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Pro Milone
Gli scontri tra i seguaci di Clodio e di Milone (esponente fazione
senatoria), continuano fino al 52 quando Clodio viene ucciso.
Cicerone assume allora la difesa di Milone, accusato
dell’omicidio, nella Pro Milone. È considerata uno dei suoi
capolavori, ma dobbiamo tenere presente che la forma che
abbiamo noi oggi costituisce una radicale rielaborazione
compiuta in tempi successivi al processo. Di fronte ai giudici
Cicerone riportò un clamoroso insuccesso e Milone fu costretto a
fuggire in esilio.
[Nel 49, allo scoppio della guerra civile, Cicerone aderì alla causa
di Pompeo. Dopo la vittoria di Cesare, Cicerone e ottenne il
perdono e nella speranza di contribuire a renderne il regime
meno autoritario, in un primo periodo cercò forme di
collaborazione e accettò di perorare di fronte al dittatore le cause
di alcuni pompeiani pentiti (orazioni cesariane), cercando di
mitigare le tendenze autocratiche di Cesare. Dopo l'omicidio di
Cesare, il suo più stretto collaboratore Antonio mirava ad
assumerne il ruolo, mentre sulla scena politica si affacciava anche
Ottaviano, erede di Cesare. La manovra politica di Cicerone
mirava a staccare Ottaviano da Antonio e a riportare Ottaviano
sotto le ali protettrici del senato.]
Filippiche
Per indurre il senato a muovere guerra ad Antonio dichiarandolo
nemico pubblico, Cicerone pronuncia contro di lui le Filippiche a
partire dall'estate del 44 (18 di cui ne restano 14), il cui titolo
allude alle celebri Filippiche di Demostene contro Filippo di
Macedonia.
[Con un brusco voltafaccia Ottaviano, sottraendosi alla tutela del
senato, formò con Antonio e Lepido, un altro capo cesariano,
quello che viene definito secondo triumvirato. Antonio pretese la
morte di Cicerone, il cui nome venne inserito nelle liste di
prescrizione. Nel dicembre del 43 Cicerone viene raggiunto dai
sicari di Antonio presso Formia, la sua testa venne appesa ai
rostri nel Foro romano.
Opere retoriche
De inventione
Trattatello di retorica incompiuto per cui Cicerone attinge alla
Rhetorica ad Herennium, un manuale composto da autore ignoto
da cui traspaiono tendenze graccane e mariane.
De oratore
Il De oratore viene composto nel 55, mentre a Roma si scontrano
i seguaci di Clodio e di Milone. L'opera è ambientata nel 91 ed è
scritta in forma dialogica, un dialogo a cui partecipano i più
insigni oratori dell’epoca, tra cui Marco Antonio e Lucio Licinio (i
nonni dei triumviri).
Il 91 è l'anno della morte di Crasso e precede di poco la guerra
sociale e i lunghi conflitti tra Mario e Silla: la crisi dello stato è un
argomento ricorrente e stride volutamente con l’ambiente
sereno in cui i partecipanti del dialogo si riuniscono, la villa
tuscolana di Crasso.
Il De oratore si ispira al modello del dialogo platonico-aristotelico
e lo scopo dell'opera è quello di delineare la figura del perfetto
oratore. La tesi principale è che il talento, la capacità oratoria non
può essere sufficiente per la formazione di un buon oratore: è
indispensabile una vasta cultura. Questa è la posizione di Crasso,
che ritiene strettamente connesse la formazione culturale
dell’oratore e la sua affidabilità etico-politica. Crasso insiste
perché probitas e prudentia siano saldamente radicate nell'animo
di chi dovrà prendere l'ars dicendi, la formazione dell’oratorio in
questo modo coincide con quella dell'uomo politico : un uomo
dalla vasta cultura generale, capace di padroneggiare l’arte della
parola e di persuadere i suoi ascoltatori, dotato di rettitudine di
carattere etico e politico(“vir bonus dicendi peritus", Catone).
1 libro: tramite Crasso viene esposta la tesi di fondo, nessuno può
essere detto perfetto oratore se non ha la conoscenza di tutti gli
argomenti più importanti di tutte le discipline (“vir bonus dicendi
peritus")
2 libro: Antonio espone i problemi circa l'inventio, la dispositio e
la memoria. In una sezione dell’inventio, “de ridiculis", un
personaggio spiritoso, Cesare Strabone, si dedica a una
digressione sui meccanismi della comicità.
3 libro: Crasso discute le questioni relative all'elocutio, alla
pronuntatio e in generale all'actio, ribadendo ancora una volta la
necessità di una vasta cultura e formazione filosofica dell’oratore.
Orator
Un trattatello in cui Cicerone riprende le tematiche del De
oratore, aggiungendovi una sezione sui caratteri della prosa
ritmica, e sottolineando i tre fini a cui la sua arte deve tendere:
probare, delectare e flectere , cui corrispondono i tre registri
stilistici che l'oratore dovrà alternare opportunamente: umile,
medio, patetico.
Brutus
Dedicato a Marco Bruto, rappresentante dell'atticismo (e qui è
bene aprire una parentesi sui tre stili atticista, asiano e rodiese.
Le scuole di retorica greche sono 3: quella più moderata è quella
rodiese, stile intermedio; lo stile asiano/asianesimo, Egesia di
Magnesia, caratterizzato da stile ampolloso e ridondante, ricco di
elementi retorici rivolti a suscitare patos, lo stile atticista (come
modello oratore attico Lisia), stile snello e sobrio)
Cicerone disegna una storia dell'eloquenza greca e romana e
spiega il passaggio dall'asianesimo giovanile allo stile rodiese.
Opere politiche
De republica
Composto tra il 54 e il 51, il De republica si rifà alla Politeia di
Platone, ma con notevoli differenze. A differenza dell'opera di
Platone, quella di Cicerone non ha un carattere utopistico: per
Platone lo stato ideale è un'utopia, non si è mai verificato nella
realtà, mentre Cicerone è più concreto, analizza i meccanismi del
governo ideale che riconosce nella repubblica romana.
Il dialogo è ambientato nel 129 nella villa di Scipione l’Emiliano e
ci è pervenuta in maniera abbastanza frammentata: una grande
parte fu ritrovata agli inizi del XIX secolo dal cardinale Angelo Mai
in un palinsesto vaticano; Macrobio invece, erudito del quinto
secolo, ci ha trasmesso i passi, altrimenti perduti del Somnium
Scipionis.
1 libro: Cicerone si propone di delineare quale sia la migliore
forma di governo. Scipione parte dalla dottrina aristotelica delle
tre forme fondamentali di governo (monarchia, aristocrazia,
democrazia) e della loro necessaria degenerazione nelle forme
estreme (tirannide, oligarchia, oclocrazia). Riprendendo poi la
teoria dello storico greco Polibio, Scipione mostra come a Roma
le tre forme di governo siano perfettamente bilanciate tra loro:
l’elemento monarchico si rispecchia nel consolato, ma dato che i
consoli sono due possono controllarsi a vicenda per non
degenerare in tirannide; l’elemento aristocratico nel senato, i cui
membri vanno dai 300 ai 600, impedendo la sua degenerazione in
oligarchia; l’elemento democrazia, infine, nei comizi, che erano
una decina, e quindi avevano un potere limitato che non poteva
degenerare in oclocrazia.
2 libro: funzionamento della costituzione romana
3 libro: tema della giustizia e confutazione della critica mossa da
Carneade nei confronti dell'imperialismo romano e in particolare
al concetto di “guerra giusta": i Romani, con il pretesto di
soccorrere i propri alleati, in realtà sudditi, avevano
progressivamente esteso il loro dominio
4 libro: educazione dei cittadini
5 libro: Cicerone delinea la figura del princeps, definito anche
rector et gubernator rei publicae, l'uomo di cui Roma ha bisogno,
il cui modello ideale è Scipione l'Emiliano mentre modello
contemporaneo di Cicerone o Pompeo o Milone o addirittura
Cicerone stesso
6 libro: rievocazione da parte di Scipione l’Emiliano del sogno in
cui gli era apparso Scipione l’Africano per mostrargli la piccolezza
delle cose umane e rivelargli la beatitudine che attende nell'aldilà
le anime dei grandi uomini di stato (mito di Er: soldato resuscita
per mostrare la sorte dell'anima dopo la morte)
De legibus
Dialogo di 3 libri questa volta ambientato ai suoi tempi, in cui si
discute dei fondamenti del diritto e delle leggi dello stato,
basando la discussione su un concreto corpus legislativo
diversamente da Platone che si era occupato di una legislazione
utopistica nel suo “Leggi". Gli interlocutori sono Cicerone, il
fratello Quinto e l'amico di una vita Attico, il dialogo è
ambientato nella villa di Cicerone ad Arpino. Per Cicerone c’è uno
ius naturale che è fonte del diritto, la giustizia è un principio
naturale (“vivere secondo ragione è vivere secondo natura”),
confuta Carneade ed Epicuro per cui la giustizia è un contratto
che obbliga gli uomini ad obbedire a delle norme transitorie.
Il 3 libro tratta dei magistrati e delle loro competenze e in
particolare del tribunato, che Quinto ritiene un’istituzione empia
e scellerata , di cui Cicerone però ribadisce invece l’importanza.
Opere filosofiche
Cicerone inizia a scrivere di filosofia nel 46, con l'operetta sui
Paradoxa Stoicorum, dedicata a Marco Bruto, un’esposizione
delle tesi stoiche maggiormente in contrasto con l’opinione
comune.
Nel febbraio del 45 poi muore l’amata figlia Tullia, perdita che lo
spinge a scrivere una Consolatio (vero e proprio genere letterario,
un testo consolatorio per la perdita di una persona cara, che
vedremo poi bene in Seneca).
Hortensius
A questo periodo risale l'Hortensius, un testo quasi interamente
perduto che esortava allo studio della filosofia sul modello del
Protreptikòs di Aristotele (i protrettici erano scritti di esortazione
allo studio di una disciplina e soprattutto della filosofia).
Academica, De natura deorum, De fato, De divinatione
DIALOGHI FILOSOFICI CICERONE
Dialoghi platonici: fitto scambio di battute, Cicerone ne prende
l’ambientazione
Dialoghi aristotelici: monologhi dimostrativi, Cicerone ne prende
il mondo di condurre il dialogo
De finibus bonorum et malorum (Termini estremi del bene e del
male) 45 a.C.
Dedicato a Bruto, è considerato il capolavoro di Cicerone filosofo
ed è diviso in 5 libri comprendenti 3 dialoghi. È un'opera etica
teorica (troverà la sua applicazione nelle Tusculanae)
1 dialogo (libri 1,2): esposizione e confutazione teoria epicurea,
per cui il sommo bene coincideva con il piacere e il sommo male
con il dolore. Cicerone è avverso all’epicureismo perché predica il
disinteresse per la politica mentre Cicerone stesso è un uomo
politico e secondo lui dovere dei boni è l’attiva partecipazione
alla vita pubblica; inoltre l'epicureismo esclude la funzione
provvidenziale della divinità, indebolendo così i legami con la
religione tradizionale che per Cicerone rimane la base
fondamentale dell'etica.
2 dialogo (libri 3,4): confronto tra teoria stoica e teorie
accademica e peripatetica. Cicerone assume un atteggiamento
eclettico avverso allo stoicismo radicale di Catone l’Uticense, il cui
rigore etico gli appariva anacronistico, promuovendo invece uno
stoicismo più moderato.
3 dialogo (libro 5): è esposta la teoria eclettica di Antioco di
Ascalona, la più vicina al pensiero dell'autore
Tusculanae disputationes 45 a.C.
Nelle Tusculanae troviamo l’applicazione dell'etica presente nel
De finibus. L'opera, dedicata anche essa a Bruto, è divisa in 5 libri
e ha forma di dialogo tra Cicerone e un anonimo interlocutore, la
discussione è ambientata nella villa di Cicerone a Tuscolo.
1 libro: tema della morte, che non è vista come un male ma come
un ritorno a casa delle anime, una liberazione dalle catene
dell'anima
2 libro: sopportazione del dolore fisico
3 libro: sopportazione del dolore spirituale
4 libro: turbamenti dell’animo, invidia, paure, amore
5 libro: virtù come garanzia della felicità, la sua capacità di
sostenere l’anima nel rapporto con i turbamenti della realtà
Nelle opere filosofiche di Cicerone manca completamente la
fisica, a meno che non sia andata tutta perduta (presente invece
nella filosofia greca): per la mentalità romana la fisica è troppo
astratta, priva di applicazioni concrete e non collegata alla vita
politica.
De officiis 44 a.C.
Costituisce una riflessione conclusiva sulla possibilità di
individuare riferimenti etici sicuri in una società travolta dal
turbolento tramonto della repubblica, una sorta di testamento
spirituale di Cicerone.
Dedicato al figlio Marco, è un trattato di etica e comprende anche
una dettagliata precettistica sui comportamenti da tenere nelle
più diverse circostanze, si articola in 3 libri.
Il termine officium traduce la parola greca usata dagli stoici per
definire l'azione perfetta e razionale, kazekòn (ciò che conviene).
1 libro: honestum (ciò che è moralmente giusto)
2 libro: utile
3 libro: conflitto tra honestum e utile
Per i primi due libri la fonte è il trattato “Sul conveniente" del
filosofo stoico Panezio di Rodi, mentre il terzo nasce dalla
necessità sentita da Cicerone di discutere i criteri per decidere in
concreto circa le questioni etico-politiche più difficili.
Panezio aveva addolcito il rigorismo morale dello stoicismo,
perché fosse praticabile da parte di una classe dirigente ricca,
colta e raffinata. La filosofia di Panezio era radicale nel rifiuto
dell'edonismo epicureo e della conseguente etica del disimpegno
politico e fornisce anche una chiara precettistica. Cicerone ritiene
che le virtù siano parti dell'honestum mentre i modi di conseguire
potere e consenso da parte della classe dirigente attengono
all'utile. Il messaggio è che l’utile è una conseguenza
dell’honestum.
L'honestum scaturisce da tendenze naturali insite nell'uomo quali
le virtù cardinali di sapienza, giustizia, fortezza e temperanza.
L'utile è costituito dai modi in cui la classe dirigente ottiene
potere politico e consenso dell’opinione pubblica.
Il desiderio di proteggere la società trova la sua corretta
realizzazione nei due principi complementari di iustitia e
benevolentia.
La prima, cui spetta di dare a ciascuno il suo (“sui cuique
tribuere"), opera tutelando la proprietà privata: dalle riforme dei
Gracchi alle confische di Silla e Cesare e alla legge di Antonio sulla
distribuzione dell’ager publicus tra veterani e cittadini, la
questione della proprietà si riproponeva spesso. Quindi il venir
meno della iustitia indeboliva la società. Cicerone distingue due
forme di iniustitia: attiva, che consiste in una aggressione
intenzionale al diritto mossa da avaritia, la seconda è legata al
disinteresse e al disimpegno rispetto alla società.
La beneficentia, cioè la capacità di donare il proprio collaborando
al benessere della comunità, non deve essere posta al servizio
delle ambizioni personali.
L'istinto naturale a primeggiare sugli altri si manifesta nella
capacità di imporre il proprio dominio: da questa tendenza
scaturisce la magnitudo animi che, per Panezio, sostituiva la virtù
cardinale della fortezza. La ragione trasforma questo istinto in
una virtù capace di mettersi al servizio della collettività.
La virtù della temperanza si manifesta in un'apparenza di
appropriata armonia dei pensieri, dei gesti, delle parole, che
assume il nome di decorum (prosekon). Tutto questo contribuisce
a formare il concetto di humanitas, che Cicerone inquadra in un
sistema di valori basati sulla correttezza e l’eleganza anche
formale dei rapporti interpersonali: facilitas, mansuetudo,
clementia, suavitas, moderatio.
[INTENTO NAZIONALISTICO: i Romani non divulgano solo la
filosofia greca ma danno anche un contributo -> Tuscolanae 1,1 la
filosofia detta la ratio di tutte le discipline]
Modo di procedere DOSSOGRAFICO: dokeo intento di riportare
le opinioni dei vari filosofi
GNOSEOLOGIA
Cicerone si allinea (negli “Academica") alle teorie probabilistiche
dell’Accademia platonica, secondo cui la verità è la tesi più
probabile, dimostrabile (probo: dimostro)
ETICA
Segue lo stoicismo non estremo di Catone che è troppo astratto,
ma uno più moderato: la virtù è il sommo bene ma non disdegna
le ricchezze, le cosiddette “diafora".
Cato maior sive de senectute (doppio titolo) 44 a.C.
Breve dialogo dedicato ad Attico, non propriamente opera
filosofica, scritto poco prima dell’assassinio di Cesare.
Nel personaggio di Catone il Censore, Cicerone trasfigura
l'amarezza per una vecchiaia che, oltre al decadimento fisico e
all’imminenza della morte, comporta la perdita della possibilità
di intervenento politico, proiettando nella figura di Catone il suo
malinconico rimpianto. Il personaggio di Catone ci appare
diverso, addolcito e ammansito, arriva persino ad anteporre il
bello all'utile.