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OPERE

DI

PROCOPIO
DI C E S A R E A

MILANO
TIPI DI FRANCESCO SONZOGTUO q .m GIO. BATT/ Stradone a S. Ambrogio , num. q^35

1828,

INDICAZIONE
DI QUANTO CONTIENE IL PRESENTE VOLUME.

I. Avviso delP Editore. IL Lettera del cav. Compagnoni al sig. avvocato Fran cesco Giovannardi, che serve di prefazione al vol garizzamento della Storia Segreta di Procopio. III. Storia Segreta di Procopio. IV. Note alla medesima. V. Appendice alle note. VI. Indice alla Storia Segreta. VII. Gli Edifzii delP imperatore Giustiniano in libri sei. VUL Indice asei libri degli Edifzii.

Giustiniano . . . . T e o d o r a ................... Giustiniano colla sua corte Tempio di S* Sofa . .

pag. &9 y > IOI 226 3 a3

L E D I T O R E

L importanza, della famosa Istoria Se greta di Procopio pienamente d i mostrata nella Prefazione, che.ilchia-t rissimo Volgarizzatore della medesima ha qui premessa: importanza, di cui senza dubbio partecipa la traduzione e pubblicazione di essa. Essendo poi quella Storia Segreta il compimento di quanto appartiene ai fatti avvenuti nell Imperio romano regnando Giusti niano Augusto, dal gravissimo e dili gentissimo Scrittore trattati negli otto libri, che delle guerre, persiana, vandalica, e gotica, egli ha lasciati;
Paocopio. a

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potr essa a quelli ottimamente es sere aggiunta, come libro IX, sicco me di fatto essa n , ove, dandomi Iddio il suo aiuto, mavvenga, come spero, di pubblicarli. E perch a quel miglior tempo la edizione degli otto libri delle guerre a questo collegata non soffra incongruente interposizio ne, ho avuta la precauzione di ag giungere in questo volume i sei libri degli Edifzii di Giustiniano scrtti. da Procopio medesimo , i quali manife stamente fanno corpo da.s; cos che nella compiuta edizione delle opere di quellAutore non debbono avere altro posto che quello che qui io as segno ad essi. Del merito intanto di questi libri non istando bene a me ragionare, a conforto di chi non sia ancora ver sato negli studii di questo genere, poich il volgarizzamento loro non accompagnato da prefazione od il lustrazione alcuna, .mi prendo Ja li*

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berta di qui riferire uno squarcio di lettera dell illustre volgarizzatore della Storia Segreta, tanto pi che contiene qualche schiarimento na scente dal confronto delle due Ope re. Egli si esprime di questa ma niera. I dotti uomini che le opere de gli antichi scrittori dopo la fatale rovina delle lettele diligentemente rac colsero; che le ridussero a buona le zione, e a comodo degli studiosi eoa somma cura, se greci, in latina lin gua traslatarono, giustamente ne ri levarono i pregi ben pi che oggigiorno facciasi dalla maggior parte de nostri letterati. E perci, se tale il pensier vostro, sig. Sonzogno, di aggiungere alla edizione della Sto ria Segreta di Procopio i sei libri di lui concernenti gli Edifzii di Giu stiniano , opera che quel Valentuomo scrisse ad istanza dellImperadore me desimo; io non dubito punto che non

Vili

siate per fare bella ed utile cosa. baster qui rispetto ad essa .ricordare quanto ne dissero il dottissimo Maltret nel su Avviso al lettore pre messo alla edizione s del testo, che della traduzione latina, da lui fatta in Parigi 1 anno 1663. Preparati ( die egli al lettore ) a lungo viag gio, che ti si presenta da scorrere tutto quanto fu lungo e larg lOrbe romano sotto il regno di Giustiniano Augusto, se ne eccettui lItalia, Ecco che te n guida Procopio. Dapper tutto tu incontrerai gli Edifzii di quell' Imperadore, da questo scrit tor diligente tanto rassicurati, che non pioggia discioglitrice, non fu< c ror di aquilone pu distruggerli; n pli rovesciarli qualunque siasi serie innumerabile danni, e corso di tempi. Per Io che vedrai quanto contra la Vetust possano le lette le re: perciocch meglio stanno e con* servansi ne libri, di quello chefac-

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ciansi ne luoghi ove pur farono con saldissime opere un, giorno co* struttici portici, i tempii,, i pa lazzi, i bagni, i ponti, le castel* k la , le citt, le colonne, e tante altre fabbriche di reale potenza. Altrove queste o giacciono misera te mente mutilate, e sono affatto pe* rite sicch non se ne vede vesti gio: ma qui conservano e nome, e sito, e forma. Vero che qualche volta paruto che il tempo abbia fatto sparire anche gli scritti che tali cose riferivano: ma egli vero altres che dopo essere questi stati coperti dalla polvere de tempi, a poco a poco vennero fuori, come succede di quegli archi trionfali, i quali dopo essere stati per lungo tratto di anni sepolti in terra, in. k fine a mano a mano si discopro* n o ; e mentre da principio inco minciando ad apparire il vertice ..dellarcata, si potrebbe credere di

non avere a vedere ch il ricovero di qualche cadavere, poi toltone via il terreno sorge maestoso Fantico monumento, e tutti ne ammirano la solidit, la grandezza e la magnificenza. Di questa maniera questi libri degli Edifzii, pri* mieramente pubblicati in Basilea ^ poscia a Parigi cento venti anni sono, incominciarono a far vedere, dir cosi , alcuna parte di loro cima; indi per opera di Davide Eschelio pi ampii del doppio presentaxonsi ; ed pra io li d interi, eccetto che ih due passi , o v riinasta piccola lacuna. Cos quel Valentuomo, il quale in appresso accenna di che mezzi si fosse aiutato per la sua bella edizio ne, che io veggo essersi giustamente seguita da ch i, signor Sonzogno, vi ha somministrato il volgarizzamento, che intendete aggiungere alla Storia Segreta. Non ha il Mltret stimato

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necessario discendere a particolarit per far sentire il pregio di questi li bri, perciocch chiarissimamente per loro stessi lo dimostrano a chiun-i que li legga. Imperciocch, se io non minganno, una gran parte svolgono della geografia dellImperio romano al tempo in cui Procopio scriveva; e molta luce spandono. sulla storia , che per diversi, rispetti- rimarrebbesi oscura senza laiuto ehessi prestano. Egli per questo titolo singolarmente chessi diventano importanti: per noi. a Ma nel comunicarmi s grazio samente e la idea vostra, e questo volgarizzamento degli Edifzii, mi ave te data occasione di fare parecchie considerazioni, due delle quali qui brevemente indicher. La prima, si che, come nella mia Prefazione alla Storia Segreta dissi, molti passi per brevit omettere io in prova della religione di Procopio, in questi libri degli Edifzii pu ognuno;incontrarne

xn esuberantemente, i quali non sareb bero mai caduti dalla penna di chi non avesse professata' la religione cri stiana. ortodossa. E ci pienamente dimostra i delirii calunniosi di chi contra la verit ha preteso di levare a Procopio la fede circa quanto egli scriss in quell opera. Ma la seconda mia considerazione di diverso ca rattere. Procopio in questi libri degli Edifzii pubblicamente e ripetutamente esalta, ove la piet religiosa di Giu stiniano in edificare, o ristaurare ed ornare tanti tempii e monasteri!, ove la sollecitudine sua in assicurare lim perio romano contra le nazioni ne miche con tante costruzioni di mura, di torri, di castella, e di citt, e con tante fortificazioni di ogni ge nere, ove di provvedere con paterna cura ai bisogni desuoi popoli con acquidotti, con fontane, con ponti, con istrade, e portici, e porti, e moli d innegabile utilit pubblica:

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Perloch stando a quanto qui lgge* si, ben altro uomo ili quell imperador si vede da quello che vien dm scritto nella Storia Segreta, ed altro spirito in chi scrisse questa, con frontato all apparente Spirito di chi scrisse i libri degli Edifzii. Ma non rimarr esitante sulla sostanza della verit se non chi per avventura leg ga queste due Opere senza troppa attenzione alle diverse circostanze >che ne costituiscono il carttere. Quando Procpio ne libri degli Edifzii ri feriva le varie pere da Giustiniano ordinate e fatte eseguire, diceva il vero; e diceva pur vero quando le supponeva dirette le une a piet, le altre a buon governo, perch ad en trambi questi fini sse erano mate* rialmente destinate di loro natura: quindi spontanea offerivasi sotto l penna dello scrittore lallusione. Se non che potrebbes anche aggiungere verificato in lui quanto Si conget*

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turato di Plinio a proposito di sud famoso Panegirico a Traiamo. E sic come di Plinio si detto che tante virt, attribu a Traiano per fargli sentire la necessit che quell imperadore aveadi possederle; e quel suo Panegirico, se non era una finissi ma satira, era per lo meno un sa pientissimo sforzo diretto a correggere il principe di tale maniera lodato; cos ad altro pi giusto senso voglionsi interpretate lespressioni di Procopio, le quali altrimenti prese alla lettera parrebbero presentare ci che verrebbe smentito dalla Storia Segreta. E che lode infatti mai quella di empiere di Chiese di Monasterii senza bi sogno, e con immensa profusione di: spese, lImperio romano, quando per queste a generale povert riducevansi i cittadini di tutte le classi ; quando per avere di che far tante e si disor bitanti spese, di fraudi, di spogliamenti, di confiscazioni, di concus-

sioni, di monopoli!, si empirono la ca pitale, e le provincie? Che era il forti ficar tanti luoghi, il mettere tanti presidii, quando o queluoghi si lasciavano poi sguerniti, o quepresidii si abbando navano a s medesimi senza provvigio ni e senza stipendio? N per rilevare codeste contraddizioni era gi upo , che chi leggeva i libri degli Edifzii sapesse ci che narravasi nella Storia Segreta, perch fu ben segreta quella Storia inquanto non si pubblic come le altre che Procopio scrisse; ma non erano segrete le cose in essa conte nute: che anzi a tutti quei che vi vevano allora, eran notissime. Perci Procopio, mentre nei libri degli Edi fzii non mancava alla verit riferen do ci che Giustiniano avea fatto, apeva ottimamente il giusto giudizio che doveano fame tutti quelli, che li avrebbero letti. Diciamo adunque che il complesso di tante cose ope rate, e la conformit de fini, a cui

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tutte erano dirette, avrebbero potuto formare argomento di onore a 'Gistintane; ma che le singole, alle quali il debito fine non corrispondeva, ne formavano un giusto argomento di colpa.Procopio adunque, che cosuoi libri sugli Edifzii non poteva trarre in inganno i. contemporanei, senza la Storia Segreta con que libri avreb be affidata al tempo una fraude de testabile anche riferendo fatti veris simi; e molto sarebbesi pregiudicato nella opinione de posteri, che dalle testificazioni d altri scrittori, o con tempornei , o vivuti nel tempo im mediatamente susseguito, non avreb bero mancato di averlo sospetto. Colla Storia Segreta adunque mise nel suo vero lume la verit pier l eminente oggetto, che la storia si propone,, il quale non solamente di comuni care ai posteri ci che si fatto, ma inoltre distruirli del come e del perch si fatto. Laonde vanit e

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dissipatone d un canto, astuzie e crudelt dallaltro; e avarizia, e spen sieratezza in aggiunta, e contraddir zione perpetua nella intera ammini strazione;, questo ci che dalla Jben attenta lettura di queste due opere di ProcQpio risulta. Se 1 una riferi sce fatti , che ben combinati coi retti fini sarebbero laudevoli; laltra pre sta. la chiave per vederli nel' loro na* turale e giusto valore. Ond che io penso, e meco penseranno tutti quelli che abbandonando le prevenzini ri- guardano alla sostanza delle cose; che lopera degli, Edifzii lungi dallindebolire la, fede alla Storia Segreta, mi rabilmente viene a confermarla. Adunque io sinceramente lodo il pensier vostro, signor Sonzogno, di aggiungere, siccome divisate di fare, alla Storia Segreta volgarizzata da me, ,i sei libri degli Edifzii, per ciocch non credo esservi timore di vedere da quest ultima Opera di lui

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turbato per nulla il giudizio che in torno al carattere di Giustiniano, e agli atti del suo governo sul fonda mento dell altra ognuno tratto a formare ec. Fin qui egli. Dopo di che, pieno di fiducia nella benevolenza de miei associati metto fuori francamente questo volume , te nendomi per assoluto presso loro di quanto potesse attribuirsi alla parti colare sua. condizione ; e contando fermamente che della irregolarit stes sa, a cui le circostanze mhanno condotto, per la qualit degli argo menti in esso trattati, volentieri ap profitteranno con ispeziale diletto.

DELLA

STORI A SEGRETA
DI

PROCOPIQ.

L E T T E R A DEL CAV. COMPAGNONI


AL SIG. AVVOCATO

FRANCESCO GIOVANNARDI
i OI A
PRESIDENTE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA. IN BOLOGNA

CHE SERVE DI PREFAZIONE


AL VOLGARIZZAMENTO

DELLA STORIA SEGRETA DI PROCOPIO

N o i siam giunti ornai, mio buon Amico, a tal parte della et nostra, che potendo da un giorno all altro essere tratti col donde non pi si ritorna, sta bene che nella distanza de luoghi, in cui le combinazioni umane ci han posti, per ultima consolazione pensiamo a congedarci con lettera, noi potendo far di presenza con mutuo abbracciamento. Anche cos possiam con fermarci e ricordare con egual senso L antico affetto che fino dai nostri primi anni ci congiunse. Or questo ci che oggi mi venuto in animo di eseguire, giacch V anticipar quest officio mi crea dolcissimo piacere in cuore, e laverlo protratto potrebbe esporci rincresciP r QCOPIO. x

limperador Giustiniano, in quel libro leggevasi. Siuo a quellepoca stava per esso lui la voce delle tante citt, provinole e regni, cbe in addietro dominati dallImpe rioromano e poscia perduti, da lui colla forza delle armi erano stati ricuperati. N di altro parlavasi cbe delle molte Nazioni barbare innanzi a lui s potente mente funeste all Imperio, e da lui per somma ventura o distrutte affatto, o represse, o condotte ad utile al leanza. Per lo cbe veniva senza difficolt paragonato agli antichi pi gloriosi Imperadori, come quegli ap punto che, mentre le romane cose da Costantino in poi venute erano ognor pi declinando, parve sorto.frat tanto a felicemente raffermarle. ggiungevasi poi che per le Costituzioni da lui pubblicate ^ per le leggi degli antecedenti Imperadori d ordine suo compilate in un Codice, pei Besponsi degli antichi Giureconsulti, nume rosissimi, sparsi, e difformi, per cura sua raccolti, e con industriosa brevit renduti facili agli studiosi, e final mente per le sue Istituzioni su quei monumenti dettate, un titolo singolarissimo erasi in favore di lui creato, come di benemerenza universale, cos ancora di speziale e propria gloria : sicch quanta sapienza, giustizia, e santit in quelle opere ammirabili traluceva, tutte nel nome suo concentravansi, sopra quello di ogni passato Cesare fatto s chiaro e distinto, che nulla.pi che della sapienza di Giustiniano , e della giustizia e santit sua

parlavasi, argomentate queste virt dalle leggi 9 chegli avea promulgate. E i Giureconsulti. massimamente , i quali nella intelligenza, illustrazione, e predicazione di quelle messo aveano lunghi e faticosi studii, e da tali studii ripromettevansi onori, dignit, ricchezze , natu ralmente erano condotti a sostenerne per proprio inte resse , e a propagarne la riputazine. E che lunghi prloquii non ci facevano sulle glorie di Giustiniano i no stri Maestri dichiarandocene le Istituzioni ? dunque facile il comprendere come tanta massa di riprovevoli' cose in questo IX libro di Proeopio espo ste rispetto alla condotta di Giustiniano non poteva ottenere pronta persuasione a fronte di una generale prevenzione sopra s notabili considerazioni formata y e d s lungo tempo radicata negli animi. Ch da una parte, se alcuni meno onorevoli particolari intorno ai fatti di quellImperadore sapeansi, questi presso le menti dei pi rimanevano coperti dalla luce splendidissima delle grandi imprese accennate ; e dall altra parte a tutti noto crnei pi degli Storici, o a Giustiniano con temporanei, o poco dopo lui fioriti, quando VAle manno pubblic il IX libro delle Storie di Proeopio o non conoscevansi gran fatto, o non venivano letti$ per ciocch nella restaurazione delle lettere solamente a gradi a gradi gli antichi codici si andaron trovando, e per le cure laboriose, quale di uno, quale di altro in-

vestigatore vennero ripuliti, e messi in luce. Laonde non meravigliar se 1 molti in Europi) che tante belle cose di Giustiniano credevano, al s diverso carattere cbe di Ini esponeva Procopio , stato negli otto antece denti libri espositore delle politiche sue imprese, turbaronsi, siccome di fatto avvenne. Ed una particolarit tutta propria di questo IX libro di Procopio concorre a far vedere come il suo nuovo apparire colpir dovea in singoiar modo le menti degli uomini di lettere. LAutore, che lo intitol Storia segreta, avendolo scritto, comegli dichiara, in supplemento di quanto avea dovuto per propria sicurezza tacere nei libri antecedenti, prese s giuste misure per occultarlo, che chiaramente apparisce come anche dopo la morte di lui dov rimanere veramente segretissimo. Impercioc ch in nissun MS. che contenesse gli altri otto libri delle' sue Storie , si trovato congiunto ai medesimi : il che prova che non pot facilmente venire alle mani di tanti copisti, i quali pel corso di settecento anni anda rono moltiplicando gli esemplari dei primi otto. Era esso dunque stato custodito separatamente, e passato' in pochissime mani. La qual cosa s manifesta, che veggiamo da Fozio non essere punto rammemorato, nentr egli parl de primi otto libri} e Niceforo di Cal listo , scrittore diligentissimo, non ne avea fatta men zione che sullaltrui fede, giacch parlandone egli non

ne riferisce esattamente n 1 argomento, n il titolo. Svida fu il solo, che dopo parecchi secoli avendolo avu to sott occhio, ne facesse menzione esatta, e ne trasciivesse una parte nei suoi Collettami. Sulla fede appunto dr Strda gli amatori debuoni stu dii incominciarono le ricerche di questo libro5 e per mol to tempo non altro seppesi, se non che GiovanniLascaris ne avea recato in Italia da Costantinopoli un esemplare, dnato da lui a Lorenzo de*Medici: poi quando dietro a questa indicazione le investigazioni simpegnarono pi caldamente, non si seppe altro se non che tenevasi per probabile cosa che Catterina de Medici l avesse portato seco in Francia. Mentre poscia alcuni pensavano di rivolgere le loro diligenze a quel paese, s ebbe no* tizia, che un altro esemplare n era stato posseduto da Giovanni Pinelli$ e pi che di quello del Lascaris, di questo si era accertati, posciach Pietro Piteo, e Guido Pancirolo, da esso aveano tratti vani frammenti. Ma le semplare del Pinelli si disse perito in mare, essendosi per naufragio sommerso il legno, su cui si spediva a Napoli. Fu bell avventura di Niccol Alemanno, custode della Biblioteca Vaticana, che ivi ne trovasse due esem plari: tanto pi fortunato, che in quel tempo stesso i Francesi, i quali invano cercato aveano presso di loro quello che dicevasi recato seco da Catterina, eransi ri volti al Cardinale di s. Susanna, bibliotecario della

Chiesa romana, non pi sperando di trovarne traccia che in Roma. In Roma adunque era infatti questo IX libro di JfVocopio \ e VAlemanno ragionando de due esemplari da lui trovati avvisa come evidentemente appariva 1 uno di essi tratto dall1altro ; entrambi poi mancanti del principio, e rotti per diverse lacune; il pi antico man cante eziandio del fine $ e il meno antico, che il fine conteneva, o pi veramente, che per alcun tratto con tinuava oltre al termine in cui 1 altro finiva, era del* l altro pi guasto, e malamente scritto* L edizione, che quel valentuomo ne pubblic, chiaramente dimo* stra il lungo e diligentissimo studio, eh1egli fece intor no a questo libro, perciocch oltre avere con somma cura confrontati i passi estratti da Svida co suoi codi ci , se non ebbe modo nelle altre parti di riempiere le lacune, almeno ne chiari la lezione dappertutto, e lo purg di ogni macchia, di che il tempo e i copisti potessero^ averlo gravato. Egli fece anche di pi. Con Note eruditissime and seguendo Procopio nelle sue narrazioni, e dappertutto raccolse testimonianze a gi* stificazione di quanto pareva a prima vista da quello Storico detto con iscandalosa esagerazione. U Alemanno pubblic in Lione la Storia segreta di Procopio Panno i 6 a 3. Nel i 654 VEiscelio la riprodusse in Helmstadt : ma vi aggiunse vinilente osservazioni

PAlemanno lAutore medesimo , e note strava gantissime in difesa, di Giustiniano ; e come se poca fosse tanta colluvie di ssagionamenti da una parte, e d improperi! . dallaltra, una fanatica declamazione vi aggiunse in difesa di quellImperadore scritta dallinglese Bivio, il quale fio altro fece in sostanza cbe ripetere quanto contra ogni principio di buon criterio, e di ci vile dignit detto avea VEiscello. Permettete, mio buon Amico, cbe io qui dia un saggio del ragionare deUjE#scelio, tanto pi,, cbe non essendo, certamente per onor delle lettere ! molto divulgato quel suo grosso vo lume tra noi, potrebbe dalla fama di lui, cfome uomo erudito, rimanersi ingannato chi senza aver letto ci cbe nel proposito egli dice, .ne citasse di buona fede P autorit. Pien di livore contro i romani Pontefici, rispetto ai quali e nella prefazione alla Storia segreta di Procopio, e nelle aggiunte osservazioni non risparmia le pi crude ed ignominiose espressioni, egP incomincia a dire che PAlemanno, custode della Biblioteca Vaticana, pubblic quel IX libro di Procopio unicamente per adulare il nuovo padrone che savea dato, poich quel valentuomo dalla Chiesa greca, nella quale era nato, passato era alla comunione latina. Voi, ne sono certo, e con Voi chiunque oda questa imputazione, domanderete con meraviglia in che. potesse adularsi il romano. Pontefice
contea

IO colla pubblicazione di un vecchio libro, in cui del ca rattere di Giustiniano e di Teodora, e del modo col quale entrambi condussero la cosa pubblica in tanti casi particolari, unicamente ai tratta. Ci che era oc corso nel regno di questo Impradore a Silverio , a Vi* gilio , ad Agapito , papi, era gi stato da Procopio ac cennato negli antecedenti suoi libri} n in questo, quan tunque avesse promesso di toccare quanto di pi delle gi esposte cose avean sofferto ed essi ed altri uomini di Chie sa , di ci trovasi poi fatto cenno. Daltronde la riputa zione di Giustiniano era gi presso i Cattolici formata per quello che altri antichi Storici aveano lasciato scrtto di lui, siccome vedremo in appresso da quanto si legge negli Annali del Baronia. Come poi YEiscelio intende di rovesciare quanto a giustificazione di Procopio nelle sue Note storiche YAlemanno adduce? Per sostenere in suo senso Giustiniano egli non fa che riferire le buo ne cose da quellImperadore operate, o riguardarne su perficialmente i fatti ed isolatamente, o dissimulare quante l Alemanno addotte avea testimonianze di Scrit tori contemporanei, o prossimi al tempo di Giustiniano^ i quali nulla tratto aveano dalla Storhr segreta 9 e che intanto consentivano poco pi, poco meno, col conte nuto nella medesima. egli forse impossibile che' chi* ha fatto* alcune cose buone ne abbia fatte anche molte di cattive? Per rettamente giudicare del carattere e

delle opere altrui, debbsi stare forse allapparenza superfiziale, o prendere ciascunopera distaccata dagli oggetti, dai fin, e da ogni sua relazione ? Nissuno cer tamente dir questo. Vituperato s gratuitamente F Alemanno , F Eiscelio passa a Proeopio^ e la-prima cosa eh egli fa, quella dinfirmare F autenticit del libro. I quale intento dice Svida solo parlarne 3 e Svida essere assai lontano dal tempo di Proeopio, sul riflesso specialmente cbe se Procopio lo area tenuto occulto a riguardo di Giusti niano , doveapoi essere messoincorso tosto cbe la stir pe di qellImperadore rimase estinta. - Ma e non fu esso dunque messo in corso, se giunse sino a Svida , e fino a noi? E non evidente, cbe avendone Procopio naturalmente lasciato un solo esemplare, la diffusione del medesimo per trascrizione non poteva non rendersi lenta in paragone degli altri otto libri presentati alla corte, e pubblicati vivente FAutore? Forse YEiscelio ha sentita egli stesso la forza di queste considerazioni $ e perci passa a dire che facilmente questo libro pot interpolarsi. Ma da chi, e per quale motivo? Non potendo rispondere a questa domanda, dubita dellargo mento in favore dell9autenticit di questo libro tratto dalla somiglianza dello stile, dicendo nulla pi facile a chi sappia bene una lingua, quanto F esprimersi come un tale Autore, della cui lettura abbia fatto grande eser-

la cizio. Con questo principio manifesto che potrebbesi dubitare dell autenticit di tutti i libri. Per com batterla voglionsi ben migliori argomenti. Lunico , che gli allega si che Niceforo di Callisto non vide la Sto ria segreta j e che ne parl confnsamente ed inesatta mente. Come mai lautenticit di un antico libro pu dipendere dal caso di un particolare Scrittore, che non 1 ebbe sott occhio, e che parlandone per alcun cenno avutone, ne parl poco esattamente? Noi farem conto che YEiscelio abbia premesse le accennate cose per pura vanit di discorso; e verremo a quanto aggiunge con maggiore fidanza. *I codici degli altri libri di Procopio , die egli, dalla prima loro pubblicazione fu rono conosciuti da tutti; e di essi n fatta fede da JSvagrio, da Abazia , da Scolastico epifaniense, dal Metafraste, da Costantino porfirio , da Tazio , da Zonara , da Codreno, da parecchi altri; e nessuno fa fede della Storia segreta. Gli altri libri di Proeopio furono in diversi modi riprodotti 7 e questo venne omesso. Ma il fatto non esso abbastanza spiegato quando si con sidera che gli altri libri furono dall Autore pubblicati solennemente, e questo venne occultato? Tre soli esemplari, aggiunge l Eiscelio, notansi di questo libro dallAlemanno, due periti, uno trovato nella sola Va ticana. Noi vedremo in appresso due altri sussister ne, che Y Alemanno non conobbe; e diremo intanto

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che come, perch altri libri, sebbene stati per lungo tempo e liberamente in luce* perirono, meraviglia appunto che questo dallAutor suo occultato abbia potuto'salvarsi. ~ L Eiscelio crede suffragare alla opinion sua P osserva zione che un passo dellestratto dal Panciroli fatto sul codice che fu del Pinelli, trovasi tradotto diversamente da quello, che YAlemanno tradusse. Ma perch non nota ancora che il Panciroli tradusse a senso, P Ale manno tradusse alla Ietterai Finalmente a sostegno del suo assunto confronta questo IX libro di Procopio cogli otto antecedenti; e dice in quelli essere un ordine costante, in questo una confusione, ed una mole di cose indigesta; in quelli vedersi gravit, e virt, di scrittore ; in questo virulenza e libidine diabolica d'in giuriare e maledire ; ed essere gli uni Valtro s distinti tra loro, che non possono supporsi scritti da una stessa persona a meno di dire che quelli furono scritti men tre VAutore era di sano intelletto , questo mentre era preso da insano furore. Poi, cbe Svida stesso non d a questo libro il titolo di Storia, ma di certa rappre sentazione comica, appunto perch non contiene che una massa di mere ingiurie esagerate a segno da non parere nemmeno possibile che cadano in mente umana. Bisogna alcerto avere tutti i sensi alterati per venire a tal conclusione, quando si sieno letti codesti nove libri

di Procopio, e siasi fatta attenzione al proemio del* lultimo. Consapevole YEiscelio di non poter togliere che que sto libro non sia genuino, discende a screditare Procopio come acerrimo nemico di Giustiniano, e pienissimo di odio contro di lui. perch tutto questo ? Perch dice quanto Giustiniano fece di male. Di che carat tere e dignit fosse Procopio sar detto in appresso : per ora diremo soltanto : che sarebbe della Storia, se quelli che ci lasciarono memoria dei vizii dei cattivi principi, dovessero supporsi nemici acerrimi di essi, e pieni di odio contro di loro ? D altra parte se V odio e l inimicizia alcune volte indussero scrittori a narrare i vituperi dei. potenti malvagi, non gi detto che per questo essi mentissero. Ci sarebbe stato contro glin teressi stessi del loro odio, e della loro inimicizia. LZ ft* scelio argomenta quest odio, e questa inimicizia verso Giustiniano da ci, che Procopio era pagano di re* ligione, e idolatra. Piacemi di fermarmi alcun poco esa minando la forza delle prove, su cui egli fonda questa imputazione. Egli cita primieramente il seguente passo tolto dal libro I della Guerra gotica in occasione di par lare delegati spediti al Pontefice romano per cercar di sedare le discordie dei Cristiani, diversi tra loro di opi nione su vani punti. Ecco le parole dello Storico. Quali sieno, dieegli, le controversie /oro, quantunque io non

i5 10 ignori y non ne far ni presento menzione , in mio pensire tenendo essere pazzia da uomo prosuntuoso vo lere investigare qual sia. la natura di Dio; e P uomo mortale non potere nemmeno conoscere nel loro giusto vero le cose umane : tanto meno poi valere esso a conoscere la divina natura. In quanto a me si omettono senza differenza codeste cose, per sola credulit dai mortali venerate; enei porticolarmio nuli?altro in que sto tempo ardisco confessare intorno a Dio, se non che egli pienamente buono, e reggitore, di tutte le cose, e che in sua podest tiene l'universo. E lascio poi che di tali questioni dica come le intende chiunque o sacerdote o laico e zotico. Senza fare 1 apologia di Procopio , il quale certamente qui non tiene linguaggio di teologo ; senza dare a queste sue parole la mite, e forse giusta interpretazione che la carit cristiana in simili casi sug gerisce, potendosi dire eh7egli ebbe cos parlando in mira le tante sette de suoi tempi, e Faudacia dinvesti gazioni a nulP altro atte che a scandolezzare , massima mente riguardate per la parte di coloro, che senza o ministero , o studio e capacit, sorgevano a disputare, e non gi che intendesse comprendere nel suo discorso le verit ortodosse debitamente annunciate; senza dire in fine che quanto riguarda la professione di fede qui esposta non ad altro evidentemente tende che a fissare 1 1 principio fondamentale della religione, giacch, come

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dice s. Paolo , chi vuole accostarsi a Dio primieramente deve credere ch'egli esiste; potremo bens pensare che Procopio qui parli da filosofo, ma non gi da adoratore degli idoli. Meno poi si pu giustamente avere per tale negli altri passi che V Eiscelio soggiunge. Uno questo: Nell* universo romano imperio hannovi parecchie sette di Cristiani riprovate, le quali volgarmente chiamansi ere sie, come de*Montanisti, de* Sabbaziani? e di altri mol ti y che travolgono le menti degli uomini; e a tutti questi ordin che abbandonassero le loro credenze................. Comand pure che tutti si accordassero nella medesima sentenza intorno a Cristo ..........Interdisse agli Ariani i loro riti. Qui non v ha che narrazione nuda di fatti Un altro passo il seguente : Metteva lo studio suo in ispingere V animo alle cognizioni sublimi, e a perscru tare con soverchia curiosit la natura di Dio. N questo pure di carattere diverso dallaltro esposto. Or dove qui dunque spirito di paganesimo e didolatria ? Ma, die egli, Procopio fa delitto a Giustiniano di queste cose come indegne di un principe. forse officio del prncipe V occuparsi di teologia? Non ne prova in cento luoghi la Storia le pessime conseguenze? Daltronde i pi saggi tra gli uomini di Stato non pensarono sem pre non doversi usar violenza alla coscienza religiosa 5 e la tolleranza meglio corrispondere alla, pubblica tran quillit? Qui stolta malignit ha guidato VEiscelio: ma-

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lign stoltzza lo guida ove interpreta intenzione irreli giosa la disapprovazione de9tanti tesori da Giustiniano gittati, . mntre limperio era in istrettissime angustie , e orrbilmente si vessavano i popoli in ogni maniera, profondendoli in regali ai Barbari, in inutili e vani edifizii, in eccessiva moltiplicazione di chiese. Dove appa risce giusta ragione di politica economia per riprovare tanta intemperanza, non v ha bisogno di dire che per buoni principi! di saggia amministrazione, non per nulla apprezzare la conversione degl infedeli, e lonori ficenza del pubblico culto, sieno fatti tali rimproveri. Procopio, uomo di Stato, e di fino criterio, ben mi glior giudice delle cose seguite sotto i proprii occhi , di quello che lo potesse essere nel secolo XVII un pro fessore in Helmstadt. 11 maligno ingegno di costui va pi. innanzi. Siccome dalle Storie stesse di Protopio,. e da alcuni pssi della Storia Segreta risulta che non si ammetteva ai pubblici offici* chi non fosse cristiano, e che molti per esservi ammessi fingevano empiamente d essere tali contra la verit, nel numero di questi egli francamente pone Procopio \ e nel sentire in fatto di religione diversamente da Giustiniano pretende trovar la ragione dell odio, chegli chiama amarissimo e calunnioso, con cui scrisse di quelPImperadore, citando in esempio Zosimo, che gli crede aver narrati i delitti di Costantino il grande,
P&oc o p i o .
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unicamente perch egli era pagano; e per la ragione medesima Evagrio avere narrati quelli di Giustiniano, giunto a chiamarlo demonio scellerato e crudele. L2?iscelio non valuta Papologia che di Zosimo avea scrtta al suo tempo il Leunclavio ; e va ciecamente innanzi sulla sua sentenza non badando aglintoppi : cosi egli d immagina di aver ragione. Ma avrebbe almen dubitato alcun poco considerando che se Zosimo ed Evagrio ebbero coraggio di pubblicare quanto scrissero, V uno di Costantino, e laltro di Giustiniano, qualunque fos sero le particolari loro affezioni, non si facilmente pu presumersi che volessero esporre la propria dignit alla giusta taccia di falsarii. La buona critica ci ha insegnato a che in tali quistioni dobbiamo attenerci. Del rimanente invereconda >oltre lessere calunnio sa y manifestamente apparisce la sospicione dell Eiscelio , quando di ci che fecero malvagi uomini prostituendo la religione alla cupida loro ambizione, accagiona Procopio. Niuna crisi prov mai questo Scrittore n a sif/ r fatto titolo, n ad altro qualunque; e tutto c insinua, che segli fosse stato di religione diversa dalla cristiana, o dato avesse in cuor suo il nome ad alcuna delle sette da Giustiniano perseguitate, scrivendo una storia che volea per alcun tempo segreta, e che seppe trovar modo di farla rimaner tale 7 ninna difficolt avrebbe avuto a dichiararlo: n intanto Io ha fatto. Io potrei facilmente

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allegar pass! devarii suoi libri, che uom pagano e idolatra non avrebbe voluto mai scrivere : la sola necessit di essere breve fa che da ci mi astenga. Ma non posso a meno di non dire qualmente uno sciagurato modo di pensare si questo, che la diversit di religione in uomo ben educato, e per tutta la vita stato grave e riputalo, e non fanatico , n in alcuna cosa mortificato, possa condurre a tanta frenesia da scrivere una lunghissima serie di calunnie. Se a tempi nostri si veduto cadere in simile frenesia vigliacca un Goldsmitk, non occorre dire che tutti i pubblici documenti appalesano V impu dentissimo suo attentato : basta osservare, che niuno vorrebbe disonorarsi paragonando Procopio a quel mi* serabile e stolto calunniatore. Mfentre adunque VEiscelio tanto violentemente insorgeva contro lAlemanno, per ch dissimulare la forza dei documenti che nelle sue Note storiche quel valentuomo cit in confermazione di quanto Procopio avea detto ? Io ho di sopra spiegato questo perch 5 e qui aggiunger, che no potendo smentirli, si stoltamente avvisato di nasconderli re cando in mezzo fatti diversi, che stanno da s, n pos a n o infirmare gli altri. quando egli oppone, che in questa Storia segreta Procopio dice cose contrarie alle dette negli altri libri, procede malignamente, dissimu lando quanto nel proemio di questo Procopio dichiara E se s avesse a ragionare sul seria in proposito di un

% procedere contraddittorio, ben pi fondata sarebbe l imputazione di questo vizio applicandola all9Eiscelio medesimo. E perch non ha tolto a difendere Y onore di Belisario e di Antonina , che pur sono anch essi di assai riprovevoli cose accusati da Proeopio ? Perch non ha giustificata Teodora? Fu Belisario prudente umo, come valentissimo capitano? Fu modesta,*f casta, fu virtuosa donna Antonina? E se luno e laltra furono tali, perch YEiscelio non sorto a smentire Procopio? 10 non gli domander se Teoora fosse donna santis sima. Dir bene , che se non fu tale, come sar stato santissimo Giustiniano, che non contento di avere s vigliaccamente offesa la imperiale dignit, e il pbblico pudore, quell avanzo infame di postribolo menando al suo talamo, ebbe inoltre la insensatezza di associarla al governo dello Stato, e di permetterle ogni genere di violenza e d iniquit, e il favore della fazione da esso lui detestata, e quello perfino della setta religiosa che egli perseguitava? Non Procopio solo che ci dipinga 1 1 superbo, crudele e tirannico cuore di quella, che Giustiniano sfacciatamente, o insensatamente, proclama datagli per divin beneficio a compagna della vita, e a consigliera ne9pi alti affari del pubblico reggimento. Che sapienza adunque, che virt in un Imperadore che si avvilisce a tal.segno? Il furore insensato dellEiscelio sale a tanto, che tutlo ci che tiene a intolleranza, a

II

superstizione , a crudelt, ad avidit, chiama virt* travolgendo gli atti di Giustiniano, ove la grossa sua coscienza gli grida non potersi difendere quali la Storia li narra. Egli si coptentar di confessare che Gmstimano pot forse al pi avere qualche lieve; difetto 9 qualche neo ^ come uomo, facendosi bello di una giiista Q & ser+ vazione, che leggesi in Zonara a proposito dell7Imperadore Comneno, quasi tra questo e GjWej)n<zno pOr tesse farsi un paragone. Nel leggere questa massa di sragionamenti pi di un^ volta in venuto il dubbio, se 1 Eiscelio sotto Pappa? renza di difendere il nome e la condotta di Giustiruanq non intendesse di vieppi farne sentire V orribil carat tere. Ma sarebbe stato in lui durezza poco civile anche questa. Pi di una volta ancora ho sospesa la penpa, domandando a me stessa, se meritava Eiscelio: che jtnto m i,occupassi di lui. Se non che ho dovuto con? sideree, che cpl mio; volgarizzamento dando una grande pubblicit alla Storia segreta di Proeopio^ era, mio de bito purgare e P opera, e lutore dalle fallaci imputa? zioni di un erudito, che potrebbe col suo nome sor prendere la buona fede di parecchi facili a preferire V autorit alla ragione. Non occorre poi che mi fermi a parlare del Rwio , che in quella declamazione sua a difesa di Giustiniano ha mostrato piuttosto cosa sia il

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romito di un forsennato in delirio, di quello che esser debba la scrittura; di un uomo di lettere. Sarebbero bastati questi cenni a giusto corredo del volgariizamewto cbe pubblico, se un trppo celebre Scrittore^ sul cui fino discernimento, congiunto a va stissima erudizione invano si potrebbe esitare, non avesse rinnovati i dubbii cbe si alzarono nel cinque cento. La Storia segreta di Giustiniano scritta da Procopio j dice Voltaire , una Satira dettata dalla ven detta ; e quantunque la vendetta possa fa r dire la verit j questa Satira , che contraddice alla Storia pub blica di Procopio, non pare sempre vera. Io dunque prender a dimostrare, i. cbe la Storia segreta di Procopio non una Satira dettata dalla vendetta. a.Che non contraddice alla Storia pubblica di Procopio. 3 . Cbe lungi dal non parere sempre vera, tutto anzi concorre a comprovarla verissima. Le cose cbe andr dicendo aggiungeranno lume a quelle cbe ho dette fin qui. Non una Satira dettata dalla vendetta. Chi era Procopio ? Nativo di Cesarea della Palestina, egli and a Costantinopoli regnando col Anastasio \ e come colto uomo in ogni genere di letteratura, fornito di molta prudenza, presto chiam sopra di s P attenzione degP Imperanti. Giustino , succeduto ad Anastasio , mandando Belisat'io contro i Persiani, diede a lui per consigliere Proeopio. Giustiniano fece

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accompagnare da Proeopio Belisario nelle spedizioni dAfrica e d9Italia; e quando soggiogata PA&ica richiar m Belisario, volle ehe Proeopio stesse ai fianchi di SoJomone, a coi dato avea il comando dellesercito; e ci perch Procop/o provvedesse a quanto poteva ocoory rere per conservar la conquista, e per istabilire nel paese il buon ordine. Proeopio parla nelle sue Storie modestamente di quanto egli oper in Persia, in Italia, in Sicilia} e da ci, non ostante il temperato modo con coi parla di s, si vede come avsse ben meritato del* limperio. In conseguenza de suoi servi gii, ed in prova di quanto si sperava da lui in, appresso, egli fu fatto se natore , ed iq. fine prefetto urbaqo, carica distintissima, eh egli ebbe.Fanno trentacinquesimo del regno di Gitistimano : nel quale anno appunto egli avea condotta la sua Storia segreta al termine, in cui la vergiamo. Niun caso di lui intanto noto , pel quale possiam sospettare o ambizione tradita, o vanit delusa, o di gnit offesa* Non fui nel numero detanti perseguitati, spogliati, avviliti. Altronde n dagli scritti suoi, n dstf testimonio di alcuna Storia apparisce, eh9egli fosse nomo s cattivo da corrispondere malignamente con in gratitudine calunniosa alle -beneficenze di Giustino e di Giustiniano. A che mai pu attaccarsi il sospetto eh9egli covasse odio , e volesse vendicarsi con. una Sa tira? Egli lasciava negli altri suoi scritti buona riputa*

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zione di s: perch sarebbesi svergognato presso 2 po steri ? Il sospetto adunque meramente gratuito 5 e si risolve in calunnia. Se non apparisce alcun motivo di rancore, come mai parlar di vendetta? Fa meraviglia che Scrittore di tanto fino accorgimento qual9era Foltaire , e conoscitor si profondo del cuore umano, sia caduto in questo sospetto riguardo a Procopio. sussiste poi che la Storia segreta contraddica, com9 egli ha supposto, alla Storia pubblica, cio a quanto egli scrisse ne9libri da lui pubblicati. Intrapren dendo le sue Opere storiche, splendida la dichia razione eh9egli fa di volere esser veridico. Agli orafori, dice, conviene la eloquenza; convengono ai poeti le favole: agli storici conviene la verit. Per questo egli non nascose i peccati de9suoi pi grandi amici} e scrisse con somma diligenza quanto a ciascheduno era avvenuto di fare, sia secondo la dignit di cui fosse investito, sia altrimenti. Per dire la verit lo Storico deve eSser libero; ed egli si conserv libero; e questa libert, sentita da lui per indole naturale, e per Vautorit del carattere d9uomo di Stato, non fa smentita in nessuna parte della sua Storia pubblica. Per lo che in essa lo veggiamo liberamente dichiarare l?empiet di Giovanni oappadoce , prefetto del Pretorio*, l9avarizia di Triboniano questore, l9indole fraudolenta di Areta\ ed enumerare le regioni, i borghi, le citt, o

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Sktrtte affatto, o cadute preda de nemici per la,tyrpissima cupidigia delloro di Basso ? di Acacio^ di Gi vanni Zibo , e dello Psallidh. Cos lo vegliamo accusar Pobbriachezza di Vero , la mollezza e il fasto di Sergio ^ Pignavia di Massimiroj e l niuna abilit di co* stui nelle co$e militari. Cos V udiamo apertamente par lare e della cospirazione di Artabatio^ e del tradimento di Arsdoe, quantunque Giustiniano avesse di tali delitti dichiarati costoro assoluti. L amor suo per la verit non gli lasci dissimulare i peccati di Belisario, men tre pur questi era il soggetto principale di tutta la sua Storia, e in lode del quale essa pare espressamente scrtta. Belisario, die egli, par per* Costantinopoli < x> n niun decor , mentre per cinque anni interi mai non pot piantar piede in Italia , n con sicure morde avanzarsi* In tutto quel tempo nascostamente fuggitasi colf armata da un porto ' dir, altro ; ondetanto fi i Remici si fecero sicuri r &soggiogarono Roma, e tutti gli altri lughi.'Egli lasi cinta di crudle assedio Pergi, citt principale di Toscana $ la quale,' ihentr* gli veleggiava per Costantinopoli ? rimase presa. . Di questa maniera' scrisse riguard ai Senatori prim ani, e ai Grandi dell5Imperioanche a lui congiunti d amicizia; e le scritte cose pubblic francamente^ se vero s? ma non esageratore : di che prova che nissuno sorse a ribatterlo. Ed in questo singolare Pro

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copio, cbe s lberamente scrivendo, e dappertutto i fatti riprovevoli di Giustiniano stesso chiaramente espo nendo, a lui presentasse quei suoi libri ; medesimi, e questi corressero per le mani di tutti, n alcuno recla masse , n se ne dolesse Giustiniano , il quale anzi a lui commise di scrivere P Opera sugli Edifici da esso Imperadore fatti in tante parti, innalzare ; e di pi.lo nomin prefetto urbano, quasi delle Storie scritte pre miandolo. * E non a dir certamente che intorno alla condotta di quelP Imperadore nelle Storie, che diconsi pubbliche alcuna cosa dissimulasse: ch anzi in esse pi diffusa mente che nella Storia segreta espose *di Giustiniano la crudelt , P avarizia, la perfidia verso gli amici, la lede violata coi nemici, Podio verso i buoni, P affetto verso i tristi, le umane e le divine leggi, ed ogni cosa infine pervertita a capriccio di Teodora. Egli dice franca* mente come Giustiniano non ard liberare Giovanni cappadoce da Teodora perseguitato per ingiurie pro vate, e falsamente accusato di ribellione. Dice, che Giustiniano gli sped messi per informarlo delle insidie di Teodora ; e che fin con condannarlo all9esiglio, e confiscargli tutti i beni, a ci incalzandolo sempre pi Teodora, non ostante che lo tenesse sommamente, e pi di ogni altra persona, caro ed amicissimo. Dice, che fatta la pace con Cosroe Giustiniano istig Aid*

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muridaro, e gli Unni a far la guerra ai Persiani, grandi cose promettendo , e somministrando gran denaro ; n asconde ci essere stato di danno gravissimo alPImperio romano. Dice, che per avere negato p^r molto tempo le paghe ai soldati delle guarnigioni, questi aveano disertato ai nemici. Dice, che Giustiniano, oltre i cattivi ministri urbani e domestici ? due nebbe allesercito in signi strumenti della sua avarizia , Giovanni questore , il quale per risparmiare all7Imperadore le spese dando cattivissimo pane ai soldati, fu cagine che un numer grandissimo ne perisse; ed Alessandro Forficula, tanto venuto in odio asoldati, che a bella posta seguitarono a far male la guerra in Italia. N a queste cose Procopio si limit : ch ovunque i casi, e i fattilo richiedevano, nulla dissimul di'quanto la verit comportasse. Per questo non tacque che per sola avarizia Giustiniano cre i logoteti militari, ed in fi orna abol tutti gli antichi onori; Per questo non tacque che quellImperadore sempre promosse i pi scellerati alle dignit e alle magistrature, fra i quali A cacio , a cui dopo l assassinio di Amazaspe confer il supremo comando in Armenia, e Giovanni Libo , che fu lautre della defezione a Cosroe de popoli della Golchide. Queste ed altre cose a queste simili diede Procopio a leggere a Giustiniano. E dopo avere scritto di questa maniera ne primi sette libri della sua Storia pubblica ,

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mise fuori l ottavo della medesima, in cui non si ri tenne dal dire nuovi peccati di quell9Imperadore, le paghe , cio, di nuovo negate ai soldati, le trascurate provvigioni di guerra, la prodigalit fastosa usata con Isdigiune, ambasciadore persiano. in questo libro rifer tante ricchezze avere avute da Giustiniano quel barbaro, che giunto in Persia si trov il pi ricco di tutti i ricchissimi del suo paese. Aggiunge poi che oltre ci sotto Giustiniano si pag ogni anno alla Persia un tributo ; che ogni anno si diedero magnificentissimi do nativi agli Unni infestatori continui delle provincie ro mane ; che colla intempestiva indulgenza da Giustiniano usata, spezialmente versoi capi dellesercito, egli molto nocque all7Imperio. Ed notabile questo passo, che in quel libro ottavo si legge : Giustiniano imperadore era per lo pi solito a perdonare ai duci deW esercito de linquenti ; e questa era la cagione, per la quale essi vedeansi gravissimamente peccare contro la militare di sciplina# la repubblica. Come dunque pu affermarsi, che quanto nella Storia segreta contraddica alla Storia pubblica ? E non in questa, siccome si dimostrato, tutto ci che pu essere conforme a quanto in quella contiensi, se il ca rattere de* fatti, se la sostanza delle cose, e se lo spirito dello Scrittore si considerino ? Piuttosto una considerazione di altra natura, e gra-

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vissima si presenta spontanea a ehi alcnn pco medita ralla franchezza da Procopio usata in questi otto libri della sua Storia} ed questa. Comebb1egli corggio di diffondere per tutto l1Imperio una Storia scritta con' tanto ardimento? come Giustiniano non solamente non ne fri punto, ma conserv fede, ed accrebbe autorit allo Scrittore? Questi due fatti formano nella politica e nella morale la materia di un problema, che sarebbe degno degli studii de9filosofi. Non di mio istituto r imprenderne qui la risoluzione. Io mi limiter a dire che ben a ragione da Giustiniano fu Procopio qualifi cato del titolo d illustre , siccome Svida attesta, per ciocch chi meglio pot mai meritare s onorevole de nominazione, che un uomo di s alto animo da presen tare a monarca potentissimo, e di tanto basso sentire, come Giustiniano, lo specchio fedele de9suoi peccati ? Noi non abbiamo nella Storia V esempio di altro eguale trionfo della verit. Io credo, mio buon Amico, di avere dimostrato ab bastanza che la Storia segreta di Procopio non una Satira dettata dalla vendetta; e che non contraddice punto alla Storia pubblica precedentemente dal medesimo scritta. Penso che rpi riuscir egualmente di pro vare che lungi dal non parere sempre vera la Storia segreta di Procopio, tutto anzi concorre a comprovarla verissima.

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La massima parte delle Note apposte a questa Sto ria segreta tende a giustificarne la veracit, sia con frontandone i riferiti fatti con passi conformi tolti dalla Storia pubblica dellAutore medesimo, sia aggiungendo a confronto la testimonianza degli altri Scrittori. Ha somma forza quanto di conforme all esposta nella Storia se greta si legge nella Storia pubblica, perch questa fa dall9 Autore divulgata viventi molti ancora di quelli, dei quali in essa si parla, e vivente Giustiniano medesimo, siccome si gi accennato. E come quella presto si diffuse per tutto limperio, e fu dallAutore stesso pre sentata a Giusfiniano, ni&suno essendo insorto a con traddirvi , essa viene ad avere massima autorit; e le di fatto universalmente accordata. Per lo che giusto concludere, che la Storia pubblica in quanto essa conforme alla Storia segreta, imprime a questa un ca rattere manifestissimo di veracit. Ma lo stesso carattere viene ad essa impresso incon trastabilmente dall autorit degli altri Scrittori , e con temporanei a Procopio, e susseguenti, singolarmente per questo che non pu dirsi xh essi abbiano tratto dalla Storia segreta di lui quanto di Giustiniano , di Teodora, e del mal governo d entrambi riferiscono, di simile a ci, che nella Storia segreta dice Pro copio: n i contemporanei, n gl immediatamente susseguenti ci tano la Storia segreta, poich non la conobbero. Ora

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hrnga la serie d codesti Scrittori, e molti hanno som ministrati passi, coi quali nelle Note aggiunte si illu strata e confermata la Storia segreta. Io mi restringer qui alla citazione di pochi. Per esempio Esichio milesio , mette in derisione 1 animo leggiero di Giustinia no, il quale prestava fede alle adulazioni di Triboniano , giunto sfacciatamente a dire a quellJmperadre, che sarebbe stato in fine rapito in cielo, anzich ce dere nella via comune al destino di tutti gli altri uo mini. Ed Esichio intanto delle fraudi e delle fallacie di Giustiniano scrisse assai pi a lungo, che non facesse forse Procopio nella sua Storia segreta._Menandro Protettore racconta come Giustiniano venuto vecchio, s di forze e d animo illanguid, che VImperio romano fece tributario non solo de9Persiani, ma degli Unni ancora, e de9Sarmeni, e deCortigarii, e d altri bar bari. Agazia mirrineo le arti espone, ed allega le lettere, colle quali Giustiniano eccit tra loro a discor* de a guerre i Capi degli Unni, ond quella numersa nazione venne a distruggersi. N tacque le rapine de9 patrimonii, e delle eredit, con che tante Opulentis sime famiglie mand in piena mina. Delle rapine di Giustiniano parl chiaramente Corrippo , cattivo poeta africano, e adulatore, lodando Giustino l i , il quale succeduto a Giustiniano fece alquante restituzioni. Gregorio Turonese ha tenuta memoria di Giuliana

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Anida ? ricca matrona che deluse l avarzia di Gistimano inteso a truffarle grossa parte di sue ricchezze. Pittore Junnense ha narrato come Giustiniano assas sin Vitaliano ? maestro della milizia romana* Ed egli, e Liberato africano, riferiscono la sevizie di Giustiniano contro tutto l Ordine ecclesiastico , c contro i Vescovi dell Oriente, e dell frica, e contro i romani Ponte* fici. E mentre gli scrittori occidentali alzarono il grido contro la protezione prepotente data da Giustiniano alla superbia e al fasto dePatriarchi di Costantinopoli, a tanto che sostenne costantemente Giovanni Scola stico cappadoce, il quale' pel primo si arrog il titolo di Vescovo ecumenico, ossia universale, e solennemente gliel conferm nelle sue Costituzioni, e anim il suc cessore di lui, Epifanio , a negare la mano al Ponte fice andato a Costantinopoli, sicch a grande stento, siccome narra Marcellino, cancelliere dello stesso Imperadore, e spiega Teofane, di mal animo cedette il destro trono nella chiesa a quel Papa ; gli orientali eb bero a dolersi e della ipocrisia, e della crudele arro ganza , con cui perseguit i Vescovi, che non consen tirono nella fallace sua teologia. Ma ascoltiamo spezialmente Evagrio e Zonara5 uditi i quali come potr mai rimaner dubbio della veracit della Storia segreta di Procopio ? Ecco ci che dice Evagrio nel cap. 29, del libro IV.

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. la Giustiniano fu tanto insaziabile, la bramosia del denaro, e- tanto turpe ed assurdo 1 appetito delle robe altrui, cbe per avere oro vend tutte le sostanze de sudditi a quelli che esercitavano magistrature, o y >raccoglievano tributi, o desideravano senza averne t alcuna ragione di ruinar gli uomini. Parecchi, e dir # meglio, innumerabili, che assai beni possedevano, con falsi ed artifiziosi pretesti spogli di tutte le loro * fortune. Se alcuna meretrice adocchiando i beni di uno fingesse avere qualche pratica, o intimit con lui, immediatemente, purch del turpe lucro chia masse a parte Giustiniano, tutte le pi sacre leggi n venivano sovvertite a riguardo di lei \ e tutte le fa colta della persona processata di delitto che non avea 3 9 commesso, erano trasportate a casa di quella. Era poi Giustiniano si largo in erogare il denaro, che 3 9 molti e magnifici templi in diversi luoghi innalzava. . . : 3 9 cose al certo pie, e che sarebbero a Dio accette, se 3 9 od egli , od altri che cos faccia, impiegassero beni 3 9 proprii, e a Dio offerissero le opere della loro vita esenti dalle macchie del delitto . E al cap. 3 i dello stesso libro. Debbo dire di altro 3 9 fatto di Giustiniano, il quale non so indicare se dalla viziosa sua natura, o da tigaore e spavento nascesse. n Questo fatto ebbe il suo principio da quella sedizione popolare, che si chiam N ika , cio lirici. Piacque s
Ptocono.

y >fortemente a Giustiniano favorire la fazione di quelli, p che diconsi Veneti, che costoro potevano imputae mente trucidare in pien merggio , e in mezzo alla * > citt, i loro avversarti; e non solamente non temendo per ci le pene dovute a tali delitti, ma standosi anzi sicuri di ottenere onori : d onde venne che furonvi molti omicidii. A costoro era fatto lecito entrare vio lentemente nelle altrui case, rapire i tesori in esse nascosti, vendere alle persone la loro stessa salvezza e vita ; e se alcun magistrato cercasse frenarli, egli per quel fatto chiamava sopra il suo capo la sua ruina. E cos accadde a certo personaggio, il quale era stato y >magistrato in Oriente : ch avendo voluta gastigare, * facendo loro dare la frusta, alcuni di coloro, che a * queste novit applicavansi, onde meglio in appresso 3 9 si conducessero, fu per tutta la citt strascinato e 3 9 frustato egli medesimo gravissimamente. CallinUo poi 3 9 prefetto della Cccia, perch due Cilici, Paolo e 3 9 Faustino di nome, entrambi omicidi, i quali lui avea* 3 9 no assaltato e tentato d uccidere, pun a tenor delle leggi, fu pubblicamente crocifisso ; e s ebbe un tale 3 9 supplizio in mercede della sua buona coscienza, e di avere osservata la legge. Da queste cose nacque 3 9 che quelli, i quali erano dell9altra fazione, faggi3 9 ronsi dai loro domicilii, n trovarono ricovero presso alcuno. Cos che cacciali da tutti come malfattori,

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incominciarono poi a darsi alla strada ^ ad assaltare i viandanti, a derubarli, e ad ammazzarli: a segno tale cbe tutti i luoghi furono pieni di morti immatiir , di * rubamenti e di simili misfatti. Altre volte Giustiniano mutata affezione e parte, uccise gli uomini cbe prima n avea favoriti, e diede in potere delle leggi anche co* j> loro, ai quali avea per lo innanzi alluso de9Barbari 3 9 permesso di commettere nelle citt ogni empio de litto. Ma per esporre in particolare queste cose n ho tempo conveniente, n forza; e quanto ne dissi potr bastare per vedere tutti gli altri suoi misfatti . Cosi Evagrio, che altrove raccontando gP illustri fatti di Giustiniano, in ogni capitolo loda la Storia di Procopio gi pubblica, e da essa trae lunghissimi tra tti, onorandone P autore, non cosi fa poi dov i mis fatti narra e di Giustiniano e di Teodora : ch questi esponendo, la pi parte aggiunge delle cose da Procopio nella sua Storia segreta omesse, e di quelle che Procopio non accenna se non leggermente, egli cita i luoghi, i tempi, i nomi delle persone, e le occasioni de1fatti. Dal che comprendiamo non avere Evagrio se guita la Storia segreta, e probabilmente non averla conosciuta, owersia, che da altri fonti ancora, e pi copiosi, trasse quanto narr di pi. Ond che per tanta conformit splendidissima diviene la testimonianza di lui in favore della veracit di quella Storia.

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Ad Evagrio si aggiunge Zonara, il quale parlando di Giustiniano si esprme di questa maniera. Salito Gi stimano al trono, non uno sol ebbe in mano il potere, ma furon due: perciocch sua moglie non 3 9 meno-di lui , anzi pi di lui assolutamente pot. Fu ' questo Imperadore di facile accesso, pronto del -pari a punire, e a credere veri quanti delitti gli venissero denunciati. Il denaro inconsideratamente profuse, e per ogni via e lecita ed illecita ne acb cumol, spendendolo poi parte in edifzii, parte in * mandare ad effetto i suoi disegni, parte nella guer3 9 ra , e inv perseguitar quelli, che alla sna volont erano avversi. Per tal modo avendo sempre bisogno 3 9 di denaro, se. lo procacciaya con ragioni poco oneste; 3 9 e molto grati avea coloro, i quali gli additassero le 3 9 strade di metterne insieme. N egli solo era fatto cos; y > ma lImperadrce ancora, la quale punto non cedeva 9 9 a lui n in licenza, n in diligenza, onde in ogpi ma* 3 9 ^iera far denaro. Ed anzi di gran lunga superava il marito, in prepotenza; e con sottilissimo ingegno sapea 3 9 trovar nuovi e varii modi di averne. Perci i sudditi 3 9 erano oppressi da doppio peso; ed accrescevansi i tributi annui, e se ne escogitavano denuovi. Venivano 3 9 multati alcuni per cattive opinioni religiose ; altri * prvavansi delle loro ricchezze perch viveano senza 3 9 moderazione, e con petulanza; altri per contese che

avessero fra loro; altri finalmente per altre cagioni, che tutte non si possono brevemente riferire E negli allegati tratti di questi due Scrittori, superiori ad ogni eccezione', non si comprend egli in sostanza il sommario di tutta la Storia segreta di Procopio? Con ragione adunque ho detto che lungi dal non parere la Storia segreta di Proeopio sempre vera, tutto anzi concorre a comprovarla verissima , contro tuia troppo precipitata opinione, nata piucch dalla ponderata considerazione defatti, dal ribrezzo naturalmente su scitato in cuor duomo alla propalazione di tante scelleraggini accumolate nell anima di un solo malvagio principe, che al paragone superano tutte insieme le si decantate di Tiberio > di Caligola di Nerone , e di Domiziano. E a ci credo io avere singolarmente po tuto contribuire questo speziai fatto, che Procopio nel suo IX libro ha di proposito raccolta una lunga strie di casi per varii aspetti collimanti ad un solo ed im mediato intendimento : il che naturalmente colpir dovea l immaginazione, e percuotere il cuore assai pi, che far potessero le stesse cose sparse negli, altri libri , e miste ad altre di carattere diverso. Intanto che questo libro presenta un doppio aspetto, storico cio in qanto in esso veggonsi esposti parecchi fatti, che non trova rono sede opportuna nei precedenti, c morale^politico in quanto le cagioni e i fini occulti sviluppa di fatti

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antecedentemente noti. Per lo che io penso, che a que sto lil^ro abbia lutore dato il titolo di Storia segreta, non gi, come V Eiscelio e il Bivio pedantescamente credono , dall avere il suo Autore voluto tenerlo na scosto , ma dall9avere in esso piuttosto riferite cose, per la pi parte in quanto o all origine, o ai mezzi, od ai meditati divisamenti, fuori della cognizione dei pi. Il cbe si accosta eziandio al senso, cbe comunemente diamo,oggi anche noi alla parola aneddoti} che siamo usi appunto ad applicare a fatti particolari, e general mente non conosciuti. Da ci, che detto aveano i gi citatL^Scrttori, e dai frammenti, che di questo libro di Procopio avea Svida conservati rispetto a Giustiniano e a Teodora , di en trambi parl il Baronio coi termini, che lo zelo della religione da essi oltraggiata j e della chiesa in tante guise tormentata da essi, poteva suggerire a lui, scrit tore piissimo, e padre della Storia ecclesiastica. Piacemi recare qui le sue parole, come quelle che giustamente sono attissime a salvare Procopio da ogni odiosit. Dice adunque il Baronio : Tanti mali codesta rea donna * fece, che pu dirsi una seconda va , la quale ba dando al serpente fu causa di tutti i mali al marito ; una nuova Dalida , che con arte fraudolenta cerc di levare le forze a Sansone ; un altra Erodiade siti* bonda del sangue degli uomini santissimi5 una petu-

n laute ancella del Sacerdote, istigante Pietro a negar Cristo. Ma " poco il condannarla con questi nomi, poich tutte le altre donne super in empiet. Abbiasi ella piuttosto dall9inferno il nome dato favolosamente alle Furie. Femmina fu co'stei furente, da dirsi Aletta , * Megera, Tisifone, cittadina dell9rebo, amica del demonio, agitata dallo spirito di Satana, invasata da estro diabolico, nemica di ogni concordia a si grande stento stabilita, e fumatrice della pace comj9 prta col sangue de9martiri, acquistata coi sudori 9 9 de9confessori . Parlando quindi di Giustiniano dice : Le opere n stesse che, mentre Giustiniano da questo mondo si diparti, lo accompagnarono, contro di lui fin qui 9 9 gridano sulle carte ; cio quella continua guerra ec 9 9 clesiastica, che cacciata in bando la pace che vea trovala, perpetuamente mantenne, e che morendo 9 9 lasci accesa; gl9immensi sacrilegii, poich s spesso 1 9 mise le mani violente sugli unti del Signore, i santis simi Vescovi, come fu tra gli altri, sopra Vigilio , 9 9 romano pontefice, ed Eutichio , santissimo patriarca 9 9 di Costantinopoli ; la crudelt contro, cittadini imip9 9 centi da Evagrio deplorata, e l9avarizia riprovata, dal 9 9 medesimo anche pi fortemente, per lasciar di dire 9 9 altre cose. Che sentenza poi, morto, innanzi al tri* 9 9 bunaje terribile della Maest divina abbia avuta,

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4 quantunque non istia all uomo giudicarne > ove ad

alcuno si permetta pensarlo, sar pi facile trovare y * chi voglia seguir F opinione intorno alla condanna* zione di lu i, il quale pel tempo in cui visse assai da preferirsi agli altri Storici 5 poich di quello che lasci scritto , fu testimonio 5 laddove gli altri, assai * > dopo i tempi di Giustiniano le costui opere raccon* n tarono : massimamente che lo stesso giudizio form r > di lui Proeopio , eccellente Storico della medesima r > e t , posciach lodatolo spesse volte innanzi, indi in * un libro che avea scritto, ricredendosi, lui e la mo* glie Teodora grandemente vituper ^ siccome veg* * giamo notato da Svida n. Dimostrano queste ultime parole del Baronio chegli non avea avuto sott occhi della 5tona segreta di Pro copio altro che i frammenti riportati da Svida ; ma tutto il suo discorso comprova che intorno ai fatti di Giustiniano da altre fnti quelluomo eruditissimo avea tratto quanto ampiamente giustifica la veracit della Storia suddetta. La'quale veracit se dalle cose dette fin qui apparir, siccome credo , perfettamente dimo* strala, tutti quelli che, hanno qualche amore per 1 < * virt 5 e qualche rispetto per gli uomini, debbono cer tamente aver grato il generoso pensiero di Procopio di trasmettere alla posterit la memoria del s crudele flagello che tocc al mondo nel regno di Giustiniano.

41 Le ragioni di tale suo operato, allegate da lui sul prin

cipio del libro, sono s giuste e s degne dello Storico, il quale intenda la importanza nobilissima deli* officio assunto, cbe non, hanno bisogno d illustrazione. Con fortandoci noi di vivere in tempi migliori, e dalla con dizione in cui sono le cose pubbliche in E uropa, argo mentando i progressi, cb per mezzo de* buoni studii la civilt ba fa tti, conosceremo con nostro profitto gli eminenti vantaggi eh essi recano alle nazioni, e la ne cessit cbe queste hanno di averli ognor pi fiorenti; per ciocch per essi e s introducono , e si conservano i buoni costumi s privati che pubblici. Queste considerazioni nella mia mente allargate dal complesso de varii sentimenti che la lettura dlia Storia segreta di Procopio pu facilmente suscitare in ognuno, m hanno condotto alla risoluzione di rendere pi ge nerale tra noi la notizia della medesima per mezzo del presente volgarizzamento. A proposito del quale alcune cose qui aggiunger, che non dispiaceranno agli Eru diti , e mostreranno la mia diligenza. Io eseguii da prima questo volgarizzamento sulla edi zione , che di questo libro come dissi da principio, Niccol Alemanno fece colle stampe di Lione. Poscia cercando, se alcun miglioramento il testo di Procopio avesse' in appresso avuto, consultai P edizione fatta in Parigi nel 1663 da Claudio M altret, che alle cure del-

4*

P Alemanno , alle quali nulla area aggiunto V Eiscelio inteso unicamente a ricambiare con ingiurie la bene* inerenza eli quel valentuomo, le sue proprie unendo, fortunatamente perfezion l opera per la faustissima combinazione di un sussidio inaspettatamente venutogli. Fiu verso quell9epoca non conoscevansi della Storia segreta che i due codici vaticani dalVAlemanno scperti. Il Montfaucon nella sua Biblioteca delle Biblio teche tra i MS. dell9 Ambrosiana non fa menzione della Storia segreta ; ma parlando delle opere di Procopio ivi vedute, e individuandone alcune, termina dicendo et a lia ; ed accenna volumina IX. Fosse per queste espressioni, foise per puro accidente, il P. Poussin , altro dottissimo gsuita., eh ebbe mano alla pubblica zione di Scrittori bizantini , trov nelPAmbrosiana la Storia segreta 7 ne trascrisse le lezioni varie, e princi palmente quanto nell9incominciamento mancava ne9co dici vaticani; e tutte queste cose mand al MaltreU Cosi questi pot in miglior forma riprodurre il testo di Procopio. Sussistono in fatti in questa per tanti titoli prezio sissima Biblioteca ambrosiana due esemplari MS. della Storia segreta , scritti entrambi di buona m ano, uno de9quali, il pi bello e pi antico, dicesi portato dalla Tessaglia, probabilmente al tempo dell9illustre Fondatore di questa Biblioteca, ben sapendosi che spediti egli

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area anche in Oriente ricercatori e compratori di MSI e credesi del secolo XIV. stata bell9avventura, che per esso siasi avuto intero il Proemia di questa Storia , e a molte lacune notate dall* Alemanno siasi provveduto, per lo pi riconoscendosi ch esse non sussistono: ma deplorabil cosa>, che nella estrema parte sia mancante per fino di quanto il minor codice vaticano ha potuto somministrare alla edizione dell*Alemanno, Io dico que sto per un certo sospetto , in cui sono 4 che Proeopio fosse nello scrivere la Storia segreta proceduto oltre quanto noi abbiamo. Imperciocch qual ragione allegare, per cui sia egli vissuto alcuni anni senza proseguire quell9opera? mentre per tre volte promette di parlare di quanto Giustiniano avea fatto a tribolazione ' della chiesa , e degli ecclesiastici, come non ragioneremo noi pi sensatamnte dicendo, che se nulla di ci oggi si legge in quest9opera, al tem po, e alla incuria degli uo mini dobbiamo attribuirne il vuoto, essendo stati rotti i primi esemplari appunto nella estrema loro parte, piut tosto che attribuire desidia a lu i, che in quell9 argo? mento erasi impegnato s manifestamente , e che tutto ebbe l9 agio di mantener la promessa? Forse chi s a , che tin qualche giorno non si scopra codice migliore di quelli, che presentemente abbiamo ! 11 mio volgarizzamento partecipa dj tutti i migliora m enti, che alla Storia segreta pubblicata dsiJ'Alemanno

44 ha aggiunti il M altret\ e nelle Note unite ad essp ho


compreso quanto di pi- scelto e pi opportuno contiensi nelle N ote storiche dellAlemanno medesimo. Di lui di esse il Maltret parla di questa maniera: So che valentuomo fosse Niccol Alemanno : approvo la nitidez za del suo stile , e bacio le Note eli egli disse storiche , piene di singolare erudizione. Io non ne ho soppressa che quella p a rte , nella quale arrischi giudizi!, che si~ diramente non si permetterebbe oggi se vivesse tra noi : quelli furono errori del tem po, non suoi. Di ci , che posso avere aggiunto io, poco importa che parli; e la temperanza che ho usata, pu essermi di merito pi di quello, che a taluno per avventura sia in materia di questa fatta una copiosa dottrina. Ed. eccomi, miotbuon Amico, i fine delle cose, che ro avea proposto di ragionare con Voi rispetto a que sto singolarissimo libro di Procpio. Riandando i giorni della prima nostra giovinezza piacer dolcissimo provo per la reminiscenza degli spessi intertenimenti nostri su quanto andavamo leggendo e studiando insieme. Il ra gionamento presente parmi una immagine di quelli dal lora ; e fatto nella e t , a cui siam pervenuti, ni anche pi caro, perciocch mi rinnova glinnocenti di letti di que1primi tempi, e piacevolmente congiunge in certo modo insieme ambi gli estremi della nostra vita studiosa. Abbracciarne! dunque collo spirito, se non ci

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dato di farlo di presenza ; e fermiamci nel pi bel pensiero , cbe V amicizia possa ispirare : nel rimanente abbandonandoci colla fiducia della buona coscienza alr ordin nuovo cbe ci sovrasta. Addio.

STORIA SEGRETA
DI

PROCOPIO

CESARIENSE
vwvwwwwwwww

INTRODUZIONE.

I casi nelle militari loro spedizioni quasi fino al pre sente giorno occorsi ai Romani s chiaramente ed ordi natamente io narrai, che ogni particolar fatto, per quanto mi fu possibile, disposi secondo i tempi e i luoghi in cui segu. Non cos far al presente che intendo raccogliere qui le cose qua e l sparsamente pure accadute nellimperio romano. Del quale mio divisamente la ragione si , cbe doveansi bens'scrivere anche queste; ma non pareami conveniente lesporle al pubblico fino a tanto che fos sero per anco vivi gli operatori delle medesime; percioc ch non avrei potuto n lungamente rimanermi occulto a tante spie adoperate, n salvarmi da crudelissima morte se fossi stato scoperto: ch nemmeno de pi stretti pa renti io poteva fidarmi. Altronde poi negli altri libri delle foie Storie parcchie volte fui obbligato a tacere le ca gioni di molte cose avvenute. Per lo che sar mio officio

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in questa parte di Storia tanto riferire i fatti fino ad ora tacciuti, quanto il palesare le cagioni de9raccontati. Ma grave e scabrosissima difficolt mi si presenta, dovendo dir della vita di Giustiniano e di Teodora : al quale argomento volgendo lanimo tremo, e sento rifug girne ben lungi il pensiere, poich sono per iscrivere co se che ai posteri non parranno n degne di fede , n verosimili. temo sommamente che quando la Storia di queste cose pel lungo corso di tempo ila divenuta as sai vecchia, io non abbia a passare per un favoleggiatore, e confuso cogli scrittori di tragedie. Se non che daltra parte mi conforta, e fa che la gravit delle materie non mi atterrisca, il sapere che non racconto altro che cose comprovate; e che quelli, i quali oggi giorno vivono, testimonii certissimi de fatti seguiti, hanno autorit ba stante da tramandarne alle susseguenti generazioni la fede, eh essi meritano. Debbo dire per che per lungo tempo un9altra fortis sima considerazione ritraeami dallo scrivere queste cose; ed era che riputava non essere esse per interessare i psteri, meglio essendo che nelle et future s9ignorino le scelleratissime azioni commesse, anzi che saputesi dai tiranni dieno loro la tentazione d7imitarle. Pei pi di coloro, che hanno dominazione sugli uomini, sempre aperta la via a seguire stoltamente i vizii de9maggiori; e pi facilmente, e pi prontamente sogliono cadere nelle nequizie degli antichi. In opposto per un9altra considerazione fece forza sull1animo mio per tramane dare colla Storia la.notizia di queste cose; e fu che quelli che in appresso vorrano esercitare la tirannide,

fo

potranno agevolmente per Tesemelo di questi, de quafi sono per parlare, persuadersi che uba egual sorte li aspetta pei loro misfatti. E forse atterriti alla idea, che la loro vita, e loro costumi saranno cogniti alle gene*' razioni future, e se ne conserver memoria perpetua, correranno: meno precipitosi a peccare. Quanti infatti di venuti dopo Semiramide, o Sardanapak), o Nerone, saprebbero la dissoluta vita; dli:una , o la stoltezza de* gli altri, se non vi fosse stata la Storia, che l ha riferite? E sopra tutto poi, se per avventura sar chi Una vlta abbia, a patire da patte di tiranni cose simili quste che narrer, 1 averle udite non sar per essi senza frutto Y ' dappoich a9miseri di conforto il non essere soli a cui sieno succedute disgrazie. Adunque prt* ma io racconter, i peccati di Belisario; indile scelle* raggiai di Giustiniano e di Teodora CAPO PRIMO,
Incomincia, la narrazione degli timori di Antonina, maglie di * Belisario , con Teodosio. Perch, e come Belisario voUt fa r morire Teodosio, e questi si salv in Efeso*

La moglie di Belisario, di cui negli antecedenti libri io feci menzione , ebb per avo e padre due aurigbi, i quali la loro arte esercitarono in Costantinopoli, e in Tessalonica.: Sua madre fu di quelle donne che prostU 'tuiscono la loro pudicizia nel postribolo. Segu da prima anch* essa quella impurissima vita ; e datasi alla disso lutezza, e presa pratica s delie arti segrete di tal con* P h o c o p io . 4

So

dizione, come di quanto poteva mai fruttarle guadagno, si spos a Belisario, avendo gi avuto innanzi parecchi figliuoli. Ben presto poi la libidine la port ad essere anche adultera ; ed immergendosi in siffatti vizi! cer cava di occultare la cosa, non perch temesse del ma* rito , non avendo essa avuto mai vergogna di nulla; ma per non essere gastig&ta daU* Augusta, poich irritata eontro di lei la odiava furiosamente. Quando per se nebbe mitigato l anko coli* ossequio , e ie ebbe prestata lopera in imprese di somma importanza, quale si fii l morte di Silverio nel modo 'che poscia dir, e la ruina di Giovanni cappadoe, come gi dissi, non ebbe pi freno nelle sue intemperanze, n ritegno a peccare sotto gli occhi di tutti. > Era in casa di Belisario un giovine di nome Tedo* sio, nato in Tracia di genitori della setta degli Enno* miani. Volendo Belisario condurlo in frica, gli si fece al sacro fonte padrino; ed insieme colla moglie lo adott per figlioccio, secondo che i Cristiani sogliono fare. Da quel momento Antonina incominci ad amare questo sub figlio di battesimo : giustissima cosa! e ad averne tutta la cura ; n manc egli desserle in ogni cosa ub bidiente. Ma nella navigazione verso PAfrica essa sinna mor furiosamente di lur, e tanta fu la passione onde per esso venne presa, che pi non ebbe riguardo n alle divine leggi, ri alle um ane, e perdette affetto ogni verecondia. Da principio la tresca fu tenuta c e r tamente; poscia Antonina non bad pi a farla conoscere ai servi, e alle ancelle, non riputando essa che alla sua libidine cosa alcuna dovesse essere dimpedimento, csi

Si

dall9amore accecata, die lo faceva conoscere & tatti; Belisario stesso, mentre erano a Cartagine , una volta manifestamente vide la cofca; ma lasciossi ingannar dalla moglie, n mal volentieri. Il fatta segu di questa ma niera. Avendoli trovali insieme entrambi in certa camera sotterranea, tie fu furente; e non per questo Antonina si mise m p au ra, n cerc di nascondersi ; ma franca disse ; qui mi soat) io -Vertuta con questo giovinetto per nascondervi ogni pi preziosa parte delle spoglie raccolte, onde non bbia lImperadore ad! averne mai cognizione. Cos finse ella la cosa, ed egli mostr di crederla, e se ne lasci persuadere quantunque aves se osservato , che dal dlsofdine delle vesti di Teodosio ben akro si comprendeva essersi fatto : tanto amava gli la mglie, e tanto glie n9 era cara la benevolenza, che piuttosto volle credere non esser vero quanto co9suoi occhi avea veduto. Di questa maniera crescendd ogni giorno pi l la sciva condotta di Antonina, tutti gli altri la contem* piavano silenziosi* Pur fuvvi una servente, chiamata Ma* cedonia , la quale , quando Belisario ebbe debellata la Sicilia, in Siracusa al padrone , fattolo prima giurare che non Parrebbe scoperta alia moglie, tutta la tre*sca pales, citando anche a testimonj due caiperreri. Udito il fatto Belisario a due delle se guardie ordin che ammazzassero Teodosio ; ma questi ebbe sentore della cosa, e scapp ad Efeso. Imperciocch quelli che Stavano intorno a Belisario , conoscendone 1- animo vo lubile , preferivano l'obbligarsi la moglie,, anzi che^pa-r rere di cercarsi come cortigiani la grazia deL marito. Per

5i

questo fu Antonina avvisata dell ordine dato da Belisa* rio contro Teodosio. CAPO IL

Imprudenza di Cpstantino rispetto ad Antonina. Essa attiene : da Belisario il ritorno di Teodosio i e .si vendica^tanto di chi avea a Belisario rivelate le sue turpitudini quanto di Costantino medesimo

Costantino udito il caso molto i condolse con Beli* sano, cbe caduto era in grande tristezza;^ francamente and dicendo, eh egli, piuttosto cbe il giovine, avreb l>e fatto morire la donna. Di ci ragguagliata Antonina, non a dire se ne fosse punta; ma cel quanto covava in petto , proponendosi nel cos fare di pi acerbamente sfogare di poi il suo dispetto ; perciocch essa era va lentissima tanto in occultare lo sdegn, quanto in esa lare il veleno dell anima. Indi poco tempo appresso , d a con filtri (i), sia con blande parole , persuade al marito con mille falsit essersi contro.di lei ordita la o csa di quel fatto ; ed egli senza frapporre indugio ri chiama Teodosio ; e promette alla moglie d darle in libero potere e la servente Macedonia 7 e i due came rieri, da questa, siccome dicemmo, citati a te$timonj* A ntonina, fatta prima tagliare, conforme fam, la
(i) Qui ed altrove vedremo Procopio tener conto della super stiziosa credenza de filtri , degl incantesimi e falucchierie, a cui presso gli antichi diede voga la sola ignoranza.

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lingua a tutti e tr e , nuli metterli a pezzi, chiusi entro sacchi li mand immantinente a sprofondare in alto ma re. In questa opera scellerata la serv tino de famigli di nome Eugenio 5 il quale n era stato sicario nell at tentato contro Silverio. Finalmente ad istigazione di lei Belisario fece uccidere Costantino; perciocch quanto u7 primi libri narrammo intorno ai pugnali, e a Presi dio , avvenne circa il medesimo tempo. Cli dove Co stantino doveasi assolvere per le ingiurie contro Belisa rio y e Presidio, Antonina non si di quiete fino a tanto che non gli ebbe fatto pagare il fio di quelle parole, che raccontammo essersi Costantino lasciate scappar di bocca. Onde venne die Belisario si trasse addosso l1odiosil s dellImperadore y che deGrandi dell'imperio. CAPO III.

Teodosio per ;ritornare vuole P allontanamento di Folio* C~ ratiere di questo giovine; e come sia costretto ad allontanarsi. Teodosio, dop'aver vissuto di nuovo alcun ietnpb presso Antonina si restituiice ad Efeso: )etrii di qusta donna che induce il marito ad interporre Vautorit del?Im-* . peradore per riavere Teodosio. Perch costui finga di volere ad opti modo rimanersi in Efeso*

, Teodosio :alla chiamata fattagli rispose ch gli non* sarebbe andato in Italia, ove allora trovavnsi Belisario e Antonina, a meno che non se ne allontanasse Fo?io. Era Fo?io tal uomo, che con assai mal cuore vedeva> che presso qualunque altro fose tenuto pi di lui. E

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della fortuita di Teodono spezklmentemostravasi assai rattristato, n senza ragione: perciocch, quantunque figliuolo, niun conto facevasi di lui; e Teodosio al eoo? trario avea e credito e ricchezze enoni, essendo voce pbblica , che dagli erarii di Cartagine e di Ravenna aveasi appropriate dieci; mila libbre d oro* poich nel maneggio del denaro dello Stato non avea collega , e godeva intanto di somma autorit; Or saputa eh ebbe Antonina la risoluzione di Teodosio, non eeds di per seguitare il figliuolo , e con arte poco rqeno che da par ricida circonvenirlo , finch ottenne, che incapace di sostenere tanti intrighi, e tanta malevolenza, partisse, e se ne andasse a Costantinopoli, e Teodosio venisse a lei in Italia : donde, poich abbondantemente rimase sazia della convivenza col drudo, e della fatuit del marito , accompagnata da entrambi si restitu a Costan tinopoli. Qui per Teodosio cominci a sentire 1 rimorsi della coscienza^ ed a pensar Seriamente a prendere mi gliore risoluzione. Capiva egli che la sua tresca non po teva starsi occulta, veggendo la donna incapace di met tere alcun, freno aHa f id in e ; cfc aiuti abbandonata apertamente.alia sfrenala passione niun ribrezzo faceale lopinione e linfamia di adultera, chella presso il pubblico avea. Laonde ritornatosi ad Efeso, e fattasi, com era uso, tagliare la chioma, si fece monaco. Alla nuova di questo fatto Antonina ebbe ad .impazzire; perciocch non si fece riguardo di dimostrare la tristezza che venne ad opprimerla , exoUa qualit del vestito che prese, e con quella del vitto. Vedeasi inoltre di tratto in tratto correre lagrimando, ed urlando per tutta la casa; e

lamentarsi, essendo pur anco vivo il marito , d'aver per* dota la fede, la grazia, la benevolenza , le attenzioni v le cure di un uomo ottimo j ed in lamentazioni simili trasse il marito medesimo, a tanto che egli stesso con tutto T impegno cerc che il diletto Teodosio venis se richiamato. A quest oggetto recossi allIcnpcrado* r e , e all7Augusta, e mille suppliche interpose, e fi nalmente ottenne che lo facessero ritornare , dicen dolo alla sua casa nccessariissimo s pel presente, che per Paweuire. Ma resistette Teodosio, dichiarando es sersi gi con pieno animo consecrato ali7istituto mona stico. Era per in lui tutto questo una pura finzione, meditando egli di andare nascostamente, come in realt fece, a trovare Antonina subito che da Costantinopoli Belisario fosse partito. CAPO IV.

fo zio va con Belisri in Persia : Antonina rimansi sola in Costantinopoli, pp aver sco Teodosio. Sua arti a ruma 'del figliuolo. Questi fa : sapere a Belisario la condotta di leu Beli* sario lo impegna alla comune vendetta. Fasto vuole prima da lui uh giuramento; e perch.

Intanto Belisario and insieme eon Fozio alla spedii ione commessagli contra <]oSr? d Antonina fermossi nella capitale Contrri Suo solito, poich pef lt) addietro sempre avea voluto accompagnate il marito1in qualunque paese della terra si fosse portato, temendo che rimasto sol non rientrasse in s , e che libero dai

prestigli di lei non prendesse qualche risoluzione a. sito datino. Per lo che, onde Teodosio venisse liberamene te a s, macchin di levar di mzzo Fozio} e trasse al cuni di quelli, che pi avvicinavano a Belisario , a non lasciar giorno senza provocare quel giovine, ed insala tarlo 5 ed essa medesima 6on eotidiane lettere lo calirn* niava presso tutti; e contro ilfigKuolo ne irritava gli amici Questo procedere spinse il giovine a finalmente procu rare contro la madre una denuncia. A questo intendi m ento, essendo certUno giunto da Costantinopoli , egli lo introdusse daRelisario , e a questo rifer come Teodo sio ed Antonina viveansiinsieme, avendogli Fozio stesso minutamente indicata ogni cosa che doveadire,SelisQrio udito tu tto , e preso da gagliardissima ir a , si gitt ai piedi di Fozio , implorando che volesse prender ven detta di tanta empiet Usatagli da persone , dalle quali avea meno daspettarsi un tal procedere, E disse: O di lettissimo figlio l Tu non sai chi fosse tuo padre, poich pendevi ancora dal seno della nudrice quando egli parti di questa vita. A te nulla giov la sua fortuna, la quale era tenuissima. Presso di m e, tuo padrigno, allevato , sei giunto a tal& t di g i , che puoi delle forze tue aiutarmi in mezzo alle ingiurie somme chc mi vengn fatte. T i alzai alla dignit consolare, ti colmai d immense ricchezza, sicch e padre e tutore e pa rerete strettissimo, qual possa darsi m ai, ti son io , e con ragione giustissima d? te sono chiamato per ta le ch, non pel titolo del sangue, ma per quello de* manifesti fatti sogliono gli uomini misurare la scambie vole benevolenza. Eccoti dunque l occasione propizia ,

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se me pur non rigetti, di accorrere con ogni mezzo al rovescia mepto di eli e minacciata la intera nostra fa miglia, e al disonor si grande di cui presso I1universo mondo si macchia la genitrice tua, E bene hai da ve dere , che le infamit delle donne non sui soli mariti ricadono, ma molto pi sopra i figli , a1quali tocca por tare la macchia della lunga turpitudine, come se per natura fosse loro stata comunicata, In quanto a me , ascolta il sentimento mio. lo amo mia moglie Antonina oltre quanto possa dire : n sar per farle alcun male , purch mi vegga vendicato della peste venuta ad am morbare la mia casa. Ma finch Teodosio vive, non posso a lei perdonare il suo delitto. Udito parlare s ri soluto e chiaro, Fozio promette di secondarlo in tutto. Ma pensando come di leggiero animo ed incostante Belisario, assai teme di s , spezialmente considerata l1inimicizia di Antonina. E ben n1avea ragione pei molti casi dianzi veduti , e per quello Ira gli altri di Macedo nia. Per lo che volle che con recproco giuramento , pc Cristiani sacro, c secondo i riti loro firmato, I un r altro si obbligasse a non abbandonarsi mai, quand'an che si trattasse del pericolo di vita $ e cos fu,

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CAPO

V.

fo o e Belisario sospendono la vendetta risolata, ed entranot in Perita. Buina di Giovanni cappadoce. Partenza di Teo-> dosio per Efeso, e di Antonina per V esercito. Alla miqva. della penata a lui d Antonina Belisario si ritira dal paese* nemica. Conseguenza di questa sua cattiva condotta.

. Per non parve che si potesse per allora tentare il colpo senza esporsi a gravissimo rischio ; e piuttosto doversi aspettare che Antonina partisse da Costantino poli , e Teodosio ritornasse ad Efeso. Allora Fozio tratta sarebbesi col; e senza difficolt veruna avrebbe potuto mettere le mani addosso a Teodosio, e a suoi tesori* Intanto essi entrarono eon tutto V esercito nelle terre di Persi. Ma in Costantinopoli accadde allora la catastrofe d Giovanni cappadoce da me narrata in altri libri di questa Storia : rispetto a cui prudentemente mi tacqui ohe Antonina di tutto proposito e Giovanni e la figlia ingann, dopo che con ripetuto giuramento, di cui nulla presso i.C ristiani pi trem endo, assicurati li avear entrambi , che nulla fatto essa avrebbe in loro danno. Ci finito, e fidata nell amicizia dell7 Augusta, rimanda Teodosio in Efeso; e senza sospetto veruno parte per lOriente* Era Belisario di recente entrato in Isauria, quando ebbe avviso che Antonina veniva, Egli di subito, ogni altra cosa fasciata, ordina che lesercito si ritiri. Altro motivo per avventura , come in addietro n arrai, ebbe

*9

V esercito , querelarsi Mi* ^tb^p< Joo^0Pto di Ogni bagaglio : ina per certo , che a$$ai fc quello sconcio contribu l^gran fretta, col]a quale a cagione dell1ar rivo di Antonina, la ritirata si esegu ; e questa particpUre, cagione non ipl parv$ si^uya il dichiararla y Eccome da principio dis$i 9 prixj^ d1 pi;a. fatto, p o i, che daqijel teu?po il popolo romano parl piale di Be* lisario, comequegli, che ai sommi interessi del^ repub blica preferito avesse i domestici. E di vero gravemente turbato .per gli affronti fattigli cfaUa moglie, di m alani mo; potea dai confini dell9Imperio allontanarsi troppo, inteso, com e ra , a voler vendetta di Teodosiq tosto che avesse saputo che Abtomoa si fosse partita; di Co-, stantinopoli. Egli intanto ordina, ad A reta, che pon un corpo :4i truppa' psSsi il Tigri ; C 04$ che Areta npn ese* g u , ritornato essendo senza laude al grande accampa* mento. In qganto a s , pre$e le sue misure per non discostarsi dalla frontiera romana nemmeno quanto porta il cammino di una sola ora, comunque pur fosse che il posto presidiato in Isauria non ne distasse pi di quanto in un giorno pu upm sollecito scorrere venendo da Nisibi: emendo altronde la strada pi breve della met. Ed poi certo che se da principio cqn tutto Tesercito Belisario passato avesse il T igri, egli tutta la provincia degli Assirii avrebbepoiuto mettere a . sacco, e senza impedimento giungere sino a Ctesifonte : cos prima di ritirarsi liberando e gli Antiocheni, ;e quanti R o m an i erano prigionieri. Diyersamente facendo. diede comodo a Cosroe di ritornare in tutta sicurezza ftel suo regno dalla spedizione che fatta avea nella Coichide. Ed ecco come ci fu.

fio

Cosroe ? figliuolo di Cabada $ era entrata nella Coi chide , e presa la fortezza di P ietra, e fatte le imprese da me gi altrove descrtte, avea finalmente toccata grande sconfitta, e per la gente mortagli nella batta glia j e per le scoscese rupi ? e le vette de* m onti, e le strette gole, e i folti boschi, e per quanto presentavi il paese dimpedimenti al cammina. c ii si era anche aggiunta la pestilenza, che gran parte dell^e^ercito con sumava , e la mancanza di ogni cosa piti necessaria. Iti tale frangente gli fu recata notizia per alcuni che veni vano d Persia , qualmente Belisario, sconfitto avndo Nabida presso Nisibi^ s inoltrava nl paese, e che presa dassedio la piazza dIs&uria conduceva Sco prigionieri di guerra Biescame, ed ottocento- cvaKeri persiani. Oltre ci , che nn filtr esercita romano con alla testar Areta y capitano de Saraceni, passato il T igri, tutta 1 adiacente provincia, non istata mai da nemiche irru zioni molestata, metteva a guasto. Aggungevas, che Una squadra di U n n i, da Cosroe mandata addosso agli Armeni sudditi dell'Imperio romano, onde far diver sione ai nemici mentregli invadeva la Colch&te, s erat imbattuta in Valeriano e neRomani; e nella battaglia che avea dovuto sostenere, era rimasta pressoch affatto* distrutta. Udite tali cose i Persiani, gi a si mal prtit rid otti, siccome dicemmo, per la malvagit del paese' in cui trovv&nsi, giustamente temettero, che se in taR Angustie i nemici fossero venuti ad assaltarli in mezzo ai rumosi monti della Lazica , e a quegl impenetrbili boschi j tutti quanti che fino allora si erano salvati, Sa rebbero periti con infamia, e con certissima perdita dei

% E r deltam ogli y e della patrizi massimamentepoi che ilriiftannte eserflito loro continuava ad essere afflitto da malattie. Quindi alatisi i pi ragguardevoli delPeserr cito contro Cosroe , lui ingiuriavano, accusandolo di essersi fatto spergiuro1ed empQ , perciocch avea d un tempo violata la religione del giuramento., e il di* ritto comune delle genti; ed anzi confermata gipace ed alleanza eoiR om ani, -con ingiusta guerra n devastava poi i paesi y assaltando di tale, maniera uno Stato per a&t$cliit e dignit senza uguale .sulla terra, e eh egli battagliando non era capace di vincere,. Ed erano gi i poi soldati,ornai volti .a qualche g ran , novit- Di che temendo Cosroe, volse P animo a trovar rimedio al male ^ e incominci dal rileggere una lettera, che re centemente lAugusta av^a scritta a Zabergane. La let tera diceva cos. = Di che animo , o Zabergane, siamo verso di te , non dubitando che non sii per essere favo revole alle cose nostre, tu facilmente puoi averlo com preso quando ultimamente fosti ambasciatore da noi. P er lo ebe pienamente corrisponderai coi fatti al con cetto che-ho di te , se al re Cosroe persuaderai dessere di animo amichevole verso il nostro Stato. Il che ove fo teia, ti do parola che amplissimo premi otterrai da mio m arito, il quale devi sapere che null fa senza U voler mio = . Lcrfc adunque codesta lettera Cosroe ebbe a dire ai principali de Persiani eh erano seco, essere egli per meravigliarsi assai, se eglino facessero conto di uno^ Stato che veniva governato da una donna: e con questo tratto pot ritenere l'impeto., a cui erano per abbandonarsi contro di lui-Per temette > che Be^

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lisario gli .potesse chiudere la straba al ritorno nel suo paese; e per questo lev il cainpo; e non avendo incon trato nemico , sano e salvo si trasse in Persia. C A P O iVL
Antonina nel campo di Belisario. Fotio va ad Efhso, ed ha in sue mani Teodosio, che fa occultamente condurre in C > lieta. Belisario e Antonina sono richiamati a Costantinopoli da Teodora. Ricambio che questa d ad Antonina per ven detta di quanto sy era fatto contro Teodosio. Belisario forzato a ripigliare in grazia la moglie. Casi di Fozio e dt Teodosio.

Belisario adunque rientrato nelle terre de9Romani trov la moglie venuta di Costantinopoli , la quale senza onore alcuno mise sotto guardia ; e spesse volte prota-* tosi di ucciderla, lamore glie ne lev la forza, siccome io credo, poich troppo era egli preso di quella donna. Ma diversamente vuoisi ; che con incantesimi essa sapesse ammaliarlo a m odo, che ad un tratto si ri* manesSe e d animo e di forze snervato.' Fozio intanto trasi psto in oammino per Efeso ; ed avea Condotto seco ben legato P eunuco Caligono > lenone di Ate llina ; e facendolo per istrada flagellare fortemente, da lui Caputo avea'tutte le cose di lei pi segrete. Di che avvisato, Teodosio, Corse a rifugiarsi nel teipio di Gio vanni Apostolo, Santuario in Efeso di somma venera-* zione: se non che corrotto da denaro Andrea, vescovo di quella citt y lo diede in potere di Fozio.

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In* questo mentre Teodora dalle cse udite intorno ad Antonina venuta in tema cbe un gran disastro po* tess a quella sovrastare, Belisario e lei richiam a Co* stahtinopoli. Il che saputosi da Fozio, questi condusse seco Teodosio in Cilicia, dove ave ordinato a suoi soldati cbfe svernassero ; ed a quelli, che accompagna* vano Teodosio, dato avea il comando che occultai* mente lo conducessero, e giunti in Cilicia Io mettessero in prigione segreta ; n lasciassero traspirare a nissuno che fosse dove colui si trovasse. Egli intanto con Caligno, e coi tesori di Teodosio , prese la strada della capitale. Qui volle Teodora dare in cospetto di tutti gli uo* mini un documento tremendo } e fu di presentare ad Antonina un ricambio di sangue, in maggiore e pi scellerata, maniera* Imperciocch ove Antonina poco prima con insidie dato avea in man della Imperadrice Giovanni cappadoce , questa invede a riguardo di An tonina un grosso numero d uomini, quantunque in nocenti , mise a .morte. Erano questi de pi prossimi parenti di Belisario e di Fozio. A ltri, .che con quelli aveano .pura relazione di pratica, fece flagellare a mo do che' fino a che segno le loro disgrazie giugnessero anche oggi s ignora. Altri p o i, ai quali si attribu a delitto V amicizia con quelli, mand id. esilio. E per vedere con cbe atrocit si procedesse, baster dire il caso di un certo Teodosio , uomo dell ordine senator io , che stato era compagno di Fozio nella gita ad Efeso. F u costui spogliato di ogni suo avere} poi cacciato in un ergastolo sotterraneo, ove niun raggio di luce pene*

irava, ed Ivi attaccato ad una mangiatia con una crda al collo s corta , che costretto era a tenersi ritto , n potea in nissuna guisa posare il corpo. cibo, e quiete, ed agni sollievo a naturali necessit dovea quel mise* rabile prndere *sempre a quella mangiatoia legato; n ad essere differente da un giumento altro affatto gli si la sciava che il non ragghiare. Per quattro interi mesi visse egli cos : di poi caduto in furore, e fuori compiuta mente di senno, tratto d quel carcere poco dopo mor. Teodora obblig Belisario, che pur resisteva, a ripi gliare contro sua voglia nella pristina grazia Antonina. Rispetto a Fozio, ecco quello che accadde. Flagellato crudelmente come vile mancipio, gli comand che do vesse dire ove fosse Teodosio, ove il lenone. Maquax tunque dal supplizio sfinito, ed altronde uom cagione vole e debole di forze, che uso era ad avere gran cura della salute, n provato avea mai ingiuria e calamit di sorte veruna , 6tette fermo nel giurameltito fatto , n il segreto di'Belisario rivel , sebbene poi in fine tutto veuisse in luce. Seppe Teodora trovar Caligono, e lo restitu ad Antonina; e in quanto, a Teodosio, aven dolo richiamato a Costantinopoli, lo ,tenne celato in corte ; e il giorno dopo fatta a s venire Antonina : O Patrizia amicissima, disse : ieri vennemi alle mani una gemma che nissun mortale credo avere veduta. Se tu hai voglia di vederla, lungi dal patirne invidia, io di tutto il cuore te la mostrer. Non ben comprendendo Antonina il discorso, si mise ad istantemente pregare ohe duuque le mostrasses tal gemma ; e la Imperadrice ita nella camera di uno degli eunuchi ritorn tenendo

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per mano Teodosio, e ad Antonina Io present* La somma allegrezza sull istante Antonina istupid : poi riavutasi immortali grazie rend all Augusta , lei chiamando e saldatrce, e beneficentissima, e veramente signora. La quale ritenendo Teodosio in palazzo, di ogni delizia, e di ogni sollazzo il ricre , dichiarando che in Breve sarebbe ai Romani capitano supremo. Ma la vendtta di Dio imped quel turpe disegno, poich attaccato da male d intestini Teodosio usc di vita. C A P O VII.
Prigioni di Teodora. Come Fotio in Jine fugga da queste. Egli . va a fa rs monaco in Gerusalemme. Belisario non si prende, malgrado il giuramento, alcuna cuna di lui; e va di nuovo ' in Persia* Crudelt di Teodora contro JSuze. Anche Belisa rio Cade in disgrazia di lei. Angustie > cui ridotto. Come sia liberato. "

Avea Teodora alcune carceri recondite, astruse , lon tane da ogni abitazione, e tanto tetre, che in esse non distinguevasi giorno da notte. In queste ritenne essa per molto tempo Fozio. Ma non si sa per quale accidente, una o due volte ebb egli opportunit di fuggire. La prima volta eorse a ripararsi nel tempio della Madre di D io , in Costantinopoli santissimo luogo, e di gran nome; ed ivi fermossi supplice abbracciandone laltare. Di l per scellerata violenza strappato, fu di nuovo rinchiuso in quelle carceri. La seconda, volta gli riusc di nascondersi nell interno Santuario del tempio di
P b OCOFIO.

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s. Sofia, luo^o con solenne rito consecrato dalla reli gione de Cristiani ; ed anche di l non ebbe essa or rore di farlo tra rre , ninn santo luogo salvo essendo dalla violenza di lei, che per nulla sebbe il violare ogni sacra cosa. quantunque e il popolo, e 1 sacerdoti detestassero ed esecrassero un tanto sacrilegio, tutto a lei cedette. Erano gi tre an n i, dacch Fozio vivea in tanto squallore, quando dormendo paragli vedere Zac caria profeta, il quale gli ordinasse di fuggire, promet tendogli aiuto- Incoraggiato da tale visione nascosta mente usc di l ; e dopo aver potuto rimanersi inco gnito. a pressoch innumer^bili persecutori, finalmente giunse a Gerusalemme, ove tagliatasi la chioma, e preso. T abito di jnonaco, pot salvarsi dalla carnificina di Teodora/ Belisario trascur di recare aiuto a lui da ta n te, e tanto ingiuste calamit oppresso, in ci; ope rando contro la fede che con giuramento, secondo che dissi, gli avea promessa. E ben lo pun il divin Nume in tutte le sue imprese di poi CQUtrariandolo : imper ciocch ito poco dopo contra i Persiani, e contra Cor sroe per la terza volta entrato devastare le provincia romanp, quantunque con laude ne discacciasse il nemico, put ne trasse macchia di obbrobrio fu per questo, che avendo Cosroe, passato PEufrate, prsa Calliniqo, citt popolatissima e sprovveduta di ogni presidio, m e** nandone via infinita moltitudine di Romani, Belisario non cur d inseguirlo, ma si tenne chiuso ne* suoi alloggiamenti : sicch inger sospetto o di essersi a bella posta condotto male cos, o davere secondati nemici colla sua poltroneria. Altra cos? pur gli ac*

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^a&de circa il tempo medesimo. Infierendo iu Costan tinopoli tal pestilenza cbe mieteva una moltitudine di ab itan ti, come rammentammo ne libri antecedenti, tenne ad ammalarsi P imperador Giustiniano s grave mente, che sera perfino detto che fosse morto. Di que st^ morte la fama giunse alP esercito , dove alcuni dei prefetti incominciarono a dir che se si permettesse al popolo di Costantinopoli di proclamare un Imperadore, essi sarebbero stati obbligati a rimanersi perpetuamente ne campiY Poco., dopo lImperadore incominci a rista bilirsi in salute ; ed allora i capitani dell9 esercito si misero a denunciarsi P un P altro di quella diceria ; e Pietro , e Giovanni Elluone sostenevano per autori della medesima Belisario, e Buze. Teodora crdendo di quella diceria essere stata essa P oggetto , mont in tanta ira 9 che subitament ordin che tutti si recassero a Costa n* tinopoli; ed ivi fatta perquisizione degli autori, improv visamente chiain Buze nel gineceo, come se ragionar volesse con lui di qualche gravissimo affare. Era nella reggia un carcere sotterraneo e sicurissimo, a cni scen* devasi per lunghi andirivieni ; sarebbesi detto simile al Tartaro. In questo, in cui tenevansi incatenati quelli, che a lei erano odiosi, fu strascinato Buze, uomo con solare ; e lungo tempo in tale sentina rest sepolto, senza che di lui si sapesse novella. Imperciocch niun segno apparendo l dentro n di d ,.n di notte, spro fondato in quelle tenebre n poteva egli dire, n altri po teva sapere che cosa fosse di lui; e quegli, che ogni giorno gli buttava il pasto come fassi a fiera, per comando dovea tenersi muto. Credeasi gi che Buze frsse morto;

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e dssudo ardiva far nediscorsi alinea menzione di lui, quando due anni e quattro mesi dopo, avendo forse eccitata qualche commiserazione, mandato fuori di la guardossi da tutti come un uomo risuscitato* Ma daqar tempo incominci a non vedere pi lume, e sempre fu del resto ammalato. Cos accadde a Buze. Belisario poi, sebbne di niun delitto accusato, ad istanza dellAngus sta venne tolto di carica dall Imperadore, dato in sua veee il comando dellesercito di Oriente a,Martino} ed i soldati armati di scudi, e quelli armati ,d asta, e la rimanente guardia di Belisario, delle cose di guerra pe ritissima , conceduti ad alcuni primati di corte, ed agli eunuchi, i quali tutti, tirando costoro a sorte, cos an che armati si spartirono tra essi. Oltreci agli amici, cbe dianzi si fossero in alcun modo interessati per lui, proib, di praticarlo. fu certamente miserabile spettacolo ed acerbo, e non facile a credersi, quantunque veduto da tu tti, Belisario, s grande dianzi, e allora ridotto a pri vato stato, camminar solo per la citt cogitabondo e triste, pien di timore divedersi ad ognistante insidiato e scannato. poich lAugusta avea udito che nell Oriente era una grande somma di denaro , la quale tenevasi a conto di Belisario, commise ad una deregii eunuchi che avesse a farla trasportare alla capitale. Queste cose l Imperadrice fece in grazia di Antonina r che volea male a Belisario; ma pi ancora per lamore, e la gratitudine, che a lei la legava a cagione di quanta quella avea fatto in ruina di Giovanni cappadoce. Ed ebbe poi spezialmente in id ea, che se una volta ad An tonina parqpse di chiederle in grazia il reo marito, e di

liberarlo da-tante calamit, egli tanto affltto, non soamente< si riducesse a deporre ogni disgusto clla mogH, ;natile fosse pubblicamente, e come in trinfo tratto -dietro * a^ guisa di un mancipio salvato dalla morte. E cotfrdlffafttt accadde. Una mattina Belisario, com era suo csfaitiey' re cossi- al palazzo di corte, accompagnato da poclifcsfrhfrservi,: abietti e sordidi. Presentatosi alFImperadenti i allAugusta, n avuto da essi il minimo CeAno ^ben ev o len za, anzi coperto di contumelie per parte {ttrluttmeed infami persone, verso sera sincammin flhcasay'per'istrada di tratto in tratto voltandosi indie4roi, 1 e' qua l guardando se per avventura sicarii si mresbero a dargli addosso per ammazzarlo. Poscia enttftoincam era tremebondo si assise solo sul letto, niun p e n siero degno i di uomo forte volgendo in m ente, e dimntico ' affatto di qilello chegli era stato.;Ivi rimane va!; tutto grondante di sudore sotto1 il peso dellesulcerato. animo, e pien di paura, e trepidante vilmente al limmagine della morte. Antonina aifatto ignara di que sto^ cbe nemmeno per ombra avrebbe potuto figurarsi, si andava traendo per le camere, allegando mal di sto maco, con ci volendo da pi grave sospetto allonta nare il marito: quando ecGO dopo il tramonto del sole dalla reggia venuto Quadrato, trapassato Patrio si pre sent improvviso alluscio della camera,* dicendosi dalla Imperatrice spedita. A tal detto Belisario perduta ogni forza de piedi e delle mani cadde boccone sul letto ^ in atteggiamento di lasciarsi uccidere : tanto ogni for tezza d animo lo avea abbandonata! Quadrato fermo innanzi .a lui tuttavia, teneva in mano una lettera del-

P Augusta che diceva cosi Quanto abbi fatto to n i li di noi, uom preclaro, tu lo ai. Ma Pessere io di assai tenuta a tua moglie, fa che a riguardo di lei ti perdoni i tuoi delitti, A lei conceder la tua vita. Per lei in ap presso potrai s di tua salvezza, che della tua fortuna sperare. Ma quale sii per dimostrarti verso Antonina, sappi che coi fatti tu avrai da dichiararlo a noi *=. Letti chebbe Belisario questi sentimenti, in tattaltr* omo per F allegrezza cambiossi;;e desiderando di avere Quadrato ancor presente a testimonio deHanimo suo,, a un tratto gktossi ai piedi della moglie y le prese colfe mani le gambe * , e or P a n a , e or Paltra pi anta bacian dole 7 lei autrice chiamava di sua salvezza, che lui y non m arito, ma schiavo in sempiterno avrebbe. Del tanto valsente p o i, eh7 erasi confiscato a Belisario , tre mila libbre d oro P Augusta attribu aHImperadore y e il rimanente a lu i, il cui caso* non fu dissmile da quello* di Geli mero e di Vitige 1che la fortuna gli avea conce*duto di soggiogare. C A P O VIIL
Teodora per impossessarti delle ricchezze di Belisario- stabi lisce il matrimonio della figlia di lui con Anastasia suo ni pote. Belisario spedito alla guerra Italia a patte che s nulla contribuisca P imperadore per le spese occorrenti Cattivo successo di quella guerra. Avarizia di Belisario.

Era assai tempo che Giustiniano e Teodora di mal occhio vedevano le immense ricchezze di Belisario, eoo-

Venienti piuttosto allerario imperiale; e vedevano con dispetto che de confiscati tesori di Gelimero ,.e di Vitige la massima parte da lui fosse stata altrove riposta , e la minima, e quasi di niuno importare, data alPlmperadore. Ma quel dispetto aveansi tenuto nel cuor loro celato per riguardo alle alte imprese da quel sommo uomo condotte a buon fine, e per timore decattivi gi* dizii, cbe di lor gli altri avrebbon fatti, massimamente non potendo allegate contro di lui alcun motivo. Ma quando 1 Augusta il vide s pieno di paura, e pronto a fare checch si volesse da lii^ con un atto solo trov il mezzo d impossessarsi di tutte le sue ricchezze; cio con. un parentado cbe immediatamente stipul^ e fu questo di -dare Giovannina, unica figlia che Belisario avea, in isposa ad Anastasio, che le era nipote per parte di una figliuola. Frattanto Belisario domand d essere rimsso nel l antecedente suo grado, e mandato capitano supremo dliesercito in Oriente contro Cosroe e i Persiani. Ma si oppose Antonina, dichiarando di non voler pi vedere quelle provincie, in faccia delle quali essa sofferto avea gravissime ingiurie. Per lo cbe Belisario, creato grande scudiere dellImperadore, venne per la seconda volta spedito in Italia, a condizione, dicesi, dallImperadore voluta, che per la guerra che dvea col sostenere, non avesse a chieder denaro, ma facesse del suo egli mede simo tutte le spese occorrenti. Sospettarono molti, che a questi patti venuto fosse Belisario collImperadore, e cos con Antonina si acconciasse, col pensiero, che tol tosi di Costantinopoli, padrone delle arm i, fatta al

cuna grande impresa , potuto avrebbe , secondo eh era degno di sua virt , arrischiare un giusto colpo contro la moglie, e contro quelli, che tanto lo aveano oppresso. Ma dimentico di ogni cosa sofferta , e del giuramento che lo legava a Fozio, e agli altri suoi famigliavi, tutto pendeva dall1arbitrio di Antonina, della quale durava ad essere ciecamente edardentissimamenteinnamorato, quantunque essa non contasse meno di sessantanni/ Giunto adunque in Italia, per disfavore del divino Nume un gran rovescio di cose incominci di giorno in giorno a soffrire. Nella prima guerra contra Teo dato e Vitige, per lo pi gli erano riuscite bene le misure che secondo le circostanze avea prese , bench paressero per niun conto opportune al caso. Ma nella seconda fu di parecchi opinione, che ottime misure realmente prendesse, come gi esperto di quanto una guerra in Italia comportava} ma andategli per lo pi malamente le cose, sorse e confermossi altro sentimento, cio, chele misure prese fossero cattive. Veramente bi sogna dire che le faccende demortali non dalla ragione umana , ma sieno rette da D io , comunque gli uomini sieno stati soliti a parlar di fortuna, conoscitori al cer to degli eventi, ma ignari delle cause, onde quelli pro cedono: dal.che^poi nasce che ove non trovano ragione de9fatti, tosto li spieghino per opere di quella.. Lascio per che ognuno su di ci pensi a suo modo. Dir in tanto che dopo la seconda sua spedizione in Italia Be lisario vergognosissimamente ne part , mntre per cin? que interi anni non gli bast V animo , conforme gi accennai, di prender terra coIT armata, n di ripararsi

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in alcun luogo forte. Egli nti fee continuamente altro ch andar correndo colJe navi su e gi rasente le spiag ge marittime. E quantunque imprudentemente Totila desiderasse di venire al fatto darmi con lui e con tutto V esercito de* Romani, non pot mai a ci ridurla : tanto era il timore, che preso avea Belisario ! Non ri par questi adunque in nissun modo alle disgrazie della Italia : che anzi di pi Jasciossi scappar dalle mani e Roma e le altre citt, che pur tcnevansi ancora a de vozione deliImperio. Non ricevendo egli poi in quella guerra alcun denaro dall erario imperiale, diessi ad irn1 avarizia profonda \ ed ogni suo studio rivolse a cer car la maniera di spendere il meno che gli fosse possi bile. Per questo quasi tutti gl Italiani, i Ravennati ? e i Siciliani, e quanti altri la fortuna gli di in potere , crudelmente spogli, multandoli, non so con che diritto, perfino de1pensieri della vita antecedente. Cos, volendo fare con Erodiano, il richiese di denaro, la richiesta accompagnando con minacce acerbissime, delle quali piccato quegli, il giuramento rivoc cbe dato avea a Romani ^ e le sue coorti ? e s stesso 5 c Spoleto3 af fid a. T otila7 e ai Goti.

C A P O IX*
Acerbit di Teodoni verso Giovanni nipote di Vitaliano : so* spetti di lui sopra Antonina, ed effetti seguitine. Infame condotta di Teodora per assicurare il matrimonio del ni pote Anastasio colla figlia di Belisario. Morte di Teodora. Violenza da Antonina fatt alla figlia. Imbecillit vergo gnosa di }Belisario*

Qui piaceirii narrare perch incominciasse ad alie narsi'da Belisario Giovanni ^ nipote di Vitaliano per parte i morella : il qual fatto gran danno cagion alle cose de Romani. Tantodio PAugusta portava &Germano, e tanto pa lesemente, che nissuno eoo lu i, sebbene figliuolo del /rateilo ctelPImperadore, ardiva pensare ad imparentarsi per via di matrimonio* E di fatto in sino a che ella visse, i figli di lui non trovaron nozze $ e Giustina, sua figlia, non ostante che fosse giunta ai diciotto a n n i, starasi ancora senza marito. Ora capitato a Costantinopoli per commissione di Belisario Giovanni, venne Germano in dotto a trattare con esso lui delle nozze della figlinola, sebbene Giovanni fosse di dignit assai inferiore. R co me furonsi acconciati insieme, pensaron bene di ob bligarsi con reciproco solennissimo giuramento a fare ognuno quanto potesse perch il matrimonio avesse ef fetto. Di ci la ragione fu, che grandemente diffidavano P uno delP altro $Giovanni perch conosceva di ambir pi di quello, cbe gli conveuisse; Germano perch di sperava di trovare parentado migliore. Ma acerbamente tollerava PAugusta un tal maritaggio;

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e ad impedirlo ricorse ad ogni genere di raggiro, e di ca bale. E come vide cbe nemmeno le pi gravi minacce Valevano a ritrarre dal proposito, luno o Paltro dei due, fece senza mistero alcuno pentire a Giovanni che il per severare nel divisamente gli costerebbe la vita. Obbli gato dopo ci Giovanni a ritornare in*Italia, si astenne dal praticar Belisario fino a tanto he,Antonina nou fosse partita per Costantinopoli, temendo le facili insidie di costei, Imperciocch non parveinal fondato ilsospetto^ che dallAugusta le fosse comandato di farlo ammazzare, considerato P animo di Antonina capace di tutto, e quello di Belisario piegato a far tutto a volere di questa donna^ Per la qual jeOsa, come gravissimo era il motivo della pau ra, cos fortemente questa comprese il cur di Giovanni, Allora adunque le cose1 romane , gi reggentisi, direta cosi, sopra un solo piede, interamente minarono. Di tal maniera procedendo la guerra de G oti, e Ve dendo Belisario disperati gli affari, preg l Itnpera dor ehe al pi presto gH desse licenza di partirsi dItalia } e come nebbe facolt, lietissimo si mosse tosto, dando laddio alF esercito, e alla Italia, che per la maggior parte lasci in poter de nemfci, con Perugia stretta da -crudele assedio, la quale , mentregli se ne giva, es sendo rimasta espugnata, ebbe, come gi narrammo , soffrire ogni genere*di calamit. Ma un altro infortunio intanto venne addosso a Be lisario giunto che fu a casa. Teodora augusta solleci tava le nozze della figliuola di lui col nipote Anastasio, a tanto che F insistere di lei con lettere su questo argo mento era divenoto gravissimo ai genitori, Per evkare

quel matrimonio essine aveano rimessa l clebraztotae al loro r i t o r n o 'qu&ado in fine furono cbiamati a C ^ stantinopoli, sebbene! navesse Belisario fatta tarUat istanza, dissera non'potere per allora partirsi d Italia! Ma Teodora sapendo , -ohe la fanciulla , non avendo Bel lisario altri.figli, n sarebbe stata lerede, voleva, coin gi'fu dett, che Anastasio avesse il possesso de beni di Belisario. Per non fidssi ella in questo affare di Anto nina; anzi temette y ohe se. a lei avvenisse-di m orire, quella donna non conservasse pi a riguardo suo la bene* volenza di cui in tante gravissime cse* avuto vea nQndob* bie riprove; e che niun attaccamento pi avesse pei* la fa miglia sua, e rompesse Il accordodianzi fatto. Dopoqo** ste considerazioni,.ecco lempio attentato chella esegu. Contro ogni pi sacro principio mette la donzella a con vivere col paggio, non senza fama che occultamente e per forza l^vesse fatta violare, affinch per la viziatura della fanciulla confermati gli sponsali, limperadorenoto, potesse opporvi impedimento. Ma anche dopo un tal fatto, da otto mesi convivendo insieme. Anastasio e la donzella, erano gi presi entrambi di mutuo ardentissimo amore. Limperadrice era moga quando Antonina approda a Costantinopoli. Essa istruita di tutto , finse pur d ignorarlo , o di dimenticarlo;.e nulla curando l infamia dello stupro, se dar potess ad tfh altro in isposa la.fi glia^ niun riguardo avuto al nipote di Teodora, dalla more di lui violentemente strapp la figlia bench scon tenta: il che presso tutti le diede concetto di donna ira* probissima. Giunto poi dallItalia il m arito, poca fatica ebbe , a farse per trarlo a parte di tanta scelleraggine. E

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la vra indole d Belisario allora finalmente si conobbe da tutti. Ognuno in addietro gli avea perdonato il. non avere tenuta fede a Fozio, e avarii suoi intrinseci, poi* eh sospettatasi che^ non: pelprsedomDo sull7animo suo della moglie, ma sivvero per paura della Impera* trice.mancato avesse. Ma poich questa era, .come si disse, morta, vedutosi senza riguardo alcuno a Fozio, e a7scoi famigliari, e prender legge dalla.moglie, e dal lenone Galtgono, tutti lo presero a'disprezzare, ed p bef farla come un insensato. Questi,furono, per dirlo liberam ente, i peccati di Belisario. C A P O X.
Perfidia di Sergio a ruina delie cose d?Africa* Egli rimane impunito :per ;la protezione che, gli accorda. Teodora* So omone fratello di costui assassina Pegasio , sito benefattore; e V Imperadore gli accorda un diploma di assoluzione*

: . Le cose fatte nellfrica da Sergio,.figliuolo di Bacco, sonosi a luogo/ opportuno raccontate. -Per' cagione di lui andarono male le imprese de Romani in quella pro vincia. Fu sua colpa, che la.fede sugli Evangelii giurata ai Levati venisse violata ; che.senza alduna ragione ibssero trucidati ottanta ambasciatori ( cosa che fra poco 6 d ir), quando n con frande andavano a Sergio, n v*era hiogo ad alcun sospetto. Eppure accolti a banchet to , rotto il giuramento, costui scelleratamente li uccise. E fu questa la cagione poi della morte non solo del ca pitano, chc era Solomone ; ma eziandio dei Romani e

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degli Africani. Estinto Solomone, tanto gU altri capi* tani, quanto i soldati ricusarono di arrischiare batta* glia ; e primo di tutti Giovanni di Sisiniolo, il quale si astenne da ogni fatto d armi sino all'arrivo in Africa di Areobinto; e ci in odio contra Sergio, essendo costui quasi imbelle e svenevole; e come di et affatto giovanile, cos pur di costumi, pieno 1 invidia e di petulanza verso tu tti, di vita effeminata y e vantatore superbo. Ma per- ch era fidanzato con una nipote di Antonina moglie di Belisario, V Augusta non volle mai gastigarlo, n spogliarlo del comando, quantunque vedesse cbe lA> frica andava a perdersi. Anzi essa, e PImperadore, as solvettero Solomone, fratello minore di Sergio, dal de litto di avere ammazzato Pegasio Il cbe come succe* desse, or brevemente dir. Dopo cbe Pegasio ebbe pagato ai Levati il riscatto di Solomone, ricondottisi i Barbari al lro paese ? costui con Pegasio , da cui era tato riscattato , e con picciol drappello di s e d a ti, s incamminava verso Cartagine. In quel viaggio Pegasio, cbe sapea qtale infamit Solomone aveste commessa, lo avvertiva a ricordarsi, che per divina opera poco innanzi egli era stato ritolto dalle mani degP inimici; ed egli mal sofferendo cbe gli pi rammentasse lo stato di libert come se dianzi fosse uno schiavo, improvvisamente assalt Pegasio, e Pampiazz : siffatto premio retribuendogli della vita salva* tagli ! Come poi fu giunto a Costantinopoli, fu dalPImperadore assoluto dellomicdio ? riputandosi che tolto avesse di mozzo un ribelle dell Imperio : al quale effetto gli fu spacflko un diploma. Scampato di tale maniera

dal meritato supplizio, lieta si rec nellOriente per ri* vedere la patria e i parepti: ma la divina vendetta b inseguiva^ e mor per istrada. Questo ci che riguarda Pegasio e Solomone. Or vengo a Giustiniano e a Tea* flora, per dire che soggetti fossero entram bi, e in quanti modi travagliassero i Imperio romano CAPO . I ' XI.

frincipii di Giustino? sue singolari avventura ; e cme perv-t nisse alTlmperio. Chi fo sst sua moglie, e quanto fass 9egU ignorante*

Teneva in Costantinopoli l imperio Leone , quando tre giovinetti nati nell lllirio, ed tisi a lavorare la ter ra , e furqno questi Zimarco, Ditibisto, e Giustino, a cui fu patria Bederina, per togliersi dalla estrema p? vert in cui erano, pensarono di darsialla milizia. Ven nero essi a Costantinopoli a piedi, coi saghi sulle spalle, entro i quali nulla fuor ch quafthe pane per alcun giorno aveano da riporre; e questo era tutto quello che recavan da casa. Messi dall Imperadore sul ruolo mili tare, poich erano di egregio aspetto , furono scelti per servir nella guardia del' monarca. Venuto poi all1imperio Anastasio egli spedi contro gl- Isaurii, i quali si erano 1 messi in armi, un floridissimo esercito , datone il co mando a Giovanni Gibbo. Questi fece metter prigione Giustino, fattosi reo di capitale delitto} e dovea di l a due giorni perder la testa, quando, siccome Giovanni stesso era solito a raccontare, questi ne venne ritenuto

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per essergli sembrato di vedre in 6gno u n o , cbe per H akezza,e 1aspetto della persona avea alcunch di pi prestante dell uomo, il quale gli ordin che fa cesse mettere in libert quello, che il d innanzi ave fattp carcerare. Risvegliato egli non fece gran caso di ci che veduto avea sognando. Nella notte susseguente, dormendo an co ri, vide ed ud le stesse cose ; e parimenti le trascur. Ma nella tera da quella stessa figura con atroci minacce gli fu replicato 1 ordine: ch di co stui , e de suoi parenti, disse essa, io avr bisogno, quando fia cbe salga in ira. E questa fu la ragione, per la quale Giustino scamp dalla morte. Coir andare del tempo Giustino sali a gran potenza, fatto prefetto dsldati pretoriani dallimp era dor Ana stasio : morto il quale, coll7appoggio'di quella prefet-? tura ebbe l Imperio, quantunque vecchio senza un ca pello, e quello che presso i Romani non -eresi dianzi veduto, cos ignorante di letterei e come dicesi analfabe ta , cbe mentre lImperadore suole scrivere le sole iniziali del suonom e -sulle A rte , quando comanda quello che dee farsi, egli n comandare, n comprender sapea ci che fosse, d comandare, o da fare : perci lasciava che Proclo , il quale lofficio esercitava del questore, e gli sedeva accanto, facesse tutto siccome piacevagli. Ma perch alcun segno della mano dell imperatore potesse sussistere, il magistrato, a cui spettava quest officio, immagin il seguente ripiego. Fece incidere sopra una tavoletta di legno ben liscia la forma di quattro lettere, che potessero legg.ersi latinamente, e quella sovrappo sta alla carta che volevasi firmata dall Imperadore, a

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lui lavasi in mano la penna intinta del colore, con cui gl9Imperadori usano scrivere T e altri la mano lenendogli quella penna aggirava per le forme di quelle quattro lettere, cio per le singole incisioni della tavoletta; e di questa maniera ottenuta dallImperadore la .firma s se andava* Questo era P Imperadore cbe i Romani avevano nella persona di Giustino. La moglie .di lui , k quale avea nenie Lupicina, era stata serva e barbara, e di lui^ che F^vea comperata, concubina, la quale sino alla morte gli fu.compagna nelPImperio* Giustino non pot fare a suoi sudditi n male n baie , es sendo nomo dinsigne stolidit unita ad infanzia som m a,, e a somma rozzezza. Ma ben fu aRomani autore di tanti e tanto gravi mali, quanti nepassati tempi non si erano uditi mai, per cagione di Giustiniano, figliuolo di una sua sorella, giovine ancora di et, e maneggia* tore di tutti gli affari dello Stato. C A P O XIL
Carattere infame di Giustiniano. Suoi primi assassinio Favo* risce la fazione dVeneti. Disordini di questi, e deiPrasinL Mode barbare introdotte. Delitti di ogni partito. La giovent se ne fa imitatrice. Il male Si estende dappertutto. Giustiniano premia , anzi che punire i colpevoli. Egli non fa che crcar denaro, e gittarlo.

Era Giustiniano facile s a rapire le sostanze altrui, che a far sangue : per lui niente ,essendo lo esterminare quanta pur fosse moltitudine duomini di ogni delitto inP m ocopjo

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nocenti.'Nilm pensiero fu mai in lui di conservare le' cose stabilite; sempre ceroava cose nuove; e dir tutto in una parola: era suo genio di appestare ogni buona Cosa. Pochi furono gli uomini , che potessero o fuggire non intaccatine, o intaccatine guai-ire da quella tre menda pestilenza, che negli antecedenti libri dicemmo essersi sparsa per quasi tutto P universo mondo , in pa ragone di quelli che ne rimasero vittima. Ma da Gi* stiuiano niuno tra tutti 1 Romani scamp, il quale come malanno apposta piovuto dal cielo, nessuno lasci intat* tor eh altri iniquamente lev di mezzo; altri, lasciando loro la vita, gitt in tal povert, cbe s1ebbero a desi* derare piuttosto ogni pi crudele supplizio: tanto senti* vansi miseri ! ad altri non perdon n le sostanze , n la vita. N bast a lui Faver messo sossopra il romano Imperio, ch volse le forze a soggiogare FAfrica, e F I* talia, onde trarre codeste provincie nella ruma stessa, in cui messe avea le altre a lui gi soggette. Appena erano scorsi dieci giorni, dacch avea il po ter nelle mani, che mise a morte insieme con alcuni altriA m anzio, primario fra gli eunuchi di Crte, dan dogli a delitto non altro che'qualche indiscreta parola contro il vescovo della citt: cosa che presso tutti il rend terribilissimo. ,E tanto pi che ppco appresso , dopo avere sotto pubblica fede, e solenne promessa dimpunit, chiamato a s Vitaliano, che avea aspirato alF Imperio; e dopo avere seco lui celebrati i misterii de Cristiani, eccitati sospetti, e creati disgusti, in mz zo alla Corte, lui e glintrinseci suoi trucid empiamen te, senza badare alla violata fede, che pur tanto debbe essere sacra.

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Brano, siccome fo gi detto 9 tra il popol due fa zioni. A quella de?Veneti egli si attacc, gi dianzi fat tasi am icale cos venne a confondere e turbare tutte le cose a segno, che lo Stato deRomani di gi declinante rovesci! I V eneti, quantunque e sediziosi e al cattivo suo genio in tutto ubbidienti, in mezzo alla crescente generale calamit pur furono riguardati per uomini mo deratissimi soltanto per questo che parcamente abusa rono della loro conceduta facolt di far male. Dal canta loro i Prasini, cbe ivano tumultuando , non si conten nero: ma come videro di potere, abbandonaronsi ad ogni misfatto , quantunque di tempo in tempo con occulti supplizi! fossero puniti: il cbe per ogni giornali rendea pi arditi. E come* accade, che gli uomini provocati da ingiurie volgono 1 animo a far peggio ; dallansa, & dagli eccitamenti, eh egli palesemente dava ai Veneti, tale pubblica tribolazione nacque, che .tutto il romna Imperio videsi s c o ? s q nelle sue sedi, come se danmici venissero devastate le c itt , o da tremuoti atterrate-, o da alluvione sommerse. Perciocch tutto qua e l fu tolto di posto, e rovesciati diritti e leggi, lo Stato intero della repubblica venne conquassato e confuso. Immantinente i faziosi incominciarono a coltivare la chioma , e in nuova, ed a Romani straniera moda , a tagliarla : lasciaronsi crescere la barba e i mustacchi, e questi ve nir lunghi all uso persiano : si rasarono i capelli sulla fronte, e alle terapia; e al di dietro lasciaronli andar liberi e sparsi, come facevano i Massageti: costumanza che fu chiamata unnica. Tutti-pi vollero vestimenti fatti con grande artifizio, e pi splendidi di quanto compor

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tasse il grado; e se ne provvedevano a forza d iniqui bottini. Le maniche de1 vestiti erano al pugno stret tissime ; poi crescevano alle spalle meravigliosamente larghe : cos che quando nel teatro, e nel circo a mano protesa gridavano, o come succede, eccitavano gli al* t r i , quella parte del vestito principalmente apaplavasi a modo da far credere davere s grande e robusta la persona, che avessero appunto bisogno di un tale abito per coprirla : non accorgendosi, che con s gonfia et vuota veste maggiormente rivelavano P esilit del loro corpo. E gli umerali, e gli stivaletti, e la maggior parte dell A calzatura presero pure dagli Unni, e coi' nomi usati dagli Unni queste cose individuavano. Per lo in nanzi quasi tutti in tempo di notile ed apertamente an* davano armati ; e allora si misero a portare in pieno giorno sotto Pabito nascosti e fermi al fianco i pugnali. Quindi sull imbrunir della sera raccolti in truppe, o nell aperto foro, o sotto i portici, qualunque innocua persona incontrassero, la spogliavano de pallii, delle cinture, delle fibbie d oro che avesse, e di quanto recasse seco: altri, dopo averli derubati, battevano ancora, onde non riferissero ci che loro era succeduto. ben da credere, che tutta la gente di queste ini quit acerbamente qua e l si gravasse; e che taP ora codesti assalitori non andassero senza mal incontro. Ma spezialmente accadde che la maggior parte delle persone incominci ad usare fibbie e cinture di ram e, ed abiti vili, non appropriati alla loro dignit > cos facendo perch gli ornamenti non fossero cagione, che alla vita di esse sinsidiasse; e restituivansi alle case loro

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prima che il sol tramontasse, e andavano i compagnia per essere meglio sicuri. Ma crescendo* sempre pi'il disordine, e niunamisura contro i perversi prendendosi dal prefetto della c itt , questi diventavano ogni giorno pi insolenti, atteso che quando fatta ampia la lienz del mal fare, i misfatti maggiormente crescono, non es* serido pi possibile estirparli coi supplizi^ e per certo impeto naturale i pi sieguono i cattivi esempli. Cos operavano i Veneti. Di quelli della fazione contraria alcuni si accostarono loro per la smania di vendicare sul popolo le offese ri cevute } altri si nascosero j molti furono presi o dai loro nemici, o dal magistrato che li traea alla morte. La cosa fin , che molta giovent della citt si associ a que malandrini, non che'dianzi fosse dintelligenza cori essi, ma o spronata dal sentimento delle sue forze, od allettata da iniqua licenza. N per certo v alcuna sorta d iniquit nota agli uomini, che in questo tempo non siasi commessa, e non sia rimasta impunita. Da principio erano presedi mira le persone della fa* * zione contraria : poscia si travagliarono anche quelle J che non aveano mai fatto male ad alcuno. Accadde an^ cora, che da molti corrotti col denaro, avuti i segnalij ne uccidevano i nemici, incolpando questi dessere Prasin i, quando non li aveano mai n conosciuti, n ve duti. E non pi commettevansi queste malvagit in mez20 alle tenebre edv occultamente 5 ma ad ogni ora del giorno, e in ogni luogo della citt, e sotto gli occhi delle persone principalissime, se vi si fossero a caso im battute. N veramente v era bisogno di andar circo-

spetti io cos fare, ove non era alcun timore di puni zione. Anzi parea occasione di acquistar gloria, e di mostrare fortezza, Tuccidere di un colpo chiunque sin contrasse disarmato. Nella quale tristissima situazione nissuno ebbe pi speranza di vita; e. il terrore, che preso avea tutti gli animi, facilmente faceva credere certa la morte , tanto pi che n sicuro luogo, n tempo pro pizio conoscevasi per lo scampo : ch la gente veniva senza alcun riguardo scannata ne templi pi augusti, e in mezzo alla celebrazione stessa de religiosi misterii. N v era caso di ricorrere agli amici, e parenti} ch infidi erano divenuti anche questi^ e molti perirono mas simamente per mano de loro pi intimi. Cos non vera caso di preservarsi dai colpi, mentre piombava improv visa la disgrazia sulle persone^ e nessuno avea tempo di soccorrerle. Niuna forza aveano le leggi, e le conyen-t zioni; niun asilo rimaneva : tutto facevasi turbolentemente e con violenza. La repubblica era caduta sotto una specie di tirannide, incostante, vero, e versatile, ma che ognora cominciava da capo. I principali dello Stato , perduti d animo, sentironsi dal terrre incusso da un sol uomo tratti in servit. I giudici nel pronun ciar le sentenze intorno alle cose civili, non tenevano pi conto di ci che le leggi avessero prescritto , ma del riguardo che i faziosi aveano pi per luno che per laltro delitiganti. Per un giudice era capitale delitto il non secondare quanto volevano i Veneti. Per ci la maggior parte de creditori si vide costretta a conse gnare ai debitori la scritta dell obbligo, in tal modo defraudati del loro denaro. Altri dovettero dare la li

bert ai loro servi ; le donne a cedere alle brame dfe mancpi, o ripugnando a soffrirne la violenza. E l cose giunsero al segno, cbe i figli d1illustri cittadini, postisi in congrega con codesta giovent s guasta, dai loro genitori a forza estorcevano e denaro, e qualunque al tra cosa. E si videro giovinetti impuberi, costretti anche reluttanti a patire gli scellerati abbracciamenti de fa ziosi poco meno che in cospetto de7genitori medesimi, giacch questi non ne ignoravanol ingiuria. N da tali violenze erano immuni le donne maritate. Narrasi di una non ricca di ornamenti, alla quale, mentre insieme col marito passava in barca di l del Bosforo ad una sua villa, codesti faziosi si presentaro no , e minacciosamente strappata al marito la trassero nel lor navicello. Nellatto, eh essa vi saliva, disse al1 orecchio al marito che stesse di buon animo, n temesse che a lei cosa indegna avvenisse : ch devi sapere, aggiungeva, che non permetter mai che questo mio corpo sia macchiato. E mentre quegli dolente 1 andava seguendo cogli occhi, la vide gittarsi in acqua, e rima nervi annegata. Pur queste, cose, che i turbolenti uomini ardivano allora commettere in Costantinopoli, meno angustiarono gli animi, che quelle che Giustiniano commise contro la repubblica. Minorasi gran parte del dolore che si .sof frenti una miseranda sventura, quando rimane speranza che gli scellerati abbiano dai magistrati, vindici delle leggi, la debita pena. Questa speranza sostenta il coraggio, onde i presenti mali pi facilmente si sopporta no. Ma quando gli uomini sono oppressi da colui ? nel

quale collocata la tutela pubblica, pi gravi riescono le loro disgrazie; e veduto non potersi sperarla vendetta dalla somma autorit aspettata, forza che cadano finalmen te in disperazione. Pecc dunque Giustiniano, io dico* non solo perch non si di cura delle querele degli af flitti , ma perch in cospetto di tutti egli medesimo pre* st mano alla facinorosa giovent, e larghissimi doni le fece; e parecchi di quelli, rei di tanti, e tanto pubblici delitti, prese asuoi cortigiani, e molti promosse amagistratij ed elev a dignit. E quello che succedeva in Costantinopoli, succedette pure in ogni municipio; poich un tanto disordine in quella citt incominciato, come una pestilenza invase tutto il romano Imperio, senza che PImperadore se ne pigliasse pensiero : nulla mosso nemmeno da ci che vedeva gli medesimo farsi sotto i suoi occhi nel circo. Mostrossi cos di prodigiosa stolidit, somigliantissimo ad un giumento da facilmente tirarsi per la cavezza, il qua1q altro in quel caso non fa che scuoter le orecchie. E mentre trascurava queste cose, venne a turbare. tutte le altre. E di vero, tosto eh1ebbe preso il principato dello zio , tutto il suo ingegno pose, e con mssuna dignit, a vuotare l erario pubblico che aveva in sue mani. Prova di ci quanto agli U nni, che spesso venivano lui, in ampli doni profuse, oltre le grandi spese he per essi faceva. Per questo poi le provincie romane si videro esposte alle incursioni de Barbari, i quali assag giate una volta le ricchezze romane ritornavanvi, n se ne potevano distaccare. Ebbe pur anche il capriccio di

gittare esorbitanti somme di denaro nella costruzione di moli marittime per rintuzzare la forata de fi ulti, e con enormi masse di pietre all impeto della correlilo del Ponto opponendosi mostrare pi. pertinacia egli medesimo, e cercar gloria lottando in certo modo co* gli sfarti delle ricchezze contra la violenza del mare. A sovvenire a Laute inutili spese tir a s da ogni parte le private sostanze de Romani , agli uni apponendo falsi delitti j agli altri senza vcrun fondamento dichiarando le loro fortune essere state a lui destinate in dono. E parecchi rei di parricidii, per iscansare !a pena dovuta per tali delitti, tutti i loro bem gli cedettero. Altri, clic senza nisstm titolo promossa aveano lite contro i vicini sopra fondi giustamente da questi posseduti 5 vergendo di non potere per virt delle leggi riuscir vittoriosi, ri nunciavano all Imperadore la causa, paghi almeno e di rendersi a lui senza pericolo noti c ben visti, e con quello iniquissimo loro procedere di opprimere i loro
avversarli,

CAPO

XIIL

Pittura di Giustiniano. NeUe fattezze si rassomigli a Domi ziano , rispetto al quale si narra un singoiar caso. Ne' vizii pare aver superato i pih tristi, e fatto male egli solo ai Romani pih che insieme tutti i cattivi Imperadori da essi avuti sino a lui.

Non sar, per quello che io penso, fuor di proposito il presentare i lineamenti della figura di quest1 uomo. Di statura non fu Giustiniano n alto troppo, n troppo pie-

colo: non eccedeva la giusta misura. N era egli gra cile j ma moderatamente pieno di succo, e liscio di fac cia j n senza avvenenza, poich anche dopo due giorni di digiuno appariva rubicondo In quanto alla fisonomia, dovendo con parole esprimerla, dir che rassomigliava assaissimo a Domiziano, figliuolo di Vespasiano, i cui improbi costumi i Romani provarono ta n to , che anche dopo che fu messo a pezzi, non estesero P odio che* gli portavano, poich per decreto del senato si ordin, che il nome di Domiziano non rimanesse nelle iscrizioni, n che si lasciasse in piedi alcuna sua statua. E di fatti n in Roma, n altrove si vede alcuna lapida che porti il suo nom e, quando in qualche luogo non sia scolpito insieme con quello di altri principi. In quanto poi a sta tue , in nessun luogo dell9orbe romano se ne trova, fuori duna in bronzo , eretta nel caso che sono per dire. Avea Domiziano per moglie una donna liberale di mo di , ed altronde onestissima, la quale mai non diede molestia ad alcuno, n danno ; n in veruna maniera avea approvate le scelleratezze del marito. Ben toluta da tutti, chiamata in senato perch liberamente dices se che cosa nelle circostanze in cui trovavasi, le pia cesse chiedere, si limit a domandare unicamente che le fosse permesso di dar sepoltura al corpo di Domi ziano, e di collocarne ove volesse una sola statua di bronzo. Concedette il senato quella domsmda ; ed essa per lasciare a posteri un monumento della crudelt di coloro j che aveano messo in pezzi il marito, fece quanto siegue. Raccolti i brani del corpo di Domiziano, ed uniti insieme y quello cos fatto intero fece vedere agli

artefici, 4 loro ordin che avessero a farne il modello^ onde trarne una statua di bronzo. cosi gli artefici fe cero} poi gittarono la statua, la quale essa colloc pre$* so il clivo capitolino alla destra di chi esce ^por col dal Foro ; e fine a questoggi quella statua rap p resala la figura e fortuna di Domiziano. Ora in codesta statua- pu chiaramente riscontrarsi la figura, la fistinomi#, e laria e i sensi di Giustiniano. Questa dunque lesteriore apparenza di lui. Quali poi fossero i suoi costumi, invano tenterei dirlo, dovendo contenermi in termini esatti. Imperciocch a chi gli si accostava, considerandone in sua mente tutte le iniqui t , n; col fatto , n colle parole presentava alcuna om bra di vero , intanto eh egli per era bene spesso espo sto agl inganni di tutti. E fu egli infatti uno strano mi scuglio di stolto e perverso ingegno. Voglio dire, che' veri fc ossi in lui quello che un non so quale dePeripa tetici una volta asser, che siccome nella mescolanza de colori, cos pure nella natura degli uomini succede che troYinsi negli uni e negli altri cose sommamente contrarie. Per iscrivere adunque ci che assai beile po tei riconoscere ^ fu questo principe dissimulatore, del vero a seggo, che niuno pi di lui riusc compitissimo artefice s in coprire le fraudi e gli sdegni segreti, s nellastuto operare, e nell occultare gli affetti dell a nimo. Non erano in lui necessari n letizia, n dolore per piangere: avea pronte le lagrime con arte ad ogni opportunit, e secondo che glie ne desse occasione il caso che gli si presentava* Ingannava clle menzogne; e quantunque facesse cos sempre, non per mai lo

faceva fortuitamente , ma a scritture firmate , e a fede data con religiosissime parole sopra cose gi convenu* te ; e ci anche co sudditi : dai p p tti, e dai giura- menti recedeva poi come i vilissimi schiavi, i quali al meno spergiurando riduconsi ad osservare i patti per Io spavento di un pronto supplizio. Fu incostante fogli am ici, coi nemici inesorabile : sitibondo ardentissima mente d oro e di sangue: tutto dato alle contese e alle cose nuove : facilissimo alle scelleraggini: incapace des sere colla persuasione tratto alle cose ottime : acuto in ideare, e fiero in eseguire i delitti; e per fino il nome di cosa onesta era a lui fastidioso. Questi , e parecchi altri vizii ebb egli oltre quanto comporti la perversit um ana, della quale negli altri la natura mette i semi , e in lui parve averla versata tutta ; poich di giunta fecilissmamente ascolt le delazioni, e senza ritegno cor se ai gastighi: mai non giudic a causa conosciuta, ma udito il delatore immantinente profer la ^sentenza ; e senza pensar pi in l scrivendo decret demolizioni di luoghi, incendii di c itt , saccheggiamenti di popoli: Ond che se alcuno si ponesse a riandare tutti i sin goli casi de Romani, e volesse confrontarli con quanto egli fece, io porto opinione che troverebbe assai pi stragi fatte da Giustiniano, che le commesse da altri in tutto il passato tempo. Contro le mute sostanze dei privati procedeva con avidit precipitosa ; n si diede pensiero di coprire le rapine degli altrui beni con alcun pretesto di legale apparenza. Le quali rapine entrate poi nelle sue casse, non avea in conto veruno, ma con pazza munificenza, e sejiza titolo alcuno, le profondeva

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al Barbari. E per brevemente conchiudere, n av e ad anaro egli, n permise che ne avessero gli altri : come se non lo appetisse solamente per avarizia, ma ancora per invidia verso coloro che ne aveano. In questa ma* niera sparite dai domimi de Romani le ricchezze, cre la povert in tutti. Tale era l indole di Giustiniano, se pure m riuscito di esporla con parole. CAPO XIV.

Nascita , condizione e costumi di Teodora, Giustiniano se ne invaghisce* Influenza eh*essa prende SulV animo di lui. Si. inazione de9pubblici affari in quel tempo. V Imperatrice . resiste perch Giustiniano non isposi quella meretrice : ma . dpo la morie di Eufema Giustiniano f a che V Imperadore abolisca la legge che poneva ostacola al suo matrimoni con Teodora, Turpitudine di tutti gli ordini.

Giustiniano ebbe per moglie tal donna, di cui or1ora dir la nascita e la educazione, e come divenuta sua sposa ruinasse lo Stato de Romani. Fu certo Acacio in Costantinopoli, preposto alla cura delle fiere dai Prasini mantenute per le loro cacce nel lanfiteatro, e chiamato comunemente lOrsaiuolo. Costui mor regnante Anastasio, lasciando orfane tre figlie, Comitona, Teodora ed Anastasia, la maggiore delle quali giungeva appena ai sette anni. La madre lo ro , toltole il marito ne cerc un altro che seco lei vivesse, e l officio esercitasse del morto. Ma accadde che Aste*

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r io , direttore della orchestra (i) de Prasini, per la gola di una somma di denaro mand via dellimpiego quelli che lo esercitavano, e chi l avea pagato mise senza verun ostacolo in posto loro : ch i direttori delle orche* stre avebno in ci fare ogni arbitrio. La madre vedendo un giorno molto popolo accorrere alle cacce, msse alle sue figlie in capo e nelle mani corone, le present al pubblico supplichevoli, tentando per questd modo riparo alla mancata fortuna ; ma Prasini rigettarono la supplica. La loro buona sorte per volle che anche i Veneti fossero rimasti senza chi curasse le loro fiere; e ne diedero P officio a quelle donne. La m adre, come le figliuole furono in et da potere starsi con uom o, essendo altronde belle fanciulle, le andava mettendo sulla scena, non tutte in una volta, ma bens a mano a mano che ci poteva convenire ad ognuna. Gomitona, la maggiore di esse, distinguevasi gi tra le prostibole (2) sue eguali. Teodora, che alla prima veniva dietro per la et, con maniche alle brac cia j come sogliono andar le servette, e vestita di una picciola tunica, la seguiva prestandole ogni opportuno servizio, e s incaricava di portare sulle sue spalle la seggiola , su cui Gomitona si adagiava ne circoli. Come poi giunse anch essa al fior della e t , e gi fatta ma tura, venne dalla madre destinata alla scena, e presto fu una delle prostibole, che gli antichi chiamavano Pia nipedi ; perciocch n fu trom better , n cantatrice,
( 1) Orchestra dicevano gli antichi quella che noi diciamo platea . (2 ) Si ritiene questo nome per pi decenza.

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n ebbe nell orchestra' alcuna pkrte propria 5 Aia ad ognuno che si presentasse, di tutta! la persona sfaceva copia a chi la trovava bella. Poscia si pose in teatro fra i mimi, e con essi si fece attrice delle varie fvle che per far ridere si rappresentavano, avendo essa no* tnrae ingegno pe frizzi e per le facezie : di modo che immantinente trasse a s gli occhi di tu tti, massime: che n verecondia era in lei, n mai pudore la ritener v a m a lasciatasi facilmente abbandonare ad ognilaz* zo ' impudico. Era in :ispezialit cos fatta, che riee* mendo a gote gonfie gli schiaffi, nalzava s scherzose e lepide querele ^ che faceva sgangheratamente ridere fritti; Per lo che i pi costumati uomini, se la incon-< travaso nel foro, cercavano di sfuggirla, tenendosi di potere partecipar della infamia di lei, se per avven tura soltanto toccassero colle loro le vesti sue : senza* dare^ chechi di primo mattino la incontrasse^ Pavea in cnto di tra uccello di malaugurio. Colle donne poi: deHo*dtesso teatro per innata lividissima tristizia com portavasi crudelissimamente. Dal teatro'di Costantinopoli and nella Pentapoli in-* sieme con Eccefcol tirio, prefetto di quella provincia, servendo ai piaceri di lui$ ed essendosene egli disgusta^ io, allimprovviso la discacci, sicch caduta in estrema miseria pe* viverefii costretta a prostituirsi come prima. Pass .di l a dirittura' in Alessandria: indi scorso tutto. lOriente ritorn a Costantinopoli, esercitando ovunque quel mestiere, che; chi vuole Dio propizio non-dee per mettersi di nominarlo. E certamente i demonii feeero che uissun luogo fosse salvo dalle impudicizie di Teo*

dora* Cos accadde che fosse nata ed educata questa fedi* mina, e che presso tutti gli uomini fosse Celebratissima oltre misura sopra molte cospicue meretrici. Ritornata adunque che fu in Costantinopoli, Giustimano se ne innamor ardentissimamente. Dapprima vi* vea con lei come con un amorosa, quantunque fosse stato inalzato al grado patrizio, trovando in essa tutta la sua delzia, per tal modo le fu facile prendere un grande ascendente sopra di lu i, ed accumolare enormi dovizie: perciocch egli , come fanno tutti quelli che. perdonai die? tro ad una donna, ogni vglia ne secondava, e di ogni rie? chezza la riempiva; con cbe vieppi erescea lamore. Lei ebb egli dunque compagna in rumare i popoli, non tanto in Costantinopoli, quanto in ogni luogo dell Imperio romano : massimamente che essendo entrambi della fa* alone Veneta, in potere di que sediziosi uomini aveano abbandonata la repubblica. Fermossi per altro alcun poco tanto male pel caso seguente. Era Giustiniano da lunga e pericolosa malattia attaccato a segno, che gi la voce pubblica lo diceva morto. Intanto dai sediziosi commettvansi a furia di tumulti i delitti che di sopra accennai; e di bel giorno venne trucidato nel tempio di s. So6a Ipazio, uomo per niente oscuro. Quel misfatto eccit una sollevazione, poich ognuno, prevalendosi della lontananza delllmperadore, arditamente le atro cit, e da s , e da altri sofferte, usava vociferare, rian dando insieme tntte quante anche le altre, che fossero state commesse in addietro. Portate adunque tutte que ste cose alla cognizione dellImperadore, egli scrisse al prefetto della citt , Teodoto Cucurbitino, onde ne fa

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cesse giustizia\e quel prefetto ricercati e imprigionati alcuni d e rei, contro di essi procedette siccome la legge comportava*5 e gli altri per. salvare la vita andarono a nascondersi, aspettati poi a perire insieme colla romana repubblica. Ma per caso veramente miracoloso risanatosi lImperadore , tent di ruinare Teodoto, come reo d incan tesimi e di veneficio; e non trovando fatti che lo fa cessero presumere tale, spinse alcuni famigliari di lui , stati aspramente battuti, a fargli contra false denuncie. Or mentre nissuno degli altri senatori si opponeva a questa iniquit, ridotto ciascheduno a deplorare in suo segreto le trame ordite contro Teodoto. , Proclo que store ardi dire essere quelluomo innocente, n doversi a veruna punizione condannare. Ma per decreto imperiale fu deportato a Gerusalemme } e col avendo udito essersi mandati sicarii per ammazzarlo, finch visse stette nascosto nel tempio, ed ivi mor. Cos and laffare di Teodoto. Vqro per, che i sediziosi in appresso divennero moderatissimi sopra tutti, perciocch si astennero da tali scelleraggini, quantunque , tanto braccio avendo, potessero con maggiore audacia abusarne. Dir per al tro , che poco dopo niuna processurasi fece contra al cuni che aveano ardito commettere gli stessi capitali delitti ^ e ci avvenne perch i prefetti permisero ai colpevoli che doveano essere puniti, la facolt di na scondersi: colla quale indulgenza al certo davano ansa ai malvagi d insultare alle leggi. Finch visse limperatrice Eufemia 9 niun artifizio
Paocopfo

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giov a Giustiniano per fare che Teodora gli venisse fi* danzata ; e su questo punto-quella principessa fu infles sibile , quantunque in ogni altra cosa ampiamente gli compiacesse. Era Eufemia donna da ogni perversit lontana, ma come, conforme io dissi, era barbara di stirpe, cos inetta dindole, e rozza di cstumi comera, non fu capace di virt, e nel maneggio delle cose dello Stato fu pienamente imperita. Non port nella reggia il suo nome proprio, che sarebbele stato d ignominia , e le si diede quello di Eufemia. Essa non molto dopo mor. Giustino per la somma decrepitezza ridotto ad essere poco meno che scemo, ed affatto inetto agli affari, era divenuto il ridicolo de suoi sudditi, che lo aveano in pieno disprezzo. Tutti per paurosi ossequiavano Giu stiniano, che senza alcun timore con isfrenata licenza pesava sopra gli altri. Prese egli allora a macchinare per isposar Teodora ; e come un antica legge proibiva ai senatori di prendere in moglie una meretrice, fece che P Imperadore con una nuova costituzione quella legge abolisse. Ci ottenuto spos Teodora,. aprendo cos P adito agli altri di contrarre matrmonii cotanto infami. E da quel punto incominci ad affettare l Im perio , e ad esercitare la tirannide, coprendo la vio lenza sotto il pretesto del bisogno che v era di gover nare. Fu dunque proclamato Imperadore deRomani in sieme collo zio; n dico se ci fosse fatto legittimamente, giacch per ottenere quella proclamazione fu impau rito e minacciato il senato, e il popolo tutto empiuto di terrore. Presero adunque la signoria Giustiniano e Teodora

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il terzo d innanzi alla solennit della Pasqua; in un giorno cio, in cui non permesso augurar n salute n pace ad alcuno. Poco dopo Giustino mor di malat tia , avendo regnato nove anni ; e iodi Giustiniano solo con Teodora regn. Nells^ condizione che si detta, nata allevata educata, Teodora senza alcuna fatica ascese al trono imperiale , non essendosi del matrimo nio con lei Giustiniano vergognato, quando avrebbe por tuto nella universa ampiezza del romano Imperio sce gliersi in moglie una donna nobilissiinament% nata so pra tutte, in alta famiglia educata, abituata al pudore , insigne per pudicizia, elegantissima di forme, e vergine di corpo, e in ogni cosa compitissima. Ma volle piut tosto far suo il comune obbrobrio degli uomini, non avendo di tante infamie vergogna, non ribrezzo degli abbracciamenti di una donna macchiata daltre scelle ratezze, e rea di tanti parricidii, quanti erano gli aborti di fanciulli, eh essa s avea spontaneamente procurati. N per certo a far conoscere il carattere di Giustiniano penso io che manchi alcuna cosa, poich questo matri monio solo abbastanza dimostra i vili e pravi affetti del1 anima sua, e prova i suoi perversi costumi. Imper ciocch colui che non teme di coprirsi di disonore che viene dalle cattive opere, e non sente 1 esecrazio ne , di cui oggetto presso gli altri \ un tal uomo cer tamente non si vede pi impedita alcuna via alle scel leratezze: ch anzi con isfrontata audacia facilmente precipita ad ogni pi detestabile iniquit. Niun senato re , che vedesse tanta macchia farsi alla repul^lica, pens ad impedire quella infamia; e stava gi sul punto

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di venerar Teodora come se fosse una divinit. Ni mio tra i Vescovi mostr di rimanere dolente, reggendosi di doverla chiamare signora. E coloro, che per V addietro aveano nel pubblico teatro veduta Teodora, a mani aU rate svergognatamente si dichiaravano suoi servitori. N il soldato, che pure in appresso era per gire ad arri schiar la sua vita per Teodora; n alcun altro insomma tra gli uomini, ripugn a tanta ignominia. Perch sif fatta turpitudine si compisse, pare a me che tutti con corressero a darvi mano. E videsi allora in certo modo la fortuna ostentar le sue forze, comprovando con tal fatto che arbitra essa delle umane cose le modera senza che in queste si sieguano le ragioni di convenienza; giacch con temerario potere essa in un subito, se vuole, fa quello che parea impossibile a farsi ; n patisce resisten za nelle operazioni sue, ma tutti appiana gli ostacoli che le si oppongano ; e procede sicura al suo scopo, qualunque questo sia : intanto tutti gli uomini alzansi innanzi a lei, e lascianle libera la strada. Ma queste cose non debbonsi credere fatte e dette, se non nel rispetto deDa provvidenza di Dio.

lol CAPO XV.

Ritratto di Teodoraf Giqsliniano ed essa governando in co* - mune fingono sentimnti diversi e contrarii ; perch* Con* steguenze di questa loro condotta. Giustiniano incomincia daVinnovare e confondere"tutti gli ordini stabiliti, o ne Cambia i nomi* Oso che Ja deW oro y m qualunque mode racclto, Mette ih guerra tra loro i Barbari, e li allettit alle incursini sulle terre del? Imperio. Compra la pace% poi la rompe.

Era Teodora. leggiadra di volto e piacente, pallia detta alquanto , con occhi assai vivi, piccola di statura, e ne moti della persona vivacissima. Se alcuno volesse narrare quanto fece sulla scena, avrebbe a dir tantq che glie ne mancherebbe il tempo. Ma col poco, che disopra toccammo; credo aposteri essersi detto quanto J>asti onde ne sappiano i costumi. Ora esporremo in compendio quello che da lei e dal marito fu fatto, giac ch nella condotta degli affari tutto fu comune ad entram biancorch per molto tempo, ed assai studiosa mente cercassero di far credere a tutti di avere avute opinioni diverse, e contrarie cure. Ch finalmente seb be a toccar con mano qualmente essi a bella posta adot tarono questa specie di simulazione perch i sudditi > avendo d essi incerta opinione, non fossero tratti a se* dizione ; e di ci vi potrebbe essere stato pericolo se 1 } avessero creduti nelle loro risoluzioni d accordo. \ Da principio adunque, cos fingendo, i Cristiani ingan narono , gli uni gi dagli altri discordi, e nelle quistio-

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n i, onderano tra loro divUi. siccome in appresso di remo , vieppi riscaldarono. Teodora poi mostr in ogni maniera il favore eh essa dava ai Veneti, permettendo loro gni pi atroce impeto di violenze e di scelleraggini contra i loro avversari! quante mai volessero. Giu stiniano finse di mal volentieri soffrire una tale condotta, e di sdegnarsene, e di rioil poterenemmeno con. espressi comandi contenere la moglie ne giusti termini. Qualche volta volle parere di usare risolutamente delia sua au torit; e decretava che si punissero i delitti deVeneti. Teodora allora mostrava di riprovarne la delibera zione, e con iniquo animo andava dicendo saerc stata dal marito delsa. Ma, siccome dissi, i Veneti knostrarons moderatissimi, poich di fatti facevano agli feltri meno male di quello che avrebbero potato trapu* treni ente fare ad essi f Nelle eause civili, per simulazione pur anche, uno dessi favoriva* ad uno de litiganti, e l altro all-altro i da ci veniva che quegli vincesse la cansa, che avea meno ragione $ e cos i principi guadagnavano la mag gior parte di ci d che litigavasi. Molti accolti nella famigliarit di Giustiniano ottenevano di poter fare nelle cariche pubbliche e disfare, e violentemente e scelleratamente, qualunque cosa loro piacesse; ma poi ch si fossero sommamente arricchiti, o tosto che dessi Teodora si chiamasse scontenta, erano trattati da in fedeli. In principia egli con ogni apparenza d impegno dichiaravasi sostenitor loro; ma in fine ritirato ogni se gno di benevolenza, quello stesso impegno diede luogo a tumulti; e Teodora allora fieramente incrudel con-1

loj tro di coloro; e il Principe dandosi laria di non sapere clie cosa a danno loro si facesse, impudentemente pren* deva possesso di tntta la loro sostanzi. Con queste ar ti , d accordo fra di loro , e palesemente mostrandosi in aperta discordia, gli animi desudditi traendo a di versi concetti, pi saldamente si assicurarono nella . loro tirannide. ' Giustiniano salito sul trond tosto prese a confondere tutte le cose, ad introdurre nella repubblica quanto dalle antiche Jeggi era stato proibito ; e ad interdire quan to dalla consuetudine era consecrato come se il. reai manto avesse indossato per voltar faccia alle cose. Egli abrog le forme-stabilite de9magistrati, &le leggi, e gli ordini militari ^ ed altre regole introdusse , non da gi sto diritto indotto , n dalla considerazione del pubblico bene, ma dalla vanit che tutto foss^ nuovo, e tutto por-, tasse il suo nome. Per questo alle cose che immantinenti non potesse abolire, diede ad esse per lo meno uni de nominazione sua. Non pot mai satollare la fame chegli avea del sangue e dell oro : perciocch fatto bottino di quanto nelle opulentissime case duomini denarosi po teva raccogliere, movea ad assaltarne degli altri ; prodi galizzando poi subito le rapite dovizie ai Barbari, o git"tendole in pazzi edifzii. Cos macchiato del sangue di crude, stragi, parecchie altre ne movea nell animo, nuove insidie studiando. I Romani erano in. piena pace colle nazioni straniere ; ed egli da furor sanguinario agi tato , impaziente di riposo, tutti da ogni parte i Bar bari mise alle mani {ra loro; e senza ragione as.chia mati i capi degli Unni, con istolta munificenza diede

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loro enormissime somme per conciliarsene, diceva, ed assicurarne 1 amicizia : cosa che dicemmo avere anche ftta vivendo Giustino. Le quali somme poi avute, que medesimi altri capi e le turbe loro eccitavano ad entra re nelle provincie dellimperio, e a saccheggiarle, per vendergli anchessi a peso d oro la pace. N tardarono questi a depredare le citt deRomani, e ad ottenere con ci dalPlmperadore per s bel merito gli stipendi!; e a quesecondi altri succedettero devastatori egualmente del** le stesse gi devastate terre, i quali carichi pur di bottino dal munificentissimo Prncipe traevano ancora la mer cede delle loro incursioni. per dir tutto in poco, niun tempo essi frapposero tra l una e l altra incursione, e tra l uno e l altro devastamento, queste cose succe dendosi con perenne giro. Imperciocch molti essendo i capi de Barbari, e molti i luoghi, ne quali allintorno stanziavano , la guerra era fatta loro ordinria faccenda per le smoderate largizioni appunto dellImperadore in cominciata , e tale poi divenuta da non avere mai fine, poich sempre si tornava da capo. Cos a quel tempo non vi fu paese deRomani, non monte, non caverna, salvi da saccheggiamento ; e a molte provincie tocc dessere fino a cinque volte, ed anche pi devastate. Siffatti mali da costoro recati, e dai Persiani, dai Sa* raceni, dagli Sciavi, e da altri Barbari, io narrai nelibri antecedenti ; n ad altra cagione possono tutti ri ferirsi , che a quella, che ho qui notata. Gran denaro spese per istabilire la pace con Cosroe; poi ostinata mente seguendo il suo capriccio, senza alcun motito ruppe il trattato, con ogni genere d intrighi, e di

loS sforzi fatta alleanza con Alamundaro , e cogli Unfii > , eh erano socii e confederati de Persiani : il die ini.ri cordo d avere gi detto a luogo debito. ; C A P O XVI.

Giustiniano per avere denaro ordinar a* tutti i stotCaru di b~ bandonare i loro dogmi sotto pena di perdere i loro bni Estende la Ugge ai Samaritani,..e 'ai Gentili. Sedizioni, stragi, fughe , orrori. Processi per turpi amori. Crudelt contro gli Astrolog Come egli e 'Teodora usurpino i beni d Senatori t e di ogni ricca persona. Le loro scelleratezze li fanno sospettare demonii piuttosto che creature umane, Dicerie in questo proposito,

E quasi nel tempo stesso a renna de Romani suscit sedizioni e guerre, onde in tutte le provincie, eoa diverse arti empiute di sangue > pi ricche spoglie co gliesse. Hanno vi in tutto T Impero romano parecchie sette di Cristiani non approvate, e volgarmente dette eresie ; quelle de Montanisti, de Sabbaziani, e di altri molti, che le menti degli uomini travvolgono. A tutti questi Giustiniano comand che avessero ad abbando* care i loro dogmi ; e a chi cos non facesse, tra le al tre cose colnmin che non avrebbe potuto lasciare i suoi beni n a parenti, n afigli. Ne9templi di qesti chiamati eretici, e spezialmente in quelli degli Ariani, conservavansi ricchezze, le quali niuno potrebbe credere quante mai fossero. Ch n tutto intero il senato, n altra classe principalissima dellimperio^ in fatto di rio

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chezze poteva stare a fronte di que templi ; pieni es sendo di sacre suppellettili, doro, dargento, di pietre preziose , con ogni sfoggio di opulenza , e con abbon danza anche maggiore della opulenza stessa. E nrano pienissime inoltre le case , e i borghi; e dappertutto savean possedimenti di terre, e di checch altro presso gli uomini & i' ritiene per dovizia; e perch nissun principe mai v avea posto mano, od impedimento di alcuna sorte; ch.anzi a molti virtuosi uomini per oc casione darte, o distituto , da quei fondi si erano somministrati soccorsi, ^e quanto fosse necessario alla vita. Tutto ci adunqye, che in que templi .era, o che. ad essi apparteneva, fu confiscato, e divent bottino di Giustiniano imperadore! Dopo tutto questo a moltissimi fu tolto di vivere. Altri da sgherri qua e l mandati, ove fossero clti, erano fossati ad abjurare la fede dai loro padri ricevuta. La -qual cosa, riguardata da contadini come una empiet, fece che pensassero di opporsi a chi ci loro predicava. Ma questi dai popoli alzatisi contro di loro, qua e l vennero trucidati ^ intanto che altri presi da insana su perstizione si ammazzarono colle proprie mani. Una parte poi a torme si prese bando dal patrio suolo. Nella Fre gia i Moivtanisti chiusisi ne loro templi, e a questi at taccando fuoco, preferirono di perire abbruciati coi me desimi. Da quel tempo non si videro pi in ogni verso deli Imperio romano che fughe e stragi. E come la stessa legge si applic pur anco ai Samaritani, tutta fu in tumulto la Palestina. Per lo che quelli eherano in Cesarea presso di noi, o nelle altre citt di quella

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provincia , riputando indegna cosa il sottoporsi a tanti guai per nn dogma, che per loro non valeva pi di qua lunque altro, mutato nel nome cristiano che potevano assumere, quello che portato aveano fino allora, eoa questo mezzo scansarono i pencoli, in che la nuova legge 1 metteva. Per quelli?, che pi fortemente pen savano , non abbandonarono gli atfticbi riti; c l maggio* parte nonptendo tollrare d essere contra la loro vo lont costretti a disertare dalla religione degli 'avi, si trasse immantinente a1 Manichei, e a quelli che clifarmansi Politeisti; In quanto a contadini, unitisi insieme $ prese le armi, creatati si in imperadore un ladrone di nome 'Giuliano j figliuolo di Sibar ; G. vennero a Battaglia co goldati, e per qualche tempo la vittoria fu incerta t se non che in fine sconfitti, insieme col loro capo fu rono trucidati, dicendosi che 5n quella hattogli'a peris sero cento mila persone. Spoglie per taj faito di colti*vatori ^ampagti#1 eh rano singolarmente feracissime grande perdita bbfer soffrite i Cristiani ctoe Aerano i padroni : ^i quali mentre dafte terr loro non^ avan p$ frutto j ddvean pure lannua gabbila pagajr&irimh jptfrdre, t fortiipimbrj e senza trovare nella Esazione alcun limano frfguardo. > . . Fattoqaeslorispetto agli Eretici, Giustiniano'rivolge la sua sevizie contic i Gentili^ ove uccisi, ove di gni sostanza spogliati i tra i quali quelli che' si ftcero Criottani, giacch a tal passo ern ridotti per sola appa renza onde sottrarsi a tante calamit, furono poi sor presi-, ed arrestati tra i libamenti e t sacjnfizii, e Tem pie loro superstizioni. Diremo in appresso quanto Giu stiniano commise contro gli stessi Cristiani.

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' Dopo queste cose egli proib i turpi amori dei ragazzi ^ non con legge cbe espressamente egli facesse, ma ri chiamando in giudizio quelli , cbe assai tempo prima erano stati notati di quella macchia ; e eonjtro d essi procedette affatto indecorosamente, poich, li put&senaa che alcuno avesse fatta querela r e sopra la. fede di un testimonio unico, o*ragazzo, o per lo pi serro, ed anche remiente, e forzato a testificare coltro il suo pst* drone: csi dicevasi essere la causa comprovata ! I ri tenuti pbi rei di tale delitto pubblicamente erano sotto posti per ludibrio al .-tagli delle pudenda. Non per tutti sul principio si us questa severit : tua non ne ^campa rono n quelli che, appartenevano alla fazine de Prar sini, n-quelliche javeano fama di gran, facoltosi 5 n quelU eh erano in dispetto al Principe. * ' ........ - ' Gtustfaiano odiava gl* Astrolog e qttfesti il magistrati 4he d^eaf&r g^stiwadeMatrQQinii^ewnessi^a^w& veccliiiTd l, e uomini di eccellente condotta, fece condurre per tutta la citt sopra >ctaeHi e frustare, fatti cosi infame spettacolo solamente per questo che essendo pesiti nella scienza degli.aktri, .non doyeano, diss^egi y vivere in estti. Per tutte queste persecuzioni una grande moltitudine duomini uon tol&mente pass a B arb arim a cerc d internarsi pressa le nazioni' pi lontane dall, orbe romano, E, in fciasphedui*a procacia citt, avresti vedati accorsi inpUissrat* ed insieme uniti per emigrare in estranei paesi onde a tat>te perse-euzioni to g liersin o n diversamente che se la loro pa tria per nemica devastazione fos$e rimasta deserta. Di questa maniera i pi ricchi senatori, i quali erano

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o m Costantinopoli, 0 in altro citt, furono di tutti i lro bni derubati da Giustiniano e da Teodora. Come poi i senatori potessero essere da essi spogliati di Ogni loro fortuna , sono ora qui per dire. Trovavaai allora in Costantinopoli Zenne, nipote di quell7Antenaio, che in addietro era. stato Imperadore di Occidente. Questo Znone gli Augusti con loc segrto fine nominarono governatore deUEgitto, e col mandaronlo. Gi caricata la nave andava egli di giorno in giorno differendo la sua partenza, e copia immensa dargent, e vasi doro tem pestati di gemme, di smeraldi^ e di pietre di gran prez zo, portava seco. Essi; inducono alcuni che tenevansi fedelissimi a Zenone, a trar prima delta nave ogni cosa preziosa , e poi darle fuoco, dicendo a Zenone che pel fortuito incendio tutte quelle sue ricchezze erano perite. Poco dopo Zenone mor all improvviso; ed essi subita mente andarono al possesso di ogni sostanza di lui in qualit di eredi; e produssero tavole, le quali era fama che da lui in nessuna maniera fossero state scritte. . Con questo stesso artifizio si fecero eredi di*Taziano, di Demostene, e d Ilara, personaggi, che e per altri titoli e per dignit erano i primi nel senato romano. Di altri non con tavole testamentarie , ma con false let tere occuparono le sostanze; Cos si fecero eredi di quel Dionigi, chevivea presso il Libano, e di Giovanni, figliuolo di Basilio, uomo chiarissimo fra tutti quelli di Edessa, J 1 quale, siccome negli altri libri narrai 4 da Belisario, contro il proprio volere, stato era dato ai Per siani in * ostaggio. Cosroe lamentandosi che da7Romani non fossero state osservate le stipulate convenzioni, ri-

Ilo cusava di restituire Giovanni datogli per sigurt, salvo che a patti con cui si restituiscono i prigionieri. Laonde la zia di Giovanni, la quale era ancor viva , tnevasi pronta a pagare pel riscatto del nipote due mila libbre dargento. Saputo che Giustiniano ebbe come quella somma era stata trasportata a D ara, proib che si con* venisse oltre coi Barbari, dicendo non doversi le rie-* chezze de Romani di tal maniera dare a quelli. In quel frattempo Giovanni preso da malattia di languore mor; e il Governatore di Dara finse una lettera di Giovanni j come a lui suo amico di recente scritta, colla quale dichiarava erede il Principe di ogni sua sostanza, e que* sta essere 1 ultima sua volont. . Ma difficile dire di quante persone si facessero da s stessi eredi. Prima che seguisse la sedizione altrove rammentata, di ciascheduno in particolare de Vittori ati ricchi essi si attribuirono ibeni; e quando quelli insor sero, confiscate in massa le facolt di quasi tutte le persone dellordine senatorio, di esse tutta la suppellet tile, e l possessioni migliori a loro arbitrio occuparono. Quelle poi chiamate decumane, soggette a gravissimi tributi, per una specie di umanit ai padroni restituiro no 9 i quali, vessati dagli esattori delle gabelle, ed op pressi dalle continue usure a cui aveano dovuto soggia cere, ridotti erano a loro malgrado vivere, vedendosi ritardata la morte. Laonde e a me, e alla maggior parte delle persone del mio rdine, codesti due noi} parvero mai uomini, ma perniciosi demonii, e funestissime pesti, accordatisi tra loro onde ben presto minare tutte le generazioni e tutti, gli affari; e vestiti bens di umane

sembianze, ma in sostanza vere furie mezzo uomini, sorte a travagliare e a metter sosopra lunivers mondo* . Il che e daltronde pu facilmente argomentarsi, e dalla qualit delle strane scelleratezze, nelle quali i demonii di gran lunga superano ogni ingegno ed. ogni tentativo umano. di vero quantunque nepassati secoli sieno vissuti uomini, o per natura, o per circostanze oltre ogni misura formidabili, i quali citt, provincie, e con trade intere abbiano maltrattate ; niuno per fuvvi che da fondo in colmo sovvertisse il genere umano, e luni verso mondo, siccome fecero questi due. Ed ai crudeli loro attentati in ruinar gli uomini si prest ministra an che la fortuna, perciocch ift quel tempo medesimo, siccome or ora dir, tante , e s grandi devastazioni av vennero e per tremuoti e per pestilenze e per allu* vioni, che come queste, anche le accennate iniquit paiono di tutt altri opera che di uomini. Ma vero egli che la madre di Giustiniano dicesi aver raccontato ad alcuni suoi intrinseci non essere egli stato prole di Sabbazfo suo marito, n di alcun altro uomo , ma che prima dessere di lui incinta molte volte venne a lei una specie di Genio, che non per veduta, ma per con tatto solamente conversava con essa e giacevasi; e come se fosse stato il marito la trattava, e di poi quasi per sogno spariva. Alcuni camerieri danimo purissimo, dissero che mentre di notte stavano pteso a Giusti niano parve loro di vedere in vece sua linsolita larva di un Genio. Ed uno di essi affermava aver veduto Giu stiniano tutto ad un tratto dalla sedia reale Alzatosi, giacch non era mai solito a star lungo tempo seduto,

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porsi a passeggiare, ed allora svanita sul momento per Paria la testa, col rimanente corpo continuare il pas$eggio: di che egli stupefatto, ed accagionando i suoi oc chi come infermi, in fine poi avea inaspettatamente se data la testa riunita al* corpo. Un altro rammentava, cbe stando innanzi a Giustiniano il quale sedeva, avea os servato che la sua faccia in un istante cambiavasi in un pezzo informe di carne, senza sopracciglia, senza alcun segn del sito ove stanno gli occhi, senza infine alcuna vera fisonomia ; n molto dopo avere poi veduto appa rire certe fattezze del volto. Scrivo cose non vedute da n e , ma seriamente a line affermate da altri che diceva no averle vedute. Narrasi ancora, che un monaco assai grato a Dio, indotto da quelli che seco lui viveano in solitudine, a venire a Costantinopoli per trattare la causa di popolazioni vicine, le quali per violenza, e contra giustizia erano travagliate, avendo avuto facile accesso all Imperadore, giunto alla soglia della camera, ne avea sullistante ritratto il piede, ritornando sulla strada fatta prima, L eunuco che stava all uscio, ed altri che ivi erano, grandemente lo pregavano che si fermas se , ed egli simile a uomo impazzito , senza nulla ri spondere , a dirittura s era nascostamente ritirato alla sua solitudine. come poi i suoi compagni gli doman darono la cagione di tale suo fatto, apertamente con fess loro aver veduto nella reggia sedersi in trono il Prncipe dei demonii, a cui non avea avuto coraggio n di'accostarsi, n di porgere preghiere. Ed io in vero non so chi non credesse di vedere una orrenda testa di furia, considerando lui, che quantunque perdutamente

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dato ai piaceri di venere, s) poco us nel bere, nel man giar , nel dormire, che gustata appena or luna or laltra vivada , come dir, la notte quasi intera passava scor rendo per tutta la reggia. In quanto a Teodora, di lei, mentre frequentava an cora la scena, i suoi amorosi raccontarono come veni vano gi dalla volta della camera notturni folltti, e per la stessa via ritiravansi dopo essere stati con essa molta parte della notte. E di lei pure altra notabil cosa raccon t una piccola saltatrice de9Veneti antiocheni, chiamata Macedonia, stata potente presso Giustiniano a segno che anche vivente Giustino, secondando essa la cupidigia del nipote lo eccitava a levar di mezzo gli ottimati dellOriente, e a confiscarne i beni. Diceva dunque co stei qualmente, salutando Teodora la. quale veniva dal l Egitto e dallfrica, e vedutala tribolatissima per le ingiurie ricevute da Eccebolo, e per la perdita di dena* ro che in viaggio avea fatta, volendo essa confortarla collinsinuarle a sperare nella fortuna, la quale poteva darle di nuovo grandi ricchezze, rispose: in quanto a ricchez ze , in quella stessa notte esserlesi in sogno ordinato di non pensarvi per nulla ; ch giunta a Costantinopoli sa rebbe ascesa al letto di un Genio massimo, e che collarte sua sarbbesi congiunta con esso lui in ndo maritale $ e con ci avrebbe avute tutte le ricchezze desiderabili. Tali erano le cose, che da assaissime persone crde* vansi.

P hOCOPIO*

CAPO

XVII.

Pi specificatamente si espongono i vizii di Giustiniano. Sua piet ipocrita e sanguinaria. Adulazione di Triboniano. Fal sit di Giustiniano .* sua leggerezza e versatilit. Sua avi dit. Non fa conto che de' soli scellerati. Si arroga tutti gli officii de*ministri, de*magistrati, del senato. Fende le leggi e i giudizL Seduzioni di Leone cilice. Infame Carattere di costui. #

Quantunque per Giustiniano fosse <lc costumi che si sono detti, a tutti mostrossi accessibile e dolce, cos che mai non accadde che alcuno fosse impedito dal par largli, n mai si sdegn se qualcheduno stando in pre senza sua parlasse poco decentemente. Per tale ma niera ancora non si commoveva per nulla della ruina che ad altri preparasse* Contro a chi gli era infesto non mostrava mai ira y n concitamento ; ma con fronte pla cida , con basso sopracciglio e a mezza voce ordinava la morte d infinita moltitudine d uomini innocenti 9 la devastazione di citt, la confiscazione debeni. Dal quale suo contegno sarebbesi detto eh egli fosse di una indole mansuetissima. Ma se alcuno cercava suppliche* yole d implorarne la clemenza, e pietosamente patro cinare presso di lui. persone afflitte, cominciava a tur barsi, e a digrignare i denti 9 e a ribollire di collera con tra la vita desudditi. Era per indulgente coi sacerdoti che i vicini confidentemente offendessero ; e congratulavasi con essi ove occupassero i beni de loro confinanti, cre dendo egli questa essere piet verso Dio. E se alcuna

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volta dvea giudicare cause di questa natura, pensava essere parte della religine il darle vinte a quelli, che in nome di cosa sacra occupata avessero laltrui roba; e con ci stabiliva un principio di diritto, che gli av versarli de sacerdoti dovessero soccombere. Ed egli medesimo i beni malamente acquistati dagli altri, o questi vivessero ancora, o fossero morti, applicava alle chiese, onde cos e coprire colla piet il delitto, e fare che le facolt mai pi non potessero ritornare ai vessati possessori. Anzi per questa sua mal intesa piet egli s insanguin dinfinite stragi. Fece eziandio una specie di guerra per ridurre tutti ad una sola credenza intorno a Cristo; e con tale sembianza di .religione lev la vita agli altri, credendo non essere omicidio quello che si commettesse sui popolari aventi opinione diversa. Ed era sempre intento a minare i popoli a modo, che colla moglie Teodora non cessava mai di cercarne le occa sioni : poich come nelle cupidit erano entrambi so migliantissimi, cos lo erano ancora ne costumi e nella perversit, sebbene palesemente mostrassero d essere discordi, onde precipitare i sudditi in niina. , Era Giustiniano d animo pi leggiero dell asciutta polvere, e facilissimo a tirarsi qua e l, eccetto che alla umanit, e lungi da turpe azione. Le orecchie largamente apriva agli adulatori, ai quali facilmente avrebbe creduto, se detto gli avessero eh egli sarebbe una volta o l altra salito per aria. E Triboniano seden dogli accanto dichiarava di temer fortemente diveder selo rapire in cielo per la singolare sua piet: lode , o meschinit, che costantemente avea presente nellanimo.

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Ma se in qualche occasione approvata avesse la virtit di tuia persona, non dubitava poi di dirla ben presto improba; e cos se alcun suddito avesse vituperato, to sto con esagerato discorso lo commendava, passando inconsideratamente in sentimenti contrarii, non corri spondendo del pari nellanimo suo quello che affermava, e quello che voleva che gli altri intendessero. Del rimanente come fossegli mosso o da amore, o da odio , panni avferlo principalmente congetturato ed indicato coi fatti; perciocch gli odii esercit con per tinacia ed implacabilmente ; e verso gli amici non fu per nissun modo costante. Moltissimi, che furono a lui affezionati^ certo che fece ammazzare; ed certo, che e una sola volta prese in odio alcuno, questi non ritorn pi in grazia sua. Le persone chegli avea in somma intimit, per obbligarsi la moglie od altri, non molto dopo abbandon al macella; e sapeva che sareb bero perite pel solo nome dessere a lui benevole. In somma Giustiniano non fu stabile in nessuna cosa fuor ch nella crudelt, e nel cercar denaro: dalle quali due passioni nissuno lo pot mai rimuovere. Teodora, sua moglie, se alcuna volta non lo vedeva asuoi desiderii arrendevole, facendogli sperare l acquisto d i grosse somme di denaro in alcuni affari, lo conduceva infine a suo malgrado ov essa voleva. Per questo non temette, purch potesse guadagnare j di far leggi, e le fatte abo lire ; n per le costituzioni che promulg, segu egli le ragioni che dovevano ispirarle, ma la , sola vista di trarre somme di denaro o pi grandiose o pi ampia mente promesse. Non riput disonorevole cosa il rubare

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le sostanze desudditi, anche quando di rapirle non avesse alcun motivo ; voglio dire, o imputazione di delitto, o supposizioni di testamento. Sotto il regno di Giustiniano non sebbe veruna fer ma opinione o fede di Dio , verun diritto stabile, verun patto, od altra cosa costante. Que famigliar! suoi, a7quali avesse data alcuna commissione, se assassinati avessero e morti quanti fossero loro capitati sotto le mani, e spogliati di grosse somme, quelli per l Imperadore erano gli uomini valenti, e sapevano ben adem piere quanto loro veniva commandato : all opposto , se si fossero astenuti da simili furfanterie, ritornando gli cadevano in odio come se fosser stati nemici; e dis-* gustato de loro costumi allantica, e della loro balor daggine, non li mandava certamente in appresso al go** verno di provincie* da ci venne che alcuni affetta^ rono presso di lui un carattere di perversit, dlia quale i loro costumi e la loro vita erano lontanissimi. Nulla pi spesso accadde, quanto il vedere come delle pro messe fatte, e con giuramento, o con iscritte confer mate, finse tosto di dimenticarsi, quasi commendazione da ci s aspettasse; questa fallacia usava, come ac cennammo di sopra, non solo cosuoi, ma eziandio co nemici. A lui mai non piacque affare, che nulla produ cesse di utile per s. Di cibo e di bevanda mui non us a saziet; ma toc ca appena colla punta delle dita 1 una, l altra pie tanza, faceva levare la;mensa, sia perch riputasse il resto superfluo, sia per certo suo naturale violento. Quindi che sovente stette senza prender cibo un

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giorno e due, e cos pur la notte; e spezialmente nelle vigilie della solennit, che diciamo Pasqua, us due giorni vivere d1 acqua, e d qualche erb^ salvatica, e dormire un9ora sola, il rimanente tempo consumando in passeggiare. Che se lo avesse consumato in ben con** durre gli affari, certo che la repubblica sarebbe stata felicissima. Ma delle forze della natura servivasi in ruma de Romani, e del loro Stato : le sue vegKe, le sue fa* tiche , i suoi intraprendi menti volgendo a rendere pi atroce di giorno in giorno la calamit desudditi; mas* simamente che, come gi dissi, a speculare iniquit era sagacissimo, e sveltissimo ad eseguirle: onde i talenti suoi furono pe sudditi una vera peste. E quando trattavasi di operare, mai non cerc la opportunit: meno in quello che faceva sarebbesl cercato vestigio di uso, o di sapienza antica. Ma qui per non andare all infinito , moltissime cose tralascer, poche sole rammentando. Primieramente nulla mai ebbe o cur di quanto alla imperiale maest convenisse : pi presto si mise ad imitare i Barbari nel parlare, nello stare, e nel pensare. Se trattavasi di dare alcuna risposta in iscritto, non ne incaricava il questore, siccome portavane 1 uso ; g per lo pi prendeva a ri spondere a voce, quantunque il parlar suo fosse bar baro. Da ci venne che la gente affollavasi al tribunale, presentando i casi occorrentile; ma non avea designa zione de giudici, presso cui le sue cause istradasse. Vi erana i segretarii, a coi per antichissima istituzione spettava lofficio di scrivere quanto di recondito il Prin cipe deliberava: ma ad essi non fu accordato di cos

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fare} ch scriveva egli tatto, e fin quello che dovessero decretare i magistrati denrunicipii' avendo a pronun ciare le loro sentenze. A nhino in tutto il romano Im perio era permesso di liberamente far ragione : con im* prudente fasto ogni csa arrogossi^ e di tale maniera gidic, che uno tnto de1litiganti udito sentenziava j e voleva cbe la sua sentenza valesse. Ed - era poi notis simo a tutti cbe non sentenziava gi egli giusta lequit e il diritto, ma per puro turpissimo a^iore di lucro : non avendo egli, Imperadore quaP era, vergogna di ri cevere regali, dappoich lavarizia nellanima sua estinto avea ogni seme di pudore. ^ Spssissimo anche accadde, che quanto il senato, quanto P Imperadore medesimo avevano decretato, fosse eseguito in senso contrario. Era il senato nuli altro che un simulacro vano, non avente potere alcuno di sentenziare, n di difendere ci che fosse onesto. Tutta P incombenza sua epa di empiere gli scanni per una certa apparenza di ci' che P antica legge comportava* Vo leva questa che a nissuno fosse permesso il tacersi \ ma T Imperadore e Teodora prendevano sopra di s le cose , delle, quali occorreva far consulta } e quanto ne avessero'essi deliberato vdleva. Se, poi alcuno non si credette sicuro della causa favorevolmente aggiudica tagli, ancorch reo , died egli un premio all1Imperadore, il quale immantinente promulg una legge a tutti gli antecedenti statoti manifestamente contraria. E se ivoai lgge vi fosse stata che alcuno sostenesse abrogata^ 1 .Imperadore non isdegnava d richiamarla in vigore* In questo mdo nulla vaVea di certo e di fsso nella

Ila legislazione} ma un diritto volubile ed erroneo; e le bi lance della giustizia declinavano, alla parte, in cui mag gior quantit d'oro fosse posta} e questo ben numerato dal palazzo recavasi nel foro, premio o del giudice o del legislatore, per la cura" che prendevasi nel governo della citt. I refereudarii non contentavansi pi di prsntare allImperadore le suppliche, e secondo'luso riferire ai magistrati solamente quanto rispetto alle suppliche egli avesse decretato}ma bens scrivevano il loro parere. d anche avveniva cheglino pescate dappertutto ingiuste ragioni ingannassero l Imperadore, di sua uatura fatto per essere ingannato: poscia usciti ai litiganti, senza dare indizio di quanto con lui avessero fatto, traevano da quelli, niun giudice intervenuto, il denaro su cui aveano contalo. I pretoriani stessi, stanzianti in Corte , assalivano i giudici} e violentemente strappavano da essi le sentenze. Cosi niun ordine era nelle cose} e tutto andava per torte vie secondo 1 arbitrio : gli officii pub blici erano stravisati, n conservavano neppure intatti i loro nomi. La repubblica era fatta regina di lascivi ragazzi. Ma, come da principio mi proposi, lascio di parlare delle altre cose. Ben dir che quegli, il quale a rendere s venali i gidizii spinse pel primo l Imperadore , fu certo Leone, di nazione cilice , uomo d ingorda avarizia, ed esempio singolare di svergognatissima adulazione, fatto apposta per impadronirsi dell animo e della mente delle per sone imperite, e massimamente delle prevenzioni di questo tiranno, della cui fatuitfacevasi appoggio aruina de sudditi. Costui, dissi, fu il primo ad insegnare a

Giustiniano di vendere a peso d oro i giudizii. Giusti niano poi, imparata chebbe quest1 arte di rapina, mai non l abbandon. Intanto crebbe j e si estese il male , ch chiunque desiderava di vincere contro alcuna one* sla persona una causa , andava a trovar Leone, e pro postogli di dividere i beni controversi, e darne una parte allImperadore, immantinentecontro ogni pi sacro prin cipio scendeva dalla reggia vittorioso. Con questo mezzo Leone si fece ricchissimo, e divent posseditore di am pli latifondi, mentre lo Stato romano precipitava da ogni parte. Ch le convenzioni tra i cittadini non aveano pi alcuna.forza n dalla legge, n dalla data fede:, n dalle scritte, n dalla stipulazione di pena, n da altri patti, e da altre solennit; ma tutto dipendeva soltanto dal denaro che destinarsi a Leone e all Imperadore.* N contento ssi colui di stare in questi termini: egli cer* c di trar denaro anche dagli avversarii \ e dopo che avea con belle parole smunto' 1 uno e l altro d'eMitiganti in esso lui fidatisi, luno d essi sfacciatamente tradiva, non avendo a vergogna d ingannare cop nna ambiguit che a lui fruttava. Questa era nel propo sito la condotta di Giustiniano.

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CAPO

XVIII.

Animo crudele di Teodora. Suo tenore d vita. Sita feroce su* perbia: sua protrvia : sue violenze: sue insidie. Come atrocernente diteggia un patrizio ricorso a lei. Sue lunghe villeg giature, Assassinio di A malas unta tramato da lei. Ruina Prisco. Fa sparire Areobindo. Come sa tnere occulte le sue vendette, ed essere informata degli altrui segreti. Casi de plorabili di altre persone.

Ma Teodora era s inclinata e ferma nella crudelt, che non ebbe mai bisogno di chi la persuadesse, o la incitasse a fare il male, con procace animo e con ardor infinito, eseguendo essa da s quanto le fosse ve* nulo in pensiero. Nissuno ard mai di domandarle in grazia un reo: oh n lunghezza di tempo, n per sup plizi! o crudelt satollata, n preci le pi ferventi, n il terrre stesso della imminente ira celeste, poterono ar restarne in vern caso il furore. Nissuno vide mai che alcuno fatto inviso a Teodora ritornasse nell antica sua grazia, nemmeno dopo morto. I figliuoli di un pa dre estinto colla paterna eredit acquistavano P odio della Imperadrice, e lo trasmettevano ai nipoti. Essa, come facilmente s accendeva di furore in esizio delle persone, cesi non poneva mai fine all ira. Teodora fu diligente nella cura del corpo*, e sebbene oltre quanto fosse necessario, non per a satollamento di libidine. Di buonissima ora entrata nel bagno, tardi assai ne usciva, e andava poscia a far colezine , indi riposava. A pranzo e a cena us gran variet e copia

di cibi. Dorm sempre lunghissimamente, e spesso. Il suo sonno nella giornata durava sino allingresso della notte ; il notturno sino alla levata del sole. Intempe rantemente cos vivendo, il pochissimo tempo ,che le rimaneva, pensava essa bastante a governare limperio romano. Se P Imperadore commetteva ad alcuno un af fare senza avere prima consultata Teodora, ne seguiva tosto che con somma vergogna il magistrato, che ivai con quella commissione, fosse turpissimamente messo a mrte. Giustiniano nato a sbrigare; in un attimo gli affari, non solo pel vegliar suo continuo, siccome di cemmo , ma anche per lo svelto ingegno, e per la fa cilit di ammettere alludienza le persone, questa port s avanti, che riceveva anche ignoti uomini od oscu rissimi, e non solo li udiva, ma ragionava a lungo con essi disctendo, e dava I o t o ogni pi segreta libert di dirgli ci che volessero. Al contrailo Teodora e ben tardi e difficilmente dava accesso agli stessi ottimati, che come un branco di schiavi ogni giorno* stavansi in lin angusto e caldissimo camerotto, nde non correr gravissimo pericolo, se chiamati improvvisamente non fossero stati pronti. Ivi dentro tenevansi ritti sulle punt de piedi, colla testa elevata, e la faccia prominente e scoperta, affine di rendersi cospicui agli eunuchi che uscissero. Non ne venivano chiamati alla udienza che certuni; e questi appena appena, dopo molti giorni. Entrati poi pavidissimi tosto si ritiravano, non fatto al* tro che P atto di' venerarla, e baciatole a fior di labbra Puno e Paltro piede. Imperciocch parlarle, o doman darle cosa qualunque muno ardiva, se non gli fosse or

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di nato. In questa servile Adulazione avea degenerato anche il senato', maestra dii tanto Teodora; e cosPlmperio romano veniva deformato, parte per la leggerezza del tiranno, per la quale nulla vavea di stabile, prte per la diffcile protervia di Teodora , per la quale metteasi remora a tutto. Di tanto adunque erano per indole e per maniera di vivere differenti tra loro i due regnanti; ma tutti e due aveanp avidit d ro e di sangue ; e tutti e due erano d anima falsa , poich furono entrambi artefici in gegnosissimi di menzogne. Se alcuno mal veduto da Teodora venisse accusato del pi leggier fallo, su que sto fabbricavasi uns* calunnia la meno presumibile contro d,i lui, ed amplificatone un delitto infiniti altri vi si accumolavano, e tosto s*istaurava un giudizio di spo* gliamnto de sudditi ; ed essa chiamava innahzi a s i giudici, tutti per ambizione gareggianti in pronunciare una sentenza conveniente alla crudelt dell Augusta. d allora confiscatine i beni, essa il reo , comunque pur fosse chiaro per nobilt demaggiori, crudelissima mente battuto colle verghe condannava o all esiglio , o alla morte. AI contrario, se venissero arrestati uominij pe quali ella avesse affezione, rei manifesti.o di orni* cidio , o di altri,, infami delitti , le querele degli,accusa tori eludendo, ora con aspre, ora con ischerzose parole, questi spaventava a modo, che anche a loro dispetto doveano abbandonare la causa, e ritrarsi dal giudizio. Usava essa far soggetto di scherzo e di riso , secondo il suo capriccio, e per espresso fine, anche cose gra vissime , come se fosse in teatro r e sulla scena. E siane prova il seguente fatto.

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Un uomo dellordine patrzio, grave per la senile et, e per magistrature lungo tempo sostenute? il cui noto nome tacerommi, onde tanta sua contumelia non passi alla posterit, non potendo riscuotere un grosso eredito che av$a verso uno de famigliari di Teodora, prese il partito di andare a lei, di esporle il caso , e di pre garla onde gli facesse face ragione. Teodora volando sostenere il famigliar suo, impose agli eunuchi, che tutti si mettessero intorno al patrizio nell atto che ve niva, e che mentre parlasse gli facessero coraggio, andassero cantando a coro un certo carme loro,addi tato. Il patrizio adunque entrato in camera, secondo 1 uso , si gett apiedi di lei, e quasi colle lagrime agli occhi disse : Ah ! signora ; dura assai la condizione di un patrizio, il quale si trovi in angustia di denaro. Ci che in tale situazione agli altri concilia'commiserazione e indulgenza, per quest ordine diventa una inde gnissima calamit. Qualunque altro, che sia in sommo bisogno, se le sue circostanze palesa al debitore, tro ver sollievo ; nja un patrizio che non possa pagare quanto deve, ha vergogna, se lo confessa; e confessan dolo , chi gli prester fede, essendo tutti persuasissimi che povert non pu trovarsi nell ordine nostro ? se gli si presta fede , ita la sua buona fama., e tutta la dignit sua. Sono io, o signora, debitore ad altri, ed altri sono debitori miei. A me uomo patrizio non con viene mancare amiei creditori che gravemente mi as* sediano; e quelli intanto che sono-miei debitori, non essendo punto patrizii , cercano ingiuste ragioni di sot trarsi. Prego dunque, c supplico che in s onesta causa

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mi vogliate assistere,, e liberare da s trista situazione. Cos diss egli: e Teodora a lui cantando rispose: Pa trizio! e allora il coro degli, eunuchi gridava: hai f e r ma gonfia, Ed insistendo egli supplichevole, e aleunaltra cosa in proposito aggiungendo, Teodora ripet il primo canto, e laltro il coro. Di che quel miseruomo punto, venerata Teodora secondo V uso, ricovrossi a casa. Essa per la pi parte dell anno ritiravasi ne suburbani marittimi, e spezialmente nell Ereo, con incomo do gravissimo della gente di servizio, la quale in grosso numero la seguiva, e soggetta ora alla mancanza delle cose necessarie, ora aglinsulti del mare, e alle improv vise tempeste, d anche al pencolo della balena che apparisse. Ma per nulla ogni pi grave percolo riputayasi, purch si godessero le delizie 4el luogo. . Come poi essa si conducesse verso quelli, che dispia cevano , dir in poche parole non volendomi caricare di un discorso che non avrebbe mai fine. Dopo che Amalasunta , siccome narrammo ne libri antecedenti, ab bandonate le cose de Goti cerc alt^o tenore di vita, e pens di poter soggiornare in Costantinopoli sotto la protezione delle leggi, come ogni altro cittadino , Teodora, tsto prese a considerare e la nobile stirpe di quella donna, e la reale dignit, e la singolare bellezza, e l acuto e svelto ingegno della medesima; e facilmente le si present alla mente quanto potesse temere e dalla maest del virile animo di quella \ e dalla leggerezza del marito. N tratt essa lievemente questa rivalit; ma pensato ad insidiare quella regina, e a prepararle la morte, immantinente indusse Giustiniano a spedire a lei

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Pietro in Italia. A costui adunque Giustiniano diede le istruzioni, cbe a .debito luogo noi accennammo : ma ^Augusta , per paura della quale non si poterono allora narrar le cose come' furono veramente , questa sia commissione gli diede di preparare ed affrettare ad Amalasunta la morte, datagli speranza di grandi beni, se facesse quanto gli comandava. Pietro, sperando o eie* vazione, o ricchezza, presto pass in Italia, giacch la mente umana non sa procedere moderatamente negli empii assassini! ; e con ragioni che io non conosco, in dusse Teodato, ad ccidere Amalasunta, Poscia Pietro ftr promosso alla dignit di maestro degli officii, colmo, siyvero, cosi di grande potenza, -ma colmo ancora delT odio di tutti. E tale fu il fine delle avventure di Ama lasunta. Era segretario di Giustiniano per le lettere ttn certo Prisco , paragone di nascita, e mirabilmente perverso , tutto fatto per conciliarsi co suoi costumi un tal padro ne, chegli unicamente amava, e da cui eredeva dessere scambievolmente amato: e di fatti in breve tempo con tro ogni principio di ragione e di giustizia era diventato ricchissimo. Del sopracciglio e della contumacia di co stui irritata Teodora, presso il marito con delazioni cerc di rumarlo, e per allora in vano. Ma non molto dopo essa cacci Prisco entro una nave , e fattogli scegliere ove preferisse di essere confinato, Io tos, e a dispetto suo lo forz al sacerdozio. Giustiniano frattanto non s diede inteso dell accaduto, n cur di sapere in che paese Prisco si fosse} n di poi, come uomo preso dal vino bevuto il d innanzi, pens pi a lui: solo che mise

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le mani sopra pochi denari che di Prisco erano ri masti. - A .Teodora era caduto in sospetto Areobind , fami glio barbaro di nascita, ma giovane di bellissima indo le , eh1essa teneva per ispettore della sua suppellettile* A punirlo senza che ne avesse alcun motivo, e mentre pur dicevasi che ne fosse innamorata, da prima lo fece frustare: indi cosa poi seguisse di lui, n io, n altri sino al d presente abbiamo potuto saperlo. Imperocch quello che Teodora voleva che stesse nascosto, vi ri maneva : ch a toglierlo dalla bocca, e dalla memoria di tutti, sapeva.incutere tal terrore a quelli che del fatto fossero consapevoli, die nissun tiranno per F addietro era giunto mai a tanto ; n v era pericolo, che dices sero parola o ai loro pi intimi, o a chi mossi da cu riosit ne li avessero domandati. AIR opposto nulla era aJei nascosto di quanto concerneva alle persone, alle quali era avversa, tenendo essa spie da per tutto, perle strade , per le piazze, nelle case stesse: con che sapeva e gli affari e i discorsi di ognuno. Quando* essa voleva che s ignorasse il gastigo che avesse dato ad alcuno , se questi.fosse stato patrizio, lo chiamava di nascosto, e sola, senza alcuno che vedesse, lo consegnava ad uno de7suoi satelliti, onde lo deportasse alla estremit dell7Imperio romano} e il satellite di notte tempo, ve latogli il capo , e ben legato, lo imbarcava, e lo con duceva al luogo dellesiglio, che gli si era comandato. L lo consegnava ad un altro ministro non inesperto di tanta crudelt, onde sotto fidatissimi custodi e segre tissimi ? occultamente lo tenesse chiuso, finch o PAu*

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gusta rimanesse tcca della miseria <Ji fui, oppure fin ch quell7infelice in mezzo allo squallore di uba vita ognora moribonda marcisse, -e cadesse a brani y. Basiano, giovinetto delibi fazione Prasina, e di nascita illustre, avessi permesso uno scherzo spra Teodora ; saputo poi com era montata in collera con- tra di lui, and a rifugiarsi nella chiesa dell7Arcanigelo. Michele*'Essa mand col subito il pretore della plbe, ordinandogli di costituire Basiano reo, non della scherzo ? di cui si detto, ma dell7infame amor dera* gazzi. Per 16 che strappato dalla chiesa fu dal magistrato sottoposto ad acerbissimo supplizio. La moltitudine del popolo , vedendo s ingenuo e splendente corpo ^ uso ad ogni delicata delizia, a tormento crudelissimo.dato, e la morte di lui commiserando y con clamore alzato sino al cielo, piagnendo, domandava quel giovinetto salvo. Ma con maggiore pertinacia la donna insistette nesupplizii, e fattogli tagliare le pudenda, lo ammazz senza forme di processo, e senza sentenza ; e i beni ne. ag giudic al fisco. Quando Teodora montava in furore, non potevadalle mani sue liberare chi essa volesse perduto n asilo di chiesa, n forza di leggi, n il pianto di tutta la cit t , n alcuna altra cosa. Diogene, uomo d7ogni civilt pieno, e caro a tutti, caro allo stesso Imperadore, venne a lei in odio come partigiano de Prasini. Lui pure volendo perdere in colpandolo di amor de7ragazzi, cerc due servi del medesimo,, e gl7introdusse calunniatori insieme e testimoni. Ma come il giudizio che se ne apr, non era di
P mdcopio.

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qnef suoi soliti, clandestini ^m& per riguardo alla'dignit dell weaJp&to, mlti ed incigni uomini sede ano nel Foro giudici, e questi rigettarono come invalido per la cans* il testimonio dei due seivi, i quali erano anche minori di et i) essa fece mettere nelle solite sue carceri unr certo Teodorofamigliare dt Diogene, e lo circonvenne s con lusinghe, che con tormenti. Imperciocch veggendo di non potrgli trarre di bocca quanto cercava , con un nervo di bue legatogli dalla fronte alle orecchie lo fece stringere a modo, che gli avessero da uscire gli occhi dalle loro sedi. Ma egli soffici tutto per non mentire. I giudici adunque rigettarono la querela, di cui non si era allegata prova bastante; e grande' alle grezza ne fecero pubblicamente i cittadini. di queste ose basti il detto fin qui, avendo gi da principio nar rato quanto questa donna fece contro di Belisario, con tro di Fozio, contro di Buze. C A P O XIX.
Altre atrocit di Teodora. Casi di Callinico, delle prostitute di Costantinopoli, di due nobiR vedove > e di un suo figlio^ stesso da lei fiuto sparire. Protegge te donne adultere, e> ne persegue i mariti che le querelano, Fiolenta i matri~ monii in pih maniere, Trattamene fatto a Saturnino, Trame contro Giovanni cappadoce,

Due faziosi della parte Venta, cilici di nazione, in una sedizione avendo violentemente assaltato Callinico, prefetto della seconda Cilicia, sotto gli occhi di lui e

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di tulio il popolo uccisero un mulattiere del prefetto, che trovandosi sul fatto voleva difendere il suo padrone. Egli pun capitalmente coloro ? convinti e di quell5omi cidio ^ e di molti altri Tosto che di quel caso Teodora fu informata ^ volendo confermare la propensione sua verso i V eneti, quel prefetto che ancora la provincia governava 5 tutto innocente qual7e r a , fece crocifigger sul sepolcro di que7 due sicari. L7Imperadore con finte lagrime mostr di dolersi del caso di l u i , si fece udire borbottare per casa 5 e far molte minacce contro i sa telliti cbe l'atroce commissione eseguita aveano : ma nulla di piii succedette ^ se non che egli non ricus il denaro del defunto, stato confiscato. Teodora si prese anche la cura di punire le d o n n e, che si prostituivano; e ne fece imprigionare cinquecen to ? che di tale mestiere la mezzo al Foro vivevano 5 e fattane una mandra} le mand di l del Bosforo ^ e Io chiuse in un monastero ? forzandole a premiere miglior tenore di vita. Per la pi parte di nottetem po esse gittaronsi giii da7 tetti, e dalle finestre ? preferendo la morte ad una vita, quale era quella a cui volevansi con* danoate. Erano in Costantinopoli due giovinette, sorelle , illu

stri non tanto pei consolati dal padre e dall avo soste nuti , quanto per lantica gloria della famiglia, la quale era tra le senatorie una delle prime per nobilt. En trambe erano nella loro fresca et divenute vedove} e Teodora trovando che dire sulla onestissima loro con dotta , a due della plebe infima e per 'Ogni rispetto esecrandi uomini pens di maritarle. Spaventate di

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tale attentato corsero ^ rifugiarsi nella chiesa di s. So fa , si nascosero nel battisterio, e alla sacra vasca at* taccaronsi Colle mani; ma tanto le vess&, e in tntel angustie e miserie gittolle lAugusta, che per liberarsene dovettero cedere a quelle nozze. .Cos per lei non fu sicuro nemmeno il diritto di quel sacro asilo. Adunque esse, che aveano alle loro nozze aspiranti giovani di nobilt patrizia, vennero dte spose a uomini pitocchi, abbietti, e ben lontani dalla dignit di esse. La loro madre, vedova anch essa, facendo violenza alle lagri* me , e alla profonda tristezza sua, dovette assistere a Quelle nozze. In appresso poi Teodora, detestando il proprio attentata, cerc di consolare quelle giovani, a dignit inalzando 1 ano e laltro marito i ma ci non port conforto alcuno a quelle meschine a .cagione che que7 due ribaldi si condussero, siccome in breve dir (i), verso quelli che alla loro giurisdizione erano soggetti^ con una crudelt intollerabile. Ne Teodora purch asuoi capricci soddisfacesse prendevasi. pena alcuna de ri guardi dovuti alle magistrature, e alla dignit, e al bene dello Stato. Nel tempo ehessa era ancora sulla scena, per qfera di Un suo amico rimase incinta; e troppo tardi se ne accorse, perch potesse fare effetto quanto scon ciarsi, come era solita fare in simili occorrenze, giovar le potesse : onde fu costretta a seguire il corso della natura, e a partorire. Ma veggendo quegli, che del nato figlio era genitore, cm essa era trista e sdegnata del
(i) Di questi non trovasi che Proeopio abbia pi parlato: il che accusa qualche lacuna.

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parto, perch non poteva a cagione d d medesimo con tinuar nel mestiere di guadagnare prostituendosi', Cernen do cV ella attentasse alla vita del fanciullo , se Io port seco in Arabia, ove gi pensava dianzi di andarsene. Died1 egli a quel fanciullo il nome di Giovanni} e di p o i, venuto il padre prossimo alla morte , gi fatto il figlio adulto , alla madre fece sapere tutto V occorso. Q uel figlio, fatti i funerali convenienti al padret dopo un certo tempo venne a Costantinopoli, e a7 famigli che potevano aprirgli V ingresso alla m ad re, raccont quanto lo riguardava. Credettero essi che essendo ma* dre nulla <T inumano avrebbe macchinato contro di quel giovine ^ e le annunciarono essere suo figlio Gio^ vanni in anticamera. Ma paventando ella che il marito giugo esse a sapere la cosa, fattosi venire innanzi il figlio^ ad uno de7 dom estici, che m tal genere di affari le sei> v iv a , jo- consegn^ e che fine avesse quel misero non si seppe mai $ n , morta eh7 essa f a , alcuno lo vide. Nel tempo , che io discorro, corrotLissimi erano l co* stumidi quasi tutte le donne, le quali impunemente con somma licenza peccavano verso i mariti, e querelale d 7adulterio venivano rimandate libere da Ogni pena* Imperciocch interpellata immantinente V Imperatrice^ se contro di esse fosse uscita sentenza, era riveduto il

processo, giudizio affatto contrario prontinciavas N - solamente andavano .esse immuni dalla pena di loro delitto} ma davasi a delitto ai mariti che non avessero addotte giuste prove} e condannavansi a pagare Ad ess doppia dote } e molti in oltre erano' battuti , e cacciati a marcire in carcere, e ridotti a vedere quelle

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imbellettate adultere liberamente viVerein braccio ai loro corruttori, i quali ottenevano anche dignit e po sti eminenti in premio della loto scelleraggine* Perip cb i mariti per la maggior parte, onde pon esporsi a maggiori guai , dissimulavano piuttosto V empia lussuria delle mogli ; e molte volte ne coprivano gli eccessi, perch non si facessero palesi. Teodora di tale maniera si era fetta arbitra del go verno, cbe a capriccio suo creava Magistrati , e Sacer doti: ogni sua cura di pi mettendo affinch alcun probo ed integro uomo, che a lei non avesse voluto ubbidire, non giugnesse mai ad ottenere dignit. Volle inoltre tutto presso di s il diritto de7matrimonii} e nissuno poteva farsi sposo a sua volont; ma improvvisamente avveniva che dovesse prendersi per moglie, non la donna come pur s usa anche tra i Barbari, che a lui piacesse, ma quella che piacesse a Teodora. E questa era pure la sorte delle fanciulle, cb doveano sposare contro loro voglia l uno o l altro uomo, che loro venisse indicato. Sovente accadde che violentamente essa strapp dal talamo la sposa, e ruppe il matrimonio di chi altamente sdegnato gridava non acconsentire egli a tal fatto. Que sta ingiuria essa fece a molti, ed in particolare al re ferendario Leonzio, e a Saturnino, tosto che dopo gli sponsali fu morto Ermogene , maestro degli officii. Avea Saturnino per pronipote una donzella nubile, libera ed onesta, la quale, mancato di vita Ermogene, Cirillo , padre di lei, avea a Saturnino fidanzata. Era gi stato apparecchiato per gli sposi il talamo, quando Teodora fece cacciare Saturnino in prigione: indi tratto poi in

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mezzo alle querele e alle lagrime alla nozze della fi gliuola di Grisomella. F u Grisomella prima, saltatvice , poi postribola \ e allora vveva nella reggia stessa in intima famigliarit con: Teodora, come pur viveavi In* dara : le quali invece dei bordello, e del teatro applica* vansi agli affari della repubblica. Saturnino intanto, essendosi giaciuto colla sposa, la trov guasta, e il ri fer ad uno de1 suoi amici. D che informata Teodora, a1 servi suoi ordin che preso Saturnino da uno sulle spalle, come osa farsi ai fanciulli nelle scuole, gli altri lo flagellassero come vantatore temerario e spergiuro*, e mentre veniva sul dorso battuto a sangue, essa mede sima gli andava dicendo che imparasse a frenare la lingua. Che supplizio facesse soffrire a Giovanni cappadoce, negli altri libri si detto: n vendicava essa le male opere

fatte da lui in danno della repubblica, ohe pi gr#vi*ancora in altri andavano impunite , ma torti puramente privati. Quel Giovanni avea avuto il coraggio* di resistere aUavolont di lei , e di accusarla una, volta all7Impera to re , il quale p## manc che non rimanesse contro di lei concitato. Egli q#i, come dissi, chp debbo ricordare le vere cagioni di quel fatto. Allora es$a, conforme nar rai, assai mal cpnci lo mand in Egitto ; ma j^ ^ c ^ s di vessarlo in ogni maniera, jp fli cercare contro di lui falsi testimoni. in fatti quattro aniii dopo, trovato aven do tra f sediziosi di Cizic due Prasini, i quali dicevansi essere? di quelli cbe violentemente* aveano dato addsso al vescovo, capaci di & y*e quanto ssa desiderava, si-mise tentarli e colle promsse di premii, colte minacce di

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gravi Castighi Una cbcior, dalle minacce parente lo i d allettato dalla speranza, i dichiar pronto anche ad assassinare Giovanni: laltro*non ebbe cuore di pretrroi , quantunque fosse messo a tormenti a modo d crdersi sul puhto di perire. Conquesto mezzo adunque /Teodora on< pot,giungere a rumare Giovanni. Intanto per fece essa tagliare la mano destra ad entrambi co* Joro } a quest ultimo perch ricus di prestarsi alla sceh4x.&ta opera che voleasi ^ all altro perch non st sa* pesse l insidia da lei trainata. Il che- vuol dire r che c elav a che agli altri fosse occulto il modo di quanto |wi -apertamente si faceva nel Foro. C A P O XX.
AUre ifijuii d i Giustiniano* Compatto d i vent un milioni d* uomini per lui periti. Desolazine deltAfrica ^ e pereti} richiamatone Belisario. Maggiori ratne in Italia* Spopola*tme di tatti gU altri paesi delf Imperi fi in Europa, che in Asia* Giustiniano vero e sol autre delle guerre insrte* A lui pure si debbono le stragi seguite nella capitale, mlH altre citt delV interno, Aggiungansi gH ammazzanieti di Samaritani, di Eretici, di Veneti e di Prasini La ha tura* stessa, alterando in varie parti del? Imperio il su corso, contribuisce sotto il regno di Giustiniano alla distru zione degli uomini*

Del rimanente ritornando a Giustiniano, che non un uomo, ma una furia sotto sembianza duomo egli fosse^ possono esserne prova i grandi mali eh egli fece agK

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uom ini, perciocch dallatrocit de* fotti si rende palese la natura immane di colui che li opera. E certamente il vro numero delle genti rumate da G iu stin ian on an oj fuor di D io, pu saperlo } ch pi faci! cosa sarebbe il contare i grani della sabbia, lo per m e, riguardando col pensiero tutte le contrade eli egli di abitatori desol ) dico che fece perire ventun milione dT uomini. E in ci dire mi fondo sa questo 7 eh egli devast quanto lunga e larga l1frica a seguo che difficile, anzi mi* racolo dire com e ivi camminato che s1 abbia molti gior ni non aJincontra pi anima virente. Ivi di Vandali, atti alte armi, dianzi erano cento sessanta nula \ chi direbbe poi quanti fossero le donne, i ragazzi, e i ser vi ? Chi direbbe il numero degli antichi Africani indige n i, i quali abitavano nelle c itt , coltivavano le campa* g n e , od esercitavano navigando la mercatura? Di tutti questi stato io col lungo tempo avea veduta moltitn* dine influita* E di questi pi numerosi di gran lunga erano i Mauritani , i quali tutti colle mogli e co1 figli a masse a tuaase perirono. Ivi pure per una gran parte dell esercito romano, e degli stranieri che ne segui* vano le bandiere, Laonde io non so, se conti giusto chi dica in frica essere periti cinque milioni di persone. E ci p oi, che debellati i Vandali Giustiniano meno cu* r , fu di stabilire, come pur dovea, in quelle contrade H governo, e raffermarlo procacciandosi la benevolenza de*sudditi. Ma invece egli immantincnti ne richiam Belisario, accusato di volersi col fare usurpatore ; cosa che rispetto a queir uomo era fuori dogni proposito. Ma U vero motivo, che n1 ebbe , fu di potere da que1

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pacai trarre a pi liberamente ogni cosa, esulta lA* lirica colle <spoglie -condottene via ingoiare. La sua cura fa mandare, nelle provinole estiinatori, opinare imovi e .gramissimi titolid imposte, oocnpare le campai gne migliori, vietare lesercizio del culto agli Ariani, prolungare la spedizione de^ militari' aiuti, velare i soldati, onde poi per ultimo flagello si suscitassero sedi* stoni. Cos a turbare e a minar tutto era nato costai, incapace di ogni fermo disegno. . L'Italia, quantunque PAfrica dessa sia tre volte mag gioreydi una assai pi grande quantit d umini fu spogliata; onde pu argmentarsi il numeroy che per le stragi iti seguite ne per. Della origine della guerra italica parlai gi. le inique misure usate nelP Africa Giustiniano us in Italia. Col eziandio mand gli estima tori, chiamati logoteti; e ad un tratto scosse e corruppe tutto. Prima della guerra italica il regno deGoti -dalie contrade de'Galli protraeva^ sino ai confini della Dacia^ ove la citt di Sir mio. Quando P esercito de Romni era in Italia, i Germani occupavano, una gran parte de? paesi deGalli e deVen etici. U Sirmio, e la. contrada vi cina eran tenuti dai Gepidi. Tutto, questo tratto di terre fu nudo affatto di abitatori, estinti parte per la. guerra, parte per le malattie e pestilenze che. alla guerra so gliono succedere. LIllirio, la Tracia intera, l Grecia, il GEersoneso, e tutte le regipai che dalle fauci del Mar Ionio stendonsi sino ai luoghi suburbani di Co8taaetinx> poi, e quanti popoli* ivi sono , dopo che Giustiniano incominci a regnare, dalle incursioni degli Unni, degli Schiavoni, degli Anti, quasi ogni anno furono devastati;,

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e manomessi. Io crederci , clic iti ognuna di tali imi* zioiii dugcnto mila Romani rimanessero, quali sconfitti , quali condotti schiavi } e chiunque pu vedere quelle provincie fatte scitiche solitudini. Cos fu dellfrica , e della Europa in quelle guerre* Ma in tutto questo tempo neirOriente i Saraceni per quanta v ha terra dall1 Egitto sino ai confini persiani, inondando le citt de Romani, s costantemente trava gliarono i popoli ? che ivi scarsissimi sono rimasti gli uomini; e de morti come numerare la moltitudine? Vennero poi per la terza volta i Persiani e Cosroe a spingersi sui rimanente territorio romano $ e dovunque penetrarono, rovesciate c citt , in ogni luogo uccisi o condotti in ischiavit i p o p o li , i paesi di abitatori desolarono. E dacch essi Persiani, c i Romani, e i Lazi, a vicenda entrarono nella Colchide, tutti gli uni dietro gli altri soffrirono altre stragi. N abbiamo a di re che i Persiani, o i Saraceni, o gli U n n i, o gli Schiavoni, e gli altri Barbari dal territorio del romano Imperio riconducessero interi ncloro paesi gli eserciti coi quali v1 eran venuti. Nelle irruzioni fatte, e molto pi negli ^ssedii e nelle battaglie, assai gente perdet tero anelie s s i, cos che non i soli Romani, ma i Bar bari ancora furono vittime del furor sanguinario di Giu stiniano* Vero , come a suo luogo d issi, che Cosroe era uomo di mala indole e perversaj ma Giustiniano fu quegli cbe di continuo eccit l incendio della guerra , non avendo mai voluto nelle cose consultare P oppor tunit del tempo i e tutto anzi intraprendendo fuor di proposito. In seno della pace ? e in mezzo alle tregue t

-con nal arte u a ^ sempre contro i confinanti prato *ti di guerra; ai guerra dichiarata imprudentemente arrestarsi, e per f varizia non provvedere il occorrente th tardi ; in vece perdersi dietro a vani studii y e .sera* tare con dannata curiosit la natura di Dio: intanto per crodeit e tirannide non volere abbandonare le 'armi, debellare il nemico, sordidamente risparmiando quai^ *o a taluopo doveaaverpronto : ecco la sua condotta Perci regnante lui pr P universo mondo scorse a fiu* mi, \e a laghi il; sangue deRomani, e di tutti i Barbari * ^Questo ci ? ch per tutto Plmperio in qael tempo sec la gueixa.* Ma nei lari domestici, non minori, di iquelle della guerra, furono le stragi, se vogliamo .annot iverafe i disrdini dei partiti eccitati e .in CostantinopQr li, e nelle altre citti E nascevano i disordini da quest) iche non egualmente punendosi i colpevoli, perch quell -di vtn partito godevano il favore imperiale, n L un^ n Paltr stavaosi:quiti. Gli uni adunque privi diquelf io, gli altri fidati essendo, in esso, tutti: insieme' agitavano jsi e ruinavansi, chi spinti da somma disperasione^^bl 4 a pazsa tracotanza. Per ta qual cosa vedean 7 o in grssi corpi venire tra loro, come a battagli^ 0 a drappelli azzuffarsi, cfd ; attaccarsi a due a . due ovvero ? .presentandosene P occasione , proditoriamente assalirsi <ed assassinarsi. Per trentadue, interi anni senza iotr^ flessine cos gli uni e gli altri a vicenda incrudelirono. J1 prefetto della, citt spessissimo ne mandava mphi alla morte} ma per lo pi non si punivanp cl*e i Prasini. ; Ma non fu meno il romano Imperio inondato del san gue de9Samaritani e degli Eretici , a pena capitale daa-

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nati. Tutte queste cose pr compendiosamente , e poco prima diffusamente narrate j avvennero regnante costui; uomo, o demonio che fosse, e di tasta calamit degli uomini verissimo autore. Quelle per che sono per ag giungere, avvennero per opera non so quale fprza d furia a noi ignota* E alcuni le attribuirono ad un genio a lui compagno, 'll violenza di quello ; altri dissero ssere Iddio adirato ogf uomini, odiare P Imperio* ro teano, ed avfere data a perniciose . ftiri la podest di fare tutti que9grandi e diversi mali, onde Tignante Giustiniano le generazioni a lui soggette furono s ami-' piamente percosse.' Presso1 la citt diEdessa- lo Scirto con gravissimo danno degli abitanti tatto allag il paese all intorno. In Egitto il Nilo, solito ad inaffiar quelle terre, al tempo debito si ristette, e fu cagione ai coloni dei disastri che gi narrai. Il Gidno ingrassatosi ohpc misura per molti giorni fece uno stagno di quasi tutta la citt di Tarso, n quel fiume cal se non dopo averla minata orribilmente.'Antiochia, principale in Oriente , 0 la vicina Scleucia, e P inclita naaarb in Cilicia, fu rono da tremuoti rovesciate. E chi s , dire lei suine in esse, fatte, e le miserie de loro abitanti? N furono que-, ste le sole : ch oltre sse Ibcra, Amasia, citt nobilissi-. me del Ponto, e Poliboto di Frigia, e quella che dai po poli di Pisidia- chiamata Filomida, e Licnido in Epiro, e Corinto, tutte sino da antichissimi tempi piene di po polo, in questo tempo quasi interamente insieme coloro cittadini rimasero distrutte. A questi* disastri succedette la peste, di cui ho fatta, gi parola, p$r la quale quasi la met di quelli eherano rimasti, si vide perire. Que-,

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sta tanta strage della nolana generazione segu e mentre Giustiniano preso avea da prima il governo della repub blica romana 4 e mentre era dipoi Imperadore. < C A P O XXI.
fogno, presagitore della immensa avidit di Giustiniano* Dis sipazione del tesoro di Anastasio. Titoli trovati per ispogliar tutti. Magistrati, a cui si allargano le ispezioni, o che sono creati di nuovo p tr quest oggetto. Si rendono loro comuni .. le giurisdizioni perch sieno -pih solleciti ne'processi, e nelle secvzini. Mes$e in appalto t e in monopolio le cose neces sarie alla vita. Vendita de* governi delle provincie, accor-
* dato ogni genere di angherie e di oppressioni ai comprato*

r i, che arricchiti sono spogliati di poi. In Jine fa esercitari le cariche pubbliche per proprio conto. Iniquissimi uomini ' prescelti s e gli ultimi peggiori sempre deprimi.

Dir poscia com'egli rap il denaro di tutti; ma prima riferir una specie di sogno, che fece un uomo d1alta nascita sul principio del regno di costai, ^{perniava egli essergli parato dessere sul Bosforo dalla parte di Caicedonia, ed ivi aver veduto Giustiniano starsi in mezzo allo stretto, ed ingoiarsi tutta lacqua del mare, sicch ia fine esausta interamente, n pi per quello stretto scorrendone, egli posava sull' ima ; terra. E in quello asciutto alveo discndendo altri rivi d acque torbide e limacciose, provenienti dalle cloache dell una e dellal tra sponda, quelle immonde acque ancora egli s avea tracannate , e di bel nuovo erasi veduto asciutto il. fon

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do dello strettoi Cosi quel trotto dichiarava il <togno fatto. Ora certo ch&Giustiniano, quando suo zio* per venne all9Imperio, trov pienissimo lerrio dello Stai to ; procch Anastasio, fra tutti gl9Imperadori diligen tissimo in provedere ai pubblici" e i domestici bisogni, temendo cbe il suo successore, come accade, trovando T erario scarso travagliasse i sudditi, prima di morire riemp dor le casse imperiali. Tutte quste ricchezze in un istante Giustiniano dilapid $ parte nelle gi ac* cennate costruzioni marittime per niuh modo ne cessa** rie , parte per appagare e conciliarsi i Barbari. Ed tra questo denaro tanto , che nemmeho in cento interi anni eon tutti i Suoi capricci parea che il pi prodigo Imperador avesse potut mai darvi di fondo.' Infatti i prefetti de9tesori ed erario pubblici dichiararono, che per ven tisette anni, in cui Anastasio regn , quel Principe avea riposto senza alcuno1sforzo nelle casse dellImpe* rio trecento venti mila libbre doro , della qual somma poscia nulla rimase , poich, anche vivente Giustino, Giustiniano, come gi dissi, la dissip. Egli poi affatto incredibile quanto denaro, finch visse, contro ogni diritto rapisse, in ogni modo vessasi do e spogliando. Fu come lina immensa voragine, che continuamente assorbiva tutte le costanze de sudditi, vomitandole poscia con una specie dimpeto refluente in seno ai Barbari. E com ebbe perdute le pubbliche ric chezze si mise a depredare quelle de privati* A que sto effetto di molti doviziosissimi si in Costantinopoli, che altwve , si appropri le sostanze violentemente, fa<

*K cendoli processare e condannare, gli uni cotne cultori di molti dei, gli altri come cristiani di depravata dot* trina; e chi per amareggiatiti ragazzi, chi per istapfatori di monache, chi per nefando vizio, chi per sedino* ne , chi per attaccamento alla fazione Presina, chi per lesa maest. D altri, o morti, oppur vivi ancorasi scrisse erede inaspettato. Questa fu la somma degli gregii subi fatti. Come poi le sostanze di tutti i senatori si appropriasi se, prevalendosi della mano deVittriati, ^la cui sedizion nacque essendo lui Imperadore ; e come poco prima che quella sedizione nascesse, egli si ponesse a rapire i beni di ogni qualunque privato, io P accennai di sopra. Dir qui come, altramente da quanto ho gi indicato, gittasse tante ricchezze. Le genti barbare , cbe dimorano a levante, a ponente, mezzod, e a settentrione, e gli stessi Britanni, ed,altri soggiornanti in altri luoghi, egli in ogni tempo colm di largizioni infinite. Noi non sapevamo nemmanco per fama che sif* fatte razze d uomini esistessero ; e le vedemmo fra noi prima daverne intesi i nomi, Questi, conosciuto il ge nio di lui, da tutte le parti del mond sbucarono fuori accorrendo a Costantinopoli; ed egli a vicenda dac cesso facilissimo, e lieto di ci, compiacevasi, e met tendo tale concorso a lucro, si pose con essi ad esau rire le ricchezze romane; e quanto restato era di non ispeso per gli accennati edifzii marittimi, tutto profuse ai Barbari, che mandava via carichi d ogni pi magni fica dovizia. Cos tutto P erario romano vebne destinato aBarbari, ricevessero doni, o rapissero prede > o re-

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stituissero prigionieri , offendessero tregue. E fu cos avverato il sogno, di cui- test parlai. Immaginisi poi altre che, se posso , dir specie di rapine, colle quali a poco a poco tir a s i beni de' sdditi. Egli diede alla ple)>e un magistrato, di. cui era cura 1 accordar per unannua gabella abottegai la li cenza di smerciare qualunque cosa vendereccia. Gou che i cittadini erano obbligati, a servirsi per le occor renti provviste del F oro, pagando un prezzo tre volte maggiore: n era loro lecito, quantunque con grave loro danno angariati, far quistione sopra nessun ge nere; poich trattavasi che deyproventi una grossa parte andava allImperadore, e ^naltra ad impinguare il ma gistrato. N minore angheria soffrivano poi i compratri per la detestabile ingordigia de satelliti del magistrato, e per la impunita licenza de Venditori, ai quali era per messo non solo di mettere all incanto i generi, ma eziandio di adulterarli in ogni maniera. Oltre ci istitu molti monopolii, vendendo la libert del sudditi ad, ap paltatori che applicavano a questo empio negozio ; e tratta da essi una stabilita contribuzione lasciava poi cher come pi loro piacesse, stessero o 90 alle conve nute tariffe. Di questa maniera palesemente e cogli altri magistrati e coi prefetti si accordava la cosa; e costoro tanto pi sfrontatamente angariavano e derubavano i cittadini, quanto che di que furti una parte, comunque anche piccola, colava nelle mani dellImperadore. E: come se per queste operazioni non bastassero gli antichi magistrati (ed una volta il prefetto della citt avea la giurisdizione per ogni sorta di delitti), due alPkocopio.
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tri ne istitu, onde avere pi delatori, e pia facilmente condannare ai supplizii le innocenti persone. Uno di questi fu il pretore della plebe, che area la punizione dei furti ; 1 altro fu l inquisitore , che dovea conoscere deconcubiti co9 ragazzi, degli stupri, prepostevi delle donne , e detta superstiziosa e falsa religione. 11 pretore adunque incominci ad attribuire alllmperadore le pi notabili cose rubate, dicendo non trovarsene i padroni; ed in questo .modo lImperadore ogni giorno acquistava preziosissimi effetti. Linquisitore sentenziando a morte i rei dei delitti, de quali era fatto giudice, portava allIm* peradore tutto ci che di loro gli fosse piaciuto; ed egli senza alcun diritto delle alttpi dovizie si arricchiva. 11 che dico per la ragione che gli officiali di questo ma gistrato da principio n istituirono con alcuna formalit l accusa, n presentarono testimohi per comprovare i delitti, e questi rimasero sempre incogniti; e senza giu dizio i rei vennero occultamente puniti della vita e de beni. In ultimo questo infame fin con dare a codesti due magistrati, e al prefetto della citt, lincombenza di procedere senza alcuna differenza contro tutti i delitti, ponendoli a gara a chi di loro pi uomini, e pi pre sto, mandasse in ruina. Raccontasi, che uno di questi avendogli domandato a chi in ispezialit appartenesse una causa, che poteva forse portarsi a ciascheduno, rispose : apparterr a quello che con giudicarne avr prevenuto i colleghi. N in meno indegni modi tratt la questura, delia quale tutti gli altri Imperadori in .addietro saveano dato pensiero singolarissimo,.volendo essi che fQsse eser-

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citata da uomini valentissimi in altre discipline insieme, e spezialmente poi nella scienza del diritto, e spogli poi affatto di ogni senso di avarizia, conoscendo come altrimente umquestore sarebbe stato di sommo danno alla repubblica , se fosse stato ignorante , o cupido di ricchezze. Giustiniano per diede la questura prtthieraxnente a Triboniano, le cui iniquit abbastanza ricordai altrove; e morto che fu quell insigne furfante, confi** scatane parte de beni, quantunque avesse lasciato ua figli e molti nipoti, gli diede per successore Iunila Afro, uomo che di leggi non sapea nemmeno che fos sero al mondo, non essendo stato mai nel ruolo de causidici, e che, sebbene non fosse ignaro delle lettere latine, in fatto delle greche non ne sapea nemmeno quant occorre ad un maestruzzo di scula : in parlare poi greco fu s scilinguato che, se mai vi si provavi, faceva ridere i suoi famigli, E fu costui tanto avido di denaro , che non ebbe alcun ribrezzo a mercatare pub blicamente le lettere dell5Imperadore, e a porgere prn tamente la mano a clienti che la stadeg^ empiuta aves sero d 01*0. Costui stette per sette anni, vero obbrobrio della repubblica nomane, in quella carica. Morto lui ebbe il suo posto Costantino, non imperito delle leggi, ma giovinissimo affatto, e senza pratica veruna delle quistioni fornsi: furacissimo poi oltre ogni memoria di uomini, e fastosissimo. Fu costui a Giustiniano caris simo quanto altri mai; e se lo desse per prefetto delle sue rapine, ed arbitro, desuoi giudizii: per lo che Co stantino in brevissimo tempo mise insieme una enorme somma di denaro. Ma era egli di tale non pi veduta

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superbia , e con . tanto fasto sprezzava tutti a modo che quelli, i quali a lui per terminare gli affari che avean pendenti gli recavano grosse somme, erano ob bligati ad affidarle a suoi domestici, no, essendo per messo ad alcuno pacargli di veruna cosa, se non co gliendo il momento in cui: andasse dall Imperadore, o ne ritornasse; ed in quella occasione non potevasi dir gli che una o due parole , e bene in fretta, onde non consumasse tempo senza guadagno. Cos questa parte di reggimento Giustiniano compiva. Il prefetto del pretorio y oltre il pubblico censo, pa gata gni anno all Ixnperadore tre mila libbre doro; e un tale provento non era fondato n sopra' una leg ge, n sopra pratica de maggiori; ma gli veniva.come per casa dallaria; credo che per questo appunto egli lo chiamasse aereo : ed avrebbe potuto pi giustamente chiamarlo atto di sua perversit. Checch: di questo sia, certo che di. quel nome i prefetti del pretorio abusa rono per pi liberamente lacerare le sostanze de sud diti, e con ci jecarle all Imperadore: parte per di esse per secondare il lusso frnperiale aggiungevano alle ricchezze proprie. Di ci Giustiniano li lasciava impuniti fino a tanto che si fossero ben bene impinguati; ,ed al lora venutogli momento opportuno, e trovato di che ca lunniarli, cosa chera inevitabile, tutte le loro facolt singoj, come fece di quelle di Giovanni cappadoee. Quanti aque tempi ebbero quella dignit, tutti a un tratto di ventarono immensamente ricchi, ad eccezione, di due , uno de quali si fu Foca, di cui altrove io feci menzio ne , uomo della equit e giustizia osservantissimo,. e in

quell officio puro da ogni guadagno \ V altro fu Basso f che gli succedette. Ma que* due uom ini, come parsone di poco buona p asta , e dai costumi del tempo lontane, stettero in posto per brevissimo tempo. Per non seguire i particolari in ogni cosa, il che tai farebbe andare allinfinito, baster che dica della stessa maniera essersi fatto con tutti gli altri magistrati di C o stautinopoli. In quanto poi alle citt dellimperio Giu stiniano ne affitt ad altissimo prezzo le prefetture agli uomini pi 6 scellerati, i quali ben si' pu sa pere* come !e esercitassero. N certamente alcuna moderata1per sona ed alcun poco savia avrebbe pensato a gittare (e sue fortune per andare a privar delle loro %V inno centi Giustiniano avute le somme da coloro eoi quali avea patteggiato, loro permetteva di scannare t popoli, e ruinar le provincie, coi quali mezzi soli potevano farsi ricchi. Aveano tolto a grande usura il denaro pa gato alPImpcradore pel prezzo delle prefetture; e giunti nelle prvinde con ogn iniquit verso i sudditi proce dendo , ai prestatori soddisfacevano , e se stessi arricchivano esuberantemente , massime che non aveano a temere d? essere chiamati a sindacato, n d essere pu niti Ch anzi quante pi stragi e rapine eoriamettevano, tanto maggiore gloriasi acquistavano; e il nome di svel tezza ingegnosa, e dindustria diligente davasi talvolta ai loro misfatti. Se non che poi Giustiniano tosto ebe vedesse alcuno di costoro essersi fatto opulentissimo, as salendolo con ogni genere di calunnia, tutte le accumo* late ricchezze immantinenti gli levava. vea promulgata una legge, per la quale statuiva

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che quelli, i quali chiedessero magistrature e governi di provincie, avessero a giurare che non sarebbonsi macchiati di rapine, e non avrebbero n dato denaro per avere quelle dignit, n ne avrbbero ricevuto ; e quelli che diversamente facessero, sarebbero, secondo P espressione de maggiori, tenuti per sacrileghi. Era appena da un anno quella legge promulgata, che con -espresso decreto, lasciati da banda il sacrilegio e la vergogna, non in occulto , ma nel pieno Foro, con somma impudenza vendeva a contanti le dignit \ e quelli che le aveano comprate, fatti spergiuri , pi in famemente di prima rubavano ad ambe le mani. Finalmente immagin anche questo che pur sembra iteciredibiie, che non volle pi venali le grandi magistra tu re di Costantinopoli e de municipi^ ma vi pose al cuni Come presi ad pera, i quali a lui dovevano per cerio pattuito stipendio mandare i proventi di quelle cariche. Costoro avuto il loro stipendio con una sfac ciataggine difficile a dirsi in tutti i paesi mettevano ogni cosa sossopra, e traevano a lui immensi convogli. Ed avresti veduti codesti magistrati presi ad pera cacciarsi qua e l, e col nome della dignit che rappre sentavano , in ogni maniera incrudelire sui. provinciali. Tenne sempre Giustiniano per massima, n singann nel suo pensiero, di mettere alla testa delle ammini strazioni uomini senza eccezione scelleratissimi. Per lo che, come da prima elev alle dignit detristi, e l li cenza di mal fare ne copi prov la perversit, ebbesi ad aver meraviglia che l Umano ingegno potesse esseredi tanta malizia capace. Ma quando poi si vide che i loro

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successori di gran lunga l arcano superati, la gente domandava come mai que primi fossero apparsi oltre (nodo iniquissimi, dacch da questi erano superati a modo che potevansi anzi dire sulle stesse loto opere buoni e probi. Venivano pi i terzi, e cos dopo que sti gli. altri, i quali col talento di una pi forte iniquit cos diminuivano i misfatti de primi, cbe a questi da vano ottimo notne, e riputazione eccellente. Per tale maniera crescendo ognora i mali pubblici, funestamente ebbe a conoscersi, che 1 umana perversit non si re stringe a certi determinati limiti ; o che, ove dallesem pio d maggiori sia secondata, e colla licenza della di gnit volgasi alla ruina desudditi, soltanto dalle miserie degli afflitti pu giudicarsi fin dove essa possa giungere. In questo stato furono le cose de magistrati. G A P O XXII.
I Traci e gf IlUrii, alleati de* Romani, eccitati da lettere di Giustiniano, alzansi contro gli Unni invasori delle terre del? Imperio, e gli abitanti di questo , gi dai nemici sac cheggiati, saccheggiano di nuovo. Questi gV inseguono ar mati, e ricuperano le loro robe, e le persone condotte via schiave. Trattamento crudele che ne, hanno da Giustiniano.

Soventi volte accadde ancora, che iCapi de Traci e deglUlirii avessero disegnato di assaltare le truppe de gli Unni, e ne fossero poi distolti in virt di lettere avute da Giustiniano, colle quah* proibiva che si desse addosso ai Barbari, la cui amicizia si riguardava come

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necessaria ai Rdtnani contro i Goti ed altri nemici. Ora di tale opportunit, sicuri pel nome di alleati, prevalendosi coloro sia nell andare , sia nel ritrocedere, sui gi abbastanza afflitti Romani scagliavansi in ostil mo do, e robe e persone traevano alle caseloro, non diver samente che si fosse trattato di Unni7 o di Goti. Toc* chi d piet pefigli e per le mogli schiave i villani arma tisi inseguono que ladroni nella loro ritirata, li ammaz zano , e presine i convogli ricuperalo le loro robe. Di questa s giusta e coraggiosa impresa ecco il frutto ? che que'miseri s ebbero. Spediti alloro villaggi da Co* stabtinopoli satelliti^ questi que?villani arrestati con ver* ghe e con altri tormenti martoriarono ^ e le loro cose guastarono, finch a que ladroni fossero restituiti i giumenti gi stati loro presi.

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C A P O XXIIL
Teocfoto succeduto conte prefetto del pretorio a Giovanni cappadoce non iniqui abbastanza secondo i desidera, di Giu stiniano e di Teodora. Scelta e ministero di Pietro Barsa me* Camttere di costui: Le sue operazioni suscitano tumulti* Giustiniano vuole cacciarlo: ma Teodora lo protegge, e perch. Toltagli infine la carica di prefetto del.pretorio , Teodora lo fa dominare prefetto dell9erario 'in luogo di Giovanni palestino, Viriu di questo: infami operazioni del Barsame.

Posciach Giustiniano e Teodora ebbero fatto perire Giovanni cappadoce, cercarono altri da sostituirgli nel posto^ e dvaccordo investigando l ndole di questo e di quello , si diedero cura di trovare un perversissimo uomo , che fosse atto ministro della loro tirannide , e della ruina desudditi. Misero intanto nel posto Teodoto , uomo di non lodevoli costumi, non per di tali che ad ssi potessero andare a garbo. Finalmente fatte tutte le1considerazioni, a casosi present loro un certo Pietro, siro di nazione, soprannominato Barsame ntimmulario, perch in addietro sedendo al banco di caihbiatore turpissimi guadagni faceva sulla moneta plateale. Era costui ingegnosissimo nellarte di rubare con mera vigliosa sveltezza delle dita le monete che contava a chi seco lui altre cambiavane} e port la furberia e la sfacciataggine al legno, che preso sul fatto e spergiur, e audacemente la caduta di una moneta ch era prova del suo delitto , attribu ad un moto accidentale delle

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dita. Stalo poi arruolato Ira soldati pretoriani a tate Im probit giunse, eli e a Teodora piacque quanto mai al tri, e le si prest facilissimo a trovar modo di eseguire ogni suo pi iniquo attentato. Rimosso pertanto Teodolo , che si era sostituito al Cappadoce, questo Pietro eglino misero net posto di lui , onde tutto andasse con forme volevano. Incominci costui a privare delle paghe castrensi il soldato; e ci senza alcuna vergogna, e senza timore. Poi mise in vendita pi turpemente che prima si fosse fatto te dignit. Diminu di maltozio stipendio a quelli che ne assumevano Y empio mercato : abban don le sostanze e le vite dcprovinciali alla cupidigia di costoro \ e a s e al compratore del governo della provin cia contata che fosse la convenuta somma diede amplissi ma facolt di rubare , o di iwpire. Da! Capo dello Stato procedeva quel mercato delle vite decittadini} e quegli appalti della ruina delle citt trattavano ne1 tribunali prim arii, o nel pubblico Foro. E allora and in pro vincia un ladrone legale, chiamato Collettore, per in tascare il denaro gi pagato per la carica compra \ ed era verso innocenti uomini di Una sevizie implacabile. Finalmente P ietro, tra i tanti subalterni del suo offi c io , molti dequali erano pur onesti, prescelse e ado per i cattivi. N fu egli il solo che cos facesse: lo stesso fecero e quelli che prima di lui, e quelli che dopo di lui ebbero quella dignit. E la stessa turpitudine com mise il Maestro degli officii^ la stessa commisero i Pa latini delle largizioni, i cos detti Privaziarii, e Patri moniali : tutti infine i magistrati urbani e municipali : imperciocch fin da quando questo tiranno prese il

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governo della repubblica , l mercede deministri dogni dignit od egli o i prefetti scelleratamente usurparonsi} e gl impiegati furono non pertanto costretti j come schiavi vilissimi, e sebbene pressati da poyert somma, a servire a quanti in tutto questo tempo comandarono. La massima parte del frumento 9 che a Costantino-poli in copia abbondantissima era stato gi portato , area patito tanto, che s era imputridita. Pure quantun que non fosse pi buono per cibo,degli uomini, egli lo fece distribuire a rate alle citt dell Oriente, obbligan dole A comprarlo a prpzao assai pi alto che se fosse stato di qualit ottima. I popolani che. aveano dovuto comprarlo a s ingiusto prezzo, non ebbero che a gittarlo in mare , o nelle fogne. Quello poi che sano ed abbondantissitno si conservava in Costantinopoli, fece egli vndere alle citt travagliate da carestia, ma a prezzo doppio di quello che si fosse valutato alle~proviene, le quali abbondanti^cl gnere lo somministravano . a titolo di tributo. poich nell anno appresso la rac colta fu scarsa, e ie navi che recavano a Costantino poli il frumento, ebbero un carico minore del bisogno, Pietro , in tali angustie poco capace di trovar rimedio, cerc di far portarne una grande quantit dalle cam pagne della Bitinia, della Frigia, e della' Tracia, ob bligando i coloni a condurlo con grande loro fatica, pri ma sino al mare, indi con non minore pericolo sino, alla capitale stessa, e a riceverne vilissimo prezzo ; e final mente a risentir tanto danno, che preferirono pagarne il prezzo doppio venendo esentati dal somministrarlo ai pubblici granai.

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Non essendo poi questo frumento bastato pel bisogno della citt, parcchi ne fecero informato F Imperadore; e quasi lutti gli ordini militari, trovandosi senza dena ro , si misero .in tumulto, e per la citt lavarono gran rumore. L Imperadore, che poc era gi contento di Pietro, molto pi s adir contro di lui ; e per qtiesto, perch avea udito aver egli, n vana era la fania, na scoste molte ricchezze messe insieme con peculato, stava per toglierlo di carica} ma nel ritenne Teodora, di Barsame innamorata, e come io crdo, delle male arti di colui, e della insigne sua sevizie contro i sud diti. Imperciocch com essa era d animo grandemente inclinato alla crudelt, e d inumanit pienissima} cos procurava di aver ministri dindole e di costumi somi gliantissimi a? suoi. Ma v anche un altra opinione. Vuoisi che Pietro con prestigli legasse a s F animo di Teodora , dapprima da lui alieno \ e dicesi ci sul fon damento he colui molto si dess* ai venefii, e agli incantesimi ^ e per questi studii assai stimasse i Mani chei $ e per ci non dubitasse di mostrarsene protettore palese. Il che quantunque F Angusta non ignorasse , pur niente per ci gli avea tolto della sua benevolenza; ch anzi per questo appunto lo avesse pi caro , e lo amasse, come quella che dai primi suoi anni avea avuta pratica con maghi e con venefici, e per simil arte pra giunta allo stato in cui trovaVasi : quindi in essa colui eb be fede, e in molte occasioni di essa pot farsi appoggio* E per certo savea ella renduto Giustiniano mansueto e trattabile non tanto j>er forza di ogni genere di carezze e seduzioni, quanto, tome dicesi, per virt dei demo-

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nii. E come pi egli non sent mai n inclinazione , n amore alla giustizia e alle buone opere, onde potere tenersi salvo da tali insidie } ed essendo anzi di animo tutto dato alle stragi e all avarzia, ed insieme alle adu lazioni d agl inganni esposto, e negli affari gravissimi facile ad essere agitato come una leggerissima polve, sic ch n parenti, n amici potevano in lui porte fiducia di nulla ; e di pi Pingegno suo versatile sempre va gava incerto sopra ogni cosa ; indubitatamente era op portuno agli assalti de venefci^ e alle trame di Teo dora. L9 Augusta adunque am quanto mai dir si possa Pietro in queste arti istrutto ; e ebbene P Imperadore finalmente gli togliesse non mal volentieri la prefettura del pretorio, poco dopo per impegno :di. Teodora lo prepose alP erario, toltane quella carica a Giovanni, cbe da pochi piesi v era stato nominato. ^ > Era quel Giovanni palestino di nascita, uomo d in signe mansuetudine e probit, il quale nemmeno nelle cose sue avea mai saputo mettere insieme roba, n mai avea offeso persona. E come per questo era dalla mol titudine stimato, cos non era per niente nelle buone grazie di Giustiniano e di Teodora vi quali ove furi di loro aspettazione trovarono alcuno decloro n^nistri buono e probo, presto se ne nausearono, e prendendolo in avversione cercarono^ ogni mezzo di disfarsene. Pietro adunque fatto prefetto dell9erario fu cagione di grandi calamit a tutti ,*massimamente per avere diminuita la pi gran parte delle somme, che giusta il costume an tico, e le istituzioni imperiali, dovansi ogni anno distri buire per sollievo, di molte famiglie. Dall efario costui,

i59 data al Prncipe la parte che gfi veniva, iniquamente cavava per s grosse ricchezze, intanto che giaceano in isquallore quelli ai quali le solite largizioni erano o tolte o diminuite. Fece ancora battere monete doro minori in valore di quello che le spacciasse. E questo fu laspetto che sotto questo Imperadore i magistrati presentarono.

C A P O XXIV.
Stato de' possidenti di terre. Esenzioni di tributi praticate dagli antecedenti Imperadori. Nisstyna ne accorda Giustiniano salvo che per un anno solo alle citt prese dai nemici Suoi decreti di annona, eT imposta, di descrizione* Unghe rie usate"per gli alloggiamenti de* soldti in tempo di pace, Simile agnheria sofferta dagli abitanti di Costantinopoli in occasione di una moltitudine di Barbari recatisi in quella capitale. *

Come poi fossero minati i possessori di trre dir q u i, sebbene a spiegare le loro miserie bastar debba quanto poco fa ho barrato deprefetti che andavano a governar-le yovincie 5 essendo prima di ogni altra cosa loro faccenda lo spogliare colle lor violenze i padroni di latifondi. Fu pratica antichissima deromani Imperadori il rimettere non una, ma pi e pi vlte, le piccole par tite ohe rimanessero da pagarsi alle caSse pubbliche* per imposte ; e ci facvasi perch chi era gi in misera fortuna non fosse perpetuamente per que debiti angu stiato \ n i questori avessero occasione di tormentarli

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pel pagamento di tali residui. Ma Giustiniano in trentadue anni di i*egno non fece mai siffatta grazia ad al cuno. Per questo i poveri al ritorn delle epoche do veansi disperatamente fuggire; e le probe persone erano soggette ad interminabili calunnie, accusati di avelie in addietro pagato meno di quanto le loro possessioni fos sero* tassate. D onde venne che tanta povera gente, men forse per la paUra delle nuove imposte, che della minacciata esazione, grave ed iniquissima, di partite che attribuivansi a lontanissinii tempi, dovettero cedere i loro fondi o ai bricconi officiali, al fisca Saggiunga , che devastate miseramente in grati parte lAsia dalle armi de9Persiani e de Saraceni % e P Europa tutta dai saccheggiamenti,degli Unni e dgli Schiaffoni, colle citt demolite, con quasi ogni sostanza perdita, coi popoli tratti insieme v coIle loro robe in servit, colle contrade intere ogni giorno messe a jruba, e da coloni abban donate , Giustiniano mai non liber dai tributi altri che quelle sole citt , che fossero state pre&e dai nemici ; e queste ,unicamente "esent per un anno. Eppure a prov vedere secondo che lo stato delle cose.e il tempo richie devano , non sarebbe neppure bastata P esenzione del pagamento detributi estesa a sette anni, siccome Pim peradore Anastasio avea praticato. Cabade era partito dalle provincie dellImperio lasciando tutto intatto; ma Cosroe avea messo a ferro e a fuoco tu tto , e in orri bili calamit con ci immersi i popoli. Or que mede simi , ai quali sarebbe stato un miserabile e quasi ri dicolo sussidio P esenzione di una parte del tributo, e tutti gli altri che s spesso nell Oriente ^veansi veduti

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addosso i Persiani, o in Europa tanti Barbari strappar loro ogni, gie#no quanto aveano, trovarono Giustiniano pi crudele de Barbari. Non appena partiti i nemici i possessori* de campi vedeansi oppressi da decreti di an nona, dimposte, di descrizioni. Ed ecco cosa qnede* reti contenevano. , I possessori di campi doveano^ ognuno in una deter minata porzione , somministrare al soldato romapo i viveri*, e la tassa di questo tributo era fatta, non con siderate le difficolt delle circostanze attuali , ma il preesistente pubblico regolamento. Se poi neIoro campi non aveano quanto occrreva ai soldati e ai cavalli di questi, erano u miseri obbligati a comprarlo a gran prezzo, edalhfpi rimota provincia, se cos fosse duo po , portare i funeri agli a c c a sa m e n ti, o dovunque i soldati stanziassero. Di pi era in pieno arbitrio degli Opzioni dellesercito (i) il ^misurare ed apprezzare i ge neri* e non valeva il reclamare che si stesse alla giusta estimazione 4 egli uomini. Annona chiamasi questa, per la quale venendo i possessori di campi annualmente a pagare un tributo dieci volte maggiore, forza che vadano in ruma , massime se oltre a quanto l ancona militare esige, occorra di pi portar frumento a Co stantinopoli. N fu il.solo Barsame che cosi facesse, ma cos pur fatto avea Giovanni cappadoce, e cos fecero que che vennero dopo. Tale P. ancona. - L imposta poi come una peste improvvisa che re fi) Opzioni erano detti dai Romani quelli che davano le ra zioni de viveri ai soldati. Qui il significato pare esteso ai magaz zinieri , e forse veglio ai.Commissari! di guerra.

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pontinamente pillandosi sui possessori de1 campi ne ta glia dalla radice ogni speranza di sussistere. Essa con siste in questo, che si tassavano i vasti ed ornai insal vatichiti latifondi, i padroni e coloni de*quali o fossero periti , o dopo tanti mali fuggiti fossero dalla patria, ed orribilmente aggravati in alcun luogo si appiattas sero. E siffatto genere di gravezza in que tempi prin cipalmente ebbe corso. Le descrizioni finalmente ?per chiudere questo discor so , sono state decretate perch dai possessori de campi con una tassa formante parte di tributo si risarciscano i danni in questo tempo frequentemente sofferti dalle

citt. Pertanto il dire le cagioni e gli effetti di tutte queste cose sarebbe discorso da non finir pi. Ben dir cbe non istettero qui soltanto le disgrazie, a cui la classe delle persone, delle quali parliamo, fu soggetta. Ebbevi una pestilenza, la quale estesasi per tutto il mondo invase ancora V Imperio romano, e in ogni luogo and consumando gli agricoltori ; e mentre per questo N le campagne rimasero incolte ed abbandonate, niuna mo derazione fu fatta negli annui tributi : ch anzi a nulla badandosi, quanto alla partita di ognuno, secondo che trovavasi intestato, dovea pagare, e in tutte le altre cose gi accennate stavasi deipari af rigor ^ re g is tri, e sen za remissione facevansi di pagare i carichi per qualun que confinante gi morto. Alle quali cose si aggiunga per colmo della condizione infelice de1possidenti, che in fine ne pi belli ed agiati appartamenti delle case il
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soldato alloggiava, e dovea essere sontuosamente tratta to 5 ed essi intanto ritirarsi in vilissime catapecchie. Queste cose ebbero a soffrire gli uomini regnando Giustiniano e Teodora, quando n veraUo guerre, n particolari estremi infortuni]. Ma come il discorso caduto sugli alloggiamenti, non da tacere che in Costantinopoli si diede qualche volta il caso di avere settanta mila Barbari, che i cit tadini furono obbligati a ricevere nelle loro case, non ridotti con ci solamente al disagio di trovarsi senza i comodi domestici, ma da altre difficolt ancora trava gliati C A P O XXV.
Come fossero trattati soldati e gii nffUiali del? esercito. Creazione de'Logoteti militari, e degl'ispettori: iniquit de gli uni ejleg li altri, e conseguente derivatene. I presidii ai confini derubati delle paghe , e cacciati. Corruzione nelle guardie della Corte. Doppia perfidia rapace verso i varii corpi delle medesime. Tutti i soldati defraudati del donativo quinquennale. Le ingiustizie fatte in ordine alle promozioni e agli stipendii de* militari sono da Giustiniano estese agli officiali civili.

N debbesi tacere quanto Giustiniano fece cosoldati. Assegn ad essi deragionieri, che chiam Logoteti, incaricati di raccogliere da ogni classe d uomini negli accampamenti una gran somma di jen aro , la duode cima parte del quale sicuramente era destinata a costo

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r o , i quali ogni anno con ogni artifizio dovevano an gariare il soldato. Luso e la legge castrense porta che non tutti i soldati abbiano la stssa paga. Pi bas$a Phanno i nvizj : maggBre quelli, che da gran tempo servivano, ed altissima i veterani , e quelli che aveano diritto al congedo, onde questi riducendosi aliavita pri vata avessero quanto occorreva , e ridotti invalidi si confortassero nelle domestiche loro necessit col pecutlio castrense* Succedeva adunque ch a mano a mano che alcuni morivano od erano congedati, quelli che loro venivano dietro a proporzione del tempo da che servivano, salissero alla paga pel grado loro destinata. Ma i ragionieri proibirono che si cancellassero dai ruoli i nomi de soldati uccisi nelle battaglie, o che per lungo tempo i ruoli si rinnovassero. Per lo che lo Stato era ridotto al punto di avere un esercito picciolissimo} il soldato superstite, estinti i benemeriti , contro le pro prie convenienze rimaneva negli ordini inferiori 5 rice veva la paga minore di quella che al suo grado richiedevasi ^ e il denaro che per queste cose avanzava, dai ragionieri in tutto quel tempo si passava a Giustiniano. Taccio gli altri molti discapiti che i soldati pativano : era questo il bel compenso che avevano de pericoli, ai quali esponevano la loro vita. Da ci poi veniva che il greco nome fosse fatto un soggetto di vergogna, quasi la Grecia non avesse alcun soldato valoroso-, che se ne rigettasse una parte, eome militante senza ordine del Principe*, che i loro diplomi facilmente si avessero per sospetti ; e che altri frequentemente stessero lontani dai loro commilitoni, e dagli accampamenti. Oltre questo,

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alcuni de pretoriani venivano destinati per ttto il do minio romano ad esaminare i ruoli, e vedere quali non fossero atti alla milizi. E di questa maniera si videro taluni di et avanzata, come non idonei al servizio spogliati del cingolo militare pubblicamente cercare nel Foro la limosina dalle pie persone, e a chiunque glincontrava dare un acerbo e lagrimevole spettacolo di s: altri per non vedersi a tale miseria ridotti, con grossa somma redimfevansi da queglispettori. Laonde in tante maniere scoraggiato , e delle cose necessarie privo il soldato, prese avversione siffattamente alla milizia, che questa fU la principale cagione , per cui le cose deRomani, e della Italia andarono in mina, E videsi intanto Alessandro, col mandato logoteta, impudentemente di ci dar la colpa ai soldati, ed esorbitanti som me far pagare agl Italiani sotto pretesto di prender vendetta di quanto fatto aveano col Teodorico, e i Goti. Ma non fu il soldato solo , che per opera de logoteti ridotto si vedesse alle angustie accennate : a som ma inopra, e alla miseria di ogni cosa furono pur ri dotti i ministri de9 supremi Capitani dell esercito, i quali e di numero erano assaissimi, ed illustri per la gloria in additro acquistatasi. E giacch siamo nel proposito de9soldati, dir come una volta gl Imperadori romani tennero distribuiti sui confini dell Imperio vari! corpi di soldatesche, che li difendessero 5 e ci spezialmente *sul lembo delle pro vincie orientali, onde far fronte alle incursioni de Per siani e de Saraceni. Que soldati chiamavansi limitane!.

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Ora Giustiniano li ebbe tanto a disprezzo, che.i que stori li lasciarono senza paga per quattro e cinque an ni ; e mentre, venuti Romani e Persiani * far tregua , que miserabili speravano che a godimento de9frutti della pace avrebbero riscossi i loro stipenclii arretrati, si videro dallimperatore cassati dal ruolo militare. Cosi i confini dell Imperio furono lasciati tenza presidio; e il soldato limitaneo non ebbe per la sua sussistenza che la piet: de privati. La Corte imperiale avea per guardia tre mila cinque cento soldati, detti gli Scolarii ; e lerario dava loro da antico tempo una paga maggiore ehe a tutti gli altri; n v etano se non se i Triarii degli Armeni, ed i pi scelti fra tutto 1 esercito, che dai maggiori ricevessero quest onore. Dopo che fu mperadore Zenone, ogni poltrone ed imbelle pot entrare in quel corpo, e final mente anche i bagaglioni giunsero a comprarsi un posto^n quella milizia. Sotto Giustino poi Giustiniano molti chiam in qel corpo per grosse smme e poich vide i ruoli pieni, ne aggiunse da circa due mila, che chiam soprannumerari?, i quali, quando fu proclamato mperadore immantinente ritenendosi tutto il denaro che ne avea ricevuto, conged. Poi trattatosi di spedire eserciti nell Africa ^ o nella Italia, o nella ' Persia r gli Scolarii del giusto numero, quantunque inesperti affatto di guerra, ordin che avessero a marciare colla truppa pi scelta Ma essi di ci atterriti rinunciarono all Imperadore (cosa che non rare volte era avvenuta) le pa ghe di cbe erano creditori. Aneli essi poi pfovarona le rapine, grandi e cotidiane, di Pietro maestro degli

IM offcii, il quale , quantunque fosse d indole mite, e niun* apparenza avesse duomo inclinato alle ingiurie, fu per il primo degli uomini furaci, e pieno di turpi artifizii, il quale, come di sopra dissi, fu autore della morte di malasunta, figliuola di Teodorico. Nel palazzo imperiale hanno vi altri soldati di pi alto ordine, i quali maggiori somme pagando per esservi ascritti , maggiore stipendio ancora traggono dal pub blico erario. Chiamansi domestici e protettori : gente affatto spoglia di valore guerriero , che presentemente t i e n s i nella reggia, ed una volta stanziava, parte iu Co stantinopoli , parte in Gallazia, o iu altre provincie. Anche questi, collo stesso artifizio messi in paura, Giu stiniano costrinse a rinunciare alle loro pensioni. Ma le tnolte cose, che in questo proposito potremmo dire, ridurremo a questo solo capo. Secondo un antica legge lImperadore usava ogni cinque anni di fare allesercito un donativo d ic e rta determinata somma ; e per ci ogni quinto anno mandavansi per le* citt dell imperio questori, i quali a ciaschedun soldato pagava cinque stateri d oro. Era questo un uso fsso ed inviolato. Ma dacch Giustiniano fu inalzalo al trono ( e sono gi trentadue anni ) tanto quest uso trascur, che gli uomini se ne sono quasi di menticati. Ma parliamo d altre ruberie fatte ai sudditi. Quelli che all Imperadore, o ai magistrati servono in Costan tinopoli iti offcii o letterarii, o militari, o di qualunque altro genere, sono ne registri collocati da prima .in ul timo luogo, di dove poi a mano a mano che succedono

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vacanze o per morte, o per congedo, o per promozio ne , ascendono di grado in grado, finch arrivano al pi cospicuo ed eminente posto. A quelli , che all* prima dignit pervenissero, ab antico era fissato lono rario annuo di oltre dieci mila libbre d oro, onde po tessero convenientemente provvedere alla loro vecchiaia, ed essere verso molti altri benefici. Ed in fatti era questo nn gran mezzo per ben amministrare lo Stato. Giusti niano queste persone esclse da quasi tutti cotali pro venti, e molte anco ne ruin. Cos che, come prima da questi ad altri comunicavansi i vantaggi, comunicssene di poi la miseria. E se alcuno fa i conti a quanto in trentadue anni s'estenda il discapito da essi sofferto, avr la somma del denaro, di cui rimasero spogliati. Cos questo tiranno vess chi lo serviva. ) * C A P O XXVI.

Angherie del commercio. Dazii agli Stretti. Violenze nel porto di Costantinopoli. Abbassamento di valore delle monete no bili ne* cambii plateali. Ruina de' mercatanti, e de*fabbricatori di robe di seta , prima con ingiusto prezzo del genre, poi con monopolio, e colla concentrazione nella capitale de* lvori di seta.

Or vengo a dire come trattasse i mercatanti, i navi gatori, gli artefici, i forensi, e con questi le altre classi del popolo. Due Stretti sono affianchi di Costantinopoli: uno nell Ellesponto, ove stanno Sesto ed Abido; l altro

alle fauci dellEussino. Nello Stretto deUEUespanto non si permise mai alcup ordine di pubblicani, n alcun banco di cambiatori, o prestatori. F a col dagl Imperadori mandato un pletore , residente in bido, officio del quale fosse vedere le merci e le armi, che senza licenza del Principe sulle navi si trasportassero a Co* Stantinopoli, e chicch fosse, il quale di l navigasse serica lettere o tessera del magistrato- a ci preposto N poi era permesso partire con navi da Costantinopoli, senza licenza de ministri dipendenti dal maestro degli offcii. Piccolissimo era il dazio, che esigevasi dai pa droni di nave. Simile magistrato mandavasi aU altro Stretto colle stesse ispezini; ed invigilava se merci si conducessero ai Barbari abitatori delle spaggie dellEussino , le quali fossevietato di recare dalle citt de Ro* mani ai nemici. Il pretore a queste cose destinato non poteva dai naviganti farsi pagare veruna cosa. Non cos fu dacch Giustiniano sal al trono imperiale. Sull uno e Taltro Stretto vennero messi pubblicani $ e due pre tori col collocati con determinato soldo, perch ogni attenzione ponessero a cavar denaro quanto potessero mai il pi. Costoro, che non desideravano se non di rendersi accettissimi all Imperadore, fecero pagar da zio per Ogni qualunque merce anaviganti. Cos fecesi pure all altro Stretto. i porto poi di Costantinopoli prepose un certo Addeo, siro di nazione e suo famigliare, a cui ordin di procurargli guadagno qualunque sulle navi mercantili che col approdassero. Costui alle navi stanziate nel porto di quella capitale non permise dipartirne, se non

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se costretti i padroni delle medesime od a pagare il nolo di esse , o a portare le merci in Africa , o in ItaJia. Per lo che alcuni non Volendo pi saperne di ca richi e di navigazione, abbruciate le loro navi si libe rarono da quelle angherie. Ma quelli che il bisogno obbligava a vivere di tale professione, vollero dai mer catanti per le condotte un prezzo tre volte maggiore ; e i mercatanti per salvarsi dalle cresciute spese alzarono poi i prezzi con chi dovea comprare. Con queste diverse arti 5CC0 come tutti finalmente i Romani vennero a pa tire. Ci risguarda le negoziazioni. Ma no9t credo di dovere omettere come questi Prn cipi tesaurizzassero sulla piccola moneta. In addietro i nummularii pagavano per ogni statre d oro dugento dieci oboli chiamati fole a chi voleva cambiare. I Prn cipi vedendo di poter guadagnare, stabilirono di cam biare a cent9ottanta : con che, vennero a rubare a tutti i sudditi il sesto della moneta d oro. Siccome poi aveano essi- fatto monopolio di quasi tutte le merci con incredibile e cotidiano incomodo di hi avea a comprarne, salvo che di ci che riguardava le cose di vestito, e gli emporii delle medesime ; ven nero a sottilizzare finalmente anche su di queste. Una volta i mercatanti di vestiti di s e t a e gli artefici de1 medesimi, negoziavano gli uni, e gli altri avano le loro officine in due citt della Fenicia, Berito e Tiro , di dove le merci di tal genere diffondevansi poi per tutto il mondo Ma sotto il regno di-Giustiniano, aven* do quelli presa stanza in Costantinopoli, e in varie al tre citt, alzarono i prezzi della merce, allegando che

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presso i Persiani ancora eransi alzati, che cresciuti erano i dazii nello Stato dellimperio. Il che tutti capi rono essere stala speculazione profonda di Giustiniano, dopo clie videro da lui stabilito per legge che la seta si vendesse otto monete 4 oro la libbra sotto pena della confiscazione de beni. La quale disposizione .essendo parata assurda ai negozianti, giacch avendo essi pa gate le merci a carissimo prezzo avrebbero dovuto ven derle per pochissimo, prefrirono di abbandonare la mercatura. Per lo che l merci che trovavansi avere, clandestramente spacciarono a note persone, le quali amas sero o. di gitlare il suo di tale maniera, o di avfre presso di s tal genere di roba, oppure per alcunaltra specu lazione servirsene. Il che avendo Teodora udito andarsi usurrando nel pubblico, essa senza accertarne il fatto mult i mercatanti di cento libbre d oro, ed in ltre port loro via le merci. Ora poi tutto 1 opificio della seta nello Stato roma no si posto sotto l ispezione del prefetto del tesoro imperiale: con che a Pietro Barsame, di quella carica investito ancora > s accrebbe mezzo di ogni maggiore perversit. Costui costretti i fabbricatori a lavorare so lamente per conto suo, tutti gli. altri tenne sotto 1 ini qua legge promulgata; ed intanto, non di nascosto, ma nel Foro pubblico fece vendere la seta d altro colore tinta sei monete d oro Foncia; e la tinta col regio co lore , detto olovero, la fece vendere 1 oncia ventiquat tro e pi di quelle monete* Con che all Imperadore grosse somme procur, e a s stesso segretamente altre assai grossissime. Ci che fu preso a farsi allora, si

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continua a fare anche prqsentemente ; n pi permes so ad alcuno esercitare pubblicamente quellarte. Laon de i negozianti s in Costantinopoli , che nelle altre cit t , sentirono i danni di tale arte, per trra e per mare sbandita; e tutto il popolo, che n varii rami della medesima lavorava in Tiro ^ e in, Berito, fu costretto a cercar la limosina, o a morirsi di faine. Una parte, abbandonato il paese si rifugi in Persia^ perciocch , concentrato , come dissi ^ tutto il traffico di quel genere pel solo prefetto del tesoro imperiale, data del guada* gno una parte all mperadore, V altra maggiore rite nuta per s, colla miseria pubblica venne ad accrescere le sue ricchezze. Ma di ci basti. CAPO XXVII.

Giustiniano mina i causidici, i medici, i maestri delle arti liberali. Rapisce alle citt i fondi destinati alla istruzione, alV ornato pubblico, e agli spettacoli. Questi pure sopprme in Costandnopoli, Toglie ai popoli i vantaggi soliti a trarsi per le largizioni ai nuovi consoli. Affama quello di Costan tinopoli, e gli fa mancar P acqua. Tratta i poveri di Roma e di Alessandria colla stessa sevizie. Iniquit di Alessandro F orcola, e di Efesto.

Come poi Costantinopoli*e le altre citt Giustiniano spogliasse de loro principali ornamenti, sono ora per dire. Primieramente stabili di distruggere lordine decau sidici , tolti tutti i premii de quali, in eminente grado

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avendo esercitata 1 avvocatura, erano soliti in addietro a vedersi onorati. tolse anche con infamia e ramma rico de causidici la stessa avvocatura, avendo ordinato ai litiganti di giurare in s e nella lite. E dacch, sic* come gi narrai, a senatori, ed altri opulenti uo mini , o in Costantinopoli, od in altra parte qualun que dellImperio romano, lev le sostanze, l ordine de causidici >:adde in sommo ozio, non essendovi pi soggetto meritevole di eccitare gli uomini a litgio. Laon de fattisi pochi e di numero e di giusta rinomanza, caddero in somma abbiezione e in somma inopia per tutti i paesi ; e fu questo tutto quello, che della con dizione loro ad essi rimase. Ed escluse pure i medici, ed i maestri delle liberali discipline dalle cose necessarie alla vita, togliendo loro la sportili a , che gl Imperadori romani facevano loro dare dall erario. I fondi, che gli abitanti delle citt si aveano procacciati, sia per s, sia pei bisogni pubblici, sia per feste e spettacoli, no^ vergogn di applicare al censo dello Stato; onde in appresso non vi furono pi onorarii n. de medici, n del maestri ; non pi cura alcuna de pubblici edifzii ; niuna pi nelle citt comu nione di lumi, niun a letizia ne cittadini: giacch da lungo tempo giaccionsi gli spettacoli teatrali, i circensi, le cacce, nelle quali cose Teodora sua moglie nacque, fu allevata, ed esercit ladolescenza sua. In fine volle che anche Costantinopoli fosse senza spettacoli per risparmiare le spese solite a farsi per essi dall erario. Con che rec danno ad una quasi infinita moltitudine, che di tratto in tratto ne traeva di che vi-

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vere. Per la qual cosa e in pubblico ed in privato tutti stannosi immersi in uh vero squallore, con nissun senso di piacer della vita, quasi dal cielo s aspettino ijnmi* nente mina ; di non altro in casa, nel foro, nelle chie* se parlando ognuno che di miseria, che di calamit 9 che di qualche prodigioso caso. di fortuna recente mente seguito.'Questa fu la condizione di ogni singola citt. Ma occorre dire quello che ancora manca. Ogni anno due*consoli ereayansi a Romani, uno in Roma, e laltro in Costantinopoli. Quegli che* a tale dignit era chiamato, doveva spendere pi di due mila libbre d o t o per la cosa pubblica. Poco metteva fuori del suo: il pi veniva dal pubblico erarios secondo la liberalit dell mperadore. E come tutto quel denaro serviva a dare spettacoli, a soccorrere poveri, a pagare spezialmente attri di scena, meraviglia dire quanto da ci le citt si sostentassero. Dacch per Giustiniano ebbe P Imperio, per queste tose non vi fu pi tempo fisso, poich o lungamente alcuno ritenne il consolato, o non si videro consolari elezioni. Onde per questo verso ancora gli uomini soffrirono povert estrema, e perch lImperadre neg asudditi quanto erano-avvezzi ad avere, e perch la fortuna li cacci de posti tutti, e de mezzi, onde potevano sussistere. E credo davere gi abbastanza detto de pubblici denari, e delle sostan ze degli uomini consolari, s in comune, che in parti colare , che questa pste famelica V ingoi \ e de benr che per mezzo di calunnie rap ai pi ricchi, o ai sa telliti suoi stessi, e agli altri m inistrile di quanto rub ai soldati, s negli accampamenti, che nella reggia \ e

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ai coloni, ai possessorudi campi, ai cultori delle disci pline liberali, ai mercatanti, ai naviganti d ogni spe cie , agli artefici, alla torba forense e teatrale , e & tutti quelli finalmente, i quali ebbero a partecipare dei danni di tante classi di persone.. Ma ' giusto aggiugnere cbe scempio egli facesse de* poveri, e della tanta turba giacente nella estrema miseria ; giacch di quanto facesse contro i sacerdoti parler ppi in appresso. Giustiniano, come ho soventi volte*detto, a suo gua dagno avea tratto tutti i F o ri, e ridotto a monopolio ogni cosa necessaria alla vita, estorcendone a tutti i sudditi un prezzo tre volte maggiore. N in questo pro posito potrei anche con lunghissimo discorso dire le cose che a me sono parate infinite. Sopra il pane che gli artigiani, i poveri, ed gni magagnato miserabile costretto a comprare, / avea egli costituito un profitto, crudele e perpetuo, quale si era quello di trecento lib bre d oro ogni anno ; sicch era quello un pane sordi dissimo , e pieno di polvere ; a tanta empiet avendo 1 avarizia condotto quell9 Imperadore. Quindi i prefetti dell9annna, presa occasione di guadagno y immense ricchezze accumularono per s , e scarseggiando i ge neri , con maligna arte i poveri trassero inaspettata mente alla fame. E la ragione si , che a nessuno era lecito procurarsi frumento, ma doveano tutti vivere di pane compro. * Videro questi due Imperanti, che rotto essendosi lacquidotto, pochissima acqua veniva alla citt; e non pertanto trascurarono di provvedere, non volendo spen dere , sebbene accorrendo in gran folla il popolo per

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avere acqua , presso le fonti si opprimesse. Similmente mancavano i bagni} ed invece di ri&ediare a questo di* sordine, l mperadore in tutti i sobborghi pazzamente profondeva immense somme di denaro intorno ad edifizii marittimi, come se lui e la moglie non fosse capace di contenere la reggia, nella quale gli antecedenti Imperadori e lungamente e comodamente aveano abitato. Con che manifestamente dimostrarono entrambi, che non per parsimonia , ma per niuna misericordia verso un popolo che tanto penava, aveano essi trascurato di far restaurare 1 acquidotto : perciocch d altronde non fu mai uomo al mondo , come Giustiniano , n pi pronto ad attrappafe con ogni iniquo modo il denaro, n pi prodigo ad immantinente gjttarlo. Ridotti adun que i poveri ad estrema indigenza, e non avendo altro di che cibarsi che pane, e per abbeverarsi che acqua, Giustiniano anche in queste due cose li angari , ren dendo il pane difficile , e 1 acqua mancante. Ma non fu consoli poveri di Costantinopoli, che si cru delmente si comport : Io stesso fece con altri} e giova qui esporlo. Teodorico, sottomessa PItalia, per lasciare in Roma qualche ombra di repubblica volle conservati i soldati pretoriani, e lasci loro la razione giornaliera d era il corpo dessi numeroso, poich vi erano com presi anche i silenziarii, i domestici, gli scolarii, i quali, se non altro, almeno aveano il distintivo militare, e i viveri, che veramente appena bastavano loro , ma che Teodorico permise che passassero ai loro figli e ni poti. Apoveri poi stanziati presso il tempio di s. Pie tro egli fece distribuire dal pubblico tre mila medinni

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all anno. Queste cose durarono sino all* arrivo in Italia di Alessandro Forficula. Ma costui lev via subito tutto; e l imperador de Romani Giustiniano , informato del fatto, gli diede la sua approvazione, e in molto onore ebbe colui, il quale odasi come in questo *uo viaggio tratt gli EUeni. Gl indigeni abitanti presso le Termo pili gi da assai tempo tenevano ivi un presidio v e te mendosi le incursioni de Barbari nel Peloponneso, essi facevano la guardia a vicenda presso il mro, onde le strette di que monti sono chiuse. Capitato Alessandro col , quasi curasse assai gl interessi de9Pelponnesxi disse non aversi a confidare nel presidio di villani il quel luogo ; e decret che vi si tenesse una guarnigione di dfie mila uomini, i quali per dovessero essere pa gati, non gi dallerario pubblico, ma siwero dalle singo le citt della Eliade , incamerando nel tempo stsso tutti i fondi che servivano al mantenimento de teatri civici sotto pretesto di provvedere, a quel presidio ; e intanto n nella Eliade , n in Atene medesima fu pi pensato a quanto i pubblici spettacoli, o gli edifzii, od altri co modi urbani richiedevano. E queste operazioni del Forficula Giustiniano approv ed aggrad. Di ci basti ; passiamo ora a poveri di Alessandria. Fra i causidici di Alessandria era un certo Efesto, il quale entrato prefetto, con crudele severit compresse bens la plebe sediziosa, ma i cittadini ridusse a cala mitoso stato. Imperciocch costui, messo in monopolio ogni genere di cose venali in tutte le piazze della citt, escludendo gli altri venditori, e a s stesso unicamente il diritto riserbaudo delle vendite, ad arbitrio della pre

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fettura inoltre fiss i prezzi. Somma fu quindi la penu ria che delle cose necessarie la citt pat \ e a poveri mancarono i generi y che innanzi a vilissimo presso vendevansi ; e spezialmente li oppresse l carestia dui pane. Di che la cagione era , che fattosi egli il solo che potesse trar frumento dall Egitto, non lasciando agli altri di poterne comprare nemmeno un mediano ? il pane tariff secondo che la sua cupidigia gl io spirava. In breve tempo adunque acquistassi grandi ricchezze, e diede occasione alllmpcradore di fare altrettanto. Men tre poi il popolo alessandrino per paura contenevasl dal mormorare apertamente di queste iniquit , Giusti-* ni ano giulivo delle continue spedizioni di denaro che Efesto gli faceva, colui solo amava. Per vie meglio poi assicurarsi della grazia dellUmperadore^ ecco cosa inoltre quel briccone immagin. Diocleziano jivea ordinalo che ogni anno fosse in favore de poveri distribuita al po polo alessandrino una grande quantit di frumento, la quale da quel tempo in poi ripartita fra loro, anche di presente era trasmessa a* posteri. Ora Efesto ordin che ne granai pubblici si mettessero i due milioni di media ni , che doveano servire ai pveri ^ rappresentando alV Imperado re y che gli Alessandrini se gli aveano senza ragione appropriati contro gl'interessi dello Stato. L im peradore conferm coir autorit sua il fatto } e sempre pi caro ebbe Efesto. Ognuno intanto pu figurarsi co me gli Alessandrini, che in quella distribuzione di fru mento mettevano tutta la speranza della sussistenza loro, tratti in tanta necessit sentissero quella crudele sevzie.
pRQCOPtO .
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C A P O XXVIII.
prfida dissimulazione di Giustiniano neW affare di Rodone, prefetto di Alessandria; e casi di Paolo, patriarca di quella citt , e di Arsenio, Altro caso di Faustino. Iniquo fatto di Prisco "Jalsrio : Giustiniano corrotto con oro da costui * abroga una legge snssistente, e Con una nuova disposizione si fa complice di uh* insigne trufferia, che per un puro accidente manca tT effktto* Giustiniano viola aneftfi le leggi ' degli Ebrei.

* Ma tante sono le male opere di Giustiniano, che a dirle tatto non s1avrebbe bastante tempo. Per ci dalle molte io vado scegliendone alcune, onde la posterit possa' apprendere l indole 6Ua pronta a dissimulare, disposta a disprezzar Dio, i sacerdoti, le leggi, e il popolo^ a non avere alcun.riguardo, n alla verecon dia, n alla buona amministrazione dello Stato, n a coprire nemmeno con qualche colore le 6ue scellera tezze : inteso unicamente a spogliar di denaro tutto il mondo. Avea dato, per cominciare di qui ^ agli Alessandrini per vescovo Paolo; e ad un certo Aodone di Fenicia, prefetto di Alessandria, avea scritto che fosse attent a prestare in ogni occasione mano forte a Paolo, onde ben riuscir potesse al Prelato quanto desiderasse: perciocch era sua mira che collopera del medesimo si risvegliasse lo zelo dePatriarchi alessandrini in tener fermo il Concilio calcedonese. Intanto un certo Arsenio di Palestina, uomo pienamente malvagio, fattosi necessariissimo a Teodora,

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era lei venuto in grazia tanto, che salito era ad am pio eredit, ed a grande riecheasad, e finalmente aUa dignit di senatore. Era costui in cuore samaritano; ma per hon perdere l alta fortuita, a ot vedeasi inalzato, si ere astutamente, ascritto a Crstt^^ e il padre , e il fratello di lui, dissimulata l stta d loro maggio*!, eoli-!appggio del;su credito, e dalle persuasioni sue spinti, in Scitopoli i Gl'istituti Tassarono con ogni ge nere, di contumelie : il che in fine produsse ch ecci tatasi contro di loro una fazione di cittadini. furono en trambi strascinati a crudelispima morte. Ma un tal fatto fa anhe P origine di molti mali pei P a l s tin ie d Ar senio , quantunque autore di tutti i tumulti col nati, dai Principi non ebbe / altro gastigo, se non quello di essere allontanato dalla corte, onde so quegli affari non essere pi infastiditi dai ricorsi' de1Gristiatxi. Or questo Arsenio,. come se fose per fare csa grata all Imperadore , non molto dopo and insieme con Paolo in Alessandria , tanto per essergli in ogni altra cosa d^aiuto, quantp principalmente per trarre a s co1 suoi intrighi gli Alessandrini. -Imperciocch bi sgna sapere che costui vantavasi d essersi, dacch fu esdusef dalla corte, applicato a studiare idogmi de1Cri stiani : con che disgust Teodora, la quale, come in appresso dir, rispetto a tale argomento era di senti mento contratrio a quello dell Imperadore. Installato intauto che fu Paolo in Alessandria diede in mauo del prefetto Rodane il diacono Psoe affinch lo mettesse a morte , dicendo lui solo fargli ostacolo per eseguire quanto P Imperadore comandava. Rodone dalle frequenti

ed incalzanti lettere di Giustiniano mosso, ordin che qriel diacono fosse flagellato; e lo fu per modo, che ne morL II che venuto a notizia dli9mperadore , per la insistenza che Teodora gli fece, and in gran collera contra Paolo, Rodone, ed Arsenio , come se si fosse dimenticato degli ordini che avea dianzi dati. Spedi dunque prefetto in Alessandria Liberio, patrizio roma n o } e mand nello stesso tempo col alcuni Vescovi ^ uomini di riputazione eccellente, per conoscere della causa 5 e fu tra quelli Pelagio, archi diacono della Chiesa romana, con ordine di rappresentare la persona del pontefice Vigilio. Paolo , convinto reo di omicidio, fu cacciato dalla sede che occupava : Rodone , che s*era dato alla fuga, per ordine dell' mperadore fu punito capitalmente e colla confisca debeni, quantunque pre sentasse trenta lettere, nelle quali dallmperadore con espressioni gravissime gli era stato comandato di fare quanto Paolo gli avesse detto, e nulla opporre, onde il prelato potesse compiere tutto ci che. circa gli affari religiosi gli fosse parato. Arsenio poi da Liberio per ordine di Teodora fu fatto crocifiggere ; e Giustiniano , di nuli* altro dolendosi che della intimit che avea avuta con Paolo j n confisc anche i beni. Se queste cose fossero ,* o non fossero giuste , poco m noto : bens dir a che tenda il racconto, che ne ho fatto. Non tard Paolo ad approdare a Costantinopoli, pre gando P mperadore , ed offerendogli settecento libbre d oro perch lo facesse restituire alla sua*sede, da cui pretendeva essere stato cacciato ingiustamente. .Giusti niano ricevette il denaro $ graziosamente ed onorevol-

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mente tratt Paolo, e diceva dovere essere rimandato vescovo ad Alessandria 9 sebbene la sede fosse stata .data ad un altro, prendendo in ci dire a pretesto, che in torno a persone sue famigliali ed ausiliari, in fatta di patrimonio e di vita non erasi proceduto, da lui stesso , .siccome pretendeva che dovesse farsi. E come in ci addimostravasi caldamente impegnato , niuno ornai pi dubitava che Paolo non fosse per essere rimesso nella sua sede. .Ma per quanto lmperadore cos avesse co'mandato , non convenne in tale deliberazione Vigilio , che allora trovavasi in Costantinopoli ; n permise che si recedesse dalla sentenza; che per mezzo di Pelagio riguardava come proferita da s medesimo. Cos in tutti gli affari Giustiniano non mirava che a far denaro* Ed altro simil caso pur da narrarsi. Un certo Faustino nato di genitori, e di avi samari tani, dalla legge costretto erasi fatto iscrivere tra Cri stiani. Divenuto senatore ottenne la dignit di pro-console, la quale poco dopo deposta, dai sacerdoti fu accu sato di dissimulata setta samaritana , e reo di crudelt commesse contro i Cristiani dlla > provincia, e di em piet. Acceso di gran furore Giustiniano , riguard co me sua calamit che il nome cristiano sotto il suo re gno da alcuno fosse vituperato} e trattata in senato la causa, Faustino sulle istanze dell mperadore per decreto solenne andava in esiglio. Se non che intanto corrotto da enorme somma tagli la sentenza; e poco dopo si vide Faustino sostenere la pristina dignit, trat* tare coll mperadore , le campagne che l mperadore possedeva in Palestina e in Fenicia, amministrare ;

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cd ogni cosa con tutta sicurezza, e a sno arbitrio fare col. Poche sono queste cose, ma per bastanti per far conoscere come Giustiniano mm ebbe nessuno scrupolo in pervertire le sanzioni de Cristiani; ed a questo pro posito dir brevemente delle lggi per denaro abolite. Fu presso gli Emesseni un certo Prisco, ingeguosis*simo in contraffare la scrittura delle persone, e di tale bricconeria artefice eccellente. Gi da molti anni la Chiesa loro era stata istituita erede sua da rispettabilis simo personaggio , di nome Ma rami ano, illustre per la dignit di patrizio, per la nobilt della stirpe , e per copiosissimo patrimonio. i tempo poi di Giustiniano quel Prisco teneva il registro delle famiglie della citt , cbe si distinguevano per ricchezze, e che potevano dar materia a grosso bottino. Di queste si mise egli a con siderare gli ascendenti, procacciatisi i documenti che li riguardavano ; e a loro nome scrisse parecchi istroraenti, pequali si dichiarava come da Mammiano aveano ricevuta in deposito grande somma di denaro, e come essi se ne confessavano debitori. Il credito , che con quelle false scritte metteva colui insieme, era di dieci mila libbre d oro. Poscia imitando meravigliosamente la scrittura di un notaio per fede e virt distintissimo , il quale, vivente Mammiano, faceva a1cittadini ogni occorrente atto, e di sua mano lo segnava, que docu* *nenti present ai procuratori della chiesa degli Emesse li^ i quali gli promisero la parte, che a lui spettava, della somma da riscuotersi. Ma ostava la legge, la quale tutte le altre azioni esten*

deva alla prescrizione di trentann, e quelle, che diconsi ipotecarie, ed alcune altre escludevano colla ecc* zione di quaranta. Che si fa dunque? Si va a Costantino poli: si porta allmperadore una grossa somma, e si prega a volere dannano alla ruina di tanti cittadini. Ed egli rievut il denaro, immantinente fa urta legge, per la quale si dichiara che le azioni competenti alle chiese rimangono escluse non dal tempo gi determinato, ma soltanto dalla prescrizione centenaria; e ci da osservarai non solo per Entessa, ma per tutto il rmano Im perio. Nel tempo stesso manda ad Emessa Longino, uo mo di sottile ingegno , e di grande robustezza di corpo^ il quale fu poi prefetto della capitale ; e lo incarica di promulgare agli Emesseni la fatta legge, e di M a valere; Da principio in forza di quelle false scritte i procura*' tori della chiesa di Emessa fecero tosto condannare al* cuni cittadini al pagamento di dugento ' libbre d ro , non avendo essi avuto modo di difendersi, attesa la grande lontananza de7 tempi, e l ignoranza in cui erano intorno alle cose seguite. Pr lo che e gli al tri , e singolarmente i principali di quella citt cad dero in grande tristezza, e gridavano contro gli attori, tenendoli per rei di calunnia. Ma a favore di quecitta dini , la massima parte de quali andava ad essere rfeinata, Dio provvide di questa maniera. Longino ordin a Prisco, autore" della frode, che avesse a recargli tutti i documenti de crediti supposti ; e come colui ricusava, gli diede ttn s potente schiaffo, che pel forte colpo ca duto supino per terra, tremante' rf pauroso, pensando che Longino si fosse accorto della fraude, egB la con

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less tutta apertamente. Onde per tale scoperta rissano pi venne inquietato. Non le sole romane leggi cos quasi ogni, giorno Giu stiniano manomise ; ma cerc di rovesciare anche quel le, che venerano gli Ebrei. Accadendo, che secondo i loro computi il corso dell1 anno indicasse la solennit della loro Pasqua prima di quella deCristiani, non per* mettevasi loro di celebrarla nel tempo determinato, n di rendere gli onori a Dio, n di compiere i religiosi loro riti* Anzi molti, che in tale tempo avessero man giato 1 agnello, con gravissima multa vennero dai magi-* strati puniti come rei di violata repubblica. Le iniquit di Giustiniano in questo genere infinite, e a me cogni tissime , tralascio, e per dar fine una volta a questa Storia, e per avete gi abbastanza fatto vedere di che indole egli fosse. CAPO XXIX.

Tratto singolare di animo doppiamente fallace usato da Gi. stimano con persone, che mostra di riguardare amichevol mente. Legge iniquissima fatta per usurpare le altrui eredit* Csi, a cui viene applicata* Piet insultante per coprire F ingiustizia.

Or sono per dire quanto Giustiniano fosse dissimula tore e falso. Egli lev il magistrato a Liberio, del quale poco fa si fece menzione ; e a lui sostitu Giovanni egizio, so prannominato Lassarione. 11 che saputosi da Pelagio,

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che moka intrinsichezza avea con quel Patrizio, do mand all Imperadore che fede prestasse*a quanto in torno a quel Lassarione erasi divulgato, gli immanti nente negando ilfatto, consegn lettere a Pelagio, nelle quali si comandava a Liberio di tenersi fermo nel go verno che avea, e non abbandonarlo in nissun modo : ch di levarlo di l per allora non avea mai avuta,in* tensione veruna. Avea intanto. Giovanni uno zio .in Costantinopoli, chiamato Eudemone , uomo consolare, opulento, e procuratore de beni dellimperatore, il quale avendo udito quanto scritto avea ultimamente, domand se il nipote suo fosse sicuro del magistrato a cui ra stato promosso. E lImperadore dissimulando le lettere per mezzo di Pelagio scritte a Liberio., altre ne scrive a Giovanni, opinandogli di starsi fermamente nel go verno conferitogli, nulla avendo egli disposto in: con trari. Fidatosi di tali lettere Giovanni intima a Liberio, come levato di magistrato, che debba sloggiare dal Pretorio, Liberio ricusa di sloggiare, e mette fuori anch egli il diploma imperiale. Da ci nasce che Gio vanni va ad investirlo con armati satelliti ; e con satel liti l altro si difende; e si viene alle mani, e molti rimang'no uccisi, e tra gli altri Giovanni. Su di che facendo Eudemone gran rumore, Liberio viene chiamato a Costantinopoli : il Senato fa processo, e finisce ciolP assolverlo dalla querela di omicidio , riconoscendo di averlo contro sua voglia e per difesa propria commesso. Ma Giustiniano non si calm primardi averlo occulta mente condannato a pagare una somma. Cos amava egli la verit, e cos era amico!

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Ma io stimo bene aggiungere un1appendice a questa istoria. Codesto Eudemone, di cui si parlato, poco dopo mor sefcza testamento, lasciando numeroso stuolo dfcparenti. Circa il tempo stesso mori pure Eufrata, primo degli eunuchi di palazzo, lasciando un figlio di una sua sorella, senza disporre in nessun modo delle amplissime sue facolt. I* mperadore mise le mani sul patrimonii di entrambi, dichiarandosi loro erede volon tario , senza dare agli eredi legittimi nemmeno il trio* bolo. Tale fu il riguardo suo alle leggi, e ai parenti d suoi famigliari. Di questa maniera avea senza nissun diritto portate via le sostanze d Ireneo dianzi morto. Circa il tempo medesimo avvenne pure un altro caso , che non voglio tralasciar di accennare. Certo natolio fu vivendo riguardato come il primo tra i senatori di sca^ Iona ; e Mammiliano, uomo nobilissimo tra quelli di Cesarea , s avea presa in moglie la figlia di natolio, unica che questi avesse, ed erede sua universale. Yera per un antica legge, per la quale veniva stabilito4 che de senatori di qualunque citt, i quali morissero senza figli maschi, la quarta parte debeni andasse al Senato, il rimanente fosse degli eredi. Ed anche qui l Imperador si appales qual era, facendo poco prima una legge tutta contraria ; e statuendo che , morto senza figli maschi un senatore, gli eredi avessero la quarta parte de suoi beni, e il rimanente andasse spartito tra P Erario e il Senato, quantunque dacch il mondo mondo mai le facolt de senatori non fossero passate nellErario pubblico, n in quello dellmperadore. Sotto questa ultima legge mor Auatolio. La iglia secondo la

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medesima destin le porzioni della eredit a tenore di que sta legge, avuto daflImperadore e dal Senato di Ascalona listromento, pel quale veniva liberata da ogni ulteriore molestia, confessando, Sonato e Imperadore7daver rice vuto tutto quanto il denaro loro dovuto. Manc poi li vita Mammiliano, genero di Apatolio, lasciata erede del pa trimonio suo una figlia, la quale maritata ad uno degli Ottimati mor senza avere avuta prole veruna. I beni di questa, tutti quanti, Giustiniano si prese, con pro nunciare il bell oracolo , cbe era peccato cbe la figlia di Anatolio, gi vecchia, si arricchisse coi patrimoni! del padre e dei marito. Bens, perch quella donna non avesse pel rimanente di sua vita a mendicare, stabil che le si pagasse uno statere d oro per giorno finch vivesse $ e nel documento di questa rapina aggiunse: le assegniamo codesto statere per piet; poich i santi e pii nostri sentimenti siamo soliti ad esprimere coi fatti . Ma abbastanza si detto } e andando la Storia pi a lungo produrrebbe saziet, quantunque io creda che non sia facile cosa per la memoria duomo il ricordarsi di tutto.

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CAPO

XXX.

Concussioni di Mattane in Tarso. Risentimento degli abitanti di quella citt. Macello de* Veneti. Giustiniano sospende il corto della giustizia fattosi corrompere per denaro. I Veneti si vendicano contro Mollane. Considerazione deli Autore,

Che poi nemmeno de9Veneti , che mostravano tanto Attaccamento a lui, avesse alcun riguardo ove si trattasse di denaro, vengo a dimostrarlo presentemente. Maltane cilice, genero di Leone referendario, di cui gi feci menzione , fu mandato in Cilicia per reprimere sedizioni col nate. Costui prevalendosi della occasione tratt con indegni modi parecchi della provincia; e del dharo moltissimo che rub, porzione ne diede a que*sto tiranno, porzione aggiunse alle proprie ricchezze. Tolleravano altri in silenzio codeste ruberie: ma quanti erano in Tarso di fazione veneta dicevano pubblicamente vituperii nel foro contro Maltane assente, fidatisi nel patrocinio di Teodora. Saputa Maltane la cosa, raccolta una squadra di soldati, di notte giunse a Tar so; e sullalbeggiare della mattina, mandati soldati nelle case, comand, che facessero mano bassa sopra tutti. I Veneti credendo di essere assaliti da nemici, dato di piglio alle armi, che il caso present.a ciascheduno, si misero a difendersi cntro la violenza. Molti casi occor sero in mezzo alle tenebre ; e fra gli altri questo y che venne morto per un colpo di dardo Damiano senatore, e capo deVeneti di Tarso. Tosto che la nuova dellac caduto in quella citt, si seppe in Costantinopoli, i Ve-

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neti della capitale, accesi dira, si misero a far tumulto, alzando presso P Imperadore su quel fatto grida e que rele , e a rompere in truci minacce e in ingiurie'contro Leone e Maltane. LImperadore simulando di prender la cosa a petto , e d esserne gravemente dolente , con editto ordin che si facesse processo sopra quanto Maltane avea commesso. Ma Leone con un copiosissi mo sborso di denaro estinse P ardor delP editto e della benevolenza delP Imperadore verso i Veneti, il quale la sci in Abbandono il processo. Venuto poi MaltanQ a Costantinopoli, con molta cortesia lo accolse, e Ponor. Se non che i Veneti nelP atto che colui usciva degli appartamenti dell7Imperadore, nello stesso palazzo lo assaltarono e lo ferirono a modo, che sarebbe sta to ucciso ; se alcuni occultamente corrotti da Leo ne non vi avessero posto impedimento. qui ' chi che giustamente non chiami ben misera questa repub blica , nella quale un Imperadore si lascia per denaro indurre a non punire i misfatti ; nella quale uomini fa cinorosi nel palazzo stesso, e sotto gli occhi di un Imperadore, con furioso impeto ardiscono metter le mani addosso ad un magistrato ? Aggiungasi che tanto Malta ne , quanto quelli che s violentemente lo assaltarono, rimasero impuniti: onde pu vedersi che razza duomo fosse Giustiniano.

C A P O XXXI.
Antica istituzione dei Vtredaii tette provincia delt Imperito , e oggetto della medesima* Riforma chi par avarizia ne f a Giustiniano. Per avarizia egualmente sopprime gli esplora tori. Sopprime eziandio t cornetti in servizio degli eserciti. Conseguenze funeste di queste misure.

Come poi lla utilit del servizio pubbEco badasse j la prova ci che stabili rispetto ai veredkrii, ed espiorotori. Gli antichi Imperadori romani ad oggtt di essere prestissimo informati dai nanzii di quakmqu macchinamento de nemici in questa o quella provincia, e in ciaschedun municipio , se sedizione, o alcun altro improvviso caso nascesse ; e cbe cosa per tutta Vesten sione dell Imperio facessero i prefetti, e i pretori e gli altri j ed affinch insieme i tributi annui senza ritardo e con tutta sicurzza venissero trasportati, stabilirono un pubblico e rapido corso in luoghi appostati, nella maniera che siegue. Sulla strada che uno svelto viag giatore fa in un giorno ? piantarono dove otto, dove minore numero di stalle, non mai per meno di cinque* In ciascheduna stalla erano pronti da circa quaranta cavalli ? ed altrettanti stallieri. Con questa comodit quelli che hanno questo carico, con quecavalli eserci tatissimi , gli uni sostituendosi agli altri, corrono in una giornata qualche volta la strada che altrimenti farebbesi in dieci. Con questo mezzo i possessori delle campagne *tutte, anche mediterranee, assaissimo av vantaggiavano ne domestici loro affari, poich grossa

somma d denaro dai Questori ogni anno traevano perla vendita de generi necessari al mantenimento s deca valli r che degli stallieri. E cos succedeva ancora, che continuamente per tal mezzo i denari pubblici dagli of ficiali a ci destinati si mandassero all Erario, che di quel denaro prontamente fossero tutti gP impiegati saldajti de*loro stipendii, e che tutte le cose della repub blica in fine con opportunit, con isvekezza, e con si curezza si facessero. Questa era P antica pratica. Ma Giustiniano tolto via il veredario che da Calqedonia andava a Dacibiza, obblig tutti da Costantinopoli ad andare fino ad Elenopoli coi piccoli battelli, coi quali si passa lo Stretto, assoggettandoli ai pericoli che per le improvvise burrasche sincorrono. E bene chiaro che, ove preme necessit, non n a guardare t ad aspettare che tempo sia per essere , e se sar quieto. Cos acconci il corso verso la Persia. Rispetto alP altra plaga orientale fino ai confini delP Egitto, per la strada da corrersi in una giornata stabil non una solq stalla di cavalli, ma alquanti asinelli. Per lo che a ci che accade nelle provincie non pi possibile ac correre se non tardi, e dopo che gi il fatto fatto. Si milmente da ci succede, che i possessori delle campa gne i loro generi con gravissima perdita veggonsi inca gliati , e sono obbligati a gittarli. In quanto poi agli esploratori, ecco quello che si praticava. L Erario manteneva moltissime persone, le quali sotto pretesto di mercatura o d altro affare, pe netravano nepaesi nemici, e perfino nella stessa reggia dePersiani, spiando diligentemente quanto ivi facevasi,

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o meditavasi di fare ; e queste cose poi ritornando rife rivano agl Imperadori e magistrati : i quali tutti eoa opportunamente informati, non erano pi colti alPimprovviso, avendo avuto tempo di prendere le necessari e misure. Simile pratica usarono anticamente an che i Persiani } e Cosroe 9 secondo che dicesi, grossi premii diede agli esploratori suoi, molti tenendone continuamente nelle terre de Romani : onde poi assai bene provvide alle sue cose. i contrario, fra gli altri danni che i nostri ebbero, quello singolare, che il paese de Lazii fu dai nemici occupato senza che i Ro mani avessero saputo mai ove il re di Persia fosse per volgere lesercito. > In addietro mantenenti pure un gran numero di ca melli, i quali seguivano i soldati., e ne portavano i ba* gagli : con .ci risparmiandosi questa cura ai coloni, o ai parenti. Quasi tutti questi camelli Giustiniano tolse pur via : d ohde viene, che quando l esercito muove contro il nemico, nulla s abbia di quanto convenga. Cos adunque erano condotte le cose, che tanto impor tavano al servizio dello Stato. C A P O XXXII.
Giustiniano ruba f altrui anche motteggiando. Caio del causidico Evangelo.

Ma de casi in cui per avidit scherz, sar bene ri ferirne alcuno. Tra i causidici di Cesarea uno fu, Evan gelo di nome, uomo non ignobile, il quale prevalendosi

del favore della fortuna mise insieme [denaro e posses sioni , a seguo che giunse a comprare per trecento lib bre doro un borgo marittimo, detto Portinone. Giusti niano venuto a sapere questa compera, pagata la minhna parte del prezzo, lo cacci di quell acquisto, dicendo non essere decente che Evangelo causidico diventasse padrne di tale borgo, e tanto grande. E di ci bastina quste poche cose. C A P O XXXIII.
Novit dd Giustiniano e da Teodora introdotte nel cerimoniale di Corte* Teodora si arroga le prerogative appartenenti sol * tanto a chi investito della somma dignit. Superbi titoli * che entrambi esigono* I Magistrati perdono giornalmente il loro tempo in palazzo i disordini che ne conseguono. Con dizione degli uomini di Corte. Preludio della opinione alla morte di Giustiniano.

Dir intanto di alcune novit da Ginstiniano, e da Teodora introdotte. In addietro, quando i senatori an davano innanzi aglImperadori, ecco come li salutavano. Ogn uno che fosse d ordine patrizio venerava l Imperadore abbracciandolo alla destra parte del petto, e a lu i, quando ne partiva , l Imperadore dava un bacio sulla fronte. Tutti gli altri ad uno ad uno partivansi piegato il destro ginocchio. Non v era alcun uso di fare adorazione all Augusta. Ma tanto gli altri, quanto i patrizii, presentandosi a Giustiniano e a Teodo ra, immantinenli mettevano il capo a terra, sostePaocopto.
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nendo la persona co piedi, o colle mani. Baciavano il piede del Principe, e di poi partivansi. N Teodora ri cus questonore: ehessa gli ambasci ad ori dePersiani, e degli altri Barbari ammise solennemente all udienza, cosa non usata mai a memoria duomini; e li banchett come se foss ella che avesse la somma del governo romano. Anticamente quelli che parlavano all Imperador, questo solo titolo usavano ; e cosi dicevano Jmperatrice alla moglie di lui : Principi dicevano poi agli altri, secondo cbe il grado, e la dignit di ciascuno comportava. Ma chiunque coll uno o collaltro di que sti Augusti parlando detto avesse mperadore, e imperatrice , e non Signore, e Signora, e si fosse astenuto di chiamar servi i Principi; questi sarebbe stato tenuto per uomo rozzo e petulante; e come in turpissimo fallo caduto e baldanzosamente ingiuriatore sarebbe stato cacciato. Una volta pochi, e ben di rado frequen tavano la reggia : ma dacch questi sedettero in trono, e i magistrati, e tutti gli altri assiduamente consuma rono il loro tempo nel palazzo. Prima i magistrati, che doveano ascoltare i ricorrenti e far ragione, trattavano queste cose o nelle loro case, o nepretorii; e i clienti soddisfatti non aveano motivo d*inquietare P Imperador, o ci almeno poche volte accadeva. Ma Giusti niano e Teodora, nati per la ruin^desudditi, trassero a s tutti gli affari, e tutte le persone a quella servile assiduit che si detta. Per conseguenza quasi tutti i giorni vedevansi vuoti i tribunali, ed il fpro; ed in vce clamorosa la moltitudine empiva la reggia, affollantesi ed opprimentesi con un ossequio da schiavi.

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1 pi famigliari degli Augusti tutta fa giornata, e molta parte della notte stavano ivi, morti di stanchezza e dine dia ; ed era ' questo il frutto della vana loro felicit. Nel quale ozio erano poi mossi a cercare in quale an golo del mondo fossero le dovizie de Romani*, ed a con cludere , che una parte era dai Barbari rapita, V altra dall Imperadore riposta in diversi nascondigli. Se non che , quando Giustiniano , siccome uomo anch egli, sar tolto di questa vita, o il principe delle furie avr sovvertito le umane cose, chi allora rimarr, vedr come la cosa sia andata. . . . Il resto manca.

TESTIMONIANZE
DI ANTICHI SC R IT T O R I
IN r ATOfKB

DI PROCOPIO STORICO
DI CESAREA.

Evagrio, lib. iv , cap. ia.


Procopio retare con somma accuratezza ed eleganza narra i fatti de Romani e Persiani guerreggianti insiemej sbendo al^rfl&tQ comandante degli, eserciti orientali Bdisarie.

gazia scolastico, lib. i.


Poich quasi tutte le cose accadute ai tempi di Gistioiao da Pcowpio casidilco di Cesarea con somma dilighza sono state narrate^ debbonsi da me omettere, eweado-gi,spiegate abbastanza .

Giovanni scolastico epifaniense, lib. i.


Quanto Romani e Persiani fecero e patirono nelle guerre regnando Giustiniano imperadore, fu da gazia mimneo scritto dopo Procopio cesariense.

Simone Metafraste nella Vita di s. Sba.


Di tutte quasi codeste cose Procopio cesariense fa singolare menzione nel libro y degli Edifizii di Ginstiniano 5 e la sna StorSi si accorda con Cirillo, che per V addietro scrisse la vita di s. Saba.

Costantino Porfirogeneta, lib. i.


N Procopio, n gazia, n Menandro, n Esichio T illustre, i quali al tempo di Giustiniano mperadore composero cronache, fanno menzione di qnesto nome.

Fozio nella Biblioteca, cod.

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Procopio cesariense al tempo di Giturtniano scrisse Storie splendidissime, e sommamente utili: con che presso gli eruditi si acquist eterno nome.

Lo stesso, cod. i63.


Lessi gli otto libri delle Storie di Procopiocesariense, ne quali espone quanto sotto Giustiniano accadde ai Persiani, ai Romani, ai Vandali j ed ai Gioti$ e eingolarmente ci cbe fece Belisario, comandante delleser cito , del quale quel retre fa compagno perpetuo, e spettatore delle cose che narra. .

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Svida ne Collettanei.
Procopip, illustre cesariense palestino, oratore e sofista , scrisse la Storia romana, cio le guerre di Be lisario } e le imprese fatte in Roma e in frica. Visse a tempi dell mperadore Giustiniano , fu segretario di Belisario, e compagno di lui in tutte le guerre , e pre sente alle cose eh egli narr. Scrisse anche un altro libro in tomo ai fatti di Giustiniano, il qual libro chia masi gli Aneddoti ( Storia segreta ) : sicch i suoi- libri sono nove. In questo libro contengonsi i vituperii, e le censure di Giustiniano e di Teodora sua moglie, come pure di Belisario e della moglie di esso.

Giovanni Zonara, tom. 3.


Procopio cesariense segu Belisario, e le cose da que sto operate in guerra narr in otto libri.

Anonimo nella Cronaca vaticana.


Procopio cesariense , uomo illustre , compose in otto libri la Storia delle guerre fatte dal patrizio Belisario.

Niceforo di Callisto, lib. xvn, cap. i o.


I fatti di Giustiniano da Procopio cesariense sono stati scritti assai elegantemente e dottamente nella Sto ria de suoi tempi. Egli ne compose quattro volumi con uno stile che si approssima all antichit : uno d essi in

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titol le Persiane, opera divisa in quattro parti : un se condo diviso nella stessa maniera intitol le Gotiche } e tutti comprendono le guerre felicemente intraprese dallo stesso Giustiniano, e da Belisario. 11 terzo volume intitol gli Edifzii, magnificamente mentovando le opere costrutte da Giustiniano, cio i templi, le rggie, i borghi, le citt, i ponti, ed altre cose appartenenti alP uso pubblico. Il quarto volume una ritrattazione delle orazioni, che lodando Giustiniano avea a lui re citate : ed una specie di palinodia delle cose meno rettamente gi dette innanzi.

APPENDICE
ALLA S T O R I A SEGRETA.

Poich spesso ricorse in questo libro menzione di>Gio vanni cappadoce, e di ess pure avverr che si parli ntlle Note seguenti, a soddisfazione de nosl/ i leggi tori , i quali non abbiano in pronto il libro 1 della Guertapersiana 1 sul fine del. quale Proeopio parla di lui, ne diamo qui lestratto che riguarda quelPuomo.

TPeodora jiugusta odiava Giovanni quanto mai dir si pssa. Ederasiegli tratto addosso tale odio per pr* pria colpa, gravemente offendendola in quanto non so? lamente non le avea fatta la corte , n cercato di con ciliarsene la grazia con alcutia* attenzione, ma dichsa* randlesi inimico a segno di denunciarla per infedele aUImperadore, niun ritegno facendosi della propria condizione , e nulla badando al grande affetto, di che Giustiniano era preso per lei. Il che saputosi da Teodora 7 essa incominci a mulinare tra s risoluta di to-

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gliergii la vita : ma non, trovava come a ci giungere, perciocch V mperadore Io teneva in altissima stima. Giovanni per , che non ignorava il mal talento di Teodora a riguardo suo, vivea in gran terrore. Ogni notte, mentre andava nella camera per prender riposo, aspettavasi a tutti gl istanti di vedersi comparire d in nanzi alcun barbaro incaricato di ucciderlo: per lo che ad ogni momento alzando dal letto la testa, con grande ansiet guardava da tutti i lati esaminando il luogo; n poteva prender sonno, sebbene avea d* intorno tanti soldati e d asta e di scudo, quanti non n ebbe mai alcun prefetto. Per ftt che fosse giorno, posto da parte ogni timore s di Dio , che degli uomini, tirava innanzi a conculcare in pubblico e in privato tutti quantici Romani. Teneasi toolto con incantatori, e ma ghi , i quali con empii indovinamene promettevangli r imperio s e vaneggiando in s folle speranza pareagli gi di toccare il cielo. Non cessava intanto da veruna iniquit , n in alcun minimo ch diminuiva la licenza del suo sfrenato vivere; n per lui Dio medesimo valeva plinto: cb anzi, se qualche volta andasse in chiesa alla preghiera, o ai rifi della veglia, tutte altre forme usava , che le usate dai Cristiani. Imperciocch vestito del pallio sacerdotale certe profane dicerie, che sapeva a memoria delP antica setta che oggi suolsi chiamare grecanica^ recitava tutta la notte; ed ogni suo voto di** rigeva a ohe ogni giorno pi avesse tutto suo F animo dell mperadore, e nissuno potesse n a lui, n a suoi disegni nuocere. . ,

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Capit Pincontro, che soggiogata Y Italia fu colla moglie Antonina i ritorno a Costantinopoli Belisario, chiamatovi dall1mperadore che lo destinava coman dante supremo della guerra conera i Persiani.-Era Be lisario in massima grazia, ed in pienissimo onore prsso tutti, e giustamente, per le vittorie che avea riportate. Sol Giovanni stringeva i denti per dispetto ed invidia; cfercava di minarlo non per alcun altro motivo se non pr Questa,1che egH era diato da tutti , quando da tutti Belisario era portato ai sette cieli; e Cotoe in esso lui erb ripsta la speranza de Romani , *gli veniva di' bel,nuovo commessa la guiiu persiana. Or 'Belisarf ito" aS e&rcito lasci la m'oglie mCostahtmopoH. Era costei sopra quanti mai fossero mortali sommamente abile ^ad ordire ogni specie d inganni ; n alcuno se no si*ebb stotd'atto. Adunque per rendersi benemerita* di Todtiffr medit contri Giovanni il' segnante artificio. AtttePtnn/ nna figliuola di nome >Eiifemia, lda4 tissima per modstia, ed a jcagins di sua goVan et ftilterina ad ssere sorpuesaril padre piPamavb tene ri ssirament anehe p m h era Punica prok che avssej quittfl ^t nioHi giotni Antonina si mise lap molta arezz fingendoci amicala ^ in s e a , e ia fece ttta sua, ginta nar tnfeketl a aparteanbhe de suoi se-> ^reti.^Un g|ornoi 4Trovdosi sola^con^ lei in Camera -j ftissun altra persona presente , Antonina- scaltramente incominci: a depfcwire lo) stato m m ii eran le cose j ed a lamentarsi spi punto che Beiisri dopo avere ttfr* plialo l Imperio r'om'ano , presi e -condotti a Costanti nopoli con tante'spoglie e tanti tesori due re* non tro

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vasse da parte di Giustiniano che ingratitudine} e molte altre cose aggiunse ancora sull iniquo modo, con cui la pubblica amministrazione- procedeva.. Compiacquesi di questi, discorsi la giovinetta Eufemia, perciocch aneti essa mal sentiva 4el governo per la paura in. che suo padre e li teneva 1 odio deUAngusta ; e: .pei* donatemi, disse , o carissima : di questi inali tutta di voi altri la colpa, non volendovi prevalere delle forze, ddlImperio mentre pur le avete in vostre mani. A cui Antonina : noi altri, figliuola mia , rispose, non pos siamo intraprendere al di fuori jalcyqsi qosa, n ten tar novit all,esercito, quando nelTinterao non abMaino chi ci dia maqp. Ma se tuo padre volesse inten derai, co; noi , faqilis^imamente, volendolo D io, otter remmo l intento^ Ci udito Eufemia assai volentieri entr nel peusier. di Antonina, dicendo 1 che dal canto suo non avrebbe mancato di concorrere all9opera \ e partitane tutto comunic al padre. Prego meravigUosa* toente Gfrt'onm da tale proposta , come quella che pj***a stacciargli il cosguimenlo dell imperio dava ticini predettogli > non esit a cenvenU nel disegno; ed iugiiro**. alla, figliuola. che. vedere di ,procurargli per la dogane Un.abboccamento con Atitotma ad Oggetto di personalmente accertarla detasua.fede* .Antonina assicurata della disposizione di Giovanni 7 per vieppi allontanarlo da ogni,sospetto di fraude dichiar , che iullj istante un abboccamento , qual9 egli proponeva, non sarebbe stato esente dal pericolo di dar nellocchio a qualch uno, sicch quanto aveasi in niente venisse rovesciato. Ma sapessegli ? eh essa presto avrebbe presa

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la strada dell Oriente per unirsi a Belisario : che ove partita di Costantinopoli si fosse fermata al palazzo suburbano di Belisario, detto il Rufiniano', venisse egli col sotto il pretesto di salutarla, e di onorevolmente accomiatarsi da lei: ivi avrebbero concertato insieme quanto occorreva ; ed avrebbonsi date le scambievoli sicurt. Fu di ci Giovanni contento; e si fiss il giorno destinato a trovarsi insieme egli ed Antonina . Quando PAugusta ud da Antonina tutta la serie delle cose concertate, essa non solo ne commend il pensiero, ma aggiunse quanti stimoli pot, onde questo venisse eseguito. Venuto adunque il giorno fissato, dopo cbe Antonina ebbe salutata VAugusta, uscita di citt recossi al Rfiniano con tutta P apparenza di partirne il d dopo, onde incamminarsi verso POriente. Al Rufiniano pure, secondo P intelligenza, si rec Giovanni di notte tempo. Le cui macchinazioni dirette ad invadere l Signoria avendo VAugusta intanto partecipate al ma rito , questi mand al Ruffiano con forte drappello di soldati P eunuco Narsete , e Marcello prefetto deile guardie palatine, con ordine di esplorare quanto col si facesse, e quando sorprendessero Giovanni tentar novit, di ucciderlo, e subitamente ritornarsene. Anda rono questi per eseguire P ordine avuto Nei tempo stesso udita la tram a, cbe si ordiva contro Giovanni, P Imperatore dicesi avergli mandato un suo famigliare , il quale lo dissuadesse dal clande stino abboccamento con Antonina. Ma Giovanni, la cui ruina Dio avea decretata, niun caso fatto delP av vertimento , circa la mezza notte ebbe colloquio con

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Antonina presso ad una siepe, di dietro alla quble essa medesima avea appostati Narsete e M a r c e llo onde udissero i discorsi cbe si sarebbero fatti. Ivi mentre Gio vanni incautamente prometteva 1 opera sua per rovesciare dal trono YAugusto , e la promessa confermava con. gravissimi giuramenti, Narsete e Marcello se gli gittarono addosso ; e fattosi in quel parapiglia, com era inevitabile, alquanto strepito, immantinente i satelliti di Giovanni piantati poco lungi corsero a lui. Allora egli adoperando contro gli assalitori la spada, percosse Macello senza conoscerlo ; ed in compagnia de suoi precipitosamente si trasse alla citt. Dove se a dirittura si fosse arrischiato di presentarsi all mperadore, non dubito punto cbe non gli fosse riuscito di passarsela senza mala conseguenza. Ma egli corse a[ rifugiarsi in chiesa, lasciando all'Augusta e tempo e modo di sa ziare 1 odio cbe gli portava . Adunque scaduto dalla prefettura, e ridotto a stato privato^ dalla chiesa, in cui si era fidato, venne depoiv tato ad altra, che trovasi nel sobborgo ciziceno detto rtace. Ivi prese il nome di Pietro , e contro sua vo glia fu fatto sacerdote, non per vescovo, ma soltanto pret, come comunemente si dice. Per non volle in veruna maniera esercitare le funzioni dellordine, onde non chiudersi il passo alle dignit civili ; ch non pot mai indursi a deporre le pazze speranze concepite. I suoi beni vennero ben tosto confiscati, una non piccola porzione dequali pur gli rimise lo stesso Augusto*trat tandolo ancora con indulgenza. In quel soggiorno Gio varmi libero da ogni timore , e provveduto di gran de-

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naro , da lui stesso nascosto gi in parte, e in parte dalla benignit del Prncipe, concedutogli, avea di che vivere lautissimamente ; e pu dirsi eh egli era beato ^ considerando la condizione in cui era, quando per avesse ascoltata la voce della ragione, e non le tentazioni della cupidigia. Ed per .questo che a tutti i Romani movea a sdegno la vita mlto pi allora, che in addietro, cmoda di un uomo, il quale in perversit superava tutti i demo nii. Io penso che Dio non permettesse che quello fosse il fine de9suoi patimenti., e il riservasse a pi grayi supplizii, da quel malvaggio sostenuti come siegue . Era vescovo di Gizico un Eusebio, uomo non meno di Giovanni molsto a quanti avessero a fare con lui. I Giziceni lo aveano fatto conoscere allImperadore pel cat tivo soggetto chegli era. Ma non essendosi potuto riuscire ad abbatterlo, poich sapeva far fronte ai loro maneggi con fortissimi appoggi a forza di denaro procacciatisi, alcuni giovani cospirarono contro di lui, e lo uccisero in mezzo al foro di Gizico. Passava odio mortale tra Giovanni ed Eusebio. Per lo che nacque sospettoche Gio vanni avesse avuta mano nel fatto. E spediti alcuni sentori a far processo del delitto commesso, questi in cominciarono dal metterlo in prigione: poi, come se stato fosse un* ladrone, e nn assassino da strada, ordi narono che nudo comparisse innanzi ad essi egli gi prefetto del Pretorio, ascritto all ordine de patrizii, e stato assiso sulla sedja consolare, dignit, maggiore della quale niun altra era nella repubblica romana. Ivi, stracciategli dal dorso le carni a colpi di verghe , fu co stretto ad esporre tutta la sua vita passata; n per que-

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sto per appariva eh egli fosse lautore della morte del vescovo. Ma parve che la giustizia divina volesse fargli pagare il fio delle tante vessazioni, colle quali colui tormentato avea l universo mondo. Imperciocch in fine spogliato di ogni avere, e perfino delle vesti , co perto miseramente di unapicciola tunica, ispida, e per pochi oboli compra, fu cacciato sopra una nave. Coloro che lo conducevano, in ognilaogo in cui approdassero, lo esponevano in terra, obbligandolo a chieder pane, od oboli a chiunque se gli facesse innanzi. E cosi men dicando trapass parte dell Egitto fino ad ntinoopoli, E son gi tre anni, dacch vive col incarcerato: n in mezzo a tanta calamit si potuto indurre a deporre la speranza dell imperio, a segno che non molto che ard chiedere ad alcuni Alessandrini una somma, di cui essi erano debitori.all*erario. Tal pena l anno decimo della sua magistratura venne addosso a Giovanni cap* padane, in vendetta di quanto egli commsso avea nelP amministrazione delle cose pubbKche. .

NOTE
ALLA STORIA SEGRETA

CAPO

I.

t . o a Jvida intorno ad Antonina dice : Indi ssaf gi madre di molti figliu oli, fu moglie di Belisari, e ben tosto infnte per adulterio. Tra i figli avuti dal primo marito fu Fozio , di cui Procopio parler in appresso. A Belisario non partor che una figliuola sola, la quale ebbe nome Giovannina. 2.0 Antonina fu grande confidente di Teodora, moglie di Giustiniano : fu patrizia di dignit, dama principale in Corte e preposta al vestimento e all* ornato della Imperatrice. Us ac compagnare Belisario in tutte le sue spedizioni. Quando, navi gando Terso lAfrica r artnata, l acqua che serviva a questa, si guast, Antonina sola pot conservarla intatta, facendo coprire con sabbia le amfore di vetro che la contenevano. And a Co stantinopoli , onde ottenere dall Imperadore rinforzi per 1 *eser cito che Belisario comandava in Italia, ove le cose della guerra volgevano a rovescio. Fu donna , come dice Procopio , di acuto ingegno, attissima a sviluppare" ogni affare pi implicato, e a condurlo a fine. Fu essa, che per far grazia a Teodora , trov colie sue cabale modo d ruinare Giovanni cappadoce , gi con sole, e prefetto del pretorio. Sopravvisse a Belisario ; n mori che sotto il regno di Giustino / / . Decrepita riedific in Costan tinopoli il tempio di s. Procopio , che un incendio avea constiPaocopio i4

alo

* maio. Vigilanza , sorella di Giustiniano, fu quella che le per suase tale opera , e quel tempio si denomin poi di Vigilanza. Cosi abbiamo dallAutore della Origine detta citt di Bizanzio. 3. Bel giovine Teodosio, di cui qui e in appresso parla Procopio , pu riferirsi la particolarit dal N. A. accennata nel lib* i. della Guerra vandalica ; ed , che appena da Epifanio , patriarca di Costantinopoli, battezzato, fu condotto sulla nave pretoria di Belisario con molte sacre cerimonie e preci, onde con fausti auspizii 1 armata veleggiasse alla spedizione d Africa , a cui Belisario andava. Le parole di Procopio, sono le seguenti. Qua venne Epifanio, vescovo della capitale, e fa tte, confer conveniente, preghiere a D io , fece entrare nella nave il Milite , che poco anzi ricevuto il battesimo erasi fa tto cristiano. Altrove Procopio lo chiama maggiordomo di Belisario , che si in Africa, che in Italia lo adoper in gravissimi affari, essendo giovine di sveltissimo ingegno. CAPO IL

x Questo Costantino era grande scudiere dell mperadore, uomo chiaro negli offici civili egualmente che nelle cose della guerra. Procopio narra negli altri libri le imprese di lui nella Dalmazia, nella Liburnia, in Ravenna, e in Salona. Nel lib. a della Guerra gotica trovasi quanto appartiene all* affare de pu gnali e di Presidio , del quale si parler in appresso. Dall autore dellAppendice alla cronica di Marcellino sappiamo che Be lisario lo fece uccidere nella Campania. 2. Ad intelligenza di ci, che appartiene a papa Silverio , i quale qui s allude, giova sapere, che da quanto scrive Procopio viene giustificato il pontefice Vigilio, da Liberato cartaginese dichiarato colpevole della morte di esso Silverio. Le parole di Liberato sono le seguenti. Vigilio , onde non essere cacciato della sede ( romana ) scrisse a Belisario : Consegnami Silverio ; altrimenti non posso fare quanto tu mi chiedi. Cos Silverio fu dato in mano a due officiali di Vigilio , e a* servi di lui ;

I li e tratto a li isola Palmaria da costoro, sotto la custodia di essi mor d* inedia. Ma qui Prcopio chiaramente nomina il sicario, di cui Antonina si serv* e dice Silverio morto, non dine dia , ma o di ferro, o d*altro mezzo violento. Ed era certamente Procopio meglio informato, perch egli allora trovatasi in Ro ma , e presso Antonina. D* altronde Liberato pu supporsi di animo avverso a Vigilio, come lo furono a quel tempo gli Africani a cagione chegli avea confermato il quinto concilio di Costantinopoli riguardante i famosi tre capiioIL CAPO III.

1. Nel lib. i della Guerra gotica Procopio dice di Fozio t Giovine ancora di primo pelo, naturalmente pieno di prudenza e di valore oltre quanto gli desse Vet. Egli fece la sua prima campagna in Italia, e seguit Belisario in Persia. Narra di lui Liberalo cartaginese , che quando sua madre Antonina per compiacere alla imperatrice Teodora volle ruinare papa Silverio $ si servi di lu i, il quale and a trovare quel pontefice, che stava ritirato nella basilica della Sabina, ed assicuratolo con giuramento lo condusse nel palazzo. Teofane chiama questo giovine Fotino ; e vedremo poi perch. 2. In quanto a Teodosio si nota Tessersi fatto tagliare la chioma, poich era questo il pi manifesto segno di ritirarsi dal mondo. Ond , che Niceforo costantinopolitano, nella storia de' Monaci disertori, per dimostrare che serano dati di nuovo alla vita mondana, dice di essi, che di tosati s'erano mutati in chiomati alC uso de* laici* CAPO IV.

i. Direbbesi facilmente, che il personaggio principale delle Storie di Procopio Belisario. Egli milit da prima sotto gli ordini di Giustiniano , mentre questi era comandante generale deli esercito romano ; c fu suo aiutante. Di poi insieme con Siila

ai a

ebbe il comando di alcune coorti contro i Persiani a difesa degftberii. In appresso fu tribuno desoldati in Dara; quindi coman dante suprotno dell esercito romano in Oriente. In fine fu collo stesso grado spedito in Africa, e in Italia. Egli era di un luogo situato tra l 1 1 1irlo e la Tracia, chiamato Germania, onde al* cuni credettero, cbe fosse germano di nazione : il cbe non sus siste. Di codesta Germania , di cui Belisario era originario, o in cui fors* anche era nato, trovasi fatta menzione presso varii scrit tori, e spezialmente presso quelli, che hanno trattato devescovi orientali, apparendo che quelli che risedevano in quella citt,, erano insigniti del grado metropolitico. a.o Non a cercarsi il nome di Fozio ne fasti consolari ; e nondimeno Belisario diceva il vero dicendogli: ti ahai alla di gnit consolare. dunque a sapersi, che usarono glImperadori di dare per diploma questo titolo onorevole a parecchi ; e ci viene anche da Procopio accennato nel lib. 5 della Guerra go tica , ove accenna alcuno console di puro titolo. Ci era stat indicato prima da Seneca, il quale dice di s: mi fece console non ordinario. Siffatti consoli chiamavansi anche onorarli, e codicillarti: noi li diremmo di carta pecora. Nella Corte di Co stantinopoli erano detti Ipati. Furono dunque consoli di tale ma niera que Dogi veneti, che veggiamo distinti col titolo d* Ipali?
capo

y.

x.o Perci che spetta alla Storia di Giovanni cappadoce , valga r Appendice , che abbiamo premessa a queste Note. Fu questi uomo scelleratissimo, caro al solo Giustiniano, e tanto male allevato, che non avea nella scuola appreso se non ad as sai rozzamente formare le lettere dell1alfabeto. Contuttoci costui fu il ministro supremo della giustizia, ed arbitro sommo de*giu dizi i. Cento e pi costituzioni di Giustiniano. sono indirizzate a lui col titolo t A Giovanni gloriosissimo prefetto per la seconda volta de' sacri pretorii d'oriente , e console , e patrizio . 2o Ci che qui b detto dell* altro motivo che 1 * esercito ro mano , condotto da Belisario, ebbe per doleisi dell abbandona-

'

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mento del bagaglio, si riferisce alla malattia, che avea contrat ta , come Procopio stesso ha accennato nel lib. a della Guerra persiana. 3. "VAreta, di cui qui si parla , fu figliuolo di Gabakt, ra de Saraceni, da ^Giustiniano investito del comando di una divi sione dell esercito, ed in appresso onorato anche del titolo di comandante supremo. Costui pero fece ,la guerra per lo pi assai male, lasciando in dubbio se per ignoranza, o per fellonia.. CAPO VI.

i. Di questo Andrea , vescovo di Efeso, non si sa se non che succedette ad Ipzo nel reggimento della Chiesa efesina dall'antichit riguardata come apostolica; che intervenne al quinto Concilio di Costantinopoli, e che con altri vescovi fu mandato a chiamare il pontefice Vigilio. A qae tempi, in cui l asilo sa cro tenevasi per inviolabile-, 1 azione di quel vescovo dovette considerarsi come una empiet, massimamente poi se nacque da corruzione. 7 C A P O VII. ,i.o I filologi mettono una grande importanza in sapere quale veramente fosse questo, che qui si interpretato interno san tuario del tempio. Sfida Io chiama mensa che accoglie i sacri misterii. Questa equivarrebbe al cosi detto Sancta sanctorum. I padri greci con altro nome lo dicono Luogo del dnno lavacro : cos sarebbe il Battisterio. Y chi il vocabolo usato da Procopio spiega per Ricettacolo d* acque inservienti alla celebrazione delle cose sacre. Se con questa espressione non sintende il Bat tisterio, pewerebbesi ad aggiungervi un significato, non conoscen dosi nella celebrazione delle cose sacre altracqua che quella che si aggiunge al vino nella conscrazione eucaristica: n per questa vuoisi un ricettacolo , in cui alcuno possa nascondersi. Gregorio Magno nomina questo luogo cloaca. Pare che il traduttore latino di questa Stria arcana abbia seguita questa idea chiamando il luogo, ove Fozio si rifugi , emissarium. Io credo bastare alla intelligenza della cosa l interpretazione mia, cbe sotto una espres sione generica abbraccia ogu* indicazione che vogliasi.

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2.0 Del rimanente la Storia prova ad esuberanza la empiet di Teodora in Violare gli asili sacri. Anastasio nella vita di papa Vigilio riferisce le parole, con cui essa ordin ad Antemio di arrestare quel pontefice : esse sono queste : Alla sola basilica di j. Pietro abbi riguardo: ch se troverai Vigilio o in Luterano, o in Palazzo, o in qualunque chiesa, mettilo sopra una nave, e menalo a nei. Diversamente io tifa r scorticar vivo. Viglia fu tratto dal tempio di s. Cecilia in Roma, e da quello di s* Eufemia in Calccdonia. 3.0 La morte di Teodosio , e la riconciliazione di Belisario con Antonina, furono forse le cagioni, per le quali Teodora non pens pi a F o z i o cb abbiamo veduto fattosi monaco m Gerusalemme. E qui da dire perch Teofane lo chiami Potino, essendo questo il nuovo nome cbe assunse allora, secondo luso antico, che pur continua anche tra n o i, quando uno dal secolo passa a qualche istituto religioso. Questo Fotino col tempo di vent abbate del monastero ; e sotto il regno di Giustino II fu mandato commissario imperiale per pacificare le Chiese dellEgitto e di Alessandria. 4 * La malattia, onde allora trovossi Giustiniano in pericola, fu un ulcere alla vescica. Si credette guarito per miracolo attri buito a certo Sansone, patrizio romano, uom o, nel libro degli Edifzii dal N. A. chiamato p io , e che il Metafraste ha ri guardato come santo nella vita che ne ha scrtta. Si parler m appresso di altra malattia di Giustiniano. 5 .0 E perch la diceria nel campo sparsa a proposito della supposta morte di Giustiniano interess tanto Teodora , che ne prese si crudele vendetta? Procopio non lo spiega: ma sintende facilmente. Non avendo essa figli, che potessero succedere al trono , presumevasi che quella donna , finissima d ingegno, e d altronde avidissima di dominare, avrebbe cercato di far inaiBare all Imperio uno, il quale sposandola le conservasse linfluenza favuta fino allora. Onde ogni pensiero, che a quel suo segreto si opponesse, era per essolei un aliare gravissimo. Guai dunque a chi avesse iu alcun modo messa lingua in tal coea [ Teodora

aiS avrebbe facilmente temuto ,cbe Vesercite proclamasse un Imperad o re, sulla cui nomina essa non avesse influito. 6.0 Buze , su cui,si fieramente inve Teodora, era lino dei pi distinti CQnis&dautf dell* esercito. Egli era nato nella Tracia t Giustiniano lo avea mandato in addietro contr gli Armeni : poscia era ,afta*? dato ccuapagao a Belisario nelle spedizioni in Oriente ; e .finalmente po avuto il posto supremo, quando Belisario, exa stato spedito* in Italia contra i G oti , 7.0 Merda di essere osservato il pas^o di questo capo in cui si dice che ad istanza del?Augusta (Belisario} venne tolto Ai cariali dalT Imperadore , dat in sua vece, il cnumdo delV eser* cito cT Oriente a Martino ec, F ra noi Pietro Crinito , e Rafach yolaterrano , fidati soprsk u libro' gnecod nessuna autorit t dissero $\i<i $eUsarto ebbe gli occhi guasti , e fu ridotto a cercar U limosina. La quale, favola poi stata ripetuta tanto, che diventata una specie di; proverbio. Ala natta v ha. di pi fals. J2 ben dee credersi a Procopio , eh* etoa testimonio delle cose, cbe intorno a Belisario racconta. Lo stesso Tzete nella H I Chi* liade dopo avere accennata quella -favola, rettifica il fatta, di* cenda; Altri cronologi per dicono non essere egii stato oc* ciecato , ma bens spogliato della sua dignit , e di tutti gli onori ; e pscia restituito aila gloria primiera Se cos non fosse stato, Proeopio non avrebbe avuto pi a d ir nulla di Blifario Ond mutile domandare perch non avrebb gli fatta menzione di quella particolarit^ quando a proposito diG iovanni cappadce nel lib. i della Guerra persiana dice che mentre veniva condotto al luogo diesigli^, dai satelliti fu obbligato, a cercar per la strada dq chi incontrava un pane, od un obolo* 8.0 Per ci che riguarda U distribuzione , che Giustiniano fece tra gli eunuehi del palazzo desoldati di varie armi di Be lisario , bene sapere, che a quel tempo i supremi comandanti usavano arruolare a loro conto, e mantenere del proprio uq numero di soldati. Belisario , per ci che pare, nebbe pi che altri; e nel lib. 3 della Guerra gotica il N. A. dice eh* egli somministrava di sua famiglia sette mila uomini a cavallo*

C A P O Vili*
r.o La figliuola) per la quale Anastasio veniva ad essere ni pote di Teodora , era Punico frutto del matrimonio di lei con Giustiniano. Avea essa desiderato alcun maschio, ma invano; e dicesi, che avendo per ottenerlo pregato il &nt uomo Saba ad intercederlo a lei da D io, quegli ricus risolutamente di aderire alle sue istanze. Ci viene raccontato da Cirillo di Scitopoli, contemporaneo di Procopio. Costantino Manasse ha lasciato scritto che Giustiniano non uvea n figlie ^ n figli, n razza alcuna da succedergli; ma in ci egli si ingannato. Presso Fozio patriarca, autore della celebre Biblioteca , lo storico Teo fane bizantino fa menzione di un Teodoro soprannominato Ziro chiamandolo figliuolo di Giustiniano. Potrebbe darsi, dice VAle manno , che lo avesse avuto da altra donna dopo la morte di Teodora : questi fu un bastardo avuto in fatti dopo la motte d Teodorat n era probabile che Teofane fosse stato, indotto in errore, come altri, fra i quali, parlando de nostri, pssiaftio annoverare il Volaterra.no mentovato di sopra, e il Pancino * i quali dissero Giustino I I nipote di Giustiniano per parte di figlia, quando lo fu per parte di Vigilanza sua sorella. Del ma trimonio di Giovannina con Anastasio si parler in appresso* 2.0 La liberta colla quale Procopio parla in questo libro, non fa meraviglia, poich, conforme egli ha premesso nella Introdu zione , lo ha scritto appunto per poter dire liberamente quello, che avea dovuto per prudenza tacere negli altri. Ma deve far meraviglia quello che negli altri, e segnatamente nel 3. della Guerra gotica, di Belisario e della sua seconda spedizione m Italia* scrisse e divulg vivente ancora quel Capitano. Eccone le parole. Belisario vergognosamente si par per Costantinopoli, dopo che per cinque interi anni non avea mai potuto metter piede in Italia , n avanzare verso alcun luogo con cammino sicuro j ma in tutto quel tempo si stette fuggendo come di na scosto , e da un presidio marittimo passando coll'armata ad un altro: per lo che con pi sicurezza i nemici soggiogarono

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Roma e tutti gli altri luoghi. Egli abbandon Perugia, eiUk principale della Tuscia, stretta di crudelissimo assedio , la quale poi fu presa ment* egli veleggiava verso Costantinopoli* 3 .0 Nello stesso Ib.1 3. delta Guerra gotica , eoa espressioni simili a quelle, cbe usa qui Procopio parla della condotta te nuta da Belisario con Erodiano; ed in quel libro si pu vedere pi ampiamente quanto riguarda il passaggio di Erodiano a Totila , e la consegna di Spoleto fatta da lu a quel re. C A P O IX. 1.0 bene sapere chi fosse Vitaliano, zie di questo Giovanni* Ne parla il N. A. in appresso; ma ne ha parlato di p ii nel lib. i della Guerra persiana* Fu costui scita di nazione, e figliuolo di uno che si chiam Patridolo* Serv nella milizia, e fu tra i capitani dell' esercito di Anastasio, Per ribellosst a questo mperadore tentando di deLrooizzarlo. Giunto ali* Imperio Giustino, lo chiam presso1di s, e lo fece maestro della mili zia, e di pei console. Sotto Giustino ebbe grande influenza negli affari, cosi che il papa Ormisda non dubit di scriver^ a lui sopra gramissimi affari ecclesiastici. Ma quando fu da Giustino chiamatoy per-la guerra che avea fatta ad Anastasio , non fidan dosi, chiesto vea sicort ; e Giustiniano non solo gliel assi cur a nome dell mperadore, ma gH giur fede fraterni sull* Mensa sacra, cio prendendo insieme TEocarstia, comera aHora il rito de Cristiani in simili circostanze. Quindi nacque che Giu stiniano. in.vrii .incontri lo chiam fratello: il che fece credere poi ad alcuni, che fossero fratelli di sangue Giustiniano> e Vitatiano; e perci poi Germano e Giovanni fossero per sangue nipoti dt-tpie* due. Ora Giovanni, figlio di Vitaliano* infoiatosi nella milizia, eri riuscko un valente capitano, della cui militare virt Procofno parecchie volte negli altri libri parla con* lode. Nell' anno undecimo della guerra gotica egli fu da Belisario spe dito a Giustiniano per avere rinforzi^ e deve crederei che in quel tempo appunto venisse con Germano in accordo pel rnatri-

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monto, di cui qui si .parla. E Pj^copio , che qui accenna il ma trimonio concertato bens, ma non .conchiuso,.e mostra Teodora tanto risolutamente contraria al medesimo, altrove chiamandolo genero di Germano Tiene, ad indicare che, iofine quel: matri monio ebbe effetto. 11 ohe pu credersi succeduto dopo che Sfieodora fu morta. Germano poi, padre di Giustina sposata d a;Giovannir essendo nipote di Giustiniano , dovea naturisi mente essere odioso a s cattiva ed ambiziosa donna, qual era Teodora, A proposito del quale non occorre qui dire,.altro., se non che per ambiguit di vocabolo usato dagli Scrittori greci, anche molti latini lhanno diversamente chiamato, xhi per parte di fratello, hi. per parte di sorella, nipote di Giustiniano. Proeopio per lo:ha sempre indicato col vocabolo, che lo esprime figlio del fratello, avendo egli con eguale costanza Usato costantemente il vocabolo che espri* me il figlio della sorella, (piando si trattava di nipoti; per pari* di questa. 3. Rispetto a quanto si dice , che Teodora avea sempre im*pedito che Germano facesse alcun matritoonio degno del grado suo, possiamo aggingere che rimasto vedovo, della prima mo: glie, Giustiniano gli fece sposare Una donna caduta prigioniera di guerra, di nome M atasueta , la quale per era nata, della nobilissima famiglia gota degli Amali, figliuola della regina Amar lasunta, e stata moglie del re Vitige , dalla quale ebbe un figlio* chiamato Germano il postumo. Da Passara , che avea sposata prima, avea avuti due maschi, uno Giustino, e laltro Gius tir niano di nome , ed- Una femmina, e questa .u appunto Giustina f della , quale qui si parlato. 4* Sollecita vasi Teodora a far seguire il matrimonio di suo nipote Anastasio , vrgendosi minacciata di finire prestla vita; e si fa conto che l attentato qui esposto auocedesse pochi mesi prima chella morisse. Il che coincide nellanno vigesimo secondo del regno di Giustiniano, in cui appunto cade e la morte di quella Imperatrice, e la venuta a Costantinopoli di Antonina , e T andata in Oriente di Belisario dopo 1 * infelice sua seiconda guerra d Italia.

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Teodora mor net mese di giugno per un cancro che da molto tempo 1 * andava divorando. CAPO X.

1.0 Bisogna leggere il libro 3 della Guerra vandalica per in? tendere pienamente quanto qui in compendio Procopio ' accennai Qui basti avvertire, che tre furono i figliuoli di Bacco, stati alla iiqpresa dellTAfrica ; cio Ciro , Sergio r e Solomone il juniore. Questi Tassassino di Pegasio. Laltro Solomon, la cui morta contribu a disanimare V esercito , siccome sul principio del capo Procopio indica, fu zio di. costoro, guerriero violentissimo, che dopo Belisario debell i Mauritani. Nel libro medesimo parlato di Giovanni figliuolo di Sisiniolo. a.o Areobinto fu senatore , di famiglia nobilissima , e marito di Projetia , figlia di Vigilanza , sorella di Giustiniano. Questa P rojetta , ucciso in Africa Areobinto , spos Giovanni , figlio di Pompeo, pronipote dell mperadore Anastasio. Areobinto era Stato prefetto urbano , e prefetto del pretorio* CAPO XI.

1.0 Mentre Procopio , Teofane, Teodoro il lettore, e Vittore Tunnense, contemporanco di Procopio, dicono che Giustino fu dell lllirio, varii altri lo dicono di Tracia. N si deve pensare che si contraddicano , perciocch Bederina, citt al cui terri torio Giustino apparteneva, era situata svi confine di quelle due provincie. Zonara aggiunge che Giustino fu guardiano di armenti e bifolco. Poca era la differenza ; n partili che qnesto punto di storia meriti le glosse che vi hanno fatto gli Eruditi. Ma perch gli Eruditi hanno il privilegio di dire anche le meno fondate cose* non si per parte di alcuno di essi mancato di dire , eh egli era della nobilissima famiglia Anicia ; e ci sull* autorit di an tiche monete , nelle quali detto Anicio di soprannome. Ma in altre detto anche Flavio , e Flavia pure Lupicina, la quale

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certo che fu schiava comperata. S egli fosse stato di una di quelle famglie , chiaro che non avrebbe potuto essere dell* al tra. L* adulazione fece tutto ; e non lo prova il solo fatto di Giustino. 2.0 Molto gli Eruditi hanno detto ancora intorno a Bederina , gli uni affermando, gli altri negando, che di qusta stessa ritl fosse nativo Giustiniano, giacch Procopio lo dice espressamente di Tauresio, o Taurisio. Queste incertezze nacquero spezialmente dal corrotto testo di Procopio. L Alemanno ha rischiarata la cosa riportando il testo , eh egli tiene per emendatissimo , del Codice Vaticano. Nel libro 4 degli Edijftzii ecco adunque come si legge : Presso i Dardani europei, i quali abitano oltre i confini degli Epidamnii vicino al forte chiamato Bederiana sta la citt di Taurisio. Di essa k nato Giustiniano , principe riparatore del mondo. Egli la circond con un muro di figura quadrangolare, e ad ogni angolo vi piant una torre ; e cos fece che potesse chiamarsi Quadriturrita. Presso a quel luogo poi fabbric una citt nobilissima , la quale chiam la Prima Giustiniana ; cos ricompensando la patria che lo avea nudrito. Con che, dice V Alemanno , chiaramente distingue il luogo , in cui nacque , che fu Taurisio , e quello , in cui fu allevato , il quale era Bederina , o Bederiana, che vogliasi dire. 3.0 Non credo che abbiasi a tacere come Giustino divelluto mperadore ricordossi decompagni della sua prima fortuna, e li onor. Da un passo di Teofane si vede che Zimarco , uno di quelli, e che vivea anche sotto il Tegno di Giustiniano, fu conte dell Oriente , e spedito a frenare i Severiani , i quali erano in sorti contro gli Ortodossi, e ne aveano fatta strage. Fu anche gran maggiordomo di Placidia. 4.0 Non detto n da Procopio , n da altri qual fosse il delitto, per cui Giustino dovea subire pena capitale. VAleman n o , perch non si imputi Prqcopio di calunnia, riferisce il se guente passo , tolto da un Codice Vaticano de5 ColleUanei degli Storici : = Quello scellerato negoziatore e treccone * Giovanni, era uno de'soldati, che seguivano Giustino capo della brigata.

Costui , preg Giustino che gii volesse concedere alcun poco denaro , promettendo non solamente di restituirglielo , ma eziandio di somministrare i viveri alla compagnia. Adunque portatosi p villaggi, ne quali nemmeno sapevasi il nome d i buoi , andava dicendo essere giunto col per comprarne , e ne dimandava ripetutamente, e mostrava il denqro con che pagarli. I miseri villani, che non erano in caso di dargliene, raccolta qualche somma , con essa a stento ottenevano che senza oltre molestarli s'andasse via di l. Allora colui andava dove non erano camelli ; e col diceva essere venuto per com perarne. Con questi artifizii strappava denaro da tutti, ed in-1 giustamente si procacciava viveri. Giustino fivi aveasi caro colu i, poich senza spesa lautamente lo compitava. 5 .o Fu certamente meraviglioso il modo con cui Giustino, reo, pu giustamente dirsi-, di concussionef venne liberato dalla' pena meritata. Ma singolare ancora, che stando a quanto scris sero Zonara , Cedreno, Efrem , simile ventura gli succedesse una seconda volta. Il fatto raccontato qui da Procopio dovette avvenire sul principio del regno di Anastasio, giacch fu a quel tempo che Giovanni Gibbo fu spedito contro glIsaurii. Sul fine del regno di queU imperadore Giustino era gi fatto patrizio , senatore, e conte de pretoriani. Raccontano adunque quei tre scrittori come dall imperadore Anastasio Giuslino fosse insieme con suo nipote Giustiniano fatto cacciar prigione per accusa data loro di ribellione ; e che mentre Anastasio stava per farli morire entrambi, gli apparissero in sogno i ss. martiri Sergio e Bacco, sommamente venerati dai Dardani, e dagl'lllini, i quali lo avvertissero a rispettare la vita di que due uomini, perch Giustino e i suoi parenti, sono le parole usate da Cedreno , erano per essere vasi dalla Provvidenza divina destinati a servire ai consigli di essa , e V uno e V altro a fare al suo tempo quanto Dio avesse ordinato. Ci che V ha di certo pel primo fatto, si la dichiarazipne ripetuta di Giovanni Gibbo : pel secondo v'ha la edificazione di un superbo tempio ad onore dei ss. Sergio e Bacco , falla da Giustino e Giustiniano presso

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la cill di Scodra sul fiume Barbenna * attestata da Teofane , precettore di Giustiniano. Potrebbe essere per, che per. tnttal tra ragione quel tempio fosse stato inalzato ; e forse si fosse in ventato il fatto di Anastasio per coprire, quello di Giovanni Gibbo. La ribellione, se rispetto a questa fu alcunch di vero, potea avere qualche cosa di generoso : la concussione era efieUo di una vile avarizia. Era poi facile ne1tempi denominati Scrittori prestar credenza a siffatto visioni. Ma se vuoisi ammettere il caso di Giovanni Gibbo , che col corredo di quanto in questa Storia narra Procopio spiega alle anime pie il flagello mandato agli nomini in Giustiniano per mezzo dello zio, che lo port allim perio ; caso , che quantunque straordinario > pur non tale che non abbia qualche esempio ne* segreti della umana fantasia ; si stenter assai ad ammettere il secondo , massimamente nel senso bugiardo di Cedreno. Ma di ci basti. 6.0 11 passo che riguarda l ignoranza di Giustino s grande che non sapeva nemmeno formare le lettere dellalfabeto, ricorda nn errore intruso nella edizione di Svida in Milano diretta dal Calcondila , nella quale corse il nome di Giustiniano in vece di Giustino , come tutti i Codici di Svida , che sono nella Bi blioteca vaticana , portano. 11 che qui detto per far vedere onde nascesse lopinione dell* A lciati , del Budeo, e forse di altri, i quali attribuirono a Giustiniano 1 * illetteratura, che Procopio dice essere stata propria di Giustino. 7.0 Diremo piuttosto del questore Proclo , il quale regnando Giustino il N. A. accenna essere stato il maneggiatore di tutti gli affari pubblici. Il che viene confermato da un epigramma scol pito a piedi di una statua a lui eretta in Costantinopoli. Fu egli figliuolo di Paolo bizantino, e giureconsulto eccellentissimo, nomo giusto ed incorrotto. Narrasi di lui, che essendo Giustino disposto ad adottare Cosroe, figliuolo di Cabada , re di Persia, lo distolse da tal pensiero, facendogli sentire che cos limperio de Romani sarebbe passato a Persiani con tutte le funeste con seguenze clic ne sarebbero derivate. Bisogna dire che questo Proclo non vivesse che pochi anni del regno di Giustino, poi-

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ch veggi amo in appresso Giustiniano alla* testa degli affari* Procopio, che qui apertamente parla della stolidit di Giustino, la quale serv s bene alla elevazione di Giustiniano , viene ad accennare la cosa con maggiore riservatezza nel libro i della Guerra vandalica, dicendo : Non era ancora giunto a lt ammi nistrazione dell* Imperio Giustiniano , ma per la esercitava con sovrana autorit , poich Giustino , suo zio , era di de crepita e t , ed onninamente inetto agli affari. 8.0 Altri Scrittori hanno chiamata Eufemia la moglie di Gi > stino ; e con ragione , perch divenuta imperatrice prese quel nuovo nome, come di altre mogli d Imperadori greci si legge. Vittore' Tunnense nella sua Cronaca dice : La moglie di Giu stino ckiamavasi Lupicina, la quale i Costantinopolitani poscia dissero Eufemia. Noi dobbiamo crederla donna di buon 'senso > poich seppe opporsi costantemente a Giustiniano, come altrove Procopio dichiara , nel vituperoso suo pensiero di sposare Teodora. C A P O XII. i. Questo Amanzio da Marcellino viene chiamato preposto del palazzo f da Evagro detto prefetto della camera dell' Imperadore. Narrasi, che siccome essendo eunuco non poteva aspirare al trono imperiale, avea cercato che pervenisse all'imperio Teo crito , suo famigliare : che perci come reo di ribellione fosse fatto mettere a morte da Giustino ; ed lo stesso che dire da Ginstiniano , reggente le cose tutte , giacch lo zio decrepito ed inetto, non faceva nulla da s. Marcellino attribuisce la tnorte di Amanzio all essere manicheo, onde dai Tirii fu chia mato ribelle alla Trinit , e dai Costantinopolitani fu detto Zunama, nome di un manicheo famosissimo. Perch adunque Pro * * copio attribuisce la cagione della sua morte a qualche indiscreta parola contro il patriarca Giovanni? L*Alemanno dice che forse si prese questo pretesto. Ma non ve u era bisogno dacch o co me cospiratore , o come eretico manicheo , era manifestamente reo di delitto capitale. Piuttosto direi , clic la troppo differente

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cagione, che gli altri Scrittori hanno addotta, prova V incertezza del titolo ; e che pi da credere a Procopio , come meglio informato. Ed ha ben espresso il vero motivo, positivamente affermando non esservene stato alcun altrow a. Di Vitaliano si parlato di sopra. Teofane, interessato a scemare i misfatti di Giustiniano , ha detto che il popolo di Costantinopoli fu quello che trucid Vitliano , pei m olti , che, quando prese le armi contro Anastasio avea uccisi. Ma che quel popolo volesse anzi bene a Vitaliano , e lo bramasse iu peradore , lo comprovano le acclamazioni fattegli di viva Vita liano patrizio molti anni ! Molti anni a Vitaliano ortodosso S come riferisce Epifanio di Tiro. Teofane poi anche contrad detto da Vittore Tunnense contemporaneo, il quale apertamente dice : Vitaliano dentro il palazzo , nel luogo che i Greci chiamano il delfico, dicesi uccisa dalla fazione di Giustiniano patrizio. E se cos dicevasi, come Teofane non travolse il fatto? Sembra poi manifesta nel carattere di Giustiniano la cagione di questa perfidia. Vitaliano era maestro della milizia; e morto lui Giustiniano fu designato capitano delle romane legioni. Per as sumere questo s importante comando avea bisogno che Vitaliano non vivesse. 3.o Erano assai antiche nell Imperio le fazioni de Veneti e de* Pras ini* Questi distinguevansi col color verde: quelli col ce ruleo. L* origine loro riferita ne* Collattanei citati di sopra. Ivi leggesi : Enomao fu il primo ad inventare i colori de*Cir censi y coi quali volle rappresentare quasi il contrasta della terra e del mare. Si gittavano le sorti : quegli a cui toccava di fa r le veci della terra combattendo, vestiva V abito verde / e vestiva il ceruleo quegli che faceva le veci del mare. Questo combattimento fu da Enomao stabilito pel giorno ventiquattre simo di marzo. Se avesse vinta il color verde, tutti speravano la fertilit della terra: Se il ceruleo , aveasi fede che il mare sarebbe stato tranquillo per la navigazione. Delle sedizioni di queste due fazioni parlano ampiamente Evagrio , Marcellino y Teofane e Zonara, De* Veneti, e de* Prasiui si fa menzioni, sioeoiue vedremo altrove, da chi scrisse di Caligola e di Vitellio .

. <. Non Proeopio solo, che riferisca i tanti delitti di que-? ste due fazioni. Veggasi la descrizione che ne fa Gregorio Nasianzeno in tem pi, ne' quali non aveano il favore imperiale. E a quanto il N. A. dice della donna che si anneg per sottrarsi alla violenza de* faziosi, pu aggiungersi il fatto a Giustiniano rappresentato dai Vescovi della seconda Siria. Pietro di Apamea della fazione veneta stupr la moglie di certo Psefat la quale, dicono que Vescovi, non avendo potuto sottrarsi alla cupidigia di quello scellerato , un tragico rimedio us contro t infamia sua e del marito ; e fu che si diede da s stessa la morte. 5 .0 In quanto poi alle largizioni a que faziosi fatte da Gmstiniano , Evagrio ne significa manifestamente il fine: ad oggetto, die egli, che di bel meriggio in mezzo della citta potessero im punemente trucidare i loro avversarti; n perci avessero a temere gastigo 9 ma anzi a rendersi degni di premii. Per la quale licenza si manifestamente accordata nasceva che non so lamente venissero presi ed uccisi i supposti avversarli, ma in giuriati e coperti di villanie e contumelie i Principi, Teodora. Augusta , e Giustiniano medesimo dalla pi vile canaglia. Il che ci , a cui Procopio allude ; ed confermato dalla Cro~ naca Alessandrina- In essa si legge : Quindi dopo molti vitu pera lanciatisi tra i due 'partiti., de Veneti e de Prasini, V uno contro r a ltro , e contro lo stesso Imperadore , i Prasini partironsi dal circo , lasciando col allo spettacolo V Imperador , e i Veneti. Ma ci sar confermato anche meglio in ap presso colla testimonianza di Teofane. 6.0 Certo intanto che, quantunque fosse d altronde dalla natura fornito di svelto ingegno, tollerando tanti insulti perso nali non mostr che una specie di stolidit, per la quale merit d essere assomigliato all animai vile, che qui Procopio nomina* N creda alcuno, che si abbietta denominazione sia opera del N. A.: essa fu lo sfogo pubblico dePrasini in teatro, siccome attestano i Fasti SicuU, dicendo: altri gridarono : spergiuri, o Gaudare ; vocabolo popolare greco, che equivale ad asino. t 7.0 Questa ultima parte del cap. X II, pu considerarsi come P rocopio. l5

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una specie di riassunto dell* A. a cui egli & stato condotto dal confronto tra Giustino e Giustiniano* Siccome poi delle cose qui accennate tanto intorno alle sue profusioni ai Barbari, quanto intorno alle sue fabbriche, Procopio parla anche altrove, noi qui non aggiungeremo alcuna osservazione, ad altro luogo rtserbando quanto su tali argomenti occorra dire. CAPO X III.

i.o Nella chiesa di /. Fitale in Ravenna harvi un superbo musaico rappresentante Giustiniano , che poco, o nulla si di scosta da quanto e qui ed altrove Procopio dice di lui. Con Procopio pure consentono e Cedrano , e i Fasti Siculi* Ci, che di particolare pu osservarsi nel N. A. si il caso che racconta della statua di Domiziano. Svetonio dopo aver detto che il senato fece pubblicamente levare tutti i titoli di quell*abbooiinato mpe radore , e ne volle abolita la memoria, in quanto alla sepoltura sua aggiunge che il cadavere di lui fu fatto seppellire da FiUidet sua nudrice, in una propria villetta suburbana sulla via latina, trasportato col da becchini con una bara popolare. Di Domizia p o i, sua moglie, non altro dicesi da quanti storici, latini e greci, parlarono di quell mperadore, se non che essa fu consapevole della cospirazione, per la quale quell mperadore venne tolto di vita, presumendosi che egli avesse deliberato di far morire an che le i, come parecchi altri. Nel racconto di Svetonio non v' nulla, che si riferisca al fatto dal N. A. accennato : ma nemmeno v nulla che lo contraddica. Fillide pot farne trasportare il cadavere dopo che gli artefici ebbero fatto Y occorrente all* arte loro per servire Domizia. lo confesso per, che Svetonio sarebbe stato assai smemorato, se dopo aver detto che tutti i monumenti di Domiziano per ordine del senato erano stati tolti di mezzo, e la memoria di lui per pubblico decreto abolita, rimanendo in Roma in luogo pubblico una statua di quell' mperadore, non avesse pensato a notarne 1 ' eccezione. Quelli, che non hanno a Svetonio pienissima fede, possono per avventura diminuire alcun

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poco la forza della mia considerazione. Essi poi daranno tutta la forza alla considerazione seguente. Procopio , uomo di assai fino ingegno, e di giusto criterio, stato assai tempo in Roma, affer rila che al suo tempo sussisteva quella statua , e ne indica il preciso luogo ; e dicendo che ne rappresentava non solo la figura, ma anche la fortuna, viene a dimostrare che V era pure unita una iscrizione. Se si fosse riportato al detto altrui, potrebbe easere stato ingannato. Ma riportavasi asuoi occhi. Ed egli V uo mo che ne1suoi libri della Guerra gotica tratto tratto descrive non solamente le mura, le porte, le cloache, le strade, gli edifizii di quella capitale del mondo romano, ma ancora le cose di essa pi antiche ; e se disse il vero parlando della statua del bue di M irone , perch non avr detto il vero parlando di questa di Domiziano ? Q.o Pi grave l ' argomento de* vizii, che Procopio appone a Giustiniano ; ed giusto vedere s egli abbia esagerato. Bel suo procedere bugiardo a prova il pubblico improperio allegato di sopra, e tolto dai Fasti Siculi : Spergiuri, Asino. Bell ardentissima sete dell oro ne fa fede Evagrio , ove dice: In Giustiniano tanto insaziabile fu la bramosia del denaro, e s turpe V appetito suo per la roba altrui, che per V amore deir oro vend tutti i beni de1sudditi a quelli che tenevano le magistrature, a quelli che raccoglievano i tributi , a quelli che senza ragione alcuna volevano attentare alV altrui vita . Poco diversamente parla Zonara. Avendo sempre bisogna di denaro , sono le sue parole, cerc di accumolarne con mezzi poco onesti ; ed ebbe gratissimi coloro , che gli suggerivano i modi di raccogliernei Aggiungasi il fatto raccontato da Gregorio turonese. Certa Giuliana Anicia udendo come Giustiniano era fatto, avendole chiesto una grossa somma d o ro , la diede agli artefici dicendo: andate , e fattene tante lamine secondo la mi sura delle tra vi, ornatene la cappella del b. martire Polieutte, onde quesC oro sia salvo dalle mani di codesto avara Imperadore. Del genio sanguinario di Giustiniano V Teqfane stesso, suo

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biografo , ne somministra la prova, riferendo le pubbliche grida de*Prasini, e del popolo di Costantinopoli: Avesse voluto D io, che mai non fosse nato Sabbazio , ch certamente non avrebbe avuto te sanguinario ! Simile fu il giudizio di papa Agapito. Io desiderai di venire dalF imperadore Giustiniano , e trovai in -, vece Diocleziano. Simile fu quello di papa Vigilio* Non mi fe cero venire a s Giustiniano , e Teodora . . . . per quello che io comprendo ; ma oggi veggo che trovai Diocleziano ed, Eleuteria. Della pazza munificenza di Giustiniano, oltre Evagrio e ZoTiara, abbiamo M arcellino , e Teofane , che la comprovano. Ecco le parole di M arcellino > alludendo al primo consolato di lui : Giustiniano console solennizz questo famosissimo suo consolato con una muni/icenza superiore a quella di tutti i con soli orientali. Imperciocch spese dugento ottani otto nula soldi d? oro in largizioni al popolo , in ispettacoli 9 ossia in mac chine per gli spettacoli ; e n e lt anfiteatro espose venti lioni, trenta p a rd i , ed altre f e r e . Nel circo espose numerosi cavalli, tutti ben bardati, che poi regal agli AurighL Del suo secondo consolato parlando Teofane, dice : V Imperadore diede al po polo il congiario , e fu s munifico, che simile noi diede mai alcun altro Imperadore in pari occasione. In altro luogo si parler delle sue profusioni ai Barbari. CAPO XIV.

i. Chi crederebbe mai che in calce di una Cronaca assai ri nomata presso gli Eruditi, la Cassinense, si dichiarasse Teodora nata della nobilissima romana famiglia Anicia ; si dicesse del sangue di uno de primarii patrizii romani , Tertullo ; e di pi nipote del martire s. Placido P Eppure cos scritto in certe lettere di un Pseudo-Gordiano unite a quella Cronaca* facile immaginare, che Teodora pervenuta a tant altezza di fortuna non avrebbe dimenticate le sue sorelle ; e che l opinione pub blica non avendo posto alcun ostacolo alla vergognosa esaltazione

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d le i, non sarebbe mancato chi si onorasse degli obbrobrii di Giustiniano. Non tutte si sono conservatele memorie riguardanti > la fortuna delle sorelle di Teodora. Non si sa cosa accadesse, della minore di esse, A nastasia , n a chi fosse data in isposa. Di Comitona per sappiamo, e ce lo dice Teofane , che 7*Imperadorc cre supremo comandante deW esercito delVArmenia S itta , uomo bellicoso e valorosissimo , e gli diede in moglie Cmitona, sorella d i Teodora Augusta. Cos quel biografo. Ma incerto, se Sofia , moglie di Giustino II, fosse figliuola di Co mitona , o di Anastasia , poich non viene indicata da Vittore Tunnense che come nipote di Teodora. Cos perfettamente igno rasi , se fossero di Anastasia , o di Comitona figli, Giovanni, che fu console onorario, e Giorgio , curatore dello spedale di Marina. a. Il Pseudo-Gordiano volle nobilitare Teodora ; Aimoino nella sua opera delle Imprese de* Franchi raccolse ogni diceria sparsa intorno a quella donna, e ad Antonina; e ne fece un romanzo. Ecco un passo suo. Giustiniano e Belisario , die* egli, un certo giorno con alcuni loro coetanei andati in un lupa nare veggono due donnette della stirpe delle Amazzoni, gi schiave, ed ivi prostituite. Essi le traggono di l , e se le me nano a casa. Una di esse avea nome Teodora, Paltra Antonina. Giustiniano spos Teodora, e Antonina fu sposata da Belisario. Cos si scriveva la storia allora ! ! 3. Teodora, che Procopio dice essersi acerbamente condotta colle sue compagne di mestiere mentre era nella prima condi zione, dovette pur vederne di buon occhio qualcheduna. Osser viamo infatti che due n ebbe care, e le chiam presso di s in corte : queste furono Grisomalla , e Indora. Non perita la me moria di ogni particolar caso di Teodora prima della sua eleva zione. LAutore delle Antichit di Costantinopoli racconta , che Teodora moglie del grande Giustiniano , dopo il suo ritorno d i Pafiagonia, abit nelV Embolo, ( porticato in citt ) ove per la povert , in cui era sfilava la lana , di tal modo sostenen dosi. Quando poi pervenne alVImperio, essa in quell abbietta

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casa fabbric il tempio d i s. Pantaeone. aWBaiholo , in coi dimoravano | le prostitute furono chiamata embolaria, come dal fornice de portici furono dette fanticarie ; 4.0 Se a Teodora imperadrice fosse stato permesso favorire una delle due fazioni, non potrebbesi attribuirle a colpa il favore da lei accordato ai Veneti* Era forse questo un compenso al bene fizio avuto nella sua prima e t , quando i Prasini cacciarono d impiego sua madre, e la famiglia, siccome Procopio ha nar rato. Ma quale scusa potrebbe avere Giustiniano, imitatore sol tanto di cattivi Imperadori? Caligola , secondo che narra Dione fu pei Prasini : Vitellio , dice Svetonio, ammazz alcuni della p le b e , 1 quali aveano dette ingiurie ai Veneti, credendo che avessero avuto lui di mira, che proteggeva quella fazione. Cosroe beff assai bene Giustiniano, poich trovandosi in Apamea, ed avendo inteso che l imperadore Giustiniano pazzamente favoriva i Veneti, egli si mostr del partito contrario, e voleva che si desse la vittoria al colore prasino. 5 .0 Si detto, che 1*imperadrice Eufemia , quantunque nata di bassa condizione, erasi finch visse opposta al matrimonio di Giustiniano con Teodora ; ma giusto aggiungere che vi si oppose anche la madre di lu i, di nome Biglenita : e che ne mor .di dolore quando vide il figlio a dispetto di lei coprirsi di tanta ignominia. Rimane a considerarsi che queste due denne furono quelle, le quali in tale occasione dimostrarono sentimento di onore. Non poi attendibile quanto in contrario si legge in dim oino, di sopra citato. Quel fa tto , die egli, f u dal popolo, e da tutto il senato, veduto con orrre a segno che tutti gridarono nefanda cosa opere fa tto FAugusto unendosi in matrimonio con donna s infamemente svigliaccata. Di che chiamandosi Cesare altamente punto, ordin che la pi parte dei senatori fosse posta a morte. E ci spavent tanto il popolo, che ognuno temendo per s stesso, in appresso non si pens pih a menomamente opporsi agli attentati di lui. Aimoino non poteva di queste cose essere pi informato di Procopio ; ed egli scrsse sulla presunzione di ci che poteva essere, non sulla ve rit di quello che veramente era stato.

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' >6o U N. A. dicendo espressamente che nitao de* Vescovi alz la voce sopra quell obbrobrio, direttamente volle pungere Epi fanio, allora patriarca, di Costantinopoli, il quale non solo im pose la mani a Giustiniano e a Teodora , secondo che compor tava luso, nella solenne loro inaugurazione all Im perio, come Cirillo d i Scitopoli spiega ; ma da credere che lacesse anche la cerimonia delle nozze. 7.0 Non posso poi convenire colYAlemanno sul senso, in coi cerca d intendere le parole di Procapio , niuno tra i Vescovi mostr di rimanere dolente, veggendosi d i doverla ( Teodora ) chiamare Signora , quasi quel titolo stese male in bocca deVe scovi , non semplicemente perch si trattasse di darlo a s ab bietta donna, ma assolutamente e in generale, come se mal si addicesse al carattere degli ecclesiastici. Il qual suo pensiero pi chiaramente risulta, dal fatto che egli loda, di quel Leonzio, ve scovo ariano, il quale chiamato dalla imperatrice Euseba , mo glie di Costanzo , con non pi udita petulanza le scrisse : Se vuoi che io venga da te , verrovvif ma quando tu voglia ri cevermi colla riverenza che si deve ad un Vescovo* Tu adunrque al por piede che io faccia su lt uscio della camera , di scendendo d a lt alio tuo soglio mi verrai incontro riverente mente, e abbasserai sotto le mie mani la testa per ricevere la mia benedizione: indi io sederommi, e tu vereconda ti sta rai ritta in piedi , n ti sederai se non quando , fattone segno , io tei comander. Se queste condizioni ti piacciono, io verr a te: se altramente , non potrai tu n d a re , n fare sperar tanto che r induca a violare , posposto F onore conveniente ai Vescovi, Vistituzione divina del sacerdozio. Si gi da molti ^osservato, che questi furono i sem i, onde in appresso il clero si distacc dallo Stato. Ma Gregorio Magno non ebbe difficolt di chiamare costantemente suoi Signori Maurizio mperadore, e Costanza Augusta, sua moglie ; n fu il solo. A Costantino Augu sto scriveva papa Agatone : Vi prego come se fo ssi personal mente prostrato innanzi a voi, e a vostri piedi steso Essi iniendeypno che nel rispetto politico erano, e dovean mostrarsi i

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primi sudditi di chi area l Imperio. Rendevano a Cesare ci che era di Cesare. Cosi i Vescovi delTOriente doveano e tenere, e riverire, e chiamare per Signori Giustiniano e Teodora , aventi l Imperio ^ qualunque fosse l abuso che costoro ne faces sero , o le particolari loro indegnissime qualit. ' 8.0 Parecchie erano le leggi antiche riguardanti il matrimonio de senatori; ma cospicua sopra tutte quella di Costantino , il quale in un rescritto a Gregorio cos si era espresso. / senatori ^ o prefetti, o quelli che nella citt godono la dignit di Duum viri , o quelli che sono condecorati degli ornamenti del sa cerdozio , cio della Fenimarchia, o Siriarchia , a noi piace che subiscano la macchia d? infamia, e sieno fuori delle leggi romane o per proprio giudizio , o per virt del nostro re scritto , se abbiano voluto avere come legittimi figli nati loro da ancella , o da figlia d ancella y se da liberta, o figlia di liberta, se da scenica , o figlia di scenica , se da tavem iera , o figlia di tavem iera, o da v ile , od abbietta persona , o da figlia di lenone o arenario , o che pubblicamente presedette a mercimonii. Fu questa legge, che Giustiniano fece abolire a Giustino; e allora per la prima volta si ud nel mondo romano come venivano approvate le nozze di senatori con persone ab biette. Ma h da osservarsi, che la nuova legge di Giustino non parla che delle donne sceniche: cosi portando il caso di Giusti niano e di Teodora. Nell* appendice , che apporremo a queste Note, si vedr la legge di Giustino, e se ne osserver il tuono ipocrita, dettatura manifestissima di Giustiniano. 9.0 quella legge e le nozze precedettero di poco la proci* inazione di Giustiniano in Imperadore. Lepoca di essa h an nunciata da Marcellino di questa maniera. V anno CXCV12 dalla edificazione della regia citt , Giustino imperadore 5 Giu stiniano suo nipote per parte di sorella, gi diam i da lui dichiarato nobilissimo, cre partecipe del suo r e g n o e succes sore nel medesimo. Pi specificatamente si annuncia su di ci Evagrio. Egli dice : Avendo Giustino regnato otto an n i, nove m esi , e tre giorni t prese a collega nelC imperio Giustiniano,

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figliuolo di sua sorella , il quale fu dichiarato Cesare il pntpo giorno . del mese Xantico , vale a dire il d delle colende di aprile . 10.0 Egli ben giusto presumere che di poco buona voglia fosse veduto dall' universale assicurato il trono a Giustiniano , essendo palese a tutti il suo carattere, 1' abuso che fino allora avea fatto del potere l'infamia delle sue nozze, e l'indole per* versa di Teodora. Perci, se Cirillo di Scitopoli dice che l elevazione di Giustiniano segui coir approvazione di tutto il senato , da credere che non alludesse se non se ad una clas sala di formalit, la quale nessuno ignora quale senso in molti incontri essa abbia. Ben dee far senso un passo di Vittore Turinense , il quale dicendo che Giuslino cre Giustiniano a sup plicazione de* senatori Cesare , aggiunge, che qiieU* mperadore fece tale cosa contro la propria volont. i i.o Notando Procopio, che l'atto dell'adozione segui il Gio ved santo, in cui, secondo il rito della chiesa greca, non 4 permesso augurar n salute , n pace ad alcuno, ha , giusta la opinione di que* tempi, voluto indicare il mal augurio, onde quella funzione fu accompagnata, per le tante guerre, congiure, pestilenze, tremuoti, ed altri malanni sofferti sotto il regno di Giustiniano. Anche il Rituale latino alcuna cosa serba di quelT uso, in quanto nella Messa di quel giorno quantunque cele brata con solennit in memoria della istituzione della Eucaristia, non d la pace ; ed inoltre si spogliano gli altari, si coprono le immagini, e s legano le campane per non *suonarle pi che nel sabbato susseguente. Del rimanente un passo di Teofane di-^ mostra, che se l ' atto dell' adozione segu il Gioved santo , Giu stiniano e Teodora vennero nella nuova loro dignit salutati dal popolo il d di Pasqua. CAPO XV,

i. Quello che qui dice Procopio della bellezza d Teodora , non il tutto. Parlando nel lib. i degli Edifitii di una statua

dai Costantinopolitani eretta a quella Imperatrice, fti spiega In pi risoluta maniera. Ecco le sue parole. desso, invero ( quella statua ) V immagine di una eccellente figura, ma lontanissima dal riferire la bellezza del?Augusta, perciocch artifizio umano non pu gli avvenenti tratti di lei n dichiarare con parole , u in simulacro esprimere. Leggonsi n \Antologia greca due epigrammi di Paolo Silenziario, illustre poeta vivente sotto il regno di Giustiniano, che parlano della bellezza di una Teodora, la quale comunemente si crede essere stata la moglie di questo Imperadore. Se pu starsi al ritratto che anche oggid si vede in s, Vitale di Ravenna , calcolata la difficolt dell1arte in quei tem pi, facile presumere, che e Procopio , e quanti parlarono di quella donna non esagerassero punto. 3.0 Che Giustiniano e Teodora governassero in comune, egli medesimo lo ha attestato nella Novella ottava , dicendo t Tutte queste cose meditando 9 e sulle medesime ancora prendendo a parte della risoluzione quella che da Dio ci stata conceduta piissima consorte. Perci ebbe ragione Zonara di d ire , che niente meno dell* Imperadore poteva la moglie, se per avven tura non poteva di pi. Quindi venne che coloro , i quali as sumevano il governo delle provincie, o i magistrati, giuravano pubblicamente nelle mani dell* uno e dell* altra ; all uno e al1 altra si dichiaravano debitori della ottenuta dignit j e d en trambi si chiamavano servitori. Quando Belisario ne* due suoi trionfi condusse a Costantinopoli il re de* Vandali, Gelimero , e Vitige , re de G o ti, li present solennemente a Giustiniano e a Teodora, sedenti sul medesimo trono. Procopio fa menzione nel libro i degli JEdifizii del quadro in mosaico che di quel (atto Giustiniano fece fare. Nel quadro di m ezzo, die egli, stanno V Imperadore e Teodora Augusta in atto di tripudio e di esultanza pe' vinti re de Vandali e de1 G o ti , che prigionieri vengono trionfalmente presentati ad essi. Cosi i nomi di en trambi erano sempre uniti nelle pubbliche iscrizioni. Cedreno riporta quella che fu posta al famoso tempio di s. Sofia ; e r Alemanno ne ha pubblicata una trovata ne MSS. Vaticani, la

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quale fu posta da Giustiniano nel tempio di s. Sergio , da lui edificato nel luogo , in cui era la casa abitata da esso mentre non era ancora se non che patrizio, 3. Per rispetto alle cose cristiane, Giustiniano fu detto Con ciliare , perch teneva dal partito degli aderenti al concilio calcedonese. Al contrario Teodora fa sempre segreta nemica di quel Concilio. Cos afferma chiaramente Evagrio , aggiungendo queste parole : Sia dunque che cos veramente sentissero, sia che ap postatamene tra loro *si accordassero a compatire differenti d i sentimento , niuno cedeva a lt altro* Le quistioni, cbe tra i Cristiani allora si agitavano, rjdncvansi a quattro, due delle quali, erano insorte sotto gl imperadori Zenone ed Anastasio , e due sotto Giustiniano medesimo. Le prime due erano, se il Concilio calcedonese si dovesse o no porre ne' dittici , e se si dovesse o no rigettare raggiunta fa tta al Trisagio. Le due seconde tendevano a sapere, se si dovesse condannare o no i tre capitoli proposti da Giustiniano, e se il corpo d i Cristo fosse o no soggetto a corruzione. 4* L Alciato, ed altri giureconsulti ampiamente hanno dimo strato con quanta leggerezza Giustiniano mutasse le leggi del l'im perio. Che abrogasse le forme de1magistrati, lo coefcssa egli medesimo, e se ne vanta in parecchie delle sue Novelle. Nella 29 eggesi : Magistrati introdotti da n o i , e in pi ampia form a costituiti. Nella 102 dice: i proconsoli, i pretorile moderatori t e la maest di tali antichi nomi stata da noi istituita* Nel1 * Editto v dichiara espressamente , ehe di molte maniere egli contro V antica consuetudine mut quanto cred delV interesse della Repubblica. Amagistrati urbani aggiunse poi VinquisUore, e il pretore della plebe : di che Procopio parler in appresso. Molti volle cbe si chiamassero giustinianei ; e self Appendice , di cui abbiamo parlato di sopra, vedrassi a quante cose applic il suo nome. Nel che fin dove la vanit sua giungesse pu conoscersi anche da questo, che lev da una superba colonna una statua d argento di Teodosio il 'grande , e vi feee collocare in cambio una sua equestre , siccome abbiamo da Zonara. Fu va-

nit sua pur quella 'di darst il nme di aemannico, di gotico , di f,rancico , di germanico , di antico di alanico , di vanda lico , di africano , come se di tutte quelle nazioni avesse trion fato , quando in vece a parecchie pag tributo, le altre non vinse giammai. Ond che piccato di tale superbia Teodebcrto t re de Franchi, mosse i Longobardi ed altri popoli a far guerra a quell Imperadore, siccome narra gazia. Csroe minandone quanto pot a varie riprese le provincie orientali, a que vani titoli, di cui mal soffr la pompa, scrivendogli, altri pi pomposi ne assunse egli per s medesimo , come abbiamo in Menandro protettore , onde rintuzzare il fasto di IuL Fu vanit , che tanto denaro gli fece consumare in una moltitudine di fabbriche, per le quali diceva di avere oscurata la gloria di tutti gl Imperadori e Re stati prima d esso. Ma giunse al colmo quando finita che fu quella del tempio di s. Sofia, grid di aver vinto Salomone ; e fu vanit impudente 1 aver fatta collocare in faccia a quel tem pio la statua di quel r e , in aria mesta, e colle mani afferrantesi le guance, come dolente che per l ampiezza e bellezza di quel, nuovo tempio il suo fosse stato superato. Abbiamo di ci V at testazione dell*Autore delle Origini di Costantinopoli. 5.0 Qui ed altrove Procopio parla delloro profuso da Giu stiniano ai Barbari, o consumato in fabbriche. Lo stesso as serito da altri. Efrern nella sua Cronaca dice : masse cC infinit denaro d* oro e argento , in qualunque modo accumolate, cotidianamente gitt prodigo o ai Barbari, o in edifizii. gazia, testimonio di vista , scrive : I l soldato d i Zabergane diceva che non sarebbesi partito ( di Costantinopoli ) se prima non avesse avuto molto denaro, egualmente che il Curtigure. Laonde V Imperadore tant oro mand agli uni e agli a ltr i, quanto cred bastante perch fermata la pace se ne andassero dalle provincie invase. 6.0 Dell* aizzare tra loro i Barbari, e metterli in guerra, che di Giustiniano qui narra Procopio , pu vedersi ci che nei Collettami ne scrive Giovanni Antiocheno. Calcolando Giusti niano quanto spendevasi in tanta moltitudine di soldati , gi-

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dici? meglio essere con pochi doni eccitare tra loro i capi dei B arbari, che assai pi denaro spendere in un esercito impie gato contro di lo ro , e avere il pensiero di una guerra viva. Intendeva di fare con c i , che eglino stessi di propria mano si distruggessero. Fece dunque cos cogli Unni che abitano sulV altra sponda delV Istro* Imperciocch scrisse ad uno dei loro capi : Mandai doni a quello de' vostri che ha altissima fam a ; e come tu sei quello che io reputo superiore a tu tti , a te li destinai spezialmente. Ora che intendo che un altro per violenza se li appropri, dicendosi il maggiore di. tutti 9 sar tua cura il dimostrare quanto sii dappi di tutti gli altri. Ripigliati dunque ci che ti stato tolto ; e di colui prenditi la vendetta che ti conviene : che se noi f a i , sar chiaro presso tutti eh' egli vale pi di te* E sappi intanto , che in ta l caso noi saremmo a lui favorevoli ; e tu sarai inoltre privato di ogni altro nostro dono. V XJnno udito questo si mise tosto in guerra co*suoi connazionali ; e per tale maniera quella stirpe a forza di lunghe ed intestine guerre rimase distrutta* Ci che fece cogli U nni, lo fece pure coi capi di altri Barbari. Il che > se fosse politica generosa, od inumana vilt, altri il diranno. Procopio ha esposto francamente l opinione sua; n alcun uomo dabbene dissentir per certo da lui. Fa poi meraviglia, che nei libri stessi di Storia , che present da leggero a Giustiniano noa dissimulasse questa stolta sua munificenza coi Barbari. Nel lib. 8 dice ; Gli Unni dalV mperadore ricevono ogni anno amplissimi don i , quantunque venuti a l di qua delV Istro continuamente scorrano sulle sue provincie , sempre alleati, e sempre nemici d Romani. Cos in tutto il tempo del regnar suo fu solito fare Giustiniano; e singolarmente poi quando cominci a diventar vecchio* Agazia ne fa speziale menzione. NelV ultimo periodo della sua vita , die egli , Giustiniano apertamente mostr abhorrimento ad ogni pensiero che lo affaticasse , preferendo pi volentieri rattizzare da una parte tra loro i nemici, e dair altra il respingerli a fo rza di denaro , che fidare nella potenza de\V I m p e r i o e d esporsi a qualunque cimento : Con-

dotta questa chiarissimamente riputala per quella eh* essa era in sostanza da Menandro con queste Significantissime parole : coi quali ( Barbari ) era munificentissimo contro quanto conveniva.
7.0 Ma ci , che accresce a tanta villi maggiore turpitudine * si il vederlo largheggiare in munificenza con que* Barbari giunti a tal petulanza da domandare il premio delle rapine fatte nelle loro scorrerie, 1 ottennero. / Barbari, dide gazia , riporta rono in dono o r o , come se fossimo noi che l avessimo de rubati. per questo aspramente s* irrit it popolo di Costanti nopoli , che pubblicamente inve contro l ' Imperadore. Cos am ministrando Giustiniano VImperio, chi meraviglierassi, se furnvi provincie pi e pi volte devastate ? Basta ricordare quanto ebbe in que tempi a patire la sola citt di Roma. Sessant anni dopo eh* essa era stata presa da Odoacre , fu ricuperata da Belisario, e la Storia parla chiaro abbastanza per comprendere che nello stato in cui essi e l Italia trovavansi dopo il regno di Teodorico, fu per entrambe un vero flagello Tessere venuto Belisario a re stituirle all* Imperio. Totila ripigli Roma ; e per la resistenza he glimperiali vi fecero, quando un anno dopo v entr Beli sario la trov distrutta, e vuota di gente. Lavea Belisario ri-* stanrata alcun poco; e Totila se ne insignor ancora, e vi mise presidio. Non ritorn all* Imperio che quando Narsete ebbe de bellato Totila. Gran parte d* Italia soffr eguali vicende. Cbe di remmo di altre provincie e citt massimamente dell Oriente? Ma largomento principale del discorso di Procopio qui riguarda le profusioni di denaro fatte da Giustiniano coi Barbari. 8.0 La pace con Cosroe cost tanto , che nel lib. 1 della Guerra persiana chiaramente Procopio dice avere Giustiniano fatto tributario de* Persiani il romano Imperio. GiiMlino I I , suc cessore di lu i, prese a far loro la guerra per lavare il nome romano di quell obbrobrio. Lo attesta' Giovanni Epijaniense scrittore di que tempi Ecco le sue parole. V imperadore Gistino ricusava di pagare ogni anno ai Persiani cinquecento libbre d? o ro , al qual patto sotto Giustiniano si era stabilita una tregua ; e ci perch la repubblica romana non rimanesse perpetuamente tributaria di quella nazione.

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9.0 Non meno vergognoso fu 1' accordo, che Giustiniano fece cogli Avari t come pu argomentarsi dal tuono che tennero gli ambasciadori di que* Barbari andati a Costantinopoli* MenandrO ne ha lasciate scritte le loro proposizioni arroganti ; e Corrippo da vii cortigiano d lode a Giustiniano per avervi aderito.

C A P O XVI.
1.0 Teofane dice che a tutti quelli nel suo Editto compresi Giustiniano accord tre mesi di tempo per abbandonare le loro sette religiose. Ci facile a credersi. Ma non parrai facile ad intendersi il passo in cui dicet, che lev agli Eretici tutte le loro chiese, e le diede agli Ortodossi, eccettuate quelle degli Ariani Essacioniti. Vuol egli dire, che le destin ad altri usi, o le fece demolire, o le vendette ? Questa interpretazione non si conforma n allo spirito , n al complesso del disborso di quello scrittore. Vuol egli d ire, che eccettu dal suo Editto gli Ariani Essacioniti ? Erano questi una congrega di persone nobilissime, la quale ,gli Eruditi non ci hanno detto aneora, per quanto io sappia, ne come fosse formata, n che speziale oggetto avesse, ma che si sa che sussisteva da assai lungo tempo. Di fatti noto per la Cronaca Alessandrina che vera appartenuto Teodorico prima della sua spedizione in Italia , giacch quel Principe ave passala la sua giovent in Costantinopoli. Ora non egli mani festo, che lungi dall aspettarsi gli Essacioniti da Giustiniano una tale eccezione, i titoli loro in ispezialit convenivano anzi al fine, che queir mperadore savea proposto? intollerante, san guinario, e cupidissimo di ogni avere, egli che con ogni genere d insidie ardentemente aggravava la mano sopra gli uomini del pi alto grado, che motivo poteva avere mai per la eccezione supposta? Teofane non ne adduce veruno ; e la Storia non sup plisce in nissuna maniera al silenzio di lui. a. Del resto non deve far meraviglia quanto qui Procopio accenna delle prodigiose ricchezze delle chiese ariane, ove ricor disi essere stata la setti d Ario estesa a segno, che s, Girolamo

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ebbe a dira che tutto il monda em divenuto ariano. Per lo che, quantunque contro di codesta setta a varie riprese si fossero tediate persecuzioni, n fuwene mai una si universale, come questa di Giustiniano, n alcuna di esse ebbe per principalissima oggetto , come questa, la confiscazione di ogni sostanza > che o alla setta, o a particolari settarii appartenesse. Leggendosi la Stona facilmente si comprende che l antico furore esercitato contra gli Ariani s era in appresso rivolto contro daltri settarii successivamente insorti. In Efeso si era gridato contro di Eusebio vescovo di Dorileo: prendi Eusebio, ed abbrucialo, i- Ch'egli arda vivo ! - Che sia tagliato per mezzo ! e venga diviso siccome di vise. L Autore della Origine di Costantinopoli dice, che nella chiesa di s. M odo , edificata da Costantino, e poscia occupata dagli A ria n i , moltissimi furono trucidati al tempo del gran Giustiniano. Il che coincide con ci , che Procopio ha detto. . 3 . Non sono da confondersi colla legge , della quale qui si parla, altre Costituzioni fatte da Giustiniano contro i Samaritani* In queste viene loro ordinato, come agli altri settarii, di ab bandonare la loro religione , comminato a chi ci non facesse, tra le altre co se , che non avrebbe potuto lasciare i suoi beni n a* parenti, n a'figli : per lo che si alzarono nella Pa lestina i tumulti, che Procopio qui accenna. TJna posteriore fu latta ad istanza di s. Saba, deputato all1Imperadore dai Cristiani della Palestina per cercar rimedio ai danni loro inferiti dai Sa maritani ; e la sostanza della Costituzione fu, che si chiudessero le sinagoghe de Samaritani; che si rimovessero da qualunque officio d e lt amministrazione pubblica ; che non trasmettessero aJ loro ( figli, e parenti ) eredit alcuna , nemmeno a titolo di donazione ; e che < principali tra loro , e i sediziosi si uc cidessero. Con una terza rivoc questa seconda ad istanza di Sergio , vescovo di .Cesarea , il quale naturalmente . dovette ac corgersi , che siffatte leggi non sono atte che ad accrescere i disordini. . 4 * Che molti di que*Samaritani per salvarsi dagli effetti della legge , di cui qui si tratta, si facessero cristiani senza altra vo

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cazione che quella del terrore, lo comprova anche una Novella d Giustino I I ,-nella quale legge: Alcuni di costoro giunsero a tanta malima ., che anche dopo essere stati ammessi al sa * lutare battesimo , d i nuovo ritornarono al m ale , onde s' eran ritra tti , 6 lo stesso rito seguirono de Samaritani , e dallo stesso furore si videro agitati. La Cronaca alessandrina ag giunge. Alcuni di loro presi da paura , cedendo alla urgente necessit si fecero cristiani : i quali furono ammessi al sacro fo n te , ed oggi seguono V una religione e V altra : mentendo colle apparenze astutamente e perfidamente di essere cristiani, onde evitare la severit de* Governatori. Quando poi trovano magistrati avari f e in fa tto di religione rilassati , sono sama ritani , odiatori acerrimi de* cristiani ; e vivono come se non conoscessero punto Cristo ; e corrompono con denaro \p r o curatori delle provineie , onde sieno a* Samaritani favorevoli> 4. La natura del caso in cu! questi Samaritani per le acfce. nate leggi furon messi, spiega facilmente la ribellione in cui si posero. Due distinte epoche per vengono dagli Scrittori indicate. Teofane la pone nell anno secondo di Giustiniano: la Cronaca alessandrina la pone nell annt> quarto. Non ben chiaro chi fra questi due fissi il preciso e vero tempo. La Cronaca suddetta nota , che avendosi i Samaritani creato un Re , e Cesare , f u loro mandato contro con esercito Ireneo , comandante della Pentadia, il quale ne uccise molti. Ma Teofane parla di unal tra ribellione de'medesimi e de Giudei, seguita in Cesarea Vanno vigesimo nono del regno di Giustiniano : i quali , die egli , ad imitazione de1 Prasini e de1Veneti diedero addosso ai Cristiani di quella citt , ne ammazzarono m olti, ne abbruciarono le chiese, e Stefano prefetto delia citt uccisero nel pretorio , e tutte le sue robe portarono via. La moglie di questo si rec a Costantinopoli daJV mperadore a dar querla d el f itto ; e V mperadore ordin ad Adamanzio , maestro della milizia , di recarsi in Palestina , e di Jar processo della uccisione di Stefano ec. 5.0 curiosa 1*audacia di questo Giuliano (il Re e Cesare dai
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r o c o p io .

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Samaritani proclamato ) , il quale ai appropri tutti i titoli, e per fino il nome di Giustiniano* Se ne ha il documento ncHditto rn. Colui adunque di cevasi : Imperadore Cesare Flavio Giustiniano t Alemanno, Gotico, Francico, Germanico, Anto , Alano, Vandalico y Africano , Pio, Felice, Inclito , Vittorioso , Trionfatore , sempre Augusto , Giuliano. Ma ci non tutto. Costui assunse anche il titolo di Messia , e si annunci come uu grande Conquistatore , il quale alla testa della sua nazione dovea colle armi distruggere tutto il popolo cristiano. 6.0 Ha cercato l Alemanno di diminuire 1 * odiosit, di cui Proeopio carica Giustiniano , ove dice che senza alcun senso di umanit ordin la riscossione dei tributi soliti , niun riguardo avendo alle devastazioni sofferte per tanti tumulti. Ma dopo avere allegata in contrario 1 autorit di Cirillo di Scitopoli, che dice nella provincia detta la Palestina Prima, ove la sedizione de*Sa maritani avea fatto maggiori ruine, essersi fatta remissione di un dodici per cento; aggiunge, che in Scitopoli, ove i danni sofferti erano stati m inori, i Vescovi, i quali aveano avuto l ' incarico di fissare la minorazione del tributo, aveanla ridotta all*uno per cento ; che tali minorazioni erano fissate pe* soli Ecclesiastici, e da Giustiniano negate risolutamente a tutti gli altri , pe* quali pare che si fosse con gran calore adoperato presso di lui il sant* uomo Saba ; e conclude , che anche la minorazione del tredici per cento al clero, considerata la moltitudine delle chiese e de* monasteri della Palestina , e i disastri calamitosi in quel paese sofferti , diveniva cosa ridicola. Egli medesimo adunque giustifica Procopio nel tempo stesso in cui avea creduto che avesse alquanto esagerato. 7.0 Veggiamo ora quanto sia veridico Procopio per ci che riguarda i Gentili. Teofane scrive che nell anno terzo del suo regno Giustiniano imperadore fece una grande persecuzione contro i Gentili t e tutti gli Eretici, e ne confisc le sostanze. E chi erano questi Gentili? Non i soli poveri abitanti di lontani villaggi, ma bens i primarii uomini della Corte imperiale ; ed Esichio, Teofane, Svida, e Procopio nostro altrove, nominano

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tra questi Triboniano questore , Tommaso maestro degli officii , Giovanni prefetto del pretorio, e Foca maestro della milizia , tiltti da Giustiniano preposti alla compilazione del Codice , e tutti trattati come rei della superstizione pagana. A questi Teo fane aggiunge Asclepiodoto prefetto de pretoriani, Macedonio referendario, e Pegasio patrizio di Eliopoli. ben da presumere, che non fossero questi soli attaccati all antica religione; e si gi veduto che in quella religione era nato e cresciuto Teodosio tenuto a battesimo da Belisario e da Teodora. poi notabile che tra quelli, i quali vennero , come dice Procopio , sorpresi mentre celebravano i riti del paganesimo , fuvvi un Severo , da Teodora amato appassionatamente. Il che si raccoglie da una lettera scritta da certi monaci a Menna. 8.0 Q ui, come al cap. x v , Procopio promette di narrare quanto Giustiniano avea fatto contro i Cristiani Ortodossi. L 'u dremo fare la promessa medesima al cap. xxvin, ed ivi diremo ci che a tale argomento appartiene. Seguiamolo intanto in ci di che qui tratta. 9.0 Al ragionamento , che Procopio fa sulle esecuzioni da Giustiniano ordinate contro i colpevoli del perverso vizio , del quale proposito, pu opportunamente servire di glossa ci che Teodoreto riferisce di Costantino il grande. Diceva quell Impe* rado re, che avrebbe del suo paludamento coperto quel vescovo, il quale egli vedesse stuprare la moglie a ltru i , onde non ne avessero scandalo quelli che potessero imbattersi in s nefando spettacolo . Ed tanto opportuno questo passo di Teodoreto , in quanto sappiamo da Teofane, come nel secondo anno del suo regno Giustiniano fu mosso a promulgare la legge , a cui Pro copio allude. Ecco le parole di Teofane. In quest anno Isaia vescovo di R o d i, ed Alessandro , vescovo di Diospoli nella Tracia, furono deposti dal loro grado, convinti d essere cor ruttori di maschi, e dalF mperadore severamente puniti. Imperciocck, fatte loro tagliare le parti virili, vennero condotti per tutta la citt ; e un araldo gridava : V o i , che siete ve scovi, imparate a non disonorare dignit fi reverenda. Per la

che V Imperadore contro i libidinosi promulg leggi severe , e molli furono puniti capitalmente. Parlando Teofane di severit non rileva il giusto giudizio di Proeopio sulla indecenza della pena. Cedreno aggiunge una esasperazione peggiore dicendo che ad altri fece, inserire acute canne entro il canale delV uretra; ed abbiamo da Zonara , che ad uno , il quale gli rappresentava quanto ci fosse detestabile, Giustiniano rispose ; se costoro avessero commesso uA sacrilegio, non s'avrebbe dovuto tagliar loro le , mani ? io. Del rapire le sostanze de Senatori per qualunque titolo altrove ancora Procopio ha parlato. Rispetto al farsi Giustiniano erede con faty documenti e pretesti noi qui aggiungeremo soli ta nto il seguente passo di gazia , che parla di Anatolio , cura tore della casa imperiale, e che fu principale stroniento di que sto genere d infami rapine : Uomo ingiustissimo costui, dice questo Scrittore, il quale di moltissimi port via i beni, spesso attaccando o carta di tito li , O pezzi di porpora alle case dei ricchi ; e predicando il loro animo benevolo verso Cesare, di questa maniera rub ogni cosa , sfacciatamente violando, ed abolendo le volont dei defunti, e calpestando le leggi, le quali vogliono che i figliuoli adiscano in eredit le sostanze paterne - Ed a notarsi, che nella Novella 38 Giustiniano di chiar a nissuno essere lecito attaccar moli agli altrui fondi o case ; questy, essendo prerogativa del fisco , delle case impe riali, nostre e della piissima Augusta !l CXtre Anatolio , fu di queste iniquit ministro non meno scellerato certo patrizio Eterio di nome, il quale , dice Ebagrio , non omettendo alcun genere di calunnia , vivi e morti spogli delle loro sostanze in nome della Corte imperiale, a cui, regnando Giustiniano, fu preposto. 11.0 Seguono i nomi di alcune pi distinte persone state vit time delle rapine di Giustiniano. Taziano fu ricchissimo uomo, e maestro degli officii, a cui veggonsi indirizzati rescritti s da Giustino , che da Giustiniano medesimo* Demoslene fu prefetto del pretorio sotto entrambi questi Imperadori. Non si sa chi fosse Ilara. Basilio , e Giovanni suo figliuolo furono si ricchi,

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che spessa vennero dati per ostaggi ne trattali di tregua ai Bar bari , e volentieri da questi accettati. Basilio era stato in tale qualit dall' mperadore Anastasio messo in mano de* Persiani, e Belisario consegn loro allo stesso titolo Giovanni. 13,0 Alla geografia qptica appartiene la notizia, che Procopio nel lb, i della Guerra persiana ci d della orgine di D ara , ove qui dice essere stato trasportato il denaro che servir dovea al riscatto di Giovanni, e che Giustiniano s appropri. Ana* stasio mperadore , die* egli, d i Dara , grosso e fo rte borgo della Mesopotamia sui confini def Persiani e d Romani, fece una citt dal suo nome chiamandola Anastasiopoli, ed aven dola cinta di m ura , ed ornata di chiese., di granai, di ci sterne , e di baluardi e torri , le diede i privilegii, che le citt distinguono. Vuoisi, che traesse il nome dal re Dario, ivi scon fitto interamente da Alessandro il Macedone. Questo ci che dice Evagrio ; ma noi possiamo dubitarne. i 3fo Della sedizione Viitoriati diffusamente parla Procopio nel lib. i della Guerra persiana , ove dice, che per essa peri rono in Costantinopoli trenta mila persone. Ne\VAppendice che apporremo a questa Storia segreta, si riporter un tratto di Teofane, dal quale si vedr da che lieve scintilla venisse s ter ribile incendio ; e vedrassi qnal fosse allora lo stato dell'imperio, quali i costumi di Giustiniano , quale la licenza del circo , e del teatro : cole da Teofane dedotte da pubblici monumenti. Qui accenneremo soltanto essersi (Qusta sedizione chiamata de*Vittor riali dalla parola vinci, che fu presa per indice di convegno da quelli della fazione. In greco questa parola fu nika , la .quale 1 equivalente del vinci nostro, o del vince latino. Al passo di Evagrio , che . nell'Appendice si h premesso alla descrizione di Teofane , vengono dietro le* seguenti parole : Altra volta Giusti niano , mutata -affezione e parte , uccise gli uomini che prima avea fa vo riti , e diede in poter delle leggi anche coloro, ai quali innanzi avea a lt uso de Barbari permesso di commettere nelle citt ogni empio delitto. Termina poi soggiungendo. Ma per esporre in particolare queste cose n-ho tempo conveniente,

n\6 n forza ; e quanto ne dissi potr bastare per comprendere tutti gli altri suoi misfatti. 14.0 Procopio, uno de principali personaggi dello Stato per rem inenti cariche sostenute, e come dagli scritti suoi pu ognuno vedere, dotto uomo , e di giusto criterio , non poteva non la sciar sentire Y interno commovimento ond era compreso , rife rendo * lunga serie di opere cellerate. Giudicando coi principi! nostri parr forse superstizioso ed insano, quando cos seriamente dice a lu i, e ai primarii uomini dell Imperio , Giustiniano e Teodora essere apparsi, anzi che umane creature perverse, veri demonii. Ma poche osservazioni basteranno a farci vedere a che un simile modo di esprimersi si attenesse. Diremo primieramente, che de Sirii e de Palestini fu comune uso paragonare ai demonii gli uomini singolarmente iniqui. Ne abbiamo la prova negli Aiti degli A postoli , ove il Mago vien detto figliuolo del Diavolo : e nel Vangelo di Giovanni, ove riferisce che i Giudei dice vano di Cristo eh' egli era indemoniato, ed ove Cristo ftiedcsimo parlando di Giuda cogli Apostoli dice : uno di voi il Diavolo. In secondo luogo veggiamo questa espressione medesima usata da Sinesio , il quale chiama in una delle sue Lettere An dronico Marzio demonio , d i calamita insaziabile ; e in un* al tra . . . . de quali anche il pi crudele dei demonii avrebbe avuta piet ; ma eccettuo Toante , e Andronico , i quali soli sono demonii implacabili. Non deve adunque fr meraviglia , che tenesse Procopio in simile iiftendimento il linguaggio me desimo. In quanto a Teodora piace riferir qui un passo di Teofilo nella vita di Giustiniano, il quale spiega alquanto pi este samente perch la madre di Giustiniano si fosse, come altrov abbiamo detto , opposta al matrimonio di lui con. quella 'donna. Teefilo dice cos:' Giustiniano spos Teodora , giovine egregia 7 quantunque la madre, di lui gleniza vi si opponesse , per ciocch essa temeva Findole di quella giovane , altronde acu tissima e cultissima , ma d ingegno troppo leggiero ed arro gante , come quella ci&'potesse nuocere alla fortuna , e alla piet del figlio . Mlte pi. che certa vecchia indovina a Bigie-

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niza che V avea consultata, col mezzo delle sorti avea predetto che Teodora sarebbe stata pel romano Imperio una Demonodora , e la rettitudine di Giustiniano avrebbe storta, i 5.< > Una donna barbara di nazione, quaP era Bigieniza , la quale, essendo sorella di Giustino, non potea avere avuta al cuna educazione liberale, non da stupire, se dava fede a vi* sioni di una immaginazione alimentata dai pregiudtzii di una profonda ignoranza. Intorno poi aCamerieri, dequali parla Pro copio t inutile cercare se superstizione, ignoranza, o simile cosa li traesse ai racconti riferiti, o se la troppo nota tristizie del loro Signore sorprendesse la loro fantasia. Il fatto del santo Mo naco , cbe Evagro chiama Sozimo , e dice essere stato spedito dalla Licia , non ha bisogno'di singolare spiegazione. 16.0 Di Sabbazio , marito di Bigleniza, e padre di Giusti* niano , non altro ci si tramandato che il nome;' ed cosa naturale, poich la sorella di un bifolco, o guardiano darmenti, non poteva sposare che un uomo di condizione prossimo a lei. L elevazione di Ginstino mise in evidenza questa famiglia ; e uomini insensati, 0 adulatori , scrissero che in quella razza vii* lana deirillirio correva il sangue degli AniciU! NtW Appendice esporremo la genealogia di Giustino , e di Giustiniano. CAPO XVII.

1.0 Lungo commento vorrebbero i seguenti passi, ne*quali Pro copio va brevemente esponendo le massime, le abitudini, il ca rattere in somma di questo tristissimo mperadore, che quattrocento anni dopo eh* era m orto, trov in Giovanni, figliuolo di Calcedonio, e patriarca di Costantinopoli, un uomo preso da tale delirio, che lo pose sul ruolo de Santi. Avea prima trovato adulatore infalme Trboniano ; e ci che di costui accenna Prcopio , viene confermato da Esichio , il quale chiaramente dice : Trboniano adulando Vmperadore Giustiniano cercava di per suaderlo che non sarebbe m orto , ma bens assunto in cielo ; poich , aggiunge Esichio , Trboniano era gentile ed ateo. Ci,

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dice Procopio, Triboniano asseriva riguardando alla singolare piet di lui. Quello che pe suoi malvagi fini col labbro dicesse Triboniano , mentre tutt' altro certamente in cuor suo dove? sen tire non pu fare sorpresa ad alcuno. Ben pu farne 1 *impu dente ipocrisia di Giustiniano, che dappertutto parlava di codesta sua piet. In proposito di che ci limiteremo a riferire il discorso, che da lui Innocenzo , vescovo di Maronia, scrive avere udito colle proprie orecchie. Sono entrato * dioeva Giustiniano , nelr oratorio del glorioso Arcangelo Michele . . . . ed ho pregato Iddio cos: Se debbono unirsi a noi nella cognizione della verit, pungili, onde presto v1acconsentano v o i, ( diceva ai Vescovi, ai quali parlava ) voi vedeste con quante ragionevoli proposizioni e pacifiche, da noi con tutta la man suetudine e pazienza espresse , il reverendissimo vescovo Filosseno rimase persuaso. Ipocrita furberia direbbesi questa : ma stolidil dir ognuno quel suo appropriarsi gloria di piet, traen done il titolo da Antonino , il quale, die egli nella Novella 78, dalla piet trov il nome, e dal quale lo splendore del nome medesimo giunse a noL Ma della sua piet, in quanto alle lar gizioni fatte alle chiese; parla giustamente jEvagria. Era severa mente prodigo , e tanto, che altre, infinite opere fe c e , pie per certo ed accette a Dio , quando per ed egli, e gli altri che fanno tali cose , le eseguiscano"co* loro proprii beni, e pos sano offerirle Dio vuote di ogni macchia di scelleraggine. Cos non era d Giustiniano 2.0 Procopio dice che sotto il regno di Giustiniano non si ebbe veruna ferm a opinione, o fede di Dio , veruno diritto stabile, verun p a tto , od altra cosa costante. Per ci che ri guarda la cred.enza religiosa, non solamente presero maggior voga le sette, che prima del tempo di lui sussistevano, non ostanti i suoi editti, ma sotto i suoi occhi molte ne nacquero, come quelle de* M onotelki, de Severiani, de1 Teodosiani, dei Gaianiti, degli A gnoeti , de Teopaschlti, degli AftartodocitL A questo proposito dice Vittore Tunnense, cbe Teodosio Sica tutto quasi il palazzo , e la massima parte della capitale avea

macchiati della jw <x perfidia ; cio de' suoi errori. E con ci eransi poi fatte quasi tutte le eresie ardite a segno che non solo i 7eedosianiti, ma eziandio i Gaianiti aveano piantati monasterii ed oratorii presso la stessa regia citt . In quanto a lu i, da prima era stato Eutichiano : poi divent ftartodocita , e mor tale dopo avere pubblicato un editto per istabilire quel lerrore. Dal primo si era ritratto dopo molte dispute col papa Agapito ; e cacci in siglio Eutichio , patriarca di Costantino poli, che voleva ritrarlo dal secondo. 3.0 Riguardo alla instabilit.del diritto, o vogliamo dire delle leggi, non v bisogno di ricorrere a testimoni! di altri Scrit tori , per giustificare Procopio : basta consultare le Costituzioni di Giustiniano medesimo. Della sua incostanza ne patti, park bastantemente la Storia. 4.0 L* amministrazione della giustizia, per tutto ci che in questo libro leggesi, ognuno pu vedere quale fosse sotto Giusti niano ; ma nemmeno le forme stabilite volle egli conservare Perci leggiamo anche in Teofane , che la plebe in pieno tea tro glie ne fece alti rimproveri. Abbiamo, o m peradore , una lite : veniamo qui ad esporla tu tta, giacch non reggiamo rimasta dignit alcuna n di Curia, n di Repubblica. E al trove : Palazzo , o Curia , non sappiamo ove sena. Con che prelevasi per avventura' notare che Giustiniano avea tratti nel luogo di suo soggiorno i tribunali de1Prefetti del pretorio, e dei Questori, la residenza de*Giudici, gli officii dei Referendarii, t banchi, e gli archivii de notai, onde aver tutto in suo arbitrio. Ci risulta dal lib. 1 degli Edifizii, e da Agazia. 5. Della poca cura, eh* egli ebbe della Maest imperiale, ba tter , fra le molte cose che potrebbonsi allegare, un fatto solo, da Procopio accennato nel lib. 2 della Guerra persiana , che pur diede da leggere a Giustiniano medesimo. Giustiniano, die egli, accolse e tratt Isdegune , ambasciadore di Cosroe , con tale cortesia ed onore , che mai di simil guisa accolto e trattato non avea alcun altro . Imperciocch quando lo convi tava, seco lui voleva che alla stessa tavola gli sedesse appresso

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Braducione , compagno ed interprete delP ambasciadore: cosa a memoria C uomini non mai per V addietro usata ; non sendosi mai veduto che un interprete si sedesse, non che con un Imperadore , ma nemmeno con un magistrato eli ordine infimo. Ma ben ebbe da lui onorificenze oltre la condizione di ambasciadore pi notabili Isdegune , e al venire ed all*andar sene; quantunque V ambasceria sua non riguardasse, siccome gi d issi, verua affare. S imprudente coadotta di Giustiniano non frutt infine a Braduione che d essere fatto crocifiggere, a tal morte avendola Cosroe condannato al suo ritorno in Per sia , insospettitosi di tanta distinzione. C A P O XVIII. i.o Gl* Imperadori di Costantinopoli aveano diverse villeggia ture sul Bosforo , delle quali gli Eruditi non hanno mancato di parlare colla dottrina, che si acquista notando quanto si va leg gendo. Una di quelle era chiamata l Ereo , che altro non vuol dire che il luogo de* sepolcri. Non dispiacer udire un passo di Teofane, in cui parla di un viaggio di Teodora fatto alle Terme dette dei Pizii. In quest3 anno , dice quello Scrittore, cio nel sesto del regno di Giustiniano , Teodora , piissima Augusta, and alle terme d*Pizii per fare i bagni caldi. V accompa gnarono M ena, patrizio e prefetto del pretorio , Elia, patriazio e conte delle largizioni, ed altri Patrizii, Cubicularii, e Satrapi; ed ebbe inoltre seco da circa quattro mila uomini Possiamo da questo passo presumere la molta gente, eh* essai dovea avere seco all* Ereo. poi curioso il cenno, che Proco pio fa della balena, o altro cetaceo che fosse, che il popolo di Costantinopoli chiam p o tin o n e , e che dicevasi qnasi ad ogni cinquant anni farsi vedere all* una o all* altra bocca del Bosforo, cagionando ruina a* naviganti, e a cittadini, siccome diffusamente narra Procopio nel libro 3 della Guerra gotica. a.o Ne*libri di questa guerra, vivendo Teodora , quando Pro copio li pubblic, non ardi narrare la trama di quella Impera-

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drice per togliere d mezzo maasunta ; e nel riferirla qui d una chiara prova d ingenuit, dicendo non sapere come Pietro inducesse Teodato a far morire quella Principessa. Forse dubit egli, che Teodato t si prestasse veramente a quel misfatto, mentre era sicuro della insidia di Teodora , e della malvagit di Pietro. V* h^nelle Varie di Cassodoro un passo, che sembra accusare quel re. D quella persona , ivi detto, della quale a noi pervenne certa lusinghiera parola , sappiate essere stato ordi nato quanto noi credemmo conforme alle intenzioni vostre : tale essendo il nostro desiderio , che voi nel nostro regno dis poniate come nel vostro Imperio. Questo gergo diplomatico potrebbesi facilmente applicare a tutt1altra cosa , che alla iniquit, di cui si parla. credo che chiunque voglia essere giusto, co noscendo Teodato e Cassio doro , come la storia verace li rap presenta , converr volentieri nel nostro dubbio. Mancava forse a Pietro coraggio ed arte per tanta scelleratezza? Forse il passo che si riportato , allude alla impunit dalla Corte di Ravenna data a colui. Checche di ci sia, Pietro ebbe il premio da Teo dora promessogli, giacch fu promosso alla carica di Maestro degli oificii ; poi fu mandato ambasciadore in Persia a Cosroe. Costui scrisse una Storia , e un Trattato della Repubblica, delle quali opere fa menzione Svida ; e lasci un figlio di nome Teo doro , che nel trentesimo quarto anno del regno di Giustiniano. fu accusato di ribellione. 3. 11 car.o di Prisco riferito eziandio da Teofane, In que s t anno, die7egli, e parla dell anno settimo del regno di Giu stiniano , Prisco , console, e in addietro notaio deir Imperador, caduto in disgrazia di Teodora, confiscatigli tutti i benit fu fa tto diacono di Cico per ordine delC mperadore mede simo. Fu assai comune presso gl Imperadori d Oriente V uso di far entrare violentemente e a suo dispetto nellordine ecclesiastico chiunque non volessero pivra piedi, e di cui temessero i talenti, o l influenza. Cosi avea fatto Teodora di Giovanni cappadoce, del quale si gi parlato. Se non che questi si astenne dalleser citare il sacerdozio, onde ci non gl1impedisse di ottenere r im -

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perio, che vanamente ri promettevasi. U Alemanno cercando i primi esempi di questa pratica non risale che ai tempi di Teo dosio I I, il quale fece consecrare vescovo di Smirne Ciro , Pre fetto del Pretorio, presumendo cbe aspirasse al trono per 1 *ac clamazione fatta a questo personaggio eminente dal popola, di cendogli : Altra vittoria ti attende y o Ciro. Ma poteva ricoftarsi, che Cosiamo imperadore avea cacciato per forza il giovinetto Giuliano a fare il cherico in una chiesa miserabile dellAsia ; e la et sola lo avea impedita dal farlo consecrare diacono, o prete, a vescovo. N furono poi i soli Imperadori di Oriente, che si mile cosa facessero , sebbene pi spesso forse ripeterono questa violenza scandalosa. La storia d Occidente non manca di qusti esempi. Si obbligavano i r e , e principi al cappuccio di monaco. 4 * In mille storie abbiamo indicazioni di crudeli torture. Ta cito ne accenna una , che parrebbe comprendere 1 estremo delPatrocit di un tiranno. Pu unirvisi questa da Teodora usata, perciocch non l fece essa praticare col solo Diogene, di t&i qui Procopio parla. L autore della Origine di Costantinopoli rammemora un Basso, patrizio, e un Carpiamo, patrizio an<&e esso, da lei messi a questa prova crudelissima, per la quale uscirono loro gli occhi fuori di luogo. Essa era quella, che aVea minacciato Antemio di farlo scorticar vivo se non conduceva papa Vigilio a Costantinopoli. C A P O XIX. .o L atroce scempio fatto di Callinico viene raccontato anche da Evagrio , il quale apertamente si vede non averlo tratto da Procopio , ma da altre memorie, giacch egli aggiunge i nomi dei due scellerati, cbe Procopio avea omessi. Ecco le parole di Evagrio. Callinico, prefetto di CUicia , perch essendo stato assaltato da due cilici, Paolo e F e s tin o , entrambi om icidi, i quali aveano voluto ammazzarlo , li pun conforme compor tava la legge , fu fatto mettere in croce: con questo supplizio trattato in premio della sua retta coscienza , e della osser vanza delle leggi*

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a.o Fatta Teodora imperatrice, non avrebbe potuto meglio riparare agli scandali della passata sua vita, quanto cbe tenendo una modesta e morigerata vita in appresso, e portare il suo zelo ad aprire alle, miserabili donne, che $' erano date alla prostitu zione , un. asilo di penitenza. Procopio , che avuto 1*incarico di scrivere sugli Edifzii da Giustiniano fatti erigere, accennando questo monastero, intitolato appunto Asilo di Penitenza , avea nello suddetta opera commendata la piet di Giustiniano e di Teodora, riguardando all oggetto della istituzione, qui espone k violenza usata a donne non disposte a porsi a miglior vita ; la quale violenza guastava quanto di buono avesse potuto avere lv istituzione. Ma ci che in appresso ditesi di padrocinio da Teodora preso per le dissolute mogli, abbastanza dimostra che piet vera non la mosse nemmeno nella fondazione di quell asilo. v. 3* In proposito de corrotti costoni di quel tempo, abbiamo dutr^uriosi racconti. Era in Costantinopoli fino dai tempi di Ctfckiino il grande una statua di Venere y alla quale, secondo che Jttrra l autore della Origine di quella citt, accostandosi le donzelle cadute sospette di essere viziate , se fossero state illibato he partivano sicure ; ma alle corrotte scioglievansi i vestimenti, ed appariva in cospetto di tutti la loro nudit* Anche alle donne maritate che con clandestini adulterii si fossero contaminate, la stessa cosa accadeva ; e dovettero confessare il loro sfallo. La sorella della moglie di Giustino, che dopo la cura dei palagio divent mperadore , fece met tere in pezzi quella statua di Venere , perch passandovi vi cina , mentre cavaltando andava ai bagni di Blachme dopo Vadulterio suo ebbe a vedersi svergognata col subito denudamento. Vedr chiunque legga come possa spiegarsi un tal fatto, e cosa credersi efi quella tradizione. Il secondo racconto riferito conformemente da Teofane , da Anastasio, ,da Cedreno , dalla Storia miscellanea, e da Paolo diacono ; ed quello di un Cane da certo Andrea condotto dItalia al tempo di Giustiniano, il quale indicava le dovine adultere, e le donzelle viziate, pren dendole per le vesti. 11 che non difficile attribuire ad una

scandalosa ciarlataneria, sostenuta dalla ignoranza superstiziosa de* tempi , e dalla corruzione de* costumi. 4. Del patrocinio delle donne afflitte assunto da Teodora Procopio avea parlato net libro 3 della Guerra gotica , attri buendolo ad un certo istinto di natura : n si pu farne rim* provero allo Scrittore , che veridico nella esposizione del fatto lasciava intatto il giudizio di chi leggeva. Qui ha detta la cosa quale per lo pi era in fatto ; c ne ha gi annunciato il perch nella sua Introduzione. L intelligenza giusta della cosa poteva aversi dai contempofanei ; ma voleva essere comunicata ai po steri ; e non poteva farsi ci che con questa Storia segreta. 5.0 Del capriccioso disporre, che Teodora si arbitr delle pi eminenti cariche civili, in molti luoghi Procopio d prove. Per ci che riguarda le ecclesiastiche', ne d prove tutta la Storia. Baster accennare le principali. Essa mise sulla sede patriarcale d Costantinopoli Antimo euticbfano : essa fu la protettrice di Teodosio , patriarca di Alessaudria , capo di una eresia ch'ebbe nome da lui. Essa sostenne, e fece ristabilire nella sede patriar cale di Antiochia. Severo , che lavea invasa prima, e che erasi fatto antesignano degli Acefali* Essa coll opera di Belisario e di Antonina , caccialo della sede romana Silverio , vi sostitu Vigilio , sperando che per mezzo di questo avrebbe potuto ro vesciare il concilio calcedonese , e far ristabilire Antimo. 6.0 Rispetto alla giurisdizione, che Teodora si arrog sui matrimonii, giova ricordare fra gli altri anche il caso di Artabane, uomo consolarci e in altissime dignit costituito il quale, sic come Procopio racconta nel libro 3 della Guerra gotica , essa violent a riunirsi colla moglie che dianzi avea ripudiata ; e fece sposare a Giovanni, figliuolo di Pompeo Projetta nipote di Giustiniano, fidanzata ad Artabane. 7- Leonzio , Saturnino, Ermogene, Cirillo , furono tutti uo mini di grado principalissimi. Leonzio era stato ambasciadore di Giustiniano al re Teodeberto , ed uno de compilatori dei Dige sti . Ermogene era stato questore al tempo di Anastasio in ser vizio di Vitaliano , quando questi affett V Imperio; e poscia

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Maestro degli officii sotto Giustiniano; e veggonsi alcuni Rescritti da questo mperadore diretti a lui. Anche Cirillo fu Maestro de gli officii. 8.0 lu eminente posto era anche Saturnino , alla cui dignit non voleasi certamente n la violenza di si turpi nozze, n Fin* famia di gi guasta sposa. Che diremo poi della contumelia ignominiosa avuta per s giusto riclamo ? Vuoisi che Teodora fosse la prima ad immaginare s acerba svergognatezza , e 1 esempio da essolei dato ne frutt una peggiore. Perciocch leggesi in Niceforo qualmente Stefano, Prefetto dellerario, come usano coi ragazzi i m aestri, die egli, fece battere Za madre di Giu stiniano IL 9.0 I casi di Giovanni cappadoce, le insidie, e la crudelt di Teodora contro di lui , e la connivenza iniqua di Giustiniano abbiamo gi detto come possono leggersi sul fine del libro 1 della Guerra persiana. Ivi anche notato com egli fu vescovo di Cizico sotto il nome di Eusebio. CAPO XX.

1.0 Basterebbe a provare la perfidia della Corte di Giustiniano T osservare i ripetuti falsi sospetti di ribellione a carico di Beli sario. La prima volta ci fu , mentr* egli era coll* esercito in Persia, alla occasione che quell* mperadore cadde gravemente ammalato. Oltre Procopio ne parla Marcellino. Belisario, die egli, richiamato dall7Oriente, incorse in grave pericolo , e fatto Pittima della invidia, viene di nuovo mandato in Italia. La seconda accusa fu data a Belisario dopo eh* egli ebbe debel lato Gelimero ; ed questa, che qui Procopio accenna , e pi diffusamente racconta nel libro 1 della Guerra vandalica. La terza fu quando , divenuto gi vecchio , trovatasi in Costantino poli. Ecco com* narrata la trama contro di lui rispetto a questa terza epoca : Indussero Sergio a dire che consapevoli della congiura erano Isaccio nummulario , e Belisario patrizio gloriosissimo , ed insieme a questi VUo ,* nummulario ancK esso , e Paolo , procuratoti di Belisario medesimo. Questi furono

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catturati, e dati in mano di Procopio, Prefitto della c itt , accusarono il patrzio Belisario. Laonde adirato contro Beli sario F Imperadore , il quinto giorno di dicembre convoc il Senato , e chiamato il santissimo patriarca Eutichio ordin che si leggessero le deposizioni, di coloro : cosa che gravissi mamente Belisario sopport , spogliato gi dalF Imperadore di ogni sua guardia, e detenuto sotto custodia. Nel seguente anno poi il giorno diciannovesimo di luglio Belisario fu riconciliato, e restituito nel primp suo grado . Finalmente nell ano trente simo ottavo di Giustiniano il tredicesimo giorno di marzo Be lisario patrizio 1 muore in Costantinopoli, le cui sostanze f u rono applicate alVaugusta cos Marniana, Le stesse cose lcggonsi'e in una Cronaca anonima del Vaticano, e presso Zonara: onde pu vedersi 1 ignoranza profonda di .coloro che scrissero , e ripeterono la favola di Belisario cieco e limosinante. 2.0' Degli estimatori* mandati nelle rumate provincie a coglierne gli avanzi con avidit spietatissima , di tutti i disordini qui accennati , Procopio parl nel libro ? della Guerra vandalica. Cos nel libro 2 della Guerra persiana parl delle cagioni per cui Cosroe devast tante belle citt dell* oriente , e tra le altre Antiochia. 3.o Avremmo noi a parlare della smania furiosa da Giustiniano avuta di raesohiarsi nelle quistioni teologiche, e di farsi disputa tore di materie , nelle quali , se avuto avesse sentimento della imperiale maest , non avrebbe dovuto mai metter lingua. La vanit sua lo trasse ad ambire il titolo di dottissimo ; # i l suo orgoglio a trattare superbamente e crudelmente i Vescovi della Chiesa, cbe non convenivano nelle sue opinioni. Dicesi, che da Teojilo , suo precettore, appresa avesse la inclinazione agli studii teologici ; e fu certamente questo tempo perduto per lu i, e ran noso per l Imperio che con altre arti volea essere governato. In vece adunque di applicarsi eoa zelo, c con sentimento di giusti* zia all amministrazione pubblica, sappiamo da Procopio mede simo, siccome leggesi nel* libro 7 Iella Guerra gotica , che con* iinuamentc sino a notte bene inoltrata, senza guardie, e senza

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officiali di corie, intraltenevasi nel muso con tutti i pi vec chi sacerdoti , con grande studio investigando misterii dei Cristiani ,* sicch in quella situazione Artabane , e coloro elle eoa lui aveano congiurato , speravano di sorprenderlo ed ucci derlo. E lo stesso conferma Eustazio nella vita di s Eutichio f dicendo : Sapete ta lli , e dovete ricordarvefle , con quanta cu riosit s occupasse Giustiniano nella investigazione dei dogmi d ivin i} e come trasandate tutte le altre cure di giorno e d i notte mai quella non intermetteva, unica sua e soia, di pro vocare a disputa tutti gli E retici, mettendo in memo ragioni, collo quali sapeva prevalere , confutandoli ora con argomenti probabili, ora con dimostrazioni, ora col testo delle sante Scrittura. E in tali cose* giusta ci che ne dioc Liberato* com piacciasi di dar giudizio , e trovava ecclesiastici, che lo adu lavano , siccome furono que* Vescovi > 1 quali, morto p p a Aga pito prima di condannare Antim o , gli dissero avete Iddio tras ferito alP olir mondo quel Pontefice per riserbare la consu mazione delf opera a lui. Dobbiamo noi credere non adulatore Agapito , diacono d Costantinopoli $ ove nella sua Parenesi di ce : A* nostri tempi si veduto ttn betf esempio di prosperit pubblica , predetto da non so quale degli antichi, cio da verificarsi o quando regnassero filosofia o filosofassero i re* Imperciocch filosofando foste conosciuti degni di regnare , e regnando non vi allontanaste dalla filosofa ? Giustiniano o Teodora aveano certamente una commendevole filosofia!] Furono a quel tempo tenuti per filosofi Ire Monarchi contemporanei , C osroe , di cui in questo senso park Agazia ; Teodato , al quale danno questonore Procopio, e Cassio dora; e Giustiniano^ che Teodato chiamava mpcradore sapientissimo, e Principe dotto Ma non credo io che questo Re goto, svelto dingegno c pru dente , per la scienza taologica chiamasse con si onorevoli titoli Giustiniano ; ed alludesse piuttosto ad altri studi che con qual che profitto sembra essersi fatti da quello mpcradore, Ira per ciocch oltre aver potuto nella et sua meritare estimazione per la ordinata compilazione delle leggi romane nullu musico mostr Paocorto l7

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perizia, in quanto mise ia noie un inno sacro , che anche oggi i Greci cantano nella solenne celebrazione della messa ; e nellarchitettura, avendo molti disegni fatto egli medesimo per varia di quelle grandiose fabbriche, le quali fece costruire. Sebbene possiamo facilmente sospettare n o i, che facendo dar forma ed esecuzione ad alcun suo pensiero, in lui siasi suppostala perizia, che in sostanza non era che di quelli, della cui opera si serviva. Ma, o di fatto, o di comunicato pensiero che vogliamo parlare, parecchie opere teologiche sfortunatamente si sono riconosciute per sue, e non servono oggi che ad aggravare i suoi torti: per ciocch ognuno comprende che altri avea la Chiesa, e pi con venienti espositori demisterii, ove a questi ben corrispondessero le composizioni su e, le quali intanto gli levarono il tem po, che impiegar dovea agli officii del proprio stalo ; e che per quelle, che fece servire agli errori, la serie accrebbe de suoi misfatti. Per questa sua scienza in teologizzare venne in tanto orgoglio, che a papa Agapito, il quale sosteneva le due nature in Cristo contro T errore dei Monofisiti da Giustiniano sostenuto , ardi dire : O convieni con n o i , o ti far deportare in esiglio. La stessa minaccia fece al patriarca Eutichio , e la esegui 9 come risulta dal seguente passo di Eustazio , che dice: VImperadore mise fu o ri un editto da essolui composto , in cui contenevasi il dogma blasfematorio della incorruttibile umanit del Signore dopo V unione ; ed avendolo letto a tutti volle obbligare Euti chio ad approvarlo , e a convenire con lui in quella bestem mia. Avendo Eutichio ricusato, VImperadore ordin che fosse deportato. Gli altri Vescovi , che nelle dispute riguardanti ma terie di fede non si accordarono con lu i, o imprigion , o tor ment, od uccise. Vedremo altrove altre atrocit. La smania di teologizzare crebbe in Giustiniano cogli anni. 4*0 Finiremo le Note a questo capitolo accennando il giudizio di Evagrio sul favore dato da Giustiniano alla fazione de*Veneti, la quale, oltre i disordini da essa commessi, deve tenersi col pevole anche di quelli , che per naturale reazione commettevano i Prasini. Evagrio non ha dubitato di chiamare questo favore

una demenza, ed una immane bestialit. Con 'che esuberante mente viene anche in questa parte giustificato quanto ne dice Procopio. Noi aggiungeremo allo stesso oggetto il giudizio pro nunciatone da Giustino I I , riferendo il seguente passo di Teo fane. Finita la corsa degli aunghi, dice quello Scrittore, f a ziosi tumultuavano tra loro : onde Giustino ad entrambe le parti fece fa re per f araldo questa minaccia : V o i , Veneti, dovete sapere che v* morto Giustiniano ; e voi, o Prasini, avete da tenere per ferm o che per voi Giustiniano rimansi ancora vivo. La quale dichiarazione udita eh ebbero , ai quieta rono tu tti, 9 non altercarono pi. CAPO XXL

i.o Nella cosi rapida dilapidazione del tesoro dell imperadore Anastasio latta da Giustiniano , questi pu assomigliarsi a Ca ligola , di cui Svetonio, e Dione raccontano come in tre anni dissip tutto F immenso denaro > che Tiberio avea lasciato in cassa. Tra gli altri B arbari, a cui Giustiniano profuse denaro senza misura, fuvvi Ilderico , vandalo di nazione, e suo famiguarissimo. Di costui parla Procopio nel libro z della Guerra gotica in questo proposito. a.o In quanto poi ai varii titoli, con cui Procopio dice, che Giustiniano cerc di far denaro, abbiamo in Evagrio un passo che in compendio rafforza V esposizione dell autore della Storia segreta. In Giustiniano, dice Evagrio, tanta fu la cupidigia insaziabile del denaro, e s turpe t appetito de1beni altrui y che per amore delC oro vendette i beni di tutti i sudditi a quanti senza ragione alcuna vollero insidiare gli uomini. M olti , e dir am i innumerevoli, i quali assai sostanze possedevano, per false cause , e per bugiardi pretesti di tutte le loro fo r tune spogli. Lo stesso Evagrio aggiunge: Che se qualche mere* trice , buttando gli occhi sui beni di alcuno suppose di aver avuta alcuna pratica, od illecita congiunzione con lui, imman tinente , purch si collegasse con Giustiniano per dividere il

guadagno, i diritti e le leggi tutte si giacquero rovesciate: e tutte le facolt di quel? uomo , a cui s* era apposto il falso delitto y furono trasportate in casa della medesima. N Svetonio , n Tacito dissero mai tanto di Nerone. * 3 .o Tra i tanti o Principi, od ambasciador di Prncipi bar bari , andati a Costantinopoli al tempo di Giustiniano , e da lui e lautamente trattati, e caricati di regali doviziosissimi, non dispiacer a chi legge udirne rammemorati in particolare alcuni. Nell anno primo del regno di questo Imperadore and a lui G rete , re degli Eruli, con grande comitiva de*suoi, fattosi bat tezzare insieme a dodici tra parenti e cortigiani principalissimi ; e Giustiniano ne fu il padrino. Nell* anno stesso v and pure G orda , re degli Unni soggiornanti sul Bosforo ; e si fece bat tezzare anch egli ; e fatta alleanza co Romani part di Costan tinopoli munificentissimamente regalato dallImperadore. Nellanno ottavo del regno di Giustiniano si rec a Costantinopoli Zamanarso, re degllberii, insieme con sua moglie e coi primati del suo regno , domandando alleanza. Giustiniano, dice Teofane, gradi molto questa cosa; e splendidissimamente regal quel Re e que Principi. Teodora poi. don alla moglie di Zamanarso grande quantit di ornamenti tutti tempestati di gemme prezio sissime. Nell anno decimo terzo and a Giustiniano il re dei Gepidi, Mundo di nome ; e part non solamente onorato dell alleanza de*Romani, ma carico di grande quantit di oro. Nell* anno trentesimo primo furono a Costantinopoli gli amba sciador del re degli Avari ; e questo fu pure ammesso all* al leanza romaria, e i suoi ambasciador vennero ricevuti e regalati stupendamente. Di questi Teofane dice quanto a un dipresso .leggiamo qui in Procopio. Entr in Costantinopoli la gente de gli Avari non vedutasi mai per V addietro ; e tutta la citt accorse a quello spettacolo. Aveano coloro scendenti sulle spalle i capelli assai lunghi, legati, e ben uniti in trecce. N el rimanente i loro abiti erano come quelli degli Unni. Nel1 *anno decimo sesto v* erano stati gli ambasciador di A dad , re degli Azumiti; e furono licenziati anch*essi con magnifici doni

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e fu con essi mandato il vescovo Giovanni, onde gl' iniziasse nella religione cristiana. Nell'anno trentesimo sesto vi furono gli ambasciador del re degli Ermectm, e trattati non meno gene rosamente degli altri. mutile dire delle ambascerie de* Persiani, che andavano e ritornavano quasi giornalmente. Le spese , dice Procopio , del solo ambasciadore Isdigiune , e i regali fattigli al suo partire , se alcuno volesse farne il conto , troverebbe V importare pi di dieci centinaia d* oro. Cosi egli nel lib. 3 della Guerra persiana. Ma questi non sono che cenni di cose assai pi ampie. 4.0 A nulla gioverebbe illustrare qui la memoria di tanti scel lerati uomini, chiamati agli eminenti officii della pubblica am ministrazione da Giustinian per averli complici delle sue iniquit Non vogliamo per omettere l1elogio > che il medesimo Imperador impudentemente fa di Costantino, di cui abbiamo udito da Procopio qual fosse l 'indole e l 'animo. Giustiniano nella Costiturione, colla quale conferma i D igesti, lo chiama personaggio illustre , conte delle sacre largizioni, maestro dello scrigno de libelli, e delle informazioni segrete , il quale a noi sempre si rend commendevole per la buona opinione, e per la gloria* Chi stesse alle parole crederebbe Giustiniano il migliore , e il pi sapiente de monarebi. Ma la corte di Costantinopoli avea gi da luugo tempo travolto il senso dell* umano linguaggio ; e la greca fallacia sotto Giustiniano pass tutti i termini della pi sfacciata ipocrisia. Ripetiamo divotamente i nomi di Foca e di Basso, la cui poca durata nella eminente carica, a cui erano stati as sunti , certamente per errore, sta in luogo di ogni giusto elogio* 5 . Del rimanente perch niuno dubiti della veracit di Procopio in ci che dice dell appalto de' grandi governi fatto da Giustiniano, odasi anche una volta Evagrio. Tutti i sudditi per aver denaro vendeva a quelli che amministravano le provincie* Cosi nel lib. 4 > al cap. 3g : i passi citati di sopra sono tolti dal cap. 39 del medesimo libro. 6,0 II passo, in cui abbiamo udito Procopio accennare la legge fatta da Giustiniano statuendo che quelli, i quali chide*-

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sero magistrature e governi di provincia , avessero a giurare cbc non sarebbonsi macchiati di rapine, e non avrebbero n dato denaro per avere quelle dignit, n ne avrebbero, ricevuto, e quelli che diversamente facessero, sarebbero , secondo 1 * espres sione de maggiori, tenuti per sacrileghi, messo a confronto coi fatti deve naturalmente rivoltare ogni uomo di qualunque me* diocre sentimento. Ma l ipocrisia apparir spinta all*ultimo grado di umana svergognatezza , considerando la solennit colla quale Giustiniano fece pubblicar quella legge, che la Novella 8. Volle egli che venisse promulgata nelle feste di Pasqua, come cosa che dovea recare grande allegrezza al popolo: volle che fosse incisa in lapidi, e queste rimanessero in vista del pubblico esposte sotto i portici delle chiese: volle che un esemplare della medesima si conservasse insieme colle sacre suppellettili in tutte le chiese dell' orbe romano ; e che si eccitassero tutti i popoli a rendere grazie di essa a Dio. Ci non tutto. In mezzo alle ampollose laudi che d a s stesso per quella legge, la quale, se fosse stata dettata di buona fede, non avrebbe fatto che pr* vare la corruzione dominante; ed ogni provvidenza contro tale corruzione non avrebbe ecceduto per nulla i termini della pi volgare giustizia; in .mezzo, dissi, a tante ampollose parole ag giunge una manifesta calunnia asuoi antecessori, dicendo, come ivi sta , che cosi sdegnava d* imitare quelli, che innanzi a lui imperarono , i quali per denaro conferivano le amministrazioni pubbliche. Teodosio , M arziano , Anastasio certamente non aveano mai commessa tale iniquit : anzi positivamente 1*aveano con legge proscritta. Con questo complesso di calunnie , e di vanit, egli proclamava una legge, il cui principio avea gi in nanzi apertamente violato, e il cui testo avea in animo di vio lare costantemente, come fece finch visse. Dopo ci la formula del giuramento da lui prescritto non addita pi che il clmo della sua empiet. Essa porta queste parole . . . . e se non os server tutte queste cose nella conformit, che ho detto , possa io ricevere e qui , e nel futuro secolo, nel terribil giudizio del grande Signore Idd io, e del salvator nostro Gesti Cristo, ed

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avere la parte con G iuda , la lebbra con G iezi, e il tremore d i Caino. 7.0 Mi rimane da d ire , che come Evagrio ha confermato ci che appartiene a magistrati , e governatori > a quali Giustiniano vendeva quelle cariche, lo stesso pur fu rispetto alla vendita dell* impiego di riscuotere i tributi. Tutti i sudditi vendeva per oro a quelli che raccglievano i tributi : sono queste le parole di quello Storico. CAPO XXII.

1.0 II fatto qui esposto, non avendo relazione n alle cose dette nel capo antecedente, n a quelle, che nel susseguente soggiungonsi, non poteva convenientemente far parte di nessuno di quelli. Perci noi lo abbiamo messo a parte in conseguenza de* principii, che ci hanno suggerita la divisione in capitoti di questo libro procopiano. CAPO XXIII.

1.0 Giovanni cappadoce era stato dieci anni prefetto del pre torio , quando fu mandato in esigi io. A Teodoto veggonsi dirette da Giustiniano alcune Novelle. * a. Molti rescritti veggonsi pure diretti a Pietro Barsame. Di costui fa menzione 1 *autore della Origine di Costantinopoli, di cendo: r antica chiesa di s. Pietro al tempo di Giustiniano il grande fu edificata da certo Pietro patrizio , siro , sopran nominato Barsame, il quale allora esercit molti magistrati Fu prefetto del pretorio due volte, e due volte conte delle largi zioni, come varii titoli di Novelle comprovano. Non sola la storia del regno di Giustiniano , n quella dell* Imperio greco, che presentino lo scandalo di affettata piet in edificazioni di chiese per coprire 1 * empiet della vita.

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C A P O XXIV.
1.0 Da ci cbe qui dice Procopio si h tentato a domandare quanti possidenti di terre sotto tra si crudele flagello di pesi fos sero in istato di conservare i loro fondi ; e dai complesso del reggimento di Giustiniano, per tanto tempo balordamente com mendato dai giureconsulti e eruditi, pu vedersi facilmente 1 *or ribile miseria, in che doveano ssere caduti i popoli dell Imperio. 11 tributo dell Annona ossa la somministrazione militare, era antico nell Imperio; ma non s ramosamente pei possidenti esatto. Abbiamo in Libanio un passo, che abbastanza lo comprova. / viveri pe' soldati, die eg li , che 'stanziavano ' in Callinico, rac

colti dai sudditi il prefetto della Eufratesia faceva trasportare a quella piazza. Fu bene ~ cosa diversa 1 obbligare i possidenti
stessi anche a trasportarli dove aveano e consumarsi, conforme sotto Giustiniano si fece. 2.0 In quanto alla imposta , ecco come ne parla il Metafraste.

La peste e la fame facevano nel tempo stesso orribile guasto in varie parti delF Imperio romano . onde molte case, e bor ghi , e villaggi, toltene le intere fam iglie, rimasti erano senza abitatori. Per lo che i curatori della Repubblica, e VImperador medesimo, volendo provvedere che il pubblico Erario non restasse privo de1tributi annui, che da quei mancati si pagavano, decretarono che dai vicini si esigesse ci che avrebbero dovuto pagare i tnorti. E tal lgge osservatasi per tutto r Imperio; ed ogni vicino , qualunque fosse t era costretto pagare i tributi pe' suoi confinanti, fossero questi stati tolti d i mezzo dalla peste , o dalla miseria, o dalla necessit im iti ad abbandonare i loro fondi, e andarsi altrove. Abbiamo da Cirillo di Scitopoli, che sulle rimostranze del santo uomo Saba V mperadore Anastasio avea voluto abolire un iniquo modo
d ingiusto tributo, non per.tanto universale, come questo da Giustiniano adottato ; ma che ne fu distolto da M arino, pre^ fetto del Pretorio. degno d essere qui riportato il seguente passo di questo Scrittore. Quelli, che nella Palestina aveano

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V incarico di riscuotere i pubblici tributi, restando loro da riscuotere la somma di cento libbre d oro, debito arretrato di persone povere, impotenti a pagare, furono fo n a ti a caricarne i Gerosolimitani, proporzionatamente alle loro facolt Cosi adunque f a tto , anche la chiesa della ss. Resurrezione, e gli altri venerabili luoghi, e i loro abitatori, vennero registrati sul ruolo di quelli che quella somma arretrata dpveano pa gare. Ma a l tempo del pio imperadore Giustino , ad istanza del nostro 'padre . Saba , e degli altri Egumeni ( Abbati ) del* P Eremo , la rata di quel tributo fu condonata ; e finalmente V altra parie fu dall* odierne? imperadore Giustiniano condo nata a preghiere di Eusebio prete. Questa, grazia per non fu Accordata che agli eedesiastici di Gerusalemme: e veggonsi pe
rentorie in contrario le ordinanze del prefetto del Pretorio* CAPO XXV.

* i.o Per ci che riguarda 1 * alloggio de*soldati, punotarsi che Giustiniano avea .. in contrario stabilito nella novella i 3o. 11 fatto adunque accennato da Procopio conferma sempre pi la contrad dizione continua tra le leggi di quell Imperadore, e gli atti della sua amministrazio ne. , 2.o L antecedente capo.ha sofferta una lacuna nel suo fine; ed una pi ampia ne ha soiferta nel suo principio il presente. C A P O XXVI. i.o Che l avarizia , l inerzia il sistema concussionario di Giu stiniano , e de suoi ministri, avessero ridotto la forza militare dell imperio a stato miserabile4 se ne hanno argomenti di ogni genere. Vaglia per tutti il seguente passo di Giovanni antiocheno ne Colleltanei, $otto V imperadore Giustiniano Zabergane con sette mila-Unni, passato V Jstro , giunse f n sotto alla regia citt , devastando lutto il paese interposto, poich questo era spoglio di presidio militare. Egli fa quindi il confronto tra il

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numero de* soldati tenuto dagli antecedenti Imperadori, e quello tenuto da Giustiniano, dimostrando come con questo non pot* vansi presidiare la Colchide , l Armenia , lAfrica, il paese de* G oti, e T Italia. Pi ampiamente poi si diffonde su questo argo* mento Abazia. Lo scarso numero, e la mancanza di disciplina, conseguenza delle cose da Procopio narrate, doveano necessa riamente avere estinto il valor militare, onde in addietro il no me romano si era renduto formidabile. Al tempo appunto di Giustiniano l imperio incominci a dirsi greco; e furono i Ro mani medesimi, cbe lo chiamarono cos v vergognandosi, quan tunque ridotti a politica impotenza, che 1 antica gloria del loro nome fosse avvilita in faccia all estere nazioni. Greco dovettero pur dirlo le nazioni confinanti, perch nella imperiale residenza e alla corte e nelle cerimonie religiose parlavasi la lingua greca. Ma questa denominazione non valeva pi lidea, che avea riferita a tempi di M ilziade , di Temistocle , di Cintone , di Alcibiade, di Epaminonda. A chi considera questa parte della storia umana presentasi un pensiero , che non mi ricordo di aver veduto preso ad esame da nissuno de tanti valentissimi scrittori, che delle cose dell Imperio greco hanno parlato; e che io qui non intendo che di accennar leggermente, e soltanto per invitare altri a svi lupparlo. ; Costantino non form la sua corte, n popol la sua nuova residenza di Greci. Il convoglio d uopiini, cbe come capo dell Impecio men seco, dovea essere composto di persone di ogni nazione, poich da lungo tempo i nativi di tutte le provincie costi tuenti T Impero erano stati dichiarati Romani. Antecedentemente la lingua del governo era la sola latina, e in tutte le provincie pccidentali era essa consecrata nelle pubbliche relazioni, e in quelle di ogni colta persona. Pi; non in altra lingua, che nella latina , si spedivano gli atti del governo in ogni provincia sog getta , qualunque fosse. Ma Bizanzio era stata colonia greca ; e dopo Alessandro la lingua greca era fatta poco meno che co mune in tutte le citt dell Oriente pi cospicue. Divent essa dunque ben presto in Costantinopoli la lingua della Corte; tanto

aB7 p o i, eh essa nell? Europa orientale, in Alessandria , e sul Ta stassimo lembo dell Asia occidentale, serviva negli officii della religione. Cos questa lingua, dominando in tutti i rispetti ci vili ed ecclesiastici, venne a dare il suo nome allimperio, a cui pi non appartenevano n F Africa, n la Spagna, n le GalKe, n l Italia stessa, se pochi palmi se ne eccettuino in Ravenna e in Calabria, infine distaccatine anchessi; fuori del proposito nostro dire che influenza avesse avnta la lingua latina sullo spirito de popoli delle G allie, della Spagna, e d altri, presso i quali era stata introdotta fino dal tempo, che i Romani aveano conquistati que paesi. Ma pare a me che manifestissima scorgasi l influenza che la lingua greca ebbe sullo spirito della corte, e della Chiesa di Costantinopoli. Non era essa pi veramente la interprete de liberi sentimenti di Tucidide, di Senofonte t di Demostene. Il regno desuccessori di Alessandro avea abbassati gli spiriti; e tolta loro daRomani l autocrazia i G reci, che pure erano i discendenti de vincitori di Troia e di Serse , s*erano abbandonati all ultimo compenso che un popolo immaginoso pu trovare in mezzo alla servit , quello cio di volgersi all amplificazione de concetti, che niuna tirannide pu comprimere, impastando insieme i delirii di ogni filosofia, e la licenza de sofisti, colla vaghezza esagerata di un idioma , che assai copioso per s stesso, dalla sottigliezza di ogni pi ardita speculazione facevasi copioso anche di pi. Noi lasciamo ai filo logi la cura di notare le alterazioni, che nella bella lingua de* tempi di Alessandro i susseguenti Scrittori introdussero. Quando gli uomini non hanno pi giuste e ferme idee ; quando hanno prduto il nobile sentimento della loro dignit ; quando educati nella bassezza del timore e dell egoismo si avvezzano allo stu dio della vanit e della fraude, n verit , n virt, n sapienza essendo ne' loro spiriti, l ingegno loro necessariamente si volge ad una pompa di parole bugiarde; e una bastarda magnificenza di espressioni sottentra alle formule caste, che sono proprie de giusti sentimenti. Ma fatto abito nelle generazioni susseguenti questo deplorabile trascuramento del linguaggio, esso medesimo

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diventa il veicolo di una falsa logica ; e dove da prima la fal sit de pensieri avea corrotto il candore dellidioma, questo cor rotto idioma si fa poscia prepotente maestro di pensieri fallaci. Io credo che questa sia la vera^ storia dell Imperio greco , con siderato nel complesso della legislazione civile del pari, che della ecclesiastica economia: perciocch non saprebbesi dire se que* Greci pi nell*una cbe nell altra abbiano traviato, nella prima da Costantino fino agli ultimi suoi successori, e nella seconda da Ario sino a Michele Cerulario. Ci certamente che non pu dissimularsi da nessuno si , che il regno di Giustiniano per ogni parte dimostra avverato il fatto di che ragioniamo, sia che si. consideri 1 orpello delle sue Costituzioni, sia che si volga 1 occhio alle quistioni teologiche, che sconvolsero in que tempi la chiesa greca. Ma ritorniamo a Procopio. 3.0 Nel lib. 3 della Guerra persiana egli avea fatta menzione del presidio di Berrea, che disert a Cosroe. Il vero motivo di quel fatto fu 1 essere que soldati rimasti per parte della corte di Costantinopoli senza paga da molto tempo. In quanto alle guar die di palazzo generica denominazione ch comprendeva mol ti ordini, e gradi, illustreremo brevemente, e confermeremo eoa altre autorit quanto dal N. A. qui viene accennato. Avea egli detto nel lib. 8 : i manipoli di soldati, destinati alla custodia del palazzo , si chiamano scuole ; e perci scolari tutti com plessivamente. Erano soldati esenti dall andare alla guerra. Que sti , dice Agazia , chiamansi soldati, e sono registrati sui

ruoli militari ; ma la pi parte di essi abita in citt , e go dono del privilegio di portar V uni/rme del corpo ? il che credo essere soltanto per pompa del Principe ; e furono isti tuiti per servire alla maest delle funzioni* Distinguevansi poi in varii ordini, e con nomi diversi. Yerano i soldati pretoriani, i custodi del palazzo , i custodi del corpo , gli escubitoriy noi diremo le sentinelle. Di questi altri aveano stipendio, altri erana puramente ooorarii ; e ci facilmente spiega come Giustiniano
pot accrescerne tanto il numero. Tutta questa massa di gente adunque non valeva nulla pel servigio militare. Zenone> secondo

*69 che narra gazia , vi avea chiamati i suoi conoscenti e fam i lia r i , affine di cos onorarli. Si continu dopo ad arruolarne, non per merito alcuno , ma per. pura graziosita. Ma sotto

'Gmstiniano non entr pih in que* corpi che chi prna avesse pagaia una somma d* oro. A pi nobil ordine appartenevano i tramestici, i protettori t e i silenziarii, che Procopio nomina. 1 silenziarii erano da pi
di tutti perch stavano nell intimo gabinetto, ossia camera d riposo deir Imperadore / chiamati perci anche cubiculario Un alto silenzio ivi tenevasi, dal quale traevano appunto il nome. Sono indicati da Cirillo di Scitopoli, ove dice, .parlando di per sone ammesse alla udienza: i quali giunti al silenzio , dai silenziarii preposti a lt uscio furono introdotti. Quel luogo 'chia matasi anche il secondo velo , a differenza del primo velo , che era all.ingresso delle prime sale , le quali chiamavansi consi sto n o , perch ivi la moltitudine consisteva , cio fecmavasi, aspettando di poter essere presentata. Forse in quelle sale usciva tal ora il Principe per qualche pubblica funzione. Da ci abbia mo tratto noi il termine concistoro, oggi usato -per.alcune fun zioni della corte papale. La denominazione poi di primo o secon do velo equivale a prima o seconda porta : giacch un velo, o cor* tina, o portiera , che vogliam dire, chiudeva lingresso ne* palaz z i, e negli appartamenti, come si vede in un disegno del palazzo di Teodorico in Ravenna, riportato dal Zirardini. Il capto de' silenziarii qualifcavasi per gran silenziario} e l'ordine, a cui presiedeva, tenevasi di tanta dignit, che equiparatasi a quello de senatori, de1 patrzii , e de'prefetti. Cos abbiamo in Doroteo, che dice: I l senato , i p a triiiiy i prefetti , i silenziarii, mili

zie tu tteo n o ratissime. 3. Finalmente a quanto Procopio accenna di tacere/ rispetto alla cattiva maniera, con cui Giustiniano tratt la milizia , pu supplire il seguente pa$so di gazia : Giustiniano trascur la ruina, e la corruttela degli ordini militri come se mai in av venire non gli dovessero essere necessarii. Inteso questo Imperadore a tuli altro, che a ben governare e proteggere i popoli

37 soggetti 1 sao scettro, parve indifferente aBatto alle calamit che dalle incursioni nemiche soffrirono. Come adunque, dir taUnno, pot egli intraprendere e sostenere tante guerre? Facevanoi le leve al momento del bisogno. 1 capitani generali, a cui com~ mettevansi le spedizioni, doveano procurare di disciplinar gli arruolati Alla virt di que* capitani s ebbe ti riferire lesito delle imprese, quando questo fu buono, e alla pazienza e al sangue de soldati. Giustiniano potevasi prendere cara del nomero di qnesti miserabili che perivano ? CAPO XXVII.

i.o Di questo Addeo, messo da Giustiniano alla sopraintendenta del porto di Costantinopoli, e di altro insigne scellerato di nome Eterio , parla Evagrio nel lib. 5 , cap. 3 , in questa maniera. Non molto dopo Giustino (IL) fece tradurre in giu dizio per certo delitto Eterio e Addeo , entrambi delV ordine

senatorio, i quali lungamente erano stati principali presso Giustiniano. Eterio confess di avere avuto in animo di avve lenare V mperadore, e di avere avuto complice in quella tra ma Addeo . Addeo col pi solenne gmramento asseriva di es sere affatto ignaro di tale macchinazione. AlV uno e a lt altro f u tagliata la testai Addeo nelV atto , in cui fu per ricevere il colpo , disse ingenuamente essere falso quanto in quell af fare gli veniva imputato ; giusto p e r , e ben meritato essere il supplizio , a cui era tratto da Dio conoscitore e vindice di ogni misfatto. Imperciocch egli avea tolto di vita con certi prestigii Teodoto , prefetto di corte. Se ci sia vero , o non sia , io non posso di certa scienza affermare. So bene che r uno e V altro di costoro si fu uomo scellerato, Addeo era amator pazzo di ragazzi ; ed Eterio , non risparmiando alcun genere di calunnia, spogli vivi e morti a nome della corte im periale , mentre regnava Giustiniano. a. Il passo di Procopio , cbe riguarda il monopolio, e la
concentrazione in Costantinopoli deli arte e vendita della seta >

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che assai n'hanno detto fin q u i, ed Noi ci limiteremo ad osservare che a Giustiniano il prezzo della Mt che a qoel tem po una libbra fo r o fu una Ubbr di seta; e nella legge rodia detto similmente che tanto vale una libbra di seta ed una <f oro. Onde se al tempo di Giustiniano un* oncia di seta vendevasi sei monet d'o-t r o , essa veniva a valere settantadue monete d oro la libbra ; quando al tempo di Aureliano ne valeva circa eento. La gran differenza poi del prezzo tra una qualit e l'altra di seta tinta , lasciate a parte tutte le incondudenti ciarle fatte dagli Eruditi, nasceva dalla somma preziosit della tinta di porpora, per eccel lenza detta il color regio. CAPO XXVIII.

interessa mollo gli Eruditi, assai ne ripeteranno ancora. da 1 1 *mperadore Aureliano era abbassato. Sopisco dice

1. Che Giustiniano levasse ai causidici le provvigioni loro solite a somministrarsi dal pubblico erario se ne ha la prova dalla stessa Prammatica sanzione , colla quale le medesime si restituirono a*causidici, medici, e grammatici. Potrebbesi facil mente credere, cbe questa restituzione fosse stata ordinata dopo Tanno trentesimo secondo del regno di questo mperadore, pas sato il qual anno non abbiam pi da Procopio alcuna notizia di lu i Ma si fa luogo a dubitare cbe quella restituzione fosse bens scritta, ma non gi eseguita, poich Zonara , e la Cronica del-. V Anonimo affermano positivamente quanto Procopio avea indi cato. Ecco il passo di Zonara. Per consiglio del prefetto lev

in tutte le citt gli stipendii per lo addietro assegnati ai mae stri delle arti liberali. Quello dell* Anonimo il seguente* Gistintano mperadore sped messaggieri ad Alene , i quali proi bissero V insegnamento della filosofia e delt astronomia. Egli
avea ragione se non voleva che gli uomini imparassero a ra gionare : ma perch non volere che sapessero far lalmanacco ? 2. 11 passo che riguarda la creazione de* due consoli > 1 * uno in Roma, V altro in Costantinopoli, serve a spiegare perch in

*7* vani scritti e documenti se ne trovi nominato un so lo , * del l'altro aggiungasi, che s'ignorava, o che rimaneva a dichiararsi. Imperciocch pu essere accaduto , che i Imperadore nominasse prima il console di una delle capitali, riserbandosi di poscia no minare quello dell altra ; ed facile vedere, che il documento , o lo scritto sieno stati fatti nel tempo, in cui il console della capitale pi lontana dall* Imperadore non vi frese stato ancor annunciato. In quanto poi riguarda alla pratica di Giustiniano di trasandare la regolar creazione annua de1consoli per non aver a dar loro i sus&idii necessari! per le feste, e le largizioni in quella circostanza occorrenti, di ci abbiamo una riprova in Corippo , i\ quale fa dire in cattivi versi a Giustino IL Non so

lamente io ordino che si dieno gli spettacoli nel Circo , ma dar ai popoli e premii splendidissimi , e copiosissimi doni. Avrebbe dunque Giustino fatto quello., che Giustiniano avea negato di fa re. 3.0 Non indica Procopio m quale anno del regno di Giusti niano rimanesse guasto 1 * acquidotto, onde il popolo di Costan
tinopoli traeva V acqua necessaria a1 suoi osi. Si s a , che nel principio del suo regno egli 1 avea fatto ristaurare. . dunque d*uopo supporre, che ad ogni modo fosse rislatisato d ip o i, es sendosi un* altra volta guasto. Ma ognuno vede che la minima dilazione posta era di assai funeste conseguenze per gli abitanti di s popolosa citt. Questo acquidotto era opera di Adriano, da quel magnifico Imperadore fatto costruire per la benevolenza che portava ai Bizantini. Teofane fcon-parla che di mancanza d aequa avvenuta l anno trentesimo sesto di Giustiniano, a cui non giunge la Storia segreta di Procopio. Nel mese. di agosto > die egli tale f u la penuria (T acqua, che i pubblici bagni ri masero chiusi, e presso le fo n ti la gente si ammazzava - Poi :

nel mese di novembre non s* ebbero piogge, e per la mancanta < acqua molte zuffe succedettero presso le fonti. 4.0 Procopio, che unopera intera scrisse sugli edifzii fatti da Giustiniano , in questo libro replicatamente lo riprova per r eccesso , in cui cadde , essendosi gi nella Introduzione giur*

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silicato dell'apparane su contraddizione. Per comprendere quan to fosse fondato ci clic dice qui, non solo riguardando le som me impiegate in cose di capriccio, quando i bisogni pubblici avrebbero richiesto che la passione dell* edificare si volgesse ad oggetti necessari!, ma considerando cbe il capriccio portavasi sopra mere superfluit, baster accennare i Vani palazzi, cbe la Corte imperiale avea e nella capitale, e ne* luoghi suburbani , senza bisogno alcuno n di fabbricarne de1nuovi, n di ampliare sussistenti Prima di Giustiniano ne* diversi rioni di Costanti nopoli erano cinque reggie , che V Autore della descrittone di quella citt chiama palazzi. Poi v* erano sei case divina deite auguste ; poi Ire chiamate case nobilissime. Tra queste nel rio* ne primo v* erano le cosi dette case di Placidi# , e di Marina; ed erano celebratissime* Nel rione terzo vedeyas la casa di Putcheria, cd un* altra dello stesso nome nel rione undccimo Due case dette di Arcadia yedvansi, nel rione nono una e V altri nel rione decimo ; e io quest'ultimo era la casa di Eadocia, Tutte queste vengono dagli scrittori comunemente dette dominicali o signorili %e m alcune di esse tennero la loro dimora gl* Impo rpori ; in altre vi tennero i loro tesorii 1 prefetti delle mede sime erano chiamati cimatori > persone sempre scelte tra la pi cospicua nobilt. Sotto il regno di GUtstiniano si trova cura tore della casa di Placidi* un Zimarco , antico Commilitone di Giustino 1 ; c della casa d Marina un Giorgio ? parente di Teodora. Teofatt narra cbe i beni di Belisario t dopo che fu morto vennero applicati alla casa di Marina ; il che, e debbe&i, come pare, Intendere tanto de mobili, quanto degli sta bili , chiaramente dimostra, che a ciascheduna delle accennate case era annesso un certo patrimonio per le spese alle medesi me occorrenti. Tanto era il lusso, e il dissipamento della Corte bizantina ! A 'tutti questi palazzi, e case imperiali Gitisi intano aggiunse le magnifiche reggie fabbricate nelPEreo, enelJeocoudiauo, detto Giustiniano da lui , che corrisponderebbe al subborgo oggi detto di Gulata* 5.uDelle iniquit di Alessandro PsaliiMo^ soprannominato FortfPhocono* 18

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cula, il N. A. parla ampiamente nel principio del lib. 3, della Guerra gotica. Ebbe costui tal soprannome dallessere tosatore di uiouete: forfcula chiamato appunto dalla forbice in quella .operazione adoperata. ; 6.0 Procopio per ci che dice della iufanie menzogna di Efesto Riguardo alla supposta . usurpazione degli Alessandrini circa il frumento , ha per s T attestazione del Concili? calce^onese, il yuale querel Dioscoro , patriarca di Alessandria,, d'avere ap propriate a s il frumento dagl' Imperadori, p ^ u ce d u to in su ssidio de poveri si forestieri, che della provincia : ... ; 7.0.Or rimane a dire v in proposito di .quanto qui prometta Procopio di narrare^ tlejl^ persecuzioni da Giustiniano , e da Teodora fatte ai Sacerdoti ortodossi. questa, la terza volta, che accenna uu tale argomento; e in pUsuna parte, del libro si trova esso poi trattato quantunque pur Casse cosa importantissima. L^/er pian no c ito cercando oade.cP sia. Nulla pifacile a spiegarsi. O nel librp a noi pervenuto rimane una lacuna sopra questo ar gomento pel guasto che tempo vi ha fallo; o di questo ar gomento Pivcopio ijUeivfeva .jUtfttare oltre Ir anno trentesimo secondo, al quale anno la Storia , segrete , qualunque ne sia stata la ragione, rimase sospesa. Noi sappiamo che Teodora diede ordine che si uccidesse papa Silverio , e che papa Vigilio fosse tratto colia corda al collo per le strade di Costantinopoli. Sappiamo che Giustiniano Jfece imprigionare moltissimi Vescovi dell' Africa ; che cacci delle loro sedi Eutichio patriarca di C or stanlinopoli, ed Anastasiq di Antiochia. In Vittore Tunnensfs leggiamo queste, cd altre cose; e Liberato diacono aggiunga; Le altre cose , che susseguente mente Giustiniano fece capir Vescovi, e contro, la Chiesa cattolica, e come i Vescovi che

acconsentirono alla. condanna de9tre capitoli da lui fossero con ampii doni arricchiti , come quelli che non acconsenti rono a quella condanna , fossero deposti dalle loro sedi, mandati in esigilo , od obbligati alla fuga , a starsi nascosti > e morire in fine in angusti ; essendo tutte queste cose notis sime , io penso di doverle ora passare in silenzio. Certamente da credere , che da Procopio avremmo particolarit di singo
lare importanza sopra tutte queste cose.

CAPO

XXIX.

i.o Di Paolo , patriarca di Alessandria , Liberato parla ip questi trmini: Certo Paolo, il quale era unodegli abbati dei Monaci tabennensi, venne ordinalo vescovo di Alessandria colFintervento di Pelagio, apocrisario romano; ed tra perfet

tamente ortodosso t ricevendo il Concilio calcedonese. Lo con sacr Menna in Costantinopoli , presente lo stesso Pelagio , responsario d i Vigilio, e presenti pure gli apocrisarii di Efrem, patriarca antiocheno , e quelli di Pietro di Gerusalemme'. Conferma poi lo stesso Liberato quanto il N, A; accenna intorno
al fine per cui era stato alla sede di Alessandr^ioinioato questo

Paolo. E perci, die* e g li, Paolo ebbe d a lt llQeradore la f a colt, della scelta de* duci e tribuni, onde fossero rimossi gli eretici, e preferiti gli ortodossi. Siegue poi : Meditando Paolo di rimuovere Elia, maestro della milizia , certo diacono Psoe, economo della chiesa , ed amico di Elia, per mezzo di velo cifsimi camminatori cCpiedi, che in Egitto chiamansi simmachi, sped lettere ad Elia avvertendolo di c i c h e Paolo macchiTtava. Accadde intanto che Paolo twv le lettere d i lui scritte in lingua egizia , e le lesse ; e temendo quanto di Proterio era avvenuto , presa a cuore hi cosa obblig Psoe a render conto deir amministrazione della Chiesa , indi lo consegn -in mano del giudice , ed inform delV occorso VImperadore. Era in quel tempo augastate in Alessandria Rodone , il quale te nendo Psoe in custodia Jino a che giungessero gli ordini del? Imperadore , per consiglio di certo priore della citt , di nome Arsenio , avuto denaro , senza saputa^ per quanto dicesi del vescovo ,, occultamente di notte tempo con tutte forze tor mentatolo il fece morire. Ora i figli e i parenti di lui ricorsero alV Imperadore , informandolo di quale violenza fosse stato quelV infelice ihorto. Udito un tal fatto V Imperadore chiam Liberio, e fattolo augustale lo sped in Alessandria per f a r processo della cosa. Giunto in quella citt Liberio fece venire davanti a s Rodone, e da lui cerc come avesse ucciso il

a*6 diacono , ed egli rispose averlo fa tto per ordine del vescovo , e diceva in proposito avere comando d elt mperadore di ese guire onninamente quanto il vescovo gli commettesse. Ma ne gando il vescovo di avere dato un tale ordine , e dichimndo di non sapere nulla sul? avvenuto , quel priore . della citt , Arsenio , trovato autore del seguito omicidio, f u fatto morire, e il vescovo Paolo fu mandata in esiglio a Gaza , e Rodone col processo fattogli fu trasportato a Costantinopoli Lettosi poi il processo al Principe dentro il palazzo , questi ordin che Modone fosse condotto fuori della regia citt, e col, meSso a morte. Lo stesso Liberai racconta pure, e cos racconta ftnche Cirillo di Scitoflpli, che il processo sulla morte del diacono Psoe
fu bens c o m p r in Alessandria collintervento de Vescovi da Giustiniano aggiunti , come dice Procopio , a Liberio ; 'ma che r atto della deposizione di Paolo si lece in Gaza, luogo dell esiglio, a cui era,stato condannato. Rimane a dirsi di Arsenio. Di lui dice Cirillo, poco anzi ci tato : Certo Arsenio , illustre per dignit , ebbe, non so per

qual motivo, facile accesso a lt mperadore, e 'a Teodora Aur gusla; e costui con false informazioni li concit contro i Cri stiani , che in Palestina dimorano. E seguita narrando come il sant" uomo Saba ito a Costantinopoli per sostenere la causa dei
Cristiani di Palestina , ebbe a temere anche per s stesso a ca gione della crudelt del padre e del frateilQ di costui Contro que Cristiani ; e cotnc entrambi finirono poi per quella ragione con un crudlissimo supplizio, essendo stati dai Cristiani in Scitopoli abbruciati. Cirillo ci fa conoscere il, nome del padre di Arsenio , eh era quello di Silvano. . , 2.0 Arsenio perdette la grazia di Teodora , e se la fece neT mica, unendosi al patriarca Paolo , e perci mettendosi nel par tito di quelli , che favorivano il Concilio calcedonese v di cui , come altrove si detto , cr gran protettore Giustiniano. Ma Teodora all opposto condannava quel Concilio , ed ra sosteni- trice di Severo, degli Acefali, dei Monofisiti, dei Teopaschiti, c rii altri sctlarii di quel tempo. 11 che spiega Vittore Tunnense

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dicendo : La fazione di Teodora Augusta asserendo che un&

della Trinit avea patito , non per un cerio rispetto , ma in Senso assoluto , con legge generale impose a tatti che cos avessero da ritenere; e violentemente volle che questa dichia razione si sottoscrivesse dai cherici dai monaci Per questo poi Saba eccitato da Teodora a pregare onde avesse prole ma schile, costantemente vi si rifiat, perch diceva e g li, secondo che abbiamo dal medesimo Cirillo , anche i figli suoi non ab biano ad imbeversi dei dogmi di Severo, ed a turbare la Chiesa peggio di quello che fatto avea Anastasio. Vittore gi ci* lato riferisce che per quella pertinacia sua nell errore Teodra fu scomunicata d e volte, la prima da Agapito papa, la seconda da papa Vigilia. Onde s> Gregorio detto il grande , ha lasciato scritto che papa Vigilio di buona memoria , trovandosi nella regia citt avea promulgata sentenza di dannazione contro d i Teodora Augusta , e contro degli Acefali. Non detto per
perch fosse scomunicata una seconda volta t se lo era stata gi una prim a, che bastava. 3.0 Procopio anche qui promette di parlare in appresso di quanto Teodora si adopr contro e definizioni del Concilio cal cedonese ; e manchiamo pure di questa parte di Storia segreta. 4.0 Le particolarit riferite intorno a Prisco falsario offrono alla considerazione nostra pi cose. Primieramente da avvertire alla quantit di gente, che a tempi di Giustiniano si occupava in falsificare le scritture; poich abbiamo una legge di quell'lmperadore, ed la Novella 73, emanata contro gli autori di tali falsificazioni, trppo, com egli dice, cresciuti. In secondo luogo' dbbesi notare, che Giustiniano dovette rivocare la prescrizione centenria , e toglierla affatto con un editto , a cagione de* gra vissimi inconvenienti che seco portava. Procopio non accenna questo fatto, perche dovette aver luogo dopo Tanno trentesimo secondo del regno di Giustiniano. In terzo luogo da quanto il N. A. dice delle varie sanzioni che Giustiniano , facendo e dis facendo , si permise intorno a materie ecclesiastiche, debbesi vedere T origine del Nuovo Canone, compilato da Giovanni lo

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Scolastico , succeduto nel patriarcato di Costantinopoli ad Entichio , ch e,abbiamo detto mandato in esiglio. questo Nuovo Canone una raccolta , distribuita in cinquanta titoli, di ogni re*
gola stabilita o da concilii , o da patriarchi, o da antecessori di Giustiniano , o da lui medesimo , sopra oggetti in qualunque maniera appartenenti a persone, luoghi, e cose di chiesa. Questo Nuovo Canone dunque il corpo di diritto canonico adottato da tutte le chiese d Oriente, le quali hanno costantemente ricono sciuta nelle cose disciplinari l autorit suprema del Monarca , giusta la dichiarazione .di Costantino il grande ai Vescovi niceni: voi siete vescovi entro la Chiesa , con ci alludendo alla cele* brazione de misterii, e alla dottrina dei dogmi; ed io sono ve~ scovo fuori ; cio in tutte le cose, che comprendoni nella pro tezione , e direzione del potere sovrano. Il torto di Giustiniano fu non solo di voler mettere lingua ne dogmi , ma di sovvertire antiche regole ben meditate, ed in piena e stabile osservanza, e sostituirne capricciosamente altre, lontane dalla conveniente sa pienza. Del resto se il NuoV Canone de Greci ha dei difetti , dobbiamo ricordarci che molti anche ne vengono attribuiti dai nostri tanto al Decreto di Graziano, quanto alle Decretali com pilate e guastate da Raimondo di Penafort, senza dire di quelle dei falsario Isidoro Mercatore, o Peccatore che fosse, giacch con questi due soprannomi lo veggiamo dagli scrittori indicato. : 5 .o Era. sicuramente una vanit di falso zelo quella d'impedire agli Ebrei la celebrazione della Pasqua secondo i calcoli del loro calendario ; ma fu una temeraria arroganza quella di sovvertire Vordine della Pasqua de*Cristiani, argomento di tante e ai aspre quistioni al tempo di s. Cipriano , dacch nemico degli astronomi , come 1* abbiamo veduto , Giustiniano non avea n pen siero , n mezzi di procedere ad (ina riforma del calendario , come di poi fu eseguito da Gregorio X IIL L attentato rife rito da Jnastasib sulla fede di Teofane. Fu fa tto , dieegli, un

sovvertimento della santa Pasqua I l popolo incominci ad astenersi dalle carni il giorno quarto di febbraio ; e V Imperadore ordin che nelP altra settimana si facesse uso delle

2/9

carni , e i venditori ne uccisero, e nr esposero di ogni falla ; ma nessuno ne comperava , e ne mangiava. Si fece indi la Pasqua , siccome V mperadore comand ; e trovossi che il po polo avea digiunalo una settimana di pi,
CAPO XXX.

1.0 Liberio , di cui nell antecedente capo e in questo Proco pio parla, fu patrzio romano, che Todatoy re deGoti, mand suo legato a Giustiniano ; e che poscia ebbe molte cariche nelr Oriente da esso lui egregiamente sostenute. In fine fatto gi vecchio, e tiitt* altro essendo che uomo esperto nella guerra, fu mandato in Italia contro de Goti. 2.0 Fu si chiara ed abbominanda la rapina delle altrui eredit da Giustiniano appropriatesi, che; Giustino II , a lui succeduto, se diana mente a Corippo , ordin che si restituissero agli eredi legittimi. E in quanto alla legge , colla quale ridusse il diritto degli eredi legittimi alla quarta parie, VAnonimo nella Cronaca si spiega con queste parole ; Giustiniano mperadore sotto ap

parenza di piet, fece co$ iniquissima: perciotch non permise a*cognati di adire le eredit dei defunti, ma le applic al fisco .
CAPO XXXI.

1.0 Questo Maltane , di cui qui parla Procopio , trovasi no minato Mariane nella Novella i 4^ , e Martanio nella Lettera di Giustiniano , e negli Atti del Concilio di Mopsuestia , cele bratosi contro Teodoro 9 - al qual Concilio costui intervenne per ordine dell* mperadore. CAPO XXXII.

i , l Feredarii degli antichi furono quelli che noi diciamo postiglini, o corrieri ; e le stalle , che qui Procopio accenna , erano coin le nostre stazioni di posta. Augusto fece una legge,

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siccome leggiamo presso Suetonto , pel buon ordine di questo servigio pubblico, e Severo, secondo che abbiamo da Spatriano % lev di maoo a privati questo ramo di servigio , c lo applic per maggiore sicurezza al fisco. Valerio Massimo 7 Plinio Plu tarco , ne parla do ; e da essi reggiamo cbe lutti gl1 Imperadori posero somma cura perch le stazioni fossero continuamente provvedute di cavalli di carri > e di vetture di ogni fatta Con questi mezzi in brevissimo tempo scorrevansi strade lunghissime. Procopio probabilmente non para che di cavalli, poich essendo notissimo come le stazioni fossero ordinate > non credette neces sario fare pi particolari indicazioni. Perch poi vegga l'assurda disposizione di Giustiniano nella riforma del corso deVeredarU baster indicare quali per 1 * addietro fossero le stagioni da Cosl auliti tipoli ad Elcnppoli.. La prima stazione passato il canale era nel RuGuiano , poi a Calcedonia , a Dacibiza, a Nicea, e di l ad Elenopoli. 3.0 Ognuno rider udendo avere Giustiniano sostituito nelle stazioni di posta asinclU a* cavalli ! ! C A P O XXXIII. 1.0 II borgo comprato da Vangelo crederassi gran cosa ove s sappia che vi risiedeva un vescovo ; e trovasi memoria di due che vi furono al tempo di Giustiniano , un Teodoro , che si sottoscrisse ad una lettera del vescovo di Tiro , Epifanio ; e un Cristoforo, intervenuto al Concilio di Costantinopoli convo^ cato da Menna. Ma debbesi avvertire, che i Greci misero vescovi in ogni luogo alcun poco abitato. E di l venne la quantit dei j loro vescovi. Mentre adunque in Occidente le sole citt ne *aveano uno, in Oriente ogni castello, terra, o borgo n*erano provveduti al pari delle citt. Intanto pi facile citare il nome dj qualche vescovo di Porfirione che dire in che veramente consistesse la compier dal Causidico fatta di quel borgo. Tocca agli Eruditi trattare di questo argomento, che forse illustrerebbe la economia politica deir Imperio orientale. Dalla somma capitale spesa pu

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facilmente argomentarsi la rendita, che quel borgo era capace di dare. Ma in che la desse , questo ci che pu . desiderarsi di sapere. C A P O x x x iy . i.o Da che i Greci bizantini tanto esageravano cello espres sioni , e nel linguaggio legislativo, de loro Imperadori. tuUp era, sacro , tutto divino , quanto apparteneva alla Corte, non me raviglia se molto si esagerasse anche negli atti di venerazione personale. Diocleziano fu il priqao che introdusse 1 uso di farsi baciare i piedi. Era certamente assai forte il baoiare i piedi a Teodora , vedutasi pochi anni addietro in teatro^ e nep|Kriboli* Ma poich era stata solennemente inaugurata Angusta, la super bia di lei fu almeno conseguente. Fu pur conseguente ancora nel prender parte nelle onorificenze diplomatiche, poscia che Giusti niano le permise tanta ingerenza negli affari; e volti entrambi si palesemente alla tirannide, non a stupire se spinsero il ceri moniale Corte al segno, che da Prooopio viene indicato. Procopio non dice che anche gli ecclesiastici fossero obbligati allo stesso cerimoniale, probbilmente perch fu-, assai lontano dal pensare che altri ne dubitasse, lo ,utte le parti dell Imperio non conoscevasi dignit che potesse per alcun verso (arsi rivaio di quella dell Augusto regnante 1 onde in una lettera a Giusti niano di vescovi e monaci si legge: VArcivescovo della vecchia,

Roma Agapito ^il quale stato ammesso alle vestigio, de1vostri pii piedi. E la verit vuole che si dica questo cerimoniale non essersi osservato soltanto al tempo di Giustiniano ; ma bens assi prima, poich il sant4uomo Saba ad Anastasio itnperadore. diceva : io venni per adorare le vestigio della vqstra piet*. Cosi Fozio) vescovo di Tiro, diceva a Marziano: Priego adunque prosteso a vostri piedi ; ed, Agatone papa avea scrtto a Costantino : vi supplico , innanzi a voi prostrato come se vi fo ssi presente , e a' piedi vostri prosteso. N nuova era pure la denominazione di Signori all mperadore , e . alla Imperatrice, poich la veggiamo usala da Gregorio il grande, siccome s

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accennato di sopra. Pare adunque, che Y osservazione dr Procopro miri a rilevare meno la materialit di questi formularti, che il sentimento superbo in essi posto da Giustiniano c da Teodora; e che il N. A. abbia insieme contemplato il complesso della loro condotta in queste cose , ove certamente appare la maligna vanit loro nel si mal trattare , siccome egli nota, chi non avesse preferito i titoli di Signori a quelli d Imperadefe e Imperatrice, e quello di servi all1altro di Principi. L Alemanno che non ha potuto dissimulare t monumenti recati di sopra , quelli che riguardano i vesovi greci attribuisce ad adulazione- $ S ervili^ e a semplice formalit di us quelli ch riguardano som mi w o n telici. Ma non h quistione della materialit di tii formule, ina bens della ragione onde furono stabilite ; questa ragione chiaramente emerge dalla suprema autorit dellimperio, d i cui gli Augusti, buoni cattivi erano investiti; e dalla con siderazione al precetto di dare a Cesare ci che di Cesare. La quale considerazione non avendo potuto pi aver luogo quando i romani Pontefici non (urono pi sudditi degli Imperadori , t glie di mezzo l* applicazione, di cui 1 * Alemanno id suo segreto forse temeva. E s egli avesse badato al fatto di s. Gregorio il grande accennato da noi , sarebbesi facilmente tranquillato senza bisogno di ricorrere a ragionamenti troppo vaghi. Tale quello , che intende dedurre dal passo di una lettera di papa Agapito a Pietro patriarca gerosolimitano, in cui dice': ssendo

periamo giunti alla Corte del serenissimo mperadore Jigliuol nostro ec., giusta espressione della religiosa carit del Pontefice nel caso in cui Agapito trovavasi scrvendo quella lettera , nella
quale non era luogo ad officii alla persona dell mperadore di* retti. Tale pur 1 altro , in cui dice che nessun vescovo o pa triarca greco avrebbe chiamato figliuolo V mperadore , come Agapito in quella lettera lo chiamava. Imperciocch per fondare il suo discorso l Alemanno avrebbe prima di tutto dovuto rife rire l'uso di quella denominazione alla persona stessa dell lm peradore diretta ; e il citato fatto di j. Gregorio il grande, come quello d Agatone dimostrano bea diversa cosa. In secondo luogo

afta

Ugo* Imperadore ortodosso essendo .%li<* drlft chiesa , con tale ttolo ne napelli religiosi polevasi eh inmare per tale, non &damente dal sommo Pontefirej ma dal Patriarca, di Costantinopoli, il qual era 1 immediato suo pastore* DA singoiar luce a questa nostra osservazione il passo di' egli riferisce della lettera < T / rioctn vescovo di Maronia a Ternate ; ed. & il aegueute l i piissimo ed amante di Dio Imperador nostro , chiamate s il fatuissimo patriarca Epifanio ci Jbce entrare con- hd alla sua presenza, e dopo aver deito quanto Dio gTinspirt Utcntiollo t/a tta conforme F uso orazione secondo la s u a piet ( secttndum ma rem oratione Jacta pr ejus pie U lte J. Impercioechfe t se giusto il scuso 3 che V Alemanno d e queste pa role come se significhino, che nel presentarsi a Giustiniano f c nel partirsi da lui il Patriarca era solito benedirlo {nel quale significato io per dubito die Altri possa convenire), in ci non comicosi che un aito di divozione religiosa, il quale In n essu n a maniera esclude losservanza del cerimoniale stabilito; ed in ogni caso dimostra la riverenza dell* Imperadore al grado patriarcale, e allo spirituale ministero > per cui chiari sono i rispetti di pa dre nell uno , e di figliuolo uelP altro. Distinguendosi adunque i caratteri di Pontefice, o Patriarca, e di suddito tutto rimane esattamente spiegato. 2,0 De tesori, che Proeopio accenna ascosi da Giustiniano 7 pc crediamo a Corippo , dobbiamo lodare il buon uso che ne fece Giustino suo successore , poich con esso pag i debiti che quell Imperadore avea lasciati. Ma non ai pagarono che i debiti comprovati con apoche* flissuuo pens alla restituzione di quanto era stato ingiustamente rapito* Come sarebbes potuto fare resti* tuzionc di tanto? 3. Di questo terribil peso, e di quello di tante altre iniquit carico , mor Giustiniano sette anni dopo che Procopio avra condotto a questo punto la sua Storia segreta. Se sul fine della vita codesto Imperadore diventasse insensato , non h cosa certa, sebbene veggasi ripetuta da parecchi Scrittori. Questi per non sono sincroni ; e i sincroni ne tacciono. Si aggiunge la probabilit,

*84
che siasi confusa, il nme d Giustiniano n quello de1 due Giustini y uno che lo procedette, 1*altro che lo segui, entrambi negli ultimi tempi di loro vita caduti in uno stato <Tisensatezza. Abbiamo riportata da Svida una memoria di antico Scrittore, che dice : Giustiniano o per la decrepitezza , o per altra ca

gione, con mente certamente non sana era disposto a turbare T ortodossa credenza intorno a Cristo , se non fosse passato di questa vita. Ognuno per vede, che questo pa$so non deter mina lo stato fisico di demenza. Sul fine di lui Evagrio in ulti mo del libro 4 dice avere Giustiniano terminata la vita per cosso da occulto colpo ; e nel libro 5 ha questo mmorabil passo1 ; Giustiniano, avendo ogni cosa empiuta d i confusione e di tumulti, e in ultimo delta sua vita riportata la mercede dovuta a tale sua condotta1 ; and per giusto giudizio di Dio a pagar nelC inferno i supplizii meritali. Tale la fa m a , che lasci d i s questo mperadore.

FINE DELLE NOTE.

APPENDICE
ALLE NOTE

K I.
Z?mperadore Giustino Augusto a Demostene prefetto del pretorio.
* C owsi bhando proprio; delia imperiale benevolenza non tanto T investigare in ogni tempo i vantaggi de*sudditi, quanto il'pio* curare sussidio amedesimi;.noi crediam bene sollevare con com petente moderazione anche gli .errori delle dnne , in forza dei quali per la debolezza del loro sesso sierosi rendute indegne del1*onore:della civile convivenza: onde non pi tolta ad esse la speranza di miglior conduioue , per cura nostra pi facilmente ritragga nsi dalia imprudente, :e men .onesta carriera, -che s* ab biano eletta. E <di questa maniera crediamo noi imitare , per quanto alla natura nostra possbile ^ la'benevolenza di Dio,, e la ria ; somma, dementa verso i l . genere u tn anop osciach i cotidiani pocati degli umini, egli :sempre degnasi perdonare , accogliere la nostra penitenza, e piegarla a migliore stat. 11 che se per awentra anche noi volessimo differire.rispetto i sudditi nostri, parrebbeci non; essere degni di alcun perdono . Essendo per: tanto ingiusta cosa; che mentre i servi fatti liberi per divina indulgenza possono restituirsi alla condizione in cui nacquero, e del benefizio loro impartito dal Prncipe godere come se mai non avessero servito, ma fossero sempre stati in genui, le donne p o i, che applicatesi in addietro agli spettacoli

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delle scene, abbandonala* b *tn9la- io^o condizione , presero mi glior partito, s sciolsero* dallai .disonesta professione , non ab biano alcuna speranza di simile benefizio del Principe, per virt del quale ritornarsi a quello *tato,in cui avrebbero potuto starsi, e vivere, se in niuna disonesta maniera avessero peccato ; noi perci colla presente clementissima sanzione questo imperiai beDelizio ad esse accordiamO~S5ltO tal legge , che se la cattiva e disonesta vita lasciando, una migliore nq abbraccino, e coltivino r onest, possano al Nume nostro ^porgere supplica, onde otte nere i divini riguardi, permettendo noi ad esse di poter con trarre matrimonio legittimo ; e che quelli, che ad esse vogliano unirsi, non abbianola intiere'' che er le antiche leggi un sif fatta matrimoni resti '-riprovato j m a debbano essere .sicuri, chp si rimarr valido come se le mogli che scelgonsi, mai non fos sero vivule in quella disonesta carriera. E ci dichiariamo in questa >sanzione nostri cntaeapiaad, tanto il. oaso d i quelli, ih e eonp costituiti in dignit , qwnt&ajgni altro di? quelli, ai quali fin ani fu proibito di prender in moglie, dono state suUe scene. Vagliamo per, che tale matrimoni# assolutamnte sia compro vato con istroroenlo doUle m iscritto. Per . sifltta manira menta nostra > che -onninamnte tolta ogni mcchia e restituite tali donne in certo, modo allo st?to>,>>ia cui erano' quando na cquero , nessun nomo d'infamia m, futuro rimanga, loro, n in alcun punto, abbiavi ad essere differenza tr a * sse e 'Quella che mai cosi non peccarono. Perci i figliuoli d codesti matrimoni* uscenti, esine d esse, anche pel padre saranno: legittimai, anoorch egli da niatrimpnio antecedente n abbia :altri legittima : sicch quelli al pari di iquesti possano senza: impedimento YerunO avere i beni di lu , sia che manchi intestato, a c h e faccia testamento. Se poi tali donne dopo il divino rescritto a preghiere di esse ema nato differissero a contrar matrimonio, voglialo pure, e coman diamo, che si serbi loro ki estimazione, ip cui-le abbiamo poste, si per, tutti gU altri rispetti, si per quello di trasmettere la loro sostanza a chi vorranno, e che quella si riceva nel suo pieno importare nella conformit di quella che da altri sia stata lasciata,

*8? fi defili'iu per successione intestata. Simili inoltre alte donne, che Unir I m p e r a r e bornio ottenuto questi Lguglo, ivogliamo che sieno quelle ancora > Iti quali hanno alcuna dignit, cd ancorch non abbiano ricorso al Serenissimo Principe t ma abbiano prima dui iiuitriVouio meritata questa ultronea concussione j giacchi per rase pure onninamente conviene clic si abolisca ogn imped mento,, aia da dignit , sia dii qualunque macchia derivante > per cui vigUlo alle donne il co ug fungersi legittimamente eoo certi uomini, A ci aggiungamo cbe le figlie di tali donne, naie dopo che In loro madre rimase purgata dall1 antecedenti! v jta , non abbiano da teneri! pei* figlie di donne state sulle sc e n e , n soggette olle le g g i, per le quali alfe figlie di donne state sulle scene e proi bito far matrimonio con certi uomini. Se poi codeste figlie fos sero nate p rim a, sar Loro permesso supplicare l* invittissimo Principe, e senza ostacolo ottenere il sacro rescritto, iu forza del quale sia loro rosi permesso d sposarsi, come se non fossero figlie di madre stata sulle scene; n pilli Punirsi a quelle si* vietato a chiunqu , a cui il matrimonio fe interdetto a titolo di figlia d donna stata sulle scen e, o a titolo di propria dignit, o a qualunque al^jo titolo semprechb per si facciano anche Ira loro gl Strumenti dotali. Ma di pi*, se una figlia nata da ma dre che continu fino alla morte a star sulle scene, mancata quella di v ita , ricorrer alla Clemenza im periale , e si far de gna della divina indulgenza T e della liberazione della infamia materna, c della permissione di potersi sposare; questa pure di tti ium mo potersi senza timore delle antiche leggi mi ire in tuat rimonto con quelli , ai quali iu addietro era proibito di prender in moglie una figlia d donna stata sulle scene, Anzi crediamo doversi togliere anche 1 Timpedimento > che nelle antiche le g g i, quantunque oscuramente, e stabilito ; cio che 1 matrimoni! da contraisi tra persone disputi per onest, non al intuente vagliano se nou furono stipulali con stromenti dolali. Vogliamo adunque che anche senza ima tale formalit quef mtrinon sieno assolotamenie ferm i, sctizi alcuna distinzione di persone , purch Io

donne sieno libere ed ingenue, n concorra alcun sospetto di

a88

congiungimenti nefandi od incestuosi. Imperciocch tali nefandi ed incestuosi congiungimenti in ogni maniera rompiamo, come quelli ancora, che per sanzione delle passate leggi sono proibiti: sempre eccettuati qaelli, che colla prsente legge permettiamo, e che ordiniamo doversi munire del diritto di matrimonio le gittimo . Cosi dunque le prefate cose per questa legge generale stabi lite, e che pel tratto successivo debbono conservarsi, ordiniamo, che anche siffatti congiungimenti nel soggetto tempo avvenuti abbiano da giudicarsi secondo la predtta disposizione, di modo che se alcuno dal principio del nostro Imperio, come si fe detto, condotta avesse in moglie ima tale donna , e ne avesse avuti fi gli; questi egli s'abbia per giusti e legittimi successori tanto per intestato, quanto per testamento ; e che in appresso rimanendo quella sua moglie lgittima , legittimi ancora sieno i figli con lessa procreati . ;

N II.
SEDIZIONE DE VITTORIATI.

P b i m a di riferire quanto iatomo a ci che diede principio a questa sedizione ci ha lasciato Teo/afte , giover premettere un luminoso passo di Evagrio, che leggesi nel cap. 3 i del libro 4 della sua Storia Esso il seguente. Debbo dire di altro fatto di Giustiniano, il quale non so indicare se dalla viziosa sua natura, o da concepito spavent nascesse. So che fu di tal sorta, che super di gran lunga ogni crudelt di pi terribile fiera. Questo fatto ebbe il suo principio da quella sedizione popolare, che chiamasi N ika , cio Vinci. Piacque s fortemente a Giustiniano favorire 1* altra fazione di quelli, che diconsi Veneti, che costoro potevano impunemente in pien meriggio in mezzo alla citt trucidare i loro avversari!, e per ci non solo non temendo le pene dovute a tali delitti, ma fatti anzi sicuri di ottenerne onori : d'onde venne che furonvi molti e molti omicidii. A costoro era fatto lecito V entrare vio lentemente nelle altrui case, rapire i tesori in esse nascosti, alle persone vendere la loro salvezza e vita; e se alcun Magistrato cercava di frenarli, egli per quel suo zelo chiamava sopra il pro prio capo una ruina certissima. Cos accadde a certo personaggio, il quale era stato magistrato in Oriente: ch avendo egli voluto metter freno ad alcuni di coloro, i quali a queste novit appli ca vansi, e, fatti flagellare onde meglio in aVvenire si conduces sero , fu per tutta la citt strascinato, e flagellato egli medesimo gravissimamente. Callinico p o i, prefetto della C ilicia, perch due cilici, Paolo e Faustino , entrambi om icidi, i quali lui aveano assaltato e tentato d* uccidere, pun conforme portava la legge, fu crocifisso ; e s ebbe tale supplizio in merc della sua

r o c o p io

19

2QO

buona coscienza, e d avere osservate la legge. Da queste cose nacque che quelli, 1 quali rano dell altra fazione, fuggironsi dai loro domicilii, n trovarono ricetto plesso alcuno: cosi che cacciati da tutti come scellerati incominciarono poi a darsi alla strada, ad assaltare i viandanti, a derubarli, ad ammazzarli, a segno che tutti i luoghi furono pieni di morti immature, di rubamenti, e di simili misfatti . Ci premesso, ecco come Teofane descrve il principio di quella sollevazione, la quale nelle Note si veduto come pro dusse in Costantinopoli orribilissima strage. La ribellione del Vinci ( Nika ) accadde cos. Erasi radu nata nel Circo 1 una fazione e 1 altra ; e ad alte grida i Prasini domandavano, che si procedesse in conformit della legge contro Capodio cubicolario e spatacio. I P r a sin i . - Vivi, o Giustiniano Augusto, molti anni. Patisco ingiustizia , o Cesare ottimo ; n posso soffrir oltre : Dio m* testimonio. Ma non ardisco nominare chi mi fa patire, onde ed eglinon s abbia miglior fortuna , ed io non mi chiami addosso peggior malanno. II N unzio . - Chi costui? io noi. conosco. I P r a s in i . - Chi mi maltratta, Augusto Massimo, abita neZ rione de calzolai. II N onzio . - Nessuno vi maltratta. I P r a s in i . - Uno, ed uno solo quegli che mi maltratta; ch costui, o Madre di Dio , non alzi mi testa ! II N u n zio . - Ma chi in fine costui? Noi assolatamente noi conosciamo. I P r a s in i . - Anzi tu solo, o Massimo Augusto, consci costui, dal quale in questi giorni io sono trattato ingiustamente. II N u n zio . In fine di chi sia : ch noi noi conosciamo. I P r a s in i . - L iniquo , o Supremo Signore , Calopodio spatario. II N unzio . Ma Calopodio non offnde nessuno. 1 P r a s in i . - Che chiunque' egli sia, vada in ruma come Giu da ; ed uomo si ingiusto verso di me Dio punisca ben presto.

39* I l Nunzio. - Ma voi non geniste qua per godere degli spet

tacoli : bens per ingiuriare il Principe. I P r a s in i . R eplico, che chiunque m im ai tratta tanto vada in ruina come Giuda. II Nunzio. - Quietatevi, Giudei, Manichei , Samaritani. I P r a s in i . - Ci chiami Giudei, e Samaritani? Ben ci pro pizia la Madre di Dio ! II N unzio . - fino a quando chiamiate sopra le vostre teste la maledizione ? I P r a s in i . - Chiunque dica che V' Augusto non crede retta mente , abbiasi la maledizione di Giuda. s II Nunzio.- Se ascoltate me, battezzatevi tutti quanti insieme. I PuAsnri tumultuariamente gridarono. - Mi far, battezzare , come comand Autlante. II N u n zio . Se nen vi quietate , risolutamente V7 andr la vostra testa. _ I PRASiNi. - Ognupo ambisce l'imperio per vivere sicuro. Ma a ,n o i, che giaciamo in miseria , e il diciamo , l Imperio tuo provvegga siccome vuole giustizia. Il Nume divino fa cos con tutti. Ni abbiamo, o mperadore , una rimostranza da fare, e per ci qui diciamo tutto. Non veggiam rimanere qui > o Masnino Augusto , dignit n di curia , n di repubblica. Cammino in citt soltanto quando v ha il mulo. Dio voglia, o Mssimo Augusto, che n cosi pur sia } II N unzio . - Ogni uomo libero pu con sicurezza andare ove p ii gli piaccia. I P r a s in i . - vero : io mi fido della mia libert ; ma non per questo mi si permette di venire m pubblico. Ogni uomo li bero , sospettato d ssere della fazione presina, immantinente in faccia a tutti h tolto di vita. II N onzio . - Teste destinate alla crocei cos mettete le vostre vite a sbaraglio ? I P r a s in i . - SI , s , a cagione di questo color che portiamo, noi dobbiamo esser tolti di mezzo ! Intanto non si trova giustisia. Tu cessa dalle stragi: e allora pagheremo la pena de nostri

?92

misfatti. Come guizzano dalla fontana quelle acque , cos guizz il sangue di quelli , che vuoi trarre al supplizio. Ma quello che vero , si , che Y umana mente abborre affatto V ingiustizia, e la crudelt. Avesse pur Dio voluto , che non se mai nato Sabbazio ! ch cosi non avrebbe avuto certamente un figliuolo sanguinario , come te. Questa la ventesima sesta strage com messa allo Zeugma. La* mattina egli stava in teatro allo spetta colo; e verso sera, o Supremo Signore, fu trucidato. I V e n e t i . - Tra voi soli sono gli omicidi di quelli die raccolgonsi allo stadio. . I P a a s in i . - E tu quando ne partisti non imbrattato di sangue? I V e n e t i . Ma tu, anche senza cagione alcunprorompi alle stragi. ti ripeto che tra voi soli tono gli omicidi di quelli che raccolgonsi allo stadio. 1 P b a s in i . - Signor GiusUmanoI Costoro provocano gti altri, e non sono uccisi da nessuno. Credo che questa cosa sia *intesa anche da chi non-vuole chi fu > o im peradore, che trucid allo Zeugma il falegname ? . m II N unzio . Voi lo uccideste. I P b a s in i . - C h i, o Imperadore , ammazz il figliuolo di

Epagato ?
II N u n z i o . - Voi pure foste quelli, e ne date la colpa ai Veneti. I Pjusini, - Senti , sen ti, come la verit sia conculcata. Dio buono ! sii propizio ! Vorrei ora discorrer con quelli , i quali sostengono che le cose umane vengono governate dalla volouli divina. Da che nascono queste disgrazie ? II N unzio. - Dio non tentatore de* cattivi. I P a a s in i . - N o , per certo. Dio non tentato? de*cattivi* Ma chi s ingiustamente mi opprime! Via, filosofo, od eremita, che tu sii. Ti lascio qual vuoi. II N u nzio . - Bestemmiatori 1 Empii ! Quando una volta vi quieterete ? I P b a sin i . - Quando tu viioi'cosl, o Massimo Augusto anche a mio malgrado mi quieto. Conosco tutto > e ciascheduna cosa

203

in particolare ; e mi taccio. Addio , Giustizia ! Tu 11911 hai pi luogo ove starti. Andr di qui per farmi giudeo. Meglio asso lutamente iniziarsi ai riti de*Gentili, e lo giuro a D io, che starsi coi Veneti.

I V eneti. - Ch pai non vegga tanta scelleratezza! Ma lodio vostro pure mi stimola a voler tanto.
I P r a s in i . - Che dopo morte sieno dissotterrate le ossa di coloro , che si saranno seduti a questo spettacolo ! < r Cos i Prasini se ne partirono , lasciato l mperadore , e i Veneti soli nel Circo

39 5

SPIEGAZIONE
D EL QUADRO G EN EALO GICO .
i. N* N., Genitori d Giustino I, ignoti, a 3 .' Giustino I , mperadore, Eufemia , prima Lupicina di nome , sua moglie. 4Euforico Cillica, marito di Amalasunta , figlio adottivo di Giustino. 5 . talarico > re de* Goti , figlio adottivo di Giustino anchegli. Vedi per entranfbl Cassiodoro. 6. Bigie niza , sorella di Giustino , madre di Giustiniano 7. Sabbazio" padre di Giustiniano. Gl lllirii nella loro lingua lo chiamarono Istoco. 8. Giustiniano mperadore, nipote di Giustino I , per via di sorella. 9. Teodora , moglie di Giustiniano. 10. Teodoro Z iro , figliuolo naturale di Giustiniano avuto dopo la morte di Teodora. Ne parla Teofane bizantino presso Fozio. 11. Giovanni, figlio naturale di 7 > odora , avuto da un Arabo. a i. N., figlia di Giustiniano e di Teodora , di cui s ignora il nome. j 3 . Anastasio y nipote di Giustiniano e di Teodora per via*di figliuola. 14. Giovannina, figlia di Belisario e di ' Antonina > fidanzata ad Anastasio , da Teodora a lui unita , e dopo la morte della medesima distaccata da Anastasio per violenza di

Antonina.
15 . Vigilanza, sorella di 16. Dolcissimo , marito 17. Giustino I I , nipote V igilarla , sorella

Giustiniano , e madre di Giustino II. di Vigilanza. , dell imperatore Giustiniano per via di del medesimo.

9<>

18. Tiberio , adottato d i Giustino IL Ebbe da sua moglie Ana stasia due figlie, Carito&a data ' in isposa a Germano, e Costantana a M aurizio , che creato Cesare da Tiberio suc cedette nellimperio a questo. . 19. Sofia, nipote di T eodora, moglie di Giustino IL 20. Giusto , figlio di Giustino e di Sofia , avuto prima della loro esaltazione , e morto appena nato, a i. 32. A rabia, o A raba, figlia di Giuslino I I , e di Sofia, data in isposa a Baduario Curopalate. a3 . Eeha , figlia di Baduario , e di A rabia, nipote di Giu

stino IL 34. Baduro o Bidurio , secondo figlio di Vigilanza fratello di Giustino IL Conte della scuderia imperiale. 3 5. Marcello , fratello di Giustino IL 36. P rojetta, figlia di Vigilanza e di jDolcissimo, nipote di Giustiniano, 27. Areobindo, Prefetto del Pretorio di Oriente, e dell'Africa , primo marito di Projetta. 38. Giovanni, figlio di Pompeo , pronipote dell* imperadore Anastasio , secondo marito di Projetta, 39. N. N., fratello di Giustiniano, e sua moglie, non sono no

minati da alcuno scrittore: ma si fa memoria de*loro figli tanto da Procopio , quanto da altri. 3 0. N., moglie di B oraide , nipote di Giustiniano. 3 1. Boraide , primo figlio del fratello di Giustiniano. 3 a* N., figlia di Boraide , e pronipote di Giustiniano. 33 . Giusto , secondo figlio del fratello di Giustiniano. 34 * Germano , terzo figlio del fratello di Giustiniano. 35. Passara , prima moglie di Germano, 36 . Giustino, primo figlio di Germano , avuto da Passara, 37. Giustiniano , secondo figlio di Germano avuto dalla mede

sima. 38 . Giustina , figlia di Germano e di Passara. 3g. Giovanni, nipote di Vitaliano console, marito di Giustina figlia di Germano.

a97

Matasuenta, figlia di Enterico e di Amalasunta, stata prima moglie del re Vltge > poscia di Germano. { t . Germano, figlia postumo di G^rm^m) , nato da Mata suenta. Avvertenza* Teofane nomina Marziano e M arcello , nipoti di Giitffmi*no , r ultimo de quali comand l'esercito contro i Persiani Tanno trentesimo quinto del regno dello zio , e l1 altro V anno trente simo sesto mandato in Africa contro 1 Mauritani. Ma non si sa di chi fossero figli. Si ha ancora dall Autore della Origine di Costantinopoli, che di sette consanguinei di Giustiniano vedeansi in Costantinopoli le statue; ma non si sanno i nomi di quelli, ai quali esse appartenevano.

N. 1F. Denominazioni Giustinianee.

CIT T

G iustiniana Prim a , gi Bderina , patria di Giustiniano. ( Pro copio ^ degli Edifzii ). Giustiniano. Seconda , gi Ulpiana, nel paese del Dardani dEu ropa. ( Ibid. ) Giustiniano. , Cartagine, cosi chiamata dopo debellati i Yandali dAfrica. ( Novella i 3 i ). Giustiniana y Adrumeto, nella provincia dAfrica chiamala la Bisacena. ( Procopio , degli Edifzii ). Giustiniana , Petra o Pietra, nel paese de* Lazii, antica Cokhide. ( Novella a8 ). * Giustiniana, nellArmenia interna, gi Bazanide o Leontopoli. ( Novella 3i ). Giustiniana, nellArmenia maggiore, gi Zumina. ( Procopio , degli Edifzii). Giustiniana* gi Sica, ora Galata. {Novella 5g ). Giustinianopoli Nuova , nell isola di Cipro. ( Concil. Trullano). Gittstnianopoli, gi Adrianopoli. ( Procopio , degli Edifzii). Giustinianopoli, altrimente Miloma, nella Pamfilia. (Prov. della Chiesa orientale). Giustinianopoli, altrimente Spalea , nella Gallazia. ( Ibid. ) Giustinianopoli, altrimente E varia, nella Fenicia del Libano. ( Ibid. )

*99

Giustinianopoli, nella seconda Cappadocia. ( Cond, f". d i C. P. ) Giustinianopoli, altrimente Cipselo. ( Ibid. ) Giustinianopoli, altra Dell'Armenia. ( Ibid. ) Giustinianopoli de1 Camuliani. ( Ibid . ) Giustinianopoli, nella Bitinia. \ Ibid . )
B O R G H I

Giustinianopoli nella Mista. ( Procopio, degli Edifizii ).


P O R T I U Giustinianeo, porto di Costantinopoli. ( Orig. fi C. P. )

v CASE

Il Gifti/iio/ieo, palazzo, (n e / Cod. ) ' L E T T E R A . La Giustinianea, cos chiamata la lettera I , prima del nome, sia latino sia greco , dell mperadore. ( Coripp. ) L I B R I

Giustinianeo, il Digesto. Giustinianeo, il Codice. ( Navetta 66 ).


S C O L A R I

Giustinianei Nuovi y ^ Candidati dello studio legale* ( nelproem. del Digesto)*

3oo

D I A D E MA
11 Giustinianeo, certo berretto imperiale osato da Giustiniano. ( Codino. )

MAGISTRATI
Proconsole Giustinianeo, nella Cappadocia. ( Novella 3 o ). Moderatore Giustinianeo', in Elenoponto. ( Novella 98 ). Moderatore Giustinianeo , nellArabia. ( Novella 102 ). Questore Giustinianeot nell'esercito. (Novella ^ 1 ). Prefetto Giustinianeo, nelle truppe della Misia e della Scizia. ( Novella 1 d i Giustino II ). Pretore Giustinianeo, nella Pisidia. ( Novella 24 ). Pretore Giustinianeo, nella Tracia. ( Novella 96). Pretore Giustinianeo , nella Licaonia. ( Novella q5 ). Pretore Giustinianeo, nella Paflagonia. ( Novella 99 ). Conte Giustinianeo, nella Frigia Pacaziana. ( Novella 24 ) Conte Giustinianeo, nella prima Gallazia. ( Ibid. ) Conte Giustinianeo, nella Isauria. ( Novella 37 ). Conte Giustinianeo, nella terza Armenia. ( Novella 3 i ).

MILIZIA
Giustiniani, Vandali arruolati dopo il trionfo vandalico, e man dati in presidio in varie piazze dell Oriente. ( Procopio , Guerra vandalica ).

Denominazioni Teodoriane
Teodoria , presso Cartagine, prima chiamata Baga ( Procopio , degli Edifizii ). Teodoria, ne* confini della Colchide. ( Agazia ). Teodoria , nellAsia minore. ( Concil. V. di C. P. )

3o i

Teodorapoli, gi Laodicea. ( Ibid . ) Teodorapoli, nella Tracia. ( Procopio, Edifitii ). Teodorapoli, piazza sul Danubio, (i&/. ) Teodorapoli, castello nella Tracia. ( ) Teodora , borgo sulla sponda sihistra del Danubio. (/& & ) Teodori, Bagni nellfrica. ( /f f. )

ir. v.
CONSOLI E PREFETTI DEL PRETORIO
SOTTO I REGNI

DI GIUSTINO I. E DI GIUSTINIANO

CONSOLI
.
eS

PREFETTI DEL PRETORIO


* Marino tiro per la seconda volta. Egli era

s t a t o, a P * voUa

(V ed i Evagrio , Cirillo di Scitopoli ec. )

Vitaliano Rustico Giustiniano Valerio Simmaco Boezio Massimo

Appione egizio. Mandato in esigilo da Ana stasio , richiamato da Giustino, quantun que sacerdote fu fatto prefetto. ( V. Teofi Procopio, lib. x della Guerra persiana). Demostene. (Vedi Procopio nella Storia se greta. )

Giustino Augusto ) Teodoro. Opilione ) Archelao. Polisseno Probo

3o3
CONSOLI PREFETTI DEL PRETORIO Teodoro, la seconda volta. (Vedi a lu diretto un Rescritto sulla inviolabilit de*Sepol cri di Giustino 1*anno Y lll del suo re-

Olibrio

8P)
Blaborzio Giustiniano

Mena patrizio, dur sino all agosto del con*


solato seguente.

Decio Lampadio Oreste

jitarbio. Demostene, per la seconda volta. c lu lia n T ' Giovanni cappadoce


Tut.l e lre * el ede811,10 aQno*

Giovanni cappadoce. Procopio incomincia da


Lampadio Oreste quest anno a contare la prefettura decen' naie di Gi&vnn, fitita sotto il consolato di Basilio. ( Vedi lib. i deila Guerra per siana ). Sedizione de Yittoriati, nella quale Giovanni cappadoce fu rimosso pel mes di gen naio , Indizione X.

Lampadio Orfete

Giustiniano Au gusto

sostituiti a Giovanni cappadce per pochi mesi. ( Vedi Procopio nell Storia segreta, e nel lib. i della Guerra persiana ).

Giustiniano Au gusto Paolino

Giovanni cappadoce , per la seconda volta.


In quest* anno si fece la spedizione d* Africa, da cui Giovanni y essendo prefetto, cerc di rimovere Giustiniano. ( V. Pro copio, lib. i della Guerra vandalica ).

3o^
CONSOLI
Belisario Belisario Belisario | | | *

PREFETTI DEL PRETORIO


, . . . . .

*
* . * *

\
Giovanni cappa-) Fu console -e prefetto -del pretoria nello stesso doce J tempo.
Appione | . . *

Giustino

[ . *

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S! 10

Giovanni cappadoce, per intrigo di Teodora^ Accusato d ribellione, mandato in esiglio. ( V. Procopia , lib. i della Guerr vandalica ) , e gli succede

3 o C O a t *? U O *S a o ta m w W 3 3 s a 8 o 3 'ci.

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Teodoto per pochi mesi. Indi Pietro Barsame. i Areobinido. Gabriele. Basso y per la seconda volta. Pietro Barsame, per la seconda volte Diomede. Domnico. Asclepodto Addea,

N. F I.
Autori contemporanei a Giustiniano e a Procopio citali nelle Note.

Agapito, papa Agapito , diacono Agaiia Autore dell'Appendice a Marcel lino Basilio cilice Cassiodoro Codice Giustiniano Corippo Cirillo di Scitopoli Il Digesto Esichio milesio Innocenzo di Maronia Giovanni epifaniense Giovanni scolastico Giornande

Isidoro di Siviglia Giustiniano Giustino I. Giustino li. Leonzio, scolastico Liberato, diacono Menandro, protettore Paolo apamense Paolo, silenziario Teodato re Teodoro , lettore Teofane'bizantino Teofilo, precettore di Giustiniano Teofitatto simocatta Vittore tunnense Zaccaria, storico

P n o c o v io

30

INDICE
ALLA STORIA SEGRETA DI PROCOPIO.

L sttmra del cav. Compagnoni, al sg. avvocato Fran cesco Giovannardi, gi presidente della Corte di Giu stizia in Bologna , che serve di prefazione al volgariz%amento della Storia segreta d i Procopio . . Pag. t Introduzione ............................................* .......................... 47 G ap. I. Incomincia la narrazione degli amori di Antonina , moglie di Belisario , con Teo dosio . Perch, e come Belisario volle fa r morire Teodosio, e questi si salv in Efeso ............................................................ 49 II. Imprudenza di Costantino rispetto ad An tonina. Essa ottiene da Belisario il ritorno di Teodosio ; e s vendica tanto di chi avea a Belisario rivelate le sue turpitu dini y quanto di Costantino medesimo. 5 a HI. Teodosio per ritornare vuole t allontana mento d i Fozio., Carattere di questo gio vine ; e come sia costretto ad allontanarsi. Teodosio , dopo aver vissuto di nuovo alcun tempo presso Antonina>s restituisce ad Efeso. Delirii di questa donna che induce il marito ad interporre Vautorit delV mperadore per riavere Teodosio. Perch costui finga di volere ad ogni modo rimanersi in E feso ...................... 53

3*8
Gir. TV. Fozio va con Belisario in Persia: Antonina

rimatisi sola in Costantinopoli per avere seco Teodosio. Sue arti a rovina del f i gliuolo. Questi fa sapere a Belisario la condotta di lei. Belisario lo impegna alla comune vendetta. Fozio yuole prima da lui un giuramento ; e perch . * Pag. 55 V. Fozio e Belisario sospendono la vendetta risoluta %ed entrano in Persia. Rovina di Giovanni cappadoce. Partenza d i Teodo sio per Efeso , e di Antonina per Feser cito. Alla nuova della venuta a lui di Antonina Belisario si ritira dal paese nemico. Conseguenza di questa sua cattiva condotta....................................................... 58 TI* Antonina nel campo di Belisario. Fozio va ad Efeso, ed ha in sue mani Teodosio , che f a occultamente condurre in Cilicio, Belisario e Antonina sono richiamati a Costantinopoli da Teodora Ricambio che questa d ad Antonina per vendetta di quanto s9 era fatto contro Teodosio. Be lisario forzato a ripigliare in grazia la moglie. Casi di Fozio e di Teodosio. TII. Prigioni di Teodora. Come Fozio in fine fugga da queste. Egli va a farsi monaco in Gerusalemme. Belisario non si prende , malgrado il giuramento, alcuna cura di lui ; e va di nuovo in Persia. Crudelt di Teodora contro Buz. Anche Belisario cade in disgrazia di lei. Angustie, a cui ridotto. Come sia liberato . . . 65 V ili. Teodora per impossessarsi delle ricchezze d i Belisario stabilisce il matrimonio della figlia di lui con Anastasio suo nipote.

IX.

X.

XI.

XII.

XIII.

Belisario spedito alla guerra d'Italia a patto che nulla contribuisca Vmperadore per le spese occorrenti. Cattivo successo di quella guerrcuAvarizia, d i Belisario, Pag. 70 Acerbit di Teodora verso Giovanni nipote di Vitaliano ; sospetti d i lai sopra An tonina , ed afftti seguitte. Infame con dotta di Teodora pertsSicUrare il ma trimoni del' nipte Anstasio colla figlia d i Belisario* Morte di Teodra, Violenza da Antonina flta-alta figlia . Imbecillita vergognosa di B e lis a r io ...................... 74 Perfidia di Sergio a m ina delle cose d* A frca, Egli rimane impunito per la pro tezione che gli accorda Teodora. Solomone fratello di costui assassina Pegasio9 suo benefattore $ e V mperadore gli ac corda un diploma d i assoluzione . . 77 Principu di Giustino : sue singolari avven ture ; e come pervenisse a lt Imperio, Ci fsse sua moglie) e quanto fo ssyegli ignorante . ................................. 79 Carattere infame di Giustiniano. Suoi primi assassinii. Favorisce la fazione de1Veneti, Disordini d i questi, e dei Prasini. Mode barbare introdotte. Delitti di -ogni partito . La giovent se ne f a imitatrice. I l male s i estende dappertutto. Giustiniano pre nda , anzi che punire i colpevoli Egli non f a che*cercar denaro , e gittarlo , . 81 Pittura di Giustiniano. Nelle fattezze si rassomigli a Domiziano, rispetto al quale si narra un singoiar caso, NeJ vizii pare ave* superato i pi tristi, e fatto male egli solo a Romani pi che insieme tutti

3io
i cattai Imperadori da essi avuti sino a 89 lui........................................... ..... * XIV. N ascila , condizione e costumi di Teodora, Giustiniano s ne uxighisee, Influenza eh1 essa prende sulV animo di lui% Situa zione de7 pubblici affari in quel tempo. V Imperatrice resiste perch Giustiniano non isposi quella meretrice: ma dopo la . morie di Eufemia Giustiniano fa che V Imperadore abolisca la legge che po neva ostacolo al suo matrimonio con Teodora, Turpitudine di tutti gli ordini, 93 XV. Ritratto d i Teodora. Giustiniano ed essa governando in comune fingono sentimenti diversi e contrarii; e perch. Conseguenze d questa Iqro condotta, Giustiniano in comincia dair innovare e confondere tutti gli ordini stabiliti, o ne cambia i nomi. Uso che f a delV oro, in qualunque modo racoolto* Mette in guerra tra loro i Bar bari , e H alletta alle incursioni sulle terre ,delF Imperio, Compra la pace , e poi la rompe , , ................................. 101 XVI. Giustiniano per avere denaro ordina a tutti i settarii di abbandonare c loro dogmi sotto periadi perdere i loro beni, Estende la legge ai Samaritani e ai Gentili. Se dizioni , stra g i, fughe , orrori. Processi per turpi amori. Crudelt contro gli A strologi. Come egli e Teodora usurpino i beni de' Senatori , e d i ogni ricca per sona, Le loro scelleratezze li fanno so spettare demonii piuttosto che creature umane. Dicerie in questo proposito , ip 5 XVII. Pi specificatamente si espongono i vizii d i

Cap.

Sii

C ap.

Giustiniano. Sua piet ipocrita e sangui naria. Adulazione di Triboniano. Falsit di Giustiniano\* sua leggerezza e versati lit Sua avidit. Non f a conto che dei soli scellerati* Si arroga tutti gli officii de1ministri , de* magistrati , del senato. Vende le leggi e i giudicii. Seduzioni di Leone c'dice. Infame carattere di costui, j u 4 X Y llI. Animo crudele di Teodora. Suo tenore di vita. Sua feroce superbia; sua protervia : sue violenze : sue insidie. Come atroce mente dileggia un patrizio ricorso a lei. Sue lunghe villeggiature. Assassinio d i Amalasunta tramato da lei. Ruina Prisco . Fa sparire Areobindo . Come sa tenere occulte le sue vendette , ed essere infor mala degli altrui segretiC asi deplorabili di altre persone . ................................. 122 XIX. Altre atrocit di Teodora. Casi di Calli nico , delle prostitute di Costantinopoli , di due nobili vedove , e di un suo figlio stesso da lei fa tto sparire. Protegge le dorine adultere, e ne persegue i mariti che le querelano* Violenta i matrimonii in pih maniere. Trattamento fa tto a Sa turninek Trame contro Giovanni cappa doce * . ...................................... . . j i 3o XX. Altre iniquit di Giustiniano* Computo di ven i un milioni d uomini per lui periti. Desolazione del?Africa, e perch richiar matofie Belisario. Maggiori ruine in Ita lia. Spopolazione di tutti gli altri paesi dell* Imperio s in Europa , che in Asia . Giustiniano vero e solo autore delle guerre insorte. A lui pure si debbono le

3ia

C ap.

stragi seguite nella capitale, e nelle altre citt delV interno. Aggiungami gli ammozzamenti d i Samaritani, di Eretici, di Veneti e d i Prasini. La natura stessa , alterando in varie parti deW Imperio il suo corso , contribuisce sotto il regno di Giustiniano alla distruzione degli uo mini .............................. * . . . . Pag. >36 XXI. Sogno pftsagitore della immensa avidit di Giustiniano. Dissipazione del tesoro di Anastasio* Titoli trovati per ispogUar tutti. M agistrati, a cui si allargano le ispezioni, o che sono creati di nuovo per quest1oggetto. Si rendono., loro comuni le giurisdizioni perch sieno pi solleciti n processiy, e nelle esecuzioni. Messe in appalto y e in monopolio le cose neces. . . sarie alla vita. Vendita de9governi delle provincie , accordato ogni genere d i an gherie e di oppressioni ai compratori , che arricchiti sono spogliati di poi. In fin e f a esercitare le cariche pubbliche per proprio conto. Iniquissimi uomini prescelti ; e gli ultimi peggiori sempre de* primi...................................................... i4* XXII* I Traci e gV Illirii , alleati de9 Romani, eccitati da lettere di Giustiniano, alzansi contro gli Unni invasori delle terre delV Imperio , e gli abitanti di questo , gi dai nemici saccheggiati, saccheggiano di nuovo. Questi g f inseguono armati, e ri cuperano le loro robe, e le persone con dotte via schiave. Trattamento crudele che ne hanno da Giustiniano . . . i 5 i XXIII. Teodoto succeduto come prefetto del preto-

3<

Cap.

rio a Giovanni cappadoce non iniquo abbastanza secondo i desiderii di Giusti ninno e di Teodora. Scelta e ministero di Pietro Barsame. Carattere di costuL Le sue operazioni suscitano tumulti Giu stiniano vuole cacciarlo , ma Teodora lo protegge, e perch. Toltagli injine la ca rica di prefetto del pretorio , Teodora lo f a nominare prefetto dell* erario in luogo di Giovanni palestino. Virt, di questo : infami operazioni di Barsame . . Pag. i 53 XXIV. Stato de9 possidenti di terre. Esenzioni di tributi praticate dagli antecedenti impe radori. Nessuna ne accorda Giustiniano salvo che per un anno solo alle citt prese dai nemici. Suoi decreti di annona, d yimpostay di descrizione. Angherie usate per gli alloggiamenti de9soldati in tempo di pace. Simile angheria sofferta dagli abitanti di Costantinopoli in occasione di una moltitudine di barbari recatisi in quella capitale . . . . . . . . . i 58 XXV. Come fossero trattati i soldati e gli uffiziaU delV esercito. Creazione de ' logoteti mili tari, e degV ispettori: iniquit degli uni e degli a ltri , e conseguenze derivatene. I presidii ai confini derubati delle paghe, e cacciati. Corruzione nelle guardie della Corte. Doppia perfidia rapace verso i varii corpi delle medesime. Tutti i soldati defraudati del donativo quinquennale. Le ingiustizie fa tte in ordine alle promozioni e agli stipendii de* militari sono da Giu stiniano estese agli officiali civili . . 162 XXV li Angherie del commercio. Dazii agli Stretti.

Violenze nel porto di Costantinopoli* Ab bassamento di valore delle monete nobili n qambii plateali. Rovina d mercatanti, e de9fabbricatori di robe di seta , prima eon ingiusto prezzo del genere , poi con monopolio , e colla concentrazione nella capitale de* lavori di seia . . . Pag. 167 Gip. XXVII. Giustiniano rovina icausidici, imedici, i mae stri delle arti liberali. Rapisce alle citt i fon di destinati alla istruzione, a lt ornato pubblico e agli spettacoli. Questi pure sopprime in Costantinopoli Toglie ai po poli i vantaggi soliti a trarsi per le Zar* gizioni ai nuovi consoli Affama quello di Costantinopoli > e gli f a mancar V a cqua. Tratta t poveri di Roma e di Ales sandria colla stessa sevizie. Iniquit di Alessandro Forficola , e di Efesto . 171 XXVIII. Perfida dissimulazione di Giustiniano nel V affate di Rodon, prefetto di Alessan dria ; e casi di P aolo , patriarca di quella citt, e d i Arsenio. Altro caso di Faustino. Iniquo fatto di Prisco falsario: Giustiniano corrotto con oro da costui abroga una legge sussistente , e con una nuova disposizione si fa complice di una insigne trufferia , che per un puro acci dente manca d* effetto. Giustiniano viola anche le leggi degli Ebrei . . * . 178 XXIX. Tratto singolare di animo doppiamente fa l lace usato da Giustiniano con persone , che mostra di riguardare amichevolmente. Legge iniquissima fatta per usurpare le altrui eredit Casi, a cui viene applicata. Piet insultante per coprire tingiustizia, 184.

Gap.

XXX. Concussioni di Maltane iti Tarso. Risenti-

mento degli abitanti di quella citt. Ma cello d Veneti. Giustiniano sospende il . . corso della giustizia fattosi corrompere . per denaro. 1 Veneti si vendicano contro Maltane. Considerazione del? Autore. Pag. 188 XXXI. Antica istituzione d zi Veredarii nelle pro vincie del? Imperio , e oggetto della me desima. Riforma che per avarizia ne f a Giustiniano. Per avarzia egualmente sop prime gli esploratori. Sopprime eziandio i camelli in servizio degli eserciti. Con seguenze funeste di queste misure. . 190 XXXII. Giustiniano ruba V altrui anche motteg giando. Caso del causidico Evangelo. 192 XXXIII. Novit da Giustiniano e da Teodora in trodotte nel cerimoniale di Corte. Teo dora si arroga le prerogative appartenenti soltanto a chi investito della somma dignit. Superbi titoli che entrambi esi gono. 1 Magistrati perdono giornalmente il loro tempo in palazzo : disordini che ne conseguono. Condizione degli uomini di Corte. Preludio della opinione alla morie di G iu stin ia n o ........................... *93 Testimonianze di antichi scrittori , in favore di Procopio storico di C e s a r e a ............................................*. . . 197 Appendice alla Storia segreta . ....................................... 201 Note alla Storia s e g r e ta .................................* . . . 209 Appendice alle note. N. L V imperadore Giustino Au gusto a Demostene prefetto del pretorio ...................... 285 IL Sedizione de* Vittoriati . 289 III. Quadro genealogico di Giu stino I , di Giustiniano e di Teodora ...................... 295

3i6

A > IV. Denominazioni Giustinianee. Pag. sqS V. Consoli e Prefetti del P retorio ,

sotto i Regni di Giustino I , e di G iu stin ia n o ...................... 3oa VI. Autori contemporanei a Giusti niano e a Procopio, citati nelle note . . . . i . . . . 3 o5 .

DEGLI EDIFIZII
DELLMPERADORE GIUSTINIANO L I B R I FI
DI PROCOPIO CAUSIDICO DI CESAREA

PREFAZIONE DELL A U TO R E

IN* per pompa di virt, n per fidanza di bello seri* vere, n per vanit di mostrarmi conoscitore de luo ghi j cose che ottimamente so in me non essere., mi sono io accinto a dettare la seguente Storia y ma sivvero per ben altre considerazioni. Meco stesso soventi volte pensai ai moltissimi vantaggi che alle citt sogliono derivare dalla Storia, la quale ai posteri trasmette la memoria delle belle opere de maggiori : essa gagliarda* mente resiste alla violenza del tempo , inteso a distrug gere la rinomanza degli egregj fatti} grande eccita mento essa presta colle lodi alla virt di chi la legge $ e il vizio insieme co suoi rimproveri reprime, e de mal disposti la perversit disanima. Per lo che somma cura nostra esser dee di propalare insieme coi loro autori le imprese eccellenti : officio, che a parer mio facilmente

3ao

prestar pu ognuno, che pur sabbia scarsa ed esitante favella E v ha di pi ancora \ ch colla Storia da essi scritta i sudditi beneficati apertamente comprovano la gratitudine loro verso quelli che di loro ben meritaro no 5 ed anzi in pi bella maniera vi corrispondono, perciocch dove della munificenza de loro Principi non poterono godere che per breve tempo, breve essendo il termine della vita mortale di tutti, immortale rendono la virt di quelli, facendone passar la memoria ai posteri, molti de9quali, per questo appunto emulando la gloria de9 passati, traggonsi allamore delle oneste ope re , altronde per timor della infamia guardandosi alalia cattiva strada , siccome conviene. Il perch poi tutto questo io abbia premesso, vengo ora a dire. ' * A giorni nostri avendo Giustiniano Augusto prese le redini della Repubblica miseramente conquassata, egli a potenza splendidissima la sublim, cacciatine i Bar bar i, che da molto tempo ne aveano invase le provine eie, siccome partitamente gi narrai nelibri, che delle avvenute guerre io scrissi. E se Temistocle , figliuolo di Mcocle , udimmo essersi una volta gloriato: di sapere come ridurre ad ampiezza cospicua citta che pur dianzi fosse piccola; ben pi -da dire del nostro Imperado* re , che seppe acquistare,' e tenere sotto,la sua domi nazione altri regni: certo essendo che .molti di que

3 it

sti y i quali erano in altrui potere quando sali sul tro no y egli alia Signoria di Roma: aggiunse, nuove citt in tassai numero fond; Oltre di che la religione trovata fluttuante e da varie fazioni agitata, chiusa k via agli errori, potentemente fiss sul saldo fondamento della vera fede $, le leggi, pel soverchio <numerb fatte Oscure e contraddittorie, -purg, togliendctae ogni inutilit \ e concigHandone: sapientemente le massime , che prima cozzavano insieme * , netto e chiaro- e sicuro costitu il diritto. E fece anoora di pi: che spontaneamente perdon ' a9suoi -.insidiatori ; arricch gli indigenti ; e tolti dal cattivostato, in cui eran caduti ^insieme con quella della Repubblica' assicur la felicit della loro vita ; e con militari presidii F Imperio mun, che da ogni parte era aperto ai Barbari^ e ne assip le frontiere'con piazze forti; Adunque io , che negli altri miei libri tali ed akr. molte sue cose descrssi , ora intendo far chiara con questi la beneficenza sua nel proposito degli Edifzii da lui. eretti. Di .Giro persiano assai ci si detto come di ottimo re , e presso i suoi popolani tenuto per fondatore: principale del regno: ma io non posso ben accertarmi, se veramente! egli fosse tale, qal viene pre dicato da Senofonte di Atene: ch forse lingegno dello scrittore alle cose di quel principe aggiunse ornament, e ne9colori della eloquenza a larga mano abbond. So

3ia

bene che a chi attentamente consideri il regno di Ginstimano, prncipe nostro; il quale io credo che a buon diritto debba dirsi re per natura, mentre, per usare le parole di Omero ,. egli si presta padre benignissimo, il regno di Ciro parr cosa da giuoc. di ci far fede limperio di tal modo esteso, che pu dirsi , come te* st io actwnaava, ai confini e alla potenza del primo essersene aggiunto nn secondo, d anche di pi Della ua clemenza poi somministreranno ampia prova coloro, i quali chiaramente convinti d avere tramate insidie contra la vita di lai, oggi pure non slo e deHa vita e de beni loro godono pacificamente, ma sono nelle pi luminose cariche degli eserciti, ed iscritti tra i Consoli* , Ma egli tempo di venire a parlare, siccome mi pr* posi, de suoi Edifizii, onde i posteri ove la mole ed il gran numero de medesimi veggano, non abbiano a dire non essere essi lopera di un solo uomo, sapendosi che a molti fatti degli antichi, mancanti dellautorit della Storia, la stessa eccellenza della virt toglie fede. Intanto conviene, che il discorso faccia capo da quelli che veggonsi m Costantinopoli; giacch, secondo lan tico detto, quelli che mettono mano ad alcuna opera, debbono principiare dal darle un illustre incomincia- mento.

Proctf*. iMif

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LIBRO PRIMO
C A P O P R IM 9 .

Di Santa Sofia.
N b l i b r i da me scrtti sulla guerra, schiettamente e diligentemente narrai come da vilissimi caporioni, e da immensa ciurmaglia alzossi una volta gran sedizione detta Nika, contro Giustiniano Augusto. E perch non dovesse dubitarsi, che contro Dio del pari, che contro limperadore, que9furibondi ed esecrandi uomini eransi alzati, niun riguardo ebbero a mettere in fiamme la chie** sa deCristiani, dai Costantinopolitani chiamata di S. So* fia, cos usando un titolo al nume supremo convenientis simo. E tanto sacrilegio permise Dio prevedendo quanto pi splendidameute e magnificamente sarebbe stato quel tempio ristaurato. Fu dunque allora la chiesa conver tita in un mucchio di cenere} ma non molto dopo Giu stiniano Augusto la rialz grandiosa e bella, a modo, che se alcuno presentato avesse a Cristiani il modello di quella che oggi vediamo, e domandato lo ro , se fosse ad essi piaciuto di vederla demolita, e secondo quel modello rifabbricata, io credo che su di ci non avrebbero esitato punto a desiderare che fosse, gittata a terra per vederla conversa in forma s meravigliosa. Adunque lImperadore non badando a spesa pose ogni suo pensiero alla nuova fabbrica , c chiam a tal uopo arteGci da ogni parte. Serviva alle sue idee, disegnando

3*4

ogni cosa, e i lavori dirigendo degli artefici, ulemio tralliano, senza eccezione principe degli architetti ed ingegneri non solo del suo tem po, ma di quanti erano scorsi prim a} e con esso lui era pure un altro, Isidoro di nome, nato in Mileto, uomo di singolare intelligenza, e veramente degno che alla esecuzione della grande opera Giustiniano Augusto se l chiamasse compagno. certo che in questo spicc ad onor dell Imperadore la provvidenza del Nume, il quale soggetti s valenti a lui avea preparati per lopera meditata*, e meravigliosa mente spicc del pari l acuto intendimento del Princi pe , che seppe fra tutti gli uomini dell arte scegliere i veramente atti a corrispondere a si alto pensiero. Cos poi questa chiesa divent quel prodigioso spettacolo, che apparisce, superiore alla capacit di chi la con templa , e alla fede di chi ne sente ragionare. Elevata ad enorme altezza, e come nave ferma sulle ncore, questa chiesa vince tutti gli altri edifzii, e soprastassi alla citt che adorna come la sua parte mi gliore , giustamente superba di vedersi entro il circuito d essa s a lta , che da quella cima tutta chiaramente quanto grande per ogn1 intorno la medesima all oc chio deriguardanti si mostra. La larghezza e lunghezza sua s ben concertata che mentre l una e l altra massima, nessuna pu dirsi soverchia. Inesprimibile poi il bell effetto della sua apparenza} e s netta e proporzionata, che in niun punto esce del giusto , in niuno manca, mentre intanto oltre ogni usato magni fica , e nella sua vastit perfettamente per ogni verso corrispondente. Meraviglia a dire lo splendore che

3*5

mette , perciocch non diresti ricevere essa tanta luce dal sole , che 1 suoi raggi nello esteriore ne batte ; ma piuttosto che da essa medesima nasce quel vivo rifulgimento, tanta piena di lume la investe, e tanta da essa ne SGrge. La fronte riguardante P oriente, parte dell edifi cio in cui soglionsi celebrare i sacri misterii, costrutta di questa maniera. Sorge di terra P edilzio, non prolun gato a linea re tta , ma piegato insensibilmente e larga mente in obbliquo \ e alla met si discosta, e in figura mezzo tonda, che i periti dell1arte dicono semicilindro, alzasi a perpendicolo. Il colmo della fabbrica termina in un quarto di sfera, e i tratti che pi in alto si aggiun gono , vengono a sostenere una certa forma di luna bi corne , il che fa che nello stesso tempo e si ammiri la vaghezza dellopera, e si tema il disfacimento della co struzione , perciocch quel pendere in aria non sembra sicuro ; e quantunque pur sia fermissimamente saldo, mostra ai riguardanti un pericolo. DalP una e dalP altra parte poi nel di dentro s alzano dal pavimento, non in dritta fila, ma disposte in forma semicircolare, alcune colonne, sicch sorgenti insieme, come in coro, vengouo a sottostare a quella parte del fabbricato, che fatta a mezza luna ; e contra P oriente praticata la muraglia, in cui sono le porte del tempio. Di qua e di l queste colonne, e quanto soprast ad esse sul dise gno indicato , presentano un semicircolo } e in mezzo del tempio stanno quattro pilastri, due a tramontana, e due a mezzod, gli uni in faccia agli litri, e tutti eguali, tra ogni due de quali sono poste due colonne. La costruzione di quepilastri di catraci pietre, che

3i6

diligentemente sovrapposte le une alle altre, gli artefici con molta abilit hanno insieme commesse ; e que pi lastri vanno tanto alti, che ti parrebbe vedere scogli distaccati da montagne. Sopra que pilastri s aprono quattro arcate costituenti altrettanti la ti, le estremit delle quali si congiungono due a d u e, e sulP apice di que1pilastri si posano, intanto cbe le dette arcate stendonsi immensamente. Ma due di esse,, quelle che al levante e al mezzod son rivolte, stannosi tutte in aria; e le altre hanno di sotto un muro, ed alcune colonnet te; e sostengono un altro membro delledifizio di forma rotonda, primo oggetto che il giorno sempre incomin cia a vedere : imperciocch io credo, eh esso sia pi alto della universa terra, e che poi cali a poco a poco, condotto con tale ingegno, che per le sue aperture la luce entra abbondantemente : cosa, che a parer mio pu facilmente esprimere ogni uomo anche meno pra tico. Alle arcate cos , come si detto , poste in qua dratura frapponsi un opera di quattro triangoli, di cia scheduno dequali lima parte stretta dalla uuione delle arcate, viene a formare acuto P angolo infimo : indi in alto dispiegandosi verso s stesso per lo spazio interme dio , termina coll edifizio, che di l si eleva in un cir colo ben compassato; ed ivi fa gli altri angoli; e quel rotondo circuito mirabilmente ornato di una cupola ampiamente circolare, sovrapposta in modo che per la sua leggerezza non mostra punto di appoggiarsi alla salda fabbrica , ma piuttosto di starsi per mezzo di un aurea catena pendente dal cielo , e coprire cos il luogo. Le quali cose tutte a tanta elevazione sopra ogni

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credere tra esse congiunte, le une dalle altre tenute sospese, le altre soltanto appoggiate alle parti prossime, costituiscono un tutto insieme perfettissimo} il quale non permette che a lungo 1 occhio de riguardanti si fermi sopra un solo punto : perciocch ciascheduna parte attira a s lo sguardo , e quasi a gara invita a contemplarla. Per questa ragione gli spettatori vanne* con perpetuo movimento volgendo- gli occhi or sopra uua parte, or sopra un a ltra , non sapendo a quale dare la preferenza , n quale pi dell altra ammirare 3 e pi che cogli occhi, esaminando le cose colla mutrie, dai moti delle loro sopracciglia di tratto in tratto si co* nosce .come sentono di non potere nemmen col pensiero capir lartifizio } e restarsi sempre stupefatti di tante cose vedute, e per essi incomprensibili. Ma di ci basti. < Alzata di tale maniera questa chiesa , Giustiniano Augusto e larchitetto Autemio insieme ad Isidoro ven nero fortificandola con tutti i mezzi suggeriti dalla rte ,' i quali in vero io non so n concepir colla mente, n? con parole esprimere. Solo una cosa dir, onde s in-* tenda di quanta solidit fosse l opera. Que pilastri, de quali feci pocanzi menzione , non erano fatti come il rimanente dell edilzio, Le pietre, che li compone vano , eran quadrate, dure per natura , per arte lisce y e tagliate per modo, che quelle le quali erano destinate a formarne i fianchi, finivano in angolo, ed erano qua drate quelle, che stavano nel mezzo. Erano poi com messe insieme non colla calce, che dicon viva e non estinta, n eon bitume, di cui fece uso per pompa in

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Babilonia Semiramide, n. di altra eosa simile; ma sibbene con pimbo, fatto squagliare, ed introdotto per tutti glInterstizii, sicch .ogni spazio riempiendo tutta lega strettamente, com entro una pasta, .quelle pietre. Tale fu il metodo tenuto in costruire que;pila* .tri. Venendo poi alle oltre parti delldifizio, tutta la volta .dorata alla sua bellezza propria, aggiunge la ma* gnifcenza : i. marmi impiegati nello splendore vincono Toro stesso : da entrambi i lati girano due portici, i quali, lungi dal rendere strtto il tempio ne accrescono piuttosto la larghezza, .correndo . essi intanto per tutta la lunghezza del medesimo * sebbene in altettz iferiorL Le Volte di ,questi sona dorate an ehesser; e d . imo serve per gli umini j che vanno ad ofrare, 1 altro.per leidon* ne , ina perfettamente eguali luno e laltro tra essi} e questa eguaglianza medesima contribuisce a dare al.tem* pio decoro , come la somiglianza ne d eleganza e gra zia. Chi poi descriver Convenientemente la parte supe-r ripre del gineceo? chi le molle galene, e le sie msse a colonne? e delle Colonne, e de marmi.impiegati d or namento, di tanta fabbrica, chi degnamente riferir la variet stupenda? Facilmente creder .tal no di tro^ varsi in un giardino pieno di fiori, e vedere il bel co lor porporino degli uni, lazzurro degli altri, e il verde amenissimo del s diverso fogliame, e lo splendor.bril lante dell insieme, dalla natura vagamente presentato , come fa il pittore con tanta variet.di tinte differentis sime. Quando alcuno entra ivi per orare, sente subita mente , che non quella opera di arte d uomini, ma del Nume supremo; ed inalzando sua mente a Dio par-

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gli spaziare pel cielo, pensando non esserne per certo lontano, e godersi di quella beata sede, a c u il animo suo devoto aspira. N qusta la impressione , che s magnifico spettacolo fa soltanto a chi lo contempla per la prima volta : ma si rinnova essa in ognuno quante volte vi ritorni y come se non lo avesse veduto mai. Perci nruno mai ne fu sazio \ e chi nel tempio di lettasi di quella vista gratissimi ; e chi n esce, non cessa di parlarne, sempre pi meravigliato. N vale pi dire delle preziose suppellettili da Giustiniano Augusto donate a questa chiesa: ch Toro, largento, le gemme annoverarne particolarmente sarebbe troppo lungo di scorso. Da una cosa sola potranno i lettori congetturare del resto; ed questo, che il Sacrario del tempio, ad ognuno fuorch ai sacerdoti inaccessibile , detto lAlta re , ha quaranta mila pesi dargento. ' < Per mettere fine alle cose leggermente tocche, e in brevi parole comprese, che le pi degne sono di essere accennate, dir, che Giustiniano Augusto edific la chiesa Costantinopolitana, comunemente chiamata la grande, non solo spendendo quanto occorreva, ma impiegandovi in oltre l ingegno suo, ed ogni studi della sua mente ^ siccome son per esporre. Di quelle arcate, delle quali feci menzione , e che gli architetti dieono L ori, quella d'incontro al levar del sole , stavasi costruendo, e non istretta per anco nel mezzo aspettava lultima mano, quando i pilastri, su cui po sava , cedendo al troppo peso della mole, improvvisa mente additando una scompaginatura , annunciarono imminente rovina. Autemio ed Isidoro atterriti del ca-

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s o , ne avvisano l Impradore, non isperando alcun sussidio dall9arte. LIinper'adore, non so da quale ispira zione animato, e credo celeste ; giacch egli non sa di meccanica; ordina che immediatamente si compia la curvatura dell arcata, dicendo che questa tenendosi ferma per le sue proprie forze non avr pi bisogno de sottoposti pilastri. E se io non affermassi cosa pub blicamente attestata, il mio racconto terrebbesi senza dubbio per puro effetto di adulazione, e il fatto per in* credibile. Ma come assai testimonii vi sono, nulla pu trattenermi dall9esporre quanto ho incominciato a dire. Gli artefici adunque fecero secondo il comandamento avuto; e larcata spinta allalto si stette salda ed in* ta tta , essendosi comprovato col fatto la verit del con siglio. Eseguito poi ci, alle arcate cbe guardavano il settentrione e il mezzod, avvenne che elevatesi a s grandiosa altezza , ci cbe sottostava rimaneva oppresso dal peso, a tanto che dalle soggette colonne distaccavasi il cemento, come se fossero state per forza d al cuno violentemente compresse: di che spaventati glin gegneri furono di bel nuovo all9Imperadore esponen dogli V avvenuto; ed egli colla stessa acutezza usata prima , all accidente rimedi nella seguente maniera. Ordin egli che le somme parti della fabbrica soccom bente , e attigue alle arcate, immantinente si demolis sero ; ed assai dopo, quando la curiosit fu interamente to lta, le fece rimettere. 11 cbe eseguito ledifizio otten ne la necessaria solidit; n manca allImperadore la testimonianza del fatto.

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C A P O . IL Sttua equestre di Giustiniano nell* Augusteo. Tempio di S. Irene, Spedale di Sansone; ed altri due .
Sta invece di curia il foro, dai Costantinopolitani detto PAugusteo. Ivi sono non meno di sette ordini di pietre, piantati in quadrato, e disposti tutti a.modo da fare scalinata ; perciocch ognuno pi stretto di quello che gli sta sotto cala per guisa che dalla parte da cui le pietre sporgono fuori veugooo a formare un gradino su cui, come in tante sedie, si adagiano coloro, che ivi si adunano. SulP ultimo gradino alzasi una grande colonna, non composta tutta di un medesimo materiale. dessa una rotonda mole di enormi pietre, con indu stria dagli artefici unite insieme collincontro di angoli praticativi ; e dogn intorno accerchiate da lastre di bronzo, e da corone, che quelle pietre stringono ga gliardamente , nel tempo stesso abbellendole', e dando ad esse in tutte le p a rti, ma spezialmente poi alla ba se , e alla cima, la forma di colonna: quel bronzo inferior pel colore alP oro puro , poco metto agguaglia il prezzo dell7argento. In cima posto un gran cavallo di bronzo volto alP oriente : meraviglia in vero a ve dersi ! Esso in movimento e simile affatto a qual vada: perciocch alza il pi sinistro come per calcare il suolo sottoposto, e collaltro calca di fatto la pietra che ha sotto, mostrandosi in atto di fare il passo: nel tempo stesso contrae i due piedi di dietro a segno, che dallo stato delle loro parti si vede essere essi pronti a seguire

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il moto d quelli davanti. Sol cavallo siede, gigantesca e di bronzo anch'essa, la statua dell Imperadore vestita alla foggia d Achille: cb cosi chiamano labito che ha. calzata di gambiere, che lasciano nudi i malleoli : ha torace alla eroica, e in testa Telmo, che sbattuto dalla luce d un certo splendor brillante : e chi volesse usare stile.poetico lo direbbe lastro di autunno. Questa statua guarda loriente, spingendo il destriero, se io non m inganno, contro i Persiani: colla sinistra tiene un globo, con.che P artefice accenna ubbidire al Prin cipe 1 universo mondo, Non porta spada., non asta, n altra specie di arma, ma sovrapposta al globo la Croce, .sotto i cui auspizii ha ottenuto imperio e vittoria Tiene stesa alloriente la destra, e colle dita allungate ordina ai Barbari stanziati col di tenersi ne loro con fini , n di procedere oltre. Tali sono queste cose. Una chiesa d Irene erasi abbruciata insieme col vi* cin tempio maggiore ; e Giustiniano Augusto , la rifab* bric amplissima $ cos che in Costantinopoli, eccettua* tane S. Sofia, a nessun altra cede in grandezza. F ra l una e laltra era uno spedale destinato agli uomini assai poveri ed infermi. Lo avea edificato Sansone, uomo piissimo verso Dio, il quale fior negli anni pas sati. Ma quello spedale non era rimasto intatto dal fu* rore de sediziosi, e con ambe quelle chiese era rima* sto incendiato. Giustiniano lo fabbric pi magnifica* mente, e lo ingrand, tanto di luoghi atti a contenere maggior numero di persone, quanto di rendite annue r onde in ogni tempo vi trovassero sollievo i posteri informi. Parimente tratto, da inestinguibile ardore del

divra culto altri due spedali eresse incontro: a quelK nelle case, che die oasi di Arcadio e d Isidoro, a que ste pie fondazioni concorrendo compagna Teodora Au gusta. Le altre chiese poi dedicate a Cristo dal nostro Principe sono tante, che non si possono ad una ad una annoverare: ch a tesserne il catalogo n abbiamo mo d o , n spazio bastante. E basti quanto abbiamo detto fin qui. C A P O III. *

Chiese inalzate alla Beala Vergine nelle Blancherne, presso la Fontana, e nel? Ereo. Tempii di S. Anna , di S. Zoe martire , e delP Arcangelo Michele.
Giusto cominciare dalle chiese di Maria madre di Dio, giacch sappiamo cos desiderare V mperadore; e il buon ordine della storia medesima ci guida a passare da Dio alla sua Madre. Giustiniano Augusto molte chiese per tutto P orbe romano edific in onore delia Madre di D io, e tanto grandi, e illustri, e suntuose, che se.ad una solarsi volga lo sguardo, nasce naturalmente, il pensiero, che niunaltra egli ne abbia fatta, e tutto il tempo del suo regno abbia impiegato occupandosi di quell1opera.. Ma presentemente io non parler che delle sole chiese che veggonsi in Costantinopoli. Fuori delle mura, nel luogo detto le Blancherne, edific la chiesa della Macke di D io, giacch a lui dobbiamo ancora.attribuire le ca,se fatte sotto Giustino suo zip, poich con suprema anPPOCOPIO. 22

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torit egli ne amministrava P imperio. Stssi questa chiesa sul lido del m are, per religione inclita ed augu stissima. La sua larghezza in piena proporzione colla lunghezza. Non vi vedrai a sostegno sia di so p ra, sia di sotto , che pezzi di marmo pario disposti in forma di colonne ; e queste colonne dappertutto riescono a filare perfette , salvo che in mezzo , d onde nell7interno si discostano e formano seno. La prima cosa, che ha da ammirare chi mette il piede col, laltezza notabile della fabbrica, salva da ogni pericolo di rovina, come pure la magnificenza, nella quale nulla v che non sia propriiissimo. Alla stessa Madre di Dio edific pure altra chiesa presso la Fontana : ch cos chiamasi il luogo, in cui v1 s un ombrosissimo piantamento di cipressi, una pra teria piena di fiori; un giardino copiosissimo d alberi fruttiferi, ed una fontana , che tacitamente scaturendo diffonde leggiera e dolce acqua : n ivi manca alcuna cosa alla religione conveniente. Le cose accennate stan no all intorno della chiesa : ma quanto riguarda la chiesa medesima esprimerlo con degno discorso non cosa possibile, e nemmeno 1 adombrarlo colla imma ginazione. Basterammi dire che per isplendidezza e grandezza va innanzi alla maggior parte delle altre. Que sta e F altra sono presso le mura della citt : quella delle Blanchcrne sul lido del m are, dove le mura ap punto incominciano : 1 altra fuori della Porta aurea, che trovasi nellultima fortificazione : onde entrambe , come inespugnabili baluardi proteggono le mura della capitale. Nell Ereo inoltre , volgarmente detto l Ierio ,

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inalz alla Vergine una chiesa, che nissun facilmente potr con parole descrivere. In quel luogo della citt che chiamasi il Deuterone , o vogliam dire il secondo, un tempio nobilissimo e sicuramente mirabile edific a S. Anna, che alcuni credono essere stata Madre della Vergine , ed avola di Cristo : imperciocch Dio come volle farsi uomo, cos non ricus il terzo grado di parentela, ed per questo che all uso umano viene descritta la sua materna pro sapia. Poco lungi di l , nell ultimo vico della citt, fond 1 augustissimo tempio di Zoe martire. In Costantinopoli avea trovata la chiesa dell Arcangelo Michele, angusta, oscurissima, n degna da dirsi dedicata all Arcangelo da certo Senatore, antico pa trizio , poich era similissima ad una camera di casa non molto ricca. Per lo che avendola fatta demolire dai fondamenti, onde nulla rimanesse del primo squallore, spaziosissima la rifabbric, come noi la veggiamo, e s decorosa da destare somma ammirazione. Questo tem pio s riquadrato, che la sua lunghezza non molto supera la larghezza. La parte riguardante il levar del sole, al basso assai grossa \ ed da ogni canto com posta di una gran mole di pietre: nel mezzo a poco a poco restringendosi r si ripiega poi dall una parte , e dall altra sostenuta da colonne di varii colori \ e la parete riguardante il tramonto del sole d luogo alle porte.

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CAPO

IV.

Tempio de SS . Pietro e Paolo presso la reggia di Ormisda. Tempio de* SS. Sergio e Bacco. Tempio de 55. Apostoli, in cui jono * sepolcri degl9Imperadori. Invenzione de corpi de955 . A ndrea , Zuca, e Timoteo. Alcuni altri tempii.
Ecco poi come Giustiniano ha dimostrato la fede e l ossequio suo verso gli Apostoli di Cristo. Primiera mente egli fabbric in Costantinopoli un tempio a Pie tro e Paolo , presso alla reggia anticamente detta di Ormisda, la quale dopo avere con molta magnificenza abbellita, servendosene di abitazione propria, avendole data tutta l apparenza e tutto il decoro di un palazzo, divenuto imperador de Romani ; all altra reggia ag giunse. Ivi pure un tempio eresse a Sergio e Bacco, indili santi ; ed un altro ancora ne fond di fianco a questo : ch di fianco stanno s questi P uno ali altro, come in paragone, ed hanno comuni gli aditi ; sono tra loro perfettamente eguali, e cinti ambjdue da spalti all9intorno, n uno in decoro, in grandezza, o in qualunque altra cosa supera laltro, o allaltro cede. Ed entrambi poi del pari gareggiano col sole pel fulgore de marmi, e per P oro dappertutto profuso, e pei pre ziosi doni. Soltanto differiscono in questo, che uno disteso per lungo, e P altro piantato sopra colonne quasi tutte disposte in semicircolo. Nel vestibolo poi serve ad ambi un solo portico, detto nartece, oferula, per questo che si avanza lunghissimo 5 c comuni sono

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ancora tutti i propilei, e 1 atrio, e le porte di mezzo, e la comunicazione colla reggia. In fine tanta la ma gnificenza di questi due tempii, che per essi manifesto decoro riceve tutta la c itt , e il palazzo medesimo. Quest altra prova ancora diede della sua piet verso gli Apostoli. Era in Costantinopoli certa cappella a tutti gli Apostoli dedicata, che per vetust mezzo guasta minacciava prossima rovina. Egli la fece demolire tutta; e non solamente si applic a ristaurarla, ma a renderla e pi grande e pi bella in questa maniera* Vennero disegnate due linee rette , le quali si tagliano per mezzo figurando una croce: una va da ponente a levante, lal tra da-mezzod a settentrione. Oltre lesterno giro delle pareti, nellinterno veggonvisi affilati sotto e sopra va n i ordini di colonne, e nella connessione di quelle due linee, che sta quasi nel mezzo di entrambe, v ha il Santuario , cos giustamente chiamato quel luogo, in terdetto chi non esercita le sacre cerimonie. I la ti, cbe scorrono per lo spazio trasversale, sono eguali tra essi ; e quella parte dello spazio che va dritto, volta a ponente supera 1 altra quanto occorre per rappresen tare la figura di croce. In quanto al tetto, la parte cbe sprast al Santuario , non differisce da quella che iu mezzo al tempio di S. Sofia se non rispetto alla gran dezza, che n minore. Del rimanente sonovi quattro arcate, tirate e connesse nella^ stessa maniera, e sopra quelle sinalza un fabbricato rotondo con sue finestre, a cui soprapposta una cupola sferica che sembra penden te in aria, n aver saldo sostegno , quantunque in fatto sia saldissima. Tale si il tetto di mezzo. "Ne1 lati poi

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v hanno quattro cupole eguali in grandezza a quella di mezzo, ma senza finestre; e n questa la sola diffe renza. Gli Apostoli non vollero che rimanesse dubbio sul gradimento loro del Santuario ad essi dedicato, e sul conto che facevano della gloriosa onoranza loro dallmperadore prestata. Per questo i corpi degli Apostoli Andrea, Luca, e Timoteo, dianzi affatto ignoti, furono a tutti palesi, non isdegnando , per quanto io penso , la fede dellAugusto, e permettendo pubblicamente che gli vi si accostasse , osservasse, toccasse quelle sante Reliquie, e ne traesse quellaiuto e presidio, che in bene suo pu da ci provenirgli. Di questa maniera poi que Corpi furono scoperti: Costantino Augusto avea fabbricata quella chiesa agli Apostoli, e conservata alla gloria e al nome di essi, ag giungendo lordine che ivi si facessero i sepolcri per s, e pe suoi successori nell Imperio, e per tutti della fa miglia imperiale , donne e uomini: ordine che ancora si osserva; ed ivi erasi riposto anche il cadavere del padre di Costantino. Ma niuna memoria avea egli poi lasciata, che ivi giacessero gli Apostoli; n v era alcun segno, il quale additasse il ripostiglio di que santi Corpi. Ma quando nel nuovo fabbricarsi del tempio gli artefici facevano levare il vecchio pavimento onde nulla rimanesse di mal composto, si videro tre ripostigli di legno, ivi abbandonati, ma per aventi iscrizioni che dinotavano in essi contenersi i corpi degli apostoli Andrea, Luca, Timoteo, i quali l imperatore ed i Cristiani tutti con massima allegrezza mirarono; e festeg giati con tutta la pompa e solennit che doveasi, e rea-

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duti loro gli onori che sono di rito , chiusili di nuovo in quelle casse, nelle quali erano stati ritrovati, li risep pellirono \ e perch il luogo non mancasse pi n della memoria, n del concorso conveniente ai corpi di que gli Apostoli, piamente lo.dedicarono. N, come gi dissi,, pu dubitarsi che questi Apostoli non si rendessero manifesti allora agli uomini in ricompensa dell9 onore fatto ad essi dall9Imperadore. Imperciocch ove il Prin cipe religioso, gli enti celesti non rifuggono da9 mortali ; ma godono di conversare con loro 9 e di consociarvisi amichevolmente. Ma chi tacer del tempio di Acacio? Questo era rovi noso , e Giustiniano lo disfece, e ricostru da9 fonda menti , mirabilmente ampliato. esso sostenuto in ogni parte da colonne di candor singolare, e del marmo stes so, di che sono fatte le colonne, n lastricato il suolo, onde tanto splendore ne nasce , che tutto il tempio par coperto di neve. Vi sono costrutti due portici, uno tutto a colonne , 1 altro volto al foro. Poco manc che non obbliassi di accennare la cappella conservata a 5 . Platone, edilizio splendido, augusto , e vicino al foro di Costantino ; e il tempio del martire Mocio, il pi grande di tutti, e quello del martire Tirso , e quello dedicato a S. Teodoro, posto in faccia alla Citt nel luogo detto Resco; e quello della martire Tecla presso il porto, che desume da Giuliano il suo nome , e quello di S. Teodota nel suburbano detto Ebdomone , o settimo. Tutti questi il Principe nostro da9 fondamenti edific nel tempo che regnava Giustiuo suo zio: i quali intanto u facilmente alcuno pu ben descrivere, n altri quanto

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meritano ammirare. Vuole poi che di s si parli il tem pio di S. gatonico , se non che posso io far tanto , mancandomi voce e parole atte all uopo ? Per lo che Contento d averlo indicato , lascio 1 officio di riferirne la splendidezza e la perfettissima magnificenza ad altrui, che sia pi gagliardo nel dire, e meno defatigato di mente* CAPO V.

Come il mare circuisca Costantinopoli.


Avendo Giustiniano osservato che nell Anaplo, e nelP opposto continente , come pure intorno al seno , che dagli indigeni si chiama Ceras dal nome di Ceroessa, madre di Bizante che fond la citt, non verano templi degni di alcun santo ^ a tal cosa riparando diede prova di magnificenza veramente imperiale, come or ora io dimostrer dopo che m abbia detto come il mare orni ed abbellisca Costantinopoli. E certamente alla felicit di Costantinopoli assai ag~ giunge lopportunit del mare, il quale intorno ad essa co s nella terra sinsinua, si forma in istretti, e stendesi in tasto pelago, che per tutto questo la citt prende un su perbissimo aspetto} e col tranquillo soccorso de porti invita i naviganti, riceve copia abbondantissima di vi veri , e di tutte le icose comode agli uomini si riempie* r Egeo , e H Ponto-Eussino sono i due mari, che la cin gono , e che al lato orientale -di essa unisconsi, e meschiando le loro acque insieme dibattonsi a m odo, che con quella loro irruzione dividono il continente, e

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alla citt fanno cerchio amenissimo. Con che essa viene ad avere intorno a s tre golfi uniti insieme , i quali paiono fatti apposta per renderne la situazione superba mente bella, e d ogni desiderabile comodit provveduta. N alcuno dessi v ha , che non si navighi con diletto 9 che non ristori la vista, che non somministri facilissimo ancoraggio a chi vuole approdarvi. Quello di mezzo venendo dal Ponto-Eussino recasi direttamente alla citt per darle decoro; e dallun lato all altro stanno i due continenti, dacui lidi esso stretto, il quale increspan do le acque, superbo di tnere P Asia e P Europa, saccosta alla citt in forma di fiume placidissimo. Quello che sta a mano sinistra chiuso da lunghissime sponde, per ogni parte presentando alla citt boschi, prati amenissimi e tutte le delizie del continente opposto : quindi poi volto verso mezzogiorno , ed allontanandosi dall Asia, ed ampiamente distendendosi, non rimansi per qnesto di bagnar la citt fino alla parte di essa occidentale. A destra il terzo congiunto al primo dalla contrada, che dicono Sicena, per lungo tratto scorre sul lato settentrionale della citt^ dove termina in forma di seno. Di questa maniera il mare la corona, li resto dalla terra occupato con tanto intervallo, quanto ba sta a legare quella corona formata dal mare. Codesto seno, che io dico, sempre tranquillo, n suolsi turbare menomamente : cos che direbbesi ivi essere prefisso il termine alle burrasche, e le procelle in riverenza, e ad onore di tanta citt non osare di farsi vedere. Che se per avventura galiardi venti soffino, i mari e lo stretto sum* movendo, ove le navi sieno entrate nelle fauci di quel se-

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no, senza bisogno d chi le governi, ed ovunque il caso le p o rti, approdano sicuramente. Quel seno gira pel circuito d oltre quaranta stadii, ed tutto quanto porto. Per Io che in esso ancorata una nave, guarda al m ar, colla poppa, e colla prora tiensi alla te rra , quasi que* sti due elementi gareggiassero insieme a chi dentrambi meglio serva la citt. CAPO VI.

Edifizii nel seno Ceras, cio i tempii di S. Lorenzo, della Vergine nelle Blancherne, dei SS. Prisco e Nicolao , de'* SS, Cosma e Damiano , e del S . martire Antimo.
Tale , come abbiamo detto, quel seno. Ad esso Giu stiniano Augusto accrebbe decoro e splendidezza cogli edifzii, che d* intorno vi eresse. Alla sinistra del seno ristaur il tempio di 5 . Lorenzo , che di cieco e tene broso, per dir tutto in breve, ridusse alla forma, che veggiam oggi. Di l da quello edific alla Madre di Dio nelle Blancherne la chiesa , che di sopra descrissi : di poi un nuovo tempio eresse ai SS. Prisco e Nicolao, a cui gli abitanti di Costantinopoli volentieri accorrono , tanto per venerazione a que S anti, quanto pel piacere che mette la vista di s bella fabbrica. Imperciocch l Inuperadore, contenuta la violenza de1flutti del mare con alta mole, su questa gitt i fondamenti di quel tempio. In fondo al seno, in luogo assai scosceso era V antico tempio de1SS. Cosma e Damiano, ove a lui una volta

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s gravemente ammalato, che era ridotto quasi esanime, e da medici abbandonato come m orto, apparvero que9 Santi, e con inaspettato ed affatto mirabile soccorso re carono salute, pienamente risanandolo. A dimostrazione quindi di sua gratitudine, per quanto ad uomo permes so , mutata affatto in miglior forma F antica struttura, lurida. e vile, n di tanti Celesti degna, un tempio eresse per eleganza, per grandezza, e abbondante luce splen didissimo , e delle molte altre cose, di cbe mancava F antico , benignamente lo provvide. Coloro , cbe trovansi presi da malattie pi forti delP arte medica, di sperando di ogni umano soccorso volgonsi alla sola spe ranza che loro rim ane, e sa battelli pel seno fannosi portare a questo tempio. Cos tosto cbe salpano , veggonsi innanzi quel tempio, appariscente come da roc ca , e glorioso per la munificenza del riconoscente Prin cipe , auspice loro di buona speranza. Di l del seno F imperadore fabbric sul lido del medesimo un nuovo tempio, e lo dedic al martire An timo. Lo spalto , su cui posa, forma una dilettevole vista, perciocch non rompesi ivi F onda rumorosa sui sassi ; n, come in m are, gli spezzati flutti con fre mito volgonsi in ispuma; ma s accostano lenemente, e taciti lambiscono la terra, e placidamente ritornano in dietro. Presentasi poscia un atrio apertissimo, di marmi e di colonne lucente, da cui largo si offre laspetto del mare; ed oltre inalzasi un portico: indi sorge il tempio , quadrato nell interno , e di marmi ben composti, e di superbe dorature tutto adorno. La sua lunghezza ne eccede la larghezza solamente per quanto nel lato

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orientale si stende il luogo per religione santissimo, ore i sacri misterii vengono celebrati. Ma di ci basti. CAPO VII.

Nello stesso seno il tempio di 5 . Irene. Ivi trovatesi le reliquie de SS . quaranta Soldati martiri, Gistimano prodigiosamente risanato.
Alle fauci del seno anzidetto posto il tempio di S. Irene m artire, il quale P Imperadore fece fabbricare con tanta magnificenza, cbe io confesso di essere inca pace a descriverlo. Imperciocch tanta cura egli mise in far bello quel seno, quasi col mare medesimo ga reggiando , che questi varii tempii vi colloc, come al trettante lucentissime gemme aggiunte ad un rotondo mo nile. Ma poich accaduto di far menzione di questo tempio dIrene, non disdir narrare ci che ivi accadde. Giacevano ivi da lungo tempo deposte le ceneri de7SS. Q uaranta, i quali furono romani soldati della dodicesi ma legione stazionata in Melitene , citt dell Armenia. Scavando gli artefici il suolo nel luogo, che dianzi ac cennai, trovarono una cassa, con iscrizione che dinotava comprendere le loro ceneri. Dopo tanto tempo, dacch era rimasa nascosta, Dio la trasse in luce col disegno di dichiarare a tutti come ben accetti gli fossero i doni dell Augusto , e comegli rimunerasse la beneficenza. E di fatto era Giustiniano ammalato, gravemente afflitto per doloroso tumore venutogli ad un ginocchio, onde colava gran marcia: e s avea chiamato addsso egli me

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desimo quel m ale, perch in tutto quel tem po, che precede la festa di Pasqua, chiamato il digiuno, era so lito ad usare s tristo vitto, che non solo a Principe sarebbe disdicevole, ma ad ogni uomo pur anco alcun poco civile. Imperciocch egli passava due giorni senza mangiare, quantunque al primo albore usasse alzarsi di letto per invigilare agli affari pubblici, che e colla voce e coi fatti avea costume di trattare e di notte, e di mat tino , e di mezzod : giacch quantunque assai tardi si ponesse a le tto , poco dopo s alzava, quasi da ma terassi offeso. A tavola poi si asteneva dal vino , dal pane e dalle altre vivande , n cibavasi che d erbe salvatiche, tenute lungo tempo in aceto e sale ; ed era sua bevanda P acqua. Di queste cose nemmeno si em piva; ma quando mangiava, tocche appena le cose leg giermente , le mandava indietro prima di avere soddis fatto alla necessit. Ora per queste cagioni vieppi aggravandosi il male, vinse le forze della medicina; e lunghi ed acerbissimi dolori P mperadore soffriva. In questo frattempo ud essersi trovate le sacre Reliquie accennate; e dato un addio all arte umana, a quelle racco man dossi, con pia fede pregando di guarire. E tale persuasione in s necessario frangente assaissimo gli giov: perciocch appena i sacerdoti gli toccarono il ginocchio col Reliquiario, il male spar, costretto a cedere ai santi Corpi. N permise Dio che si dubitasse d e l. miracolo, dato avendone un illustre segno; e fu questo, che immantinente si vide dalle sacre Reliquie, e dal va,so che le conteneva venir fuori olio, che i piedi e la veste purpurea dellmperadore bagn: cos che.

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quella reste cos intnta si conserva nella reggia a te stificazione dell1accaduto, e a guari mento futuro de posteri che cadano in morbi insanabili. CAPO V ili.

Tempio delPArcangelo Michele nelF Anaplo. Di Gio vanni Battista nell' Ebdomo. Altro tempio dell' A r cangelo nel littorale df Asia ; e chiesa della Madre di Dio.
Cos, come abbiam detto, Giustiniano adorn il seno Ceras. In quanto appartiene agli altri due seni, de quali ho parlato pocanzi, i lidi demedesimi con belli edifizii parimenti illustr. Due tempii dedicati allArcan gelo Michele, e posti 1 uno contro 1 altro, stavano da una e dallaltra parte sullo stretto : uno era nellAnaplo alla sinistra de naviganti verso il Ponto-EuSsino ; laltro sul lido opposto, detto dagli antichi, per quanto io credo, Proochthos, perch lungi oltre la spiaggia soprast : oggi lo chiamano Brocos ; e P ignoranza degl indigeni nel corso de tempi n ha corrotti i nomi. Veggendo i sacerdoti delluno e dell altro tempio, che questi erano diroccati, e temendo presto o tardi di restare sotto le rovine demedesimi, supplicarono Pmperadore che vo lesse ristaurarli nella forma di prima; e ci perch sotto il principato suo n fabbricarsi una nuova chiesa , n ristaurarsene una che andasse in rovina si poteva, se non a spese imperiali, non solo in Costantinopoli, ma in nessuna altra parte dell orbe romano. Offeiiaglisi

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dunque codesta occasione l Imperadore fece demolire l una e 1 altra, onde dei difetti antichi non rimanesse traccia ; e quella che nell Anaplo , edific di questa maniera. Linterna porzione di quel lido lastric tutta con pietre. A guarnitura del porto, e sul littorale, fece un faro; essendo ivi il mare placidissimo, e dando tutta la desiderabile opportunit pel commercio colla terra: cos potendo collapprodare a quello spalto quelli cbe dalla via di mare conducevano m erci, cambiarle con que mercanti eh erano in terra. Di l da quel faro, piantato sul lido, d innanzi al tempio s alza un atrio, i cui marmi da una banda rappresentano coi loro colori varie frutta, e dall altra ricordano le nevi. Coloro che ivi passeggiano, godono dolcemente del belleffetto, che quella splendida eleganza produce , ed insieme dell aspetto del mare: si ricreano inoltre colle aurette che ordinariamente spirano dal mare che trapassa, e dalle colline. La fabbrica cinta tutta in giro da un porti cato , che termina al lato orientale della medesima; e in mezzo sorge il tempio, vario pe marmi di mille co lori, e coperto di altissimo tetto. chi pu degnamente dire delle gallerie pensili, degl interni recessi, dello splendore gratissimo de marmi onde sono investite le pareti, e lastricato il pavimento? Aggiungi la immensa quantit dell oro dappertutto diffuso, s che pare con genito alle materie, alle quali appiccato. Narrando queste cose vengo ad avere anche descritto il tem pio, cbe pco innanzi Giustiniano Augusto eresse nel1 Ebdomo a Giovanni Battista : perciocch queste due chiese , somigliantissime entrambe, in questo solo sono

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differenti, che qtiella di S. Giovanni Battista non posta sul mare. Cos nell Anaplo fabbricato il tempio dell Arcan gelo. Ma nell opposto lido, poco lontano dal mare il luogo piano naturalmente , e fatto alto con gran massa di pietre, in cui laltro dell Arcangelo stesso, s bel lo , s grande, e s magnifico, da potersi dire degna mente sacro a S. Michele, e fabbricato da Giustiniano Augusto. Non lungi vha il tempio della Madre di D io , il quale essendo rovinoso , egli similmente rislaur : la cui eccellenza se volessi considerare, ed esporre con pa role , il discorso andrebbe troppo in lungo. Or segue una parte di storia gi da tempo attesa. CAPO IX.

Tolti di mezzo i lenoni, una certa reggia vien trasmu tata in monastero , destinato alle meretrici penitenti, e detta la Penitenza. Tempio di S. Panteleemone sul promontorio. Spedale nell* Argiromo. Tempio delr Arcangelo nel Mocadio. Tempii di S . Trifone , de SS. Mena e Meaco >e di S. Ja.
Era in quel lido un antica reggia , bella a vedersi. Giustiniano Augusto la consecr tutta a Dio , al pre sente piacere preferendo il frutto di piet, che in tal modo ne trasse. Aveavi in Costantinopoli una greggia di donnicciuole, costrette a servire nel lupanare a ve nere ; perciocch poco dando ad esse da mangiare il lenone da cui dipendevano, sicch non uscivano mai

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da estrema penuria, trovavansi in necessit di prestarsi cotidianamente a chi le volesse , avventizio ed ignotp* E v era insieme in'abbondante numero lina compagnia di lenoni, i quali trattavano questa.sorta di negozii non solamente ne1fornici, ma eziandio nel foro pubblic , mercatando laltrui femminile bellezza, e costringendone la pudicizia con turpe tracotanza. Ora Giustiniano imperadore e Teodora Augusta, comune avendo tra loro checch a piet si riferisse, fecero l seguente delibe razione. Cacciarono i lenoni, purgarono di tale abbominazfone la Repubblica, e le pi povere di quelle donne liberarono dalla servile lussuria, facendo che potessero vivere non ischiave di alcuno, e colla libert praticare la continenza. Ci deliberato, in quel lido dello stretto, che rimane alla destra di chi naviga verso lEn'ssino , quell7antica reggia mutarono in uno splendido' mona steroaffinch ivi raccolte quelle donne facessero peni tenza della loro vita passata, volto lanimo al divin cul to , ed espiando i peccati commessi. Per questo molto acconciamente fu quel soggiorno di donne chiamato la Penitenza. A quel monastero poi gli Augusti diedero ampie rendite, e molte camere edificarono atte a dare, a .quelle donne conforto, perch ben fornite di ogni comodit, sicch dalla necessit non fossero tratte a violare il proposito di castit. Cos fu la cosa. Di l tirando innanzi verso il Ponto-Eussino presen tasi un promontorio scosceso, che viene in fuori dal lido dello stretto, su cui era situata una chiesa di S. Panteleeraone, con poca diligenza in addietro edificata, e gi cedente alla sua vetust. Demolita adunque una
P aOCOFIO.

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tale chiesa, e quella fabbricata magnificentissima, che oggi vi si vede, Giustiniano Angusto al Martire prest l onor conveniente, ed aggiunse decoro allo Stretto coll ornarne ambe le sponde, siccome dissi, di sacri edifzii. Di l da questo tempio, nel luogo che chiamasi P Argiranio, era una vecchia casa pei poveri colti da ^nalattie insanabili. Q uesta, che il tempo avea gi di* roccata, con molto impegno rifece da meglio servire alla prima istituzione. Sul lido detto Mocadio, vicino al luogo che anche oggi detto Iero , fond all Arcan gelo un tempio augustissimo , per dignit non inferiore in nissun modo ad alcuno de gi rammemorati. Pari mente una chiesa, con molto lavoro e tempo , ornata sopra quanto possa mai dirsi, inalz al martire Trifone in quella piazzetta della citt, che ha nome dalla Caco* nia $ ed unaltra nelPEbdomo ai martiri Mena e Meneo. A sinistra poi della Porta Aurea vedendo essere rovinata la cappella -di S. Ja , munificamente la rifabbric. Fin qui ho parlato de-sacri edifzii da Giustiniano imperadore fatti eseguire in Costantinopoli. Dire partitamente di quelli, cV egli costrusse per tutto limpero romano , sarebbe cosa grave $ n basterebbe il discorso* Bens avendo a far menzione nominatamente di alcuna citt, o provincia, opportunamente parleremo de suoi tempii.

CAPO

X.

A ltri edifizii; e primieramente della Curia, e di Calce.


Cos adunque Giustiniano Augusto adorn di tempii Costantinopoli, e i luoghi suburbani: riferire poi ad uno ad uno gli altri, edifizii non cos facile* Ma baster dire in compendio, cbe la maggiore e principal parte della citt e del palazzo cbe P incendio avea consunta, restaur con pi eleganza: se non cbe avendo io accuratamente rammemorate in particolare queste cose nella Storia delle G uerre, giudico superfluo par larne qui. Solamente ora dir di questo mperadore es sere opera il vestibolo della reggia, e quel tratto cbe cbianfano Calce fino all Eco di Marte ; e le terme di Zeussippo partendo dal palazzo, e i grandi portici, e quanto sta intorno al foro di Costantino. Oltreci cam bi faccia alla casa di Ormisda, prossima al palazzo 5 e fatta splendidamente degna della reggia P aggiunse al palazzo medesimo, per la quale aggiunta il palazzo rend e pi spazioso, e pi magnifico. Presso al palazzo v il foro messo tutto a colonne, e dai Costantinopolitani chiamato lAugusteo, del quale io feci menzione quando , descritto avendo la chiesa di S. Sofia, parlai della statua di bronzo posta in onore dell mperadore sull altissima colonna di marmo a monumento di quella opera. Al'fianco orientale del foro vha la C uria, opera di Giustiniano Augusto an^ eh essa, e s splendida, e s fornita d ogni magnifica cosa, che supera ogni dire. Ivi il senato raccogliendosi

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sul principio dell'anno, Secondo T uso e ie istituzioni della Repubblica, celebra festa solenne. Stanno innanzi alla Curia sei colonne, due delle quali dalla parte volta all occidente sostentano in mezzo la muraglia della me* desim&; e quattro alcun 'poco sono distanti da quelle, candide tutte, e di quante ha luniverso mondo, a parer mio , assolutamente maggiori. Formano esse un portico fatto a volto, la cui parte superiore tutta splende di marmo del colore stesso delle colonne, e di gran n mero di statue viene mirabilmente coronata. Non lungi dal foro la reggia, che Giustiniano Au gusto rifabbric di nuovo quasi tu tta, siccome accen nai \ e poich non possibile con parole descriverla, baster ch i posteri sappiano essa, quanta , essere Opera del Principe nostro. E poich secondo il volgare proverbio dall unghia si conosce il lione, cos la eccel lenza di questo palazzo i miei leggitori congettureranno dal vestibolo, che chiamasi Calce. Quattro muraglie al tissime sorgono perpendicolarmente in forma quadran golare : in ttto eguali tra esse, fuori che in lunghezza sono minori di alcun poco le due che guardano mez zod e settentrione. Ad ogni angolo sta un pilastro, che ne fa sostegno , costrutto di pietre lavorate, che dal suolo s alza insieme colla muraglia sino al colmo della fabbrica. E il pilastro quadrato , e in ciascun lato s attaccato alla muraglia, che anzi che toglierle il garbo, con certa bella convenienza lo accresce. Otto arcate poi vi si alzano sopra, quattro delle quali sostengono la cupola sorgente nel mezzo di tutto 1 edilizio ; e in quanto alle altre, due dalla parte del seitentriope, e

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due da quella di mezzod piantate sulla prossima mura glia , vengono ad inalzare il tetto con altra cupola da ogni parte. Tutta la volta nell interno splendida per pitture, non gi fatte con encausto, ma bens a mosai co , e rappresentanti, oltre quantit di altre cose di ogni specie , immagini duomini, e fatti, che qui verr indicando: Da nna parte e dall altra vi sono guerre e battaglie , e assai citt , d Italia e dAfrica, prese da Giustiniano mperadore per mezzo di Belisario suo le gato. Questi reduce coll intero suo esercito , offre a lui il bottino, i re vinti, le regine, e quanto di pi distinto tra gli uomini. Stanno nel mezzo l mperadore e Teodora Augusta, entrambi in aria lietissima per tan ta vittoria, supplici - vergendosi innanzi i re de1Van dali e de Goti. Assistono intorno festivi i senatori; e cos fatta la pittura , che *ne loro volti P ilarit si fa chiarissima, co gesti e col sorriso applaudendo per la grandezza delle imprese alP mperadore , come frebbesi a Celesti. Nel rimanente tutto nell interno incrostato di . marmi con iscelti pezzi dal . fondo alla cima , .e fnanco il pavimento ; ed alcuni di quemarmi laconici pareggiano lo smeraldo, altri imitano la fiam ma ; la pi parte splendono per la bianchezza, da co lor ceruleo a foggia d onde interrotta. E ci basti.

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C A P O XI. ^Atrio alle Terme di Arcadio* Cisterne. Palazzi nelV Ereo, e nel Jucondiano. Porti* Spedali.
Chi dalla Propntide naviga al lato orientale della c itt , ha a sinistra le Terme d Arcadio in Costantino poli, le quali a tanta metropoli fanno ornamento. Ivi il nostro Imperadore fece alla citt un atrio che serve di passeggio agli abitanti, e di stazione a navigatori. Il Sol levante illustra quell9atrio, e declinando all9 occaso gli somministra il comodo dell9ombra. Lo bagna intorno placido il mare,a guisa di fiume scorrente dal Ponto, sicch chi l passeggia pu parlare con quelli che sono in nave: perciocch essendo il mare fino al labbro dello spalto profondissimo, vi sostiene le navi, ond9 che per la somma tranquillit delle acque, possono gli uni e gli altri tener discorso insieme. Tale 1 effetto della vici nanza del marea quell9 'atrio,amenissimo per quel pro spetto , e ventilato da ogni parte d dolci aurette. Al basso poi e in alto, colonne e marmi rendonlo sopra ogni modo dignitoso, e col loro candore incredibilmente splendente, ove vi battano i raggi del sole, che produconvi un mirabile sfolgoreggiamnto. Molte statue lo adornano, alcune di bronzo, altre di marmo, che fanno egregio spettacolo ; e le diresti opera di Fidia ateniese, o di Lisippo di Sicione, o di Prassitele. Ivi sopra una colonna ve n9ha una di Teodora Augusta, fattavi porre dalla citt in attestato di grato animo per Patrio da lei fabbricato. Bella n9 Pimmagine, non per eguale alla

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bellezza di quella che rappresenta : ch n con discorso, n con simulacro l arte umana pu tanto. La colonna del colore di porpora; e prima della immagine stessa annunzia portare in cima 1 Augusta. Ora dir che cosa abbia fatto lmperadore perch la citt abbondasse dacqua dolce. Questa regia metropoli di estate per lo pi scarseggiava d acqua, sebbene ne .avesse abbondantemente nelle altre stagioni dell anno : quello scarseggiarne proveniva dallo scemarsi a ca gione del troppo caldo le sorgenti , onde mandavano nelle citt sottili e deboli fili d acqua. Ecco pertanto che cosa fece lmperadore. Presso il regio portico, ove trattano i causidici le liti, e quanti altri di tali affari si occupano, v ha un atrio per lungo e largo amplissimo, cinto da un ordine quadrato di colonne, non piantate sopra suolo molle, ma sopra una base di sasso. Quattro portici gli stanno intorno, ognuno ad ogni lato ; e in quello che guarda al mezzod, Giustiniano fece scavare profondamente una fossa, e in quella raccogliere e ser bare per la estate le acque abbondantissime nelle altre stagioni. In tante cisterne da quella fossa, come da acque dotto, scorre lacqua; ed opportunamente poi provvede al bisogno. Tanto Giustiniano Augusto fece perch i Co stantinopolitani avessero acqua dolce. Nuovi palazzi ancora in altri luoghi costrusse, cio nel cos oggi detto Ereo, e nel Jucondiano : de quali edifzii n lo splendore congiunto ad arte singolare ; n la bene architettata grandezza potr mai degnamente riferire. Dir solo quepalazzi essere stati fatti sotto gli occhi e la direzione stessa di Giustiniano, a tutto aven*

do riguardo, fuorch alla .spesa: sicchnon p o s s ile Immaginare ia somma. Ivi egli fece'un nuovo porto, e Io fortific; perciocch veggendo come il lido d en trambe le parti era.sbattuto da venti dai flutti, lo rend ai naviganti sicuro nella seguente manierai Avendo fatto fare innumerevoli e grandissime arche, siccome le chia mano, quindi e quinci le fece profondare per traverso, e ben lungi dal lido ; a queste altre soprapponendo, ed altre alle ultime, due moli marittimi, opposti tra essi, inalz dall imo gorgo fin sopra il livello delle on d e; grossi macigni di poi vi aggiunse, i quali percossi dai flutti ne rompono la forza, e li respingono: per lo '<;he in inverno , quando i venti infuriano, entro quemuraglioni tutto tranquillo, non lasciato che un adito solo per le navi, onde entrare nel porto. Ivi edific i tempii, che accennai, e fori, e bagni pubblici, e quasi tutt altro, che v, e che per nulla cede ai palazzi della citt, Nel luogo del continente opposto, che [da Eutropio ha il nome , non lungi dalP E reo, fece un altro porto simi lissimo. Questi sono, per dire brevissimamente, gli edifizii di Giustiniano Augusto nella citt. Dir ora di uno che ri mane da accennare. Siccome qui Plmperadore soggior na , a cagine della grandezza dellimpero da tutto il mondo capita moltitudine d uomini d ogni fatta , chi per affari, chi condottovi da speranza, o da fortuna. Molti, le cui cose domestiche vanno male, per ricorrere alP mperadore, fermansi nella metropoli a loro malgra do v cos obbligandoli il bisogno, o da esso angustiati di jfatto, o minacciati. AlP altra miseria loro questo an

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cora si aggiunge, di mancare di tetto; non avendo deDar, con che procacciarsi alloggio. Da tale disgrazia pertanto vollero sollevarli Giustiniano imperadore, e Teodora Augusta; e quindi presso al mare in quel luogo che chiamasi lo stadio, perch, come credo, in addietro era destinato ai giuochi ed ai certami, fecero edificarci amplissimi spedali, ove chi trovato si fosse in tanta inopia, potesse comodamente albergare.

LIBRO SECONDO
CAPO PRIMO.

Giustiniano fortifica la citt di Dara da Anastasio imperadore fondata nella Mesopotamia.


Nel passato libro abbiamo parlato de nuovi tempii che in Costantinopoli e nelle vicinanze Giustiniano Au gusto fabbric , e di quelli che ristaur, rovinosi per P antichit ; come pure di tutti gli altri edifzii nella stessa metropoli inalzati. Or volgeremo il discorso alle fortificazioni, delle quali cinse le frontiere dell9impero romano : nel che avremo ad affaticare assai, arduo es sendone l argomento. Ch non di piramidi, opera tanto decantata dere di Egitto, fatte ad inutile pompa, dobbiam dire ; ma descrivere le rocche, e i luoghi forti con cui il nostro Prncipe conserv P imperio, di tal modo munendolo, che mand a vuoto gli attentati dei barbari contro i Romani. E penso bene d'incominciare dai confini persiani. Posciacb i M edi, restituita ai Romani Amida, di parti ron si dai confini di questi, siccome da me fu nar rato ne'libri delle G uerre, Anastasio Augusto fece cin gere di mura P ignobile borgo di Dara sul confine per siano , e procur di farne una citt, onde a1nemici dar che fare, se. volessero muovere da quella parte. Ma perch nel trattato di pace fatto anticamente coi Per

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siani dall9mperadore Teodosio era stato pattuito, che nissuna delle due nazioni potesse sulle sue terre pros sime a quelle dellaltra alzar nuova fortezza, i Persiani opponevano la fatta convenzione, ed in ogni maniera impedivano lopera, quantunque allora fossero distratti dalla guerra cogli Unni. I Romani all opposto veden doli meno preparati ad usare la forza , con pi animo erano intesi ad affrettar 1 opera, e cercavano di com pierla prima che i nemici, riconciliandosi cogli U nni, potessero pi risolutamente portare le loro forze a quella parte. Da ci nacque, che vivendo i Romani in sospetto , e continuamente temendo qualche ostile as salto , non troppo solidamente edificarono; ci impe dendo appunto il precipizio, con cui furono astretti ad operare: chiaro essendo che celerit e solidit non so gliono congiungersi; n sono compagni il lavoro subi taneo colla osservanza esatta di quanto la ragione pu prescrivere. Per questo cos affrettandosi fecero le mu ra , che doveano essere pe nemici inespugnabili, alte appena quapto bastasse; e non aveano ben disposte nel debit ordine le pietre, non secondo la giust arte costrutto il lavoro, e nemmeno i materiali ben uniti colla calce. Laonde parecchie torri non potendo resi stere n alle nevi, n ai cocenti calori del sole, pel cattivo modo con cui si era fabbricato, in breve tempo sdruscirono. Questo era accaduto alle prime mura di Dara. L mperadore Giustiniano consider seco stesso che i Persiani avrebbero fatto di tutto per rovesciare un opera troppo ad essi infesta: che con tutte le loro forze

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lavrebbero assaltata, niun arte trascurando per riuscire nell1intento? e torri portate da elefanti, e rialti e mac chine di gni maniera adoperando ; e che in fine, se alcun sinistro venisse a patire D ara, antemurale da quella parte di tutto limpero,la repubblica ne avrebbe una scossa tremenda. Per tutte queste considerazioni deliber di fortificare quella citt. E primieramente, siccome le mura, per quanto ac cennai , erano assai imperfette, e facilissime ad essere espugnate, valse 'tutto il suo pensiere a far che i nemici non potessero ne accostarvisi j n romperle. Al qual ef fetto i merli delle torri restrinse con pietre, e li serr in modo, che fra essi non restasse spazio se non quanto comporta una fenestrella, bastante' a muover la mano per di l gitt^r dardi sugli assalitori. Aggiunse quindi alle mura un altezza di quasi trenta piedi; ma non ne con tinu la grossezza proporzionatamente, onde dal so verchio peso non ne patissero i fondamenti, e le mura crollassero: bens rinforzate queste con un fabbricato di macigni, e fattovi girare intorno un portico, a que sto soprappose altri merli: di modo che le mura vennero ad avere un doppio incastro dappertutto. Nelle torri poi tre luoghi v hanno , d quali i difensori possono respingere gli assalti de nemici ; perciocch alla met delle medesime pose de barbacani, ed altri merli vi aggiunse , sicch il muro ivi ebbe un triplice congegnamento. In quanto poi alle torri, che dissi in breve tempo aver patito., non ard egli atterrarle , stando i nemici continuamente all erta per approfittare, di ogni occasio

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ne propizia, se alcuna parte facile ad-attaccarsi , loro-si presentasse : ma ripieg nella seguente maniera. Lascia* te codeste torri nello stato in che erano, fuori di ognuna altra certa opera c'ostrusse di forma quadrata, forte e benissimo intesa; e le muraglie minaccianti rovi na , con altro rinforzo assicur ; ed avendone opportu namente demolita una , detta la custodia, tutta di nuo* vo e saldamente la ricostru, togliendo cos ogni ragione di timore , che le : deboli *fortificazioni facevano nascere. Anche il muro esterno a proporzione rialz, e vi condusse una fossa, non in foggia consueta, ma in altra particolare ; e questo fece in brevissimo spazio : di che ecco la ragione. La pi parte delle mnra inaccessibile agli oppugna tori, perch posta in luogo non piano, che favorisca le loro insidie, ma in.pendo sassoso*, ed erto; dove n far si possono cave, n portar macchine. Dalla parte del mezzod il suolo molle,* facile a scavarsi, e perci adatto, a lavori sotterranei, con cui penetrare dentro la citt. Qui dunque egli fece la fossa, girante intorno a modo di mezzaluna, e di competente profondit e Iai> ghezza, entrambe le estremit congiungendone al muro minore ; e la riemp dacqua, onde a nemici riuscisse affatto insuperabile. Un altro muro minore pose di poi al margiue esterno della, medesima, ove in tempo di assedio debbono stare le sentinelle romane, assicurate dalle, mura grandi, e dall altro muro minore. Nell in tervallo in fioe presso la porta che guarda lAmmodio, evvi un gran riajto, da dove i nemici rotto il muro avrebbero potuto nascostamente entrare nella citt ; e

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questo spian; e s bene aggiust il luogoy che tolse ogni mezzo di firaude nemica. C A P O II.

Dara provveduta di acqua abbondante. Per mirabil caso il fiume si rende pi opportuno.
Abbiamo detto come Giustiniano Augusto fortific D ara: poscia.fece varii serbatoi d acqua tra il muro maggiore e il minore, e presso la chiesa di s. Bartolommeo apostolo a ponente. Corre a due miglia dalla citt un fiume proveniente dal Suburbano detto Corde : da una parte e dall altra le rive sno formate da due sco gli scoscesi, le cui radici il fiume trapassa fino alla cit t , bagnando il piede de monti. Da ci nasce che i nemici non possano divertirlo, e nemmeno tentarne l impresa, non permettendo tale violenza il troppo basso letto ; ed in siffatta condizione viene introdotto in citt* Gli abitanti condussero dalle mura un gran canale, il cui ingresso con grosse inferriate munirono , per le quali l acqua passa senza nuocere al muro. Di tale maniera entrato in c itt , dopo aver riempiute le cisterne, ed avere servito a quanti canaletti gli abitanti pe loro comodi hanno aperti, sinoltra in altra parte della citt, dalla quale esce per una bocca simile a quella, per cui entr. Nel tempo in cui quel fiume iva errando pe vicini campi, la citt era facile ad assediar si: ch per l abbondanza dacqua, loro pronta, non aveano i nemici ostacolo ad accamparsi ivi. Or Giusti-

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niano Augusta pens in che modo provvedere; e Dio tolse ogni difficolt; e prestato a nn tratto il rimedio pose la citt in salvo. La cosa accadde come siegue. Uno del presidio militare della citt, o n avesse vi* sione in sogno, o per propria ispirazione, presi seco parecchi artefici, avendo entro le mura disegnato il luo* g o , ordin che ivi si facesse una Innga fossa, affermane d che sarbbesi trovata entro terra una sorgente di acqua dolce. Condotta intorno la fossa per la lunghezza di quindici piedi, un profondo vuoto si apr sotto il ter* reno; e ci fu di salute alla citt, non certamente per Opera e provvidenza degli artefici, ma perch quanto di sinistro allora accadde, pel beneficio di quella fossa torn in bene de Romani, In questo frattempo per grandi piogge cadute il fiume,*di cui parlai, presso al muro rumoreggiando, e gonfio grandemente, npn iscor reva pi ; e notabilmente cresciuto, non avea alcnno sfogo, ch n il muro gliel prestava, n il canale. R i** stavasi adunque, e spingendo contro il muro le acquej da ogni parte altissimo, fatto era ivi fermo; se non he ad intervalli ineguali andava. ondeggiando. Per lo che presto poi ruppe il muro minore; e rovesciata anche parte del maggiore, fattasi una p o rta, si .diffuse per la citt, e la inond quasi tutta, il foro, i portici, le stra d e , e le case invadendo, cos che ne asport violente mente le suppellettili, i vasi di legno, e molte altre cose simili, ite infine a cadere in quella fossa : indi per via sotterranea scomparve agli occhi d tutti. Se non che pochi giorni dopo, giunto al confine di Teodosiopoli ricomparve, quaranta miglia lungi da D ara, ben Hco-

m nosciuto dalle robe, che dalle case di Dar avea aspor tate , poich tutta la masa delle medsime col sbuc; Da quel tempo , regnando pace, e stando in buon or dine le cose, qusto fiume scorrendo mezza citt, dopo aver riempiute le cisterne di acqua, esce per la bocca che, come dissi, gli aprirono, quelli che la citt fabbri carono , ed i vicini campi inaffando , tutti gli abitanti suol rendere lieti pc vantaggi che ne traggono. Quando poi venga esercito nemico per assediar la citt^ le bocche che abbiamo dett chiuse da inferriate, assicuransi con grosse spranghe , e con travi; e il fiume da mauo inge gnosa forzato a divertere e a scaricarsi altrove , portasi nella fossa, e nel baratro, che sta sotto a questa: onde mancanti daqua i nemici per necessit debbono levare F assedio. Csi fece M irrane, condttiere de Persiani, regnando Cabade : ch avendo assediata la citt, per questo accidente dovette in breve partirne. E cosi pure accadde molto tempo dopo a Cosroe, il quale con eser cito numeroso avea tentato di conquistar la citt. Non avendo egli saputo riparare alla mancanza dacqua, e veduta V altezza delle m ura, giudicandole inespugnabili si pent del tentativo, e ritorn in Persia, vinto dalla provvidenza dli1Imperadore romano.

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CAPO

III.

Crise ingegnere vede in sogno una specie t argine da opporre al fiume che bagna Dara. La stessa cosa viene in mente a Giustiniano Augusto. Altri edifizii da lui fa tti in quella citt. Fortificazioni della citt di A mida.
Le sopraddette cose fece Giustiniano Augusto nella citt di Dara. Ora dir in che maniera facesse che in avvenire quel fiume non nocesse alla citt, in ci ma-nifestamente aiutato nel suo disegno da Dio. Un certo Crise alessandrino , ingegnere eccellente , solito a ser vire P mperadore nelle fabbriche che intraprendeva, avea fatti molti edifizii tanto in Dara, quanto altrove. Essendo egli in cammino in altre parti', quando il fiu* me inond la citt, siccome ho narrato, avutone avvi so, e gravemente rammaricato, and a letto? e dor mendo. ebbe questa visione. Parvegli vedere uno di sta tura altissima ed eccedente la umana, il quale disegnava, e mostrava una macchina atta a preservare in appresso la citt dalla inondazione. Pensando egli eh quella fosse una rivelazione divina, dell accennata macchina, e della notturna sua visione scrisse all mperadore , e di quanto avea veduto gli mand un disegno. Poco pri ma era allAugusto capitata da Dara l'informazione del l accaduto: per lo che commosso Ymperadore, e gra vemente afflitto del caso, chiam a s immantinente i celeberrimi architetti Antemio ed Isidoro , de quali di sopra feci menzione; e comunicato loro il fatto , doPaocono^

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S O fi
jnand con qual mezao in appresso potesse salvarsi la citt da simile danno. L uno e 1 altro dissero- quanto credettero a proposito; ma Plmperadore per certa celeste ispirazione, pon ricevuta ancora la lettera di C rise, da s stesso mirabilmente fece quanto mostrato avea in sogno a Crise 1 immagine, che a questo era apparsa. Era ancora sospesa ogni deliberazione: n ben sapeano ci che bisognasse fare, quando il congresso si sciolse. Jl terzo giorno dopo venqe chi ricapit all Imperadore la lettera di C rise, e il disegno della macchina da que.sto veduta iu sogno. Giustiniano adunque chiama a s di nuovo i due architetti, e fa loro ripetere quanto pel lavoro occorrente aveano insieme concertato; e cos f-? cero, ripigliando i dettati dell arte loro; n omisero di esporre ci che per. parte sua F Imperadore avea proposto. E questi allora facendo, uscire il messo di Crise y colla lettera e col disegno veduto in sogno delV opera che occorreva, tal cosa mise que due in gran maraviglia, giudicando seco stessi, che Dio soccorreva al nostro principe in ogni cosa riguardante il bene del l impero. Laonde cedendo la perizia, e Parte, prevalse Jl parere dell1Imperadore, ed essendo ritornato Crise a D ara, ebbe ordine di eseguire con tutto l impegno, ed a seconda del sogno avuto , quanto avea scritto. Ed ecco come comp il comandamento. Quaranta piedi in circa lungi dal muro esteriore della p itt , tra que due scogli , fra quali scorre il fiume, ?I? un argine di giusta altezza e larghezza, le cui estre mit , da ogni parte cos ben leg a quegli scogli, che |e acque del fiume , qualunque fosse P impeto del loro,

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corso, non potessero per eli l trovare adito. I periti di tali cose chiamano quell opera F ra tta , od Aride,-o con altro vocabolo cbe meglio piaccia loro tosare. N tir gi quell argine in retta linea, ma lo fece torto , affin ch la curvatura incontro al fiume piegando, meglio sostenesse la violenza delle acque. Quell argine pai di* vise con finestre poste sotto e so p ra , onde se per av ventura il fiume crescesse improvvisamente, fosse co stretto a ristarsi, n potesse mandar oltre tutta la mola delle sue acque; ma per que fori uscendo, a poco a poco cali ; n faccia violenza alle mura. difatto in quello spaaio di quaranta piedi, cbe sta tra 1 * argine e il muro esterno, vien la corrente senza violenza ve runa , e alla solita apertura del muro convenientemente scendendo, rimane accolta dal canale. In fine, tolte via le p o rte , cbe improvvisamente il fiume avea aperte, il* posto che da prima occupavano chiuse con grandi ma cigni, poich il sito ivi piauo dava a ci facile adito al fiume ristagnante; e la porta colloc in luogo alto presso la parte delle m ura poste sul precipizio, ove il fiume non poteva alzarsi, Cos V Imperador nostro fece ese guire. In quella citt gli abitanti gravemente soffrivano di scarsezza d acqua, non avendo fontana sorgente , n rivoletti, che in canali artefatti conducessero acqua nelle contrade, n altra che si serbasse nelle cisterne : al contrario quelli che dimoravano ove passava il fiume, avevano acqua con poco incomodo quanta volevano, mentre gli a ltri, che n eran distanti, erano nel duro pericolo a di levarsi la sete con molto stento, o di ma-

rre assetati. Perci Giustiniano imperatore costrusse un grande acquidotto, per cui derivata lacqua per tutte le parti della citt, sollev gli abitanti da ogn incorno** do. Fece ivi di pi due chiese, una cbe dicesi la grande, e 1 altra dedicata a S. Bartolomeo apostolo. uche ai soldati edific parecchi quartieri , onde non fossero mo lesti ai cittadini. Le mura della citt di Amida, tanto maggiori, quanto m inori, erario prossimi a diroccare per la vetust ; ed egli le fortific quasi di nuovo edificandole; e cos fece quella citt pi sicura. Cosa facesse poi ne castelli, che guerniscono. i confini di queste citt, verr ora dicendo. CAPO IV.

'Situazione di B abdio. Giustiniano cinge di mura qu$\ sto luogo ; e ristaura i vecchi castelli, che sono tra. Dara ed Am ida , o ne edifica i nuovi.
Chi partito di Dara va in P ersia, ha alla sua sinistra yn paese, che non ammette n carri, n cavalli per transitarla. Aperta per quanto pu uom lesto cammi-s nare in due giorni, va a finire in luogo scosceso e pieno di precipizi! ; e questo luogo chiamasi Rabdio; e la pi parte della via che a Rabdio conduce, posta tra i confini persiani. Avendo io per la prima volta ve duto questo luogo, meravigliandomene domandai agli abitanti come fosse che da ambe Je parti suol nemico Chiudesse la strad a, e quel tratto di terre di dominio rpmano. Alcuni mi risposero, che una volta quel paese

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ppartneva a Persiani; ma ch un romno imperadori )o aveva avuto in compenso dal re di Persia, a cui, pregatone, avea ceduto un crto villaggio pieno di viti, vicino a Martiropoli. Rabdio siede sopra dirotte ed asprissime r u p i , che ivi $ alzano mirabilmente : al di sott poi stendesi uno spazio ^ che dicono il campo dei Romani, sin da principi , come accennai, singoiar co sa ; ch appartenga a1Romani, posto tom in mzzo ad una provincia de Persiani. Ma questo campo dei Romani situato in p ianura, ed abbonda di granaglie. Sappiasi adunque che i confini persiani lo circondano per ogni part* nella Persia illustre la citt di Sisaurana , la quale venuta in potere di Giustiniano Augusto egli avea di strutta , traendone indi in gran numero prigionieri i ca valieri persiani con Blescane loro capo. Essa lontana da Dara il cammino.di due giorni di uomo svlto, e tre miglia lontana da Rabdio; Quel luogo in addietro non aveva chi lo guardasse; ed era affatto ignoto, ai Romani. Per lo che da essi non avendo mai avuto n presidio, n fortificazione , n benefizio alcuno} i co toni del campo^ di cui parlai} ultimamente, oltre il tri buto pubblico che pagavano alla cassa imperiale , pa gavano di pi ogni aiino cinquanta monete d oro ai Persiani per loro sicurezza $ e per goderei tranquilla* mente delro raccolti; Ma Giustiniano mut in meglio la loro condizione; perocch cinto di mura Rabdio $ piantate sulla cima delle rupi} tlse ai nemici ogni adi to , a ci giovando ancora la situazione del luog.- E coirne agli abitanti mancava l acqua, pon avendo quelle

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rupi fontana alcuna, egli vi fece due cisterne; e in molti luoghi scavando que sassi, qua e l provvide serbatoi , onde vi si accogliessero le acque piovane; e cos con* Tortati quegli abitanti non fossero obbligati a mettersi nelle mani de nemici per non morire di sete. Gli altri castelli demonti, cbe di q u i, e da Dara vanno sino ad Amida, avendo un apparenza miserabile di fortificazioni, ve ne fece di solide tanto, cbe supe riori alle forze nemiche ottimamente proteggono limpero romano, alla fermezza congiugnendo, siccome veggiamo, la dignit. Que castelli sono Cifa, Saura, Smaragdi, L um e, Ieriflone , Ataca , Sifri, Hipalta , Banasiem one, S in a , Rasi, Dabana, ed altri, ivi piantati da tempo antico. In quelle parti vha un altissimo monte orrido per inaccessibili precipizii : sottostavvi poi una campagna in pianura, non sassosa, ma assai molle, e comodissima tanto allagricoltura, quanto alla pastura di bestiame, poich ivi cresce copiosamente l erba. Alle radici di quel monte sono frequenti villaggi, gli abitanti dequali abbondano di beni, ma sono soggetti a scorrerie nemiche. Giustiniano Augusto a ci pose ri medio , collocando sulla vetta del monte un castello, in cui depositando le loro cose preziose , all arrivo del nemico, potessero trovare un rifugio. Il luogo chiamasi il castello degli Augusti. Oltre ci que castelli che stan no allintorno di Amida, i quali avendo le mura di creta, non'potevano far resistenza ai nemici, con molta cura rifece, ed egregiamente fortific. F ra questi sono Apadna, e il piccol luogo di Birzio: e di maggior opera si lenumerarli tutti nominativamente. Perci conclu-

dendo diremo in sostanza, che tutti queluoghi, i quali dianzi erano esposti a saccheggiatori, egli mun, e rend Forti a modo, che al presente possono riguardarsi come inespugnbili ; e cos la Mesopotamia affatto chiusa ai Persiani. N dee tralasciarsi cothe nfel castello di Barasso man* cando acqua affatto , pens a provvedernelo. Sta Ba* tasso sul precipizio di un altissimo monte. Lungi e fuotf delle mura j anzi nel monte sotto P altura sorgeva una fo n te, la quale non parve potersi comprendere ntro il recinto del castello , onde nissuna parte del recinto si tuata sul piano fosse, come sarebbe stato facile, occu pata. Trovato questo spedienle ordin che si scavassi la terr entro il recinto delle mura fino a tanto che si giugnesse al livello del campo. Il che fatto y come lIm- peradore aveva divisato, inaspettatamente si manifest P acqua derivante da quella fonte; e di questa manier si assicur la costruzione del castello, e s ebbe in ab-1 bondanza P acqua opportuni CAPO V;

Mura i Tcodosiopoli sul fiume borr Hsiarat. Acquidotto a Costantino* Nella stessa maniera essendo per vetust cadute W nura di Teodosiopoli sul fiume Aborra, piazza forte dell Impero rom ano, sicch gli abitatiti iuna sicurezza aveano j ed ogni giorno tspettavausi che precipitassero* L Imperador nostro rifattane la massima parte , venne a liberare la Mesopotamia delle incursioni de Persiani*

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Giusto ranche dire ci che fece a Costantana. Erano le sue m u ra , a considerarne 1 altezza, facili ad essere scalate; e nel rimanente le costruzioni rano tali da non poter resistere ad assalto nemico, tutto facendo pensare che gli antichi, anzich un vero lavoro di fortificazioni ^ altro non avessero inteso che apporvi qualche aggiunta. Imperciocch le torri erano Ira esse distanti per modo, che chi fosse venuto ad assaltare la citt nello spazio tra P una e l altra po sto, dai custodi di quelle non po teva essere impedito. Rovinose poi erano nella massima parte per P antichit, ed aggiungasi che il muro esterno della citt pareva fatto espressamente per invitare gli aggressori a superarlo. Era esso non gi grosso di tre p ie d i, e pura creta ne congiungeva il materiale: vi erano state adoperate pietre molari fino alla met ; e nella parte superiore y si era messa una specie di pietra b ian ca, mollissima, la quale non avea alcuna sodezza* Chi dunque fosse venuto ad assaltare quel muro, se ne s.arebbe presto impadronito Giustiniano Augusto le parti cadenti del muro ristaur spezialmente a ponente e a settentrione, e dappertutto fra F uua e 1 altra torre sussistente ne pose una nuova, onde potessero tutte darsi mano nella difesa. E alle mura p o i, e alle torri diede notabile altezza, e la intera fortificazione ridusse in istato da rendere vane le forze nemiche. Nell interno delle torri costru scale segrete , ed in ognuna tre ca mere a volto : con che ciascheduna potevasi con tutta verit chiamare Pirgo-castello, secondo il linguaggio greco e latino* Costantana pativa eziandio di penuria d acqua ; ch fuori delle mura, ad un miglio di distanza

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dalla citt , sono sorgenti d* acqua potabile , presso le quali nato un ampio bosco, pieno di alberi altissimi: ma dentro le mura, ove le strade sono in pendio e non in piano , fin da antichissimo tempo la citt era arida, e i cittadini trovavansi esposti alla sete , e a gravissime difficolt per provvedervi. L imperador Giustiniano adun que costruito un acquidotto vintrodusse quanto occor reva al bisogno, e tante fonti perenni vi apr, che pu con tutta ragione dirsi fondatore di Costantina* Ecco i benefizii da lui fatti a quelle citt CAPO VI.

Circesio fondato da Diocleziano , fortificato ed ornato da Giustiniano. Annuca > ed i castelli d3 intorno a Teodosiopoli ristauratL
Sull Eufrate nella estrema Mesopotamia , dove il fiu me Aborra mesce le sue acque con quelle dell Eufrate* e in esso si scarica, v un castello de Romani, chia mato Circesio, ed in addietro fondato da Diocleziano Augusto. Giustiniano oggi regnante avendolo trovato per vetust cascante, negletto, e senza difesa , Io for tific, e ne fece una grande ed illustre citt. Diocleziano non lo aveva cinto dappertutto di m u ra , ma esteso il muro sino all Eufrate, in ambe le estremit vi aveva posta una to rre, lasciando affatto nudo lo spa zio intermedio, forse tenendo che 1 acqua del fiume bastasse a renderlo forte* Collandare del tempo il fiume era venuto rodendo la torre volta all austro , e questa

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inostravasi gi prossima a ca d ere , se non vi si ponesse! riparo. Giustiniano adunque per divino favore onorato della cura del Romano impero , e di provvedere per quanto uom possa in ogni parte al pubblico bisogno, non solamente rassicur quella torre rovinosa , facen dola riparare con forti e durissime pietre; ma tutto tti-1 cra fortific il fianco del castello, che rimaneva nudo, cingendolo di saldissimo muro : in tal modo raddop piando l difesa, col fiume , cio, e con quel muro ro bustissimo. Aggiunse pure alla citt un muro esterno , spezialmente ove il confluente fa angolo : sicch non lasci luogo anemici di tentare verun colpo. Poscia stabilito alle compagnie militari Un uffiziale , che ivi sempre stesse 5 con opportuno presidio queHa primd frontiera dell Impero corrobor.- siccome gli abitanti non potevano pi servirsi del pubblico bagno divenuto af fatto inutile per le novit cagionate dal fiume, egli a miglior forma lo trasse, e lo adorn nel modo, che di presente si vede* Imperciocch dove tutta la fabbrica eretta sopra i fornelli destinati a riscaldar F acqua pe* lavacri, e volgarmente detta le Chitropode i esposta alla correute del fiume, era guasta; consolidatane con grossi macigni la parte offesa, altri ripari, ed altre costruzioni vi aggiunse a sostenerla , impedendo al fiume, che pi la toccasse : con che alla gente del presidio restitu il comodo, di che prima godeva. E questo ci che fecd fare in Circesio. Dopo questa piazza v nnuca, antico castello, le cui mura da Giustiniano Augusto, trovate mezzo rovinate, con tale magnificenza si restaurarono, che se le fortificazioni

51 considerino, esso non cede a veruna delle citt pili illustri. In simil modo oper rispetto a tutti i castelli , che stanno necontorni di Teodosiopoli, alcuni dequali mancavano di mura , altri noti avevano che ridicoli re cinti di terra ; e in tale stato li pose tutti da metter te rro re , e fare andare via la V o g lia di assaltarli a chi F avesse. Que castelli sono Magdalato con due a ltri, che lo fiancheggiano; i due Tannuvii, maggiore, e mi nore; Bismideone, Temere, Bidama, Dausarone, Tiolla, Fila, Zamaota, e quasi tutti gli altri. Presso Tannuvio maggiore v era un luogo, che i Saraceni, nemici del nome rom ano, passato il fiume A borra5 potevano facilmente occupare; e di l dispersi per un folto bosco, e pel monte vicino, con iscorrerie infestare i Romani de contorni. Giustiniano Augusto piant ivi una torre di durissimo'macigno , e in quella pose un forte presi* d io , con che venne a reprimere le incursioni denemi* c i , opposto loro s valido baluardo.

CAPO

VII,

Provvedimento ad Edessa contro le inondazioni del fiume Scirto* Mura riparate e di Edessa , e di CaiUnico } e di Corra
Le cose, che fin qui dissi, Giustiniano Augusto fece nella Mesopotamia. Ma qui il luogo di dire quanto fece in Edessa, in G arra, in Callinico, t in altre citt di quel tratto, essendo esse situate tra i fiumi Eufrate e Tigri. Edessa bagnata dallo S cirto, fiume non gran-

de. Ingrossato d acqua da molte parti , corre in mezzb alla citt , e di l uscito portasi oltre , dopo avere suf ficientemente servito ai bisogni della medesima per mez zo di un antico canale, cbe da una estremit all altra passa attraverso delle mura. Alcune volte questo fiume gonfio grandemente per copiose piogge, innond la citt quasi fosse destinato ad esterminarla : ch con grandissima rovina rotto il minore maggior muro > sparsosi per tutta Edessa, vi cagion gravissimi dannij perciocch giunta improvvisa la piena i pi belli edifzii dirocc ; e sommerse un terzo degli abitanti. L Imperador Giustiniano si fefc sollecito non solo, di ristabi lire tutti gli edifzii rovesciati, fra i quali era la chiesa de cristiani j e quello che chiamasi l.Antiforo ; ma con ogni cura provvide perch simile disastro quella citt non avesse pi a patire. Al quale intendimento presso le mura, fece un nuovo alveo al fiume; e della seguente maniera Io fiancheggi. Alla destra del fiume giacea una bassa pia u r a , alla sinistra alzavasi una scoscesa mon tagna , la quale obbligando il fiume divertere il corr so , lo faceva necessariamente piegare verso la citt, non essendovi a destra impedimento alcuno per correre a quella direzione. Or fu tagliata affatto quella montagna, e alla sponda sinistra scavato il suolo, Giustiniano vi fece aprire una fossa pi profonda del letto , e alla de stra alz una gran muraglia di grossi macigni: con che, ove il fiume serbi la quantit consueta d acqua, non sia la citt priva della occorrente ; e quando si gonfii straordinariamente , ne meni alla citt soltanto la solita quantit ; e il di pi vada pel canale da Giustiniani

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aperto , e cos giri per di dietro al vicino ippodromo, e ceda all a rte , e alla provvidenza umana. Giustiniano Augusto fece anche di pi: ch obblig il fiume ad an dare direttamente in citt, avendo piantati due rgini alP una e all altra parte, che gl impediscono di spar gersi ; e cos assicurato il comodo della citt, la tolse d ogni timore. Perch, poi il muro s interno che ester no di Edess per vetust era guasto, con nuovo e pi saldo lavoro lo rifece. A ci aggiunse anoora altra opera. In certa parte del m uro, fuori della quale sorgeva una collina sovrastaute alla citt, V era un castello; e gli abitanti aveano anticamente chiusa quella collina entro il circuito di Edcssa, onde di quell altura i nemici non approfittassero per penetrar dentro: ma cos facendo aveano piuttosto agevolato il tentativo, perciocch es< sendo il muro bassissimo , e in luogo troppo esposto ^ potea prendersi anche dai ragazzi per giuoo. Demolito pertanto quel m uro, Giustiniano Augusto ne sostitu sulla cima di quella collina un altro, che da quell al tezza non teme assalto nemico; e facendolo da ambe le parti discendere sino alle radiei della collina, lo un alle mura della citt. Parimente le mura maggiori e minori s di Carra , che di Callinico pel lungo corso di tempo sdruscite , demol ; e ne costrusse di nuove di grande solidit. Cos pure il castello Batuenze , negligentemente trascurato , spoglio di difesa, cinse di forti mura ; e gli diede il {ustro di che gode al presente.

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C A P O VIIL

Giustiniano validamentefortifica nel deserto delVEufrate il castello di Mambri , ^ la citt di Zenobia.


Ho detto quanto Giustiniano fece nella Mesopotamia e nella Osroene: ora dir quanto riguarda la provncia situata alla destra dell Eufrate. Altrove i confini tra Persiani e Romani sono di tal modo stabiliti, cbe le ri spettive campagne si toccano insieme ; sicch gli ud e gli altri partendo dalle loro abitazioni possono immanti nente rompere in atti ostili, o, sussistendo la pace, co me usano gli uomini di diversi stati che sono limitrofi, negoziare insieme. Ma nella Comagene, ch cos chiamavasi iu'addietro la provincia che oggi dicesi Eufratesia, i popoli delle due uazioni non sono limitrofi ; perciocch un deserto affatto sterile separa a gran distanza le terre de Persiani e deRomani; n ivi cosa di che la guerra possa giovarsi. Gli uni e gli altri per* sul labbro del deserto che abitano, costassero de ca stelli di puri mattoni crudi, i quali mai non provarono la forza de vicini , abitando ivi entrambe le nazioni senza invidia luna dellaltra, non avendo cosa che po tesse stimolare la cupidit denemici. In questo deserta lmperadore Diocleziano avea costrutti tre castelli; uno dei quali, detto Mambri, essendo pel tempo diroc cato, Giustiniano Augusto rinnov. A cinque miglia incirca da questo castello dalla parte riguardante il romano Impero, la regina Zenobia mo glie di Qdoqato, principe de Saraceni di quella con-

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tra d a , fond in addietro una piccola citt che dal suo nome chiam Zenobia. Coll' andare degli anni anche le mura di questa si erano guaste; e non avendosene i Romani dato pensiero, rimase spopolata : per lo che i Persiani potevano, ogni volta che lo volessero, trarsi in me?Q a' Romani assai prima, che il loro arrivo si papesse. Adunque Giustiniano riedific tutta di pianta Zenobia, la ripopol assai bene , e postovi con nume* roso presidio un capitano, ne fece un forte baluardo per l Impero, e un luogo a1 Persiani incomodo. N si conr tent di restituire alla citt la prima sua forma; che vi aggiunse fortificazioni eccellenti : perciocch veggendo come le rupi vicine potevano agevolare dall alto a1ne mici P opportunit di saettare i difensori delle mura, per evitare un tale incomodo , alla cima delle mura vi cine alle accennate rupi aggiunse unopera che i difen sori proteggesse costantemente : la quale opera vien delta ale per la ragione che pare in certo mdo so spesa sulle mura medesime. Non vale poi discorso a dire tutto ci che P Imperador nostro benignamente fece per codesta citt di Zenobia; poich situata lungi nel deserto, e perci sempre in pericolo, e bisognosa di aiuto per essere tanto dai Romani discosta, con pi impegno che le altre, cerc di fortificarla; e di quanto ivi stato fatto, far qui un qualche cenno. Zenobia dalla parte di levante bagnata dal fiume Eufrate, che passa sotto le sue mura; e come sotto ad alte montagne, n poteva ivi allargarsi, per la vicinanza di quelle, e per le rive che lo stringevano, ove le piog ge Jo ingrassassero, violente niente alzando le ac^ue ,

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le portava contro le m ura, ed inondava non solamente le basse parti delle medesime, ma finanche i merli. Quindi le pietre per tanta bagnatura smovevansi dai loro posti, e scioglie vansi le une dalle altre. Or fattovi con macigni un grande argine, lungo quanto il muro, venne a rendere vana la furia del fiume ogni volta che si al zasse, e cos le mura salv dal danno, a cui erano espo ste, per quanto forte ne fosse la piena. E sapendo poi che la pi parte del maggior muro dalla parte di tra montana per lantichit era affatto rotta, quella e il muro minore atterr e rifece; e non gi com erano dianzi , perch incomode alle case della citt, essendo ivi queste troppo angustiate; ma dilat il circondario, e la stessa fossa port oltre, e il nuovo muro rend pi vistoso e bello : e cos Zenobia non poco ingrand. Si- milmente essendo prossima alla citt dalla parte di po nente una collina, dalla cui cima i Barbari, se venuti fossero* ad assediarla, avrebbero potuto bersagliare im punemente i difensori, e ferirli ancora in mezzo alla citt medesima. L Imperador Giustiniano fece tirare un muro quinci e quindi da quella collina , il quale ab-t bracciasse tutta Zenobia, e da ogni parte lo fece cor rispondere a precipiti, onde nissuno potesse investirlo; e un muro pose anche sulla collina: per tal mondo pre** eludendo a tutti ladito alla citt, se volessero assaltarla; perciocch al di l della collina la terra, essendo bas sissima, non d luogo a nemici di accostarvisi ; e di l dalla valle s alzano monti all occidente, pe quali la barriera stessa della valle diventa pi proficua alla citt.; Jf pi 1 Imperador nostro provvide soltanto alla siety'*

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rezza* della medesima : ma vi fabbric tempii , e quar tieri militari; e vi aggiunse ad ornamento bagni e por tici pubblici, adoperando ne- lavori gl ingegneri Isidoro e Giovanni, costantinopolitano questo, e 1 altro mile* sio , nipote di quello , di cui in principio feci menzione; giovani entrambi, ma di mente superiore alla et, e per la loro perizia in edificare giustificante la scelta di Prncipe. CAPOIX.

Sura, Sergiopoli, alcuni castelli, e principalmente Ime: rio : e parimente Jerapoli, Zeugma, Neocesarea, ed altri luoghi della regione deWEufrate, fortificati*
Dopo Zenobia, la citt di Sura, posta press P Eu frate, avea mura s deboli, che non pot resistere a Cosroe nemmeno mezz ora, e in tm momento venne in potere de Persiani. Fu di questa Giustiniano, come di Callinico ristauratore, cingendola tutta di validissime m ura, e di contromuro , sicch in avvenire possa soste nere gli assalti dei nemici. Nella contrada dell Eufrate v ha un tempio dedicato a Sergio., santo di grande rinomanza, dagli antichi tanto venerato, che chiamarono quel luogo Sergiopoli. 1 aveano cinto di una piccola muraglia, bastante a tratte nere i Saraceni di quelle parti nel primo loro impeto ; se avessero voluto violarlo, poich non sono fatti i Sa raceni per assaltare luoghi murati ; e per ci quella mu ragli^ contro dessi bastava, quantunque debolissima,
P rocopio.

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e falla di.terra. Quel tempio poi era anche illustre per le molte offerte, e per la sacra suppellettile. Le quali cose prese avendo Giustiuiano in considerazione, cinse il luogo di mura fortissime, e lo provvide di acqua, avendone raccolta gran quantit in opportuni serbatoi. Vi fece inalzare ancora case , portici, ed altri edifizii, quali sogliono adornar le citt ; e vi pose un presidio ad opportuna difesa. E di fatti avendo Cosroe., re dei Persiani, bramosissimo di conquistare la citt, posto ad essa V assedio con grande esercito, per la saldezza delle fortificazioni fu obbligato a ritirarsi senza alcun costrutto. Con eguai cura prese a fortificare tutte le altre citt, e i castelli posti alla estremit di quella regione , Barbalisso , Neocesarea , Gabula , Pentacomia , cbe sullEufrate, ed Europo ; ed avendo trovato che le mura d I meri a, in parte fatte provvisionalmente, e poco sta bili , In parte di pura te rra , e senz acqua per chi vi stava , e per ci oggetto pe nemici di riso; demol tut to ^ e poscia con forte pietre riedific in largo ed alto quanto conveniva ; e presso le fortificazioni costru ci-, sterne, che emp di acque piovane, e postavi guarnigio ne, fece di quel luogo, siccome or veggiamo, una piazza forte. Le quali cose chi consideri, e valuti tutte le al tre opere fatte da Giustiniano Augusto , dovr certa mente dire, che per beneficare egli ebbe V imperio, pensando Dio continuamente alla salute deRomani. Oltre queste cose avendo egli saputo che Jeropoli, citt principale di quella regione, era aperta, a chiun que volesse rovinarla , colla sua prudenza la conserv.

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Ch avendo essa dentro le sue mura uno spazio vuoto, e perci senza custodia, quella pi larga ed inutile ampiezza restrinse , serrando le mura fjuant bastava agli usi necessarii; e la ridusse in tale condizione, che ornai divent una delle pi forti citta. Di pi fece, ad essa altro benefzio. V ha in mezzo della citt una sorgente perenne di acqua dolce, la quale ivi forma un largo stagno, utilissimo alla citt nel caso che nemici 1 assediassero ; ma nulla necessario in tempo di pace, introducendovisi acqua da di fuori in gran copia. Ma col processo del tempo, avendo gli abitanti goduto di lun ghissima pace, n stati mai nel caso di sentir bisogno di aver 1 acqua sicura , aveano trascurata quella sor* gente e quello stagno , essendo cos fatti gli uomini , che nella felicit non pensano alle disgrazie che possono sopraggiungere. Quello stagno adunque si era lasciato empiere d immondizie ; ed ivi erano soliti a nuotare, alavare panni, e qualunque altra cosa, e a gittarvi eziandio ogni sporchezza. Nella regione dellEufrate erano ancora altri castelli, come Zeugma, e Neocesarea, borghi di puro nome, cinti di muraglie che pi a catapecchie potevano appartenere, che a luoghi di qualche importanza: sicch lo stato di essi dava a nemici tutto il comodo di superarli impune mente; e tanta nera inoltre langustia, che non pote vano contenere presidio, n dar luogo a chi avesse do vuto ' difenderli. Giustiniano Augusto cinse Zeugma e Neocesarea di vere mura, dando a queste la debita gros sezza ed altezza, e con ogni conveniente opera fortifi candole. Onde giustamente ora si chiamano citt, e dai tentativi de nemici sono sicure.

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CAPO

X.

Giustiniano ristaura Antiochia da Cosroe abbattuta; la fortifica, e V adorna. ,


Cosroe, barbaro re, senza riguardo n al giuramento, con cui avea sottoscritta pace perpetua, n alle somme d denaro, che per quella pace avea ricevuto, invidiando a Giustiniano Augusto V acquisto con felice guerra fatto dell Africa e dell'Italia, volle , piuttosto che stare alla fede del giuramento, seguire il suo'furore ; e colta loc casione , in cui la massima parte dell esercito romano era in occidente , invase le terre delP Impero, recando egli medesimo la nuova del suo arrivo, poich'i Romani della spedizione de1nemici non avano avuta notizia veruna. Ora le citt da Cosroe prese Giustiniano fortific ed abbell in maniera, cbe tutte oggi pi che dianzi fe lici, niun timore hanno delle rovinose aggressioni de9bar bari, e sono pienamente sicure dalle loro insidie. Tra le prime da contare Antiochia, ora detta Teo poli, assai pi forte e pi bella per di lui opera divenu ta, di quello che fosse per lo innanzi. Le sue mura pri ma erano pi ampie, e comprendevano un vastissimo spazio, in cui erano e campagne coltivate, e fin anche altissime rupi : per lo che essa era esposta a molte in sidie. Adunque egli la restrinse, quanto propriamente occorreva ; n pi le sue mura cingevano uno spazio vuoto, ma solamente la vera citt ; e la parte inferiore delle mura , ove essa estendevasi non senza pericolo, perch essendo posta in terreno molle, e pel troppo

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circuito non custodita, lev affatto; e la citt cbnvenientemente ivi raccolse e chiuse. Il fiume Oronte p o i, che con lunghi giri la bagnava, costrnse a lambirne le mura, avendovi mutato corso; e condottolo per un alveo a quelle vicino, il pericolo tolse di mezzo che dalla so verchia estensione le veniva, e P Oronte seguit a farle riparo come in addietro. Ivi ancora nuovi ponti edificati sul fiume, questo alla cit congiunse a modo, che aven dolo allontanato assai dagli usi degli abitanti, venne a restituirlo al primo letto. Insiememente la cima piena di precipizii ecco come fortific. Sulla vetta del monte, che chiamano Orocssiade, eravi una rupe, fuori bens, ma per prossima al muro, e sorgente ad egiile altezza: il che faceva che si potesse senza difficolt espugnare. E per questa via infatti Gosroe avea presa Antiochia, come a suo luogo narrai. Giaceva dentro le mura uno spazio ingombro di alti e rotti scogli, e gli alvei de tor renti per tal modo rompevano gli scoscesi sentieri, pei quali si viene di l; che ben si vede come quel luogo non dovea aver nulla di comune colla citt. Egli adunque la sciati da banda quegli scogli, la cui vicinanza dava aperta comodit di occupare la citt da quella parte, deliber di piantare le nuove mura lungi dai medesimi, avendo per esperienza conosciuto quanto fossero stati mal ac corti coloro che da prima P aveano cos fabbricata. Oltre ci spianato il suolo , che dentro il recinto era pieno di aspri rialti e di precipizii, ne rend facile la salita non ai soli pedoni, ma eziandio e a cavalcanti, e ai car ri; e fabbric bagni e serbatoi d acqua in quegli scogli entro il circuito delle m ura, e un pozzo fece scavare in

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ciascheduna torre ^ e la pristina aridit del luogo spar mediante la copiosa provvigione d acqua piovana. Conviene poi anche dire quanto egli fece intorno al torrente che dai vicini monti discende. Due scoscesi monti soprastanno alla citt, attaccati insieme. Uno di questi detto Orocassiade, Paltro Stauri } nel luogo, in cui terminano v congiungonsi in un bosco ; e un alveo v1 interposto, che riceve un torrente formatosi dopo le piogge, e chiamasi lOropnitte, il quale venendo da alto scorreva oltre le mura, e quando si gonfiava molto, spar gendosi pei rioni della citt recava danni grandissimi agli abitanti. Ora Giustiniano Augusto trov a tal danno il rimedi. DMnnanzi al luogo prossimo all* alveo, per cui il torrente portavasi alle mura, fece alzare una grossa chiusa, che fu condotta dall alveo fino all uno e allal tro monte} e ci perch quel torrente non ispingesse pi oltre i turgidi suoi flutti, ma ivi raccolto ristagnasse. La chiusa avea finestre, e per quelle 1 artefice la obblig a lasciar passare P acqua in modo da insensibilmente soprastare, e non pi cosi rapidamente spingersi, come in addietro, contro le mura in tanta mole , ed inondare per conseguenza, e rovinar la citt } ma dovesse dolce mente e placidamente passare, e spargersi per canali aperti a condurre le acque divise, ovunque gli antichi abitanti le aveano destinate. Di questa maniera Giustiniano Augusto provvide alle mura di Antiochia, la quale rifabbric dopo eh era stata dai nemici messa tutta in fiamme. Fu gran rovina quella, ch distrutto o portato via tutto, della incendiata citt non rimasero che i mucchi qua e l sparsi di rottam i,

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a modo che gli Antiocheni non potevano pi conoscere in che luogo fosse dianzi stata la casa di ciascheduno. Giustiniaqo adunque fatte raccogliere tutte quelle rovine lev di mezzo le tristi reliquie dell incendio patito da ciascheduno nel suo particolare ; e non sussistendo pi n portici, n atrii colonnati, n vie distribuite, n quar tieri , e non sapendo nissuno ove piantar la sua casa ; limperatore si fece sollecito di far trasportare lungi dalla citt i rovinacci ; e sgombrato il suolo, e 1 aria da ogni impedimento, primieramente selci tutta la citt con grosse lastre ; indi vi piant portici e fari, i rioni tutti tagli con vie ; vi fece-condurre acquidolti, fonti, ed emissarii ; e vi elesse teatri, bagni, ed altri pubblici edifzii di ogni specie : con che rend bella, gloriosa ed invidiabile quella citt. Poscia chiamato un grosso nu mero di artefici, diede modo a ciascun abitante di fab bricarsi la casa con maggire facilit e prestezza. Don de venuto, che se Antiochia era stata prima splendida e magnifica, pi splendida e pi magnifica fosse di poi. Ivi pure inalz alla B. Vergine un tempio assai ampio, la cui bellezza e sontuosit io non sono atto ad espri mere , e vi aggiunse considerabili rendite. Una chiesa similmente fabbric all arcangelo Michele di singolare grandezza ; e provvide pure agli ammalati poveri, asse gnando a parte s a maschi! che alle femmine partico lari stanze, ed officii, e quanto occorre per la loro gua rigione. N minor cura si prese pei pellegrini, che ivi capitassero ^ per un certo tempo provvedendo ai loro bisogni.

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C A P O XI.

Le Mura di Calcide riparate; ristaurata Gr. Fortificata Paimira.


Nello stesso modo Giustiniano ristaur le mura della citt di Calcide, che fin da principio deboli, il tempo area ridotto a pessimo stato ; e lo stesso fece del muro esterno. Fu quell opera assai pi forte della prima \ e cotne P una e P altra veggiamo al presente, alla soli dit egli aggiunse in esse bellezza ed eleganza. Nella Siria non facevasi pi conto alcuno di una citt, 0 borgo, chiamato Ciro, anticamente fondato da Giudei, 1 quali dalla Palestina tratti nellAssiria prigionieri dall esercito de Medi, lasciati poi in libert dal re Ciro, chiamarono dal nome di lui quel luogo in riconoscenza del benefizio ricevuto. Ma colP andare del tempo Ciro venne trascurata a segno che perdette le sue mura. Giustiniano Augusto pertanto e per provvedere aglin teressi dello Stato, e per divozione verso i SS. Cosma e Damiano, i cui corpi anche oggigiorno hanno sepoltura i^lla vicinanza, con salde mura che vi pose , col forte presidio collocatovi, colla grandezza de pubblici edifzii, e col complesso di varie altre magnifiche cose, di che ladom , Ciro divenne una fortunata e bellissima citt. Fino dagli antichi tempi essa nell interno soffriva grande penuria dacqua, perch vero che fuori vera una fonte copiosissima di acqua dolce ; ma questa si rendeva quasi affatto inutile agli abitanti, poich non potevano trarne P acqua se non con grande fatica, e con pericolo. La

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ragione di ci questa, che bisognava per attingerne andare per luoghi scoscesi e diritti; facili soltanto agli uccelli, e per gli uomini presentanti un inevitabile pre cipizio; e gli uccelli soli, se alcuno tendesse insidie ad essi col, potrebbero liberarsene. Fu dunque tratta fuori della citt una fossa fino a.quella fonte, non aperta alla vista, ma per quanto fu possibile , coperta ^ e .per essa ' pot aversi lacqua senza pericolo, e senza difficolt. * Le ntura della citt di Calcide, gi rovinose, e da nes suna opera protette , con lavori saldissimi furono pari mente dall mperadore riparate., e vi.fu aggiunto un muro esterno. Similmente egli fortific le altre citt, e i castelli della Siria a segno che ora possono fare invidia. Di questa1 maniera Giustiniano Augusto mise quella provincia in sicurezza. La Fenicia che slendesi al Liba no, ha Paimira, citt in addietro fondata in luogo cir condato da un deserto, e collocata intanto in sito op portunissimo per teiere docchio le mosse de Saraceni nostri nemici. Ed infatti fu piantata col per vedere le improvvise incursioni di que barbari sulle terre dellim pero romano. Questa citt pertanto di poco non deso lata dal tempo, Giustiniano fortific oltre quanto possa dirsi; la provvide abbondantemente d acqua; e postovi grosso presidio, mise i Saraceni fuori di stato di fare scorrerie sulle nostre terre.

LIBRO TERZO

CAPO

PRIMO.

Quali re V Armenia avesse. Parte del regno diviso ag giunta al dominio dell* Impero romano, Ivi mandato - un Conte, e poscia sotto Giustiniano un Maestro dei soldati. Satrapi al governo delV'Armenia romana. Loro distintivi. Zenone Augusto spoglia dell' 1autorit alcuni di essi; e Giustiniano li leva tutti, e sostituisce loro i Duchi.

C o* come nell antecedente libro esposi, Giustiniano


Augusto con varie opere assicur 1 Oriente. E poscia che incominciai a descrivere tante fortificazioni fatte sulla frontiera romana che guarda la Persia, stimo con veniente passare di l agli Armeni, i quali abitano nella Persia dalla citt di Amida sino alla seconda Teodosiopoli, e disponendomi ad accennare gli edifizii di quella plaga, parmi conveniente premettere in che modo Firnperadore gli Armeni abbia tratti a quella sicurezza, di che godono costantemente, quando prima erano in som mo pericolo. Imperciocch non tanto con edifizii, ma con molti altri provvedimenti egli mise in salvo questi sudditi, siccome in appresso dir. Ma .debbesi prendere principio da pi alto ragionamento. Una volta 1 Armenia avea un re di sua nazione, sic come l antichissima storia testifica. Dopo che Alessan

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dro il Macedone lev di mezzo il re de' Persiani, questi stettero fermi sotto il giogo straniero ; ma i Parti ribellaronsi ai Macedoni, ed avendoli vinti, li cacciarono, e stesero la loro dominazione fino al fiume Tigri. I Persiani di poi furono soggetti ai Parti per cinquecento anni, sino cio al tem po, in cui Alessandro figliuolo di Mam nea, tenne il romano Impero. Allora uno dei re parti costitu suo fratello Arsace re degli Armeni, siccome la storia di questi riferisce. N credasi gi* che gli Arsacidi fossero originar) di Armenia. Bens per cinque secoli man tennero pacifici la parentela colla famiglia che regnava in Persia. Il re degli Armeni risiedeva nell Arienia maggiore fin da quando fu suddito dell imperadore ro mano. Poscia accadde che uno di que r e , Arsace di nome, avendo due figliuoli, Tigrane ed Arsace, per te stamento li dichiar entrambi successori nel regno, ayendo ad ognuno assegnata , ma non eguale ; la stia porzione; poich a Tigrane ne assegn una quattro volte maggiore. Fatta questa disposizione il padre dei due principi manc di vita ; e il figliuolo Arsace indispettito di vedersi in peggior condizione del fratello, ricorse alr imperadore romano, sperando che per tal mezzo lo avrebbe disturbato dal regno, e renduta nulla la indi screta disposizione del padre. Era a quel tempo impe radore romano Teodosio , figliuolo di Arcadio , ancora fanciullo, la cui potenza Tigrane temendo, pens di dare s stesso e il regno a1Persiani, preferendo di vivere da privato presso loro, piuttosto che comporsi col fratello, e di buon animo regnare sull Armenia insieme. Arsace anch egli temendo tradimento per parte del fratello e

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de Persiani, rinunci al romano mperadore il suo re gno con certi patii, che io ho riferiti nei libri dlie guer re. Per qualche tempo. Romani e Persiani contrastarono fra loro per l1Armenia: se non che infine convennero, che questi si ritenessero la parte di Tigrane, e quelli la parte di Arsace; e ne fu fatto istromento pelle forme. Da quel tempo in poi sempre P mperadore romano mise a comandare agli Armeni chi e quando pi gli fsse a gra do $ e questo governatore anche al tempo nostro chiamavasi Conte. Ma come P autorit di questo magistrato non bastava a respingere le irruzioni de nemici, perch mancante dell appoggio di forze militari ,. Giustiniano Augusto considerando che cos mal tenuta P Armenia era in continuo pericolo, e poteva facilmente venire occupata dai Barbari, toltone via quel magistrato, diede agli Ar meni un maestro della Milizia, provveduto di un buon numera di soldati, con cui potesse respingere le aggres sioni nemiche. Cos fece dell Armenia detta maggiore. Dell altra poi che dall Eufrate si stende sino ad Amida, aveano il governo cinque satrapi , che e godevano a vita, ed erano soliti ottenerlo per diritto ereditario, dal* l imperatore romano soltanto ricevendone gli ornamenti distintivi, che io verr qui indicando, poich dagli uomini che verranno, non vedrannosi pi. Era primieramente un clamide di lana, non gi di pecora, ma tratta dal mare, perch tolta da crostacei, volgarmente detti pinne, sulli quali nasce. Quella veste purpurea avea ricamata in oro la parte , nella quale si suole stringere e tenere unita; e alla sommit della clamide era una fibbia doro,

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entro coi era incassata una pietra preziosa, e dalla quale pendevano tre giacinti raccomandati a tre catenelle di oro anch esse. Una Umica di seta era vagamente sparsa dappertutto di chiodi d o ro , o come volgarmente si dice, di piume. I calzari, alti sino al ginocchio , erano di carico rosso colore : ornamento a nissuno permesso fuori che alF imperatore romano. Ma n il re dArmenia, n i satrapi ebbero mai ausiliari soldati romani, e face* vano la guerra coll e proprie forze. Indi p o i, regnando Zenone, avendo alcuni satrapi apertamente prese contro limperadore le parti d Ilio e Leonzio, che s erano fatti tiranni, quel principe, ca duti entrambi in sue m ani, permise bens che uno dei satrapi, il quale avea un piccolo Stato nella Relabitina, continuasse a godere del suo grado ; ma in quanto agli altri, spogliatili tutti della prstina autorit, non volle che pi avessero il governo per diritto ereditario; e stabil che in avvenire succedesse nella dignit quegli, qualunque fosse che pi andasse a genio dell impera dore , come soleasi praticare degli altri magistrati dell Impero romano : n a questi pure erano date milizie romane, ma secondo lantica costumanza tenevano pres so di s alquanti Armeni : onde non aveano forze da opporre agli assalti nemici. Le quali cose considerando Giustiniano Augusto, cacciati i satrapi, prepose a quella nazione due cos chiamati D uchi, ai quali diede varii corpi di milizia romana per custodire i confini dellim pero ; e fabbric loro luoghi forti, come or ora sono per dire.

C A P O II.

Sotto il principato di Anastasio Cabade prende Martiropoli ; e Giustiniano di poi validamente la fo r tifica.
Incomincer dalla Mesopotamia per seguir 1 ordine tenuto di sopra. Giustiniano stabili che uno dei duchi preposti agli Armeni risedesse in Martiropoli , 1 altro in un castello chiamato Citarizzo : i quali luoghi in che parte dellimpero romano fossero situati, dir. La citt di Martiropoli nellArmenia detta Sofanene, posta sul fiume Ninfio, e prossima ai nemici, perciocch in quel laogo il Ninfio separa i Kani dai Persiani, possessori ab antico al di l del fiume della provincia Arsanene Ad onta di ci i Romani aveano trascurata quella citt, e perci essa era sempre esposta agli attentati de* barbari. Cabade infatti, re de Persiani, al tempo in cui Ana stasio avea l impero, invadendo le confinanti terre ro mane, spinse il suo esercito verso Martiropoli, poich tra questa e la citta di Amida non v strada pi che quella , che ijno svelto camminatore possa scorrere in una gior* nata. Singolare fu il fatto, ch parendo diretto a tutt al tro luogo, quasi per giuoco abbandonando la presa stra da , e la risoluzione prim a, in un momento gittossi a Martiropoli, che tosto ebbe in poter suo, senza batter le mura, senza dare assalto, senza neppur mettere assedio; ma solamente facendo sapere il suo arrivo. Ch ben sa pendo gli abitanti come non erano in istato di resistere nemmeno un istante, tosto che videro le truppe dei

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Medi vicine, andarono incontro, a Cabade, con alla loro testa il satrapa Teodoro, vestito degli ornamenti della sua dignit, e presentandogli il tributo di due anni, cre dersi a lui, insieme colla loro citt. Del che soddisfatto Cabade niuna violenza fece n alla citt, n al paese, riguardando luna e P altro come pertinenze del regno di Persia ; e rimandonne illesi i cittadini; n alcuna no vit introdusse nello stato loro: ed anzi costitu lo stesso Teodoro satrapa di quel popolo, e gli diede le insegne del magistrato col medesimo nome , per tale maniera mostrandosi non uomo malvogliente e s e n z a cuore, ma tutto sollecito di conservare in ottimo stato il paese. Cos ritenne da ogni licenza le sue truppe; e come dissi ne libri delle guerre, dopo avere presa Amida ritorn in Persia. Anastasia poi capacitatosi della impossibilit, in cui era Martiropoli, spoglia di fortificazione , di poter resistere a nemici, lungi dal fare alcun rimprovero a Teodoro e, ai Sofaneni, piuttosto per la condotta da essi tenuta pubblicamente li commend e ringrazi. Martiro* poli aveva le mura non pi grosse di quattro piedi, ed alte venti', cos che noa solamente senza combatterla, e senza adoperar macchina, poteva il nemico imposses sarsene, ma eziandio facilmente superarle di. un salto. Giustiniano Augusto pertanto a quest inconvenienti provvide nella seguente maniera. Egli fuori delle mura fece scavare la terra, ed ivi gittati i fondamenti costru un altro muro largo quattro piedi, e di altrettanti la sciato uno spazio, lo alz a venti, facendolo eguale a quello che sussisteva. Indi emp di fcalce, e di pietre P interstizio rimasto, e cos vennero le mura ad avere

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una grossezza di dodici piedi, d altrettanti ancora ag giunse all altezza di prima. Un altro muro assai forte aggiunse al di fuori 5 e di tutte le altre opere, colle quali suolsi ben munire le citt, quest ancora assicur. C A P O IIL

Giustiniano fortifica le Clissure nella Sofanene : nelt Astianne fonda il castello presso Citariaa ; e cinge di mura nella Corsane Artalesone.
. Da Martiropoli verso ponente Fisene , luogo dell Armenia Sofanene, lontano da quella citt poco meno del cammino di una giornata. A otto miglia di l alzansi monti dirotti ed. affatto inaccessibili, i .quali * nell,unirsi formano due gole non molto tra esse distanti, che co* munemente si chiamano Clissure, o vogliam direStrette, o Gole, o Porte. Quelli che dalla Persarmeuia si por tano nella Sofanene, o che dal confine persiano, o dai castello di Citarizzo si dipartono, non possono fare a meno di penetrai*?i per quelle gole. Una di queste dagli indigeni si chiama il passo d Illirisi, l altra il passo di Safoa L una e laltra meritava grosso presidio, e molta vigilanza, onde a nemici la strada per di l fosse pre clusa. Ma al tempo nostro que luoghi restarono senza custodia, fintanlo che Giustiniano imperatore egregia mente fortific tanto Fisene, quanto quelle strette, e postovi un presidio validissimo tolse ai barbari ogni spe ranza di passarle. Questo ci che fece nella Sofanene. Presso a Citarizzo, che un castello dell Astianne,

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in luogo alquanto alto piant uiv castello grande e for tissimo, e vi condusse acqua abbondante, e provveduti gli abitanti di ogni cosa occorrente, vi pose a risiedere T altro duca, siccome accennai con grossa guarnigione ; e cos f9 sicuri gli Armeni, Da Citarizzo verso Teodosiopoli, e lalta Armenia, vha la provincia Corzane. Questa si estende circa il cammino di tre giornate; n stagno alcuno, n alcun fiume, n montagna la separano dalle terre persiane. Gli abitanti in tal modo confasi, o a Romani ubbidisco no od a Persiani, vivendo scambievolmente senza so spetto < Tinsidie e senza paura alcuna, fanno parentadi tra loro, e mercato di viveri, e lavorano daccordo ed in comune le terre. Per lo che se i capitani di una delle due nazioni per ordine del loro principe si spingono ar mata mano contro P altra, sempre ruinano i limitrofi, come quelli che non hanno alcuna difesa: il che natu ralmente saccede, perch gli uni e gK altri hanno pros sime le loro sedi e luoghi popolatissimi, ma spogli di ogni riparo da antichissimo tempo. Onde avviene che da quella parte il re de Persiani trov sempre facile il passo e spedito sulle terre de Romani, finch Giusti niano imperadore lo chiuse in questo modo. In mezzo alla regione v era il borgo Artalesone; e questo cinse di robustissime m ura, e ne fece un castello fortissimo mettendovi una guarnigione, a cui volle che presiedesse sempre un duca; e cos tutto quel confine arm.

C A P O IV.

Sono corroborate le mura di Satala^ ed riparata Co* Ionia. Nuova edificazione, o restaurazione di castelli. Erezione di monasterj e di chiese. Compimento delle mura di Melitene.
Le accennate cose Giustiniano Augusto fece nei luo ghi indicati : ora vengo agli altri suoi edifzii nel rim a<<* nenie paese di Armenia. Anticamente la citt di Satala era obbligata a vivere in continuo sospetto, si per la vicinanza del suole nemico, s perch collocata in pia nura, sottost a molte colline che vi sono dintrno. Perci essa avea bisogno di mura, che rendessero vana ogni forza nemica. Essendo poi tale la natura del luogo , la fabbrica delle mura riusciva molto pi debole, atteso che costrutte leggermente e fatte vecchie, da tutte parti si vedevano sdruscite. Giustiniano imperadore demol tutto, e nuove mura inalz tanto alte da superare le cir costanti colline, e s grosse da sopportarne sicuramente la grande altezza: vi aggiunse poi un muro esteriore, che fu di meraviglia a1nemici. Un castello fortissimo non lungi da Satala eresse nella Osroene. Nella medesima provincia un vecchio castello si alza va sulla vetta di un colle tagliato a picco. Pompeo, coman dante generale dell esercito de1Romani, avendolo anti camente preso, lavea con grande cura fortificato ed iiv* titolato Colonia; ed anche questo per tanto tempo caden te in rovina, Giustiniano Augusto ampiamente ristaur; C medesimamente grosse somme di denaro tliede a1pr-.

linciali perch nelle loro campagne o aliassero nuovi Juoghi forti, o ne risarcissero quelli, che fossero rovinati: cos che quanto in quelle parti V ha di tal genere di edi fizii, quasi tutto pu dirsi opera di lui. Ivi pure inalz i castelli Beberdone ed Areone; e ristaur quello di Lisiormo e di Litararizzo. Cos nel luogo chiamato la Fossa di Germano foud un castllo nuovo. Indi ristaur le mura di Sebastia e di Nicopoli, citt entrambe dell Ar menia, dal tempo mal conce tanto, che minacciavano rovina In oltre nella stessa provincia edific chiese e monasterii. Infatti in Teodosiopoli fece fare un tempio de dicato alla Madre di Dio; e rinnovare i monasteri di Petrio e di Cucarico, e fabbricarne di pianta in Nico poli quello de7 SS. Quarantacinque, e un tempio in Bizafte a S. Giorgio martire; e ristaurare presso Teodo siopoli il monastero de9Quaranta martiri. Nell Armenia detta in addietro la minore, non lungi dall Eufrate, erano stati messi in istazione soldati ro mani; e il luogo dicevasi Melitene, e legione il numero de? soldati. Ivi i Romani avevano anticamente eretto un forte quadrato posto in aperta pianura; e fattone quar* tiere comodissimo ai soldati e alle insegne militari. Po scia, cos stabilendo Traiano Augusto, quel luogo fu inalzato alPonor di citt, e divent la metropoli della nazione: perciocch, coll andare del tempo, cresciuta Militene in ampiezza e in popolo, n potendo questa contenersi entro le antiche fortificazioni, divenute ia proporzione troppo anguste, si erano costrutte case, come accennai, nella pianura adiacente, ove si aggiun ter e templi, e palazzi pei magistrati,'e foro, e mercati

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per la vendita delle cose occorrenti, e quartieri distinti, e portici, e bagni, e teatri, e quanto pu dare splen dore ad una grande citt: sicch la parte massima di Melitene consisteva ne9 subborghi. Anastasio imperado re avea preso a cingerla di mura; ma egli mor prima di dar fine all9opera. Giustiniano la comp, e con ci diede sicurezza agli Armeni e decoro a Militene. C A P O V.

Teodosiopoli fortificata : Giustiniana fondata.


Quelli, che ho accennati, furono gli edifizii che il nostro Principe fece nell9Armenia che alla destra dellEufrate: ora passo a parlare di quelli che fece nelPAr menia maggiore. Quando Teodosio Augusto acquist il regno di Arsace, siccome pocanzi ricordai, egli piant un castello sopra un certo colle , chiamato Teodosiopoli; ma facile ad essere preso da chi vi si fosse accostato. Ed infatti Cabade, re di Persia, se ne impadron nel passare da quella parte, quando si port sopra Amida. Non molto dopo P imperadore Anastasio ivi fond una citt, comprendendo entro le mura quel colle, su cui Teodosio avea eretto P anzidetto castello; e quantunque alla citt Anastasio avesse dato il suo nome, non gli riusc di far abolire quello di Teodosio primo fondato re: giacch tra gli uomini cosa comune, che quanto appartiene alPuso riceva bens novit, ma non cos fa cilmente perda la prima denominazione. Erano le mura di Teodosiopoli larghissime; non corrispondente per

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n era P altezza, la quale al pi poteva salire a trenta piedi: onde potevano senza grande difficolt occuparsi dai nemici, e specialmente dai Persiani, che ne tentas? sero P espugnazione, a cui quelle mura prestavausi, molto pi ch non erano protette n da muro esteriore, n da fossa : anzi v era anche lo svantaggio di certo luogo alla citt sovrastante, il quale si alzava sopra le mura^ A tutto ci provvide Giustiniano. Primieramente apr dinnanzi alle mura una fossa profondissima, e si mile affatto agli alvei de torrenti, scavati fra le rupi demonti* Indi quelP altura soprastante mozz a modo, che in luogo di praticabile quaPera prim a, la cambi in dirupi inaccessibili, e in precipizii, e burroni. Poscia perch le mura avessero l altezza necessaria, e si ren dessero inespugnabili a fronte di chi tentasse di assal tarle , vi fece praticare tutto quello che avea ordinato che si facesse a Dara: cio, fece ergere torricelle molte, aperte solamente quanto potesse bastare ai difensori per bersagliare eoa dardi ed altro chi si ponesse ad assal tare le mura: poi tutto per lungo eresse un portico di macigno, ed altre di quelle torricelle aggiunse con molta industria. Oltre ci eresse tutto all1intorno un muro esterno; e di ogni torre formato un forte castello, le mura ordin e mun al pari di quelle, che circondano Dara. Assegnata poi Teodosiopoli per, centro di tut^e le truppe soggiornanti in Armenia, e per residenza del maestro della milizia, assicur gli Armeni dalle incur sioni de Persiani. La ragione p o i, per la quale 1 *mperadore non edi fic Bizane, fu questa. Quel luogo situato in pianu-

r , e dappertutto allintorno v campagna, sulla quale comodamente pu campeggiare la cavallera : esso ha inoltre stagni paludosi d acqua corrotta. dunque fa cile ad essere assaltato dai nemici, e pestilenziale per gli abitanti. Lasciata perci da parte Bizane, come ben meritava, si volt ad altro luogo detto Tzumina, Ire mi glia discosto da quella , e daria saluberrima, perche po sto in alto, e tra precipizio Ivi fond la bella ed invitta citt y che porta il suo nome* C A P O VI.

Costumi, situazione e conversione alla fede di Cristo degli Tzani. Edifzii costrutti prsso questo popolo.
Tali sono le cose da Giustiniano Augusto fatte in Ar menia. Ora secondo il nostro proposito diremo ci che fece presso gli Tzani, che sono abitatori di Armenia. An ticamente gli Tzani liberi, n soggetti ad alcun principe, viveano a modo di fiere. Tenevano per conto di Dei e veneravano boschi, uccelli ed altri animali; e menando loro vita continuamente sopra altissimi mnti coperti di selve, soslerievansi non con agricoltura, ma con ra pine e ladronecci. Sono di agricoltura infatti ignoran tissimi; e il loro paese, ove manca di monti, pieno di colline incapaci di accogliere seminagioni di biade , se alcuno pur volesse occuparsene, non avendo terreno a. ci a tto , ma sassoso tu tto , ed affatto sterile. Ivi adunque il suolo non pu ostenere aratro; ed anzi non vi si vede nemmeno prateria veruna; e gli stessi alberi

che vi nascono, cno sterili eli frutto, e miseri per ogni Verso, perciocch Tanno ivi non ha vicenda di stagioni) n la terra soggetta a fredda umidit viene poscia ri creata dal calor del sole; ma un eterno inverno vi re gna , e nevi perpetue la coprono. Queste cose fecero* che gli Tzni fossero per tanto tempo esenti dal giogo dell7impero. Finalmente sotto Giustiniano mperadore viuti in battaglia dai Romani condotti da Tzita, mae stro della milizia, vedendosi fuori di stato di resistere pi a lungo, si diedero ben prest a divozione di lui, preferendo alla libert una servit tranquilla, giacch volendosi conservar liberi troppo aVeano di che vivere in timore. Congiuntamente nissuno di essi esit a vol gere 1 animo alla piet) e a darsi, abbracciata la fede cristiana , a pi mite tenore di vivere. Lasciato quindi il tristo mestiere del latrocinio, si sono arrotati nella ihilizia de Romani, e si siegnono costantemente in tutte le spedizioni. Per predente mente temendo Giustiniano che una volta o laltra cambiando pensiero costoro pos sano ritornare alla pristina ferocit, pens alle seguenti misure* Era il loro paese aspro e tutto pieno di rupi. Perci impraticabile pei cavalli, e non solo da precipizii e bur roni in ogni parte impedito, ma eziandio, come dissi * da foltissimi boschi \ e per questo tolti fuori dal com mercio co vicini, e separati da tutti, viveano salvatici } senza principii d umanit. Ora fatti tagliare tutti gli alberi} che impedivano il cammin * e pareggiato il suolo rompendo le disuguaglianze, vi apr strade facili, e co mode al viaggiare s a cavallo; che in vettura} con ebd

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venne a mettere gli Tzani in comunione cogli altri po poli , e gli altri popoli cogli Tzani: poi nel luogo che chiamano Schamalinicone, edificata una chiesa, procur che vi praticassero le loro divozioni, partecipassero dei sacri mister, colle orazioni si rendessero Dio propizio, e gli altri riti della religione eseguissero: cos intenden do di essere dotati della natura umana. Piantati poi dap pertutto castelli, e postivi buoni presidii di soldati ro mani , diede loro modo di liberamente trattare colle al tre nazioni. Quali parti poi della Tzana fortificasse con castelli, or ora dir. ba qui una contrada terminante in un trivio, poich a quel punto congiungonsi i confini dei Romani, dei Persarmeni, e degli stessi Tzani. Ivi Giustiniano eresse Orono, castello nuovo e fortissimo; e lo costitu capo della pace, perch quello fu il lugo, da cui i Romani si aprirono P adito nel paese ; ed ivi appunto colloc il presidio principale, e il cos detto duca. Alla distanza del cammino di due giornate da Orono, sul confine de gli Tzani Oceniti, giacch quella nazione si divide in va rie trib , era Cartone, vecchia fortificazione, e da molto tempo rovinosa, perch trascurata; e Giustiniano Augu sto la rifece, e in essa trasport molti abitanti, i quali contenessero in quiete ed ubbidienza la provincia. Indi alla parte doriente si giunge ad una valle circondata da precipizi!, la quale si stende al settentrione, ed ivi piant un nuovo castello, detto Barcone. Dopo si tro vano alle falde del monte le stalle, in cui gli Tzani Oceniti raccolgono le loro bestie bovine ch allevano r non per servirsene nelP arare, essendo costoro somma-

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mente inerti, ed alieni dai lavori di agricoltura ; ma uni camente perch mai loro non manchi, e per avere carne al loro bisogno. i di l delle falde del monte, ove giace in pianura un luogo detto G ena, verso ponente trovasi il castello Sisilisso, che fondato anticamente il tempo avea guasto; e Giustiniano lo rifece, e come gli altri lo guern di presidio romano. Quindi a sinistra dalla par te di tramontana v un luogo dagli abitanti chiamato la Fossa di Longino, cosi detto perch Longino, capita no deRomani, di nazione isauro, volendo far guerra agli Tzani ivi erasi trincierato. In quel sito adunque il nostro mperadore edific il castello Borgo, una gior nata lontano da Sisilisso, anch esso , come dissi, for tificato. Viene poi il confine degli Tzani Gossilini, ove pose due castelli Schimalinico e Tzanzaco, ivi met tendo un altro duca. C A P O VII.

Edifizii di Giustiniano da Trapezunte alla citt del Bo sforo; e indi alla citt di Anckialo.
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Fin qui degli edifizii di Giustiniano Angusto presso gli Tzani. Di l da questi sulla spiaggia del Ponto Eussino vha la citt di Trapezunte (Trebisonda), ove, man cando acqua, Giustiniano costrusse un acquidotto, detto del martire Eugenio; e cosi provvide gli abitanti di si necessario benefizio. Ivi poi, e in Amasea, rifece pa recchi templi per vetust rovinosi. Confina col territorio di Trapezunte quello di Rizeo , citt che fond di pian

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ta , e fortific in modo, che supera ogni fama, ed Ogni fede; ch fra le citt di confine colla Persia non ve n ha alcuna, che non debba cedere a Rizeo per grandezza e per fortezza. Nella Lazica fece un castello detto Losorio, e le Clis* sure, o porte, di quel paese chiuse con muraglie, onde impedire ai nemici F ingresso nella Lazica. Ivi ripar pure la vecchia chiesa de cristiani, che era cadente. Nella Lazica egli'avea fabbricato Pietra, citt degna di esser veduta, la quale per somma imprudenza dei Lazii consegnata a Persiani, capitato col Cosroe con grande esercito, i Romani superiori nella guerra, parte dePer* siani uccisa, parte fatta prigioniera, atterrarono piena mente , perch se i barbari per avventura ritornassero, non potessero pi di essa servirsi a danno dell impero* Di ci estesamente trattai nelibri delle guerre, ove pur rammentai come nel continente opposto, pel quale dalla Lazica si va alla palude Meotic, i Romani distrussero due castelli, Sebastopoli, cio, e Pitinate, essendo voce che CosrOe ideava di mandare col esercito per occtf* parli. Ora Giustiniano Augusto questa Sebastopoli, che prima non era che un puro castello, riedific di pianta^ e con m ura, torri e bastioni la fortific a modo da ren derla inespugnabile; e vi piant borghi; e s labbell di edifzii, che divenne citt per ampiezza ed eleganza chia rissima. Inoltre avendo osservato che erano cadenti le mura di Bosporo e di Chersone, citt marittime poste sul Ih do al di l della palude Meotide, ed oltre i T a u ri, e i Taurosciti, al confine dell imperio , nell una e nell al*

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tra le rifece belle e frtissime. Ivi edific pure i castelli Aiusto e Gorzubitese ; ma principalmente fortific B~ sporo, cbe 1 barbari, stata in addietro infesta e ridotta in potere degli Unni, aveano consegnata in mano de Romani. In quelle parti v Dori, paese marittimo, dove dal tempo antico abitano que'Goti, che non seguirono Teodorico, quando egli and alla impresa d Italia: di loro spontanea volont ivi rimasti, ed anche a questa et socii de Romani, e, quando piace all mperadore*, uniti aRomani nelle spedizioni militari. Sono tre mila, ottimi guerrieri, e valenti agricoltori, e fra tutti gli uo mini, cultori eccellentissimi di ospitalit. Questa con trada Dori paese alto, n per per questo aspro e sterile ; ma buono e produttor ferace di ottime biade* N P Imperatore ebbe a fabbricarvi n castelli, n citt, o borghi, perch gli abitanti non soffrono di viver rin chiusi entro mura, essendo loro piacere l1abitare uni* camente in aperta campagna. Dove per altro poteva pre sumersi facilit di penetrare in paese, ne serr gli.aditi con lunghi muraglioni ; e que1 Goti di tale maniera pose a coperto dalle invasioni nemiche. Ma di ci basti* Traci sono quelli che abitano Anchialo, citt marit* tima sul lido del Ponto Eussino. Naturalmente cadrebbe a proposito il parlare di essa descrivendo la Tracia; ma come noi siamo condotti a dire di quanto F Imperato? nostro edific sulle spiagge del Ponto Eussino, viene in acconcio lesporre le fabbriche chegli fece in Anchialo, Non lungi da questa citt hannovi sorgenti dacque cal de , le quali somministrano spontaneamente agli abitanti de bagni* Gli antecedenti imperatori trascurarono di

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fortificare questo luogo, e lo lasciarono esposto ai bar bari vicini, che pure erano molti; e non senza percolo ivi stavano quelli, che per le loro infermit giovavansi di quelle acque. Giustiniano Augusto pertanto circond il luogo di mura, e alla medicina un la sicurezza delle persone. Queste sono le fortificazioni, che F imperadore Giu stiniano fece fare nelP oriente, nell Armenia, nellafTzana, e intorno al Ponto Eussino. Ora procederemo rife rendo gli edifizii fatti costruire da lui nel rimanente d Europa.

LIBRO QUARTO

CAPO PRIMO.

Prefazione. Tauresio , patria di Giustiniano, Giustiniana prima, e seconda. Giustinopoli. Mura rifatte A mo/to citt delV lUirio. Castelli eretti in pi luoghi. Giustinianopoli nelC Epiro. Eurea.
( j Travb impresa e piena di grandi percoli pare a me il mettersi a passar il mare sopra nave disarmata ; e lo stesso del parlare in compendiato stile degli edifizii di Giustiniano Augusto ; perciocch queste come tutte le altre sue opere con tanta altezza danimo intraprese, che la storia non pu degnamente tenervi dietro. E spe zialmente ci accade rispetto a quanto fece in Europa, dove volendo corrispondere alla necessit fece cose, a descrvere le quali e lingua e stile assolutamente man cano. E sono esse ta li, quali richiede la vicinanza del fiume Istro , e la conseguente necessit nascente da1 Barbari di quelle parti abitatori. Sono questi ed Unni e Goti: poi le nazioni tauriche e scitiche; gli Schiavoni, o Sarmati Amussobii, o Metanasti, cos da antichissimi storici denominati} ed altre fiere genti od ivi domicilia te , o a que luoghi soliti passare a cagione di pascoli. E come a tutte queste razze portate per natura alla guerra, Giustiniano volle far fronte, n in ci contentavasi di provvedimenti passaggieri, fu obbligato a sta-

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bilire ianumerabill forti , e presidi! militari non saprei dir quanti; e a non omettere mezzo alcuno per tenero lontani nemici, com erano questi, implacabili ed in socievoli : soliti a far la guerra e senza causa, e senza previa dichiarazione ij n a finirla con qualche trattato > n a sospenderla con alcuna tregua : ch, come occu pano senza pretesto, cos non lasciano senza tutta pro va di ferro. Gi non ostante tireremo innanzi quanto ci rimane a dire per compimento della presente Storia: meglio essendo condurre a termine il lavoro incomin ciato , che lasciarlo imperfetto, massimamente che sa* remmo giustamente colpevoli, se ci fosse grave-l'esporre quanto non fu grave al Principe nostro di fare a comun bene. Prima per di enumerare gli edifzii chegli fece in Europa, conveniente premettere alcuni cenni sopra questa parte del mondo. Dal mare Adriatico una porzione di acque corre a dirittura contro il continente, partendosi dal rimanente mare, e forma il seno Jnio rompendo con lungo sbocco la terra, e a destra bagnando gli Epiroti ed altre na zioni , ed a sinistra i Calabri. Insinuandosi poscia ben lungi- abbraccia quasi tutto il continente ; ed al disopra correndo in opposto il fiume Istro , d all Europa la forma di un1isola. Ivi lImperdor nostro costrusse pa recchi edifzii di massima importanza, coi quali fortifi* cata lEuropa ladito precluse ai Barbari abitanti al di l di quel fiume. Ma io debbo incominciare dalla patria di lui , a cui, come in tutte le cose, dobbiamo anche la preferenza nel discorso ; poich giustamente pu ess andar super*

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ba lietissima del trionfo di avere allevato e dato a1Romani un tal Principe , le cui imprese eccedono ogni modo di dire e di scrivere. Presso i Dardani d'E uropa, i quali abitano oltre i confini degli Epidannii, prossimo ad un castello chia mato Bederiana, sta Tauresio ; ed ivi nato H ripara* tore del m ondo, Giustiniano Augusto. In breve giro questo luogo egli cinse di mura quadrate, ed ogni angolo fortific con una torre, sicch e chiamossi Tetrapirgia, o Quadriturrita; Presso quel luogo poi fond una citt nobilissima, e con latino nome la chiam Giustiniana Prim a, cos ricompensando chi lo avea nutrito : sebbene dee dirsi che quest'officio toccava a tutti i Romani, perciocch quel paese erasi prestato al comune salva* tore di tutti. Fabbricato ivi un acquidotto, di ottima acqua perenne provvide gli abitanti; e molte altre cose egli fece insigni, e gloriose pel fondatore di una citt : ch 1 e* numerare le chiese consacrate a Dio, il descrivere i pa lazzi de' magistrati, 1 * ampiezza de'portici, lo splendor delle piazze, le fontane, i quartieri, i bagni, i fori pei mercati, impresa superiore alle nostre forze. Dir in breve : La citt grande, popolatissima, di tutte cose beata, e con ragione metropoli di tutta la provincia. A tanta dignit la inalz I Essa inoltre sede dell' arcive scovo degl' Illirii, tutte le altre citt cedendo ad essa quest' onore , come a quella , che maggiore di tutte : sicch essa un manifesto monumento dell' onore e della gloria del Principe; vantandosi essa del suo allievo imperadore, ed egli gloriandosi in ricambio della fon data citt. E basti il finqu detto : non potendo noi as

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solutamente dire con maggiore accuratezza le singole cose ; ed essendo forza che ogni ragionamento riesca inferiore a citt s ragguardevole. Oltre quanto abbiamo esposto Giustiniano Augusto edific dai fondamenti il castello Bederiana, e lo foi> tific meglio di quello che fosse dianzi. Era presso i Dardani Ulpiana, antica citt , le cui mura erano rovi nate per modo che non potevano pi servire ad alcun uso. Egli ne demol la massima parte, indi le rifece, ed aggiungendo altri ornamenti ne form una citt, quale di presente veggiamo , e con nome anch esso latino la chiam Giustiniana Seconda ; n lungi da questa, altra pure ne edific, che dal nome dello zio disse Giustinopoli. Parimente le sdruscit mura di Sardica, di Raisopoli, di Germana e di Pantalia ristaur, sicch da nemici non potrannosi espugnare. A queste citt tre altre mi nori intrammezz, edificandole tutte di pianta; e sono Cratiscara , Quimedaba, e Rumisiana. Siccome poi era sua intenzione di proteggere queste citt , e P Europa intera colP Istro 9 copri quel fiume con una catena di forti, de quali fra poco parler ; e sulla riva pose guar nigioni di soldati, i quali impedissero ai Barbari il pas so . E fatto questo, considerando come la prudenza umana pu essere dagli eveniti delusa; e potrebbe ac cadere che ad onta delle prese misure i nemici pas sassero, e scorrendo per campagne nude di ripari, traes sero in ischiavit tutti gli abitanti senza distinzione di e t , e derubassero ogni sostanza ; non avendo per suf ficienti alla sicurezza comune i castelli fondati, altri ne costru sparsi qua e l , onde ogni distretto avesse il

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suo, o ad alcuno fosse vicino ; e cos fece tanto nel paese superiore, quanto nel nuovo e vecchio Epiro, dove fortific la citt di Giustinianopoli, detta Adrianopoli prima. Ripar eziandio Nicopoli, F otica, e Fenice: i quali due luoghi ultimi, perch posti in basse terre, e cinti da acque stagnanti, non riputando egli possibile farli sicuri con m ura, che si tenessero salde, a nessuno d'essi mut forma : bens sopra una vicina altura assai scoscesa piant varii castelli, che li difendessero. Era in quelle parti una citt antica, abbondante d acqua, e d nome assai conveniente alla natura del sito, poich anticamente era detta Eurea. Aveva essa noi> lungi un lago, nel mzzo di questo un isola, su cui salzava un colle: tanto poi di terra lasciava quel lago, quanto bastava* per sommiuistrre il passo a quellisola; e lImperadore fatti passare col gli abitanti, una fortissima citt vi piant ben murata, e dogni difesa fornita* C A P O II.

Le Termopili, e parecchie citt della Grecia fortificate


Oltre tutto lEpiro, e scorse lEtolia e 1 Acarnania, succedono il seno Crisseo, F istmo , Corinto , e la rima* nente Grecia, dove singolarmente spicc la provvidenza dellImperadore. Ed invero mirabil cosa che con tante mura corroborasse l Impero romano. Ma fra tutti i vani luoghi, a cui le sue cure si estesero , vuoisi spe zialmente far menzione di quelle, che si prese per le
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Termopili. E primieramente perch potevasi facilmente occupare i monti che ivi sorgono, se alcuno tentasse 1impresa, mentre anzi ch di m uro, parevano muniti di siepe; egli que7muri elev a molto maggiore altezza, e i merli, e le torricelle tutte duplic ; e lo stesso an che fece nel castello, che con simile negligenza ivi era stato edificato : esso pure alzando a giusta misura, e facendone doppie tutte le difese, insiememente poi prov vedendo alla troppa aridit del luogo con un serbatoio dacqua piovana: indi i molti sentieri aperti ed acces* sibili, che col menavano, con opere fortissime chiuse diligentemente. Parr con ragione a taluno meraviglia, che una volta un re persiano, stato lungo tempo in que contorni, un solo sentiero strettissimo vi avesse trovato, e per cenno fattogliene da7 Greci traditori, quando dissi non pochi esservene da niuna muraglia chiusi, e tali da lasciar passare anche carri. Ma d uopo sapere come il mare inondando le radici de7 monti avea allargate le strade, per le quali si poteva di l salire, e come es sendo la terra rotta da impraticabili aperture ed alvei di torrenti, gli antichi credevano impossibile che con muraglie si potesse validamente chiudere quanto la na tura avesse separato. Pu dirsi ancora che odiando per inerzia lavori di opere troppo difficili, commettevano alla fortuna la difesa de luoghi da essi trascurati, tutta la loro sicurezza riponendo nella ignoranza de Barbari: essendo soliti que che sfuggono la fatica a credere dif ficili agli altri i lavori, che per essi sono gravi. Per lo che dopo tali considerazioni nessuno vorr contendere a Giustiniano Augusto questa lode, dessere andato

sommamente innanzi a tutti quanti mai furono nella provvidenza e diligenza ; perciocch egli costrinse il mare vicino ai monti ? ed ivi spumante e tutto allagante intorno, a sostenere il freno di robustissime fondamenta gittate tra i flutti 9 e nella umida sabbia, cose che apertamente sono contrarie; ed a ceder all arte umana ad onta della naturale sua forza violentissima. Poscia dopo che boschi e burroni ebbe congiunti , e fermato il mare a pi de9 m onti9 e tutta la Grecia cinta di for tificazioni, non pose fine ancora, n temperamento al1 amor suo verso i sudditi; ma dentro quelle mura alz ancora castelli, colla giusta considerazione alla nmana fortuna, in faccia della quale nulla di stabile, nulla d* invitto ; pensando 9 che se per caso i nemici in qua lunque modo simpossessassero di quelle fortificazioni 9 i soldati di presidio avrebbero per que1castelli luogo op portuno ove ripararsi. Al quale intendimento ancora fece granai e serbatoi d acqua dappertutto ; e pose ivi circa due mila uomini di guarnigione : cosa che prima di lui non vera memoria che fatta avesse alcun impera dore ; giacch e in addietro , ed anche al tempo nostro quelle fortificazioni erano sempre rimaste senza difen sori , e se nemici avanzavansi con iscorrerie, od inva sioni , i villani del paese, mutato sull istante mestiere, per la circostanza diventavano combattenti, e facevano ivi le guardie per terra. Ma la loro imperizia faceva an cora che insieme con essi la Grecia venisse facilmente in potere de nemici. E la parsimonia inopportunamente usata in ci fu cagione che per lunghissimo tempo il paese fosse aperto alle incursioni de Barbari.

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Di questa irfaniera Giustiniano Augusto provvide alle fortificazioni delle Termopili. Rispetto poi alle citt y che sono fuori dulie Termopili ( e in quel tratto sonovene molte ) , nissuna fuvvi, a cui col massimo impegno non facesse fortissime mura. Fra queste furono Sacco , Ipata , Goracio, U nno, Balea, e Leontario. A quelli che dalP Illiro vengono in Grecia, due monti preseutansi, i quali per molto spazio scendono ad at taccarsi insieme , e formano una stretta , o porta, che chiamiamo Giissura. Nel mezzo di essa scaturisce una fontana, che in estate d limpida acqua ed eccellente a bersi, la quale discendendo dai monti forma un ru scello. Quando poi piove, sorge ivi un profondo e ra pidissimo torrente , che da tutte le cavit raccogliendo Tacque, vien gi fra gli scogli rumoroso. Per quella parte facile adito aprivasi ai Barbari per entrare nelle Termopili, e conseguentemente in quella porzione di Grecia, In addietro quelle gole di monti erano da en trambi. i lati fortificate, quinci da quello della citt di Eraclea, quindi da quello di Mirople, per breve tratto tra esse divise. Adunque Giustiniano Augusto riedific le mura di ambidue, che da gran tempo erano cadute in rovina; e con saldissime opere chiuse le strette, e coti queste congiunti i due m onti, imped ai Barbari il pas saggio. Con che anche quel torrente fu obbligato a stagnare dentro il muro ; e superato questo pel lento successivo alzamento a spargersi poi ovunque il caso lo spinge. Le citt pure della Grecia poste al di l da muraglioni eretti alle Termopili assicur, rifatte avendo lq

fortificazioni di tutte esse. Eranvi tate guaste quelle di Corinto per gagliardissimi tremuoti : per vetust e per incuria quelle di Atene e di Platea , ed altre in Beozia ; in una parola non lasci alcuna citt aperta, e senza difesa ; ed alla cura che di ci egli prese, i sudditi com* presero manifestamente , che se i Barbari scorgessero per le vicinanze delle Termbpili, vedrebbero .i disegni, loro andar vuoti deffetto, ancorch pur superassero quella barriera ; giacch tutta la Grecia era munita di forti mura : sicch ben presto sarebbonsi disanimati con siderando che avrebbero dovuto porsi allassedio di cia scheduna citt: ch quanto pi a lungo tira la speranza di una impresa, ne distoglie la difficolt; n il coraggio si acconciaper un vantaggio troppo differito, e alla presente stanchezza cede la fortuna futura. Fatte queste cose , e saputo come tutte le citt del Peloponneso trovavansi senza mura, e veggendo insieme che molto tempo sarebbevi voluto dovendosi provvedere a ciascheduna, Giustiniano Augusto si pose a munire saldamente listmo, il quale presentava assaissimi punti rovinati; ed ivi alz castelli, e mise guarnigioni, sicch i nemici non possano penetrare nel Peloponneso, quan danche si desse il caso che superassero le Termopili. di ci basti.

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CAPO

III.

Cosa siasi fatto nelle citt della Tessaglia e della Macedonia.


Era in Tessaglia Dioclezianopolf, citt in addietro felice , ma nell9andare de tempi dalle irruzioni deBar bari frantumata, e gi da un pezzo deserta. Vicino ad essa v ba la palude Castoria, in mezzo alla quale sta un isola cos cinta dall acqua, cbe pu avertisi acces so per un lato di non pi di quindici piedi. Nell isola poi v* un monte altissimo, la cui met bagnata dalla palude , e 1 filtr sovrasta all* isola. Per lo cbe lImperador nostro, lasciando Dioclezianopoli < 50m luogo di facilissimo accesso, e gi da lungo tempo stato esposto a rovina, siccome dissi, una fortissima citt fabbric in quellisola, e le diede il proprio nome', conforme era giusto. Oltre ci rifece e fortific Ecbineo, T eb e, Farsalo, e tutte le altre citt di Tessaglia, fra le quali fa Demetriade , cbe n era la metropoli, e cos pure Gomfo e T ricatto, le cui mura il tempo avea guaste a modo , cbe se alcuno le avesse assaltate, avrebbele facilissima mente avute in suo potere. E poich siamo col discorso in Tessaglia, parleremo del monte Pelio, e del fiume Peneo. II monte Pelio d la nascita al fiume Peneo, lenemente somministrandogli acque tranquille; e di queste si abbellisce la citt di Larissa, non sussistendo pi F tia, dal tempo gi di strutta. Placidamente poi codesto fiume scorre sino al mare ; e tutto il paese abbonda di frutti di ogni genere,

41 e di dolci acque. Ma dal godere di questi vantaggi erano distolti gli abitanti per la paura di vedersi ad ognistante sopraffatti dalla violenza de9Barbari, non avendo n presidio cbe li difendesse, n luogo sicuro ove rifug girsi : imperciocch Larissa e Cesarea, essendo sman tellate , erano quasi da ogni parte senza riparo. Ma Giustimano restituite ad entrambe mura fortissime, rend sicuro e veramente beato quel paese. Non lungi sor gono monti pieni di precipizii , coperti di altissimi al beri ; e dicesi ivi avere soggiornato i Centauri, ed avere combattuto coi Lapiti ; avendo gli antichi favoleggiato esservi uua volta stata una certa razza d uomini mo struosi e di doppia natura. Nou rimane della favola altro monumento, fuorch il nome dato al castello edi ficato su que9m onti, il quale anche oggi chiamasi Centauropoli. Le mura di questo Giustiniano Augusto ristaur; e con esso fortific anche quello di Eurimene posto nel medesimo sito, e stato soggetto alle mede sime rovine. E rinnov egualmente in Tessaglia altri ca stelli , i cui nom i, insieme con quelli de9castelli che costru in Macedonia, fra poco per ordine riferir. Per non abbandpnare poi al silenzio parte veruna della Grecia, passeremo nelP isola Eubea, prossima ad Atene e a Maratona. Questa isola sta in faccia della G recia, e si stende sul mare. Pare che una volta fosse dallim* peto del mare distaccata violentemente da terrarferma; qui infatti uno stretto canale presso la citt di Caicide che divide i terreni a foggia di un rivo : perci quello stretto si chiama Euripo. Tale si la situazione di Eubea; e le sponde di quello stretto vengono unite

insieme da una trave, la quale quante volte ad entrambe si acconcia, fa parere cbe gl indigeni delP isola abitino il continente passando a piedi alla spiaggia opposta ; e tolta p oi, dal continente passano sopra battelli, e di ventano di nuovo isolani : cos che per un solo pezzo di legno ora soprapposto, ed ora tolto via, rimangono o pedoni, o naviganti. Pallene la penisola in faccia, alla quale gli antichi abitatori impedirono che si avesse accesso mediante un grosso m uro, che v innalzarono; ed ivi uniti insieme i due mari aveano fabbricata la citt chiamata anticamente Potidea * ed oggi Cassandria. Ora quanto in passato erasi fabbricato in quel luogo il lungo corso degli anni avea consunto, di modo che alcune partite di U nni, infestando i contorni, quasi tutt altro facendo, e il recinto e la citt aveano senza resistenza espugnato , quantunque a memoria d uomini que Bar bari non si fossero mai applicati ad espugnare luoghi fortificati. Da ci Giustiniano. Augusto prese occasione di far mostra della virt e magnanimit sua, poich uso ad opporre alle disgrazie rimedio colla sua provvidenza , qui le disgrazie acerbissime colla sua munificenza sus seguente rivolse in meglio, la citt di Pallene, che tutto il paese protegge, e la chiostra che vi d adito fortifi cando a modo da potere apertamente sostenere tutta la forza de nemici. queste sono le cose che fece in Ma* cedonfa* Non lungi poi da Tessalonica scorre il fiume Recchio, il quale dopo avere bagnata la fertile campagna del con torno si scarica nel mar vicino. Placido n il corso, tranquilla e buona a bersi P acqua , i campi per la pi.

parte sono al piano , e buon tratto del paese gode di dolce umidit e di pascoli : per tutte le quali cose gli abitanti sarebbero stati felicissimi, se il paese non fosse stato aperto ai Barbari, giacch per la estensione allintorno di quaranta miglia manca di castelli, o d al tra difesa qualunque. Giustiniano per tanto edific alla foce del fiume Recchio, e sul lido marittimo un castel lo : opera nuova e fortissima , che chiam Artemisio. C A P O IV.

Catalogo de*castelli da Giustiniano o fondati, o ristatirati nelV uno e nelV altro Epiro , nella Macedonia, nella Tessaglia, nella Dardania , e in tutte le parli mediterranee dell'' lllirio.
L istituto nostro vuole che enumeriamo tutte le for tezze, che il medesimo Imperadore costrusse, in quella parte d Europa* Ma se facessimo ci presso uomi ni di qui lpntani, e posti sotto altro impero , ove non avessimo testimoni , incredibile e pienamente fa* volosa parrebbe tanta quantit di opere. Ma noi possiam veder tutto da vicino; e molti nati de*paesi ove esse sono state fatte, viyonp con noi, e ne fanno fede. Fon dati adunque sulla verit possiam tessere un catalogo de luoghi forti, che nelle provincie or nominate Giu stiniano Augusto o ristaur essendo rovinati, o innalz di pianta. E noi li esporremo in catalogo, affine di evi tare la confusione, che diversamente facendo potrebbe nascere.

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Nel nuovo Epiro ecco i nuovi castelli dall9mperadore edificati. Sceminite Ulpianso Episterba Argo ona Stefaniaco S. Sabiano liuta Dirlachi Patana Gemeno Bacuste Alistro Irene Epiduta Bacusta Marte Ginecomite Sperezio eone Stredeno Deafra co Labello Epileo Piscine Citina Dolebi Edonta Tiziana Ulibula Brebace Tesaoro.

/ seguenti sono quelli y che restaur .


Santo-Stefano Cetreone pi Peleo Come Pacue Scidreonopoli ntipagre Titra B rebeta Bupo Endinia Dioniso Ptochio Tircano Simefgio Pronutido Edone Castello Capaza Pupsalo Gabreo Dionaa Clemenziana Illiri Cflica Argia Terma manzia Parezio S. Sabino Nel castello d Come la cisterna Marzio Pezio Onalo I due castelli di S. Donato presso G istinianopoli, e Fofica Buliba Palir Trana Posidone Colofonia.

ifleli9Epiro antico edific i seguenti.

Parm Olbo Gionx Marciana

Algo Cimelio Xeropotoe Europa E rifece.

Chimera Elega Omoncea Adano.

Murciara Castina Genisio

Percoso Marm arata Listria

Petroniana Carmina.

In Macedonia rifece i seguenti Candida Colobona La Basilica di Aminta Melichisa Pasca Aulone Bolbo Brigize Opa Pleuro Camino Terma Boga Neupoli Calamo Museo Acremba Adrianio Edana Side Nmfio Metizo Argiciano Bazino Cassopa Parzione Genziano Priniana Testeo Cirri Gnrassone Cumarciana Limnederio Bupoodino Baba Ciriana Peleco Lage Cratea Fascie Placidiana Inea Limila Opzione Caradro Cassiope.

I castlli rislaaraii in TeSsaglt son questi t


Alcone Lossono Ger antica Perbila Cercine Sidreo Fracellano

Seguono t castelli fondati di nuovo nella Dardania Laberio Gastimo Rabesto Castellio Acrenza Teria D rullo Vittoria.

Questi furono nella medesima provincia i rifatti Cesiana Tezule tisan a Besiana Masca Liste Celliriana Zisbae Genzana Petrizene Eutichiana Mulato Bela Gattaro Cattaneo Pentza Cattafetero Dabano Cubino Gertmaza Vittoriana Azeta Durbuli Surico Cusine Zuzziana Ballesina Bella Catrelate Casiella Mariana Priscopera Milete Dardapara Gesuna Veriniana Lasbaro Castello bretara Edetzio Dinio Cecola Emaslo Castelona Capomalva Sereto PtoChio Quino Berzana Bessaiana Arsa Blezo .abutza Quinti Bermerio Castravema Rotuno Cobencile Marcellina Primoniana Paimlino Aria.

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Nel territorio della citt di Sardica furono edificati


Scupio Stene Marcipetrs Briparo Romaniana Strila Proziana Marcunniana Scopentziaua.

Nel distretto Cabetzano di nuovo edificato Bulba, E furono risiaurati Pirsia Stamazo Clesbeslila Dniana Turicla Medeca Peplabio Cuna Vinco Trisciana Parnusta Tzime w Nuovi Bngarma Betza Bregedaba Borbrega Restaurati. Salebrie, Arcuue Dune Buterie Barbarie Arbazia Cuzusura JSierie Itaberie Botte Btzimea Badziania Bane Rimer Tusudeaa Scuaue Scentudie Scare Tuguria Bemaste Stramenzia Ugnio Iladeba. Turo. Bidzo Stenocorta Danedeba Ardia,

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Nel territorio della citt di Germana di nuovo edificato


Scapliz. E furono ristaurati Germa Gandara Rolligera Scinzerie Rignocastello Svagogmense.

N el territorio della citt di Pauta Tarporo Sobosta Cherduscera Blepo Zespurie.

Nella regione Scassetana Alaro Magomia Luconanta Baiauso ButL

N el territorio della citt di *****furono fa tti di Calyenzia Faranore Stranbasta Aldane Baracteste Sarmate Arsena Brarcedo Erarla Bercadio Sabinibrie Timiana Candtlar Arsaza Viculea Castellio Groffe Garce Piste Dusmana Bratzista Olodaride Cassia Grandeto Urbrana Nogeto Gurbico Lautzone Duliare Mediana Tiuncana Castengio.

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Furono nel territorio dellA stessa citt risiaurati


Ercula Muziano Burdope Cali Millareca Debrera Chesdupara.

N el territorio Remesianesio Brittura Subara Lamponana Stronge Palmata Primiana Frerraria Topera Tome ua Tzerzenusa Stene Eadaba Deutreba Pretzarie Cumudeba Deuria Lutzolo Repordene Spelunca Scumbro Bri taro Tulcoburgo Longiana Lupofantana Dardapara Burdomina Grinciapana Greco Drasimarca.

Nel territorio di Aquienisia edificato di nuovo Timatochiomo. Restaurati Petere Sculcoburg Vindimiola Braiola Arganocilo Castelnuovo Florenziana Romiliana Sceptecasa Scaripara Odfkzo Cipipene Trasiana Pot Amuliselote Timalciolo Argentare Auriliana Gembro Clemade Turriba Gribo Calare Tzutrato Mutzipara Stenda Merdio Meriopontede Tredetitilio Breola Motree Yicanovo Quarziana Giulio balla Poni%a Zane.

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CAPO

V.

Che forti luoghi fossero una volta sulla sponda delV Istro j o Danubio, Dacia ripense. Singedone. Ot tavo. Viminacio.
C os, come abbiamo esposto, Giustiniano mperadore fortific tutte le parti mediterranee dell1lllirio. Come poi di fortezze e di presidii provvedesse la sponda dell Istro, chiamato anche Danubio, ora esporr. Antica mente gl Imperadori romani per impedire ai Barbari abitanti al di l di quel fiume di passarlo, la sponda del medesimo guernirono di borghi e di castelli, alzati qua e l , ora alla destra ed ora alla sinistra. Ma non edificarono in modo da rendere inaccessibile la sponda a chi tentasse assaltarla ; ma soltanto perch quella sponda non fosse vuota di difensori , poich i Barbari depaesi transdanubiani abborrivano dal combattere luo ghi murati. Molti di tali luoghi forti non avevano che una torre, e perci chiamavansi Monopirgi, n aveano che pochissimi soldati a guardia; e tanto bastava per incutere terrore ai Barbari, sicch non ardissero assa lire i Romani. Ma dopo Attila, venuto con grande eser cito, tutti queMuoghi forti facilissimamente occup; e senza trovar resistenza saccheggi per ogni verso l Im pero romano. Finalmente Giustiniano Augusto ristabil quanto era stato rovesciato e distrutto, non nella forma di prim a, bens in modo di gran lunga pi valido ; e di pi fece assaissime opere nuove: con che pienamente restitu all Impero la perduta sicurezza. Ed ora dir come.

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Dai monti de Celti, or detti Galli, nasee il fiume Istro , e scorre per amplissimo paese, la cui massima parte priva affatto di civilt. In alcuni luoghi ba per abitanti Barbari viventi a guisa di fiere, incapaci di as sociarsi alle altre nazioni; ed ove prossimo alla Dacia, questo fiume incomincia a segregare i Barbari che abi tano alla sinistra, dai Romani che stanno alla destra. Per questo i Romani chiamano ripense quella Dacia, per ch ripa parola latina vuol dire sponda del fiume. Presso la riva fu anticamente edificata la citt di Singedone, che poscia presa dai Barbari fu rovesciata e desolata affatto; e a simile stato questi ridotti aveano altri luoghi gi forti. Ora Giustiniano Augusto Singedone tutta quanta ristaur, e cinse di salde mura, sicch divenne nuovamente una bella ed insigne citt. Aggiunse poi otto miglia distante da quella un castello fortissimo , che a cagione di tale distanza fu detto Ottavo. Pi oltre fuvvi Viminacio, citt antica, che distrutta in addietro sino dai fondamenti V mperadore ripar a modo che sembra nuova. C A P O VI.

Giustiniano fortifica la riva del Danubio dalla citt di Viminacio sino in Tracia.
Chi dalla citt di Viminacio va oltre, s incontra in tre luoghi fortificati sulla sponda dell Istro , e sono Pieno, C upo, e Nova, la cui fabbrica e il nome per P addietro consistevano in una sola torre. Ma ora GiPro cor io

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stimano Augusto tanti e s forti edifzii e ripari aggiunse a que1luoghi, che possono degnamente dirsi altrettante citt. All7 incontro di Nova sull opposto continente stava una to rre , gi da tempo abbandonata, detta Li terata , e Lederata la dicevano gli antichi. Di essa lImperador nostro fece un grande e validissimo castello. Dopo Nova vhanno altri castelli, Cantabazate, Smor t e , Campse, Tanata , Zerne e Duceprato ; e sulla riva ulteriore ve nha molti altri , eh egli edific di pianta. Siegue poi quello che chiamasi Gapobue , opera di Traiano Augusto ; indi il vecchio Zane : i quali tutti 1 Imperador nostro fortific in modo che li rend pro pugnacoli delP Impero inespugnabili. Non lungi da Zane v un castello chiamato Ponte. Ivi il fiume diraman dosi circonda piccola parte della riva, con un braccio ; poscia mette questo nellalveo maggiore, non per pro prio fatto, ma bens forzatovi per opera dellumano in gegno. Perch poi quel sito chiamisi Ponte, e come per forza lIstro ritorni nell alveo maggiore, vengo a dire. Mostrandosi l imperadore Traiano , principe di gran mente, e sommamente operoso, insofferente che lim pero ivi non avesse termine , ma fosse finito per fatto dell Istro, pens di congiun^ere le due sponde mediante un ponte, onde liberamente passare quante volte volesse assalire i Barbari stanzianti di l. Come poi costruisse quel ponte io non mi affaticher a dirlo : tocca a de scriverlo ad Apollodoro damasceno, che fu larchitetto di tanta opera. Ma niun conforto ne provenne poi ai Romani, perch e per la forza dell Istro , e per quella del tem po, quel ponte cadde. Traiano intanto avea

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piatitati due castelli sopra entrambe le rive : quello che era sulla riva opposta fu chiamato di Teodora; e laltro posto nella Dacia, con nome latino fu detto Ponte. E perch pei rottami, e i fondamenti del ponte il fiume soffre impedimento da rendersi affatto innavigabile, vien costretto a mutar corso; indi a ritornare nel suo alveo, e a sostenervi le navi. Per antichit ed opera de* Bar bari minati i due castelli, Giustiniano Augusto con nuo va e robustissima fabbrica rifece quello chiamato il Ponte posto sulla sponda destra ; e mise da quella parte in sicuro glIllirii. Quello poi di Teodora, che era sulla sponda sinistra, trascur, come quello che era esposto ai Barbari col stanziati. Dopo questo castello di Ponte cos ristaurato, altri luoghi forti nuovi ivi da lui eretti sono, Mareburgo, Susiana, Arm ata, Timena , Teodoropoli, Stiliburgo, ed licaniburgo. ivi presso una citt detta Alle-cque, una cui mo dica parte rovinata P mperadore rialz. Poscia Borgonovore, Laccoburgo, e il castello di Dortico, dal tempo diroccato, ristaur, e ne fece una fortissima rocca ; ed una torre detta il Giudeo, di forma tanto e d ogni maniera accrebbe, che merita di essere d etta, ed in sostanzi veramente un egregio castello. Cos Borgo alto, dianzi abbandonato, e affatto vuoto di gente , e Combe parimente, cinse di mura ; e riedific la rocca di Crispa da lungo tempo tutta guasta, e Longiniana, je Pauteserio, ove fece fare eccellenti opere; e ristaur pure le torri, e i merli rovinati di Bononia, e di Novo; e tutte le cadenti fortificazioni della citt di Raziaria ; ed altri molti luoghi od ampli se erano troppo piccoli,

se troppo grandi ristrinse, conforme le circostanze, e luso che se ne volea fare, chiedessero: onde n la pic colezza insufficiente n 1 ampiezza soverchia dessero adito anemici. Per questo di Mocagiana, che in addie tro consisteva in una sola to rre , fece un castello , che oggi opera compiutissima ; ed A lmo, dianzi troppo vasto, ridusse a stretto giro, senza pericolo che i ne mici possano espugnarlo. In molti altri luoghi parimente trovato avendo non esservi a difesa che una sola torre ', debole tanto da non dare alcuna fatica a chi volesse im padronirsene, egli fece costruire un castello fortissimo, siccome fece a T ricesa, e a Putedina. Meravigliosa mente poi tutte le fortificazioni di Gebro 9 cadute in rovi na , rinnov ; e in Bigrana edific un nuovo castello, ed un altro in Ono, ove prima non v era che una tor re ; e come non molto lungi da quel luogo rimanevano i soli vestigli di una citt, statavi prima , tutta intera per benefizio di Giustiniano Augusto risorse nuova , e ben popolata, ritenendo 1 ornai dimenticato suo antico nome , che quello di Augusta. In simil modo le rovine ripar della rocca di Edabe; e la citt di Variante rilev dalle sue rovine; e cinse Valeriana di m ura, essendo dianzi nuda di ogni difesa. Quindi pose cura aluoghi non giacenti sul fiume } ma da esso rem oti, e da lungo tempo rovinosi, di forti mura cingendoli, come fece a Castrammarte, a Zetnocorto e ad Iseo. Presso il fiume poi al castello detto degli Unni, oltre molte altre provvigioni fattevi, ag giunse diligentissima attenzione a quanto potevano ri chiedere le mura. Poco lungi dal castello degli Unni

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lIstro era stato fortificata con due presidi!, Palagiolo detto quello cbe era nell Illirio, e Sicibida P altro cbe vera in faccia , e Giustiniano li rifece entrambi, aven doli trovati per vetust in rovina: con cbe reprsse da quella parte le incursioni de Barbari. Lo stesso fece delP antico castello di Erima; e lo stesso fece ancora di Lapidaria sull estremo confine delTIllirio; ove alla sola torre cbe vera, detta Lucernariaburgo, diede lam piezza di un bello e forte castello. Queste sono le opere da Giustiniano Augusto fatte nellIllirio, provincia, la quale egli non solamente fortific con edifizii, ma ezian dio con presidi! militari in tutti i posti forti collocati; e con ci respinse le forze de Barbari. C A P O VII.

Altri edifizii d Giustiniano presso il Danubio,


Fin qui s\ detto delle fortificazioni dellIllirio presso l Istro : or dobbiamo dire di quelle cbe l imperador Giustiniano fece lungo quel fiume nella Tracia; cre dendo io convenire di scorrere prima quella spiaggia ; poi proseguire ragionando degli edifizii mediterranei. E primieramente di l partendo procederemo ai Misii, che i poeti dissero combattenti da lontano ; e ci facciamo dappoich questi alcuue volte penetrarono ne confini illirici. Adunque dopo Lucernariaburgo lImperador no stro edific il nuovo castello di Lecurisca: indi rifab bric quello di Cintodemo caduto in rovina. Al di l di questo fond una nuova citt, e dal nome dellAugu-

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sta la chiam Teodoropoli. Anche i castelli Tiga e tron, che mancavano di alcune opere, con nuove opere assicur; e a quello detto di Massenzio aggiunse una torre, che credette necessaria;.e il castello nuovo eresse chiamato Cintone. Segue poi la rocca di Tramacarisca , alla qual corrisponde sull opposto continente Dafne , gi dalP imperadore Costantino fondatovi in considera zione della convenienza di tenere presidio sopra entram be le rive del fiume. Dopo Tramacarisca ripar le due rocche , Alcena, e Candidiana, state demolite dai ne mici. Tre rcche ordinatamente stanno sulla riva delP ls tro , e sono Saltopirgo, Dorostolo, e Sicidaba; e ciascheduna di esse rialz dalle rovine con molti lavori : lo stesso fece a Quasore, altra rocca posta al di l della riva ; e di molto accrebbe ed estese il castello di Pal mate , collocato in una stretta, quantunque distante dalla spiaggia del fiume ; e vicino a questo uno nuovo ne fond che quello di Adina, essendo soliti i Barbari Schiavoni ad intanarsi ivi, e ad assaltare ed assassinare chi passasse a quella volta. Piant pure P altro detto Tilicione , e alla sinistra di questo eresse un forte. Di questa maniera nella Misia rassicur la riva dell Istro, e le terre vicine. Or passer alla Scizia. Qui prima di ogni altro si presenta il castello chiamato di S. Cirillo 7 in cui Giustiniano imperadore accuratamente rifece quanto dal tempo era stato danneggiato. Al di l v era Pantica rocca detta Ulmitone, la quale per essere stata per molti anni sede de Barbari Schiavoni fattisi assassini da strada, abbandonata e vuota non conservava pi nulla delP antico stalo , eccetto che il

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some. La riedific egli adunque fino dai fondamenti ; e liber tutto 1 adiacente paese dalle scorrerie e dalle insidie di que ladroni. Succede a quella rocca Ibida, citt? cbe avea perduta gran parte delle sue mura ; e riparate queste senza esitazione, il luogo ben bene for tific ; e al di l fabbric di pianta il castello detto Egisto; e quello di Almiri, posto alla estremit della Scizia, conserv rifabbricandolo ov eta cascante. N debbe tacersi degli altri luoghi, che in questa parte dEuropa sono stati fortificati. CAPO Vili.

Strada rifatta , e ben munita dal castello di Stronfilo fino a Reggio. Ponte sul Mirmece. Cisterna nella citt di Atira . Castello presso Episcopio.
Fin qui indicai gli edifizii da Giustiniano Augusto fatti ne paesi dei Dardani, degli Epiroti, deMacedoni, e delle altre genti illiriche ; come pure quelli che fece in Grecia, e sul fiume Istro. Ora procediamo nella Tra* eia; e poniamo ottimo principio del nostro ragionamen to con quanto riguarda Costantinopoli, poich questa citt non solo per la potenza, ma per la singolare sua situazione la principale nella T racia, potendosi dire l antemurale d Europa, e padrona del mare, che que sta parte del mondo divide dallAsia. Ma perch quanto Giustiniano fece in Costantinopoli, ^ dentro le mura di quella citt e fuori, tanto in fatto d edifizii sacri, quanto di altri, ne passati libri riferii, presentemente dir d altri.

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Vha un castello suburbano, cbe a cagione dlia sua figura chiamasi Strongilo , cio rotondo. La strada che da esso conduce a Reggio, era quasi tutta disuguale ? sassosa e rotta, a modo che cadendo piogge alquanto copiose, i viaggiatori erano arrestati da frequenti lagune. lImperadore pertanto la fece selciare eoa grandi la stroni, e la rend facile e spedita. Essa si stende sino a Reggio in lunghezza, ed larga quanto conviene per ch comodamente passino due carri, i quali vengono ad incontrarsi. Quelastroni sono s duri, che li diresti di pietra molare ; sono s larghi e lunghi, che ognuno cuopre un grande spazio di terreno, e penetrano in terra profondamente ; e sono s bene uniti insieme , e spia n a ti, che paiono un pezzo solo; Ma di ci basti. Vicino a Reggio v uno stagno, che riceve fiumi scorrenti da luoghi pi alti,, e si estende sino al mare a modo che viene ad avere con esso comune il lido e strettissimo, il quale entrambi concorrono ad inondare, dalle due opposte parti spingendovi contro con fremito i loro flutti. E procedono essi sempre su quel comun lido in senso contrario; e dove vi sieno giunti, ritor nano indietro-, come se ivi abbiano prefisso il termine loro. Ma per alcune volte giungono a confondere in sieme le acque.; e quando ci accade, si forma ivi una specie di stretto pelago , la cui acqua, non ben si co nosce a quale dei due appartenga: imperciocch n sempre il mare si getta nello stagno, n sempre lo sta gno si getta nel mare: ma dopo copiose piogge, sof fiando V austro manifestamente dallo stagno il mare si avanza oltre; e al soffiare di borea il mare travalica

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nello stagno. In quel luogo le acque marine corrono a dilungo per un canale strettissimo, che va a finire di poi in alto mare, ed appunto perch s angusto gli si dato il nome di Mirmice, che vuol dire formica. Quel angusto canale in cui, come dissi, il mare si unisce allo stagno, una volta si passava per mezzo di un ponte di legno ; n senza grave pericolo delle persone , le quali tal ora perivano sommerse insieme con quel ponte. Ma al presente Giustiniano mperadore ha assicurato a tutti il passaggio, avendo fatto costruire interamente di pie* tre , e sopra altissime arcate , un p on te, saldo insieme ed elegante. Di l da Reggio v la citt di A tira, i cui abitanti, sapendo egli che soffrivano carestia dacqua, liber dal flagello della sete, facendo ivi fare cisterne , nelle quali pi acqua si conservasse di quella che occorresse ai loro bisogni ; e si distribuisse opportunamente. Egli ri staur pur anche le mura di quella citt. Dopo Atira v un luogo che gl indigeni chiamano Episcopia. Giustiniano veggendolo esposto alle incursioni de nemici, e tutto quel paese non istato mai munito, e rimanere senza difesa veruna, Ivi fabbric una rocca le cui torri furono costrutte in particolare maniera ; ed questa. S inalz sul muro l edifizio, da prima assai stretto, poscia allargantesi ampiamente; e su quello al largamento fu posta ognuna delle torri: il che fa che i nemici non possano accostarsi al muro, per la ragione che tra le torri di qua e di l facilmente essi vengono colpiti dai.dardi de difensori, i quali dallalto tirano loro addosso. N all usata foggia ivi pure sono poste le porte

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fra le torri : ma sono praticate in isghembo in quelle anguste eminenze del muro fuori della vista de1nemici. In queste costruzioni l Imperadore adoper Teodoro Silenziario, uomo di singolare intelligenza. Di questa ma niera quel luogo fortificato. Prima poi che passiamo a parlare de muri lunghi, dobbiamo premettere alcu ne cose. CAPO IX.

Provvedimento fatto ai Muri lunghi, e ad Eraclea. Fondazione di una citt presso a Redesto.
11 mare dall oceano e dalla Spagna insinuandosi la scia da parte l Europa alla sinistra, e si allunga al1 oriente fino a che tocchi la Tracia. Quindi si dirama per modo, che in parte va a levante, e in parte per obbliqua apertura forma il Ponto-Eussino. Giunto che sia e Costantinopoli, esso si piega quasi a sua meta sul lato orientale della citt ; quindi facendosi obbliquo assai di pi, forma un seno; e per conseguenza dalla parte della Tracia, che bagna di fronte, e a tergo fa un istmo, non perch ivi il mare, come negli altri istmi, si divida in due recessi, di qua e di l ; ma perch con mirabile piegatura abbraccia 1 una e laltra Tracia , e singolar mente tutta la campagna suburbana di Costantinopoli. Or questa campagna i cittadini occupano ed abbellisco-' no con edifzii non solo agli usi della vita opportuni, ma a sfogo di lusso, a insaziabilit di delizie, e a godi* mento d ogni intemperante volutt, che a mortali suol

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ispirare V opulenza. Ivi tengono molta suppellettile ; e le cose con molt arte lavorate, questi luoghi dalle repentine incursioni de7 nemici non ricevevano minori danni, di quelli, che ne soffrissero gli altri per simile cagione : anzi venivano saccheggiati e devastati peggio degli altri. Volendo a questo inconveniente poi* rimedio r mperadore Anastasio, edific a quaranta miglia di distanza della citt i cos detti Muri lunghi, coi quali congiunse insieme i due lidi del mare l, dove sono tra loro distanti quasi due giornate di cammino. Per lo che stim di avere posto in sicuro quanto era di qua di quei Muri. Ma da ci nascevano maggiori inconvenienti. Im perciocch non poteva opera tanto estesa avere bastante solidit, od essere bastantemente difesa. E per certo, qualunque fosse la parte di que Muri, che i nemici as saltassero, senza grande difficolt opprimevano tutti quel li , che la custodivano ; e piombando improvvisamente addosso agli altri, recavano rovina tanta da non potersi con parole esprimere. L Imperador nostro avendo riparato ai guasti de Mu ri , e consolidato ottimamente le parti deboli de mede simi, a sicurezza dei difensori aggiunse di pi il seguente artifizio. Chiuse tutte le uscite di ciascheduna torr verso le torri vicine \ e nell interno di ognuna fece una scala, che tolta via nella circostanza di assalto, fa che i difen sori si ridano denemici ancorch egli passino i Muri, per ciocch ogni torre ha quanto pu occorrere pel suo pre sidio. Adunque entro il giro di que Muri rend tutto perfettamente sicuro, non solo con ci che ho indicato, ma eziandio coi restauri fatti alle mura della citt di Se-

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libria. E questo ci che Giustiniano Augusto fece ri spetto ai Muri lunghi. Eraclea, citt marittima e vicina, altrimente detta Perinto, anticamente tenne in Europa il posto princi pale ; ed oggi lo cede soltanto a Costantinopoli. Essa non guari, giacessi in somma aridit, non perch di tale natura sia la campagna che le sta d intorno, o per ch i fondatori di essa trascurassero di provvederla di acqua: ch P Europa felicemente irrigata da fontane, e quegli antichi avevano ivi costrutto un acquidotto. Ma il tempo lo avea disgraziatamente viziato , e qua lunque fosse la cagione per la quale non se ne fece conto, e si trascur di conservarlo, la cosa giunse a tale, che gli abitanti di quella citt Pabbandonarono. A pessi mo stato era pur riflotto per vetust un palazzo splendi dissimo,che Eraclea similmente aveva. Ora avendola PImperadore visitata, guidato non da momentanea leggierezz a , ma da liberalit veramente reale, la citt copiosa mente provvide di dolci e limpide acque ; n soffri che mancasse pi oltre delP onore di un palazzo imperiale; perciocch lo rifece in ogni sua parte. Redesto era luogo marittimo non pi di una giornata di cammino lontano da Eraclea, comodo per la naviga zione delP Ellesponto, per un porto facile, ed opportu nissimo al commercio di mare ; preferito appunto per potervisi approdare placidamente, e sbarcare le merci 9 e caricar queste , e salparne. Ma accadendo che dim provviso i barbari si spargessero per le campagne, nulla v era atto a ritenerli, perch n P arte vi avea eretti luoghi forti, n la natura presentava difficolt alPacces-

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so. Perci i capitani di navi sprezzavano quel porto in grazia della paura di tale pericolo. Giustiniano Augusto estese anche a questo luogo le sue provvidenze, percioc ch fortific quel luogo, ed assicur tutti gli abitanti vi cini ad esso, fabbricando la citt di Redesto, cingendola di forti mura, e dandole tanta ampiezza da accogliere tutti i vicini, i quali ad una imminente irruzione di bar bari accorrano col per mettere in salvo s stessi, e i loro averi. C A P O X.

Nel Chersonneso si ristaurano i Muri lunghi. Si cingono di mura le citt di Afrodisia, di Ciberi, e di Gallipoli, Castelli eretti di nuovo.
Tanto fece Giustiniano Augusto rispetto a Redesto: or vengo a quanto egli fece nel Chersonneso. Il Cher sonneso cuopre tutta quella parte di T racia, alla quale corrisponde. Esso si stende in mare, come se fosse con giunto colla spiaggia ulteriore ; ed infatti pare che vada in Asia. Nel lido vicino alla citt di Eieunte, ha un pro montorio, per cui il mare si divide in due ; e distaccato per V acqua dal continente, e cedendo al mar che si avanza, d luogo ad un seno, chiamato Melano, o Nero. E manca poco, che non diventi un isola: per lo che ha preso un nome a ci consentaneo, giustamente appunto dicendosi Chersonneso , che vuol dire tenuta per uno strettissimo istmo dal diventare unisola. In questo istmo gli antichi aveano negligentemente eretto un muro, che

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colle scale potevasi superare ; avendolo tenuto s basso, come se non si fosse trattato che di fare un recinto ad un orto altronde malamente esposto. Ad ambi poi i lati dell istmo aveano fatte sul mare certe alzate, chiamate Moli ; ma piccole assai e di niun conto 5 e lo spazio interposto tra il muro e le onde, lo aveano chiuso a mo do , che piuttosto la cosa parea fatta per invitare con adito preparato chi volesse occupare il luogo, che colla intenzione di tenerne lontani gli aggressori : tanto era stoltamente fatta quell opera, e superabile a chi avesse voluto venirvi sopra. intanto credendo che quella fos se un propugnacolo inespugnabile, lasciavano alla di screzione dei nemici quanto contenevasi dentro i muri, poich nel Chersonneso non verano n castelli, n altra fortificazione di alcuna sorta, quantunque si trattasse di un tratto di paese lungo quasi tre giornate di cammino. certamente non gran tempo, che i nemici scorrendo la T racia, tentarono verso il lido di aprirsi 1entrata ; e come i custodi si lasciarono prendere da terrore, essi quasi per giuoco saltarono da que muri, e senza alcuna fatica vennero entro il giro de7medesimi. Per la qual cosa Giustiniano Augusto intento alla si curezza de suoi sudditi, ricorse a questo espediente. Pri ma di tutto demol il vecchio muro s che non ne rima nesse vestigio. Indi un altro nel sito medesimo eresse , notabile per altezza e grossezza. Sopra i merli, praticato un volto, vi fece un portico, che tenesse a coperto i di fensori. A quel volto poi soprappose un altr ordine di merli, mediante il quale raddoppi a nemici 1 opera del combattere: indi nelluna e nell altra estremit delmu-

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ro, ove i flutti vanno a rompere, e per la reazione sono obbligati a recedere, alz moli stendentisi a dilungo nel m are, ed attaccati al muro , e gareggianti con esso in altezza* Poi purg la esterna fossa del medesimo ; e ca vatane molta terra , la rend pi larga e pi profonda. Infine in queMuri lunghi pose varii corpi di truppa, at tissimi a tener lungi tutti i barbari, se venissero a volere assaltare alcuna parte del Chersonneso. Cos ben assi curato tutto, con non minore impegno fortific linter no, affinch se alcun sinistro caso ai muri lunghi pur av venisse (e il Ciel noi voglia ! ) gli abitatori del Cherson neso non fossero meno sicuri. Adunque di salde mura cinse la citt di Afrodisia, che era quasi dappertutto nuda di difesa: aCiberi, che giaceva rovinata, diede mura, e abitanti, e bagni, c spedali, e moltissime case, e quanto pu dare splendore ad una citt ; e similmente robu stissime mura diede a Gallipoli, che gli antichi aveano lasciata seuza tale presidio, confidando ne muri lunghi; e nella stessa citt fabbric granai, e cantine a servizio dei soldati, che nel Chersonneso stanziassero. All incontro di Abido Sesto, antica citt, ed anche essa da prima trascurata e tenuta senza difesa. Standole presso un assai scosceso colle, che la domina, l Imperadore fece col su fabbricare un castello pel sito inac cessibile , ed inespugnabile per chi tentasse l impresa. Da Sesto nen molto lontana Eleo, a cui st sopra una rupe, la quale pende sul mare, alzando al cielo la cima, e per s medesima anche senz opera umana forte : col ancora il nostro mperadore piant un castello, a cui difficilissima cosa 1 andare, e sopra le forze di ognuno

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che il tentasse, porre lassedio. Allaltro fianco poi del muro lungo pose il castello di Teseo, validamente mu rato ; e cos per ogni verso mise in sicuro gli abitanti del Chersouneso. C A P O XI,

Viene fortificata Eno. Del borgo di Belluro s fa una citt. Cure avute per Traianopoli, per Massimianopoli, e per altre citt. Catalogo di Castelli.
Al di l del Chersonneso v ha la citt di Eno , che dicesi aver nome da Enea suo fondatore, figliuolo di Ancinse. Le sue mura essendo assai basse, potevansi facil mente occupare ; e non solamente per essere cos basse quelle mura mancavano in cosa necessaria ; ma eziandio in quanto dalla parte del mar vicino prestavano aperto accesso, poich ivi i flutti hanno poca forza. Giustiniano Augusto pertanto quelle mura alz in modo da non po tersi tentare un assalto , non che impadronirsene ; ed avendole condotte alcun poco lontane dal mare, e dap pertutto ben fortificate, rend quasi inespugnabile Eno. Per mentre cos la citt erasi assicurata, rimaneva che i barbari potevano facilmente scorrere a loro talento la campagna, rari essendo fino dai primi tempi i luoghi forti nella contrada di Rodope. Or come nellinterno era il borgo Belluro, per ricchezza e moltitudine di popolo pari ad una citt, il quale non avendo mura, prestava largo e facile bottino ai barbari; e alla condizione miserabile di molte altre circonvicine campagne era soggetto. Ivi dun

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que P Imperador nostro stabil una citt, e il luogo cinse ed orn di mura maguiGcamente ; e di pi, quanto alle altre citt della contrada mancava, o per vetust era in rovina, con ogni studio edific, o ripar ; e tra quelle furonvi Traianopoli e Massiacinopoli, le mura delle quali, ov* erano guaste, rifece. Cos in quel tratto. Ivi era ancora Anastasiopoli, cinta bens di mura, ma per col lido del mare, su cui era posta,nudo di ripari; ond era avvenuto sovente , che gli Unni prese all im pensata le navi col ancorate, di queste si fossero serviti per turbare e danneggiare le isole circonvicine. Giusti*niano, chiusa con muro tutta la spiaggia marittima, mise in salvo e le navi, e gl isolani; ed ivi ancora trasse dai vicini monti un acquidotto, e lo condusse sino alla citt. Similmente provvide a Topero , citt antica della con trada di Rodope , quasi (d ogn intorno circondata dal fiume, e sottostante ad uno scosceso colle , da cui non era molto che i barbari Schiavoni P aveano presa. L Imperadore tanto ne alz le mura, che vennero a superare quel colle, quanto prima il colle superava quelle. Ad esse poi soprappose un portico a volto, di dove i difen sori della citt stando al coperto potessero combattere cogli assalitori ; e di ciascheduna torre form un castello fortissimo, e con muro assicur quanto dalle mura sino al fiume poteva trovarsi altrimenti esposto a7 nemici. Queste cose ivi fece Giustiniano. Ora poi esporr in che modo fortificasse la rimanente Tracia, oggi chiamata Emimonto. Primieramente quanto mancava, od era guasto nelle fortificazioni' di Filippopoli c di Platinopoli, molto bene edific : ch quelle
Pioto PIO .
2Q

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citt quantunque avessero vicine molte nazioni barbare, erano debolissimamente riparate. Poi in tutta quanta la Tracia fond innumerevoli castelli, cos ponendo in salvo quelle parti dalle incursioni debarbari a cui erano espo ste, e dai saccheggiamenti che ne conseguivano. I castelli poi che fond, per quanto possiamo ricordarne i nom i, sono i seguenti.
In Europa.

Lidica

Elea*
In Rodope di fondazione recente

Caseera Teodoropoli Trasi Tudanelana Mundepa Tarsandala Dea ito Toparo Dalatarba Bre Cuscabiri Cusculo Bospara di Tracia Yesiparo Capisturia Veripara Isgipeta Ozorme Vcteiaro Tamonbari

Scemna Carastira Pinzo Tuleo Arzone Castrazarba Zosinerso Bergiso Dingo ' Sacisso Cirtussura Potamo castello Isdicea Emporio Tauro cafaleo Velai dipara Scinace Bepara Pusino ltnauparubri

Scariota Salucra Augusta Urdao S. Traiano Dertallo Soluano Vasco Zincira Emmonte Zemarco Gerioparoro Casibonoro Unci Antoniao Fossa di Gesila Chereno Probino S. Teodoro Burdept Racule

S. Giuliano Tztaeto Velastira Getoina Breda Vero Tociode Via Anagonclia Sura Antipari Xtorda Sarmatone Clisura

Ilasiaaa Trasarico Beca Grisanto Marcerota Zdebrino S. Teodoro Asgarzo Burtudgizi Taurocomo Nice Gavotumba Dixas Getistrao

Debre Probi no Garber Elimonto Asgizo Dalatarba Teodoropoli Tzidcme lzonpolegan? Basibuno Anchialo Marciano Cridaaa Beculi.

Gli altri castelli della Tracia sul Ponto Eussino , fiume Istro, come pure nelle parti mediterranee, i seguenti
Sul fiume Istro

Misia Erculeote Scatrina Appiava Exentaprista Deoniana Lim Odisso Bidigi Arina Nicopoli Zicideba Spibiro Polis castello

-Cistidizo Basterna Metalla Veripara Spadizo Marcerota Boda Zisnudeba Turule Giustinianopoli lerma Gemellomunle Asilba Ctucana

Guseo Fossato Bisdina Marcianopoli Scizia Graps


N
ud

Trosme Najadunb Residina Gostanziana Caliati' Bassidina Beledina

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Abritto Rubusta Diniscarta Monteregine Beci AUina Maurovalle Tgra Scedeba

Nova Assiopa
Cant

Tomi Crea
Catassi

Graziana Preidi Argam Pacchinandra


Izascli

Nsconi Nuovagiustioiaua
Presidi

Ergamia.

Bella-Teodora
sodo

Ed altre che

ornai senza .numero.

LIBRO
CAPO

QUINTO
PRIMO.

Tempio di S . Giovanni evangelista in Efeso. Granai nelP isola di Tenedo


A bbiamo nell1 antecedente libro esposti per quanto potemmo gli edifizii di Giustiniano Augusto in Europa. Ora dobbiamo passare alle parti dell Asia omesse. Di sopra parmi, vero, di avere fatta menzione delle for tificazioni di citt e castelli, e d altre cose eh egli co* strui nell oriente dal confine persiano sino alla citt di Paimira, posta nella Fenicia soggetta al Libano. Pre sentemente prendo a dire degli edifizii di lui nella ri manente Asia, e ntlP Africa ; delle citt cinte di mura; delle provvidenze date per rimediare o a strade difficili e piene di pericoli, perch poste su precipizii di monti, o perch andanti sull orlo di fiumi, da cui facilmente cadendo i passeggi eri rimanevano sommersi ; o a tante calamit , a cui erano le citt esposte Incomincio ad un que. Era presso la citt di Efeso nn luogo aspro per si tuazione, non di buon terreno capace di frutto, se con industria si fosse coltivato, ma' dirupato affatto e sas soso. Ivi anticamente gl indigeni aveano fabbricato un tempio ad onore dell apostolo Giovanni, soprannominato il Teologo, per aver ragionato della divina natura

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cose superiori alla umana intelligenza. Ora quel tempfo, piccolo assai, e non pi resistente alla forza degli anni, Giustiniano imperadore demol tutto ; ed invece lo rifabbric s grande e s splendido, che, per dir tutto in breve, riusc somigliantissimo, e pari affatto a quello , che nella regia citt consacr a tutti gli Apostoli, con forme ho detto ne libri antecedenti. In Efeso dunque vedesi questa opera del nostro Prin cipe. Quella ch egli eresse nellisola di Tenedo, mi rabilmente utile alla regia citt, e ai Parcenevoli, che navigano a cagione di commercio : il che dimostrer facilmente, una cosa sola esponendo. Strettissimo il mare nellEllesponto, poich ivi si avvicinano quasi ad unirsi le due coste de continenti, e danno principio al canale presso Sesto ed Abido. Le navi col giunte , qualunque esse sieno, che muovano verso Costantino poli , approdate a quella spiaggia, non possono, di sco starsene se non soffiando 1 austro. Ber lo che, ove il naviglio, carico di frumento, procedente da Alessandria ivi sia giunto, se quelli che intendono a tale m e r c a t u r a , hanno propizio il vento, in breve giungono a Costanti nopoli; ed ivi scaricato quanto portavano, ne partono per ritornare ad un secondo, ed anche a un terzo carico prima che giunga linverno. E chi di loro vuol ca ricare altre merci da smaltire in Alessandria, tanto me glio fanno 1 fatti loro nell1accennato ritorno. Ma acca deva pur anche, che se nellEllesponto spirava contra rio vento , ivi pel ritardo della navigazione le navi e il frumento grandemente pativano. Giustiniano Augusto piando pensiero a questi casi, ben dimostr, come col

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coraggio e colla provvidenza sua l'uomo pu far molto anche ad onta di grandi difficolt. Edific egli adunque nell isola di Tencdo, prossima al canale suddetto, va sti granai, capaci di contenere tutto il frumento dai na vigli trasportato ; e furono essi larghi non meno di no vanta piedi, lunghi dugento ottanta, ed alti sommameute. Perci dopo che quella grande opera stata compiu ta, se contrarii venti sorgano a ritardare la navigazione, i conduttori de frumenti, giunti ivi, ne scaricano le navi , e li trasportano in que granai, non imbarazzan dosi pi n di borea, n di zeffiro , n di altro vento contrario, che senza punto turbarsi lasciano soffiare a lor modo; e intanto si accingono a ritornare per nuovo carico col, d onde sono venuti. Altre navi poi, quan^ do sia comodo, da Tenedo portano le provvigioni a Co stantinopoli, le quali hanno appunto questa iucurobenza. C A P O II.

Cosefatte in Elenopoli, e sul fiume Dragone*


Nella Bitinia una citt chiamata dal nome di Elena, madre dell mperadore Costantino : dicendosi ivi nata quella donna. E come dianzi il luogo era ignobile, Co stantino volendo mostrarsi grato alla madre, il nome e la dignit gli concedette di citt, senza per lasciarvi al cun monumento d imperiale magnificenza. Infatti se si considera la struttura e 1 ornato, si vede che il. luo go conservava il suo primo stato, insigne soltanto pel nudo titolo di citt, ed unicamente glorioso del nome

della donna, che ivi atea avuta la vita. Ma P Imperador nostro, onde temperare il rimprovero che avesse po tuto farsi al fondatore dell Impero, prima di tutto veggemio quella citt angustiata per mancanza d acqua , vi costru un superbo acquidotto; e lo spettacolo inat teso vi offr di tanta abbondanza dacqua, che non solo corrispondesse al bisogno della sete e del vitto, ma eziandio ad ogni modo di lavanda, e a tutte le altre de lizie, che dall abbondanza dell acqua si ottengono. E fece ancora un nuovo baglio; ed un altro ne ristaur, che parte, per la detta mancanza di queP elemento , parte perla incuria era guasto e rovinoso. Di pi vi fab bric tempii, palazzi, portici, abitazioni'pe magistrati; e con queste ed altre cose, mirabilmente abbell, e fe ce lieta quella citt. Presso ad essa scorre un fiume , che gl indigeni ^per la forma del medesimo chiamano Dragone, atteso che va errando tortuoso fra strette sassose , e declina, e si torce, sovente ripiegandosi ed ora torna indietro, ora si volta a destra, ora a sinistra; sicch chi viaggia a quella parte costretto a passarlo venti volte, e pi: onde poi avveniva che molti perissero nel passaggio, sorpresi inaspettatamente dal repentino ingrossarsi del le acque, n facile a prevedersi. E si aggiungeva pur anche, che diventava pi pericoloso per la circostanza, che un folto bosco, ed un 'canneto vasto, e fitto ne im pediva lo sbocco in mare: per lo che ne pativanojancora i luoghi vicini. E non molto tempo, che cresciu to fortemente per grosse piogge ristagn^ e rovescian do le acque sulle adiacenti terre, r e c gravissimi danni,

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essendosi per lalluvione perdute molte ben lavorate cam pagne, e vedutesi strappate dalle radici viti, olivi, ed in numerabili piante d ogni genere; e distrutte case pros4 * sime alle mura della citt; ed ampiamente cagionate agli indigeni mille calamit diverse. Per le quali tocco di compassione l mperadore Giustiniano, venne in deli berazione di quanto sono per dire. Fatto tagliare quel bosco, e strappare tutte quelle canne, fece spedita al fiume la via, onde libero corresse al mare ; n pi s al zasse fuori del letto, ed inondasse il paese all intorno. In oltre fatti aprire in mezzo i mnti, che, minacciosi stfprastavano, dove pendevano precipizii e dirupi apr una strada comoda ai carri ; onde succede che gli abitanti non abbiano per lo pi alcn bisogno di passare quel fiume, come dianzi: al quale avendo anche fatto fare due ponti larghissimi, ognuno pu passarlo con tutta sicurezza. C A P O III.

Riparazioni fatte a Nicea e a Nicomedia. Ponte sul Sangaro. Strada consolidata. Pizia ornata di palaz zo , di bagni, e di tempio.
N da tacersi i benefizi! suoi verso Nicea, citt di Bitinta. Primieramente rifece ivi un acquidotto rovinoso, e divenuto inutile: con ci somministrando a quella citt larga copia di acqua. Indi vi fabbric tempii, e mona steri!, quali per le femmine, quali pe maschi. Rinnov ida fondamenti il palazzo, di cui una parte era gi ca-

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duta ; e cosi fece delle term e, che gi da tempo erano affatto guaste nella -stagione de1cosi detti veredarii. E come presso al fianco occidentale della citt corre nn torrente, il quale ivi chiude pienamente il passo ; e un ponte , che vi aveano fatto gli antichi, mal situato al tronde, e mal costruito , la furia del torrente lo aveva distrutto, sicch non ne rimaneva pi vestigio; l1imperador Giustiniano un altro n edific s largo ed alto, che F antico non sarebbesi detto che una minima parte di esso. Per lo cbe quando il torrente gonfio d acque, ottimamente quel ponte sovrastandogli d un sicuro pas saggio. In Nicomedia ristaur le terme di Antonino, delle quali la principal parte caduta, attesa la grandezza delF opera necessaria, non lasciava speranze di rifacimento. Un gran fiume, oggi detto Sangaro, di corso violentis simo, nel suo mezzo profondo assai, e per larghezza spa zioso come un mare, non avea mai ajnemoria duomini sofferto ponte ; ma soltanto con molti battelli legati in sieme ardivano i pedoni passarlo, come F esercito dei Medi una volta pass F Ellesponto per non incorrere lindignazione di Serse..Ma quel modo di passare su quel ponte non senza pericolo, perciocch il fiume sovente scompaginati que battelli, rottine i legami, ed a suo ta lento dispersi, nega a viandanti.il passo. Ora postosi Giustiniano Augusto in animo di costruirvi un ponte , con tale impegno si occupa delF opera, che senza dub bio essa si vedr in breve compiuta; e,lo argomento dall avere veduto cbe a tutte le sue imprese pone la maho Iddio : per lo che fin ora nessuna deliberazione (In

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lui presa rimase imperfetti, quantunque assai spesso sia parato sul principio intraprendere cose maggiori delle sue forze. In Bitinta v1 una strada, per la quale si va in Fri gia. Questa in tempo d inverno era funesta a moltis simi uomini , e giumenti, perciocch essendo in quel paese il terreno grassissimo, non solamente dopo grandi piogge, o sciogliendosi le nevi, ma fin anche per ca duta rugiada vi si faceva tal fango, e s profondo, che i viandanti per lo pi vi rimanevano soffocati insieme cogli animali che avessero. Un tanto pericolo con gene rosa munificenza vollero torre di mezzo Giustiniano e Teodora Augusti, i quali per un tratto di mezza gior nata di cammino fecero con grossissime pietre lastri care quella strada, e cos la rendettero salda e sicura a chiunque vi passasse. Questo ci che Giustiniano Augusto ivi fece. In Bitinia parimente, in tm luogo detto Pizia, sorgono fonti di acque naturalmente calde ; e molte altre per sone , ma spezialmente gli abitanti di Costantinopoli 9 massime ammalati, prendono da quelle acque ristoro. Ivi adunque mostr magnificenza degna di un Imperadore ; imperciocch vi fabbric un nuovo palazzo, e dove quelle acque calde scaturiscono, edific bagni pubblici : e da assai lungi, dove escono fonti d acqua dolce, con dotte queste per un canale fatto apposta, il calore che in quel luogo era famigliare, smorz con esse. Fece ivi anche un tempio ad onore dell Arcangelo; ed una casa destinata al riposo degli ammalati di non poco accrebbe in. capacit ed in isplendore.

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C A P O IV.

Ponte posto sul Siberi, fiume di Gallazia, e Giuliopoli assicurata contra quel fiume. In Cappadoca le mura di Cesare ridotte a miglior forma . Moseco fatta metropoli.
in Gallaziaun fiume daglindgeni chiamato Siberi, prossimo ai Sicei, e lontano dalla banda di levante da Giuliopoli dieci miglia. Questo fiume, solito a gonfiarsi improvvisamente, annegava molti viandanti : per Io che avvisatone l Imperadore, rimedi al male facendovi un po nte, saldissimo di costruzione, e capace a sostenere le piene; e fabbric eziandio al fianco orientale di quel ponte un muro a guisa di fortalizio, che i periti del* V arte chiamano promachon. A1P occidente poi eresse un tempio, che nell inverno fosse di ricovero ai passeggieri. Quel fiume batteva le mura di Giuliopoli, e le scuo~ teva fortemente, passando alla parte occidentale; il che P Imperadore gli viet di pi fare, avendo eretta d in nanzi alle mura una mole di non meno di cinquecento piedi; e cos preservando la citt, vi aggiunse anche una notabile fortificazione. In Cappadoca poi fece le seguenti cose. Ivi Cesarea, grandissima citt, e da1tempi antichi popolata, era cnta di mura, le quali per la troppa estensione del loro cir cuito rimanendo senza difesa,potevano espugnarsi facil mente ; perciocch un grande spazio inutile comprende v a n o ^ quella soverchia ampiezza dava facile adito agli assalitori. Avendo il fondatore di quella citt trovato il

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luogo pieno di monticeli!, per lungo intervallo tra essi distanti, volle comprenderli entro il circuito 'delle mura, perch non ne traessero vantaggio quelli che volessero assediar la citt ; ma intendendo a darle sicurezza, per contrario le avea preparato gran pericolo. Erano in quel circuito parecchi campi lavorati, ed orti, e rupi, e pasco* li : ne quali spazii, nemmeno in appresso i cittadini pen sarono di alzare alcun edilzio; sicch laspetto del luo go rimase qual era da prima; e se in alcuna parte pur sonvisi alzate case, esse rimasero perfettamente isolate, ed escluse da ogni vicinato. N poi i soldati posti alla custodia delle mura bastavano al bisogno; n i cittadini potevano invigilare sopra tanto terreno ; e per questo vivevano in continuo timore, parendo loro cos di non avere riparo di mura. Finalmente lmperadore Giusti niano , levata una parte di quelle mura in niun modo necessaria, restrinse la fortificazione della citt ad essere veramente sicura ed inespugnabile : il che poi comp mettendovi un conveniente presidio. E di questo modo copr da ogni pericolo contro aggressori Cesarea di Cappadocia. . In Cappadocia pure era Moseco, castello posto in pia nura, e s debole e guasto, che in parte era gi rovinato, e in parte minacciava d esserlo ad ogn istante. Giusti niano Augusto l fece distruggere tutto quanto; e in un rialto s scosceso da non potervi salire nemico, dove quel vecchio castello guardava a ponente, costru un for tissimo muro; e molti tempii, e spedali, e bagni pub blici ivi fabbric ; n. vi lasci mancare alcuna di quelle cose, che distinguono una citt. Onde avvenuto , che

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questa surse alla dignit di metropoli, col quale vocabolo i Romani indicano la citt primaria di un popolo. Que ste cose egli fece in Cappadocia. CAPO V.

Strada aperta col taglio di monti. Ponti ristaurati in^ Mopsuestia, e in Adana. Provvedimenti a Tarsb pel fiume Cidno.
La strada, che dalla citt di Antiochia, gi detta Teo poli, conduce in Cilicia, tocca il suburbano denominato il Platanon. Non lungi da quella citt, come la vecchia strada veniva angustiata fortemente dai monti ivi sor genti , nel lungo corso degli anni la massima parte di quella dalle piogge diroccata rendeva pericolosa il pra ticarla. La quale cosa uditasi dall mperadore gli fece venire in mente di provvedere a tale inconveniente, e vi troy prontamente il rimedio. Disposta infinita somma di denaro, quanti erano ivi alti monti per lungo tratto fece tagliare; e superato quello che pareva insuperabile, ol tre ogni speranza ed ogni credenza, rend piani e spe diti i luoghi, che prima non presentavano che precipizi!, ed ebbe una strada praticabile ad ogni carreggio : con chiarissimo argomento comprovando nulla essere al mon do, che gli uomini con prudente consiglio e con liberale uso del denaro non giungano ad ottenere. Tanto ivi fu fatto. In Cilicia v 'ha Mopsuestia, citt che dicesi fondata dallantico vate Mopso.li fiume Piramo la bagna, e lab-

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beilisce : ma quel fiume non si passa cbe sopra un ponte solo , la massima parte del quale per vetust crollava tanto, che minaccioso di caduta additava la morte a chi 10 passava: per lo che, ci che in addietro era stato fatto per salute degli uomini, la infingardaggine deprefetti avea volto in cagione di grave pericolo e di giusto ti more. Adunque quanto v era di sconcio FItnperador nostro con grande studio rifece*; e restitu la solidit al ponte, la sicurezza ai passeggieri, il decoro alla citt; co se tutte, che una volta il fiijme offeriva , e che erano poi smarrite. Dopo Mopsuestia v ha Adana che dalla parte di le vante bagna il fiume S aro , proveniente dai monti del* P Armenia. perch quel fiume navigabile, n ha gua do ove i pedoni possano passarlo, una volta fu sopra esso costrutto un grande ed insigne ponte di questo mo do. In molte parti del fiume sorgono dal suolo grossi pi loni fatti di enormi pietre. La serie di questi piloni oc cupa tutta la larghezza del fiume, e sono pi alti assai del medesimo. Due arcate salzano sopra ognuno di essi, posanti nel loro mezzo. Or que piloni nella parte in cui contra essi batte P acqua, e ai gagliardissimi flutti resi stono, erano pel lunghissimo tratto di tempo cos guasti, che pareva dovere in breve tutto il ponte precipitare nel fiume ; e perpi nessuno si poneva a passarlo senza pre gare che Dio tenesse il ponte saldo per quel Brevissimo tempo, che a lui occorreva. Giustiniano avendo fatto sca vare un nuovo alveo, per quello volt temporariamente 1 1 fiume ; poi data mano ai piloni liberati dall* acqua , tutta quella parte, che n era guasta, lev, e senza ri

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tardo li ristaur; poi rimise il fiume nel suo primo al veo, o letto siccome dicono. Questo ci che ivi fece. Tarso anchessa bagnata da un fiume, che vi passa in mezzo, e che il Cidno. Esso era sempre stato inno cuo ; ma una volta rec grave rovina per la seguente ra gione. Sullequinozio di primavera sorto improvvisamente un gagliardissimo austro, sciolse affatto la neve, che ca duta in inverno copriva quasi tutto il monte Tauro. Al lora si vide da tutte le rupi uscir fuori ruscelli dacqua; precipitare furiosi torrenti da tutti gli alvei, qua e l a piedi del Tauro sbucare fontane. Gonfio per queste acque il Cidno , giacch dalle viciuanze tutte accorrevano ad esso; e cresciuto inoltre dalle molte piogge, con im provvisa alluvione rovesci sino da fondamenti i sub borghi volti a mezzod; invase rumoroso la citt, i mipori ponti croll, occup tutte le piazze, inond i quar tieri , ed entrato nelle case, e le camere, e i cenacoli riempiendo dacqua sempre pi andava inalzandosi. Una notte e un giorno stette la citt in siffatto pericolo, quasi in bala di un mar procelloso. A poco a poco poi il fiume finalmente si raccolse entro gli usati suoi limiti. Le quali cose tutte udite avendo lmperadore Giustiniano, pens al seguente mezzo. Incominci dallo scavare al fiume un altro alveo d innanzi alla citt, affinch dividendosi in due rami le acque, met al pi andasse in Tarso : indi costru i ponti molto pi larghi e pi forti, da non po tersi scuotere, e rovesciare dallimpeto della fiumana; ed in questo modo liber in perpetuQ gli abitanti della citt dalla paura e dal pericolo.

CAPO

VI.

Magnifico tempio in Gerusalemme dedicato alla Madre di Dio.


Tali furono le cose da Giustiniano Augusto fatte in Cilicia. Incomparabile poi fu il tempio, che alla Madre di Dio dedic in Gerusalemme ; e che gli abitanti di quella citt chiamano la Chiesa Nuova. Venendo a de scriverla , premetter che la massima parte di quella citt sta posta sopra colli, non gi di terra , come al trove , ma di sasso ; aspri per conseguenza, e pieni di precipizi, e ta li, che non si praticano che con stradelle fatte di scalini tagliati dall alto al basso. E tutti gli edifzii della citt sono fatti nella stessa maniera, o sieno posti sopra alcun colle, o sieno in piano ove il suolo di terra. Non cos di questo tempio. Giustiniano ordi n, che fosse fondato sopra il colle pi alto di tutti ; e spezialmente prescrisse quanto dovesse essere largo e lungo. E non bastando , secondo il disegno che ne avea dato, un colle solo ; e mancando da mezzod ed orien te la quarta parte del tempio; quella cio, nella qaale i Sacerdoti debbono celebrare i sacri misteri!, coloro che dirigevano lopera, immaginarono quanto siegue. Gittati i fondamenti nella estrema bassura, vi fabbricarono so pra , incastrando il lavoro alla rupe che ivano superan do; e tratte le muraglie alla cima della medesima, quelle muraglie legarono a volto, e cos V edilzio unirono alP altro pavimento del tempio. Per Io che la Chiesa in >arte giace sulla salda rupe, ed in parte sta pendente,
P
r o c o p io .

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per V opera, che ad aggiunta del colle, a forza di da naro T mperadore vi ha fatto fare. Le pietre poi usate per quella giunta sono 'di straordinaria grandezza : per ciocch siccome gli artefici dovevano contrastare colla na tura del luogo, ed alzar quella giunta a livello della ru pe, abbandonati i metodi volgari, dovettero ricorrere a modi insoliti, ed affatto ignoti. Quindi tagliavano dai monti che sono altissimi fuori della citt immensi sassi; e posciach li aveano lavorati collo scalpello , li tras portavano in questa guisa. Ponevano ognuno di quei sassi sopra un carro della stessa grandezza ; e tale re gola era per ciaschedunr sasso : poi quaranta buoi dei pi robusti che per ordine dell mperadore si erano scelti attaccavansi ad ognuno di que carri, e lo tiravano;* E perch le strade che conducevano alla citt, non era no atte a dar passo a que carri, si andava tagliando il monte di qua e di l, perch desse adito al carro. Con questo mezzo si pot dare al tempio giusta il volere dell mperadore, quella tanta lunghezza alla quale fosse proporzionatala larghezza. Ma intanto non potevano gli artefici mettere alla fabbrica il tetto. Per giungere a ci incominciarono a scorrere per tutti i boschi, e per le selve, e per ogni luogo, in cui avessero udito dire essere alberi grandissimi; e trovarono una densa selva nella quale erano cedri immensamente alti ; e con questi coprivano il tempio, misurata avendone V altezza in proporzione della larghezza e lunghezza. Tanto fece Giustiniano colle forze, e coll7arte umana; ma per dee dirsi che molto contribu il sentimento di piet che lo ispirava ; e la fi ducia dellonore che glie ne doveaprovenire, lo confor

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t, e sostenne-nell intrapresa. E di fatto se ne pot avere nna pruova. Era quel tempio senza colonne di sorte : le quali colla loro eleganza gli dessero decoro, e fossero di tale grandezza da sostenere un tanto peso; e quella regione assai interna e rimota dal m re, piena da tutte le parti, siccome dissi, di scoscesi e dirupati monti, non presentava agli artefici alcuna via, per la quale cndurne di lontano. Mentre per queste considerazioni facevasi pi forte nell animo dell Imperadore la difficolt, Dio gli addit ne prossimi monti un marmo a ci conve niente, o fosse stato fino allora ivi incognito, od allora per la prima volta si formasse : divenendo credibile 1 una e 1 altra opinione di coloro, che la cagione di ci attribuiscono a Dio* Noi, vero, ponderando tutte le cose secondo le forze umane,molte ne diciamo essere impossi bili. Ma a Dio nulla difficile, e nemmeno impossibile. Adunque grandi colonne, in gran numero scavate da que monti, e di un colordi fiamma, sostentano il sacro edifizio, le une nella parte inferiore, nella superiore le altre, ed altre intorno ai portici, che tutti i lati ne cin gono, eccetto quello a levante. Due ne sono alla porta, s distinte che forse non sono seconde a quante altre colonne veggonsi nell universo mondo. Succede poi un secondo portico, che da Nartece3 o Ferula ha il nomey credo io, per essere angusto. A questo si congiunge un atrio quadrato, sostenuto da colonne smili ; e le porte mezzane sono tanto strette , che a quelli che entrano accennar debbono quale spettacolo sieno per ritrovare. Indi siegue un meraviglioso vestibolo, ed un arco eretto ad immensa altezza sopra colonne binate ; e procedendo

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avanti, due recessi di qua e di l presentala via del tempio giranti in semicircolo ; e 1 uno rimpetto all altro. Laltra via ha di qua e di l due case ospitali, opera di Giustiniano Augusto: una per ricetto de pellegrini che trovansi nella citt*; T altra de poveri ammalati. Questo tempio poi l mperadore ha dotato di splendidissime rendite annue. E questo quanto egli ha fatto in Gerusalemme. C A P O VII.

Monte Garizim in sommo onore presso i Samaritani. Sedizione di costoro. Predizione di Cristo compiuta daW mperadore Zenone. J Samaritani gastigati da Anastasio. Giustiniano fortifica il monte Garizim, e ristaura i tempii abbruciati.
JNeapoli in Palestina citt, a cui sta sopra un alto monte detto Garizim. Quando in addietro la possedevano i Samaritani, solevano assiduamente salirne alla vetta per farvi orazione, non perch vi avessero piantato un tempio, ma perch lo riguardavano e lo veneravano come superiore a tutti gli altri. E quando Ges, figliuolo di Dio, assunto corpo umano vivea in quelle p arti, venuto a discorso colla moglie di nno del paese, da essa inter rogato intorno a quel monte, predisse che sarebbe giun to tem po, in cui i Samaritani non avrebbero pi ado rato in quel monte; ma egli stesso sarebbe adorato dai veri adoratori; e designava cos i Cristiani. Col corso degli anni si verific il presagio ; n certamente poteva mentire chi era Dio. Ci poi avvenne di questa

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marner. Sotto il principato di Zenone si misero improv visamente i Samaritani in tumulto; ed assaltati in Neapoli i Cristiani mentre celebravano in chiesa la solennit di Pentecoste, molti ne uccisero ; misero le mani addosso al loro vescovo Terebinzio, che stava alla sacra mensa, e in mezzo ali ineffabile sacrifizio lo ferirono a colpi di spada, tagliarongli le dita delle mani ; ed insultando ai misteri! commisero scelleratezze degne di Samaritani, e da tacersi da noi. Quel prelato si port quindi a Co stantinopoli, dove ammesso al cospetto dellImperadore, gli fece vedere come era stato malconcio nelle mani. Tutto, il fatto narr ordinatamente, e rammentato la pre dizione di Cristo, domand piena vendetta. Commosso V imperadore Zenone del caso, senza frapporre indugio i colpevoli esemplarmente pun ; e cacciati i Samaritani dal monte Garizim, Io diede tosto ai Cristiani, e sulla vetta del medesimo fabbric un tempio alla Madre di Dio; il qual tempio cinse in apparenza di nn muro, ma realmente di una vera macerie : e come al basso nella citt pose un forte presidio, a quella chiesa ed a quel muro non mise in custodia pi di dieci soldati. Dolor fierissimo ebbero i Samaritani di queste novit; e pieni di rabbia con gran pena tolleravano la condizione, in cui eran caduti ; ma dissimulavano e tacevano, a ci costretti dalla paura dellImperadore. Sotto 1 impero poi di Anastasio accadde un altra loro sedizione. Una schie ra di Samaritani ad eccitamento di una donna s intro dusse improvvisamente sulla vetta del monte per 1 * erte rupi del medesimo, giacch la strada che dalla citt con duceva all alto, era guardata dalle sentinelle ; n potea

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sperarsi d salire per quella. Avendo essi dunque pene trato nel detto modo sino l su , occupata repente la chiesa, ne trucidarono le guardie, chiamando immantinenti i Samaritani, eherano in citt, ad altissima voce. Ma quelli, avendo paura de* soldati, non vollero unirsi a que' malfattori ; e non molto dopo il preside della provincia, e questi era Procopio di Edessa uomo di singolare prudenza, presi i colpevoli gli fece morire. Al lora l mperadore non pens a fortificare quel luogo. .Ma Giustiniano Augusto, quantunque la pi parte dei Samaritani avesse ridotti alla piet e religione di Cristo, Ja vecchia muraglia della chiesa posta sul monte Gari zim cinse con un altro muro esteriore , lasciando per com 'era la prima forma di macerie, che accennai; ma nel resto facendovi un7opera affatto inespugnabile. Nella stessa citt rifece cinque tempii de Cristiani dai Sama ritani incendiati. Tanto fece ivi. CAPO V1IL

Tempio edificato ai monaci sul monte Sina. Castello posto alle radici di quel monte.
Nella provincia che una volta si diceva Arabia, ed ora chiamasi la terza Palestina, v1ha un lunghissimo deserto, sterile affatto, senz'acqua, e privo di tutti i -comodi della vita. Presso il Mar-Rosso pende il monte S in a, scosceso e pieno di precipizii. N qui ho bisogno di descrivere que luoghi, avendo io gi ampiamente ed accuratamente parlato del Mar-Rosso, e del Golfo ara-

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Lieo, degli Etiopi Auxomiti, e degli Ornanti Saraceni, ne libri cbe scrissi delle Guerre: nequali anche esposi come Giustiniano Augusto aggiunse all1Impero romano il Palmeto. Dunque per non fare il fatto, mi fermo qui; e dico solo al proposito come abitano il monte Sina monaci, i quali liberamente godendo di una solitudine loro carissima, vivano una vita, che.in sostanza non se non una certa diligente meditazione della morte. E perch niuna cosa mortale desiderano, ma superiori a tutte le cose umane, non cercano n di posseder nulla, n di curare il corpo , n di ricrearsi in alcun modo ; Giustiniano Augusto fabbric loro una chiesa, e la de dic alla Madre di Dio, onde possano ivi condurne la vita in preci, e pratiche sacre. Non la pose egli per sulla vetta del m onte, ma molto al di sotto, percioc ch nissun uomo pu pernottare l s u , a cagione de frequenti strepiti, e di certe straordinarie cose che ivi di notte si odono, e che fortemente colpiscono la mente e 1 animo degli uomini. Dicono che ivi una volta Mos promulg le leggi ricevute da Dio. Alle radici di quel monte lo stesso Imperadore piant un fortissimo castel lo , e vi pose buon presidio, affinch da quella spiag gia, come dissi, deserta, i Barbari Saraceni nascostamente non facciano irruzione. Questo quanto fece ivi. Le cose poi che fece ne monasterii di quella regio ne , e delle altre parti di Oriente , dir compendiosa mente in appresso.

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CAPO IX.
Monuslerii) Tempii ed altre cose nell*oriente ristaarate.
In Gerusalemme ristaur i seguenti monasteri!: quello di S. Talebo; quello di S. Gregorio; quello di S. Panteleemone nell eremo del Giordano ; lo -Spedale di Ge rico; la chiesa di Gerico consacrata alla Madre di Dio ; in Gerusalemme il monastero Ibero ; quello de7Lazi nell9 eremo gerosolimitano ; quello di S. Maria nel monte Oliveto ; quello del fonte di S. Eliseo in Geru salemme ; quello di Sileteo ; quello dell Abate romano. Rifece le dura di Betlemme, e il monastero di Giovanni abate. Fabbric i pozzi, o le cisterne seguenti. Nel mona stero di S. Samuele il pozzo e il muro: nel monastero delP abate Zaccaria il pozzo : in quello di Susanna il pozzo : in quello di Afelio il pozzo : in quello di S. Gio vanni presso il Giordano il pozzo : 0 pozzo pure nel monastero di S. Sergio al monte; > e il muro di Tiberiade. Presso Bostra fabbric una cappella detta di Fe nice : in Porfireone la chiesa della Madre di Dio : il monastero di S. Foca nel monte: in Tolemaide la chiesa di S. Sergio : in Damasco la chiesa di S. Leonzio : nel subborgo di Apamea rifece la cappella di S. Romano, e il muro del B. M aronei nel subborgo di Teopoli (Antiochia) ristaur la chiesa di Dafne. In Laodicea ristabil il tempio di S. Giovanni. In Mesopotamia rifece il monastero di S. Giovanni; e parimente i monasteri di Telfracca, di Zebino , di Teodoto, di Giovanni, di

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Sarmata, di Cireno, d Begadeo; e nella Isauria il mo nastero di Apadna. Rinnov nella citt di Girico i bagni, e P ospizio de9poveri. Riedific in Cipro la cappella di S. Conone, e il suo acquidotto : nella Pamfilia la chiesa de SS. Cosma e Damiano ; e la cappella di S. Michele nell9arsenale di Perge, citt della Pamfilia.

LIBRO

SESTO

CAPO

PRIMO.

La Fiala di Alessandria fortificata. Il Nilo separa P Asia daW Africa . Che siasi fatto in Tafosiri.
G li accennati sono gli edifzii da Giustiniano Augusto fatti in quelle parti. Ecco quelli che fece in Alessan dria. Il fiume Nilo non corre fino ad Alessandria ; ma dopo avere bagnata la citt cbe si chiama Chereo, corre a sinistra lasciando i confini di Alessandria. Per lo che gli antichi, affine che quella citt non fosse affatto priva di esso, scavata una profonda fossa, e condotta da Chereo sino ad essa, v incanalarono una piccola parte del fiume, per la quale fossa, e per certi altri sbocchi si scarica la palude Maria. Quella fossa non porta grosse navi : ma il frumento egizio quelli di Che reo , posto sopra Alibi, che volgarmente si chiamano Diaremi, lo portano nella citt, dove pu giungere per quel diversivo del fiume ^ e lo depositano nel luogo , che gli Alessandrini chiamano la Fiala. Siccome poi la plebe ivi solita a tumultuare perdeva s stessa e il fru mento \ Fimperador Giustiniano cinse quel luogo con forte muraglia, e mise cos in sicuro il frumento da ogni attentato. Ci fece ivi. Ma poich il discorso ci ha condotti in Egitto , confinante collAfrica, diremo quan

47*

to egli ivi fece, poich avendo ritrovata l Africa tutta in potere de Barbari, la un allimpero romano. Il fiume Nilo daglindi venendo in Egitto quelle re gioni divide sino al mare in due tratti; e la terra che n divisa, si distingue con due nomi. La parte che sta alla destra del fiume si chiama Asia sino al F asi, fiume della Colchide, che separa l Asia dalla Europa; o vo gliasi anche sino al golfo Cimmerio, e al fiume Tanai: imperciocch di ci si disputa daglintelligenti di queste cse, siccome dissi nelibri delle Guerre, alla occasione che descriveva il circuito del Ponto-Eussino. La parte p o i, che sta alla sinistra del Nilo , chiamano frica , sino all oceano che in occidente distacca 1 uno e lal tro continente, insinuandosi entro le terre, e formando questo nostro mare. Tutta P Africa poi ha nelle singole sue regioni sortite daforestieri alcune speciali denomi nazioni ; e la spiaggia, che dal confine di Alessandria sino a Cirene della Pentapoli si stende, oggi ritiene il nome solo di Libia. Quivi la citt di Tafosiri, una sola giornata di cammino discosta da Alessandria ; e in essa gli Egizii credono sepolto il loro Dio Osiride. In questa citt Giustiniano Augusto, oltre molte altre cose edific abitazioni pe magistrati , e bagni.

47*

C A P O IL

11 Paratortio, e VAntipirgo. Teucria , Berenice , Tolemaide, Borio, e le due Augile.


Gran parte della Libia deserta} e quantunque non vi sieno stati quasi mai a presidio corpi di soldati, mi rando PImperadore nostro a volerla salva dalle incursio ni de vicini M auri, vi pose due rocche con guarnigio ne; una detta il Paratonio, laltra PAntipirgo, non lungi dalla Pentapoli. La Pentapoli poi lontana da Alessan dria venti giornate di cammino. In questa Pentapoli egli fortific grandemente la citt di Teucria; rifece di pianta le mura di Berenice, e vi edific bagni pubblici. Di pi negli estremi confini della Pentapoli alla parte dell austro i due monasterii detti Agrilode 1 u n o , e laltro Dinarzione , mun di mura e daltri ripari con tro i Barbari di quella regione, onde fossero ritenuti dal fare improvvise scorrerie nell Impero romano. Qui pure la citt di Tolemaide, florida in addietro e popolata ; ma col tempo rimasta quasi senza abitanti per grande scarsezza d acqua, per questo essendone gran numero passato ad altri luoghi. LImperador no stro restitu alla citt la primiera sua felice condizione, ristaurandone P acquidotto. / Ultima della Pentapoli verso loccidente la citt di Borio, in sito in cui i monti si addossano luno sullal tro a modo, che cos stretti insieme intercludono il passo a nemici. Questa c itt , che non avea m u ra, lImperadore cinse di validissimi bastioni; e con tutta

473

la circostante contrada assicur contro ogni tentativo ostile. Quattro giornate di cammino da Borio, e volte al fianco australe di essa, stanno due citt dello stesso nom e, cbe quello di Augila, antiche entrambe, ed abitate da una classe d uomini tutti consacrati ad an tichi riti religiosi. Ed in fatti sino al tempo nostro essi continuavano nella loro superstizione, a molle divinit rendendo culto. Antichi tempii erano qui dedicati ad Ammone, e ad Alessandro il Macedone , ai quali fino al principato di Giustiniano glindigeni facevano sagriti* zii: n mancava una schiera numerosissima di sacer doti , detti JerotulL Ma P mperadore, che cerca di provvedere non solamente aHa incolumit de* corpi, ma eziandio alla salute delle anime de suoi sudditi, con ogni mezzo venne a soccorso di quel popolo, fra le altre sue provvidenze a quella spezialmente avendo applicato il suo zelo, d istruirlo nella santa religione con si felice riuscimento, che dai patrii istituti li con verti tutti quanti a Cristo : ed ivi edific anche un tempio alla Madre di D io, presidio di salute e di fede vera alle citt. Cos in quel paese oper egli. . Borio, vicina ai Barbari M auri, sino a questi giorni fu esente da pubbliche gravezze, non essendovisi mai a memoria d uomini veduti esattori di tributi, o di ga belle. Ivi i Giudei, antichi abitanti del luogo, aveano un antico tempio molto onorato ed ammirato, il quale fama che fosse fabbricato da Salomone, re degli Ebrei. Fatti anche tutti questi dai riti de loro maggiori pas sare alla religione cristiana , P mperadore Giustiniano mut quel tempio in una chiesa.

C A P O III.

Sirte maggiore. Tripoli. 1 Mauri pacati.


Al di l de luoghi accennati sono le grandi Sirti, la cui situazione e denominazione spiegher. Ivi rotto il lido dal mare che si spinto dentro, e che vi si agi ta e bolle, quasi tentando di recederne con tanta for z a, con quanta vi si intromesso. Forma un lunghis simo arco in quella estensione a guisa di luna : dove cominciano ad aprirsi i lati, la spiaggia aperta per quattrocento stadii ; e la tortuosit non gira meno di sei giornate di cammino, formando ivi il mare un seno abbracciato dal continente. Se da vento, o da tempesta spinta una nave entra una volta in quel seno, essa non pu pi tornare indietro, ma costretta ad andare in nanzi come se da forza violentissima venisse tratta. Dal quale infortunio di esse navi credo , che gli antichi dessero a quel luogo il nome di Sirti. N con navi pi grandi si pu toccare il lido , perch ciechi scogli, che occupano la massima parte del seno, non solamente ne impediscono il corso , ma le fracassano ; n chi in quelle navi pu salvarsi, eccetto che, seppure tanto pos sono, gittandosi entro battelli, e con essi, non senza pericolo andare a terra. Questa spiaggia ha per confine il paese di T ripoli, e per vicini i Mauri, gente barbara, originaria di Feni cia , ed ivi la citt di Cida, ove que Mauri abitano, stati fino da antichi tempi considerati de Romani. Ad impulso di Giustiniano Augusto anche tutti questi hanno

/J75

abbracciatala religione cristiana} e perch in niun punto hanno mai violata 1 antica alleanza, noi oggi li chia miamo Pacati, traendone la denominazione dalla pa rola latina pace. Dalla Pentapoli a Tripoli la distanza di venti giornate di cammino. CAPO IV.

Lepte la grande fortificata ed ornata da Giustiniano Prodigio ivi mostratosi ai Mauri. / Gadabitani ab bracciano la fede di Cristo. Sirte minore.
Siegue Lepte la grande } citt in addietro ampia e piena di popolo} poscia fatta quasi deserta, e perch trascurata, coperta dalle sabbie. Il nostro Imperadore vi fece le mura da fondamenti, ma in giro assai minore dellantico , onde per la inutile ampiezza non ricadesse nella gi provata calamit, per la facilit di essere pre sa dai nemici, e per essere esposta alle sabbie mosse dai venti. Per lo che quella parte che le sabbie aveano sepolta, egli abbandon nello stato, in che e ra , cos che quanto dianzi la sabbia ammucchiata avea coperto, rimane coperto ancV oggi. L altra parte fu quella, che cinse di fortissime mura} ed ivi un bello e grandioso tempio inalz alla Madre di Dio} e quattro chiese vi ag giunse } e ristaur il vecchio palazzo andato in rovina, opera di Severo Augusto, il seniore, il quale essendo nato in L epte, volle erigervi un monumento della sua fortuna. E poich sono venuto a parlare di questa citt, non

4?

voglio passare sotto silenzio quanto in essa agiorni no stri avvenuto. E^a stato assunto Giustiniano all im pero; ma non avea ancora intrapresa la guerra Vanda lica, quando i Mauri barbari, detti Leucati, cacciati i Vandali allora dominanti nell frica, occupata Lepte la grande, la desolarono pienamente* Non lungi da essa, fermatisi coi loro capi in certa altura, e vedendo splen dere un fuoco in mezzo alla c itt, pensarono cbe vi fosse entrato il nemico, e prestamente corsero a quella volta. Ma non avendovi trovato nessuno, credettero quello essere un segno d intervento divino.; e ben ri flettuto al caso awisaronsi cbe epte la grande in breve sarebbe stata ripopolata. N and guari cbe recatosi a quelle parti 1 esercito imperiale s impadron di T ri poli e di tutta l frica, debellati avendo i Vandali e i Mauri. Ma ritorno l d onde il ragionamento part. Giustiniano in questa citt fece bagni pubblici, fab bric da fondamenti le mura , ed aggiunse oroamedti e comodi, quanti possono rendere il luogo degno di essere una bella citt. I Gadabitani p o i, barbari confi nanti , cbe fino a questa et seguite aveano le antiche superstizioni greche , tanto eccit , che con tutto P animo si fecero cristiani; e cinta'di mura Sabarata, ladorn di nobilissima chiesa. In questa estrema regione v hanno due citt, Tacap a , e Girgi, tra le quali posta la Sirte minore. Ivi ogni giorno vedesi una meraviglia, ed questa. Il mare stretto dai lidi in quella parte forma un seno lunato, secondo che dissi essere nella Sirte maggiore; e si versa sulla terra pi di quanto possa in un giorno percorrere

477

uh bravo camminatore. Verso sera poi d indietro} e lascia in secco il lido, e P area prima occupata. I naviganti inol tratisi sul continente, che allora ha Papparenza di mar e , durante il giorno, vanno avanti per lunghissimo tratto , siccome uso: ma quando savvicina la notte si preparano a passarla fermi, e provveduti di certi fun ghi pali} quando poi sentono il mare disposto a dare indietro, con que pali immantinente saltano fuori della nave} e da prima nuotano7 poi si fermano sui piedi ove P acqua non giunge a coprir loro la faccia} e sul suolo o secco, o vicino a divenir ta le, le punte di que pali ben piantando li alzano, e di questi dalluna e dall altra parte fanno puntello alla nave, ondo cos sosLeuuta stia in bilancia, n coll inclinarsi da un latp si rompa. Il ; giorno appresso di buon mattino il mare torna sulla terra, e vi rinnova le onde e i flutti} e allora la nave s alza, e i marinai, tolti via quepali, navigano di nuovo : n varia mai la cosa} ma ogni giorno suceede la stessa vicenda. CAPO V.

Cartagine detta Giustiniana, e Boga detta Teodoria. Edifzii daW Imperadore fatti in quelle due citt.
Oltre Tripoli ^ e le Sirti procediamo alle rimanenti parti dell1Africa. Cominceremo da Cartagine, citt col fra tutte massima e nobilissima, premessa per una os servazione , ed questa, che impadronitisi Gizarico e i Vandali dellAfrica , formarono un rovinoso pensiero ,
P pqcopio,

5x

47*

degno veramente di que9barbari eh essi erano. Ripu tando costoro che meglio avrebbero assicurati i loro fatti, se i luoghi forti fossero spogliati di m ura, onde i Ro mani ricuperandoli, non trovassero in essi quel vantag gio , che naturalmente ne avrebbero potuto trarre, im mantinente le rovesciarono tutte quante: e questa pra tica comune di quasi tutti i barbari, di pensare pronta mente a quanto pu essere pernicioso ai Romani, e di gagliardamente eseguirlo. Ma avendo risparmiate le mu ra di Cartagine, e alcune altre, aveano poi per incuria lasciato che col tempo si guastassero. Per Giustiniano Augusto, senza che alcuno gliel suggerisse, anzijnentre tutti paventavano V impresa, e il solo Dio ispirandolo ed aiutandolo, mandato in Africa con esercito Belisario ruppe Gelimero e la potenza de Vandali, e molti di questi uccisi, ebbe prigionieri tutti gli altri, siccome nella Storia delle Guerre io narrai; e col non solo rife ce tutte le fortificazioni distrutte, ma ne aggiunse pa recchie di nuovo. E primieramente applicando il pensiero a Cartagine, che giustamente oggi viene chiamata Giustiniana, dopo averne ristaurate le mura qua e l rovinose, circond la citt di nuova fossa. Poi pose nel palazzo una chiesa dedicata alla Madre di Dio ; e fuori del palazzo ne fab bric un altra a S. Prim a, la quale una delle sante del paese. Di pi eresse un portico a ciascun lato del foro , che chiamano il marittimo ; e bagni stupendi a vedersi, che dal nome della Imperadrice furono detti Teodoriani ; e un monastero ancora detto il marittimo edific dentro le mura presso il porto chiamato Man-

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dracio, e lo fortific a segno , che ne fece un castello inespugnabile. Questi edifizii di Giustiniano possiede Cartagine nuo va. Nella vicina provincia poi chiamata proconsolare , era Baga, citt sen?a m ura, tanto aperta ai barbari, che solamente anche passandovi presso potevano impa dronirsene , senza bisogno di venire ad assalto. Giusti niano facendovi ottime fortificazioni, la rend vera cit t , capace di conservar salvi i suoi abitanti. I quali toc chi da tanto benefizio in onore della Imperadrice la chiamano Teodoria. In quel tratto di paese Giustiniano fabbric eziandio un castello , chiamato Tucca. CAPO VI.

Adrumeto da Giustiniano cinta di mura, chiamasi Gistiniana, Nuova citt fondata presso Caputaada, dove era mirabilmente scaturita una fontana alC ap prodarvi delC armata imperiale. Alcune citt della provincia Bizacena fortificate.
Nella provincia Bizacena vha Adrumeto, anticamen te grande e popolata citt; e per essere ivi sopra le al tre > ampia e splendida, era condecorata del grado e ti tolo di metropoli. I Vandali ne aveano distrutto total mente le mura, onde non potesse ritenersi dai Romani; ed era perci esposta alle incursioni de Mauri. Quegli Africani, che vi soggiornavano, volendo per quanto po tevano , provvedere atta loro sicurezza, rinforzate, ove era bisogno, le pareti delle case, queste aveano attac-

48*

cate le une alle altre : onde in tal modo resistendo agii assalitori difendevansi con dubbia speranza e con peri colo. certamente la loro speranza era attaccata a un debil filo} e come dicesi, si sostenevano sopra una sola gamba, perciocch quando i Mauri li assaltavano, i Vandali non si degnavano di dar loro il minimo soccor so. All9incontro quando Giustiniano Augusto ebbe ri chiamata l Africa sotto la sua dominazione, avendo cin ta quella citt di fortissime mura, e provveduta di buon presidio, quegli abitanti liber dalla paura di nemici di qualunque fatta, e li rend ad ogni modo sicuri. Perci anche oggi chiamano la loro citt Giustiniana, cos cor rispondendo riconoscenti al principe che li ha conser vati : nuli altro avendo essi, nuli altro desiderando egli in questa gara di beneficenza e di gratitudine. Sul littorale bizaceno era un luogo detto dagli indi geni Gaputuada. Gol parimente approd l armata delP Imperadore per invadere P frica nella spedizione cbe si fece contra Gelimero e i Vandali} ed ivi Dio mostr la sua benignit verso PAugusto con quel mirabil fatto, di cui parlai nella Storia delle Guerre. Imperciocch essendo il paese secco , e P esercito romano afflitto da carestia d acqua , dalla terra sino a quel giorno stala aridissima, scatur una fonte, dove i soldati piantavano i loro trinceramenti: perciocch mentre essi scavavano il suolo , sgorg fuori quella fonte, e la terra si spogli del nativo squallore, e mutata natura si umett di dol ce acqua. Perci ivi poi comodamente piantarono gli steccati} ivi passarono la notte } e il giorno seguente marciarono pronti alla battaglia, e , in una parola ,

481

riacquistarono PAfrica. Adunque P imperador Giustinia no, al cui volere cessano tutte le maggiori difficolt , onde lasciare un monumento cbe attestasse il divin fa vore , ide di fondare in quel luogo una citt, cbe con buone fortificazioni rend valida contro ogni attentato nemico , e splendidissima per ogni genere di egregii sta bilimenti. E alla idea segu tosto la esecuzione. La citt si edific colle sue mura : ad un tratto mut faccia la campagna : i coloni si misero in condizione cittadine sca ; e non. pi di cose rustiche si intrattengono, ma di urbani officii, veggendosi ogni giorno frequentare il foro, deliberare nelle assemblee intorno alle cose loro necessarie, avere mercati e fiere; e nulla omettere che alla dignit di una citt appartenga. Tali cose fece Giustiniano sulla spiaggia marittima della Bizacena. Ne luoghi poi mediterranei, sui confini della provincia, ove abitano i barbari Mauri, oppose loro propugnacoli validissimi} cos che non possono pi fare scorrerie sulle terre delP Impero, avendo munite di eccellenti fortificazioni le citt del confine, Macunca, T elepte, e Cululi , non meno che il castello dagl in* digeni chiamato Aumetera } e in tutti codesti luoghi colloc buone guarnigioni.

482

capo

Giustiniano cinge di mura le citt di Numidia, spe zialmente intorno al monte Aurasio. Foro di Traia no in Sardegna Septa presso le Colonne Ercole fortificala.
In simile maniera assicur la Numidia con mura e con presidii Militari; e vengo ai particolari. nella Numi dia il monte Aurasio, che in tutto il monde; non ha leguale. Sorge questo tutto scosceso a prodigiosa altezza, e voglionvi quasi tre giornate a fare il giro. Difficile da salirsi al primo tra tto , n altro presenta che precipi zii. Alla sommit per ha buon terreno, campagna piana, strade facili, grassi prati, orti pieni di belle pian te, ed aromi di ogni genere, fontane sgorganti dalle ru pi , acque placide, e fiumi riboccanti ; e quello che pi mirabile, biade e frutta in questo monte maggiori che in tutto il rimanente dell Africa. Tale si la natu ra del monte Aurasio , il quale avendo i Vandali oc cupato sino dal principio di loro dominazione , dai Mauri poi fu loro tolto, ed abitato fino a che Giusti niano mperadore , cacciati costoro, lo aggiunse 'alPImpero romano; e perch que barbari non ritornas sero ad infestarlo, cinse di mura le citt che all in torno di quel monte trov deserte, e quasi senza nissuna difesa ; ed inoltre ivi piant duo castelli con buon pre sidio per togliere a vicini ogni speranza d invaderlo. Fortific po^ saldamente le altre citt della Numidia, Tanto feco ivi.

483

Poi nell isola Sardo, oggi detta Sardegna, v ha una citt , che presso i Romani si chiama Gastei - Traiano } e le fece intorno le m ura, poich non ne avea. Presso Cade, all altra Golonna drcole, quella che sta alla destra sul lido d Africa, era un castello detto Septa , il quale era stato anticamente fabbricato dai Romani , ma trascurato poi dai Vandali, era per la vecchiaia rovinato } i Imperador nostro questo ancora fortific con buone mura e con grosso presidio} e vi eresse di pi; un tempio magnifico dedicato alla Madre di Dio} e alla medesima consecrando la prima spiaggia dell Impero, rend quel castello inespugnabile a tutto il genere umano. Le quali cose tutte da noi esposte, senza alcuna am biguit fanno vedere ad ognuno qualmente Giustiniano Augusto dal nascere al tramontare del sole, che sono gli estremi punti della dominazione rom ana, rassicur l Impero non solamente con fortificazioni di ogni ma niera , ma eziandio con guarnigioni e ^presidi! militari. Ed io tutti gli edifzii da lui fatti , che potei o vedere co miei occhi, o farmi riferire da chi li aveano veduti, venni qui per quanto potei descrivendo : non dissimu lando per a me medesimo d averne tralasciati molti o perch nascosti nel gran numero , od affatto ignoti. Per lo che, se alcuno vorr occuparsi di essi, ed inda garli tu tti, e descriverli, egli si procaccer sommo di letto facendo cosa, di qui egregio testimonio gli ren der la coscienza, ed otterr gloria dall avere in s bel argomento impiegato il suo ingegno.
r
in e.

INDICE
AI SEI LIBRI DEGLI n o EDIFIZII

rsfaxiqkk

d e l t A u t o r e ....................................................... pag. 319

L I B R O PRIMO.
C
ap.

I . Di Santa S o f i a .................................... * 3s3 11. Statua equestre di Giustiniano nel? Augusteo. Tempio di S . Irene. Spedale di Sansone ; . , ed altri due ......................................... 531 111. Chiese inaliate alla Beata Vergine nelle Blan cherne y presso la Fontana , e nelV Ereo. Tempii di S. Anna , di S. Zoe martire, e delP Arcangelo M ichele ....................... 333 V. Tempio de* SS* Pietro e Paolo presso la reg

gia di Ormisda, Tempio de9SS* Sergio e Bacco* Tempio de* SS* Apostoli, in cui sono i sepolcri degl*Imperadori. Invenzione . de*corpi de* SS Andrea 3 Luca , e Timoteo* Alcuni altri tempii * u 336 V. Come il mare circuisca Costantinopoli . 34o VI. Edifizii nel seno Ceras, cio i tempii di S, Lo renzo t deUa Vergine nelle Blancherne, dei SS* Prisco e Nicolao, de1 SS* Cosma e . Damiano, e del S. martire Antimo . . 34?

*86

Cap.

VII. Nello stesso seno il tempio di S. Irene. Ivi


trovatesi le reliquie de9SS\ quaranta Sol dati m artiri, Giustiniano prodigiosamente r is a n a lo ......................................... pag. 344 Tempio dell9Arcangelo Michele nelV Anaplo. Di Giovanni Battista nelV Ebdomo. Altro tempio delVArcangelo nel littorale dAsia; e chiesa della Madre di Dio . . . . 346 Tolti di mezzo i lenoni y una certa reggia vien trasmutata in monastero, destinato alle meretrici penitenti, e detta la Peniten z a , Tempio di S. Panteleemone sul promon torio. Spedale nelV Argironio. Tempio delV Arcangelo nel Mocadio. Tempii di S. Trifin e 9 de1 SS. Mena e Meaco , e di S. Ja. 343 Altri edifzii ; e primieramente della Curia, e di C a l c e ......................................... u5t Atrio alle Terme di Arcadio. Cisterne. Pa lazzi nelV Ereo , e nel Jucondiano. Porti. .............................................. 354 Spedali

Vili.

IX.

X. XI.

L I B R O SECONDO. Cap. L Giustiniano fortifica la citt di Dara da Ana


stasio imperadore fondata nella Mesopo tamia .................................... ,. . . 358 IL Dara provveduta di acqua abbondante. Per mirabil caso il fiume si rende pi oppor tuno .................................................. 36a III. Crise ingegnre vede in sogno una specie Mar gine da opporre al fium e che bagna Dara. Jja stessa cosa viene in mente a Giustiniano Augusto. A ltri edifzii da lui fa tti in quella citt. Fortificazioni della citt di Amida. 365 IV. Situazione di Habdio. Giustiniano cinge di

V. Yl.

VII.

Vili.

IX.

X. XI.

munt questo luogo ; e ristaura i vecchi castelli, che tono tra Dara ed Amida , o ne edifica di n u o v i ....................... pag. 368 Mura di Teodosiopoli sul fium e Aborra re staurate. Acquidotto a Costantana . . 5yr Circesio fondato da Diocleziano , fortificato ed ornato da Giustiniano. Annuca , ed i castelli dy intorno a Teodosiopoli ristaurati. 3?3 Provvedimento ad Edessa contro le inonda zioni del fium e Scirto. Mura riparate e di Edessa , e di Callinico , e di Carra . * 3 Giustiniano validamente fortifica nel deserto dell7Eufrate il castello di Mambri, e la citt di Zenobia . . . . . . 378 Sura y Sergiopoli 9 alcuni castelli, e princi palmente Imerio : e parimente Jerapoli, Zeugma y Neocesarea 9 ed altri luoghi della regione delV Eufrate , fortificali . . . * 38 r Giustiniano ristaura Antiochia da Cosroe ab battuta ; la fortifica y e Tadorna . . 384 Le mura di Calcide riparate; ristaurala Ciro. Fortificata P a im ir a ........................... .... 388

LIBRO

TERZO.

I. Quali re VArmenia avesse. Parte del regno


diviso aggiunta al dominio delV Impero ro mano. Iv i mandato un Conte, e poscia sotto Giustiniano un Maestro dei soldati. Satrapi al governo delV Armenia romana. Loro distintivi. Zenone Augusto spoglia deU V autorit alcuni di essi ; e Giustiniano li leva tutti , e sostituisce loro i Duchi . 390 11. Sotto il principato di Anastasio Cabade prende Martiropoli ; e Giustiniano di poi valida mente la fo r tific a ................................ 394

III. Giustiniano fortifica le Clissure netta Sofanene : nelF Astiartene fonda il castello presso Citarizzo ; e cinge di mura nella Corzane A r ta le s o n e .................................... pag. 3g6 Sono corroborate le mura di Satala; ed ri parata Colonia. Nuova edificazione, o re staurazione di castelli. Erezione di mona sterj e di chiese. Compimento delie mura ili Melitene . . ........................... . 3g8 Teodosiopolifortificata; Giustinianafondata, 4oo Costumi, situazione e conversione alla fede di Cristo degli Tzani. Edifzii costrutti presso questo p o p o lo .................................... 4* Edifzii di Giustiniano da Trapezunte alla citt del Bosforo ; e indi alla citt di A n c h ia lo .................................................. 4o5

IV.

V. VI.

VII.

LIBRO

QUARTO.

1. Prefazione. Tauresio > patria di Giustiniano.


Giustiniana prima, e seconda, Giustinopoli. Mura rifatte di molte citt delV Ulirio. Castelli eretti in pi luoghi Giustinianopoli nelt Epiro. E u r e a ................................ 409 Le Termopili, e parecchie citt della Grecia fortificate ................................ ' . . . 4*3 Cosa siasi fa tto nelle citt della Tessaglia e della Macedonia 418 Catalogo de* castelli da Giustiniano o fondati 9 o ristaurati nelt uno e nell9 altro Epiro , nella Macedonia, nella Tessaglia , nella Dardania , e in tutte le parti mediterranee delV I l l i r i o ......................................... 4^< Che fo rti luoghi fossero una volta sulla spon da delV Istro , o Danubio. Dacia ripense. Singedone, Ottavo. Viminacio . . . . 4^8

II. III. IV*

V.

4d

VI. Giustiniano fortifica, la riva del Danubio dalla citt di Viminacio sino in Tracia . pag. 4*9 VII. A ltri edifizii di Giustiniano presso il Danu bio > ....................... .......................... * Vili* Strada rifattat9 e ben munita dal castello di Stronfilo fino a Reggio. Ponte S u l Mirmece. Cisterna nella citt di Atira . Castello presso
Episcopio............................................................................................* 435

IX. Provvedimento fatto ai Muri lunghi, e ad


Eraclea. Fondazione di una citt presso a R e d e s t o ............................................. * 4^8 X. Nel Chersonneso si ristaurano i Muri lun ghi. Si cingono di mura la citt di Afrodi sia, di Ciberi, e di Gallipoli. Castelli eretti di n u o v o ............................................. 44r XI. Viene fortificata Eno. Del borgo di Belluro si fa una citt. Cure avute per Traianopoli9 per Massimianopoli9 e per altre citt. Catalogo di Castelli * . . . . . . . . 444

L I B R O QUINTO. I. Tempio di S. Giovanni evangelista in Efeso. Granai nelt isola di Tenedo . . . . 449 l. Cose fa tte in ElenopoU 9 e sul fiume Dra gone ........................... . . . . . . 45i III. Riparazione fa tte a Nicea e a Nicomedia. Ponte sul Sangaro. Strada consolidata. Pi zia ornata di palazzo 9 di bagni 9 e di tem pio ....................................................... 453 IV. Ponte posto sul Siberi 9fiume di Gallazia9 e
Giuliopoli assicurata contra quel fiume. In Cappadocia le mura di Cesare ridotte a mi glior forma. Moseco fa tta metropoli . 456 V. Strada aperta col taglio di monti. Ponti ri-

VL VII.

V ili. IX

staurati in Mopsuestia> e in Adana. Prov vedimenti a Tarso pel filane Cidno . pag* 458 Magnfico tempio in Gerusalemme dedicato alla Madre di D i o ........................... 46i Monte Garizim in sommo onore presso i Sa maritani. Sedizione di costoro. Predizione di Cristo compiuta dall1imperadore Zenone. I Samaritani gastigati da Anastasio. Giu stiniano fortifica il monte Garizim 9 t ri sta ura i tempii abbruciati . - * 464 Tempio edificato ai monaci sul monte Sino. Castello posto alle radici di quel monte. 466 Monasterii, Tempii ed altre cose nelF orien te ristaurate ......................................... 468

L IBR O SESTO. I. La Fiala di Alessandria fortificata . I l Nilo separa V Asia dall*Africa. Che siasi fatto in Tafosiri . ..................................... 47 II. Il Paratonio, e V Antipirgo. Teucria , Brenice y Tolemaide, Borione le due Augile. 47? III. Sirte maggiore. Tripoli. 1 Mauri pacati . 474 IV. Lepte la grande fortificata ed ornata da Giu stiniano. Prodigio ivi mostratosi ai Mauri.
I Gadabitani abbracciano la fede di Cri sto. Sirte m in o r e ................................* A jS V. Cartagine detta Giustiniana y e Baga detta Teodoria. Edifzii daW Imperadore fa tti in quelle due c itt .................................... 477 VI. Adrumeto da Giustiniano cinta di mura s chiamasi Giustiniana. Nuova citt fondata presso Caputuada, dove era mirabilmente scaturita una fontana alV approdarvi del V armata imperiale. Alcune citta della pr'vincia Bizacena fo r tific a te .................. " 479

VII. Giustiniano cinge di mura le citt, di Numi


dia y spezialmente intorno al monte Aura sio. Foro di Traiano in Sardegna. Sepia presso le Colonne d?Ercole fortificata* pag. 48a

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