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Furono a loro volta divise in vici, e presiedute da edili, tribuni e pretori estratti a sorte.
- Prefetto urbano diventò una figura centrale: creato secondo la tradizione da Romolo, aveva perso di
importanza con la nascita del pretore urbano. Ricompare nel 46 aC quando Cesare lasciò a Roma 3
perfetti urbani stabile tra il 13 e il 27, quando si trasformò nella massima carica senatoria; tale dignità
sarebbe stata accresciuta nella seconda metà del I sec. poteri di controllo dell’ordine pubblico con
accentramento di funzioni che prima erano affidate a consoli, pretori ed edili.
- Prefetto dell’annona: di rango equestre, provvedeva a approvvigionamento cittadino ed esercitava
compiti di polizia notturna.
- Prefetti del pretorio: erano 2, carica che andò a rappresentare il vertice del rango equestre. Alla loro
dipendenza vi erano le coorti pretorie, guardia armata dell’imperatore, composta da 9-12 unità. Corpo
inizialmente italico, con Settimio Severo fu rimpiazzato da provinciali, che ne raddoppiò i numeri degli
effettivi fino a 1000. (vedi figura politica di Seiano, prefetto del pretorio).
- Curatores: ex pretori o ex consoli, che avevano cura degli acquedotti, delle vie, delle rive e dell’alveo del
Tevere, edifici sacri e opere pubbliche.
Italia. Tendenza a raggiungere il confine delle Alpi. Divisione in 11 regioni, a loro volta divise in pagi.
- Curatores viarum (20 aC).
- Curatores incaricati di risollevare le finanze locali (Traiano)
Divisione dell’italia da parte di Adriano in 4 distretti, più Roma, affidati ai consulares (giudici di rango consolare,
scomparsi con Antonino Pio e poi riproposti come iudici di rango pretorio)
- Correctores con i Severi.
Le provincie.
1. Con Augusto, le provincie pacificate, non richiedevano grandi contingenti militari, erano governate da
proconsoli, di rango pretorio o consolare, affiancati da un questore o da un legato.
2. Provincie che necessitavano eserciti, governate dai legati pro Augusti propraetore, scelti dal principe
tra i senatori. In base all’importanza erano: consulare, praetoriae, procuratoriae, praefectus (ma solo in
Egitto).
Ottaviano tolse alla Sicilia, prima provincia romana, il diritto latino offertole da Cesare, sia la piena cittadinanza
offertale da Antonio, riportandola alla condizione originaria.
Se il numero delle provincie senatorie rimase stabile, quello delle provincie imperiale, diversamente governate,
continuò a crescere: questo incremento andò di pari passo, fino al 117, con l’espansione dell’impero e in seguito
alle nuove esigenze del potere centrale che, per evitare la concentrazione di grandi eserciti nelle mani dei
governatori, suddivise molti territori preesitenti.
Processo di romanizzazione fu complesso: fondazione di nuovi centri, romani o latini, sia concedendo la
cittadinanza romana, ma soprattutto il diritto latino, a centri preesistenti e a intere comunità. Con Claudio si
ebbe la nuova realtà del municipio di diritto latino. A partire dalla constitutio Antoniana (212), infine, la
cittadinanza romana fu estesa a tutte le provincie.
L’esercito. Con Augusto si creò l’esercito stanziale a presidio dei confini dell’impero, con una riduzione del
numero di legionari rispetto al periodo delle guerre civili: da 60 a 28, poi 25 (9 aC) per tornare poi a 33 con
Settimio Severo.
Erano su base volontaria, composte da 10 coorti di fanti e da cavalleria di 120 uomini, durata del servizio di
almeno 20 anni. Militavano anche gli ausiliari, che si eguagliarono al numero dei legionari. Con Claudio i non
romani potevano ottenere dei privilegi come la cittadinanza (diplomi militari incisi su bronzo). Dopo Azio,
Augusto creò delle flotte stabili.
Solo i senatori, i magistrati o gli ex magistrati potevano condurre gli eserciti cittadini. Come legati spettò loro il
comando delle legioni. L’ordine equestre forniva anche i prefetti comandanti delle milizie ausiliarie. Gallieno nel
262 escluse dal comando dell’esercito i membri dell’ordine senatorio, sostituiti da prefetti equestri.
La crisi del III secolo. Con questa espressione si definisce il periodo successivo al massimo splendore dell’impero,
che si ritiene termini con Antonino Pio.
Dal punto di vista storiografico si veda l’opera di Gibbon. Oggi, già l’età di Marco Aurelio è considerata l’inizio
della crisi, poi rafforzatasi nel periodo tra Severo Alessandro e Diocleziano. Sarebbe stata innanzitutto una crisi
demografica ed economica, legata alla “peste antoniana” (165-189), così come la diminuzione delle entrate e
all’aumento della spesa statale, monopolizzata dai sempre più costosi eserciti, e al deprezzamento della moneta.
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