antica consuetudine franca consistente nel
1
Fumagalli V., Feudalesimo, in L’Enciclopedia, vol. 8, Utet, Torino, 2003, pp. 99-103, pp. 99-100.
2
Ivi, p. 100 (il neretto è mio).
3
Italia, in Treccani storia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, 2011, vol. II, pp.
233-269, p. 237.
4
Fumagalli V., Feudalesimo, in L’Enciclopedia, vol. 8, cit., p. 100 (il neretto ed il sottolineato sono miei).
1
rapporto reciproco e personale tra il signore e i suoi “vassi” o “vassalli” (dal
termine celtico gwassalw, “servitore”). In cambio di un feudo o beneficio,
solitamente un possedimento terriero, il vassallo assicurava al signore il suo
sostegno militare>>5. Vediamo l’evoluzione storica: nel corso dell’VIII e IX secolo
nell’organizzazione militaresca dei franchi assume sempre più importanza la cavalleria,
mentre la fanteria assume un ruolo sempre più secondario. Ora facciamo mente locale
sull’equipaggiamento dei cavalieri. Questi avevano la spada, lo scudo, la lancia,
l’armatura fatta di maglie metalliche ed i cavalli, che erano selezionati per la loro
robustezza ed agilità. E’ molto semplice immaginare quanto fosse costoso. Per questo
<<diventare cavaliere comportava destinare le proprie risorse e la propria stessa
vita ai compiti della guerra e del continuo addestramento. Il servizio di cavalleria
era la principale prestazione che i re dei franchi si aspettava dai sudditi uniti a lui
nei rapporti di vassalli, ossia uomini di fiducia del sovrano. Per essere reso in
maniera adeguata il servizio richiedeva la concessione a ciascun vassallo di terre e
servi, cavalli e scuderie, quel che veniva denominato in latino beneficium e nella
lingua parlata “feudo” […]. Fra questi uomini di fiducia, il sovrano sceglieva il
gruppo più ristretto dei conti, ai quali erano affidate vere e proprie funzioni
pubbliche di comando e amministrazione>>6. Un momento di particolare importanza
era l’atto dell’omaggio, ben descritto nel manuale di De Bernardi e Guarracino, che qui
di seguito riporto. <<Base dello scambio tra feudo e servizio armato era un rituale con
caratteri sociali e religiosi detto homagium (“omaggio”, dal latino homo), l’atto di
sottomissione compiuto ponendo le mani giunte fra le mani del signore. Questo atto, che
fu presto ripreso nel gesto della preghiera cristiana, rappresentava la completa dedizione,
con cui il vassallo si consegnava al signore diventando suo “uomo”. Il rito proseguiva
con un solenne giuramento di fedeltà che si estendeva anche al di fuori del campo
militare. Il tutto avveniva spesso alla presenza di simboli religiosi che dovevano rendere
più solenne la cerimonia. L’omaggio comportava riconoscere la superiorità del signore e
perciò istituiva un rapporto asimmetrico. Non mancava però un aspetto paritario e
contrattuale, perché il signore non soltanto consegnava il feudo, ma a sua volta si
impegnava a proteggere il vassallo. Con l’abbraccio e il bacio simbolico, i due soggetti
riconoscevano di avere entrambi dei doveri, la cui violazione rendeva colpevoli di
“fellonia” o tradimento>>7. Nel X secolo verrà a mancare il carattere esclusivo dei
vassalli nei confronti del sovrano e viene ammesso il vassallaggio multiplo, cioè si
poteva prestare giuramento a più signori. Inoltre i vassalli presero l’abitudine di dare
in omaggio una parte dei loro benefici creandosi a loro volta una rete di fedeli armati che
erano, quindi, i valvassori. Praticamente i valvassori sono i vassalli dei vassalli. In
questo modo, <<alla fine del X secolo si stava generalizzando un modello di società
di signori, vassalli e valvassori, tutti dotati di un seguito più o meno vasto di
semplici cavalieri direttamente equipaggiati e nutriti dal loro signore>>8.
In seguito affronteremo in modo adeguato l’argomento dell’”economia curtense”. Per
adesso anticipiamo che un suo elemento essenziale era la corvée, cioè una prestazione di
lavoro obbligatoria e gratuita che gravava sui contadini. Si tratta, con tutta evidenza, di
5
Giardina A., Sabbatucci G. e Vidotto V., Guida alla Storia, vol. 1 Dalla crisi del trecento al Seicento, Laterza, Roma-
Bari, 2008 (IV ed., I ed. 1995), p. 4 (il neretto ed il sottolineato sono miei).
6
De Bernardi A. e Guarracino S., La realtà del passato, vol 1, Dal Medioevo al Seicento, Pearson Italia, Milano-
Torino, 2014, p. 9 (il neretto è quasi tutto mio).
7
Ibidem.
8
Ivi, p. 10 (il neretto è mio).
2
uno strumento di dominio che esercitava il signore. Da fenomeno prettamente
economico, col tempo assume anche dei caratteri politici. La signoria fondiaria
(potere economico del signore sulla terra, con connesse corvée) in genere si
trasforma in signoria territoriale o bannale che comportava una estensione del
potere al di fuori dell’area curtense e del contesto economico. Come prima cosa è
necessario, quindi, delineare con esattezza i significati di “signoria”. Innanzitutto con il
termine Signoria gli storici intendono due fenomeni distinti: da una parte un potere
locale sorto nelle campagne (siamo, orientativamente, nel X e XI secolo); dall’altra parte
una forma di governo personale che si afferma in molti comuni italiani nel XIII secolo.
A noi ora interessa il primo senso. In questo caso dobbiamo distinguere, come
abbiamo visto, tra la signoria fondiaria (o domestica) e la signoria bannale o
territoriale. La signoria fondiaria <<consiste nel potere del grande proprietario
fondiario sulle proprie terre e sugli uomini che le lavorano, che siano essi liberi o servi, i
quali sono tenuti alla prestazione di opera, a pagamenti in natura e talvolta, nelle signorie
maggiori, anche a essere giudicati dal signore. La signoria bannale, o di banno,
oppure territoriale, rappresenta invece lo sviluppo dei poteri del signore oltre
l’area delle terre di proprietà e il gruppo di chi le lavora, su un territorio dunque
non limitato al patrimonio fondiario, che coinvolge contadini indipendenti e coloni
di altri signori. Tale sviluppo configura il signore non più come semplice
proprietario fondiario, ma come detentore di un potere pubblico di costrizione (il
banno, appunto) che si manifesta in forma di diritto di imposizione fiscale, di
esercizio della giustizia, di reclutamento militare e di controllo della violenza
legittima>>9. Il passaggio dalla signoria fondiaria alla signoria territoriale (o di
banno) nasce dall’iniziativa autonoma dei signori locali, poi, in un secondo
momento, ottiene il riconoscimento ufficiale. L’affermazione di questa forma di potere
(mi riferisco alla signoria territoriale) ci permette di fare una prima riflessione
interessante sull’immagine inesatta che spesso abbiamo di feudalesimo. In passato gli
storici tendevano a semplificare il mondo feudale attraverso la famosa immagine della
piramide feudale. Al vertice c’era il re, che aveva i suoi vassalli, i quali a sua volta
avevano i loro valvassori, i quali a loro volta avevano i loro valvassini, poi alla base
c’erano i contadini. Per essere più precisi riporto la piramide feudale così come ancora
negli anni Novanta viene descritta dal docente universitario Ludovico Gatto. <<La
società costituitasi con Carlo Magno è stata paragonata a una piramide. Al vertice c’era
l’imperatore; i conti i marchesi, i vescovi e i nobili divennero grandi vassalli: essi
subinfeudarono parte di loro fondi ad altri chiamati valvassori. Questi, a loro volta, li
affidarono in parte ai valvassini. Alla base della scala sociale vi erano i cavalieri o
milites, di famiglia spesso feudale, ma senza feudo. Al di sotto ancora si trovavano i
liberi residenti in città, dediti al commercio, o all’artigianato, alle professioni liberali. I
suddetti liberi furono non di rado, specialmente in Italia del nord, proprietari di terreni
rimasti di loro proprietà detti allodi, ossia beni non feudali. […] Infine si trovavano il
clero, i coloni e, sotto a tutti, vennero collocati i servi della gleba, oltre ai quali rimase un
buon numero di veri e propri schiavi a cui […] il cristianesimo aveva reso meno gravosa
la vita ma non aveva totalmente mutato lo stato giuridico>>10. Quindi schematicamente:

9
Signoria, in Treccani storia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, 2011, vol III, pp.
440-441, p. 440 (il neretto e la sottolineatura sono miei).
10
Gatto L., Media aetas. Medio evo. Moyenage. Middle ages. Mittelalter. Edad media, Monduzzi Editore, Bologna,
1998, pp. 139-140.
3
Re

Conti, marchesi, vescovi,


VASSSALLI
nobili

QUESTO SCHEMA E’ UNA VALVASSORI


SEMPLIFICAZIONE CHE NON
CORRISPONDE ALLA REALTA’, CHE VALVASSINI
ERA PIU’ COMPLICATA!!!!!!
CAVALIERI SENZA FEUDO
Città: commercio o artigianato
Campagna: proprietari di allodi (beni non feudali)
LIBERI

BASSO CLERO E COLONI (contadini)

SERVI DELLA GLEBA; SCHIAVI

All’interno di questo schema interpretativo il potere aveva sempre una direzione:


dall’alto verso il basso ed era sempre associato al beneficio (concessione delle terre). In
altre parole: il re cedeva attraverso l’omaggio ai propri vassalli un territorio concedendo
contemporaneamente un potere anche di natura politica ai vassalli su quel territorio. I
vassalli a loro volta davano in qualità di feudo una parte del loro territorio cedendo il
potere su quel territorio e lo stesso i valvassori verso i valvassini. Il passaggio dalla
signoria fondiaria a quella territoriale mette in discussione l’universalità di questo
schema: in alcuni casi l’attribuzione di potere su un territorio non era avvenuta
all’interno del sistema di potere tipicamente feudale (vassallatico-beneficiario) ma
come iniziativa autonoma del proprietario di grandi fondi. <<Con il passaggio dalla
signoria fondiaria a quella territoriale si misero le basi, pur se incomplete, di un
sistema politico – quello appunto denominato feudale – caratterizzato dalla
disgregazione del potere, detenuto da una molteplicità di signori feudali. In
sostanza, signoria (in quanto dominio fondiario) e feudalesimo (in quanto tipo di
organizzazione del potere, fondata sulla signoria bannale, ma che non si esaurisce
in essa, perché implica anche una fitta rete di rapporti personali di fedeltà) sono
quindi due fenomeni certamente connessi, ma nello stesso tempo distinti, che non
possono essere semplicisticamente sovrapposti e identificati>>11. Inoltre <<cruciale
fu la diffusione del cosiddetto feudo oblato, risultante dalla pratica di cedere a un
potere sovrano beni allodiali [un bene allodiale era un bene di proprietà, non
feudale, quindi senza vincoli], per riceverli poi di nuovo sotto forma di feudo, allo
scopo di dare legittimità a poteri sviluppatisi su una base esclusivamente di
fatto>>12. Per essere sicuro che il concetto sia chiaro, riporto la definizione di feudo
oblato, <<detto anche retrofeudo. Nel Medioevo era l’atto con cui una persona
cedeva beni o diritti di sua proprietà ad altri soggetti (persone fisiche o enti),
riottenendoli sotto forma di beneficio feudale. Per tutto il basso Medioevo [per
convenzione il basso medioevo va dal 1000 alla fine del medioevo] fu un fondamentale
11
Fumagalli V., Feudalesimo, in L’Enciclopedia, vol. 8, cit., p. 101 (il neretto è mio).
?
Ivi, p. 100 (il neretto è mio).
12
Feudalesimo, in Enciclopedia on line della Treccani, scaricabile da http://www.treccani.it/enciclopedia/feudalesimo/
(il neretto è mio)
4
strumento giuridico, attraverso cui il territorio si organizzava in forma gerarchica,
senza che tuttavia fossero intaccate le autonomie preesistenti>>13. Quindi,
<<sarebbe un errore immaginare il sistema feudale come una piramide compatta,
dove tutto era levigato e ogni pietra occupava un posto preciso. I legami di
vassallaggio erano forti e solitamente rispettati, ma non rappresentavano una rete
di relazioni precise e stabili. Le entità territoriali su cui i signori esercitavano il loro
potere erano spesso cellule dai contorni sfuggenti e mutevoli, disposte l’una dentro
l’altra in un groviglio intricato di relazioni non di rado vaghe e mal definite. C’era
il caso di vassalli che dipendevano da più signori (fino a diverse decine), oppure di
feudi inglobati in un territorio più vasto senza che tra i rispettivi signori ci fossero
rapporti di vassallaggio. C’erano inoltre signori che possedevano terre e servi in
zone sottoposte al controllo militare di un altro signore; c’era anche il caso di re da
cui dipendevano centinaia di vassalli ma che a loro volta occupavano alcuni
territori in qualità di vassalli di un altro re, e così via. La situazione era complicata
dal fatto che la signoria poteva essere esercitata anche da individui appartenenti
alla gerarchia ecclesiastica, come gli abati e i vescovi. Il risultato era un sistema
molto più fluido di quanto saremmo portati a immaginare>>14. Per concludere,
riporto un brano di Giovanni Vitolo, uno dei più autorevoli medievisti italiani, che così
sintetizza la situazione: <<il risultato della diffusione delle istituzioni vassallatico-
beneficiarie e della perdita del loro spirito originario, unitamente al prorompere
spontaneo di poteri locali sotto la spinta sia di bisogni di difesa sia della volontà di
dominio di alcune famiglie, era il formarsi di una rete molto intricata di rapporti politici:
rete, quindi, diversa dall’immagine tradizionale di una società feudale a forma di
piramide, guidata da un ceto dirigente in cui ognuno era vassallo di qualcuno e signore
di un altro, fino a raggiungere i vertici della piramide rappresentato dal re. A qualcosa
del genere si arriverà più tardi, tra XI e XII secolo, quando […] attraverso un’ulteriore
diffusione dei rapporti feudali si tenterà di mettere ordine nella selva di poteri locali
formatisi nel X secolo. Allora invece la situazione era quella di un’estrema
frantumazione politica: gli unici organismi a più vasto raggio che riuscivano a
mantenersi in piedi, sia pur attraverso continui cambiamenti di territorio, erano quei
complessi feudali più o meno grandi, che facevano capo a principi territoriali, il cui
potere si configurava in maniera non diversa da quello dei re. Non a caso le fonti del
tempo li definivano regna>>15.
Ora torniamo ai franchi: i conti (principali collaboratori del re che amministravano le
contee, cioè una grande ripartizione territoriale) avevano prestato giuramento di fedeltà
al re, ma erano figure distinte dai vassalli dotati di un feudo. <<Essi [i conti] erano
titolari di poteri pubblici e la contea non era un feudo ma la circoscrizione territoriale in
cui si esercitavano questi poteri>>16. In origine (parliamo della fine dell’VIII secolo)
la funzione di ”conte” era strettamente personale, ma già nell’877 Carlo il Calvo
con il capitolare di Quierzy-sur-Oise ne garantiva la discendenza agli eredi. Con
questo capitolare si rendevano ereditari anche i feudi maggiori (quelli dei vassalli).
Nel 1037, con la Constitutio de feudis emanato da Corrado di Franconia (imperatore
13
Feudo oblato, in dizionario on line Simone, scaricabile da http://www.simone.it/newdiz/newdiz.php?
action=view&dizionario=2&id=547 (il neretto è mio).
14
Giardina A., Sabbatucci G. e Vidotto V., Guida alla Storia, vol. 1 Dalla crisi del trecento al Seicento, cit., p. 4 (il
neretto è mio).
15
Vitolo G., Medioevo. I caratteri originali di un’età di transizione, Sansoni, Milano, 2000, p. 157.
16
De Bernardi A. e Guarracino S., La realtà del passato, vol 1, Dal Medioevo al Seicento, cit., p. 10.
5
e re d’Italia) si riconosce anche l’ereditarietà dei feudi minori, cioè quelli dei
valvassori. Come si può facilmente immaginare, tutto va nella direzione della
frammentazione del potere. A questo proposito bisogna aggiungere che <<nel X secolo
l’Europa si ricoprì di castelli, fortificazioni composte da un edificio centrale e da una
torre e difese da un recinto o da un bastione in terra battuta>> 17. Stiamo parlando,
evidentemente, dell’incastellamento: <<fenomeno di fortificazione dei villaggi
attuato, tra i secc. 9° e 12° in Europa occidentale, da signori laici ed ecclesiastici con
o senza l’autorizzazione del potere pubblico>> 18. Questi castelli (che modificano il
paesaggio di molte zone dell’Europa e dell’Italia) nascono come forma di protezione
dalle incursioni normanne, ungare e saracene, ma poi il fenomeno si intensifica quando
ormai quel pericolo era alle spalle. Queste strutture venivano costruite sia con il
permesso formale di chi deteneva il potere politico (ad esempio il conte) sia come pura
iniziativa personale del capo militare, vassallo, grande proprietario terriero o una autorità
ecclesiastica come un vescovo o un abate. Questi castelli sono contemporaneamente un
argine all’anarchia e disordine ma anche (molto spesso) il simbolo della prepotenza e
dell’oppressione verso i villaggi contadini.
Ovviamente va aggiunto che <<la nascita del comune, in particolare in Italia,
opponeva ai rapporti feudali un’organizzazione, sostanzialmente associazionistica,
diversa e contraria. Fu allora che più fortemente il signore feudale sentì la necessità di
una sanzione superiore al suo potere: la monarchia, salita nel potere e nel prestigio,
rappresentava un valido interlocutore>>19. Inoltre <<in Italia, nel periodo
dell’affermazione dei comuni, il signore feudale di molte famiglie nobiliari fu proprio il
comune stesso>>20.
Abbiamo visto l’ascesa dei vassalli e dei signori bannali. Da un punto di vista culturale e
sociale questa ascesa è espressa dal ruolo di prestigio assunto dai cavalieri. Questi sono
consapevoli di appartenere ad una aristocrazia prestigiosa (ci si entrava tramite un rito
che all’inizio era di natura pagana) e quindi si attribuirono il possesso della nobiltà. In
origine <<il mondo di valori dei cavalieri comportava l’esaltazione della forza, il
disprezzo per i deboli e una radicata propensione alle contese violente. Già dai primi
decenni successivi all’anno 1000 la chiesa cerca di contenere i cavalieri convogliando la
loro aggressività per la difesa della chiesa stessa e secondariamente dei deboli. Con
questo la chiesa non intendeva sovvertire la natura della società feudale: la teoria dei tre
ordini nasce proprio al suo interno. I cavalieri (i bellatores) venivano consacrati da un
vescovo e non avrebbero più dovuto sopraffare i contadini (i laboratores). Questi ultimi,
dal canto loro, dovevano lavorare con umiltà ed obbedire ai due ordini superiori: i
bellatores e gli oratores (gli ecclesiastici, che erano al vertice dei tre ordini). In realtà è
solo col XII secolo che l’influenza della chiesa riesce ad essere interiorizzata dai
cavalieri i quali avrebbero dovuto difendere il clero, le donne e i deboli. In effetti questo
passaggio si può notare anche nella letteratura: i primi romanzi cavallereschi avevano
privilegiato la violenza e la temerarietà, in un secondo momento, invece, la figura del
cavaliere lotta contro il male, protegge gli inermi e sostiene la chiesa. Anche la figura
della donna muta [cambia]: viene idealizzata, fatto oggetto di un amore “cortese”.

17
Ibidem.
18
Incastellamento, in Treccani storia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, 2011,
vol. II, p. 177.
19
Fumagalli V., Feudalesimo, in L’Enciclopedia, vol. 8, cit., p. 102 (il neretto è mio).
20
Ivi, p. 103.
6
Questo passaggio dal combattente valoroso e brutale al difensore della fede si può
trovare nel ciclo di re Artù: cinque romanzi in versi scritti tra il 1160 ed il 1190>>21.

BIBLIOGRAFIA
De Bernardi A. e Guarracino S., La realtà del passato, vol 1, Dal Medioevo al Seicento,
Pearson Italia, Milano-Torino, 2014.
Feudalesimo, in Enciclopedia on line della Treccani, scaricabile da
http://www.treccani.it/enciclopedia/feudalesimo/
Feudo oblato, in dizionario on line Simone, scaricabile da
http://www.simone.it/newdiz/newdiz.php?action=view&dizionario=2&id=547
Fumagalli V., Feudalesimo, in L’Enciclopedia, vol. 8, Utet, Torino, 2003, pp. 99-103.
Gatto L., Media aetas. Medio evo. Moyenage. Middle ages. Mittelalter. Edad media,
Monduzzi Editore, Bologna, 1998.
Giardina A., Sabbatucci G. e Vidotto V., Guida alla Storia, vol. 1 Dalla crisi del
trecento al Seicento, Laterza, Roma-Bari, 2008 (IV ed., I ed. 1995).
Incastellamento, in Treccani storia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da
Giovanni Treccani, Roma, 2011, vol. II, p. 177.
Italia, in Treccani storia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni
Treccani, Roma, 2011, vol. II, pp. 233-269.
Signoria, in Treccani storia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni
Treccani, Roma, 2011, vol III, pp. 440-441.
Vitolo G., Medioevo. I caratteri originali di un’età di transizione, Sansoni, Milano,
2000.

21
Cfr. De Bernardi A. e Guarracino S., La realtà del passato, vol 1, Dal Medioevo al Seicento, cit., pp. 14-15.
7

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