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Modelli politici di Roma

antica - Luca Fezzi


Storia Antica
Università degli Studi di Padova
40 pag.

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L. Fezzi, Modelli politici di Roma antica


1. La monarchia tra leggenda e interpretazioni
1.1 Sette personaggi misteriosi

Le fonti riportano in maniera unanime che Roma nasce come monarchia.
Il termine monarchia viene dal greco ‘monarchía’, governo di uno solo, e indica un sistema che è incardinato su un
singolo individuo, con poteri particolari e una carica irrevocabile. È una forma di governo semplice che può
perpetuarsi per successione ereditaria o elettiva, come nel caso della Roma arcaica.
Da un discorso dell’imperatore Claudio (48 d.C.) si percepisce il fatto che anche gli stessi romani hanno difficoltà nel
ricostruire la fase della monarchia, e anche di altri autori antichi che se ne sono occupati: Livio, Dionigi di Alicarnasso,
Plutarco. Inoltre è da tenere presente che vi sono delle rielaborazioni politiche riguardo all’interpretazione delle fonti,
es. nel periodo augusteo diventano la legittimazione del presente imperiale.
In ogni caso le fonti concordano nell’individuare in un arco di 245 anni (753 - 509) 7 personaggi che si sono succeduti
l’uno all’altro: la media sarebbe di 35 anni di regno ciascuno, ma siccome la cifra corrisponde a un’intera generazione
umana è il numero 7 è ricorrente, si ritiene che la tradizione abbia raccolto attorno a questi re dei momenti storici
differenti, per il fenomeno della condensazione attorno a figure chiave di eventi importanti e per il fenomeno della
duplicazione.
Inoltre non aiuta il fatto che l’interesse di Roma per la storiografia sia nata in ambito grecofono e molto più tardi, in
occasione della prima vittoria su Cartagine.
In piú, l’incendio gallico del 390 aC avrebbe cancellato molte intonazioni raccolte in documenti di sacerdoti e
magistrati oppure, come le leggi, incisi sul bronzo ed esposti in pubblico.
Quindi: sfiducia verso le fonti letterarie e la loro accettazione passiva.

1.2 I momenti della monarchia

4 diversi momenti:
1. Romolo e la costruzione della struttura civica
2. I re della fase latino-Sabina (Numa Pompilio, Tullio Ostilio e Anco Marcio)
3. I re della fase etrusca ( Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio Il Superbo)
4. La caduta dell’impero di Tarquinio

La data della nascita dell’Urbe è una questione aperta (anche per i romani): accettano la versione proposta da Varrone
nell’età augustea, il 753 aC il 21 aprile.
In realtà questa data è messa in dubbio da alcune scoperte archeologiche nella metà del 900, che rivelano una realtà
di popolamento precedente, all’altezza del X-IX sec. Si ipotizza che la costituzione della città-stato sia stata abbassata
al 575 o si ipotizza anche uno sviluppo graduale.
Un’altra tesi criticata per il suo ipertradizionalismo è stata smentita, perché da alcune scoperte archeologiche
pervenute nel Palatino confermavano la data canonica;
Quello che si può dire con certezza è che la fondazione era il momento costitutivo delle realtà coloniarie antiche.

Nel mondo grecofono si rivendica una creazione greca o etrusca; probabile invece che ci sia stata una fase latino-
Sabina impersonata dalla figura leggendaria di Romolo, il fondatore eponimo.
Anche le tradizioni sulla sua figura non sono univoche. Secondo la leggenda fu generato da Marte+Rea Silvia con il
gemello Romo. La leggenda delle origini troiane (Rea Silva è originaria di Alba Longa, città fondata da Ascanio, figlio di
Enea). La leggenda delle origini troiane si fonde con la tradizione autoctona, e al ciclo si associarono le grandi famiglie
che volevano nobilitare le proprie origini.
Storicamente Alba Longa era sede del culto di Giove Laziale e di un’antica lega politica di 30 popoli, in seguito
assorbita da Roma. Roma a sua volta era sorta in un luogo adatto agli scambi: a ridosso del Tevere e al confine tra
zona etrusca e Lazio antico.

Il momento della fondazione:
Storicamente derivava dalla cerimonia etrusca dell’”inaugurazione”, cioè che la consultazione degli auspici
provenienti dal volo degli uccelli (auspicio, da avis specio, uccelli) in un luogo di osservazione all’aperto (templum da
cui contemplo) assicurava l’approvazione divina. La città fondata era quindi delimitata da una linea (pomerio, forse dal
post moenia, dietro le mura) oltre la quale non si potevano prendere gli auspici ed entro la quale non si potevano
portare le armi. Il pomerio poteva essere accresciuto solo in circostanze particolari: avviene secondo la tradizione da
parte di Romolo e di Servio Tullio e di Claudio, forse con Vespasiano e infine da Aureliano.
La fondazione secondo il mito non fu pacifica ma ci fu il fratricidio di Remo.

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In origine ci fu forse una diarchia: ci fu il popolamento grazie ai fuggitivi che venivano da ogni parte del Lazio e lo
scontro e la successiva fusione con i Sabini porta il generale Tito Tazio a regnare accanto a Romolo.
Ai 37 anni di regno attribuiti a Romolo si fanno risalire le più antiche istituzioni:
1. rex: il re era il capo supremo, con carica non ereditaria, essendo eletto dal popolo e dal senato. Era guida
religiosa, estensore delle leggi (leges regiae), giudice delle cause capitali, arbitro della pace e della guerra e
comandante delle forze armate. Il prefetto urbano era il sostituto, nominato a vita per governare durante le
assenze del monarca (figura che trova poi spazio nell’età imperiale).
2. Senato (senatus < senex, anziano): l’assemblea dei saggi, patres. Livio spiega che fu formata da Romolo, e
che i suoi membri (1000) andarono a formare il patriziato, patricii. Potere consultivo nei confronti del
monarca e quello giudiziario sui reati minori.
3. Popolo (populus): l’insieme di coloro che avevano la cittadinanza, civitas. A livello di diritti, era piena per i
capi delle famiglie (patres familias), limitata per gli altri membri maschi delle stesse e solo nominale per le
donne. Ci furono divisioni all’interno della massa civica: divide la popolazione in tre parti, a ciascuna delle
quali assegnò come capo la persona più ragguardevole, poi divide ciascuna delle 3 in 10. Le parti maggiori
vennero chiamate tribù, e le minori curie (fratria). “Romolo divise poi la terra in 30 lotti uguali e ne assegnò
uno a ogni fratria, lasciando al di fuori di questi un’estensione di terra sufficiente per i templi e i recinti sacri”
(Dionigi di Alicarnasso).
- Ramnes
- Tities
- Luceres

Le 3 tribù. Sono incerte le stesse fonti antiche: Plutarco parla di 3 tribù (in onore di Romolo, Tito Tazio, e del lucus
dove si raccoglievano i fuggitivi). Livio riferisce i nomi alle 3 centurie di cavalieri; Cicerone parla di 3 tribù in onore di
Romolo, Tito Tazio e l’etrusco Lucumone.
Le 30 curie. Le 3 tribù vengono divise in 10 gruppi l’una, per un totale di 30 curie (curiae, forse da co-viriae, ‘riunione
di uomini’. Sono alla base dei comizi curiati (comitia, da cu meo, ‘vado insieme’): con funzione di leva e consultiva, in
dialogo con il re e il senato. In età tardorepubblicana, oltre a decisioni riguardante l’assetto delle famiglie (es.
passaggio per adozione tra patriziato e plebe), approvano le leggi che autorizzano i magistrati a guidare un esercito
(lex de imperio). Imperium: il potere supremo, connessione tra autorità politica e religiosa, implica la possibilità di
trarre gli auspici.

L’origine di patrizi e plebei. Alcune fonti lo legano all’istituto del patronato (il rapporto tra il patrizio e i suoi clienti,
cliente < cluo ‘io ascolto’), creazione artificiale di Romolo. Una conseguenza sarebbe che anche il clan stesso, gens,
potrebbe intendersi alla stessa stregua (però altre fonti ritengono che il clan sia precedente alla struttura civica).
1. Dionigi di Alicarnasso: distinzione tra aristocrazia e popolo.
2. Altre fonti indicano la plebe come priva di gentes, facendo così pensare che fosse nata dopo il patriziato, o
addirittura successiva alla nascita della repubblica.
3. tra le due guerre mondiali si è sostituito la questione delle origini tra patriziato e plebe dallo studio
dell’organizzazione politica.
Le suddivisioni del corpo civico che la tradizione fa risalire a Romolo avrebbero anche lasciato traccia
nell’organizzazione militare.
Si parla inizialmente di 3 unità di 100 uomini (centuriae) di combattenti veloci e/o cavalieri (celeres) per un totale di
300 uomini, e di 3000 fanti (pedites), riuniti in una legione (legio, da lego, ‘io raccolgo’), comandati rispettivamente da
3 tribuni militum e 3 tribuni celerum.
Romolo avrebbe anche curato l’aspetto religioso, in relazione ai culti delle curie e delle genti: collegio degli arvali, 12
sacerdoti patrizi legati al culto dei campi e del raccolto. In relazione sempre agli aspetti religiosi, avrebbe istituito un
primo calendario di 304 giorni.


1.2.2 Gli altri re delle fase latino-sabina
fecero seguito secondo la tradizione, 3 re, di cui due sabini e uno latino: in questa fase si delineano le principali
caratteristiche della città stato.
Alla morte di Romolo avrebbe fatto seguito un interregnum, di circa un anno, durante il quale governarono gruppi di
10 senatori, tra cui uno assumeva il sommo potere per soli 5 giorni. Poi fu chiamato un re sabino dalla vicina Cures.
Numa Pompilio. Come evidenzia il nome, fu il re-sacerdote. Fu votato proprio secondo i criteri di una monarchia
elettiva, in seguito a una lex curiata de imperio.
- Creò diversi collegi religiosi, dando così vita a una classe sacerdotale in stretta relazione con quella politica
(caratteristiche che è rimasta costante nella storia delle istituzioni romane).

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- Divisioni del popolo per associazioni di mestiere, i collegi, collegia (flaustisti, orefici, falegnami, tinroti,
cuoiai...).
- Per quanto riguarda la giustizia: la soppressione della pena era legata al privato; il rex si occupava degli illeciti
gravi.
Ai due successori si fanno risalire le prime conquiste dei centri vicini.
Tullo Ostilio. Dopo la sconfitta e la distruzione di Albalonga, accolse i vinti a Roma, suddividendoli nelle tribù e curie
preesistenti, raddoppiando la popolazione ed esercito e accrescendo il senato. A lui si fanno risalire i simboli del
potere etrusco:
- Sella curulis
- Littori
- Toga praetexta (toga orlata di rosso degli alti magistrati)
- Toga picta (toga rossa e oro dei comandi che celebravano il trionfo).
Avrebbe dato vita anche al giudizio popolare. Si tratterebbe quindi di un precedente del repubblicano diritto di
appello al popolo (provocatio ad populum). Inoltre, avrebbe sancito la condanna capitale per il tradimento, la
diserzione e l’incesto.
Anco Marcio. Salito al potere con la lex curiata de impeio, avrebbe restaurato i culti dell’avo e fatto incidere ed
esporre nel Foro le disposizioni relative al collegio pontificiale. Avrebbe fondato la prima colonia a Ostia, tracciato la
via Ostiense e istituito un tributo sulle saline.

1.2.3 La “grande Roma dei Tarquini”. (da una espressione di Pasquali)
fase di ricchezza e di chiara influenza, militare o economica, etrusca. Corrisponde ad essa anche il primo sviluppo
monumentale di Roma, e le struttura statali che alcune fonti attribuiscono invece a Romolo.
Tarquinio Prisco. Secondo la tradizione, Lucumone, tarquinese di origine corinzia, si guadagna il favore di Anco Marcio
diventando il comandante dell’esercito (magister populi). Alla morte del sovrano, fu eletto successore durante
l’interregno, prendendo il nome di Lucio Tarquinio Prisco. La sua principale riforma sarebbe stata l’aggiunta ai 200
senatori, di altri 100, cooptati nel patriziato; il numero di 300 sarebbe stato poi rimasto invariato fino a Silla.
Servio Tullio. Il nome Servius fa anche derivare da servus, essendo stato anche lui figlio di una schiava. A lui si deve la
ristrutturazione della società in senso censitario.
- Ampliamento pomerio;
- 4 tribù urbane, territoriali (Collina, Esquilina, Palatina, Suburbana) dalle quali far dipendere la riscossione dei
tributi e le leve militari. In esse avrebbe poi iscritto gli schiavi affrancati, i liberti (liberti), cui avrebbe concesso
la cittadinanza.
- Riorganizzazione dell’assemblea popolare: coincide con l’affermarsi di un nuovo ordinamento militare,
identificabile nella falange oplitica, formazione chiuse nella quale i cittadini combattevano a ranghi serrati.
Poiché al combattente era richiesto di provvedere a proprie spese all’equipaggiamento, a una maggiore
ricchezza corrispondeva un’armatura più pesante; di conseguenza chi poteva spendere di più, e quindi
esporsi nelle prime file, doveva avere anche un ruolo di rilievo nelle decisioni.
Nei comizi centuriati la popolazione maschile (quindi la totalità dell’esercito cittadino) fu divisa in 5 classi, tutte
ripartite in un’unità di voto chiamate centurie, (per un totale di 193 centurie secondo Dionigi di Alicarnasso, 191, 194
secondo Livio). I più ricchi erano assegnati alle prime 98; gli altri, che costituivano la grande maggioranza, alle
rimanenti (95), di conseguenza ben più affollate. Ciò che contava era il risultato raggiunto all’interno delle singole
centurie, e non il totale numerico dei voti; per cui la maggiorante andava ai più facoltosi. Essendovi anche pari numero
di centurie di giovani (iuniores) e di anziani (seniores) lo squilibrio non era solo a favore della ricchezza, ma anche
dell’età matura.
à Servio Tullio istituisce quindi il censimento (census)
Ogni romano doveva dichiarare una stima dei propri beni, e così sarebbe stato censito un numero di cittadini che
corrisponde agli 80.000. i beni dovevano essere computati in capi di bestiame (pecus > pecunia) o in grossi pezzi di
rame.
Ai ricchi corrispondeva quindi la maggioranza dei voti: infatti, per le decisioni importanti, veniva convocata
l’assemblea per centurie anziché per fratrie. Invitava a esprimere la propria volontà le centurie in cui erano iscritti
coloro che possedevano il patrimonio maggiore (18 cavalieri, 80 fanti). Queste centurie, se esprimevano la stessa
volontà, prevalevano sulle altre e la loro risoluzione diveniva attuativa. Se, al contrario, tutte queste non adottavano la
stessa risoluzione, allora convocava anche le 22 centurie della II classe censitaria. E così via di seguito, finché non
veniva convocata l’ultima classe, che comprendeva la moltitudine dei cittadini nullatanenti, e per questo esenti da
servizio militare e tassazione. Prevaleva quello dei due schieramenti cui andava ad aggiungersi questa centuria.
- Costruisce sull’Aventino il tempio di Diana Nemorese: Roma diventa centro politico e religioso del Lazio.

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Lucio Tarquinio Superbo. Secondo la tradizione avrebbe istituito un regime autoritario e violento. Due letture opposte
nella sua figura: tanto tirannica da unire, accomunati dall’odio, patrizi e plebei, o, al contrario, autoritaria proprio
grazie al sostegno della plebe.
- violenza esercitata da suo figlio su Lucrezia, moglie del cugino Lucio Tarquinio Collatino (episodio troppo simile a
quello che ad Atene aveva scatenato la congiura nobiliare contro Ipparco nel 513 a.C). il popolo viene convocato a
comizio dal tribuno dei celeri Lucio Giunio Bruto. I tentativi di Tarquinio di recuperare il potere con l’aiuto di Porsenna,
re di Chiusi, furono respinti, e l’esercito etrusco sconfitto.

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2. La res publica, dalle origini al Gracchi (509 aC-134aC)
2.1 Tre secoli e mezzo di equilibrio, Polibio, Cicerone e i moderni

Per più di 450 anni Roma fu una repubblica (res publica), termine generico in opposizione a monarchia. Riuscì a
gestire i conflitti interni e a diventare la potenza egemone del Mediterraneo.
Polibio spiega così le ragioni istituzionali per cui Roma, dopo il disastro di Canne (216) era riuscita a riprendersi
immediatamente:
- Consoli: potere monarchico e regale;
- Senato: aristocratico;
- Autorità del popolo: democratico.
Per questo, conclude lo storico, Roma aveva il sistema costituzionale migliore che impossibilitava a contrastarlo.
È, quindi, una teoria della costituzione mista, con radici nel pensiero politico greco, frutto della ben nota disputa
di quale fosse la migliore forma di governo. L’autore, convinto che quelle “buone” (il regno, l’aristocrazia e la
democrazia) e quelle “degenerate” (la tirannide, l’oligarchia e il governo della massa) fossero naturalmente
destinate a succedersi l’una all’altra nel corso del tempo, riteneva che la loro sapiente commistione sarebbe
riuscita a bloccare tale circolo. Questa costituzione era simile a quella del legislatore Licurgo. Machiavelli, in età
moderna, riattualizzerà poi la teoria polibiana: solo Roma era stata pensata per espandersi, e proprio ciò
costrinse il senato patrizio a venire a patti con la plebe, forza combattente: ciò fu possibile grazie ai tribuni, che
mediarono lo scontro fino all’età dei Gracchi.

1. il passaggio dalla monarchia al consolato;
2. il conflitto patrizio plebeo;
3. l’epoca della nobilitas patrizio-plebea.

2.2.1. Dalla monarchia al consolato.
L’aristocrazia gentilizia diede vita a un sistema di governo oligarchico, ideologicamente sostenuto dal rigiuto
della monarchia e dalla valorizzazione del concetto di libertà (libertas).
In teoria: si tende a pensare a una sostituzione del re con due capi eletti ogni anno, in una diarchia equilibrata:
ciò avrebbe introdotto il concetto di magistratura, come antitesi alla regalità. I due magistrati sono indicati dalle
fonti con il nome di pretore (praetores > prae itores, che marcia davanti all’esercito) e di consoli (consules >
consulo, ‘io decido’, ‘io consulto’)
In pratica: c’è grande incertezza sulle magistrature supreme lungo un arco cronologico di 142 anni.

• Problemi legati agli stessi consoli del 509: sarebbero subentrati secondo la tradizione a Bruto e Collatino
tre personaggi: Publio Valerio Publicola, Spurio Lucrezio Tricipitino, Marco Orazio Pulvillo.
• A complicare il quadro, ci sono nomi gentilizi plebei tra i consoli precedenti il 367: questo contraddice
l’esclusività patrizia sino a tale data.
• La figura del rex non pare essere stata ostracizzata: viene invece ripresa in quella vitalizia del rex
sacrorum (con funzioni religiose) e in quella occasionale dell’interrex (che in età repubblicana sostituiva,
per pochi giorni, i consoli, quando entrambi fossero venuti meno).
Livio sembra individuare due importanti continuità rispetto all’età regia.
1. per l’elezione dei primi consoli si fa uso delle misteriose norme di Servio Tullio.
2. I consoli avrebbero continuato il potere regio (“mantennero tutte le insegne e le attribuzioni dei re”)

Sulla nascita della collegialità consolare le ipotesi si sono quindi susseguite le une sulle altre.
Ipotesi cronologiche: o c’è stato un lento passaggio da monarchia a repubblica, o un passaggio improvviso, come
dicono le fonti. In base alla prima lettura, gli eventi del 509, sarebbero un’anticipazione, forse operata per
nascondere un fatto inammissibile, come la dominazione straniera di Porsenna o un periodo di anarchia. La
nascita della repubblica potrebbe quindi essere posticipata di qualche decennio.
Ipotesi istituzionali: si riferiscono invece alla vera identità del successore del re: il pretore o il dittatore.

1. Il pretore: vi sarebbe stato, già da subito, un collegio di 2 o 3 figure tra cui i comandanti delle 2 legioni in
cui l’esercito centuriato era ormai diviso (questo conferma il ruolo dell’antico principio collegiale di
origine sabina).

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2. Il dittatore: è il magister populi di origine etrusca (rivestita secondo la tradizione da Tarquinio Prisco e
Servio Tullio). Bisognerebbe quindi pensare che la diarchia sarebbe stata raggiunta solo attraverso il
graduale emergere del comandante della cavalleria (magister equitum). La presenza iniziale di un solo
magistrato supremo potrebbe spiegare l’inserimento successivo di fittizi nomi di famiglie plebee negli
elenchi consolari.
3. Rapporto dei tribuni militari con potere consolare (tribuni militum consulari potestate) rispetto alla
coppia di consoli patrizi: di antagonismo (bilanciamento in senso popolare) o di complementarietà (nei
momenti di particolare necessità militare)?

Il quadro di fondo è quello di una repubblica oligarchica, nella quale al re si sostituiscono magistrati annui scelti
all’interno della cerchia patrizia. Questo fu alla base dei conflitti successivi.

2.2.2. Il conflitto patrizio plebeo (509-367)
La concentrazione del potere in mani patrizie determinò un forte attrito con i plebei, nella situazione di crisi
militare ed economica.
Militarmente:
• Guerra contro la lega latina, che porta a un trattato bilaterale, il foedus Cassianum (493), rimasto in
vigore per 150 anni, che consentì:
- il commercio (commercium, l’uso delle rigide formule negoziali romane),
- il matrimonio (conubium),
- l’immigrazione (migratio, l’acquisizione automatica dei diritti politici della nuova località di residenza)
- il suffragio (suffragium, diritto di voto, in una unità di voto separata, per coloro che fossero presenti a
Roma durante la riunione delle assemblee).
• Lotte con Sabini, equi e volsci
• Guerra contro l’etrusca Veio (438-396): questa guerra rese necessaria l’introduzione di un tributo
(tributum) a carico dei cittadini per pagare uno stipendio ai soldati impegnati nel lungo assedio.
• Invasione gallica del 390
Però Roma si riprese e, con l’annessione di Tuscolo nel 381, si assicurò l’egemonia sul Lazio.

Economicamente: Crisi e calo demografico: causati forse dal declino etrusco, che aveva portato all’interruzione
di quei flussi commerciali che avevano in Roma un importante snodo.

Conflitto patrizio-plebeo:
venne costituito il patriziato ad ordine chiuso, per evitare intrusioni in un’epoca di particolare crisi. Ciò ammette
la possibilità che il patriziato abbia sentito il bisogno di meglio definirsi in età post-monarchica e, di
conseguenza, che alcuni plebei fossero già economicamente capaci di misurarsi con la casta che deteneva il
monopolio delle magistrature, dei sacerdozi e degli auspici. I temi principali del conflitto avevano comunque
carattere popolare:
- rifiuto della leva militare,
- distribuzione delle terre pubbliche (ager publicus)
- cancellazione dei debiti.

Tappa centrale del confronto su la codificazione delle leggi delle XII Tavole. Un compromesso tra le fazioni
avrebbe fatto sì che, sospese le principali magistrature, nel 451 fosse insediata una commissione di 10 patrizi
con autorità dittatoriale, che avrebbe inviato ambasciatori in Magna Grecia e nell’Atene di Pericle per visionare
le leggi locali. Stesura di 10 tavole.
Essendo rimaste aperte alcune questioni, l’anno successivo sarebbe stata eletta un’altra commissione, che
avrebbe aggiunto altre 2 tavole, che contenevano norme criminali molto dure nonché il divieto di matrimonio
tra patrizi e plebei.
1-2 procedura civile
3 procedura esecutiva
4 rapporti tra genitori e figli
5 la tutela e l’eredità
6 la proprietà
7 la manutenzione delle strade

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8 gli illeciti
9 i principi del processo penale
10 le prescrizioni funerarie
11 il matrimonio
12 i crimini vari
Il loro carattere era formale, naturale espressione di una società gentilizia legata al mondo dei campi.

L’anno successivo, in seguito a una seconda secessione plebea sull’Aventino e poi sul Monte Sacro, i Xviri furono
esautorati e si tornò alla consuetudine precedente.
Le consolari leggi Valerie-Orazie (449), avrebbero reso le decisioni del popolo, i plebisciti, vincolani per tutto il
corpo civico, e non solo per la plebe, avrebbero ripristinato la provocatio, sancito l’inviolabilità tribunizia e
stabilito che i pareri del sanato (senatusconsulta) fossero custoditi dagli edili plebei nel tempio di Cerere.
La più iniqua delle XII Tavole cadde già presto: già nel 445 un plebiscito Canuleio riconobbe il matrimonio
“misto”, in linea teorica aprendo alla plebe la via alle magistrature maggiori.
Due leggi inoltre istituirono i tribuni militari con potere consolare e la censura (censura), magistratura
inizialmente riservata ai patrizi.
367 Leggi Licinie-Sestie. Si arriva a queste leggi dopo che la questione della distribuzione delle terre conquistate
ai veienti (annessi a loro volta nella cittadinanza romana e in 4 nuove tribù rurali) alzò il tono del conflitto. In
queste leggi:
- La limitazione delle usure
- Il divieto di possedere più di 500 iugeri di agro pubblico à però queste normative de modo agrorum
potrebbero essere un’anticipazione di una situazione successiva: il tribuno Tiberio Sempronio Gracco,
per riuscire ad imporre la propria riforma agraria, potrebbe avere avuto interesse a inserirla in una
tradizione fittizia.
- Ammissione al collegio consolare di un plebeo
- A contrappeso, istituiti nuovi magistrati patrizi: un pretore e due edili curuli.

L’accordo tra le due classi in lotta era ormai raggiunto.

2.2.3 La gloriosa epoca della nobilitas patrizio-plebea
Nobilitas patrizio-plebea: si ebbe dal 366 fino alla crisi della repubblica. Con l’ingresso della plebe al consolato,
la classe dirigente non coincise più con i patrizi (i discendenti dei patres) ma con i nobili (nobiles, ‘i conosciuti’ <
nosco, io conosco). I nobili erano in pratica tutti coloro che avessero rivestito una magistratura curule (curulis,
dalla sedia curule attribuita al suo detentore: censura, dittatura, consolato, pretura ed edilità curule). Il senato
diventò il massimo organo della nobilitas e impose le proprie scelte all’intera società.
366: primo console plebeo
356: primo dittatore plebeo
351: primo censore plebeo
Per quanto riguarda i plebisciti, 3 leggi:
1. 342: plebiscito che impose un intervallo di 10 anni per reiterare una magistratura.
2. 339: leggi del dittatore plebeo Quinto Publilio Filone: una avrebbe richiesto parere preventivo del
senato per le decisioni dei comizi centuriati; un’altra avrebbe stabilito l’obbligo di un censore plebeo.
3. Terza legge, problematica: A) equiparazione dei plebisciti alle leggi. B) sottrazione dei plebisciti al parere
del senato o regolamentazione dello stesso (però solo Silla avrebbe imposto la necessità di parere
preventivo per i plebisciti, così come per le leggi). C) avrebbe equiparato i plebisciti non alle leggi ma alle
proposte di legge dei magistrati (rogationes). In pratica, quanto approvato dai plebisciti avrebbe potuto
essere sottoposto all’approvazione dei comizi centuriati, previo parere del senato, ed essere così
trasformato in legge.
300: legge Valeria sulla provocatio: vietò di uccidere o fustigare un cittadino romano senza concedergli la
provocatio.
287: ultima secessione plebea, forse sul Gianicolo. La dittatoria legge Ortensia stabilì in maniera certa che i
plebisciti fossero vincolanti per tutto il corpo civico. Da allora gran parte della legislazione romana sarebbe stata
votata, su proposta tribunizia, dal concilium plebis.
Trasformazioni politiche e sociali della classe dirigente: per necessità di amministrare un territorio sempre più
vasto.

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242: viene creato un secondo pretore, introducendo la distinzione fra: praetor urbanus, amministrazione della
giustizia tra cittadini e praetor peregrunus, garante dei rapporti tra cittadini e stranieri.
227: creazione di altri due pretori (dieci anni dopo la creazione delle provincie di Corsica e Sardegna).
218: plebiscito Claudio. inizio dell’invasione cartaginese in Italia, ma anche la bipartizione della classe dirigente:
una legge tribunizia ostacolò i senatori e i loro figli nel commercio per mare, proibendo loro di possedere una
nave di capacità superiore alle 300 anfore. I senatori si sarebbero quindi dedicati agli investimenti fondiari italici,
mentre i cavalieri (equites, che erano diventati una definizione socio-economica prima ancora che militare)
avrebbero potuto continuare con traffici e finanza, in Italia ma soprattutto nelle provincie, con obbligo di cessare
tali attività qualora avessero intrapreso carriera politica. In quell’epoca l’economia era in crescita.
210: sorgono i personalismi nella classe dirigente. Publio Cornelio Scipione, il futuro Africano, fu inviato
proconsole in Spagna. L’anno successivo, per la prima volta nella storia di Roma, egli fu salutato dai propri
uomini come imperator.
186: Repressione dei Baccanali: culti sospettati di nascondere una cerchia sovversiva, non solo a Roma ma in
tutta l’Italia. L’ampia area di applicazione del provvedimento fa capire che il consesso si prende il diritto di
intervenire anche contro i non romani, all’epoca alleati.

2.3 il sistema politico-istituzionale
2.3.1 Le assemblee del popolo, la civitas, la lex publica e il processo comiziale.

Diritto di voto:
1. Maschi adulti che avessero la cittadinanza (civitas), appartenenza per nascita, naturalizzazione o
manomissione a Roma.
2. Cittadino per nascita: il figlio generato da matrimonio regolare (iustae nuptiae) o fuori dal matrimonio,
da madre romana.
3. Cittadino per naturalizzazione: lo straniero (peregrinus) cui fosse data la cittadinanza e il latino che, in
base allo ius migrandi, avesse stabilito domicilio a Roma.
4. Cittadino per manomissione: il liberto (diritto di voto nelle 4 tribù urbane).
Il cittadino maschio adulto di qualsiasi estrazione sociale poteva quindi una volta all’anno eleggere i magistrati e
più volte esprimersi sulle cause capitali e sulle leggi. Vigeva una sorta di democrazia diretta.

Assemblee del popolo. Le assemblee erano di vario tipo, convocate da un magistrato nei giorni comiziali e
confermate dagli auspici. Modo di votazione: ognuna delle unità di voto o collegio in cui era ripartito l’elettorato
(a seconda delle assemblee, curie, centurie, tribù) si esprimeva una volta raggiunta la maggioranza interna: la
somma di tali maggioranze decideva quindi il verdetto. Mancanza, però, di un quorum, un numero legale
minimo.
Si votava sempre e solo a Roma: c’era una prevalenza numerica dei residenti nell’Urbe sugli altri, riuniti in
momenti precisi dell’anno. Il voto, fino alle riforme del 139, era palese e non scritto. Il procedimento di voto
poteva essere interrotto da un veto magistratuale, improvvisi segni celesti sfavorevoli, o dalla dichiarazione che
si stavano ancora osservando i segni del cielo.

Comitia curiata. L’assemblea delle tribù gentilizie, organizzate per curie, si fa risalire a Romolo; non si sa se in
essa fossero presenti dei plebei. In età repubblicana si specializza sugli atti relativi allo stato di famiglia
(testamenti, passaggio di un capofamiglia ad un’altra famiglia, rinuncia al culto familiare per passaggio ad altra
famiglia). Tuttavia, in età tardorepubblicana, si esprimevano solo simbolicamente, rappresentate da 30 littori.

Comizi centuriati. C’era una forte connotazione oligarchica per il peso delle classi più elevate. Questa assemblea
era convocata dai consoli, pretori e dittatori:
1. Votava le leggi
2. votava le dichiarazioni di guerra
3. si pronunciava sulle cause capitali
4. eleggeva: consoli, pretori, censori.
Il luogo di riunione era il Campo Marzio, perché rappresentava il popolo in armi ed era esterno al pomerio.
- Data storica della creazione di questa assemblea: incertezze (si attribuisce la creazione a Servio Tullio).
- I comizi centuriati sono stati soggetti a cambiamenti: c’è stata una poco conosciuta riforma, risalente alla metà
del III sec. Inoltre, anche Cicerone nel De republica (scritta tra 55 e 51 ma ambientata nel 129), parla di un
aumento delle classi di censo.
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241 forse ci fu una riforma poiché in quell’anno si raggiunse il numero definitivo di 35 tribù territoriali, che
avrebbero creato una sorta di corrispondenza numerica con le 70 centurie della I classe.
Però incertezza per quanto riguarda la situazione socio-economica per cui non si conosce con esattezza la
struttura della società romana.
- Voto progressivo a scendere tra le classi sino al raggiungimento di una maggioranza assoluta delle stesse. Per
votare, il voto di ogni centuria era deciso dai suoi appartenenti, che individualmente comunicavano agli
scrutatori la propria risposta.

Comizi tributi e la suddivisione dell’ager romanus in tribù. Sempre a Servio Tullio si fa risalire la suddivisione
della popolazione dell’Urbe in tribù territoriali. Questo diede origine, in epoca successiva, ai comizi tributi, la cui
esistenza storica è testimoniata per la prima volta nel 447.
- Convocata da consoli, pretori e edili curuli
- Vota le leggi al pari dei comizi centuriati
- Si pronuncia sulle multe e sui giudizi capitali
- Elegge edili curuli e questori.
Come per i comizi curiati e i comizi centuriati, la logica era quella delle unità di voto, ma in questo casi si
avvicinano maggiormente a un collegio, avendo connotazione geografica.
Le tribù urbane, cui erano assegnati anche i liberti, rimasero sempre 4; con l’espansione furono organizzate
nuove tribù rustiche, sul territorio romano. 495 > 17; 387 > 4; 241 > 31. Quindi il territorio romano si presentava
con collegi elettorali a “macchia di leopardo”.
I residenti nelle località vicine a Roma fossero presenti nella maggioranza delle tribù. Anche chi, vivendo
nell’Urbe, aveva origini e proprietà terriere nell’Italia peninsulare, cercava di farsi inscrivere in una delle tribù
rustiche dove il suo voto aveva un certo peso, piuttosto che nelle popolari tribù urbane (poveri e liberti).
Sbilanciamento per coloro:
a) Che vivevano a Roma ma avevano proprietà altrove, quindi i ricchi;
b) Che vivevano nelle vicinanze e quindi potevano spostarsi facilmente;
c) Che pur vivendo lontano potevano spostarsi magari accompagnati da schiere di clienti, quindi i ricchi;
d) Che erano recentemente immigrati e, non ancora censiti, potevano votare nella tribù di appartenenza.
Era penalizzata la numerosa plebe urbana.
Luogo di riunione era, nel caso delle assemblee legislative e giudiziarie, il Foto e le zone vicine.

Il concilium plebis. Era l’assemblea della plebe (concilium < cum calo, ‘chiamo insieme’), che funzionava allo
stesso modo dei comizi tributi.
- Convocati dai tribuni
- Votavano i plebisciti (a partire dal 287 costituivano la maggioranza della legislazione romana)
- Elegge i tribuni e gli edili plebei
- Non vi erano ammessi i patrizi

Lex publica. la legge “è una qualunque norma positiva che regola l’operato umano in modo obbligatorio”. Sino al
287 era distinta dal plebiscito.
Prodotta dal magistrato proponente (rogator) e dal popolo, che ratificava con un voto à lex rogata.
Se la legge era direttamente imposta dal potere magistratuale (concessione della cittadinanza a singoli,
l’ordinamento di una colonia o municipio o provincia) à lex data
Da un certo momento in poi il progetto era reso pubblico con l’affissione (promulgatio) ed era inalterabile. Tra
affissione e votazione doveva intercorrere un lasso di tempo, così si poteva spargere la notizia e potevano avere
luogo le assemblee informative (contiones) formalmente convocate dal magistrato.
La legge iniziò ad essere designata dal nome gentilizio del magistrato proponente; solo quelle consolari
presentavano l’indicazione del collega.
- Intestazione (praescriptio)
- testo (rogatio)
- disposizioni (sanctio)
Il senato poteva sempre cassare una legge: per il mancato rispetto di auspicia, obnuntiatio, intercessio, trinum
nundium, o se era stata votata riunendo nella stessa materie diverse o con la violenza (per vim).
Le leggi di maggiore importanza sono incise su bronco ed esposte sulle pareti di strutture templari.

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Il misterioso processo comiziale. Per la prima età regia e la prima età repubblicana non era chiaro come
operassero il rex o i magistrati. si sa che, tra il 509 e il 300, gli imputati accusati di pena capitale potevano
appellarsi alla provocatio di fronte ai comizi centuriati. Ci sono critiche per chi considera che con le leggi delle XII
Tavole si potessero esprimere, in caso di giudizio capitale, solo i comizi centuriati. In realtà questo istituto si è
formato solo un secolo dopo.
Ipotesi per quanto riguarda il processo comiziale:
a) un giudizio intentato dai magistrati di fronte al popolo;
b) un giudizio nel quale era il popolo a poter esprimere da subito un parere vincolante;
c) un giudizio popolare limitato all’appello.
Qual è l’ambito di applicazione del processo comiziale? Non si sa se fosse solo politico o esteso anche ai delitti
comuni.
In ogni caso si era lontani dal concetto di separazione dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. Roma era
invece più attenta all’equilibrio stra istituzioni e corspo sociale, e il meccanismo del processo comiziale ne è la
prova.

2.3.2 Le magistrature
(Fonte: Cicerone, Le leggi) Per i romani i magistrati erano i governatori del popolo. Non tutte le cariche avevano
lo stesso peso. L’ascesa politica del singolo seguiva un percorso definito (cursus honorum), stabilito prima dalla
consuetudine, e poi da alcune normative: 367 e 180: età minime per le singole cariche e un intervallo di 2 anni
tra edilità, pretura e consolato.
La critica ha diviso le magistrature in:
- Curuli: dotate della sella curule: censura, dittatura, consolato, pretura ed edilità curule.
- Non curuli;
Altra divisione:
- Ordinarie e permanenti: consolato, pretura, edilità, tribunato della plebe, la questura:
- Ordinaria ma non permanente: censura (attiva a fasi alterne e per periodi variabili, ma stabilizzata a un
certo punto in un incarico di 18 mesi ogni 5 anni)
- Straordinaria: dittatore (non eletta dal popolo, ma nominata da consoli e sanato, in carica per soli 6
mesi)

Consolato. La coppia di magistrati maggiori ed eponimi nacque nel 509, eletta ogni anno dai comizi centuriati,
anche se risulta stabile solo dal 367. Essi, dal 153 aC, entrano in carica all’inizio di ogni anno solare (1° gennaio).
- I potenziali candidati erano in origine patrizi; solo nel 367 fu ammesso un plebeo; solo nel 172 si ebbe
una coppia interamente plebea.
- Il loro potere collegiale (quindi con diritto di veto reciproco) si compendiava nei termini di potestas (la
capacità di esprimere con la propria volontà quella dello Stato) e imperium (la supremazia nello stato,
nei confronti del cittadino, del corpo politico e dei soldati).
- Spettava il potere militare e inizialmente anche la responsabilità dell’ordine interno e della giurisdizione
(poi passato ai pretori e in minor parte agli edili curuli), nonché il censimento (poi passato ai censori).
- Il potere paritario tra colleghi (reso esplicito dai 12 littori) era suddiviso in origine a mesi alterni; in
seguito l’uso si mantenne anche se la collegialità si rafforzò.
- Militarmente: prassi di comandare a giorni alterni, ma secondo la tradizione questa fu una delle cause
della sconfitta di Canne (216). Quando Roma si trovò a combattere su più fronti, i consoli si divisero le
sfere di influenza.

Pretura. Era il secondo per importanza.
- Praetor forse era in origine uno dei termini con i quali si indicava il console.
- Il pretore nasce come magistratura repubblicana nel 367.
- Inizialmente riservata ai patrizi (forse anche per controbilanciare il potere del console plebeo appena
ammesso) doveva occuparsi di questioni giudiziarie. Primo pretore plebeo: 337.
- Eletta dai comizi centuriati
- Rispetto ai consoli aveva imperium inferiore, ma attiva in ambito militare.
- Il numero dei pretori crebbe con l’espansione di Roma nel Mediterraneo, con l’accrescersi delle
esigenze amministrative e belliche e con l’aumento dei rapporti commerciali tra romani e stranieri. Nel

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242: praetor urbanus e praetor peregrinus. Dopo la nascita della provincia di Sardegna e Corsica (237), i
pretori divennero 4, e poi 6 (197) per la creazione delle due provincie spagnole.
- Processo civile: si passa dall’uso delle rigide formule arcaiche dei negozi giuridici all’uso di formule
istituite appositamente à contribuisce alla laicizzazione del diritto civile (con opera di Gneo Flavio 304).
- Emerge un altro tipo di diritto (ius honorarium). Il modo di procedere in base a una formula era reso
pubblico negli editti (edicta), esposti al pubblico e in vigore per l’intero anno della magistratura.
- Il pretore aveva competenza solo per Roma e per l’Italia.
- A partire dal 171 si affermarono, per processare i governatori provinciali accusati di concussione: giurie
per la restituzione (quaestiones repetundarum) divenute poi permanenti e dal 123 criminali.

Proconsolato e propretura. Nella media e tarda repubblica si afferma la pratica della proroga del comando,
prorogatio imperii. Il primo caso si ebbe nel 327-326, seguito da altri durante la prima e la seconda guerra
punica.
La proroga era sancito da un plebiscito, successivo a senatoconsulto, ma poiché il senato si impose
nell’assemblea popolare, dalla fine del II secolo era sufficiente solo il senatoconsulto: potente mezzo di
controllo. Provincie di Macedonia (146) e Africa (146) i promagistrati andarono a governarle, sostituendo i
magistrati annualmente eletti.

Edilità. La terza magistratura per importanza.
- Era senza imperium, composta da 2 magistrature distinte, che non formavano mai un collegio.
- L’edilità plebea nasce già nel 494, in subordine al tribunato, con il compito di sorvegliare i templi della
plebe, amministrarne le finanze e contribuire a esercitare funzioni giudiziarie.
- Eletti dal concilium plebis presieduto dai tribuni. Nel 449 avrebbero ottenuto, insieme ai tribuni,
l’inviolabilità personale.
- 367: si aggiungono ai 2 edili plebei altri 2: curuli e patrizi, eletti dai comizi tributi.
- Compiti:
sorvegliare la città, i mercati, i commerci
assicurare gli approvvigionamenti granari
potere giurisdizionale nelle cause nate nei pubblici mercati
gestivano i giochi pubblici (la loro buona conduzione, sostenuta di tasca propria, era un trampolino di
lancio per la successiva carriera politica)

Tribunato della plebe.
- Eletto ogni anno dai concilium plebis ed entrava in carica il 10 dicembre.
- 2 tribuni originariamente, he aumentarono per raggiungere il numero definitivo di 10 già nel 457.
- La critica lo considera una “non magistratura” per le sue particolarità: la sua stessa nascita nel 494, fu
connessa a un evento rivoluzionario: la prima secessione della plebe.
- Inviolabilità personale
- Iux auxilii: possibilità di soccorrere un cittadino contro l’azione di un altro magistrato;
- Diritto di veto verso le proposte di legge, esercitabile anche contro i magistrati maggiori (tranne i
censori e il dittatore).
- Diritto di multare e arrestare chi si fosse comportato scorrettamente nei confronti dei singoli o della
collettività (ius coercitionis).
- solo verso la fine del III secolo i tribuni furono ammessi ad assistere alle riunioni senatorie e poi
regolarmente cooptati nel consesso.
Cicerone li mette in parallelo ai 5 efori della politica spartana, opposti ai consoli.
Ci sono divergenze interpretative che dimostrano che è impossibile separare critica storica e letture teorico-
politiche.
- Machiavelli (1531): i tribuni avrebbero reso possibile la mediazione tra gli ordini.
- Russeau (1762): i tribuni della plebe come commissari del popolo.
- Mommsen (1871-87): il tribunato della plebe sarebbe stato reso uguale alle altre magistrature.

Questura e magistrature minori. La questura era la prima tappa importante del cursus honorum. Nati forse nel
509, erano in origine 2. Dal 447 cominciarono ad essere eletti dai comizi tributi; dal 409 ammessi anche i plebei.
Nel 421 divennero 4 > poi 8.

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- Funzioni varie con l’accrescere del numero.
- 2 urbani restavano in città a custodire il tesoro pubblico, l’erario (aerarium).
- Quello di Ostia controllava l’afflusso di grano a Roma;
- Altri sorvegliavano gli acquedotti;
- altri affiancavano i comandanti amministrando finanziariamente le legioni;
- altri erano ausiliari amministrativi dei governatori delle provincie.
- Entravano in carica il 5 dicembre.

Al di sotto vi erano una serie di magistrati minori, in origine nominati dai maggiori e poi gradualmente eletti dai
comizi tributi. 5 collegi:
1. IIIviri capitales: funzioni di polizia, sorveglianza notturna e controllo sulle esecuzioni capitali;
2. IIIviri monetales, incaricati di esercitare la giurisdizione su alcune città campane;
3. Xviri litibus iudicandis, che presiedevano i giudizi per questioni di libertà di cittadinanza;
4. IVviri viis in urbe purgandis
5. IIviri viis extra urbem purgandis

Censura. Nasce nel 443. La sua principale funzione era quella di tenere il censo di Roma, fino al 459 affidato ai
console
- I due colleghi erano eletti, tra gli ex consoli, dai comizi centuriati.
- Era la magistratura più prestigiosa, con potestas importante ma senza imperium.
- Non era soggetta al veto.
- 339, obbligo di eleggere un censore plebeo. Nel 265 fu proibita l’iterazione della carica; nel 131 si ebbe
la prima coppia di censori plebei.
- È una magistratura ordinaria perché iniziò a presentarsi a scadenze regolari (ogni 5 anni), ma non
permanente, perché la durata del mandato fu fissata, nel 434, in soli 18 mesi.
- In tale arco di tempo i due censori dovevano convocare tutti i cittadini maschi adulti e registrarne le
dichiarazioni;
- un sacrificio di purificazione, lustrum (che andò poi ad indicare un periodo di 5 anni) costituiva la
cerimonia di chiusura del loro operato.
- Potevano colpire con una nota di biasimo, nota censoria, i singoli cittadini, per il loro comportamento
pubblico o privato. Il controllo era più rigoroso per i personaggi più in vista, che potevano essere radiati
dall’ordo senatorium o equestre. Giudicavano anche i senatori.
- Sovrintendenza sui contratti statali: opere pubbliche e i terreni da cultura da mettere a canone e, dal
172, l’appalto della tassazione sullo sfruttamento dell’ager Campanus. Supervisione edifici pubblici e
delle strade.

Dittatura. Era la magistratura straordinaria per eccellenza, già presente in età monarchica nella figura del
magister populi.
- Secondo la tradizione il primo dittatore si ebbe nel 501 o nel 489.
- Dal 356 la carica si aprì ai plebei e dal 321 si restrinse agli ex consoli.
- Il dittatore era nominato (dictus) da uno dei consoli, e su indicazione del senato, in momenti di grande
pericolo. Non era eletto dal popolo, che si limitava a ratificare una lex de imperio.
- Per soli 6 mesi egli deteneva tutti i poteri, civili e militari, anche all’interno del pomerio. Le altre
magistrature rimanevano in vita, ma in posizione subordinata: si ritiene che neppure i tribuni potessero
esercitare veto nei suoi confronti.
- Designava il suo ausiliare, il magister equitum, attivo anche nell’amministrazione della giustizia.
- Timore che la dittatura potesse costituire la premessa per la monarchia: dopo un intenso ricorso ad esso
durante il conflitto patrizio-plebeo e le guerre del IV secolo, nel III secolo fu riproposta solo nei momenti
cruciali delle guerre puniche (249 e 217-216). Per poi scomparire nel II secolo.
- La critica ha assunto posizioni discordanti dalla tradizione, che parlano di una figura che doveva
affrontare un pericolo generico; invece avrebbe avuto una valenza politica o militare. Montesquieu e
Russeau la interpretano in modo positivo.
- Erano previste dittature per svolgere funzioni minori: per esempio organizzare i comizi e officiare i
giochi pubblici.

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I sacerdoti. In età repubblicana ebbero solo qualche differenza numerica rispetto all’età monarchica. Furono
riuniti in 4 collegi:
1. Pontefici (presieduto dal pontefice massimo e comprendente pontefici, flamini, rex sacrorum e vestali)
2. Auguri
3. Xviri preposti alla consultazione degli oracolari libri Sybillini
4. VIIviri preposti ai banchetti sacri.
Nel 300 un plebiscito stabilì che 5 auguri e 4 pontefici dovessero essere plebei. Alla fine del III secolo, la nomina
del pontefice massimo sarebbe stata affidata a 17 tribù estratte a sorte.

2.3.3 Il senato
“Senato” è il termine che viene usato oggi per indicare, in un contesto parlamentare bicamerale, la camera alta,
la pi prestigiosa ma generalmente la meno influente. Direttamente ispirato al modello di Roma è stato il primo
senato moderno, quello degli Stati Uniti (1789).
Nell’Urbe, era invece l’unico consesso che raccogliesse l’insieme dei personaggi politicamente autorevoli. Nato
in età monarchica come assemblea dei patrizi consiglieri del re, in età repubblicana andò ad acquistare
importanza, grazie soprattutto al ruolo di guida assunto nel corso delle prime due guerre puniche. Il numero
canonico di 300 membri si mantenne fino a Silla.
Inizialmente per entrare nel consesso valeva la designazione, sia regia che magistratuale; a partire dalla fine del
V secolo, il consiglio era composto dagli ex magistrati curuli. Nel 318 o 312 entrano a farne parte gli ex magistrati
in attesa della lectio. Edili furono ammessi nel 206 e i tribuni tra il 149 e il 102. Il senato finisce ad accogliere tutti
coloro che erano stati eletti in una magistratura dal popolo omano.
Struttura gerarchica: consulares (ex censori, ex dittatori, ex consoli), praetorii, aedilicii curules, aedilicii plebeii,
tribunicii, quaestorii. L’ordine era per anzianità di carica; il più anziano del rango maggiore era il princeps,
‘primo’.
L’assemblea poteva essere convocata dal dittatore, dal magister equitum, dai consoli, dai pretori, dai tribuni,
dall’interré o dal prefetto urbano.
Aveva ampia possibilità di riunione, sia a livello di calendario sia a livello di sede. In età repubblicana si segnalano
16 diversi luoghi consacrati (templum), scelti per il loro valore simbolico, sia fuori che dentro il pomerio; sede
per eccellenza era la Curia Ostilia.
Presidente della seduta: il magistrato che la convocava. Il parere del senato, senatusconsultum, non vincolante
legalmente ma obbligante politicamente, era in genere votato per divisione, raccogliendosi in due gruppi.
Ostruzionismo facilitato per mancanza di tempo limite agli interventi e obbligo di concludere prima del
tramonto.
Pochissimi casi attestati nei quali fu espressa la necessità di un quorum.
- esprimere un parere (successivo o preventivo) sulle decisioni delle assemblee (obbligo venuto meno solo verso
il 133 e poi reintrodotto per breve tempo da Silla.
- confermare la validità formale delle votazioni assembleari.
- eleggere l’interré.
- decidere sulla nomina del dittatore e sulle altre misure straordinarie.
- assegnare le provincie ai futuri governatori.
- esprimersi su questioni amministrative civiche o provinciali e sul tradimento di cittadini o alleati.
- autorità assoluta nei rapporti internazionali, garantendo una continuità politiva.
- controllava l’erario.
- fissava la tassa sul cittadino (tributum, introdotto nel 406 ed eliminato nel 167)
- gestiva le terre pubbliche, le spese dei questori e dei censori per le opere pubbliche e i rendiconti finanziari di
magistrati e promagistrati.
- decideva la creazione di colonie.
- poteva esprimersi in materia di culto pubblico, accanto ai collegi religiosi.
Quaestiones extra ordinem: commissioni di inchiesta sui reati contro l’ordine pubblico

2.3.4 L’organizzazione dell’Italia conquistata

1. Dalle origini ad Annibale.
Roma preferì non annettere territori di conquista, ma stipulare trattati (foedera). Le lotte dei secoli V e IV
resero necessario un lento adeguamento istituzionale; si crearono così nella Penisola, tre zone distinte: Ager
Romanus, agere Latinus e ager Italicus.
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Ager Romanus. Era il territorio romano a tutti gli effetti.
1. organizzato dal 381 nella struttura dei municipi (municipia), cioè i centri urbani annessi. Mantenevano
ordinamenti diversi, prevalentemente quelli originari; potevano garantire ai loro abitanti che si recassero a
Roma per il diritto di voto, optimo iure, oppure no, sine suffragio (condizione peculiare che si verificava fuori
dall’antico Lazio. Non potevano avere una “politica estera”.
2. Nei territori abitati dai romani ma non urbanizzati vi erano centri di aggregazione, che potevano essere
assegnati (adtributi) a un centro vicino maggiore, o amministrati da un prefetto con responsabilità
giurisdizionali.
3. Creazione particolare, sempre nell’ager romanus, erano le colonie romane (coloniae Romnae). Sono ristrette
fondazioni, ex novo, di strutture civiche e urbane, prima per senatoconsulto e in seguito per plebiscito. Sono
organizzate da magistrati appositamente eletti, ricevevano una lex data ed erano costituite in genere da 300
coloni, cittadini maschi adulti, e modellate sulla costituzione dell’Urbe, con due magistrati maggiori (IIviri) e un
senato locale.
Ai singoli, su terre preparate da un lavoro agrimensorio e divise in reticoli (centuriatio), erano ceduti lotti di 2
iugeri: questo fece sì che la pratica fosse poco appetibile.
Le colonie romane precedenti ad Annibale, poco più che una decina, erano tutte marittime (Ostia o Fregenae).

Ager Latinus. Era il territorio latino, dapprima definizione geografica ed etnica, poi giuridica. La latinità aveva
infatti il significato di status privilegiato, sancito dal Foedus Cassianum: dalla fine del III secolo fu concessa la
cittadinanza romana a chi rivestisse una magistratura locale, nelle colonie e anche nelle città latine.
1. Coloniae Latinae erano le strutture più importanti, fino al 338 della Lega Latina e poi passate a Roma. Formate
da romani che rinunciavano alla propria cittadinanza e da latini: a entrambi erano garantiti la cittadinanza latina
e i diritti concessi dal foedus Cassianum.
- Duoviri e senato locale.
- costruite in genere sull’entroterra, in zone confinanti con i nemici, ebbero prima scopo difensivo, e poi socio-
economico (sistemare la plebe urbana). I singoli lotti, di 20 o 40 iugeri, erano ben più ampi rispetto a quelli delle
colonie romane.
- create più di 30 prima di Annibale.

Ager Italicus. Territorio degli alleati, socii, legati a Roma da trattati particolari; ogni città alleata (civitatis
foederata) seguiva una sua regola.
Tutte le comunità in rapporti con Roma dovevano fornire contingenti militari.

2. Da Annibale ai Gracchi
Annibale tentò di separare Roma dagli alleati; il sistema, invece, resse, ma da quella dura prova non uscì
completamente indenne.
Dopo la vittoria romana, la conquista riprese: punizioni e confische per i ribelli dell’Italia meridionale (come
Capua); fondate più di 10 nuove colonie romane marittime; colonie romane create nell’entroterra (Mutina o
Parma); colonie latine nuove (Copia, Vibo, Bononia, Aquileia, Luca); conquista della Cisalpina nel 190: rinforzi alle
colonie latine di Cremona e Piacenza.

2.3.5 Le provincie, i publicani, il senato e le quaestiones de repetundis.
Il termine provincia, originariamente “sfera di competenza di un magistrato”, passa a indicare, dopo la II guerra
punica, il territorio extraitalico da esso amministrato.

L’organizzazione dei territori conquistati.
Una provincia, zona di conquista sottoposta a tributo e a sfruttamento economico, era organizzata dal
magistrato conquistatore, con una lex data, in seguito ratificata dal senato. Essa stabiliva la suddivisione del
territorio in circoscrizioni amministrative, e il grado di autonomia delle città esistenti. Condizioni varie stabilito in
base all’atteggiamento tenuto nei confronti del vincitore. Le comunità straniere (peregrinae) riconosciute erano:
- Quelle garantite da un patto duraturo, su modello dei rapporti con i socii italici (liberae et foederate).
- Quelle garantite da una legge revocabile (liberae et immunes).
- Quelle sottoposte tassazioni (stipendiarie).

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Il resto della popolazione era formato da persone libere ma non incorporate (dediticii), le cui istituzioni non
erano riconosciute e le cui terre erano ridotte in ager publicus. La fondazione di colonie nelle zone di ager
publicus e la concessione ad altre città dello status municipale favorirono comunque la romanizzazione.
Governatori delle provincie: avevano potere assoluto.
- Pretori: avevano funzione di imperium e potevano guidare l’esercito à a capo delle provincie.
- Prorogatio imperii: creata con la conquista delle provincie successive (Macedonia e Africa), cioè un proconsole
e un propretore aiutati da questori e funzionari.

La fiscalità dei territori conquistati e la nascita dei publicani.
Anche la proprietà del suolo e l’esazione tributaria rispondevano a condizioni molto varie.
- in Sicilia si adottò il sistema attribuito a Gerone II di Siracusa basato su una percentuale dei raccolti; altrove
avrebbe invece avuto un’imposizione fissa.
- Parte del suolo, annessa come ager publicus, era data da sfruttare a privati o appaltata alle società di
pubblicani, cui più tardi su affidata la raccolta delle imposte. La ragione principale dello sviluppo di queste
societates era che la Roma repubblicana non aveva un apparato burocratico sufficiente a gestire i propri domini.
Queste compagnie, formate da cavalieri, in virtù dell’ingente capitale liquido dei socii, riusivano ad appaltare non
solo le imposte, ma anche commesse di vario genere. potevano anche agire al di fuori dei domini romani. I
pubblicani spingevano a favore di scelte imperialistiche nella tarda repubblica, periodo della loro maggiore
influenza.

I processi ai governatori
Questi interessi, sommati al potere assoluto dei governatori, che rendevano conto solo al senato, danno vita a
situazioni di abuso à si affermano a partire dal 171 i processi per restituzione quaestiones repetundarum.
Ispirati al procedimento privato, erano promossi su richiesta dei provinciali dal senato, da cui proveniva sia la
corte giudicante sia il rappresentante dei non romani. Il pretore organizzava il processo. Il verdetto era
inappellabile.
Tuttavia sorge la necessità di formare tribunali permanenti, quaestiones perpetuae.

L’imperialismo romano come problema storiografico.
Fase imperialistica di Roma: tra la prima guerra punica (264-241) e la conquista cesariana delle Gallie (52). Inizia
poi un lento declino con la morte di Traiano (117 dC).
Il termine imperialismo nasce in ambito inglese o francese a metà del XIX secolo, e indica la tendenza
all’espansione aggressiva, da parte di entità di tipo statale, in chiave territoriale e economica.
- Mommsen (1884): imperialismo romano come ordinamento, civilizzazione e forma di autodifesa, con la
capacità di mediare e includere.
- Harris (1979): espansionismo dettato dalla concorrenza all’interno di una classe dirigente in cerca di
autoaffermazione.
- Oggi, studi postcoloniali: Bénabou (1976) critica al concetto di romanizzazione, che ha spostato i termini del
problema, in una cornice di fondo che tende a considerare l’impero romano come multiculturale e la storia di
Roma come una storia del Mediterraneo.

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3. Fenomenologia di una crisi: dai Gracchi ad Azio (133-31 aC)
3.1 Consolidamento dei personalismi e degenerazione del sistema

La tarda repubblica (res publica) fu segnata dall’ascesa d’individualità, anche militari, e dal sistematico declino
delle istituzioni, non più in grado di gestire un impero in drammatica espansione. La crisi fu caratterizzata, più
che da innovazioni costituzionali, dalla forzatura di meccanismi preesitenti: l’approccio qui sarà di tipo
evenemenziale.
La cesura con l’età precedente, segnata dall’imporsi della violenza politica, fu sottolineata dagli antichi: Appiano
scrive che prima gli scontri riguardavano dissensi e liti nell’ambito delle leggi, ma con Tiberio Gracco ci furono
tumulti che colmarono con la sua uccisione.
Le cause tuttavia sono controverse: Appiano definisce l’uccisione di Tiberio Gracco come “un crimine”, altre fonti
hanno invece analizzato come proprio i Gracchi abbiano inquinato la situazione, stravolgendo la secolare
concordia interna.
Nelle istituzioni ci furono mutamenti numerosi ma mai definitivi: la classe senatoria era divisa e assisteva al
proprio declino, lacerata da conflitti e segnata dalla collusione con i cavalieri, che detenevano parte del potere
economico e la totalità di quello finanziario. La cittadinanza era divisa tra una sempre più numerosa plebe
urbana e un’aggressiva massa di soldati e una distaccata popolazione rurale italica.

1. Dai Gracchi a Silla
2. Dalla crisi della costituzione sillana a Cesare
3. Dalla morte di Cesare al trionfo di Ottaviano presso Azio

3.2.1 Dai Gracchi a Silla
- Distribuzione agraria
- Professionalizzazione dell’esercito (che diventa strumento di lotta politica)
- Cittadinanza agli italici (concessa dopo la guerra sociale)
- Le lotte all’interno della classe dirigente per il controllo delle giurie de repetundis, delle provincie e della
politica estera.
- La dittatura di Lucio Cornelio Silla, concepita per restituire stabilità alle istituzioni e autorità al senato,
produsse riforme dagli effetti controversi.

Tiberio e Caio Gracco. La questione graccana si legò alla crisi dei piccoli e medi coltivatori. I più ricchi si erano
impadroniti delle terre di coloro che erano stati costretti a combattere guerre o che in generale non erano in
grado di reggere la concorrenza dei nuovi tipi di sfruttamento del suolo. Favoriti da
à approvvigionamento granario dalla Sicilia, (invece le terre della Penisola avevano cominciato a
produrre vite e olivo e allevamento)
à strutture latifondistiche con manodopera a basso costo
i grandi proprietari avevano occupato una grande porzione di ager publicus, a sua volta accresciutosi in seguito
alle requisizioni ai danni degli alleati ribellatisi durante la seconda guerra punica. Occupazioni che avvenivano:
corresponsione di un canone o a titolo gratuito o in seguito ad abusivismo.
Il progetto di restringere, ai latifondisti, la possibilità di usare l’ager publicus fu concepito all’interno della
vecchia nobilitas: lo mise in atto Tiberio Sempronio Gracco, tribuno nel 133. Le fonti lo dipingono come un
politico sensibile alle esigenze dei poveri ma anche attento alla classe dirigente.
1. una sua proposta di legge, che una tradizione sospetta ripresa dalle leggi Licinie-Sestie, limita il
possedimento dell’ager publicus e 500 iugeri per pater familias, più 250 iugeri per figlio maschio, con un
totale di 1000 iugeri. Questa parte si sarebbe trasformata in un possesso stabile.
2. crea una commissione di Tresviri per recuperare i terreni in eccesso da distribuire tra i poveri in lotti,
inalienabili, di 30 iugeri.
Solo dopo la Rivoluzione francese si diffonde la consapevolezza che le terre oggetto delle leggi agrarie romane
erano pubbliche, e non private.
La proposta di legge di Tiberio riscosse successo. Però gli avversari indussero un tribuno a opporre il veto. Tiberio
supera l’ostacolo proponendo la deposizione del tribuno.
à questo gesto da un punto di vista costituzionale: sottintende per il tribunato della plebe una sorta di carattere
rappresentativo (estraneo al concetto di magistratura).

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Difficoltà però per la commissione incaricata di applicare la legge: mancanza di catasti attendibili; necessità di
affrontare una serie di privilegi riconosciuti agli alleati, che era una materia di competenza senatoria.
Tiberio usa i beni in eredità del re di Pergamo Attalo III. Questo suscitò il sospetto, dal senato, che Tiberio
aspirasse alla monarchia.
Per la continuità era necessario farsi rieleggere l’anno successivo: Tiberio doveva fare i conti con l’obiezione che
non fosse possibile reiterare le magistrature (vedi legge del 180), in più la sua base politica, la plebe nei campi,
non era facilmente mobilitabile in quel periodo dell’anno (in estate c’erano i lavori nei campi).
Scontro che provocò la morte di Tiberio e di molti suoi seguaci.
Il fratello Gaio continuò l’azione di Tiberio, con un tibunato nel 123.
1. Plebiscito frumentario (lex frumentaria) che garantì una quantità mensile di grano a prezzo politico ai
cittadini maschi adulti residenti nell’Urbe.
2. Plebiscito che addossa allo Stato la spesa delle vesti dei soldati, vietando arruolamento dei minori di 17
anni (dopo la sconfitta di Canne).
3. Chiude le giurie dei tribunali ai senatori, aprendole ai cavalieri.
4. Assegna ai pubblicano, per 5 anni e su appalto censorio, la riscossione delle imposte della nuova
provincia d’Asia, costituita sul regno di Pergamo.
5. Rinnova le misure prese dal fratello, con la costruzione di strade e creando colonie romane (un amico e
collega ottiene la deduzione di una colonia a Cartagine).
6. Plebiscito sulle garanzie del cittadino (de capite civis), che ribadiva il diritto di provocatio e che rendeva
obbligatorio, per l’istituzione di quaestiones extra ordinem capitali, un plebiscito apposito.
7. La designazione senatoria delle provincie consolari deve avvenire prima delle elezioni consolari, per
evitare favoritismi, e rendeva impossibile il veto della stessa.
8. Plebiscito Acilio che inasprì le pene repetundarum e crea il primo vero e proprio tribunale capitale
permanente, permettendo al provinciale di agire in prima persona e limitando le possibilità di scelta dei
giurati.
9. Propone estensione della cittadinanza romana ai latini e la concessione del diritto latino agli alleati.
10. Proposta di iniziare il voto nei comizi centuriati con una centuria prerogativa estratta a sorte non già
dalla I classe, ma da tutte.
Gli ultimi due progetti furono però bloccati dai colleghi.
Gaio muore durante le concitate elezioni del giugno 121: il senato votò un provvedimento inedito, un
senatoconsulto ultimativo che sospese l’inviolabilità tribunizia e la provocatio: i consoli ottennero così l’incarico
di difendere la repubblica.
Fu stroncata la fazione graccana, ma non l’intero programma: frumentazioni furono limitate ma non sospese; la
liberazione dai vincoli d’inalienabilità del terreno già assegnato vanificò la riforma agraria, agevolando il ritorno
del latifondo.

Populares, optimates e interpretazioni storiografiche. A partire dall’epoca graccana, la classe dirigente di Roma
si divise in due schieramenti, dando vita a un conflitto che avrebbe avuto fine solo con la caduta della
repubblica.
I Populares erano i politici più attenti al popolo e sensibili alle sue esigenze. Legati alla più dinamica classe dei
cavalieri, mirano al cambiamento, facendosi promotori della cittadinanza per gli italici, dalle assegnazioni
terriere, dalla remissione per debiti e di quanto limitasse le prerogative senatorie su giustizia e politica estera.
Gli Optimates (i migliori) potrebbero essere considerati i conservatori. Tuttavia ci sono dei limiti a questa
definizione, poiché la riforma graccana era ricca di spunti conservatori. Gli ottimati tendono a tutelare i privilegi
dei grandi proprietari terrieri e la centralità delle prerogative senatorie.

Ma ci sono davvero ideologie di fondo vere e proprie in questa distinzione? Cicerone stesso pare andare in
direzione opposta: da una parte nella Difesa di Sestio parla di un’ideologia di fondo, dall’altra ci sono altre fonti
dalle sue opere che sottolineano basi clientelari della politica romana.
L’originaria visione ideologica è stata negata nel clima culturale dell’”elitismo”, dove la politica romana è stata
vista come una competizione tra nobiles, sostenuti dai propri clienti. Millar, però individua invece elementi
democratici: il popolo, tutelato dai tribuni, era libero di esprimersi in maniera referendiaria sulle leggi e poteva
interagire con i politici nelle assemblee contiones. Mediazione in chiave sociologico-comunicative: quello
clientelare sarebbe un rapporto da considerare in maniera dinamica, alimentato da un’oligarchia che
monopolizza gli strumenti della comunicazione politica.

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Mario e l’emergere dell’elemento militare. I cavalieri giungono a dominare la scena politica in occasione della
guerra di Numidia (111-105), da loro voluta a seguito di una strage di commercianti italici, avvenuta a Cirta. Il
conflitto fu però condotto timidamente dai generali ottimati, fino a che si impose il popularis Gaio Mario. Eletto
al consolato nonostante la propria estraneità alla nobilitas (107), ebbe, in base a un plebiscito, il comando delle
operazioni che portò a termine con successo.
- Riforma dell’esercito in senso professionale che rivestì un’importanza anche politica: fece appello ai
volontari, numerosi fra i cittadini più poveri. Spezza così per sempre il legame tra servizio militare e
proprietà. I soldati professionisti (quindi non più distinti in classi di armamento) finiscono per legarsi ai
comandanti, dando loro un sempre maggiore peso politico, sia in ambito elettorale sia minacciando la
“società civile”.
Dal 104 al 100 Mario rivestì il consolato a causa della minaccia delle popolazioni germaniche dei cimbri e dei
teutoni.
La situazione politica interna risultava però incerta:
- 111: una legge agraria colpì la riforma graccana
- 107: introdotto il voto scritto e segreto nel giudizio popolare sulla perduellio
- 106: la legge giudiziaria di Gracco fu attaccata da una normativa che aprì la giuria ai senatori
- 103 una legge abolì la cooptazione per i 4 sommi sacerdozi.
Si afferma allora Lucio Apuleio Saturnino, tribuno nel 103 e nel 100. Durante i suoi due mandati propose diversi
plebisciti, ottenendo la riduzione del prezzo politico del grano, assegnazioni di terre africane di 100 iugeri ai
veterani di Mario, istituì un tribunale per la lesa maestà del popolo romano e la distribuzione dell’ager Gallicus
conquistato da Mario à per rafforzare tale misura chiese anche il giuramento del suo rispetto ai senatori
(procedura non inedita, però rivolta solo ai magistrati in carica). (però la plebe era malcontenta perché da quella
legge ricavavano vantaggio gli italici)
Un senatuscunsultum ultimum assegnò al console Mario di prendere mano alla situazione. La legislazione fu
subito abrogata: nel 98 una legge consolare pose in evidenza il divieto di presentare leggi che comprendessero
materie diverse e la prescrizione del trinun nondium tra promulgatio e votazione.

Druso e la guerra sociale. Dopo un decennio di relativa calma interna, la situazione tornò a complicarsi,
soprattutto a causa del problema degli alleati (socii) italici. Nel 91 il tribuno Marco Livio Druso varò una serie di
plebisciti, per saturam (cioè che comprendessero materie diverse).
1. Uno diminuisce nuovamente il prezzo politico del frumento
2. Riattiva le riforme graccane (agrarie e/o coloniali) però danneggiando gli alleati.
3. Legge giudiziaria: prevede di restituire le giurie ai senatori, ma a condizione che 300 cavalieri fossero
stati cooptati nel consesso.
4. Propone la cittadinanza romana per gli italici.
Questo progetto, capace di modificare i rapporti di forza nel corpo elettorale e indigesto ai ceti dirigenti, anche
degli alleati, non piacque, le leggi furono abrogate e Drugo ucciso.
Gli alleati italici si sollevarono in armi, e generò una serie di adesioni in tutta la Penisola: brevi e locali furono
però le adesioni di etruschi, umbri, galli e transpadani. Le colonie latine, tranne Venusia, restarono fedeli. I ribelli
crearono uno Stato federale con capitale Corfinium (rinominata Italica), cui facevano capo un’assemblea di 500
membri, un console marso e uno sannita e 12 pretori. Il fine degli insorti, così come le fasi del conflitto, non
furono molto chiare. à autonomia o piena integrazione.
90: legge consolare concede la cittadinanza agli alleati rimasti fedeli (tra cui le colonie latine) o che stessero per
deporre le armi, creando 8 nuove tribù.
89: Due leggi tribunizie ampliarono la concessione a tutti i residenti nella Penisola che ne facessero domanda
(tranne sanniti e lucani ancora in armi), istituendo due nuove tribù per coloro che fossero stati resi cittadini dai
generali. Una legge consolare offrì il diritto latino alle comunità alleate a nord del Po.
Aumentò così il numero dei cittadini romani, mentre le nuove comunità della penisola furono riorganizzate in
municipi (nuova urbanizzazione e riadattamento agrimensorio). Il fatto di votare a Roma diminuì la
rappresentatività delle assemblee.

Silla, dalle lotte contro Mario alla “costituzione”. Nel 90, una quaestio istituita su un plebiscito tentò di colpire
gli alleati di Druso. L’anno successivo, però, dopo che un altro plebiscito aveva modificato i requisiti dei giurati, la
stessa iniziò a condannare chi con gli alleati era stato troppo duro. Gli ottimati si ripresero grazie a Lucio

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Cornelio Silla, che nell’88 era console e aveva represso i sanniti. A ostacolarlo fu però il tribuno della plebe
Sulpicio Rufo:
- con l’appoggio di Mario fece approvare un plebiscito che ripartiva i neocittadini in tutte le tribù.
- con un altro abrogò l’incarico militare di Silla contro Mitridate VI re del Ponto, per affidarlo a Mario.
Appiano scrive che i consoli, vedendo con timore che stava per essere votata la legge, proclamarono uno
iustitium (sospensione delle attività politiche) perché così si avesse un rinvio della votazione. Alla richiesta di
Sulpicio, che invitava i consoli Silla e Quinto Pompeo ad abolire lo iustitium, scoppiò un tumulto. Alla fine
Sulpicio fece approvare la legge e a Mario venne attribuito con approvazione popolare il comando della guerra
contro Mitridate.
Silla aveva raggiunto le legioni stanziate in Campania, e marciò contro Roma, prendendo i mariani alla
sprovvista: si tratta di uno scontro militare vero e proprio. Silla, vincitore, procedette alla repressione,
annullando la legislazione di Sulpicio e ponendo una taglia sulla sua testa e quella di Mario. Mario, dopo la
partenza di Silla, si impadronisce nuovamente dell’Urbe. 84: Roma alla fine approva la distribuzione dei nuovi
cittadini in tutte le 35 tribù.
Silla ritornò a Roma, dopo la vittoria su Mitridate nell’83. Raccolti nel suo esercito i cittadini messi al bando e
raggiunto da Marco Licinio Crasso e Cneo Pompeo, invade l’Italia e riconquista il potere.
Essendo morti entrambi i consoli, il princeps senatus Lucio Valerio Flacco, nelle vesti di interré, propose ai comizi
centuriati di nominare Silla dittatore per la riforma dello Stato (dictator legibus scribundis et rei publicae
constituendae). Era una dittatura assolutamente inedita:
- dicta da un interré,
- approvata dai comizi centuriati,
- priva di limiti temporali,
- finalizzata a riformare le istituzioni
Silla dà vita a un traumatico trasferimento di potere all’interno delle classi dirigenti, per mezzo delle liste di
proscrizione, elenchi di cavalieri e senatori perseguibili da chiunque e i cui beni erano messi all’asta, e per mezzo
di confische terriere nel Sannio e nell’Etruria.
Progetto politico (anticipato in parte nell’88 e tanto elaborato da guadagnarsi il titolo di ‘costituzione’) di Silla:
1. rafforzamento dell’autorità senatoria: da 150 a 600 membri. Attraverso:
- Cooptazione (adlectio) di 300 cavalieri
- Cooptazione automatica dei questori (saliti a 20).
2. Sia le decisioni delle assemblee del popolo, sia del concilium plebis, furono sottoposte al parere
preventivo del senato.
3. Le quaestiones furono estese a nuovi reati
4. I pretori salirono ad 8, incaricati di presiedere alle quaestiones.
5. I tribuni della plebe: non ebbero diritto di veto, e agli ex tribuni fu negato l’accesso alle magistrature
curuli, allontanando così dalla carica i politici più capaci.
6. Reintrodotte età minime di accesso alle magistrature, con un intervallo di 2 anni fra le stesse, così come
in un intervallo di 10 anni tra cariche identiche à per frenare i giovani più ambiziosi e pericolosi.
7. Abolizione delle frumentazioni
8. Distribuzione di terre ai veterani
9. Riforma sul governo delle provincie: da una parte alcuni critici ritengono che essa abbia sottratto ai
magistrati annuali l’imperium militare, in mano ai promagistrati; altri invece ritengono che il fenomeno
fosse dovuto a esigenze pratiche: aumento dei territori amministrati.
10. Vietato l’ingresso degli eserciti a sud della linea Arno-Rubicone, per tutelare il potere centrale.
Nel 79 Silla abbandona il potere per poi morire nel marzo dell’anno successivo, per cause naturali.

3.2.2 Dalla cisi della “costituzione sillana” alla morte di Cesare (79-44)
- forze emergenti scompigliano il fragile equilibrio raggiunto
- “primo triumvirato”, accordo personale inedito basato sulla forza degli eserciti, della finanza e di una plebe
urbana difficile da gestire.
- Cesare si scontra con Pompeo.

La trionfale ascesa di Pompeo. Il console Mario Emilio Lepido, in contrasto con il collega, cercò di annullare
alcuni atti di Silla (78).
- Tenta di reintrodurre le frumentazioni;

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- Reintegro dei proscritti;
- Restituzione di terre agli ex alleati;
- Ristabilire il potere tribunizio.
Lepido però, inviato in Etruria a sedare una rivolta agraria, si pose però a capo dei ribelli. La soluzione fu militare:
in seguito a senatuscunsultum ultimim i veterani di Silla si raccolsero attorno al proconsole Quinto Lutazio Catulo
e il giovane Pompeo (forse in qualità di propretore) che ebbero la meglio (77). I resti dell’esercito sconfitto
giunsero in Spagna ad alimentare le fila del mariano Quinto Sertorio. Roma, con eccezione alle regole, affidò la
guerra, con imperium proconsolare a Pompeo, che infine riportò l’ordine (72).
La costituzione sillana stava già iniziando a sfaldarsi.
- Nel 75 gli ex tributi furono riammessi a ricoprire le altre magistrature;
- Due anni dopo, con i pirati che minacciavano l’approvvigionamento dell’Urbe, furono reintrodotte le
distribuzioni di grano a prezzo politico.
Crasso: propretore o proconsole (non è mai stato console) domò la rivolta servile guidata da Spartaco;
Pompeo: tornato dalla Spagna massacra gli schiavi superstiti per poi avvicinarsi con l’esercito all’Urbe,
richiedendo al senato di potersi candidare al consolato. Crasso pretese le medesime condizioni.
Nel 70 i due colleghi, consoli, ripristinano i poteri dei tribuni e del concilium plebis, appoggiando una lette
pretoria volta a mutare le composizioni delle giurie:
1/3 senatori
1/3 cavalieri
1/3 tribuni aerarii
Ascesa trionfale di Pompeo negli anni successivi.
- Plebiscito Aulo Gabinio gli affida l’incarico di combattere i pirati con un imperium aequum (non
maggiore rispetto a quello dei singoli proconsoli) ma senza limiti su tutto il Mediterraneo. à Pompeo in
pochi mesi risolve il problema della pirateria
- Gabino richiama l’ex sillano e ottimate Lucio Licinio Lucullo dalla guerra contro Mitridate à un
plebiscito Manilio affida a Pompeo la direzione della stessa.

La congiura di Catilina, Cicerone e il senatuscunsultum ultimum. Evidenza dell’instabilità di quegli anni fu la
congiura di Lucio Sergio Catilina. Privato di un’accusa de repetundis della possibilità di candidarsi al consolato,
progettò l’assassinio dei consoli del 65, andato però a vuoto. Nel 64 (anno in cui il senato aveva messo al bando i
collegia per evitare sommosse) rinnovò la propria candidatura al consolato: le promesse di remissione dei debiti
e le distribuzioni terriere gli costarono l’ostilità di gran parte della classe dirigente. Le elezioni lo videro così
sconfitto. Tra gli avversari, Cicerone, estraneo alla nobilitas ma non sgradito agli ottimati, appoggiato dai
cavalieri e dai nuovi cittadini italici, riuscì ad affermarsi.
63
- fu presentata una proposta tribunizia per la distribuzione delle terre pubbliche in Italia e nelle provincie:
Cicerone, appellandosi al senato e alla plebe urbana riuscì a farla ritirare (volevo convincere il senato a
mantenere i proventi dell’ager Campanus e la plebe a non rinunciare agli agi di Roma).
- Cicerone fa approvare una legge sulla corruzione elettorale (de ambitu), pena l’esilio.
- Si oppone però al reintegro nella vita politica dei figli dei proscritti sillani e una proposta tribunizia sulla
cancellazione dei debiti.
Cicerone fece votare al senato un senatuscuncultum ultimum per impedire a Catilina di organizzare una
congiura, con incarico di presiedere la città e l’Italia. Catturati i congiurati, si chiese cosa farne di costoro:
- Posizione del popolare Giulio Cesare, pontefice massimo e pretore designato: tenerli in carcere a vita.
- Posizione dell’ottimate e tribuno designato Marco Porcio Catone: mettere a morte i prigionieri senza processo
né provocatio.
Cicerone opta per le seconde. Nel 62 Catilina e il gruppo di ribelli vengono annientati in uno scontro presso
Pistoia.

Il “primo triumvirato”. Dal 60, pur mantenendo le proprie istituzioni, Roma fu retta da un accordo privato, il
“primo triumvirato”, tra Cesare, Crasso e Pompeo. Questo garantì loro che le richieste venissero approvate
(ratifica del nuovo assetto orientale dopo la vittoria su Mitridate e assegnazioni agrarie ai veterani) e garantì a
Crasso disposizioni favorevoli ai pubblicani.
59 Cesare fu fatto console, avanza numerose leggi.
- Remissione ai pubblicani attivi in Asia di 1/3 delle somme da essi dovute

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- Approvazione di due proposte agrarie.
à Assegna ai veterani di Pompeo quanto restava del dominio italico. Questa legge venne votata perché
erano stati impediti con la forza l’ostruzionismo del senato e del console Bibulo.
à per la plebe urbana, assegnazioni dell’ager Campanus ai pater familias. Ci furono ostacoli economici
e boicottaggi.
- Legge che prevedeva quanto stabilito da Pompeo in Oriente: nuove provincie di Bitinia-Ponto, Cilicia e
Siria.
- Normativa de repetundis vieta ai governatori di accettare donativi e li obbliga a una maggiore attenzione
nei loro rendiconti.
- Pubblicazione degli atti del senato come quelli del popolo, per togliere efficacia all’ostruzionismo.
- Trinuno Piblio Vatinio: plebiscito che, come Gabinio (67) e Manilio (66) conferisce al console, per
l’inusuale durata di 5 anni, la Gallia Cisalpina e l’Illirico e il comando di 3 legioni.
58 Publio Clodio Pulcro riveste il tribunato, patrizio populares. Ampia attività legislativa:
o Sancisce la gratuità delle frumentazioni à questa proposta potrebbe avere ostacolato il disegno agrario
cesariano, rendendo la vita nell’Urbe ancora più appetibile, e dando più respiro alla plebe indebitata.
o Riporta in vita i collegia
o Limita il potere dei censori, rendendo quindi necessario per escludere un senatore dalla lectio, un
giudizio collegiale e non più individuale.
o Limita l’ostruzionismo, obbligatorio per i magistrati che volevano presentare obnuntiatio osservare i
segni celesti nel luogo di riunione stessa.
o Riduce a provincia Cipro per far fronte ai costi delle frumentazioni, con requisizione dei beni di Tolomeo.
o Clodio sancì lo status di esule a Cicerone, accusandolo di aver falsificato i verbali del dibattito senatorio.
Pompeo ottenne il reintegro di Cicerone nel settembre del 57. In seguito a una grave carestia poi, Pompeo ebbe
l’incarico di gestire gli approvvigionamenti e le distribuzioni, con un imperium proconsolare infinitum per 5 anni.

Dagli accordi di Lucca al Rubicone. 56 Accordo di Lucca.
- Pompeo e Crasso ebbero un consolato congiunto per il 55.
- A Cesare assegnate 8 legioni e 5 anni di proroga al mandato proconsolare.
- A Pompeo, con un plebiscito, comando sulle due Spagne, e a Crasso assegnata la provincia di Siria à
desiderono di eguagliare i colleghi sul piano militare, pianificò una spedizione contro i Parti, dove incontrò la
morte nel 53, sconfitto a Carre.
A Roma degenera la situazione politica. Un senatoconsulto stabilisce l’obbligatorietà di 5 anni tra magistratura
urbana e promagistratura. Clodio viene ucciso nel 52.
Quindi un senatusconsultum ultimum affida all’interrè, al proconsole Pompeo e ai tribuni in carica il compito di
difendere lo Stato. Con provvedimento inedito, Pompeo fu eletto console unico consul sine collega. Acconsente
un plebiscito che permetteva a Cesare di candidarsi al consolato senza presentarsi a Roma; fece poi votare una
legge che impediva la candidatura in assenza, però la muta per non penalizzare Cesare.
Confusione normativa: i nemici spingono Cesare ad abbandonare la magistratura nel dicembre 50. Non potendo
rivestire un consolato prima del 48 (nel rispetto dell’intervallo decennale tra cariche uguali), egli sarebbe stato
privato cittadino à passibile di processi. I cesariani, quindi, proposero a Cesare e a Pompeo di deporre insieme il
comando: il primo approvò, ma il secondo, che si era fatto approvare il proconsolato in Spagna fino al 45, esitò.
50: il console Marco Claudio Marcello chiede a Pompeo di soccorrere la patria e procedere ad arruolamenti. Alla
fine i due consoli inducono il senato a confermare il comando di Pompeo e votare la destituzione di Cesare,
previo ultimatum; un senatusconsultum ultimum diede infine a Pompeo il compito di difendere la patria.
Nella notte tra il 10 e l’11 gennaio 49, Cesare oltrepassa in armi il Rubicone. Conquista l’Italia peninsulare in due
mesi, sorretto dalle simpatie del popolo e dai cavalieri. Cesare divenne il padrone di Roma dopo la fuga di gran
parte dei senatori e di Pompeo in Oriente. Lascia il comando di Roma al pretore Marco Emilio Lepido (il tribuno
Marco Antonio, con imperium propretore, era al comando delle truppe stanziate in Italia).

Le dittature di Cesare. Dal 49 al 45 Cesare fu artefice di campagne militari in tutto il Mediterraneo, che lo
portarono a trionfare su Pompeo e poi sui suoi sostenitori.
- Conquista della Spagna (49)
- vittoria su Pompeo a Farsalo (agosto 48)
- la campagna in Egitto e la vittoria su Farnace (48-47)
- la campagna in Africa e la vittoria di Tapso (47-46)

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- seconda campagna in Spagna e la vittoria di Munda (45)
Da un punto di vista costituzionale, il suo potere si consolidò attraverso l’istituto della dittatura, divenuta a un
certo punto perpetua.
- 49: Cesare ottiene una dittatura per tenere le elezioni perché i consoli avevano lasciato l’Italia, dictus dal
pretore Lepido dopo autorizzazione dei comizi. Non nomina un magister equitum, ma indisse le elezioni
dei magistrati ordinari.
- 48: fu console annuale con un collega, avendo già deposto la dittatura. A ottobre, quando era in Egitto,
nominato nuovamente dittatore e Antonio nominato magister equitum.
- 47: l’anno inizia senza consoli ma con Cesare ditatore. Allo scadere della dittatura, dopo sei mesi,
diventa console assieme a Lepido con il diritto di assumere la carica per 5 anni consecutivi.
- 46: console insieme a Lepido. Celebra 4 trionfi: sulle Gallie, sull’Egitto, su Farnace, su Giuba. Ad aprile
aveva ottenuto una dittatura rinnovabile per 10 anni; Lepido fu magister equitum. Forse allora assunse
la tribunicia potestas. Partito per la Spagna, lascia a Roma un governo di reggenza sotto il controllo del
magister equitum. Nelle elezioni per il 45, indette in sua assenza, fu eletto consul sine collega.
- 45: resta dittatore e console senza collega. Dopo la vittoria di Munda (17 marzo) rinuncia al consolato,
e furono eletti 3 consoli suffecti e un numero maggiore di magistrati minori. Un plebiscito gli propone la
potestas tribunicia anche fuori Roma, a vita. Quinto trionfo, e titolo vitalizio di imperator.
- 44: resta dittatore, eletto console insieme ad Antonio; tra gennaio e febbraio fu nominato dittatore a
vita. Appello di pater patriae.
Riforme:
1. iniziative a favore dei debitori e di coloro che vivevano in affitto.
2. il richiamo di numerosi esuli
3. il reintegro dei figli dei proscritti sillani.
4. la riduzione degli aventi diritto alle frumentazioni.
5. sistemazione dei veterani e di coloni nelle nuove fondazioni (tra cui Cartagine e Corinto)
6. La Cisalpina ottenne la cittadinanza romana, che comportò in seguito (42) l’abolizione della provincia. L’Africa
Nova fu ridotta a provincia. La Sicilia ottenne il diritto latino.
Cesare rifiuta titolo di re e il diadema offertogli da Antonio. Il 15 marzo fu assassinato in una congiura, a cui capo
vi erano i pretori Gaio Cassio Longino e Marco Giunio Bruto (discendente di Lucio Giunio Bruto che nel 509 aveva
scacciato da Roma i Tarquini).

Cesarismo e bonapartismo: termine che nasce con Napoleone III, legittimazione di un capo carismatico
attraverso un diretto e privilegiato rapporto con il popolo, a seguito di una crisi delle strutture politiche.

3.2.3 Dalla morte di Cesare ad Azio (44-31)
Dopo morte di Cesare: segnali di una nuova guerra civile, ma ad impedirla fu il console Antonio, che propose al
senato un accordo: risparmiare gli assassini ma portare avanti le volontà del defunto, del quale egli possedeva gli
appunti.
Lepido divenne il pontefice massimo, assumendo la carica che Cesare aveva ininterrottamente coperto dal 63.
Gaio Ottavio, pronipote, primo tra gli eredi di Cesare. Sostenuto da Cicerone, Ottaviano chiama a raccolta i
veterani di Cesare. Il senato blocca i governi delle provincie, ricostituendo la situazione dell’anno precedente.
Ordina al congiurato Decimo Giunio Bruto Albino di mantenere il proconsolato in Cisalpina e resistere in armi ad
Antonio, che lo stava per sostituire. A Bruto e Cassio fu dato imperium infinitum sulle provincie orientali. I
consoli Irzio e Pansa: reclutarono truppe. Ad aprile sconfissero Antonio a Forum Gallorum e sotto le mura di
Modena, a fianco di Ottaviano. Morirono entrambi i consoli. Antonio, inseguito da Decimo Bruto fino alla
transalpina, fu raggiunto da Lepido, mentre gli eserciti in Spagna e Gallia si schieravano dalla sua parte.
Ottaviano invece di inseguire Antonio tornò in armi a Roma, dove ottenne il consolato, insieme a Pedio. In
maniera sorprendente annullò l’amnistia per i cesaricidi e costituì una quaestio senatoria per punirli.

Secondo triumvirato: Lepido, Antonio e Ottaviano si incontrano a Bologna (ottobre 43). Nacque allora, sancito
dal plebiscito Tizio, il “secondo” triumvirato, non accordo privato come il primo bensì magistratura
quinquennale per la riorganizzazione dello Stato, che offriva ai tre personaggi poteri consolari fino al 31
dicembre 38. Una nuova proscrizione fece strage di nemici, tra cui Cicerone. Lo stesso plebiscito diede ai
triumviri per 5 anni il governo delle provincie occidentali:
Ottaviano: Africa, Sicilia, Sardegna

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Antonio: le Gallie
Lepido: Spagna
Sesto Pompeo: controlla la Sicilia, è figlio di Pompeo Magno e superstite di Munda.
Dopo i due scontri di Filippi, nei quali Ottaviano, ma soprattutto Antonio, sconfissero Bruto e Cassio, l’impero di
Roma fu nuovamente diviso:
Lepido: Africa
Ottaviano: Italia e due Spagne
Antonio: Gallie e la parte orientale dell’impero.
A Ottaviano viene dato l’incarico impopolare di sistemare i veterani attraverso le confische di terre, si sollevò
una rivolta di possidenti e veterani, a capo dei quali si posero la moglie e il fratello, allora console, di Antonio:
assediati a Perugia, furono costretti alla resa.
Accordi di Brindisi, che stabilirono ulteriore suddivisione:
Ottaviano: parte occidentale dell’impero
Antonio: parte orientale
Lepido: Africa
Gli accordi di Taranto (37) rinnovano il triumvirato fino al 33 o 32. Fu allora che Sesto Pompeo fu definitivamente
sconfitto a Nauloco (36). Lepido viene espropriato dell’Africa perché accusato di doppiogiochismo con Gneo
Pompeo, e trascorse gli ultimi anni come pontefice massimo.

Dalle “donazioni di Alessandria” ad Azio. Dal 36 Ottaviano pose la pace alla base del suo programma. Antonio,
che tre anni prima aveva sposato la sorella Ottavia, aveva intrapreso, con l’appoggio economico della regina
egizia Claopatra, una serie di spedizioni contro i parti; la provvisoria conquista dell’Armenia diede luogo alle
cosiddette “donazioni di Alessandria”. Durante il trionfo, celebrato nella capitale Egizia, Antonio riconobbe a
Cesarione come figlio legittimo di Cesare, offrendo a lui e a Cleopatra il governo di Cirpo ed Egitto
Ottaviano lesse in senato il testamento di Antonio: essere sepolto in Egitto, giurava che Cesarione era figlio di
Cesare e menzionava i doni elargiti ai dinasti egizi. Timore che Antonio volesse fare di Cleopatra la regina di
Roma e trasferire la capitale dell’impero in Egitto.
Giuramento (coniuratio) dell’Italia nei confronti di Ottaviano, che, nonostante fosse privato cittadino, ottenne
dal senato la dichiarazione di guerra nei confronti di Cleopatra (ma non di Antonio), conflitto civile propagandato
come scontro tra due mondi e civiltà.
Atto finale: scontro navale presso Azio; Egitto trasformato in provincia subordinata a Ottaviano e retta da
praefectus equestre.

3.3 I mutamenti del sistema politico e istituzionale
Assemblee popolari. La graduale estensione della cittadinanza implicò la rarefazione della partecipazione
politica effettiva che poteva esercitarsi sempre e solo nell’Urbe.
I cambiamenti delle assemblee non furono netti rispetto alla situazione precedente, se non nelle forzature di
meccanismi ampiamente consolidati.
Per porre fine alle pressioni sull’elettorato: Il completamento delle misure tabellarie, con l’introduzione di voto
scritto e segreto anche nei comizi legislativi e nel giudizio popolare sulla perduellio, nonché il restringimento dei
pontes ad opera di Mario. Il voto segreto sembra aver sviluppato la corruzione, andatasi a sostituire alla
coercizione.
Leggi de ambitu. Provvedimento apposito colpì le organizzazioni elettorali (sodalicia).
Per limitare l’influenza della violenza di piazza: messa al bando dei collegia, poi riportati in vita e rafforzati da
Clodio (58). Normative per disciplinare la presentazione delle leggi. Rimane salda invece l’influenza
magistratuale sulle decisioni popolari, legata alla presidenza delle assemblee, all’uso del veto, degli auspici e
dell’obnuntiatio.
Comizi tributi: proposte di ripartizione dei neocittadini. Da 10 nuove tribù, a inserirne nelle 35 già preesistenti.
Fallirono tutte le proposte di iscrivere i liberti al di fuori delle 4 tribù urbane.
Tiberio Gracco: incremento dell’attività legislativa del concilium plebis, continuata nonostante la pausa sillana e
le abituali intromissioni triumvirali. Ambiti di competenza senatoria (rapporti con gli alleati, dentro e fuori l’Italia,
riscossione delle imposte, assegnazione delle provincie, gestione delle quaestiones). Tappe centrali: legislazione
dei Gracchi, di Saturnino, di Drudo, di Gabinio, di Manilio, di Vatinio e di Clodio.
Comizi centuriati. Gaio Gracco: centuria prerogativa estratta a sorte fra tutte.
Manuale del candidato di Cicerone: il candidato deve cercare il voto dell’elettore.

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Magistrature. Non ci furono ordinamenti che intaccarono l’ordinamento in profondità. Non avviene neppure
con Silla, nonostante molte sue riforme sono sopravvissute fino alla fine della repubblica.
- recupero di una legge di un secolo prima (180) con una regolamentazione del cursus (divieto di reiterazione
della stessa magistratura per 10 anni e pausa di 2 anni tra le magistrature) e l’introduzione di età minime.
• Consolato: rimase la principale magistratura. Per necessità militare fu reiterato da Mario per ben 5 volte
consecutive; con una legge sillana andò a perdere l’imperium militiae, a favore del proconsolato. Novità
di rilievo furono l’inedito consolato senza collega rivestito da Pompeo (52) seguito da quello di Cesare
(45).
• Pretura: in età sillana si passò a 8 pretori, ma il collegamento degli stessi alle singole quaestiones
perpetuae finì per renderli “urbani”. Durante dittatura di Cesare essi giunsero al numero di 16.
• Edilità: durante dittatura di Cesare furono aggiunti 2 edili plebei, i ceriali (ceriales) incaricati della
sovrintendenza delle distribuzioni granarie.
• Tribunato: diventa sempre più attivo, andando a espandere le proprie prerogative, e dopo un’apposita
legge (dopo morte Tiberio Gracco) non conobbe più limiti per la reiterazione. Le restrizioni sillane
furono tutte abrogate entro il 70.
• Questori: con Silla, 20 > Cesare, 40.
• Dittatura: in disuso fino alla fine del sec. III, fu riesumata da Sila e da Cesare, ma con obiettivi, modi, e
limiti extracostituzionali, che portarono al suo completo snaturamento, sino all’abrogazione definitiva,
avventua, su proposta di Antonio, subito la morte di Cesare.
• Censura: crisi per aumento vertiginoso dei cittadini dopo la guerra sociale; la pausa di età sillana;
ostacolo causato dalla legge di Clodio che richiedeva la decisione congiunta per le esclusioni dalla lectio
senatori. L’ultimo lustrum completo fu quello del 70.
• Il triumvirato rei publicae constituendae, che aveva come modello il “primo triumvirato”, fu creato da un
plebiscito (43); esso diede alla nuova magistratura potestà consolare e imperium sulle provincie per 5
anni.
• Promagistrature: Pompeo fu dotato di imperium proconsolare nel 77 (senza averne il diritto) e di
imperium infinitum nel 67 à le necessità militare presero il sopravvento sulla prassi costituzionale. Si
afffermano così i comando “straordinari”, così come gli usi impropri dei comandi “ordinari”. Per
regolamentare la situazione: legge che propone una pausa di 5 anni tra magistratura e promagistratura
(53).

Senato. Nella metà del II secolo si mette in discussione le competenze del senato.
129: plebiscito che chiede ai senatori di restituire il cavallo pubblico (esclusi i senatori dalle 18 centurie di
cavalieri).
121 senatuscuncultum ultimum provvedimento di estrema urgenza che comportava la sospensione totale delle
garanzie costituzionali del cittadino, e per questo era impopolare. Riproposto negli anni: 100, 83, 77, 63, 62, 52,
49, 48, 47, 43, 40.
Silla voleva restituire al senato la centralità assoluta: reintroduce il parere preventivo sulle assemblee del popolo
e forse anche sul concilium plebis, provvedimento eliminato prima del 70. Cesare invece rese obbligatoria la
pubblicazione degli atti del senato (59).
91: Druso propone la cooptazione di 300 cavalieri > Silla lo ripropone nell’88 > con Cesare il numero dei senatori
passò quasi a 1000, ridimensionato solo in età augustea.

Le quaestiones. Si afferma in questo periodo il sistema quaestiones. Quaestiones extra ordinum furono riunite,
per importanti processi politici, nel 132, 114, 110, 105, 90, 61, 52, 43.
Sviluppo ebbero invece le quaestiones perpetuae, a partire dal plebiscito Acilio (123): diede la connotazione
penalistica al provvedimento de repetundis, nel quale l’accusatore poteva agire in prima persona, senza un
patrono. Nasce così il primo tribunale criminale permanente di Roma. La condanna non era emessa in base a
imperium, e quindi non era passibile di provocatio. Le pene erano fissate per legge, solo la colpevolezza o meno
dell’imputato poteva essere decisa dalla giuria.
La giuria: la composizione era fondamentale soprattutto nei processi de repetundis, dove gli interessi dei
governatori, senatori, non coincidevano con quelli dei pubblicani, cavalieri.
- Il plebiscito Acilio: il pretore deve comunicare i nomi di 450 giurati, tra i quali l’accusatore doveva
sceglierne 100, e tra questi ultimo l’accusato 50.
- Plebiscito Caio Gracco: cavalieri nelle giurie

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- Si alternano poi tra i giurati senatori e cavalieri.
- 89: scelta per tribù indipendentemente dall’appartenenza.
- Silla riporta i giudizi ai senatori.
- 70: legge pretoria suddivide le corti giudicanti tra cavalieri, senatori e i tribuni aerarii. Confermato poi da
una legge di Pompeo (55), mentre una legge di Cesare estromise gli ultimi (46).
Il sistema si allarga ad altre fattispecie criminali. Con Silla crebbero le corti:
de repetundis
sugli omicidi e gli avvelenamenti
de maiestate
sulla corruzione elettorale
sulla falsificazione testamentaria e monetale, sulle offese personali
78 una legge de vi (sulla violenza) andò a colpire la violenza pubblica e forse privata.
Cesare ampliò le categorie dei possibili imputati e le fattispecie criminali previste per il crimen repetundarum.

L’Italia e le provincie.
Età Graccana: colonie romane nell’entroterra.
Guerra sociale: i municipi originari mantennero le proprie istituzioni, le comunità latine e alleate si trasformano
gradualmente in municipi governati dai duoviri; nuovi municipi creati nelle località poco urbanizzate.
Dopo il 49: concessione della cittadinanza alla Cisalpina, non più provincia dal 42.
Silla: allargamento del pomerio, più verosimile sarebbe un divieto agli eserciti di entrare al sud della linea Magra-
Rubicone.
Provincie aumentano di numero:
1. Asia (129 con incorporazione della Panfilia nel 43)
2. Gallia Transalpina (123)
3. Gallia Cisalpina (42)
4. Bitinia (74, con incorporazione del Ponto nel 64)
5. Cilicia (78-67, con incorporazione di Cirpo nel 58)
6. Cirene (74)
7. Creta (66)
8. Siria (64 o 63)
9. Africa Nova (46)
10. Gallia Comata.
Ampio fu il ruolo dei pubblicani, che diminuì con Augusto.

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4. Il principato: tra continuità e cesure (30 aC - 284 dC)
4.1 Lo svuotamento delle istituzioni repubblicane, il principato e la sua crisi.

L’ordinamento costituzionale creato da Ottaviano (dal 27 aC, “Augusto”) costituì, con importanti rivisitazioni da
parte di Claudio, dei Flavi, di alcuni monarchi elettivi e di Settimio Severo, la base del governo di Roma e del suo
impero, fino all’avvento di Diocleziano.
Tacito: “la res publica non si era ordinata sotto a un regno o a una dittatura, ma sotto a un’autorità con il nome
di principe (princeps)”. Da princeps, termine che prendeva atto della primazia di Augusto e dei successori nel
senato e, più in generale, nelle istituzioni, deriva il termine principato, a indicare un sistema non privo di
ambiguità, nel quale, dietro a una facciata ancora repubblicana, andava delineandosi la più decisa tendenza
assolutistica dell’imperatore. In riferimento ai detentori del potere, si parla anche di imperatori, di Cesari e di
Augusti. “Dignità” proprie ai successori di Auguro erano:
- il praenomen di imperator (utilizzato sia da Cesare che da Augusto, espresso nelle acclamazioni
imperatorie delle truppe e stabilizzatosi nelle titolature a partire da Vespasiano),
- il nomen di Cesare (fino a Claudio indicativo di un rapporto di parentela e in seguito vero e proprio
“titolo”)
- il cognomen Augusto.
- Con Domiziano, ma ancora di più con i Severi, si diffonde la qualifica di dominus, ‘padrone’.
La tendenza assolutistica avrebbe portato a forme apertamente autocratiche, ben evidenti nella successiva fase
del ‘dominato’. Tuttavia anche tale passaggio comportò una lunga fase di transizione, durante la quale la scena
fu sempre più dominata dall’esercito.
La storiografia ha individuato nel principato diversi momenti, legata al susseguirsi delle dinastie.
II secolo massimo splendore del principato.
III secolo crisi: demografica, economica e istituzionale à con Domiziano si torna alla stabilità.

Quali furono le principali caratteristiche del sistema del principato?
Al princeps spettava la direzione della politica interna ed estera, la sovrintendenza sull’amministrazione e il
comando delle forze armate. Esaurito il ruolo delle assemblee popolari (riunite solo per acclamare i magistrati
scelti in senato o per conferire autorità al princeps) le leggi erano promosse attraverso il senato e, a partire da
Adriano, in base alla stessa autorità imperiale. Il princeps assume, inizialmente in parallelo con il senato, ma poi
subentrando ad esso grazie ai suoi funzionari, un ruolo nei giudizi criminali e, grazie a prerogative censorie, una
funzione moralizzatrice, che andò a influenzare la vita privata.
I membri della classe dirigente, assorbiti dagli ordini senatorio ed equestre, si trasformarono in funzionari. Ad
essi si affiancarono dei veri e propri burocrati (a partire da Claudio), amministratori degli uffici centrali “di
palazzo”, liberti che a partire da Domiziano furono sostituiti da equestri. A causa dell’accentrarsi dei poteri in
mano agli imperatori à aspetti amministrativi più che politici (testimonianze epigrafiche).

1. Augusto e il suo potere
2. Il problema della successione e la dinastia giulio-claudia
3. La prima “anarchia militare” e la dinastia flavia
4. La “monarchia adottiva” e Commodo
5. La seconda “anarchia militare” e i Severi
6. La terza “anarchia militare”

Augusto e il suo potere. Ottaviano conclude la lunga fase delle guerre civili.
- Vittoria di Azio
- suicidio dei nemici Antonio e Cleopatra
- Conquista dell’Egitto
Marco Vipsanio Agrippa à sostenitore della res publica
Gaio Clinio Mecenate à sostenitore della monarchia
La riforma “costituzionale” augustea procedette con lentezza. Ottaviano iniziò con l’accettare le prerogative a lui
grandemente concesse: rivestirono il suo potere di forme accettabili.
- 43 gennaio: Come propretore affiancò i consoli nella guerra contro Antonio.
- 43 aprile: salutato come imperator dai suoi soldati dopo lo scontro di Forum Gallorum.

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- 43 agosto: Consul suffectii con Quinto Pedio eletti dai comizi centuriati (vuoto di potere dopo morte di
Irzio e Pansa)
- 43 novembre: Plebiscito Tizio: a lui, ad Antonio e a Lepido poteri straordinari fino alla fine del 38.
- 38: prende come praenomen il titolo di imperator.
- 37: il triumvirato rimase (illegalmente) intatto fino agli accordi di Taranto, che lo rinnovarono fino al 33
o 32, confermati da legge comiziale.
- 36: dopo vittoria su Sesto Pompeo e confinamento di Lepido, plebiscito gli offre l’inviolabilità tribunizia
perpetua.
- 33: II consolato con un collega
- 32: coniuratio dell’Italia e provincie gli offrì poteri straordinari
- 31: III consolato con Antonio, sostituito da 3 suffectii
- 30: IV consolato. Dopo la vittoria di Alessandria: il senato gli concede la grazia, il praenomen di
imperator e lo ius auxilii vitalizio.
- 29: V consolato. Celebra trionfo per l’Illirico, Azio e l’Egitto. Opera una lectio senatoria, in occasione
della quale divenne princeps senato.
- 28: VI consolato con il collega Agrippa. Alla fine dell’anno con un editto annulla le disposizioni illegali
prese durante il triumvirato.
- 27: VII consolato. Il 13 gennaio dichiara in senato di rinunciare ai propri poteri, rimettendoli a senato e
popolo. Senatoconsulto che sancisce nascita del potere imperiale: titolo di Augusto (etimologicamente
collegato all’augurium di Romolo), preso a cognomen; l’imperium decennale (proconsolare o maius?);
diritto di raccomandazione dei magistrati (commendatio, teoricamente legato alla potestà tribunizia
- 26-24: VIII, IX, X consolato annuale.
- 23: rinuncia al XI consolato. Tribunicia potestas, rinnovabile annualmente a vita. diritto di convocare il
senato con ius primae relationis e l’imperium proconsulare maius (su tutte le provincie).
- 22: rinuncia alla dittatura e la censura. Accetta la curae annonae.
- 19: cura delle leggi e dei costumi e censoria potestas
- 18-13: Agrippa collega nella tribunicia potestas. Censimento; lectio del senato (ridotto a 600 membri) e
leges Iuliae.
- 13-8 Agrippa collega nella tribunicia potestas (ma morì nel 12)
- 12: pontefice massimo
- 11: lectio del senato
- 8 rinnovo dell’imperium e ulteriore censimento. A Tiberio: imperium proconsulare per 5 anni.
- 6-1 Tiberio collega nella tribunicia potestas per 5 anni, ma nel 6 si autoesiliò.
- 5: XII consolato, solo per introdurre il figlio adottivo Gaio Cesare alla vita pubblica.
- 2: XIII consolato, solo per introdurre il figlio adottivo Lucio Cesare alla vita pubblica. Salutato dal senato
e dal popolo pater patriae.
- 3 d.C: rinnovo dell’imperium.
- 4: revisione della lista senatoria da parte dei duoviri. Adotta Tiberio in giugno.
- 4-13: Tiberio gli fa da collega nella tribunicia potestas, per 10 anni.
- 13: rinnovo dell’imperium.
- 14: operò un censimento, con imperium consolare.

In sintesi: imperium vitalizio e illimitato e tribunicia potestas concessagli a tappe, che diventano i maggiori
pilastri della legittimazione. Come per lui, fu così anche per i suoi successori. Se non già Augusto, almeno con
Tiberio l’imperium sarebbe diventato maius, vale a dire legalmente superiore a quello dei singoli proconsoli. Il
tutto sarebbe stato rafforzato da sommi poteri religiosi e dal controllo degli auspici principali, ciò che era
garantito dall’imperium stesso.

La successione e la dinastia Giulio-Claudia (14-68). La successione fu di volta in volta accompagnata dalle
decisioni del senato e dei comizi, fortemente libere. Si può osservare un progressivo scostamento dal modello
augusteo verso un più pronunciato assolutismo, un più centralizzato controllo burocratico e una progressiva
assimilazione delle provincie.
Il problema centrale era la continuità. A prendere il posto di Augusto fu Agrippa, con imperium proconsolare “in
sonno” e tribunicia potestas. Giulia + Agrippa: Gaio e Lucio, adottati da Augusto (e quindi “Cesari”). Giulia +

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Tiberio Claudio Nerone, che si distinse per una serie di campagne militari, ricoprì per 2 volte il consolato (13 e 7
aC) e ricevette la tribunicia potestas per 5 anni (6 aC), ma si autoesiliò. Riebbe la tribunicia potestas quando
tornò a Roma, fu adottato da Augusto e ricevette pari imperium. Dovette a sua volta adottare Germanico, figlio
del fratello Druso e di Antonia. Il principio dell’adozione del migliore, in questo caso, Tiberio e Germanico,
sembrò momentaneamente trionfare.
- Tiberio (14 - 37 dC)
- Caligola (37 - 41 dC)
- Claudio (41-54)
- Nerone (54-68)

La “prima anarchia militare” e la dinastia Flavia (68-96). Ebbe inizio una guerra civile in cui i protagonisti furono
non solo senato e pretoriani, ma anche i governatori delle provincie imperiali (i legati Augusto pro praetore,
scelti dal princeps all’interno del senato), comandanti dei principali eserciti.
- Vespasiano (69-79) à inizio della dinastia Flavia
§ lex de imperio Vespasiani: fa riferimento ai poteri del predecessore per legittimare
quelli di un uomo non legato ad essi da parentela. Trasformazione del principe in un
autocrate. Il principato pare diventare il grado più alto di una nuova nobilitas, basata
sulla virtus militare.
- Tito (79-81)
- Domiziano (81-96)

La “monarchia adottiva” e Commodo (96-193). Con Domiziano, si esaurirono i “dodici Cesari” di Svetonio ed
ebbe inizio, per l’impero, il secolo di massima espansione territoriale ed economica. Si affermò, sino a Marco
Aurelio, un nuovo sistema di successione: il candidato era scelto dal principe, tra i senatori, e formalmente
adottato.
- Nerva (96-98)
- Traiano (98-117)
§ Unificò i ceti dirigenti, valorizzando cavalieri e provinciali e “italianizzando” i nuovi
senatori.
§ L’impero raggiunge la massima espansione: Dacia, Arabia Petrea, Armenia e
Mesopotamia.
- Adriano (117-138)
§ si dedica al consolidamento dei confini e viaggiò molto;
§ restituzione del titolo di Cesare al solo destinatario della successione;
§ organizzazione degli incarichi amministrativi in classi di stipendi;
§ accentramento dei giuristi nel consilium principis e la divisione dell’Italia in 4 distretti
giurisdizionali, affidati ai consulares;
- Antonino Pio (138-161)
§ elimina i 4 consulares giurisdicenti e continua politica di professionalizzazione della
giurisprudenza
- Marco Aurelio (161-180)
§ si associò l’impero con il fratello adottivo Lucio Vero: primo caso di doppio principato
paritario con cariche equamente divise (tranne il pontificato massimo di Marco Aurelio)
§ aumentò il numero degli equites e introdusse iuridici, con competenza nei distretti
dell’Italia per i procedimenti civili (con Diocleziano sostituiti dai correctores).
- Commodo (180-192)
§ fu il primo figlio naturale a succedere al padre.
§ Abbandono dei progetti danubiani e rottura con il senato
§ Tradizione ostile: assimilazione di sé stesso con Ercole

La “seconda anarchia militare” e i Severi (193-235). Ci furono vari pretendenti al trono dopo la congiura contro
Commodo: Pertinace (192), Didio Giuliano, Pescennio Nigro (governatore della Siria), Lucio Settimio Severo
(governatore della Pannonia), Clodio Albino (governatore della Britannia). Con la vittoria di Lucio Settimio
Severo, ebbe inizio la dinastia dei Severi.
- Settimio Severo (193-211)

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§ Favorì i soldati provinciali
§ Estese le funzioni degli iuridici, contribuendo alla provincializzazione dell’Italia
§ Accresciuto il ruolo dei giuristi nel consilium principis
- Caracalla (211-217)
§ 212: Constitutio Antoniniana: trasformò i sudditi dell’impero (tranne i barbari, dediticii)
in cittadini, estendendo il diritto romano.
- Macrino (217-218)
§ Mauritano e non senatore, per la prima volta non si trattava di un componente del
senato
- Elagabalo (218-222)
§ Impose il culto di Elagabalo (dio di Emesa di cui era il sacerdote)
- Severo Alessandro (222-235)
§ Guidato da Ulpiano, prefetto del pretorio, e poi dal giurista Giulio Paolo. Severo
Alessandro fu destituito dalle truppe, le stesse che avevano basato la dinastia dei
Severi.

La “terza anarchia militare” (235-284).
- Massimino (235-238)
§ Fu il primo imperatore di umili origini, emerso dall’esercito e poi entrato nell’ordine
equestre. Spedizione contro alamanni, sarmati e daci.
- Gordiano I (238) e Gordiano II (238)
- Pupieno e Balbino (238)
§ Si ebbe un’elezione duplice, non dinastica e spesso letta come retaggio della tradizione
repubblicana del consolato, sulla quale il sento si appoggiò per contrastare l’imperatore
“barbaro” Massimino.
- Gordiano III (238-244)
- Filippo l’arabo (244-249)
- Decio Valeriano (249-251)
§ Grande persecuzione contro i cristiani, portata avanti attraverso l’obbligo, per l’intera
cittadinanza, di sacrificare agli dei e all’imperatore e di certificare la cosa.
- Treboniano Gallo (251-253)
- Emiliano (253)
- Valeriano (253-260) come Augusto
- Gallieno (253-268) come Cesare
§ Valeriano affida al figlio Gallieno l’Occidente, e a lui l’Oriente per proseguire le guerre
contro sassanidi e goti: prima divisione territoriale.
- Claudio II il Gotico
§ Comandante illirico di cavalleria: inizia la stagione dei comandanti illirici.
- Aureliano (270-275)
§ Allontana le minacce esterne, riconquista le zone orientali (272) e l’imperium Galliarum
(274), associò la propria figura alla divinità solare (Sol invictus)
- Tacito (275-276)
- Probo (276-282)
- Floriano (272)
- Marco Aurelio Caro (282-283)
- Carino (283-285)
- Numeriano (283-284)
- Diocleziano (284-305)

Il princeps. È una figura che è assai complessa e mai interamente tracciabile, anche perché impersonata da
soggetti assai diversi.
Per la legittimazione di Augusto e dei suoi successori, pilastri divennero imperium e tribunicia potestas.
La figura dell’imperatore, in pratica, si pose ai vertici dello Stato; ma alcuni critici hanno messo in evidenza come
il principato di Augusto sia nato nel segno del compromesso.

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Letture degli antichi sul principato augusteo: la storiografia di lingua greca non esita a parlare di monarchia;
Augusto sostiene invece di aver restaurato la repubblica, affermando che “superai tutti per auctoritas ma non
ebbi mai potere (potestas) più ampio di coloro che mi furono colleghi in ogni magistratura”. Anche sulla natura
dell’auctoritas augustea, collegata al cognomen sacrale Augusto, e indicante una condizione superiore a quella
umana, la critica si è a lungo interrogata.
Ottocento: il principato è una monarchia a tutti gli effetti;
Altre letture: diarchia tra senato e nuova figura del principe inglobata nel sistema delle magistrature
(Mommsen); restaurazione repubblicana ma in senso aristocratico (Schulz); regime misto, tra elementi
monarchici e repubblicani (De Martino); del “protettorato” della res publica (Arangio Ruiz); della monarchia
assoluta (De Francisci).
Definizione dei poteri augustei:
- centralità della coniurario
- natura dell’imperium (consolare o proconsolare, aequus o maius) nel rapporto con le altre magistature
- ruolo effettivo della tribunicia potestas
difficoltà connesse alla valutazione del peso dell’acclamazione dell’esercito (salutatio imperatoria) in relazione
alla necessaria approvazione senatoria e delle altrettanto ratifiche popolari dell’imperium e della tribunicia
potestas.
Successione:
- ereditario (età giulio-clausia ma reso esplicito solo a partire da Vespasiano)
- la scelta del migliore
Fino a Massimino tutti gli Augusti erano senatori, o per nascita o perché promossi dal consesso. Dopo Filippo
l’Arabo, pochi furono i personaggi di origine senatoria che diventarono Augusti. Il reclutamento allora avveniva
dall’ufficialità equestre, di origine provinciale.
Da un punto di vista religioso:
- pontificato massimo (prerogativa degli imperatori, anche cristiani) à garantì al principe il monopolio
sulla religione di stato + controllo degli auspici
- divinizzazione (trasformazione in divus) dei predecessori, operata dal senato su modello di quella di
Cesare (42 aC).
Come si ricostruisce un’ideologia sul principato? Si vedano le parole di Seneca: la legittimazione del re è data
dalla natura. Plinio il Giovane, nel Panegirico a Traiano, evidenzia i vantaggi dell’adozione.
Infinita serie di modelli e figure diverse a partire dal medioevo, per esempio gli imperatori “buoni” (Tito, Nerva,
Traiano, Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio). Altri esempi:
1. Per quanto riguarda Augusto: a causa del largo e improprio uso del passato romano, messo in atto dal regime
fascista, l’antichistica italiana si trova coinvolta in dibattiti sulla legittimazione giuridica dei poteri del princeps.
2. Vespasiano: riscoperta della tavola bronzea con la lex de imperio, che venne interpretata per far nascere un
Comune romano nel 1300 autonomo dall’autorità ecclesiastica.
3. Traiano: leggenda a partire dall’8 e 9 secolo.

Assemblee popolari. In età triumvirale le assemblee popolari, pur indebolite dalla pratica della designazione,
continuarono a votare sulle leggi e sui candidati alle magistrature.
- Augusto à legislazione tribunizia (18-17 aC) à aumento dell’attività comiziale, con provvedimenti per
rimediare alla scarsa presenza di elettori.
- Nerva (96-98), lex agraria à dopo di questa non vi furono più leggi votate dal popolo.
In ambito elettorale: si era imposto il sistema delle raccomandazioni da parte del princeps. Si sposta il luogo di
nomina delle magistrature, dalle assemblee al senato (vedi Tacito: al popolo viene tolto il diritto di voto).
Tuttavia il popolo si raccoglieva nel Campo Marzio per acclamare i magistrati con imperium.
È nota una prassi introdotta da Augusto in relazione ai comizi centuriati elettorali, con vita però breve. Ci furono:
- 5aC. 10 centurie nuove miste, senatorie ed equestri.
- 19: aumentate di altre 5
- 23: aumentate di altre 5.
Ebbero il compito di indicare i candidati al consolato e alla pretura alle altre centuriae, in maniera più vincolante
di quanto non facesse l’antica centuria prerogativa.
Con Tiberio, la procedura di selezione delle candidature passò al senato, per essere gestita sotto al controllo del
princeps.

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Il popolo era comunque tenuto a votare per ogni nuovo princeps le necessarie ratifiche popolari dell’imperium e
della tribunicia potestas.

La classe dirigente. 2 ordines:
1. Senato, erede della nobilitas repubblicana. Per entrarci, si richiedeva un minimo di 400.000 sesterzi e
poi 800.000 e infine un milione (13 aC). Bisognava aspettare la concessione dell’imperatore, oppure si
accedeva per diritto ereditario. L’ordo era numericamente più ampio rispetto al senato, comprendendo
le mogli e i discendenti in linea maschile fino alla terza generazione. I senatori continuarono a rivestire
le antiche magistrature e promagistrature, divenendo anche incaricati particolari (legati) del principe o
curatori (curatores) di specifiche funzioni.
2. Equestre, erede dei cavalieri di età repubblicana, limite di censo 400.000 sesterzi. Tuttavia in questo
ordine non potevano accedervi le donne e non era ereditario: l’ammissione era subordinata al princeps.
Riveste numerose funzioni, in dipendenza del principe, ma non le magistrature. I termini utilizzati per
descrivere queste funzioni, che dipendevano dal principe: prefetto (praefectus, colui che sostituisce il
magistrato in un compito definito) e procuratore (procurator, supplente di un responsabile).
3. Impiegati veri e propri del principe erano coloro che servivano nella cancelleria imperiale. Queste
funzioni, create da Claudio, ricoperte da liberti inizialmente, sostituito poi da Domiziano e da Adriano
con i cavalieri. Si ebbero così, con variazioni a seconda delle epoche, 4 uffici.
1) ab epistulis, che gestiva la corrispondenza
2) a rationibus: fisco
3) a libellis: risposte alle suppliche e alle richieste di pareri nei privati
4) a studiis: documentazione per le decisioni imperiali
5) a cognitionibus: istruire le cause sottoposte al tribunale del principe
6) a memoria: archivi e coordinare gli uffici ab epistulis e a libellis

Il cursus senatorio e le magistrature. Le magistrature mantennero la loro continuità storica, a eccezione della
dittatura (scomparsa nel 44 aC) e la censura (riesumata dopo Augusto in pochissimi casi, per essere assunta in
prima persona dagli imperatori Claudio e Vespasiano e Domiziano). C’è una graduale perdita di importanza di
moltissime cariche: quindi nell’età dei Severi il cursus era molto abbreviato.
Elezione di tutte le magistrature avveniva in senato.
- Augusto diminuisce l’età di accesso al cursus senatorio: per i patrizi, età consolare minima di 32 anni. Il cursus
era aperto ai senatori, ai loro figli e ai giovani cavalieri che presentavano la candidatura a una delle prime
cariche, o a coloro che, pur non avendo rivestito nessuna carica, erano stati cooptati dal principe tra gli ex
magistrati e vari livelli.
- Per accedere alla questura: dopo il tribunato bisognava avere ricoperto una delle funzioni dei XXVIviri, ora
XXviri. Ridotte di importanza à i IIviri capitales perdettero compito di mantenere l’ordine e controllare gli
incendi a Roma, a vantaggio dei preferi dei vigili. Diminuiscono anche i IIIviri monetales; i Xviri incaricati di
giudicare le liti, ricevettero la presidenza della corte che giudicava le cause di successione.
- Questura: permette l’accesso al senato. Con Augusto sono 20; compiti diversi.
- Edilità: 6 membri; sorveglianza della vita pubblica con minori poteri.
- Tribunato della plebe: decade, viene assorbito dalla potestà tribunizia del principe. Scompare anche la
legislazione autonoma dei tributi: l’ultimo plebiscito risale all’8 aC.
- Pretura: variazioni numeriche, da 8 a 18 membri. Perdono potere politico, accresce quello giurisdizionale,
assorbendo prerogative degli edili e nuove competenze.
- Ex pretori: idonei a esercitare l’imperium, prima del consolato erano sottoposti a forte selezione attraverso
compiti amministrativi e di comando.
- legati legionis
- iudici di un governatore di provincia o governatori
- provincia senatoria (come propraetores) o provincia imperiale pretoria (legati Augusti pro praetore)
- praefecti del principe per la distribuzione del grano, sorveglianza dell’erario militare dell’erario del
popolo, o come curatores per le strade.
- Ex consoli: potevano portare avanti la propria carriera (come curatores) per essere infine posti a capo delle
provincie imperiali maggiori (come legati augusti pro praetore). Ammessi all’estrazione a sorte per il governo
delle provincie senatorie e diventare prefetti urbani.
La carriera senatoria, tra il 253 e il 260, cessò di comportare comandi militari.

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Il senato. Vengono accresciute le loro prerogative in ambito formale e non politico.
- Senatusconsulta à valore di legge
- Eleggono i magistrati
- Diventa una delle due corti di giustizia incaricate di svolgere la nuova procedura cognitio extra ordinem:
autorizzato a giudicare sotto la presidenza dei consoli, reati politici e crimini comuni in cui fossero
implicati i senatori. La seconda giuria era composta dal principe e dai suoi funzionari, ed ebbe la meglio
con Commodo.
- Controllo dell’erario, fino a che non diventò il fisco.
- Formalmente mantenne controllo delle provincie senatorie.
- Diritto di conferire la nomina al nuovo principe, anche nei casi in cui l’influenza dell’elemento militare
era chiara (Massimino il Trace fu il primo a non ricevere decreto senatorio).
- Attività del senato regolamentata da un punto di vista formale: perde il proprio ruolo politico.
- Composizione: con Augusto ci fu la cooptazione di 240 membri, poi integrati dall’imperatore fino a
raggiungere il totale di 600. Carattere italico del consesso viene mantenuta; solo Claudio inserisce
alcune élite di Galli, poi Galba introdusse spagnoli, Vespasiano provincie occidentali e cavalieri, con
progressiva diminuzione degli italici.

Cursus equestre. Per la prima volta con Augusto furono incaricati di ricoprire funzioni estranee alla magistratura,
nonostante in età repubblicana avessero già partecipato a compiti importanti nella gestione della giustizia e
degli appalti pubblici.
- Ambiti militari, amministrativi, giudiziari.
- Per accedere al cursus, bisognava iscriversi in una delle decurie di giudici.
- Funzioni ufficiali dell’esercito.
- Procuratele (3 classi con Adriano, poi 4 con Marco Aurelio)
- Grandi prefetture

La legge e la giustizia. I senatoconsulta acquistano valore normativo. A partire da Adriano i poteri legislativi si
accentrano nella figura del princeps. Già Augusto con la tribunicia potestas presenta proposte di leggi. Autorità
dei comizi e del senato sono esautorate, quindi si sviluppano nuovi strumenti:
- Editti: fornire istruzioni ai cittadini dell’impero o di certe zone.
- Mandati: istruzioni a magistrati e funzionari.
- Decreti: sentenze pronunciate dal tribunale imperiale.
- Rescritti: risposte alle questioni di diritto sollevate da privati
Però il successore poteva non rinnovare le decisioni.
Giustizia:
- Lex Iulia iudiciorum publicorum
- Aumento del sistema in ambito penale. Quaestiones: de adulteriis, de ambitu; de annona; de falsis; de
maiestate; de peculatu; de sicarii; de vi.
- 4 decurie di giudici: 1 di senatori, 2 di cavalieri, 1 di proprietari con censo di 200.000 sesterzi.
Processi: nuovo processo criminale concorrente: cognizione straordinaria (cognitio extra ordinem), che
garantisce al principe un ruolo primario nella repressione. Nel sistema inquisitorio era il magistrato a prendere
l’iniziativa; la pena diventa discrezionale, con la restaurazione del supplizio capitale e di castighi. Due corti di
giudicanti:
1. La corte del principe e dei consiglieri
2. Corte del senato, presieduta dai consoli. In questa corte il principe poteva comunque intervenire grazie
alla potestas tribunicia o al princeps senatus.
Con Antonino l’ineguaglianza giuridica tra cittadini fu sancita dalla distinzione tra
• Honestiores: erano senatori, cavalieri, veterani, decurioni municipali e i loro figli. La pena di morte
poteva essere inflitta solo per i delitti più gravi.
• Humiliores. Gli humiliores, pur cittadini romani, erano sottoposti a supplizi che in età repubblicana
erano riservati agli schiavi.

Le finanze. L’accentramento del sistema e l’espansione territoriale provocarono aumenti nelle uscite e nelle
entrate (ricavate dalla tassazione delle produzioni agricole provinciali). Si ricorse a una riorganizzazione in
“casse”.
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- Erario di competenza senatoria che poi passa sotto il controllo del principe e amministrato.
- Erario militare (aerarium militare) per pagare in tenaro e non in terre il congedo ai veterani.
- Fisco: incamerava le entrate delle provincie imperiali.
- Fiscus Caesaris: a partire da Claudio, era un fisco incaricato della gestione del patrimonio personale del
principe, delle entrate delle provincie imperiali, dell’erario. In età severiana, infine, il fisco assorbì
definitivamente l’erario.

Roma. Restò il modello e centro di tutto l’impero. Fu divisa da Augusto in 14 regioni:
1. Porta Capena
2. Caelimontium
3. Isis et Serapis
4. Templum Pacis
5. Esquinae
6. Alta Semita
7. Via Lata
8. Forum
9. Circus Flaminius
10. Palatium
11. Circus Maximus
12. Piscina publica
13. Aventinus
14. Trans Tiberium

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Furono a loro volta divise in vici, e presiedute da edili, tribuni e pretori estratti a sorte.
- Prefetto urbano diventò una figura centrale: creato secondo la tradizione da Romolo, aveva perso di
importanza con la nascita del pretore urbano. Ricompare nel 46 aC quando Cesare lasciò a Roma 3
perfetti urbani stabile tra il 13 e il 27, quando si trasformò nella massima carica senatoria; tale dignità
sarebbe stata accresciuta nella seconda metà del I sec. poteri di controllo dell’ordine pubblico con
accentramento di funzioni che prima erano affidate a consoli, pretori ed edili.
- Prefetto dell’annona: di rango equestre, provvedeva a approvvigionamento cittadino ed esercitava
compiti di polizia notturna.
- Prefetti del pretorio: erano 2, carica che andò a rappresentare il vertice del rango equestre. Alla loro
dipendenza vi erano le coorti pretorie, guardia armata dell’imperatore, composta da 9-12 unità. Corpo
inizialmente italico, con Settimio Severo fu rimpiazzato da provinciali, che ne raddoppiò i numeri degli
effettivi fino a 1000. (vedi figura politica di Seiano, prefetto del pretorio).
- Curatores: ex pretori o ex consoli, che avevano cura degli acquedotti, delle vie, delle rive e dell’alveo del
Tevere, edifici sacri e opere pubbliche.

Italia. Tendenza a raggiungere il confine delle Alpi. Divisione in 11 regioni, a loro volta divise in pagi.
- Curatores viarum (20 aC).
- Curatores incaricati di risollevare le finanze locali (Traiano)
Divisione dell’italia da parte di Adriano in 4 distretti, più Roma, affidati ai consulares (giudici di rango consolare,
scomparsi con Antonino Pio e poi riproposti come iudici di rango pretorio)
- Correctores con i Severi.

Le provincie.
1. Con Augusto, le provincie pacificate, non richiedevano grandi contingenti militari, erano governate da
proconsoli, di rango pretorio o consolare, affiancati da un questore o da un legato.
2. Provincie che necessitavano eserciti, governate dai legati pro Augusti propraetore, scelti dal principe
tra i senatori. In base all’importanza erano: consulare, praetoriae, procuratoriae, praefectus (ma solo in
Egitto).
Ottaviano tolse alla Sicilia, prima provincia romana, il diritto latino offertole da Cesare, sia la piena cittadinanza
offertale da Antonio, riportandola alla condizione originaria.
Se il numero delle provincie senatorie rimase stabile, quello delle provincie imperiale, diversamente governate,
continuò a crescere: questo incremento andò di pari passo, fino al 117, con l’espansione dell’impero e in seguito
alle nuove esigenze del potere centrale che, per evitare la concentrazione di grandi eserciti nelle mani dei
governatori, suddivise molti territori preesitenti.
Processo di romanizzazione fu complesso: fondazione di nuovi centri, romani o latini, sia concedendo la
cittadinanza romana, ma soprattutto il diritto latino, a centri preesistenti e a intere comunità. Con Claudio si
ebbe la nuova realtà del municipio di diritto latino. A partire dalla constitutio Antoniana (212), infine, la
cittadinanza romana fu estesa a tutte le provincie.

L’esercito. Con Augusto si creò l’esercito stanziale a presidio dei confini dell’impero, con una riduzione del
numero di legionari rispetto al periodo delle guerre civili: da 60 a 28, poi 25 (9 aC) per tornare poi a 33 con
Settimio Severo.
Erano su base volontaria, composte da 10 coorti di fanti e da cavalleria di 120 uomini, durata del servizio di
almeno 20 anni. Militavano anche gli ausiliari, che si eguagliarono al numero dei legionari. Con Claudio i non
romani potevano ottenere dei privilegi come la cittadinanza (diplomi militari incisi su bronzo). Dopo Azio,
Augusto creò delle flotte stabili.
Solo i senatori, i magistrati o gli ex magistrati potevano condurre gli eserciti cittadini. Come legati spettò loro il
comando delle legioni. L’ordine equestre forniva anche i prefetti comandanti delle milizie ausiliarie. Gallieno nel
262 escluse dal comando dell’esercito i membri dell’ordine senatorio, sostituiti da prefetti equestri.

La crisi del III secolo. Con questa espressione si definisce il periodo successivo al massimo splendore dell’impero,
che si ritiene termini con Antonino Pio.
Dal punto di vista storiografico si veda l’opera di Gibbon. Oggi, già l’età di Marco Aurelio è considerata l’inizio
della crisi, poi rafforzatasi nel periodo tra Severo Alessandro e Diocleziano. Sarebbe stata innanzitutto una crisi
demografica ed economica, legata alla “peste antoniana” (165-189), così come la diminuzione delle entrate e
all’aumento della spesa statale, monopolizzata dai sempre più costosi eserciti, e al deprezzamento della moneta.

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L. Fezzi, Modelli politici di Roma antica
Risultati più evidenti della crisi furono la formazione di elementi “feudali”, il retrocedere dell’elemento urbano di
fronte al contadino-soldati e la statalizzazione dell’economia.

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L. Fezzi, Modelli politici di Roma antica
5. All’ombra del “Dominato” (285-476 d.C.)
5.1 Il nuovo sistema

Da dominus, titolo che a partire da Diocleziano indicò ufficialmente il detentore del sommo potere, la critica ha
coniato il termine “dominato”. In genere connotato negativamente, esso designa il nuovo sistema politico-
istituzionale che permette di affrontare la crisi del III secolo. Alcuni elementi che avrebbero caratterizzato il
“dominato” cominciano a presentarsi già a partire da Settimio Severo. La critica ha inoltre chiamato il periodo
tra il IV e V secolo come “tardoantico”, per alcuni già applicabile al III secolo, periodo contrassegnato da una
forte decadenza. Negli ultimi anni, invece, ci si è orientati verso una ricomprensione e verso un collegamento del
periodo con l’antichità e con il medioevo (i cui inizi sono stati collocati tra la fine del IC secolo e il VII secolo, a
seconda delle aree geografiche).
Nella fase del dominato l’autorità degli imperatori e il ruolo di burocrati e militari si accresce ulteriormente. Il
potere ideò forme di accentramento e controllo inedite e sempre più rigide. A entrare in crisi fu lo stesso mondo
“antico”: che si stava ruralizzando e cristianizzando.
Da un punto di vista istituzionale: Diocleziano ha mirato alla sicurezza dell’impero e all’efficienza del governo;
Costantino avrebbe perseguito la stabilità della monarchia concentrando il potere nelle proprie mani. È difficile
tuttavia attribuire la paternità delle riforme perché mancano le fonti letterarie su Diocleziano, rispetto a quelle
più ampie su Costantino. Dal IV secolo c’è una particolare ricchezza di fonti: Codice teodosiano, laterculus
Veronensis, notitia dignitatum epr dirme qualcuna.

1. Creazione della tetrarchia da parte di Diocleziano;
2. Riforme di Costantino;
3. Teodosio
4. Periodo fino alla fine della caduta dell’impero romano di Occidente.

Diocleziano, la diarchia e la tetrarchia. Diocleziano regnò per 7 anni accanto all’ufficiale illirico Massimiano,
dando origine a una sorta di diarchia (ispirata però a un rapporto di fratellanza e di differenziazione dei ruoli).
Roma viene progressivamente abbandonata: Diocleziano preferisce le sedi di Nicomedia o Sirmium. Il 1° marzo
293 Diocleziano dà vita alla tetrarchia, un sistema di governo congiunto di due Augusti e due Cesari:
1. Galerio (Cesare per Diocleziano, che era Augusto) à da Tessalonica a Serdina (Pannonia, Mesia e Tracia)
2. Costanzo Cloro (per Massimiano) à Viennensis, Gallie e Britannia
3. Diocleziano à da Antiochia a Nicomedia (Oriente)
4. Massimianoà Italia, Spagna e Africa

Diocleziano opera molte riforme:
§ Ridimensionamento e riorganizzazione delle provincie
§ Ordinamento dei funzionari in una militia
§ Persecuzione contro i cristiani (303-304)

Costantino (312-324). Augusto dell’Occidente fu Costantino, Augusto in Oriente Licinio (308-324). Ma
Costantino regge da solo l’impero fino alla morte (22 maggio 3379
§ Editto di Milano (313) sancisce la tolleranza religiosa. Con la religione cristiana: prima legittimata, poi
sostenuta e usata come strumento di governo.
§ Accentramento di potere
§ Rafforzamento della burocrazia
§ Riorganizzazione dell’esercito e della giustizia
§ Costantinopoli diventa nuova capitale

Dai figli di Costantino a Teodosio. Augusti furono i tre figli di Costantino che si divisero l’impero in tre parti:
- Costanzo II
- Costante
- Costantino II

- Giuliano (361-363) l’Apostata
§ Ultimo imperatore apertamente pagano, e per questo chiamato l’Apostata dalle fonti
cristiane (‘rinnegatore della fede’)
§ Decentramento amministrativo che favorisse la municipalità.

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Gioviano (363-364)
Valentiniano (364-375) à parte occidentale
Valente (364-378) à parte orientale
§ La decisione di dividere esercito, funzionari e risorse segnò la nascita dei due imperi.
§ Invasioni di goti e unni in Tracia
§ Battaglia di Adrianopoli (378)
Graziano (375-383) à parte occidentale (Gallia, Spagna e Britannia)
Valentiniano II (375-392) à trono di Occidente sotto tutela di un magister equituum
Teodosio (379-395)
§ Editto di Tessalonica (380): il credo niceno diventa religione unica e obbligatoria.
Ardacio (395-408) à in Oriente
Onorio (395-423) à in Occidente
§ Sacco di Roma (410) da parte di Alarico. Praticamente, il magister militum di origine
vandala, Flavio Stilicone, agì da protettore di Onorio, respingendo i visigoti di Alarico.
Capitale occidentale diventa Ravenna, mentre Italia, Gallia e Spagna furono soggette a
invasioni di goti, alani, suebi e vandali. Alarico riprende l’offensiva dopo la condanna a
morte di Stilicone da parte di Onorio: i visigoti raggiungono Roma e insediano il
senatore greco Prisco Attalo. L’anno successivo Onorio negozia con Alarico, ottenendo
che questi deponesse Attalo, ma tentò poi di farlo cadere in un’imboscata. Alarico,
sopravvissuto, ordina così il Sacco di Roma.
Imperatori della parte Occidentale:
- Giovanni I
- Valentiniano III Parte Orientale:
- Petronio Massimo - Teodosio II
- Avito - Marciano
- Maioriano - Leone I
- Livio Severo - Zenone
- Antemio
- Olibrio
- Glicerio
- Giulio Nepote

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Ultimo imperatore in Occidente:
- Romolo Augustolo (474-476)

Il dominus. L’impero assolutistico, fondato da Diocleziano e modificato via via dai successori, cancellò quanto
ancora restava dell’antica res publica. Senato e magistrature furono completamente esautorati; le antiche
provincie suddivise e poi raccolte in diocesi e prefetture; l’Italia perse ogni privilegio fiscale e amministrativo, e
la stessa Roma decadde, contrapposta a Costantinopoli. Ciascuna capitale fu governata da un prefetto urbano,
coadiuvato da un senato e da vari funzionari inferiori.
L’imperatore era a capo su tutto: a partire dalla scelta “teocratica” tetrarchica: Diocleziano, per legittimarsi,
adottò il cognomen di Giovio, e Massimiano quello di Erculio. Tutto ciò che emanava dall’autorità era definito
sacer. Ai piedi dell’imperatore c’era una burocrazia piramidale e militarizzata. Segni del potere furono: rito
dell’adorazione della porpora, mantello intessuto d’oro e di pietre preziose, il costume militare del trionfatore;
con l’avvento del cristianesimo l’imperatore iniziò ad essere considerato rappresentante terreno di Dio.
- Il regno di Costantino assume poi caratteri rivoluzionari: la presenza stessa dell’imperatore nel concilio di Nicea
(325) giustificò il suo titolo di “tredicesimo apostolo”.
- Costanzo II: involuzione del potere.
- Teodosio: rinuncia della difesa del limes e abbandonando il titolo di pontefice massimo. Nel 390 il vescovo di
Milano Ambrogio impose a Teodosio la pubblica penitenza per il massacro di Tessalonica: ruolo evidente della
Chiesa in politica.
- Dopo Teodosio, si creò una diarchia dinastica. Tra il 455 e il 476 la maggior parte degli imperatori saliti sul trono
occidentale restano nelle mani dei generali.

Figura di Costantino: affermazione, da parte degli autori cristiani, del culto dell’imperatore come “santo”. (Da
ricordare: creazione della falsa Donazione di Costantino nel VIII secolo, che attribuiva all’imperatore la decisione
di offrire al vescovo di Roma potere temporale sull’Italia e il primato sulle altre Chiese; smascherata nel 1440 da
Lorenzo Valla.)

Gli istituti del potere centrale.
- Burocrazia: aumenta con l’accentramento del potere politico e militare.
- Cavalieri: aumentano di numero. Con Diocleziano vi fu la militarizzazione degli stessi; Costantino,
comparsa di istituti di palazzo; Teodosio, aumenta numero degli uffici.
- Comitatus: era l’apparato militare e burocratico che accompagnava l’imperatore negli spostamenti (il
seguito). Comprendeva: eunuchi, sacrum cubiculum, consitotium principis, scholae palatinae,
protectores et domestici.
- Consistorium: era il nuovo nome del concilium principis (chiamato così perché tutti i membri dovevano
rimanere in piedi). Funzioni consultive ma anche corte d’appello per le cause esposte all’imperatore.
Comprendeva:
1. Magister officiorum: capo della cancelleria. Preposto a tutti gli uffici, chiamati scrinia da Costantino, in
cui si annoverano: memoriae, epistularum, libellorum; in Oriente invece: ad epistulis Graecis.
2. Quaestor sacri palatii. Principale consigliere giuridico dell’imperatore, che lo affiancava nella stesura
delle leges e delle sententiae. Da lui dipendevano adiutores.
3. Comes sacrarum largitionum: vigilare sul tesoro centrale, fiscus, suddiviso in scrinia.
4. Comes rerum privatarum: amministrava il patrimonio della corona (res privata principis).
5. Praepositus sacri cubiculi. Di grande importanza soprattutto in Oriente, era il gran ciambellano di corte.
6. Prefetti del pretorio: erano anch’essi membri del consistorium. Con Diocleziano erano la seconda carica
dopo l’imperatore, con responsabilità militari, finanziarie e amministrative; con Costantino (che
soppresse i pretoriani) la funzione perse ogni competenza militare e fu regionalizzata. I loro compiti,
rivestiti ormai da senatori rimasero: l’amministrazione della giustizia e la gestione delle entrate della
annona.

Roma, Costantinopoli, le altre sedi imperiali, il senato e le magistrature.
Costantinopoli diventa la nuova capitale nel 330, presso l’antica colonia greca Bisanzio. Dibattuta la decisione:
1. Spostare definitivamente la capitale a Oriente;
2. Creare una capitale nuova per la tetrarchia;
3. Creare una capitale cristiana (ma ancora ci sono molti elementi pagani).
Altre sedi principali:
- Sirmium, Nicomedia, Antiochia, Nicomedia (Diocleziano)

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L. Fezzi, Modelli politici di Roma antica
- Treviri, Milano, Acquileia (Massimiano)
- Treviri (Costanzo)
- Antiochia, Tessalonica, Serdica (Galerio)
- Ravenna (dal 402)
Superamento quindi di tutte le istituzioni della res publica romana: Roma era destinata a un declassamento
progressivo (governata in maniera autonoma dal praefectus Urbi).

Senato: con Costantino si introducono nuove procedure di cooptazione, che riporta il consesso ad avere una
sorta di autorità. Si parifica anche a questo numero il senato di Costantinopoli. Il ruolo del senato nella
legislazione fu tuttavia passivo. Si accede all’ordine senatorio per diritto di nascita e dopo una magistratura, o
per cooptazione imperiale. Con la crescita del numero, i senatori si dintinsero in: inlustres, spectabiles, clarissimi.
Terzo ordine di nobiltà creato da Costantino: i comites dell’imperatore.

Tra le magistrature, resistettero consolato, pretura, questura.

Controllo del territorio.
Con Diocleziano e Costantino, le provincie da 48 ascesero a circa 100, per toccare, nel quinto secolo, il numero di
120. Perdute le distinzioni tra imperiali e senatorie, erano rimasto proconsules solo i governatori di Acaia, Africa
e Asia. Le altre provincie erano sottoposte a rectores, denominati in modi diversi (consulares, praetorii, paesides,
iudices, comites).
Le provincie erano raccolte in diocesi, in numero variabile. Erano sottoposte a un vicarius, provvisto di potere
militare ma incaricato di sorvegliare i governatori provinciali ed esercitare la giurisdizione di appello.
Anche l’Italia fu ridotta in due diocesi: Italia annonaria e Italia suburbicariae. Forse, però, c’era un’unica diocesi,
governata però da due vicarii.
Prefetture à prefetti del pretorio.
Municipi: avevano una minima autonomia, così come le colonie. Gli obblighi economici dei curiali divennero
ereditari e sempre più pesanti; per difendere il popolo dagli abusi delle magistrature locali gli imperatori
crearono il defensor civitatis.

Fiscalità ed economia. Le entrate erano le imposte pagate in natura (III secolo) e in denaro.
- Annona militariis, introdotta da Settimio Severo e poi riformata da Diocleziano, riscossa dai prefetti del
pretorio, che diventano i principali responsabili delle finanze: lo scopo era il mantenimento degli eserciti
e dei funzionari. Unità imponibile variava in base ai luoghi, al valore del fondo e alla forza lavoro (da qui i
nomi iugatio e capitatio).
- Tasse: pagate in base alla richiesta di un anno, indictio.
o Imposta personale di chi non era proprietario di terre
o Quella da pagare ogni 4 anni sui mestieri
o Tributi per i senatori
o Munera (oneri di contributi patrimoniali) e i ricavi dall’utilizzo delle res publica
- Organizzazione in 3 classi indipendenti:
o Prefettura del pretorio per l’annona
o Sacrae largitiones
o Res privata
- Per i rifornimenti di grano di Roma e Costantinopoli erano un praefectus annonae in Africa, e un
paefectus annonae ad Alessandria.
Il carattere assolutista del potere si manifesta nella gestione dell’economia.
- Editto dei prezzi à Dioclesiano (301)
- Solidus aureo à Costantino: si raggiunge la stabilità.
All’uso della manodopera servile si sostituisce il colonato: liberi affittuari coltivatori si legavano ai padroni dei
fondi pagando canoni in natura e in prestazioni personali in cambio di parte del raccolto. Con Costantino una
costituzione abbia legato i coloni al fondo, così che il rapporto divenne ereditario, interrotto solo con
l’arruolamento o con l’entrata al clero.

Legge e giustizia. La volontà dell’imperatore si esprimeva nelle costituzioni generali, in forme diverse: orationes
ad senatum, edicta ad praefectos praetorio, edicta a funzionari di corte, editti al popolo. Esse avevano valore in
tutto l’impero.
Tra le leggi speciali: i mandata, rescripta, decreta (abbandonati in sostituzione alle sententiae dei funzionari).

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L. Fezzi, Modelli politici di Roma antica
Il primo tentativo del governo centrale di pubblicare una raccolta unificata delle costituzioni imperiali: Codice
teodosiano (438).
Dal punto di vista processuale: cognitio extra ordinem, che i prefetti del pretorio potevano esercitare in vece
dell’imperatore, in maniera non più impugnabile di fronte allo stesso.
- Esteso il criminem repetundarum per combattere la corruzione dei funzionari
Con Costantino si ebbe anche una legislazione in materia di matrimonio e di equa amministrazione della giustizia
da parte dei giudici.

L’esercito. Era diverso da quello del principato.
- Diocleziano: rafforzamento delle forze stanziali (limitanei o ripenses) grazie alla fornitura di reclute
scelte tra i coloni.
- Costantino: accresce esercito mobile (comitatus) agli ordini di magistri peditem e magistri equitum. In
seguito furono definite genericamente magistri militum. Le scholae palatinae, comandate dal magister
officiorum, fornivano la guardia a cavallo. Tendenza ad arruolare nell’esercito soldati di origine
barbarica.

La politica religiosa. Subì interventi di volta in volta radicali: persecuzione diocleziana (303-304), editto di
tolleranza di Costantino e Licinio (313) alla reazione di Giuliano (360-363), Teodosio infine riconosce il
cristianesimo come religione di Stato (380).
Con Diocleziano (303) si ebbe l’ultima grande persecuzione: 1. Ordine di distruggere chiese e Scritture e divieto
delle riunioni tra cristiani, declassamento sociale; 2. arresto dei vescovi e del clero; 3. Amnistia per coloro avesse
sacrificato agli dei; 4. Obbligo del sacrificio pubblico agli dei per tutta la popolazione.
Rapporto di Costantino con il Cristianesimo: la tradizione cristiana sancisce l’inizio di questo rapporto con la
“conversione” in occasione della Battaglia del Ponte Milvio (312) (fonti: Lattanzio ed Eusebio). Per un’altra parte
di critica, sarebbe stata una mossa a fini politici personali. Oggi invece si tende a mettere in evidenza il carattere
dinamico della politica religiosa costantiniana.
- Editto di Milano (313) à raggiungimento di un accordo per la piena tolleranza nei confronti del
cristianesimo, cfr. precedente editto di Galerio (311).
- Concilio di Arles (314) à condannato il donatismo;
- Concilio ecumenico a Nicea (325) à colpì a sua volta l’arianesimo.
Costantino continuò a rivestire la carica di pontefice massimo; ricevette inoltre il battesimo prima di morire.
Imperatore Giuliano (360-363) fu un ostacolo per l’avanzata del cristianesimo: assertore convinto del legame tra
ellenismo e romanità, proibì ai cristiani l’insegnamento nelle scuole pubbliche e tentò di costruire una Chiesa
pagana, seguendo il modello gerarchico cristiano, con al vertice l’imperatore, nelle funzioni di pontefice
massimo.
Teodosio:
- Editto di Tessalonica (380) à il cristianesimo niceno diventa religione di Stato.
- Concilio di Costantinopoli (381) à condannava le eresie che si opponevano al credo niceno.
- Editto di Tessalonica (391-392) à Decreti antipagani: dall’interdizione all’accesso dei templi pagani e
proibizione di ogni forma di culto, equiparazione dell’immolazione di vittime sacrificali e consultazione
delle viscere alla maiestas (quindi punibili con la morte).

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