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Storia della Sicilia bizantina

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Il dominio bizantino della Sicilia durò dal 535 fino alla conquista islamica della Sicilia.

Indice
Prima conquista bizantina
La seconda conquista
La Sicilia nel VI secolo
Ordinamento della provincia
I terreni della Chiesa
La Sicilia nel VII secolo: Costante II
Il Thema di Sikelia
Primo tentativo di invasione araba
Conquista musulmana
Tentativo di riconquista bizantina
Note
Bibliografia
Voci correlate

Prima conquista bizantina


La Sicilia fu conquistata dai barbari di Odoacre dopo la caduta
dell'Impero romano d'Occidente. Nel 468 sotto il re Genserico, i
Vandali dell'Africa conquistano la Sicilia e la Sardegna. I Vandali
restituirono l'isola a Odoacre dietro compenso di un grosso tributo, ma
più tardi Teodorico re degli ostrogoti, che nel 493 aveva ucciso
Odoacre prendendo il suo posto nel governo dell'Italia, non mantenne
l'impegno, rifiutandosi anche di restituire l'isola ai Vandali.

Nel 535, durante la guerra gotica, l'isola fu occupata da Belisario e fu


annessa all'Impero bizantino. In particolare la conquista di Palermo
venne raggiunta grazie a un'astuzia: le scialuppe vennero alzate con
funi e carrucole fino alla cima degli alberi delle navi, e furono riempite
da arcieri, che da quella posizione dominavano le mura della città.
Giunto a Siracusa, Belisario distribuì trionfante medaglie d'oro alla
Belisario a Siracusa
plebe, che essendo scontenta della dominazione gota aveva accolto
Belisario da liberatore. Belisario svernò a Siracusa, nel palazzo degli
antichi re della città. Nell'aprile del 536 ritornò in Africa per sedare
una rivolta delle legioni africane. Prima di riuscire a sconfiggere definitivamente i ribelli fu costretto tuttavia a
ritornare in Sicilia per sedare un'ulteriore rivolta. Posta fine anche a questa ribellione, il generale bizantino
salpò da Messina per iniziare anche la conquista della penisola italiana. La nuova provincia romano-orientale
di Sicilia era governata da un pretore; le tasse venivano invece riscosse da un conte del patrimonio dell'Italia.
Belisario in pochi anni conquistò quasi tutta l'Italia, e fece prigioniero il re dei Goti Vitige.

La seconda conquista
I Goti tuttavia, sotto il regno di Totila, si ripresero e, dopo aver
riconquistato quasi tutta l'Italia ai Bizantini, nel 549 invasero anche la
Sicilia; tra le città assediate in un primo momento da Totila, Messina
oppose strenua resistenza, mentre le altre, di minore entità, vennero
facilmente conquistate dal Re Goto che al suo passaggio non trovò
alcuna resistenza. Per vendicarsi dei Siciliani, rei di aver «spalancato le
porte a Belisario»[1] senza opporre resistenza, Totila saccheggiò le
campagne dell'isola, devastandola. Totila infine riuscì a cingere d'assedio Totila
Siracusa. Giustiniano, compresa la gravità della situazione, inviò in
Sicilia il senatore Liberio, a cui diede l'incarico di riconquistarla; tuttavia,
mentre Liberio era in viaggio verso la Sicilia, Giustiniano cambiò idea e scelse al posto di Liberio Artabane;
Artabane così partì anch'esso alla volta della Sicilia, per togliere il comando dell'esercito a Liberio e
riconquistare l'isola. Tuttavia una tempesta ritardò l'arrivo in Sicilia di Artabane, e Liberio, ignaro del suo
richiamo a Costantinopoli, giunto in Sicilia, tentò senza successo di liberare dall'assedio goto la città di
Siracusa. Nel frattempo Totila, dopo aver saccheggiato l'intera isola, lasciò volontariamente l'isola, mantenendo
il possesso solo delle quattro città più importanti. Dopo la partenza di Totila, Artabane nel 550 giunse in
Sicilia, informò Liberio del suo richiamo a Costantinopoli, e tolse ai Goti anche le quattro fortezze che si
arresero per fame nel 551. Si completò così la riconquista bizantina della Sicilia.

La Sicilia nel VI secolo

Ordinamento della provincia

Nel 554 con la fine della guerra, l'Italia intera venne annessa
all'Impero romano d'Oriente. La Sicilia non entrò a far parte della
Prefettura del pretorio d'Italia, che nel 584 ca. con la riforma degli
esarcati di Maurizio divenne un Esarcato; essa costituì una provincia
indipendente dall'esarca di Ravenna. La provincia romano-orientale di
Sicilia, così come stabilito dalla Novella 75 del 537[2], era governata
da un governatore civile che dipendeva direttamente dal Quaestor
Sacri Palatii, mentre l'esercito era comandato da un dux dipendente
dal magister militum per Orientem; successivamente (fine VII secolo)
i poteri civili e militari vennero accentrati nelle mani dello strategos, il
comandante civile e militare delle province bizantine da Eraclio in poi.

Ogni municipio era retto da una curia, formata per lo più da


possessores (proprietari terrieri); una delle competenze delle curie era
Papa Gregorio I di eleggere decurioni preposti alla riscossione delle tasse.
L'amministrazione municipale si occupava inoltre anche della
restaurazione e della costruzione di opere pubbliche, quali acquedotti,
bagni pubblici e così via, oltre alla tutela dell'ordine pubblico, il reclutamento dell'esercito e altri incarichi. Gli
oneri che gravavano sui decurioni, che tra l'altro dovevano pagare di tasca propria la realizzazione delle opere
civiche, fece sì che molti di questi, per sfuggire a tali responsabilità, abbandonarono le curie entrando a far
parte del Clero. Per disincentivare questo fenomeno, l'Imperatore Maurizio promulgò una legge che impediva
ai funzionari pubblici di entrare a far parte del clero per sfuggire alle proprie responsabilità.[3]

Le massime autorità civiche erano il defensor civitatis e il curator civitatis. Il defensor, istituito nel 364, aveva
come funzione primaria quella di proteggere gli interessi della plebe contro le iniquità dei potenti; giudicava
perciò i reati penali minori, vigilava sugli abusi della pubblica amministrazione e presiedeva la curia. Il
defensor civitatis era eletto da una commissione composta dal vescovo, dal clero e dai magnati e secondo la
Novella 15 il suo mandato durava due anni; il defensor, per essere eleggibile, doveva appartenere ai ceti
abbienti.[4] Il curator civitatis aveva funzioni di controllo dell'amministrazione, delle finanze e dei prezzi; era
eletto dal vescovo e dai primiores.[5]

Spesso i candidati compravano la loro elezione a defensores o curatores versando una certa somma di denaro
(suffragia). Per rifarsi della spesa, spesso questi funzionari estorcevano ingiustamente alla popolazione
soggetta alla loro autorità enormi somme di denaro. Rendendosene conto, Giustiniano con una legge decretò
l'illegalità del versamento di suffragia per comprare cariche pubbliche. Questa legge tuttavia spesso non venne
applicata: infatti le Epistole di papa Gregorio I (590-604) attestano in Sicilia e in Sardegna la presenza di
funzionari corrotti che compravano le cariche pubbliche pagando i suffragia.

Nell'amministrazione cittadina il vescovo godeva di grande importanza. Facendo parte delle assemblee elettive,
doveva assicurarsi della legalità delle elezioni e che venissero scelti come funzionari individui integri. Faceva
parte anche di un ristretto organo di controllo che doveva controllare che i funzionari pubblici svolgessero
bene il loro lavoro, per esempio usando con saggezza i fondi ricevuti per la realizzazione o nella manutenzione
di opere pubbliche, o non commettessero atti illeciti. In pratica il vescovo doveva garantire il buon
funzionamento dell'amministrazione civica grazie alla sua funzione di controllo.[6]

Durante la dominazione bizantina la Sicilia dovette subire una pesante tassazione che impoverì la popolazione;
papa Gregorio I in una lettera del 595 destinata all'Imperatrice Costantina scrive:[7]

«[...] In Sicilia un certo archivista della marina, per nome Stefano, accusato viene qual
autore di molte e scellerate vessazioni. Egli s'impadronisce dei beni di ciascuno,
piantando degli standardi sopra tutti i terreni e sopra tutte le case[8], senza cognizione di
causa[...]. Fatene dunque [...] su tosto consapevole l'imperator vostro sposo, perché tolga
via dalla sua anima un sì grande e grave peso di colpa dal suo impero e dai figli suoi. Lo
so ch'egli dirà che quel che si ritrae da queste isole, è impiegato nelle spese delle armate
per loro difesa; ma si è questo forse il motivo del poco profitto ch'elle ricavano da tali
riscossioni, essendo tolte altrui non senza mescolanza di colpa. [...]»

(Lettera di papa Gregorio I all'imperatrice Costantina. )

Verso la fine del secolo il Duca di Benevento Arechi progettò di invadere la Sicilia, sguarnita di truppe; il Papa
e tutta l'isola si misero a pregare affinché l'invasione dei Longobardi non avvenisse. Alla fine le loro preghiere
vennero esaudite.

I terreni della Chiesa

La chiesa possedeva numerosi possedimenti in Sicilia nel Vi secolo; la prima volta in cui si fa menzione a tali
possedimenti è nelle lettere dei Papi Pelagio II e Gregorio I. Questi venivano amministrati da rettori inviati dal
Papa, che giuravano, davanti al corpo di San Pietro, che avrebbero fatto di tutto per alleviare le sofferenze dei
poveri e dei bisognosi. In Sicilia vi erano due rettori: uno a Palermo e uno a Siracusa.
La Sicilia nel VII secolo: Costante II
Nel VII secolo l'Impero venne sconvolto dalle
controversie religiose, con la diffusione del
monotelismo, un'eresia. Nel 649 Costante II, nipote di
Eraclio, promulgò un editto, il Typos (Tipo in italiano),
con cui proibiva ogni discussione cristologica e
teologica riguardante il monotelismo, in quanto avrebbe
potuto favorire la diffusione dell'eresia; i vescovi
siciliani, oltre al Papa e alla Chiesa Romana in
generale) furono contrari al Typos e protestarono contro
il decreto imperiale al Concilio convocato nel Laterano
da Papa Martino I. La reazione di Costante II non si
fece attendere e iniziò a perseguitare tutti quelli contrari
al Tipo; incaricò l'esarca Olimpio di uccidere il Papa ma
l'Esarca non riuscì a commettere tale delitto, e si ribellò
al Basileus.

Nel frattempo la Sicilia era saccheggiata dai Saraceni e


l'esarca Olimpio nel 652 tentò di difenderla ma venne
sconfitto e morì poco dopo. Il suo successore Teodoro
Calliopa arrestò il Papa e lo portò in esilio.
L'Italia nel 662, sotto il regno di Costante II.
Nel 663 Costante II, dopo aver tentato senza successo
di conquistare il Ducato di Benevento, pose la sua
residenza imperiale a Siracusa, che divenne dunque capitale dell'impero; Costante II però con una serie di
decisioni impopolari si rese impopolare dal popolo e venne dunque assassinato (668):

«Entrato in Sicilia durante la settima indizione, prese alloggio a Siracusa, e impose tali
vessazioni al popolo [...], quali prima non si erano mai udite, separando persino le mogli
dai mariti, o i figli dai genitori. Ma furono anche altre e inaudite le sofferenze che i popoli di
quelle regioni dovettero subire, sicché non rimaneva ormai speranza di vita a nessuno. [...]
L'Imperatore [...] alla fine pagò il fio di tali iniquità, e fu ucciso dai suoi mentre si lavava nel
bagno.»

(P. Diacono, Historia Langobardorum, V, 11)

I congiurati elessero imperatore lo strategos del tema Opsiciano Mecezio[9]; il regno di Mecezio in Sicilia non
durò tuttavia molto dato che l'imperatore legittimo Costantino IV[10], figlio di Costante, si recò di persona in
Sicilia con il suo esercito per sedare la rivolta e deporre l'usurpatore; dopo l'esecuzione di Mecezio
(decapitato), la sede impediale venne spostata di nuovo a Costantinopoli.

Sempre nel VII secolo gli Arabi iniziarono a fare molte incursioni sulla Sicilia, perché gli arabi la reputavano
un punto strategico, da dove si poteva controllare tutto il mar Mediterraneo. Nel 669, subito dopo la partenza
di Costantino IV, gli Arabi saccheggiarono Siracusa, depredando tutto il bottino accumulato da Costante II con
i suoi saccheggi (per esempio il bronzo del Pantheon). Pochi anni dopo gli Arabi tentarono di depredare di
nuovo la Sicilia ma vennero sconfitti e, memori della batosta subita, lasciarono in pace la Sicilia per mezzo
secolo.

Il Thema di Sikelia
Verso la fine del VII secolo la Sicilia diventò un thema sotto il regno di Giustiniano II Rinotmeto[11]. Sikelia fu
uno dei due themata dell'Impero Bizantino presenti in Italia, L'altro era quello di Langobardia.

La disgregazione dell'Impero bizantino e la sua debolezza si facevano pesantemente sentire in Sicilia che era
ormai slacciata dall'impero centrale, alimentando un certo malcontento, in un'area che da sempre, sia
politicamente che culturalmente, si sentiva più vicina ed attratta da Roma e da quello che fu l'Impero
d'Occidente piuttosto che da Costantinopoli e dall'Impero bizantino. Tra il 663 e il 668 l'imperatore d'Oriente
Costante II aveva anche la capitale dell'impero da Costantinopoli a Siracusa, ma anziché portare benefici alla
Sicilia e all'impero, questa mossa crea delle tensioni che porteranno alla disgregazione di esso. Vi fu una lunga
guerra tra le due città e così il thema di Sikelia si dichiara indipendente da Bisanzio, questa indipendenza
durerà di fatto fino al tradimento di Eufemio di Messina che farà invadere l'isola dagli Arabi.

Tra l'803 e l'820 l'efficienza bizantina nel quadrante centrale del Mediterraneo cominciò a decrescere
vistosamente, in concomitanza con il governo dell'Imperatrice Irene mentre la vicenda di Tommaso lo Slavo
contribuiva ad accrescere lo stato di debolezza dell'Impero. Infatti tutti i thema dell'impero cominciarono a
gestirsi autonomamente, fu anche il caso della Sicilia con il thema Sikelia, ormai distaccato dall'impero
centrale.

Le «Cube» bizantine
Primo tentativo di invasione araba
La «cuba» è un edificio religioso d'epoca
Il turmarca della flotta siculo-bizantina Eufemio di bizantina presente in Sicilia. Si presentano a
Messina, che s'era impadronito del potere in Sicilia a pianta quadrata con una cupola e solitamente a
scapito dei vari regnanti locali con l'aiuto di vari tre absidi (a "trifoglio") di cui uno principale
nobili, fu messo in esilio dagli stessi siciliani che orientato verso oriente, nell'esempio delle
volevano rimanere liberi e senza guerriglie, egli chiese ortodosse.
chiese l'aiuto degli Arabi nell'828 per tutelare il suo
dominio sull'isola. I Bizantini reagirono duramente Il termine di «cuba» ha una origine misteriosa
sotto la guida di Fotino e Eufemio, battuto a Siracusa, ed è stata oggetto di studio. Secondo alcuni il
scappò in Ifriqiya. Lì trovò rifugio presso l'emiro termine deriverebbe dal latino "cupa" (botte) e
aghlabide di Qayrawān, Ziyādat Allāh I, cui chiese "cupula" (botticella) o dall'arabo "cuba" (fossa,
aiuti per realizzare uno sbarco in Sicilia. deposito). In dialetto si citano spesso le
chiesette di campagna come "cubole".
Gli Aghlabidi erano allora squassati da un acuto
contrasto che contrapponeva la componente indigena Nei pressi di Castiglione di Sicilia (CT) si trova
berbera, islamizzata in seguito alle prime conquiste la cuba di Santa Domenica, forse la più
islamiche del VII secolo e condotta da Mansūr al- importante presente in Sicilia, monumento
Tunbūdhī, all'esercito arabo che era giunto in Ifrīqiya nazionale dal 1909[12]. L'edificio ha le
(all'incirca l'attuale Tunisia) all'epoca dell'istituzione caratteristiche tipiche della cuba e fu costruito
dell'Emirato, per volere del califfo Hārūn al-Rashīd con pietra, blocchi lavici, malta e materiali in
col primo Emiro Ibrāhīm ibn al-Aghlab. cotto intorno all'VIII secolo. Nella facciata si
trova una trifora di dimensioni considerevoli.
I musulmani, che forse avevano già progettato All'interno la cupola centrale è arricchita da
un'invasione delle Sicilia, prepararono una flotta di volte a crociera e da minime tracce degli
70 navi, chiamando al jihād marittimo il maggior intonaci originali. Dopo anni di degrado la
numero di volontari, ufficialmente per assolvere a un chiesa è stata oggetto di restauro negli ultimi
obbligo morale ma di fatto per allontanare anni.
dall'Ifrīqiya il maggior numero possibile di sudditi
facinorosi che non avevano mancato di creare gravi Nella parte occidentale dell'isola, e
tensioni, tanto nelle file della componente araba precisamente a Castelvetrano (TP)si trova la
quanto all'interno dei ranghi berberi, con grave cuba di Delia dedicata alla SS.Trinità (XIII
nocumento per la popolazione civile. secolo)[13]. Scoperta e valorizzata grazie al
restauro dell'architetto Giuseppe Patricolo
(1880) è internamente arricchita da intreccio
Conquista musulmana geometrico con una serie di figure geometrico a
rombi, esagoni e stelle a sei punte. A Mazara
L'invasione ebbe inizio il 17 giugno dell'827 e lo del Vallo si trova la cuba di San Nicolò Regale,
stuolo in gran parte berbero (ma alla guida di simile a quella di Delia ma poco conosciuta.
elementi arabi o persiani), fu affidato al qādī di
Qayrawān, Asad b. al-Furāt, grande giurisperito Altre cube oggi si trovano nel territorio di
malikita autore della notissima Asadiyya, di origine Malvagna, di dimensioni minori e recentemente
persiana del Khorāsān. Lo sbarco avvenne nei pressi restaurata, a Dagala del Re (Santa Venerina), a
di Capo Granitola, vicino a Mazara del Vallo, usata Torrenova e nel siracusano.
come testa di ponte e base di attracco per le navi e
prima capitale. Poi fu occupata Marsala (in arabo
Marsa ‘Alī, il porto di ‘Alī o Marsa Allāh, il porto di Dio).

La spedizione che voleva con ogni probabilità conquistare solo le ricchezze dell'isola, non s'illuse di poter
superare le difese di Siracusa, la capitale dell'isola, ma la sostanziale debolezza bizantina e del thema siciliano,
da poco uscita da un duro conflitto contro l'usurpatore Tommaso lo Slavo, fece prospettare ad Asad la concreta
possibilità che l'iniziale intento strategico potesse essere facilmente mutato in una spedizione di vera e propria
conquista.

Superato in uno scontro dall'indeterminata ampiezza un non meglio identificato Balatas (Curopalates ?), messo
in fuga presso Corleone, e superata quindi alla meglio nell'828 un'epidemia probabilmente di colera che portò
alla morte per dissenteria lo stesso Asad, sostituito da Muhammad b. Abī l-Jawarī per volere degli stessi soldati
(Amari, 1933, I:407), i musulmani ottennero rinforzi nell'830, in parte dall'Ifrīqiya (allora impegnata a
respingere l'attacco del duca di Lucca, Bonifacio II) e in maggior parte da al-Andalus, mentre in Sicilia giunse
un gruppo di mercenari al comando del berbero Asbagh b. Wakīl, detto Farghalūs.

Fu così possibile ai musulmani - che già avevano preso Girgenti (oggi Agrigento, rimasta sempre a stragrande
maggioranza berbera) - espugnare nell'agosto-settembre dell'831 Palermo, eletta capitale della Sicilia islamica (
Siqilliyya ), quindi Messina, Modica (845) e Ragusa, mentre Castrogiovanni (oggi Enna) fu presa solo
nell'859. Resisteva Siracusa e la Sicilia orientale, sede dello strategos da cui dipendevano tanto il drungariato
di Malta quanto le arcontie (ducati) di Calabria, di Otranto e di Napoli.

Fu necessario più d'un decennio per piegare la resistenza degli abitanti del solo Val di Mazara e ancor più per
impadronirsi tra l'841 e l'859 del Val di Noto e del Val Dèmone.

Toccò al generale Giafar Ibn Muhammed occupare Catania nell'877, e


poi Siracusa, superato il blocco impostole nell'872-873 da Khafāja b.
Sufyān b. Sawādan, che cadde il 21 maggio 878, a oltre mezzo secolo
dal primo sbarco, al termine d'un implacabile assedio che si concluse
col massacro di 5.000 abitanti e con la schiavitù dei sopravvissuti,
riscattati solo molti anni più tardi.

Basilio I decise allora di mandare una flotta di 140 navi comandata dal
generale Nasar per contenere l'espansionismo degli Arabi, che
avevano ormai sottomesso i 3/4 dell'isola. La flotta ottenne
La caduta di Siracusa in mano araba,
dal Madrid Skylitzes
un'inaspettata vittoria navale sugli Arabi nell'880 presso Milazzo, ma
questa vittoria non riuscì a risollevare la situazione. L'ultima
roccaforte importante della resistenza siciliana a cedere fu
Tauromenium (Taormina) il 1º agosto del 902 sotto gli attacchi dell'emiro Ibrāhīm b. Ahmad.

L'ultimo lembo di terra siciliana a resistere ai musulmani fu Rometta che capitolò solo nel 963.
Ibrāhīm II, dismessi i panni da Emiro aghlabide per il veto opposto alla sua nomina dal califfo abbaside di
Baghdad, nella sua volontà di prosecuzione del jihād, tentò di risalire l'Italia per poi giungere, si disse con
grande fantasia, fino a Costantinopoli. Passò pertanto lo Stretto e percorse in direzione nord la Calabria. Non
trovò particolare resistenza ma la sua marcia si arrestò nei dintorni di Cosenza che forse fu la prima città a
opporre una certa resistenza all'invasione. Tuttavia l'arresto avvenne probabilmente più per il disordine con cui
le operazioni militari furono svolte e per la carenza di conduzione militare e di concreti risultati. Inoltre
Ibrāhīm, colto da dissenteria, spirò in breve tempo e le sue truppe, al limite dello sbando, si ritirarono. Così si
concluse la velleitaria conquista della "Terra grande" (al-arḍ al-kabīra).

Tentativo di riconquista bizantina


Si sa che Basilio II Bulgaroctono nel 1025 aveva
progettato la riconquista della Sicilia. Ma non poté
iniziarla perché morì nello stesso anno. Il piano di
Basilio fu dimenticato per alcuni anni, ma poi
l'imperatore Michele IV il Paflagone, ritrovando le carte
del progetto di Basilio, e appena le vide ne fu
entusiasta, e volle iniziare subito questa campagna di
riconquista. Durante il XI secolo nella Sicilia
musulmana si ebbe una profonda crisi politica che
oppose l'imam fatimida ai governatori Kalbidi, che alla
fine vennero vinti e furono allontanati.

Dello scontro approfittarono i bizantini che richiamati


dai Kalbiti nel 1038 intrapresero un effimero tentativo
di riconquista dell'isola, la cui preparazione venne
affidata al grande generale Giorgio Maniace. Alla testa
della spedizione bizantina vi era Stefano, fratello
dell'imperatore Michele IV il Paflagone, mentre il
Le conquiste di Giorgio Maniace in Sicilia,
comando militare delle truppe era affidato al generale
tratteggiate in rosso.
Maniace. Le truppe erano formate inoltre da numerosi
lombardi esuli comandati da Arduino e da una
compagnia di normanni/vichinghi comandati da
Guglielmo Braccio di Ferro e da Harald Hardrada (futuro re di Norvegia, celeberrimo nel mondo anglo-
sassone). Molti di questi erano inquadrati nella cosiddetta Guardia variaga.

La spedizione usò come testa di ponte la base di Reggio Calabria e


quindi, varcato lo stretto, occupò prima Messina e quindi si diresse
verso l'antica capitale dell'isola, Siracusa. Maniace fu l'unico
condottiero che riuscì nel 1040, prima dei Normanni e seppur
temporaneamente (sino probabilmente al 1043), a liberare la città
aretusea dai musulmani. A testimonianza di quella impresa mandò le
Immagine rappresentante l'esercito
reliquie di Santa Lucia a Costantinopoli e fece costruire in città un
bizantino che sbarca in Sicilia fortilizio che ancora oggi, pur se ampliato, porta il nome di Castello di
comandato da Giorgio Maniace. Maniace. Anche il trafugamento delle reliquie di sant'Agata durante
l'XI secolo avvenne probabilmente per mano della stessa spedizione.

Una leggenda vuole che fosse stato lo stesso generale bizantino a trafugare le reliquie della santa di Catania e
che, una volta partito, fosse stato costretto a ritornare a causa di una furiosa tempesta ed a custodire la salma in
una casetta, in attesa che si placasse il maltempo.
Nel 1040 tra Randazzo e Troina sconfisse le truppe musulmane di Abdallah. Nei pressi del luogo della
battaglia, venne fondato il monastero di Santa Maria di Maniace. L'antico cenobio si trova oggi vicino al paese
di Maniace in provincia di Catania, anch'esso battezzato così in un secondo tempo in onore del generale
bizantino. Abdallah, pur sconfitto, riuscì a mettersi in salvo, per fortuna o forse per un errore di strategia di
Stefano che si rifiutò d'affrontarlo.

Maniace però fu richiamato a Costantinopoli e imprigionato. Una serie di eventi funesti, dissidi ed una rivolta
di Arduino - legata a contrasti riguardanti la ricompensa - che sconfisse e uccise Stefano, metteranno in crisi in
poco tempo la spedizione posta al comando di Basilio, che dovrà abbandonare la Sicilia, rioccupata dagli arabi
escluso Messina, e ritirarsi sino in Puglia. Nel 1042 intanto Maniace fu liberato dalla nuova imperatrice Zoe e
alla testa dell'esercito Giorgio Maniace represse la rivolta in Italia Meridionale, costituita da normanni e
lombardi, ma senza arrivare in Sicilia.

Note
1. ^ Tommaso Fazello, p. 262.
2. ^ Rizzo, p. 120.
3. ^ Rizzo, p. 122.
4. ^ Rizzo, p. 125,.
5. ^ Rizzo, p. 126.
6. ^ Rizzo, p. 127.
7. ^ Tommaso Fazello, p. 318.
8. ^ Gli esattori bizantini erano soliti piantare standardi nei terreni che secondo loro
appartenevano all'erario per confiscarli. Fonte: Tommaso Fazello, p. 318
9. ^ Treadgold, p. 322
10. ^ L'Ostrogorsky, p. 133, ritiene inattendibile la notizia, fornitaci da Teofane, che fu Costantino IV
a recarsi in persona in Sicilia per deporre l'usurpatore; secondo Ostrogorsky la rivolta venne
invece sedata dall'esarca di Ravenna.
11. ^ Adele Cilento, Bisanzio in Sicilia e nel sud dell'Italia, Magnus Edizioni SpA, Udine, 2005,
ISBN 88-7057-196-3, p. 45
12. ^ La Cava d (http://www.lafrecciaverde.it/n73/articolo4/articolo4.htm) Archiviato (https://web.arc
hive.org/web/20070911162758/http://www.lafrecciaverde.it/n73/articolo4/articolo4.htm) l'11
settembre 2007 in Internet Archive.
13. ^ Castelvetrano 1 (http://www.icvbc.cnr.it/bivi/schede/sicilia/1castelvetrano.htm)

Bibliografia
Giorgio Ravegnani, I Bizantini in Italia, Bologna, Il Mulino, 2004.
Tommaso Fazello, Storia di Sicilia, Deche due: Tradotte in Lingua Toscana.
Georg Ostrogorsky, Storia dell'Impero bizantino, Torino, Einaudi, 1968.
Roberta Rizzo, Papa Gregorio Magno e la nobiltà in Sicilia, 2008.
Luigi Santagati, Storia dei Bizantini di Sicilia, 2012.

Voci correlate
Storia della Sicilia erulo-ostrogota
Storia della Sicilia islamica
Impero Bizantino
Giorgio Maniace
Belisario
Thema
Sikelia
Rometta

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