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Indice
Voci
Impero romano d'Occidente
48
66
111
Tarda antichit
144
187
Diocleziano
208
230
Massimiano
232
Costanzo Cloro
248
Galerio
253
259
Massimino Daia
272
Flavio Severo
274
Massenzio
276
278
Licinio
282
Editto di Milano
285
288
Dinastia costantiniana
290
Costantino I
294
Costantino II
313
Costanzo II
319
Costante I
338
343
Gioviano
393
Graziano
394
Valentiniano I
397
400
Casata di Valentiniano
405
Valentiniano II
406
Giovanni Primicerio
409
410
416
431
Magno Massimo
435
Teodosio I
440
Editto di Tessalonica
449
Decreti teodosiani
451
Flavio Eugenio
455
Arbogaste
457
459
461
Stilicone
469
Magister militum
476
482
Socii e foederati
514
Alarico I
517
Radagaiso
522
523
Battaglia di Pollenzo
529
531
532
554
560
Galla Placidia
562
Valentiniano III
579
588
Flavio Ezio
608
Bonifacio (comes)
616
Costanzo Felice
617
618
Regni romano-barbarici
626
636
637
Genserico
643
648
650
Avito
654
Maggioriano
659
Ricimero
672
Antemio
673
Libio Severo
679
Teodorico II (Visigoti)
683
686
689
Siagrio
690
Regno di Soissons
691
694
Bagaudi
712
713
Gundobado
714
Romolo Augusto
718
Anicio Olibrio
722
Odoacre
725
732
Severino Boezio
735
Gregorio di Tours
746
Burgundi
749
Note
Fonti e autori delle voci
756
760
769
(dettagli)
Dati amministrativi
Nome completo
Impero romano
Nome ufficiale
Imperium Romanum
Lingue parlate
Latino
Capitale
Forma di governo
Dominato
Senato
Nascita
Causa
Fine
Causa
Bacino geografico
Massima estensione
Popolazione
Italia, Illirico occidentale, Nord Africa (tranne Egitto e Cirenaica), Penisola Iberica, Gallia, Britannia
2.500.000 km2 circa nel 395 - 405
20 - 25 milioni nel 400 circa
2
Economia
Valuta
aureo, asse
Religione e societ
Religioni preminenti
Cristianesimo
Religione di Stato
Cristianesimo
Religioni minoritarie
paganesimo, ebraismo
Evoluzione storica
Preceduto da
Impero romano
Succeduto da
Regno di Soissons
Eptarchia anglosassone
Regno visigoto
Regno franco
Regno ostrogoto
Regno vandalo
Regno suebo
L'Impero romano d'Occidente inizi a configurarsi come organismo statuale autonomo alla morte dell'imperatore
Teodosio I (395) il quale decise di affidare gli immensi territori, sempre pi vulnerabili alla pressione dei barbari, ai
suoi due figli: ad Arcadio, il maggiore, fu assegnato il governo della parte orientale dell'Impero mentre a Onorio, il
minore, spett la parte occidentale.
Non era nelle intenzioni di Teodosio creare due organismi politici differenziati e completamente indipendenti fra di
loro. La sua finalit era piuttosto quella di ricollegarsi, attraverso questa scelta, sia alle tradizioni tetrarchiche, che a
quelle post-costantiniane. La divisione doveva cio rivestire un carattere squisitamente burocratico, amministrativo,
o riconducibile al problema della difesa militare. Da allora per, questi due grandi aggregati, ormai strutturatisi in
Impero Romano d'Occidente e Impero romano d'Oriente, non si sarebbero pi riuniti e avrebbero intrapreso dei
percorsi di sviluppo sempre pi autonomi fra di loro. L'idea dell'unit rest tuttavia salda nelle coscienze ancora per
lungo tempo, e certo non si era ancora spenta quando, nel 476, il re degli Eruli Odoacre depose l'ultimo Imperatore
d'occidente, Romolo Augusto, e rimise le insegne dell'Impero all'imperatore d'Oriente Zenone.
Geografia
Superficie e suddivisione
Al momento della morte di Teodosio I e della definitiva divisione dell'Impero in una parte orientale e in una
occidentale (395), quest'ultima eredit la Prefettura del pretorio delle Gallie e la maggior parte della Prefettura del
pretorio d'Italia, Africa e parte dell'Illiria, mentre all'Oriente toccarono la Prefettura del pretorio d'Oriente e due
diocesi illiriche. A sua volta la Prefettura d'Italia era formata da quattro diocesi: Italia (due diocesi), Illiria ed Africa;
quella delle Gallie da un pari numero di diocesi: Gallia (due diocesi), Hispania e Britannia. Va messo in evidenza
che l'Illiria era stata ripartita fra i due Imperi[1] e che questa divisione fu fonte di continue dispute che iniziarono a
profilarsi subito dopo la morte di Teodosio.
Alla fine del IV secolo la superficie totale dell'area romano-occidentale superava i 2,5 milioni di km con una
popolazione globale difficilmente quantificabile ma che, con ogni probabilit, doveva situarsi fra i 20 e i 25 milioni
di abitanti.
Nel secolo successivo in tutto il mondo romano-occidentale si assistette ad una generalizzata flessione demografica
dovuta a guerre, carestie ed epidemie. Lo stanziamento di genti barbare in quasi tutte le regioni dell'Europa
occidentale e dell'Africa, non riusc infatti a compensare le perdite che avevano falcidiato la popolazione autoctona.
Citt
Fra la fine del IV e gli inizi del V secolo Roma era ancora la citt pi popolosa dell'Impero (sia della sua parte
occidentale che orientale). Durante il regno di Valentiniano I (364 - 375) si calcola, sulla base delle tessere annonarie
distribuite, che l'Urbe dovesse contare non meno di 800.000 abitanti (ma altre fonti danno una cifra anche superiore,
vedi riquadro). Questo valore rest pressoch inalterato fino al primo sacco di Roma da parte dei Visigoti di Alarico
(410). Segu una certa flessione demografica, ma ancora alla met del V secolo sembra che la popolazione della citt
non fosse inferiore ai 650.000 abitanti[3] Fu soltanto all'indomani del secondo sacco ad opera dei Vandali (455) che
Roma perse probabilmente il rango di prima citt dell'Impero superata non solo da Costantinopoli, ma anche dalle
popolose metropoli d'Oriente: (Alessandria, Antiochia e, forse, anche Tessalonica).
L'Italia poteva vantare, oltre a Roma, una serie di centri relativamente popolosi ed economicamente attivi, primo fra
tutti Mediolanum (Milano), capitale imperiale, con Augusta Treverorum (Treviri), fin dalla fine del III secolo, ed
Aquileia che per fu distrutta dagli Unni attorno alla met del V secolo. Altre importanti citt erano Bononia e
Ravenna. Quest'ultima nel 402 divenne capitale dell'Impero Romano d'Occidente e conserv tale rango anche dopo il
476, sotto Odoacre, gli Ostrogoti e i Bizantini. Ravenna fu una delle poche citt italiane che continu a espandersi
nel corso del V secolo, raggiungendo la sua massima estensione in et gotica, allorch l'aumento della popolazione e
del territorio urbano rese necessario un ampliamento della cinta muraria romana che fin col racchiudere una
superficie di 150 ettari.[4]
Cartagine, con i suoi 150.000-200.000 abitanti (o pi) costituiva con ogni probabilit il secondo agglomerato urbano
dell'occidente romano. La citt, oltre a possedere, da sempre, una netta vocazione commerciale, era posta nel cuore
di una ricca regione agricola ed esportava le sue derrate alimentari anche in Oriente. In Africa, altre tre citt di medie
dimensioni godevano di una certa prosperit: Leptis Magna, culla della dinastia dei Severi, che, dopo un periodo di
decadenza, aveva conosciuto una certa ripresa in epoca teodosiana; Timgad, importante centro donatista, e infine
Cesarea (oggi Cherchell, in Algeria), che dette i natali a Prisciano, che con Donato fu il massimo grammatico della
tarda latinit.
4
Nella regione illirica la citt pi importante e popolosa era forse
Salona (nelle immediate vicinanze dell'odierna Spalato), in
Dalmazia, con una popolazione di oltre 50.000 abitanti, mentre i
due agglomerati di frontiera di origine castrense, Carnuntum ed
Aquincum (l'attuale Budapest), conservarono una certa importanza
strategica. Entrambi questi centri possedevano due anfiteatri, uno
per le guarnigioni di stanza ed uno per la popolazione civile.
Carnuntum ci viene descritta da Ammiano Marcellino, nella
seconda met del IV secolo, come una citt sonnolenta e
degradata, ravvivata per dalla presenza di molti militari
accampati nei dintorni o residenti nell'abitato.[5]
Estensione
Popolazione
Roma
Capua
70.000
Mediolanum
50.000
Bononia
83 ettari circa
30.000
Augusta Taurinorum
47 ettari circa
20.000
Verona
45 ettari circa
20.000
Augusta Praetoria
41 ettari circa
20.000
Leptis Magna
100.000
Augusta Treverorum
50.000
Nemausus
70.000
Vindobona
60.000
5
Londinium
50.000
Lutetia
55 ettari circa
20.000
Alessandria d'Egitto
500.000 - 1 milione
Carthago
200 - 300.000
[7]
200.000 circa
Citt fondate o conquistate dai Romani in Italia ( celle con sfondo verde )
Citt fondate dai Romani nelle province dell'Impero (celle con sfondo giallo )
Citt conquistate dai Romani fuori dall'Europa (celle con sfondo celeste )
Storia
Per approfondire, vedi Tardo Impero romano e Tarda antichit.
Una pi marcata divisione dell'Impero Romano, dopo le suddivisioni amministrative dei decenni precedenti, si ebbe
con l'ascesa al trono di Valentiniano I, creato imperatore a Nicea nel febbraio del 364. Il nuovo sovrano dovette
prendere atto dell'impossibilit di gestire da solo la delicata situazione militare che si era venuta a creare sia lungo la
frontiera danubiana e renana, ad Occidente, a causa dei sempre pi frequenti sconfinamenti delle trib barbare, sia su
quella persiana, ad Oriente, dove i Sassanidi si erano da tempo imposti come i pi agguerriti avversari di Roma e del
suo esercito. Nella primavera di quello stesso anno, Valentiniano associ pertanto come augusto il fratello Valente,
assegnandogli la parte orientale dell'Impero e tenendo sotto il suo controllo quella occidentale, chiaro segno
dell'importanza che ancora rivestiva all'epoca la citt di Roma.
L'attivit governativa di Valentiniano I, tesa a frenare l'avanzata dei barbari che premevano sui confini della
Germania, si concretizz nella costruzione del poderoso limes che andava dal Mare del Nord, in corrispondenza della
foce del Reno, alle Alpi Retiche. Valentiniano, come e ancor pi dei suoi predecessori, fece frequente ricorso ai
foederati nell'esercito, con il conseguente accesso alle magistrature civili e militari di molti Germani e la graduale
"barbarizzazione" dei quadri dell'amministrazione, della burocrazia e dell'esercito. Mor nel 375 in Pannonia, a causa
di un ictus cerebrale.[8] Gli succedette in Occidente suo figlio Graziano, mentre l'Oriente continuava ad essere retto
da Valente.
Sul versante religioso, dopo l'ascesa al potere di Teodosio, si venne a produrre un progressivo consolidamento del
cristianesimo, culto gi all'epoca predominante. Il nuovo augusto ne favor infatti la diffusione con l'intento di
convertirlo in collante dell'Impero (editto di Tessalonica, 380), venendo cos a sostituire le antiche credenze e
l'arianesimo, ormai apertamente osteggiati o messi al bando.
Nel 383, l'esercito di Britannia aveva proclamato Augusto un generale di origine ispana, Magno Massimo. Costui
pass con un esercito in Gallia per impadronirsene. Graziano, da Treviri, venne incontro all'usurpatore, ma a seguito
delle numerose defezioni che si verificarono fra le sue truppe, ripieg su Lugdunum, dove mor per mano di un
sicario. Magno Massimo ne approfitt per occupare l'Italia e l'Africa. Valentiniano II, temendo per la propria vita, si
rifugi a Tessalonica. Teodosio, che, dopo la morte di Graziano, aveva riconosciuto Magno Massimo come augusto,
nel 383 associ all'Impero il figlio Arcadio. Qualche anno pi tardi anche Magno Massimo, seguendone l'esempio
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Per approfondire, vedi Invasioni barbariche del V secolo e Guerra gotica (402-403).
Le Invasioni barbariche, che sino ad allora avevano interessato maggiormente la parte orientale dell'Impero,
investirono, a partire dai primi anni del V secolo, soprattutto l'Occidente.
Non soltanto, infatti, l'Impero romano d'Oriente disponeva di maggiori risorse finanziarie rispetto a quello
d'Occidente, ma trov la forza di porre in essere, fin dal 400-402, una drastica politica di epurazione degli elementi
germanici presenti negli alti quadri dell'esercito. Tale epurazione coinvolse, fra gli altri, i due comandanti di origine
gotica in capo delle armate d'Oriente, prima Gainas, poi Fravitta: due personaggi di dubbia reputazione, soprattutto il
primo, che pass gli ultimi mesi della sua vita depredando le ricche province dell'Asia Minore.[43] Motivazioni di
indole religiosa, oltrech politica, avevano determinato questa coraggiosa scelta chiaramente tendente ad una
"romanizzazione" dell'esercito (sia Gainas che Fravitta erano ariani). A tutto questo si aggiunse un'accorta politica
orientale volta ad allontanare la minaccia incombente su Costantinopoli dirottandola verso il limes d'Occidente.
In Occidente le legioni, costituite per la maggior parte da truppe barbare (in Oriente la proporzione era leggermente
inferiore), erano sotto il comando di un generale di alto profilo, Stilicone. Questi, in parte di origine germanica (era
figlio di un vandalo e una romana), era legato da vincoli di parentela alla famiglia imperiale (l'imperatore Onorio ne
aveva sposato la figlia) e si sentiva fiero della fiducia riposta in lui dal grande Teodosio meritata a pieno titolo sui
11
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campi di battaglia. Fu proprio Stilicone a fronteggiare Alarico e i suoi Visigoti dopo che costoro, varcate le Alpi,
avevano iniziato ad occupare e saccheggiare l'Italia nord-orientale (novembre - dicembre del 401) puntando
successivamente su Milano.
Ripetutamente sconfitti a Pollenzo (402) ed a Verona (403), i Visigoti ripiegarono sull'Illirico, mentre Stilicone
garantiva ad Alarico un congruo tributo nel tentativo di tenerlo sotto controllo. La dinamica di tali battaglie resta
tuttavia sconosciuta: nessuna si rivel decisiva, e Alarico pot sempre sfuggire ad un disastro definitivo. Pi di uno
storico ritiene che in realt Stilicone, a corto di soldati, cercasse un accomodamento e forse addirittura un'alleanza
con il potente esercito visigoto.[44] Sembra infatti che Stilicone intendesse usare Alarico come alleato contro l'Impero
romano d'Oriente per spingere Arcadio a cedere all'Impero d'Occidente l'Illirico orientale.[45] I dubbi sono
confermati dalla decisione con cui invece difese l'Italia dall'invasione dei Goti di Radagaiso nel 406, circondati e
sterminati presso Fiesole[46] con le ultime truppe romane rafforzate dai Visigoti di Saro e dagli Unni di Uldino.[47]
Il pericolo corso durante l'invasione visigota aveva dimostrato la vulnerabilit della frontiera sud-orientale, tanto da
spingere Onorio a trasferire nel 402 la sua capitale da Milano alla pi sicura Ravenna, difesa dallo sbarramento
naturale del Po e difesa dalla potente Classis Praetoria Ravennatis, che con il controllo del mare garantiva anche un
sicuro collegamento con il resto dell'Impero e con l'Oriente.
Nel 405/406, la strada aperta da Alarico venne ripercorsa da una nuova orda di barbari coalizzati sotto la guida
dell'ostrogoto Radagaiso, i quali desolarono le regioni dell'Italia centro-settentrionale, prima di essere fermati a
Fiesole da Stilicone, grazie all'intervento di truppe ausiliarie unne e gote, condotte rispettivamente da Uldino e Saro;
12.000 soldati dell'esercito di Radagaiso furono arruolati nell'esercito romano, mentre il resto fu ridotto in
schiavit.[48]
In quello stesso anno, il giorno 31 dicembre un'orda barbara di straordinarie proporzioni, costituita da Vandali, Alani
e Suebi, sospinta verso occidente dagli Unni, attravers il Reno ghiacciato e penetr in Gallia.[49]
La fine di Stilicone (408)
L'invasione e la debolezza manifestata dal governo di
Onorio, spinse le legioni britanniche a rivoltarsi
acclamando imperatore prima un certo Marco, poi,
alcuni mesi dopo, un certo Graziano e poi, dopo il
rifiuto di questi di intervenire contro i Barbari, il
generale Flavio Claudio Costantino.[50] Questi,
attraversata
la
Manica,
riusc
a
bloccare
temporaneamente l'avanzata dei barbari e a prendere il
controllo di gran parte dell'Impero: Gallia, Spagna e
Britannia.[50]
Stilicone non fu energico com'era stato con Radagaiso, e la Gallia rest abbandonata a barbari e usurpatori. La
notizia falsa di un presunto decesso di Alarico e, soprattutto, dell'usurpazione di Costantino III, trattennero Stilicone
dal raggiungere Alarico in Epiro per condurre una guerra civile contro l'Impero romano d'Oriente per il possesso
dell'Illirico orientale.[51] Stilicone invi comunque nel 407 il generale romano di origini gote Saro in Gallia per porre
fine all'usurpazione di Costantino III, ma la spedizione fall e Saro, vinto dai generali dell'usurpatore, Edobico e
Geronzio, fu costretto a ritirarsi in tutta fretta in Italia, venendo costretto durante la ritirata persino a cedere tutto il
bottino accumulato a spese dei Bagaudi (briganti) per ottenere da loro il permesso di passare le Alpi.[52] Il mancato
arrivo di Stilicone in Epiro spinse inoltre, nel 408, Alarico a spostarsi in Norico, minacciando di invadere l'Italia se
non fosse stata soddisfatta la richiesta di un pagamento di 4000 libbre d'oro "per i servizi resi", ovvero gli arretrati
per l'esercito gotico per tutto il tempo che era stato in Epiro in attesa di Stilicone.[53] Il senato romano fu messo di
Per approfondire, vedi Sacco di Roma (410) e Partenza dei romani dalla Britannia.
Nel frattempo, Costantino III aveva elevato al rango di Cesare suo figlio Costante, mentre in Spagna due parenti di
Onorio si rivoltarono, rifiutandosi di riconoscere l'autorit dell'usurpatore e mettendo insieme un'armata che
minacciava di invadere la Gallia e deporlo.[61][62] Costantino III invi dunque suo figlio Costante, insieme al
generale Geronzio[63] e al prefetto del pretorio Apollinare, nella penisola iberica per sedare la rivolta.[61] Nonostante
ai soldati ribelli si fossero aggiunti un'immensa massa di schiavi e contadini, l'esercito di Costante riusc a sedare la
rivolta e a catturare i capi dei ribelli (Vereniano e Didimio, parenti di Onorio), e li condusse prigionieri in Gallia da
suo padre, dove furono giustiziati.[61][62][64]
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Nel frattempo (409), mentre i Burgundi si stanziarono sulla riva sinistra del Reno per dare vita a un loro regno, le
incursioni compiute dagli invasori barbari in Gallia spinsero gli abitanti della Britannia e dell'Armorica a rivoltarsi a
Costantino III, cacciando i magistrati romani e formando un loro governo autonomo.[65] Costante, nel frattempo,
aveva lasciato incautamente il generale Geronzio in Spagna con le truppe galliche affidandogli il compito di
sorvegliare i Pirenei, sostituendo dunque con truppe di origini barbariche (gli Honoriaci) i presidi locali che un
tempo sorvegliavano i passi.[65][62] Quando dunque Costante ritorn in Spagna per la seconda volta per governarla
come Cesare, Geronzio per brame di potere si rivolt proclamando a sua volta imperatore un tale Massimo.[65][64]
Sembra inoltre aver incitato i barbari che erano in Gallia ad invadere la Gallia meridionale in modo da tenere
occupato Costantino III; tale tentativo di sfruttare i barbari per vincere la guerra civile contro Costantino III risult
tuttavia controproducente e negli ultimi mesi del 409 i Vandali, gli Alani e Svevi, a causa del tradimento o della
negligenza dei reggimenti Honoriaci a presidio dei Pirenei, entrarono in Spagna, sottomettendola per la massima
parte.[65][62][64][66]
Secondo la testimonianza del cronista
spagnolo Idazio, nel 411 i Vandali, gli Alani
e gli Svevi si spartirono per sorteggio i
territori conquistati in Spagna:
[I barbari] si spartirono tra loro i vari lotti
delle province per insediarvisi: i Vandali
[Hasding] si impadronirono della Galizia, gli
Svevi di quella parte della Galizia situata
lungo la costa occidentale dell'Oceano. Gli
Alani ebbero la Lusitania e la Cartaginense,
mentre i Vandali Siling si presero la Betica.
Gli spagnoli delle citt e delle roccaforti che
erano sopravvissuti al disastro si arresero in
schiavit ai barbari che spadroneggiavano in
tutte le province.
La Spagna nel 411, con le popolazioni vandaliche di Asdingi (nel nord-ovest) e
Silingi (nel sud).
15
Alarico, cui erano state promesse oro e vettovaglie per il suo popolo, oltre che, con ogni probabilit, una carica
militare e civile che avrebbe in qualche modo ufficializzato le sue funzioni di rappresentante dell'Impero in Illiria,
nel 409 di fronte al collasso generale dell'Impero, decise di prendersi da solo ci che riteneva spettargli.
Valicate nuovamente le Alpi scese fino a Roma con l'intenzione di costringere l'Imperatore a mantenere le promesse
pur di non veder cadere il cuore della civilt romana. Nei dodici mesi successivi la Citt Eterna fu cinta d'assedio per
due volte, finch, di fronte all'inerzia di Onorio, il Senato decise di accordarsi con l'invasore: venne consegnata al
capo barbaro un'ingente quantit d'oro, mentre il praefectus urbi Prisco Attalo veniva acclamato imperatore,
dichiarando Onorio deposto.<[65]
Iniziarono da quel momento delle lunghe ed inconcludenti negoziazioni fra Alarico, nominato nel frattempo da
Prisco Attalo magister militum, e Onorio, sino a che, stanco di attendere le titubanti risposte di Ravenna ed
esasperato dal comportamento sempre pi autonomo di Attalo, che non era stato in grado di ripristinare le forniture
di grano a Roma, bloccate dall'ex-potente ministro di Onorio, Eracliano, frattanto divenuto comes Africae, Alarico
ruppe nella primavera del 410 gli indugi: depose Attalo e cinse nuovamente d'assedio Roma.[65] Di fronte alla
situazione, Costantino III mosse dalla Gallia, accordandosi con il comes domesticorum di Onorio, Allobico, per
deporre l'imbelle imperatore di Ravenna e soccorrere l'Urbe minacciata.[64] La morte di Allobico, per, prontamente
giustiziato da Onorio, costrinse Costantino a rinunciare al piano quando gi era giunto in Liguria: Roma era senza
difese.[64]
16
Il 24 agosto del 410, i Visigoti penetrarono nella Citt Eterna, sottoponendola per tre giorni al saccheggio. La notizia
del sacco di Roma, il cuore dell'Impero, il sacro suolo rimasto inviolato per 800 anni da eserciti stranieri, ebbe vasta
risonanza in tutto il mondo romano ed anche al di fuori di esso. L'imperatore d'Oriente Teodosio II proclam a
Costantinopoli - Nuova Roma tre giorni di lutto, mentre San Girolamo si chiese smarrito chi mai poteva sperare di
salvarsi se Roma periva:
Ci arriva dall'Occidente una notizia orribile. Roma invasa.[...] stata conquistata tutta questa citt che ha conquistato
l'Universo.[...]
(San Girolamo)
D'altronde la catastrofe giungeva appena due anni dopo il rogo dei libri sibillini, ordinato dal cristiano Stilicone.[69]
Alarico abbandon Roma agli inizi dell'autunno, per dirigersi verso l'Italia meridionale: conduceva con s, oltre a
enormi ricchezze, anche un ostaggio prezioso, la sorella dell'imperatore Onorio, Galla Placidia. Alarico si spense
pochi mesi dopo in Calabria, venendo sepolto con tutto il suo tesoro nel letto del fiume Busento.[70] I Visigoti, eletto
re Ataulfo, marciarono quindi verso nord, dirigendosi sulla Gallia meridionale. Le devastazioni provocate durante la
marcia furono ingenti, al punto che nel 412 Onorio concesse alle province devastate del Sud Italia la riduzione delle
imposte a un quinto rispetto alla norma per cinque anni.[71]
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Onorio chiese a questo punto in cambio della pace la restituzione di Galla Placidia, ostaggio dei Visigoti fin dal 410.
Ataulfo, tuttavia, non era disposto a restituire a Onorio sua sorella, se in cambio non fosse rispettata la condizione di
fornire ai Visigoti una grossa quantit di grano, una cosa che i Romani avevano promesso ai Visigoti ma che non era
stata finora mantenuta.[76] Quando i Romani si rifiutarono di fornire ai Visigoti il grano promesso se prima non ci
fosse stata la restituzione di Galla Placidia, Ataulfo riprese la guerra contro Roma (414),[76] tentando di impadronirsi
di Marsiglia ma fallendo nella sortita grazie al valore del generale Bonifacio, il quale difese strenuamente la citt,
riuscendo anche nell'impresa di ferire, durante la battaglia, Ataulfo.[76]
L'anno successivo il re dei Visigoti spos la sorella di Onorio, Galla Placidia, tenuta in ostaggio prima da Alarico e
poi da Ataulfo stesso fin dai giorni del sacco di Roma.[78][79][80] L'ex-imperatore Prisco Attalo, che aveva seguito il
suo popolo d'adozione fin nelle Gallie, festeggi l'evento decantando il panegirico in onore degli sposi. Poco tempo
dopo, ai due sposi nacque un figlio, di nome Teodosio.[81] Secondo Heather, il matrimonio di Galla Placidia con
Ataulfo aveva fini politici: sposando la sorella dell'Imperatore di Roma, Ataulfo sperava di ottenere per s e per i
Ottenuti questi successi, grazie ai quali le province ispaniche della Lusitania, della Cartaginense e della Betica
tornarono sotto il precario controllo romano,[84] nel 418 Onorio e Costanzo richiamarono, come era stato stabilito
dall'accordo del 415, i Visigoti in Aquitania (una regione della Gallia meridionale), nella valle della Garonna, dove i
barbari ricevettero - in base al sistema dell'hospitalitas - terre da coltivare.[85] L'Aquitania sembra sia stata scelta da
Costanzo come terra dove far insediare i foederati Visigoti per la sua posizione strategica: infatti era vicina sia dalla
Spagna, dove rimanevano da annientare i Vandali Asdingi e gli Svevi, sia dal Nord della Gallia, dove forse Costanzo
intendeva impiegare i Visigoti per combattere i ribelli separatisti Bagaudi nell'Armorica.[86]
Anche se lo stabilimento dei Visigoti in Aquitania non poneva fine per il momento all'autorit romana sulla regione
(continuarono ad essere eletti nelle province dell'Aquitania governatori romani per qualche tempo ancora), i Visigoti
costituivano in pratica una forza centrifuga che avrebbe ben presto separato definitivamente prima l'Aquitania e poi
tutta la Gallia a sud della Loira dall'Impero. Secondo Heather, "l'Impero romano era sostanzialmente un mosaico di
comunit locali che in buona misura si autogovernavano, tenute insieme da una combinazione di forza militare e
baratto politico: in cambio dei tributi il centro amministrativo si occupava di proteggere le lite locali".[87] Questo
baratto politico fu messo in crisi dalla comparsa dei Visigoti: i proprietari terrieri, lasciati indifesi dall'Impero,
decisero di accordarsi con gli invasori; ci dovuto al fatto che la ricchezza dei proprietari terrieri era costituita dalla
terra, per cui non potendo andarsene senza lasciare i propri possedimenti e quindi perdere la propria ricchezza, molti
proprietari terrieri scelsero di trovare un compromesso con gli invasori cercando di conservare in questo modo le
proprie terre scongiurando una possibile confisca.[87] Nel 418, inoltre, per riallacciare le relazioni con i proprietari
terrieri gallici, alcuni dei quali, vista la latitanza del potere centrale romano, avevano mostrato tendenze
filo-barbariche o filo-gotiche, il regime di Costanzo stabil di ristabilire il consiglio delle sette province della Gallia
meridionale.[88] Il consiglio delle sette province si teneva ogni anno ad Arelate e riguardava gli interessi dei
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promuovendo numerosi reggimenti di frontiera a comitatensi piuttosto che arruolando nuove truppe. Il numero di
veri comitatenses (escludendo quindi le truppe di frontiera promosse per colmare le perdite) era quindi diminuito del
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Alla morte di Onorio, l'unico imperatore rimasto, il nipote Teodosio II, sovrano di Costantinopoli, tardava a
nominare un successore d'Occidente. Cos a Roma il Senato decise di proclamare Imperatore d'Occidente il
primicerius notariorum Giovanni, un funzionario romano di oscure origini. Questi si trov per subito in difficolt:
le guarnigioni romane di Gallia, da poco sottomesse, si ribellarono e il comes Africae Bonifacio tagli i vitali
rifornimenti di grano a Roma, mentre Teodosio a Tessalonica elevava nel 424 al rango di Caesar il piccolo cugino
Valentiniano III, figlio di Galla Placidia (riparata a Costantinopoli dopo la morte del marito Costanzo III).[94]
Giovanni si chiuse dunque nella sua sicura capitale, Ravenna, inviando un suo giovane generale, Flavio Ezio, in
Pannonia, per sollecitare aiuto dagli Unni. L'esercito d'Oriente strinse d'assedio Ravenna, che cadde infine dopo
quattro mesi per la corruzione della guarnigione. Giovanni venne catturato e deposto, gli venne amputata la mano
destra e fu infine decapitato nel 425 ad Aquileia, mentre il piccolo Valentiniano III venne incoronato imperatore a
Roma.[94]
Frattanto Ezio, giunto troppo tardi in suo soccorso con un forte contingente unno si accord con la reggente di
Valentiniano, la madre Galla Placidia, per ottenere la carica di magister militum in cambio dello scioglimento della
sua armata unna.[96]
Flavio Ezio era un latino della Moesia, proveniente da una famiglia di tradizioni castrensi (suo padre, Gaudenzio,
aveva per breve tempo ricoperto anche la carica di magister militum), e aveva trascorso gran parte della sua prima
giovinezza come ostaggio presso le trib unne stanziate oltre il limes illirico.[97] Tornato in patria, aveva intrapreso
una brillante carriera militare, imponendosi, poco pi che trentenne, come uno dei pi giovani e promettenti generali
del suo tempo. Con la nomina a magister militum dopo la morte di Giovanni, egli ottenne un enorme potere
sull'Impero grazie al controllo dell'esercito.
Da allora e per una trentina d'anni, Ezio domin lo scenario politico e militare dell'occidente romano, nonostante
l'aspra ostilit della reggente Galla Placidia e dell'imperatore Valentiniano.
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Ravenna e Costantinopoli
Con Valentiniano III ebbe luogo un progressivo riavvicinamento fra le due parti dell'Impero, le cui relazioni si erano
andate raffreddando durante gli ultimi anni del regno di Onorio.[98] Tale riavvicinamento fu promosso sia dalla
reggente Galla Placidia[98] che da Teodosio II, imperatore romano d'Oriente, la cui politica dinastica aveva
fortemente condizionato l'ascesa al trono di suo cugino Valentiniano e la deposizione dell'usurpatore Giovanni, che
pur contava, ricordiamolo, l'appoggio di Ezio. Nel 437 Valentiniano III spos a Tessalonica la figlia di Teodosio II,
Licinia Eudossia, e i legami fra i due rami della dinastia teodosiana si rinsaldarono ulteriormente. Nel 438 il Codex
Theodosianus, prima grande ricompilazione legislativa di diritto romano, fu promulgato in latino sia in Oriente che
in Occidente, ancora percepiti come parti integranti di un'unica grande entit sopranazionale. Il Codex rivest una
particolare importanza per molti regni romano-barbarici del tempo che lo adottarono o si ispirarono ad esso nel
plasmare una propria normativa (basti pensare alla celebre Legge romana dei Visigoti). In Italia e in Oriente il Codex
fu sostituito, nel secolo successivo, dal ben pi celebre Corpus iuris civilis (o Corpus juris civilis) promulgato,
sempre in latino, dal grande Giustiniano, e che forse costituisce il maggior contributo di Bisanzio alla costruzione
della moderna civilt occidentale.
Il credito maturato da Teodosio II nei confronti di Valentiniano III, suo genero, fu da quest'ultimo saldato nel 437,
quando la citt di Sirmio, con alcuni territori illirici romano-occidentali (oggetto di una contestazione che si
trascinava dal 395), furono ceduti all'Oriente. Durante il regno dell'imperatore bizantino Marciano, successore di
Teodosio II, gli invii di forze effettive dall'Oriente all'Occidente cessarono e gli aiuti furono tutt'al pi
diplomatici,[99] opinione non condivisa da alcuni studiosi.[100]
L'invasione vandala dell'Africa (425-435)
Per approfondire, vedi Conquista vandalica del Nord Africa.
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428 un nuovo esercito sbarc in Africa, Bonifacio, in difficolt, avrebbe chiesto, secondo alcune fonti, aiuto ai
Vandali di Genserico, che attraversarono lo stretto di Gibilterra per muovere in suo soccorso.[103] Al loro arrivo in
Mauretania (429), i Vandali avrebbero saputo che Bonifacio si era riappacificato con Galla Placidia, ottenendo la
nomina a patricius, e che la loro presenza non era pi richiesta, ma per nulla intenzionati a tornare in Spagna,
cominciarono a devastare tutta l'Africa.[103] Alcuni studiosi moderni, invece, hanno ritenuto inattendibile la storia del
tradimento di Bonifacio narrata da Procopio e Giordane sostenendo che i Vandali avrebbero invaso l'Africa di
propria iniziativa, avendo essi la necessit di stabilirsi in un luogo pi protetto dagli attacchi dei Visigoti alleati dei
Romani, e l'Africa era un luogo ideale, essendo protetta dal mare.[104]
Varcato lo stretto di Gibilterra, i Vandali sottomisero la Mauretania (429) e la Numidia (430). La situazione mise in
allarme lo stesso Impero d'Oriente, tanto che Teodosio II invi in Africa il proprio magister militum Aspar perch si
unisse con le sue truppe a Bonifacio contro i Vandali.[103] Incapaci per di porre un freno all'avanzata dei barbari, i
due vennero sconfitti una prima volta nel corso del 431-432 e Bonifacio fu richiamato a corte nel 432. Aspar, invece,
risulta sia rimasto in Africa a continuare le operazioni militari contro i Vandali in quanto il 1 gennaio 434 assunse il
consolato a Cartagine. La diocesi d'Africa, ad eccezione delle grandi citt, era perduta.
Mentre i Vandali devastavano l'Africa, le discordie a Ravenna continuavano. Ezio riusc a sbarazzarsi di Felice,
facendolo giustiziare con l'accusa di aver cospirato contro di lui (430). Successivamente, quando seppe che
Bonifacio, ritornato in Italia, aveva ottenuto una promozione a generale dell'esercito campale, si mosse contro di lui,
uccidendolo in battaglia presso Rimini. Dopo essersi ritirato in Pannonia, Ezio ritorn in Italia con un forte
contingente di guerrieri mercenari unni, costringendo il nuovo generale Sebastiano a fuggire a Costantinopoli e
conquistandosi in questo modo il rango di generalissimo dell'Impero (433).
L'11 febbraio 435, di fronte all'impossibilit di conquistare i maggiori centri urbani e al prospettarsi di una nuova
spedizione dall'Oriente, Genserico si risolse ad accettare lo status di foederati per i Vandali e per s il proconsolato
di Numidia Cirtana, con capitale Ippona. I Romani conservarono il possesso delle prospere province di Proconsolare
e Byzacena oltre a parte della Numidia, mentre i Vandali controllavano parte della Mauritania e il resto della
Numidia.
L'alleanza con gli Unni e le campagne in Gallia di Ezio (435-439)
Nel 435 il controllo romano sulla Gallia era precario. La Gallia Belgica e la zona intorno al Reno erano saccheggiate
e occupate dai Burgundi, Franchi e Alamanni; i Visigoti, stanziati in Aquitania, attaccavano la Septimania e i
dintorni di Narbona e Arelate nel tentativo di acquisire uno sbocco sul Mediterraneo, mentre l'Armorica era finita
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La migrazione degli Unni nella grande pianura ungherese aveva causato una nuova ondata di invasioni barbariche da
parte di numerose popolazioni barbariche, che, non respinti dalle armate romane, si stanziarono in territorio
imperiale, contribuendo alla caduta finale dell'Impero in Occidente e portando alla formazione di regni
romano-barbarici.
Il contributo degli Unni nelle invasioni barbariche si pu dividere in tre fasi:[134]
1. gli Unni, migrando verso la pianura ungherese, spingono numerose popolazioni barbariche a invadere l'Impero
(376-408).
2. gli Unni, una volta terminata la migrazione, aiutano l'Impero a combattere i gruppi barbari entrati all'interno
dell'Impero (410-439).
3. gli Unni, sotto Attila, diventano nemici dell'Impero, e invadono dapprima l'Impero d'Oriente e poi quello
d'Occidente (440-452).
Inizialmente negli anni 370, mentre la maggior parte degli Unni era ancora concentrata a nord del Mar Nero, alcune
bande isolate saccheggiatrici di Unni attaccarono i Visigoti a nord del Danubio, spingendoli a chiedere ospitalit
all'Imperatore Valente. I Visigoti, suddivisi in due gruppi (Tervingi e Grutungi), furono ammessi in territorio
romano-orientale, ma in seguito a maltrattamenti, si rivoltarono e inflissero una grave sconfitta all'Impero d'Oriente
nella battaglia di Adrianopoli. Con il foedus del 382, ottennero di stanziarsi nell'Illirico orientale come foederati
dell'Impero, con l'obbligo di fornire truppe mercenarie all'Imperatore Teodosio I. Rivoltatisi una seconda volta nel
395 sotto Alarico I, i Visigoti si spostarono in Occidente, venendo in un primo momento respinti (402 e 403) dal
generale Stilicone; dopo l'assassinio di questi nel 408, i Visigoti invasero di nuovo l'Italia, saccheggiando Roma nel
410 e spostandosi poi, sotto re Ataulfo, in Gallia. Sconfitti dal generale romano Flavio Costanzo nel 415, i Visigoti
accettarono di combattere per l'Impero in Spagna contro gli invasori del Reno, ottenendo in cambio il possesso della
Gallia Aquitania come foederati dell'Impero (418).
Se la prima "crisi" provocata dagli Unni port solo i Visigoti ad invadere l'Impero, lo spostamento degli Unni dal
nord del Mar Nero alla grande pianura ungherese, avvenuta agli inizi del V secolo, port a una "crisi" ben pi grave:
tra il 405 e il 408 l'Impero fu invaso dagli Unni di Uldino, dai Goti di Radagaiso (405) e da Vandali, Alani, Svevi
(406) e Burgundi (409), spinti all'interno dell'Impero dalla migrazione unna. Se i Goti di Radagaiso (che invasero
l'Italia) e gli Unni di Uldino (che colpirono l'Impero d'Oriente) furono respinti, Vandali, Alani e Svevi, varcato il
Reno il 31 dicembre 406, non uscirono pi dall'Impero, stanziandosi in Spagna nel 409 dopo aver devastato la Gallia
per circa tre anni. I Vandali e gli Alani si trasferirono poi in Africa nel 429, espugnando Cartagine dieci anni dopo
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(439). Da Cartagine, esercitando la pirateria, si impossessarono poi di Sicilia, Sardegna, Corsica e Baleari,
saccheggiando persino Roma nel 455. Nel frattempo nella zona intorno al Reno si erano stanziati Franchi e
Burgundi, mentre l'Armorica e la Britannia si erano rese indipendenti dall'Impero, anche se poi l'Armorica fu
precariamente recuperata.
Dopo aver provocato indirettamente le crisi del 376-382 e del 405-408, gli Unni, ormai stanziati stabilmente in
Ungheria, paradossalmente, oltre ad arrestare il flusso migratorio ai danni dell'Impero, in quanto volendo dei sudditi
da sfruttare, impedirono ogni migrazione da parte delle popolazioni sottomesse, aiutarono l'Impero d'Occidente a
combattere i gruppi invasori: nel 410 alcuni mercenari unni furono inviati ad Onorio per sostenerlo contro Alarico,
mentre Ezio dal 436 al 439 impieg mercenari unni per sconfiggere in Gallia Burgundi, Bagaudi e Visigoti; poich
per nessuna delle minacce esterne fu annientata definitivamente nemmeno con il sostegno degli Unni, questo aiuto
compens solo minimamente gli effetti nefasti provocati dalle invasioni del 376-382 e del 405-408.[135]
Sotto Attila, poi, gli Unni divennero una grande minaccia per l'Impero, distogliendolo dalla lotta contro gli invasori
penetrati all'interno dell'Impero nel 376-382 e nel 405-408, che in questo modo ne approfittarono per espandere
ulteriormente la propria influenza.[136] Per esempio, le campagne balcaniche di Attila impedirono all'Impero
d'Oriente di aiutare l'Impero d'Occidente in Africa contro i Vandali, e la flotta romano-orientale di 1100 navi che era
stata inviata in Sicilia per riconquistare Cartagine fu richiamata precitosamente perch Attila minacciava di
conquistare persino Costantinopoli (442). Anche la Britannia, abbandonata definitivamente dai Romani attorno al
407-409, fu invasa, attorno alla met del secolo da genti germaniche (Sassoni, Angli e Juti) che dettero vita a molte
piccole entit territoriali autonome (Sussex, Anglia orientale, Kent ecc.), spesso in lotta fra di loro. Il generale Ezio
nel 446 ricevette un disperato appello dai romano-britanni contro i nuovi invasori; Ezio, non potendo distogliere
forze dalla frontiera confinante con l'Impero unno, declin la richiesta. Ezio dovette rinunciare anche a inviare forze
consistenti in Spagna contro gli Svevi, che, sotto re Rechila, avevano sottomesso quasi interamente la Spagna
romana, ad eccezione della Tarraconense.
L'Impero romano d'Occidente dovette cos rinunciare al gettito fiscale della Spagna e soprattutto dell'Africa, con
conseguenti minori risorse a disposizione per mantenere un esercito efficiente da utilizzare contro i Barbari. Man
mano che le entrate fiscali diminuivano a causa delle invasioni, l'esercito romano si indeboliva sempre di pi,
agevolando un ulteriore espansione a scapito dei Romani da parte degli invasori. Nel 452 l'Impero d'Occidente aveva
perso la Britannia, una parte della Gallia sud-occidentale ceduta ai Visigoti e una parte della Gallia sud-orientale
ceduta ai Burgundi, quasi tutta la Spagna passata agli Svevi e le pi prospere province dell'Africa, occupate dai
Vandali; le province residue erano o infestate dai ribelli separatisti bagaudi o devastate dalle guerre del decennio
precedente (ad esempio le campagne di Attila in Gallia e in Italia) e dunque non potevano pi fornire un gettito
fiscale paragonabile a quello precedente alle invasioni.[137] Si pu concludere che gli Unni contribuirono alla caduta
dell'Impero romano d'Occidente, non tanto direttamente (con le campagne di Attila), quanto indirettamente, giacch,
causando la migrazione di Vandali, Visigoti, Burgundi e altre popolazioni all'interno dell'Impero, avevano
danneggiato l'Impero romano d'Occidente molto pi delle stesse campagne militari di Attila.
La morte di Valentiniano III vide l'estinzione della linea diretta dei discendenti di Teodosio. Per quanto flebile
manc quindi anche il sostegno del concetto dinastico e della sua continuit. Il successore Petronio Massimo, la cui
mano stava dietro la morte di Valentiniano III e che ne aveva rapidamente sposato la vedova, rest imperatore per
circa due mesi, dal 17 marzo al 31 maggio 455. La notizia dello sbarco di Genserico e dei suoi vandali ad Ostia
provoc una sommossa della popolazione romana e la lapidazione dell'Imperatore che stava tentando la fuga.[133]
Genserico e la sua orda marciarono su Roma che, senza nemmeno tentare di difendersi, capitol il 2 giugno 455.[133]
Questa volta il papa Leone I non riusc a fermare gli invasori. Fu promesso al Sommo Pontefice che sarebbe stato
Crepuscolo (455-475)
Avito e Maggioriano (455-461)
Alla morte di Petronio Massimo sal al
potere Avito, un gallo-romano di classe alto
- senatoria nominato magister militum da
Petronio, acclamato imperatore ad Arelate
con il sostegno militare dei Visigoti e che,
entrato a Roma, riusc ad ottenere il
riconoscimento da parte dell'esercito
romano d'Italia grazie all'imponente esercito
visigoto.[138] Avito era intenzionato a
intraprendere un'azione contro gli Svevi, i
quali minacciavano la Tarraconense: invi
dunque in Spagna i Visigoti, i quali, per, se
riuscirono ad annientare gli Svevi,
saccheggiarono il territorio ispanico e se ne
impadronirono a scapito dei Romani. Inviso
alla classe dirigente romana e all'esercito
d'Italia per la sua gallica estraneit, contro
Avito si rivoltarono i generali dell'esercito
L'Impero romano d'Occidente sotto Maggioriano. Si noti come l'Illirico fosse solo
italico Ricimero, nipote del re visigoto
nominalmente
sotto il dominio dell'imperatore, mentre il potere effettivo era tenuto
Vallia, e Maggioriano, che, approfittando
dal comes Marcellino; anche la Gallia e parte dell'Hispania erano di fatto, all'inizio
dell'assenza dei Visigoti, partiti per la
del regno di Maggioriano, fuori dal controllo dell'imperatore, in quanto occupate
Spagna per combattere gli Svevi, lo
dai Visigoti e dai Burgundi.
sconfissero presso Piacenza nel 456 e lo
deposero.[139] Il vuoto di potere creatosi aliment le tensioni separatiste nei vari regni barbarici che si stavano
formando.
Venne nominato imperatore, quindi, Maggioriano che, appoggiato dal Senato, si impegn per quattro anni in
un'attenta e decisa azione di riforma politica, amministrativa e giuridica, cercando di eliminare gli abusi e impedire la
distruzione degli antichi monumenti per impiegarne i materiali per l'edificazione di nuovi edifici.
Uno dei primi compiti che il nuovo imperatore si trov ad affrontare fu quello di consolidare il dominio sull'Italia e
riprendere il controllo della Gallia, che gli si era ribellata dopo la morte dell'imperatore gallo-romano Avito; i
tentativi di riconquista della Hispania e dell'Africa erano progetti in l nel futuro. Per prima cosa assicur la
sicurezza dell'Italia, sconfiggendo nell'estate del 458 un gruppo di Vandali sbarcato in Campania.[140] In vista di una
spedizione in Gallia, rinforz l'esercito, assoldando un forte contingente di mercenari barbari comprendentiGepidi,
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Antemio. La spedizione congiunta dei due imperi tuttavia fu un disastro: nel 468 una grande flotta congiunta allestita
dai due imperi venne annientata dai Vandali, che consolidarono il loro dominio su Sicilia, Sardegna e Baleari,
mentre l'Impero d'Oriente, avendo svuotato le casse del tesoro per l'allestimento della disastrosa spedizione, non pot
pi aiutare la met occidentale.[153] Secondo le congetture di alcuni studiosi, la sconfitta del 468 fu fatale per
l'Impero d'Occidente: se infatti avesse recuperato l'Africa, oltre ad eliminare la minaccia dei Vandali, avrebbe
recuperato un'importante fonte di entrate, grazie alle quale avrebbe potuto avere la possibilit di riprendere
gradualmente prima la Spagna e successivamente la Gallia; ora, invece, che la spedizione era fallita, all'Impero
d'Occidente rimaneva solo l'Italia e poco pi, regioni che fornivano troppe poche entrate per poter allestire un grosso
esercito in grado di recuperare i territori perduti o quanto meno in grado di tenere a bada i barbari.[154]
Della disfatta del 468 ne approfittarono i Visigoti del nuovo re Eurico, asceso al trono nel 466. Nel 469, desideroso
di formare un regno completamente indipendente da Roma, il nuovo re invase le province della Gallia ancora in
mano imperiale: Antemio tent di fermare l'avanzata del re visigoto, alleandosi con il re dei bretoni Riotamo, ma
questi fu sconfitto da Eurico nel 470 e cerc rifugio tra i Burgundi.[155] Un anno dopo, nel 471, l'esercito visigoto
riport una netta vittoria sull'esercito imperiale nei pressi del Rodano: in questo scontro perse la vita anche uno dei
figli di Antemio, Antemiolo.[156] Dopo aver portato quindi i confini del regno visigoto alla Loira, negli anni
successivi conquistarono anche l'Alvernia, oltre ad espugnare Arles e Marsiglia (entrambe nel 476).[157][158] Il nuovo
re ottenne significativi successi anche in Hispania, dove occup Terragona e la costa mediterranea della penisola
iberica (473), che gi nel 476 apparteneva interamente ai Visigoti, se si esclude una piccola enclave sveva.[159]
Le sconfitte subite compromisero i rapporti fra Antemio e Ricimero che, alla testa di due eserciti in massima parte
costituiti da barbari (tra cui gli Eruli e gli Sciri di Odoacre, che si schierarono dalla parte di Ricimero), si
affrontarono alle porte dell'Urbe.[160] Antemio, con l'appoggio del senato, si asserragli in citt che venne cinta
d'assedio da Ricimero e Anicio Olibrio, augusto imposto, sembra, dal re dei Vandali Genserico.[161] Dopo cinque
mesi Roma cadde (472) e per la terza volta dall'inizio del secolo fu sottoposta a saccheggio.[160] Antemio mor e
pochi mesi pi tardi si spensero anche Ricimero e Olibrio.[160]
Caduta finale (472-476)
Il candidato di Olibrio e del suo alleato burgundo Gundobado, il comes
domesticorum Glicerio, non venne accettato n da Leone I n dal suo
successore, Zenone, che impose il magister militum di Dalmazia, Giulio
Nepote.[160] Questi si rec a Roma per essere incoronato da un messo
imperiale nel 474 mentre Glicerio, dopo aver rinunciato ad ogni suo diritto al
trono, concluse i suoi giorni come Vescovo nella citt di Salona.[160]
Osteggiato dal Senato, nel 475 Nepote dovette subire la rivolta di Oreste, un
patrizio romano di Pannonia che una ventina-trentina d'anni prima era stato
anche al servizio di Attila.[162] Oreste riusc ad imporre come imperatore suo
Moneta di Romolo Augusto
figlio Romolo Augusto. Il giovane, sotto la guida del padre, dovette per ben
presto fronteggiare una rivolta delle sue truppe provenienti dall'area
danubiana e formate da Eruli, Sciri e Rugi: reclamavano terre da coltivare in Italia Settentrionale, dove erano
stanziate.[163] Il rifiuto imperiale scaten una violenta reazione: i barbari nominarono un coraggioso soldato,
Odoacre, come loro duce. Oreste fu da questi ripetutamente sconfitto, poi catturato e decapitato, mentre il piccolo
Romolo Augusto, dopo soli dieci mesi di regno, fu privato del titolo imperiale e confinato a Baia nella villa che era
stata di Lucullo con una rendita di 6.000 pezzi d'oro.[164][165] Odoacre ordin inoltre al senato romano di inviare
un'ambasceria all'Imperatore d'Oriente Zenone:
...per avvertirlo che la citt non abbisognava di particolare imperatore, essendo bastante uno a difendere i confini di
entrambi gli Stati; e ch'egli [Romolo Augusto] aveva nel frattempo affidato la gestione dello stato ad Odoacre, soggetto
idoneo a procurare la pubblica salvezza, essendo eccellente nell'amministrazion della repubblica, e bravo nell'arte militare.
Pregavalo quindi di ornare costui della patrizia dignit, e ad affidargli il governo dell'italiana diocesi. Andarono pertanto gli
ambasciadori del senato dell'antica Roma a riferire tali discorsi in Bisanzio.
(Malco, Delle cose bizantine, Frammenti.)
Zenone ricevette in quello stesso giorno anche un'ambasceria proveniente dalla Dalmazia e inviata da Giulio Nepote,
volta ad ottenere denaro e soldati dall'Imperatore d'Oriente per riprendersi il trono d'Occidente. Tuttavia, Zenone
declin ogni richiesta di aiuto a Nepote, riconoscendo Odoacre come patricius e governatore dell'Italia a nome
dell'Imperatore, a patto che per il barbaro riconoscesse formalmente come Imperatore d'Occidente Nepote. Giulio
Nepote, pur continuando a rivendicare il titolo di Imperatore d'Occidente, non torn mai dalla Dalmazia e venne
ucciso nel 480 dai suoi stessi uomini; approfittando di ci, Odoacre invase la Dalmazia e la sottomise. Acclamato
successivamente come re dai popoli barbari che lo avevano sostenuto, Odoacre divenne, di fatto, sovrano d'Italia.
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Va inoltre detto che, a differenza che in Oriente, dove l'Imperatore Leone I era riuscito a sbarazzarsi dei
generalissimi di origine germanica che intendevano regnare da dietro le quinte in sua vece (ci si riferisce in
particolare ad Aspar), in Occidente l'Imperatore aveva perso ogni autorit a vantaggio dei generali di origine
barbarica, che alla fine, con Odoacre, decisero che si poteva anche fare a meno di un imperatore. Se l'Imperatore
d'Occidente fosse riuscito a preservare la sua effettiva autorit, non da escludere che l'Impero d'Occidente sarebbe
riuscito a sopravvivere, magari limitato alla sola Italia; in occidente invece l'Imperatore aveva perso ogni potere a
vantaggio dei capi dell'esercito di origine barbarica, come Ricimero e Gundobaldo. Odoacre non fece che legalizzare
una situazione di fatto, cio l'inutilit effettiva della figura dell'Imperatore, ormai solo un fantoccio nelle mani dei
generali romani di origine barbarica. Pi che una caduta, la fine dell'Impero, almeno in Italia, pu essere interpretata
come un cambio interno di regime in cui si poneva fine a un'istituzione ormai superata e che aveva perso ogni potere
effettivo, a vantaggio dei comandanti romano-barbarici, i quali ritenevano ormai la figura dell'Imperatore un
insignificante fantoccio di cui si poteva fare persino a meno.
Economia e finanze
Moneta di Teodosio I
Alla crisi non solo politica, ma anche finanziaria ed economica del III secolo, (vedasi: Crisi del III secolo) fece
seguito, fin da epoca tetrarchica, una moderata ripresa delle attivit produttive che per interess principalmente la
parte orientale dell'Impero. Vari fattori contribuirono a frenare in occidente questa congiuntura economica
favorevole, la quale riusc a presentare una certa consistenza solo in un ristretto numero di aree: Cartagine con
l'Africa Proconsolare e Byzacena, parte della Gallia ed alcune zone dell'Italia Annonaria (Italia Settentrionale). Negli
anni in cui si inizi a conformare l'Impero Romano d'Occidente (395 - 400 circa), la sua economia aveva assunto gi
da tempo delle particolari connotazioni che potrebbero qui trovare la seguente sintesi:
1. preponderanza assoluta delle attivit agropecuarie (agricoltura ed allevamento) su quelle industriali e mercantili.
Questo fenomeno, tipico di tutte le economie pre-capitaliste era in Oriente molto meno accentuato;
2. abnorme sviluppo del latifondo con impiego su larga scala di manodopera servile non sempre di facile reperibilit
(nonostante le riforme di Diocleziano tese a vincolarla alla terra). Nel contempo inizi a manifestarsi una
progressiva scomparsa delle piccole e medie unit produttive ed un graduale spopolamento di numerose province;
3. "nazionalizzazione" di talune importanti industrie manifatturiere che provoc la crisi di alcuni settori produttivi.
Questa politica economica fu intrapresa un secolo prima dall'imperatore Diocleziano e mirava ad assicurare una
maggiore forma di controllo da parte dello Stato ed una maggiore razionalizzazione degli approvvigionamenti e
delle forniture per l'esercito. Il processo interess soprattutto due fra le pi fiorenti attivit industriali
dell'occidente europeo: quella tessile e quella legata alle armi ed agli equipaggiamenti militari;
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Pensatori e letterati
Per approfondire, vedi Letteratura latina, Storia della letteratura latina e Letteratura cristiana.
Alla fine del IV secolo, e per molti secoli a venire, Roma era ancora un prestigioso punto di riferimento ideale non
solo per l'Occidente, ma anche per l'Oriente. Si ha quasi l'impressione che la sua perdita di importanza politica,
definitivamente sancita gi in epoca tetrarchica, le avesse quasi assicurato un ruolo di simbolo sovranazionale di
Impero al tramonto. Fu allora che venne forgiato il mito di Roma. Scrive a tale proposito un celebre storico: Il mito
di Roma, che avrebbe assillato gli uomini del medioevo e del Rinascimento - Roma aterna, Roma concepita come
l'apogeo naturale della civilt destinato a perpetuarsi per sempre - non fu creata dai sudditi dell'Impero romano
classico, fu ereditato direttamente dal patriottismo tenace del mondo latino della fine del IV secolo.[177]. Alcuni
grandi uomini di cultura di origine greco-orientale sentirono questo richiamo e scelsero il latino come lingua di
comunicazione. il caso dello storico greco-siriano Ammiano Marcellino, che decise, dopo un lungo periodo di
militanza come ufficiale dell'esercito, di trasferirsi a Roma, dove mor attorno all'anno 400. Nella Citt Eterna scrisse
il suo capolavoro Rerum gestarum libri XXXI, pervenutoci in forma incompleta. Quest'opera, serena, imparziale,
vibrante di profonda ammirazione per Roma e la sua missione civilizzatrice, costituisce un documento di eccezionale
interesse, dato il delicato e tormentato momento storico preso in esame (dal 354 al 378, anno della battaglia di
Adrianopoli).
Anche l'ultimo grande poeta pagano, il greco-egizio Claudiano (nato nel 375 circa), adott il latino nella maggior
parte dei suoi componimenti (la sua produzione in greco fu senz'altro meno significativa) decidendo di passare gli
ultimi anni della sua breve esistenza a Roma, dove si spense nel 404. Spirito eclettico ed inquieto, trasse ispirazione,
nella sua vasta produzione tesa a esaltare Roma e il suo Impero, dai grandi classici latini (Virgilio, Lucano, Ovidio
ecc.) e greci (Omero e Callimaco). Fra i letterati provenienti dalle province occidentali dell'Impero non possiamo
dimenticare il gallo-romano Claudio Rutilio Namaziano, che nel suo breve De reditu (417 circa) rese un vibrante e
commosso omaggio alla citt di Roma che egli era stato costretto a lasciare per tornare nella sua terra di origine, la
Gallia.
L'ultimo grande retore pagano che visse ed oper in questa parte dell'Impero fu il patrizio romano Simmaco spentosi
nel 402. Le sue Epistulae, Orationes e Relationes ci forniscono una preziosa testimonianza dei profondi legami,
ancora esistenti all'epoca, fra l'aristocrazia romana ed una ancor viva tradizione pagana. Quest'ultima, cos ben
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rappresentata dalla vigorosa e vibrante prosa di Simmaco, suscit la violenta reazione del cristiano Prudenzio che nel
suo Contra Symmachum stigmatizz i culti pagani del tempo. Prudenzio uno dei massimi poeti cristiani
dell'antichit. Nato a Calagurris in Spagna, nel 348, si spense attorno al 405, dopo un lungo e travagliato
pellegrinaggio fino a Roma. Oltre al gi citato Contra Symmachum, autore di una serie di componimenti poetici di
natura apologetica o di carattere teologico fra cui una Psychomachia (Combattimento dell'anima), una Hamartigenia
(Genesi del Peccato) ed un Liber Cathemerinon (Inni da recitarsi giornalmente).
Grande sviluppo ebbe in Occidente, a
cavallo fra il IV e V secolo, il pensiero
teologico e filosofico dei padri della chiesa
di lingua latina su cui primeggiano tre
grandi personalit: sant'Ambrogio (morto
nel 397), san Girolamo (347-420) e
sant'Agostino (354-430).
Il primo, di Treviri, diede uno straordinario
impulso al progressivo affrancamento della
Chiesa di Roma dal potere imperiale, grazie
anche al rapporto privilegiato che
intrattenne sia con Graziano che con
Teodosio I e, alla morte di quest'ultimo, con
Vittore Carpaccio, Sant'Agostino nello studio
il reggente Stilicone. La sua produzione
molto vasta e comprende scritti di carattere esegetico, ascetico e dogmatico, oltre a numerosi discorsi, epistole ed
inni. Egli fu infatti il fondatore della innografia in lingua latina di contenuto religioso.
San Girolamo, originario di Stridone, citt posta fra la Pannonia e la Dalmazia, fu uno dei maggiori eruditi del suo
tempo. Fu lui a tradurre il Vecchio Testamento dall'originale ebraico in latino. La sua traduzione, la celebre Vulgata,
diffusissima durante tutta l'et medioevale, fu l'unica ad essere riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa durante il
Concilio di Trento (1545-1563). Girolamo anche ricordato per il De viris illustribus, raccolta di notizie, dati
biografici, riflessioni sugli autori cristiani pi significativi dei primi quattro secoli dell'era volgare.
Nell'Occidente romano visse ed oper infine sant'Agostino, il filosofo e teologo che, nella Storia del Cristianesimo,
occupa un posto secondo solo a quello di San Paolo e fu maestro di San Tommaso d'Aquino e di Giovanni
Calvino.[178]. Fu forse la mente pi alta espressa dalla letteratura latina[179] e fu ...in grado di costruire una filosofia
ineguagliata da qualsiasi greco contemporaneo.[180]
Nativo di Tagaste, in Numidia, Agostino soggiorn per alcuni anni prima a Roma, poi a Milano, dove ebbe modo di
conoscere sant'Ambrogio e ricevere dalle sue mani il battesimo (387). Tornato in Africa, fu ordinato sacerdote (391)
e nominato successivamente Vescovo di Ippona. In questa citt, assediata dalle orde vandale, Agostino si spense nel
430. Della sua enorme produzione vanno segnalate le Confessiones, capolavoro indiscusso di tutta la memorialistica
in lingua latina (redatte nel 397 - 398) e la De civitate Dei nata per difendere i cristiani dalle accuse rivolte ad essi di
essere stati i responsabili del sacco di Roma del 410. L'opera si dilat nel corso degli anni (413 - 427) fino ad
includere i temi pi svariati (filosofia, diritto, metafisica, ecc.) divenendo una vera e propria Summa Teologica del
grande pensatore africano.
Profondamente influenzato da Agostino fu il sacerdote iberico Orosio (attivo fino al 420 circa), che gli fu anche
amico oltre che compagno di fede. Orosio scrisse su invito di Agostino le Historiarum adversus paganos libri
septem (418) lungo resoconto storico-teologico che da Adamo giunge fino all'anno 417 e che si impernia sul concetto
di provvidenza, caro al grande vescovo di Ippona. Subirono la sua influenza anche i galloromani Giovanni Cassiano
(360-435 circa) e Claudiano Mamerto (morto attorno al 475)
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Lingue
Nella parte occidentale dell'Impero, a differenza che nell'Oriente
romano, lingua ufficiale e lingua d'uso coincidevano. Il latino si
imponeva infatti in ogni ambito della vita pubblica e privata anche
se con modalit regionali e provinciali non sempre agevolmente
documentabili. La persistenza di alcuni idiomi preromani (di
origine soprattutto celta e fenicia) doveva rivestire ancora una
certa importanza nelle zone rurali, ma nelle realt urbane era molto
pi limitata. La stessa conoscenza del greco, cos diffusa un tempo
presso il patriziato, si era andata restringendo, nel corso del IV
secolo (o forse ancor prima), agli intellettuali e agli uomini di
cultura (letterati, filosofi ecc.) non senza significative eccezioni.
Lo stesso Agostino infatti, una delle menti pi alte del suo tempo,
lamentava la scarsa conoscenza che possedeva della lingua greca.
A partire dal 406 circa, l'entrata e lo stanziamento nell'Impero di
popolazioni di etnia prevalentemente germanica ruppe la
compattezza linguistica di questa parte del mondo romano. Pur
tuttavia il latino continu ad essere l'unica lingua scritta e di
cultura della parte occidentale dell'Impero.
Arte
Per approfondire, vedi Arte tardoantica, arte teodosiana e arte paleocristiana.
Con il progressivo affermarsi del Cristianesimo ha inizio, a partire dalla prima met del IV secolo, la nascita e lo
sviluppo di un'arte paleocristiana che conoscer il suo massimo rigoglio in Italia e particolarmente nelle citt di
Roma, Ravenna e Milano. Questa nuova forma d'arte trover la sua espressione pi alta nella basilica, tipico edificio
romano di incontro ed aggregazione della cittadinanza, adibito dai cristiani al culto. Il primo edificio di questo tipo
fu, con ogni probabilit, la basilica di San Pietro a Roma, fatta innalzare da Costantino I nel terzo decennio del IV
secolo ed interamente ricostruita in et rinascimentale. Sempre del IV secolo a Roma sono le basiliche di San Paolo
fuori le mura, Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano e Santa Sabina. A Ravenna, capitale imperiale dal
402, l'attivit edilizia fu particolarmente intensa durante tutto il V secolo. Le basiliche di San Giovanni Evangelista
(430 circa), di Sant'Agata Maggiore e di Santa Croce sono di questo periodo, come pure il celebre Mausoleo di Galla
Placidia ed il Battistero degli Ortodossi (451 - 460).
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Religione
La politica di tolleranza e, in molti casi, di aperto sostegno al Cristianesimo inaugurata dall'imperatore Costantino I
si consolid nel corso del IV secolo (con un'unica ed effimera battuta di arresto durante il breve regno di Giuliano).
Nel 380 l'imperatore Teodosio I proclam il Cristianesimo religione ufficiale dell'Impero nella sua formulazione
nicena. Sia il paganesimo che l'eresia ariana vennero da quel momento apertamente perseguitati.
Non facile stabilire la reale consistenza delle comunit cristiane nell'Impero Romano d'Occidente alla vigilia delle
invasioni barbariche, ma con ogni probabilit queste rappresentavano oltre la met della popolazione dei territori che
ne facevano parte. Il Cristianesimo era certamente pi diffuso in ambito urbano che rurale e, sotto il profilo
Note
[1] Secondo Santo Mazzarino, l'Oriente romano aveva gi assorbito nel 387-388, per volere di Teodosio, la prefettura illirica. Cfr. Santo
Mazzarino, L'Impero romano, Roma-Bari, Laterza, 1990, vol. 2, p. 739. ISBN 88-420-2401-5
[3] ...alla met del V secolo...si pu immaginare che il totale della popolazione [di Roma] dovesse essere qualcosa di pi dei due terzi di un
milione. Cit. da Arnold H. M. Jones, Il Tramonto del Mondo Antico, Bari, Casa Editrice Giuseppe Laterza & Figli, 1972, CL 20-0462-3, pag.
341-342 (Titolo dell'opera originale: Arnold H. M. Jones The Decline of the Ancient World, Lonmans, Green and Co. Ltd, London 1966)
[4] Cfr. Andr Guillou, Rgionalisme et Indpendence dans l'Empire Byzantin au VIIe Sicle. L'example de l'Exarchat et de la Pentapole d'Italie
(Studi storici, Fasc. 75 e 76), Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 1969, pp. 69 - 70 e nota
[5] Cornell, Tim, e John Matthews, Atlante del mondo romano, Istituto Geografico de Agostini, Novara, 1984, p. 142.
[6] Si calcolano dai 250 ai 500 abitanti per ettaro nelle citt fondate dai Romani (sfondo verde). La fonte principale ( Dalle citt dell'Impero
Romano alle campagne dell'Et Medioevale (http:/ / www. problemistics. org/ campagna. citta/ impero. romano. html), i cui riferimenti
bibliografici sono: reperibili qui (http:/ / www. problemistics. org/ campagna. citta/ bibliografia. html)) integrata, per alcune citt, da altre
fonti segnalate nel testo
[7] Tale era la popolazione di Costantinopoli in et teodosiana (379-395). Cfr. Andr Chastagnol, Le Bas-Empire, Parigi, Armand Colin, 1991 (3
ed.), p. 59, ISBN 2-200-32200-3
[8] Ammiano Marcellino, Res Gestae a Fine Corneli Taciti, libri xxxi, 30.6.1-6.
[9] Le fonti antiche esagerano il numero: Eunapio afferma che erano 200.000, Ammiano Marcellino parla di moltitudini (Burns, p. 23).
[10] Lenski, p. 342.
[11] Burns, p. 23.
[12] Burns, p. 25.
[13] Ai Goti vennero destinate zone separate della Tracia (Ammiano Marcellino, Storie, xxi.4.5).
[14] Wolfram, pp. 81-82.
[15] Eunapio, fr. 42; Zosimo, iv.20.5-6; Ammiano Marcellino, xxxi.4.10-11.
[16] Kulikowski, p. 130.
[17] Burns, p. 24.
[18] Si trattava, del resto, di organizzare gli approvvigionamenti per un intero popolo (Wolfram, p. 82).
[19] MacDowall, p. 45.
[20] Cfr. A. Hugo. M. Jones, Il Tardo Impero Romano, 284-682 d.c., Milano, Il Saggiatore, 1973, Vol. I, p. 201 (Titolo orig: The Later Roman
Empire, 284-602, Oxford, Basil Blackwell and Mott Ltd, 1964 trad. di Eligio Petretti
[21] Fioramo G.,(a cura di), Storia delle religioni, Cristianesimo, Dal concilio di Nicea a Gregorio Magno, Laterza, Bari, 2005.
[22] Cfr. Andr Piganiol, L'Empire Chretien (325-395), Parigi, Presses Universitaires de France, 1972 (II edizione curata e aggiornata da Andr
Chastagnol), p. 233
[23] Stephen Williams e Gerald Friell, Teodosio, l'ultima sfida, Genova, ECIG, 1999, p. 46, ISBN 88-7545-848-0
[24] Cfr. Ostrogorsky, Storia dell'Impero bizantino, p. 46.
[25] Heather 2005, p. 237.
[26] Edward Gibbon, Storia della decadenza e caduta dell'Impero romano, Torino, Einaudi, 1967, volume 2, p. 1046
[27] Cfr. Michael Grant, The Fall of Roman Empire, Londra, Weidenfeld & Nicolson, 1990, II ed., p. 9, ISBN 0-297-82008-7
[28] Peter Brown, Il Mondo Tardo Antico, Torino, Einaudi, 1974, p. 95
[29] Citaz. da Peter Brown, op. cit., p. 94
[30] Zosimo, V,4; Claudiano, Ruf., II, 4-6.
[31] Heather, pp. 269-270.
[32] Heather 2005, p. 263.
[33] Heather 2005, pp. 263-264.
[34] Zosimo, V,5.
[35] Claudiano, In Rufinum, I, 308sgg.; Zosimo, V,5.
[36] Claudiano, In Ruf., II,101 sgg.
[37] Claudiano, in Ruf, II, 202 sgg.; Zosimo, V,7; Giovanni Antiocheno, frammento 190; Filostorgio, XI,3.
[38] Claudiano, de IV cons. Hon 459 sgg.; Claudiano, De bello Get., 513-517; Zosimo, V,7.
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Bibliografia
Fonti primarie
Studi moderni
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Voci correlate
Impero romano
Impero bizantino
Invasioni barbariche
Odoacre
Teodosio I
Altri progetti
Portale Storia
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Contesto storico
Gi nel 192, con la fine della dinastia degli Antonini, l'Impero romano concludeva un periodo universalmente
riconosciuto come prospero e ricco. Alla scomparsa di Commodo (ucciso da una congiura) si apr un periodo di
instabilit politica che caus una guerra civile durata cinque anni, dal 193 al 197, con scontri tra legioni acquartierate
in diverse regioni dell'Impero, ciascuna delle quali sosteneva il proprio generale.
Ebbe la meglio Settimio Severo, governatore della Pannonia e originario della Tripolitania, che pose le basi per il
successivo sistema autocratico fondato sugli imperatori militari:[2] favor infatti gli ufficiali delle armate legionarie a
discapito della classe senatoria ed insedi una legione ad Albano Laziale, a dispetto della tradizione che voleva
l'Italia libera dagli eserciti. Con le confische di beni appartenenti ai suoi avversari politici, rimpolp la cassa
imperiale detta fiscus, ben differenziata dalla cassa statale (l'erarius), che doveva coprire i costi della complessa e
articolata macchina burocratica e amministrativa dell'Impero. Diede impulso agli studi di diritto e nomin il pi
importante giurista del tempo, Papiniano, Praefectus urbi, con poteri di polizia e repressione criminale su Roma. Con
Settimio Severo si accentu inoltre il culto dell'imperatore, basato su un'idea di sacralit della monarchia, che aveva
origine dalle regioni orientali, Egitto in testa, e dalla Grecia di Alessandro Magno.
Fu cos che Settimio Severo adott il titolo di Dominus ac Deus, al posto di quello di princeps (che sottintendeva la
condivisione del potere col Senato[3]), e regol i meccanismi di successione assegnandosi il titolo di Augustus ed
usando quello di Caesar per il suo successore designato. Sua moglie Giulia Domna, di origine siriaca, promosse
attivamente l'arrivo a Roma di culti monoteistici solari, che sottolineavano l'analogia tra ordine imperiale e ordine
cosmico.
Il nuovo ordine promosso da Settimio Severo si scontr presto con i problemi derivati dallo scoppio di nuove guerre.
Gi l'imperatore Caracalla dovette guerreggiare contro i Parti, a oriente, e i Marcomanni, lungo il confine
renano-danubiano, peggiorando notevolmente le finanze statali. Per risolvere le difficolt si fecero delle scelte che
alla lunga si rivelarono dannose: l'arruolamento sempre pi massiccio degli stessi germani nell'esercito e, dalla fine
del II secolo, la diminuzione del metallo prezioso nelle monete, che caus inflazione.
Nel 212-213 Caracalla promulg la Constitutio Antoniniana, con la quale estendeva la cittadinanza romana a tutti gli
individui liberi dell'impero, un atto di difficile interpretazione, anche perch non ci giunto il suo testo originale. In
genere si sottolineata la volont di abbattere le barriere tra centro e periferia, ma, grazie anche alla scoperta di un
frammento nella biblioteca di Giessen, si supposto fosse un provvedimento di portata pi ridotta, legato soprattutto
alle lite ed escludente le popolazioni che volontariamente si erano assoggettate a Roma (i dediticii), infatti all'epoca
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del provvedimento non abbiamo notizie di alcuno scalpore, quindi non fu probabilmente una rivoluzione. L'Editto,
pur con tutti i suoi limiti, present tuttavia dei caratteri altamente innovativi destinati ad avere una profonda
ripercussione sui futuri assetti sociali ed economici dell'Impero. Il provvedimento ebbe infatti riflessi nell'economia
erariale, perch estendeva il sistema fiscale ai nuovi cittadini e aumentava la decentralizzazione del potere: il fulcro
ormai si stava spostando da Roma e dalle province di tradizionale appannaggio senatorio a quelle pi decentrate,
dove maggiore era la presenza degli eserciti. Nel 217 Macrino, prefetto del pretorio, elimin Caracalla. Il suo regno
dur solo quattordici mesi. Fu infatti spodestato da Eliogabalo, autore di una discussa riforma religiosa e assassinato
da una guardia pretoriana (222). Gli successe il cugino Severo Alessandro, ucciso nel 235 da una rivolta dei soldati
lungo il confine renano. Si assisteva quindi a una sempre pi chiara tendenza di dominio dell'esercito nel processo di
scelta e acclamazione dell'imperatore.
I cambiamenti nelle istituzioni, nella societ, nella vita economica e, di conseguenza anche nel modo di pensare e
nella religione furono cos profondi e fondamentali, che la "crisi del III secolo" sempre pi vista come lo
spartiacque che contrassegna la differenza fra il mondo classico e quello della tarda antichit, che gi porta in s i
germi del Medioevo.
Durante i circa 50 anni della crisi pi di una ventina di imperatori si succedettero sul trono, regnando a volte
contemporaneamente su parti diverse del territorio. Si trattava in genere di comandanti militari che venivano
proclamati imperatori dalle proprie legioni e riuscivano a mantenere il potere per una media di due o tre anni, prima
di essere a loro volta assassinati dal loro successore.
La crisi si arrest solo con una serie di imperatori che provenivano dai ranghi militari e dalla provincia della
Dalmazia[4], i quali grazie alla loro abilit militare riuscirono a riunificare l'Impero e a difenderne efficacemente i
confini, e con la drastica riforma imposta da Diocleziano nel 284, che permise la prosecuzione dell'Impero per quasi
altri due secoli come "tardo impero romano".
Crisi politico-militare
Per approfondire, vedi Anarchia militare, Impero delle Gallie e Regno di Palmira.
Per approfondire, vedi invasioni barbariche del III secolo e guerre romano sasanidi (224-363).
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Il periodo si considera iniziare nel 235, quando l'imperatore Alessandro Severo fu assassinato dai soldati durante una
campagna contro gli Alamanni lungo il fronte settentrionale, al ritorno dal fronte orientale dopo tre anni di campagne
contro i Sasanidi della Persia. La pressione dei barbari lungo le frontiere settentrionali e quella, contemporanea, dei
Sasanidi in Oriente, si erano non solo intensificate, ma avevano diffuso la sensazione che l'impero fosse totalmente
accerchiato dai nemici.[5] Si rivelavano ormai inefficaci gli strumenti della diplomazia tradizionale, usati fin dai
tempi di Augusto e basati sulla minaccia dell'uso della forza e sulla fomentazione di dissidi interni alle diverse trib
ostili per tenerle impegnate le une contro le altre. Si rendeva necessario ricorrere immediatamente alla forza,
schierando armate tatticamente superiori e capaci di intercettare il pi rapidamente possibile ogni possibile via di
invasione dei barbari; la strategia era per resa difficoltosa dal dover presidiare immensi tratti di frontiera con
contingenti militari per lo pi scarsi.[6] Molti degli imperatori che vennero via via proclamati dalle legioni nell'arco
di venticinque anni non riuscirono neppure a metter piede a Roma, n tanto meno, durante i loro brevissimi regni, a
intraprendere riforme interne, poich permanentemente occupati a difendere il trono imperiale dagli altri pretendenti
a il territorio dai nemici esterni.
Queste difficolt costrinsero l'imperatore Valeriano (253-260), a spartire con il figlio Gallieno (253-268)
l'amministrazione dello Stato romano, affidando a quest'ultimo la parte occidentale e riservando per s quella
orientale, come in passato era gi avvenuto con Marco Aurelio e Lucio Vero (161-169).[7][8] Il punto pi basso si
raggiunse nel 260, quando Valeriano fu sconfitto in battaglia e preso prigioniero dai Sasanidi, morendo in prigionia
senza che fosse possibile intraprendere una spedizione militare per liberarlo.
Come conseguenza di questa grave sconfitta l'impero
sub una scissione in tre parti per quasi quindici anni,
che per ne permisero la sopravvivenza: ad Occidente
l'Impero delle Gallie, retto dagli usurpatori come
Postumo (260-268),[9] Leliano (268), Marco Aurelio
Mario (268-269), Vittorino (269-271), Domiziano II
(271) e Tetrico (271-274); mentre ad Oriente il Regno
di Palmira, dove si alternarono prima Settimio
Odenato, nominato da Gallieno corrector totius
Orientis, dal 262, poi il figlio Vaballato insieme alla
madre Zenobia fino al 272.[10] Scrive Eutropio:
Rilievo a Bishapur celebrante la presunta (e probabilmente falsa)
vittoria di Sapore I sui Romani: Gordiano III calpestato dal cavallo
del re sasanide, mentre Filippo l'Arabo (in ginocchio davanti Sapore,
che tratta la resa). invece tenuto stretto da Sapore l'imperatore
[]
Valeriano, catturato dalle armate sasanidi.
Avendo cos Gallieno abbandonato lo Stato, l'Impero romano fu salvato in Occidente da Postumo ed in Oriente da
Odenato.
(Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 11.)
Aggiungiamo che gli "imperatori delle Gallie" non solo formarono un proprio Senato presso il loro maggiore centro
di Augusta Treverorum e attribuirono i classici titoli di console, Pontefice massimo o tribuno della plebe ai loro
magistrati nel nome di Roma aeterna,[11] ma assunsero anche la normale titolatura imperiale, coniando monete
presso la zecca di Lugdunum, aspirando all'unit con Roma e, cosa ben pi importante, non pensando mai di
marciare contro gli imperatori cosiddetti "legittimi" (come Gallieno, Claudio il Gotico, Quintillo o Aureliano), che
regnavano su Roma (vale a dire coloro che governavano l'Italia, le province africane occidentali fino alla
Tripolitania, le province danubiane e dell'area balcaniche). Essi, al contrario, sentivano di dover difendere i confini
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renani ed il litorale gallico dagli attacchi delle popolazioni germaniche di Franchi, Sassoni ed Alemanni. L'Imperium
Galliarum risult, pertanto, una delle tre aree territoriali che permise di conservare a Roma la sua parte
occidentale.[10]
E se da un lato l'impero romano sembra
abbia attraversato, sotto Gallieno uno dei
periodi pi "bui" della sua storia, questo
imperatore rappresent il punto di svolta nel
tragico periodo della crisi del III secolo, che
era seguito alla dinastia dei Severi. Non un
caso che proprio Gallieno sia stato il primo a
regnare per quindici anni (sette con il padre
ed otto da solo), cosa assai rara se si
considera il primo periodo dell'anarchia
militare (dal 235 al 253). Era, infatti, dai
tempi di Settimio Severo (193-211) che un
Imperatore romano non regnava tanto a
lungo.
L'Impero romano degli imperatori legittimi al centro, con l'Impero delle Gallie ad
Occidente, il Regno di Palmira a Oriente, all'apice del periodo dell'Anarchia
militare (260-274).
Dopo il primo assalto avvenuto durante l'epoca di Marco Aurelio, un'altra pesantissima e ancor pi devastante
epidemia di peste colp i territori dell'Impero nel ventennio 250-270. Si calcolato che il morbo abbia mietuto
milioni di vittime e che alla fine la popolazione dell'Impero fosse ridotta del 30 per cento, da 70 a 50 milioni di
abitanti.[14] A tutto ci si aggiunga che il prezzo da pagare per la sopravvivenza dell'Impero fu molto alto anche in
termini territoriali. A partire infatti dal 260 gli Imperatori che si susseguirono dovettero abbandonare, in modo
definitivo, i cosiddetti Agri decumates (sotto Gallieno)[15] e l'intera provincia delle Tre Dacie (sotto Aureliano, nel
271 circa),[16] oltre perdere seppure in via temporanea della provincia di Mesopotamia, rioccupata solo con Galerio
Per approfondire, vedi Economia dell'Impero romano, riforma monetaria di Caracalla e riforma monetaria di
Aureliano.
L'economia dell'impero romano nei primi due secoli si era basata sulla conquista militare di nuovi territori e sullo
sfruttamento schiavistico delle campagne: in mancanza di nuove conquiste e dei bottini di guerra le spese dello Stato,
sempre pi impellenti per poter far fronte alle pressioni esterne, furono coperte con un progressivo aumento delle
tassazioni, proprio quando la diminuzione del numero di schiavi minava le possibilit economiche dei cittadini.
Gradualmente la ricchezza, l'importanza politica, sociale, istituzionale e culturale si era livellata tra il centro e le
province dell'Impero romano, sebbene con disparit ancora evidenti (in genere le province orientali erano
economicamente pi sviluppate di quelle occidentali). Per Roma e l'Italia questo ebbe conseguenze negative, poich
ivi la forza lavoro era costituita prevalentemente dagli schiavi, che venivano catturati durante le guerre. Sembra che
se la situazione di pace dell'epoca degli Antonini avesse prodotto, per quanto riguarda la Citt eterna e molte regioni
italiane, una crescita demografica di considerevoli proporzioni, nel contempo vi aveva causato un calo produttivo
acuito da una sempre pi agguerrita concorrenza delle province. Il reperimento di manodopera servile a basso costo,
formata soprattutto da schiavi, non aveva fino ad allora rese necessarie particolari evoluzioni tecniche.
La pressione fiscale divenne insostenibile per molti piccoli proprietari, costretti a indebitarsi e quindi a vendere le
proprie terre, per andare a lavorare in condizioni di semischiavit sotto i grandi proprietari (colonato). Per questo
fenomeno e per il calo demografico determinato dalle perdite umane nei numerosi conflitti, molte terre furono
abbandonate e cessarono di essere produttive (fenomeno degli agri deserti).[18] Le difficolt di comunicazione in
seguito ai numerosi conflitti avevano in diversi casi reso indispensabile la riscossione diretta delle tasse da parte
dello stesso esercito, causando abusi e trasformandosi a volte in un vero e proprio diritto di saccheggio.
Lo spopolamento di intere regioni fu, inoltre, causato anche da elementi climatici e sociali: i contadini, infatti, non
conoscevano la rotazione delle colture e via via che la terra diventava improduttiva si dovevano spostare verso altre
aree. Si diffusero cos i latifondi scarsamente produttivi e il ceto dei contadini liberi si assottigli, sostituito prima
dagli schiavi e, successivamente, dai coloni affittuari. La scarsa capacit di acquisto delle classi subalterne impediva
una qualsiasi crescita del mercato economico. Mancava inoltre qualsiasi politica di sussidi statali all'agricoltura e alle
manifatture. Fin dalla riforma di Settimio Severo, i soldati romani vennero a costituire una casta (ereditaria) di
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privilegiati mentre gli altri, soprattutto gli agricoltori, si trovarono oberati da tasse. Di conseguenza in molti
cercarono di abbandonare la terra per trasferirsi in citt. Fin dalla fine del III secolo, e ancor pi nel secolo
successivo, lo Stato cerc di approntare una serie di meccanismi ed eman alcune disposizioni legali tese a impedire
l'abbandono della terra da parte dei contadini non proprietari che, a vario titolo, la coltivavano. Era nata la servit
della gleba.
Mentre per questi fattori l'impero si andava gradualmente impoverendo, le situazioni ai confini si stavano facendo
sempre pi critiche, con richieste di tributi per sostenere la macchina militare che sempre con maggiori difficolt
venivano coperti. Le aree spopolate vennero in seguito concesse ad alcune popolazioni barbariche che per prime si
stabilirono nell'Impero come foederati.
Le continue scorrerie da parte dei barbari nei vent'anni successivi alla fine della dinastia dei Severi avevano messo in
ginocchio l'economia ed il commercio dell'Impero romano. Numerose fattorie e raccolti erano stati distrutti, se non
dai barbari, da bande di briganti e dalle armate romane alla ricerca di sostentamento, durante le campagne militari
combattute sia contro i nemici esterni, sia contro quelli interni (usurpatori alla porpora imperiale). La scarsit di cibo
generava, inoltre, una domanda superiore all'offerta di derrate alimentari, con evidenti conseguenze inflazionistiche
sui beni di prima necessit.[19] A tutto ci si aggiungeva un costante reclutamento forzato di militari, a danno della
manovalanza impiegata nelle campagne agricole, con conseguente abbandono di numerose fattorie e vaste aree di
campi da coltivare. Questa impellente richiesta di soldati, a sua volta, aveva generato una implicita corsa al rialzo del
prezzo per ottenere la porpora imperiale. Ogni nuovo imperatore o usurpatore era costretto, pertanto, ad offrire al
proprio esercito crescenti donativi e paghe sempre pi remunerative, con grave danno per l'aerarium imperiale,[20]
spesso costretto a coprire queste spese straordinarie con la confisca di enormi patrimoni di cittadini privati, vittime in
questi anni di proscrizioni "di parte".[21]
La crisi era aggravata, inoltre, dall'iperinflazione causata da anni di svalutazione della moneta.[22] Questa si era resa
necessaria gi sotto gli imperatori della dinastia dei Severi, che per far fronte alle necessit militari avevano ampliato
l'esercito di un quarto e raddoppiata la paga base.[23] Le spese militari costituivano poi il 75% circa del bilancio
totale statale, in quanto poca era la spesa "sociale", mentre tutto il resto era utilizzato in progetti di prestigiose
costruzioni a Roma e nelle province; a ci si aggiungeva un sussidio in grano per coloro che risultavano disoccupati,
oltre ad aiuti al proletariato di Roma (congiaria) e sussidi alle famiglie italiche (simile ai moderni assegni familiari)
per incoraggiarle a generare pi figli.[24]
COSTO DELL'ESERCITO COME % SUL PIL DELL'IMPERO ROMANO
Data
Impero
popolazione
14 d.C.
46 milioni
150 d.C.
61 milioni
215 d.C.
[25]
[28]
50 milioni(d)
Impero PIL
(milioni di
denarii)(a)
[26]
5.000
Effettivi esercito
260.000
Costo dell'esercito
(milioni di
denarii)(a)
[27]
2.5%
123
6.800(b)
383.000
194(c)
5.435(b)
442.000
223(c)
2.9%
'
4.1%
Notes:
(a) Valore costante al 14 d.C. espresso in denarii, slegato da aumenti della paga militare per compensare la svalutazione monetaria
(b) nell'ipotesi di una crescita trascurabile del PIL pro capite (normale per un'economia agricola)
(c) Duncan-Jones costi degli anni 14-84 costi, inflazionati dall'aumento dell'esercito, assumendo anche bonus pagati agli ausiliari dopo l'84
[29]
(d) assumendo un declino del 22.5% nella popolazione, dovuto alla peste antonina degli anni 165-180 (media tra il 15-30%)
Gli imperatori successivi, il cui potere dipendeva interamente dall'esercito, erano costretti a continue nuove
emissioni per pagare i soldati ed effettuare i tradizionali donativi: il metallo effettivamente presente nelle monete si
ridusse progressivamente, pur conservando queste lo stesso valore teorico. Ci ebbe l'effetto prevedibile di causare
55
un'inflazione galoppante e quando Diocleziano arriv al potere il sistema monetario era quasi al collasso: persino lo
Stato pretendeva il pagamento delle tasse in natura invece che in moneta e il denario, la tradizionale moneta
d'argento, usata per pi di 300 anni, era poco apprezzata. Sappiamo infatti che, sotto Cesare ed Augusto, il denario
aveva un peso teorico di circa 1/84 di libbra, ridotto da Nerone a 1/96 (pari ad una riduzione del peso della lega del
12,5%). Contemporaneamente, oltre alla riduzione del suo peso, vi era anche una riduzione del tuo titolo (% di
argento presente nella lega), che pass dal 97-98% dell'epoca augustea al 93,5% (per una riduzione complessiva del
solo argento del 16,5% ca).[30] Il denario, infatti, continu il suo declino durante tutto l'impero di Commodo e di
Settimio Severo, tanto da vedere ridotto il proprio titolo a meno del 50% di argento.[31] Con la riforma monetaria di
Caracalla, venne introdotto, a fianco del denario e poi in sua sostituzione, l'antoniniano (all'inizio del 215),
completamente d'argento, pi grande del denario, e per differenziarlo da quest'ultimo presentava l'imperatore che
indossava una corona radiata (non inceve una corona d'alloro, come sul denario), indicando cos il suo valore doppio
(come nel dupondio, che valeva due assi). Anche se di valore doppio del denario, l'antoniniano non pes mai pi di
1,6 volte il peso del denario. Il denario continu ad essere emesso accanto all'antoniniano, ma durante la met del III
secolo d.C. fu rapidamente svalutato per far fronte al permanente stato di guerra del periodo. Attorno al 250
conteneva ancora il 30-40% di argento, una decina d'anni pi tardi ne conteneva solo il 5%, mentre il restante 95%
era di rame.[32] Vi da aggiungere che se inizialmente il rapporto con l'aureo era di 25:1 (un aureo = 25 antoniniani)
o forse di 50:1, al tempo di Aureliano giunse addirittura a 800:1.[32]
Peso teorico dei Denari: da Cesare alla riforma di Aureliano (274)
Denario
Cesare
Augusto
(post 2
a.C.)
Nerone
(post 64)
Traiano
Marco
Aurelio
(post 170)
Commodo
Settimio
Severo (post
[31]
197
)
Caracalla
(post 215)
Aureliano
(post 274)
1/84
1/84
1/96
1/99
1/100
1/111
1/111
1/105
1/126
3.895
grammi
3.895
grammi
3.408
grammi
3.305
[33]
grammi
3.253
grammi
2.947
[34]
grammi
2.947 grammi
3.116
[35]
grammi
2.600
[36]
grammi
98%
97%
3,817
grammi
3,778
grammi
Peso teorico
(argento): in
grammi
93,5%
[37]
3,186
grammi
89,0%
[37]
2,941
grammi
[38]
79,0%
2,570
[38]
grammi
[37]
73,5%
2.166
grammi
[39]
58%
1.710 grammi
[35]
46%
1,433
grammi
[36]
2,5%
0,065
grammi
Contemporaneamente l'aureo, era passato nel tempo, da un peso teorico di 1/40 di libbra (epoca di Cesare) a 1/45
(sotto Nerone, con una svalutazione dell'11%) per raggiungere sotto Caracalla un peso di 1/50 di libbra (6,54g). Nel
corso poi di tutto il III secolo la svalutazione era continuata fino a Diocleziano (1/60 di libbra, pari a5,45 g[40]),
seppure vi fosse stato un correttivo da parte di Aureliano[41] il quale, attraverso la sua riforma del 274, aveva
riportato il peso dell'aureo ad 1/50 di libbra.[42] La corsa per alla svalutazione era continuata, tanto che al tempo di
Marco Aurelio Caro, il peso dell'aureo era stato ridotto fino ad 1/70 (come dimostra la lettera greca "O" stampata su
alcune monete, equivalente al numero 70[43]).[41]
56
Peso
teorico:
in libbre
(=327,168
grammi)
Peso
teorico:
in
grammi
Cesare Augusto
(post 2
a.C.)
1/40
1/42
Nerone
(post 64)
1/45
[37]
(1/42.2)
(1/43.3)
(1/44.8)
(1/43.9)
Caro
Diocleziano
1/50
1/60
1/50
1/70
1/60
6.543g
5.453g
6.543g
4.674g
5.453g
A tutto ci aggiungiamo che nei primi due secoli dell'et imperiale, l'acquisto di enormi quantit di prodotti di lusso
provenienti dalle regioni asiatiche era stato regolato con monete, soprattutto d'argento (monete romane sono state
trovate anche in regioni molto lontane), tanto che la continua fuoriuscita di metallo prezioso (non bilanciata dalla
produzione delle miniere, visto che i giacimenti erano ormai in esaurimento dopo secoli di sfruttamento) fin per
determinare nel Tardo Impero una rarefazione dell'oro e dell'argento all'interno dei confini imperiali, accelerando
cos la perversa spirale di diminuzione della quantit effettiva di metallo prezioso nelle monete coniate dai vari
imperatori.[44]
Inoltre, l'instabilit politica ebbe pesantissimi effetti anche sui traffici commerciali. Ecco come lo storico Henry
Moss descrive la situazione dei trasporti e della rete commerciale dell'Impero prima della crisi:
Attraverso queste strade passava un traffico sempre crescente, non soltanto di truppe e funzionari, ma di commercianti,
mercanzie e perfino di turisti. Lo scambio di merci fra le varie province si era sviluppato rapidamente, e presto raggiunse
una scala senza precedenti nella storia, che non si ripet fino a pochi secoli fa. I metalli estratti nelle regioni montagnose
dell'Europa occidentale, pelli, panni e bestiame dai distretti pastorali della Britannia, Spagna e dai mercati del Mar Nero,
vino ed olio dalla Provenza e dall'Aquitania, legname, pece e cera dalla Russia meridionale e dal nord dell'Anatolia, frutta
secca dalla Siria, marmo dai litorali egei e - il pi importante di tutti - grano dai distretti dell'Africa del nord, dell'Egitto e
della valle del Danubio per i bisogni delle grandi citt; tutti questi prodotti, sotto l'influenza di un sistema altamente
organizzato di trasporto e vendita, si muovevano liberamente da un angolo all'altro dell'Impero.
(H. St. L. B. Moss, The Birth of the Middle Ages p 1.)
Con la crisi del III secolo questa ampia rete commerciale fu rotta. L'agitazione civile e i conflitti la resero non pi
sufficientemente sicura per permettere ai commercianti di viaggiare come prima e la crisi monetaria rese gli scambi
molto difficili. Ci produsse profondi cambiamenti che proseguirono fino all'et medioevale. I grandi latifondisti,
non pi in grado di esportare con successo i loro raccolti sulle lunghe distanze, cominciarono a produrre cibi per la
sussistenza e per il baratto locale. Piuttosto che importare i prodotti, cominciarono a produrre molti beni localmente,
spesso sulle loro stesse propriet di campagna, dove tendevano a rifugiarsi per sfuggire alle imposizioni dello Stato a
carico dei cittadini. Nacque in tal modo una "economia domestica" autosufficiente che sarebbe diventata ordinaria
nei secoli successivi, raggiungendo la sua forma finale in et medioevale.
Crisi sociale
La crisi economica aveva comportato una diversa suddivisione della societ: dalle tre classi tradizionali dei senatori,
dei cavalieri e dei plebei: senatori e cavalieri (grandi proprietari terrieri e militari, che disponevano della propriet
terriera e delle riserve di monete d'oro) erano confluiti nella classe privilegiata degli honestiores, mentre artigiani e
piccoli commercianti, toccati dalle difficolt economiche e dalla svalutazione della moneta d'argento, erano confluiti
nella classe degli humiliores che andava man mano perdendo i propri diritti. Bench anche nei secoli precedenti
57
fossero presenti profonde diseguaglianze economiche tra la popolazione dell'Impero, la peculiarit della crisi sociale
del III secolo risiede nella legittimazione giuridica di questa situazione: pene diverse erano previste per honestiores e
humiliores, e le possibilit di scalata sociale erano fortemente ridotte.
Sempre pi spesso gli humiliores rinunciavano volontariamente alle proprie libert per affidarsi alla protezione dei
grandi proprietari terrieri ed evitare inoltre l'arruolamento forzato nell'esercito. I piccoli artigiani e i commercianti
liberi delle citt, cominciarono a spostarsi verso le grandi propriet della campagna, alla ricerca di cibo e di
protezione. Molti di questi ex abitanti della citt, cos come molti piccoli coltivatori, furono costretti a rinunciare ai
diritti basilari per ricevere la protezione dai grandi proprietari terrieri. Diventarono cos una classe di cittadini
semi-liberi noti come coloni , legati alla terra e, grazie alle successive riforme imperiali, la loro posizione divenne
ereditaria. Ci forn un primo modello per la servit della gleba, che avrebbe costituito la base della societ feudale
medioevale.
Crisi religiosa
Per approfondire, vedi Religione romana.
La crisi della religione romana, intesa come politeismo greco-romano, intensific i suoi effetti in et imperiale.
Questo politeismo non pretendeva che gli abitanti dell'Impero fossero obbligati a venerare esclusivamente il
pantheon degli di romani. Fin dai tempi di Giulio Cesare e dei suoi rapporti coi culti druidici dei Galli, al tempo
della Conquista della Gallia, l'amministrazione romana era solitamente tollerante in campo religioso, per cui vi fu
spazio per culti provinciali e anche stranieri. Unica condizione era che non mettessero in pericolo l'unit imperiale.
Fu cos che, soprattutto da Oriente, si riversarono sull'Occidente romano e quindi sull'Italia e Roma una notevole
quantit di culti misterici,[45] quali quelli di Cibele (la "Grande Madre" dalla Frigia), Baal (da Emesa, a cui fu devoto
lo stesso imperatore Eliogabalo), Iside e Osiride (dall'Egitto), Mitra (dalla Persia), quest'ultimo che raccolse
numerosi seguaci negli accampamenti militari e nel quale si ravvisava l'invitto dio della luce, il Sol invictus[46] (che
ebbe tra i seguaci gli imperatori Aureliano, Diocleziano e lo stesso Costantino I[47]).
Secondo una interpretazione storica che pone attenzione alla reazione psicologica delle popolazioni rispetto alla fede
religiosa, col tempo le nuove religioni assunsero sempre pi importanza per le loro caratteristiche escatologiche e
soteriologiche in risposta alle insorgenti esigenze della religiosit dell'individuo, al quale la vecchia religione non
offriva che riti vuoti di significato. Sempre secondo questa interpretazione storica la critica alla religione tradizionale
veniva anche dalle correnti filosofiche dell'Ellenismo, che fornivano risposte intorno a temi propri della sfera
religiosa, come la concezione dell'anima e la natura degli di. Nella congerie sincretistica dell'impero del III secolo,
permeata da dottrine neoplatoniche (Plotino), gnostiche, orfiche e misteriche (misteri eleusini che trov seguaci
prima in Adriano e poi Gallieno[48]), fece la sua comparsa il Cristianesimo. La religione cristiana, opponendosi al
potere tetrarchico che pretendeva che tutti i sudditi riconoscessero nell'imperatore il loro "signore e dio" (dominus ed
deus),[49] sub pesanti persecuzioni al tempo di Diocleziano (dal 303), generando nuove tensioni sociali. Il rifiuto del
culto pubblico e del conseguente sacrificio all'imperatore (con conseguente rifiuto del servizio militare e degli
impieghi pubblici) minava cos, fin dalle fondamenta, l'ordinamento politico-religioso romano.[50] Del resto la
"minoranza cristiana", secondo alcune stime di storici moderni, al tempo della giovinezza di Costantino (fine del III
secolo), poteva gi contare su 7-15 milioni di fedeli su una popolazione complessiva di 50 milioni. Fu il peggiore
errore commesso da Diocleziano nei vent'anni del sui, trucidando inutilmente migliaia di innocenti.[51] Secondo una
altra interpretazione storica che non vede la religione come un compartimento stagno rispetto al resto dell'evoluzione
storica, ma come un fattore importante di tutto il contesto sociale antico, i cambiamenti religiosi del terzo secolo
furono fra i pi importanti, se non i pi importanti, quali motore di cambiamento e quindi conseguentemente di crisi
del mondo romano.
Le campagne militari contro i Parti combattute dagli Imperatori erano dettati da esigenze strategiche di controllo
dell'area, e anche da esigenze politiche, per perpetuare l'affermazione del potere imperiale romano. Ma erano anche
58
59
60
Crisi urbana
L'insicurezza del territorio comport anche un cambiamento nel carattere delle citt: queste si erano ovunque
sviluppate nei primi due secoli dell'impero e non avevano particolari esigenze difensive, mentre a partire dal III
secolo inizi il cambiamento graduale e discontinuo che avrebbe portato dalle grandi citt aperte dell'antichit, alle
pi piccole citt cinte da mura, comuni nel medioevo. Particolarmente significativa fu la nuova cinta muraria che
l'imperatore Aureliano fece costruire intorno alla stessa Roma, che dopo molti secoli era nuovamente minacciata
dalle incursioni dei barbari. La costruzione delle mura inizi probabilmente nel 271 e si concluse dopo soli due anni,
anche se la definitiva rifinitura avvenne verso il 280, sotto limperatore Probo. Il progetto era improntato sulla
massima velocit di realizzazione e semplicit strutturale, oltre, ovviamente, ad una garanzia di protezione e
sicurezza. Queste caratteristiche fanno pensare che un ruolo non secondario, almeno nella progettazione, sia stato
rivestito da esperti militari. E daltra parte, poich allepoca gli unici nemici che potevano rappresentare qualche
pericolo non erano in grado di compiere molto pi che qualche razzia, un muro con robuste porte ed un
camminamento di ronda poteva ritenersi sufficiente. Comunque, nessun nemico assedi le mura prima dell'anno 408.
La stessa diminuzione del commercio indirizzava inoltre le citt verso un sempre crescente isolamento. I grandi
centri videro diminuire la propria popolazione: molti grandi proprietari si erano spostati nei loro possedimenti in
campagna, diventati in larga misura autosufficienti e che tendevano a sfuggire al controllo dell'autorit centrale; la
crisi aveva attratto, come si visto, verso questi nuovi centri economici anche coloro che precedentemente trovavano
la propria sussistenza nell'economia cittadina. La pressione fiscale aveva inoltre quasi del tutto cancellato quel ceto
di funzionari cittadini, i decurioni, che ne garantivano l'amministrazione ed il legame con Roma.
61
Conseguenze
Con la morte dell'imperatore Numeriano nel novembre del 284 (a cui il padre Caro aveva affidato l'Oriente romano),
ed il successivo rifiuto delle truppe orientali di riconoscere in Carino (il primogenito di Caro) il naturale successore,
fu elevato alla porpora imperiale Diocleziano, validissimo generale. La guerra civile che ne scatur vide in un primo
momento prevalere Carino sulle armate pannoniche dell'usurpatore Giuliano, ed in seguito la sconfitta delle sue
armate ad opera di Diocleziano sul fiume Margus, nei pressi dell'antica citt e fortezza legionaria di Singidunum.
Carino trov la morte, a causa di una congiura dei suoi stessi generali (primavera del 285).[52]
Ottenuto il potere, nel novembre del 285 Diocleziano nomin suo vice (cesare) un valente ufficiale, Marco Aurelio
Valerio Massimiano, che pochi mesi pi tardi elev al rango di augusto (1 aprile 286): form cos una diarchia,
nella quale i due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'Impero e la responsabilit della difesa
delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.[53][54]
Data la crescente difficolt a contenere le numerose rivolte interne e lungo i confini, nel 293 si procedette a
un'ulteriore divisione territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Diocleziano nomin come suo Cesare per
l'Oriente Galerio, mentre Massimiano fece lo stesso con Costanzo Cloro per l'Occidente.[55]
Le riforme volute da Diocleziano e i successi militari ottenuti, consentirono di ridare pace e sicurezza all'impero, che
continu in Occidente per altri due secoli e ancora per un millennio in Oriente. La tetrarchia tent di introdurre un
sistema di successione al trono imperiale che evitasse le lotte per la successione: vennero creati quattro imperatori,
due "augusti" e due "cesari", destinati a succedere ai primi come augusti e a scegliere quindi a loro volta i propri
Note
[1]
[2]
[3]
[4]
62
Bibliografia
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volume 4c: da Gordiano III a Uranio Antonino (238 253), di H. Mattingly, E.A. Sydenham, C.H.V.
Sutherland, Londra, 1949;
volume 5a : da Valeriano a Floriano (253 276), di Percy H. Webb, Londra, 1927;
volume 5b: da Probo a Massimiano (276 310), di Percy H. Webb, Londra, 1933.
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64
65
66
Collegamenti esterni
Il tramonto dell'impero (http://digilander.libero.it/tramonto193/)
Portale Antica Roma: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di Antica Roma
212 - 305
Luogo
Limes renano-danubiano
Esito
Effettivi
Le invasioni barbariche del III secolo (212/213-305) costituirono un periodo ininterrotto di scorrerie all'interno dei
confini dell'impero romano, condotte per fini di saccheggio e bottino[1] da genti armate appartenenti alle popolazioni
che gravitavano lungo le frontiere settentrionali: Pitti, Caledoni e Sassoni in Britannia; le trib germaniche di Frisi,
67
68
Contesto storico
Per approfondire, vedi Crisi del III secolo.
Dopo circa trent'anni di relativa quiete lungo le frontiere renano-danubiane, nel 212-213 scoppi una nuova crisi
lungo il Limes germanico-retico, causata dalla prima invasione della confederazione degli Alemanni.
Nell'Europa centro-orientale, il mondo barbaro era scosso da forti agitazioni interne e dai movimenti migratori di
popolazioni che tendevano a modificare gli equilibri con il vicino Impero romano. Questi popoli, alla ricerca di
nuovi territori dove insediarsi per il crescente aumento demografico della popolazione nell'antica Germania, erano
attratti anche dalle ricchezze e dalla vita agiata del mondo romano.[7]
Cinquant'anni prima, ai margini della zona germanica, lungo la frontiera danubiana e carpatica si erano verificati
movimenti e mescolanze di popoli, con l'avvento di un fenomeno nuovo tra i Germani, che rappresentava un
superamento della dimensione tribale: interi popoli (come Marcomanni, Quadi e Naristi, Vandali, Cotini, Iazigi, Buri
ecc.), si erano raggruppati in coalizioni, di natura pi che altro militare, attuando una maggiore pressione sul vicino
limes romano.
Sotto Caracalla il fenomeno di aggregazione si era evoluto ulteriormente, arrivando a costituire nell'area degli Agri
decumates alcune vere e proprie confederazioni etniche di trib: gli Alemanni, che aggregarono Catti, Naristi,
Ermunduri e parte dei Semnoni e si posizionarono sull'alto Reno, da Mogontiacum fino al Danubio presso Castra
Regina; i Franchi, sul basso Reno dalla foce del fiume fino a Bonna;[8] ed i Sassoni, composti dai popoli marinai tra
le foci dei fiumi Weser ed Elba[9][10]
Contemporaneamente crebbe anche la spinta dei Germani orientali, provenienti dalla Scandinavia, come i Goti (nei
vari rami degli Ostrogoti, dei Visigoti e degli Eruli), che provenivano dalla Vistola: da oltre cinquant'anni erano in
lento spostamento verso sud-est, ed erano ormai giunti in prossimit delle coste settentrionali del Mar Nero. In quella
regione entrarono in conflitto con le popolazioni sarmatiche di Roxolani ed Alani. Sempre dalla regione della
Slesia-Vistola provenivano anche altre due grandi popolazioni: i Vandali, gi venuti a contatto con le legioni romane
della Pannonia e della Dacia porolissensis ai tempi delle guerre marcomanniche sotto Marco Aurelio, ed i Burgundi,
che si dirigevano ad ovest verso i fiumi Elba e Meno.[8][11]
69
Romani
Per approfondire, vedi Limes renano, limes danubiano, dimensione esercito romano e Dislocazione delle legioni
romane.
Nel III secolo l'Impero romano schier contro le invasioni barbariche numerose legioni: I Adiutrix, I Illyricorum
(reclutata sotto Aureliano), I Italica, I Maximiana (sotto Massimiano), I Minervia, I Pontica (sotto Diocleziano), II
70
Adiutrix, II Italica, legio II Parthica, III Italica, IIII Flavia, IIII Italica (sotto Alessandro Severo), V Macedonica,
VII Claudia, VIII Augusta, X Gemina, XI Claudia Pia Fidelis, XIII Gemina, Legio XIIII Gemina Martia Victrix,
XV Apollinaris, XX Valeria Victrix, XXII Primigenia e XXX Ulpia Victrix.[16] Il totale delle forze messe in campo
dall'Impero romano potrebbe aver superato, dall'inizio alla fine del III secolo, i 200/250.000 armati; di essi, una met
fu costituita da legionari, la restante da altrettanti ausiliari.[17]
Sappiamo che alla morte di Caracalla su 33 legioni lungo l'intero sistema di fortificazioni imperiali, ben 16 erano
lungo il limes renano e danubiano (pari al 48,5% del totale), oltre ad altre 2 nelle retrovie quale "riserva strategica"
(in Hispania ed Italia), cos come bene evidenziato qui sotto nella tabella riassuntiva sulla loro dislocazione (nel
217):
N. fortezze legionarie
sotto Caracalla
unit legionaria
localit antica
localit moderna
provincia romana
Vetera
Xanten
Germania inferiore
Legio I Minervia
Bonna
Bonn
Germania inferiore
Mogontiacum
Magonza
Germania superiore
Argentoratae
Strasburgo
Germania superiore
Castra Regina
Ratisbona
Rezia
Legio II Italica
Lauriacum
Enns
Norico
Legio X Gemina
Vindobona
Vienna
Pannonia superiore
Carnuntum
Altenburg-Petronell
Pannonia superiore
Legio I Adiutrix
Brigetio
Komrom
Pannonia inferiore
10
Legio II Adiutrix
Aquincum
Budapest
Pannonia inferiore
11
Singidunum
Belgrado
Mesia superiore
12
Viminacium
Kostolac
Mesia superiore
13
Apulum
Alba Iulia
Tre Dacie
14
Legio V Macedonica
Potaissa
Turda
Tre Dacie
15
Legio I Italica
Novae
Svitov
Mesia inferiore
16
Legio XI Claudia
Durostorum
Silistra
Mesia inferiore
riserva strategica
Legio II Parthica
Castra Albana
Albano Laziale
Italia
riserva strategica
Legio
Len
Hispania
Poco meno di un secolo pi tardi, durante il periodo tetrarchico di Diocleziano, il numero di legioni poste lungo il
fronte settentrionale (Reno e Danubio) fu aumentato a 24, oltre alle 3 posizionate a guardia delle Alpi (legio I Iulia
Alpina, legio II Iulia Alpina e legio III Iulia Alpina[18]), su un totale complessivo di 56 (pari al 48,2%), come qui
sotto evidenziato:[19]
71
N. fortezze
legionarie
sotto tetrarchia
unit legionaria
localit antica
localit moderna
provincia romana
Vetera
Xanten
Germania Secunda
Legio I Minervia
Bonna
Bonn
Germania Secunda
[20]
Mogontiacum
Magonza
Germania Prima
Argentoratae
Strasburgo
Germania Prima
Castrum Rauracense
[21]
(?)
Kaiseraugs
Maxima
Sequanorum
3e4
Castra Regina
Ratisbona
Rezia
Caelius Mons
Kellmnz an der
Iller
Rezia
Legio II Italica
Lauriacum
Enns
Noricum Ripensis
10
Legio I Noricorum
Ad Iuvense
Ybbs?
Noricum Ripensis
11
Legio X Gemina
Vindobona
Vienna
Pannonia Prima
12
Carnuntum
Altenburg-Petronell
Pannonia Prima
13
Legio I Adiutrix
Brigetio
Komrom
Pannonia Valeria
14
Legio II Adiutrix
Aquincum
Budapest
Pannonia Valeria
15
Legio VI Herculea
Ad Militare
Batina
Pannonia Secunda
16
Legio V Iovia
Bononia
Banotor
Pannonia Secunda
17
Singidunum
Belgrado
Moesia Prima
18
Viminacium
Kostolac
Moesia Prima
19
Ratiaria
Archar
Dacia Ripensis
20
Legio V Macedonica
Oescus
Pleven
Dacia Ripensis
21
Legio I Italica
Novae
Svitov
Moesia Secunda
22
Legio XI Claudia
Durostorum
Silistra
Moesia Secunda
23
Legio II Herculia
Troesmis
Iglita
Scythia Minor
24
Legio I Iovia
Noviodunum
Isaccea
Scythia Minor
passi alpini
Legio
25-26-27
riserva strategica
[21]
Italia
Len
Gallaecia
72
Barbari
Per approfondire, vedi Organizzazione militare dei Germani.
Riguardo alle ingenti forze che i barbari poterono mettere in campo nel corso delle invasioni di questo III secolo,
possiamo qui sotto brevemente sintetizzare come segue:
[22]
[22]
248
+ di 60.000
[23]
[23]
249
+ di 70.000
[24]
267-268
[27]
[28]
277-278
[29]
[31]
283
[32]
298
[25][24]
320.000
[27]
269
281
N. TOTALE
ARMATI
POPOLI COINVOLTI
[22]
Goti e Carpi
Mesia e Tracia
[23]
[23]
Goti
+ 400.000 barbari
[28]
uccisi
100.000 persone
[29][30]
insediate
Bastarni
Sarmati
[32]
DOVE
[22]
+ di 50.000
60.000
NAVI
DA GUERRA
[26]
/6.000
[28]
[28]
Gallie e Rezia
[29][30]
[29][30]
Tracia
[31]
[31]
Pannonie
[32]
[32]
Alemanni
limes renano
Le invasioni
Fronte settentrionale: dal Reno al Danubio, fino al Mar Nero
Prima fase: gli attacchi durante la dinastia dei Severi (212-235)
Per approfondire, vedi Dinastia dei Severi.
[33]
Caracalla: Denario
PROFECTIO AVG, Caracalla in piedi, tiene una lancia; dietro di lui due
stendardi militari.
2.74 g, moneta coniata probabilmente quando Caracalla era succeduto al padre, dopo la morte del fratello Geta, in un periodo compreso tra
il 212 ed il 213. Qui si celebra la Profectio dell'Imperatore che parte per una campagna militare verso il fronte settentrionale.
212
In seguito a questi avvenimenti, la Pannonia inferiore fu ampliata: ora includeva anche la fortezza legionaria di
Brigetio, in modo che ognuna delle due Pannonie potesse disporre di due legioni,[45] mentre i centri civili di
Carnuntum (Colonia Septimia Aurelia Antoniana) e della stessa Brigetio furono elevati a colonie.[46]
215
Caracalla, giunto in Dacia, dopo aver ispezionato l'intero limes pannonico,[47] riusc a respingere la prima
invasione di Goti e Carpi, assumendo per queste vittorie l'appellativo di "Goticus".[48]
219-220
Pare che l'imperatore Eliogabalo stesse preparando una spedizione militare contro i Marcomanni, poich un
oracolo gli aveva riferito che questa guerra sarebbe stata portata a termine da un membro della sua dinastia:
questa notizia sembra suggerire la presenza di nuove infiltrazioni barbariche lungo i confini della Pannonia
superiore e una conseguente controffensiva romana.[49] Sembra che Eliogabalo sia stato l'ultimo della dinastia
dei Severi capace di mantenere fortificazioni oltre il Danubio, come Celemantia.[50]
73
74
225
la monetazione di Alessandro Severo celebra una Victoria
Augusta, molto probabilmente sui Germani o Sarmati del
limes danubiano.[51]
227/228
Sotto il regno di Alessandro Severo, gli Iazigi portarono una
nuova incursione lungo il limes della Pannonia inferiore,[52]
come risulterebbe anche dalla monetazione del periodo.[53]
230
La guarnigione romana del Regno del Bosforo Cimmerio
(composta da vexillationes della I Italica[54]), nell'attuale
Crimea, fu massacrata dai Borani, mentre i Goti, che si
erano spinti fino alle coste del Mar Nero, riuscirono ad
occupare la citt di Olbia (presso la moderna Odessa),
probabilmente in mano romana dai tempi di Nerone, che era
difesa dal governatore della provincia di Mesia inferiore.[55]
231-232
Busto di Alessandro Severo.
Il limes del Norico, tra Wachau e Wienerwald nella zona del Tullnerfeld, e quello germanico-retico, furono
attaccati pesantemente dagli Alemanni. La difesa di questo tratto di limes potrebbe essere stata affidata proprio
al futuro imperatore Pupieno, che anche questa volta riport un successo contro i barbari. Notevoli sono le
testimonianze archeologiche delle distruzioni riportate in queste province nel corso delle incursioni, da Castra
Regina a Pfnz fino ad Augusta Treverorum (oggi Treveri).[56][57]
234-235
Alessandro Severo, partito da Roma per il fronte settentrionale[58] dopo aver arruolato numerose nuove truppe
ausiliarie (tra cui Armeni, Osroeni e perfino Parti,[59]) riusc a respingere le incursioni degli Alemanni, che
avevano sfondato il fronte degli Agri Decumates. L'imperatore per commise l'errore di voler concludere con i
Germani un trattato di pace, offrendo loro grandi somme di denaro: questo atteggiamento fu accolto male dal
suo esercito che, sotto la guida del generale Massimino il Trace, si ribell e trucid Alessandro e la madre.
Poco dopo le legioni proclamarono il nuovo imperatore romano nello stesso Massimino.[60]
75
Seconda fase: l'anarchia militare ed i ripetuti sfondamenti del limes settentrionale (235-253)
La pressione dei barbari lungo le frontiere settentrionali e quella, contemporanea, dei Sasanidi in Oriente, si erano
non solo intensificate, ma avevano diffuso la sensazione che l'impero fosse totalmente accerchiato dai nemici.[61] Si
rivelavano ormai inefficaci gli strumenti della diplomazia tradizionale, usati fin dai tempi di Augusto e basati sulla
minaccia dell'uso della forza e sulla fomentazione di dissidi interni alle diverse trib ostili per tenerle impegnate le
une contro le altre. Si rendeva necessario ricorrere immediatamente alla forza, schierando armate tatticamente
superiori e capaci di intercettare il pi rapidamente possibile ogni possibile via di invasione dei barbari; la strategia
era per resa difficoltosa dal dover presidiare immensi tratti di frontiera con contingenti militari per lo pi scarsi.[9]
Molti degli imperatori che vennero via via proclamati dalle legioni nell'arco di venticinque anni non riuscirono
neppure a metter piede a Roma, n tanto meno, durante i loro brevissimi regni, a intraprendere riforme interne,
poich permanentemente occupati a difendere il trono imperiale dagli altri pretendenti a il territorio dai nemici
esterni.
235-236
Massimino Trace, che riteneva fosse una priorit dell'Impero la guerra "antigermanica",[62] continu a
combattere gli Alemanni, riuscendo non solo a respingere le loro incursioni lungo il limes germanico-retico,
ma anche a penetrare profondamente in Germania per circa 30-40 miglia romane (45-60 chilometri) e a battere
sul loro terreno le armate alemanne, nella regione del Wrttemberg e Baden.[63] Campagne archeologiche di
scavo, condotte dal 2008 al 2011, hanno rivelato tracce di uno scontro militare tra l'armata romana (composta
anche dalla legio IV Flavia Felix) ed i Germani presso l'Harzhorn, nell'area boschiva nei pressi di Kalefeld (in
Bassa Sassonia), databile al 235.[64]
[Massimino] pass in Germania con tutto l'esercito e le truppe di Mauri, Osroeni e Parti, nonch tutte le altre che
Alessandro aveva condotto con s per la campagna militare. Ed il motivo principale per cui portava con s le truppe
ausiliarie orientali era che nessuno valeva di pi nel combattimento contro i Germani degli arcieri armati alla leggera.
Alessandro aveva inoltre un apparato bellico mirabile, a cui si dice Massimino aggiunse molti nuovi accorgimenti. Entrato
nella Germania transrenana per trenta o quaranta miglia del territorio barbarico, incendi villaggi, razzi bestiame,
saccheggi, uccise molti dei barbari, gener notevole bottino ai suoi soldati, prese numerosi prigionieri, e se i Germani non
si fossero ritirati nelle paludi e nelle selve, avrebbe sottomesso a Roma tutta la Germania.
(Historia Augusta - I due Massimini, 11.7-9 e 12.1.)
A questa campagna apparterrebbero alcune vestigia archeologiche, che testimoniano le devastazioni compiute
anche lungo il limes del Norico[65] Per questi motivi ricevette dal Senato l'appellativo di "Germanicus
maximus",[66] mentre sulle monete appare la dicitura "Victoria Germanica".[67]
236-237
Massimino Trace, una volta
pacificato
il
settore
germanico-retico,
condusse
nuove campagne contro i sarmati
Iazigi della piana del Tibisco,
che
avevano
provato
ad
attraversare il Danubio dopo
circa un cinquantennio di pace
lungo le loro frontiere. Egli
aveva un sogno: quello di
emulare il grande Marco Aurelio
e conquistare la libera Germania
Magna.[68] Il suo quartier
Le operazioni militari di Massimino il Trace in Sarmatia, contro Iazigi e Daci liberi.
generale fu posto a Sirmio, al
centro del fronte pannonico
inferiore e dacico. Cos infatti riporta la Historia Augusta:
Portate a termine le campagne in Germania [contro gli Alemanni], Massimino si rec a Sirmio, per preparare una
spedizione contro i Sarmati, e programmando di sottomettere a Roma le regioni settentrionali fino all'Oceano.
(Historia Augusta - I due Massimini, 13.3.)
Al termine di queste operazioni fu conferito a Massimino l'appellativo prima di "Dacicus maximus"[69] e poi di
"Sarmaticus maximus".[70]
Nel corso del 236, fu respinta un'incursione di Carpi e Goti, culminata con una battaglia vittoriosa per le
armate romane di fronte ad Histropolis. Ci potrebbe significare che, attorno a questa data, i Goti avevano gi
occupato la zona della Dacia libera a nord dei Carpazi, fino alla foce del Danubio ed alle coste del Mar Nero,
incluse le citt di Olbia e Tyras.[71]
76
77
238
Ad una nuova incursione dei Goti che avevano attraversato
il basso corso del Danubio, sembra sia andato incontro
l'imperatore Decimo Celio Calvino Balbino. Questa
incursione vide i barbari saccheggiare e sterminare la
popolazione di Histropolis,[72] mentre la trib di stirpe
dacica dei Carpi, pass il Danubio pi a monte, sempre
lungo i confini della Mesia inferiore. Il governatore
provinciale, un certo Tullio Menofilo, riusc a trattare con i
Goti offrendo loro un sussidio[73] in cambio della
restituzione dei prigionieri in precedenza catturati, mentre
riusc a respingere i Carpi, dopo aver raccolto una
consistente armata.[74]
242-243
Gordiano part per la guerra contro i persiani Sasanidi con un grande esercito ed una tale quantit di oro da poter
sconfiggere facilmente il nemico o con i legionari o con gli ausiliari. Marci attraverso la Mesia e, nel corso dell'avanzata,
distrusse, mise in fuga, cacci lontano tutti i nemici che si trovavano nella Tracia.
(Historia Augusta - Gordiano III, 26.3-4.)
E sempre in questi anni, durante le campagne orientali di Gordiano III, potrebbero essersi verificati nuovi
sfondamenti del Limes germanico-retico ad opera degli Alemanni, come risulterebbe da alcuni ritrovamenti
archeologici nei pressi del forte di Knzing.[67]
[76]
VICTORIA CARPICA, la Vittoria che avanza verso destra, con in mano una palma ed una
corona d'alloro.
245-247
I Carpi della Dacia libera ripresero a compiere incursioni al di l del Danubio, nel territorio della Mesia
inferiore, dove n un certo Severiano, n il governatore provinciale poterono fermare gli invasori. Alla fine del
primo anno di guerra, dovette intervenire lo stesso imperatore Filippo l'Arabo, il quale nel 246 riport un
grande successo contro le genti germaniche dei Quadi lungo il fronte pannonico, grazie al quale gli fu
attribuito l'appellativo di "Germanicus maximus". Nel 247, l'offensiva romana riprese lungo il fronte del basso
corso danubiano contro i Carpi, tanto che gli furono tributati nuovi onori e l'appellativo di "Carpicus
maximus".[77][78]
78
proprio a questo periodo che apparterrebbe l'istituzione di un comando militare generale e centralizzato per
l'intera frontiera del medio e basso Danubio che avrebbe dovuto comprendere, pertanto, le province di
Pannonia inferiore, Mesia superiore ed inferiore, oltre alle Tre Dacie, a Sirmio. A capo di questo distretto
militare fu posto Tiberio Claudio Marino Pacaziano.[79]
248
Una nuova incursione di Goti, ai quali era stato rifiutato il contributo annuale promesso da Gordiano III, e di
Carpi loro associati, port ancora una volta devastazione nella provincia di Mesia inferiore.
[73]
Sotto l'impero di quel Filippo [...] i Goti malcontenti che non si pagasse pi loro il tributo,
si trasformarono in nemici
da amici che erano. Infatti pur vivendo sotto i loro re in una regione remota, erano federati dell'Impero e ricevevano un
contributo annuo. [...] Ostrogota passa il Danubio con i suoi cominciando a devastare la Mesia e la Tracia, mentre Filippo gli
mandava contro il senatore Decio. Quest'ultimo non riportando alcun successo, conged i suoi soldati rimandandoli alle loro
case e ritornandosene da Filippo [...]. Ostrogota, re dei Goti, [poco dopo e nuovamente] marci contro i Romani alla testa di
trentamila armati a cui si aggiunsero anche guerrieri taifali, asdingi e tremila Carpi, quest'ultimo popolo assai bellicoso e
spesso funesto per i Romani.
(Giordane, De origine actibusque Getarum, XVI, 1-3.)
L'invasione alla fine fu quindi fermata dal generale di Filippo l'Arabo, Decio Traiano, futuro imperatore,
presso la citt di Marcianopoli, che era rimasta sotto assedio per lungo tempo. La resa fu anche possibile
grazie ad una tecnica ancora rudimentale da parte dei Germani in fatto di macchine d'assedio e probabilmente,
come suggerisce Giordane, dalla somma versata loro dagli abitanti.[80]
249
Decio, proclamato imperatore
dalle armate pannonico-mesiche,
si diresse in Italia, portando con
s buona parte delle truppe di
confine, e presso Verona riusc a
battere l'esercito di Filippo
l'Arabo, che mor insieme a suo
figlio. Ma l'aver sguarnito le
difese
dell'area
balcanica
permise, ancora una volta, a Goti
e Carpi di riversarsi nelle
province di Dacia, Mesia
Invasioni dei Carpi e Goti di Cniva negli anni 249-251.
inferiore e Tracia. Sembra infatti
che i Goti, una volta passato il Danubio ghiacciato, si divisero in due colonne di marcia. La prima orda si
spinse in Tracia fino a Filippopoli (l'odierna Plovdiv), dove assediarono il governatore Tito Giulio Prisco; la
seconda, pi numerosa (si parla di ben settantamila uomini[23]) e comandata da Cniva, si spinse in Mesia
inferiore, fino sotto le mura di Novae.[78][81]
250
Decio fu costretto a fare ritorno sulla frontiera del basso Danubio, per affrontare l'invasione compiuta l'anno
precedente dei Goti di Cniva. Si trattava di un'orda di dimensioni fino ad allora mai viste, coordinata inoltre
con i Carpi che assalirono la provincia di Dacia.[82][83] Cniva, respinto da Treboniano Gallo presso Novae,
condusse le sue armate sotto le mura di Nicopoli.[84] Frattanto Decio, venuto a conoscenza della difficile
situazione in cui si trovava l'intero fronte balcanico-danubiano, decise di accorrere personalmente: prima di
tutto sconfisse e respinse dalla provincia dacica i Carpi, tanto che all'imperatore furono tributati gli appellativi
di "Dacicus maximus",[85] e "Restitutor Daciarum" ("restauratore della Dacia").[86]
79
[87]
Decio: Antoniano
L'imperatore era ora deciso a sbarrare la strada del ritorno ai Goti in Tracia e ad annientarli per evitare
potessero ancora riunirsi e sferrare nuovi attacchi futuri, come narra Zosimo.[88] Lasciato Treboniano Gallo a
Novae, sul Danubio, riusc a sorprendere ed a battere Cniva mentre questi stava ancora assediando la citt
mesica di Nicopoli. Le orde barbariche riuscirono per ad allontanarsi e, dopo aver attraversato tutta la
Penisola balcanica, attaccarono la citt di Filippopoli. Decio, deciso ad inseguirli, sub per una cocente
sconfitta presso Beroe Augusta Traiana (l'attuale Stara Zagora).
Decio, con lo scopo di soccorrere la citt di Beroea [...], qui vi faceva riposare le truppe ed i cavalli quando Cniva lo assal
improvvisamente e, dopo aver inflitto all'esercito romano gravi perdite, ricacci in Mesia l'imperatore ed i pochi superstiti
della Tracia, attraverso le montagne. In Mesia Gallo, comandante di quel settore di frontiera, disponeva di numerose forze.
Decio riunendole a quanti dei suoi erano sopravvissuti al nemico, si dispose a continuare la campagna militare.
(Giordane, De origine actibusque Getarum, XVIII, 2.)
La sconfitta inflitta a Decio fu tanto pesante da impedire all'imperatore non solo la prosecuzione della
campagna, ma soprattutto la possibilit di salvare Filippopoli che, caduta in mano ai Goti, fu saccheggiata e
data alle fiamme. Del governatore della Tracia, Tito Giulio Prisco, che aveva tentato di proclamarsi
imperatore, nessuno seppe pi nulla.[82][84][89]
251
Al principio dell'anno la monetazione imperiale celebr una nuova "vittoria germanica", in seguito alla quale
Erennio Etrusco fu proclamato augusto insieme al padre Decio. I Goti, che avevano trascorso l'inverno in
territorio romano, in seguito a questa sconfitta offrirono la restituzione del bottino e dei prigionieri a
condizione di potersi ritirare indisturbati. Ma Decio, che aveva ormai deciso di distruggere quest'orda di
barbari, prefer rifiutare le proposte di Cniva e sul cammino del ritorno dispose le sue armate ed impegn il
nemico a battaglia nei pressi di Abrittus, in Dobrugia. Qui i Goti, pur stremati, riuscirono a infliggere una
cocente sconfitta all'esercito romano (luglio del 251), uccidendo persino l'imperatore ed il figlio maggiore,
Erennio Etrusco. Era la prima volta che un imperatore romano cadeva in battaglia contro un nemico
straniero.[90] Questa la tragica narrazione degli eventi di Giordane:
E subito il figlio di Decio cadde mortalmente trafitto da una freccia. Alla notizia il padre, sicuramente per rianimare i
soldati, avrebbe detto "Nessuno sia triste, la perdita di un solo uomo non deve intaccare le forze della Repubblica". Ma poco
dopo, non resistendo al dolore di padre, si lanci contro il nemico cercandovi o la morte o la vendetta per il figlio. [...] Perse
pertanto impero e vita.
(Giordane, De origine actibusque Getarum, XVIII, 3.)
80
[91]
Decio: Antoniano
VIC-TORIA GERMANICA, Decio a cavallo verso sinistra, alza la mano destra e tiene uno scettro
nella sinistra; a sinistra la dea Vittoria avanza verso sinistra, tiene un ramo nella destra ed una palma
nella sinistra.
Rimase imperatore il figlio minore, Ostiliano, il quale fu a sua volta adottato dall'allora legato delle due Mesie,
Treboniano Gallo, a sua volta acclamato imperatore in quello stesso mese. Gallo, accorso sul luogo della
battaglia, concluse una pace poco favorevole con i Goti di Cniva: non solo permise loro di tenersi il bottino,
ma anche i prigionieri catturati a Filippopoli, molti dei quali di ricche famiglie nobili. Inoltre, furono loro
garantiti sussidi annui, dietro alla promessa di non rimettere pi piede sul suolo romano.[83][89][92]
252
A partire da questa data i Quadi tornarono ad attaccare in modo crescente il limes pannonico, nella zona di
fronte alla fortezza legionaria di Brigetio.[93]
253
Una nuova ondata di Goti, Borani, Carpi ed Eruli port distruzione fino a Pessinunte ed Efeso via mare, e poi
via terra fino ai territori della Cappadocia.[94][95] Questo quanto tramanda Zosimo:
Poich Treboniano Gallo amministrava malamente il potere, gli Sciti [si intendono i Goti, ndr] cominciarono ad invadere
le province vicine, ed avanzavano saccheggiando anche i territori bagnati dal mare [il Mar Nero, ndr], e cos nessuna
provincia dei Romani fu risparmiata dalle loro devastazioni. Furono prese tutte le citt prive di fortificazioni e la maggior
parte di quelle fornite di mura. E non meno della guerra scoppi ovunque anche un'epidemia di peste, nei villaggi e nelle
citt, eliminando i barbari superstiti e procurando cos tante morti come mai prima d'ora era accaduto.
(Zosimo, Storia nuova, I.26.)
E mentre Emiliano, allora governatore della Mesia inferiore, era costretto a ripulire i territori romani a sud del
Danubio dalle orde dei barbari, scontrandosi vittoriosamente ancora una volta con il capo dei Goti, Cniva
(primavera del 253) e ottenendo grazie a questi successi il titolo di imperatore, ne approfittarono le armate dei
Sasanidi di Sapore I, che provocarono un contemporaneo sfondamento del fronte orientale, penetrando in
Mesopotamia e Siria fino ad occupare la stessa Antiochia.[96][97]
Terza fase: la diarchia di Valeriano in Oriente e Gallieno in Occidente (254-260)
Per approfondire, vedi Valeriano e Gallieno.
81
[98]
Valeriano: Antoniano
Le continue scorrerie da parte dei barbari nei vent'anni successivi alla fine della dinastia dei Severi avevano messo in
ginocchio l'economia ed il commercio dell'Impero romano. Numerose fattorie e raccolti erano stati distrutti, se non
dai barbari, da bande di briganti e dalle armate romane alla ricerca di sostentamento, durante le campagne militari
combattute sia contro i nemici esterni, sia contro quelli interni (usurpatori alla porpora imperiale). La scarsit di cibo
generava, inoltre, una domanda superiore all'offerta di derrate alimentari, con evidenti conseguenze inflazionistiche
sui beni di prima necessit. A tutto ci si aggiungeva un costante reclutamento forzato di militari, a danno della
manovalanza impiegata nelle campagne agricole, con conseguente abbandono di numerose fattorie e vaste aree di
campi da coltivare. Questa impellente richiesta di soldati, a sua volta, aveva generato una implicita corsa al rialzo del
prezzo per ottenere la porpora imperiale. Ogni nuovo imperatore o usurpatore era costretto, pertanto, ad offrire al
proprio esercito crescenti donativi e paghe sempre pi remunerative, con grave danno per l'erario imperiale, spesso
costretto a coprire queste spese straordinarie con la confisca di enormi patrimoni di cittadini privati, vittime in questi
anni di proscrizioni "di parte".[99] Queste difficolt costrinsero il nuovo imperatore, Valeriano, a spartire con il figlio
Gallieno l'amministrazione dello Stato romano, affidando a quest'ultimo la parte occidentale e riservando per s
quella orientale, come in passato era gi avvenuto con Marco Aurelio e Lucio Vero (161-169).[100][101]
254
Al principio dell'anno, o sul finire del precedente, una nuova incursione di Goti devast la regione di
Tessalonica: i Germani non riuscirono ad espugnare la citt, che per, solo a stento e con molta fatica, fu
liberata dalle armate romane del nuovo imperatore Valeriano. Il panico fu cos grande che gli abitanti
dell'Acaia decisero di ricostruire le antiche mura di Atene e di molte altre citt del Peloponneso.[97][102]
Franchi e Alemanni furono fermati nel corso di un loro tentativo di sfondamento del limes romano dal giovane
cesare Gallieno, il quale si merit per questi successi l'appellativo di "Restitutor Galliarum" e di "Germanicus
maximus".[103] Il suo merito fu l'aver contenuto almeno in parte i pericoli, grazie a un accordo con uno dei capi
dei Germani, che si impegn ad impedire agli altri barbari di attraversare il Reno e ad opporsi cos a nuovi
invasori.[104]
255
I Goti ripresero gli attacchi, questa volta via mare, lungo le coste dell'Asia Minore, dopo aver requisito
numerose imbarcazioni al Bosforo Cimmerio, alleato di Roma. I primi ad impadronirsi di queste imbarcazioni
furono per i Borani che, percorrendo le coste orientali del Mar Nero, si spinsero fino all'estremit dell'Impero
romano, presso la citt di Pityus, che per sua fortuna era dotata di una cinta di mura molto solide e di un porto
ben attrezzato. Qui furono respinti grazie alla vigorosa resistenza da parte della popolazione locale,
organizzata per l'occasione dall'allora governatore Successiano.[105]
I Goti, invece, partiti con le loro navi dalla penisola di Crimea, raggiunsero la foce del fiume Fasi (che si trova
nella regione di Guria in Georgia, nelle vicinanze dell'attuale citt di Sukhumi[106]); avanzarono anch'essi
verso Pityus, che riuscirono questa volta ad occupare, anche perch Successiano, promosso prefetto del
Pretorio, aveva seguito l'imperatore Valeriano ad Antiochia.[107] La grande flotta prosegu quindi fino a
82
Trapezunte, riuscendo ad occupare anche questa importante citt, protetta da una duplice cinta muraria e da
diverse migliaia di armati, come racconta Zosimo:
I Goti, appena si accorsero che i soldati all'interno delle mura erano pigri ed ubriaconi e non salivano neppure lungo i
camminamenti delle mura, accostarono al muro alcuni tronchi, dove era possibile, ed in piena note, a piccoli gruppi salirono
e conquistarono la citt. [...] I barbari si impadronirono di grandi ricchezze e di un grande numero di prigionieri [...] e dopo
avere distrutti i templi, gli edifici e tutto ci che di bello e magnifico era stato costruito, ritornarono in patria con moltissime
navi
(Zosimo, Storia nuova, I, 33.)
256
Non pass molto tempo che una nuova invasione di Goti percorse il Mar Nero, ancora via mare ma questa
volta verso la costa occidentale, avanzando fino al lago di Fileatina (l'attuale Derkos) ad occidente di
Bisanzio.[110] Da qui proseguirono fin sotto le mura di Calcedonia. La citt fu depredata di tutte le sue grandi
ricchezze, bench, riferisce Zosimo, la guarnigione superasse il numero degli assalitori Goti.[94][111] Molte
altre importanti citt della Bitinia, come Prusa, Apamea e Cio furono saccheggiate dalle armate gotiche,
mentre Nicomedia e Nicea furono date alle fiamme.[112]
83
Contemporaneamente buona parte dei territori del Nord
della provincia delle Tre Dacie (vale a dire tutta la Dacia
Porolissensis e parte della Dacia Superiore) andarono
perduti a seguito ad una nuova invasione di Goti e Carpi.
Infatti, una volta attraversata la catena montuosa dei
Carpazi, gli invasori riuscirono a cacciare i Romani dalla
zona settentrionale, con la sola eccezione delle zone pi
meridionali e prossime al Danubio (ovvero le attuali regioni
dell'Oltenia e della Transilvania). Questi eventi sono stati
tramandati da un breve passo di Eutropio e confermati dai
numerosi scavi archeologici della zona, che testimoniano
una totale cessazione delle iscrizioni e delle monete romane
nel nord del Paese a partire proprio dal 256.[113][114]
inoltre attestata la presenza di alcuni ufficiali delle legioni V
Macedonica e XIII Gemina nei pressi di Poetovio, a
conferma di un principio di "svuotamento" delle guarnigioni
delle Tre Dacie a vantaggio della vicina Pannonia.[115]
Tuttavia la resistenza romana alle invasioni di Goti e Carpi
nel sud della provincia fu celebrata l'anno successivo,
quando a Gallieno fu attribuito l'appellativo di "Dacicus
maximus".[101][116]
257
Valeriano, preoccupato per l'invasione dei Goti dell'anno precedente, invi un esercito di soccorso, comandato
da Lucio Mummio Felice Corneliano ed alle cui dipendenze sembra ci fosse il futuro imperatore
Aureliano,[117] per meglio difendere l'importante roccaforte di Bisanzio; l'imperatore, a sua volta, si diresse in
Cappadocia e in Bitinia per portar soccorso alle popolazioni di questa provincia.[118] Tuttavia, l'arrivo di
Valeriano non sort alcun effetto, poich il riaccendersi di un'epidemia di peste e l'avanzata persiana degli anni
precedenti aveva gettato l'oriente romano nel pi grande sconforto.[119] anche probabile che i vari assalti
condotti con successo da parte dei barbari abbiano generato in Sapore I la consapevolezza che un attacco ben
programmato e contemporaneo da parte del re dei Sasanidi avrebbe permesso alle sue armate di dilagare nelle
province orientali romane, con il proposito di congiungersi ai Goti stessi provenienti dalle coste del Mar
Nero.[120]
Il fronte renano della Germania inferiore fu sconvolto da nuovi attacchi dei Franchi, i quali riuscirono a
spingersi fino a Mogontiacum, dove furono fermati dall'accorrente legio VI Gallicana, di cui era tribuno
militare il futuro imperatore Aureliano.[121] Lo stesso Gallieno, lasciato l'Illirico a marce forzate, accorse in
Occidente, riuscendo a battere le orde franche probabilmente nei pressi di Colonia e comunque dopo aver
ripulito l'intera sponda sinistra del Reno dalle armate dei barbari.[109][122]
258
Ancora i Franchi, che l'anno precedente avevano sfondato il limes della Germania inferiore,[123] compirono
una nuova incursione, incuneandosi nei territori imperiali di fronte a Colonia per poi spingersi fino alla Spagna
(dove saccheggiarono Tarragona,[114]), fino a Gibilterra[124] e alle coste della Mauretania romana.[125]
L'invasione sembra fu, ancora una volta, respinta come risulta della monetazione del periodo, secondo la quale
Gallieno ottenne il titolo vitorioso di Germanicus Maximus per la quinta volta.[126]
84
258-260
Quadi, Marcomanni, Iazigi e
Roxolani furono responsabili
della grande catastrofe che colp
il limes pannonico in questi anni
(la
stessa
Aquincum
ed
l'importante forte di Intercisa
furono saccheggiati[127]), con lo
spopolamento della campagne
dell'intera provincia.[93][114][128]
Nello stesso periodo, Eutropio
racconta di una nuova incursione
germanica
(forse
di
Marcomanni) che raggiunse
Ravenna prima di essere
fermata,
proprio
mentre
l'imperatore
Valeriano
era
impegnato sul fronte orientale
contro i Sasanidi di Sapore I.[129]
Sempre in questo periodo, Gallieno concesse ad alcune trib di Marcomanni di insediarsi nella Pannonia
romana a sud del Danubio, probabilmente per ripopolare le campagne devastate dalle invasioni dei decenni
precedenti, e - cosa curiosa - contrasse un matrimonio secondario con la figlia di un loro principe.[130][131]
[Gallieno] ebbe come concubina una ragazza di nome Pipa, che ricevette quando una parte della provincia di Pannonia
superiore fu concessa in base ad un trattato a suo padre, re dei Marcomanni, donatagli come regalo di nozze.
(Sesto Aurelio Vittore, De Vita et Moribus Imperatorum Romanorum, 33.6.)
A partire dal 260, e fino al 274 circa, l'Impero romano sub la secessione di due vaste aree territoriali, che per ne
permisero la sopravvivenza. Ad ovest gli usurpatori dell'Impero delle Gallie, come Postumo (260-268[132]), Leliano
(268), Marco Aurelio Mario (268-269), Vittorino (269-271), Domiziano II (271) e Tetrico (271-274), riuscirono a
difenderne i confini delle province di Britannia, Gallia e Spagna. Scrive Eutropio:
Avendo cos Gallieno abbandonato lo Stato, l'Impero romano fu salvato in Occidente da Postumo ed in Oriente da
Odenato.
(Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 11.)
Postumo era riuscito, infatti, a costituire un impero in Occidente, centrato sulle provincie della Germania inferiore e
della Gallia Belgica e al quale si unirono poco dopo tutte le altre province galliche, della britanniche, ispaniche e, per
un breve periodo, anche quella di Rezia.[133]
85
Fu probabilmente Gallieno a
decidere il definitivo abbandono
di tutti i territori ad est del Reno
ed a nord del Danubio, a causa
delle continue invasioni delle
trib germaniche limitrofe degli
Alemanni,
ed
alla
contemporanea secessione della
parte occidentale dell'impero,
guidata dal governatore di
Germania superiore ed inferiore,
Postumo.[130][138][139]
Gli
Alemanni, che avevano sfondato
il limes retico e attraversato il
Il limes germano-retico, abbandonato attorno al 260.
Passo del Brennero, si erano
spinti in Italia, dove furono
intercettati e battuti dalle armate di Gallieno nei pressi di Milano. L'imperatore sembra non avesse potuto
intervenire prima lungo il fronte germanico-retico a causa della contemporanea crisi orientale, che vide
coinvolto il proprio padre, Valeriano, catturato dai Sasanidi di Sapore I nella tarda estate.[114][140]
Contemporaneamente, lungo il Limes della Germania inferiore orde di Franchi riuscirono ad impadronirsi
della fortezza legionaria di Castra Vetera e assediarono Colonia, risparmiando invece Augusta Treverorum
(l'odierna Treviri). Altri si riversarono lungo le coste della Gallia e devastarono alcuni villaggi fino alle foci
dei fiumi Senna e Somme.[123]
261
Una nuova incursione degli Alemanni nella zona della Mosella, fino ad Augusta Treverorum e a Metz fu
fermata dalle armate di Postumo. La controffensiva romana fu, infatti, condotta dall'ex-governatore, ora
reggente dell'Impero delle Gallie. Egli non solo respinse l'invasione degli Alemanni e dei Franchi pi a nord,
ma riusc a rioccupare e fortificare nuovamente alcune postazioni ausiliarie avanzate nel territorio degli
ex-Agri decumates, lungo la piana del fiume Neckar, meritandosi la proclamazione della "Victoria
germanica".[139] Per questi successi, egli assunse l'appellativo di "Restitutor Galliarum" ("restauratore delle
Gallie"), decidendo inoltre di assoldare tra le file del suo esercito bande di soldati franchi appena sconfitti, per
combattere contro i loro stessi "fratelli", come testimona Aurelio Vittore.[141]
86
87
261-262
262
I Goti compirono una nuova incursioni via mare lungo le coste del Mar Nero, riuscendo a saccheggiare
Bisanzio, l'antica Ilio ed Efeso.[143]
Poich gli Sciti [ovvero i Goti, ndr] avevano portato grande distruzione all'Ellade ed assediata la stessa Atene, Gallieno
cerc di combattere contro di loro, che ormai avevano occupato la Tracia.
(Zosimo, Storia nuova, I, 39.1.)
264
Secondo la Historia Augusta,[144] mentre in Oriente Odenato era riuscito a respingere i Persiani fino alle mura
della propria capitale, Ctesifonte, i Goti
invasero la Cappadocia. Qui occupate alcune citt, dopo una guerra condotta con esito incerto, si diressero verso la
Bitinia.
(Historia Augusta - Due Gallieni, 11.1.)
Una nuova ed immensa invasione da parte dei Goti, unitamente a Peucini, agli "ultimi arrivati" nella
regione dell'attuale mar d'Azov, gli Eruli, ed a numerosi altri popoli prese corpo dalla foce del fiume Tyras
(presso l'omonima citt) e diede inizio alla pi sorprendente invasione di questo terzo secolo, che sconvolse le
coste e l'entroterra delle province romane di Asia Minore, Tracia e Acaia affacciate sul Ponto Eusino e sul
Mare Egeo.[26][27]
Gli Sciti [da intersi come Goti, ndr], navigando attraverso il Ponto Eusino penetrarono nel Danubio e portarono grandi
devastazioni sul suolo romano. Gallieno conosciute queste cose diede ai bizantini Cleodamo e Ateneo il compito di
ricostruire e munire di mura le citt, e quando si combatt presso il Ponto i barbari furono sconfitti dai generali bizantini.
Anche i Goti furono battuti in una battaglia navale dal generale Veneriano, e lo stesso mor durante il combattimento.
88
E cos le diverse trib della Scizia, come Peucini, Grutungi, Ostrogoti, Tervingi, Visigoti, Gepidi, Celti ed Eruli, attirati
dalla speranza di fare bottino, giunsero sul suolo romano e qui operarono grandi devastazioni, mentre Claudio era impegnato
[146]
in altre azioni [contro gli Alamanni, ndr] [...]. Furono messi in campo trecentoventimila armati dalle diverse popolazioni
[26]
[...] oltre a disporre di duemila navi (seimila secondo Zosimo ), vale a dire un numero doppio di quello utilizzato dai
Greci [...] quando intrapresero la conquista delle citt d'Asia [la guerra di Troia, ndr].
(Historia Augusta - Claudio II il Gotico, 6.2-8.1.)
L'invasione delle genti gotiche del 267/268-270 durante i regni di Gallieno e Claudio il
Gotico. In colore verde il regno di Palmira della regina Zenobia e Vaballato.
89
268
Nel corso di questo anno gli Alemanni riuscirono ancora una volta a penetrare nell'Italia settentrionale
attraverso il passo del Brennero,[158] approfittando dell'assenza dell'esercito romano, impegnato a fronteggiare
sia la devastante invasione dei Goti in Mesia, Acaia, Macedonia, Ponto ed Asia, sia l'usurpatore Aureolo, che
si era fortificato a Milano. L'accorrere successivo dell'esercito romano di Claudio II il Gotico (il nuovo
imperatore che aveva assistito alla capitolazione di Aureolo[159]), costrinse gli Alemanni ad interrompere le
loro scorrerie ed a trattare il loro ritiro dal suolo italico. Il mancato accordo costrinse Claudio a combatterli:
riport la vittoria decisiva in novembre, nella battaglia del lago Benaco (il lago di Garda) che, come racconta
Aurelio Vittore, permise la loro definitiva cacciata dall'Italia settentrionale con gravissime perdite. Si racconta,
infatti, che pi della met dei barbari perirono nel corso della battaglia.[160]
Quinta fase: la riunione del vecchio impero (269-275)
Per approfondire, vedi Aureliano, Imperatori illirici, Zenobia e Tetrico.
A partire dallo stesso Claudio il Gotico,[161] ma soprattutto con il successore, Aureliano, l'ideale di una restaurazione
dell'unitariet dell'Impero romano si afferm con vigore. Il compito principale che attendeva quest'ultimo imperatore
era quello di dover riunire i due "tronconi", che si erano formati durante il regno di Gallieno, ovvero l'impero delle
Gallie ad Occidente ed il regno di Palmira della regina Zenobia ad Oriente.[162]
[163]
269
Agli inizi dell'anno, dopo che per alcuni mesi i Goti erano stati tenuti a bada dalle armate romane di Marciano,
il nuovo imperatore Claudio II riusc a raggiungere il teatro degli scontri ed a riportare una vittoria decisiva su
queste genti nella battaglia di Naisso, dove si racconta che persero la vita ben cinquantamila barbari. I
Germani erano arrivati nel cuore della Mesia percorrendo la strada che da Tessalonica conduce a Scupi e poi
verso nord, dopo aver devastato i territori attorono a Pelagonia (l'attuale Bitola).[27][164] I sopravvissuti alla
battaglia di Naisso, proteggendosi con i carri, si diressero in Macedonia. Durante la lunga marcia sulla via del
ritorno, molti dei barbari morirono insieme alle loro bestie, oppressi dalla fame; altri furono uccisi in un nuovo
scontro con la cavalleria romana degli "equites Delmatae", la riserva strategica mobile appena istituita da
Gallieno.[113][165] La marcia dei Goti prosegu in direzione orientale verso il monte Hemaus. Tuttavia i
barbari, seppure circondati dalle legioni, riuscirono a procurare non poche perdite alla fanteria romana, che fu
salvata solo grazie all'intervento della cavalleria affidata ad Aureliano,[166] alleviando la sconfitta.[167]
Contemporaneamente le altre orde di Goti, che si erano riversate l'anno precedente nel Mare Egeo e nel
Mediterraneo orientale ed avevano compiuto azioni di pirateria, furono respinte definitivamente dopo una serie
di scontri dall'accorrente prefetto d'Egitto, Tenagino Probo, nelle acque di fronte alle isole di Cipro, Creta e
90
Rodi.[168][169] La Historia Augusta, riferendosi ad un discorso di Claudio gli fa pronunciare queste parole:
Abbiamo distrutto trecentoventimila Goti ed abbiamo affondato duemila navi. I fiumi sono ricoperti degli scudi del
nemico, tutte le spiagge sono ricoperte di spade e lance. I campi neppure pi si vedono nascosti dalle ossa, non esiste alcuna
strada libera, numerosi carri sono stati abbandonati. Abbiamo catturato tante donne, che i nostri soldati vincitori ne possono
tenere per s due o tre a testa.
(Historia Augusta - Claudio, 8.4-8.6.)
In seguito a questi eventi Claudio, che era riuscito a ricacciare oltre il Danubio quell'immensa orda barbarica,
pot fregiarsi dell'appellativo di "Gothicus maximus" e le monete coniate quell'anno ne celebrarono la
"Victoria gothica".[169] Dei barbari superstiti, una parte fu colpita da una terribile pestilenza, un'altra entr a
far parte dell'esercito romano, ed un'ultima si ferm a coltivare le terre ricevute lungo i confini imperiali.[170]
Narra la Historia Augusta che sempre nello stesso anno l'usurpatore Leliano, succeduto a Postumo nell'Impero
delle Gallie, riorganizzo le province sotto il suo controllo:
Molte citt della Gallia e anche molte fortezze che Postumo aveva costruito in territorio barbarico [oltre il fiume Reno,
ndr] nel corso di sette anni e che, dopo la sua morte, erano state distrutte ed incendiate durante un'improvvisa incursione dei
Germani [si trattava o dei Franchi o degli Alemanni, al principio del 269, ndr], le ricostru riportandole al precedente
stato.
(Historia Augusta - I trenta tiranni, Lolliano, 4.)
270
Con l'inizio dell'anno, quando
ancora Claudio era impegnato a
fronteggiare la minaccia gotica,
una nuova invasione di Iutungi
torn a procurare ingenti danni
in Rezia e Norico. Claudio,
costretto ad intervenire con
grande prontezza, affid il
comando
balcanico
ad
Aureliano, mentre egli stesso si
dirigeva a Sirmio, suo quartier
generale, da dove poteva meglio
controllare ed operare contro i
barbari.[169] Poco dopo tuttavia
mor, in seguito ad una nuova
epidemia di peste scoppiata tra le
file del suo esercito (agosto).[171]
L'invasione della parte occidentale dell'impero romano degli anni 268-271, da parte di
Alemanni, Marcomanni, Iutungi, Iazigi e Vandali Asdingi.
91
anche se non in modo definitivo. Le loro richieste di un rinnovo del precedente trattato di pace e del
riconoscimento di nuovi sussidi, furono per rifiutati da Aureliano, il quale concesse loro solo la possibilit di
far ritorno alle terre natie senza bottino. La pace siglata tra l'impero e le popolazioni germaniche defin la
politica del nuovo imperatore nei confronti dei barbari. Egli neg, infatti, ogni qualsivoglia compenso in
cambio di un loro foedus, che avrebbe reso l'impero tributario dei suoi stessi federati.[174]
A novembre dello stesso anno, mentre Aureliano si trovava a Roma,[175] per ricevere dal Senato in modo
ufficiale i pieni poteri imperiali, una nuova invasione gener il panico, questa volta nelle province di Pannonia
superiore ed inferiore, che evidentemente Aureliano aveva sguarnito per recarsi in Italia a respingere
l'invasione degli Iutungi. Si trattava questa volta dei Vandali Asdingi, insieme ad alcune bande di Sarmati
Iazigi.[176] Anche in questa circostanza il pronto intervento dell'imperatore in persona costrinse queste
popolazioni germano-sarmatiche a capitolare ed a chiedere la pace. Aureliano costrinse i barbari a fornire in
ostaggio molti dei loro figli, oltre ad un contingente di cavalleria ausiliaria di duemila uomini, in cambio del
ritorno alle loro terre a nord del Danubio.[177][178][179] Per questi successi ottenne l'appellativo di Sarmaticus
maximus.[180]
[181]
Aureliano: Aureo
21 mm, 4.70 gr, 6h; Zecca di Mediolanum (Milano), terza emissione, coniato nel 271/272
Busto di Aureliano in bronzo dorato
dal Museo di Santa Giulia di Brescia.
271
Era appena cessata questa minaccia, che gi una nuova si profilava all'orizzonte. Questa volta si trattava di
un'importante invasione congiunta di Alemanni, Marcomanni e forse di alcune bande di Iutungi (Dessippo
parla esplicitamente di una nuova invasione degli Iutungi, che ancora flagellava il suolo italico[177]).
Aureliano, anche questa volta, fu costretto ad accorrere in Italia, ora che questi popoli avevano gi forzato i
passi alpini. Raggiunta la Pianura padana a marce forzate percorrendo la via Postumia, fu inizialmente
sconfitto dalla coalizione dei barbari presso Piacenza, a causa di un'imboscata.
Aureliano voleva affrontare l'esercito nemico tutto insieme, riunendo le proprie forze, ma nei pressi di Piacenza sub una
tale disfatta, che l'Impero romano per poco non cadde. La causa di questa disfatta fu un movimento sleale e furbo da parte
dei barbari. Essi, non potendo affrontare lo scontro in campo aperto, si rifugiarono in un densissimo bosco e verso sera
attaccarono i nostri di sorpresa.
(Historia Augusta - Aureliano, 21.1-3.)
Nel prosieguo della campagna, i barbari per, per avidit di bottino, si divisero in numerose bande armate,
sparpagliate nel territorio circostante. Aureliano, radunate nuovamente le armate dopo la sconfitta subita e
deciso a seguirli nella loro marcia verso sud, riusc a ribaltare le sorti della guerra. I barbari infatti avevano
92
93
L'assassinio dell'imperatore Aureliano, in viaggio per condurre una campagna contro l'impero sasanide, produsse in
tutto l'Impero profondo cordoglio, ma scaten anche lungo i confini settentrionali nuovi assalti da parte dei barbari.
fine 275-276
I Goti, insieme agli Eruli, mossero dai territori della Meotide e tornarono a saccheggiare l'Asia Minore gi
prima della morte di Aureliano,[195] giungendo fino alle coste della Cilicia gi alla fine del 275. Morto
Aureliano, il compito di affrontarli fu assunto dal nuovo imperatore Marco Claudio Tacito e dal fratello Marco
Annio Floriano: il secondo riport una vittoria che il fratello fece celebrare sulle monete ("Victoria gothica"),
fregiandosi dell'appellativo di "Gothicus maximus".[196] Deciso a far ritorno a Roma al principio dell'estate del
276, Tacito lasci nelle mani del fratello Floriano, allora prefetto del pretorio, il compito di portare a termine
la campagna, ma rimase vittima di un attentato nel giugno del 276. Anche Floriano, scontratosi con Marco
Aurelio Probo a Tarso, rimase vittima di un complotto ordito dai suoi stessi soldati. Il trono imperiale pass
quindi a Probo, che decise di completare l'opera di Tacito e condusse una nuova campagna contro i Goti in
Asia Minore, battendoli pesantemente.[197]
Sempre in questo stesso periodo (attorno a settembre del 275[198]) la Gallia fu invasa dai Franchi, che
percorsero la valle del fiume Mosella e dilagarono nella zona dell'attuale Alsazia. Si racconta che oltre settanta
citt caddero nelle loro mani, e che solo quelle poche dotate di mura, come Augusta Treverorum, Colonia
Claudia Ara Agrippinensium e Tolosa, scamparono alla devastazione ed al saccheggio.[199] A questa invasione
segu quella congiunta di Lugi, Burgundi e forse Vandali lungo il tratto dell'alto-medio corso del
Danubio.[200][201]
277
Una volta portate a termine le operazioni contro i Goti, Probo decise di marciare verso la Gallia per affrontare
i Germani penetrati nel corso dell'invasione dell'anno precedente. La tattica di Probo fu quella di affrontare
94
separatamente le varie forze avversarie che, seppure numericamente superiori, furono sconfitte una ad una. I
primi ad essere battuti dalle armate romane a dai generali dell'imperatore furono i Franchi, penetrati nella zona
nord orientale della Gallia Belgica.[202] Poi fu la volta dei Lugi: Probo liber il loro capo Semnone, che era
stato catturato, a condizione che conducesse i resti delle sue genti nelle proprie basi di partenza, lasciando
liberi i prigionieri romani e abbandonando il bottino razziato..[203]
278
Probo affront ora i Burgundi e i Vandali che erano venuti in soccorso delle altre trib germaniche;[204] furono
battuti in Rezia,[205] nei pressi del fiume Lech (chiamato da Zosimo "Licca").[206] Al termine degli scontri
furono accordate le stesse condizioni che poco prima erano state concesse ai Lugi, ma quando i barbari
vennero meno alle intese, trattenendo una parte dei prigionieri, l'imperatore li affront nuovamente. I Germani
furono duramente sconfitti e i Romani catturarono anche il loro capo, Igillo.[207] Al termine di queste vittorie
anche Probo assunse l'appellativo di "Germanicus maximus".[208]
[209]
VICTOR IA GERM, la Vittoria che avanza verso destra, due prigionieri germanici legati ai piedi della
stessa, con la scritta sul fondo R A ed al centro una stella.
L'Historia Augusta racconta, infine, che nel corso dell'intera campagna l'imperatore aveva ucciso oltre
quattrocentomila barbari[28] e liberato ben sessanta citt della Gallia.[210] Ai vinti venne imposta la consegna
di ostaggi a garanzia del trattato;[211] nove capi barbari si inginocchiarono insieme davanti a Probo,[212] furono
ripristinati lungo le vallate del fiume Neckar alcuni forti militari romani,[213] sedicimila Germani furono
arruolati tra le file dell'esercito romano e distribuiti a gruppi di cinquanta o sessanta tra le varie unit
ausiliarie[214] e, per compensare il regresso demografico delle campagne, un certo numero di barbari ("laeti" o
"gentiles" o "dediticii") furono insediati a coltivare le terre dell'impero, come era avvenuto gi in passato,
all'epoca di Marco Aurelio e delle Guerre marcomanniche. Fra questi coloni un gruppo di Franchi stanziati nel
Ponto si ribellarono e, dopo essersi impadroniti di alcune navi, compirono incursioni e devastazioni in Acaia,
Asia Minore, Africa settentrionale e si spinsero fino alla citt di Siracusa, che occuparono prima di fare ritorno
in patria incolumi.[215] Da ultimo un'iscrizione trovata ad Augusta Vindelicorum ricorda che a questo
imperatore da attribuire il merito di aver rimesso ordine lungo i confini della provincia di Rezia, in qualit di
"Restitutor provinciae".[216]
L'imperatore volse poi le sue armate verso il fronte del medio Danubio, percorrendo il grande fiume e
passando in rassegna tutte le truppe del Norico, della Pannonia superiore e inferiore (dove riusc a battere gli
Iazigi ed i Vandali), e della Tracia.[217] Per questi ultimi successi sulle monete fu coniata la frase "RESTITUTOR
ILLIRICI" ("restauratore dell'Illirico"). Infine si rec, al termine di quell'anno, in Isauria per domare una rivolta
di briganti (con assedio finale presso la loro roccaforte di Cremna, in Pisidia).[201][204][218]
280-281
L'allora governatore della Germania inferiore, Gaio Quinto Bonoso, permise che bande di Alemanni
attraversassero il Reno e bruciassero alcune navi della flotta Germanica.[219] Temendo le conseguenze di
questa perdita, verso la fine del 280 si fece proclamare, a Colonia Agrippinensis (l'odierna Colonia) e assieme
a Tito Ilio Proculo, imperatore di tutte le Gallie, della Britannia e della Spagna.[220] Alla fine per entrambi
95
VICTOR IA GERM, due prigionieri germanici sulla destra ai piedi di un trofeo, con la scritta sul
fondo R A ed al centro una corona.
281
Probo, sulla strada del ritorno dall'Oriente (dove aveva domato un'incursione di Blemmi) alla Gallia, trov il
tempo di insediare in Tracia, dopo una nuova campagna oltre il Danubio, ben centomila Bastarni, che si
mantennero tutti fedeli ai patti.[29][30] Allo stesso modo trasfer in territorio romano molti uomini di altre
popolazioni come Gepidi, Grutungi e Vandali che, al contrario, ruppero l'alleanza e, mentre Probo era
impegnato a combattere alcuni usurpatori, presero a vagare per terra e per mare in quasi tutto l'Impero, con
grave danno per il prestigio romano.[222]
La soppressione della rivolta gallica e la cacciata delle bande germaniche dai territori imperiali dur un lungo
anno di campagne militari; alla fine Proculo fu catturato a tradimento, e poi Bonoso si impicc poco dopo, nel
281.[204][223]
282
Alla morte di Probo, in settembre, le popolazioni sarmatiche degli Iazigi, che pochi anni prima erano state
sottomesse, si unirono ai Quadi e ripresero le ostilit, sfondando il limes pannonico e mettendo in pericolo
l'Illirico, la Tracia la stessa Italia.[224][225]
283
Il nuovo imperatore Marco Aurelio Caro affid la parte occidentale dell'impero al figlio maggiore, Marco
Aurelio Carino, e si rec in Oriente per affrontare i Sasanidi. Carino, intervenuto con prontezza e
determinazione, riusc ad intercettare le bande di armati germano-sarmatici che avevano sfondato il limes in
Pannonia e ne fece grande strage.[226] La Historia Augusta narra infatti:
[...] in pochissimi giorni [l'imperatore Caro] pot restituire sicurezza alla Pannonia, uccidendo sedicimila Sarmati e
catturandone ventimila di ambo i sessi.
(Historia Augusta - Caro Carino Numeriano, 9.4.)
A commemorazione della vittoria, nel 284 ricevette l'appellativo di "Germanicus maximus",[227] celebr un
trionfo a Roma e batt moneta dove erano raffigurati alcuni prigionieri barbari con la dicitura "Triumfus
Quadorum".[225][228][229] Anche in questo caso Quadi e Iazigi potrebbero aver compiuto insieme le loro
scorrerie nei territori delle due Pannonie, e soltanto l'anno successivo sarebbero stati definitivamente vinti da
Diocleziano.[230]
96
Con la morte dell'imperatore Numeriano nel novembre del 284 (a cui il padre Caro aveva affidato l'Oriente romano),
ed il successivo rifiuto delle truppe orientali di riconoscere in Carino (il primogenito di Caro) il naturale successore,
fu elevato alla porpora imperiale Diocleziano, validissimo generale. La guerra civile che ne scatur vide in un primo
momento prevalere Carino sulle armate pannoniche dell'usurpatore Giuliano, ed in seguito la sconfitta delle sue
armate ad opera di Diocleziano sul fiume Margus, nei pressi dell'antica citt e fortezza legionaria di Singidunum.
Carino trov la morte, a causa di una congiura dei suoi stessi generali (primavera del 285).[231]
Ottenuto il potere, nel novembre del 285 Diocleziano nomin suo vice (cesare) un valente ufficiale, Marco Aurelio
Valerio Massimiano, che pochi mesi pi tardi elev al rango di augusto (1 aprile 286): form cos una diarchia,
nella quale i due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'Impero e la responsabilit della difesa
delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.[232][233]
Data la crescente difficolt a contenere le numerose rivolte interne e lungo i confini, nel 293 si procedette a
un'ulteriore divisione territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Diocleziano nomin come suo Cesare per
l'Oriente Galerio, mentre Massimiano fece lo stesso con Costanzo Cloro per l'Occidente.[234]
285
Al nuovo ed unico imperatore, Diocleziano, tocc respingere nuove invasioni germano-sarmatiche sia in
Mesia sia in Pannonia, ancora una volta favorite dall'aver sguarnito le frontiere del medio-basso tratto
danubiano a causa della recente guerra civile. In seguito a tali successi ricevette l'appellativo di "Germanicus
maximus" e "Sarmaticus maximus", avendo battuto in modo decisivo Quadi e Iazigi.[230][232][235][236]
Contemporaneamente Massimiano mosse in Gallia, ingaggiando prima i ribelli Bagaudi nell'estate avanzata di
quell'anno.[237] I dettagli della campagna sono sparsi e non forniscono alcun dettaglio tattico. Nell'autunno due
eserciti barbarici, uno di Burgundi e Alemanni, l'altro di Chaibones ed Eruli, forzarono il limes renano ed
97
entrarono in Gallia; il primo esercito mor di fame e malattia, mentre Massimiano intercett e sconfisse il
secondo.[238] In seguito a questi eventi il cesare stabil il quartiere generale sul Reno in previsione di future
campagne,[239]
286
Il prefetto della flotta del canale della Manica, il futuro usurpatore Carausio, che aveva come sede principale
della flotta la citt di Gesoriacum, riusc a respingere gli attacchi dei pirati Franchi e Sassoni lungo le coste
della Britannia e della Gallia Belgica,[240] mentre Massimiano sconfisse Burgundi ed Alemanni, come
suggerisce un suo panegirico del 289.[34][158]
287
Nuovi successi sulle trib germaniche sono confermate dal fatto che a Diocleziano fu rinnovato l'appellativo di
"Germanicus maximus" per ben due volte nel corso dell'anno. I successi furono ottenuti dalle armate dell'altro
augusto, Massimiano, contro Alemanni e Burgundi sull'alto Reno,[236][241][242] oltre a Sassoni e Franchi lungo
il corso inferiore.[243]
288
Un nuovo successo sulle trib germaniche confermato dalla quarta acclamazione di Diocleziano quale
"Germanicus maximus",[236][244] per i successi ottenuti dai generali di Massimiano sia sugli Alemanni (in
un'azione combinata con lo stesso Diolceziano[245]), sia sui Franchi. Massimiano era riuscito a catturarne il re
dei Franchi Sali, Gennobaude, ed a ottenere la restituzione di tutti i prigionieri romani. A completamento
dell'opera di pacificazione, disloc alcuni Franchi nei territori circostanti Augusta Treverorum e
Bavai.[229][246]
289
Un nuovo successo sulle trib sarmatiche confermato dalla seconda acclamazione ricevuta da Diocleziano di
"Sarmaticus maximus",[230][236] mentre un altro successo sugli Alemanni fu celebrato dal futuro cesare,
Costanzo Cloro.[247][248]
[249]
Galerio: Argenteo
18 mm, 3.33 g, coniato nel 295-297 (celebra la vittoria sarmatica di Galerio del 294).
293
Quinta acclamazione di Diocleziano come "Germanicus maximus" in seguito ai successi riportati da Costanzo
Cloro, il quale dopo aver marciato su per la costa fino agli estuari di Reno e Sheldt, riport una vittoria sugli
alleati franchi del ribelle Carausio.[250] Nell'ottobre di quello stesso anno Diolceziano si rec a Sirmio per
organizzare una nuova campagna militare per l'anno successivo contro i sarmati Iazigi, insieme a Galerio
appositamente creato Cesare dal 1 aprile del 293, per meglio dividersi i compiti lungo le frontiere imperiali
dell'Oriente romano[230][236]
294
98
Un nuovo successo sulle trib sarmatiche confermato dalla terza acclamazione ricevuta da Diocleziano di
"Sarmaticus maximus", grazie ai successi conseguiti insieme a Galerio.[230][236][251] E sempre allo stesso anno
sono da attribuire altri successi sulle popolazioni dei Goti.[252]
295
Nel corso di quest'anno fu la volta dei Carpi. Questo popolo non fu solo sconfitto dalle armate di Diocleziano e
Galerio, ma fu in parte trasferito in territorio romano, come era gi accaduto al tempo di Aureliano.[253]
297
L'augusto Massimiano fu costretto a tornare lungo la frontiera danubiana, dopo aver riorganizzato la Britannia
con il suo Cesare Costanzo Cloro, per l'assenza contemporanea di Diocleziano e Galerio, impegnati in Oriente
contro i Persiani. Egli riusc a respingere un'invasione di Carpi lungo il basso corso del Danubio;[254] frattanto
Costanzo ripopol il territorio, un tempo abitato dai Batavi, con i Franchi Sali provenienti dalla Frisia.[255]
298
Il Cesare Costanzo Cloro, cui era affidata la frontiera
renana, riusc a battere la coalizione degli Alemanni in due
importanti scontri (battaglia di Lingones e battaglia di
Vindonissa), rafforzando questo tratto di confine almeno per
qualche decennio.[255]
Nello stesso periodo il cesare Costanzo Cloro combatt in Gallia con fortuna. Presso i Lingoni in un solo giorno
speriment la cattiva e la buona sorte. Poich i barbari avanzavano velocemente, fu costretto ad entrare in citt, e per la
necessit di chiudere le porte tanto in fretta, da essere issato sulle mura con delle funi, ma in sole cinque ore arrivando
l'esercito fece a pezzi circa sessantamila Alemanni.
(Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 23.)
Nel corso di questo anno, un nuovo successo sulle trib gotiche confermato dall'acclamazione ricevuta da
Diocleziano di "Gothicus maximus".[256]
299
Diocleziano e Galerio, una volta terminate le operazioni in Oriente si concentrarono nel difendere i confini
danubiani della Mesia inferiore, conducendo una campagna contro Carpi,[257] Bastarni e Sarmati
(presumibilmente si trattava dei Roxolani).[258] Una grande quantit di persone appartenenti a questi popoli fu
fatta prigionieri e trasferita all'interno delle frontiere imperiali (nella Pannonia a nord del fiume Drava, come
sembra suggerire Ammiano Marcellino[259]).
300
99
Fu decretata la quarta acclamazione imperiale di "Sarmaticus maximus" a Diocleziano per i successi conseguiti
l'anno precedente sulle trib sarmatiche.[236][260]
301
Un nuovo successo sulle trib germaniche confermato dalla sesta acclamazione ricevuta da Diocleziano di
"Germanicus maximus".[236][261]
302
Sembra che fu combattuta una nuova battaglia presso Vindonissa, dove, ancora una volta, le armate romane
ebbero la meglio su quelle di Alemanni e Burgundi, ma forse potrebbe trattarsi della stessa battaglia
combattuta nel 298.[158]
Anche lungo il quarto ed ultimo settore di frontiera dell'Impero romano, quello meridionale, furono numerose e
continue le incursioni delle popolazioni semi-nomadi africane, a partire dalla met del III secolo. Questo settore, da
sempre protetto a sud dalla barriera naturale del deserto del Sahara, e quindi poco presidiato da eserciti, fu costretto,
come gli altri tre, a difendersi dalla crescente pressione delle genti berbere.
261-262
L'allora prefetto d'Egitto, Mussio Emiliano, riusc a cacciare le trib berbere dei Blemmi, che avevano invaso
la Tebaide.[262]
269-270 circa
Marco Aurelio Probo combatt in questi anni contro la popolazione dei Marmaridi ai confini della provincia
d'Africa, vincendoli, per poi recarsi nei territori che un tempo erano appartenuti a Cartagine e liberarli dai
ribelli.[263] Contemporaneamente il fronte meridionale della provincia egiziana sub una seconda invasione da
parte della trib berbera dei Blemmi prima, ed un'occupazione permanente ad opera della regina del regno di
Palmira, Zenobia, poi.[61]
279-280
Probo dovette affrontare, attraverso i suoi generali, una nuova invasione di Blemmi in Egitto, i quali avevano
occupato e reso schiave le citt di confine di Coptos e Tolemaide.[204][30][264]
290
Vengono menzionati per la prima volta i Saraceni, trib araba stanziata nella penisola del Sinai, che avevano
tentato di invadere la Siria; furono battuti dalle armate di Diocleziano.[232][265]
293
Scoppi una guerra contro i Quinquegentiani, che fu domata solo quattro anni pi tardi da Massimiano.[266]
296-298
Con la fine del 296, l'augusto Massimiano, partito per la Mauretania (con un esercito formato da contingenti
della guardia pretoriana, legionari di Aquileia, egiziani e danubiani, ausiliari galli e germani e reclute della
Tracia),[267] riusc a respingere le trib dei Mauri[268] ed a debellare quella dei Quinquegentiani, che erano
penetrati anche in Numidia.[269] Nel 297 Massimiano diede inizio ad una sanguinosa offensiva contro i
Berberi. La campagna fu lunga.[270] Non contento di averli ricacciati nelle loro terre d'origine tra le montagne
dell'Atlante, da dove avrebbero potuto proseguire gli attacchi, Massimiano si avventur in profondit nel
territorio nemico infliggendo loro quanto pi danno possibile a scopo punitivo, e devastandone i loro territori e
respingendoli fino al Sahara. L'anno successivo (298) rinforz le difese della frontiera africana dalle
100
Conseguenze
Per approfondire, vedi Tarda antichit, Invasioni barbariche del IV secolo e difesa in profondit (esercito romano).
101
Note
[1] Non si trattava, quindi, ancora di spostamenti di massa di intere popolazioni come quelli che si sarebbero verificati nei secoli successivi,
quando l'irruzione degli Unni nello scacchiere europeo avrebbe indotto molte trib germaniche a cercare nuove sedi d'insediamento all'interno
dell'Impero romano. Nel III secolo a muoversi erano pi o meno numerose orde di guerrieri, che per lo pi lasciavano alle loro spalle, nei
territori dove si erano stabiliti immediatamente al di l del Limes, le famiglie e gli accampamenti delle trib; dopo una o due stagioni di razzie,
facevano rientro alle basi, non curandosi di creare colonie stabili nel territorio romano.
[2] Peter Heather, La migrazione dei Goti: dalla Scandinavia alla Tracia, in Roma e i Barbari, la nascita di un nuovo mondo, p. 239.
[3] Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004, p. 84.
[4] Pat Southern, The Roman Empire: from Severus to Constantine, p. 205 e 207.
[5] Averil Cameron, Il tardo Impero romano, p. 12 e seg.
[6] Roger Rmondon, La crisi dell'impero romano. Da Marco Aurelio ad Anastasio, p. 87-88.
[7] Southern, p. 206-207.
[8] Rmondon, p. 53-55.
[9] Stephen Williams, Diocleziano. Un autocrate riformatore, p. 23.
[10] Southern, p. 207.
[11] Williams, p. 21.
[12] Historia Augusta - Marco Aurelio, 14.1-5
[13] Cassio Dione, Storia romana, LXXII, 3.1.
[14] Cassio Dione, Storia romana, LXXII, 20.2.
[16] Julio Rodrguez Gonzlez, Historia de las legiones romanas, p. 729-732.
[17] Yann Le Bohec, L'esercito romano, p. 34 e 45.
[18] Not.Dign., Occ., V e VII.
[19] J.R.Gonzlez, Historia de las legiones Romanas, pp.709-710; G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. III - Dal
III secolo alla fine dell'Impero d'Occidente, Rimini 2009, p.44.
[20] Historia Augusta, Divo Aureliano, VII, 1-2.
[21] ; .
[22] Giordane, De origine actibusque Getarum, XVI, 1-3.
[23] Giordane, De origine actibusque Getarum, XVIII, 1.
[24] Historia Augusta - Claudio II il Gotico, 6.2-8.1.
[25] Breviarium ab urbe condita, 9, 8.
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Voci correlate
Invasioni barbariche
Guerre marcomanniche della fine del II secolo, preludio a grandi invasioni;
Invasioni barbariche del IV secolo, databili al periodo 306-378 e considerate come fase di contenimento ed
integrazione delle popolazioni nomadi all'interno del'Impero romano;
Invasioni barbariche del V secolo, databili al periodo 379-518, e considerate come la fase decisiva dello
smembramento dell'Impero romano d'occidente, con la successiva creazione dei primi Regni romano-barbarici.
Impero delle Gallie
Regno di Palmira
Collegamenti esterni
La crisi del III secolo (versione breve) (http://hls-dhs-dss.ch/textes/i/I8248-1-3.php)
Portale Antica Roma
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111
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Nome ufficiale
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Politica
Forma di governo
Imperatore (Cesare e Augusto)
Organi deliberativi
Nascita
Causa
Anarchia militare
Fine
Bacino geografico
Massima estensione
Popolazione
112
Valuta
Risorse
oro, argento, ferro, stagno, ambra, cereali, pesca, ulivo, vite, marmi
Produzioni
Commerci con
Esportazioni
oro
Importazioni
Religioni preminenti
Religione di Stato
Religioni minoritarie
Classi sociali
Preceduto da
Succeduto da
Il Tardo Impero romano o Basso Impero romano rappresent l'ultima parte della storia politica romana che va
dalla presa di potere di Diocleziano nel 284 alla caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476, anno in cui Odoacre
depose l'ultimo imperatore legittimo, Romolo Augusto. La vita dell'Impero romano d'Oriente si protrarr invece fino
al momento della conquista di Costantinopoli da parte degli Ottomani nel 1453. da notare che, se in Occidente il
periodo tardo-imperiale termina nel 476, in Oriente invece lo si fa terminare per convenzione con il regno di Eraclio
(610-641), in quanto il suo regno fu segnato da profonde riforme che trasformarono profondamente l'Impero,
liberandolo della decadente eredit tardo-romana e segnando dunque la fine in Oriente del "periodo tardo-romano" (o
"proto-bizantino").
Oltre all'Impero romano d'Oriente, unico Stato successore a pieno titolo dell'Impero romano, le altre entit statuali
che si rifecero ad esso, in Occidente furono il Regno franco e il Sacro Romano Impero.
Antefatto
Per approfondire, vedi Alto Impero romano, Crisi del III secolo e Invasioni barbariche del III secolo.
I cento anni che seguirono la morte di Alessandro Severo segnarono la sconfitta dell'idea di impero delle dinastie
giulio-claudia e antonina. Tale idea si basava sul fatto che l'Impero si fondava sulla collaborazione tra l'imperatore, il
potere militare e le forze politico-economiche interne. Nei primi due secoli dell'Impero la contrapposizione tra poteri
politici e potere militare si era mantenuta[1], anche se pericolosamente (lotte civili), all'interno di un certo equilibrio,
garantito anche dalle enormi ricchezze che affluivano allo Stato e ai privati tramite le campagne di conquista. Nel III
secolo d.C., per, tutte le energie dello Stato venivano spese non per ampliare, ma per difendere i confini dalle
invasioni barbare. Quindi, con l'esaurimento delle conquiste, il peso economico e l'energia politica delle legioni
finirono per rovesciarsi all'interno dell'Impero invece che all'esterno, con il risultato che l'esercito, che era stato il
fattore principale della potenza economica, fin per diventare un peso sempre pi schiacciante, mentre la sua
prepotenza politica diventava una fonte permanente di anarchia[2].
Nei quasi cinquant'anni di anarchia militare si succedettero ben 21 imperatori acclamati dall'esercito, quasi tutti morti
assassinati. Inoltre, l'Impero dovette affrontare contemporaneamente una serie di pericolose incursioni barbariche
Civilt tardo-romana
Per approfondire, vedi Tarda antichit e Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale.
Per ogni aspetto della societ tardo-romana (es.forma di governo, diritto, religione, economia, cultura letteraria,
artistica, ecc.) si rimanda alla voce Tarda antichit; riguardo invece agli aspetti militari, si rimanda alla voce Storia
delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale.
Busto di Diocleziano.
Per approfondire, vedi Impero romano, Imperatori romani, Albero genealogico degli imperatori romani e Usurpatori
romani.
Dopo circa mezzo secolo di instabilit, sal al potere il generale illirico Gaio Aurelio Valerio Diocleziano, che
riorganizz il potere imperiale istituendo la tetrarchia, ovvero una suddivisione dell'impero in quattro parti, due
affidate agli augusti (Massimiano e lo stesso Diocleziano) e due affidate ai cesari (Costanzo Cloro e Galerio), che
erano anche i successori designati. Il sistema, per, non resse, e quando Diocleziano si ritir a vita privata
scoppiarono nuove lotte per il potere, dalle quali usc vincitore Costantino, figlio di Costanzo Cloro.
La crisi del terzo secolo venne in qualche modo frenata da questo imperatore, istituendo la tetrarchia, un regime
collegiale di due Augusti e due Cesari che amministravano raggruppamenti distinti di province dell'Impero,
accresciute in numero e riunite in diocesi. In questa circostanza anche l'Italia venne suddivisa in province. Pi in
generale si verific in questi anni una progressiva marginalizzazione delle aree pi antiche dell'impero a vantaggio
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dell'Oriente, forte di tradizioni civiche pi antiche e di un'economia mercantile maggiormente consolidata, assai pi
prospero quanto a politica, amministrazione e cultura.
In definitiva, la grande crisi del III secolo aveva finito per sviluppare una monarchia assoluta (Dominato), fondata su
un esercito violento e una burocrazia invadente. Della vecchia aristocrazia senatoria che aveva guidato insieme al
Principe l'Impero restavano soltanto gli ozii culturali, l'immane ricchezza e gli enormi privilegi rispetto alla massa
del popolo, ma il potere ormai era nelle mani della corte imperiale e dei militari[3]. Diocleziano, inoltre, per meglio
sottolineare l'incontestabilit e la sacralit del proprio potere, evitando cos le continue usurpazioni che avevano
provocato la grave crisi politico-militare del III secolo, decise di evidenziare la distanza fra s ed il resto dei sudditi,
introducendo rituali di divinizzazione dell'imperatore tipicamente orientali[4]. Il problema pi grave per la stabilit
dell'Impero rimase, per, quello di una regolare successione, che n Diocleziano con il sistema tetrarchico n
Costantino con il ritorno al sistema dinastico riuscirono a risolvere. Inoltre, in ambito economico-finanziario, n
Diocleziano n Costantino riuscirono a risolvere i problemi che assillavano da tempo l'Impero, ovvero l'inflazione
galoppante e la pressione fiscale oppressiva: l'editto dei prezzi stabilito nel 301 da Diocleziano per calmierare le
merci in vendita sul mercato si rivel fallimentare, mentre Costantino con l'introduzione del solidus riusc a
stabilizzare il valore della moneta forte, preservando il potere d'acquisto dei ceti pi ricchi, ma a scapito di quello dei
ceti pi poveri, che furono abbandonati a s stessi.
La tetrarchia (284-305)
Per approfondire, vedi Diocleziano e Tetrarchia.
La struttura dell'Impero romano si era ormai evoluta, ai tempi di Diocleziano, in una specie di dualismo tra la citt di
Roma, amministrata dal Senato, e l'Imperatore, che invece percorreva l'impero e ne ampliava o difendeva i confini. Il
rapporto tra Roma e l'Impero era ambivalente: se l'Urbe era il punto di riferimento ideale della "Romnia", in ogni
caso il potere assoluto era ormai passato al monarca o dominus, l'Imperatore, che spostava il suo luogo di comando a
seconda delle esigenze militari dell'Impero. Ormai era chiaro il decadimento di Roma come centro nevralgico
dell'Impero.[5]
Ottenuto il potere, Diocleziano nomin nel novembre del 285 come suo vice in qualit di cesare, un valente ufficiale
di nome Marco Aurelio Valerio Massimiano, che pochi mesi pi tardi elev al rango di augusto il 1 aprile del 286
(chiamato ora Nobilissimus et frater),[6] formando cos una diarchia in cui i due imperatori si dividevano su base
geografica il governo dell'impero e la responsabilit della difesa delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.[7]
Nel 293 Diocleziano procedette a una ulteriore divisione funzionale e territoriale dell'intero impero in quattro parti,
al fine di facilitare le operazioni militari. Nomin cos come suo cesare per l'oriente Galerio e Massimiano fece lo
stesso con Costanzo Cloro per l'occidente. L'impero fu cos diviso in quattro macro-aree:
Il sistema si rivel efficace per la stabilit dell'impero e rese possibile agli augusti di celebrare i vicennalia, ossia i
vent'anni di regno, come non era pi successo dai tempi di Antonino Pio. Restava da mettere alla prova il
meccanismo della successione: il 1 maggio del 305 Diocleziano e Massimiano abdicarono, ma la tetrarchia si
riveler un fallimento politico, generando una nuova ondata di guerre civili.
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Il 1 maggio del 305 Diocleziano e Massimiano abdicarono (ritirandosi il primo a Spalato ed il secondo in
Lucania).[8] La seconda tetrarchia prevedeva che i loro rispettivi due cesari diventassero augusti (Galerio per
l'oriente e Costanzo Cloro per l'occidente[9][10]), provvedendo questi ultimi a nominare a loro volta i propri
successori designati (i nuovi cesari): Galerio scelse Massimino Daia e Costanzo Cloro scelse Flavio Valerio
Severo.[10] Sembra per che poco dopo, lo stesso Costanzo Cloro, rinunci a parte dei suoi territori (Italia e
Africa)[9] a vantaggio dello stesso Galerio, il quale si trov a dover gestire due cesari: Massimino Daia a cui aveva
affidato l'Oriente,[10] Flavio Valerio Severo a cui rimase l'Italia (e forse l'Africa),[10] mentre tenne per s stesso
l'Illirico.[11] Il sistema rimase invariato fino alla morte di Costanzo Cloro avvenuta ad Eburacum il 25 luglio del
306.[9][12]
Con la morte di Costanzo Cloro (25 luglio del 306[9][12]), il sistema and in crisi: il figlio illegittimo dell'imperatore
defunto, Costantino venne proclamato cesare[11][12] dalle truppe in competizione con il legittimo erede, Severo.
Qualche mese pi tardi, Massenzio, figlio del vecchio augusto Massimiano Erculio, si fece acclamare, grazie
all'appoggio di ufficiali come Marcelliano, Marcello, Luciano[13] e dai pretoriani, ripristinando il principio dinastico.
Galerio si rifiut di riconoscere Massenzio e invi a Roma, Severo (che si trovava a Mediolanum[14]) con un
esercito, allo scopo di deporlo. Poich, per, gran parte dei soldati di Severo avevano servito sotto Massimiano, dopo
aver accettato denaro da Massenzio disertarono in massa.[14] Severo fugg a Ravenna,[14] dove fu assediato dal padre
di Massenzio, Massimiano. La citt era molto ben fortificata, cosicch Massimiano offr delle condizioni per la resa
che Severo accett: fu preso da Massimiano e ucciso.[11][15][16][17]
Solo l'11 novembre 308 si tenne a Carnuntum, sull'alto Danubio, un incontro cui parteciparono Galerio, che lo
organizz, Massimiano e Diocleziano, richiamato da Galerio. In questa occasione venne riorganizzata una quarta
tetrarchia: Massimiano fu obbligato ad abdicare, mentre Costantino fu nuovamente degradato a cesare, mentre
Licinio, un leale commilitone di Galerio, fu nominato augusto d'Occidente.[18][19]
Il quarto periodo tetrarchico, iniziato l'11 novembre del 308, termin il 5 maggio del 311 quando Galerio mor e
Massimino Daia si impadron dell'Oriente, lasciando a Licinio il solo Illirico.[20] Ora l'Impero romano era
nuovamente diviso in quattro parti: Massimino Daia e Licinio in Oriente, Costantino e Massenzio in Occidente. Si
trattava della "quinta tetrarchia". In realt poco dopo Massimino, Costantino e Licinio si coalizzarono per eliminare
il primo dei quattro augusti: Massenzio che possedeva ora Italia ed Africa.[21] Cos nel 312, Costantino, riunito un
grande esercito, mosse alla volta dell'Italia attraverso le Alpi,[22] fino a scontrarsi con l'esercito di Massenzio nella
decisiva battaglia di Ponte Milvio,[19] il 28 ottobre del 312.[23] Massenzio fu sconfitto ed ucciso.[24] Con la morte di
Massenzio, tutta l'Italia pass sotto il controllo di Costantino.[25] Poi nel febbraio del 313, Licinio e Costantino si
incontrarono a Mediolanum, dove i due strinsero un'alleanza (rafforzata dal matrimonio di Licinio con la sorella di
Costantino, Flavia Giulia Costanza),[26][27][28][29][30][31][32] che prevedeva di eliminare il terzo imperatore,
Massimino Daia. Licinio lo affront e sconfisse nella battaglia di Tzirallum il 30 aprile di quest'anno.[33] Massimino
Daia, mor pochi dopo (agosto).[19][34] Restavano ora solo due augusti: Costantino per l'Occidente e Licinio per
l'Oriente.[35]
Per undici anni l'Impero romano fu retto da Costantino e Licinio, pi tardi affiancati dai loro rispettivi figli, nominati
Cesari. A partire, infatti, dal 317, dopo un primo scontro armato avvenuto presso Mardia,[36] i due Augusti scesero a
patti, firmando una tregua (1 marzo 317). Licino dovette cedere a Costantino l'Illirico.[37] In cambio Licinio ottenne
la possibilit di governare autonomamente la sua parte di Impero. Erano sorti cos due regni "separati" ed
indipendenti, ben lontani dal progetto tetrarchico di Diocleziano, che prevedeva una "unit" imperiale.[38] Con la fine
delle ostilit i due Augusti elevarono a Cesari i loro stessi figli (Serdica il 1 marzo del 317): Crispo (a cui fu affidata
la Gallia) e Costantino II per Costantino, mentre Valerio Liciniano Licinio per Licinio.[38][39][40][41]
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Lo scontro finale avvenne pochi anni pi tardi, quando nel 323, un'orda di Goti, che avevano deciso di attraversare
l'Istro, tentarono di devastare i territori romani della Mesia inferiore e della Tracia.[42] Costantino, informato di
ci,[43] marci contro di loro, penetrando per nei territori all'altro augusto Licinio e ricevendo tutta una serie di
proteste ufficiali da parte dello stesso, che sfociarono nella fase finale della guerra civile tra i due.[44] Nel 324 si
ebbero una serie di scontri tutti favorevoli a Costantino (ad Adrianopoli,[45] Bisanzio, nell'Ellesponto,[46] e
Crisopoli[47]) che portarono Licinio, ora assediato ora a Nicomedia, a consegnarsi al suo rivale, il quale lo mand in
esilio come privato cittadino a Tessalonica[48] (messo a morte l'anno successivo[48][49]). Costantino era ora l'unico
padrone del mondo romano.[50][51][52][53][54][55][56][57] Per questo motivo la monetazione degli anni successivi ne
celebr la sua unit con la scritta "Restitutor Orbis".[58] L'anno successivo il nuovo imperatore d'Occidente ed
Oriente partecip al Concilio di Nicea.
Nel 324 iniziano invece i lavori per la fondazione della nuova capitale, Costantinopoli. La fase dalla riunificazione
imperiale alla morte di Costantino il Grande (avvenuta nel 337), vide l'imperatore cristiano riordinare
l'amministrazione interna e religiosa, oltre a consolidare l'intero sistema difensivo lungo i tratti renano e danubiano
ed ottenendo importanti successi militari che portarono a "controllare" buona parte di quei territori ex-romani, che
erano stati abbandonati da Gallieno ed Aureliano: dall'Alamannia (Agri decumates), alla Sarmatia (piana
meridionale del Tibisco, ovvero il Banato) fino alla Gothia (Oltenia e Valacchia). E sempre a partire da questi anni,
Costantino continu ad utilizzare quali sue residenze imperiali preferite Serdica, Sirmium e Tessalonica, oltre alla
diocelzianea Nicomedia.
Il 18 settembre 335, Costantino elev il nipote Dalmazio al rango di cesare, assegnandogli la Thracia, l'Achaea e la
Macedonia, con probabile capitale a Naisso[59] e compito principale la difesa di quelle province contro i Goti, che le
minacciavano di incursioni.[60] Costantino divise cos di fatto l'impero in quattro parti, tre per i figli e una per il
nipote; la nomina di Dalmazio, per, dovette incontrare l'opposizione dell'esercito,[61] che aveva palesato la propria
preferenza per l'accesso della linea dinastica diretta al trono.
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Nel 364 viene incoronato imperatore Valentiniano I; quest'ultimo, su richiesta dell'esercito, nomin un collega (il
fratello Valente) a cui assegn la parte orientale dell'Impero. Secondo lo storico antico Ammiano Marcellino,
Valentiniano fu un sovrano crudele, che lanci una violenta persecuzione contro tutti coloro accusati di stregoneria
(una persecuzione cos violenta che, usando le parole del Gibbon, pare che nelle province meno piacevoli i
prigionieri, gli esuli e i fuggiaschi costituissero la maggioranza degli abitanti[68]) e godeva nel vedere la sua orsa
Innocenza sbranare i condannati a morte nella sua camera da letto.[69] Pur con i suoi difetti, Valentiniano si dimostr
comunque un buon governante: egli infatti mise fine a molti degli abusi che avvenivano ai tempi di Costanzo,
promulg alcune leggi a favore del popolo (condann l'esposizione dei neonati e istitu nei quattordici quartieri di
Roma altrettanti medici), e favor l'insegnamento della retorica, una disciplina ormai in declino.[70] Inoltre istitu la
carica di Defensor civitatis, una sorta di avvocati che difendevano i diritti del popolo.[71] Non va dimenticato che
toller il paganesimo, garantendo a tutte le religioni libert di culto. Inoltre ottenne anche alcuni successi contro i
Barbari, fronteggiando con successo una rivolta dei Mauri in Africa e le incursioni barbariche in Britannia, in Gallia
e nell'Illirico. Durante una guerra contro i Quadi, alcuni ambasciatori quadi si recarono dall'imperatore per chiedere
clemenza; l'Imperatore si arrabbi talmente tanto che gli scoppi un grosso vaso sanguigno e mor.[72]
Venne nominato suo successore in Occidente Graziano. Nel frattempo i Goti Tervingi (erroneamente identificati a
posteriori con i Visigoti), pressati dagli Unni che avevano invaso le loro terre, chiesero all'Imperatore d'Oriente
Valente di potersi stanziare in territorio romano; alla fine Valente decise di accettare, ma a condizione che i Barbari
consegnassero tutte le loro armi e si separassero dai figli; tuttavia, una volta entrati in territorio romano, i Goti
vennero talmente maltrattati che decisero di rivoltarsi, dando cos inizio alla Guerra Gotica.[73] A complicare la
situazione contribu il fatto che ai Tervingi si unirono i Greutungi (erroneamente identificati a posteriori con gli
Ostrogoti), i quali, approfittando del caos, attraversarono anch'essi il Danubio, coalizzandosi con i Tervingi. Nel
tentativo di fermare i Barbari, l'Imperatore Valente mor nel corso della Battaglia di Adrianopoli, nella quale 15.000
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Sotto Teodosio I l'Impero fu per l'ultima volta unito. Con la morte di quest'ultimo nel 395 l'Impero venne suddiviso
definitivamente in due parti, ognuna delle quali and ai figli dell'imperatore: l'Impero romano d'Occidente al figlio
Onorio, mentre l'Impero romano d'Oriente o Impero bizantino (da Bisanzio, la sua capitale) al figlio Arcadio. A
tutela dei due imperatori mise un generale vandalo verso il quale nutriva molta fiducia: Stilicone. Quella che agli
inizi doveva essere, come gi accaduto in passato, una semplice divisione amministrativa, diede invece origine a due
entit statuali ben differenziate fra di loro e che non si sarebbero mai pi ricongiunte: l'Impero romano d'Occidente e
quello d'Oriente. Anche in questo caso i contemporanei non sentirono di vivere un evento epocale, poich
percepivano di essere ancora parte di un unico mondo, di un'unica romanit, anche se amministrata separatamente,
come del resto era gi accaduto pi volte in passato.
La parte occidentale, pi provata economicamente, politicamente, militarmente, socialmente e demograficamente per
via delle continue lotte dei secoli precedenti e per la pressione delle popolazioni barbariche ai confini entr ben
presto in uno stato irreversibile di decadenza e, fin dal primo ventennio del V secolo, gli Imperatori d'Occidente
videro venir meno la loro influenza in tutto il nord Europa (Gallia, Britannia, Germania) e in Spagna, mentre gli
Unni, negli stessi anni, si stabilivano in Pannonia.
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Stilicone a Fiesole (405), Vandali, Alani e Svevi, invasero le Gallie varcando il Reno (31 dicembre 406)
approfittando della scarsa sorveglianza dei confini resa necessaria dalle campagne di Stilicone contro i Visigoti e
contro Radagaiso. Nel frattempo in Britannia scoppi una rivolta dell'esercito, che elesse usurpatore Costantino III:
questi spost le legioni romane a difesa della Britannia in Gallia per strapparla a Onorio e per combattere gli invasori
del Reno. A causa dei fallimenti di Stilicone nell'affrontare l'invasione del Reno e gli usurpatori nelle Gallie e dei
tentativi di negoziazione con Alarico, Stilicone fu sospettato di aver tradito l'Impero favorendo i barbari e fu
condannato alla decapitazione per ordine di Onorio (408).
Onorio per non era in grado di resistere ai Visigoti, capeggiati da
Alarico, che il 24 agosto del 410 saccheggiarono Roma (Onorio
dal 402 era asserragliato nell'imprendibile Ravenna, difesa dalle
paludi del delta del Po). Il sacco di Alarico non fu il pi
drammatico della storia della citt: vi furono episodi cruenti, ma il
re visigoto era cristiano e rese omaggio alle tombe degli Apostoli,
rispettando la sacralit del caput mundi. Nonostante ci la
violazione dell'Urbe sconvolse il mondo antico, ispirando il De
civitate Dei di Agostino di Ippona, che si chiedeva come Dio
avesse potuto permettere una profanazione cos inaudita. Alarico
mor mentre cercava di raggiungere l'Africa marciando in Italia
Meridionale. Il suo successore, Ataulfo, condusse il popolo
visigoto in Gallia.
Nel frattempo gli invasori del Reno non trovarono opposizione
devastando per due anni l'intera Gallia, per poi passare indisturbati
in Spagna nel 409.[76] Nel 411, occupata la Spagna, se la
spartirono tra loro come segue:
[I barbari] si spartirono tra loro i vari lotti delle province per insediarvisi: i Vandali [Hasding] si impadronirono della
Galizia, gli Svevi di quella parte della Galizia situata lungo la costa occidentale dell'Oceano. Gli Alani ebbero la Lusitania e
la Cartaginense, mentre i Vandali Siling si presero la Betica. Gli spagnoli delle citt e delle roccaforti che erano
sopravvissuti al disastro si arresero in schiavit ai barbari che spadroneggiavano in tutte le province.
(Idazio, Cronaca.)
Nel 409/410, inoltre, la Britannia secession dall'Impero e anche l'Armorica si rivolt all'usurpatore Costantino III.
La situazione per l'Impero era dunque disperata, invaso dai barbari in Italia e Spagna e occupato da usurpatori e
ribelli in Gallia e Britannia. La situazione miglior leggermente quando il comando dell'esercito fu affidato a Flavio
Costanzo, valente generale, il quale riusc a sconfiggere gli usurpatori Costantino III, Sebastiano e Gioviano (in
Gallia), Massimo (in Spagna) e Eracliano (in Africa). Costanzo cerc ora di raggiungere una pace con il re visigoto
Ataulfo che aveva invaso la Gallia meridionale e che aveva eletto come imperatore fantoccio Prisco Attalo.
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Alla morte di Onorio, il Senato decise di proclamare Imperatore d'Occidente il primicerius notariorum Giovanni.
Questi si trov per subito in difficolt: le guarnigioni romane di Gallia, da poco sottomesse, si ribellarono e il comes
Africae Bonifacio tagli i vitali rifornimenti di grano a Roma, mentre Teodosio a Costantinopoli elevava nel 424 al
rango di Caesar e poi di Augustus il piccolo cugino Valentiniano III, figlio di Galla Placidia (riparata a
Costantinopoli dopo la morte del marito Costanzo III). Giovanni si chiuse dunque nella sua sicura capitale, Ravenna,
inviando un suo giovane generale, Flavio Ezio, in Pannonia, per sollecitare aiuto dagli Unni. L'esercito d'Oriente
espugn Ravenna e Giovanni venne catturato e deposto, gli venne amputata la mano destra e fu infine decapitato nel
425 ad Aquileia. Frattanto Ezio, giunto troppo tardi in suo soccorso con un forte contingente unno, si accord con la
reggente di Valentiniano, la madre Galla Placidia, per ottenere la carica di magister militum in cambio dello
scioglimento della sua armata unna.[82] Flavio Ezio era un latino della Moesia, proveniente da una famiglia di
tradizioni castrensi (suo padre, Gaudenzio, aveva per breve tempo ricoperto anche la carica di magister militum), e
aveva trascorso gran parte della sua prima giovinezza come ostaggio presso le trib unne stanziate oltre il limes
illirico.[83] Tornato in patria, aveva intrapreso una brillante carriera militare, imponendosi, poco pi che trentenne,
come uno dei pi giovani e promettenti generali del suo tempo. Con la nomina a magister militum dopo la morte di
Giovanni, egli ottenne un enorme potere sull'Impero grazie al controllo dell'esercito. Da allora e per una trentina
d'anni, Ezio domin lo scenario politico e militare dell'occidente romano, nonostante l'aspra ostilit della reggente
Galla Placidia e dell'imperatore Valentiniano. Riusc ad ottenere la carica di generalissimo dell'Impero nel 433, dopo
una lunga lotta intestina con i generali Felice e Bonifacio, che ambivano allo stesso scopo.
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Nel frattempo, nel 439, Genserico, approfittando delle poche truppe poste a difesa di Cartagine, invase le province di
Byzacena e Proconsolare, occupando Cartagine (439).[91][92] L'invio di una potente flotta nelle acque della Sicilia da
parte dell'Imperatore Teodosio II nel tentativo di recuperare Cartagine fu vanificato dall'invasione dei Balcani da
parte degli Unni di Attila, che costrinse Teodosio II a richiamare la flotta nei Balcani, non lasciando all'Impero
occidentale alcun altra scelta che negoziare una pace sfavorevole con Genserico. Il trattato di pace del 442 tra
l'Impero e i Vandali prevedeva l'assegnazione ai Vandali di Byzacena, Proconsolare e parte della Numidia, in cambio
della restituzione ai Romani delle Mauritanie e del resto della Numidia, province per danneggiate da anni di
occupazione vandala e che quindi non potevano pi fornire un grande gettito fiscale.[93] La perdita di province cos
prospere (e del loro gettito fiscale) fu un duro colpo per le finanze dell'Impero romano d'Occidente, che trovatosi per
questo motivo in serie difficolt economiche, fu costretto a ridurre gli effettivi dell'esercito essendo il bilancio
insufficiente per mantenerlo.[94] La perdita del Nordafrica acu infatti il problema fiscale. Le finanze dell'Impero si
basavano sulle rendite delle grandi propriet terriere, cui era fornita, in cambio, la protezione garantita dall'esercito.
La perdita del Nordafrica provoc conseguenze disastrose per le finanze dello stato, riducendo la base imponibile e
obbligando lo stato ad aumentare la pressione fiscale: il risultato era che la lealt delle province al governo centrale
era messa a dura prova.
La partenza dei Vandali per l'Africa aveva lasciato la Spagna libera dai Barbari, fatta eccezione per gli Svevi in
Galizia. La scarsa attenzione riservata dal governo centrale alla Spagna, dovuta alle altre diverse minacce esterne
sugli altri fronti (Gallia, Africa, Illirico), permise, tuttavia, agli Svevi, sotto la guida del loro re Rechila, di espandersi
su gran parte della penisola iberica: tra il 439 e il 441, essi occuparono Merida (capoluogo della Lusitania), Siviglia
(441) e le province della Betica e della Cartaginense. L'unica provincia ispanica ancora rimasta sotto il controllo di
Roma era la Tarraconense, che tuttavia era infestata dai separatisti Bagaudi. Furono vane le campagne successive di
riconquista condotte da Ezio: se le prime due, condotte dai comandanti Asturio (442) e Merobaude (443), avevano
come fine il recuperare perlomeno la Tarraconense ai Bagaudi, quella di Vito (446), pi ambiziosa, tent di
recuperare la Betica e la Cartaginense, finite in mano sveva, ma, nonostante il sostegno dei Visigoti, l'esercito
romano fu annientato dal nemico. Questo fallimento era attribuibile almeno in parte al fatto che Ezio non poteva
concentrare tutte le sue forze nella lotta contro gli Svevi vista la minaccia unna.[95] Il regno svevo declin poi a causa
dell'ascesa dei Visigoti in Spagna, che ridussero gli Svevi al possesso della sola Galizia.
La situazione per l'Impero negli anni anni
440 era dunque disperata: l'aiuto degli Unni
era venuto meno a causa dell'ascesa al trono
di Attila (e di suo fratello Bleda, fatto
assassinare da Attila nel 445), che invasero
almeno due volte l'Illirico Orientale tra il
442 e il 447, causando devastazioni immani,
costringendo
l'Imperatore
d'Oriente
Teodosio II a pagargli un tributo di ben
2100 libbre d'oro e ad evacuare la zona a
sud del Dabubio larga cinque giorni di
viaggio,[96] e impedendogli, tenendolo
occupato sulla frontiera danubiana, di
451
Attila
invase
l'Impero
d'Occidente,
con
il
pretesto
che
Onoria,
sorella
di
Carta storica che descrive l'invasione della Gallia da parte degli Unni nel 451 d.C.,
e la battaglia dei Campi Catalaunici. Sono mostrati i probabili itinerari, e le citt
conquistate o risparmiate dagli Unni.
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Valentiniano, nella primavera del 450 aveva
inviato al re degli Unni una richiesta d'aiuto,
insieme al proprio anello, perch voleva
sottrarsi all'obbligo di fidanzamento con un
senatore: la sua non era una proposta di
matrimonio, ma Attila interpret il
messaggio in questo senso, ed accett
pretendendo in dote met dell'Impero
d'Occidente. Attila, di fronte al rifiuto di
Valentiniano III di accettare le esorbitanti
richieste del re unno, dichiar che sarebbe
venuto per esigere ci che era un suo diritto
(cio Onoria) e, forte di un esercito che si
narra contasse oltre 500.000 uomini, Attila
attravers
la
Gallia
settentrionale
provocando morte e distruzione, ma fu
sconfitto contro le armate dei Visigoti, dei
Franchi e dei Burgundi comandati dal
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L'Impero romano d'Occidente sotto Maggioriano. Si noti come l'Illirico fosse solo
nominalmente sotto il dominio dell'imperatore, mentre il potere effettivo era tenuto
dal comes Marcellino; anche la Gallia e parte dell'Hispania erano di fatto, all'inizio
del regno di Maggioriano, fuori dal controllo dell'imperatore, in quanto occupate
dai Visigoti e dai Burgundi.
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d'Italia per la sua gallica estraneit, contro Avito si rivoltarono i generali dell'esercito italico Ricimero, nipote del re
visigoto Vallia, e Maggioriano, che, approfittando dell'assenza dei Visigoti, partiti per la Spagna per combattere gli
Svevi, lo sconfissero presso Piacenza nel 456 e lo deposero. Il vuoto di potere creatosi aliment le tensioni
separatiste nei vari regni barbarici che si stavano formando.
Venne nominato imperatore, quindi, Maggioriano che, appoggiato dal Senato, si impegn per quattro anni in
un'attenta e decisa azione di riforma politica, amministrativa e giuridica, cercando di eliminare gli abusi e impedire la
distruzione degli antichi monumenti per impiegarne i materiali per l'edificazione di nuovi edifici. Uno dei primi
compiti che il nuovo imperatore si trov ad affrontare fu quello di consolidare il dominio sull'Italia e riprendere il
controllo della Gallia, che gli si era ribellata dopo la morte dell'imperatore gallo-romano Avito; i tentativi di
riconquista della Hispania e dell'Africa erano progetti in l nel futuro. Per prima cosa assicur la sicurezza dell'Italia,
sconfiggendo nell'estate del 458 un gruppo di Vandali sbarcato in Campania.[99] Assoldato un forte contingente di
mercenari barbari,[100] nel tardo 458 Maggioriano port il suo esercito[101] in Gallia, sconfiggendo e costringendo i
Visigoti a ritornare nella condizione di foederati e di riconsegnare la diocesi di Spagna, che Teodorico aveva
conquistato tre anni prima a nome di Avito,[102] e penetr poi nella valle del Rodano, sconfiggendo[103] i Burgundi e
riprendendo Lione dopo un assedio, condannando la citt a pagare una forte indennit di guerra, mentre i Bagaudi
furono convinti a schierarsi con l'impero.alla citt di Lione. Maggioriano decise quindi di attaccare l'Africa
vandalica. Intanto Maggioriano stava conquistando la Spagna: mentre Nepoziano e Sunierico sconfiggevano i Suebi
a Lucus Augusti e conquistavano Scallabis in Lusitania, l'imperatore pass da Caesaraugusta (Saragozza),[104] e
aveva raggiunto la Cartaginense, quando la sua flotta, attraccata a Portus Illicitanus (vicino Elche), fu distrutta per
mano di traditori al soldo dei Vandali.[105] Maggioriano, privato di quella flotta che gli era necessaria per l'invasione,
annull l'attacco ai Vandali e si mise sulla via del ritorno: quando ricevette gli ambasciatori di Genserico, accett di
stipulare la pace, che probabilmente prevedeva il riconoscimento romano dell'occupazione de facto della Mauretania
da parte vandala. Al suo ritorno in Italia, venne assassinato per ordine di Ricimero nell'agosto 461. La morte di
Maggioriano signific la definitiva perdita a favore dei Vandali dell'Africa, Sicilia, Sardegna, Corsica e le Baleari.
Con la morte di Maggioriano
scomparve l'ultimo vero imperatore
dell'Occidente. Ricimero, imparentato
con le case reali burgunda e visigota,
divenne il vero arbitro di questa parte
dell'Impero, e per sei anni nomin e
depose augusti sulla base delle pi
impellenti necessit politiche del
momento e del proprio tornaconto
personale. Nel 461, Ricimero elesse
come Imperatore fantoccio Libio
Severo. Il magister militum per Gallias
Egidio e il comes di Dalmazia
Marcellino, per, essendo fedeli a
Maggioriano,
si
rifiutarono
di
riconoscere il nuovo imperatore, un
fantoccio di Ricimero. Per ottenere il
sostegno di Visigoti e Burgundi contro
Egidio e i suoi alleati Franchi, nel 462
Agrippino diede ai Visigoti l'accesso al
Mar Mediterraneo, assegnando loro la
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132
Romolo, accompagn il suo gesto con il messaggio per l'imperatore Zenone che un solo imperatore bastava per
l'Impero e richiedendo che il suo controllo sull'Italia fosse formalmente riconosciuto dall'Impero d'Oriente; anche
Giulio Nepote (costretto a fuggire pochi anni prima da Oreste) invi tuttavia un'ambasceria a Zenone chiedendogli
aiuto per riavere il trono. Zenone garant a Odoacre il titolo di patrizio e Nepote fu dichiarato formalmente
imperatore; tuttavia, Nepote non ritorn mai dalla Dalmazia, anche se Odoacre fece coniare monete col suo nome.
Dopo la morte di Nepote nel 480, Zenone rivendic la Dalmazia per l'Oriente; J. B. Bury considera questa la fine
reale dell'Impero d'Occidente. Odoacre attacc la Dalmazia, e la guerra fin con la conquista dell'Italia da parte di
Teodorico il Grande, Re degli Ostrogoti, sotto l'autorit di Zenone. Rimaneva per in mani "romane" ancora la parte
settentrionale della Gallia, che nel 461 si era resa indipendente dal governo centrale ed era governata da Siagro;
quest'ultimo territorio ancora in mano romano-occidentale, detto comunemente Dominio di Soissons, cadde solo nel
486 per mano dei Franchi.
La fine dell'impero occidentale rappresent la fine dell'unit romana del bacino mediterraneo (il cosiddetto mare
nostrum) e priv la romanit superstite dell'antica patria. La perdita di Roma costitu un evento di capitale
importanza che segn il tramonto definitivo di un mondo. La parte orientale, per la quale , d'altra parte, incerto il
momento in cui sia corretto parlare di Impero Bizantino, continu ad esistere sino alla caduta di Costantinopoli
(1453) e degli ultimi baluardi di Mistr (1460) e Trebisonda (1461): essa continu ad autodefinirsi e a sentirsi
Impero romano.
Conseguenze
Per approfondire, vedi Medioevo.
Le monarchie "romano-barbariche" presentavano un duplice carattere legato sia alla tradizione germanica dei
conquistatori (leggi non scritte, importanza della pastorizia, credo religioso ariano e usanze guerriere) sia alla
tradizione latina delle genti romanizzate, con i vescovi speso provenienti da antiche famiglie aristocratiche romane.
133
La pars occidentis si andava riorganizzando secondo i nuovi profili istituzionali delle cosiddette "monarchie
romano-barbariche", riconosciute formalmente dall'unico imperatore rimasto, quello d'Oriente. Le vecchie
municipalit per rimasero operative a lungo, anche se l'economia e la societ furono gravemente colpite e non si
ripresero per molti secoli. Si spopolarono gradualmente le citt (per l'insicurezza, la carenza di approvvigionamenti e
l'inflazione galoppante) e l'economia si ruralizz. Esauriti ormai gli schiavi per i latifondi, si diffusero i coloni
(uomini e donne formalmente liberi, ma legati alle terre che lavoravano ed ai latifondisti, ai quali prestavano opere
gratuite, obbligatorie e unilateralmente decise dai padroni), che vi si rifugiavano in cambio della protezione dei
vigilantes, piccoli corpi militari privati.
Nel latifondo, spartito tra le famiglie dei coloni, si erano ormai spezzate le vecchie monocolture in favore di prodotti
diversificati ed una maggiore presenza di pascoli per l'allevamento (attivit tipica dei coloni di origine germanica).
Non era quasi mai possibile arrivare all'autosufficienza e persistevano i mercati, almeno per le merci pregiate ed i
prodotti dell'artigianato.
Il decadere dei commerci con l'oriente rese raro il papiro, che venne sostituito nella preparazione dei libri nei
monasteri con la pi pregiata (e costosa) pergamena, ricavata dalla pelle degli animali opportunamente conciata, una
risorsa ormai pi facilmente disponibile per la maggiore diffusione dell'allevamento.
Mentre l'Impero d'Occidente declin durante il V secolo, il pi ricco Impero d'Oriente continu ad esistere per oltre
un millennio, con capitale Costantinopoli. In quanto incentrato sulla citt di Costantinopoli, gli storici moderni lo
chiamano Impero bizantino, anche per distinguerlo dall'Impero romano classico, incentrato sulla citt di Roma.
Tuttavia gli Imperatori bizantini e i loro sudditi non si definirono mai tali ma continuarono a fregiarsi del nome
Romani[108] fino alla caduta dell'Impero, quando ormai non avevano pi nulla di romano, se non il nome e le
aspirazioni irrealizzabili di grandezza. Al tempo dell'esistenza dell'Impero bizantino, molte popolazioni continuarono
a chiamarlo romano (ad esempio i Persiani, gli Arabi e i Turchi) mentre le popolazioni dell'occidente latino (ma
anche gli Slavi), soprattutto dopo l'800 (incoronazione di Carlo Magno), lo definivano Impero greco, per la sua
ellenicit. Il termine bizantino molto pi recente, e fu coniato da Du Cange (1610-1688), quasi due secoli dopo la
caduta dell'Impero (1453); il termine venne poi reso popolare dagli storici illuministi, che disprezzavano
l'Impero.[109] Il motivo per cui Du Cange e gli illuministi decisero di dare ai Romani d'Oriente il nome di Bizantini,
secondo Clifton R. Cox, sarebbe questo:[110]
Ducange scrisse sotto l'influenza della cultura rinascimentale. Gli storici che lavoravano nell'alveo rinascimentale
pensavano alla storia ordinandola in tre fasi:
la fase classica dell'antichit greca e romana, periodo di gloria terminato con la caduta di Roma;
la fase medievale, periodo d'oscurit e di declino;
la fase moderna, periodo di riabilitazione nel quale rifioriscono le antiche virt.
Inseriti in questo schema ideologico di pensiero, Ducange e i suoi contemporanei non potevano accettare che i bizantini
fossero greci o romani, visto che, sotteso ai termini greci e romani, c'era il glorioso periodo classico terminato con la
caduta di Roma. In aggiunta a ci si sovrappose il pregiudizio religioso: la cattolica Francia guardava alle Chiese
Ortodosse d'Oriente come a quelle maggiormente scismatiche ed eretiche".
Nel periodo proto-bizantino (da Costantino fino a Eraclio, 330-641) l'Impero mantenne un carattere multietnico e
molte delle istituzioni del Tardo Impero (al punto che alcuni storici anglofoni prolungano la durata del Tardo Impero
romano fino al 602/610/641)[111] e continuava a estendersi su buona parte del Mediterraneo, soprattutto dopo le
conquiste effimere di Giustiniano I (Italia, Dalmazia, Spagna meridionale e Nordafrica). Nonostante ci, le influenze
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germaniche, slave e uralo-altaiche, la ridefinizione giuridica, fiscale e territoriale del territorio, i rapporti con
l'Occidente e con il papa romano, e la contesa con l'Impero persiano della zona compresa tra l'Eufrate e la Siria.
Il tentativo di riconquista dell'Occidente: Giustiniano e la guerra gotica
Per approfondire, vedi Guerra gotica (535-553).
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Note
[1] I successori di Augusto, se si eccettua qualche parentesi trasgressiva, avevano rispettato ruoli e regole, soprattutto quella che la nomina
dell'imperatore fosse comunque sottoposta all'approvazione del Senato (Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi,
2004, p. 86)
[2] Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004, p. 53
[4] Solo pochi potevano avvicinarlo e parlargli e solo attraverso un rituale che prescriveva atti come la prosternazione (prosknesis) ed il bacio
del lembo del lembo del mantello.
[5] Nel tardo impero autori come Jones hanno calcolato che con l'Imperatore si spostassero qualcosa come 12.000 persone, compresi i funzionari,
i dignitari, perfino la zecca, a dimostrazione dell'importanza assunta dalla corte imperiale. Un istituto particolare era quello del "comitatus".
Da "comites" (coloro che accompagnano l'Imperatore) deriva (con altro significato pratico) il titolo di "conte".
[6] -[7] Grant, p.265; Chris Scarre, Chronicle of the roman emperors, New York 1999, pp.197-198.
[8] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, IX, 27.
[9] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 1.
[10] Zosimo, Storia nuova, II, 8, 1.
[11] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 2.
[12] Zosimo, Storia nuova, II, 9, 1.
[13] Zosimo, Storia nuova, II, 9, 3.
[14] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 1.
[15] Orosio, Storie contro i pagani, VII, 28, 8.
[16] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 2.
[17] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XL, 7.
[18] Zosimo, Storia nuova, II, 11, 1.
[19] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 4.
[20] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXXII, 4.
[21] Zosimo, Storia nuova, II, 14, 4.
[22] Zosimo, Storia nuova, II, 15, 1.
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Bibliografia
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Altri progetti
Collegamenti esterni
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Tarda antichit
Tarda antichit
La cosiddetta tarda antichit una periodizzazione usata dagli storici
moderni per descrivere l'epoca di transizione dal mondo antico a quello
medievale. Confini precisi del periodo sono tuttora oggetto di dibattito,
anche se, tendenzialmente, sono compresi fra il III e il VI secolo, e
cio dall'estinzione della dinastia dei Severi (o, secondo altri,
dall'ascesa al potere di Diocleziano), fino all'et di Giustiniano, in cui
si realizz l'ultimo serio tentativo di Restauratio Imperii, ovvero di
ripristinare l'Impero romano in Europa occidentale. Altri storici
propongono tuttavia periodizzazioni diverse: dal IV secolo al V secolo
(Cameron), dal 200 al 600 (Marrou), dal 284 al 602 (Jones) o da Marco
Aurelio a Maometto (Brown).
La definizione di questo periodo, ancora piuttosto radicata negli studi
storici nonostante sia stata messa da tempo in discussione da molti
importanti studiosi, presuppone tradizionalmente una valenza negativa:
"tardo" indica, infatti, un concetto di decadenza. Il III secolo fu,
soprattutto nei suoi decenni centrali, un'et di crisi politico-economica
che in gran parte venne riassorbita nel secolo successivo, grazie
Frammento della statua colossale di Costantino I
all'energia di alcuni grandi imperatori (fra cui Diocleziano, Costantino
(Musei Capitolini, Roma)
I e Teodosio I), che costruirono un ordine nuovo rispetto a quello del
"Principato": il "Dominato". Fin dagli inizi del V secolo, per, una nuova era di profondi sconvolgimenti interess
buona parte d'Europa e del bacino del Mediterraneo. Alle invasioni barbariche fecero seguito il tramonto o
quantomeno le profonde e traumatiche trasformazioni del sistema e delle istituzioni politiche romane in Occidente e
una crisi economica e demografica particolarmente accentuata, che si riflett sulle condizioni generali di vita
dell'Impero. Il VI secolo riport una relativa stabilit nella parte orientale del mondo romano, ma non in Occidente,
smembrato ormai in una serie di Regni romano-barbarici indipendenti. In Italia il processo di decadenza politica,
sociale, demografica ed economica arriv anzi al suo culmine proprio attorno alla met del VI secolo, a seguito di
una guerra particolarmente lunga e cruenta, combattuta dall'imperatore bizantino Giustiniano per la riconquista della
Penisola dagli Ostrogoti.
Nonostante gli sconvolgimenti che la caratterizzarono, la tarda antichit fu un'epoca dove non mancarono novit e
significative evoluzioni in pi discipline (basti pensare alla nascita e allo sviluppo di una architettura e un'arte
propriamente bizantine). In particolare fu proprio durante tale epoca, in et costantiniana, che la Chiesa cristiana,
uscita di fatto rafforzata dall'ultima grande persecuzione (quella di Diocleziano e Galerio), inizi ad essere protetta e
a collaborare con quello stesso stato che fino a un decennio prima l'aveva combattuta, divenendo, sul finire del IV
secolo, l'unica ufficialmente riconosciuta. La tarda antichit segn pertanto la definitiva vittoria del Cristianesimo sul
Paganesimo, ma anche la nascita di diverse dottrine cristologiche antagoniste e dei primi concili per definire i dogmi
di fede. In virt dei cambiamenti intercorsi in epoca tardo-antica, la Chiesa diventer una importante protagonista
della successiva storia medievale, sia come comunit religiosa, sia come potenza politica.
144
Tarda antichit
Dibattito storiografico
Decadenza e tramonto del mondo antico (dall'umanesimo all'et barocca)
L'interesse per la tarda antichit, e in particolare per il periodo storico comprendente la decadenza e caduta
dell'Impero romano d'Occidente, fu molto vivo in et umanistica e rinascimentale, entrando in molte dispute e saggi
storici che si produssero in Italia fra il XIV e il XVI secolo. Per il Petrarca la caduta di Roma fu dovuta soprattutto al
venir meno dei grandi uomini, mentre Flavio Biondo e Leonardo Bruni, spesso in polemica fra di loro, analizzarono,
un secolo pi tardi, il fenomeno del declino (inclinatio) della citt eterna. Per Flavio Biondo tale declino ebbe inizio
con il primo sacco di Roma (410) mentre, per Bruni, all'indomani della morte di Valentiniano III (455).[1] Il Bruni si
riallaccia al Petrarca e ad altri umanisti nell'individuare, fra le cause della decadenza dell'Impero, la scomparsa dei
migliori. Fra gli studiosi non italiani che, in quella stessa epoca, si occuparono della tarda antichit, vi furono Werner
Rolevinck (che formul una teoria dei corsi storici, molto vicina a quella sviluppata alcuni anni pi tardi da Niccol
Machiavelli), Corrado Peutinger e Beato Renano. Questi ultimi rivisitarono la storia di quei secoli in chiave
filo-germanica. Beato Renano in particolare, esalt le gesta di alcuni popoli barbari (Goti, Franchi, Vandali) che,
sostituendosi ai romani, introdussero nuovi valori etici in un impero in decadenza. Peutinger e Beato Renano
sembrano in qualche modo precorrere problematiche di grande attualit nella storiografia contemporanea. In epoca
tardo-rinascimentale si colloca l'opera di Johannes Lwenklau (noto anche come Leonclavius o Johannes
Leunclavius), un protestante che nel suo saggio In difesa di Zosimo (1576), considerato dal Mazzarino la carta di
fondazione degli studi moderni sul basso impero,[2] pur rigettando la tesi sulle responsabilit dei cristiani nella
decadenza di Roma, rivalutava alcuni personaggi pagani dell'epoca, fra cui l'imperatore Giuliano, e ne
ridimensionava altri, fra cui Costantino. Di et barocca invece il saggio di Ugo Grozio, Commentatio ad loca
quaedam quae de Antichristo agunt aut augere putantur (1640) in cui il giureconsulto olandese vedeva nei vangeli
apocrifi di Giovanni una premonizione della ribellione dei popoli federati contro l'autorit imperiale che, inizata
durante il regno dell'imperatore Onorio, avrebbe in pochi decenni travolto il mondo romano. Nella seconda met del
Seicento si avvert sempre pi la necessit di ricollegare la storia del tardo impero a quella di un Cristianesimo ormai
trionfante. Un grande studioso francese, Eustache Le Sueur, di fede protestante, si assunse per primo tale compito:
nel suo saggio dal titolo Histoire de l'Eglise et de l'Empire (Storia della Chiesa e dell'Impero) del 1677 pur se in
un'ottica di decadenza religiosa e morale, riusc a tracciare un giudizio abbastanza positivo su alcuni imperatori
cristiani del tempo (Costantino, Giustiniano), e anche sul pagano (Giuliano), considerato un genialoide.[3] Nel
1690, il noto erudito Louis-Sbastien Le Nain de Tillemont inizi a pubblicare la sua Histoire des empereurs et des
autres princes qui ont rgn durant les six premiers sicles de l'glise (Storia degli imperatori e degli altri principi
che hanno regnato durante i sei primi secoli della Chiesa), facendola terminare nel 518.
145
Tarda antichit
dello sviluppo della potenza militare e delle virt civiche grazie alle quali Roma aveva potuto forgiare un enorme
impero; 3) le invasioni barbariche, che travolsero un mondo gi in piena decadenza; 4) la fondazione di
Costantinopoli e la successiva divisione dell'impero in due met. Con una felice intuizione Gibbon protrasse la storia
imperiale di Roma fino al 1453, includendo in essa l'intera et bizantina, dando per su quest'ultima un giudizio
fondamentalmente negativo. L'Impero romano d'Oriente, infatti, dopo aver conosciuto una notevole ripresa fra il
regno di Giustiniano I e quello di Eraclio I, venne drasticamente ridimensionato dalla conquista islamica e costretto a
lottare nel corso di un intero millennio per la sua stessa sopravvivenza, trascinando una stanca esistenza fino alla sua
definitiva caduta per mano degli Ottomani. I bizantini pertanto, sempre secondo lo storico inglese, furono dei deboli
successori dell'Impero di cui avevano fatto un tempo parte[4] e, pur assumendone i titoli, non onorarono con il loro
comportamento n il nome dei romani n quello dei greci.
La storiografia dell'Ottocento e Novecento trov in Gibbon uno dei suoi pi importanti punti di riferimento e riprese
alcuni temi a lui cari fra cui quello della decadenza ed estinzione del mondo antico. Fra coloro che in vario modo
condivisero con lo storico inglese un giudizio fondamentalmente negativo sulla tarda antichit segnaliamo: Jacob
Burckhardt, Hippolyte Taine, Theodor Mommsen, Otto Seeck, Max Weber, Michael Rostovtzeff e molti altri. Tutti
costoro, pur se con metodologie di studio, diagnosi e approcci alla materia spesso molto diversi fra di loro,
ritenevano che il periodo compreso fra il III e il VI secolo costituisse un'epoca di decadenza e di progressiva
distruzione del mondo antico. Tale periodo, iniziato con una lunga crisi politico-economica e protrattosi fino ad et
altomedievale, aveva segnato il tramonto e la scomparsa della civilt romano-ellenistica con le sue istituzioni e gli
ideali che l'avevano animata, trovando forse il suo momento pi emblematico nella caduta dell'Impero romano
d'Occidente (476), che fu preceduta, e seguita, da profondi sconvolgimenti che interessarono buona parte d'Europa,
dell'Africa settentrionale, dell'Asia occidentale e l'intero bacino del Mediterraneo. Sempre secondo tali storici, il
mondo romano-occidentale, dopo essersi disintegrato politicamente, fu minato per secoli da una povert endemica e
una crisi demografica, economica, sociale e culturale che furono in parte riassorbite solo in et carolingia, o ancor
pi tardi, attorno all'anno 1000.
Posizioni a s stanti, seppur per alcuni versi inquadrabili nell'orizzonte storiografico che si precedentemente
tratteggiato, furono quelle assunte da Henri Pirenne, Andr Piganiol e Santo Mazzarino. Pirenne fu il primo a
formulare la tesi di una tarda antichit che si sarebbe dilatata, sotto il profilo temporale fino al VII o all'VIII secolo,
fino all'epoca, cio, dell'espansione araba. Secondo lo storico belga il mondo antico sarebbe inesorabilmente
tramontato non a seguito delle invasioni barbariche, bens a causa dell'imperialismo islamico, che spezz per sempre
l'unit del mondo mediterraneo. Andr Piganiol sostenne invece con particolare vigore la tesi della morte della civilt
romana "assassinata" dai suoi avversari, anche se era impossibile prevederne la scomparsa dopo la grande ripresa del
IV secolo La civilt romana, scrisse lo storico francese, ...non morta della sua morte naturale. Essa stata
assassinata.[5] Per Santo Mazzarino, invece, era necessario fare una distinzione fra la cultura della tarda romanit
(arte e letteratura in particolare), cui non poteva essere applicato il concetto di decadenza, e l'imbarbarimento
dell'Impero di Occidente sotto il profilo politico e sociale, che invece rientrava pienamente in tale concetto.[6]
146
Tarda antichit
e, soprattutto, Peter Brown), ma anche francesi (in particolare Henri-Irne Marrou), che, pur se con approcci e
impostazioni diverse fra di loro, considerarono l'et compresa fra l'estinzione della dinastia dei Severi e la nascita
dell'Islam come un'era di mutamenti, spesso traumatici, ma ricchi di stimoli e fermenti sia sotto il profilo religioso,
sia sociale, economico e, pi in generale ideologico e culturale. Al concetto di "invasioni" si venuto cos ad
affiancare o sostituire sempre pi spesso quello di "migrazioni di popoli", a quelli di "decadenza" e "distruzione",
quello di "trasformazione" del mondo antico, senza il quale sarebbe inspiegabile il nostro Medioevo e la genesi della
civilt occidentale e di quella islamica.
In particolare vi stata una rivalutazione del IV secolo, epoca di rinascita resa possibile da una ripresa economica e
culturale di vasta portata,[7] sia nell'occidente latino, sia nell'oriente romano di espressione prevalentemente ellenica.
In quell'epoca Roma continu ad essere il centro della tradizione e della cultura dell'Impero anche quando la corte si
trasferiva prima a Milano, poi a Ravenna,[8] anzi, fu allora che venne forgiato il mito di Roma. Scrive a tale
proposito Peter Brown: Il mito di Roma, che avrebbe assillato gli uomini del Medioevo e del Rinascimento - Roma
aeterna, Roma concepita come l'apogeo naturale della civilt destinato a perpetuarsi per sempre - non fu creata dai
sudditi dell'Impero romano classico, fu ereditato direttamente dal patriottismo tenace del mondo latino della fine del
IV secolo.[9]
Sotto un profilo prettamente culturale, anche il V secolo stato al centro di una notevole rivalutazione, soprattutto in
campo storico-artistico (Riegl) e in quello letterario e della speculazione filosofica e teologica, che ebbe in Agostino
d'Ippona il suo massimo rappresentante, allorch ... l'Occidente latino entrava in possesso di ci che gli
spettava...[10] E, in effetti, sar proprio l'eredit della Roma del Basso Impero a trasmettersi al Medioevo
occidentale, all'Europa moderna e a Bisanzio.[11]
L'Impero romano d'oriente, trasformatosi gradualmente nei secoli successivi in Impero bizantino, ben lontano
dall'essere una entit trascurabile e trascurata, o quasi ignorata, o assente per la maggior parte degli storici,[12] e
comunque non facilmente inquadrabile nel mondo europeo,[13] sempre pi stato oggetto di attenzioni e di studio da
parte di alcuni studiosi menzionati anteriormente (fra cui Averil Cameron). Costoro hanno avuto il merito di imporlo
all'attenzione generale come il motore di una civilt complessa e raffinata che influenz non solo l'Occidente (basti
pensare al corpus iuris civilis) ma anche e soprattutto l'Europa orientale e il mondo islamico il cui sviluppo politico,
sociale e culturale deve molto all'apporto del patrimonio tardo-romano ed ellenistico ereditato da Bisanzio.
Particolare risalto da parte degli storici summenzionati e in particolare di Peter Brown, viene dato alla religione e alla
spettacolare ascesa del cristianesimo nel corso del IV - V secolo, che, dopo aver trionfato sul paganesimo, fece
propri molti dei valori civili, etici e culturali della civilt classica e del mondo romano, dando vita a una letteratura di
alto profilo e a un'arte di particolare suggestione, non a caso passata alla storia come paleocristiana, la quale celebr
la nuova religione ufficiale dello Stato e la forza di penetrazione della sua Chiesa. Quest'ultima, pochi decenni dopo
aver subito la sua estrema e pi terribile persecuzione, si stava gi avviando a ricoprire quel ruolo da protagonista
che avrebbe conservato per tutto il Medioevo e per buona parte dell'et moderna. E fu, forse, proprio per influenza
del cristianesimo che alcuni valori "tradizionali", che mettevano in primo piano gli interessi generali lasciarono posto
a quelli afferenti la sfera privata segnando in tal modo un primo passo verso l'individualismo.
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Tarda antichit
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Contesto storico
Per meglio comprendere il periodo "tardo antico", vale la pena provare a ricostruire qui brevemente gli accadimenti
politico-militari principali che lo precedettero. Alla dinastia dei Severi (193-235) successe un periodo durato
cinquant'anni di anarchia militare, denominato crisi del III secolo dove si assistette ad una sempre pi chiara
tendenza di dominio dell'esercito nel processo di scelta e acclamazione dell'imperatore. Primo di questi
"Imperatori-soldato" fu Massimino Trace, figlio di un contadino che aveva fatto carriera per le straordinarie doti
militari, venne scelto per acclamazione delle truppe della Pannonia, e uno dei suoi primi provvedimenti fu quello di
aumentare considerevolmente la paga dei soldati. Osteggiato dal Senato, riusc a eliminare le congiure con ferma
severit, ma la sua politica fiscale, molto dura soprattutto verso le classi abbienti e i contadini liberi, caus una
frattura insanabile con l'aristocrazia romana, tanto che Massimino evitava l'Urbe ignorandola e risiedendo a Sirmio
(l'odierna Sremska Mitrovica in Serbia).
Quando le campagne contro i Germani sembravano dare i frutti sperati, con una maggiore tranquillit lungo i confini,
il Senato appoggi un nuovo imperatore, Gordiano II, che dur per appena un mese. Massimino venne assassinato
nel 238 e gli successe Gordiano III, che, resosi inviso all'esercito, venne a sua volta assassinato nel 244, iniziando un
periodo di instabilit politica caratterizzato dalla rapida successione al trono di vari imperatori. Con Aureliano
(270-275), che riport significative vittorie contro i Germani, gli Scito-sarmatici, i rivoltosi egiziani e Zenobia, la
regina ribelle di Palmira, la situazione interna dell'Impero inizi tuttavia a normalizzarsi. Un elemento comune a
questi imperatori era la loro estraneit a Roma, essendo quasi tutti di origine pannonico-danubiana, le regioni pi
militarizzate perch esposte a maggiori pericoli dai confini. Filippo l'Arabo, imperatore proveniente dalla
recentemente annessa Arabia, una delle regioni dell'impero quindi meno romanizzate, si trov a dover festeggiare il
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Riguardo ai principali eventi politico militari si rimanda per ogni approfondimento alle voci riguardanti il tardo
Impero romano ed alla storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale.
Societ
Forme di governo
Con l'elezione di Diocleziano (284-285) si consolid la normalizzazione interna dell'Impero iniziata con Aureliano.
Il nuovo sovrano inaugur un programma di riforme che rafforzarono il carattere assolutistico e gerarchico
dell'Impero che, attorno al 300, venne diviso in due grandi regioni amministrative, quella orientale, con capitale
Nicomedia, e quella occidentale, con capitale Milano. A capo di tali macroregioni pose due Augusti affiancati da un
imperatori in sottordine, destinati a succedere loro in caso di necessit, i quali governavano a loro volta due
sotto-aree, quella greco-balcanica con capitale Sirmio, e quella nord-occidentale con capitale Treviri. Era la
tetrarchia, ideata per disinnescare le lotte ereditarie. In questo sistema Roma era sempre la capitale sacra e ideale, il
Caput mundi, ma la sua posizione geografica, lontana dalle bellicose zone di confine, non rendeva possibile un suo
uso per funzioni politiche o strategiche.
Il nuovo imperatore nomin nel novembre del 285 come suo vice in qualit di cesare, un valente ufficiale di nome
Marco Aurelio Valerio Massimiano, che pochi mesi pi tardi elev al rango di augusto il 1 aprile del 286, formando
cos una diarchia in cui i due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'impero e la responsabilit
della difesa delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.[17] Diocleziano, che si considerava sotto la protezione di
Giove (Iovio), mentre Massimiano era sotto la protezione "semplicemente" di Ercole (Erculio, figlio di Giove),
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manteneva per la supremazia. Tale sistema, concepito da un soldato come Diocleziano, non poteva che essere
estremamente gerarchizzato.[18]
Data la crescente difficolt a contenere le numerose rivolte all'interno dell'impero, nel 293 si procedette a un'ulteriore
divisione funzionale e territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Diocleziano nomin come suo Cesare
per l'oriente Galerio e Massimiano fece lo stesso con Costanzo Cloro per l'occidente. Il sistema si rivel efficace per
la stabilit dell'impero e rese possibile agli augusti di celebrare i vicennalia, ossia i vent'anni di regno, come non era
pi successo dai tempi di Antonino Pio. Tutto il territorio venne ridisegnato dal punto di vista amministrativo,
abolendo le regioni augustee con la relativa divisione in "imperiali" e "senatoriali". Vennero create dodici
circoscrizioni amministrative (le "diocesi", tre per ognuno dei tetrarchi), rette da vicarii e a loro volta suddivise in
101 province. Restava da mettere alla prova il meccanismo della successione.
In tale sistema l'imperatore assunse con ancor maggiore decisione connotati monarchici, riducendo le residue
istituzioni repubblicane a semplici funzioni onorifiche. Il governo venne quindi progressivamente affidato a
funzionari imperiali, scelti tra le file della classe dei cavalieri e tra i liberti. Tuttavia la stessa figura imperiale venne
moltiplicandosi, con due imperatori titolari, gli Augusti, uno per la pars Occidentalis ed uno per la pars Orientalis,
spesso affiancati da colleghi di rango inferiore aventi il titolo di Cesare.
Per facilitare l'amministrazione ed il
controllo fu, inoltre, potenziata la burocrazia
centrale e si moltiplicarono le suddivisioni
amministrative: le quattro parti dell'impero,
governate ciascuna da uno dei tetrarchi,
fecero capo ciascuna ad una distinta
prefettura del pretorio: Gallie, Italia, Illirico,
Oriente. Da queste dipendevano poi le
Diocesi, in tutto dodici, rette dai Vicarii,
nelle quali erano raccolte le provincie, con a
capo funzionari imperiali con il rango di
correctores o presides. In pratica il nuovo
ordine imperiale disarticolava le vecchie
strutture repubblicane accentrando ogni
funzione attorno alla figura del sovrano.
Nella pratica il sistema della tetrarchia dur
ben poco, per via degli eserciti tutt'altro che
La nuova capitale dell'Impero romano, Costantinopoli, rifondata da Costantino I
nel 330.
disposti a deporre il potere politico che
avevano avuto fino ad allora e che gli era
valso numerosi vantaggi e privilegi. Gi al primo passaggio, con la morte di Costanzo (306) le truppe stanziate in
Britannia acclamarono suo figlio Costantino, che diede il via a una guerra civile con gli altri tre pretendenti. Dopo
aver battuto Massenzio e Massimino, restarono Licinio e Costantino che stipularono una pace. Ma nove anni dopo,
nel 324, Costantino attacc e sconfisse Licinio, che venne relegato in Tessaglia dove mor in seguito, assassinato
dopo essere stato accusato di complotto. Il sistema tetrarchico non venne pi restaurato.
Costantino, dopo aver ristabilito l'unit della carica imperiale, inizi a curarsi della politica istituzionale, economica
e politica dell'Impero. Dovette presto constatare come l'asse dell'Impero si trovasse ormai a oriente e per questo fece
di un piccolo insediamento sul Bosforo una nuova capitale, alla quale diede il nome di Nova Roma. Tale nome non
si impose tuttavia, venendogli preferito, fin dai primi anni dalla sua fondazione, quello di Costantinopoli (Citt di
Costantino). Tra i vantaggi della citt c'era l'ottima posizione strategica tra Asia e Europa, vicina alla frontiera
difficile con la Persia, le difese naturali, l'ottimo sistema viario e marittimo che vi transitava. Nella scelta di Bisanzio
ci fu probabilmente anche la volont di privilegiare la difesa del ricco e popoloso oriente rispetto al pi provinciale e
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rurale occidente. La nuova capitale venne ufficialmente inaugurata nel maggio del 330. Costantino abbandon le
altre tre capitali dell'epoca di Diocleziano e divise l'Impero in 14 diocesi e 117 province.
Barbari
Un
nuovo
elemento
che
mut
profondamente l'equilibrio dell'universo
imperiale romano, oltre alla continua
divisione dell'impero in due o pi partes e
la nuova fede del Cristianesimo, fu
l'arrivo di nuovi popoli entro i suoi
confini. La tradizionale nomea di
"invasioni" dei barbari ha forti connotati
negativi. Barbaro di per s era una parola
dall'accezione negativa utilizzata dai greci
in epoca pre-romana e che aveva il
significato di balbuziente, incapace di
parlare il greco. I Romani adottarono tale
Le invasioni barbariche del II-V secolo.
termine estendendolo a tutti coloro che
non sapessero esprimersi compiutamente in latino, oltrech in greco. Gli insediamenti di popoli eurasiatici non
sempre ebbero connotazioni cruente o negative. Varie etnie "barbare" diedero anzi origine ad entit statuali che,
salvo rare eccezioni, si romanizzarono gradualmente dando vita, in et medievale, alle moderne nazioni europee. Per
tale ragione alcune storiografie, come quelle di area germanica, hanno preferito usare la denominazione di
"migrazioni di popoli" (Vlkerwanderung).
Chi erano
Per approfondire, vedi Germani, Sarmati e Sciti.
Nel mondo antico si conoscevano popolazioni "barbariche" fin dall'VIII secolo a.C. I Greci indicavano come barbari
un serie di popoli migratori stanziati tra il Danubio, il Mar Nero e la zona nord-iranica. Essi erano di stirpe scitica,
celtica e tracia, seminomadi e dediti all'allevamento (soprattutto equino e ovino) ed alla raccolta di frutti spontanei. I
greci li dividevano in due etnie fondamentali (in realt piuttosto omogenee): i Geti e i Daci.
Gli Sciti invece erano dei nomadi provenienti dal nord dell'Iran, abili arcieri a cavallo, dediti a cerimonie
sciamaniche che prevedevano stati di estasi prodotta forse da sostanze allucinogene (probabilmente l'hashish), che
nei greci destavano stupore e timore. Essi erano suddivisi in trib guerriere che avevano in comune la lingua, la
religione, le armi, le tecniche di allevamento dei cavalli da guerra e quelle di fonditori di metalli ed orefici.
Ritrovamenti di tumuli con ricchi corredi in oro e metallo sono stati ritrovati dalla Siberia al Caucaso, dai confini con
l'impero cinese all'Iran. Le loro continue migrazioni furono il motore di tutte le migrazione dell'eurasia centrale per
tutto il primo millennio a.C., e non mancarono di preoccupare grandi imperi come quello cinese.
Analoghi per alcuni versi agli Sciti erano i Sarmati, nomadi e cavalieri di origine nordiranica, che apparvero sulla
scena del confine Europa/Asia verso il I-II secolo d.C. sospinti probabilmente da altre popolazioni asiatiche. Erano
probabilmente sarmati gli Iazigi che si scontrarono con le truppe di Adriano nel II secolo, mentre i Roxolani erano
sarmati stanziati tra i Don e il Dnepr. Sarmati erano anche gli Alani, originari della zona adiancente al lago d'Aral,
che cercarono di insediarsi in Cappadocia nel I secolo. I Romani sottolineano nei loro trattati militari la forza di
questi guerrieri, grazie all'uso dei cavalli ed alla pesante armatura in ferro, bronzo, corno e cuoio. Queste tecniche,
assimilate poi in Occidente, dovevano essere nate per proteggersi dalle frecce delle altre trib nomadi delle steppe.
Una volta che i Sarmati raggiunsero i territori degli scontri tra Persiani e Romani, vennero ingaggiati nei rispettivi
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Verso la met del IV secolo la pressione delle trib germaniche sui confini del Danubio e del Reno era diventata
molto forte. Tali trib erano incalzate dagli Unni provenienti dalle steppe, che costituivano probabilmente la stessa
popolazione degli Hsiung-Nu che un secolo prima avevano insidiato l'Impero cinese presso la Grande Muraglia. Le
invasioni barbariche furono un fenomeno di vasta portata e lunga durata, che ebbe probabilmente come epicentro le
steppe dell'Asia centrale. La storiografia ci ha tramandato i nomi di Alamanni, Svevi, Burgundi, Franchi, Vandali,
Ostrogoti, Visigoti ed altri ancora.
Nel 378 i Visigoti sconfissero e uccisero l'Imperatore Valente nella battaglia di Adrianopoli. Graziano non si sentiva
in grado di controllare da solo la situazione, e affid al genero Teodosio la parte orientale dell'Impero. Teodosio
venne a patti con i Visigoti, che minacciavano la stessa Costantinopoli, accettandoli come foederati e ammettendoli
come mercenari nell'esercito romano.
A questo proposito non va dimenticato che nelle stesse file dell'esercito militavano ormai molti mercenari barbari:
l'ereditariet del ruolo di soldato rendeva sempre pi difficile trovare persone adatte ad indossare le nuove pesanti
armature che, adottate dai Parti, erano diventate necessarie anche per i Romani, senza contare la nuova cavalleria
corazzata, sempre di origine partica, che comportava cavalli e cavalieri giganteschi.
I legionari romani, invece, erano sempre pi attratti dal commercio o da altre attivit non castrensi, cui sommavano i
molti privilegi di cui continuavano a usufruire, tra i quali l'ambizione di essere sempre pi spesso i veri arbitri
dell'elezione imperiale. Alla penuria di forze realmente combattenti si fece fronte, all'inizio, con arruolamenti di
Germani (legalmente liberi di arruolarsi come ausiliares, a differenza dei cittadini romani) e poi con la stipula di
contratti con gruppi di guerrieri accompagnati dalle relative famiglie, che ricevevano terre abbandonate dai cittadini
oltre a somme di denaro annuali per il loro servizio.
importante notare che la pressione dei barbari sull'Impero non sempre fu distruttiva, nel senso che molti barbari
non desiderano altro che entrare a far parte dell'Impero, stanziandosi sul territorio oppure offrendosi al servizio di
questo (si vedano i generali d'origini germane come il grande Stilicone, o il caso di Magnenzio, che tuttavia si
autoproclam imperatore, Arbogaste, che dopo un'onorevole carriera in cui fece addirittura le veci dell'Imperatore in
Occidente probabilmente fece assassinare l'imperatore Valentiniano II, etc.).
Tuttavia, quando si accorgono che il rapporto di forze loro favorevole, a volte i capi barbari non esitano a rompere
gli indugi e misurarsi in battaglia con le forze imperiali. A questo proposito indicativa la clamorosa sconfitta subita
da Valente da parte dei Goti che successivamente distruggeranno anche Milano o il sacco di Roma da parte di
Alarico frustrato nella sua ambizione di venir nominato maresciallo dell'Impero e sentitosi tradito dai Romani che lo
avevano lusingato con fallaci promesse.
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Guardando ai rapporti tra i re barbarici e l'Impero appare evidente come essi avessero relazioni, anche nei momenti
pi drammatici, che non si riducevano mai a uno scontro frontale. In realt i barbari ammiravano e temevano le
istituzioni imperiali, mentre la classe dirigente romana si avvaleva spesso delle forze di queste popolazioni
vincolandole attraverso patti di varia natura e in particolare della foederatio ed hospitalitas. Spesso i capi barbarici
entravano in stretto contatto con la corte imperiale, imparentandosi con le grandi famiglie patrizie e con la stessa
famiglia imperiale, accettando i titoli onorifici (come patricius) e scegliendo per s prenomi di tradizione romana,
come Flavius. Molti barbari fecero carriera nell'esercito romano e come guardie del corpo imperiali, come il generale
Stilicone, che aveva sposato una nipote di Teodosio I.
Barbarizzazione dell'esercito in Occidente
Per approfondire, vedi Foederati e Laeti.
L'esercito romano nel V secolo si trovava nella necessit di dover rispondere rapidamente alla crescente pressione
barbarica in Occidente, ma senza poter sopperire alle esigenze di reclutamento attingendo unicamente dai territori
imperiali, a causa della diffusa resistenza alle costrizioni.[19][20] Per questa ragione si ricorse sempre di pi a
contingenti barbarici, utilizzati dapprima come mercenari a fianco delle unit regolari tardo imperiali (legiones,
vexillationes ed auxiliae), ed in seguito, in forme sempre pi massicce, come foederati che conservavano i loro modi
nazionali di vivere e fare la guerra. Il risultato fu un esercito romano nel nome, ma sempre pi estraneo alla societ
che era chiamato a proteggere. Da alcune fonti letterarie del tempo si pu evincere che il termine "ausiliario" divenne
a poco a poco sinonimo di "soldato", cos come lo fu nei secoli precedenti il termine "legionario", il che sta ad
indicare una fase di progressiva smobilitazione delle antiche unit legionarie in favore di quelle ausiliarie. In una
seconda ed ultima fase, l'esercito romano avrebbe perso definitivamente la sua identit, come gi sarebbe avvenuto
all'epoca del magister militum Flavio Ezio, quando probabilmente anche la maggior parte delle auxiliae palatinae,
esempio di riuscita integrazione dell'elemento barbarico nella macchina bellica romana, furono rimpiazzate da
federati.[21]
Ma se l'Impero fosse riuscito a controllare l'immigrazione dei Barbari e a romanizzarli, sarebbe riuscito a
sopravvivere. Prima della battaglia di Adrianopoli, ai barbari che migravano nell'Impero con il permesso dell'Impero
(deditio) oppure come prigionieri di guerra non era permesso di conservare la loro unit di popolo: alcuni venivano
arruolati nell'esercito, mentre il resto veniva sparpagliato per un'area vastissima come contadini non liberi. In questo
modo l'Impero rendeva inoffensivi i nuovi arrivati, e li romanizzava. In seguito alla sconfitta di Adrianopoli,
l'Impero dovette per venire a patti con i vittoriosi Goti, concedendo loro di stanziarsi nei Balcani come foederati
semiautonomi: essi mantennero il loro stile di vita e i loro re stanziandosi in territorio romano come esercito alleato
dei Romani. Oltre ai Goti, che alla fine ottennero, dopo molte altre battaglie contro l'Impero, la concessione
dall'Imperatore Onorio di fondare un regno federato in Aquitania (418), altri popoli come Vandali, Alani, Svevi e
Burgundi (che entrarono all'interno dei confini dell'Impero nel 406) ottennero, grazie alle sconfitte militari che
inflissero all'Impero, il permesso da parte dell'Impero di stanziarsi all'interno dell'Impero.
Le devastazioni dovute alle invasioni e le perdite territoriali determinarono una costante diminuzione del gettito
fiscale con conseguente progressivo indebolimento dell'esercito romano. Da un'attenta analisi della Notitia
Dignitatum, possiamo ricavare che quasi la met dell'esercito campale romano-occidentale and distrutto nel corso
delle invasioni del 405-420, e che le perdite furono solo in parte colmate con l'arruolamento di nuovi soldati, mentre
molte delle ricostituite unit erano semplicemente unit di limitanei promossi a comitatenses, con conseguente
declino dell'esercito sia in quantit che in qualit. La perdita dell'Africa dovette essere un altro duro colpo per le
finanze dello stato e indebol ulteriormente l'esercito, che intorno al 460 doveva essere l'ombra di s stesso a causa
della continua erosione del gettito fiscale. Di questo ne approfittarono i Vandali, i Visigoti, i Franchi che ridussero in
pratica l'Impero all'Italia o poco pi.
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Nel 476 l'esercito sollevato da Odoacre contro il magister militum Flavio Oreste e l'ultimo imperatore in Italia,
Romolo Augusto, era costituito unicamente da federati germanici, perlopi Sciri ed Eruli.[22] Tuttavia l'assetto
generale dell'esercito romano tardo-imperiale, ed alcune sue unit, sopravvissero almeno fino al VI secolo in seno
alla Pars Orientis, come testimoniato dalla presenza dei Regii, una auxilia palatina attiva sin dalla pubblicazione
della Notitia Dignitatum, a difesa delle mura aureliane minacciate dagli Ostrogoti durante la guerra di riconquista di
Giustiniano.[23]
Religione
La societ romana era caratterizzata da un pantheon di divinit molto ampio, che spesso accoglieva gli di delle
culture assoggettate affiancandosi a quelli tipicamente latini, sebbene spesso (dopo il VII secolo a.C., ma con grande
incisivit tra III e II secolo a.C.) influenzati e sovrapposti a quelli dalla cultura greca: Giove, Marte, Quirino, la
Triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva), ecc. Si trattava di culti che si esprimevano soprattutto nella vita
esteriore, con una complessa serie di culti ben codificata, nei quali aveva un ruolo importante l'autorit pubblica.
Le influenze ellenistiche, egizie ed orientali portarono all'introduzione di culti misterici (Mysteria), culti "chiusi" ma
non necessariamente segreti, che a loro volta entrarono velocemente nella religione pubblica istituzionale. Tra questi
i principali erano quelli legati alla Dea Madre (Cerere o Venere o Cibele) a Demetra (dea della fertilit e del ciclo
della vita) e a Bacco. Se i primi due culti ricevettero larghi consensi anche a livello imperiale, l'ultimo venne proibito
nel 186 a.C. per motivi di carattere morale e di ordine pubblico legati ai bacchanalia.
Una nuova ondata di culti misterici si ebbe a partire dal I secolo a.C.: arrivarono a Roma Iside e Osiride. La novit di
queste religioni, importate dal Vicino Oriente e dall'Egitto, era quella di offrire un carattere privato alla religione, a
differenza di quello pubblico delle cerimonie, legato maggiormente alla salvezza individuale tramite il concetto
platonico dell'immortalit dell'anima. Nel I secolo d.C. arriv invece il culto iniziatico di Mitra, probabilmente
importato dagli eserciti durante le campagne contro la Persia. Pi contestato fu invece il culto siriaco di Helios,
introdotto dall'imperatrice Giulia Domna e sviluppato da Eliogabalo: l'affermazione del culto del Sol Invictus fu il
segno pi lampante dell'orientalizzazione della corte imperiale, che port per ad una rivolta tradizionalista che cost
la caduta a Eliogabalo.
Tarda antichit
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Aureliano riprese alcuni elementi del culto solare, ma li adatt al culto dell'imperatore (sua madre era una
sacerdotessa di Helios nell'Illirico), senza per proporre il culto come unico e assoluto, come aveva fatto Eliogabalo.
Questa idea riprendeva il concetto di semidivinit del sovrano inaugurata da Alessandro Magno. Le figure delle varie
divinit erano ormai dai contorni sfumati e sovrapposti zona per zona ad altre divinit locali: il Belenus celtico
veniva identificato con Helios-Apollo, oppure il dio Wotan germanico veniva assimilato a Hermes-Mercurio.
Cristianesimo
Dell'eredit che la tarda antichit ha trasmesso al Medioevo..., scrive Marrou, ...l'elemento pi prezioso stato la
religione cristiana.[24]
La diffusione del Cristianesimo nell'impero fu costante sin dal I secolo, quando giunse a Roma come una delle tante
fedi orientali che in quel periodo erano popolari, suscitando consensi in vari strati sociali. Come altri tipi di
conoscenze filosofico-religiose si diffuse in un primo tempo nelle grandi citt portuali, per poi espandersi verso
l'entroterra lungo le vie di comunicazione. L'Oriente, dotato di una fitta rete urbana, venne cristianizzato ben prima
che l'Occidente. In Italia si pensa che i primi cristiani fossero probabilmente attraccati a Brindisi e insediatisi lungo
la via Appia fino a Roma. Paolo di Tarso tocc Siracusa, Reggio Calabria e Pozzuoli prima di arrivare a Roma, dove
venne martirizzato nel 67. Lo aveva preceduto, secondo la tradizione, Pietro apostolo, del quale per non si
conoscono gli spostamenti. Altre regioni occidentali con una precoce presenza cristiana furono Cefalonia, la Sicilia,
la Betica (in Spagna del sud), la regione del Rodano, dove sono state ritrovate le pi antiche testimonianze
archeologiche in occidente di comunit cristiane.
Paolo fu importante perch, secondo la tradizione, trasform il cristianesimo da religione giudaica legata al Messia
(l'atteso nuovo re, letteralmente l'"unto dal Signore"), a religione universale, che riguardava tutte le gentes e non solo
gli ebrei.
Inizialmente la nuova religione non dest interesse nel governo imperiale, confusa tra i tanti culti orientali e
scambiata per una setta ebraica, ma gi nel 49 Claudio espelleva gli ebrei da Roma relativamente alla diffusione
della fede cristiana, ma non chiaro se fosse per i contrasti interni o per problemi legati al proselitismo a svantaggio
di altre comunit. Nel 63 Tacito testimonia come Nerone accus i cristiani del grande incendio di Roma come capro
espiatorio. In effetti alcuni aspetti della religione cristiana erano in netto contrasto con l'autorit imperiale, in
particolare il rifiuto di sottostare al giuramento di fedelt all'imperatore, che i cristiani ritenevano una manifestazione
di idolatria.
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Tra la fine del I e l'inizio del II secolo, dopo alcuni blandi tentativi di repressione, la situazione divenne di portata
rilevante, tanto che il malcontento popolare si coalizz nel rifiuto di onorare tanto l'alma Roma che il genius
dell'imperatore. Decio nel 250 decret una dura persecuzione, poi Valeriano nel 255 cerc di colpire i capi religiosi
obbligandoli a partecipare ai riti del culto imperiale (probabilmente le disposizioni rimasero in larga parte sulla
carta). Dal 260, secondo la volont di Gallieno, i cristiani, ormai molto diffusi in tutti gli strati sociali, dai
governatori delle province all'esercito, vissero un periodo di pace, durato fino al 303.
Persecuzione cristiana sotto Diocleziano
A partire dal 303 Diocleziano e Galerio ordinarono una durissima repressione, che prevedeva la distruzione delle
chiese, il rogo delle Sacre scritture, e pesanti misure contro chiunque fosse cristiano e svolgesse funzioni pubbliche.
Le persecuzioni durarono fino al 311 e furono molto dure. Solo in quell'anno Galerio eman un editto di tolleranza,
mentre nel 313 Costantino I, dopo aver sconfitto Massenzio, proclamava l'editto di Milano, la definitiva cessazione
delle ostilit e la libert di culto per qualsiasi religione entro i confini dell'impero.
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"Questione costantiniana"
Per approfondire, vedi Concilio di Arles, Concilio di Nicea I e Primo concilio di Tiro.
Molto si scritto sulle reali intenzioni di Costantino, a prescindere dalla tradizione agiografica dell'apparizione della
Croce che lo avrebbe guidato nella vittoria su Massenzio. Dopotutto un'altra visione del tutto pagana di Costantino
era stata annotata precedentemente alla Vita Costantini di Eusebio di Cesarea (morto nel 339), avuta nel 310 nel
tempio di Apollo Granus tra Treviri e Lione.[25]
Da una parte la scelta di Costantino di aprire ai cristiani si inseriva nel filone imperiale dalla promozione di culti pi
personali e meno legati al politeismo ufficiale (come i Misteri o i culti solari soprattutto nel III secolo); dall'altra la
sua decisione era mediata dalla fede cristiana della madre Flavia Giulia Elena. In ogni caso Costantino non favor il
solo culto cristiano, fu battezzato solo forse poco prima di morire e durante la sua vita non rinunci mai al titolo di
pontifex maximus, vale a dire di capo supremo dei collegi sacerdotali pagani. Forse anche il suo presenziare nel 325
al Concilio di Nicea va ricondotto ad attivit puramente politica riguardo a una religione che stava diventando una
realt troppo importante per essere trascurata.
La politica, infatti, di Costantino mirava a creare una base salda per il potere imperiale nella stessa religione
cristiana, di cui era dunque importantissima l'unit: per questo motivo, pur non essendo battezzato, indisse diversi
concili, come "vescovo di quanti sono fuori della chiesa". Il primo fu quello convocato ad Arelate (Concilio di
Arles), in Francia nel 314, che conferm una sentenza emessa da una commissione di vescovi a Roma, che aveva
condannato l'eresia donatista, intransigente nei confronti di tutti i cristiani che si erano piegati alla persecuzione
dioclezianea: in particolare si trattava del rifiuto di riconoscere come vescovo di Cartagine Cipriano, il quale era
stato consacrato da un vescovo che aveva consegnato i libri sacri.
Ancora nel 325, convoc a Nicea il primo concilio ecumenico, che lui stesso inaugur, per risolvere la questione
dell'eresia ariana: Ario, un prete alessandrino sosteneva che il Figlio non era della stessa "sostanza" del padre, ma il
concilio ne condann le tesi, proclamando l'omousia, ossia la medesima natura del Padre e del Figlio. Il concilio di
Tiro del 335 condanner tuttavia Atanasio, vescovo di Alessandria, il pi accanito oppositore di Ario, soprattutto a
causa delle accuse politiche che gli vennero rivolte.
Tarda antichit
Per la sua sepoltura l'imperatore fece costruire un mausoleo vicino alla chiesa dei Santi Apostoli, tra le reliquie di
questi ultimi.
Costantino considerato santo dalla chiesa cristiana ortodossa (ma non dalla Chiesa cattolica), che secondo il
Sinassario Costantinopolitano lo celebra il 21 maggio assieme alla madre Elena. La santit di Costantino non
riconosciuta dalla chiesa cattolica (infatti non riportato nel Martirologio Romano), che tuttavia celebra sua
madre[26] il 18 agosto.
Giuliano restauratore del Paganesimo
Nel IV secolo si consumarono gli ultimi contrasti tra pagani e cristiani. Nel 357 ci fu la contesa dell'Altare della
Vittoria, fatto rimuovere da Costante I, successore di Costantino, a discapito dei senatori che vi rendevano da diversi
secoli i giuramenti di fedelt allo Stato.
Dal 361 al 363 fu imperatore il nipote di Costantino I, Giuliano, anche noto come "l'apostata" dall'epiteto conferitogli
dalla tradizione cristiana a lui avversa. Egli era stato educato alla religione cristiana, ma torn al Paganesimo
favorendo i culti monoteistici legati al sole. Fu moderato e tollerante, non vess i cristiani ma tolse loro i privilegi
concessi da Costantino, cercando di contenere la loro influenza nella vita pubblica. La sua opposizione si manifest,
piuttosto che con la forza, con dotti trattati e con ostacoli alla carriera pubblica dei cristiani, sostenuto dai militari e
dall'aristocrazia senatoria.
La persecuzione del Paganesimo
Morto Giuliano in battaglia contro i Persiani, i seguaci di Cristo ebbero due imperatori dalla solida fede cristiana:
Graziano (375-383), che, consigliato da Ambrogio di Milano, fu il primo a rinunciare al titolo di pontifex maximus,
oltre a togliere la statua della Vittoria dal Senato e ad abolire le esenzioni fiscali ai collegi sacerdotali pagani; e
soprattutto Teodosio I (379-395), che dichiar il cristianesimo religione di Stato. A questi va aggiunto Magno
Massimo, usurpatore che govern tumultuosamente tra il 383 e il 388, che sostenne con zelo la nuova fede, facendo
giustiziare per esempio Priscilliano, vescovo eretico molto popolare in Spagna meridionale.
Tra il 391 e il 392 il Paganesimo venne di fatto proibito in tutto l'Impero. In alcune zone come l'Egitto si svolsero
negli anni seguenti delle vere e proprie persecuzioni dei pagani, con uccisioni e distruzione degli antichi luoghi di
culto, che restarono comunque un fenomeno circoscritto. Nel 397 Arcadio, imperatore d'Oriente, diede impulso alla
demolizione dei vecchi templi ed anche in occidente si ebbero delle devastazioni, ma mai incoraggiate dall'autorit.
Il vescovo di Roma cerc anzi di tutelare la sacralit dell'Urbe, senza rinnegare la memoria pagana dell'Impero, con
la prospettiva di incarnarne anzi l'eredit. Papa Damaso I per esempio promosse un'edilizia dall'estetica augustea.
La differenza di approccio al Paganesimo tra Oriente e Occidente si pu spiegare anche con la minore influenza degli
estremismi monastici in Occidente (quindi una maggiore inclinazione a una via moderata) e la prospettiva della
convivenza in Italia con la classe senatoria, roccaforte del Paganesimo, che ancora possedeva i grandi latifondi
provinciali, importanti nell'economia del tempo.
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Tarda antichit
Organizzazione delle prime Chiese
Inizialmente le comunit cristiane avevano una
struttura molto semplice. I nomi in greco di gran parte
dei suoi elementi di base sono indice della diffuzione
innanzitutto nell'Impero orientale del cristianesimo
(derivano dal greco chiesa, vescovo, liturgia, clero,
laico, bibbia, ecc.). I presbteroi erano letteralmente i
pi anziani, attorno ai quali si riunivano i fedeli per
imparare le Sacre Scritture. I Cristiani adottarono il
Vecchio Testamento ebraico, gi tradotto dal greco
almeno dal II o III secolo a.C., al quale si aggiunsero i
quattro Vangeli ufficiali, gli Atti degli Apostoli, le
Lettere degli Apostoli e l'Apocalisse. I nuovi testi erano
tutti stati scritti nella koin dilektos, il greco
internazionale dell'era ellenistica. La traduzione in
latino delle Sacre Scritture cristiane fu avviata pi volte
Ricostruzione dell'antica basilica di San Pietro in Vaticano, fondata
(ci restano frammenti del II e III secolo), ma
da Costantino I
completata solo tra il 385 e il 405, la cosiddetta Vulgata
di Sofronio Eusebio Girolamo, redatta dai testi originali in greco ed ebraico.
Tutti gli altri testi non compresi nelle Sacre Scritture, sebbene un "canone biblico" esista solo dal 1546, vennero detti
"apocrifi" (in greco "nascosti"), redatti in epoche successive e in vari idiomi (aramaico, siriaco, arabo, armeno,
copto...), che venivano variamente consultati e citati nei circoli cristiani.
Al periodo tra il II e il III secolo risalgono i resti archeologici delle prime domus ecclesiae, case private con ambienti
adattati alle riunioni dei cristiani ed al culto, mentre le prime basiliche cristiane risalgono all'inizio del IV secolo e
riprendono l'omonimo edificio pubblico romano.
Dopo l'Editto di Tessalonica (380), che sanciva l'adozione del cristianesimo quale religione di Stato, la Chiesa si
diede un'organizzazione in diocesi, che ricalcava la gerarchia romana e l'organizzazione burocratica del territorio dei
Romani. I concili si tenevano regolarmente quali grandi assemblee generali (ecumeniche, cio universali, o regionali)
durante le quali si discuteva di vari temi, che venivano poi applicati e verificati nel territorio con i singoli sinodi
diocesani. Gli argomenti trattati nei concili andavano da questioni religioso-filosofiche a temi politici e ecclesiastici.
I sacerdoti esistevano nella cultura ebraica fino alla distruzione del tempio di Salomone e vennero ripresi dai cristiani
attraverso quali punti di arrivo di un percorso iniziatico capaci di dispensare i sacramenti. La "santa cena",
sacramento dell'eucarestia, divenne presto il rito della celebrazione eucaristica, canonizzata nella sua struttura nel IV
secolo.
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Dottrine cristologiche
Uno dei problemi che maggiormente afflisse la Chiesa dei primi secoli furono le questioni cristologiche, cio inerenti
alla natura di Cristo e collegate alla sostanza della nuova fede, cio alla definizione e al senso da dare alla dottrina da
professare. Una certa discordanza di dottrine a culti era naturale in un territorio cos vasto e influenzato da molteplici
culture, e si era manifestata fin dal I secolo, ma non era nuova per esempio anche per l'ebraismo. La passione per le
dispute filosofiche era d'altronde anche radicata nella filosofia greca, diffusa a livello popolare nel mondo ellenistico.
Dallo gnosticismo deriv il manicheismo, religione sincretica che fondeva vari elementi orientali. Ma la dottrina
eretica di maggior rilievo fu l'arianesimo, predicata nel IV secolo da Ario di Alessandria, secondo la quale Cristo era
il figlio di Dio a lui simile ma non identico, dal quale discendeva che Cristo non era un essere divino e Dio non si era
sacrificato per l'umanit sulla Croce. Questa dottrina venne condannata nel Concilio di Nicea (325), mentre il
nestorianesimo di Antiochia, che teorizzava una doppia natura umana e divina distinta in Ges, venne condannata
nel concilio di Efeso (431). Il caso di Ges come essere unicamente divino era invece predicato dal monofisismo,
condannato dal concilio di Calcedonia nel 451. Il dilagare di queste dottrine alternative non poteva per essere
arginato dai soli concili. Particolarmente preoccupante per gli esponenti della dottrina principale fu la conversione di
intere popolazioni da parte di missionari che aderivano a una dottrina cristologica, come la conversione
all'arianesimo di alcuni popoli germanici, o la diffusione del monifisismo in Siria, Egitto e Etiopia, dove ancora oggi
esistono alcune comunit, o del nestorianesimo dall'Arabia all'India fino alla Cina.
Il monaco irlandese Pelagio sostenne sul finire del IV secolo l'irrilevanza del peccato originale rispetto al libero
arbitrio; si oppose fermamente al pelagianesimo Agostino d'Ippona, fautore della "predestinazione" e della
dipendenza dell'uomo dalla grazia divina.
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Chiesa di Roma e Chiesa di Costantinopoli
La divisione dell'impero si riflett anche nella Chiesa. Sebbene gi dal Concilio di Calcedonia fosse stato
riconosciuto il primato morale del vescovo di Roma (detto papa forse da un termine siriaco che indicava i sacerdoti),
derivante dal prestigio di Pietro apostolo, "Principe degli Apostoli" e primo vescovo dell'Urbe, considerata ancora
caput mundi, avversavano questo primato sia il Patriarca di Costantinopoli sia i metropoliti (vescovi delle diocesi
vicine). Le due pi prestigiose diocesi di Oriente, (Antiochia e Alessandria), orgogliose delle proprie tradizioni e
timorose di perdere le proprie specificit nell'ambito del mondo cristiano (entrambe erano profondamente influenzate
dal monofisismo), vedevano invece negativamente la supremazia di Costantinopoli all'interno dell'impero bizantino
e, alla vigilia del Concilio, avevano cercato invano di ottenere l'appoggio di Roma per far valere i propri diritti e la
propria autonomia.
Ma se da un lato la chiesa Occidentale facente capo a Roma era esposta a mille pericoli per il disgregarsi dell'autorit
imperiale, dall'altro si insedi nel vuoto istituzionale iniziando ad occuparsi anche di vicende politiche, cosa
impensabile per la Chiesa costantinopolitana, rigidamente controllata dall'imperatore che le concedeva spazio solo in
materia religiosa.
Altre differenze risiedevano nell'uso del latino (a Occidente) piuttosto che del greco (a Oriente), o nell'attitudine
pragmatica, meno speculativa e meno mistica della pars occidentis rispetto alla zona orientale.
A met del V secolo la Chiesa di Roma riusc a far valere il suo primato sulle altre chiese cristiane.[27] Durante il
pontificato di papa Leone I (441 - 462) infatti, la supremazia del vescovo di Roma sull'intero orbe cristiano fu sancita
dal Concilio di Calcedonia e accettata gradualmente dalle altre sedi vescovili. Divenuta ben presto un potere
parallelo a quello dell'imperatore, con un importante peso nella vita politica e istituzionale d'Occidente, riusc ad
attrarre nelle sue file fedeli di alto profilo culturale, spesso appartenenti alla casta senatoriale, come Cassiodoro. Tale
situazione permise all'Occidente romano, di sganciarsi relativamente presto dalla tutela imperiale e, pur
mantenendosi leale ai successori cristiani di Costantino, di badare soprattutto al rafforzamento della propria
autonomia dal governo centrale, fino a divenire punto di riferimento istituzionale per le nuove nazioni barbare[28]).
Secondo taluni, le popolazioni occidentali erano pi abituate di quelle orientali all'autonomia e all'autogoverno
(favorito anche dal municipalismo romano) e proprio questa caratteristica fin per aumentare le distanze tra il
governo centrale e la societ, favorendo la disgregazione dell'Impero romano d'Occidente nel V secolo e conducendo
all'emergere del feudalesimo medievale.[29]
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Monachesimo
Esperienza fondamentale nel panorama della cultura cristiana
quella del monachesimo, un modo di vivere la religione in maniera
"regolare", cio soggetta a seguire una regola. I monaci seguivano
l'indicazione di Cristo a disprezzare i beni terreni, infliggendosi un
"martirio incruento" fatto di rinunce e sacrifici.
Il monachesimo cristiano (dal greco monos, solo) si svilupp in
Egitto nel III secolo, ed era di tipo anacoretico, cio eremitico.
Essi abbandonavano le citt oppure si isolavano dal mondo senza
vagabondare, come gli stiliti. La Chiesa non amava molto queste
espressioni, perch estremizzavano la fede dando spesso origine a
deviazioni dottrinali ed a attriti con la societ.
Venne invece favorito il monachesimo "cenobitico", cio
comunitario, che ebbe un primo esempio di rilievo con Pacomio
(292-346) che fond una comunit nella regione egiziana del
deserto della Tebaide (320 circa), organizzata secondo una regola
con norme di comportamento spirituale e pratico. Altrettanto
importante fu il centro creato da Basilio Magno in Cappadocia.
Doppia rappresentazione di Simeone Stilita il Vecchio
Le novit dell'intero sistema di diritto romano del periodo (da Diolceziano alla caduta dell'Impero romano
d'Occidente) sono qui sotto esposte:
Codice Teodosiano (Imperatoris Theodosiani Codex): il contraltare alla codificazione Giustinianea, in sedici libri
densi di diritto e innovazioni strutturali, tra cui il Liber Legum Novellarum Imperatoris Theodosi;
Titvli ex corpore Ulpiani [30]: la colossale opera di Eneo Domizio Ulpiano, in 29 titoli; un'opera di carattere
piuttosto elementare, destinata soprattutto all'insegnamento del diritto, contenuta in un manoscritto della
Biblioteca Vaticana. Secondo la dottrina prevalente, si tratta di una compilazione postclassica (con molta
probabilit dell'epoca di Diocleziano o Costantino) di passi rimaneggiati e rielaborati tratti da opere di Ulpiano.
Editto di Costantino e Licinio del 311-313
Constitvtiones Sirmondianae [31]: raccolta di 16 costituzioni imperiali, che disciplinano materie ecclesiastiche;
presero il nome dal primo loro editore, il gesuita Sirmond (1631). Emanate fra il 333 e il 425, non furono tutte
accolte nel Codice teodosiano, in appendice al quale vennero pubblicate da Theodor Mommsen.
Fragmenta Vaticana Fragmenta Vaticana [32], frammenti di un'ampia compilazione privata di costituzioni
imperiali e di passi desunti dalle opere di Papiniano, Ulpiano e Paolo. Il palinsesto fu scoperto nel 1821 dal
cardinale Mai nella Biblioteca Vaticana. Le costituzioni imperiali ivi riportate vanno dal 205 al 369 o al 372
Codice Ermogeniano degli anni 293-294.
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Esercito
Per approfondire, vedi Esercito romano, Difesa in profondit (esercito romano) e limes romano.
Il nuovo assetto organizzativo, tattico e strategico, che Diocleziano e Costantino I misero in atto, fu il frutto di una
inevitabile evoluzione che nella crisi del III secolo aveva trovato la causa ed in Gallieno il primo artefice per la
ricostruzione, due secoli dopo la grande riforma di epoca augustea. Tale nuovo assetto, frutto di un lento e graduale
ripensamento dell'intero apparato militare romano, fu poi conservato per tutto il IV ed il V secolo e presso l'Impero
romano d'Oriente sopravvisse almeno fino al VI secolo. Vi da aggiungere che la vera e propria riforma
dell'esercito, nelle sue gerarchie di comando e nella sua struttura interna (dalla formazione di nuove unit, a quella di
nuove tipologie di funzionari), fu inaugurata non tanto da Diocleziano, ma da Costantino I e proseguita dai suoi
successori.[33]
La strategia dei due imperatori pu essere considerata, col senno di poi, efficacissima nel breve termine (le incursioni
barbariche, infatti, vennero respinte senza problemi per buona parte del IV secolo), ma deleteria quanto ai suoi effetti
finali, dato che i costi enormi per il mantenimento dell'esercito finirono per pesare sempre di pi su una struttura
economica e produttiva gi in grave crisi. La pressione fiscale, infatti, aument a dismisura e spesso le legioni
romane non esitavano a procurarsi il necessario per mantenersi requisendo beni e depredando gli stessi cittadini che
in teoria erano chiamate a proteggere.[34]
Riforma di Diocleziano
La vera grande riforma militare di Diocleziano fu soprattutto di tipo politico.[35] Il nuovo imperatore dispose, prima
di tutto, una divisione del sommo potere imperiale, dapprima attraverso una diarchia (due Augusti, a partire dal
285/286) e poi tramite una tetrarchia (nel 293, tramite l'aggiunta di due Cesari),[18] compiendo cos una prima vera
"rivoluzione" sull'intera struttura organizzativa dell'esercito romano dai tempi di Augusto. Questa forma di governo a
quattro, se da un lato non fu cos felice nella trasmissione dei poteri (vedi successiva guerra civile), ebbe tuttavia il
grande merito di fronteggiare con tempestivit i pericoli esterni al mondo romano.[36] La presenza di due Augusti e
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due Cesari facilitava, infatti, la rapidit dell'intervento armato e riduceva i pericoli che la prolungata assenza di un
unico sovrano poteva arrecare alla stabilit dell'Impero.
Diocleziano cre una vera e propria gerarchia militare sin dalle pi alte cariche statali, quelle dei "quattro"
Imperatori, dove il pi alto in grado era l'Augusto Iovio (protetto da Giove), assistito da un secondo Augusto
Herculio (protetto da un semidio, Ercole), a cui si aggiungevano i due rispettivi Cesari,[18] ovvero i "successori
designati".[35] In sostanza si trattava di un sistema politico-militare che permetteva di dividere meglio i compiti di
difesa del confine: ogni tetrarca, infatti, curava un singolo settore strategico e la sua sede amministrativa era il pi
possibile vicino alle frontiere che doveva controllare (Treviri e Milano in Occidente; Sirmio e Nicomedia in
Oriente[35]), in questo modo era possibile stroncare rapidamente i tentativi di incursione dei barbari, evitando che
diventassero catastrofiche invasioni come quelle che si erano verificate nel III secolo.
La nuova forma di governo messa in atto non era del tutto nuova per l'Impero romano: basti pensare alla prima
diarchia di Marco Aurelio e Lucio Vero della fine del II secolo.[36] da aggiungere che la divisione interna del
mondo romano in quattro diversi settori strategici (a sua volta suddiviso in 12 diocesi, con l'aggiunta di numerose
nuove province) port, tuttavia, inevitabilmente ad un aumento del numero degli effettivi,[37] con il conseguente
irrigidimento del servizio di leva obbligatorio[36] e l'introduzione del servizio di leva ereditario. Il numero delle
legioni non solo fu aumentato, ma fu meglio distribuito: si cominciarono a utilizzare sempre pi spesso loro
vexillationes, riducendo il numero degli effettivi della "legione madre" a vantaggio di sue "parti" inviate in altri
settori strategici, dai quali mai pi avrebbero fatto ritorno al "campo base".[36]
Anche il sistema difensivo dei confini venne reso pi elastico e "profondo": alla rigida difesa del vallum venne
aggiunta una rete sempre pi fitta di castella interni, collegati tra di loro da un pi complesso sistema viario (un
esempio su tutti: la strata Diocletiana in Oriente). In sostanza si pass da un sistema difensivo di tipo "lineare"[38] ad
uno "pi profondo" (sebbene non nelle proporzioni generate dalla crisi del III secolo, quando Gallieno e gli
imperatori illirici erano stati costretti dai continui "sfondamenti" del limes a far ricorso a "riserve" strategiche molto
"interne" rispetto alle frontiere imperiali), che vide un notevole ampliamento dello "spessore" del limes, il quale fu
esteso da una fascia interna del territorio imperiale ad una esterna, in Barbaricum, attraverso la costruzione di
numerose "teste di ponte" fortificate (anche oltre i grandi fiumi Reno, Danubio ed Eufrate), avamposti con relative
vie di comunicazione e strutture logistiche.[39]
Infatti, per la previdenza di Diocleziano tutto l'impero era stato diviso [...] in citt, fortezze e torri. Poich l'esercito era
posizionato ovunque, i barbari non potevano penetrarvi. In ogni sua parte le truppe erano pronte a opporsi agli invasori ed
a respingerli.
(Zosimo, II, 34.1.)
Una conseguenza di questa trasformazione delle frontiere fu anche l'aumento della protezione delle nuove e vecchie
strutture militari, che vennero adeguate alle nuove esigenze difensive (tale necessit non era cos urgente nei primi
due secoli dell'Impero romano, dedicati soprattutto alla conquista di nuovi territori). Le nuove fortezze cominciarono
cos ad essere costruite, o ricostruite, in modo pi compatto nelle loro dimensioni (riducendone il perimetro
complessivo), pi solide nello spessore delle loro mura (in alcuni casi si pass da uno spessore di 1,6 metri a 3,4
metri, come nel caso della fortezza di Sucidava) e con un maggior utilizzo di torri esterne, per migliorarne la
difesa.[39]
Diocleziano, in sostanza, non solo intraprese una politica a favore dell'aumento degli effettivi, ma anche volta a
migliorare e moltiplicare le costruzioni militari del periodo, sebbene queste ultime siano risultate, sulla base dei
ritrovamenti archeologici, meno numerose di quanto non abbiano raccontato gli antichi[40] ed i moderni.[36]
L'aspetto complessivo che l'esercito assunse conseguentemente all'operato di Diocleziano, lodato dallo storico
Zosimo, quello di un apparato quantitativamente concentrato lungo le frontiere,[41] che nello stesso tempo per
manteneva un ristretto nucleo mobile centrale qualitativamente eccelso (un'evoluzione ulteriore di quanto aveva fatto
Settimio Severo, con il posizionamento della legio II Parthica nei castra Albana, poco distante da Roma), il
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comitatus. Diocleziano, infatti, perfezion ci che di buono era stato "riformato" sotto Gallieno e gli imperatori
Illirici (da Aureliano a Marco Aurelio Probo, fino a Marco Aurelio Caro), i quali avevano adattato l'esercito alle
esigenze della grande crisi del III secolo. Egli, difatti, trasform la "riserva strategica mobile" introdotta da Gallieno
in un vero e proprio "esercito mobile" detto comitatus[42] ("compagnia"), nettamente distinto dall'"esercito di
confine" o limitaneo. Probabilmente il comitatus dioclezianeo era costituito da due vexillationes (Promoti e Comites)
e da tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii), mentre la "riserva strategica mobile" di Gallieno era costituita
unicamente da vexillationes.[43]
Perfezionamento di Costantino
Le prime vere modifiche apportate da Costantino I nella nuova organizzazione dell'esercito romano, furono effettuate
subito dopo la vittoriosa battaglia di Ponte Milvio contro il rivale Massenzio nel 312. Egli infatti sciolse
definitivamente la guardia pretoriana ed il reparto di cavalleria degli equites singulares e fece smantellare
l'accampamento del Viminale.[44] Il posto dei pretoriani fu sostituito dalla nuova formazione delle schole palatine, le
quali ebbero lunga vita poi a Bisanzio ormai legate alla persona dell'imperatore e destinate a seguirlo nei suoi
spostamenti, e non pi alla Capitale.[45]
Una nuova serie di riforme furono poi portate a termine una volta divenuto unico Augusto, subito dopo la sconfitta
definitiva di Licinio nel 324.[45] Il percorso che egli comp, fu per graduale nel corso degli ultimi tredici anni di
regno (dal 324 al 337, anno della sua morte). La guida dell'esercito fu sottratta ai prefetti del Pretorio, ed ora affidata
a: il magister peditum (per la fanteria) ed il magister equitum (per la cavalleria).[46] I due titoli potevano tuttavia
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essere riuniti in una sola persona, tanto che in questo caso la denominazione della carica si trasformava magister
peditum et equitum o magister utriusque militiae[47] (carica istituita verso la fine del regno, con due funzionari
praesentalis[33]).
I gradi pi bassi della nuova gerarchia militare prevedevano, oltre ai soliti centurioni e tribuni, anche i cosiddetti
duces,[46] i quali avevano il comando territoriale di specifici tratti di frontiera provinciale, a cui erano affidate truppe
di limitanei.
Costantino, poi, aument ancora di pi gli effettivi dell'esercito, che arrivarono a contare fino a 600.000 uomini (con
Diocleziano erano circa 400.000 i legionari),[48] e, come abbiamo visto sopra, suddivise l'"esercito mobile" in
"centrale" (unit palatinae) e "periferico" (unit comitatenses).[49][50]
Egli, oltre ad apportare la suddetta divisione dell'"esercito mobile", rovesci l'assetto complessivo dell'apparato
bellico romano definito dal suo predecessore Diocleziano: fu espansa a dismisura la componente mobile ed
indebolita quella di frontiera.[41] In particolare, secondo lo storico Zosimo, questo nuovo assetto fu la causa del
progressivo stanziamento delle popolazioni barbariche nei territori imperiali, nonch il degrado dei centri urbani in
cui venivano acquartierate truppe eccessivamente numerose. Zosimo si lamentava, infatti, che lo stesso imperatore
avesse rimosso dalle frontiere la maggior parte dei soldati, per insediarli nelle citt (si tratta della creazione dei
cosiddetti comitatenses):[51]
...citt che non avevano bisogno di protezione, priv del soccorso quelle minacciate dai barbari [lungo le frontiere] e
procur alle citt tranquille il danno generato dalla soldataglia, per questi motivi molte citt risultano deserte. Lasci
anche che i soldati rammollissero, frequentendo i teatri, ed abbandonandosi alla vita dissoluta.
(Zosimo II, 34.2.)
Nell'evoluzione successiva il generale in campo svolse sempre pi le funzioni di una sorta di ministro della guerra,
mentre vennero create le cariche del magister equitum praesentalis e del magister peditum praesentalis ai quali
veniva affidato il comando effettivo sul campo.
In genere le unit palatinae costituivano l'esercito dedicato ad un'intera Prefettura del Pretorio, mentre le unit
comitatenses costituivano l'esercito dedicato ad una singola Diocesi nell'ambito della Prefettura. Analogamente
confer all'"esercito di confine" una connotazione pi peculiare: le unit che lo costituivano furono definite limitanee
(stanziate lungo i limes) e riparienses (operanti lungo i fiumi Reno e Danubio) (in epoca teodosiana alcune di esse
furono rinominate pseudocomitatenses quando trasferite nell'"esercito mobile").
L'ultima profonda modifica apportata all'esercito, a seguito della quale esso assumeva definitivamente la forma
riportata nella Notitia Dignitatum, fu quella realizzata nel 365 da Valentiniano I (Augustus senior presso Milano) e
suo fratello Valente (Augustus iunior presso Costantinopoli). Essi si spartivano presso la localit di Naessus le unit
militari dell'Impero, le quali venivano fisicamente smembrate in due met dette rispettivamente "senior" (assegnate a
Valentiniano I) e "iunior" (assegnate a Valente).[52]
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L'impero romano all'epoca della morte di Teodosio I nel 395, con la divisione
amministrativa dell'impero in prefetture e diocesi.
La nuova organizzazione politico/militare descritta dalla Notitia Dignitatum fu certamente il frutto di una lunga
evoluzione durata circa un secolo, dalle dodici Diocesi di Diocleziano, passando attraverso il sistema costantiniano,
per concludersi con la definitiva divisione dell'Impero romano in Occidentale ed Orientale voluta da Teodosio I ed in
tredici diocesi.
Parte orientale
Ecco come risulta suddivisa la scala gerarchica della parte Orientale, dove all'Imperatore rispondevano due prefetti
del Pretorio, oltre a un Praefectus urbis Constantinopolitanae, un Magister officiorum ed un Comes domesticorum:
1. Praefectus praetorio Orientis, da cui dipendevano tre Vicari per le Diocesi Asiana, Pontica e Thracia, mentre
quelle dell'Aegypttus e d'Oriente erano controllate direttamente dal Prefetto del Pretorio.[53] Le quattro diocesi
erano a loro volta divise in province, governate da un Proconsul, dodici Consulares, un Corrector e trentadue
Praesides.[53] Le province dell'Egitto erano cinque,[54] dell'Asia dieci,[55] Pontiche dieci[56] e sei della Tracia,[57]
mentre le quindici province orientali erano governate direttamente dal Prefetto del Pretorio Orientis[58]
2. Praefectus praetorio Illyrici, da cui dipendevano un Vicarius per la Diocesi di Macedonia, mentre quella della
Dacia era controllata direttamente dal Prefetto del Pretorio.[53] Le due diocesi erano a loro volta divise in
province, governate da un Proconsul, tre Consulares, un Corrector e otto Praesides.[53] Le province della Dacia
erano cinque[59] e quelle della Macedonia sei.[60]
A questa struttura seguiva parallelamente una conseguente divisione territoriale delle forze militari, come segue:
1. Magister militum praesentalis I, che controllava due Duci per l'Egitto[53] (Dux Thebaidos[61] e Dux Libyarum) e
un Comes limitis Aegypti;[53]
2. Magister militum praesentalis II, da cui dipendeva un Duce per il Ponto[53] (Dux Armeniae) ed un altro Comes
per Isauriam;[53]
3. Magister militum per Orientem, da cui dipendevano sei Duci per l'Oriente (Dux Foenicis,[62] Dux Syriae,[63] Dux
Palaestinae,[64] Dux Osrhoenae,[65] Dux Mesopotamiae,[66] Dux Arabiae[67]);[53]
4. Magister militum per Thracias, da cui dipendevano due Duci per la Tracia[53] (Dux Moesiae secundae e Dux
Scythiae);
5. Magister militum per Illyricum, da cui dipendevano due Duci per l'Illirico[53] (Dux Daciae ripensis e Dux
Moesiae primae).
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Parte occidentale
In Occidente la divisione era leggermente differente. All'Imperatore rispondevano sempre due prefetti del Pretorio,
oltre a un Praefectus urbis Romae, un Magister officiorum e un Comes domesticorum, come segue:
1. Praefectus praetorio Italiae, da cui dipendevano tre Vicari per le Diocesi della citt di Roma, d'Italia e
d'Africa.[68]
2. Praefectus praetorio Galliarum, da cui dipendevano tre Vicari per le Diocesi delle Septem Provinciae, delle
Spagne e delle Britannie.[68]
A questa struttura seguiva parallelamente una conseguente divisione territoriale delle forze militari, ma considerando
anche che le forze andavano suddivise tra fanteria (Magister peditum praesentalis) e cavalleria (Magister equitum
praesentalis), come segue:
1. un Numerus intra Italiam,[69] a capo di: un Comes Italiae e un Dux Raetiae primae et secundae;[68][70]
2. un Numerus intra Gallias,[69] a capo dei seguenti funzionari militari: Magister equitum per Gallias, Comes
tractus Argentoratensis, Dux Belgicae secundae, Dux Germaniae primae, Dux Mogontiacensis, Dux Sequanicae,
Dux tractus Armoricani et Neruicani;[68][70]
3. un Numerus intra Illyricum,[69] alle cui dipendenze troviamo: il Comes Illyrici, il Dux Pannoniae secundae, il
Dux Valeriae ripensis e il Dux Pannoniae primae et Norici ripensis;[68][70]
4. un Numerus intra Hispanias,[69] sottoposto al Magister militum praesentalis,[68][70] da cui dipendeva un Comes
Hispaniae;[68][70][71][72]
5. un Numerus intra Tingitaniam,[69] da cui dipendeva il Comes Tingitaniae;[68][70]
6. un Numerus intra Africam,[69] da cui dipendeva il Comes Africae, il Dux limitis Mauretaniae Caesariensis ed il
Dux limites Tripolitani;[68][70]
7. un Numerus intra Britannias,[69] da cui dipendeva il Comes Britanniarum, il Comes litoris Saxonici per
Britannias ed il Dux Britanniarum.[68][70]
Economia
Per approfondire, vedi Economia dell'Impero romano.
Se il III secolo fu un periodo di profonda crisi, il IV fu contraddistinto da una notevole ripresa non solo culturale ma
anche economica,[73] grazie soprattutto al ritorno all'ordine politico dovuto all'opera di Diocleziano e Costantino
dopo il disastroso periodo dell'anarchia militare precedente. Tale ripresa fu pi vigorosa nella parte orientale
dell'Impero, mentre in Occidente, interess soprattutto il Nordafrica, la Gallia Meridionale, alcune aree dell'Hispania
e della Britannia. A partire dalle prime prime invasioni barbariche del V secolo (devastanti furono quelle del
406-407 nelle Gallie e del 408-410 in Italia) inizi, nella parte occidentale, una lunga e progressiva decadenza ed
agonia a livello di produzione agricola e di traffici commerciali, che insieme al calo demografico (dovuto a guerre,
carestie ed epidemie) ed alla crisi delle citt port gradualmente ad un sistema economico chiuso ed autarchico
(iniziatosi a manifestare fin dal III secolo), ovvero al sistema economico curtense dell'Alto Medioevo. Per l'Impero
romano d'Oriente il V secolo fu invece un'epoca di sviluppo economico che si protrasse anche per buona parte del
VI. A partire dal 540 - 550 circa, tuttavia, una profonda crisi demografica ed economica invest ampie regioni del
mondo bizantino, ripercuotendosi soprattutto sulle aree urbane, che, salvo contate eccezioni, entrarono in un secolare
processo di decadenza.
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La crisi produttiva, i cui sintomi si erano gi evidenziati durante l'Alto Impero, si manifest in tutta la sua virulenza
nel III secolo con l'accentuarsi dell'instabilit politica. Le guerre civili e le scorrerie barbariche dell'epoca finirono
per devastare anche le regioni pi fertili e le campagne cominciarono a spopolarsi (fenomeno degli agri deserti),[74]
anche perch i piccoli proprietari terrieri, che gi non se la passavano bene, dovevano affrontare da una parte i costi
dovuti al mantenimento di interi eserciti che transitavano sui loro territori, dall'altra un peso fiscale diventato sempre
pi intollerabile (basti pensare all'introduzione da parte di Diocleziano della iugatio-capitatio[75]). Nel IV secolo la
crisi agricola fu in gran parte riassorbita, grazie anche allo sviluppo del colonato (i latifondi furono suddivisi in
piccoli lotti, affidati a coltivatori o coloni provenienti dalla categoria degli schiavi o dei braccianti salariati, che si
impegnavano a cedere una quota del prodotto al padrone e a non abbandonare il fondo) che permise di recuperare
alla produzione terreni prima trascurati: lo schiavo era incentivato ad accettare questa condizione giuridica perch
aveva qualcosa di proprio che gli permetteva nutrire s e la sua famiglia (evitando anche il rischio dello
smembramento del nucleo familiare per vendite separate), il lavoratore libero invece ebbe di che vivere, anche se
dovette rinunciare a gran parte della propria autonomia perch obbligato a prestare i propri servizi secondo le
esigenze del latifondista che gli aveva affidato in affitto la propria terra. Tuttavia anche l'istituto del colonato
presentava evidenti limiti.[76] Molta gente, infatti, disperata ed esasperata dalle guerre e dagli eccessi della
tassazione, si diede al brigantaggio (in Gallia i contadini ribelli furono detti bagaudi, in Africa nacque il movimento
dei circoncellioni), taglieggiando viandanti e possidenti ed intercettando i rifornimenti, con grave aumento del danno
per l'economia. Come se non bastasse, ricomparvero, soprattutto nel V e VI secolo malaria e peste (tenute sotto
controllo nell'Alto Impero), che infierirono su popolazioni ormai indebolite dalle guerre e dalle endemiche carestie.
Il risultato fu una grave crisi demografica ed economica, che colp non solo le campagne, ma anche le citt, dove
erano confluiti i contadini fuggiti dai campi.
Generalmente gli studiosi contemporanei (da Piganiol a Brown, da Maier ad Heather) concordano sul fatto che
l'economia agricola tardo-imperiale entr in un irreversibile processo di decadenza, in Occidente, non prima del V
secolo. Peter Heather, ad esempio, sulla base di evidenze archeologiche e rilevamenti aerei, sostiene che, lungi
dall'essere in declino, nel IV secolo la produzione agricola raggiunse forse il picco della sua produzione in tutta la
storia romana. Il primo a smentire un'agricoltura in crisi nel IV secolo fu l'archeologo Tchalenko alla fine degli anni
cinquanta: lo studioso scopr nei pressi di Antiochia dei ruderi appartenenti a villaggi un tempo popolati da una
popolazione di contadini abbastanza abbienti da potersi permettere case di ottima qualit; l'analisi dei resti permisero
di ricavare che la popolazione di quei villaggi aveva raggiunto il massimo della sua prosperit proprio all'inizio del
IV secolo, mantenendoli fino al VII secolo senza mai declinare. Rilevamenti aerei successivi, secondo Heather,
"hanno confermato che i villaggi siriani scoperti da Tchalenko non sono affatto un caso isolato di prospera comunit
agricola tardoimperiale".[77] Per esempio, sia le province africane che quelle della Spagna e della Gallia meridionale,
nonch la Britannia, conobbero un periodo di crescita dei livelli di produzione agricola nel IV secolo. Secondo
Heather, "le uniche zone in cui i livelli di prosperit non raggiunsero nel IV secolo il massimo o quasi dell'intera et
romana sono l'Italia e... la Gallia Belgica e la Germania Inferiore..."[78] Le province di frontiera sul Reno, infatti,
erano sottoposte a continue incursioni da parte dei barbari, mentre l'economia dell'Italia declin nel tardo impero a
causa della concorrenza con le province.[79] Secondo Heather le testimonianze delle fonti non necessariamente sono
in contrasto con le evidenze archeologiche: gli "agri deserti", lungi dall'essere aree un tempo coltivate ma poi
abbandonate a causa dell'eccessivo fiscalismo, potrebbero essere state zone perennemente incolte come ad esempio
territorio desertico.[80]
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Due cammelli, che erano costati 500 dracme nel 144, ne costavano 134.000 nel 289; una schiava, che nel 129 si poteva
acquistare per 1.200 dracme, sal al prezzo di 90.000 nel 293.
(Eberhard Horst, Costantino il Grande, Milano 1987, p. 25.)
Un secondo fattore che comport la crisi commerciale, invece, furono le continue incursioni barbariche e lo sviluppo
del brigantaggio, che provocarono gradualmente la chiusura dei circuiti commerciali mediterranei, a loro volta
tendenti a circoscriversi progressivamente in aree pi ristrette. Si arriv, cos, a ripristinare gli scambi e le tasse in
natura e in natura si pagavano i soldati, mediante l'erario militare. Ma il problema che cominciavano a scarseggiare
anche le risorse naturali, a causa della crisi dell'agricoltura. La frammentazione politica seguita alle invasioni
barbariche del V secolo provoc, infine, la definitiva rottura delle relazioni commerciali all'interno del Mediterraneo,
che contribu ad accelerare il rapido abbassamento delle condizioni di vita ed il netto calo demografico nella parte
occidentale dell'Impero.
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Riforme monetarie
La riforma monetaria di Diocleziano, vide anche la creazione di una nuova serie di zecche imperiali dopo quelle
sorte durante il precedente periodo dell'anarchia militare. Erano distribuite nelle diverse province, ad eccezione della
Hispania (le principali): ad Alessandria, Antiochia, Aquileia, Cartagine, Londinium, Mediolanum, Nicomedia,
Sirmium e Tessalonica.
L'aureo torn ad un peso di 1/60 di libbra (= 5,45 g),[85] fu introdotta una moneta in argento (attorno al 294[86]), detta
denarius argenteus, con un peso pari a 1/96 di libbra[86] ossia 3,41 g, tornando al peso della riforma monetaria di
Nerone, peraltro con un titolo pari al 95%, altissimo per quell'epoca.[86] Riguardo poi alle monete in bronzo o rame,
l'antoniniano venne sostituito da una moneta chiamata follis del peso medi di circa 9,72 (con valori compresi tra 11 e
8,5 g)
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"servit della gleba"). L'avanzamento sociale (possibile solo con la carriera militare, burocratica o ecclesiale) non
derivava dalla competizione sui mercati, bens dai favori provenienti dall'alto. comprensibile, a questo punto, che
molti considerassero l'arrivo dei barbari non tanto una minaccia, quanto una liberazione. Ormai si era scavato un
solco profondo tra uno Stato sempre pi invadente e prepotente (soprusi dell'esercito e della burocrazia) e la societ.
Lo Stato che nel V secolo croll sotto l'urto dei barbari era uno Stato ormai privo di consenso.[92]
Quando le popolazioni germaniche occuparono i territori dell'Impero d'Occidente, si trovarono di fronte una societ
profondamente divisa tra una minoranza di privilegiati e una massa di povera gente. La distanza sociale prima
esistente tra lavoratori liberi e schiavi si era, infatti, ridotta notevolmente con l'istituzione del colonato: entrambi
erano dipendenti nella stessa misura dal ricco proprietario del fondo agricolo. Anche questo fenomeno, quindi,
contribu alla biforcazione della societ nelle due principali categorie sociali del Tardo Impero, profondamente
differenti non solo per il censo (poveri e ricchi), ma anche per le condizioni giuridiche (con il fenomeno delle
professioni coatte, infatti, la distanza economica tra classi ricche e classi povere divenne anche una distinzione di
diritto, fissata dalla legge): gli "inferiori" (humiliores), cui appartenevano la massa dei coloni e dei proletari urbani, e
i "rispettabili" (honestiores), cui appartenevano i grandi proprietari terrieri ed i vertici della burocrazia militare e
civile. Solo agli humiliores erano riservate le punizioni pi dure ed infamanti, come la fustigazione e la pena di
morte.
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Quando nel 330 Costantino trasform Bisanzio in una nuova capitale, Nova Roma, conosciuta ben presto come
Costantinopoli, l'Urbe aveva gi cessato da alcuni decenni di essere il centro politico ed economico
dell'impero(Ruffolo 2004,p. 153). Costantinopoli, pur non riuscendo mai ad eguagliare Roma in numero di abitanti
(Cameron 1996,p. 32), fu, dal punto di vista economico, molto pi vivace di quest'ultima. Non solo luogo del
consumo, ma autentica capitale dei traffici e delle produzioni, mantenne questo ruolo, sia pure tra infinite
vicissitudini, per un periodo di pi di mille anni, fino alla caduta per mano turca nel 1453. Pi in generale,
nell'Impero romano d'Oriente il sistema produttivo era ancora efficiente, gli scambi commerciali pi vivaci, ed il
declino delle citt molto meno accentuato che in Occidente (l'eccezione era rappresentata dalle citt della Grecia,
ormai impoverite da lunghi secoli di decadenza ed incapaci di riprendersi del tutto dopo i saccheggi dei Goti e dei
Sarmati nel III secolo). L'economia urbana si reggeva sulla prosperit delle campagne, dove opportune misure
garantirono la sopravvivenza della piccola propriet (soprattutto in Anatolia, Siria, Palestina ed Egitto) contro
l'estendersi dei latifondi,[96] con notevoli vantaggi per la produzione e la demografia (oltre a Costantinopoli, vale la
pena citare fra le citt pi popolose Antiochia, Alessandria d'Egitto e Nicomedia). La disponibilit di moneta era poi
garantita dalle esportazioni e sorresse l'artigianato e la piccola industria, gestiti o controllati dallo Stato. Furono cos
superate le difficolt derivanti dall'alto costo dei trasporti e dalla stasi dei commerci durante i frequenti conflitti. Lo
Stato non riusc invece a risolvere il male tipico del Tardo Impero: l'eccessivo fiscalismo per le spese dell'esercito e
della burocrazia. In ogni caso, l'Impero romano d'Oriente o Impero bizantino riusc a resistere meglio agli assalti dei
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barbari, perch pi ricco di uomini e di risorse, meglio difendibile e meglio organizzato sul piano politico (autocrazia
e centralismo bizantini: l'imperatore d'Oriente si considerava il vicario di Dio in terra, il che lo poneva al vertice non
solo della gerarchia civile, ma anche di quella ecclesiastica. Si trattava di un dispotismo accettato senza problemi
dalle popolazioni mediorientali ed egiziane, abituate da secoli all'adorazione sacrale del potere supremo. A
differenza che in Occidente, il consenso e la subordinazione all'imperatore erano favoriti, nell'Oriente romano, anche
dall'atteggiamento devoto della Chiesa orientale, che identificava le proprie fortune con la tenuta del governo
centrale.
Cultura
Vitalit della cultura classica
La cultura classica continu a mostrare una grande vitalit in epoca tardo-antica e a costituire un prestigioso
strumento formativo delle classi dirigenti del mondo romano del tempo. In effetti ...non vi differenza di rilievo...
scrive Marrou, ...fra il contenuto e i metodi dell'insegnamento o delle forme di vita intellettuale nella tarda antichit
rispetto a quanto si riscontrava nella civilt ellenistica e romana dell'alto impero.[102] Solo una formazione di questo
tipo permetteva infatti, allora come in precedenza, a persone di modesta estrazione di essere accolti nei ranghi delle
classi superiori. Gli imperatori stessi dovevano dare l'esempio: due fondatori di dinastie, Costantino e Valentiniano I,
spinti da un complesso di inferiorit culturale, chiamarono a corte dei precettori d'eccezione, Lattanzio e Ausonio,
per educare i propri figli ed evitare che questi facessero, come loro, la figura di semi-analfabeti.[103]
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Letteratura latina
Alla fine del IV secolo, e per molti secoli a venire, Roma era ancora un prestigioso punto di riferimento ideale non
solo per l'Occidente, ma anche per l'Oriente. Si ha quasi l'impressione che la sua perdita di importanza politica,
definitivamente sancita gi in epoca tetrarchica, le avesse quasi assicurato un ruolo di simbolo "sovranazionale" di
Impero al tramonto. Alcuni grandi uomini di cultura di origine greco-orientale sentirono questo richiamo e scelsero il
latino come lingua di comunicazione. il caso dello storico greco-siriano Ammiano Marcellino, che decise, dopo un
lungo periodo di militanza come ufficiale dell'esercito, di trasferirsi a Roma, dove mor attorno all'anno 400. Nella
Citt Eterna scrisse il suo capolavoro Rerum gestarum libri XXXI, pervenutoci purtroppo in forma incompleta.
Quest'opera, serena, imparziale, vibrante di profonda ammirazione per Roma e la sua missione civilizzatrice,
costituisce un documento di eccezionale interesse, dato il delicato e tormentato momento storico preso in esame (dal
354 al 378, anno della battaglia di Adrianopoli).
Anche l'ultimo grande poeta pagano, il greco-egizio Claudiano (nato nel 375 circa), adott il latino nella maggior
parte dei suoi componimenti (la sua produzione in greco fu senz'altro meno significativa) decidendo di passare gli
ultimi anni della sua breve esistenza a Roma, dove si spense nel 404. Spirito eclettico ed inquieto, trasse ispirazione,
nella sua vasta produzione tesa a esaltare Roma e il suo Impero, dai grandi classici latini (Virgilio, Lucano, Ovidio
ecc.) e greci (Omero e Callimaco). Fra i letterati provenienti dalle province occidentali dell'Impero non possiamo
dimenticare il gallo-romano Claudio Rutilio Namaziano, che nel suo breve De reditu (417 circa) rese un vibrante e
commosso omaggio alla citt di Roma che egli era stato costretto a lasciare per tornare nella su terra di origine, la
Gallia.
L'ultimo grande retore che visse ed oper in questa parte dell'Impero fu il patrizio romano Simmaco spentosi nel
402. Le sue Epistulae, Orationes e Relationes ci forniscono una preziosa testimonianza dei profondi legami, ancora
esistenti all'epoca, fra l'aristocrazia romana ed una ancor viva tradizione pagana. Quest'ultima, cos ben rappresentata
dalla vigorosa e vibrante prosa di Simmaco, suscit la violenta reazione del cristiano Prudenzio che nel suo Contra
Symmachum stigmatizz i culti pagani del tempo. Prudenzio uno dei massimi poeti cristiani dell'antichit. Nato a
Calagurris in Spagna, nel 348, si spense attorno al 405, dopo un lungo e travagliato pellegrinaggio fino a Roma.
Oltre al gi citato Contra Symmachum, autore di una serie di una serie componimenti poetici di natura apologetica
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o di carattere teologico fra cui una Psychomachia (Combattimento dell'anima), una Hamartigenia (Genesi del
Peccato) ed un Liber Cathemerinon (Inni da recitarsi giornalmente).
Nel III, IV e V secolo la letteratura latina declin, non cos il pensiero giuridico, filosofico e teologico che diede i
propri frutti pi alti in quel periodo. Ricordiamo fra i giuristi Ulpiano, Papiniano e Giulio Paolo (inizi del III secolo)
e, per ci che riguarda la teologia e la filosofia, i Padri della Chiesa San Girolamo, Sant'Ambrogio e Sant'Agostino,
massima espressione del pensiero cristiano del primo millennio dell'era volgare. Agostino, avvicinatosi alla filosofia
leggendo l'Ortensio di Cicerone e le opere di Platone a dei neoplatonici, cerc di conciliare la classicit pagana con il
nuovo messaggio cristiano. Svilupp negli anni maturi un poderoso corpus dottrinario la cui influenza si fatta
sentire in et medievale (Pietro Abelardo, Ruggero Bacone, Duns Scoto ecc.), moderna (Martin Lutero, Giansenio,
ecc.) e contemporanea (Sren Kierkegaard in particolare). Il IV secolo anche il secolo di Ammiano Marcellino, un
siro di madrelingua greca ma di espressione latina considerato il massimo storico romano di et tardo-imperiale.
Urbanistica di Roma
Con la Tetrarchia si ebbe una ripresa dell'attivit
edilizia, con la costruzione delle terme di Diocleziano
(le pi grandi di sempre), della basilica e della grande
villa di Massenzio sulla via Appia. L'incendio di Carino
del 283, che aveva distrutto parte del centro cittadino,
rese necessaria una ricostruzione, alacremente
intrapresa, con i restauri al Foro di Cesare, alla Curia,
al Tempio di Saturno, al teatro e ai portici di Pompeo.
Forse risalgono a quegli anni i Cataloghi regionari, che
contengono liste di edifici divisi per regione, dalla
funzione non chiara, ma utilissimi per conoscere lo
stato della citt verso la fine del periodo antico.
Massenzio fu l'ultimo imperatore a scegliere la citt
come sua residenza e capitale, e fu lui ad iniziare una
delle ultime stagioni edilizie imperiali: oltre alla gi
citata basilica, ricostru il Tempio di Venere e Roma,
innalz una nuova villa imperiale, un circo e un
sepolcro per la sua dinastia sulla via Appia. Costantino
sconfisse Massenzio, impresa celebrata con la
costruzione dell'arco di Costantino (315 o 325),
complet la costruzione della basilica nei Fori e inizi
altri lavori come le Terme di Costantino, sul Quirinale.
Alla sua epoca Roma, che continuava ad avere circa un milione di abitanti racchiusi in un perimetro di circa 20
chilometri, poteva contare su: 11 terme e 856 bagni privati (balinea), 37 porte, 29 grandi strade, centinaia di strade
secondarie, 190 granai, 2 grandi mercati (macella), 254 mulini, 11 grandi piazze o fori, 1.152 fontane, 28
biblioteche, 2 circhi, 2 anfiteatri, 3 teatri, 2 naumachie, 10 basiliche e 36 archi di marmo.[34] Presto per l'attenzione
di Costantino si rivolse alla costruzione di edifici cristiani e, soprattutto, decise di dedicarsi alla creazione di una
nuova capitale monumentale, Costantinopoli. Del resto la scelta di nuove capitali imperiali gi da parte degli
imperatori tetrarchi e poi di Costantino, fece s che altre citt provinciali cominciarono ad essere abbellite di edifici
pubblici, piuttosto che la stessa Roma. A Nicomedia in Bitinia, ad esempio, Diocleziano fece erigere senza dubbio
edifici monumentali. Ultima e gigantesca opera di pubblica utilit realizzata a Roma, furono le terme di Diocleziano,
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costruite per servire i popolosi quartieri del Quirinale, Viminale e Esquilino. Per far posto alla gigantesca costruzione
vennero demoliti molti edifici, alcuni dei quali vennero scavati in piazza della Repubblica mentre si costruiva la
fermata della metropolitana.
A Roma si continuarono a innalzare monumenti e archi onorari per tutto il V secolo, come l'arco di Graziano e
Valente, quello di Teodosio, di Arcadio, di Onorio e di Teodorico (405), dei quali oggi non resta per traccia. Tra il
402 e il 405 vennero rifatte le porte nelle mura aureliane con l'aggiunta di torri rotonde ancora oggi esistenti.
Da questo momento in poi le autorit urbane si limitarono a una semplice conservazione e restauro degli edifici della
Roma antica, i quali, svuotati ormai di gran parte delle loro funzioni, andarono incontro a un inesorabile declino, con
molti di essi distrutti volontariamente per usarne i materiali per nuovi edifici.
I primi edifici di culto cristiani della citt furono soprattutto luoghi di riunione e centri comunitari organizzati in case
private (domus ecclesiae e tituli), che prendevano il nome dal primitivo proprietario, in seguito spesso identificato
con il santo titolare. Altri luoghi di culto e centri di sepoltura si trovavano fuori dalle mura, ugualmente presso
terreni privati, senza che si distinguessero esteriormente da quelli pagani.
A partire da Costantino si cominciarono ad erigere le prime grandi chiese cristiane: le basiliche di San Giovanni in
Laterano, Santa Croce in Gerusalemme e le basiliche cimiteriali sorte presso le tombe dei martiri, spesso collegate ai
mausolei della famiglia imperiale e con prevalente funzione cimiteriale (San Sebastiano sulla via Appia, San
Lorenzo sulla via Tiburtina, Basilica dei Santi Marcellino e Pietro sulla via Labicana, Sant'Agnese sulla via
Nomentana e la stessa basilica di San Pietro in Vaticano). Le chiese sorsero tuttavia in aree periferiche, in terreni di
propriet imperiale, pur riprendendo la forma dei grandi complessi pubblici (principalmente basiliche e sale termali).
Fino alla fine del V secolo si continuarono inoltre a restaurare nella citt gli edifici pubblici e i templi pagani, ad
opera della potente aristocrazia senatoriale, rimasta in gran parte legata alle tradizioni pagane.
Negli anni successivi, si ebbero la costruzione di San Paolo fuori le mura (iniziata nel 384 per intervento diretto degli
imperatori cristiani Valentiniano II, Teodosio I e Arcadio) e di Santa Maria Maggiore (iniziata intorno al 420).
Le trasformazioni in chiese di alcuni degli antichi tituli e le nuove costruzioni venivano finanziate da papi e
presbiteri o da ricchi privati cristiani, inglobando spesso le case pi antiche, e con la scelta di luoghi pi vicini al
centro cittadino. Il papa esercitava forse sin dall'inizio una qualche forma di controllo e solo a partire dalla met del
V secolo l'erezione di nuove chiese divenne una sua prerogativa. Sorsero cos le chiese dei Santi Giovanni e Paolo, di
San Vitale, di San Marco, di San Lorenzo in Damaso, di Sant'Anastasia, di Santa Sabina, di San Pietro in Vincoli, di
San Clemente, di Santo Stefano Rotondo.
La posizione decentrata della cattedrale di San Giovanni in Laterano, che si andava accentuando in seguito all'inizio
dello spopolamento della citt, fece s che numerose altre chiese cittadine fossero dotate di battisteri, che si
aggiungevano al costantiniano Battistero Lateranense.
Alarico dei Visigoti marci verso Roma e la saccheggi clamorosamente nel 410. Il sacco di Alarico non fu il pi
drammatico della storia della citt: vi furono episodi cruenti, ma il re visigoto era cristiano (a differenza della sua
popolazione) e rese omaggio alle tombe degli Apostoli, rispettando la sacralit del caput mundi. Al sacco segu una
certa flessione demografica, ma ancora attorno alla met del V secolo sembra che Roma continuasse ad essere la
citt pi popolosa delle due parti dell'Impero, con una popolazione non inferiore ai 650.000 abitanti.[104] Nonostante
ci la violazione dell'Urbe sconvolse il mondo antico, ispirando il De civitate Dei di Sant'Agostino, che si chiedeva
come Dio avesse potuto permettere una profanazione cos inaudita.
Di nuovo Genserico dei Vandali guid via mare il suo popolo dal Nordafrica verso Roma nel 455. Sebbene essi
fossero cristiani (anche se convertiti all'arianesimo), saccheggiarono Roma in forma molto pi spietata di quanto
avesse fatto Alarico quarantacinque anni prima. Tale saccheggio fu formalmente giustificato da Genserico con il
desiderio di riprendere la citt dall'usurpatore Petronio Massimo, assassino di Valentiniano III.
La caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476 non cambi molto le cose per Roma. Gli Eruli di Odoacre e
quindi gli Ostrogoti di Teodorico continuarono, come gli imperatori che li avevano preceduti, a governare l'Italia da
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Ravenna. L'amministrazione della citt era affidata al Senato, da lungo tempo privato dei suoi originari poteri, e
sempre maggiore importanza acquistava il Papa, che in genere veniva da una famiglia senatoria. Durante il regno di
Teodorico venivano ancora restaurati gli edifici pubblici cittadini a cura dello stato.
Roma fu ornata dalle terme di Diocleziano, inaugurate nel 306. Egli provvedette soprattutto a ristrutturare
preesistenti edifici pubblici di epoche precedenti come la Basilica Giulia e la Curia (entrambe nel 303). Massenzio,
l'ultimo imperatore realmente romano, quando fu residente a Roma, dal 306 al 312, fece erigere: la basilica di
Massenzio, il tempio del Divo Romolo in onore del figlio Valerio Romolo (nel 307-309), la propria villa lungo la via
Appia, con annesso omonimo circo (311 ca.) e il mausoleo di Valerio.
Le terme di Diocleziano (Thermae Diocletiani), le pi grandi Terme della Roma antica, furono iniziate nel 298
dall'imperatore Massimiano, nominato Augustus dell'Occidente da Diocleziano, e aperte nel 306, dopo l'abdicazione
di entrambi. L'edificio in mattoni, posto sul colle Viminale, in un recinto di 380 x 365 m, occupava quasi 14 ettari, e
ancora nel V secolo Olimpiodoro affermava che contavano 2400 vasche. Il blocco centrale misurava 250 x 180 m e
potevano accedere al complesso fino a tremila persone contemporaneamente. Per dare l'idea della loro maestosit,
sufficiente ricordare che il colonnato semicircolare dell'attuale piazza della Repubblica (gi piazza Esedra),
realizzato alla fine dell'Ottocento da Gaetano Koch, ricalca esattamente l'emiciclo dell'esedra delle Terme. Erano
alimentate da un ramo dell'Acqua Marcia che partiva da Porta Tiburtina e conduceva l'acqua in una cisterna lunga
pi di 90 m, detta la botte di Termini, che poi fu distrutta nel 1876 per fare spazio alla stazione Termini, che prese il
nome niente meno che dalle "terme" stesse. La straordinaria vastit dell'impianto, e la sua distanza dai luoghi in cui
si era ristretta la scarsa popolazione romana dopo la caduta dell'impero, fecero s che dal XVI secolo in poi diverse
strutture edilizie si annidassero nel grande recinto che - ancora integro nel XVIII secolo, come si vede nella pianta
del Nolli - giunto tuttavia fino ai nostri giorni ancora ben riconoscibile.
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Resti della statua colossale di Costantino I, ora presso il Palazzo dei Conservatori,
un tempo all'interno dell'abside della basilica di Massenzio.
Il circo di Massenzio, detto anche circo di Romolo era un circo romano, fatto edificare intorno al 311 dall'imperatore
Massenzio, all'interno del complesso edilizio inscindibile costruito al terzo miglio della via Appia, e che includeva la
villa di Massenzio e il mausoleo del figlio Valerio Romolo. La villa si configurano come l'ultimo atto della
trasformazione di un'originaria villa rustica repubblicana del II secolo a.C., costruita in posizione scenografica sul
declivio di una collina rivolta verso i Colli Albani. Dopo una fase risalente al primo impero, nel II secolo la villa sub
una radicale trasformazione ad opera di Erode Attico che la inglob nel suo Pago Triopio.
La Basilica di Massenzio o, pi propriamente, di Costantino, fu l'ultima e la pi grande basilica civile del centro
monumentale di Roma (100 x 65 metri), posta all'estremit nord-est su quella che anticamente era il colle della Velia
e che raccordava il Palatino con l'Esquilino. Non faceva parte del Foro Romano propriamente detto (pur rientrando
oggi nell'area archeologica che lo comprende, estesa fino alle pendici della Velia), ma era nelle immediate adiacenze
di esso. Nelle fonti antiche la basilica ricordata come Basilica Nova,[105] o Basilica Constantini,[106] o Basilica
Constantiniana.[107] La basilica fu inizialmente fatta costruire da Massenzio agli inizi del IV secolo e fu terminata e
modificata da Costantino I[108] in prossimit del tempio della Pace, gi probabilmente in abbandono, e del tempio di
Venere e Roma, la cui ricostruzione fece parte degli interventi massenziani. La sua funzione era prevalentemente di
ospitare l'attivit giudiziaria di pertinenza del prefetto urbano. Nell'abside venne collocata una statua colossale,
acrolito costruito parte in marmo e parte in legname e bronzo dorato, alto 12 m. La statua raffigurava in origine lo
stesso Massenzio e in seguito venne rilavorata con i tratti di Costantino. Alcune parti marmoree superstiti furono
scoperte nel 1487 e sono ora nel cortile del palazzo dei Conservatori sul Campidoglio (Musei Capitolini). La sola
testa misura 2,60 m e il piede 2 m.
L'architettura dell'arco di Costantino, inaugurato nel 315, grandiosa, di equilibrata armonia, con un corredo
scultoreo in buona parte di spoglio da monumenti anteriori (fregio spezzato e Daci prigionieri di epoca traianea,
tondi adrianei, pannelli aureliani), in una sorta di commemorazione di tutti gli imperatori pi amati, dopo Augusto,
che concorrevano a onorare Costantino. Di nuova fabbricazione furono alcuni rilievi in vari punti dell'arco e
soprattutto uno stretto fregio ricco di figure che inizia nell'angolo verso il Foro, si inserisce tra i fornici minori e i
tondi adrianei e si conclude sul lato nord con le grandi composizioni dell'Oratio e della Liberalitas di Costantino, nel
punto dove in precedenza si trovavano di solito scene di sacrificio e processioni pagane. Le scene raccontano le
principali vicende della guerra contro Massenzio: la partenza da Milano, l'Assedio di Verona, la battaglia di Ponte
Milvio, l'ingresso a Roma e le due gi citate scene di cerimonia pubblica.
Le terme di Costantino erano un complesso termale costruito sul colle Quirinale, da Costantino I intorno al 315, e
forse iniziato sotto Massenzio. Si trovavano in corrispondenza del terrapieno sorretto da muraglione di villa
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Aldobrandini, tagliato poi da via Nazionale. I resti delle terme furono distrutti con la costruzione di Palazzo
Rospigliosi e con l'apertura della via. Le terme erano piuttosto piccole ed esclusive, soprattutto se confrontate con le
vicine terme di Diocleziano, grandiose ma dalla clientela sicuramente "popolare". Da queste terme provengono le
statue dei Dioscuri poste attualmente alla base dell'obelisco del Quirinale nella omonima piazza, due statue di
Costantino (una oggi nella basilica di San Giovanni in Laterano e una sulla balaustra di piazza del Campidoglio), una
di suo figlio Costantino II come cesare.
A Roma Costantino fece costruire la prima basilica cristiana, San Giovanni in Laterano (314-324?), posta accanto al
palazzo Lateranense che assegn al vescovo, dove forse aveva risieduto gi Massenzio. Altri edifici di culto furono
la chiesa dei Santi Marcellino e Pietro, il mausoleo per la madre Elena (oggi Tor Pignattara) e una piccola basilica
sul luogo della tomba dell'apostolo Pietro, poi trasformata in grande basilica a cinque navate, modellata su San
Giovanni, a partire dal 324 e terminata da Costantino II. Altre basiliche del periodo furono la Basilica di San
Lorenzo fuori le mura (dal 315) e l'antica basilica di San Pietro in Vaticano (326-333). Novit delle basiliche
costantiniane rispetto al loro modello (le basiliche civili romane) furono il transetto, di origine ancora discussa, e
l'arco trionfale che inquadra l'abside sul lato minore. Si diffuse inoltre la copertura a capriate piuttosto che con le
volte di gittate in opera cementizia.
La chiesa di Santa Costanza era il mausoleo per la figlia di Costantino, Costantina, ed era impostato a pianta centrale
con una cupola poggiante su un anello di doppie colonne. Oggi una chiesa sita in via Nomentana, all'interno del
complesso monumentale di Sant'Agnese fuori le mura. Fu fatto costruire nel 350, come proprio mausoleo, da
Costantina, figlia di Costantino I, a ridosso della Basilica costantiniana, presso la sepoltura di sant'Agnese, della
quale Costantina era una devota. Vi furono sepolte sia Costantina sia la sorella Elena. L'edificio fu detto "di Santa
Costanza" a seguito del fatto che Costantina erroneamente fu scambiata per una santa.
Arte
L'arte dioclezianea e della tetrarchia rappresent la produzione artistica che si svilupp durante il regno del grande
imperatore dalmata e negli anni immediatamente successivi, cio dal 284 fino agli inizi del IV secolo, allorquando
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Costantino I prese il potere e sconfisse i rivali ripristinando il sistema del sovrano unico). In questo periodo
permasero alcune tendenze classicheggianti dell'et di Gallieno, come i rilievi attribuiti all'Arcus Novus del 294 con
figure di Vittorie e barbari (Firenze, giardino di Boboli). La vera novit fu rappresentata dalla moltiplicazione delle
capitali imperiali, abbellite con importanti monumenti, spesso eretti in una sorta di competizione tra i vari imperatori.
Diocleziano a Nicomedia, in Bitinia, fece edificare costruzioni monumentali, di cui, purtroppo, sono rimasti solo dei
resti insignificanti che non sono mai stati studiati adeguatamente.
L'arte costantiniana, che si colloca nel IV secolo durante il dominio dell'imperatore Costantino I (indicativamente dal
312) al 337), rappresent l'affermazione dello stile plebeo nell'arte ufficiale anche prodotta da Senato, soprattutto a
partire dal fregio dell'Arco di Costantino. Ma accanto allo stile "plebeo" sopravvive la corrente espressionistica del
III secolo (uso del trapano, accentuato chiaroscuro) e prende il via una corrente classicismo aulico ispirata all'arte
augustea, la cosiddetta "rinascenza costantiniana".
L'arte teodosiana (indicativamente dal 379 al 450), svilupp una corrente classicheggiante, dai toni aulici e
preordinati a una precisa etichetta che dettava forme e contenuti, ancora pi che nel precedente periodo dell'arte
costantiniana. Le reminiscenze ancora presenti durante il regno di Anastasio I (491-518) sono considerate, forse
erroneamente, uno stile tardo-teodosiano.
L'arte paleocristiana designa, invece, la produzione artistica dei primi secoli dell'era cristiana, compresa entro limiti
di spazio e di tempo convenzionali: le testimonianze pi importanti risalgono in genere al III-IV secolo, poi si inizia
a parlare anche di arte dei singoli centri artistici: arte bizantina, arte ravennate, ecc. L'arte paleocristiana comunque si
situa nell'orbita di Roma imperiale ed ha il suo momento di massimo splendore fra i primi decenni del IV secolo e gli
inizi del VI secolo, fino al 604, anno della morte di Gregorio Magno, tanto che l'ideale cristiano assunse, ai suoi
inizi, le forme offerte dall'arte della tarda antichit. Una specifica iconografia cristiana si svilupp solo gradualmente
e in accordo col progredire della riflessione teologica.
Note
[2] (Johannes Lwenklau indicato dal Mazzarino con il nome di Iohannes Lwenklav o Leunclavio).
[5] .
[7] importante sottolineare la rinascita del IV secolo... precipitosi mutamenti religiosi e culturali della tarda antichit non avvennero in un
mondo che viveva all'ombra della catastrofe. Tutt'altro: vanno visti nel clima di una societ ricca e straordinariamente in ripresa ().
[8] .
[9] .
[10] .
[11] .
[13] Il mondo bizantino occupa un ruolo incerto nella storiografia. Faceva parte dell'Europa o apparteneva all'Oriente? ()
[14] .
[15] La citazione tratta dall'intervento di Salvatore Cosentino Fine della fiscalit, fine dello stato romano? in .
[16] .
[17] Michael Grant, Gli imperatori romani: storia e segreti, Roma, Newton Compton, 1984, p. 265; Christopher Scarre, Chronicle of the roman
emperors: the reign-by-reign record of the rulers of Imperial Rome, New York, Thames and Hudson, 1995, pp. 197-198. ISBN
978-0500050774
[18] .
[19] Spesso, per non privarsi della manodopera necessaria alla coltivazione delle loro terre, i latifondisti riscattavano dal servizio militare i loro
contadini, versando al fisco una quota in denaro, che era usata dallo Stato per reclutare i barbari (il problema in realt molto discusso: cfr.
Jean-Michel Carri, Eserciti e strategie in AA.VV., Storia di Roma, II.2, Torino, Einaudi, 1991, pp. 137-139).
[20] Gibbon (Capitolo XVII) narra che molti giovani si tagliarono le dita della mano destra pur di non essere arruolati.
[21] : ...hi enim adfuerunt auxiliares: Franci, Sarmatae, Armoriciani, Liticiani, Burgundiones, Saxones, Ripari, Olibriones, quondam milites
Romani, tunc vero iam in numero auxiliarium exquisiti, aliaeque nonnulli Celticae vel Germanie nationes...
[22] : ...Odoacer Torcilingorum rex habens secum Sciros, Herulos diversarumque gentium auxiliarios Italiam occupavit...
[23] Procopio di Cesarea, De bello gothico, I, 23.
[25] Incerti panegyricus Constantino Augusto dictus VI, 21, 4.
[26] Anche se si pensa che la madre di Costantino propendesse pi per la religione ebraica, tanto da restare delusa alla notizia della conversione
al cristianesimo del figlio ().
[30] http:/ / ancientrome. ru/ ius/ library/ ulpianus/ tituli. htm
182
Tarda antichit
[31] http:/ / ancientrome. ru/ ius/ library/ codex/ theod/ sirmond. htm
[32] http:/ / ancientrome. ru/ ius/ library/ vatican/ FragVat. htm
[33] .
[34] .
[35] Giuseppe Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. III: Dal III secolo alla fine dell'Impero d'Occidente, Rimini, Il
Cerchio editore, p. 33. ISBN 88-8474-215-3
[36] .
[37] Giovanni Lido stima le dimensioni dell'esercito di Diocleziano in 389.704 armati di terra, 435.266 comprendendo anche i reparti della
marina militare romana (De Mensibus, I, 27), quest'ultima "ricostruita" durante la tetrarchia, dopo la crisi del III secolo (Michel Redd, Mare
nostrum: les infrastructures, le dispositif et l'histoire de la marine militaire sous l'Empire romain, Paris, de Boccard, 1986, pp. 623-641. ISBN
27-2830-114-X).
[38] .
[39] Cascarino, op. cit., pp. 46-48.
[40] ; Panegyrici latini V, 18; .
[41] .
[42] Acta Maximiliani: in sacro comitatu dominorum nostrorum Diocletiani et Maximiani, Constantii et Maximiani (= Galerio) milites christiani
sunt et militant.
[43] Simon MacDowall; Christa Hook, Late Roman cavalryman, 236-565 AD, London, Osprey, p. 4. ISBN 18-5532-567-5
[44] .
[45] .
[46] .
[47] Giovanni Lido, De magistratibus, II, 10; .
[48] Secondo Giorgio Ruffolo la cifra di un milione di uomini sotto Costantino esagerata ().
[49] MacDowall e Hook, op. cit., p. 5.
[50] Cascarino, op. cit., p. 52.
[51] .
[52] .
[53] Notitia Dignitatum, Orien., I.
[54] Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le cinque province egiziane erano: Libya superior, Libya inferior, Thebais, Aegyptus, Arcadia.
[55] Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le dieci province asiatiche erano: Pamfylia, Hellespontus, Lydia, Pisidia, Lycaonia, Frygia
Pacatiana, Frygia salutaris, Lycia, Caria e Insulae.
[56] Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le dieci province pontiche erano: Galatia, Bithynia, Honorias, Cappadocia prima, Cappadocia
secunda, Pontus Polemoniacus, Helenopontus, Armenia prima, Armenia secunda, Galatia salutaris.
[57] Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le sei province tracie erano: Europa, Thracia, Haemimontus, Rhodopa, Moesia secunda e Scythia.
[58] Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le quindici province sotto il diretto controllo del prefetto del Pretorio d'Oriente erano: Palaestina,
Foenice, Syria, Cilicia, Cyprus, Arabia [et dux et comes rei militaris], Isauria, Palaestina salutaris, Palaestina secunda, Foenice Libani,
Eufratensis, Syria salutaris, Osrhoena, Mesopotamia e Cilicia secunda.
[59] Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., III) le cinque province daciche erano: Dacia mediterranea, Dacia ripensis, Moesia prima, Dardania,
Praeualitana et pars Macedoniae salutaris.
[60] Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., III) le sei province macedoniche erano: Achaia, Macedonia, Creta, Thessalia, Epirus vetus, Epirus
nova et pars Macedoniae salutaris.
[61] Notitia Dignitatum, Orien., XXXI.
[62] Notitia Dignitatum, Orien., XXXII.
[63] Notitia Dignitatum, Orien., XXXIII.
[64] Notitia Dignitatum, Orien., XXXIV.
[65] Notitia Dignitatum, Orien., XXXV.
[66] Notitia Dignitatum, Orien., XXXVI.
[67] Notitia Dignitatum, Orien., XXXVII.
[68] Notitia Dignitatum, Occ., I.
[69] Adrian Keith Goldsworthy, Storia completa dell'esercito romano, Modena, Logos, 2005, p. 204.
[70] Notitia Dignitatum, Occ., VII.
[71] Notitia Dignitatum, Occ., XLII.
[72] Julio Rodrguez Gonzlez, Historia de las legiones Romanas, Madrid, Almena Ediciones, 2003, p. 530. ISBN 84-9617-002-0
[73] importante sottolineare la rinascita del IV secolo... precipitosi mutamenti religiosi e culturali della tarda antichit non avvennero in un
mondo che viveva all'ombra della catastrofe. Tutt'altro: vanno visti nel clima di una societ ricca e straordinariamente in ripresa ()
[74] Gli imperatori furono costretti, specialmente nelle province danubiane, a chiamare popolazioni barbariche per ripopolare le campagne.
[75] Ogni proprietario fu tassato sulla base di ciascuna persona che impiegava nel lavoro dei campi (caput) e per ogni pezzo di terra (iugum)
sufficiente a produrre quanto necessario in un anno al mantenimento di una persona.
183
Tarda antichit
[76] Legare il colono alla terra mediante la coercizione non era certo un modo per aumentare la produttivit o per migliorare la sorte dei
lavoratori ().
[77] .
[78] .
[79] .
[80] .
[81] Una libbra d'oro (circa 327 grammi), equivalente a 1.125 denarii d'argento alla fine del II secolo, ne valeva 50.000 al tempo di Diocleziano
(Arnaldo Momigliano, Sesto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1980, p.
637).
[82] Anche del 700-900% ().
[83] Diocleziano non era certo un economista. Era sinceramente convinto che il disordine monetario fosse dovuto a una perversa combinazione
di una moneta e di uomini entrambi cattivi. Una volta messe in circolazione delle buon monete e ristabilite le condizioni della fiducia
occorreva castigare gli uomini cattivi con le maniere forti: quelle sulle quali in ultima analisi, da soldato rude, Diocleziano contava ().
[84] Equivaleva a un sessantesimo di libbra d'oro.
[85] Adriano Savio, Monete romane, Napoli, Jouvence, 2001, p. 206. ISBN 88-7801-291-2.
[86] Savio, op. cit., pp. 212-213.
[87] Il bilancio militare all'inizio del III secolo era salito a 3 miliardi di sesterzi, pari al 75% della spesa pubblica, che a sua volta contava per il
20% del PIL ().
[88] Ai tempi di Augusto la spesa pubblica (pari a circa il 5% del PIL era finanziata per un terzo dalle imposte dirette (fondiaria e personale) e
per il resto da imposte indirette, dazi commerciali e redditi dei patrimoni imperiali: dunque la pressione fiscale si riduceva al 4% del PIL. Ai
tempi di Diocleziano e Costantino, invece, la pressione fiscale quadruplic, fino ad arrivare a circa la met del PIL intorno alla met del IV
secolo. Un indice quantitativo indiretto del fenomeno costituito dal progressivo aumento dei reliquia, ovvero gli arretrati delle tasse, che
documentano una impossibilit di pagare o incapacit di incassare le tasse ().
[89] La corruzione nel Tardo Impero, a differenza che nell'Alto Impero, non era pi semplicemente tollerata o dissimulata, ma ostentata ed
acclamata. I poteri di fatto erano gestiti da una vera e propria categoria sociale (a Roma li chiamavano maiores o priores), che comprava e
vendeva tutto. C'era un vero mercato dei favori e dei delitti. Un verdetto di esilio costava 300.000 sesterzi, uno strangolamento in carcere
700.000. La rete dei poteri di fatto riusciva spesso a neutralizzare l'intervento correttivo dei funzionari e dello stesso imperatore. Agenti
principali della corruzione erano gli esattori: quelli pubblici (publicani) e quelli semiprivati: Richiedevano barche, cibo, cavalli; molestavano
le spose. Arruolavano abusivamente contadini inermi, d'autorit, o intascavano dai latifondisti il prezzo del mancato arruolamento (Ramsay
McMullen, La corruzione e il declino di Roma, Bologna, Il Mulino, 1991. ISBN 88-1503-265-7).
[90] L'indizione era una specie di finanziaria annuale, sulla base della quale erano calcolate le spese che l'Impero avrebbe dovuto sostenere l'anno
seguente e quindi le entrate delle quali aveva bisogno.
[91] Stazionaria era l'economia, stazionaria divenne anche la societ.
[92] .
[93] Comprendeva non solo le distribuzioni gratuite di denaro o generi alimentari, ma anche l'allestimento di giochi, feste e gare, oppure la
realizzazione di templi, circhi, terme e teatri.
[94] La grande espansione urbana di Ravenna, nel V secolo rese necessaria una nuova cinta muraria in et gotica. Cfr. Andr Guillou,
Rgionalisme et indpendance dans l'empire byzantin au VIIe sicle. L'exemple de l'Exarchat et de la Pentapole d'Italie (Studi storici, Fasc.
75 e 76), Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 1969, pp. 69-70 e nota.
[95] Tra i 700.000 e il milione di abitanti sembra un ordine di grandezza del tutto plausibile per l'Urbs imperiale fino all'inizio del V secolo.
Cit. da Andrea Giardina (a cura di), Roma antica, Milano, Mondadori, 2002, p. 92 su licenza della Laterza (Roma-Bari, Giuseppe Laterza &
figli, 2000). Richard Krautheimer, per la stessa epoca, fissa il numero di 800.000 abitanti (cfr. Rome, Profile of a City, 312-1308, Princeton,
Princeton University Press, 1980, p. 4).
[96] Sia l'Asia minore che l'Egitto non avevano conosciuto lo sviluppo dell'economia schiavile di massa, con l'estensione del latifondo, e non
furono quindi troppo toccate dal declino della schiavit ().
[97] .
[98] .
[99] .
[100] .
[101] .
[104] ...alla met del V secolo...si pu immaginare che il totale della popolazione [di Roma] dovesse essere qualcosa di pi dei due terzi di un
milione. Cit. da Arnold Hugh Martin Jones, Il tramonto del mondo antico, Bari, Giuseppe Laterza & figli, 1972, pp. 341-342 (titolo originale:
Arnold H. M. Jones, The Decline of the Ancient World, London, Lonmans, Green and Co. Ltd, 1966).
[105] Curiosum urbis Romae regionum XIIII, IV.
[106] Polemio Silvio, Laterculus, pubblicato in Theodor Mommsen (a cura di), Chronicorum minorum saec. IV. V. VI. VII, I, Berlino 1892, p.
545 ( testo in rete (http:/ / mdz10. bib-bvb. de/ ~db/ bsb00000798/ images/ index. html?id=00000798& nativeno=545)).
[107] Chronographus anni 354, p. 146; Notitia urbis Romae, IV.
[108] .
184
Tarda antichit
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Tarda antichit
187
Voci correlate
Cronologia della tarda antichit
Impero romano d'Occidente
Impero bizantino
Altri progetti
Portale Medioevo
Portale Storia
Evoluzione nel tempo dell'estensione dei domini di Roma dall'et regia, alla Repubblica ed all'Impero, fino a quello bizantino.
Data
284 - 476
Luogo
Esito
Germani e
Sarmati
Impero romano
Sasanidi
Berberi ed Arabi
Comandanti
Imperatori romani e
Numerosi
Magistrati consolari
La storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale rappresenta una cronologia di tutte le
campagne militari da Diocleziano (284) alla caduta dell'Impero romano d'Occidente (476).
Contesto storico
Per approfondire, vedi Storia delle campagne dell'esercito romano in et alto-imperiale e Tetrarchia.
Verso la met del IV secolo la pressione delle trib germaniche sui confini del Danubio e del Reno era diventata
molto forte, incalzata dagli Unni provenienti dalle steppe centro-asiatiche (probabilmente la stessa popolazione,
ricordata con il nome di Hsiung-Nu, che un secolo prima avevano insidiato l'Impero cinese presso la Grande
Muraglia). L'irruzione degli Unni sullo scacchiere europeo modific profondamente i caratteri degli attacchi
germanici contro il territorio romano: se durante il III secolo la modalit prevalente era stata quella delle incursioni
con finalit di saccheggio, esaurite le quali le varie trib, federazioni o coalizioni facevano ritorno nei loro
insediamenti posti immediatamente al di l del Limes romano, nel IV presero avvio migrazioni di massa verso
l'Impero. In questo processo, a spostarsi erano non soltanto pi i guerrieri, ma l'intero popolo, in cerca di nuove aree
di stanziamento; la migrazione, comunque, non sostitu completamente la razzia, ma le due modalit si intersecarono
e si sovrapposero ripetutamente. Contemporaneamente sul fronte orientale gli scontri che continuavano a susseguirsi
ormai da oltre due secoli avevano creato una situazione di costante allerta tra i due imperi, che forse non
comprendevano ancora l'utilit di una non belligeranza tra i due contendenti, per potersi concentrare definitivamente
contro le orde barbariche provenienti dalle steppe del Nord Europa ed Asia.
Forze in campo
Per approfondire, vedi Esercito romano, Limes romano, Notitia Dignitatum e Dislocazione delle legioni romane.
Per approfondire, vedi Ingegneria militare romana e Assedio (storia romana).
Diocleziano riform ed organizz l'esercito romano che era uscito dalla grande crisi del III secolo. Alcuni suoi atti
erano gi stati in parte preceduti dalle trasformazioni volute dai suoi predecessori (in particolare da Gallieno che
aveva introdotto la distinzione tra unit stabili alla frontiera - limitanee e ripariane - ed unit mobili nelle retrovie
ovvero "riserva strategica").
La nuova riorganizzazione militare di Diocleziano e perfezionata da Costantino I port a raddoppiare il numero delle
legioni (oltre 60) pur dimezzandone gli effettivi rispetto a quelle del principato, per meglio distribuire le forze lungo
i confini imperiali ed a ridosso delle stesse in profondit.
188
Con la morte dell'imperatore Numeriano nel novembre del 284, a cui il padre Caro aveva affidato l'Oriente romano,
ed il rifiuto delle truppe orientali di riconoscere in Carino (il primogenito di Caro) il naturale successore, fu elevato
alla porpora imperiale un validissimo generale di nome Diocleziano. La guerra civile che ne scatur vide, la sconfitta
e morte di Caro in seguito ad una congiura ad opera dello stesso Diocleziano (primavera del 285).[1]
Ottenuto il potere, Diocleziano cre prima nel 285-286 una diarchia, in cui i due imperatori si dividevano l'impero su
base geografica (Oriente ed Occidente).[2] Nel 293, vista la crescente difficolt a mantenere l'ordine sia interno che
esterno ai confini imperiali, si procedette a un'ulteriore divisione funzionale e territoriale con la creazione di una
Tetrarchia.
Per approfondire, vedi Guerra civile romana (306-324), Costantino I e Dinastia costantiniana.
189
soldati.[13]
Al contempo, i Franchi compivano raid attraverso il Mare del nord e il Canale della Manica,[14] i Vandali premevano
lungo il Reno, gli Iutungi sul Danubio, gli Iazigi, i Carpi e i Taifali tormentavano la Dacia, e i Gepidi si univano a
Goti ed Eruli in azioni lungo il Mar Nero.[15]
Circa nello stesso periodo, trib poco conosciute come Bavari, Baquati e Quinquegentiani[16] razziavano la provincia
d'Africa.[15]
190
Anche i successivi imperatori Valente e Teodosio dovettero vedersela con degli usurpatori che sconfissero,
rispettivamente, nella battaglia di Thyatira, nella battaglia della Sava e in quella del fiume Frigido.
Invasioni sotto Valentiniano e Valente (364-375)
Per approfondire, vedi Invasioni barbariche del IV secolo, Campagne suebo-sarmatiche di Valentiniano I e
Campagne in Britannia del Conte Teodosio.
Spentosi Gioviano, i soldati elessero imperatore in Bitinia Valentiniano I, il quale, per richiesta dell'esercito, associ
al trono suo fratello Valente. Valentiniano avrebbe governato le province dell'Impero d'Occidente, mentre Valente
quelle dell'Impero d'Oriente. I due nuovi imperatori dovettero affrontare minacce esterne su tutti i fronti: secondo
Ammiano Marcellino, a quei tempi la Gallia e la Rezia erano devastate dagli Alamanni, la Pannonia dai Sarmati e
dai Quadi, la Britannia dai Sassoni, Scoti e Attacotti, mentre l'Africa era esposta ai saccheggi dei Mauri e degli
Austuriani, e la Tracia era devastata dai Goti; anche l'Armenia, inoltre, era minacciata dallo sci di Persia Sapore
II.[19]
Come se non bastasse, in Oriente si verific l'usurpazione di Procopio, il quale minacci seriamente il trono di
Valente, fino a quando l'Imperatore legittimo non riusc ad aver la meglio sull'usurpatore nella battaglia di
Thyatira.[20] Dopo aver represso l'usurpazione, Valente decise di intraprendere una spedizione punitiva contro i Goti,
rei di aver appoggiato l'usurpazione di Procopio.[21] Varc il Danubio attraverso un ponte di navi, senza per trovare
esercito che gli si opponesse, perch i Goti, terrorizzati, avevano cercato riparo su monti inaccessibili; l'anno
successivo, Valente tent di nuovo di varcare il Danubio, ma ne fu impedito dalle acque del fiume; nel terzo anno
consecutivo di campagne contro i Goti, l'esercito di Valente penetr di nuovo in territorio gotico, assalendo i
Greutungi e mettendo in fuga il re goto Atanarico; una volta ritornato a Marcianopoli per svernarvi, Valente ricevette
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Ma la minaccia maggiore fu quella delle trib gote, che minacciate dall'espansionismo verso occidente degli Unni,
decisero di migrare in territorio romano. Nel 376 due popolazioni gote, Grutungi e Tervingi, inviarono ambasciatori
ad Antiochia per chiedere all'Imperatore d'Oriente Valente ospitalit in Tracia. Valente, impegnato sul fronte
persiano ed essendo impossibilitato a impedire il passaggio all'interno dei confini dei Barbari essendo il Danubio
sguarnito di truppe, accett ma, per limitare i danni, fece attraversare il Danubio solo ai Tervingi, tenendo fuori
dall'Impero i Greutungi.[39] Finora Roma, quando concedeva l'ospitalit a migranti barbari, sparpagliava i nuovi
arrivati per tutto l'Impero per distruggere la loro coesione e renderli inoffensivi prevenendo cos eventuali rivolte.[40]
Invece, questa volta, ai Goti furono concesse condizioni favorevoli: tutti i migranti si stanziarono in Tracia, luogo
scelto da loro, invece di venire sparpagliati per tutto l'Impero.[41]
I Goti, tuttavia, si trovarono presto in difficolt perch si trovarono in carenza di cibo, e subirono vari maltrattamenti
da parte degli ufficiali romani. Il generale Lupicino, constatando l'ostilit crescente dei Tervingi, decise di
trasportarli pi vicino a Marcianopoli; per attuare questa decisione, fu per costretto a sguarnire il Danubio di truppe,
permettendo cos ai Greutungi di attraversarlo senza permesso. Lupicino allora tent di assassinare i capi goti
durante un banchetto in loro onore, fallendo; ci determin la rivolta dei Goti, che iniziarono a devastare i Balcani
orientali, infliggendo una prima sconfitta all'esercito di Lupicino. Valente, allarmato, invi un ambasciatore in Persia
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Nel 383, l'Imperatore Graziano, essendosi attirato l'odio dell'esercito per aver arruolato come Foederati dei guerrieri
Alani, pagandoli di pi rispetto alle truppe regolari, dovette affrontare una seria rivolta dell'esercito di Britannia, il
quale elesse imperatore Magno Massimo: l'usurpatore sbarc con il suo esercito in Gallia e si confront in battaglia
con il legittimo imperatore Graziano.[46] Dopo una battaglia durata cinque giorni, Graziano, a causa delle continue
diserzioni che rinforzavano man mano l'esercito dell'usurpatore, fu costretto alla fuga, marciando verso la Rezia, il
Norico, la Pannonia e la Mesia Superiore, inseguito dagli uomini di Massimo, condotti da Andragazio.[46] Questi
riusc a raggiungere il fuggitivo Graziano mentre stava per attraversare il ponte a Sigidunus, e lo uccise.[46] Una
volta ucciso il legittimo imperatore Graziano, l'usurpatore Massimo invi un'ambasceria presso l'Imperatore
Teodosio, proponendogli il riconoscimento e un'alleanza militare: Teodosio, pur riconoscendo seppur solo
temporaneamente a Massimo una quota dell'Impero (la Gallia e la Britannia), stava gi allestendo i preparativi per
una guerra contro l'usurpatore.[47]
Nel frattempo (388) l'usurpatore Massimo stava volgendo le sue mire sull'Italia, prefettura dell'Impero ancora
governata dal giovane Valentiniano II, fratello di Graziano, sognando di potersi impadronire dell'intero Impero
d'Occidente, e non solo delle province galliche.[48] Tuttavia, essendo conscio che attraversare le Alpi sarebbe stato
rischioso perch ben difendibili a causa dei passaggi stretti, decise di rinviare l'invasione dell'Italia.[48] Nel frattempo
Valentiniano II invi un ambasciatore, Domnino, presso l'usurpatore, proponendo la continuazione della pace:
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L'estrema agonia di Roma inizi quando, intorno al 395, i Visigoti si ribellarono.[62] Guidati da Alarico,[63] tentarono
di prendere Costantinopoli,[64] ma furono respinti e, in cambio, si diedero a saccheggiare buona parte della Tracia
nella Grecia settentrionale.[63][65] L'Impero d'Oriente quindi nomin il visigoto Alarico magister militum per
Illyricum e il goto Gaina magister militum praesentalis. Nel 400 una reazione antigermanica scoppiata a
Costantinopoli port, tuttavia, alla rovina del goto Gaina (magister militum praesentalis) e all'espulsione dei
Germani dall'esercito romano-orientale: i Germani furono in seguito riammessi nell'esercito d'Oriente, ma non pi
come foederati autonomi condotti dai propri capi tribali bens come mercenari condotti da generali imperiali.[66] I
Visigoti, quindi, si spostarono ad Occidente.
Nel 402 assediarono Mediolanum, la capitale dell'imperatore romano Onorio, difesa da truppe gotiche. L'arrivo del
romano Stilicone con il suo esercito, costrinse Alarico a togliere l'assedio e a dirigersi verso Hasta (Asti) nel
nordovest dell'Italia, dove Stilicone lo attacc nella battaglia di Pollenzo,[67][68] conquistando l'accampamento di
Alarico. Stilicone si offr di restituire i prigionieri in cambio del ritorno dei Visigoti in Illyricum, ma Alarico, giunto
a Verona, arrest la sua ritirata. Stilicone attacc di nuovo nella battaglia di Verona (403)[69] e sconfisse nuovamente
Alarico,[70] costringendolo a ritirarsi dall'Italia.
Nel 405 gli Ostrogoti invasero la stessa Italia, ma furono sconfitti. Tuttavia, nel 406, varie trib, probabilmente
pressate da un ulteriore avanzamento verso occidente degli Unni, approfittarono del gelo per attraversare in massa la
superficie ghiacciata del Reno: Vandali, Svevi, Alani e Burgundi sciamarono attraverso il fiume, incontrando una
debole resistenza nel sacco di Moguntiacum (Magonza) e nel Sacco di Treviri,[71] e aprendosi le porte alla completa
invasione della Gallia. Nonostante questo grave pericolo, o forse proprio a causa di esso, l'esercito romano continu
ad essere dilaniato da usurpazioni nelle province galliche, mentre in Italia Stilicone, principale difensore di Roma in
quel periodo, fu messo a morte con l'accusa di tradimento.[72]
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Gli anni dal 423 al 433 furono caratterizzati da lotte interne per il potere che contribuirono al peggioramento della
situazione. Dopo il decesso di Onorio fu eletto Imperatore Giovanni, che per non ottenne l'approvazione
dell'Impero d'Oriente, che appoggiava invece come candidato Valentiniano, il figlio della sorella di Onorio, Galla
Placidia. Su pressioni esercitate da Galla, l'Imperatore d'Oriente Teodosio II allest una spedizione in Italia per
rovesciare Giovanni e porre sul trono il piccolo Valentiniano. La spedizione ebbe successo e il 23 ottobre 425
Valentiniano venne incoronato Augusto sotto la reggenza della madre Galla Placidia.[85] Ci non pose per fine
all'instabilit politica, data la lotta per il potere tra i tre massimi generali dell'Impero, Ezio, Bonifacio e Felice. La
lotta si concluse nel 433 con la vittoria di Ezio, che elimin i due rivali e ottenne il controllo dell'Impero romano
d'Occidente.[86]
Dell'instabilit politica e della paralisi del potere
centrale approfittarono i Vandali rafforzati
dall'unione con gli Alani.[87] Tra il 425 e il 428 la
Spagna meridionale e le Isole Baleari furono oggetto
dei saccheggi dei Vandali.[88] Questi, per, decisero
di migrare nel Nord Africa principalmente perch
pi distante dagli insediamenti dei Visigoti alleati
dei Romani e dunque pi sicura a livello
strategico.[89] Nel 429 i Vandali, condotti dal nuovo
re Genserico, sbarcarono a Tangeri in Mauritania
Tingitana e da l marciarono verso est in direzione di
Cartagine. Sconfitte le forze romane condotte da
Bonifacio, i Vandali minacciavano ormai da vicino
la Proconsolare e la Byzacena, le province pi
prospere dell'Impero romano d'Occidente, dalle
quali lo stato ricavava la maggior parte dei proventi.
Deciso a difenderle, Ezio chiese aiuto all'Imperatore
d'Oriente Teodosio II, il quale invi Aspar in Africa
per contenere l'avanzata vandala. La mossa costrinse
i Vandali a negoziare: nel 435 i Vandali ottennero
dall'Impero la Mauritania e parte della Numidia,
mentre le province pi prospere dell'Africa romana
erano per il momento salve.[90]
Approfittando del fatto che Ezio era impegnato contro i Vandali, gli Svevi sotto la guida del loro re Rechila ripresero
l'offensiva in Spagna occupando, tra il 439 e il 441, Lusitania, Betica e Cartaginense. L'unica provincia romana in
Spagna era ora la Tarraconense, dove per erano insorti i Bagaudi. Ezio non pot far molto per la Spagna, perch il
suo principale alleato, gli Unni, era ora diventato un nemico a causa dell'ascesa di Attila: nel 446 comunque, invi il
generale Vito con un esercito "non trascurabile" rinforzato da truppe visigote in Spagna nel tentativo di recuperare
Betica e Cartaginense, ma la spedizione si risolse in un insuccesso e il gettito fiscale dalla Spagna and perduto.[102]
Nel 451 Ezio guid invece contro gli Unni di Attila un esercito composito, che includeva anche i precedenti nemici
visigoti: grazie ad esso, nella battaglia dei Campi Catalaunici,[103][104][105] inflisse agli Unni una sconfitta cos
sonora che essi in seguito, pur imperversando in razzie contro Concordia, Altinum, Mediolanum,[106] Ticinum,[106] e
Patavium, mai pi minacciarono direttamente Roma. Pur essendo l'unico vero baluardo dell'impero, Ezio venne
assassinato dalla stessa mano dell'imperatore Valentiniano III, in un gesto che indusse Sidonio Apollinare a
osservare: "Ignoro, o signore, le ragioni della vostra provocazione; so solo che avete agito come quell'uomo che
mozzi la mano destra con la propria sinistra".[107] Valentiniano III fin poi assassinato in una congiura nel 455.
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Conseguenze
Per approfondire, vedi Regni romano-barbarici, Impero bizantino e Guerra gotica (535-553).
Al posto dell'Impero romano d'Occidente si formarono numerosi regni romano-barbarici, in cui continuarono a
sopravvivere determinati aspetti della civilt romana. In Italia per esempio Odoacre prima e Teodorico poi lasciarono
in vita le antiche istituzioni civili romane come il senato, il consolato, le magistrature civili come quella del prefetto
del pretorio, del praefectus urbi ecc. L'Italia, sotto il regno ostrogoto di Teodorico (che distrusse quello di Odoacre
per richiesta dell'Imperatore d'Oriente Zenone), ritrov persino una relativa prosperit, con la costruzione di
numerose opere pubbliche. Teodorico rispett i sudditi romani tollerando la loro fede cattolica (Teodorico e i Goti
erano ariani) e permettendo loro di assumere le magistrature civili (anche se la loro autonomia era limitata da un
funzionario goto). L'esercito era accessibile, invece, di norma solo ai Goti.
L'Impero romano d'Oriente non aveva ancora rinunciato al possesso dei territori dell'Occidente romano finiti in mano
barbara e, sotto il regno di Giustiniano, inizi un energica serie di guerre di riconquista. Dal 533 al 534 i Vandali
vennero annientati e i loro territori annessi all'Impero romano d'Oriente, dal 535 al 554 anche gli Ostrogoti vennero
vinti e l'Italia e la Dalmazia riconquistate dall'Impero; nel 554 una spedizione imperiale strapp anche la Spagna
meridionale ai Visigoti. La guerra di riconquista in Italia fu per lunga e distruttiva e quando essa termin, venti anni
di conflitto continuo avevano ridotto l'Italia in pessime condizioni: Roma in particolare, la Citt Eterna che un tempo
contava un milione di abitanti e dominava il mondo, al termine del conflitto non contava pi di 30.000 abitanti e
doveva apparire come una citt in rovina, con un solo acquedotto ancora in funzione dopo la distruzione degli altri e
molti edifici rovinati. Anche il senato romano decadde e nel VII secolo era ormai scomparso.
Si giunse cos ad un'epoca in cui rimase in piedi il solo Impero romano d'Oriente. Gli eventi bellici successivi
dell'impero si compongono ora a formare un'altra storia militare, quella delle campagne dell'esercito bizantino.
Note
[1] Michael Grant, Gli imperatori romani, storia e segreti, Roma 1984, p. 261.
[2] Grant, p.265; Chris Scarre, Chronicle of the roman emperors, New York 1999, pp. 197-198.
[3] Eutropio, Breviarium ab Urbe Condita, X, 4.
[4] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 4244.
[5] Luttwak, The Grand Strategy of the Roman Empire, p. 146
[6] Grant, The History of Rome, p. 282
[7] Luttwak, The Grand Strategy of the Roman Empire, p. 128.
[8] Luttwak, The Grand Strategy of the Roman Empire, p. 150
[9] Goldsworthy, In the Name of Rome, p. 344
[10] Goldsworthy, In the Name of Rome, p. 345
[11] Ammiano Marcellino, XXXI.
[12] Giordane, 138.
[13] Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 534
[14] Grant, The History of Rome, p. 284
[15] Luttwak, The Grand Strategy of the Roman Empire, p. 149
[16] Giordane, 110.
[17] Goldsworthy, In the Name of Rome, p. 358
[18] Procopio, Storia delle guerre di Giustiniano, I.1.2.
[19] Ammiano Marcellino, XXVI,4.
[20] Ammiano Marcellino, XXVI,9.
[21] Ammiano Marcellino, XXVII,4.
[22] Ammiano Marcellino, XXVII,5.
[23] Ammiano Marcellino, XXVII,1.
[24] Ammiano Marcellino, XXVII,2.
[25] Ammiano Marcellino, XXVII,10.
[26] Ammiano Marcellino, XXVIII,2.
[27] Ammiano Marcellino, XXIX,4.
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Zosimo, IV,46.
Zosimo, IV,47.
Zosimo, IV,53.
Zosimo, IV,55.
Zosimo, IV,56.
Zosimo, IV,57.
Zosimo, IV,58.
Zosimo, IV,59.
Goldsworthy, In the Name of Rome, p. 361
Matyszak, The Enemies of Rome, p. 231
Matyszak, The Enemies of Rome, p. 285
Giordane, 147
Procopio, Storia delle guerre di Giustiniano, III.1.2
Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 551
Matyszak, The Enemies of Rome, p. 260
Cfr. Ostrogorsky, Storia dell'Impero bizantino, p. 48.
Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 563
Giordane, 154
Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 565
Matyszak, The Enemies of Rome, p. 263
Grant, The History of Rome, p. 324
Grant, The History of Rome, p. 327
Matyszak, The Enemies of Rome, p. 267
Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 589
Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 587
Wood, In Search of the First Civilizations, p. 177
Heather, p. 258.
Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 560
Churchill, A History of the English-Speaking Peoples, p. 16
Churchill, A History of the English-Speaking Peoples, p. 17
Santosuosso, Storming the Heavens, p. 187
Heather, p. 297.
Heather, p. 302.
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Voci correlate
Esercito romano
Cronologia delle principali battaglie romane
Limes romano
Legionario romano
Portale Antica Roma
Portale Guerra
Diocleziano
Diocleziano
Predecessore
Successore
[3]
Nascita
Doclea o Salona
Morte
[4]
Diocleziano
209
Coniugi
Prisca
Serena di Roma
Figli
Galeria Valeria
Gaio Aurelio Valerio Diocleziano, nato Diocle (latino: Gaius Aurelius Valerius Diocletianus; greco: ,
Diocles; Salona, 22 dicembre 244[3] Spalato, 3 dicembre 311[4]), stato un imperatore romano che govern dal 20
novembre 284 al 1 maggio 305.
Nato in una famiglia di umili origini della provincia romana della Dalmazia, Diocle (questo il suo nome originario)
sal i ranghi dell'esercito romano fino a diventare comandante di cavalleria sotto l'imperatore Marco Aurelio Caro
(282-283). Dopo la morte di Caro e di suo figlio Numeriano nella campagna contro i Sasanidi, Diocle fu proclamato
imperatore (in questa occasione mut il proprio nome in Diocleziano), in opposizione al figlio maggiore di Caro,
Marco Aurelio Carino, che era stato nominato imperatore dal padre prima della campagna e che si trovava in
Occidente: i due si scontrarono nella battaglia del fiume Margus, in cui Carino perse il regno e la vita (285).
Con l'ascesa al trono di Diocleziano ebbe fine il periodo noto come crisi del terzo secolo, caratterizzato da un elevato
numero di imperatori che regnavano per pochi anni e si succedevano tramite colpi di Stato. Per consolidare il potere
imperiale, infatti, Diocleziano mise in atto una serie di riforme politiche e amministrative, tra cui la condivisione
dell'impero tra pi colleghi. Nel 285, infatti, nomin il suo commilitone Massimiano Augusto, co-imperatore; il 1
marzo 293 nomin due Cesari, vice-imperatori, Galerio e Costanzo, dando cos vita alla Tetrarchia, il governo dei
quattro: ciascun Augusto avrebbe governato su met dell'impero, delegando il governo di met del proprio territorio
al proprio Cesare, il quale gli sarebbe succeduto dopo venti anni di regno.[5]
Separ l'amministrazione civile da quella militare, rafforzandole entrambe, e riorganizz la suddivisione delle
province, fondando nuovi centri amministrativi a Nicomedia, Mediolanum, Antiochia e Treviri, luoghi pi vicini alle
turbolente frontiere dell'impero dell'antica capitale, Roma. Complet l'evoluzione in senso autocratico dell'istituto
imperiale, che aveva caratterizzato il III secolo, elevandosi al di sopra delle masse attraverso l'introduzione di un
cerimoniale di corte molto elaborato e imponenti architetture.
Diocleziano rafforz l'impero anche dal punto di vista militare, colpendo i nemici interni ed esterni. Sconfisse i
Sarmati e i Carpi in numerose campagne tra il 285 e il 299, gli Alemanni nel 288, e schiacci una ribellione in Egitto
nel 297 e 298. Diede sostegno al proprio cesare Galerio nelle sue campagne contro i Sasanidi, che culminarono col
sacco della capitale nemica, Ctesifonte, nel 299; Diocleziano condusse le successive negoziazioni e ottenne una pace
favorevole e lunga.
La crescita degli apparati amministrativi civile e militare, i progetti di costruzione, il costante stato di guerra
causarono l'aumento delle spese dello Stato, cui Diocleziano rispose con una completa riforma della tassazione: a
partire dal 297, la tassazione imperiale fu resa pi standardizzata, resa pi equa e riscossa in genere a tassi pi
elevati.
Non tutte le riforme di Diocleziano furono dei successi. L'Editto sui prezzi massimi (301), il suo tentativo di
controllare l'inflazione tramite l'introduzione di prezzi calmierati, fu contro-produttivo e rapidamente dimenticato. La
Tetrarchia, che mostr di essere un sistema di governo molto efficiente, non di meno collass subito dopo
l'abdicazione di Diocleziano a causa delle mire dinastiche di Massenzio e Costantino, figli rispettivamente di
Massimiano e Costanzo. Infine, la persecuzione dioclezianea (303-311), l'ultima, pi vasta e sanguinosa
persecuzione ufficiale dei cristiani nell'impero, non distrusse la comunit cristiana, che, anzi, dopo il 324 divenne la
principale religione imperiale sotto il primo imperatore cristiano, Costantino.
Malgrado questi fallimenti, le riforme di Diocleziano cambiarono radicalmente la struttura del governo imperiale, da
lui ereditato sull'orlo del collasso, garantendo quella stabilit economica e militare che ne permise la continuazione,
in forme essenzialmente intatte, per altri cento anni. Indebolito da una malattia, Diocleziano abdic il 1 maggio 305,
primo e unico imperatore a fare questa scelta volontariamente. Si ritir nel proprio palazzo a Spalato, sulla costa
dlmata, fino alla morte, avvenuta nel 311, rifiutando gli inviti a riprendere il potere nel caos politico che corrispose
Diocleziano
al collasso della Tetrarchia.
Biografia
Origini e carriera militare
Di Diocleziano non si conosce con certezza
n il luogo, n la data di nascita. Certamente
dalmata, si sarebbe chiamato Diocle dal
nome della madre e della citt Doclea o
Dioclea,[6] mentre suo padre sarebbe stato
un liberto, scriba del senatore Anullino,[7]
Se si ammette che sia vissuto 68 anni e sia
morto nel 313,[8] dovrebbe esser nato nel
Anfiteatro di Salona
[9]
243-244; ma stata avanzata sia l'ipotesi
che Diocleziano sia morto nel 311 o 312, sicch sarebbe nato nel 242-243, sia che Diocleziano non sia morto a 68
anni, ma abbia abdicato a quell'et,[10] cos che l'anno della sua nascita risalirebbe al 236; e si ritenuto[11] che il 22
dicembre, data della sua proclamazione a imperatore, sia anche il giorno della sua nascita. Quanto alla citt di
nascita, oltre a Doclea, si pensato a Salona, unicamente ritenendo che abbia deciso di ritirarsi a Spalato, sobborgo
di Salona, per il desiderio di vivere i suoi ultimi anni nella citt natale.[3][12]
Le origini umili, che non dovettero consentirgli un'educazione di alto livello, costituiscono probabilmente il motivo
della mancanza di notizie sui suoi primi anni. Prima del 270 entr nell'esercito, secondo una tradizione che vedeva
nell'Illirico gli odierni Balcani una regione privilegiata di reclutamento dei militari e degli ufficiali di grado
inferiore delle legioni romane: d'altra parte, dal III secolo essere un legionario significava, per un appartenente al
rango degli humiliores, entrare a far parte della superiore categoria degli honestiores. Con le riforme apportate da
Gallieno, infatti, era mutata sia la composizione sociale dei comandanti militari e dei loro diretti subalterni, gi
monopolio aristocratico, che quella degli ufficiali intermedi, un tempo privilegio dell'ordine equestre: dopo il 260 il
comando delle legioni e la carica di tribuno militare fu assegnata a ufficiali di carriera spesso di bassa origine
sociale. Era ora possibile, anche per un semplice legionario che si distinguesse per abilit e disciplina, scalare i
diversi gradi dell'esercito centurione, protector, dux fino a ottenere incarichi amministrivi prestigiosi, quale
quello di praefectus.
Riguardo alla carriera militare di Diocle, la spesso inaffidabile Historia Augusta riporta che serv in Gallia al tempo
di Aureliano[13] e di Probo,[14] ma questa notizia non confermata da altre fonti e ignorata dagli storici moderni.[15]
Secondo lo storico Giovanni Zonara, attorno al 280 Diocle sarebbe stato dux Moesiae,[16][15] ossia comandante
dell'esercito stanziato in Mesia, regione corrispondente all'odierna Serbia, vigilando le frontiere del basso
Danubio.[15][17] Quando nel 282 Probo fu rovesciato e ucciso e il prefetto del pretorio Marco Aurelio Caro
proclamato imperatore, Diocle divenne domesticos regens, ossia[18] comandante dei protectores domestici, la guardia
a cavallo dell'imperatore, e l'anno dopo fu nominato console suffetto.[19]
210
Diocleziano
Ascesa al trono
Morte di Numeriano
Nel 283 Diocle prese parte alla spedizione di Caro contro i Sasanidi. I
Romani ottennero una facile vittoria sul nemico, in quanto il sovrano
sasanide Bahram II era impegnato a consolidare il proprio potere, ma
l'imperatore Caro mor improvvisamente (luglio/agosto 283), e suo
figlio Numeriano, consigliato dal suo prefetto del pretorio e suocero
Arrio Apro, guid l'esercito romano sulla via del ritorno, 1.200 miglia
lungo il fiume Eufrate che percorse con ordine e lentamente: nel marzo
284 si trovavano ad Emesa, in Siria, a novembre ancora in Asia
Minore.[20][21]
Quando l'esercito fece tappa ad Emesa, Numeriano sembra fosse
ancora vivo e in buona salute (qui, infatti, promulg l'unico suo
Moneta recante l'effige di Numeriano.
rescritto conservatosi),[22] ma quando lasci la citt, i suoi collaboratori
dissero che era affetto da un'infiammazione agli occhi e Numeriano
continu il viaggio in una carrozza chiusa.[20] In prossimit di Nicomedia,[23] Giunti in Bitinia,[21] alcuni soldati
sentirono un cattivo odore provenire dalla carrozza;[24] l'aprirono, e vi trovarono il cadavere di Numeriano, che era
morto da diversi giorni.[20][21][25]
I generali e i tribuni romani si riunirono per deliberare sulla successione, e scelsero Diocle come
imperatore.[21][26][27] Il 20 novembre 284[28] Diocle fu proclamato imperatore dai suoi colleghi generali[29] su di una
collina a 5km da Nicomedia. Poi, di fronte all'esercito che lo acclamava augusto, il nuovo imperatore giur di non
aver avuto alcuna parte nella morte di Numeriano, e che Apro aveva ucciso l'imperatore e poi tentato di nasconderne
la morte;[30] Diocle estrasse allora la spada e uccise Apro;[31] secondo la Historia Augusta, cit un verso di Virgilio
mentre lo faceva.[32]
Questa tradizionale narrazione degli avvenimenti non del tutto accolta dalla critica storica: gi Edward Gibbon
sosteneva[33] che Apro fu ucciso senza dargli tempo di entrare in una pericolosa giustificazione e la stessa pubblica
protesta di innocenza di Diocleziano durante la cerimonia di investitura[34] appare sospetta e dimostra almeno che la
colpevolezza di Apro non doveva essere cos scontata come fu poi fatta apparire. possibile che Diocleziano sia
stato a capo di una congiura dei generali che si liberarono sia di Numeriano, giovane pi votato alla poesia che alle
armi,[35] che del suocero Apro.[36] Inoltre, storicamente Diocleziano non intese presentarsi come vendicatore di
Numeriano, tanto che fece cancellare il suo nome da molte epigrafi ufficiali,[37] e dal panegirista Claudio Mamertino
Diocleziano fu descritto come liberatore da una crudelissima dominazione.[38]
Poco dopo la morte di Apro, Diocle mut il proprio nome nel pi latinizzante Diocleziano,[39] adottando il nome di
Gaio Aurelio Valerio Diocleziano.[40]
211
Diocleziano
212
Diocleziano
213
dell'impero venne ripartito in dodici diocesi che raggruppavano pi province; in questo modo, venne a cadere
qualsiasi residuo di privilegio dell'Italia, che si trov completamente equiparata alle altre parti dell'impero. Le varie
diocesi furono a loro volta raggruppate in quattro regioni pi ampie, ciascuna governata da un personaggio di dignit
imperiale.
Regno (284-305)
Diocleziano potrebbe essere stato impegnato a combattere i Quadi e i Marcomanni immediatamente dopo la battaglia
del fiume Margus; ad ogni modo, si dirisse in Italia settentrionale e istitu un governo imperiale, ma non noto se sia
sceso fino a Roma in tale occasione.[41][42] Esiste una emissione monetaria che suggerisce un adventus
dell'imperatore nella citt,[52] ma alcuni storici moderni fanno notare come Diocleziano facesse iniziare il suo regno
dalla data di acclamazione dell'esercito e non da quella di ratificazione del Senato romano,[53] seguendo in questo
l'esempio di Caro, il quale aveva definito la ratifica senatoriale un'inutile formalit.[54] Anche nel caso in cui
Diocleziano si sia recato a Roma poco dopo la sua ascesa al trono, non vi rest a lungo;[55] la sua presenza
segnalata nei Balcani il 2 novembre 285, in occasione di una campagna contro i Sarmati.[56]
Diocleziano rimpiazz il prefetto urbano di Roma col proprio collega al consolato, Cesonio Basso; ad ogni modo, la
maggior parte degli ufficiali che avevano servito sotto Carino mantennero i propri incarichi anche sotto
Diocleziano.[42][57] In un atto che lo storico Aurelio Vittore defin come esempio inusuale di clementia
imperiale,[58] Diocleziano conferm in carica il console e prefetto del pretorio di Carino che lo aveva
tradito,[53][47][43][59] Aristobulo, e successivamente lo nomin proconsole d'Africa e prefetto urbano;[43] anche gli
altri personaggi che restarono in carica potrebbero aver tradito Carino.[43][59]
Massimiano cesare
[60]
Diocleziano: aureo
[61]
Massimiano: antoniniano
La crisi del terzo secolo aveva dimostrato che il comando di un solo sovrano non garantiva la stabilit dell'impero;
gli assassinii di Aureliano e Marco Aurelio Probo, imperatori capaci uccisi dai propri ufficiali, erano esempi molto
chiari.[45] Vari conflitti affliggevano ogni provincia dell'impero, dalla Gallia alla Siria, dall'Egitto al basso Danubio.
Diocleziano
La situazione era troppo difficile da gestire per un solo imperatore, e Diocleziano aveva bisogno di un
aiutante.[62][63] Nel 285,[64] a Mediolanum, Diocleziano elev il suo collega Massimiano al rango di cesare,
facendone il proprio co-imperatore.[65][62][66] La lealt di Massimiano a Diocleziano fu un fattore importante per i
successi iniziali della Tetrarchia.[65]
L'idea di una sovranit condivisa non era certo nuova nell'Impero romano. Augusto, il primo imperatore, aveva
condiviso il potere con i propri colleghi, e forme pi ufficiali di co-imperatore esistettero da Marco Aurelio
(161-180) in poi.[65][67] Pi recentemente, l'imperatore Caro e i suoi figli avevano governato insieme, sebbene senza
ottenere un grande risultato. E Diocleziano si trovava in una situazione ancora pi difficile dei suoi predecessori, in
quanto aveva una figlia, Valeria, ma nessun figlio: il suo co-imperatore doveva dunque provenire dal di fuori della
sua famiglia e non si poteva fidare di lui con leggerezza.[45][63][68] Alcuni storici sostengono che Diocleziano avesse
adottato Massiminano come filius Augusti all'atto della sua incoronazione, come avevano gi fatto alcuni imperatori
prima di lui,[42][69][63] anche se non tutti gli storici hanno accettato questa ricostruzione.[42][63]
La relazione tra Diocleziano e Massimiano fu rapidamente ridefinita in termini religiosi. Nel 287 circa Diocleziano
assunse il titolo di Iovius, Massimiano quello di Herculius.[70][65][71] Il titolo doveva probabilmente richiamare
alcune caratteristiche del sovrano da cui era usato: a Diocleziano, associato a Giove, era riservato il ruolo principale
di pianificare e comandare; Massimiano, assimilato ad Ercole, avrebbe avuto il ruolo di eseguire "eroicamente" le
disposizioni del collega.[65][72] Malgrado queste connotazioni religiose, gli imperatori non erano "divinit", in
accordo con le caratteristiche del culto imperiale romano, sebbene potessero essere salutati come tali nei panegirici
imperiali; erano invece visti come rappresentanti delle divinit, incaricati di eseguire la loro volont sulla terra.[73]
Vero che Diocleziano elev la sua dignit imperiale al di sopra del livello umano e della tradizione romana. Egli
voleva risultare intoccabile. Soltanto lui risultava dominus et deus, signore e dio, tanto che a tutti coloro che lo
circondavano gli fu attribuita una dignit sacrale: il palazzo divenne sacrum palatium e i suoi consiglieri sacrum
consistorium.[74][75] Segni evidenti di questa nuova qualificazione monarchico-divina furono il cerimoniale di corte,
le insegne e le vesti dell'imperatore. Egli, infatti, al posto della solita porpora, indoss abiti di seta ricamati d'oro,
calzature ricamate d'oro con pietre preziose.[76] Il suo trono poi si elevava dal suolo del scarum palatium di
Nicomedia.[77] Veniva, infine, venerato come un dio, da parenti e dignitati, attraverso la proschinesi, una forma di
adorazione in ginocchio, ai piedi del sovrano.[78][75]
Lo spostamento dall'acclamazione militare alla santificazione divina tolse all'esercito il potere di scegliere gli
imperatori; la legittimazione religiosa elev Diocleziano e Massimiano al di sopra dei potenziali rivali con
un'efficacia che n il potere militare n le rivendicazioni dinastiche potevano vantare.[79] Dopo la sua acclamazione,
il cesare Massimiano fu inviato a combattere i Bagaudi in Gallia, mentre Dioleziano ritorn in Oriente.[62][80]
Attivit militare
Ereditato un impero indebolito da un cinquantennio di disordini, Diocleziano si trov impegnato a combattere
ripetutamente sul fronte orientale, mentre Massimiano amministrava la parte occidentale.
Diocleziano ricacci di l dal Danubio i Sarmati e i Quadi, nel 298 una rivolta in Egitto guidata da Domizio
Domiziano fu soppressa nel sangue e la stessa Alessandria venne saccheggiata; contemporaneamente il re persiano
Narsete aveva sconfinato in Armenia, stato fantoccio di Roma (296). A respingere l'aggressione fu il cesare Galerio
che per sub una disastrosa ed umiliante sconfitta a Callinicum; riuscir comunque a convincere Dioclezano a dargli
un'altra occasione e stavolta la sfrutter a suo favore: avanzando con un esercito meno numeroso del precedente ma
qualitativamente superiore sulle montagne dell'Armenia, Galerio sorprese l'esercito persiano accampato e non fu
difficile per i suoi uomini farne strage. Mentre Narsete evitava la cattura e tutta la sua famiglia e il suo harem
cadevano nelle mani dei romani insieme ad un immenso bottino, il cesare continu la sua avanzata in territorio
persiano fino ad espugnare la capitale Ctesifonte. Nonostante ci fu richiamato da Diocleziano, che se ne stava nelle
retrovie con un esercito di supporto, per intavolare trattative di pace col nemico. In cambio della restituzione dei
prigionieri persiani, i romani ottennero il protettorato sull'Armenia e l'avanzamento della frontiera fino al fiume Tigri
214
Diocleziano
215
(298). Queste vittorie garantirono un periodo relativamente lungo di tranquillit, durante il quale Diocleziano pot
attuare una drastica ma decisiva riforma dell'esercito che segn tutto il basso impero romano.
Fronte renano-danubiano
Per approfondire, vedi limes renano e limes danubiano.
285
Al nuovo ed unico imperatore, Diocleziano, tocc respingere nuove invasioni germano-sarmatiche sia in
Mesia sia in Pannonia, ancora una volta favorite dall'aver sguarnito le frontiere del medio-basso tratto
danubiano a causa della recente guerra civile. In seguito a tali successi ricevette l'appellativo di "Germanicus
maximus" e "Sarmaticus maximus", avendo battuto in modo decisivo Quadi e Iazigi.[81][82][83][84]
Contemporaneamente Massimiano mosse in Gallia, ingaggiando prima i ribelli Bagaudi nell'estate avanzata di
quell'anno.[85] I dettagli della campagna sono sparsi e non forniscono alcun dettaglio tattico. Nell'autunno due
eserciti barbarici, uno di Burgundi e Alemanni, l'altro di Chaibones ed Eruli, forzarono il limes renano ed
entrarono in Gallia; il primo esercito mor di fame e malattia, mentre Massimiano intercett e sconfisse il
secondo.[86] In seguito a questi eventi il cesare stabil il quartiere generale sul Reno in previsione di future
campagne,[87]
286
Il prefetto della flotta del canale della Manica, il futuro usurpatore Carausio, che aveva come sede principale
della flotta la citt di Gesoriacum, riusc a respingere gli attacchi dei pirati Franchi e Sassoni lungo le coste
della Britannia e della Gallia Belgica,[88] mentre Massimiano sconfisse Burgundi ed Alemanni, come
suggerisce un suo panegirico del 289.[89][90]
287
Nuovi successi sulle trib germaniche sono confermate dal fatto che a Diocleziano fu rinnovato l'appellativo di
"Germanicus maximus" per ben due volte nel corso dell'anno. I successi furono ottenuti dalle armate dell'altro
augusto, Massimiano, contro Alemanni e Burgundi sull'alto Reno,[84][91][92] oltre a Sassoni e Franchi lungo il
corso inferiore.[93]
288
Un nuovo successo sulle trib germaniche confermato dalla quarta acclamazione di Diocleziano quale
"Germanicus maximus",[84][94] per i successi ottenuti dai generali di Massimiano sia sugli Alemanni (in
un'azione combinata con lo stesso Diocleziano[95]), sia sui Franchi. Massimiano era riuscito a catturarne il re
dei Franchi Sali, Gennobaude, ed a ottenere la restituzione di tutti i prigionieri romani. A completamento
dell'opera di pacificazione, disloc alcuni Franchi nei territori circostanti Augusta Treverorum e Bavai.[96][97]
289
Un nuovo successo sulle trib sarmatiche confermato dalla seconda acclamazione ricevuta da Diocleziano di
"Sarmaticus maximus",[81][84] mentre un altro successo sugli Alemanni fu celebrato dal futuro cesare,
Costanzo Cloro.[98][99]
Diocleziano
216
[100]
Galerio: Argenteo
18 mm, 3.33 g, coniato nel 295-297 (celebra la vittoria sarmatica di Galerio del 294).
293
Quinta acclamazione di Diocleziano come "Germanicus maximus" in seguito ai successi riportati da Costanzo
Cloro, il quale dopo aver marciato su per la costa fino agli estuari di Reno e Schelda, riport una vittoria sugli
alleati franchi del ribelle Carausio.[101] Nell'ottobre di quello stesso anno Diolceziano si rec a Sirmio per
organizzare una nuova campagna militare per l'anno successivo contro i sarmati Iazigi, insieme a Galerio
appositamente creato Cesare dal 1 aprile del 293, per meglio dividersi i compiti lungo le frontiere imperiali
dell'Oriente romano[81][84]
294
Un nuovo successo sulle trib sarmatiche confermato dalla terza acclamazione ricevuta da Diocleziano di
"Sarmaticus maximus", grazie ai successi conseguiti insieme a Galerio.[81][84][102] E sempre allo stesso anno
sono da attribuire altri successi sulle popolazioni dei Goti.[103]
295
Nel corso di quest'anno fu la volta dei Carpi. Questo popolo non fu solo sconfitto dalle armate di Diocleziano e
Galerio, ma fu in parte trasferito in territorio romano, come era gi accaduto al tempo di Aureliano.[104]
297
L'augusto Massimiano fu costretto a tornare lungo la frontiera danubiana, dopo aver riorganizzato la Britannia
con il suo Cesare Costanzo Cloro, per l'assenza contemporanea di Diocleziano e Galerio, impegnati in Oriente
contro i Persiani. Egli riusc a respingere un'invasione di Carpi lungo il basso corso del Danubio;[105] frattanto
Costanzo ripopol il territorio, un tempo abitato dai Batavi, con i Franchi Sali provenienti dalla Frisia.[106]
298
Il Cesare Costanzo Cloro, cui era affidata la frontiera renana, riusc a battere la coalizione degli Alemanni in
due importanti scontri (battaglia di Lingones e battaglia di Vindonissa), rafforzando questo tratto di confine
almeno per qualche decennio.[106]
Nello stesso periodo il cesare Costanzo Cloro combatt in Gallia con fortuna. Presso i Lingoni in un solo giorno
speriment la cattiva e la buona sorte. Poich i barbari avanzavano velocemente, fu costretto ad entrare in citt, e per la
necessit di chiudere le porte tanto in fretta, da essere issato sulle mura con delle funi, ma in sole cinque ore arrivando
l'esercito fece a pezzi circa sessantamila Alemanni.
(Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 23.)
Nel corso di questo anno, un nuovo successo sulle trib gotiche confermato dall'acclamazione ricevuta da
Diocleziano di "Gothicus maximus".[107]
299
Diocleziano e Galerio, una volta terminate le operazioni in Oriente si concentrarono nel difendere i confini
danubiani della Mesia inferiore, conducendo una campagna contro Carpi,[108] Bastarni e Sarmati
Diocleziano
217
(presumibilmente si trattava dei Roxolani).[109] Una grande quantit di persone appartenenti a questi popoli fu
fatta prigionieri e trasferita all'interno delle frontiere imperiali (nella Pannonia a nord del fiume Drava, come
sembra suggerire Ammiano Marcellino[110]).
300
Fu decretata la quarta acclamazione imperiale di "Sarmaticus maximus" a Diocleziano per i successi conseguiti
l'anno precedente sulle trib sarmatiche.[84][111]
301
Un nuovo successo sulle trib germaniche confermato dalla sesta acclamazione ricevuta da Diocleziano di
"Germanicus maximus".[84][112]
302
Sembra che fu combattuta una nuova battaglia presso Vindonissa, dove, ancora una volta, le armate romane
ebbero la meglio su quelle di Alemanni e Burgundi, ma forse potrebbe trattarsi della stessa battaglia
combattuta nel 298.[90]
Fronte orientale
Per approfondire, vedi Limes orientale, Strata diocletiana e Campagne sasanidi di Galerio.
Al termine delle campagne sasanidi di Galerio del 293-298, fu costruita una nuova linea di fortificazioni: la strata
Diocletiana. Si trattava di una via militaris, lungo il cosiddetto tratto di limes arabicus, e quindi comprendente forti,
fortini e torri di avvistamento, e che rimase in uso fino al VI secolo.
La strada era munita di una lunga serie di fortificazioni, costruite tutte allo stesso modo: si trattava di castra
rettangolari con mura molto spesse e con torri sporgenti verso l'esterno. Erano situate normalmente ad un giorno di
marcia (ca. 20 miglia romane) le une dalle altre. Il percorso cominciava presso l'Eufrate a Sura, lungo il confine
prospiciente il nemico sasanide, e continuava verso sud-ovest, passando prima per Palmira e poi per Damasco e
congiungendosi, quindi, con la Via Traiana Nova. Vi era poi una diramazione che si spingeva ad est dell'Hauran, per
Imtan, fino all'oasi di Qasr Azraq. Si trattava in sostanza di un sistema continuo di fortificazioni che dall'Eufrate
collegava il Mar Rosso presso Aila.
Fronte meridionale
Per approfondire, vedi limes africano.
290
Vengono menzionati per la prima volta i Saraceni, trib araba stanziata nella penisola del Sinai, che avevano
tentato di invadere la Siria; furono battuti dalle armate di Diocleziano.[82][113]
293
Scoppi una guerra contro i Quinquegentiani, che fu domata solo quattro anni pi tardi da Massimiano.[114]
296-298
Con la fine del 296, l'augusto Massimiano, partito per la Mauretania (con un esercito formato da contingenti
della guardia pretoriana, legionari di Aquileia, egiziani e danubiani, ausiliari galli e germani e reclute della
Tracia),[115] riusc a respingere le trib dei Mauri[116] ed a debellare quella dei Quinquegentiani, che erano
penetrati anche in Numidia.[117] Nel 297 Massimiano diede inizio ad una sanguinosa offensiva contro i
Berberi. La campagna fu lunga.[118] Non contento di averli ricacciati nelle loro terre d'origine tra le montagne
dell'Atlante, da dove avrebbero potuto proseguire gli attacchi, Massimiano si avventur in profondit nel
territorio nemico infliggendo loro quanto pi danno possibile a scopo punitivo, e devastandone i loro territori e
Diocleziano
218
respingendoli fino al Sahara. L'anno successivo (298) rinforz le difese della frontiera africana dalle
Mauritanie alla provincia d'Africa.[119]
298
Una rivolta sorta in Egitto fu soffocata nel sangue sotto Diocleziano. Al termine di essa fu ripristinata la
circolazione lungo le coste del Mar Rosso, ma i territori del Dodecascheno furono abbandonati ed affidati ai
Nobati, come federati contro i Blemmi.[120]
Le grandi riforme
Riforma politico-amministrativa-territoriale: dalla Diarchia alla Tetrarchia (285-293)
Ottenuto il potere, Diocleziano nomin nel novembre del 285 come suo vice in qualit di cesare, un valente ufficiale
di nome Marco Aurelio Valerio Massimiano, che pochi mesi pi tardi (il 1 aprile del 286) elev al rango di augusto
(chiamato ora Nobilissimus et frater),[121] formando cos una diarchia in cui i due imperatori si dividevano su base
geografica il governo dell'impero e la responsabilit della difesa delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.[122]
Diocleziano, che si considerava sotto la protezione di Giove (Iovio), mentre Massimiano era sotto la protezione
"semplicemente" di Ercole (Erculio, figlio di Giove), manteneva per la supremazia.[70] Tale sistema, concepito da
un soldato come Diocleziano, non poteva che essere estremamente gerarchizzato.[123]
Data la crescente difficolt a contenere le numerose rivolte all'interno dell'impero, nel 293 si procedette a un'ulteriore
divisione funzionale e territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Massimiano nomin a Mediolanum come
suo cesare per l'Occidente, Costanzo Cloro (1 marzo); mentre Diocleziano fece lo stesso con Galerio per l'Oriente, a
Nicomedia (probabilmente a maggio).[5][124] L'impero fu diviso in quattro vaste aree territoriali con un numero di
capitali imperiali crescente:
Diocleziano controllava le province orientali e l'Egitto (capitale: Nicomedia, e per un certo periodo insieme ad
Antiochia)
Galerio le province balcaniche (capitale: Sirmium, pi tardi insieme a Serdica-Felix Romuliana e Tessalonica)
Massimiano governava su Italia e Africa settentrionale (capitale: Mediolanum, insieme ad Aquileia)
Costanzo Cloro ebbe in affidamento la Spagna, la Gallia e la Britannia (capitale: Augusta Treverorum)
Diocleziano
219
Questa divisione per area geografica indusse Diocleziano ad autorizzare la creazione di numerose zecche imperiali
decentrate che, insieme alle tradizionali di Roma e Lugdunum, dovevano battere moneta in modo uniforme, per la
sicurezza economica di tutte le quattro parti dell'Impero ed a supporto economico di tutte le principali armate che si
concentravano lungo i confini imperiali.
Il sistema si rivel efficace per la stabilit dell'impero e rese possibile agli augusti di celebrare i vicennalia, ossia i
vent'anni di regno, come non era pi successo dai tempi di Antonino Pio. Tutto il territorio venne ridisegnato dal
punto di vista amministrativo, abolendo le regioni augustee con la relativa divisione in "imperiali" e "senatoriali".
Vennero create dodici circoscrizioni amministrative (le "diocesi", tre per ognuno dei tetrarchi), rette da vicarii e a
loro volta suddivise in 101 province. Restava da mettere alla prova il meccanismo della successione.
L'impero ormai diviso in quattro parti, tra due Augusti e due Cesari, a sua volta era diviso in 12 diocesi. Ognuna di
queste diocesi era governata da un pretore vicario o semplicemente vicario (vicarius), sottoposto al prefetto del
pretorio (alcune diocesi, peraltro, potevano essere governate direttamente dal prefetto del pretorio). Il vicario
controllava i governatori delle province (variamente denominati: proconsules, consulares, correctores, praesides) e
giudicava in appello le cause gi decise in primo grado dai medesimi (le parti potevano scegliere se appellarsi al
vicario o al prefetto del pretorio). I vicari non avevano poteri militari, infatti le truppe stanziate nella diocesi erano
sotto il comando di un comes rei militaris, che dipendeva direttamente dal magister militum e aveva alle sue
dipendenze i duces ai quali era affidato il comando militare nelle singole province. Qui sotto, la prima
riorganizzazione voluta da Diolceziano con la tetrarchia, divisa in 12 diocesi, di cui 6 in Occidente e 6 in
Oriente.[125]:
Infine, si perfezion il processo di esautoramento del Senato romano come autorit decisionale: l'impero divenne una
monarchia assoluta ed assunse caratteristiche tipiche delle monarchie orientali, come l'origine divina del monarca e
la sua adorazione.
Riforma dell'esercito (285-293)
Per approfondire, vedi Riforma dioclezianea dell'esercito romano e Difesa in profondit (esercito romano).
Diocleziano
Diocleziano riform ed organizz l'esercito romano che era uscito dalla grande crisi del III secolo. Alcuni suoi atti
erano gi stati in parte preceduti dalle trasformazioni volute dei suoi predecessori, ma Diocleziano impost una
organica riorganizzazione.
La vera grande riforma militare di Diocleziano fu soprattutto di tipo politico.[126] Il nuovo imperatore dispose, prima
di tutto, una divisione del sommo potere imperiale, dapprima attraverso una diarchia (due Augusti, a partire dal
285/286) e poi tramite una tetrarchia (nel 293, tramite l'aggiunta di due Cesari),[5][127] compiendo cos una prima
vera "rivoluzione" sull'intera struttura organizzativa dell'esercito romano dai tempi di Augusto. Questa forma di
governo a quattro, se da un lato non fu cos felice nella trasmissione dei poteri (vedi successiva guerra civile), ebbe
tuttavia il grande merito di fronteggiare con tempestivit i pericoli esterni al mondo romano.[128]. La presenza di due
Augusti e due Cesari facilitava, infatti, la rapidit dell'intervento armato e riduceva i pericoli che la prolungata
assenza di un unico sovrano poteva arrecare alla stabilit dell'Impero.
Diocleziano cre una vera e propria nuova gerarchia militare sin dalle pi alte cariche statali, quelle dei "quattro"
Imperatori, dove il pi alto in grado era l'Augusto Iovio (protetto da Giove), assistito da un secondo Augusto
Herculio (protetto da un semidio, Ercole),[70] a cui si aggiungevano i due rispettivi Cesari,[127] ovvero i "successori
designati".[126] In sostanza si trattava di un sistema politico-militare che permetteva di dividere meglio i compiti di
difesa del confine: ogni tetrarca, infatti, curava un singolo settore strategico e la sua sede amministrativa era il pi
possibile vicino alle frontiere che doveva controllare (Treviri e Milano in Occidente; Sirmio e Nicomedia in
Oriente[126]), in questo modo era possibile stroncare rapidamente i tentativi di incursione dei barbari, evitando che
diventassero catastrofiche invasioni come quelle che si erano verificate nel III secolo.
Il nuovo sistema difensivo dei confini venne reso pi elastico e "profondo": alla rigida difesa del vallum venne
aggiunta una rete sempre pi fitta di castella interni, collegati tra di loro da un pi complesso sistema viario (un
esempio su tutti: la strata Diocletiana in Oriente). In sostanza si pass da un sistema difensivo di tipo "lineare"[129]
ad uno "pi profondo" (sebbene non nelle proporzioni generate dalla crisi del III secolo, quando Gallieno e gli
imperatori illirici erano stati costretti dai continui "sfondamenti" del limes a far ricorso a "riserve" strategiche molto
"interne" rispetto alle frontiere imperiali), che vide un notevole ampliamento dello "spessore" del limes, il quale fu
esteso da una fascia interna del territorio imperiale ad una esterna, in Barbaricum, attraverso la costruzione di
numerose "teste di ponte" fortificate (anche oltre i grandi fiumi Reno, Danubio ed Eufrate), avamposti con relative
vie di comunicazione e strutture logistiche.[130]
Infatti, per la previdenza di Diocleziano tutto l'impero era stato diviso [...] in citt, fortezze e torri. Poich l'esercito era
posizionato ovunque, i barbari non potevano penetrarvi. In ogni sua parte le truppe erano pronte a opporsi agli invasori ed
a respingerli.
(Zosimo, Storia nuova, II, 34.1.)
Una conseguenza di questa trasformazione delle frontiere fu anche l'aumento della protezione delle nuove e vecchie
strutture militari, che vennero adeguate alle nuove esigenze difensive (tale necessit non era cos urgente nei primi
due secoli dell'Impero romano, dedicati soprattutto alla conquista di nuovi territori). Le nuove fortezze cominciarono
cos ad essere costruite, o ricostruite, in modo pi compatto nelle loro dimensioni (riducendone il perimetro
complessivo), pi solide nello spessore delle loro mura (in alcuni casi si pass da uno spessore di 1,6 metri a 3,4
metri, come nel caso della fortezza di Sucidava) e con un maggior utilizzo di torri esterne, per migliorarne la
difesa.[130]
Diocleziano, in sostanza, non solo intraprese una politica a favore dell'aumento degli effettivi, ma anche volta a
migliorare e moltiplicare le costruzioni militari del periodo, sebbene queste ultime siano risultate, sulla base dei
ritrovamenti archeologici, meno numerose di quanto non abbiano raccontato gli antichi[131] ed i moderni.[128].
L'aspetto complessivo che l'esercito assunse conseguentemente all'operato di Diocleziano, lodato dallo storico
Zosimo, quello di un apparato quantitativamente concentrato lungo le frontiere[41], che nello stesso tempo per
220
Diocleziano
221
manteneva un ristretto nucleo mobile centrale qualitativamente eccelso, il comitatus. Diocleziano, infatti, perfezion
ci che di buono era stato "riformato" sotto Gallieno e gli imperatori Illirici (da Aureliano a Marco Aurelio Probo,
fino a Marco Aurelio Caro), i quali avevano adattato l'esercito alle esigenze della grande crisi del III secolo.
Riforma fiscale-monetaria (294-301)
Moneta di Diocleziano.
Per approfondire, vedi Iugatio-capitatio, Editto sui prezzi massimi, riforma monetaria di Diocleziano e monetazione
tetrarchica.
La crisi dell'Impero nel precedente mezzo secolo, aveva comportato pesanti conseguenze economiche e sociali.
Diocleziano prese atto delle trasformazioni subite dalla societ ed impost una radicale opera di riforma
amministrativa e fiscale, che consent di arrestare la crisi, almeno temporaneamente.
Venne razionalizzato il sistema fiscale, eliminando antichi privilegi ed esenzioni. La quantit delle tasse veniva
attentamente calcolata ogni anno sulla base delle necessit (redigendo per la prima volta un bilancio annuale) e sulla
base delle risorse esistenti, determinate da un censimento. Furono unificate le tasse fondiarie (pagate dai proprietari
di terre) e le tasse sulla persona (pagate dai contadini): l'unit fiscale della superficie di terreno (jugum)
corrispondeva ad un lavoratore (caput): in base ai propri possedimenti ed ai lavoratori che vi erano occupati i
proprietari terrieri erano tenuti a fornire allo stato beni in natura per il mantenimento dell'esercito, soldati per
l'esercito e manodopera per le opere pubbliche; questa tassazione era denominata capitazione. I pi ricchi potevano
sostituire la tassazione in natura con monete d'oro.
Per facilitare l'amministrazione ed il controllo fu, inoltre, potenziata la burocrazia centrale e si moltiplicarono le
suddivisioni amministrative: le quattro parti dell'impero (prefetture), governate ciascuna da uno dei tetrarchi (2
Cesari e 2 Augusti), furono affidate per l'amministrazione ad un "prefetto del pretorio". Le prefetture erano suddivise
in 12 "diocesi" con a capo i "vicarii", a loro volta divise in "province" con a capo correctores o presides, e queste in
municipia e curiae.
La raccolta delle imposte fu affidata all'amministrazione civile (i curiali) che venne completamente staccata da quella
militare: la prima aveva a capo i quattro "prefetti del pretorio", mentre l'esercito veniva affidato a governatori o
proconsoli. La raccolta delle imposte per le necessit della difesa fu considerata responsabilit delle classi dirigenti
locali, che ne rispondevano di tasca propria. Per dare stabilit al sistema furono inquadrati in corporazioni ereditarie
anche operai e artigiani. Quando i curiali non riuscivano a riscuotere quanto previsto, dovevano pagare tutti insieme
la differenza. Molti cercavano di rifiutare questo incarico abbandonando le citt, e per questo la carica curiale fu resa
ereditaria.
Diocleziano
222
Diocleziano tent anche di ridare valore alla moneta d'argento, aumentando la quantit di metallo prezioso nelle
nuove emissioni, e per contenere l'inflazione i prezzi massimi furono fissati dall'Editto sui prezzi massimi (de pretiis
rerum venalium) del 301 con un calmiere. Questi provvedimenti, tuttavia, non ebbero successo: la nuova moneta
scomparve rapidamente dal mercato in quanto si preferiva conservarla (tesaurizzazione) ed i prezzi fissati fecero
scomparire alcuni beni dal mercato ufficiale per essere venduti alla borsa nera e quindi lo stesso Diocleziano fu
costretto a ritirare l'editto. Nel frattempo, per, le condizioni di vita della popolazione peggiorarono: le tasse erano
pesantissime e molti abbandonarono le proprie attivit produttive, non pi redditizie, spesso per vivere come
mendicanti. Diocleziano ricorse allora alla precettazione, ossia l'obbligo per gli abitanti dell'impero a continuare il
proprio mestiere e la negazione della scelta libera della professione, costringendo gli abitanti dell'impero romano a
subentrare ai padri nelle loro attivit produttive.
Diocleziano e il Cristianesimo (303-305)
Gli ultimi anni di Diocleziano al potere furono caratterizzati dall'ultima grande persecuzione dei cristiani, iniziata nel
303 e condotta con ferocia, soprattutto nell'Oriente, dove la religione cristiana era ormai notevolmente diffusa. La
riluttanza di Diocleziano ad agire nei confronti dei Cristiani fu vinta dalle insistenze di Galerio, che lo convinse a
radunare un consiglio sull'argomento. Per quanto manchino testimonianze precise di quelle riunioni, gli argomenti
che piegarono i dubbi dell'imperatore furono certamente quelli cari a Galerio: i Cristiani avevano creato uno Stato
nello Stato, che era gi governato da proprie leggi e magistrati, possedeva un tesoro e manteneva la coesione grazie
alle frequenti riunioni tenute dai vescovi, ai cui decreti le comunit obbedivano ciecamente; occorreva intervenire
prima che acquistassero anche una forza militare[132].
La persecuzione inizi il 23 febbraio del 303, quando fu affisso nella capitale Nicomedia il primo editto[133], che
ordinava: a) il rogo dei libri sacri, la confisca dei beni delle chiese e la loro distruzione; b) il divieto per i cristiani di
riunirsi e di tentare qualunque tipo di difesa in azioni giuridiche; c) la perdita di carica e privilegi per i cristiani di
Diocleziano
alto rango, l'impossibilit di raggiungere onori ed impieghi per i nati liberi, e di poter ottenere la libert per gli
schiavi; d) l'arresto di alcuni funzionari statali.[134]
Questa nuova forma di persecuzione, basata su precise norme di legge, da un lato esasper gli animi dei Cristiani, da
un altro era soggetta ad abusi ed atti di violenza da parte dei non cristiani, che comunque lo Stato non poteva
tollerare. Nel giro di pochi giorni, per due volte il palazzo e le stanze di Diocleziano subirono un incendio. La strana
coincidenza fu considerata prova della dolosit dei due eventi, ed il sospetto ricadde ovviamente sui Cristiani.
Diocleziano, sentendosi minacciato in prima persona, abbandon ogni residua prudenza ed irrigid la persecuzione.
Nonostante i numerosi arresti, torture ed esecuzioni, sia nel palazzo che nella citt, non fu possibile estorcere alcuna
confessione di responsabilit nel complotto. Ad alcuni apparve per sospetta la frettolosa partenza di Galerio dalla
citt, giustificandola con il timore di restare vittima dell'odio dei Cristiani[135].
Forse per l'iniziale scarsa animosit nei
confronti della persecuzione da parte di
Diocleziano, che voleva magari verificarne
gli esiti personalmente prima di dover
intervenire su larga scala, stranamente
l'editto impieg quasi due mesi per arrivare
in Siria e quattro per essere reso pubblico in
Africa. Nelle varie parti dell'impero i
magistrati e i governatori applicarono
comunque con varia severit (e a volte con
mitezza) il decreto, ma le vittime e le
distruzioni delle chiese furono numerose,
come numerosi furono i roghi dei libri sacri
(che per, grazie alla loro diffusione, non
ottennero il risultato voluto).[136] Questo
editto fu seguito da altri, nei quali si
Acquaforte di Jan Luyken raffigurante la Persecuzione degli imperatori
Diocleziano e Massimiano (Eeghen 686)
comminavano pene sempre pi gravi,
dapprima nei confronti dei funzionari
pubblici, e quindi di tutti i cittadini di fede cristiana.[137]
Eusebio definir una vera guerra gli anni che seguirono: molti furono i lapsi, ma anche i martiri.[138]. Il maggior
numero di vittime si ebbe nell'area controllata da Diocleziano (Asia minore, Siria, Egitto), dove i cristiani erano
molto numerosi; nei meno cristianizzati Balcani il cesare Galerio, spesso indicato come l'ispiratore della
persecuzione, fu egualmente duro. Anche in Italia e in Africa Occidentale, governata dall'augusto Massimiano, le
violenze furono dure e si contarono molti martiri, anche se il quarto editto fu applicato in modo limitato; invece in
Britannia e Gallia il cesare Costanzo Cloro, padre di Costantino I, applic solo il primo editto[139]. A proposito dei
martiri di questo periodo sono rimaste testimonianze epigrafiche ed agiografie ritenute autentiche[140]
La persecuzione prese forma in un periodo nel quale il cristianesimo era ormai radicato nell'impero (si stima che
all'inizio del regno di Diocleziano circa il 10% della popolazione dell'impero fosse cristiana[137]); non mancavano
per le resistenze: verso il 300 circolavano numerose pubblicazioni anticristiane, che spaziavano dal filosofico al
triviale[137]. Diocleziano fu in genere tollerante nei confronti degli avversari politici, ma si dimostr molto rigido nei
confronti di quelle che considerava deviazioni intellettuali: nel 297 si rivolse ad esempio contro i manichei. Il
difficile equilibrio con il cristianesimo resse fino al 303. Per spiegare l'avvio della persecuzione sono state proposte
diverse motivazioni: rafforzamento dei pregiudizi[137], interessi economici, reazione alla cristianizzazione
dell'Armenia.
All'abdicazione di Diocleziano, nel 305, la persecuzione non aveva ottenuto i risultati sperati, ma gli attacchi contro i
cristiani vennero portati avanti da Galerio, anche se in modo intermittente, fino al 311. Durante la persecuzione i
223
Diocleziano
224
cristiani trovarono, in molte localit, protezione anche presso i vicini pagani, segno di una crescente tolleranza
popolare nei confronti della nuova religione[137].
Ritratto di Diocleziano
Dopo avere festeggiato il ventennale del proprio governo, in occasione del quale visit per la prima ed unica volta la
citt di Roma, andandosene deluso (dopo aver visionato anche la costruzione delle pi grandi terme romane, a lui
dedicate),[141] con una solenne cerimonia, il 2 maggio 305 depose la carica e il titolo di Augustus
(contemporaneamente, allo stesso giorno e alla stessa ora, a Milano fece lo stesso anche il collega Massimiano), e si
ritir in un meraviglioso palazzo fatto costruire appositamente a Spalato (poco distante da Salona).
Nel 308 accett di partecipare al convegno di Carnuntum, convocato per risolvere le tensioni causate dalla nomina di
Massenzio ad Augustus, ma rifiut la proposta di Massimiano e Galerio di ritornare a esercitare le funzioni di
Augustus, ritirandosi definitivamente dalla vita politica. A Carnuntum venne stabilita per l'ultima volta pacificamente
la gerarchia tetrarchica: Galerio Augusto d'oriente (Asia Minore, il Vicino Oriente e l'Egitto); Massimino Daia
Cesare d'oriente (Provincie illiriche, Tracia, Dacia, Grecia e Macedonia); Licinio Augusto d'occidente (Pannonia,
Italia, Norico, Rezia e Nordafrica); Costantino Cesare d'occidente (Britannia, Gallie, Germania Superior e Inferior e
Spagna). Massenzio veniva riconosciuto per l'ennesima volta usurpatore e Massimiano costretto a ritirarsi a vita
privata. curioso notare come in oriente il potere dei tetrarchi fosse ben saldo, mentre in occidente l'usurpatore
Massenzio governava di fatto su Italia, Spagna, Norico, Rezia e Nordafrica. Questo presupponeva una nuova ondata
di guerre in cui Costantino e Licinio avrebbero dovuto rivendicare quelle regioni che Diocleziano aveva loro
riconosciuto.
Diocleziano
225
Titolatura imperiale
Per approfondire, vedi Monetazione tetrarchica.
Titolatura
imperiale di
Diocleziano
Numero di
volte
Datazione evento
[84]
Tribunicia
potestas
20 anni
consecutivi:
Consolato
10 volte:
nel 284 (I), 285 (II), 287 (III), 290 (IV), 293 (V), 296 (VI), 299 (VII), 303 (VIII), 304 (IX) e 308 (X).
Salutatio
imperatoria
21 volte:
[84]
[142]
[143]
[144]
[145]
la prima nel 284, poi nel 285
(2 e 3), 286 (4), 287
(5 e 6), 288
(7), 289 (8), 293
(9),
[102]
[146][147]
[146][147]
[148]
[149]
294
(10), 295 (11), 297
(12 e 13), 298;
(14-19), 300
(20) e 301
(21).
Titoli vittoriosi
[146][147]
[146][147]
Adiabenicus nel 298 (I);
Armeniacus Maximus nel 298 (I);
Britannicus Maximus nel 297/298
[147]
[146]
[142]
(I);
Carpicus Maximus nel 297 (I);
Germanicus Maximus nel 285 (I),
due volte nel 287 (II e
[143]
[144]
[149]
[107]
III),
nel 288 (IV),
nel 293 (V) e nel 301 (VI);
Gothicus Maximus nel 298 (I);
Medicus
[146][147]
[147][150]
Maximus nel 298 (I);
Parthicus Maximus nel 298 (I);
Persicus Maximus nel 295 (I) e 298
[147][151][152]
[145][153]
(II);
Restitutor orbis e Conservator orbis nel 286 (I) e 293 (II);
Sarmaticus
[147][152][154][151]
[102]
[148][84]
Maximus
nel 285 (I), 289 (II), 294 (III)
e nel 300 (IV);
Altri titoli
[84]
[84]
[84]
[84]
).
Note
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[6]
.
; Bowman, Diocletian, p. 68; .
; Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH), 68.
Barnes, "Lactantius and Constantine", 3235; .
Aurelio Vittore, Caesares, 39.30; Lattanzio, De mortibus persecutorum, 18.
Aurelio Vittore, Epitome 39, 1: matre pariter atque oppido nomine Dioclea, quorum vocabulis, donec imperium sumeret, Diocles
appellatus. Anche Lattanzio (De mortibus persecutorum 9) riferisce del suo nome Diocle. Le rovine dell'antica Doclea, ora Duklja, sono in
Montenegro, presso la capitale Podgorica.
[7] Eutropio, Breviarium 9, 22; Aurelio Vittore, cit., 39, 1.
[8] Aurelio Vittore, cit., 39, 7
[9] T. D. Barnes, The New Empire of Diocletian and Constantine, 1982, in base alla notizia riportata da Lattanzio, secondo la quale Diocleziano
si sarebbe lasciato morire di fame quando Costantino decret la distruzione delle statue sue e di Massimiano.
[10] A. H. M. Jones, J. R. Martindale e J. Morris, Prosopography of the Later Roman Empire, 1971.
[11] T. D. Barnes, cit.
[12] Come riferisce S. Williams, Diocleziano, p. 32, n. 20.
[13] SHA, Vita Aureliani 15, 3.
[14] SHA, Vita Probi 22, 3.
[15] .
[16] Zonara, Epitome XII, 31; .
[17] Mathisen, "Diocletian".
[18] SHA, Vita Cari; Aurelio Vittore, Liber de Caesaribus 39, 1; Zonara XII, 31.
[19] Cos afferma il Chronicon Paschale: del resto, il suo primo consolato da imperatore, nel 285, registrato come secondo consolato. Cfr.
anche W. Seston, Diocltien et la Ttrarchie, p. 46.
[20] Leadbetter, "Numerianus."
[21] .
[22] Codice giustinianeo 5.52.2; Leadbetter, "Numerianus"; Potter, 279.
[23] Secondo altri a Calcedonia: cfr. SHA, Vita Numeriani, 12, 13; Eutropio IX, 18; Aurelio Vittore, 38; Epitome 39; Zonara XII, 90.
[24] .
[25] ; .
[26] Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH), 68.
[27] .
Diocleziano
[28] Secondo W. Seston, cit., p. 49, il 17 settembre; secondo Eusebio, De martyribus Palestina 1, 5 e 2, 4, e Lattanzio, cit., 17, 1, il 17 novembre.
[29] Aurelio Vittore 39, 1: ducum Consilio tribunorumque.
[30] ; ; .
[31] ; Leadbetter, "Numerian"; ; .
[32] SHA (Vita Cari 13.2) con il particolare del verso di Virgilio pronunciata da Diocleziano, uccidendo Lucio Apro: Gloriare, Aper, Aenaee
magni dextra cadis, giocando sul significato di aper, cinghiale; .
[33] E. Gibbon, Decadenza e caduta dell'impero romano I, 12.
[34] Aurelio Vittore, Liber de Caesaribus, 39; Eutropio IX, 20.
[35] SHA, Vita Numeriani, 11; E. Gibbon, cit. I, 12: Vinse tutte le corone contro Nemesiano col quale gareggiava nella poesia didattica.
[36] V. A. Sirago, Diocleziano, p. 584: La morte di Numeriano sar stata dunque voluta dallo stesso Diocleziano, non certo col consenso dei
soldati, ma dei suoi colleghi generali. La soppressione spettacolare di Apro deve servire a due scopi, a liberarsi d'un rivale e a placare l'ira dei
soldati.
[37] Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL), VIII, 2529, 2530, 2532, 10382; XI, 727, 3580; XII, 110; XIV, 126.
[38] Panegyrici latini, III, 5, 3.
[39] Corcoran, "Before Constantine", 39.
[40] ; Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH), 6869; Potter, 280; ; .
[41] .
[42] Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH), 69.
[43] Leadbetter, "Carinus."
[44] ; .
[45] Potter, 280.
[46] .
[47] .
[48] .
[49] Aurelio Vittore, 39.11
[50] Aurelio Vittore, Epitome 38; Liber de Caesaribus 39, 1; Zosimo, Historia nova I, 73; SHA, Vita Cari XVIII; Eutropio, cit., IX, 20.
[51] .
[52] Roman Imperial Coinage 5.2.241 no. 20304; ; .
[53] .
[54] Aurelio Vittore, De Cesaribus, 37.5, citato in Carri & Rousselle, L'Empire Romain, 654
[55] .
[56] Potter, 281.
[57] ; ;.
[58] Aurelio Vittore, 39.15, citato in Leadbetter, "Carinus."
[59] Barnes, "Two Senators," 46; .
[60] RIC VI 299; Depeyrot 2/3; Calic 4524.
[61] RIC V 558.
[62] .
[63] .
[64] Barnes e Bowman sono per il 21 luglio (, ; Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy", 69) Potter per il 25 luglio (Potter, 28081).
[65] Corcoran, "Before Constantine", 40.
[66] ; Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH), 69; Bleckmann; Potter, 28081; .
[67] .
[68] .
[69] ; .
[70] Aurelio Vittore, Epitome 40, 10; Aurelio Vittore, Caesares, 39.18; Lattanzio, De mortibus persecutorum, 8 e 52.3; [[Panegyrici latini (http:/
/ www. archive. org/ stream/ xiipanegyricila02baehgoog/ xiipanegyricila02baehgoog_djvu. txt)], II, XI, 20].
[71] Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH), 7071; Liebeschuetz, 23552, 24043; ; .
[72] ; Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH), 7071; ; ; .
[73] ; Cascio, "The New State of Diocletian and Constantine" (CAH), 172.
[74] Aurelio Vittore, Caesares, 39.4.
[75] E.Horst, Costantino il Grande, p.49.
[76] Aurelio Vittore, Caesares, 39.2-4; Eutropio, IX, 26; Zonara, XII, 31.
[77] .
[78] Aurelio Vittore, Caesares, 39.2-4; Eutropio, IX, 26; Eumenio, Panegyrici latini, V, 11.
[79] . Si veda anche: Cascio, "The New State of Diocletian and Constantine" (CAH), 171.
[80] .
[81] Mcsy, p. 268.
[82] Grant, p. 265.
226
Diocleziano
[83] CIL 14, 128 (p. 613).
[84] Scarre, p. 197.
[85] Barnes, New Empire, p. 57; Bowman, pp. 7071.
[86] Barnes, New Empire, p. 57; Bowman, p. 71; Rees, Layers of Loyalty, p. 31.
[87] Williams, p. 46.
[88] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.21; Grant, p. 279.
[89] Southern, p. 209.
[90] Southern, p. 214.
[91] ; ; Grant, p. 273.
[92] Panegyrici latini, II, 5 (http:/ / www. archive. org/ stream/ xiipanegyricila02baehgoog#page/ n124/ mode/ 1up).
[93] Panegyrici latini, II, 7-8; VI, 8 (http:/ / www. archive. org/ stream/ xiipanegyricila02baehgoog#page/ n125/ mode/ 1up).
[94] ; .
[95] Panegyrici latini, II e III.
[96] Southern, p. 218.
[97] [[Gregorio di Tours (http:/ / remacle. org/ bloodwolf/ historiens/ gregoire/ francs2. htm)], Storia dei Franchi, libro II ].
[98] Panegyrici latini, III, 7, 1; VI, 4.
[99] [[Orosio (http:/ / www. thelatinlibrary. com/ orosius/ orosius7. shtml#25)], Historiarum adversum paganos, VII, 25, 7].
[100] Roman Imperial Coinage, Galerius, VI, 39; Jelocnik 84b; RSC 208.
[101] Barnes, New Empire, p. 255.
[102] SupIt-16-R, 50.
[103] Grant, p. 287.
[104] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XXXIX, 43.
[105] Grant, p. 274 e 287.
[106] Grant, p. 284.
[107] ; .
[108] .
[109] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.25.
[110] Ammiano Marcellino, Res Gestae, 27.5.5.
[112] ; AE 1973, 526.
[113] Panegyrici latini, III, 5 - 7,1.
[114] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.22.
[115] Barnes, New Empire, p. 59.
[116] Panegyrici latini, III, 17; IV, 5-6; VI, 8; VIII, 6.
[117] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.23.
[118] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16; Barnes, New Empire, p. 59.
[119] Grant, p. 274.
[120] Procopio di Cesarea, Guerre: persiana, vandalica e gotica, I, 19; Robert B. Jackson, At Empire's Edge. Exploring Rome's Egyptian
Frontier, p. 152; Mazzarino, p. 588.
[121] -[122] Grant, p.265; Chris Scarre, Chronicle of the roman emperors, New York 1999, pp.197-198.
[123] Y.Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma 2008, p.33.
[124] Lattanzio, De mortibus persecutorum, VII, 1.2.
[125] T.Cornell & J.Matthews, Atlante del mondo romano, Novara 1984, pp.172-173.
[126] G. Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. III - Dal III secolo alla fine dell'Impero d'Occidente, p. 33.
[127] Yann Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma, 2008, p. 33.
[128] Yann Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma, 2008, p. 41.
[129] E.N. Luttwak, La grande strategia dell'Impero romano, Milano 1981, pp.75-170.
[130] G. Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. III - Dal III secolo alla fine dell'Impero d'Occidente, pp. 46-48.
[131] Zosimo, Storia nuova, II, 34; Panegyrici latini, V, 18; Ammiano Marcellino, Storie, XXIII, 5.1-2.
[132] Gibbon, op. cit., pp. 265-266.
[133] Secondo il testimone Lattanzio (riportato in L. Pietri, cit., p. 174 e in Gibbon, cit., pp. 266-267), gi il giorno prima, festa dei Terminalia,
fu attaccata la chiesa di Nicomedia posta davanti al palazzo di Diocleziano. Le porte furono aperte, le scritture bruciate, il santuario distrutto.
[134] August Frannzen, Breve Storia della Chiesa, 1987, Editrice Queriniana
[135] Gibbon, op. cit., pp. 268-269.
[136] Gibbon, op.cit., pp. 269-271.
[137] Chester G. Starr, Storia del mondo antico, Editori Riuniti, 1977
[138] La stima del numero totale di vittime estremamente difficile: C. Lepelley (I cristiani e l'Impero romano in AA.VV., Storia del
Cristianesimo Vol. 1 a cura di L. Pietri Il nuovo popolo: dalle origini al 250, 2003, Borla / Citt Nuova, Roma, p. 248) sostiene che fino a
prima della persecuzione di Decio i martiri sarebbero stati diverse migliaia. Le cifre non dovettero variare molto in seguito: secondo W.H.C.
227
Diocleziano
Frend (Martyrdom and Persecution in the Early Church, 1965, Basil Blackwell, Oxford, p. 413) furono probabilmente centinaia sotto Decio;
per la "grande persecuzione", A. Marcone (La politica religiosa in AA.VV. Storia di Roma - vol. 3 L'et tardoantica, tomo I Crisi e
trasformazioni, 1993 Einaudi, Torino, p. 239) ritiene abbastanza attendibile la cifra di 91 vittime fornita da Eusebio per la sola provincia di
Siria Palestina. Solidoro Maruotti riporta una stima complessiva di 18 mila martiri o meno (in Laura Solidoro Maruotti, Sul fondamento
giuridico della persecuzione dei cristiani, Lezione tenuta presso la Sede napoletana dell'AST il 17 febbraio 2009).
[139] Marcone, cit., p. 235; a p. 236 riporta come al termine della persecuzione i lapsi delle zone governate da Costanzo Cloro furono
rimproverati solo di aver ceduto i libri sacri, segno di una condotta pi mite.
[140] L. Pietri, cit., p. 172 ss. - Frend, 2006 cit. p. 519-520.
[141] Eutropio, IX, 27.2; Lattanzio, De mortibus persecutorum, 17.
[142] (p 613).
[143] ;
[144] ;
[145] ,11; ; .
[146] .
[147] a.
[148] .
[149] ; AE 1973, 526a.
[150] (p 1772); ; ; IAphrodisias 230.
[151] CIL VI, 1137 (p 3071, 3778, 4327).
[152] .
[153] RIC VI 299; Depeyrot 2/3; Calic 4524.
[154] d.
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228
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229
Diocleziano
230
Altri progetti
Collegamenti esterni
(EN) Palazzo di Diocleziano a Spalato (http://w3.mrki.info/split/diokl.html)
Diocleziano dal sito della Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri (Roma) (http://www.
santamariadegliangeliroma.it/paginamastersing.html?codice_url=diocleziano&lingua=ITALIANO&
ramo_home=Basilica)
Sito incentrato sull'Imperatore Diocleziano (http://www.diocleziano.it)
Predecessore
Imperatore romano
Successore
Carino
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Storia
La transizione dalle due forme di governo, avviata gi a partire con Settimio Severo (poich con Severo che
compare la dicitura dominus in chiave ufficiale e propagandistica), e poi "amplificata" dal 235 con l'ascesa di
Massimino il Trace e perdurata per tutto il periodo dell'anarchia militare, pu dirsi completata nel 285 d.C. con
l'inizio del regno di Diocleziano, e l'inizio della Tetrarchia. Il dominato fu l'ultima forma assunta dal potere imperiale
sino alla fine dell'Impero d'Occidente.
Bibliografia
Fonti primarie
Letteratura storiografica
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P.Southern, The Roman Empire: from Severus to Constantine, Londra & New York 2001. ISBN 0-415-23944-3
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231
Massimiano
232
Massimiano
Massimiano
[1]
[2]
21 luglio o 25 luglio 285286 (come cesare di Diocleziano)
[3]
[4]
1 aprile 286 1 maggio 305 (come augusto d'Occidente, con Diocleziano augusto d'Oriente)
[5]
tardo 30611 novembre 308 (autoproclamatosi augusto)
[6]
310 (autoproclamatosi augusto)
Diocleziano
Costanzo Cloro e Galerio
Nome
completo
[7]
Marcus Aurelius Valerius Maximianus Herculius
Altri titoli
Herculius (286), Germanicus maximus V (287, 287, 288, 293, 301), Sarmaticus maximus III (289, 294, 300), Persicus maximus II
(295, 298), Carpicus maximus (296), Britannicus maximus (296), Armeniacus maximus (298), Medicus maximus (298),
[8]
Adiabenicus maximus (298)
Nascita
[9]
Sirmio (Sremska Mitrovica, Serbia), 250 circa
Morte
[9]
Massilia (Marsiglia, Francia), luglio 310 circa
Consorte
Figli
Eutropia
Flavia Massimiana Teodora
Massenzio
Fausta
Marco Aurelio Valerio Massimiano Erculio, noto pi semplicemente come Massimiano (latino: Marcus Aurelius
Valerius Maximianus Herculius; Sirmio, 250 circa Massilia, luglio 310[9]), fu cesare (dal luglio 285[1][2]) e poi
augusto (dal 1 aprile 286[3] al 1 maggio 305[4]) dell'Impero romano. Condivise quest'ultimo titolo con il suo amico,
co-imperatore e superiore Diocleziano, le cui arti politiche erano complementari alle capacit militari di Massimiano.
Stabil la propria capitale a Treviri, ma pass gran parte del proprio tempo impegnato in campagne militari.
Nell'estate avanzata del 285 soppresse la ribellione dei Bagaudi in Gallia; tra il 285 e il 288 combatt contro le trib
dei Germani lungo la frontiera del Reno; insieme a Diocleziano fece terra bruciata in profondit nel territorio degli
Alemanni nel 288, diminuendo per qualche tempo il timore di un'invasione di Germani nelle province renane.
L'uomo che aveva incaricato di controllare la Manica, Carausio, si ribell nel 286, causando la secessione della
Britannia romana e della Gallia dall'Impero. Massimiano non riusc a sconfiggere Carausio, in quanto la sua flotta
d'invasione fu distrutta dalle tempeste nel 289 o 290. Il vice-imperatore di Massimiano, il cesare Costanzo, inizi una
Massimiano
233
campagna contro Alletto, successore di Carausio, mentre Massimiano era impegnato a presidiare la frontiera renana.
La ribellione di Alletto ebbe fine nel 296, e Massimiano si mosse a sud, a combattere i pirati Mauri in Iberia e le
incursioni dei Berberi in Mauretania. Alla fine di queste campagne, nel 298, part per l'Italia, dove visse in agiatezza
fino al 305. Su richiesta di Diocleziano, Massimiano abdic assieme al collega il 1 maggio 305, cedendo il titolo di
augusto a Costanzo e ritirandosi in Italia meridionale.
Verso la fine del 306 Massimiano riprese il titolo di augusto e aiut la ribellione di suo figlio Massenzio in Italia.
Nell'aprile 307 tent di deporre il proprio figlio ma, avendo fallito, si rifugi alla corte del successore di Costanzo, il
figlio Costantino, a Treviri. Al concilio di Carnunto del novembre 308, Diocleziano e il suo successore Galerio
obbligarono Massimiano a rinunciare alle sue pretese al trono ma, all'inizio del 310, questi cerc di sottrarre il titolo
imperiale a Costantino, che si trovava impegnato in una campagna sul Reno; Massimiano riscosse l'appoggio di
pochi e fu catturato da Costantino a Marsiglia; qui commise suicidio nell'estate di quell'anno per ordine di
Costantino.
Durante la guerra tra Costantino e Massenzio, l'immagine di Massimiano fu rimossa dai luoghi pubblici, ma, dopo la
vittoria di Costantino sul rivale, Massimiano fu riabilitato e divinizzato.
Biografia
Origini e carriera militare
Massimiano nacque nei pressi di Sirmio (ora Sremska Mitrovica,
Serbia), nella provincia di Pannonia, intorno al 250, da una
famiglia di bottegai.[10] Le fonti contengono vaghe allusioni
all'Illirico come sua terra natale,[11] alle sue virt pannoniche,[12] e
alla sua dura educazione lungo la frontiera del Danubio tormentata
dalla guerra.[13] Massimiano entr nell'esercito, servendo con
Diocleziano sotto gli imperatori Aureliano (270275) e Probo
(276282). Prese parte probabilmente alla campagna
mesopotamica di Caro nel 283, partecipando all'acclamazione a
imperatore di Diocleziano il 20 novembre 284 a Nicomedia.[14] La
rapida nomina di Massimiano a cesare di Diocleziano stata
interpretata dallo scrittore Stephen Williams e dallo storico
Timothy Barnes come il segno di un accordo di lunga data tra i
due uomini, che avrebbero deciso in anticipo i rispettivi ruoli, e del
sostegno di Massimiano a Diocleziano durante la campagna contro
Carino (283285), ma non ci sono prove dirette di questa
interpretazione.[15][16]
Dotato di grande energia, di carattere aggressivo e di una scarsa
inclinazione
alla ribellione, Massimiano era un ottimo candidato al
Ritratto di Massimiano, oggi presso il Museo
Archeologico di Milano.
ruolo di collega di Diocleziano. Lo storico del IV secolo Aurelio
Vittore descrisse Massimiano come un collega di leale amicizia,
anche se alquanto noioso, e di grandi talenti militari.[17] Malgrado le sue qualit, Massimiano non aveva ricevuto
un'educazione e preferiva comunque l'azione al ragionamento. Il panegirista del 289, dopo aver comparato le sue
azioni alle vittorie di Scipione Africano su Annibale durante la seconda guerra punica, insinu che Massimiano non
li avesse mai sentiti nominare.[18] Le sue aspirazioni erano esclusivamente militari, in modo da lasciare la politica
nelle mani di Diocleziano.[19] Il retore cristiano Lattanzio suggerisce che Massimiano condividesse in linea di
Massimiano
234
massima gli atteggiamenti di Diocleziano, ma che fosse meno puritano nei suoi gusti, e che abbia in diverse
occasioni approfittato dei vantaggi della sua posizione.[20] Lattanzio accus Massimiano di aver sverginato figlie di
senatori e di viaggiare con giovani vergini per soddisfare la sua lussuria senza fine, ma la credibilit dello scrittore
cristiano minata dalla sua ostilit verso i pagani.[21]
Massimiano ebbe due figli dalla moglie siriana Eutropia, Massenzio e Fausta, dei quali le fonti antiche non
forniscono le date di nascita. Secondo le stime moderne, Massenzio sarebbe nato tra il 277 e il 287, mentre Fausta
generalmente fatta nascere attorno al 298.[22] Teodora, moglie di Costanzo Cloro, spesso detta figliastra di
Massimiano dalle fonti antiche, tanto che Otto Seeck ed Ernest Stein affermano che sia nata da un precedente
matrimonio di Eutropia con Afranio Annibaliano;[23] Barnes critica questa ricostruzione, affermando che tutte le
fonti che parlano di una "figliastra" derivano da una stessa fonte storica parzialmente inaffidabile, la
Kaisergeschichte, mentre le fonti pi affidabili fanno di Teodora la figlia naturale di Massimiano.[24] Barnes
conclude che Teodora nacque non pi tardi del 275 circa da una precedente moglie di Massimiano, sconosciuta.[25]
Massimiano Cesare
[26]
Massimiano: antoniniano
A Mediolanum nel luglio 285[27] Diocleziano proclam Massimiano suo co-imperatore, elevandolo al rango di
cesare.[15][28] I motivi di questa scelta sono complessi. Quasi ogni provincia dell'impero era luogo di un conflitto,
dalla Gallia alla Siria, dall'Egitto al basso Danubio; Diocleziano aveva dunque bisogno di un aiutante per gestire tutti
questi impegni,[15][29] e, secondo alcune interpretazioni, si rese conto di essere un generale mediocre e di aver
bisogno di un uomo come Massimiano che si occupasse degli aspetti militari.[30] Inoltre Diocleziano non aveva figli
maschi, ma solo una figlia, Valeria, che non gli poteva succedere; doveva dunque cercare un co-imperatore al di
fuori della propria famiglia di cui si potesse fidare.[31] Esiste un dibattito sulla possibilit o meno che Diocleziano
abbia adottato Massimiano,[32] come gi avevano fatto altri imperatori senza eredi prima di lui, ma quel che certo
che Massimiano assunse il nomen di Diocleziano, Valerius.[33]
Inoltre Diocleziano sapeva che un regnare da solo era pericoloso e che esistevano precedenti per un governo a due.
Ad esempio, malgrado le loro capacit militari, i due imperatori assoluti Aureliano e Probo erano stati facilmente
deposti,[34] mentre l'imperatore Caro e i suoi due figli avevano regnato assieme efficacemente, sebbene non a lungo.
Se gi Augusto (27 a.C.14 d.C.) aveva condiviso alcuni suoi poteri con dei colleghi, dall'epoca di Marco Aurelio
(161180) esisteva la posizione di co-imperatore.[35]
Il governo a due ebbe evidentemente successo. Intorno al 287 la relazione tra i due sovrani fu ri-definita in termini
religiosi, con Diocleziano che assunse l'appellativo Iovius e Massimiano quello di Herculius;[36] si trattava di titoli
pregni di simbolismo, secondo i quali Diocleziano-Giove aveva il ruolo dominante di pianificare e comandare,
mentre Massimiano-Ercole aveva il ruolo eroico di portare a termine le imprese assegnategli.[37] Malgrado il
simbolismo, per, i due imperatori non erano "divinit" secondo la tradizione del culto imperiale, sebbene nei
panegirici fossero talvolta presentati in questo modo, ma piuttosto strumenti degli di, pronti a far rispettare la
volont divina sulla Terra.[38] Alla fine dei riti, Massimiano assunse il controllo della parte occidentale dell'impero e
Massimiano
235
Massimiano
Massimiano venne presto a sapere che Carausio attendeva che i pirati terminassero i loro saccheggi prima di
attaccarli e che il loro bottino finiva poi nelle tasche di Carausio invece di tornare alla popolazione o nelle casse
imperiali;[56] ordin allora che fosse arrestato e giustiziato, causandone la fuga in Britannia Il sostegno a Carausio tra
i Britanni era forte, e almeno due legioni stanziate sull'isola, la II Augusta e la XX Valeria Victrix, passarono dalla
sua parte, come fece pure, al completo o in parte, una legione acquartierata vicino Boulogne (probabilmente la XXX
Ulpia Victrix).[57] Carausio elimin rapidamente i pochi lealisti rimasti nel suo esercito e si proclam augusto.[58]
Massimiano pot fare poco per combattere la rivolta. La sua flotta era controllata da Carausio, mentre lui era
impegnato a controllare gli Eruli e i Franchi. Nel frattempo Carausio rafforz la propria posizione ingrandendo la
flotta, arruolando mercenari franchi e pagando bene le proprie truppe;[58] entro l'autunno del 286 la Britannia, la
Gallia nord-occidentale e l'intera Manica erano sotto il suo controllo.[59][60] Carausio si dichiar alla testa di uno
stato britannico indipendente, l'Imperium Britanniarum, e coni monete di purezza nettamente superiore a quelle di
Massimiano e Diocleziano, guadagnandosi il sostegno dei mercanti britannici e gallici.[61] Persino le truppe di
Massimiano erano vulnerabili all'influenza e alla ricchezza di Carausio.[62]
Massimiano Augusto
Spronato dalla crisi con Carausio, il 1 aprile
286[3] Massimiano assunse il titolo di
augusto;[59][63] in questo modo era allo
stesso livello del ribelle, in modo che lo
scontro fosse tra due Augusti invece che tra
un Cesare e un Augusto, e, nella propaganda
imperiale, Massimiano fu proclamato
fratello di Diocleziano, suo eguale in
autorit
e
prestigio.[64] Diocleziano
probabilmente non era presente alla nomina
di Massimiano,[65] e questo ha fatto dire ad
alcuni studiosi che Massimiano abbia
usurpato un titolo solo successivamente
La divisione tetrarchica voluta da Diocleziano e le 12 diocesi dopo il 293. A
riconosciuto da Diocleziano allo scopo di
Massimiano spettarono tre diocesi (in giallo) d'Italia, Spagna ed Africa.
evitare una guerra civile, ma questa ipotesi
non ha raccolto molto sostegno ed stata
recentemente confutata;[66] malgrado la distanza fisica tra i due imperatori, Diocleziano si fidava di Massimiano
tanto da concedergli i poteri imperiale, mentre Massimiano rispettava Diocleziano tanto da agire secondo le sue
volont.[67]
Il doppio governo non port ad una divisione formale dell'impero; sebbene vi fossero delle separazioni ciascun
imperatore aveva la propria corte, il proprio esercito e la propria residenza ufficiale queste furono dovute a
questioni pratiche, non di sostanza, tanto che la propaganda imperiale, a partire dal 287 in poi, insiste sulla Roma
unica e indivisibile, un patrimonium indivisum.[68] Cos parla il panegirista del 289 rivolgendosi a Massimiano:
Cos questo impero un possesso comune a voi due, senza alcuna discordia, n sopporteremmo una qualunque
disputa tra voi, ma semplicemente reggete lo stato in misura uguale, come una volta i due Eracleiadi, i re di Sparta,
facevano.[69] Sia le decisioni di valore legale che le celebrazioni imperiali avvenivano in nome di entrambi i
sovrani; le stesse monete erano coniato in entrambe le parti dell'impero.[70] Diocleziano eman talvolta alcune
disposizioni per la provincia d'Africa, dipendente da Massimiano, il quale a sua volta potrebbe aver fatto lo stesso
per il territorio del collega.[71]
236
Massimiano
Campagne contro le trib renane
Massimiano comprese di non poter sconfiggere immediatamente Carausio e
decise allora di impegnarsi contro le trib renane,[59][72] le quali costituivano
probabilmente un pericolo maggiore per la pace della Gallia di quanto non
fosse Carausio e, al contempo, erano sostenitori dell'usurpatore britannico.[73]
Sebbene lungo il Reno vivessero molti nemici dell'impero, questi erano pi
spesso in lotta fra loro che contro i Romani.[74] Poche sono le testimonianze
che permettono di datare le campagne di Massimiano, sul Reno oltre al fatto
che durarono dal 285 al 288.[75] Mentre stava ricevendo i fasci di console (1
gennaio 287), Massimiano fu raggiunto dalla notizia di un attacco di barbari;
rimossa la toga e indossata la corazza, marci contro il nemico e pi tardi
quello stesso anno, sebbene non lo avesse completamente disperso, celebr
una vittoria in Gallia.[59][76] Ritenendo che le trib dei Burgundi e degli
Alemanni stanziate nella regione della Mosella-Vosgi costituissero la
maggiore minaccia, decise di affrontarle per primo; durante la campagna fece
terra bruciata distruggendo le loro terre e riducendoli di numero per fame e
Flavio Costanzo, prefetto del pretorio di
malattie. Successivamente si mosse contro i pi deboli Eruli e Chaibones, che
Massimiano e marito di sua figlia
mise in un angolo e sconfisse in una singola battaglia, cui partecip
Teodora.
personalmente, cavalcando lungo lo schieramento finch la linea germanica
ruppe e le forze romane inseguirono e dispersero gli eserciti tribali nemici.
Con i suoi nemici indeboliti dalla fame, Massimiano lanci una grande invasione al di l del Reno.[77] Mossosi in
profondit nelle territorio germanico, port la distruzione in casa del nemico,[74] dimostrando la superiorit delle
armi romane.[59] Entro l'inverno del 287 aveva guadagnato l'iniziativa e le terre del Reno erano libere dai
Germani;[74] il panegirista di Massimiano giunse a dire che tutto ci che vedo oltre il Reno romano.[78]
La primavera successiva, mentre Massimiano si preparava ad affrontare Carausio, Diocleziano torn
dall'oriente;[59][79] i due imperatori si incontrarono in un luogo e in una data sconosciuti,[80] e probabilmente si
misero d'accordo per mettere in atto congiuntamente una campagna contro gli Alemanni e una spedizione navale
contro Carausio.[81] Pi tardi, quello stesso anno, Massimiano condusse un'invasione a sorpresa degli Agri decumates
la regione tra l'alto Reno e l'alto Danubio, posta all'interno del territorio degli Alemanni mentre Diocleziano
invase la Germania attraverso la Rezia; entrambi bruciarono le messi e le riserve di cibo nemiche, distruggendo i
mezzi di sostentamento dei Germani,[79] e inglobarono vaste porzioni di territorio all'impero, cosa che permise a
Massimiano di continuare la sua ricostruzione senza ulteriori disturbi.[59][82] Dopo la guerra si ricostruirono le citt
sul Reno, creando delle teste di ponte sulla sponda orientale in posti come a Magonza e Colonia e fondando una
frontiera con forti, strade e paesi fortificati; una strada militare passava da Tornacum (Tournai, Belgio), Bavacum
(Bavay, Francia), Atuatuca Tungrorum (Tongeren, Belgio), Mosae Trajectum (Maastricht, Paesi Bassi), e la citt di
Colonia.[83]
All'inizio del 288 Massimiano incaric il proprio prefetto del pretorio Flavio Costanzo (Costanzo Cloro) di condurre
una campagna contro gli alleati franchi di Carausio, i quali controllavano gli estuari del Reno, impedendo attacchi
via mare a Carausio. Costanzo si mosse verso nord attraverso il loro territorio, causando panico, e raggiunse il Mare
del Nord. I Franchi chiesero la pace e con l'accordo conseguente Massimiano rimise al potere il deposto re franco
Gennobaude. Gennobaude divenne il vassallo di Massimiano e, con i capi tribali franchi che giurarono lealt a
Gennobaude, i Romani si assicurarono il dominio della regione.[59][84] Massimiano permise che Frisoni, Franchi
Sali, Chamavi e altre trib si insediassero in una striscia di territorio romano, o tra i fiumi Reno e Waal e da
Noviomagus (Nijmegen, Paesi Bassi) a Traiectum (Utrecht, Paesi Bassi)[83] o nei pressi di Treviri.[59] Queste trib,
cui fu permesso di insediarsi in cambio del riconoscimento del dominio romano, da una parte fornivano una fonte
immediatamente disponibile per l'arruolamento di truppe, dall'altra impedivano lo stanziamento nella regione delle
237
Massimiano
popolazioni franche, formando una sorta di cuscinetto lungo la frontiera e permettendo a Massimiano di ridurre le
guarnigioni impegnate.[83]
Nascita della tetrarchia e fine dell'Impero di Carausio
Per il 289 Massimiano organizz un'invasione della
Britannia romana controllata da Carausio, che per
fall, per motivi non chiari; il panegirista del 289
mostra ottimismo per l'impresa, mentre quello del 291
non ne fa menzione.[85] Il panegirista di Costanzo
Cloro suggerisce che la sua flotta and persa a causa di
una tempesta,[86] ma possibile che questa versione sia
stata elaborata per ridurre l'imbarazzo di una
Moneta di Carausio, l'imperatore ribelle della Britannia romana.
sconfitta.[87] Diocleziano pose fine alla sua visita delle
province orientali poco dopo, forse dopo essere venuto
a conoscenza del fallimento di Massimiano,[88] e torn in Occidente rapidamente, raggiungendo Emesa il 10 maggio
290,[89] e Sirmio, sul Danubio, il 1 luglio.[90] Diocleziano incontr Massimiano a Milano o nel dicembre 290 o nel
gennaio 291.[91] Folle si adunarono per assistere alla discesa dei sovrani in citt, e gli imperatori dedicarono molto
tempo alle apparizioni in pubblico;[92] alcuni storici hanno supposto che le cerimonie fossero organizzate per
dimostrare il sostegno di Diocleziano al vacillante collega.[93] I sovrani discussero segretamente di politica e
guerra,[94] e un questa occasione potrebbero aver discusso la possibilit di allargare il collegio imperiale fino a
includere quattro imperatori (la tetrarchia).[95] Nel frattempo una delegazione del Senato romano incontr gli
imperatori, rinnovando un rapporto molto saltuario con i sovrani.[96] Gli imperatori non si incontrarono pi fino al
303.[93]
A seguito dell'invasione fallita del 289, Massimiano
dovette concedere controvoglia una tregua a Carausio.
L'imperatore toller il dominio di Carausio sulla
Britannia romana e sul continente, ma si rifiut di
riconoscere ufficialmente lo stato secessionista;
Carausio, da parte sua, si accontent dei suoi territori
della Gallia costiera.[97] Diocleziano, al contrario, non
tollerava un tale affronto al suo ruolo; dovendo far
fronte alla secessione di Carausio e ad altri problemi ai
Quinario di Alletto, successore di Carausio.
confini egiziani, siriani e danubiani, si convinse che
due imperatori non erano sufficienti a gestire l'impero.[98] Il 1 marzo 293, a Mediolanum, Massimiano nomin
Costanzo proprio cesare, una sorta di vice-imperatore per la parte occidentale dell'impero;[99] Lo stesso giorno, o un
mese dopo, Diocleziano fece lo stesso con Galerio: era nata la tetrarchia, il "governo a quattro.[100] A Costanzo cui
era stata fatta sposare la figlia di Massimiano, Teodora fu fatto capire che avrebbe dovuto avere successo l dove
Massimiano aveva fallito: sconfiggere Carausio.[101]
Costanzo svolse il proprio compito velocemente ed efficientemente, ed entro il 293 espulse le forze di Carausio dalla
Gallia settentrionale; quello stesso anno il sovrano ribelle fu assassinato e sostituito dal suo tesoriere Alletto.[102]
Costanzo marci su per la costa fino agli estuari del Reno e dello Sheldt, dove riport una vittoria sugli alleati
franchi di Carausio e assunse il titolo di Germanicus maximus;[103] il suo successivo obiettivo era la Britannia, e
quindi pass gli anni successivi a costruire una flotta d'invasione.[104] Massimiano, che si trovava ancora in Italia
dopo la nomina di Costanzo, fu soddisfatto dei piani di invasione e nell'estate del 296 torn in Gallia,[105] dove
controll le frontiere renane difendendole dagli alleati franchi di Carausio mentre Costanzo lanci l'invasione della
Britannia.[106] Alletto fu sconfitto e ucciso in battaglia dal prefetto del pretorio di Costanzo, Giulio Asclepiodoto;
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Massimiano
Costanzo sbarc nei pressi di Dubris (Dover) e marci su Londinium (Londra), dove fu accolto come un liberatore
dalla popolazione.[107]
Campagne in Africa settentrionale
Col ritorno vittorioso di Costanzo, Massimiano fu in grado di concentrarsi sul conflitto in Mauretania, in Africa
nord-occidentale.[108] Con l'indebolimento dell'autorit romana durante il III secolo, le trib di nomadi Berberi
avevano iniziato a razziare gli insediamenti nella zona con conseguenze sempre pi gravi. Nel 289, il governatore
della Mauretania Caesariensis (corrispondente alla moderna Algeria) guadagn un po' di respiro opponendo un
piccolo esercito ai Bavari e ai Quinquegentiani, ma i razziatori tornarono presto all'attacco. Nel 296 Massimiano
raccolse un esercito con le coorti pretoriane, con legionari di Aquileia, egiziani e danubiani, con ausiliari galli e
germani e con reclute della Tracia; avanz poi attraverso la penisola iberica nell'autunno di quell'anno.[109]
Probabilmente difese la regione contro le incursioni dei Mauri,[110] prima di attraversare lo stretto di Gibilterra ed
entrare in Mauretania Tingitana (il moderno Marocco), che protesse dai pirati franchi.[111]
Entro il marzo del 297, Massimiano diede inizio ad una sanguinosa offensiva contro i Berberi. La campagna fu
lunga, e Massimiano spese l'inverno del 297298 a riposarsi a Cartagine prima di riprendere l'offensiva.[112] Non
contento di averli ricacciati nelle loro terre d'origine tra le montagne dell'Atlante, da dove avrebbero potuto
proseguire gli attacchi, Massimiano si avventur in profondit nel territorio berbero. Malgrado il terreno sfavorevole
e l'abilit dei Berberi di mettere in atto tattiche di guerriglia, Massimiano non cedette la presa: cercando,
probabilmente, di infliggere quanto pi danno possibile a scopo punitivo, devast delle terre ritenute sicure, uccise
quanti pi nemici possibile e respinse i restanti nel Sahara.[113] La campagna ebbe la sua conclusione nella primavera
del 298; il 10 marzo Massimiano fece il proprio ingresso trionfale a Cartagine.[113][114] Furono eseguite delle
iscrizioni a dimostrare la gratitudine delle popolazioni a Massimiano: come gi Costanzo al suo ingresso a Londra,
Massimiano vi chiamato redditor lucis aeternae ("restitutore della luce eterna").[113] L'imperatore torn in Italia
nel 299, per celebrare un altro trionfo a Roma, nella primavera di quell'anno.[115]
Vita tra gli agi e ritiro
Dopo la campagna in Mauretania, Massimiano torn in Italia settentrionale, vivendo una vita tra gli agi nei palazzi
imperiali di Mediolanum e Aquileia, e lasciando la cura degli affari militari a Costanzo.[116] Massimiano si dimostr
molto pi aggressivo nei suoi rapporti con il Senato romano di quanto non fosse Costanzo, e Lattanzio sostiene che
terrorizzava i senatori, fino al punto di accusarne falsamente e poi metterne a morte molti, tra cui il praefectus urbi di
Roma nel 301/302.[117] Al contrario Costanzo tenne buone relazioni con l'aristocrazia senatoriale e pass il proprio
tempo a difendere attivamente l'impero: nel 300 o 301 e poi nel 302 combatt i Franchi, mentre Massimiano si
riposava in Italia, e poi continu le campagne contro le trib germaniche nell'alto Reno.[110]
Massimiano fu distratto dal suo riposo solo nel 303, in occasione dei vicennalia (ventennale di regno) di
Diocleziano, celebrati a Roma, occasione in cui ai due augusti fu innalzato un arco trionfale, l'Arcus Novus. Alcuni
indizi suggeriscono che in questa occasione Diocleziano strapp a Massimiano l'impegno di cedere insieme il potere
e di passare i loro titoli di augusti ai cesari Costanzo e Galerio;[118] probabile che Massenzio e Costantino, figli
rispettivamente di Massimiano e Costanzo ed educati insieme a Nicomedia, sarebbero allora divenuti i nuovi cesari.
Mentre Massimiano potrebbe non aver desiderato ritirarsi, Diocleziano aveva ancora il controllo della situazione e vi
fu scarsa resistenza. Prima del ritiro, Massimiano avrebbe avuto un ultimo momento di gloria con la celebrazione dei
Giochi secolari, nel 304.[119]
Il 1 maggio 305, in cerimonie separate a Mediolanum e Nicomedia, Diocleziano e Massimiano lasciarono il potere
contemporaneamente; la successione, per, non and esattamente come Massimiano aveva sperato, in quanto, forse
per l'influenza di Galerio, i nuovi cesari furono Severo e Massimino, con l'esclusione dunque di Massenzio.
Entrambi i nuovi cesari avevano delle lunghe carriere militari ed erano vicini a Galerio: Severo era suo nipote e
Massimino un suo vecchio collega nell'esercito.[120] Massimiano rimase subito contrariato dalla nuova tetrarchia, che
vide Galerio assumere la posizione dominante gi ricoperta da Diocleziano; sebbene Massimiano avesse diretto la
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Massimiano
240
cerimonia che aveva proclamato cesare Severo, in due anni l'augusto ritirato era divenuto talmente insoddisfatto da
sostenere la ribellione del figlio Massenzio contro il nuovo regime.[121] Diocleziano si ritir nel suo nuovo palazzo
costruito vicino a Salona, nella sua terra natale, la Dalmazia; Massimiano scelse invece delle ville in Campania o
Lucania, dove visse una vita di agi e lussi.[122] Sebbene lontani dai centri politici dell'impero, Diocleziano e
Massimiano rimasero in contatto regolare tra loro.[123]
Ribellione di Massenzio
Per approfondire, vedi Guerra civile romana (306-324).
Massimiano
Titoli onorifici
I titoli onorifici e i consolati assunti da Massimiano furono, in ordine cronologico:[8]
286: accetta il titolo di Herculius;
287: console (I) assieme a Diocleziano (III); accetta i titoli Germanicus maximus e Germanicus maximus II per le
guerre contro i Germani;
288: console (II) assieme a Pomponio Ianuario; accetta il titolo Germanicus maximus III per la guerra contro i
Germani;
289: accetta il titolo di Sarmaticus maximus per una vittoria di Diocleziano;
290: console (III) assieme a Diocleziano (IV);
293: console (IV) assieme a Diocleziano (V); accetta il titolo di Germanicus maximus IV;
294: accetta il titolo di Sarmaticus maximus II per una vittoria di Diocleziano;
295: accetta il titolo di Persicus maximus per una vittoria di Galerio;
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Massimiano
296: accetta il titolo di Carpicus maximus per una vittoria di Diocleziano; accetta il titolo di Britannicus maximus
per una vittoria di Costanzo;
297: console (V) assieme a Galerio (II);
298: accetta i titoli di Armeniacus maximus, Medicus maximus, Adiabenicus maximus e Persicus maximus II per
una vittoria di Galerio;
299: console (VI) assieme a Diocleziano (VII);
300: accetta il titolo di Sarmaticus maximus III per una vittoria di Galerio;
301: accetta il titolo di Germanicus maximus V per una vittoria di Costanzo;
303: console (VII) assieme a Diocleziano (VIII);
305: console (VIII) assieme a Diocleziano (IX);
307: console (IX) assieme a Costantino.
Programma edilizio
La capitale scelta da Diocleziano per la parte orientale era Nicomedia,
la capitale dell'impero occidentale fu Mediolanum, l'attuale
Milano.[140] Nei pochi anni del suo regno Massimiano lasci in questa
capitale delle opere imponenti, e tra queste un grande ippodromo o
circo,[141] il pi grande dell'epoca delle tetrarchia (470 85m), dotato
di una parte monumentale (a Nord) con due torri, una delle quali esiste
ancora trasformata in campanile del convento di San Maurizio
Maggiore.[142] Tra le altre opere un mausoleo ottagonale (uguale a
quello nella villa di Diocleziano a Spalato) per il quale fece costruire
un sarcofago di porfido egiziano (il colore violaceo ricorda
evidentemente quello della porpora).[143] Dopo varie vicissitudini
questo divenuto il fonte battesimale del duomo di Milano. Ampli
notevolmente i palazzi imperiali, che (come di consuetudine) davano
direttamente sul circo. Fece costruire delle mura poderose, dotate di
torri a 24 lati, per uno sviluppo di circa 4,5km.[144] Da segnalare anche
le terme Erculee, in un'area a est delle citt, area ampliata dalle nuove
mura e destinata evidentemente ad altri importanti interventi
La torre del circo di Massenzio a Milano, ora
edilizi.[145] Massimiano oper altre costruzioni di enormi proporzioni
campanile di San Maurizio.
anche ad Aquileia, al punto da farla apparire come una sorta di seconda
capitale, essendo porto fluviale-marittimo sull'Adriatico e retrovia
militare, vista la sua vicinanza al limes dei Claustra Alpium Iuliarum;.[146]
A Roma si occup dell'edificazione delle Terme di Diocleziano.[147]
Nel 303 fu emanato un editto che diede il via ad una persecuzione contro i cristiani, che per in Occidente ebbe
scarso seguito anche a causa della perenne situazione di tensione sul limes causata dalle popolazioni barbariche, che
costrinse sia Cloro sia Massimiano a impiegare molte risorse ed energie nel contenimento del problema.
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Massimiano
243
Note
[1] Barnes, Constantine and Eusebius, 6; Barnes, New Empire, 4.
[2] Potter, pp. 28081.
[3] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 67; Potter, p. 282; Southern, pp. 14142. La
cronologia della nomina ad augusto di Massimiano alquanto incerta (Corcoran,
"Before Constantine", p. 40; Southern, p. 142). L'ipotesi che Massimiano fosse
augusto sin dal luglio 285, senza quindi mai essere cesare, non ha molto successo tra
gli storici (Potter, p. 281; Southern, p. 142; secondo quanto scritto in De Caesaribus
39.17).
[4] Barnes, New Empire, p. 4.
[5] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3234; Barnes, New Empire, p. 13; Elliott,
pp. 4243; Lenski, p. 65; Odahl, pp. 9091; Pohlsander, Emperor Constantine, p. 17;
Potter, pp. 34950; Treadgold, p. 29.
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45.
[33] Bowman, p. 69.
[34] Potter, p. 280.
[35] Corcoran, "Before Constantine", p. 40.
[36] Corcoran, "Before Constantine", p. 40; Liebeschuetz, Continuity and Change, pp. 23552, 24043; Odahl, pp. 4344; Rees, Layers of
Loyalty, pp. 3233.
[37] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 1112; Corcoran, "Before Constantine", p. 40; Odahl, p. 43; Rees, Layers of Loyalty, pp. 3233, 39,
4252; Southern, pp. 13637; Williams, pp. 5859.
[38] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 11.
[39] Southern, p. 137; Williams, pp. 4546.
[40] Rees, Layers of Loyalty, p. 29.
[41] Eutropio, Breviarium, 9.20; Aurelio Vittore, De Caesaribus, 39.17; citati in Rees, Layers of Loyalty, pp. 2930.
[42] Potter, pp. 28182.
[43] Barnes, New Empire, p. 10; Rees, Layers of Loyalty, p. 30; Southern, p. 137; Williams, pp. 4546.
[44] Barnes, New Empire, p. 57; Bowman, pp. 7071.
[45] Southern, p, 137.
[46] Panegyrici latini 10(2), citato in Williams, p. 46; Southern, p. 137.
[47] Southern, pp. 139138; Williams, p. 46.
[48] Barnes, New Empire, p. 57; Bowman, p. 71; Rees, Layers of Loyalty, p. 31.
[49] Williams, p. 46.
[50] Potter, pp. 28283. Potter e Barnes (New Empire, p. 56) propendono per Treviri, Williams (Diocletian, p. 46) per Magonza.
[51] Southern, p. 138; Williams, p. 46.
[52] Potter, p. 284.
[53] Barnes, New Empire, p. 57.
[54] Bowman, p. 71; Southern, p. 138; Williams, pp. 4647.
[55] Southern, p. 138; Williams, pp. 4647.
[56] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 67; Bowman, p. 71; Potter, pp. 28384; Southern, pp. 13741; Williams, p. 47.
[57] Potter, p. 284; Southern, pp. 13940; Williams, p. 47. La maggior parte delle informazioni sulle legioni sotto il comando di Carausio
proviene dalle sue emissioni monetarie. Stranamente, la Legio VI Victrix, stanziata a Eboracum (York, Regno Unito) e quindi
geograficamente sotto il suo comando, non tra quelle da lui controllate nella maggior parte delle ricostruzioni (Southern, p. 332). Panegyrici
latini 8(4)12.1 ammette che una legione continentale, probabilmente la XXX Ulpia Victrix, pass dalla parte di Carausio (Potter, p. 650).
[58] Williams, p. 47.
[59] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 7.
[60] Bowman, p. 71; Southern, p. 140.
[61] Williams, pp. 4748.
[62] Potter, p. 284; Williams, pp. 6162.
[63] Bleckmann; Corcoran, "Before Constantine", p. 40; Potter, p. 282; Southern, pp. 14142; Williams, p. 48. Il titolo era Imperator Caesar
Marcus Aurelius Valerius Maximianus Augustus Herculius.
[64] Williams, p. 48.
[65] Potter, pp. 282, 649. Diocleziano si trovava tra Bisanzio (Istanbul, Turchia), dove era il 22 marzo 286, e Tiberiade, che visit dal 31 maggio
al 31 agosto (Barnes, New Empire, pp. 5051; Potter, pp. 282, 649).
[66] Potter, pp. 282, 649.
[67] Potter, p. 282; Williams, p. 49.
[68] Bowman, p. 70; Potter, p. 283; Williams, pp. 49, 65.
[69] Panegyrici latini 10(2)9.4, citato in Potter, p. 283.
[70] Potter, 283; Williams, 49, 65.
[71] Potter, p. 283.
[72] Bowman, p. 71; Corcoran, "Before Constantine", p. 40.
[73] Southern, p. 141; Williams, p. 50.
[74] Williams, p. 50.
[75] Southern, p. 142. Barnes, in New Empire p. 57, elenca cinque date: il 10 febbraio 286, a Milano (Codex Iustinianus 8.53(54).6; Fragmenta
Vaticana 282); 21 giugno 286 a Magonza (Fragmenta Vaticana 271); 1 gennaio 287 a Treviri, Colonia o Magonza (data dell'assunzione del
consolato, Panegyrici latini 10(2).6.2 ff.); e 287, la spedizione al di l del Reno (Panegyrici Latini 10(2).7.1ff.).
[76] Bowman, p. 72.
[77] Barnes, New Empire, p. 57; Williams, p. 50.
[78] Panegyrici latini 10(2).7.7, tradotto da Nixon in Nixon and Rodgers, citato in Bowman, p. 72.
[79] Southern, pp. 14243; Williams, p. 50.
[80] Barnes, New Empire, p. 57; Rees, Layers of Loyalty, p. 31.
244
Massimiano
[81] Rees, Layers of Loyalty, p. 31; Southern, pp. 14243; Williams, p. 50. Barnes (Constantine and Eusebius, 7) data l'incontro dopo la
campagna contro gli Alemanni.
[82] Corcoran, "Before Constantine", p. 40; Southern, p. 143; Williams, p. 50.
[83] Williams, pp. 5051.
[84] Bowman, p. 72; Williams, p. 51.
[85] Southern, p. 143.
[86] Panegyrici latini 8(5)12.2; Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 7, 288; Bowman, pp. 7273; Potter, pp. 28485, 650; Southern, p. 143;
Williams, p. 55.
[87] Southern, p. 143; Williams, p. 55.
[88] Potter, p. 285; Southern, p. 144.
[89] Codex Justinianus 9.41.9; Barnes, New Empire, p. 51; Potter, pp. 285, 650.
[90] Codex Justinianus 6.30.6; Barnes, New Empire, p. 52; Potter, pp. 285, 650.
[91] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 8; Potter, p. 285.
[92] Panegyrici latini 11(3)10, citato in Williams, p. 57.
[93] Potter, p. 285.
[94] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 8; Potter, pp. 285, 288; Rees, Layers of Loyalty, pp. 69.
[95] Potter, p. 285; Rees, Layers of Loyalty, p. 69.
[96] Panegyrici latini 11(3)2.4, 8.1, 11.34, 12.2; Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 8, 288; Potter, pp. 285, 650.
[97] Williams, pp. 5556, 62.
[98] Williams, pp. 6264.
[99] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 89; Barnes, New Empire, pp. 4, 3637; Potter, p. 288; Southern, p. 146; Williams, pp. 6465.
[100] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 89; Barnes, New Empire, pp. 4, 38; Potter, p. 288; Southern, p. 146; Williams, pp. 6465.
[101] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 8, 15; Williams, p. 71.
[102] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 15; Potter, p. 288; Rees, Layers of Loyalty, p. 99; Southern, pp. 14950; Williams, pp. 7172.
[103] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 1516; Barnes, New Empire, p. 255.
[104] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 1516; Southern, p. 150.
[105] Barnes, New Empire, pp. 5859.
[106] Barnes, New Empire, p. 59; Southern, p. 150; Williams, p. 73.
[107] Southern, p. 150; Williams, pp. 7374; Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16.
[108] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16; Southern, p. 150; Williams, p. 75.
[109] Barnes, New Empire, p. 59; Williams, p. 75.
[110] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16.
[111] Williams, p. 75.
[112] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16; Barnes, New Empire, p. 59.
[113] Odahl, p. 58; Williams, p. 75.
[114] Barnes, New Empire, 59.
[115] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16; Barnes, New Empire, p. 59; Odahl, p. 58.
[116] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16; Barnes, New Empire, p. 56.
[117] Lactantius, De mortibus persecutorum 8.4; Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16.
[118] Panegyrici latini 7(6)15.16; Lattanzio, De mortibus persecutorum, 20.4; Potter, p. 340; Southern, pp. 152, 336.
[119] Potter, p. 340.
[120] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 2527; Williams, p. 191.
[121] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 2527; Potter, pp. 34142.
[122] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 27; Southern, p. 152.
[123] Southern, 152.
[124] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 2728; Barnes, New Empire, p. 5; Lenski, pp. 6162; Odahl, pp. 7879.
[125] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3032.
[126] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3031; Elliott, pp. 4142; Lenski, pp. 6263; Odahl, pp. 8687; Potter, pp. 34849.
[127] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 31; Lenski, p. 64; Odahl, pp. 8788; Pohlsander, Emperor Constantine, pp. 1516.
[128] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 32; Lenski, p. 64; Odahl, pp. 89, 93.
[129] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3234; Elliott, pp. 4243; Lenski, p. 65; Odahl, pp. 9091; Pohlsander, Emperor Constantine, p.
17; Potter, pp. 34950; Treadgold, p. 29.
[130] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 32.
[131] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3435; Elliott, p. 43; Lenski, pp. 6566; Odahl, p. 93; Pohlsander, Emperor Constantine, p. 17;
Potter, p. 352.
[132] Elliott, p. 43; Lenski, p. 68; Pohlsander, Emperor Constantine, p. 20.
[133] Barnes, New Empire, p. 34; Elliott, p. 45; Lenski, p. 68.
[134] Lattanzio, De mortibus persecutorum 30.1; Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 4041, 305.
[135] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 41; Lenski, p. 68.
245
Massimiano
[136] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 4244.
[137] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 47; Barnes, New Empire, p. 35.
[138] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 47.
[139] Barnes, New Empire, pp. 26566.
[140] Marta Sordi,Come Milano divenne capitale, p. 33-45.
[141] Elena M.Menotti, Il circo, in Milano romana, Milano 1980, p.4.
[142] Elena M.Menotti, Il circo, in Milano romana, Milano 1980, p.9.
[143] Ambrogio, De oblitu Valentiniani, 3, 42, 49 e 58.
[144] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XXXIX, 45. D.Caporusso & A.Ceresa Mori, C'era una volta Mediolanum, in Archeo attualit dal passato
di settembre 2010, n.307, p.86.
[145] Ausonio, Ordo urbium nobilium, V, 41.
[146] Decimo Magno Ausonio, Ordo urbium nobilium, 9, 64-67.
[147] .
Bibliografia
Fonti primarie
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Origo Constantini
Panegyrici latini
Fonti secondarie
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978-0-674-16531-1
Barnes, Timothy. The New Empire of Diocletian and Constantine. Cambridge, MA: Harvard University Press,
1982. ISBN 0-7837-2221-4
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Romanzi
Massimiano uno dei personaggi del romanzo Fabiola o la Chiesa delle catacombe, di Nicholas Wiseman
Altri progetti
Collegamenti esterni
Monetazione di Massimiano (http://www.wildwinds.com/coins/ric/maximianus/i.html), dal sito
wildwinds.com
247
Massimiano
248
Predecessore
Imperatore romano
Successore
Diocleziano
Costanzo Cloro,
Galerio
Massenzio,
Galerio
Licinio,
Massenzio,
Galerio
Costantino I
II
Costanzo Cloro
Costanzo Cloro
Nome
completo
Altri titoli
[2]
[2]
[2]
[2]
Germanicus maximus V (293), Gothicus maximus (293), Sarmaticus maximus III (294), Persicus maximus II (295?),
[2]
[2]
[2]
[2]
[3]
Britannicus maximus II (296?), Carpicus maximus V (297?), Medicus maximus (298), Adiabenicus maximus (298)
[2]
[2]
Armeniacus maximus, Pius Felix Invictus Pontifex maximus
Nascita
Morte
Dinastia
costantiniana
[4]
Padre
Eutropio
Madre
Claudia
Coniugi
Elena (?-293)
Teodora (293-306)
[5]
Costanzo Cloro
Figli
249
Costantino I (da Elena)
Dalmazio
Giulio Costanzo
Annibaliano
Costanza
Anastasia
Eutropia (tutti da Teodora)
Flavio Valerio Costanzo, meglio noto come Costanzo Cloro (latino: Flavius Valerius Constantius[1]; Illyricum, 31
marzo 250 circa Eboracum, 25 luglio 306), fu un imperatore romano (305-306) durante la tetrarchia e il padre di
Costantino I.
Biografia
Origini e carriera militare
Passato alla storia come Chlorus ("pallido"), un epiteto
datogli dagli storici bizantini, era originario dell'Illiria.
Entr nell'esercito romano e fece carriera, ricoprendo le
cariche di protector sotto gli imperatori Aureliano e
Probo,[6] tribunus, e praeses Dalmatiarum (governatore
della Dalmazia) sotto l'imperatore Caro.[7] Ebbe un
legame con Elena, che gli diede un figlio maschio,
Costantino, nato all'inizio degli anni 270.
Nel 288 era prefetto del pretorio dell'imperatore
Massimiano. All'inizio di quell'anno Massimiano
Albero genealogico della dinastia costantiniana che ha in Costanzo
incaric Costanzo di condurre una campagna contro gli
Cloro il vero capostipite, ed una discendenza da Claudio II.
alleati franchi di Carausio un usurpatore che deteneva
il potere sulla Britannia romana , i quali controllavano
gli estuari del Reno, impedendo attacchi via mare a Carausio. Costanzo si mosse verso nord attraverso il loro
territorio, portando distruzione e diffondendo panico, e raggiunse il Mare del Nord. I Franchi chiesero la pace e con
l'accordo conseguente Massimiano rimise al potere il deposto re franco Gennobaude.[8]
Costanzo cesare
Essendosi distinto per la sua abilit militare, il 1 marzo 293, a Mediolanum, Massimiano nomin Costanzo proprio
cesare, una sorta di vice-imperatore per la parte occidentale dell'impero;[9] lo stesso giorno, o un mese dopo,
Diocleziano fece lo stesso con Galerio: era nata la tetrarchia, il "governo a quattro.[10] A Costanzo che aveva
sposato la figlia di Massimiano, Teodora vennero assegnate la Gallia e la Britannia e fu fatto capire che avrebbe
dovuto avere successo l dove Massimiano aveva fallito: sconfiggere Carausio.[11]
Costanzo svolse il proprio compito velocemente ed efficientemente, ed entro il 293 espulse le forze di Carausio dalla
Gallia settentrionale; quello stesso anno il sovrano ribelle fu assassinato e sostituito dal suo tesoriere Alletto.[12]
Costanzo marci su per la costa fino agli estuari del Reno e dello Sheldt, dove riport una vittoria sugli alleati
franchi di Carausio e assunse il titolo di Germanicus maximus;[13] il suo successivo obiettivo era la Britannia, e
quindi pass gli anni successivi a costruire una flotta d'invasione.[14] Massimiano, che si trovava ancora in Italia
dopo la nomina di Costanzo, fu soddisfatto dei piani di invasione e nell'estate del 296 torn in Gallia,[15] dove
controll le frontiere renane difendendole dagli alleati franchi di Carausio mentre Costanzo lanci l'invasione della
Britannia.[16] Alletto fu sconfitto e ucciso in battaglia dal prefetto del pretorio di Costanzo, Giulio Asclepiodoto;
Costanzo sbarc nei pressi di Dubris (Dover) e marci su Londinium (Londra), dove fu accolto come un liberatore
Costanzo Cloro
250
dalla popolazione.[17][18]
Costanzo Cloro
251
Titoli onorifici
I titoli onorifici e i consolati assunti da Costanzo Cloro furono, in
ordine cronologico:[3]
293: accetta il titolo Germanicus maximus all'atto di costituzione
della tetrarchia;
294: console assieme a Galerio. Accetta il titolo Sarmaticus
maximus per una vittoria di Diocleziano;
295: accetta il titolo Persicus maximus per una vittoria di Galerio;
296: console (II) assieme a Diocleziano (VI). Accetta il titolo
Britannicus maximus per la vittoria su Alletto e Carpicus maximus
per una vittoria di Diocleziano;
298: accetta i titoli Medicus maximus, Adiabenicus maximus e
Persicus maximus II per una vittoria di Galerio;
300: console (III) assieme a Galerio (III). Accetta il titolo
Sarmaticus maximus II per una vittoria di Galerio;
301: accetta il titolo Germanicus maximus II per una vittoria sui
Germani e Carpicus maximus per una vittoria di Galerio;
302: console (IV) assieme a Galerio (IV). Accetta i titoli
Germanicus maximus III, Sarmaticus maximus III e Carpicus
maximus III;
303: accetta i titoli Germanicus maximus IV e Carpicus maximus
IV;
Medaglione in oro, trovato ad Arras, in Francia
settentrionale. Coniato a Treviri nel 297-298,
celebrava la liberazione di Londra e la
restituzione della Britannia romana all'Impero
dopo la morte di Alletto nel 296. Al rovescio
Costanzo a cavallo accolto dal genio della citt
fuori le mura, con la legenda REDDITOR LVCIS
AETERNAE - LONDINIVM, "Restauratore della
[19]
luce eterna - Londra".
Leggenda medioevale
Goffredo di Monmouth scrive nella sua leggendaria Historia Regum Britanniae che Costanzo sarebbe stato un
senatore romano all'inizio della sua carriera. Nel testo si afferma che all'inizio della sua attivit avrebbe costretto la
Spagna a sottomettersi all'impero romano e che durante la sua carriera avrebbe continuato ad elevare la potenza di
Roma. Questa versione dei fatti non coincide con il racconto riguardo Coel Hen, secondo il quale le rivolte erano
state placate prima della sottomissione a Roma.
Le leggende si riferiscono anche alla figura della madre di Costantino, Elena, che viene riportata come una schiava
costretta a prostituirsi in una taverna.
Costanzo Cloro
252
Note
[1] Nelle iscrizioni sono attestate anche le varianti Marcus Flavius Valerius Constantius, Valerius Constantius, Gaius Valerius Constantius, e
Gaius Fabius Constantius.
[2] .
[3] Lendering, Jona, "Constantius I Chlorus" (http:/ / www. livius. org/ cn-cs/ constantius/ constantius_chlorus. html), Livius.org.
[4] Di nobile stirpe, secondo la tradizione marito di Claudia e padre di Costanzo (Historia Augusta, Divus Claudius, 13.2). Probabilmente questa
famiglia fittizia e ha lo scopo di collegare Costanzo a Claudio il Gotico (Martindale, "*!Eutropius!* 1", p. 206).
[5] Secondo la tradizione della Historia Augusta che lega la dinastia costantiniana al sovrano del III secolo, era figlia di Crispo e nipote di
Claudio il Gotico Quintillo (Historia Augusta, Divus Claudius, 13.2). Spos Eutropio cui diede Costanzo (Martindale, "*!Claudia!* 1", p.
206).
[6] Aurelio Vittore, De Caesaribus, xxxix.28; Anonimo Valesiano, i.2; Pierfrancesco Porena, Le origini della prefettura del pretorio tardoantica,
L'erma di Bretchneider, 2003, ISBN 88-8265-238-6, p. 108.
[7] Historia Augusta, Caro, xvii.6; ; .
[8] Barnes, Constantius and Eusebius, p. 7; Bowman, p. 72; Williams, p. 51.
[9] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 89; Barnes, New Empire, pp. 4, 3637; Potter, p. 288; Southern, p. 146; Williams, pp. 6465.
[10] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 89; Barnes, New Empire, pp. 4, 38; Potter, p. 288; Southern, p. 146; Williams, pp. 6465.
[11] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 8, 15; Williams, p. 71.
[12] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 15; Potter, p. 288; Rees, Layers of Loyalty, p. 99; Southern, pp. 14950; Williams, pp. 7172.
[13] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 1516; Barnes, New Empire, p. 255.
[14] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 1516; Southern, p. 150.
[15] Barnes, New Empire, pp. 5859.
[16] Barnes, New Empire, p. 59; Southern, p. 150; Williams, p. 73.
[17] Southern, p. 150; Williams, pp. 7374; Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16.
[18] Per celebrare la sua vittoria, Costanzo fece coniare dalla zecca di Treviri un multiplo da 10 aurei (RIC Volume VI, Treveri, n. 34) al cui
rovescio, con la leggenda REDDITOR LVCIS AETERNAE ("restitutore della luce eterna") raffigurato Costanzo a cavallo fuori dalle mura
di Londra, con una donna in ginocchio che lo accoglie fuori dalla porta principale e una nave militare pronta allo sbarco.
[19] Martin Millett, The Romanization of Britain: an essay in archaeological interpretation, Cambridge University Press, 2003, ISBN
0-521-42864-5, p. 143.
Altri progetti
Imperatore romano
Successore
Costantino I
Portale Biografie
Galerio
253
Galerio
Galerio
Predecessore
Successore
Persicus maximus
Sarmaticus maximus
[2]
Britannicus maximus
Nascita
Morte
Sepoltura
Madre
Consorte
Felix Romuliana
Romula
Galeria Valeria
Gaio Galerio Valerio Massimiano (latino: Gaius Galerius Valerius Maximianus[1]; Felix Romuliana, 250 circa
Serdica, 5 maggio 311) stato un imperatore romano durante la tetrarchia dal 305 fino alla sua morte.
Proveniente da una modesta famiglia illirica, Galerio sal rapidamente la gerarchia nell'esercito romano, fino ad
essere notato dall'imperatore Diocleziano, di cui spos la figlia Valeria e di cui divenne cesare il 1 marzo 293,
ricevendo il controllo delle province orientali dell'Impero romano. Cesare era, nella riforma tetrarchica dioclezianea,
un titolo imperiale subordinato a quello di Augusto, detenuto in oriente dallo stesso Diocleziano. In questa veste
condusse delle campagne lungo il limes danubiano - contro Sarmati, Carpi e Bastarni (294-296) - per poi conseguire
una grande e prestigiosa vittoria contro i Sasanidi sul limes orientale, a seguito della quale i Romani ottennero
condizioni di pace estremamente favorevoli (298). Pagano ed estremamente critico della religione cristiana, approv,
se non addirittura ispir, la persecuzione dei cristiani decretata nel 303 dal suo superiore Diocleziano.
Il 1 maggio 305 Diocleziano ed il suo collega Massimiano abdicarono in favore dei rispettivi cesari. Galerio divenne
dunque l'augusto d'Oriente, con Costanzo come collega d'Occidente; la sua influenza fu ancora pi vasta in
considerazione del fatto che il cesare d'Oriente fu suo nipote Massimino Daia, mentre in Occidente fu nominato
Flavio Severo, che aveva combattuto sotto di lui. La situazione, per, peggior rapidamente, quando l'anno
successivo Costanzo mor: suo figlio Costantino si fede proclamare imperatore dalle truppe britanniche, mentre a
Roma assunse il potere Massenzio, figlio dell'ex-collega di Diocleziano, Massimiano. Galerio invi immediatamente
Galerio
254
Severo contro Massenzio, con l'aiuto di Massimiano, ma la morte di Severo e la fallimentare campagna di Galerio in
Italia contro gli usurpatori cambiarono gli equilibri di potere. Nel 308, alla conferenza di Carnunto, elev Licinio
direttamente al rango di augusto, riconoscendo Costantino come cesare; a seguito delle proteste contro l'elezione di
Licinio, i due cesari, Costantino e Massimino Daia, furono nominati a loro volta augusti nel 310.
Nel frattempo Galerio cadde vittima di una lunga e dolorosa malattia; il suo ultimo atto politico fu l'editto di
tolleranza del 30 aprile 311, col quale mise fine alla persecuzione di Diocleziano. Estremo difensore della tetrarchia,
la sua morte nel maggio del 311 ne segn la fine.
Biografia
Origini e ascesa al trono
Galerio sale all'onore delle cronache in occasione della riorganizzazione dell'impero in senso tetrarchico voluta
dall'imperatore Diocleziano, il quale scelse come proprio collega l'amico Massimiano e due generali come cesari,
una sorta di vice-imperatori; il 1 marzo 293 Galerio fu adottato da Diocleziano, assumendone il titolo di Iovius,[11] e
fu nominato cesare[12] incaricato della cura delle province di Siria, Palestina ed Egitto e della difesa della frontiera
orientale dell'impero.[13] Cos come Giove era patrono di Diocleziano ed Ercole di Massimiano, Galerio scelse Marte
come proprio conservator, nume tutelare, affermando di esserne il figlio.[11]
A rafforzare i legami tra padre e figlio adottivo fu il matrimonio tra Galerio e la figlia di Diocleziano, Valeria, a
causa del quale Galerio dovette abbandonare la prima moglie[14] ( per possibile che il matrimonio tra Galerio e
Valeria fosse antecedente all'elevazione al trono, come era avvenuto per il suo collega Costanzo e la figlia
dell'augusto Massimiano, Flavia Massimiana Teodora, nel 289).[15]
Campagna sasanide
Dopo essere stato accompagnato da Diocleziano, nella primavera del
293, da Sirmio a Bisanzio, Galerio fu occupato con delle sollevazioni
militari nell'Alto Egitto per quasi due anni; nel 295 circa si rec poi in
Siria (scegliendo probabilmente Antiochia come propria capitale)[15]
per prepararsi alla guerra contro i Sasanidi, il cui nuovo imperatore,
Narsete, aveva dimostrato di perseguire una politica estera molto
aggressiva.[16]
Galerio
Diocleziano, e insieme i due affrontarono Narsete, il quale, per, inflisse una pesante sconfitta nella battaglia di
Callinicum, prima di essere costretto a ritirarsi. Gli eventi (e persino la data esatta, 296 o 297) della sconfitta romana
non sono chiari, ma al ritorno ad Antiochia, fu Galerio a farsi carico della colpa della sconfitta: mentre Diocleziano
entrava in citt su di un carro, Galerio lo seguiva a piedi.[17] La notizia della sconfitta romana fu la scintilla della
rivolta in Egitto, in cui Lucio Domizio Domiziano si proclam imperatore; Diocleziano fu costretto a recarsi
personalmente nella provincia per sedare la rivolta, cosa che avvenne solo nella primavera del 298.[16]
Galerio colse l'occasione dell'assenza di Diocleziano, richiam l'esercito danubiano, e attacc i Sasanidi (primavera
298) seguendo un piano rischioso. Scelse infatti di portare l'esercito romano nella montuosa Armenia, riuscendo ad
attirarvi anche Narsete. Partecip egli stesso alle operazioni di ricognizione del territorio in veste di speculator per
individuare la posizione nemica.[18] Con l'aiuto degli armeni, quindi, gli inflisse una pesantissima sconfitta,
ricavandone un enorme bottino, riuscendo a conquistare lo stesso accampamento del re nemico (comprendente la
moglie, le sorelle, i figli e esponenti della nobilt persiana, il tesoro e l'harem).[19] Intenzionato a capitalizzare il
vantaggio conseguito, Galerio penetr in Media, dove sconfisse un secondo esercito sasanide, e di qui in Adiabene,
dove ottenne una terza vittoria, catturando poi Nisibis il 1 ottobre del 298. Scendendo lungo il Tigri, raggiunse e
conquist la citt di Ctesifonte, per poi tornare in territorio romano percorrendo il corso dell'Eufrate.[20]
Le negoziazioni per la pace non iniziarono in maniera brillante.
Narsete invi un ambasciatore per richiedere la liberazione della
moglie (forse prima che Galerio invadesse la Mesopotamia), ma
Galerio ramment all'inviato sasanide del trattamento riservato a
Valeriano (che fu scuoiato) dal padre di Narsete e lo mand via.
Successivamente, nella primavera del 299, Diocleziano e Galerio,
riuniti a Nisibis, iniziarono le trattative inviando da Narsete il magister
memoriae Sicorio Probo con le condizioni per la pace: Roma avrebbe
acquisito i territori ad occidente del Tigri; Nisibis sarebbe stato l'unico
Ricostruzione del complesso dell'Arco di Galerio
emporio autorizzato di scambio tra Roma e Persia; l'Armenia sarebbe
e della Tomba di Galerio a Tessalonica.
divenuta protettorato romano, fino al forte di Ziatha; i re di Iberia
sarebbero stati scelti da Roma e avrebbero dovuto giurare fedelt ai Romani; le cinque satrapie tra il Tigri e
l'Armenia sarebbero state suzerain di Roma, che avrebbe dunque stabilito delle zone di influenza al di l del Tigri.
Narsete prov ad obiettare, ma alla fine accett.[20]
Dopo la prestigiosa vittoria sui Sasanidi, Galerio fu incaricato di difendere la frontiera danubiana limes; pose la sua
capitale a Tessalonica, dove eresse un grande palazzo, un mausoleo (la Tomba di Galerio) e un arco trionfale (arco di
Galerio), che celebrava la vittoria sui Persiani e la cui iconografia riconosceva pienamente a Galerio i meriti della
vittoria.[21]
255
Galerio
256
Considerato che Diocleziano era pagano ma tollerante delle altre religioni, questo episodio indicativo di due fattori:
l'enorme prestigio acquisito da Galerio a seguito della sua vittoriosa campagna contro i Persiani, col quale poteva
influenzare la politica dell'imperatore, e l'intransigenza di Galerio per il Cristianesimo.[21]
La sua influenza fu probabilmente alla base dell'editto del 23 febbraio 303 (pubblicato il giorno seguente), il quale
doveva impedire ai cristiani di seguire la propria religione e imporre loro di seguire la religione di Stato. L'editto
prescriveva: a) il rogo dei libri sacri, la confisca dei beni delle chiese e la loro distruzione; b) il divieto per i cristiani
di riunirsi e di tentare azioni giuridiche; c) la perdita di carica e privilegi per i cristiani di alto rango che si
rifiutassero di abiurare; d) l'arresto di alcuni funzionari statali.[22] A seguito di una rivolta scoppiata a Melitene e in
Siria, un secondo editto ordin l'arresto del clero.[23] Un terzo editto mir a svuotare le carceri sovraffollate da
vescovi, preti, diaconi ed esorcisti; la condizione per il rilascio era per il sacrificio agli dei, e sebbene alcuni
sopportassero persino la morte pur di non tradire la propria religione, alla fine le carceri furono svuotate. L'ultimo
editto, all'inizio del 304, impose a tutti i cittadini dell'impero di sacrificare agli di; questo ordine fu per disatteso in
Occidente, dove regnavano Massimiano e Costanzo.[23]
Due incendi colpirono la citt di Nicomedia, dove Diocleziano e Galerio si trovavano, a pochi giorni dalla
promulgazione dell'editto. Sebbene cristiani e pagani si accusassero a vicenda di esserne gli autori, Galerio convinse
Diocleziano che si trattasse di un tentativo cristiano di colpire gli imperatori: molti funzionari imperiali di alto rango
furono processati, torturati e uccisi, molti furono i caduti nelle fila del clero locale, anche se parecchi furono messi
semplicemente in prigione, come Donato (ad egli Lattanzio dedic nel 311 il suo De mortibus persecutorum ("Sulle
morti dei persecutori"), un'opera contro Diocleziano e Galerio).[23]
Vittima delle persecuzioni di Galerio rimase anche, nel 307, san Bonifacio di Tarso.
Regno
Alla fine del 304, Diocleziano si ammal, e sembr ad un certo punto
che fosse in fin di vita. Galerio si rec prima da Massimiano e poi da
Diocleziano per convincerli ad abdicare in favore dei rispettivi cesari. I
candidati pi verosimili erano Costantino, figlio di Costanzo, e
Massenzio, figlio di Massimiano, ma entrambi non erano ben visti da
Galerio, che pure li aveva avuti entrambi alle proprie dipendenze.[24]
Il 1 marzo 305, vicino a Nicomedia, nello stesso luogo in cui
Diocleziano era divenuto imperatore, gli augusti riunirono l'esercito.
Diocleziano annunci la sua intenzione di abdicare, dopo aver
nominato i due nuovi cesari; con grande sorpresa delle truppe, i
prescelti non furono Massenzio e Costantino, ma Flavio Valerio
Severo e Massimino Daia, il primo collaboratore di Galerio e il
secondo suo nipote e guardia del corpo.[24]
Dopo la morte di Costanzo Cloro l'anno successivo, le sue truppe
proclamarono augusto a Eboracum (York) il figlio Costantino mentre
contemporaneamente il figlio di Massimiano, Massenzio si proclamava
Altare eretto da Galerio, Licinio, Massimino Daia
augusto in Italia. Dopo l'eliminazione di Flavio Severo e un tentativo
e Costantino I a Carnunto, sede del loro incontro
senza successo di invasione dell'Italia nel 307, i due augusti
nel 308, e dedicato a Mitra
Diocleziano e Massimiano si riunirono a Carnuntum nel 308 e
tentarono di ristabilire il sistema tetrarchico nominando Licinio
augusto e Costantino cesare per la parte occidentale, ma Costantino e Massimino Daia non accettarono la posizione
subordinata e si ebbero dunque quattro augusti, Galerio e Massimino Daia in oriente, Licinio in Illirico e Costantino
in Gallia, Spagna e Francia, mentre Massenzio restava, come usurpatore, in Italia e Africa.
Galerio
257
Note
[1] Il nome completo attestato in diverse iscrizioni (); i nomi Galerius Valerius Aurelius Maximianus e Galerius Maximianus cognomentus
Armentarius sono anche attestati ( e Aurelio Vittore, Cesari, 39.24, 40.1.6). Secondo la testimonianza di Lattanzio (La morte dei persecutori
18.13) prima di diventare imperatore si chiamava Maximinus.
[2] (p 3071, 3778, 4327).
[3] Aurelio Vittore lo vuole nativo dell'Illirico (Cesari, 39.26), della Dacia Ripense (Epitome, 40.16); nativo della Dacia, nei pressi di Serdica,
secondo Eutropio (IX.22.1).
[4] Aurelio Vittore, Epitome, 40.15.
[5] Aurelio Vittore, Epitome, 40.16.
[6] Sofronio Eusebio Girolamo, Cronaca, s.a. 290.
[8] Lattanzio, Morte dei persecutori, 50.2.
[9] Aurelio Vittore, Epitome, 40.1.18.
[10] Aurelio Vittore, Cesari, 39.28.
[11] Barnes, p. 12.
[12] Eutropio, IX.22; Lattanzio, Morte dei persecutori, 35.4; Panegirici latini, IV.3.1; Consularia Constantinopolitana, s.a. 293; Sofronio
Eusebio Girolamo, Cronaca, s.a. 290; Orosio, VII.25.5.
[13] Barnes, p. 8.
[14] Sofronio Eusebio Girolamo, Cronaca, s.a. 292; Eutropio, IX.22.1; Aurelio Vittore, Cesari, 39.25, 40.10; Lattanzio, Morte dei persecutori,
9.1, 35.3, 39.2.
[15] Barnes, p. 9.
[16] Barnes, p. 17.
[17] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, IX, 24
[18] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, IX, 25; cfr. Ammiano Marcellino, Rerum gestarum libri, XVI, 10, 3
[19] Eutropio, ib.
[20] Barnes, p. 18.
[21] Barnes, p. 19.
[22] Barnes, p. 22.
[23] Barnes, p. 24.
[24] Barnes, pp. 25-6.
Galerio
258
Bibliografia
Fonti primarie
Fonti secondarie
C. Galerius Valerius Maximianus 9, The Prosopography of the Later Roman Empire, volume 1, Cambridge
1971, pp. 574-575.
Timothy David Barnes, Constantine and Eusebius, Harvard University Press, 1981, ISBN 9780674165311
Voci correlate
Arco di Galerio
Campagne sasanidi di Galerio
Felix Romuliana
Tomba di Galerio
Collegamenti esterni
Medieval Sourcebook: (http://www.fordham.edu/halsall/source/edict-milan.html) Editto di Tolleranza di
Galerio, 311.
Gaio Galerio Valerio Massimiano (http://www.roman-empire.net/decline/galerius.html)
Altri progetti
Imperatore romano
Successore
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259
Le fasi principali della guerra civile (dal 306 al 324), che videro in Costantino I il triofnatore finale.
Data
306 - 324
Luogo
Impero romano
Esito
La Guerra civile romana degli anni 306-324 vide lo scatenarsi di un lungo conflitto durato quasi un ventennio tra
numerose fazioni di pretendenti al trono imperiale (tra augusti, cesari ed usurpatori) in diverse parti dell'Impero, al
260
termine del quale prevalse su tutti Costantino I. Egli era cos riuscito a riunire il potere imperiale nelle mani di un
solo monarca, dopo il periodo della Tetrarchia.
Contesto storico
Per approfondire, vedi Tetrarchia e Diocesi (impero romano).
Nel 293 Diocleziano procedette a una divisione funzionale e territoriale dell'intero impero in quattro parti, al fine di
facilitare le operazioni militari. Nomin cos come suo cesare per l'oriente Galerio e Massimiano fece lo stesso con
Costanzo Cloro per l'occidente. L'impero fu cos diviso in quattro macro-aree:
Il sistema si rivel efficace per la stabilit dell'impero e rese possibile agli augusti di celebrare i vicennalia, ossia i
vent'anni di regno, come non era pi successo dai tempi di Antonino Pio. Tutto il territorio venne ridisegnato dal
punto di vista amministrativo, abolendo le regioni augustee con la relativa divisione in "imperiali" e "senatoriali".
Vennero create dodici circoscrizioni amministrative (le "diocesi", tre per ognuno dei tetrarchi), rette da vicarii e a
loro volta suddivise in 101 province.
Restava da mettere alla prova il meccanismo della successione: il 1 maggio del 305 Diocleziano e Massimiano
abdicarono (ritirandosi il primo a Spalato ed il secondo in Lucania).[5] La seconda tetrarchia prevedeva che i loro
rispettivi due cesari diventassero augusti (Galerio per l'oriente e Costanzo Cloro per l'occidente[6][7]), provvedendo
questi ultimi a nominare a loro volta i propri successori designati (i nuovi cesari): Galerio scelse Massimino Daia e
Costanzo Cloro scelse Flavio Valerio Severo.[7] Sembra per che poco dopo, lo stesso Costanzo Cloro, rinunci a
parte dei suoi territori (Italia e Africa)[6] a vantaggio dello stesso Galerio, il quale si trov a dover gestire due cesari:
Massimino Daia a cui aveva affidato l'Oriente,[7] Flavio Valerio Severo a cui rimase l'Italia (e forse l'Africa),[7]
mentre tenne per se stesso l'Illirico.[8]
L'anno seguente tuttavia, con la morte di Costanzo Cloro (25 luglio del 306[6][9]), il sistema and in crisi: il figlio
illegittimo dell'imperatore defunto, Costantino venne proclamato cesare[8][9] dalle truppe in competizione con il
legittimo erede, Severo. Qualche mese pi tardi, Massenzio, figlio del vecchio augusto Massimiano Erculio, si fece
acclamare, grazie all'appoggio di ufficiali come Marcelliano, Marcello e Luciano (non invece di Abellio, vicario del
praefectus Urbi, che fu ucciso),[10] dai pretoriani, ripristinando il principio dinastico.
Forze in campo
Per approfondire, vedi Dimensione esercito romano e riforma costantiniana dell'esercito romano.
Con la riforma tetrarchica di Diocleziano il numero complessivo delle legioni fu portato nel 300 a 55/56.[11] La
guarnigione di Roma sub un importante incremento (forse gi nel corso del III secolo). Vi erano, infatti, 10 coorti
pretorie di 1.000 uomini ciascuna, 4 coorti urbane di 1.500 uomini ciascuna, 7 di vigili di 1.000 uomini ciascuna e
1.000 equites singulares, per un totale di 24.000 uomini.[12] La flotta del periodo era invece attestata attorno ai
45.500 uomini, come testimonierebbe un certo Giovanni Lido, monaco che scrisse ai tempi di Giustiniano.[13]
Per approfondire, vedi Galerio, Massimiano Erculio, Massenzio, Flavio Severo e Massimino Daia.
306
Alla morte del padre, Costanzo Cloro, avvenuta ad Eburacum (York) il 25 luglio,[6] Costantino fu proclamato
augusto[8] dal generale Croco e dall'esercito di Britannia.[15][16][17][18] La sua elezione era avvenuta secondo
un principio dinastico, invece del sistema di successione meritocratica creato da Diocleziano. Solo Lattanzio
sosteneva fosse stato designato augusto dal padre sul letto di morte.[19]
Galerio insoddisfatto per da questo atto, offr al figlio del suo collega, ora deceduto il titolo di cesare,
lasciando che fosse invece Severo a succedere a Costanzo.[20] Costantino accett di buon grado e fece ritorno a
Augusta Treverorum nell'autunno di quello stesso anno, da dove le frontiere della Gallia, che erano tornate ad
essere minacciate dalle popolazioni germaniche dei Franchi, sarebbero state meglio controllate. Qui rimase a
difendere questo importante tratto di limes per i sei anni successivi, trasferendovi la propria corte imperiale e
trasformandola nella propria capitale (di 80.000 abitanti), come risulta anche dall'imponente costruzione
dell'Aula palatina, fatta erigere dal padre e completata da Costantino nel 310.[21]
Quasi contemporaneamente anche il figlio di Massimiano Erculio, Massenzio, forte del potere dei pretoriani a
Roma, fu acclamato augusto (28 ottobre).[8][22][23][24] Quest'ultimo ritenendo insicuro regnare da solo, invi al
padre Massimiano delle vesti imperiali e lo salut come "Augusto per la seconda volta", offrendogli un
governo teoricamente alla pari ma in realt un ruolo con meno poteri e di rango inferiore.[25]
261
262
[...] Massimiano Erculio, sollevato dalla speranza di riassumere i fasti, che contro la sua volont aveva perduto, and a
Roma dalla Lucania, che come cittadino privato aveva scelto come sede per invecchiare tra amene campagne, ed esort per
lettera anche Diocleziano a riprendere la dignit imperiale deposta, ma quest'ultimo non volle.
(Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 2.)
307
Galerio si rifiut di riconoscere Massenzio e invi a Roma Severo (che si trovava a Mediolanum[26]) con un
esercito, allo scopo di deporlo. Poich, per, gran parte dei soldati di Severo avevano servito sotto
Massimiano, dopo aver accettato denaro da Massenzio disertarono in massa.[26] vero anche che Massenzio
riusc ad portare dalla sua parte Anullino (prefetto del pretorio secondo Zosimo), ottenendo contro l'augusto un
facile successo.[26] Severo fugg a Ravenna,[26] dove fu assediato da Massimiano (che era corso in soccorso
del figlio, Massenzio). La citt era molto ben fortificata, cosicch Massimiano offr delle condizioni per la resa
che Severo accett: fu preso da Massimiano e ucciso.[8][27] Secondo Zosimo invece, Severo fu catturato in
un'imboscata da Massenzio in localit tre taverne (tra Spoleto e Terni) e fu impiccato.[28][29]
Nell'autunno di quell'anno Galerio guid un secondo esercito contro Massenzio, ma anche questa volta non
riusc a conquistare Roma, e torn a nord con il proprio esercito praticamente intatto,[30][31] anche perch si
era accorto che i soldati non gli erano fedeli.[32] E mentre Massenzio era occupato a rafforzare le difese di
Roma, Massimiano si rec in Gallia per negoziare con Costantino:[33][34] i due giunsero ad un accordo in base
al quale Costantino avrebbe sposato la figlia minore di Massimiano, Fausta, e sarebbe stato elevato al rango di
augusto nel dominio secessionista di Massenzio; in cambio Costantino avrebbe confermato l'antica alleanza
famigliare tra Massimiano e Costanzo, oltre a sostenere la causa di Massenzio in Italia, pur rimanendo neutrale
nella guerra contro Galerio. L'accordo fu stretto con una doppia cerimonia, tenutasi a Augusta Treverorum
nell'estate avanzata del 307, durante la quale Costantino spos Fausta[35] e fu proclamato augusto da
Massimiano.[36] Massimiano torn a Roma nell'inverno 307-308,[35] poich non era riuscito a persuadere
Costantino ad inseguire Galerio che si ritirava dall'Italia,[35] pur avendo creato i presupposti per mettere male
tra il genero ed il figlio Massenzio,[37] con cui poco dopo entr egli stesso in contrasto.
308
Nella primavera di quest'anno, Massimiano sfid l'autorit
del figlio, sforzandosi di alienare a Massenzio le simpatie
dei soldati, impadronendosi egli stesso del potere.[38]
Davanti ad una assemblea di soldati romani, Massimiano
parl del debole governo, di cui accus Massenzio, e strapp
le vesti imperiali del figlio. Si attendeva che i soldati lo
acclamassero, ma questi si schierarono con Massenzio, e
Massimiano fu obbligato a lasciare l'Italia.[33][39]
E sempre nel corso di quest'anno ebbe luogo una secessione
africana guidata da Lucio Domizio Alessandro,[40] l'allora
viceprefetto del pretorio, il quale un paio d'anni pi tardi,
sembra cerc l'alleanza con Costantino contro Massenzio.
263
obbligato ad abdicare, mentre Costantino fu nuovamente degradato a cesare, pur ottenendo il titolo di filius
Augustorum insieme a Massimino Daia,[42] mentre Licinio, un leale commilitone di Galerio, fu nominato
augusto d'Occidente.[38][43][44]
309
Agli inizi di quest'anno Massimiano torn alla corte di Costantino in Gallia, l'unica dove fosse ancora ben
accetto.[45] Contemporaneamente la morte del figlio di Massenzio, Valerio Romolo, lo privava nel suo disegno
imperiale, di ogni possibilit di continuit dinastica.
310
Massimiano si ribell all'autorit di Costantino, mentre quest'ultimo era impegnato in una campagna contro i
Franchi. Massimiano era stato inviato verso sud, ad Arelate (l'attuale Arles in Francia), con parte dell'esercito e
il compito di difendere la Gallia meridionale dagli attacchi di Massenzio, giunto in citt, annunci la morte di
Costantino e assunse la porpora imperiale. La gran parte dell'esercito rimase, per, leale a Costantino, e
Massimiano fu obbligato a fuggire. Costantino, che all'annuncio del tradimento (piano rivelato dalla moglie
Fausta, figlia dello stesso Massimiano[38]) aveva abbandonato la sua campagna contro i Franchi e si era
rapidamente recato in Gallia meridionale, raggiunse il fuggitivo a Massilia (Marsiglia, Francia),[46][47] citt
adatta a sostenere un lungo assedio. La sorte volle che alcuni cittadini aprirono le porte della citt a
Costantino, permettendogli di catturare Massimiano e costringendolo al suicidio.[33][48]
[49]
Costantino I: Follis
MARTI CON-SERVATORI, Marte in piedi verso destra, tiene una lancia ed uno scudo
appoggiato a terra; in esergo AQ P(rima).
22 mm, 5.02 gr; prima officina della zecca di Aquileia; coniato tra l'ottobre 312 - inizi 313 (celebra la vittoria di ponte Milvio).
311
Alla morte di Galerio, avvenuta nel corso dell'anno, Massimino Daia si impadron dell'Oriente, lasciando a
Licinio l'Illirico.[50] Ora l'impero romano era diviso in quattro parti (Massimino Daia e Licinio in Oriente,
264
265
Costantino I: Miliarense
CRISPVS ET CONSTANTINUS [...], i busti dei due figli di Costantino I, ora Cesari, uno di fronte
all'altro; SIRM in esergo.
23mm, 3.92 g, coniato nel 320, tre anni dopo che Costantino fece Cesari i suoi due figli maggiori, Crispo e Costantino II.
316
La recente unione tra Licinio e Costanza non fu per sufficiente, poich gi nel corso di quest'anno i due nuovi
ed unici augusti entrarono in conflitto. Il casus belli fu la nomina a cesare da parte di Costantino di un certo
Bassiano (che aveva sposato Anastasia, figlia di secondo letto di Costanzo Cloro), chiedendo a Licinio di
riconoscerne il rango. Bassiano avrebbe governato l'Italia facendo da cuscinetto tra i due augusti. Ma Licinio
era contrario a questo accordo, in quanto riteneva Bassiano un uomo di Costantino. Tramite Senecione
(fratello di Bassiano), convinse quest'ultimo a ribellarsi a Costantino e ad ordire contro di lui una congiura, che
per fu sventata.[76] Bassiano fu arrestato e condannato a morte.[77] In seguito, Costantino chiese a Licinio di
consegnargli Senecione per punirlo, ma ottenne un rifiuto, che port poi alla rottura tra i due augusti e allo
scoppio della guerra.[78] Secondo Zosimo invece:
la colpa [di questa nuova guerra] non fu di Licinio ma di Costantino, il quale non prest fede agli accordi e volle occupare
alcune delle province sotto l'autorit di Licinio. Quando le ostilit furono evidenti, entrambi riunirono le loro armate e si
affrontarono in battaglia.
(Zosimo, Storia nuova, II, 18, 1.)
Costantino mosse da Augusta Treverorum dove aveva la sua corte imperiale e da dove aveva organizzato l'intera
spedizione militare contro il rivale Licinio. Era nel settembre di quell'anno che, alla testa di un esercito di circa
20.000 armati, mosse verso Oriente. La via da seguire era quella che da Aquileia conduceva all'alto corso della Sava,
nell'Illirico. Licino colto all'improvviso riusc ad organizzare un esercito di 35.000 armati circa e prov a sbarrare la
strada all'invasore a Cibalae (6 ottobre).[79] Qui per Costantino ebbe la meglio, costringendo Licinio a rifugiarsi in
Tracia.[80] Il 3 dicembre di questo stesso anno, moriva a Spalato, Diocleziano.[81]
317
Nel corso di questo inizio di inverno, Licinio nomin quale suo cesare Aurelio Valerio Valente,[82] venendo i
due eserciti, poco dopo, a scontrarsi nuovamente presso Mardia.[83] L'esito della battaglia non fu decisivo per
la guerra, lo fu invece il duro inverno e la stanchezza da parte di entrambe le armate, a costringere enbrambi i
contendenti a scendere a patti e firmare una tregua (1 marzo 317). Licino dovette cedere a Costantino
l'Illirico,[84] condannare a morte Valente,[85] pur continuando a conservare l'Oriente, la Tracia, il Ponto, l'Asia
e l'Egitto.[84] Ebbe in cambio la possibilit di governare autonomamente la sua parte di Impero, emanando
proprie leggi. Entrambi poi si impegnarono a rispettare i rispettivi confini territoriali. Erano sorti cos due
regni "separati" ed indipendenti, ben lontani dal progetto tetrarchico di Diocleziano, che prevedeva una "unit"
imperiale, seppure governata da due Augusti (uno dei quali, superiore all'altro, il cosiddetto Augustus
Maximus) e due Cesari.[86]
Con la fine delle ostilit i due Augusti elevarono a Cesari i loro stessi figli (Serdica il 1 marzo del 317):
Crispo (a cui fu affidata la Gallia) e Costantino II per Costantino, mentre Valerio Liciniano Licinio per
266
267
dopo.[103][104] Costantino era ora l'unico padrone del mondo romano.[105][106][107][108][109][110][111][112] Per questo
motivo la monetazione degli anni successivi ne celebr la sua unit con la scritta "Restitutor Orbis".[113]
325
L'anno seguente Licinio fu giustiziato con l'impiccagione, forse per avere complottato una nuova rivolta ai
suoi danni.[103][114]
Conseguenze
La tetrarchia ebbe termine nel 324, quando Costantino, figlio di Costanzo Cloro, riunific nuovamente il potere
imperiale nelle sue sole mani, dopo essere riuscito a sconfiggere prima Massenzio, figlio di Massimiano, presso
ponte Milvio e poi Licinio.
Riprendendo, per, la divisione della riforma tetrarchica dioclezianea, l'Impero venne suddiviso in un primo
momento in quattro prefetture (d'Oriente, d'Illiria, d'Italia e di Gallia), affidate a figli e nipoti, all'interno delle quali
mantenne rigidamente separati il potere civile e politico da quello militare: la giurisdizione civile e giudiziaria era
affidata ad un prefetto del pretorio, cui erano subordinati i vicari delle diocesi ed i governatori delle province.
Nel 326 iniziarono i lavori per la costruzione della nuova capitale Nova Roma sul sito dell'antica citt di Bisanzio,
fornendola di un senato e di uffici pubblici simili a quelli di Roma. Il luogo venne scelto per le sue qualit difensive
e per la vicinanza ai minacciati confini orientali e danubiani. La citt venne inaugurata nel 330 e prese presto il nome
di Costantinopoli. La citt (oggi Istanbul) rester poi fino al 1453 capitale dell'Impero bizantino, sorto anch'esso
grazie anche alla nuova divisione operata alla morte di Costantino tra i suoi figli, assegnando a Costantino II Gallia,
Spagna e Britannia, a Costanzo II le province asiatiche e l'Egitto e a Costante I l'Italia, l'Illirico e le province
africane.
Note
[1] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3234; Barnes, New Empire, p. 13; Elliott, pp. 4243; Lenski, p. 65; Odahl, pp. 9091; Pohlsander,
Emperor Constantine, p. 17; Potter, pp. 34950; Treadgold, p. 29.
[2] Barnes, New Empire, p. 13.
[3] Zosimo, Storia nuova, II, 20, 2.
[4] Zosimo, Storia nuova, II, 25, 2.
[5] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, IX, 27.
[6] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 1.
[7] Zosimo, Storia nuova, II, 8, 1.
[8] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 2.
[9] Zosimo, Storia nuova, II, 9, 1.
[10] Zosimo, Storia nuova, II, 9, 3.
[11] J. R. Gonzlez, Historia de las legiones romanas, pp. 709-710.
[12] Y. Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma 2008, pp. 27-28.
[13] Y. Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma 2008, pp. 41-42; Treadgold (1997, p. 145)
ipotizza una forza navale complessiva di 64.000 classiarii, forse dopo il 324.
[14] J. R. Gonzlez, Historia de las legiones romanas, pp. 711-712.
[15] Panegyrici latini, VII, 3, 3.
[16] Orosio, Storie contro i pagani, VII, 26,1.
[17] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XL, 2.
[18] Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, VIII, 13, 14.
[19] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXIV, 8.
[20] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 2728; Barnes, New Empire, p. 5; Lenski, pp. 6162; Odahl, pp. 7879.
[21] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, pp. 92-93, 96 e 103.
[22] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXVI.
[23] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XL, 5.
[24] Orosio, Storie contro i pagani, VII, 28, 5.
[25] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3032.
[26] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 1.
[27] Orosio, Storie contro i pagani, VII, 28, 8.
[28] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 2.
[29] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XL, 7.
[30] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXVII.
[31] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3031; Elliott, pp. 4142; Lenski, pp. 6263; Odahl, pp. 8687; Potter, pp. 34849.
[32] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 3.
[33] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 3.
[34] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 5.
[35] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 6.
[36] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 31; Lenski, p. 64; Odahl, pp. 8788; Pohlsander, Emperor Constantine, pp. 1516.
[37] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 7.
[38] Zosimo, Storia nuova, II, 11, 1.
[39] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 32; Lenski, p. 64; Odahl, pp. 89, 93.
[40] Zosimo, Storia nuova, II, 12.
[41] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 4.
[42] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXXII, 5.
[43] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 4.
[44] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3234; Elliott, pp. 4243; Lenski, p. 65; Odahl, pp. 9091; Pohlsander, Emperor Constantine, p. 17;
Potter, pp. 34950; Treadgold, p. 29.
[45] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 32.
[46] Panegyrici latini, VII, 18-19.
[47] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXIX, 8.
[48] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3435; Elliott, p. 43; Lenski, pp. 6566; Odahl, p. 93; Pohlsander, Emperor Constantine, p. 17;
Potter, p. 352.
[49] RIC VI 139.
[50] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXXII, 4.
[51] Zosimo, Storia nuova, II, 14, 2.
[52] Zosimo, Storia nuova, II, 14, 3.
[53] Zosimo, Storia nuova, II, 14, 4.
268
269
Bibliografia
Fonti primarie
Annales Valesiani, V; Vedi qui testo latino e traduzione in inglese (http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/
Roman/Texts/Excerpta_Valesiana/home.html).
Aurelio Vittore, De Caesaribus 41 (Testo in latino disponibile qui (http://www.thelatinlibrary.com/victor.
caes.html)).
270
271
0-521-52157-2
Santo Mazzarino, L'impero romano (in italiano), Bari, 1973. ISBN 88-420-2377-9 e ISBN 88-420-2401-5
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Charles Matson Odahl, Constantine and the Christian Empire, New York: Routledge, Hardcover, 2004. ISBN
0-415-17485-6, Paperback ISBN 0-415-38655-1
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Warren T. Treadgold, A History of the Byzantine State and Society, Stanford University Press, 1997. ISBN
0804726302
Stephen Williams, Diocleziano. Un autocrate riformatore, Genova, 1995. ISBN 88-7545-659-3
Voci correlate
Tarda antichit
Tetrarchia
Imperatori romani
Costantino I
Costanzo Cloro
Diocleziano
Flavio Severo
Galerio
Licinio
Lucio Domizio Alessandro
Massenzio
Massimiano
Massimino Daia
Portale Antica Roma
Portale Bisanzio
Portale Guerra
Massimino Daia
272
Massimino Daia
Massimino Daia
308 - 313
Predecessore
Galerio
Successore
Licinio
Altri titoli
Persicus maximus
Sarmaticus
[1]
maximus
[1]
Germanicus
[1]
Nascita
270 circa
Morte
313
Gaio Galerio Valerio Massimino Daia (20 novembre 270 circa[1] agosto 313[1]) fu un imperatore romano dal 308
fino alla sua morte, durante la tetrarchia.
Biografia
Nato probabilmente in Dacia intorno al 275 era
figlio di una sorella di Galerio. Nel 305, in seguito
all'abdicazione degli augusti Diocleziano e
Massimiano in favore di Galerio e Costanzo Cloro,
fu nominato cesare e suo successore al titolo di
augusto da Galerio, insieme all'altro cesare Flavio
Severo scelto da Costanzo Cloro. Gli fu assegnato
Moneta di Massimino.
il governo delle province balcaniche. Nel 308
costrinse suo zio Galerio a conferirgli la nomina ad
augusto insieme a Costantino. Sappiamo che condusse una campagna militare vittoriosa in Armenia, contro un
popolo che in passato si era dimostrato alleato dei Romani, ma che ora abbracciava la religione cristiana, nemica
dell'imperatore poich "estremamente rispettosa della piet verso Dio". Secondo Giovanni Malalas (che confonde
Massimino Daia con Massenzio, figlio di Massimiano), Massimino condusse in modo vittorioso le operazioni
militari, sia contro gli Armeni, sia contro i Persiani di Sapore II, che ai primi si erano alleati e avevano invaso
l'Osroene. In seguito a questi successi sembra che abbia distribuito i prigionieri nelle province di Armenia I e
Armenia II, ed abbia ottenuto il titolo vittorioso di Persicus (312/313), insieme agli altri Augusti, Costantino I e
Massimino Daia
273
Note
[1] Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, IX, 8, 2-4. Giovanni Malalas, Cronografia, XII, p.311, 2-14 e p.312-313, 10-25.
IL Alg-1, 3956 (Africa proconsularis, Tenoukla): Dddominis nnnostris Flavio Valerio Constantino Germanico Sarmatico Persico et Galerio
Maximino Sarmatico Germanico Persico et Galerio Valerio Invicto (?) Pio Felici Augusto XI.
[2] Sembra fosse favorevole ai culti orientali come quello di Serapide, come riportato su una sua moneta: RIC VI 78.
Altri progetti
Imperatore romano
Successore
Galerio
Portale Biografie
Flavio Severo
274
Flavio Severo
Severo
1 maggio 305-307
Incoronazione
1 maggio 305
Predecessore
Successore
Nome completo
Morte
Figli
Licinio e Galerio
Flavius Valerius Severus
16 settembre 307
Severiano
Flavio Valerio Severo, pi raramente noto come Severo II (latino: Flavius Valerius Severus; ... 16 settembre
307), fu un imperatore romano dal 305 al 307 nel contesto dell'organizzazione tetrarchica dell'impero.
Biografia
Valerio Severo[1] nacque nelle province illiriche[2] da una famiglia di umili origini.[3]
Era comandante dell'esercito, con un contingente ai suoi ordini.[4] Era amico di Galerio;[3][4] per sua intercessione fu
coinvolto nella seconda tetrarchia: il 1 maggio 305 Diocleziano e Massimiano lasciarono il potere, i nuovi augusti
furono Costanzo Cloro e Galerio, che ebbero come cesari rispettivamente Severo e Massimino Daia.[2][3][4][5] Severo
govern sull'Italia, il Nordafrica e la Spagna.
Costanzo Cloro mor il 25 luglio 306 a Eboracum (York, Regno Unito); le truppe di Costanzo ne acclamarono il
figlio Costantino imperatore. Galerio intervenne, offrendo a Costantino di riconoscerlo non come augusto ma come
cesare, e Costantino accett; Severo divenne allora augusto (estate 306).[6] Ma il suo potere non era al sicuro, in
quanto il 28 ottobre di quello stesso anno Massenzio, figlio di Massimiano, si fece proclamare imperatore dalle
truppe a Roma. Anche questa volta Galerio si rifiut di riconoscere l'usurpatore, e nel 307 invi Severo (che
quell'anno era console assieme a Massimino) da Milano a Roma con un esercito, allo scopo di deporre Massenzio.
Poich, per, gran parte dei soldati di Severo avevano servito sotto Massimiano, dopo aver accettato denaro da
Massenzio disertarono in massa Severo. Il cesare fugg a Ravenna, dove fu assediato da Massimiano. La citt era
molto ben fortificata, cosicch Massimiano offr delle condizioni per la resa che Severo accett: fu preso da
Massimiano e portato sotto scorta in una villa pubblica a Tres Tabernae (nei pressi dell'odierna Cisterna di Latina)[7]
nella parte meridionale di Roma, dove fu tenuto come ostaggio.[8] Quando Galerio entr a sua volta in Italia con un
esercito, Massenzio ordin la morte di Severo, che fu ucciso o costretto ad uccidersi (16 settembre 307).
Flavio Severo
275
Note
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[6]
[7]
[8]
Bibliografia
Fonti primarie
Barnes, Timothy. Constantine and Eusebius. Cambridge, MA: Harvard University Press, 1981. ISBN
978-0-674-16531-1
Barnes, Timothy. The New Empire of Diocletian and Constantine. Cambridge, MA: Harvard University Press,
1982. ISBN 0-7837-2221-4
Elliott, T. G. The Christianity of Constantine the Great. Scranton, PA: University of Scranton Press, 1996. ISBN
0-940866-59-5
Lenski, Noel. "The Reign of Constantine", in The Cambridge Companion to the Age of Constantine, Noel Lenski
ed., 5990. New York: Cambridge University Press, 2006. Hardcover ISBN 0-521-81838-9 Paperback ISBN
0-521-52157-2
Odahl, Charles Matson. Constantine and the Christian Empire. New York: Routledge, 2004. Hardcover ISBN
0-415-17485-6 Paperback ISBN 0-415-38655-1
Potter, David S. The Roman Empire at Bay: AD 180395. New York: Routledge, 2005. Hardcover ISBN
0-415-10057-7 Paperback ISBN 0-415-10058-5
Altri progetti
Collegamenti esterni
Monetazione di Severo (http://www.wildwinds.com/coins/ric/severus_II/i.html), dal sito wildwinds.com
Predecessore
Imperatore romano
Successore
Costanzo Cloro,
Galerio
Licinio,
Galerio
Portale Biografie
Massenzio
276
Massenzio
Marco Aurelio Valerio Massenzio
Busto di Massenzio.
Usurpatore romano
Predecessore
Massimiano
Successore
Costantino I
278
Morte
312
Padre
Massimiano
Madre
Eutropia
Marco Aurelio Valerio Massenzio (latino: Marcus Aurelius Valerius Maxentius; 278 28 ottobre 312)
autoproclamatosi imperatore romano (ma non fu mai riconosciuto come tale) govern l'Italia e l'Africa tra il 306 e il
312. Figlio di Massimiano e di Eutropia, nacque nel 278 e si spos nel 293, a soli quindici anni con Valeria
Massimilla, figlia del cesare Galerio.
L'Augusto
Per approfondire, vedi Guerra civile romana (306-324).
Nel 305 i due augusti della Tetrarchia - Diocleziano e il padre di Massenzio, Massimiano - abdicarono e al loro posto
successero i cesari Galerio e Costanzo Cloro. Tuttavia alla morte di Costanzo Cloro, nel 306, Massenzio fu
proclamato augusto al posto del successore designato Severo, nei territori precedentemente governati dal padre, ossia
l'Italia e l'Africa, mentre in Gallia e Britannia l'esercito proclamava augusto il figlio illegittimo di Costanzo Cloro,
Costantino.
Massenzio
277
Massenzio continu a tenere l'Italia e l'Africa sotto il suo dominio,
facendo leva sul malcontento del popolo di Roma e della Guardia
pretoriana, che vedevano declinare la propria importanza a vantaggio
delle capitali delle province (Treviri capitale della Gallia Belgica,
Milano, Nicomedia, Antiochia, terza citt dell'impero dopo Roma e
Alessandria), anche grazie al possesso della provincia africana che gli
consent inizialmente di assicurare a Roma il vettovagliamento di
grano e olio.
Il romano
Il ripristino della grandezza di Roma e dei suoi dei fu al centro del progetto imperiale di Massenzio. Ci evidente
anche nel programma iconografico della sua monetazione, coniata nelle officine di Roma e di Ostia, ispirato alle
grandi leggende di fondazione della Citt: la lupa che allatta Romolo e Remo, Marte rappresentato sia come dio
guerriero che come padre dei gemelli fondatori.
Nella stessa direzione andava il vasto programma edilizio dell'imperatore, che per la brevit del suo regno fu
realizzato solo in parte, del quale pu essere considerata emblema la grandiosa basilica[1].
Oltre all'avvio della basilica, Massenzio volle la ricostruzione del vicino Tempio di Venere e Roma dell'epoca
adrianea, l'ampliamento del Clivus Sacrae Viae, dove innalz da una parte l'heroon di suo figlio Romolo e la Basilica
Nova, e dall'altra la Porticus margaritaria[2], il restauro e l'innalzamento delle mura di Aureliano, che dot anche di
un fossato[3]. Provvide inoltre a restaurare la via Appia fino a Brindisi e diversi acquedotti.
Nella sua tenuta sulla Via Appia edific una grande villa suburbana, dotata anche di un circo e di un mausoleo.
Accanto alla villa fu costruito il mausoleo del figlio defunto. Altra maestosa testimonianza del suo prestigio nella
celebre Villa di Piazza Armerina (Enna), a lui ascritta.
Massenzio
278
Note
[1] compiuta solo dopo il 312 da Costantino, che vi colloc la propria statua colossale.
[2] Si veda in Rodolfo Lanciani, Nuove storie dell'antica Roma, Newton Compton 2006, p. 30 e sgg.
[3] che tuttavia non port a compimento, stando all'autore del Chronographus Romanus (Polemio Silvio nel 354).
Voci correlate
Collegamenti esterni
Il ritrovamento delle insegne imperiali di Massenzio (http://www.gruppiarcheologici.org/news_pubblicazioni/
nuova_archeologia/na_3-2.pdf) (2007)
Altri progetti
Portale Biografie
Sogno di Costantino e vittoria a Ponte Milvio da un manoscritto delle omelie di Gregorio Nazianzeno
Data
28 ottobre 312
279
Luogo
Esito
Vittoria di Costantino I
Schieramenti
Costantino I Massenzio
Effettivi
90.000 fanti e
170.000 fanti e
[1]
[3]
8.000 cavalieri
18.000 cavalieri
[2]
[4]
oppure 40.000 armati
oppure 100.000 armati
La battaglia di Ponte Milvio ebbe luogo il 28 ottobre 312 tra Costantino I e Massenzio.[5] La vittoria di Costantino
segn l'inizio di una nuova era per tutto l'impero.
Contesto storico
Per approfondire, vedi Guerra civile romana (306-324).
La Battaglia di ponte Milvio mise fine al regno di Massenzio, contestato da Costantino in quanto sarebbe stato in
contrasto con il sistema tetrarchico: si era fatto nominare princeps il 28 ottobre del 306, assumendo il controllo
dell'Italia e dell'Africa.
Invasa l'Italia nella primavera del 312, Costantino vinse le truppe del
figlio di Massimiano prima nella battaglia di Torino e quindi nella
battaglia di Verona, convergendo verso Roma tramite la via Flaminia e
accampandosi in localit Malborghetto vicino a Prima Porta, sulla riva
destra del fiume Tevere a poca distanza dal ponte Milvio, che si
trovava alle spalle delle truppe di Massenzio. Sul probabile luogo
dellaccampamento fu edificato successivamente un imponente
monumento in ricordo degli eventi, un arco quadrifronte, lArco di
Malborghetto del quale era stata persa traccia, nel corso dei secoli,
Forze in campo
Secondo Zosimo, Costantino, ormai sospettoso nei confronti di Massenzio, aveva riunito un grande esercito formato
anche da barbari catturati in guerra, oltre a Germani, popolazioni celtiche e provenienti dalla Britannia, mosse alla
volta dell'Italia attraverso le Alpi (presso il Moncenisio), forte di 90.000 fanti e 8.000 cavalieri.[1] Massenzio poteva
invece contare su 170.000 fanti e 18.000 cavalieri (tra i quali vi erano: 80.000 tra Romani, Italici, Tirreni, 40.000
Africani, oltre a Siculi[3]). Al contrario secondo i Panegyrici latini Costantino disponeva di 40.000 armati[2] (cifra
pi credibile per Le Bohec[6]), mentre Massenzio di 100.000 armati.[4]
280
Svolgimento
Conseguenze
Costantino fu accolto trionfalmente a Roma e proclamato imperatore unico d'Occidente. Dedic la sua vittoria al Dio
dei cristiani, di cui proib le persecuzioni continuando una pratica iniziata dal 306 nelle province della Gallia e
Bretagna. Sotto la sua protezione, il cristianesimo si svilupp senza essere perseguitato mentre il clero acquisiva
nuovi privilegi. Con l'editto da esso proclamato nel 313 Costantino mise fine alla persecuzione dei cristiani iniziata
da Nerone.
Visione di Costantino
Costantino sostenne di avere avuto, la sera del 27 ottobre, mentre le truppe si preparavano alla battaglia, una visione,
i cui dettagli differiscono per tra le fonti, che sono di natura agiografica.
Note
[1] Zosimo, Storia nuova, II, 15, 1.
[2] Panegyrici latini, IX, 3, 3.
[3] Zosimo, Storia nuova, II, 15, 2.
[4]
[5]
[6]
[7]
Fonti
Fonti primarie
Voci correlate
Ponte Milvio
Costantino I
Massenzio
In hoc signo vinces
Arco di Malborghetto
281
282
Altri progetti
Licinio
Licinio
Aureo di Licinio
Augusto dell'Impero Romano
In carica
Predecessore
Successore
11 novembre 308 - 311 (come Augusto d'Occidente, con Galerio Augusto d'Oriente);
311-313 (Augusto assieme a Massimino Daia);
agosto del 313 - luglio del 324 (come Augusto d'Oriente, con Costantino I Augusto d'Occidente).
Flavio Severo
Costantino I
[1][2]
Sarmaticus maximus
[1][2]
Germanicus maximus
[3]
Britannicus maximus
Nascita
ca. 265
Morte
Tessalonica, 325
Consorte
Figli
Valerio Liciniano Licinio, talvolta detto Giovio Licinio (latino: Valerius Licinianus Licinius, Iovius Licinius; ca.
265 Tessalonica, 325), stato un imperatore romano, dal 308 al 324.
Licinio
283
Biografia
Origini e ascesa al trono
Licinio nacque in Moesia[4] da una famiglia di origini contadine,[5] probabilmente attorno al 265.[6] Fu commilitone
e amico di vecchia data di Galerio,[7] sotto il quale serv durante la campagna partica del 298.[8]
Nel 307 fu inviato come ambasciatore di Galerio, assieme a Pompeo Probo, presso Massenzio,[9] il quale aveva
interrotto il principio della tetrarchia facendosi proclamare imperatore dalle proprie truppe il 28 ottobre 306 e
resistendo alle campagne condotte da Flavio Valerio Severo (fine 306/inizi 307) e Galerio (estate 307) per deporlo;
l'ambasciata non sort per effetti.
Morto Severo, in occasione della conferenza di Carnunto tenutasi nell'ottobre/novembre 308, fu deciso che Galerio
elevasse Licinio al rango di augusto, cosa che avvenne l'11 novembre 308;[10] oltre al titolo, Licinio ricevette anche
il comando delle province dell'Illirico, Tracia e Pannonia.[11]
Regno
Per approfondire, vedi Guerra civile romana (306-324).
Licinio inizi il proprio regno con Galerio come collega, mentre Costantino I e Massimino Daia ricoprivano il ruolo
di cesare, rispettivamente in Occidente e Oriente; al di fuori di questo quadro si trovavano Massenzio, che deteneva
effettivamente il potere su parte dell'Occidente, e suo padre Massimiano, che sperava di riottenere il potere che aveva
perduto.
Alla morte di Galerio, nel maggio del 311, Licinio divise l'intero impero con Massimino Daia, definendo come
confine l'Ellesponto e il Bosforo. Nel febbraio del 313 si rec a Milano, per incontrare Costantino I, divenuto l'unico
imperatore della parte occidentale dopo aver sconfitto Massenzio: i due strinsero un'alleanza, rafforzata dal
matrimonio di Licinio con la sorella di Costantino, Costanza[12] (da cui ebbe nel 315 il figlio Valerio Liciniano
Licinio), e promulgarono assieme l'Editto di Milano.
L'alleanza tra Licinio e Costantino escludeva chiaramente il terzo imperatore, Massimino, che si fece proclamare
unico imperatore dalle truppe e mosse dalla Siria verso occidente, conquistando Bisanzio: Licinio lo affront e
sconfisse nella battaglia di Tzirallum il 30 aprile 313.
Divenuto unico signore della parte orientale dell'impero, si rese colpevole della purga che colp le famiglie dei
tetrarchi: per suo ordine vennero uccisi Candidiano, figlio di Galerio, Severiano, figlio di Flavio Severo, e il figlio e
la figlia di Massimino, di otto e sette anni.
Dichiaratosi cristiano per mossa politica sin dal periodo della sua rivalit con Massimino Daia, cominci
progressivamente ad inimicarsi i seguaci di quella religione, adottando politiche insensatamente ostili a questi,
ritenendo, probabilmente non in maniera del tutto infondata che costoro appoggiassero il suo rivale Costantino.
Avvi pertanto una serie di attivit persecutorie nei confronti dei cristiani, che lo abbandonarono nella fase decisiva
del suo conflitto con Costantino.
Nel 316 si scontr con Costantino I: il casus belli fu la nomina a collega di Aurelio Valerio Valente, che di fatto
mostrava come Licinio non considerasse pi Costantino il legittimo signore d'occidente. Costantino vinse per
Licinio nella battaglia di Mardia e, con la pace firmata il 1 marzo 317 lo costrinse a cedergli l'Illiria e a condannare
a morte Valente.
La pace del 317 dur sette anni: nel 324, scontratosi una prima volta in Mesia ad Adrianopoli con Costantino,
Licinio non riusc ad approfittare della sua netta superiorit numerica, venendo di l a poco sconfitto da Crispo in una
battaglia navale nell'Ellesponto. Perse le sue migliori unit di soldati, reclut schiavi e contadini delle terre bitiniche,
con i quali ingaggi un'ultima, disperata battaglia contro le truppe veterane di Costantino (la cosiddetta battaglia di
Crisopoli, svoltasi presso l'odierna skdar), venendo disastrosamente sconfitto. Tratto prigioniero dinanzi a
Licinio
284
Costantino venne graziato da questi e inviato a vivere come privato cittadino a Tessalonica; l'anno seguente, per, fu
giustiziato per avere complottato una rivolta (325).[13]
Note
[1] .
[2] CIL VIII, 1357 (p 938, 1265, 1449).
[3] .
[4] Eutropio, x.4.1; Anonimo valesiano, 5 13. Socrate Scolastico parla (i 2) di Nova Dacia, ossia nome pi recente della Mesia.
[5] Aurelio Vittore, Epitome, 41.9; Anonimo valesiano, 5 13.
[6] Aurelio Vittore, Epitome, 41.8 lo dice morto a circa sessant'anni.
[7] Lattanzio, Morte dei persecutori, 20 3; Eutropio, x.4.1; Aurelio Vittore, Cesari, 40.8; Zosimo ii 11; Socrate i 2.
[8] Eutropio, x.4.1.
[9] Anonimo valesiano 3,7.
[10] Consolaria costantinopolitana, s.a. 308; Lattanzio, Morte dei persecutori, 29 3, 32 1; Anonimo valesiano, 3 8, 5 13; Eutropio, x.4.1; Aurelio
Vittore, Cesari, 40.8; Aurelio Vittore, Epitome, 40.2; Zosimo ii 11; Socrate i 2; Orosio, vii 28.11.
[11] DiMaio, Michael, "Licinius (308-324 A.D.)" (http:/ / www. roman-emperors. org/ licinius. htm), De imperatoribus romanis.
[12] Lattanzio, Morte dei persecutori, 43.2, 45.1; Anonimo valesiano, 5.13.28; Zosimo ii 17.2; Eutropio, x.5; Aurelio Vittore, Cesari, 41.2;
Aurelio Vittore, Epitome, 41.4; Socrate i 2.25; Orosio, vii 28.19.
[13] Consolaria costantinopolitana, s.a. 325; Anonimo valesiano, 5.28-29; Zosimo ii 28; Eutropio, x 6.1; Aurelio Vittore, Cesari, 41.8-9;
Aurelio Vittore, Epitome, 41.7-8; Socrate i 4; Sozomeno, i 7.5; Giordane, Getica iii.
Bibliografia
Jones, Arnold Hugh Martin, John Robert Martindale, John Morris, "Val. Licinianus Licinius 3", The
Prosopography of the Later Roman Empire, volume 1, Cambridge University Press, 1971, ISBN 0-521-07233-6,
p. 509.
Altri progetti
Imperatore romano
Successore
308 - 324
con Galerio, Massimino Daia, Valerio Valente, Sesto Martiniano e Costantino I
Costantino I
306-337
Portale Biografie
Editto di Milano
285
Editto di Milano
Si intende per Editto di Milano (noto anche come Editto di Costantino, Editto di tolleranza o Rescritto di
tolleranza) l'accordo sottoscritto nel febbraio 313 dai due Augusti dell'impero romano, Costantino per l'Occidente e
Licinio per l'Oriente, in vista di una politica religiosa comune alle due parti dell'impero. Il patto fu stretto in
Occidente in quanto il senior Augustus era Costantino. Le conseguenze dell'Editto per la vita religiosa nell'impero
romano sono tali da farne una data fondamentale nella storia dell'Occidente.[1]
Secondo l'interpretazione tradizionale, Costantino e Licinio firmarono a Milano, capitale della parte occidentale
dell'impero, un Editto che sanc la libert di culto ai cristiani. L'interpretazione pi recente delle fonti, tuttavia, ha
portato gli storici a concludere che nel febbraio 313 a Milano non vi fu l'emissione di un editto. Pi probabilmente,
Costantino e Licinio strinsero degli accordi per poi emanare precise disposizioni ai governatori delle province.[2]
Contesto storico
Alla fine del III secolo venne realizzata un'importante riforma della
funzione imperiale. Il potere non fu pi incarnato in un'unica persona,
ma venne esercitato da un collegio composto da due Augusti e due
Cesari (tetrarchia). Il territorio dell'impero fu diviso in due parti:
Occidente e Oriente. Furono nominati un Augusto e un Cesare per
l'Occidente e un Augusto e un Cesare per l'Oriente. Ciascun tetrarca
scelse la propria residenza in una citt diversa. Le quattro sedi
imperiali furono Treviri e Milano (Occidente), Sirmio e Serdica
(Oriente). Per la prima volta, Roma non fu pi capitale dell'impero. A
Roma rimase il Senato.
Nell'ottobre 306 il generale Massenzio pretese di ripristinare la sede
imperiale romana e, con il suo esercito, si pose come capo
incontrastato dell'Urbe. Massenzio riemp un vuoto lasciato dai due
tetrarchi d'Occidente, che avevano scelto come rispettive residenze
Treviri e Milano.
Nel 308 la tetrarchia era composta da Licinio e Costantino in Occidente e Galerio e Massimino Daia in Oriente.
Galerio, Primus Augustus, incaric Licinio di sconfiggere Massenzio. La missione per fall. Nel 311 Galerio firm
il suo ultimo provvedimento: un Editto di perdono per i cristiani. Alla sua morte il suo posto fu preso da Licinio, che
quindi si trasfer in Oriente.
Licinio, interessato a diventare Augusto d'Oriente, strinse un patto con Costantino in funzione anti-Massimino. Per
suggellare l'accordo Costantino promise in moglie a Licinio la propria sorella, Costanza.[3] Secondo l'accordo, la
tetrarchia doveva cessare di esistere: sarebbero rimasti Costantino in Occidente e Licinio in Oriente.
Nella primavera del 312 Costantino discese con il suo esercito in Italia per affrontare Massenzio. Lo scontro decisivo
si ebbe il 28 ottobre 312 (Battaglia di Ponte Milvio). La sera prima Costantino non esegu i sacrifici rituali della
religione tradizionale. Prima di ogni evento importante, i romani interrogavano gli dei chiedendo loro di assisterli.
Un aruspice esegu