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CATONE
IL CENSORE
INTRODUZIONE
BIOGRAFIA
ESTRATTI
Marco Porcio Catone nacque nel municipio di Tusculo nel 234 a. C. da stirpe
plebea, allevato nella casa paterna secondo l’educazione tradizionale e
spartana dei Sabini, percorse tutte le tappe iniziali della normale carriera
militare durante la seconda Guerra Punica:entrò nella milizia a 17 anni come
soldato semplice nel 217 a. C. o nel 216 a. C., nel 210 a. C. fu tribuno militare
in Sicilia, nel 207 a.C. partecipò allo scontro di Senigallia contro Asdrubale,
sempre segnalandosi per valore personale.
Verso la fine della stessa guerra, spostatosi a Roma, intraprese la carriera
politica, che cadde in un periodo di grandiose trasformazioni politico-sociali
nella compagine statale romana.
Nel 204 a. C. fu questore di Publio Cornelio Scipione in Sicilia ed in Africa, in
concomitanza con l’allestimento della spedizione decisiva contro Cartagine ed
in questa occasione cominciò a manifestare sintomi di quell’intolleranza nei
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confronti di un certo modo troppo spregiudicato di far politica da parte di
determinati gruppi dirigenti che doveva accompagnarlo per lunghi periodi della
sua vita.
Nel 199 a. C. fu edile plebeo; nel 198 a. C. come pretore governò la Sardegna,
mostrando doti di amministratore onesto e scrupoloso e dando efficace
esempio anticipatore di come poi avrebbe gestito direttamente o controllato la
gestione della cosa pubblica.
Nel 195 a. C. , grazie alle sue doti personali e alla valida protezione e amicizia
dell’aristocratico Lucio Valerio Flacco, trentanovenne raggiunse il consolato, lui
“homo novus”, unitamente al protettore ed amico con cui avviò una
collaborazione destinata a perdurare nel tempo.
Nella seconda parte dello stesso anno 195 a. C. si recò in Spagna per motivi
bellici e vi si fermò anche, come proconsole, nei primi mesi del successivo anno
194 a. C.
Catone condusse riuscite operazioni militari sia contro gli Iberi, sia contro le
popolazioni della Turdetania, presso cui riaffermò la presenza di Roma.
Grazie alle gesta ispaniche Catone celebrò il trionfo nel 194 a. C.
Nel 192 a. C., all’età di quarantadue anni ebbe dalla moglie Licinia Termia,
sposata probabilmente intorno al 194-193 a. C., il figlio Marco Porcio Catone
Liciniano.
Nel 191 a. C. fu tribuno militare insieme con Lucio Valerio Flacco, sotto il
console Manlio Acilio Glabrione ed in tale occasione con le mansioni di legato,
toccò varie località della Grecia per propagandarvi la politica romana in
contrapposizione alla propaganda antiromana che vi conduceva Antioco III° di
Siria.
Poco dopo aver svolto questo giro propagandistico, Catone partecipò da
protagonista allo scontro delle Termopili, in cui i Romani sconfissero la
coalizione costituita da Antioco e dagli Etoli.
Proprio negli anni 191-190 a.C. cade il periodo di maggior attrito tra Catone ed
il gruppo politico capeggiato dagli Scipioni e, più in generale, dei nobili.
Da “homo novus”, Catone si scontrò con gli aristocratici, di cui non condivideva
né i modi di vita, né gli ideali politico-sociali, né le istanze culturali di larga
apertura nei confronti del mondo ellenico; e gli avversari lo attaccarono,
probabilmente al suo rientro in Roma dopo lo scontro delle Termopili, in merito
alla gestione della cosa pubblica.
Nell’anno 89 a.C. Catone era candidato alla censura, ma avendo attaccato il
concorrente aristocratico Manlio Acilio Glabrione, sotto il cui consolato era stato
tribuno militare nel 191 a.C., gli impedì di ottenere la carica; però a sua volta,
a causa del gruppo degli aristocratici dominanti, fu sconfitto da Tito Quinzio
Flaminino e Marco Claudio Marcello.
Sempre nell’anno 189 a.C. in qualità di legato per la seconda volta nel giro di
poco tempo, in occasione della campagna contro gli Etoli, accompagnò il
console Marco Fulvio Nobiliare ed ebbe modo di verificarne l’operato in
provincia.
In seguito alla ripulsa subita nella candidatura alla censura Catone decise di
attaccare il gruppo politico a lui avverso e nel 187 a.C. attaccò gli Scipioni,
Lucio nei particolari, ma in sostanza Publio, per la cattiva gestione della
cospicua indennità bellica versata da Antioco III° di Siria.
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Indeboliti gli avversari più influenti e con l’appoggio dell’amico aristocratico
Lucio Valerio Flacco,nel 184 a.C. Catone ottenne la carica di censore, avendo
come collega Lucio Valerio Flacco, già suo collega nel consolato.
La censura di Catone costituì un fatto politico di grande rilievo: Catone la
chiese sulla base di un programma ben preciso, che prevedeva la
moralizzazione della vita pubblica.
Catone con la censura colpì i nobili per due ragioni:
Anzitutto per la posizione di prestigio che occupavano in senato;
In secondo luogo in merito ai grandi temi del controllo della moralità, del
contenimento del lusso, della repressione dell’usura e della corretta
gestione dei pubblici appalti.
Un impegno sottolineato dal fatto che Catone, introducendo una innovazione
nella prassi censoria, accompagnò sistematicamente le sue iniziative con
discorsi in cui motivava il suo operato.
Per tutte queste ragioni la censura di Catone s’impose all’attenzione dei
contemporanei, tanto che Catone divenne “il censore” per eccellenza.
All’approssimarsi della scadenza del suo mandato, Catone presentì, che proprio
per la sua inflessibilità di censore, ci si preparava ad attaccarlo.
Pertanto decise di prevenire le accuse pronunciando alcune orazioni in difesa
del suo operato.
La censura, che cadde nel cinquantesimo anno di vita, segnò per Catone il
culmine dell’impegno politico di massima responsabilità; successivamente non
ricoprì più cariche importanti, ma continuò ancora per diversi decenni ad
occuparsi di politica con acutezza di vedute e con vigile attenzione in qualità di
senatore e con il passare del tempo, acquisto peso sempre maggiore sia per la
sua autorevolezza,sia per la capacità con cui in senato sosteneva e riusciva ad
imporre le proprie opinioni.
In questo periodo, per quanto possiamo ricostruire sulla base delle notizie
pervenuteci, Catone si occupò attivamente di problemi sia di politica estera che
di politica interna e inoltre, di questioni giuridiche e di problemi più
genericamente morali, soprattutto in relazione alla moralità pubblica.
Nel periodo 171-167 a.C. Catone si occupò ancora a varie riprese dei problemi
di amministrazione interna dello stato, con riferimento alla nomina dei tribuni
militari e del corretto rapporto con i provinciali.
Intervenne soprattutto nei problemi di politica estera con le importanti orazioni
sulle cose di Macedonia e di Rodi, pronunciate entrambe nel 167 a. C .: in esse
sostenne che Roma non doveva espandersi militarmente ma optare piuttosto
per forme di protettorato politica, più libertarie nei confronti dei popoli meno
forti e, contemporaneamente, meno pericolose e gravose per Roma stessa di
quanto non fosse l’occupazione militare.
Nell’affrontare questi problemi di politica estera si trovò in perfetta sintonia con
Lucio Emilio Paolo, il glorioso vincitore di Pidna, con cui strinse un’alleanza
politica.
Nel 161 a. C. Catone, settantatreenne, contribuì all’espulsione di filosofi e
retori da Roma; nello stesso periodo ritornava sui problemi a lui cari, della
condanna del lusso e della difesa della parsimonia.
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Tra il 159 ed il 154 a. C. fu attaccato davanti ai censori dagli avversari politici
che l’accusavano per il suo tenore di vita, che col tempo si era più addolcito ed
era diventato meno rigido di una volta.
Come già nel 173 a. C., nel 155 a. C. Catone invitò il senato a cacciare da
Roma i tre filosofi greci – l’accademico Carneade, lo stoico Diogene di Babilonia
e il peripatetico Critolao – giunti a Roma come ambasciatori l’anno prima,
giudicando che la loro presenza fosse non solamente inutile, ma anzi dannosa
e pericolosa per i costumi dei Romani.
Nel medesimo anno, dopo la morte di Licinia, sposò in seconde nozze Salonia,
da cui settantanovenne, ebbe Marco Porcio Catone Saloniano.
Nel successivo anno 154 a. C. troviamo Catone, ottantenne, prima in atto di
difendersi da un’accusa, poi in atto di porre sotto inchiesta l’operato del legato
senatoriale Lucio Minucio Termo.
Due anni più tardi intervenne su un importante problema istituzionale relativo
al consolato.
Catone nel 151 a. C. in senato si espresse a favore della liberazione degli Achei
presi come ostaggi da Roma alla conclusione della Guerra Macedonia, subito
dopo si occupò della mediazione romana tra Attalo II° di Pergamo e Prusia II°
di Bitinia.
Ancora nel 152 a.C. nonostante l’età avanzata, fu legato in Africa, membro
della commissione che doveva dirimere la controversia nata tra Cartaginesi e
Numidi.
Proprio in relazione ai fatti africani, verso la fine della vita, nel 150 a. C.,
Catone intervenne in senato sui rapporti politici intercorrenti tra Roma e
Cartagine, sostenendo la necessità di condurre contro la città punica una
guerra totale fino alla distruzione del nemico, convincendo il senato , che
nell’anno successivo, 149 a.C. dichiarò guerra a Cartagine.
Nel 149 a. C., pronunciando la sua ultima orazione, Catone tornava sul
problema della “fides” romana a proposito dell’operato di Servio Sulpicio Galba,
che nel 150 a. C. da propretore aveva ucciso o venduto schiavi i Lusitani che si
erano arresi.
Catone ribadiva con questa orazione uno dei temi politici9 a lui più cari,
l’essenzialità della “fides” ai fini della credibilità e del prestigio di Roma.
Catone muore all’età di ottantacinque anni nell’autunno del 149 a. C..
Dalla vita di Catone che si è evidenziata per sommi capi, scaturiscono alcune
osservazioni:
La coerenza che ebbe nelle sue battaglie politco - morali;
Sempre guardingo nei confronti delle novità greche che in letteratura,
nella scienza, in politica e soprattutto nei costumi minacciavano di
rovinare l’assetto romano tradizionale;
Sempre ostile all’usura;
Sempre contrario al lusso dispendioso nel tenore di vita dei singoli, sia
nel privato che nell’attività pubblica;
Sempre garante della “fides” nelle sue varie manifestazioni e
applicazioni;
Sempre propugnatore dell’ideale, morale politico e militare del “vir
bonus”
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Probabilmente fu proprio questa sua coerenza, accoppiata alla sua capacità
oratoria, che, se da un lato gli procurò non poche inimicizie, dall’altro fece di lui
un capo politico – morale e gli permise di crearsi un seguito, che l’appoggiò
nelle sue battaglie politiche e morali.
Ma seppe anche, con grande abilità e flessibilità politica, articolare e
differenziare il suo comportamento tenendo conto dei tempi e delle
circostanze.
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LE OPERE
INTRODUZIONE GENERALE
ESTRATTI
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LE ORAZIONI
INTRODUZIONE GENERALE
ESTRATTI
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Ci sono poi le numerose orazioni relative alle “quaestiones”, strettamente
collegate con la corretta amministrazione della cosa pubblica.
Le orazioni catoniane possono essere scaglionate nel tempo e raccolte in
gruppi cronologicamente abbastanza organici ed omogenei e si propone questa
ripartizione, che prevede discorsi:
- Della prima fase, fino alla censura;
- Del periodo censorio;
- Del periodo fino al 171 a. C.;
- Del periodo dal 171 a.C. al 167 a. C.;
- Del periodo dal 167 a.C. al 154 a. C.:
- Del periodo finale, dal 154 a. C. alla morte di Catone
Catone, pur interessandosi prevalentemente di politica, fu oratore capace di
esercitarsi nei tipi di discorsi e nei temi più disparati, come dimostra la ricca
tipologia delle 82 orazioni pervenuteci.
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Un’oratoria articolata nei vari tipi di stile:
- il “genus umile”;
- il “genus mediocre”;
- il “genus grande”.
Il linguaggio, tipico del tempo in cui le orazioni furono tenute e dunque inserito
in un contesto culturale non ancora del tutto maturo non rifugge da espedienti
ricercati.
Catone può aver preso questi espedienti dall’eloquenza pratica presente già da
tempo in Roma, dove il saper parlare era ritenuto importante ai fini della
carriera politica; su questo tipo di eloquenza “naturale”, che costituisce la
matrice stessa dell’oratoria catoniane nelle sue componenti fondamentali, si
inserisce l’apporto dell’antica prosa sacrale latina, spia da un lato dell’impegno
stilistico di Catone, dall’altro della sua indipendenza dagli schemi della retorica
greca.
Va aggiunto che lo stile oratorio di Catone è caratterizzato:
- dalla “brevitas” nell’esposizione;
- dalla sentenziosità nell’espressione.
Non manca una struttura retorica nelle orazioni di Catone che si può così
configurare:
- “exordium”;
- “narratio”;
- “partitio”
- “argumentatio”
- “conclusio”
Comunque non si possono paragonare le orazioni catoniane, anche se
strutturate in modo retorico corretto a quelle di Cicerone: si trattava di orazioni
brevi, come provano i reperti in nostro possesso.
Possiamo concludere questa breve introduzione ricordando che Catone
conservava il testo scritto di un’orazione pronunciata, così da poterlo utilizzare
al momento opportuno ed in modo che quel testo possa venire a conoscenza di
un pubblico.
Questo modo di fare non significava necessariamente che lui intendesse
l’oratoria come letteratura in senso stretto, ma che egli voleva solo
riconoscerne ed apprezzarne l’utilità pratica e la sua funzione strumentale.
Ma così facendo si può pensare che Catone volesse superare i limiti
dell’oratoria del suo tempo e spianare la via al futuro sviluppo dell’eloquenza
romana intesa come arte.
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TESTIMONIANZE SCELTE FRA GLI SCRITTORI
ANTICHI
CICERONE
ESTRATTI
NEPOTE
ESTRATTI
LIVIO
ESTRATTI
La sua eloquenza vive e gode di alto onore, consacrata in opere dei tipi più
disparati.
Pronunciò molti discorsi di autodifesa, di difesa e di accusa: infatti dette molti
da fare ai suoi avversari non solamente come accusatore, ma anche come
difensore.
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Le inimicizie lo bersagliarono in gran numero ed egli a sua volta di inimicizie
fece oggetto gli avversari e non è facile dire se siano stati più i nobili ad
aggredire lui che lui a perseguitare i nobili.
Senza dubbio fu di carattere difficile e di lingua mordace e smodata.
PLINIO IL VECCHIO
ESTRATTI
QUINTILIANO
ESTRATTI
PLUTARCO
ESTRATTI
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PLINIO IL GIOVANE
ESTRATTI
FRONTONE
ESTRATTI
GELLIO
ESTRATTI
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APULEIO
ESTRATTI
Qualunque orazione componga Avito, essa sarà del tutto perfetta in ogni sua
parte, ricca sia della maestosità di Catone, sia dell’impetuosità di Gracco. . .
SIMMACO
ESTRATTI
GIULIO VITTORE
ESTRATTI
SULPICIO VITTORE
ESTRATTI
FORTUNAZIANO
ESTRATTI
Dovremo usare la narrazione suddivisa solo quando certi fatti ci sono contrari?
Anzi, anche quando i singoli particolari contengono la massima odiosità,
possiamo smembrare l’esposizione dell’avversario, in modo da servirci subito
dell’amplificazione una volta proposti i singoli particolari.
A quale scopo?Per eccitare lo sdegno dei giudici non una volta sola, ma tante
volte, a proposito dei singoli particolari, come fece Catone. . .
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LE ORAZIONI
I° - PRIMA ORAZIONE
COMMENTO
Si tratta della più antica orazione catoniana di cui ci siano pervenute tracce
sicure.
Catone la pronunciò da console in Spagna nel 195 a. C., a Numanzia,
probabilmente in occasione di una sosta presso la città durante il ritorno dalla
spedizione in Turdetania.
La valutazione dell’orazione non è sicura, sia per la difficoltà di definire con
esattezza i destinatari di essa sia per l’impossibilità di puntualizzarne
l’occasione.
Tuttavia, il tono pacato e non polemico dei frammenti pervenutici fa
propendere per una “suasio” indirizzata agli “equites” visti nella loro funzione
militare: dunque un discorso rivolto ai soldati.
COMMENTO
COMMENTO
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pronunciò un discorso, con cui cercò di convincere gli Ateniesi che Antioco,
verso cui essi avevano mostrato simpatia, come alleato non era in grado di
proteggerli e che meglio valeva essere piuttosto alleati dei Romani.
Si tratta dunque probabilmente di discorso politico – propagandistico, affine
alle lettere dello stesso tono che pressappoco nel medesimo periodo venivano
inviate dagli Scipioni per convincere popolazioni esterne a preferire la “fides”
romana a incerte alleanze.
COMMENTO
V° - QUINTA ORAZIONE
COMMENTO
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VI° - SESTA ORAZIONE
COMMENTO
COMMENTO
COMMENTO
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SUL DENARO VERSATO DAL RE ANTIOCO
(ANNO: 187 A.C.)
COMMENTO
X° - DECIMA ORAZIONE
SULLA CONGIURA
(ANNO: 186 A.C.)
COMMENTO
COMMENTO
COMMENTO
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XIII° - TREDICESIMA ORAZIONE
COMMENTO
COMMENTO
Orazione probabilmente censoria, dato che era compito dei censori occuparsi
dei “mores” dei cittadini e che nel titolo si parla proprio dei “mores” di Claudio
Nerone, forse da identificare con quel Claudio Nerone che fu pretore in Spagna
Ulteriore nel 195 a. C.
COMMENTO
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L’orazione era probabilmente bipartita – il titolo stesso pare comportare due
diversi capi d’accusa, uno relativo al “sacrificium”, l’altro all’incapacità di usare
il cavallo -; una sezione comprendeva le accuse relative ai sacrifici della “gens
Veturia”, l’altra esibiva le accuse relative all’inabilità di Lucio Veturio al servizio
del cavalierato.
I frammenti della prima parte, pur brevi, sono utili perché forniscono una serie
di notizie e dati sulle antichità romane attinenti alle cose del culto, con
riferimento alle “religione domestica”.
COMMENTO
COMMENTO
COMMENTO
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furono inseriti nelle liste senatoriali coloro che “spolia ex hoste fixa domi
haberent”.
Si capisce pertanto che potessero essersi verificati degli abusi e si intende
perciò il motivo per cui Catone si occupò della cosa, quasi sicuramente da
censore in considerazione dell’attinenza della materia con la “lectio senatus”, di
competenza appunto dei censori.
COMMENTO
COMMENTO
CONTRO OPPIO
COMMENTO
Oppio era un appaltatore che aveva appaltato le forniture del vino necessario
per i sacrifici pubblici dando la relativa garanzia, ma poi era venuto meno al
suo impegno e per tale ragione era stato attaccato da Catone in un’orazione
giudiziaria sicuramente databile alla censura, dato che la cura degli appalti
pubblici rientrava appunto nelle tra le competenze del censore.
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XXII° - VENTIDUESIMA ORAZIONE
COMMENTO
COMMENTO
COMMENTO
Non sappiamo per quale ragione e in quale circostanza precisa Catone abbia
parlato della propria censura in orazione pronunciata contro Termo; ma poiché
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sappiamo che un Lucio Termo fu attaccato da Catone nell’orazione
trentaseiesima per la gestione della legazione presso Tolomeo VII° nel 154-
153 a. C., si potrebbe ipotizzare che tale attacco di Catone sia dovuto a una
rivalsa nei confronti dell’attacco che proprio questo Termo avrebbe portato nel
183 a. C. contro la censura di Catone, attacco a sua volta determinato dalla
reciproca ostilità di Catone e dei Termi.
Comunque stiano le cose, l’orazione di Catone è chiaramente di tipo
autobiografico.
COMMENTO
Nel 180 a. C. in base alla “Lex Baebia” furono creati, per il 179 a. C.,solamente
4 pretori in luogo di 6; la legge sarà stata proposta e fatta approvare nel 181
a. C.,anno in cui fu console appunto un Baebius, precisamente Gneo Bebio
Panfilo; ma per il 178 a. C. si crearono nuovamente 6 pretori: evidentemente
la “Lex Baebia” fu abolita nel 179 a. C. in occasione dell’abrogazione Catone
parlò a favore del mantenimento della legge, con la nostra orazione appunto,
ma senza fortuna, visto che la legge fu cassata.
COMMENTO
Il “bellun Histricum” si protrasse con alterne vicende dal 183 a. C. al 177 a. C.;
in particolare nel 178 a. C. si verificò un temporaneo rovescio militare romano,
la cui notizia pervenne a Roma ingigantita tanto da determinare misure
straordinarie: possiamo pensare che proprio in occasione dei conseguenti
dibattiti senatoriali sia stato tenuto il discorso di Catone.
COMMENTO
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Catone ebbe modo così di studiare da vicino il modo di comportarsi del
condottiero, soprattutto il suo eccessivo largheggiare nel concedere
onorificenze ai soldati e la vanagloria che l’aveva spinto a farsi accompagnare
dal poeta Ennio in modo che le sue gesta fossero immortalate per il futuro.
Queste pecche di Nobiliare egli espose in una specifica orazione, tenuta
probabilmente subito dopo la censura dell’avversario, che cadde nel 179 a. C.,
mirante probabilmente a condannare l’operato di Nobiliare in qualità di
censore, ma poi allargata anche alla gestione di altri incarichi importanti.
COMMENTO
COMMENTO
L’orazione va posta in relazione con la notizia che nel 171 a. C. il senato decise
di nominare dei “recuperatores” con il compito di verificare il comportamento
dei magistrati romani nelle due Spagne e designare alcuni avvocati che
difendessero gli interessi dei provinciali: uno dei due “patroni” scelti per la
Spagna Citeriore fu Catone, che dimostrò essere Publio Furio Filo colpevole “de
repetundis” e lo costrinse a esulare a Preneste.
COMMENTO
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o perché nell’opposizione al dilagare dei matrimoni “sine manu”,
probabilmente legati alla spinta dei costumi greci comportanti forme di
emancipazione femminile, Catone identificava un elemento di
opposizione nei confronti dei Greci, coerente con il suo antiellenismo di
fondo.
Nell’appoggiare la legge Catone fu assai lungimirante, dato che essa restò in
vigore per tutta l’età repubblicana.
Va ricordato che Catone si occupò anche altrove dei problemi inerenti al peso
economico delle donne.
Il problema era infatti importante, perché col passare del tempo le donne
romane appartenenti alle classi più elevate vennero a disporre di ricchezze
sempre crescenti, spesso cospicue.
COMMENTO
COMMENTO
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Catone in questa orazione parlò a favore della concessione del perdono ai
Rodesi e la sua opinione ebbe il sopravvento.
Catone con questa scelta desiderava propagandare la propria tesi, essere bene
opporsi a forme di espansione a danno di paesi d’area ellenistica e favorire
invece forme di protettorato su quei paesi.
COMMENTO
COMMENTO
Sappiamo che il tribuno della plebe C. Orchio presentò nel 182 a. C. una legge
suntuaria relativa ai banchetti, che”praescribebat numerum convivarum”.
Più tardi si propose di cassare parte del disposto della legge, forse perché essa
sembrò con il passare del tempo, troppo severa; e Catone pronunciò il suo
discorso contro la proposta di cassazione.
DISCORSO (IMPRECISABILE)
COMMENTO
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XXXVI° - TRENTASEIESIMA ORAZIONE
COMMENTO
Termo fu a capo della commissione senatoriale inviata nel 154 a. C. per aiutare
Tolomeo VII° Evergete contro Tolomeo VI° Filometore a proposito del
problema di Cipro, probabilmente Termo si lasciò corrompere da Tolomeo
Emergete e poi per tale ragione fu attaccato al suo ritorno da Catone, che tra
l’altro era suo avversario personale.
COMMENTO
Si tratta della legge che impedisce che si sia consoli per due volte
consecutivamente, a favore della quale parlò Catone in questa orazione.
Probabilmente la legge è da porre in rapporto con la concessione di un terzo
consolato nel 152 a. C. a Marco Claudio Marcello, già console nel 166 a. C. e
nel 155 a. C. : in tal caso anche l’orazione di Catone cadrà pressappoco nel
medesimo periodo.
Si può forse ipotizzare che nell’orazione fossero poste a confronto due figure
contrapposte: quella del condottiero che si arricchisce illecitamente grazie ai
poteri consolari o proconsolati e quella del condottiero che merita lode perché
fa il suo dovere.
COMMENTO
Nel 151 a. C. il senato romano decise di liberare i mille ostaggi Achei (ridottisi
ormai a trecento9 che, dopo la sconfitta di Perseo, erano trattenuti in Italia:
In occasione del dibattito, Catone pronunciò questa orazione in favore della
loro liberazione.
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XXXIX° - TRENTANOVESIMA ORAZIONE
COMMENTO
COMMENTO
Sappiamo che Catone incitò alla guerra contro Cartagine a quattro riprese nel
periodo 153-150 a. C.; dei discorsi presumibilmente pronunciati in tali
occasioni a noi è pervenuto probabilmente l’ultimo e decisivo, databile al
periodo immediatamente precedente lo scoppio della guerra.
L’orazione forse prevedeva, a giudicare dai frammenti superstiti, una breve
“archeologia” di Cartagine, quindi una serie di particolari relativi alla
proverbiale “crudeltà” dei Cartaginesi, da cui si traevano determinate
conclusioni sulla necessità di distruggere la città punica.
COMMENTO
Servio Sulpicio Galba, da pretore (151 a. C.) e propretore (150 a. C.) condusse
le operazioni militari contro i Lusitani e, dopo aver convinto i nemici alla resa,
contro il diritto delle genti in parte li uccise, in parte li vendette schiavi
realizzando illeciti guadagni personali; per tale ragione al suo rientro a Roma
nel 149 a. C. fu accusato dal tribuno Lucio Scribonio Libone, il quale propose
che venissero liberati i Lusitani indebitamente venduti.
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Nell’occasione sostennero l’accusa contro Galba, come avvocati, Libone stesso,
Lucio Cornelio Cetego e Catone, mentre per la difesa Galba in persona
pronunciò tre orazioni, due in risposta a Libone e una in risposta a Cetego; il
fatto che non si abbia notizia di replica di Galba al discorso di Catone pare
costituire la prova che Catone sia stato l’ultimo a prendere la parola.
Si tratta probabilmente di un discorso giudiziario, da inserire nel problema
complessivo delle “quaestiones de repetundis”, come prova anche il modo di
citazione dell’orazione.
Catone aveva già tenuto un discorso contro Galba nel 167 a. C.; ora prese la
parola per difendere la “fides” pubblica, che ai suoi occhi costituiva uno degli
ideali politici fondamentali di Roma infatti l’aveva già difesa nelle orazioni
contro Termo e contro Furio in difesa dei Lusitani.
L’importanza di questa orazione fu subito colta da tutti e da Catone stesso e si
può equiparare in quanto a valenza politica, alla fondamentale “Pro
Rodiensibus”.
A favore della celebrità dell’orazione giocò anche il fatto cha Catone l’avesse
pronunciata ormai vecchissimo e nonostante ciò con grande vigore e che
avesse un avversario tutt’altro che disprezzabile come oratore.
Catone nel discorso sottolineava l’importanza del tema affrontato; sosteneva
che dovevano essere riscattati quelli dei Lusitani che erano stati venduti
schiavi, impiegando tra l’altro il tipo di ragionamento già usato nella “Pro
Rodiensibus”; probabilmente deplorava anche l’uso della “mozione degli affetti”
cui l’imputato aveva fatto ricorso recando con se dei fanciulli al processo: nelle
“Origines”, altra sua opera, aggiungeva criticamente che solo in virtù di tale
espediente Galba era riuscito ad ottenere l’assoluzione.
CONTRO ANNIO
COMMENTO
COMMENTO
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rapporto con la rivalità dei due come candidati alle stessa carica, ma si tratta
di ipotesi non verificabile in alcun modo.
In considerazione del tono piuttosto aggressivo dell’unico frammento
pervenutoci, si potrebbe pensare a orazione piuttosto antica.
COMMENTO
COMMENTO
Ritengo che con “De innocentia sua” le fonti intendano designare il titolo di
un’orazione a sé stante; la data non è precisabile; non è precisabile nemmeno
l’argomento dell’orazione, ma pare chiaro che Catone difendesse il proprio
operato dalle accuse di un ignoto (per noi) avversario politico.
COMMENTO
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XLVII° - QUARANTASETTESIMA ORAZIONE
COMMENTO
COMMENTO
COMMENTO
L° - CINQUANTESIMA ORAZIONE
COMMENTO
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esercitata da Catone e che d’altra parte pare concordare con un frammento
dell’orazione “In Publio Furium” risalente al 171 a. C., per cui si può ipotizzare
un periodo non lontano da quello della “In Publio Furium”
COMMENTO
COMMENTO
COMMENTO
COMMENTO
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un’orazione censoria; infatti sia dal titolo che dai frammenti, traspare un
atteggiamento simile a quello adottato da Catone anche in altri momenti della
vita, atteggiamento costantemente teso a combattere arbitri nell’uso e
destinazione della preda bellica; pertanto l’assunzione di tale atteggiamento di
questa orazione non comporta necessariamente un momento determinato.
Questa orazione non è dunque fissabile nel tempo; comunque, sarà
probabilmente da collegare con la conclusione di una imprecisabile campagna
militare.
SUGLI INDIGETI
COMMENTO
Data e occasione dell’orazione sono incerte, come hanno sostenuto tutti gli
esegeti.
COMMENTO
CONTRO LEPIDO
COMMENTO
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LVIII° - CINQUANTOTTESIMA ORAZIONE
COMMENTO
SU LETORIO
COMMENTO
COMMENTO
DUI BROGLI
COMMENTO
COMMENTO
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LXIII° - SESSANTATREESIMA ORAZIONE
COMMENTO
CONTRO PANSA
COMMENTO
COMMENTO
COMMENTO
Si ignora chi sia Cesezio e in quale occasione sia stata pronunciata l’orazione.
A FAVORE DI C . . .
COMMENTO
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LXVIII° - SESSANTOTTESIMA ORAZIONE
SU HABITUS
COMMENTO
SULL’AFFARE DI FLORA
COMMENTO
In questa orazione c’è incertezza non solo sulla cronologia, ma anche sul titolo
e dunque su reale tema dell’orazione stessa.
COMMENTO
COMMENTO
COMMENTO
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LXXIII° - SETTATREESIMA ORAZIONE
COMMENTO
SUGLI AUGURI
COMMENTO
SULLA DOTE
COMMENTO
COMMENTO
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LXXVII° - SETTANTASETTESIMA ORAZIONE
CONTRO . . .
COMMENTO
A FAVORE DI VETURIO
COMMENTO
COMMENTO
COMMENTO
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è noto il conservatorismo, fosse favorevole al mantenimento delle vecchie
leggi.
COMMENTO
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LE ORIGINI
INTRODUZIONE
ESTRATTI
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“passionalmente” vivace, polemica e politicamente “impegnata” di quanto non
fossero la produzione annalistica precedente e coeva e la produzione greca più
recente.
Anzitutto l’opera è composta in Latino, probabilmente in polemica con la
tradizione annalistica, che oltre ad essere composta in lingua greca era anche,
contemporaneamente, di natura aristocratica, dunque di matrice ideologica
diversa da quella di Catone.
Ancor più, costituisce atto personalissimo l’inserzione nelle “Origines” ad opera
di Catone di alcune delle sue proprie orazioni, cioè l’utilizzazione nella
storiografia di quello strumento politico che Catone stesso giudicava
fondamentale: se per questo punto specifico può aver giocato come concausa
l’influsso della tradizione storiografica greca, che prevedeva l’impiego dei
discorsi come momenti nodali dello sviluppo degli eventi, certo l’iniziativa di far
ricorso a discorsi propri è un segno della prepotente personalità di Catone.
Moralismo da un lato, inserzione di discorsi nel tessuto narrativo storiografico
dall’altro: due elementi per cui Catone fu antesignano e maestro della
successiva tradizione storiografica romana, in cui moralismo ed impegno dei
discorsi saranno sempre ben presenti e addirittura qualificanti.
Ed anche nello sviluppare il tema della decadenza, soprattutto in rapporto alla
pericolosità del lusso, Catone apri la via alla storiografia successiva.
Allo stesso modo, Catone fu maestro per i posteri dal punto di vista della prosa
storiografica.
Infatti il suo stile storiografico presenta notevoli punti di contatto con la prosa
delle orazioni, sia nella capacità di variare i livelli tonali nelle diverse sezioni
dell’opera, sia nelle scelte lessicali e sia nella struttura sintattica.
Anche dal punto di vista stilistico Catone profonde largo impegno nelle
“Origines”, come nelle orazioni: va segnalata soprattutto:
una certa varietà di toni: dalla nitidezza alla secchezza della cronaca,
dalla descrizione ricca di particolari efficaci alla felice caratterizzazione di
altri;
né mancano potenza e drasticità descrittiva.
In realtà la formula storiografica creata da Catone fu vitale nel corso del
tempo anche se non ebbe seguaci immediati.
Concludendo queste brevi riflessioni si potrebbe dire che è chiaro l’influsso
operato da Catone nella successiva tradizione storiografica nella direzione di
un’orgogliosa contrapposizione nei confronti della grecità e non è impossibile
che egli abbia avuto un peso assai rilevante nel condizionare o addirittura
nell’impostare una certa visione della storia di Roma, soprattutto in rapporto
all’importanza determinante della seconda guerra punica nel progressivo
affermarsi della potenza dell’Urbe.
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TESTIMONIANZE SCELTE FRA GLI ANTICHI SCRITTORI
CICERONE
ESTRATTI
NEPOTE
ESTRATTI
LIVIO
ESTRATTI
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Lasciami sfogliare le tue stesse “Origini” contro le tue affermazioni. . .
DIONIGI
ESTRATTI
Porcio Catone che ha raccolto con grande cura le origini delle città italiche.
PLINIO IL VECCHIO
ESTRATTI
Marco Catone, avendo eliminato i nomi dei condottieri nella sua opera storica. .
QUINTILIANO
ESTRATTI
PLUTARCO
ESTRATTI
FESTO
ESTRATTI
Quanto al fatto che Catone diede alla sua opera il titolo di “Origines”, pare che
non abbia abbracciato con tale titolo tutto il complesso della materia prevista,
perché vi prevalgono i fatti relativi al popolo romano. . . .
FRONTONE
ESTRATTI
Acutamente Catone il Censore, degno di essere onorato dalla patria con statue
erette in ogni città, illustrò le prime manifestazioni di abilità e la stirpe del
nome latino, le “origini” delle città italiche e le prime fasi di vita degli
Aborigeni. . . .
SERVIO
ESTRATTI
Virgilio allude a Catone il Censore, lo storiografo. . . .
Catone nelle “Origini” scrisse in merito alle città italiche. . .
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Questo modo di vivere degli italici Catone ricorda nelle “Origini”. . .
ANALISI DELL’OPERA
LIBRO I°(PRIMO)
1. PROEMIO
Per quanto riguarda questi frammenti sono utili i cataloghi delle popolazioni
italiche proposti da Plinio il Vecchio.
In questa parte dell’opera Catone espone la sua posizione tra gli storici greci e
romani che si occuparono dell’argomento.
I frammenti pervenuti ci possono solo dare una indicazione parziale
dell’argomento trattato.
LIBRO V° (QUINTO)
1 . FATTI DI SPAGNA
Dobbiamo fare riferimento alla campagna ispanica di Catone: infatti egli cita la
sua orazione sull’argomento:”Dierum dictarum de consulatu suo”.
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2 . FATTI DI MACEDONIA E DI ILLIRIA
Nel quadro dei fatti macedonici e illirici Catone riporta in questa parte la sua
orazione in favore dei Rodii.
In questo libro Catone riporta l’orazione scritta contro Galba che nel 151-150
a. C. da pretore e propretore aveva violato la “fides” romana nei confronti dei
Lusitani.
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IL DE AGRI CULTURA
INTRODUZIONE
ESTRATTI
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possidente l’investimento migliore possibile, soprattutto quando l’attività
agricola riesce a specializzarsi e ad indirizzarsi, più che al frumento, ad altre
coltivazioni più redditizie, in particolare alla vite e all’ulivo.
La disponibilità di manodopera servile abbondante e a basso costo comporta
che la misura del fondo sia sensibilmente più ampia rispetto ai periodi
precedenti, dunque una misura nettamente superiore all’auto sostentamento e
tale da consentire accumulo di ricchezza, cioè attività imprenditoriale ed il
fondo stesso tende a diventare latifondo.
Naturalmente la gestione del latifondo può comportare problemi quando il
proprietario non risieda nel fondo stesso: per cui la necessità di un’attenta cura
preliminare nella scelta di un “vilicus”, che presieda all’attività complessiva
della “famiglia” e che in qualunque momento possa renderne esattamente
conto al proprietario.
A sua volta il proprietario deve possedere competenze specifiche che gli
consentano di valutare adeguatamente l’operato del 2vilicus” dal punto di vista
della resa economica del fondo.
Proprio sotto questo aspetto entra in gioco l’esperienza personale di Catone,
per cui il “De agri cultura” riflette tale situazione socio-economica, che
potremmo definire come situazione in evoluzione e moderna.
Tuttavia tale visione moderna dell’agricoltura prospettata nel trattato pare
smentita da Catone stesso.
Infatti si pensa che nel “De agri cultura” Catone abbia voluto formalizzare e
canonizzare non tanto la situazione del suo tempo, quanto quella di tempi
precedenti basata sulla convinzione che l’agricoltura fosse l’unica attività
tradizionalmente degna del “vir” romano visto nella sua dimensione migliore e
più piena.
Catone si sarebbe accorto che l’agricoltura stava entrando in crisi a causa della
concorrenza dell’allevamento e che, in tal modo, poteva subire gravi danni
quella classe sociale dei piccoli proprietari terrieri, che nel corso del tempo
aveva costituito un insostituibile serbatoio di virtù civiche e militari; per questa
ragione avrebbe composto un libro che implicitamente si configurava come un
invito a praticare l’agricoltura, dato che anche questa attività era ottima fonte
di guadagno.
Dunque il “De agri cultura” va valutato come opera aperta sia alla novità del
lavoro servile e dunque sulla rendita della grande proprietà sia alle tradizioni
del passato.
Infatti nella prefazione dell’opera Catone sottolinea l’importanza dell’agricoltura
sia ai fini della definizione del “vir bonus” sia in quanto “serbatoio” di valorosi
soldati e quindi l’importanza dell’agricoltura ai fini del conseguimento della
“virtus”.
Si può rilevare anche una seconda involontaria incongruenza: mentre Catone
sul piano politico-sociale cercò di operare a vantaggio dei piccoli proprietari
terrieri, nel “De agri cultura” egli si rivolge di fatto a quella categoria
privilegiata di “medi proprietari” che era sorta in seguito al tipo di politica
perseguita da Roma nella fondazione delle colonie latine nei primi anni del II°
secolo a. C., che prevedeva l’assegnazione ai titolari di vasti poderi.
Concludendo possiamo affermare che il nostro trattato si presenta come opera
composita ed in qualche modo “sperimentale”: tra letterature e pratica, tra
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improvvisazione ed organica articolazione, comunque di struttura aperta a
metà tra il vecchio e il nuovo.
CICERONE
ESTRATTI
VARRONE
ESTRATTI
Non si leggono forse molte osservazioni simili nel libro scritto da Catone
sull’agricoltura?. . . .
COLUMELLA
ESTRATTI
Ricordiamo il famoso Marco Catone il Censore, che per primo fece si che
l’agricoltura si esprimesse in latino. . .
PLINIO IL VECCHIO
ESTRATTI
Il celebre primo dei Catoni. . . famoso . . . per la fama letteraria e per i precetti
impartiti ai Romani su ogni argomento desiderabile, soprattutto sull’agricoltura
per ammissione del suo secolo coltivatore eccellente e senza rivali. . . .
PLUTARCO
ESTRATTI
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MARCO AURELIO
ESTRATTI
Dall’undicesima ora della notte fino alla terza del giorno successivo mi sono
esercitato a leggere il libro catoniano sull’agricoltura nella composizione scritta.
ISIDORO
ESTRATTI
CAP. I° ( PRIMO )
CAP. V° ( QUINTO )
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CAP. VIII° ( OTTAVO )
Il fondo suburbano
CAP. X° ( DECIMO )
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CAP. XIX° ( DICIANNOVESIMO )
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Finita la vendemmia, si ripongano le attrezzature del torchio
Cosa seminare
La fornace da calce
CAP. L° ( CINQUANTESIMO )
Le talee d’ulivo
La vite vecchia
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CAP. LXII° ( SESSANTADUESIMO )
58
CAP. XCV° ( NOVANTACINQUESIMO )
CAP. C° ( CENTESIMO )
Perché le piante di fico non lascino cadere i frutti non ancora maturi
59
Perché le pecore non contraggano la scabbia
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CAP. CXXVII° ( CENTOVENTISETTESIMO )
Ricetta per fare con le olive “l’epitiro” bianco, nero o di colore vario
Cosa fare contro le coliche, in caso di dissenteria, nel caso che tenie e vermi ti
tormentino
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Se vuoi intonacare l’abitazione
Prima di dare avvio alla mietitura, offri il sacrificio della “porca praecidanea”
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CAP. CXLVIII° ( CENTOQUARANTOTTESIMO )
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CAP. CLIX° ( CENTOCINQUANTANOVESIMO )
Le scope di rametti
Il vinello
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Come seminare gli asparagi
LETTERE
COMMENTO
MANUALETTO DI STORIA
COMMENTO
66
MANUALETTO DI MEDICINA
COMMENTO
AL FIGLIO MARCO
COMMENTO
SUI COSTUMI
COMMENTO
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La scelta stessa dell’aspetto formale è indicativa delle finalità che Catone si
proponeva: fornire dettami su come conservare le virtù avite e tradizionali.
L’atteggiamento assunto da Catone per quanto possiamo cogliere dai pochi
frammenti, è caratterizzata da sentenziosità e si traduce in massime di utilità
pratica.
COMMENTO
COMMENTO
DETTI MEMORABILI
COMMENTO
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Forse non poche delle “sententiae” erano originariamente inserite in tutt’altro
contesto catoniano,da cui furono estrapolate con il fine preciso di illuminare
questo o quell’aspetto dell’indole del Censore.
LINGUA E STILE
ESTRATTI
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V a rilevato che in queste due opere lo stile è ricco di espedienti che, immessi
in una lingua comune di base, mirano ad elevarne il tono.
Nel registro linguistico basso rientra il “De agri cultura”.
In questa opera si può evidenziare come Catone proceda su due piani
paralleli:
da un lato impiegando in modo massiccio la terminologia tecnica
dall’altro lato, seleziona al massimo fino alla monotonia, il lessico usuale
di base, limitandolo a pochi termini, nella precisa volontà di rinunciare a
qualunque cura formale non funzionale al discorso sviluppato
Tuttavia, nonostante tali differenze di livello stilistico, sono isolabili alcune
costanti complessive nel “sermo” di Catone, che accomunano le varie opere tra
loro: si tratta fondamentalmente dell’inclinazione per la “novatio verborum”
legata:
alla predilezione per il vocabolo espressivo e corposo;
all’impiego di una terminologia adatta al tema affrontato, che giunge fino
al tecnicismo verbale.
Concludendo si può dire che la lingua di Catone si configura ben più articolata
di quanto si pensasse qualche decennio fa.
A conferma di ciò è possibile identificare una prima creazione di strutture
retoriche ben organizzate nelle orazioni catoniane
COMMENTO
Come si ricava facilmente da quanto s’è detto sino ad ora, molte delle notizie
relative a Catone risalgono direttamente a Catone stesso.
Catone nelle sue opere parlò molto di se stesso, perciò si spiega che non pochi
aspetti dell’odierna problematica catoniana siano stati anticipati dagli antichi
scrittori.
Sono particolarmente importanti quegli spunti auto elogiativi che
condizionarono in seguito l’opinione dei posteri su Catone, sparsi in grande
quantità nelle orazioni.
Questi spunti sono stati ripresi dalla successiva tradizione in autori quali:
Cicerone
Livio
Di pari passo con i giudizi favorevoli sulla figura dell’uomo procedono le
citazioni delle opere di Catone da parte di:
Scrittori arcaicizzanti del secolo secondo dopo Cristo e da Carisio che
citano le orazioni;
Nonio che cita le “Origines”;
Varrone, Columella e Plinio il Vecchio citano il “De agri cultura;
Verrio Flacco, che cita molti luoghi catoniani nella sua opera
Si può affermare che col passare del tempo la figura di Catone divenne
leggendaria.
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Dopo un cenno fugace di Lucillio, spiana la via cicerone che idealizza la figura
di Catone ormai anziano nella sua opera filosofica “Cato maior de senectute”.
Sallustio ne fa quindi un maestro di morale e di lingua e lo sfrutta tanto da
essere definito un saccheggiatore dell’opera catoniana.
Livio cita le “Origines” soprattutto in relazione alle sezioni della più antica
storia di Roma.
Dionigi di Alicarnasso apprezza l’opera storiografica di Catone, come Varrone e
Ottaviano Augusto.
Nella prima età imperiale:
Valerio Massimo cita ripetutamente Catone, come esempio di virtù;
Frontino ricorda alcuni stratagemmi militari di Catone;
Plinio il Vecchio esalta la figura morale di Catone in tutti i campi;
Silio Italico conosce le opere del nostro autore;
Plutarco conosce bene sia le opere che la vita di Catone.
L’età degli Antonimi nutre un vero e proprio culto per Catone:
L’imperatore Adriano antepone Catone a Cicerone;
Floro riprende la concezione storiografica di Catone;
Frontone considera Catone il massimo esponente dell’oratoria romana;
Gellio cita numerosi passi delle opere di Catone.
Anche in testi documentari Catone è ricordato come punto di riferimento
dell’oratoria romana: vedi il retore Mario Romanius Iovinus.
Anche la tradizione grammaticale studia e cita largamente Catone:
Statilio Massimo;
Carisio;
Nonio;
Servio;
Pisciano.
Più tardi, Catone è tenuto presente dalla tradizione cristiana che ne utilizza il
nome come un proverbio:
Vegezio;
Agostino;
Gerolamo;
Isidoro
Nel Medioevo conoscono Catone e lo citano:
Hildericus;
Osberno di Gloucester;
Giovanni di Salisbury;
Ugo di San Vittore;
Guglielmo di Malmesbury.
Catone è conosciuto nel mondo tardo – greco/bizantino da Giovanni Stobeo
fino a Teodoro Metochites ( secoli XIII° - XIV° D. C.)
Concludendo si può affermare che la figura di Catone era a tal punto
conosciuta ed autorevole, che sotto il suo nome vennero a poco a poco forgiati
e spacciati come autentici i cosiddetti “Distiche Catonis”, una raccolta di
sentenze che si ispira alla sentenziosità quasi oracolare presente in certi
atteggiamenti autenticamente catoniani, ma che è costituita in realtà da una
serie di falsi accavallatisi nel tempo e concresciuti gli uni sugli altri.
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