Sei sulla pagina 1di 16

Cicerone

1| La vita (Pag. 397)


1.1 Un uomo di azione e di cultura
Cicerone fu oratore, un avvocato impareggiabile, ma anche uomo di
grande cultura e divulgatore della filosofia greca.
Incarna la figura dell’uomo d’azione e di cultura, capace di tuffarsi negli
affari poli ci, ma di dedicarsi anche all’ozio le erario.
Cicerone fu uno dei protagonis non si rò indietro, ma affrontò con
energia i pericoli della situazione poli ca, in cui si trovava Roma, tanto da
pagare con la vita la difesa delle is tuzioni, contro il nuovo asse o poli co
che si andava imponendo, prima so o la guida di Giulio Cesare e in
seguito O aviano e Marco Antonio.
1.2 Gli anni di Mario e Silla: la formazione e gli esordi
Marco Tullio Cicerone nacque ad Arpino (Lazio meridionale) il 3 gennaio 106 a.C.
Arpino era un piccolo centro dove si conservavano tenacemente le tradizioni.
Sua madre Elvia era una matrona s mata per i suoi impeccabili costumi;
Suo padre apparteneva alla classe equestre, all’epoca cavalieri sopra u o se provinciali
venivano vis con diffidenza dall’oligarchia senatoria dominante.
Cicerone era considerato un “homo novus” perché nessuno della sua famiglia aveva mai
occupato un posto nella gerarchia poli ca di Roma.
I suoi genitori potevano perme ersi di offrirgli un’educazione o ma. A Roma si dedicò allo
studio dell’eloquenza e riceve e un’eccellente istruzione che di lingua, poesia e cultura
greca. Venne in conta o col pensiero di Epicuro e di Platone, e già dalla giovinezza la sua
passione per la filosofia occupò un posto importante nella sua vita intelle uale.
Cicerone compì il suo servizio militare tra il 90 e l’89, ma non lo a raevano le caserme
tant’è che scriverà “io sono un uomo pacifico”.
In quegli anni perfezionò i suoi studi di diri o so o la guida di Scevola l’augure e Scevola il
pontefice.

Erano gli anni delle guerre civili e delle liste di proscrizione. In quel periodo Cicerone esordì
come avvocato. Risale all’80 a.C. la sua prima causa famosa, la difesa di Roscio Amerino.
Crisogono (liberto vicino a Silla), voleva impadronirsi per pochi denari dei beni del padre di
Roscio, morto da poco. Perciò fece accusare da un prestanome (essendo di origine greca
non poteva discutere dire amente cause) il figlio di aver assassinato il padre. A sostenere
l’accusa fu ingaggiato Ortensio, il più famoso oratore dell’epoca.
Cicerone nonostante l’importante nome del suo avversario decise di rischiare e vinse,
riuscendo a dimostrare che le prove erano inesisten e quindi Roscio fu assolto. Cicerone
pensò bene di evitare rappresaglie partendo per la Grecia.

Ritorno dopo 2 anni, nel 77 a.C., un anno dopo la morte di Silla, e iniziò la sua carriera
poli ca.
Nel 76, divenne questore in Sicilia, e questo fu l’inizio di una serie di avvenimen che lo
portarono al centro della scena pubblica.
Nel 70, i siciliani, presso i quali la sua amministrazione onestà aveva destato un’o ma
impressione, gli affidarono una causa contro Verre, governatore dell’isola notò per la sua
corruzione e crudeltà. Verre era difeso da Ortensio ma l’arringa di Cicerone fu così decisiva
che l’accusato preferì scappare in esilio.
1.3 La fine della repubblica: i grandi processi, il consolato, l’appoggio di Pompeo
Cicerone prosegui il suo “cursus honorum” e fu ele o prima pretore e poi console
nel 64, durante il quale si verificò l’episodio più importante della sua carriera poli ca,
cioè la repressione della congiura di Ca lina.
Egli era apparteneva ad una famiglia di nobili impoveri e aveva cercato più volte di
farsi eleggere console, ma era stato bloccato più volte.
Ca lina decise di organizzare un colpo di stato, nel quale erano implica alcuni
aristocra ci impoveri , vicini ai populares. (forse anche Giulio Cesare)
Poco prima che i congiura passassero all’azione, una spia informò il console di
quando stava accadendo. Il giorno dopo Cicerone a ese Ca lina in senato, e quando
egli entro gli scagliò contro un’arringa violen ssima. Ca lina allora scappò in Etruria
dai suoi seguaci. Cicerone proseguì la sua campagna contro Ca lina rivolgendo altre
orazioni al popolo e al senato, finché non o enne provvedimen straordinari, tra cui
la condanna senza processo.
Al termine del suo mandato da console acquistò da Crasso una fastosa casa sul
Pala no e riprese la sua a vità di avvocato.
Pochi anni dopo nel 60 a.C. si formò il primo triunvirato (accordo privato tra Crasso,
Giulio Cesare e Pompeo) ed anche lui era stato chiamato a partecipare anche se
rifiuto.
Alla fine del consolato Cesare si fece assegnare, come proconsole, la provincia della
Gallia. Prima di par re invitò Cicerone a seguirlo come “legatus” ma rifiutò ancora
una volta.
Publio Clodio, nemico personale di Cicerone, come tributo della plebe fece
promulgare una legge che puniva con la morte ogni magistrato che avesse mandato
a morte ci adini romani senza processo. Era una legge retroa va e si può definire
“ad personam”. Cicerone comprese il pericolo e andò in esilio in Grecia.
L’esilio di Cicerone durò meno di un anno, fu richiamato con il consenso del senato e
l’appoggio di Pompeo. Ripresa la sua a vità di poli co e di avvocato, favorì il
riavvicinamento tra Pompeo e il par to senatorio.
Le violenze poli che erano ormai all’ordine del giorno; in uno scontro fu ucciso
Clodio e Cicerone assunse la difesa dell’uomo che aveva commissionato il suo
omicidio, Milone.
1.4 Da Cesare a O aviano: i lu priva , le sconfi e poli che, la morte (Pag. 402)

Nello scontro tra Cesare e Pompeo, Cicerone prese le par del perdente
(Pompeo).
Dopo che Pompeo fu ucciso, Cicerone dove e ritenersi fortunato che
Cesare gli risparmiò la vita e gli consen di rimanere a Roma, pur
totalmente marginalizzato. (47 a.C.)
Nel fra empo, anche la vita privata di Cicerone affrontò disgrazie. Dopo
aver divorziato dalla prima moglie Terenzia, dove e assistere con strazio
alla morte di parto dell’ama ssima figlia Tullia, che aveva sposato uno dei
collaboratori più stre di Cesare. Devastato dal dolore, Cicerone si tuffò
nella filosofia come conforto e consolazione, risalgono a ques tempi le
sue principali opere filosofiche.
La congiura contro Cesare (44 a.C.) rimise in moto il meccanismo
sanguinoso delle guerre civili. Alla testa dei cesariani si pose Marco
Antonio e dei cesaricidi, Bruto e Cassio, vicini al senato. Cicerone prese
parte ovviamente a favore della fazione senatoria e pronunciò una serie di
orazioni pubbliche violen ssime contro Antonio (Le filippiche)
In un primo momento Marco Antonio fu sconfi o; Più tardi messo
d’accordo con O aviano approfi arono della partenza per la Grecia di
Bruto e degli altri congiura , creando un secondo triumvirato insieme a
Lepido. La prima mossa del trio fu la creazione delle liste di proscrizione
(elenco delle persone condannate all’esilio, o alla morte). In queste
liste venivano inseri i nomi dei maggiori nemici dello stato tra cui Marco
Tullio Cicerone.
Avver to del pericolo, Cicerone provò a scappare ma senza successo. Il 7
dicembre del 43 a.C. Marco Tullio Cicerone morì sgozzato con una spada
per ordine del vendica vo Marco Antonio. Testa e mani vennero mozzate
e esposte al foro romano come simboli.
2| Le opere (Pag. 403)
L’immensa produzione di Cicerone si può raggruppare in sei categorie:
- Orazioni poli che e giudiziarie, pronunciate in tribunale o in senato.
-Scri teorici sulla retorica: Il giovanile “De inven one” il dialogo “De
oratore”, il “Brutus” e “Orator”.
-Opere poli che: il “De republica” (c’è pervenuta solo in parte) e il “De
legibus”.
-Opere filosofiche, quando era forzatamente escluso dalla vita pubblica.
-Epistolario, formato da Circa 900 le ere scri e ai familiari e agli amici.
Cos tuiscono una importante fonte storica.
-Opere poe che, restano pochi frammen di poeme e traduzioni di
poe greci.

3| Al centro della scena: il grande avvocato


3.1 Cicerone l’oratore (Pag. 404)
Cicerone declamava le sue orazioni in tribunale, in senato o davan al
popolo riunito nei comizi. Si tra ava di un vera e propria performance,
durante la quale doveva nello stesso tempo commuovere, diver re e
convincere chi lo ascoltava. Cicerone prese lezioni di recitazione dai
famosi a ori Esopo e Roscio. In generale scriveva e imparava a memoria
solo l’esordio e i pun fondamentali dell’orazione, mentre improvvisava
tu o il resto servendosi di appun .
Dopo la declamazione faceva circolare le sue orazioni per iscri o,
ampliandole e migliorandole. Ad esempio, il gruppo di orazioni contro
Verre non vennero mai recitate, perché Verre dopo la prima decise che
era meglio scappare in esilio.
Di cicerone restano, intere o frammentate, 58 orazioni. Le più famose
orazioni sono: Le verrine, Le ca linarie, le Filippiche.
3.2 Le Verrine (70 a.C.)
Il caso giudiziario che lanciò Cicerone sulla scena romana fu il processo
contro Verre. Cicerone era stato questore in Sicilia nel 75 a.C. ed era
diventato popolare per la sua onestà. Alcuni anni più tardi, nel 70 a.C., gli
venne affidato il ruolo di “patronus” nella causa contro Verre, che era
stato governatore nei 3 anni preceden , accusato di corruzione.
Verre era esponente dell’oligarchia senatoria, tornata al potere dopo la
vi oria di Silla. La difesa fu affidata al più famoso avvocato dell’epoca
Ortensio, il quale escogitò un primo trucco, cioè di individuare un
accusatore fi zio, un certo Quinto Cecilio che avrebbe perso di proposito
la causa. Ma Cicerone sventò il troppo evidente inganno con una breve
orazione, grazie alla quale o enne la possibilità di discutere lui la causa.
Il secondo trucco fu quello di lasciare pochissimo tempo a Cicerone per
trovare prove a favore dell’accusa, ma, nonostante ciò, Cicerone riuscì a
raccogliere abbastanza tes monianze.

Trama: Nella prima udienza Cicerone presentò le accuse: la mole di prove


era così schiacciante che Verre, rinunciò al processo e andò in esilio
volontario. In seguito, Cicerone pubblico altre 5 orazioni.

Le Verrine furono il primo capolavoro oratorio di Cicerone. Riesce ad


u lizzare una varietà di toni, un linguaggio fiorito e spicca l’abilità del
delineare un personaggio corro o.
3.3 Le Ca linarie (63-62 a.C.) (Pag. 407)
Le qua ro orazioni contro Ca lina rappresentano il momento più alto
della vita poli ca di Cicerone. Tu o si svolse nella seconda parte del 63,
quando l’ormai noto Cicerone stava concludendo il suo consolato. Ca lina
e Cicerone erano sta avversari per l’elezione a console. Cicerone riuscì a
vincere accusando Ca lina di aver avuto un comportamento immorale
con sua cognata Fabia. Ca lina si presentò l’anno successivo ma fu di
nuovo sconfi o. Quindi iniziò ad organizzare un colpo di Stato.
Trama: Dopo che alcuni sicari di Ca lina tentarono di uccidere Cicerone,
egli si presentò in senato e pronunciò una violen ssima requisitoria, la
“Prima Ca linaria”. In quest’orazione si smascheravano i prepara vi della
congiura e si denunciava l’esercito privato di Ca lina. Ca lina dopo questa
orazione, nella no e, decise di fuggire in Etruria. Il giorno seguente
Cicerone pronunciò la “Seconda Ca linaria” davan al popolo riunito al
Foro. Seguirono altre due orazioni e infine i colpevoli vennero condanna
a morte senza processo.
Le ul me due orazioni si pensa che siano state rimaneggiate e pubblicate
in seguito da un amico di Cicerone, A co, per far sembrare Cicerone un
uomo moderato.

3.4 Le Filippiche (44-43 a.C.) (Pag. 407)


L’ul ma ba aglia di Cicerone è cos tuita da 14 orazioni pronunciate dopo
l’assassinio di Giulio Cesare. L’obbie vo era Marco Antonio.
Il nome Filippiche è una citazione ai discorsi omonimi pronuncia da
Demostene, contro il re Filippo II di macedonia. Come Demostene, anche
Cicerone fu sconfi o e pagò con la vita.
Trama: Le filippiche sono 14 orazioni tenute in senato rivolte al pubblico.
Cicerone usa tu e le ar della sua eloquenza per dimostrare che Marco
Antonio è un pericolo per le is tuzioni repubblicane, e cerca di farlo
proclamare nemico dello stato. Dopo aver pronunciato la qua ordicesima
orazione, venne inserito nella lista dei proscri e venne ucciso.
3.5 Le altre orazioni (Pag. 408)
Cicerone pronunciò tan ssime orazioni oltre alle Verrine, alle Filippiche e
alle Ca linarie; vengono ricordate anche:
- Pro Quina o, la più an ca;
- Pro Sexto Roscio Amerino, il suo primo caso famoso;
- Pro Archia, pronunciata l’anno successivo al suo consolato, difende il
poeta greco Archia, accusato di aver usurpato la ci adinanza romana.
- Pro Ses o, Nel marzo del 56 Cicerone dove e difendere Publio Ses o,
dall’accusa di violenza. Gli accusatori erano dei prestanome di Clodio.
Cicerone non solo smaschera l’inganno di Clodio ma traccia le linee di un
nuovo programma poli co, ossia un accordo tra tu i “validi” ci adini
(boni), economicamente benestan e rappresentan di diverse classi
sociali.
- Pro Caelio, uno dei capolavori oratori è il discorso pronunciato in difesa
di Celio Rufo. Nel 56 a.C. il giovane Celio venne so oposto a processo per
una lunga serie di capi d’accusa, tra cui aver rubato dei gioielli ad un
ex-amante, Clodia (sorella di Clodio, Lesbia di Catullo).
Cicerone usa Clodia per a accare e screditare l’intera famiglia di Clodio,
definendola nei modi peggiori nel corso di tu a l’orazione.
4| Lontano dal senato: le opere retoriche
4.1 La riflessione teorica sulla scienza della persuasione (Pag. 409)
L’intensa a vità oratoria di Cicerone fu accompagnata da un’approfondita
riflessione teorica sullo statuto della retorica.
Il potere di convincere e trascinare l’ascoltatore implicava una grande
responsabilità sociale.
Cicerone negli anni giovanili aveva scri o un tra atello “De inve one”
(raccolta di appun scolas ci), e nota la necessità che la tecnica
dell’eloquenza poggi una solida base culturale, al fine di formare un
oratore dotato di forte coscienza morale.
4.2 Il De Oratore (Pag. 409-410)
A par re dal 55 a.C. Cicerone intensifica la sua a vità le eraria e di
riflessione teorica.
Tornato dall’esilio scrive il De Oratore, diviso in 3 libri, dedicato all’ideale
dell’oratore perfe o. Si tra a di un discorso Platonico (l’autore affida il
compito di parlare dell’argomento a diversi interlocutori)
Trama: il dialogo si immagina avvenuto a Tuscolo nel 91 a.C. tra Crasso e
Marco Antonio (nonno del triumviro). L’ambientazione a ritroso nel tempo
serve a creare un’atmosfera tragica. Morte e rovina incombono sugli
uomini che parlano di retorica. Crasso, infa , morirà improvvisamente
alcuni giorni dopo.

1° Libro: Crasso, portavoce delle idee di Cicerone, espone e sviluppa la tesi


principale dell’opera, cioè, il perfe o oratore che non ha semplicemente
imparato la tecnica grazie a regole ed esercizi, ma un uomo di cultura.
Antonio sos ene invece che bas no le do naturali e l’esperienza.
2° Libro: la tra azione si fa più sistema ca e affronta le fasi di lavoro per la
stesura di un’orazione. Antonio inizia dall’inven o, la ricerca degli
argomen da svolgere, per poi passare alla deposi o, l’ordine in cui gli
argomen devono essere dispos , e alla memoria, una rassegna delle
tecniche u li per memorizzare ciò che si deve dire.
3° Libro: La parola torna a Crasso, che espone i prece rela vi all’elocu o,
lo s le, con par colare a enzione all’ornatus, l’elaborazione ar s ca del
materiale linguis co, per poi concludere con l’ac o, come l’oratore deve
porgere il discorso.
4.3 Il Brutus e l’Orator (Pag. 411-412)
Nel 46 a.C. quasi dieci anni dopo la composizione del “De Oratore”,
Cicerone tornò ad occuparsi di retorica, componendo altre due opere, il
Brutus e l’Orator

Brutus
Trama: sempre in forma di dialogo, ha come interlocutori Cicerone e gli
amici A co e Bruto (futuro cesaricida) a cui l’opera è in tolata e dedicata.
Dopo un excursus sull’oratoria greca, Cicerone sviluppa una storia
presentando e illustrando le cara eris che di circa duecento oratori.
Ques ritra sono dispos in ordine cronologico e quello che Cicerone
traccia di sé stesso chiude la serie.
Cicerone scrive quest’opera in un periodo storico in cui l’eloquenza aveva
perso gran parte del suo ruolo. Perché la di atura di Cesare aveva posto
fine ad ogni diba to poli co e allo stesso modo gran parte dei processi
vedeva Cesare come Giudice

L’Orator
Sempre nel 46 scrive l’Orator, anche essa dedicata a Bruto.
In quest’opera Cicerone abbandona il dialogo, a favore di un’esposizione
con nuata, condo a in prima persona e rivolta al suo des natario.
Riprendendo alcuni principi afferma nel “De Oratore”, definisce i compi
del perfe o oratore: convincere, dile are e suscitare emozioni, a cui
corrisponde la tripar zione degli s li in: umile, medio, sublime.
Cicerone per quando riguarda la ques one dello s le, quindi tra preferire
a cismo (scarno e severo) o asianesimo (elemen pate ci e sen mentali)
afferma che non si debba u lizzare esclusivamente uno dei due, ma il vero
oratore e chi li riesce a mescolare. Per Cicerone il maestro di questa
tecnica era Demostene, il quale aveva un’ampia conoscenza di entrambi i
registri.
5| Ai margini della scena: il pensatore poli co
5.1 Il De re publica e il De legibus (Pag. 413-414)
Nel 54 a.C. Cicerone, messo ai margini della vita pubblica, prova ad
adoperarsi per il bene comune percorrendo un’altra via, quella della
riflessione poli ca.
Il De re publica, composizione vasta ed ambiziosa, divisa in 6 libri.
Cicerone u lizza anche qui il dialogo come nell’omonima opera di Platone.
Tu avia il filosofo greco aveva tracciato il ritra o di uno Stato ideale,
Cicerone invece vuole definire uno Stato reale. Per questo non si tra ene
dal cri care il modello di Platone, il quale aveva proge ato uno stato
Utopico. Cicerone decide di applicare i principi della scienza poli ca alla
repubblica di Roma.
Il dialogo viene ambientato nel 129 a.C., durante i tre giorni delle feriae
la nae. I principali interlocutori sono Scipione Emiliano e il suo amico e
collaboratore Lelio. La discussione nasce dalla domanda: qual è la miglior
forma di governo?
Il De re publica non ci è pervenuto per intero. Fino agli inizi del 1800 esso
era noto soltanto in modo frammentario, grazie a citazioni di Agos no e
La anzio. Fu Angelo Mai, intorno al 1820 a rinvenire una parte cospicua
dell’opera in un codice palinsesto (testo originale raschiato e scri o di
sopra un secondo testo) nella biblioteca va cana.
I primi due libri coprono il primo dei tre giorni in cui è avvenuto il dialogo.
In essi Scipione, esortato da Lelio a indicare la migliore forma di governo,
inizia descrivendo la monarchia, l’aristocrazia e la democrazia, e le loro
rispe ve degenerazioni rannia, oligarchia e demagogia.
La forma migliore, secondo Scipione è però quella mista, nella quale le tre
forme di governo sono mescolate per evitare la degenerazione.
Il terzo e il quarto libro sono più frammenta e sono rela vi al secondo
giorno di conversazione e tra ano il conce o di gius zia e dell’educazione
dei ci adini.
Il libro quinto, quasi interamente perduto, introduceva la figura del
princeps. È probabile che Cicerone vedesse il princeps come una figura
poli ca ideale, capace di tenere saldi i poteri della repubblica
cos tuzionale.
Dietro la figura del princeps, uomini pres giosi dota di saggezza,
moderazione, temperanza; possiamo capire che Cicerone rivedeva sé
stesso.
La parte conclusiva dell’opera, nota come “Somnium Scipionis”, viene
tramandata in modo indipendente. Qui Scipione Emiliano rievoca un
sogno di ven anni prima, in cui proprio il suo avo Scipione Africano gli
aveva rivelato la piccolezza delle cose terrene e mostrato la ricompensa
per gli uomini benefa ori dello Stato.

Il De legibus
Come Platone aveva fa o seguire “Leggi” alla sua opera, nello stesso
modo Cicerone dopo la pubblicazione del “De re publica” compose il “De
legibus”.
Anche quest’opera è posta so oforma di dialogo e i maggiori interlocutori
sono lui, il fratello Quinto e l’amico A co. La finalità dell’opera è quella di
mostrare che giusto e ingiusto sono principi di diri o naturale, radica
nella coscienza di tu gli uomini.
Era composto da 5 libri ma ne arrivano a noi soltanto 3.
6| Ai margini della scena: il pensiero filosofico
6.1 La filosofia greca diventa la na (Pag. 416)
La produzione filosofica di Cicerone risale agli ul mi anni della sua vita.
Cicerone conosceva bene la filosofia, da giovane aveva studiato ad Atene.
In realtà, per lui come per gli uomini della sua era la filosofia era una
guida e un conforto. Per questo Cicerone u lizza la filosofia per scappare
dalla realtà.
Rendendo la filosofia greca anche la na. Cicerone si fa inventore del
linguaggio filosofico la no. Cicerone non si occupò di semplici traduzioni,
a par re da fon greche, applicò i problemi e le risposte della filosofia
greca alla realtà della vita a Roma.
Cicerone affrontava i vari temi servendosi del metodo dossografico:
rassegne di opinioni, su determina argomen e problemi.
Nel complesso, secondo il panorama filosofico ciceroniano, la verità
andava cercata omnium gen um, vale a dire cercare una conciliazione tra
pensiero stoico e aristotelico. Bersaglio ne o fu per l’appunto
l’epicureismo.
6.2 Alla ricerca della felicità: il De finibus e le Tusculanae (Pag. 417)
Il sommo Bene, a cui l’uomo deve tendere e che è in grado di dargli
felicità? A questa domanda Cicerone dedica la sua produzione di filosofia
morale, con due opere scri e nel 45 a.C.: “De finibus bonorum et
malorum” “Tusculanae dispunta ones”.

De finibus bonorum et malorum


Trama: diviso in 5 libri, dedicato ancora una volta a Bruto, si apre con una
discussione sulle tesi epicuree, sostenute da Lucio Torquato nel primo
libro, e cri cate con fermezza nel secondo dallo stesso Cicerone.
Nel III-IV libro a parlare e Catone U cense, che presenta convintamente lo
stoicismo, Cicerone risponde nel IV libro in maniera più interlocutoria.
Nel V libro Cicerone espone la do rina accademica, che sos ene che la
felicità consiste nella virtù che si completa solo quando si aggiungono ai
beni spirituali si aggiungono quelli del corpo come la salute.

Tusculanae dispunta ones


Trama: Dedicata a Bruto, divisa in 5 libri. Ha forma di dialogo tra Cicerone
e un anonimo interlocutore. Lo scopo dell’opera è allontanare dall’uomo
quegli ostacoli che gli impediscono di essere felice: la paura (Libro I),
dolore fisico (Libro II), dolore spirituale (Libro III) e le passioni (libro IV).
L’ul mo libro è dedicato alla virtù, per Cicerone la morte non è un male,
ma un bene, sia nel caso in cui l’anima muoia con il corpo, che nel caso di
una vita ultraterrena più felice. Il dolore fisico affrontato con fortezza
d’animo, il dolore spirituale comba uto con razzionalità
6.3 La trilogia teologica (Pag. 418)
Sempre tra il 45 e il 44 risalgono 3 opere di filosofia della religione, ma
prive di risvol e co-poli ci

De natura deorum
Trama: Il De natura deorum è un dialogo dedicato alle varie posizioni
filosofiche sulla natura degli dèi: indifferen alle cose umane (come
diceva l’epicureismo). Il razionalismo di Cicerone lo induceva a un
a eggiamento sce co il punto di vista stoico all’inizio, ma alla fine questa
posizione viene ritenuta la più verosimile. Infa , Cicerone riteneva la
religione fondamentale per la solidità dello stato.

De divina one
Trama: dialogo in due libri tra Cicerone e suo fratello Quinto sulla
divinazione nelle sue varie forme. Cicerone, si divide tra la razionale
esigenza di denunciare il cara ere falso e supers zioso, e la necessità di
mantenerle.

De fato
Trama: inteso come des no inevitabile, tema da cui discende quello della
libertà dell’uomo e della sua responsabilità rispe o alle sue azioni.
Cicerone si distacca dal provvidenzialismo stoico e cerca di dimostrare che
per gli uomini esiste la possibilità di operare scelte libere e consapevoli.

Potrebbero piacerti anche