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1- i nemici di Cicerone

1. C. Licinio Verre fu un uomo del di atore Silla e un convinto sostenitore della asse o aristocra co. La sua
carriera ha inizio nell'84 a.C., allorché ricopre la carica di questore so o il console Papirio Carbone, e già
si dis ngue per avidità e slealtà: infa tradisce il console e passa apertamente dalla parte di Silla che sta
marciando su Roma. O ene la pretura, quando, pur essendo morto il di atore, il regime sillano è ancora
vigente. Diventa governatore della Sicilia; tale incarico gli viene prorogato per altri 2 anni, a causa della
rivolta di Spartaco che divampa in Italia meridionale e rende necessario un ferreo controllo della vicina
isola. Di ques tre anni Verre approfi a per instaurare in Sicilia un sistema di sfru amento micidiale e
odioso, fondato sull'abuso e sulla violenza, grazie al quale accumula un'ingente quan tà di denaro, opere
d'arte e ogge preziosi. Terminata la carica, Verre rientra a Roma; i Siciliani abba ono le statue che lo
raffigurano, collocate nei luoghi pubblici, e promuovono a Roma un'azione giudiziaria colle va contro l'ex
governatore, per il reato de repetundis (concussione ed estorsione). Per fare causa a Verre, i Siciliani si
rivolgono a Cicerone, che si è fa o conoscere in Sicilia come corre o amministratore durante la questura.
Cicerone presenta l’istanza di accusa (postula o) al presidente del tribunale. A Roma infa non esiste la
figura del pubblico accusatore o pubblico ministero; l'inizia va di muovere l'accusa viene presa dal privato
ci adino che abbia o enuto l'autorizzazione del tribunale per farlo. Per parte sua, Verre non resta certo
inerte: si vanta di aver rubato a sufficienza per pagare gli avvoca e i giudici, chiama in sua difesa Ortalo,
il migliore avvocato del momento. Ortalo ostacola Cicerone facendo presentare l'istanza di accusa anche
all'ex questore di Verre. La prima udienza del tribunale è dunque la cosidde a divina o, nella quale i
giudici devono decidere a chi spe sostenere l'accusa, quando vi sono più proponen . Cicerone pronuncia
il suo discorso e o ene l'incarico. Chiede quindi un lasso di tempo di centodieci giorni per recarsi in Sicilia
a raccogliere le prove. In soli 50 giorni riesce a recuperare mol ssime prove e tes moni. Ma nel fra empo
la difesa di Verre ha a uato un altro escamotage: ha fa o in modo che qualcuno presentasse un'analoga
accusa de repetundis contro un altro governatore, chiedendo 108 giorni per la raccolta delle prove; Per
questa ragione questa accusa viene posta prima e Ortalo prende tempo. La strategia dei difensori di Verre,
infa , è a largo raggio e punta a trascinare la causa fino all'anno seguente. Il diba to parte anche se,
dopo 10 giorni, si sarebbe dovuto bloccare per i giochi ludici. Perciò Cicerone ribalta l'impostazione
canonica dell'accusa invece di presentare una lunga ed esauriente ra azione preliminare dei capi
d'imputazione, svolge un breve discorso d'apertura (Ac o primo in Verrem) e passa subito all'escussione
dei tes moni. Le prove contro Verre gravissime e incontestabili, cominciano ad accumularsi
massicciamente davan ai giudici. La sfilata dei tes d'accusa dura nove giorni; ma già al secondo Verre
non si presenta in udienza fingendosi malato, e al terzo giorno Ortensio "ge a la spugna" rinunciando alla
difesa. L'imputato parte in esilio volontario.

2. Pur essendo stato un grande ammiratore di Giulio Cesare per gran parte della sua carriera poli ca,
Cicerone finì per diventare uno dei suoi nemici dopo che Cesare si rifiutò di rispe are i limi cos tuzionali
del suo potere. Infa nel 63 aC Cicerone si candidò per il consolato del 64 aC, sostenuto dagli op mates
(la classe ricca e conservatrice), diventando quindi oppositore poli co dei populares (i più progressis ),
sostenu invece da Cesare, come anche da Caio e Tiberio Crasso (che a uarono riforme egualitarie, come
quella agricola, al fine di depotenziare i la fondis a favore dei contadini). Cicerone si inimicò
defini vamente Cesare prendendo le distanze dal suo triumvirato (nato nel 60 aC tra Cesare, Pompeo e
Crasso). Infine nel 46 aC, durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo, Cicerone si schierò con Pompeo e
pronunciò un discorso noto come "De Provinciis Consularibus" in cui a accò Cesare per aver violato le
leggi e la cos tuzione romana.
3. Lucio Sergio Ca lina (patrizio, nato nel 108 aC) era un nobile decaduto che cercò il proprio risca o nella
poli ca, cercando di fare carriera a raverso il populismo. Fu pretore nel 68 aC e propretore in Africa nel
67 aC. Tentò di candidarsi al consolato ma nel 66 aC gli viene impedito perché vien processato per
concussione, nel 64 aC riuscì a candidarsi ma venne sconfi o da Cicerone e Caio Antonio Ibrida. Nel 63 aC,
dopo esseri ricandidato al consolato ma venendo nuovamente sconfi o, tentò di rovesciare la Repubblica
romana e di appropriarsi del potere, ordendo una congiura nota come la Congiura di Ca lina. Cicerone,
una volta scoperta la congiura, divenne uno dei principali oppositori di Ca lina e pronunciò una serie di 4
orazioni note come le "Ca linariae" per denunciare e sconfiggere la congiura. Ca lina fuggì in Etruria dove
si unì alle forze reclutate dai complici, per poi comba ere a Pistoia nel 62 aC le truppe consolari, ma muore
sul campo. Gli altri congiura , suoi complici, vennero però condanna a morte (nonostante Cesare fosse
contro la pena di morte, mentre Cicerone e Catone l’U cense no), ma senza provoca o ad populum
(possibilità di appellarsi al popolo per un eventuale ribaltamento della sentenza).

4. Publio Clodio Pulcro fa parte della s rpe dei Claudii (famiglia di an chissima nobiltà) ed era il fratello della
Clodia/Lesbia di Catullo. All’inizio della sua vita poli ca lo si può iden ficare come sostenitore di Cicerone,
di cui fu collaboratore e guardia del corpo durante tu o il processo a Ca lina. Clodio fu l’amante della
moglie di Cesare, Pompea, e fu arrestato per incestus, ma o ene un verde o di assoluzione dal processo
corrompendo la maggior parte dei giura . Questa scelta sancisce la fine della sua amicizia con Cicerone,
che si schiera contro di lui. Per ambizione dell’incarico di tribuno della plebe, Claudio, con la sacrorum
detesta o, abiura le proprie origini e la propria discendenza aristocra ca e diventa quindi plebeo,
prendendo quindi il nome di Clodio. Diventò effe vamente tribuno nel 58 aC e iniziò la sua intensa a vità
legisla va, proponendo la lex Clodia de capite civis Romani, una legge retroa va per esiliare ed
espropriare dei propri beni chiunque avesse condannato qualcuno senza concedere la provoca o ad
populum, esa amente ciò che aveva fa o Cicerone con i congiura . Con la lex de exilio Ciceronis Cicerone
viene quindi esiliato dalla ci à. L’esilio dura solamente un anno grazie all’intercessione di Pompeo a favore
di Cicerone, che torna quindi a Roma. Il confli o con Clodio con nuò comunque, finché questo non finì
per essere assassinato nel 52 aC.

5. Marco Antonio (nato nell’83 aC) era un poli co e generale romano che si schierò al fianco di Giulio Cesare
nella guerra civile e, in seguito al suo assassinio nel 44 aC, si propose come suo erede poli co. Quindi
mentre Cicerone fu un sostenitore del Senato romano e della Repubblica, Marco Antonio era invece un
sostenitore di Cesare e cercava di consolidare il potere imperiale. Nel 43 aC scoppiò una nuova guerra
civile tra Antonio e O aviano, e Cicerone, sostenitore di O aviano, pronunciò una serie di 14 orazioni
note come le "Philippicae" per a accare aspramente e denunciare Marco Antonio e sostenere la causa
della Repubblica (paragonando Antonio e la sua volontà di privare Roma delle proprie volontà a Filippo,
padre di Alessandro Magno, che tentò di so ome ere le poleis greche). Tu avia, Marco Antonio alla fine
prevalse, la guerra civile si concluse con una tregua e nel 43 aC forma insieme a O aviano e Lepido il
secondo triumvirato. Antonio fa però proscrivere Cicerone, mandando successivamente dei sicari a
ucciderlo e gius ziarlo: gli verranno tagliate mani e testa e questa verrà infilzata sui rostri dove aveva
pronunciato le "Philippicae" . Nel 42 aC vince la Ba aglia di Filippi e prende il controllo delle province
orientali, dove nel 41 aC conosce Cleopatra diventandone successivamente l’amante. Viene dichiarato
nemico pubblico del Senato e con la Ba aglia di Azio nel 31 aC viene sconfi o da O aviano. Infine nel 30
aC si suicida ad Alessandria d’Egi o.
2- il ruolo poli co di Cicerone (origine sociale, obie vi persegui , partecipazione ed
esclusione)

Cicerone è stato uno dei più importan uomini poli ci dell'an ca Roma, noto per la sua eloquenza e la sua
abilità retorica. Nato nel 106 aC ad Arpino, la sua origine sociale era quella di una famiglia di rango equestre,
il che significa che non proveniva dall'aristocrazia patrizia romana ma aveva comunque una buona posizione
sociale e un'istruzione di qualità: completò infa la propria formazione in Grecia, a Rodi, dove studia
l’oratoria e dove apprende lo s le retorico rodio (intermedio fra gli altri due s li dell’epoca, asianesimo, più
ampolloso e pate co, e l’a cismo, più sobrio ed essenziale). Nell’81 aC ha inizio la sua carriera oratoria e
poli ca, quando sostenne la sua prima causa (esordendo con la sua prima orazione “Pro Quinc o”). Cicerone
fu il primo della sua famiglia a percorrere il cursus honorum fino ai ver ci della poli ca.

Prime tappe del suo cursus honorum:

1. Cicerone iniziò la sua carriera poli ca come questore in Sicilia nel 75 aC


2. Nel 74 aC entra in Senato come ex questore
3. Edile nel 69 aC
4. Pretore nel 66 aC
5. Elezione al consolato nel 63 aC, ba endo Ca lina, rappresentante dei populares

Uno degli obie vi principali di Cicerone era quello di rafforzare il sistema poli co repubblicano di Roma e di
difenderlo contro le minacce interne (corruzione) ed esterne. Cicerone credeva nella virtù della cos tuzione
romana e nella necessità di difenderla contro le ambizioni dei poli ci ambiziosi e corro , anche a costo di
decisioni dras che (non nascose mai la sua propensione per la pena capitale di chi considerava nemico). In
par colare, era preoccupato per le a vità di Ca lina, un poli co che cercava di prendere il controllo della
repubblica con metodi illegali e violen , e infa Cicerone svolse un ruolo cruciale nella sua sconfi a e nella
preservazione della repubblica.

Nonostante la sua importanza poli ca, Cicerone fu anche escluso dalla poli ca romana in principalmente due
occasioni. La prima, dopo la morte di Cesare nel 44 aC, quando Cicerone sostenne Marco Tullio Cicerone, suo
cugino, nella sua opposizione a Marco Antonio, che, quando prese il potere, esiliò Cicerone e confiscò i suoi
beni. Richiamato dall’esilio un anno dopo, Cicerone comunque rimase ai margini della vita poli ca, limitando
la sua a vità alla scri ura di opere filosofiche e le erarie. Il secondo episodio di esclusione dalla poli ca,
questa volta defini va, fu nel 43 aC, durante il secondo triumvirato, quando per primo venne scri o nelle
liste di proscrizione (de ate da Antonio e approvate da O aviano), per poi essere ucciso e gius ziato dai
sicari di Antonio: gli vengono tagliate mani e testa e questa viene infilzata sui rostri del Foro romano dove
aveva pronunciato le "Philippicae" proprio contro Antonio.
3- la retorica: modelli greci e teoria Ciceroniana
Cicerone fu uno dei più grandi oratori della Roma an ca e la sua retorica fu influenzata in modo significa vo
dai modelli greci e dalla sua teoria retorica. La formazione di Cicerone inizialmente fu ispirata in par colare
alla do rina degli oratori sofis , come Gorgia e Protagora. Tu avia, in seguito si concentrò sulla retorica di
Isocrate, che enfa zzava l'importanza dell'eloquenza nel servizio pubblico. Cicerone ammirava Isocrate per la
sua abilità nell'uso del linguaggio e nella presentazione delle sue argomentazioni. La sua influenza si può
notare nella stru ura degli scri di Cicerone, che spesso seguivano un modello tripar to (esordio, narrazione
e perorazione) simile a quello delle opere di Isocrate.

Cicerone, oltre alla propria vita poli ca, si dedicò alla scri ura sia di orazioni che di opere retoriche (o
oratorie).
Le orazioni sono discorsi compos per essere recita oralmente in occasioni specifiche. L’oratoria, genere di
origine greca, si basava sull’eloquenza (l’arte del dire in modo persuasivo). Le orazioni ciceroniane conservate
per intero sono 58. Si dis nguono in giudiziarie (discorsi pronuncia in tribunali durante i processi, es. le
“Verrinae”, sempre so nteso ora ones) e delibera ve (poli che, pronunciate in assemblee poli che, ad
esempio in Senato, volte a persuadere un’assemblea su ques oni di interesse pubblico es. “Ca linariae”,
“Philippicae”...).
Per quanto riguarda invece gli scri retorici (come anche per la filosofia e la poli ca) ado ò la tecnica del
dialogo ripresa da Platone e Aristotele. I tes infa fingono una vera e propria conversazione intorno ad un
tema. Le opere più importan sono il “Brutus” e il “De Oratore”.

Cicerone inoltre sviluppa teorizza il metodo che u lizzava per scrivere i propri discorsi, basandosi sempre sulla
tradizione greca ma ada andola alla cultura e alla poli ca romana. Era necessario che il metodo fosse seguito
pedissequamente, perché sia il discorso giudiziario che quello delibera vo avevano uno scopo ben preciso: il
primo, o enere l’incriminazione o il proscioglimento dell'imputato, il secondo, o enere che venga presa una
decisione poli ca dal senato.

La teoria ciceroniana della retorica, definisce innanzitu o la stru ura che le orazioni giudiziarie dovevano
seguire (cosa che però spesso si poteva applicare anche a quelle delibera ve):

1. EXORDIUM (esordio): solitamente pacato, in sordina (contravviene a questa regola nell’exordium nella
Prima Ca linaria che è infa Ex abrupto). Obie vo dell’exordium è a rare l’a enzione dell’assemblea a
cui si sta parlando (giudici o senatori).

2. NARRATIO (narrazione): parte in cui vengono presenta i fa . Deve dare la sensazione di essere una
narrazione ogge va dei fa , in realtà è molto opportuno che me a in luce gli elemen che poi, nella fase
successiva, cos tuiranno il castello accusatorio. Non si devono dire cose false (questo sarebbe
controproducente se scoperto) ma la narra o non sarà mai neanche completamente ogge va. Si può
scegliere di cosa parlare e cosa tacere, si possono u lizzare determina termini invece di altri, non neutrali
ma che in un certo modo indirizzino la valutazione dei giudici o dei senatori. Se la narra o è efficace poi
sarà più semplice costruire l’argumenta o. Nella narra o ci sono spie linguis che che rivelano la presa di
posizione dell’oratore. (Nella narra o della Prima Ca linaria, Cicerone ci dà informazioni avute da
pochissime ore da un’amante di un congiurato).

3. ARGUMENTATIO (argomentazione): presentazione delle prove a sostegno della propria tesi e


confutazione degli argomen della parte avversa.

4. PERORATIO (epilogo): Al termine del discorso c’è la perorazione finale in cui si cerca di convincere i
giudici o il senato. L’oratore prima di congedarsi fa un appello al senato o alla giuria (nel caso della Prima
Ca linaria, Cicerone cercherà di portare i senatori dalla propria parte perché c’è il sospe o che alcuni
senatori, incluso Cesare, siano coinvol nella congiura).
Cicerone pensava inoltre che l’oratore perfe o dovesse essere colto, peritus (=esperto), dovesse essere
fornito di una ricchissima cultura, dovesse avere una conoscenza approfondita di tu gli argomen
importan e di tu e le discipline. Egli deve sapere parlare con competenza e efficacia su qualsiasi
argomento, altrimen i suoi discorsi sono vuo e puerili e deve essere impegnato nella vita pubblica.
L’oratore perfe o (anche secondo l’oratoria greca, a cui si rifà Cicerone) doveva seguire 5 fasi nella
preparazione della propria orazione:

1. INVENTIO (da invenio = trovare, bisogna trovare i contenu , gli argomen )

2. DISPOSITIO (gli argomen non hanno tu la stessa importanza, per cui vanno dispos nel modo più
opportuno, alcuni prima, altri dopo)

3. ELOCUTIO (da eloquium: si pensa a quali figure retoriche si u lizzeranno e dove, in che pun del discorso
si u lizzeranno. Iperbole? Dove? Personificazione? ...)

Poi per chi deve pronunciare il discorso altre 2 azioni da compiere:

1. MEMORIA: l’imparare a memoria, (i discorsi non erano le )

2. PRONUNTIATIO o ACTIO: (da ago: come si pronuncia il discorso, dove si devono fare pause, dove alzare
la voce, Che ges u lizzare, che espressioni del viso?...)

I 3 obie vi invece che doveva avere sono:

1. PROBARE (proporre dei fa ) o DOCERE (informare)

2. DELECTARE (a rare l’a enzione, tenere stre a l’a enzione di chi ascolta)

3. MOVERE (fare provare emozioni) e FLECTERE (fare cambiare idea a chi ascolta, a rarlo dalla propria
parte)
4- opere filosofiche: modelli greci, metodo dossografico e argomen tra a
Innanzitu o, la scri ura di opere filosofiche di Cicerone si può dividere durante l’esilio, il suo o um forzato.

È il primo a scrivere in prosa di filosofia e conia quindi un nuovo lessico tecnico-filosofico la no, per poter
divulgare e rendere accessibili ai romani i sistemi filosofici che al tempo esistevano solo in lingua greca (per
questo si può dire che le sue opere siano di influenza greca). Questo lessico che cara erizza lo s le ciceroniano
filosofico comprendeva una minima parte di grecismi e neologismi, ma sopra u o termini la ni già esisten
ma piega a nuove accezioni specificatamente filosofiche, in funzione delle nuove esigenze espressive.

Il suo metodo di divulgazione filosofica viene definito come dossografico (dal greco doxa=opinione), cioè
applicato raccogliendo e giustapponendo (senza giudicare e rielaborare) le do rine greche preesisten . Si
parla quindi anche di ecle smo, perché Cicerone a nge da diverse fon , operando una sintesi cri ca dei
risulta di secoli di diba e di approfondimen , accogliendo di volta in volta le posizioni e i pensieri che
trovava più validi (senza aderire quindi pregiudizialmente e in modo totalizzante ad un’unica do rina).
Cicerone si limita quindi a descriverle, esaminarle e confrontarle, tra ando in par colare, oltre che di Socrate,
Platone e Aristotele, anche delle filosofie ellenis che diffuse dopo Alessandro Magno, quindi stoicismo
(sopra u o in campo morale e pra co), neoplatonismo, epicureismo (in par colare sul tema del
meccanicismo), sce cismo e la scuola academica (in campo gnoseologico). Si concentra inoltre sul tema
dell’e ca, in quanto i romani sembravano essere più pragma ci dei greci (non a caso il diri o nasce proprio a
Roma). Per esempio, in "De Finibus Bonorum et Malorum", Cicerone esaminò le teorie di Epicuro, Stoici e
Accademici sulla natura del bene e del male, me endo a confronto le diverse concezioni di bene e male.

Nelle sue opere filosofiche (le più importan furono “De finibus bonorum et malorum” e il “De Officiis”),
Cicerone esplorò argomen che spaziavano dalla natura della felicità e del piacere, alle ques oni e che e
morali, alla teologia e alla religione. Si soffermò solo su una filosofia in par colare di cui mostrò le proprie
opinioni: si tra a dell’epicureismo. Rifiutava di promuovere l’atarassia come fondamento della felicità
(concezione epicurea espressa dalla massima lathe biosas = vivi nascosto, cioè lontano dalla vita poli ca) e
rifiutava anche l’individualismo e il tema del disinteresse divino per le ques oni terrene (per lui la religione
era instrumentum regni, cioè il mezzo usato dallo Stato e dal potere ecclesias co per controllare le masse o
conseguire i propri fini poli ci).

Un altro par colare ideale filosofico che emerge dalla produzione ciceroniana è quella dell’humanitas come
par colare concezione dell’uomo:

- grazie alla ragione l’uomo è superiore agli altri esseri viven e addiri ura simile ad una divinità
- l’uomo è in dovere di assogge are i propri is n naturali, le proprie passioni e i propri sen men al
dominio della ragione, punto di riferimento e criterio di comportamento in ogni circostanza
- lo studio di una vasta cultura enciclopedica è indispensabile per conoscere a fondo se stessi
- l’uomo ha il dovere di agire animato da rispe o, tolleranza e benevolenza, di rendersi u le alla
società e alla patria, ma senza essere spinto dal vano desiderio di riconoscimen esteriori (la
coscienza del dovere compiuto per l’u lità comune deve essere ragione sufficiente per l’uomo
virtuoso)

In generale, Cicerone cercò di integrare la filosofia greca nella cultura romana e di u lizzare la filosofia come
strumento per comprendere la vita e la società. Grazie alle sue opere filosofiche, Cicerone divenne uno dei
più importan filosofi romani e con nuò a influenzare la filosofia e la cultura occidentale per mol secoli a
venire.
5- le Ca linarie con cenni ad altre opere oratorie
Le "Ca linarie" sono forse l'opera oratoria più famosa di Cicerone e furono pronunciate nel 63 aC durante il
consolato di Cicerone. In queste 4 orazioni delibera ve (la prima e l'ul ma le pronunciò in senato, e le altre
davan al popolo con un linguaggio normale), Cicerone esponeva le a vità sospe e e le cospirazioni di
Ca lina, che aveva cercato di rovesciare il governo repubblicano romano con una congiura. Le orazioni di
Cicerone furono uno dei fa ori chiave che portarono all'arresto e all'esilio di Ca lina.

La prima orazione fu pronunciata l’8 novembre del 63 a.C. dopo che Cicerone era appena venuto a
conoscenza di alcuni de agli importan sulla congiura grazie a una delazione. Non essendo ancora in grado
di addurre prove ogge ve a sostegno della colpevolezza di Ca lina (che gode ancora delle fiducia di una parte
del senato) Cicerone punta sulla propria eloquenza, avvalendosi di tu gli strumen retorici per suscitare
allarme e preoccupazione nei confron della patria. Lo scopo di Cicerone, che o ene, è fare fuggire Ca lina
da Roma per unirsi alle forze armate che il suo complice Manilio aveva riunito in Etruria, dimostrando così di
aver veramente cospirato contro la patria.

Secondo la retorica an ca l’esordio dell’orazione avrebbe dovuto avere la funzione di rendere l’ascoltatore
benevolo e a ento, avere un tono misurato, l’oratore non avrebbe dovuto rivolgersi ad altri se non al giudice.
Cicerone contravviene a tu e queste norme dell’exordium: si rivolge dire amente a chi è l’ogge o del suo
a acco, Ca lina, non si cura di a rare preven vamente la benevolenza dei des natari del suo discorso, i
senatori, il tono è concitato (oltre che molto elaborato) e non pacato. Cicerone si discosta dalle norme per
dare risalto l'eccezionalità della circostanza che esige una presa di posizione immediata perché la patria è in
serio pericolo. Inizia ex abrupto (=senza preambolo) con una domanda rivolta dire amente a Ca lina,
apposta per dare maggiore enfasi. Questo incipit stravolge le regole stesse della retorica classica che avrebbe
richiesto un inizio dimesso e rivolto ai des natari dell’opera (in questo caso i senatori presen ) ed essere
pacato. Cicerone invece parte ex abrupto, senza preavviso con una apostrofe rivolta a Ca lina, che viene
incalzato mediante l’u lizzo di ben 7 frasi interroga ve che culminano con l’esclamazione divenuta
proverbiale con cui si apre il secondo paragrafo: O tempora! O mores!. Tu a le serie di domande esprimono
lo sdegno dell’oratore e la scandalosa presenza di Ca lina in senato. Il finale dell’orazione è un brusco ritorno
al presente: Cicerone si prende la responsabilità della poca ca veria che c’è contro Ca lina. La delibera dello
Stato (senatus consultum) c’è ed è grave e vehemens: consisteva nella dichiarazione dello stato di emergenza
a cui vengono conferi poteri di atoriali ai consoli, ma Ca lina non era ancora stato incriminato perché non
c'erano prove sufficien contro di lui. Cicerone vuole quindi che sia dichiarato nemico dello stato così si può
uccidere. Gli strumen per fermare Ca lina ci sono, occorre solo la decisione di usarli, Cicerone
indire amente invita quindi il Senato a farlo.

Dopo l’exordium passiamo alla presentazione dei fa . Cicerone qui rivela le informazioni sulla congiura di
cui è venuto a conoscenza: Fulvia, amante di uno dei congiura aveva rivelato a Cicerone i de agli del
complo o: su questa delazione e non su basi certe si basano le accuse di Cicerone, per questo alla denuncia
dei fa non era seguito subito l’arresto di Ca lina. Lo scopo di Cicerone a raverso questa orazione è spingere
Ca lina a fuggire, raggiungendo Manlio in Etruria, dimostrando a tu inconfutabilmente che stava
organizzando un vero e proprio colpo di stato. Per in morire Ca lina e farlo scappare Cicerone dice
pra camente di sapere già tu o. In realtà sta bluffando col Senato perché ha avuto soltanto una soffiata ma
non ha prove.

Dopo questa denuncia di Cicerone in Senato, Ca lina fugge da Roma, raggiunge Manlio in Etruria (era quello
che Cicerone voleva) e il senato eme e un secondo senatum cunsultum che dichiara Ca lina e Manlio
hostes. In seguito i ca linari rimas a Roma furono arresta e, grazie anche all’intervento di Catone, furono
condanna a morte senza che fosse loro consen to di appellarsi al popolo, cosa di cui avevano diri o essendo
cives romani. (per l’irregolarità di questa procedura Cicerone verrà poi condannato all’esilio nel 58 a.C:). Infine
furono invia militari contro l’esercito organizzato da Manlio e Ca lina in Etruria, ci fu lo scontro e nel 62 a.C.
i ca linari vennero sconfi a Pistoia. Ca lina morì in ba aglia.
Pater Patriae (Padre della Patria) era un tolo onorifico conferito nell'an ca Roma. La locuzione la na iscri a
di solito sulle monete o sui monumen imperiali era abbreviata epigraficamente come P.P. Il tolo non
rappresentava una par colare magistratura e quindi non aveva cara ere giuridico ma era solo un
riconoscimento onorario ufficiale a ribuito dallo Stato. Il tolo di pater patriae, riconosciuto dai Romani a
Romolo ad esempio, veniva conferito a chi salvava la patria da un pericolo. Venne a ribuito anche a Cicerone
per aver salvato Roma, scoprendo e denunciando la congiura di Ca lina.

Oltre alle "Ca linarie", Cicerone scrisse molte altre opere oratorie che affrontavano vari temi poli ci e legali
dell'epoca. Le altre opere oratorie più importan di Cicerone includono alcune di difesa, come ad esempio:
- "Pro Archia": pronunciata nel 62 aC, questa orazione difendeva la ci adinanza romana dell'etrusco Archia,
poeta e amico di Cicerone.
- "Pro Milone": pronunciata nel 52 aC, questa orazione era in difesa di Tito Annio Milone, accusato
dell'omicidio del poli co romano Clodio. Cicerone difende Milone, descrive Clodio in maniera non lusinghiera,
sostenendo la tesi della legi ma difesa per Milone, ma venne condannato.
- “Pro Coelio”: Cicerone difende il giovane Celio, suo prote o, che venne accusato di aver rubato gioielli a
Clodia (parente, probabilmente sorella di Clodio), Clodia era probabilmente la Lesbia di Catullo. Cicerone la
descrive come una donna dissoluta e corro a e sfoga in questo modo il suo odio contro Clodio, a accando la
sorella. Celio venne assolto.

E altre di accusa, come invece:


- "Philippicae": una serie di 14 discorsi pronuncia tra il 44 e il 43 aC, in cui Cicerone denunciava Marco
Antonio, il generale romano che avrebbe poi comba uto contro O aviano nella guerra civile romana.
- “Verrinae”: sono i discorsi contro Verre, solo le prime due effe vamente pronunciate, scri e in occasione
del processo contro Verre. Cicerone assunse il ruolo di accusatore al processo contro Verre, ex governatore
delle Sicilia, accusato di malgoverno e di concussione. Vinse contro uno dei più celebri oratori del tempo che
difendeva Verre (Ortalo).
6- il De republica e in par colare il Somnium Scipionis
Il "De re publica", scri o nel 54 aC, è una delle più importan opere poli co-filosofiche di Cicerone, proprio
per il modo in cui riesce conciliare la sua formazione filosofica greca con la tradizione e la poli ca romana,
offrendo una sintesi originale di entrambe le tradizioni.

Per mille anni però è rimasta sconosciuta l'esistenza di questo testo e se ne conosceva soltanto un pezzo del
sesto libro, se non che nell'o ocento il cardinale Angelo Mai trova un palinsesto del De republica di Cicerone,
che riuscì a leggere usando un composto chimico che consen va alle tracce dell'inchiostro di riemergere. Così
facendo però distrusse il codice. Da un lato quindi è stato celebrato per aver ritrovato questo scri o, dall'altro
però è stato fortemente cri cato per il restauro troppo invasivo.

In questa opera Cicerone infa discute, alla luce appunto del pensiero filosofico greco, i problemi che gli
stavano più a cuore: l’organizzazione dello stato, la miglior forma di governo e le is tuzioni poli che romane.
Si tra a di un dialogo che si ispira alla “Republica” di Platone, riprendendo l'idea che si debba parlare della
miglior forma di governo. In realtà Cicerone arriva però a conclusioni diverse: la differenza tra le due opere
è data dal fa o che Cicerone non si propone di ideare uno Stato ideale ma semplicemente di affrontare
concretamente i problemi poli co-is tuzionali.

Il protagonista del dialogo, ambientato nel 129 aC, è Publio Cornelio Scipione Emiliano, l’uomo poli co più
ammirato da Cicerone (su cui in molte opere proie a i propri valori e le proprie ispirazioni), nonché colui che
vinse Cartagine nel 146 aC nella 3^ guerra punica. L’opera si divide in 6 libri:

1. Dove Scipione dà la sua definizione dello Stato (res publica), che è di ordinamento republicano e quindi
“cosa del popolo” (res populi), mentre il popolo viene definito come aggregazione di un gruppo di persone
unite da un accordo sui reciproci diri (iuris consensus) e da interessi comuni (u lita s communio).
Presenta poi e discute le 3 forme di governo, monarchia, aristocrazia, democrazia, le loro rispe ve
degenerazioni, rannide, oligarchia, demagogia e i loro dife : nella monarchia il restante dei ci adini è
troppo estraneo al diri o comune e al governo, nell'aristocrazia a stento la popolazione può partecipare
della libertà, nella democrazia la stessa eguaglianza è ingiusta, non comportando alcuna forma di dignità.
Dopo aver affermato il primato della monarchia sulle altre forme cos tuzionali "semplici", Scipione
sos ene che la cos tuzione "mista" è la migliore di tu e, quella ideale in quanto garante di solidità e
durata, poiché i poteri sono a ribui all'autorità di pochi, mentre le ques oni sono riservate al giudizio ed
al volere della folla. Esempio eccellente è la forma di governo romana, in cui il potere monarchico è
rappresentato dai consoli, quello aristocra co dal Senato, quello democra co dal popolo.

2. Delinea l'origine e gli sviluppi dello Stato romano, da Romolo ai tempi recen .

3. Molto lacunoso e tra a della virtù poli ca per eccellenza, la gius zia. Venivano riportate e confutate le
argomentazioni del filosofo Carneade contro l'esistenza di un fondamento naturale di essa ed era
sostenuta la legi mità morale del dominio di Roma, in quanto esercitato a vantaggio dei popoli so opos .

4. Quasi interamente perduto e dedicato alla formazione del buon ci adino

5. In cui era delineata la figura del governante perfe o. Anche questo quasi interamente perduto

6. Di cui si conserva solo il finale, il Somnium Scipionis, che , descrivendo il sogno di un viaggio ultraterreno
da parte di Scipione l’Emiliano, presenta la figura ideale del princeps, che rispe a e tutela le is tuzioni
repubblicane di Roma e si impegna per il bene supremo della patria.
Il Somnium può essere inteso come uno dei rimandi intertestuali dell’opera alla “Republica” di Platone.
L'opera di Platone si conclude infa nel 10° libro con il mito di Er, ovvero la narrazione del mondo dell’aldilà
da parte di un soldato tornato in vita alcuni giorni dopo la sua morte, narrazione che avviene quindi
so oforma quindi di reminiscenza e non di sogno, ma comunque analoga al sogno di Scipione. Nel mito di Er,
Platone dimostra che ogni azione compiuta durante la nostra esistenza riceve premi e punizioni in relazione
al grado di gius zia che ci ha guidato in terra. In maniera analoga, anche il buon governatore-filosofo dovrà,
per Cicerone, tenere presente questo incen vo trascendente nella sua condo a poli ca.

Nel brano quindi, Scipione Emiliano, giunto a Cartagine in qualità di tribuno, va a trovare il vecchio re
Massinissa, amico di Scipione Africano, suo nonno ado vo. Accolto benevolmente dal sovrano, passa tu a
la serata a parlare con lui delle imprese dell'avo. Una volta addormentatosi, Scipione riceve in sogno la visita
dell'Africano, che gli espone la sua futura carriera poli ca, finendo con un riferimento oscuro alla sua morte
per mano di un nipote. A questo punto Scipione l'Africano, aiutato da Lucio Emilio Paolo, padre naturale
dell'Emiliano, descrive il des no delle anime dopo la morte, in par colare al des no di quelli che in vita sono
sta buoni governan in quanto benefa ori della patria (coloro quindi che sono sta virtuosi,
preoccupandosi per la patria e agendo per l’u lità di essa). Solo a loro infa è des nato un posto nella Via
La ea, dove possono godere della bea tudine eterna. E solo questa, per l’Africano, è la vera vita, mentre
quella che noi chiamiamo vita è in realtà una condizione decisamente inferiore, paragonabile alla morte.
Cicerone quindi, a raverso il personaggio di Scipione, cerca di mostrare la superiorità della vita virtuosa
rispe o alla vita materiale e la necessità di impegnarsi per la gius zia e il bene comune, piu osto che per il
proprio interesse personale. Con nua poi dicendo che però non si può arrivare a questa meta, l’aldilà, prima
del tempo (grazie al suicidio) come teorizzato dagli stoici, perché la vita è un dovere impostoci dalla divinità,
che ci ha affidato il compito di badare al mondo terreno. Finita questa sezione escatologica, assis amo alla
descrizione del cosmo e alla sua disposizione. Al centro di tu o si trova la terra, circondata dalle orbite dei 7
piane (tra cui si annoverano anche il Sole e la Luna). Al di sopra di tu o si trova il cielo delle stelle fisse, che
viene mosso dire amente dall’unica divinità. La sfera posta più in basso è quella della Luna. Al di sopra di
questa tu e le cose sono eterne, al di so o invece tu o è caduco e des nato a distruzione. Muovendosi,
queste sfere producono un’armonia celes ale. L’interpretazione simbolica è assai trasparente: dato che tu e
le faccende umane (anche quelle che sembrano apparentemente tributare onori e gloria agli uomini) sono
insignifican e limitate nel tempo e nello spazio se contemplate dalla volta celeste, allora conviene che l’uomo
si preoccupi della vita futura.

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