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LA VITA DI CICERONE: GLI ANNI GIOVANILI

Cicerone nacque nel 106 a.C. ad Arpino (città a Sud di Roma), da una famiglia benestante del ceto
equestre (cavalieri). Il padre intuì il talento del figlio e gli assicuro una formazione accurata presso i
migliori maestri di Roma.
Ai tempi della adolescenza di Cicerone esisteva un vero sistema scolastico esclusivamente per i
livelli elementari, ma per imparare discipline come la retorica, la filosofia, il diritto la filosofia
l’univa via era quella di seguire lezioni private in casa di maestri o giuristi affermati. Un altro modo
per poter assistere e cercare di imparare l’arte della retorica o del diritto era nel Foro, in cui molte
volte si tenevano grandi assemblee, e dove i magistrati arringavano la folla per convincerla a
prendere certe decisioni. Nel caso di Cicerone ricordiamo molti suoi maestri, tra cui: i due Scevola
per il diritto, Apollonio Molone per la retorica, e Filone di Larissa per la filosofia.
Cicerone sin da piccolo iniziò a far delle prove come scrittore. Dai suoi versi composti durante
l’adolescenza non ci è giunto nulla, piuttosto interessante, invece un trattatello di retorica che
contiene un’esposizione inerente all’intera dottrina dell’oratoria. Quest’ultima prevedeva una
ripartizione dell’insegnamento in cinque parti. Queste dottrine da tempo furono usate nel mondo
greco, Cicerone fu tra i primi a proporre una sintesi in latino.
Nell’81 a.C. Cicerone esordì nell’attività di avvocato, non in un periodo a caso, bensì negli anni in
cui Silla aveva instaurato a Roma un regime dittatoriale. Cicerone mostrò così un grande coraggio,
sia nella pro quinctio che nella Roscio Amerino, in cui prese posizione a favore di imputati i cui
accusatori erano legati al regime sillano.
Successivamente Cicerone intraprese un lungo viaggio di studio in Grecia e in Asia Minore per
curare un indebolimento dell’oratoria, o probabilmente perché il clima a Roma era divenuto
pericoloso in seguito alle prese sue prese di posizione. Cicerone però così facendo completò la sua
formazione.
Ritornato a Roma venne eletto questore e in quel ruolo si distinse per lo scrupolo e la correttezza.
Mirò sempre a combattere il malgoverno, non solo moralmente, ma anche politicamente, dato
che con il buongoverno in città sarebbe regnata la concordia sociale.
Di Cicerone bisogna sicuramente ricordare un processo svolto in quegli anni: quello contro Verre.
Quest’ultimo fu un pessimo governatore della Sicilia che fece un vero e proprio abuso di potere,
così per ribellione i Siciliani imbastirono una denuncia contro di lui affidandosi al loro ex questore
Cicerone. Alla vigilia del processo, Verre fu difeso da Ortensio (abilissimo oratore del tempo).
Quest’ultimo alla vigilia del processo cercò di scalzare Cicerone dal suo ruolo con un altro
accusatore, sostenendo di aver maggior titolo per svolgere quel ruolo. Il primo atto fu quindi la
divinati, in cui i giudici avrebbero dovuto scegliere chi dei due sarebbe stato l’accusatore più
adatto. Cicerone vinse e condusse l’inchiesta in Sicilia durata 50 giorni in cui raccolse una grande
quantità di materiali e testimonianze. Verre avviò alcune manovre per far posticipare il processo
che ebbe inizio il 5 Agosto e si rivelò un successo per Cicerone che costrinse Verre alla fuga.

DAL SUCCESSO ALLA CRISI


Cicerone venne eletto edile per il 69, per poi diventare pretore nel 66 e console nel 63. raggiunse
alla giovane età di 43 anni il successo politico
Cicerone si schiererà con gneo Pompeo, successivamente pronunciò l’orazione pro manilia per
esaltare il comando di Pompeo nella battaglia contro Mitridate.
Intanto cicerone preparava la sua elezione a console; quest’ultima venne favorita anche dal fatto
che tra i suoi competitori c’era Catilina, latore di un programma che impensieriva a votare
l’aristocrazia al punto che venne votato Cicerone.
Catilina frustrato elaborò un piano che prevedeva l’omicidio di cicerone ma la notizia arrivò al
console che sventò la congiura e fece arrestare alcuni complici mentre altri, tra i quali lo stesso
Catilina si dovettero affrontare in una battaglia, dove Catilina stesso perse la vita tentando la fuga.
In quegli anni Cicerone pronunciò le 4 orazioni che formano il corpus catilinae
Oltra al corpus catilinae agili e affascinante è anche una breve orazione in difesa del poeta greco
Archia. Accusato di essersi ingiustamente appropriato della cittadinanza romana. Questa orazione
si concentra si sì sulla difesa di Archia, ma in parte esalta la cultura e la poesia, come elementi
indispensabili per la formazione personale.
Successivamente con il ritorno di Pompeo le cose a Roma cambiarono anche a causa della
costituzione del primo triumvirato (un accordo segreto tra Crasso, Pompeo e Cesare). A quanto si
dice, la partecipazione al triumvirato venne proposta anche a Cicerone, che rifiutò, condannandosi
ad essere emarginato politicamente.
Quando poi divenne tribuno Clodio, fu pronunziata una legge che disponeva l’esilio per chiunque
avesse ordinato l’uccisione di un cittadino romano senza processo (ciò che aveva fatto Cicerone
con i complici di Catilina), e così fu esiliato in Grecia per 17 mesi.
Al suo ritorno in Italia Cicerone riprese la sua attività oratoria. In quel tempo spicca la Pro Caelio, in
difesa di un giovane accusato di aver cercato di uccidere la sua ex amante Clodia. In questo
discorso è celebre l’attacco contro Clodia (sorella di Clodio), definita “l’amica di tutti”.
Successivamente si assisterà alla crisi del triumvirato a causa dello strapotere di Cesare. In quegli
anni Clodio venne ucciso da un gruppo di armati guidato dal tribuno della Plebe Milone. Cicerone
nel processo si assunse la sua difesa, ma non riuscì a pronunziare il suo bel discorso, perché il
processo si svolse in un tribunale blindato pieno di soldati di Pompeo armati, per proteggere i
giudici sì, ma anche per intimorirli. Così Cicerone perse la causa e Milone fu condannato in Gallia.
IL PROGETTO POLITICO
Nella mentalità romana è fondamentale dedicarsi al proprio impegno politico.

Di questo principio la biografia ciceroniana ne è la testimonianza. La sua produzione si concentra in due


momenti:

l’ultimo scorcio degli anni 50: quando scrive il de republica e il de legibus che analizzano le forme di
governo e il de oratore

DE REPUBLICA
È diviso in sei libri ma non ci sono giunte tutte le parti, mentre del 6 libro ci è giunta la storia del sogno di
Scipione che sarebbe la conclusione dell’opera
Parla di un dialogo tra Scipione emiliano e numanzia in cui si dibatte circa la migliore forma di governo,
vengono illustrate le 3 forme di governo fondamentali: monarchia democrazia e aristocrazia, tutte sono
tollerabili ma nessuna è perfetta

Cicerone espone la sua concezione di costituzione mista e ne trova un esempio nel sistema istituzionale
romano; questo regime non è nato già formato infatti nel 2 libro viene raccontata la storia politica della
città; in questa sezione cicerone si mostra a favore dell’istituzione dei comizi centuriati in quanto venivano
privilegiate le classi proprietarie rispetto al resto della popolazione

Successivamente cicerone descrive la sua figura del politico ideale, il quale deve essere acculturato e una
buona capacità di governo

Per lui la figura del politico ideale prende il nome di princeps: ovvero un cittadino al quale ci si può affidare
in situazioni difficili, come fu descritto lo stesso Scipione emiliano

Il pensiero politico di cicerone è moderato: non vede alternativa a sistema Scipione difende attraverso la
concordia Scipione la collaborazione delle classi sociali (ex. Tra cavalieri e aristocrazia)

Cicerone è ostile a qualsiasi ipotesi di ridistribuzione della ricchezza

Il de repubblica viene scritto nello stesso momento in cui viene scritto il de rerum natura di Lucrezio

Lucrezio la definisce una fatica stancante

Catullo ostenta disprezzo e indifferenza

Cicerone è più propenso ad una partecipazione attiva alla vita politica

DE ORATORE
Diviso in 3 libri sotto forma di dialogo. Il tema principale è la definizione del profilo ideale dell’oratore che
deve essere un intellettuale completo. Propone un confronto tra due tipi di oratori:

-oratore dotato di talento dotato dalla pratica: impersonato da marco Antonio

-l’oratore che possiede una vasta cultura basata sui propri una vasta da Licinio crasso

LE OPERE RETORICHE
L’orator riprende i temi già affrontati nel de oratore, ma maggiore attenzione viene data agli aspetti formali
e stilistici

Il Brutus dedicata a bruto, che tratta la storia dell’oratoria romana con alcuni riferimenti al mondo greco. È
forse il primo manuale di letteratura della cultura occidentale.

ENCICLOPEDIA FILOSOFICA
Nell’enciclopedia filosofica lui definisce gli aspetti del credo filosofico. Per cicerone vige l’applicazione della
filosofia teoretica per dare uno scopo all’agire umano: ovvero quello di formare i giovani, che saranno attivi
nella vita politica. Inoltre riesce a esaltare la lingua latina e di conseguenza a creare un lessico filosofico.

Tra le sue opere ricordiamo

De officis: dedicata al figlio marco; divisa in 3 libri. Si tratta di una guida etico-politica che il sapiente deve
rispettare per essere moralmente più corretti. In particolare viene affrontata la definizione dell’onesto

Nel secondo quella dell’utile


Nel terzo li mette a confronto

De amicitia: amicizia definita come rapporto tra uomini per bene, ma anche come alleanza politica

Nel de divinatione va chiarito che cicerone non fu un pensatore originale, ma il suo obiettivo era quello di
offrire al lettore romano un panorama della filosofia greca

Nel de natura deorum confuta le tesi epicuree e si dimostra a favore della dottrina stoica, successivamente
confutata

Tuttavia non giunge mai ad una soluzione definitiva su quale sia la migliore dottrina greca

Questo non significa che cicerone non abbia un proprio pensiero, egli è seguace del probabilismo: non
esiste una verità assoluta, ma bisogna scegliere di volta in volta l’opinione più probabile

LE EPISTOLE
La raccolta epistolare di Cicerone comprende circa 900 lettere indirizzate in parte al migliore amico, Attico,
in parte ad amici e familiari, alle quali si aggiunge la raccolta dedicata a bruto. L’epistolario ciceroniano non
era destinato alla pubblicazione, sono dunque lettere autentiche, di circolazione privata. Questo spiega
perché Cicerone riveli le sue paure e incertezze, le quali sorpresero anche Francesco Petrarca, che riscoprì
l’autore classico. Oltre ai temi politici, ci sono lettere su questioni e problemi familiari, o anche di
raccomandazione. Anche la lingua si adatta alla materia: non è maio sciatta, ma si avvicina sicuramente alla
lingua di conversazione tra persone colte, ricca di parole greche, che comunque lui cercava di evitare in
quanto convinto dell’autosufficienza della lingua latina (lui strutturò il latino che noi ricordiamo come
classico).

LO STILE
Cicerone è considerato un maestro di prosa oratoria, e la sua lingua si identifica con quella della civiltà
classica, infatti il suo latino è uno dei vertici assoluti della lingua romana antica. Lui è innovatore della
lingua: infatti confronta il latino col greco, e crea dei neologismi per renderlo espressivo al massimo. Lui
vuole dimostrare la ricchezza lessicale della sua lingua nativa (Lucrezio la definisce inferiore al greco).
Cicerone fu ordinato anche del punto di vista sintattico, i discorsi sono organizzati con una proposizione
principale attorno la quale si strutturano tutte le subordinate. La comprensione è facilitata dalla
concinnitas, la cura della simmetria tra una sezione e l’altra della frase.

DALLA GUERRA CIVILE ALLA MORTE


Cicerone tra il 51 e il 50 a.C. venne inviato a governare Cecilia (in Asia Minore). Lo fece
eccellentemente con scrupolo e onestà, ottenendo anche un successo militare.
In seguito Cicerone, con l’inizio della guerra civile, si trovò a prendere una schiera. Scelse di stare
dalla parte di Pompeo, che però venne sconfitto nella battaglia di Farsalo da Cesare.
Cicerone, rimasto in Italia si trovò a stare dalla parte dei vinti, ma Cicerone si dimostrò un uomo
molto clemente e non solo perdonò Cicerone, ma lo invitò a partecipare al suo nuovo corso. Di
fatto, però egli si trovava politicamente ai margini.
Con il Cesaricidio da parte di Bruto e Cassio la situazione politica tornò fluida: i congiuranti videro
in Cicerone una sorta di mandante morale della congiura.
Con la morte di Cesare due aspiranti si contendevano il potere: Marco Antonio (ex luogotente di
Cesare) e Gaio Ottavio (nipote della sorella di Cesare). Cicerone cercò di avvicinare Gaio Ottavio al
senato, e mise contro quest’ultimo Antonio, ritenuto il più pericoloso erede di Cesare, tutto questo
venne documentato da Cicerone nelle Filippiche (forte carica orativa).
Ancora una volta le cose presero la piega sbagliata, infatti salì sì al potere Ottaviano, ma non si
scontrò con Antonio, come sperava Cicerone, bensì cercò la sua alleanza insieme a quella di un
altro cesariano. Si venne a creare così il secondo triumvirato, ma si trattò questa volta di una vera
a propria magistratura in stile sillano. I triumviri esordirono pubblicando delle liste di avversarsi
politici che chiunque avrebbe potuto uccidere. In testa alla lista di Antonio spiccò lo stesso
Cicerone. Provò una fuga a Gaeta, ma nel 43 a.C. venne rintracciato da dei sicari che gli mozzarono
la testa e le mani per esporle sui Rostri: la tribuna degli oratori del Foro romano.

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