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Tardo Impero Romano

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Indice
Voci
Impero romano d'Occidente

Crisi del III secolo

48

Invasioni barbariche del III secolo

66

Tardo impero romano

111

Tarda antichit

144

Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale

187

Diocleziano

208

Dominato (storia romana)

230

Massimiano

232

Costanzo Cloro

248

Galerio

253

Guerra civile romana (306-324)

259

Massimino Daia

272

Flavio Severo

274

Massenzio

276

Battaglia di Ponte Milvio

278

Licinio

282

Editto di Milano

285

Valerio Liciniano Licinio

288

Dinastia costantiniana

290

Costantino I

294

Costantino II

313

Costanzo II

319

Costante I

338

Flavio Claudio Giuliano

343

Gioviano

393

Graziano

394

Valentiniano I

397

Campagne suebo-sarmatiche di Valentiniano I

400

Casata di Valentiniano

405

Valentiniano II

406

Giovanni Primicerio

409

Valente (imperatore romano)

410

Guerra gotica (376-382)

416

Battaglia di Adrianopoli (378)

431

Magno Massimo

435

Teodosio I

440

Editto di Tessalonica

449

Decreti teodosiani

451

Flavio Eugenio

455

Arbogaste

457

Battaglia del Frigido

459

Onorio (imperatore romano)

461

Stilicone

469

Magister militum

476

Invasioni barbariche del V secolo

482

Socii e foederati

514

Alarico I

517

Radagaiso

522

Guerra gotica (402-403)

523

Battaglia di Pollenzo

529

Battaglia di Verona (403)

531

Sacco di Roma (410)

532

Partenza dei romani dalla Britannia

554

Attraversamento del Reno

560

Galla Placidia

562

Valentiniano III

579

Caduta dell'Impero romano d'Occidente

588

Flavio Ezio

608

Bonifacio (comes)

616

Costanzo Felice

617

Conquista vandalica del Nord Africa

618

Regni romano-barbarici

626

Giusta Grata Onoria

636

Battaglia dei Campi Catalaunici

637

Genserico

643

Sacco di Roma (455)

648

Fornitura di grano per la citt di Roma

650

Avito

654

Maggioriano

659

Ricimero

672

Antemio

673

Libio Severo

679

Teodorico II (Visigoti)

683

Marcellino (generale romano)

686

Agrippino (magister militum)

689

Siagrio

690

Regno di Soissons

691

Storia della Gallia tardo-antica e altomedievale

694

Bagaudi

712

Battaglia di Soissons (486)

713

Gundobado

714

Romolo Augusto

718

Anicio Olibrio

722

Odoacre

725

Gaio Sollio Sidonio Apollinare

732

Severino Boezio

735

Gregorio di Tours

746

Burgundi

749

Note
Fonti e autori delle voci

756

Fonti, licenze e autori delle immagini

760

Licenze della voce


Licenza

769

Impero romano d'Occidente

Impero romano d'Occidente


Impero romano d'Occidente

(dettagli)

Motto: Senatus Populusque Romanus


(Il Senato e il popolo romano)

Dati amministrativi
Nome completo

Impero romano

Nome ufficiale

Imperium Romanum

Lingue parlate

Latino

Capitale

Milano (fino al 402)


Ravenna (402-476)
Politica

Forma di governo

Dominato

Imperatore d'Occidente Elenco


Organi deliberativi

Senato

Nascita

17 gennaio 395 con Onorio

Causa

separazione ereditaria dell'impero alla morte di Teodosio I

Fine
Causa

4 settembre 476 con Romolo Augusto


Deposizione dell'imperatore da parte del re erulo Odoacre e invio delle insegne imperiali a Zenone di Bisanzio
Territorio e popolazione

Bacino geografico
Massima estensione
Popolazione

Italia, Illirico occidentale, Nord Africa (tranne Egitto e Cirenaica), Penisola Iberica, Gallia, Britannia
2.500.000 km2 circa nel 395 - 405
20 - 25 milioni nel 400 circa

Impero romano d'Occidente

2
Economia

Valuta

aureo, asse
Religione e societ

Religioni preminenti

Cristianesimo

Religione di Stato

Cristianesimo

Religioni minoritarie

paganesimo, ebraismo
Evoluzione storica

Preceduto da
Impero romano
Succeduto da
Regno di Soissons
Eptarchia anglosassone
Regno visigoto
Regno franco
Regno ostrogoto
Regno vandalo
Regno suebo

L'Impero romano d'Occidente inizi a configurarsi come organismo statuale autonomo alla morte dell'imperatore
Teodosio I (395) il quale decise di affidare gli immensi territori, sempre pi vulnerabili alla pressione dei barbari, ai
suoi due figli: ad Arcadio, il maggiore, fu assegnato il governo della parte orientale dell'Impero mentre a Onorio, il
minore, spett la parte occidentale.
Non era nelle intenzioni di Teodosio creare due organismi politici differenziati e completamente indipendenti fra di
loro. La sua finalit era piuttosto quella di ricollegarsi, attraverso questa scelta, sia alle tradizioni tetrarchiche, che a
quelle post-costantiniane. La divisione doveva cio rivestire un carattere squisitamente burocratico, amministrativo,
o riconducibile al problema della difesa militare. Da allora per, questi due grandi aggregati, ormai strutturatisi in
Impero Romano d'Occidente e Impero romano d'Oriente, non si sarebbero pi riuniti e avrebbero intrapreso dei
percorsi di sviluppo sempre pi autonomi fra di loro. L'idea dell'unit rest tuttavia salda nelle coscienze ancora per
lungo tempo, e certo non si era ancora spenta quando, nel 476, il re degli Eruli Odoacre depose l'ultimo Imperatore
d'occidente, Romolo Augusto, e rimise le insegne dell'Impero all'imperatore d'Oriente Zenone.

Geografia
Superficie e suddivisione
Al momento della morte di Teodosio I e della definitiva divisione dell'Impero in una parte orientale e in una
occidentale (395), quest'ultima eredit la Prefettura del pretorio delle Gallie e la maggior parte della Prefettura del
pretorio d'Italia, Africa e parte dell'Illiria, mentre all'Oriente toccarono la Prefettura del pretorio d'Oriente e due
diocesi illiriche. A sua volta la Prefettura d'Italia era formata da quattro diocesi: Italia (due diocesi), Illiria ed Africa;
quella delle Gallie da un pari numero di diocesi: Gallia (due diocesi), Hispania e Britannia. Va messo in evidenza
che l'Illiria era stata ripartita fra i due Imperi[1] e che questa divisione fu fonte di continue dispute che iniziarono a
profilarsi subito dopo la morte di Teodosio.
Alla fine del IV secolo la superficie totale dell'area romano-occidentale superava i 2,5 milioni di km con una
popolazione globale difficilmente quantificabile ma che, con ogni probabilit, doveva situarsi fra i 20 e i 25 milioni
di abitanti.
Nel secolo successivo in tutto il mondo romano-occidentale si assistette ad una generalizzata flessione demografica
dovuta a guerre, carestie ed epidemie. Lo stanziamento di genti barbare in quasi tutte le regioni dell'Europa
occidentale e dell'Africa, non riusc infatti a compensare le perdite che avevano falcidiato la popolazione autoctona.

Impero romano d'Occidente


Le etnie barbare, generalmente di origine germanica, rappresentarono, in quasi tutto l'Occidente romano, una quota
modesta sul totale delle popolazioni romane o romanizzate, con ogni probabilit non superiore, in termini
percentuali, a un 7 o 8%.[2]
Per avere un'idea della limitata consistenza numerica di queste trib barbare, ricorderemo che, quando i Longobardi
penetrarono in Italia nella seconda met del VI secolo, si ritiene che la loro orda fosse composta da circa 120.000
unit ivi compresi anziani, donne e bambini.

Citt
Fra la fine del IV e gli inizi del V secolo Roma era ancora la citt pi popolosa dell'Impero (sia della sua parte
occidentale che orientale). Durante il regno di Valentiniano I (364 - 375) si calcola, sulla base delle tessere annonarie
distribuite, che l'Urbe dovesse contare non meno di 800.000 abitanti (ma altre fonti danno una cifra anche superiore,
vedi riquadro). Questo valore rest pressoch inalterato fino al primo sacco di Roma da parte dei Visigoti di Alarico
(410). Segu una certa flessione demografica, ma ancora alla met del V secolo sembra che la popolazione della citt
non fosse inferiore ai 650.000 abitanti[3] Fu soltanto all'indomani del secondo sacco ad opera dei Vandali (455) che
Roma perse probabilmente il rango di prima citt dell'Impero superata non solo da Costantinopoli, ma anche dalle
popolose metropoli d'Oriente: (Alessandria, Antiochia e, forse, anche Tessalonica).
L'Italia poteva vantare, oltre a Roma, una serie di centri relativamente popolosi ed economicamente attivi, primo fra
tutti Mediolanum (Milano), capitale imperiale, con Augusta Treverorum (Treviri), fin dalla fine del III secolo, ed
Aquileia che per fu distrutta dagli Unni attorno alla met del V secolo. Altre importanti citt erano Bononia e
Ravenna. Quest'ultima nel 402 divenne capitale dell'Impero Romano d'Occidente e conserv tale rango anche dopo il
476, sotto Odoacre, gli Ostrogoti e i Bizantini. Ravenna fu una delle poche citt italiane che continu a espandersi
nel corso del V secolo, raggiungendo la sua massima estensione in et gotica, allorch l'aumento della popolazione e
del territorio urbano rese necessario un ampliamento della cinta muraria romana che fin col racchiudere una
superficie di 150 ettari.[4]
Cartagine, con i suoi 150.000-200.000 abitanti (o pi) costituiva con ogni probabilit il secondo agglomerato urbano
dell'occidente romano. La citt, oltre a possedere, da sempre, una netta vocazione commerciale, era posta nel cuore
di una ricca regione agricola ed esportava le sue derrate alimentari anche in Oriente. In Africa, altre tre citt di medie
dimensioni godevano di una certa prosperit: Leptis Magna, culla della dinastia dei Severi, che, dopo un periodo di
decadenza, aveva conosciuto una certa ripresa in epoca teodosiana; Timgad, importante centro donatista, e infine
Cesarea (oggi Cherchell, in Algeria), che dette i natali a Prisciano, che con Donato fu il massimo grammatico della
tarda latinit.

Impero romano d'Occidente

4
Nella regione illirica la citt pi importante e popolosa era forse
Salona (nelle immediate vicinanze dell'odierna Spalato), in
Dalmazia, con una popolazione di oltre 50.000 abitanti, mentre i
due agglomerati di frontiera di origine castrense, Carnuntum ed
Aquincum (l'attuale Budapest), conservarono una certa importanza
strategica. Entrambi questi centri possedevano due anfiteatri, uno
per le guarnigioni di stanza ed uno per la popolazione civile.
Carnuntum ci viene descritta da Ammiano Marcellino, nella
seconda met del IV secolo, come una citt sonnolenta e
degradata, ravvivata per dalla presenza di molti militari
accampati nei dintorni o residenti nell'abitato.[5]

In Iberia aveva avuto un certo sviluppo, nel corso del IV secolo, la


citt di Hispalis (l'attuale Siviglia), impostasi come il massimo
centro abitato della Baetica, mentre Carthago Nova (Cartagena)
continuava a costituire il pi importante punto di riferimento
urbano nell'area mediterraneo-orientale della Diocesi. Non minore
La citt di Aquileia
importanza rivestivano Tarraco (Tarragona), Osca (Huesca) e
Caesaraugusta (Saragozza) nella parte settentrionale della penisola.
Fra le citt pi importanti e popolose della due diocesi galliche era Augusta Treverorum (Treviri, oggi in Germania),
ex capitale imperiale fin da epoca tetrarchica e, ancora attorno al 400, sede di Prefettura. Arelate (Arles), impostasi
fin dalla prima met del IV secolo come il pi dinamico centro urbano della Gallia Meridionale, era anche divenuta,
agli inizi del secolo successivo, capitale di prefettura. Massimo centro della Gallia centrale era, con ogni probabilit,
Lugdunum (Lione).
In Britannia l'unica citt di una certa importanza era Londinium, l'odierna Londra, seguita da nuclei urbani di
modeste dimensioni, spesso di origine castrense o sviluppatisi su precedenti insediamenti celti (come Calleva
Atrebatum, oggi Silchester). Aquae Sulis (Bath) era invece un centro termale noto fin dal I secolo. L'abbandono della
Britannia da parte delle guarnigioni romane agli inizi del V secolo determin la decadenza di tali centri, la quale si
protrasse per buona parte dell'alta et media. Londra, restata quasi senza abitanti, dovette essere pressoch rifondata
da Alfredo il Grande nel IX secolo.
[6]

Estensione e popolazione delle principali citt dell'impero


Citt

Estensione

Popolazione

Roma

1800 ettari - (sec. IV) circa 1 milione

Capua

180 ettari circa

70.000

Mediolanum

133 ettari circa

50.000

Bononia

83 ettari circa

30.000

Augusta Taurinorum

47 ettari circa

20.000

Verona

45 ettari circa

20.000

Augusta Praetoria

41 ettari circa

20.000

Leptis Magna

400 ettari circa

100.000

Augusta Treverorum

285 ettari circa

50.000

Nemausus

220 ettari circa

70.000

Vindobona

200 ettari circa

60.000

Impero romano d'Occidente

5
Londinium

140 ettari circa

50.000

Lutetia

55 ettari circa

20.000

Alessandria d'Egitto

900 ettari circa

500.000 - 1 milione

Carthago

300 ettari circa

200 - 300.000

Nova Roma (Constantinopolis) 1400 ettari circa

[7]
200.000 circa

Citt fondate o conquistate dai Romani in Italia ( celle con sfondo verde )
Citt fondate dai Romani nelle province dell'Impero (celle con sfondo giallo )
Citt conquistate dai Romani fuori dall'Europa (celle con sfondo celeste )

Storia
Per approfondire, vedi Tardo Impero romano e Tarda antichit.

Prodromi della divisione (364-395)


Valentiniano I (364-375)
Per approfondire, vedi Valentiniano I, Valente (imperatore romano) e Campagne suebo-sarmatiche di Valentiniano
I.

Una pi marcata divisione dell'Impero Romano, dopo le suddivisioni amministrative dei decenni precedenti, si ebbe
con l'ascesa al trono di Valentiniano I, creato imperatore a Nicea nel febbraio del 364. Il nuovo sovrano dovette
prendere atto dell'impossibilit di gestire da solo la delicata situazione militare che si era venuta a creare sia lungo la
frontiera danubiana e renana, ad Occidente, a causa dei sempre pi frequenti sconfinamenti delle trib barbare, sia su
quella persiana, ad Oriente, dove i Sassanidi si erano da tempo imposti come i pi agguerriti avversari di Roma e del
suo esercito. Nella primavera di quello stesso anno, Valentiniano associ pertanto come augusto il fratello Valente,
assegnandogli la parte orientale dell'Impero e tenendo sotto il suo controllo quella occidentale, chiaro segno
dell'importanza che ancora rivestiva all'epoca la citt di Roma.
L'attivit governativa di Valentiniano I, tesa a frenare l'avanzata dei barbari che premevano sui confini della
Germania, si concretizz nella costruzione del poderoso limes che andava dal Mare del Nord, in corrispondenza della
foce del Reno, alle Alpi Retiche. Valentiniano, come e ancor pi dei suoi predecessori, fece frequente ricorso ai
foederati nell'esercito, con il conseguente accesso alle magistrature civili e militari di molti Germani e la graduale
"barbarizzazione" dei quadri dell'amministrazione, della burocrazia e dell'esercito. Mor nel 375 in Pannonia, a causa
di un ictus cerebrale.[8] Gli succedette in Occidente suo figlio Graziano, mentre l'Oriente continuava ad essere retto
da Valente.

Impero romano d'Occidente

L'inizio della crisi: la guerra gotica e la battaglia di Adrianopoli (376-382)


Per approfondire, vedi Guerra gotica (376-382) e Battaglia di Adrianopoli.

Tra l'estate e l'autunno del 376, decine


di migliaia di profughi,[9] Goti e di altri
popoli, scacciati dalle proprie terre
dalle invasioni unne, giunsero sul
Danubio,
chiedendo
asilo
all'imperatore
romano
Valente,
affinch venisse loro permesso di
stabilirsi sulla sponda meridionale del
Danubio: il fiume li avrebbe infatti
protetti dagli Unni, che non avevano
l'equipaggiamento
necessario
per
attraversarlo in forze. L'imperatore
concesse
l'asilo
in
termini
estremamente
favorevoli[10][11][12]
Valente, che aveva promesso ai Goti
terre da coltivare,[13] razioni di grano,
e l'arruolamento nell'esercito romano
come foederati, aveva accettato di
Movimenti dei Goti nel 376.
accogliere le popolazioni barbare allo
scopo di rafforzare il proprio esercito
ed incrementare la base imponibile del
fisco.[14] Solo a una parte dei Goti
venne per concesso di guadare il
Danubio. Inoltre, tutti coloro accolti in
territorio romano avrebbero dovuto
consegnare le proprie armi, ma alcune
riuscirono a passare,[15][16] forse a
causa del fatto che le operazioni di
attraversamento del fiume vennero
velocizzate per evitare una sommossa
dei Goti in attesa, impedendo cos di
controllare
perfettamente
gli
[17]
equipaggiamenti degli immigranti.
La presenza di un popoloso
stanziamento in un'area ristretta caus
una penuria di viveri tra i Goti, che
l'Impero non fu in grado di contrastare
n con terre da coltivare n con i
Campagna del 377.
rifornimenti promessi.[18] La struttura
logistica romana, che distribuiva gli
approvvigionamenti in pi centri allo scopo di ottenere una maggiore capillarit, venne messa sotto pressione: i Goti,
senza pi approvvigionamenti, si diedero a mangiare carne di cane, che veniva loro fornita al prezzo di un cane per

Impero romano d'Occidente


ogni bambino goto ceduto come schiavo.[17] I maltrattamenti furono tali che i Goti alla fine si rivoltarono,
devastando i Balcani. Valente aveva sottovalutato la minaccia che essi rappresentavano rispetto al nemico di sempre,
i Sasanidi, e teneva impegnato l'esercito presenziale in oriente, n le truppe in Tracia erano sufficienti per infliggere
una sconfitta decisiva ai Goti. Al tempo stesso questi ultimi si trovavano in una posizione altrettanto difficile: la
necessit di procacciarsi notevoli quantit di cibo li costringeva infatti a muoversi in gruppi di numero ridotto,
possibile preda di attacchi di forze romane. Forse era loro intenzione infliggere ai propri nemici una sconfitta tale da
imporre loro dei termini non distanti dall'accordo di ingresso nel territorio imperiale (la concessione di terre da
coltivare), ma dovevano farlo presto, prima dell'arrivo di altre truppe romane.[19] Stipulata una pace sfavorevole con
i Persiani, l'imperatore d'Oriente pot portare il grosso del suo esercito nei Balcani per porre finalmente fine ai
saccheggi dei Goti. Giunto a Costantinopoli, Valente attese in quel luogo l'arrivo delle truppe di Graziano,
imperatore d'Occidente. Prima che Graziano arrivasse, per, Valente venne informato da spie che i Goti erano solo
10.000, una notizia che si rivel successivamente falsa. Pensando di essere in superiorit numerica e non volendo
condividere la gloria di una vittoria con Graziano, Valente imprudentemente affront i Goti ad Adrianopoli,
perdendo e venendo ucciso in battaglia (9 agosto 378). Sant'Ambrogio vide in questa battaglia epocale, rovinosa per
le armi romane[20], un segnale dell'imminente fine del mondo.[21]
Il mondo non termin ma all'Impero romano venne inferto un colpo durissimo. Graziano, figlio di Valentiniano I e
succeduto al padre all'et di sedici anni, non sentendosi in grado di governare l'impero assieme al suo fratellastro
Valentiniano II di soli sei anni, nel gennaio del 379 nomin augusto Teodosio I cui affid le diocesi di Macedonia e
Dacia anch'esse minacciate dai Visigoti in rivolta. Questi ultimi erano penetrati nei Balcani devastandoli
orribilmente.[22] Il nuovo Imperatore, quando ancora l'esercito della pars orientalis, non era stato completamente
ricostituito, si vide quindi costretto ad affrontare i Goti con una forza eterogenea non superiore ai 10.000 uomini;
negli scontri che seguirono (380) ebbe la peggio, pur non riportando gravi perdite.[23]
Fu cos che l'Imperatore d'Oriente fu costretto a ricorrere alla diplomazia, concedendo, nel 382, ai Goti in cambio
della pace lo status di Foederati. I foederati mantenevano una certa autonomia da Roma, non pagando tasse
all'Impero, e, in cambio di un compenso - in denaro o tramite concessione di terre (hospitalitas) -, avrebbero servito
nell'esercito imperiale contro gli altri barbari.[24] Tale sistema costituiva in realt un'arma a doppio taglio in quanto
non faceva altro che sostituire l'"invasione violenta" con quella "pacifica", e avrebbe potuto portare i barbari a
distruggere dall'interno l'Impero. Il retore Temistio si augurava che i Goti sarebbero stati presto assimilati alla cultura
romana, com'era accaduto gi in passato con i Galati, e che quindi non sarebbero stati pi una minaccia per l'Impero,
ma si sbagliava di grosso. I Tervingi e i Greutungi, che poi si sarebbero uniti formando il popolo dei Visigoti, si
sarebbero ritagliati presto un loro regno indipendente in Gallia e in Hispania e avrebbero contribuito alla caduta
dell'Impero romano d'Occidente.[25]
Il regno di Teodosio I (379-395)
Per approfondire, vedi Teodosio I, Magno Massimo, Arbogaste e Editto di Tessalonica.

Sul versante religioso, dopo l'ascesa al potere di Teodosio, si venne a produrre un progressivo consolidamento del
cristianesimo, culto gi all'epoca predominante. Il nuovo augusto ne favor infatti la diffusione con l'intento di
convertirlo in collante dell'Impero (editto di Tessalonica, 380), venendo cos a sostituire le antiche credenze e
l'arianesimo, ormai apertamente osteggiati o messi al bando.
Nel 383, l'esercito di Britannia aveva proclamato Augusto un generale di origine ispana, Magno Massimo. Costui
pass con un esercito in Gallia per impadronirsene. Graziano, da Treviri, venne incontro all'usurpatore, ma a seguito
delle numerose defezioni che si verificarono fra le sue truppe, ripieg su Lugdunum, dove mor per mano di un
sicario. Magno Massimo ne approfitt per occupare l'Italia e l'Africa. Valentiniano II, temendo per la propria vita, si
rifugi a Tessalonica. Teodosio, che, dopo la morte di Graziano, aveva riconosciuto Magno Massimo come augusto,
nel 383 associ all'Impero il figlio Arcadio. Qualche anno pi tardi anche Magno Massimo, seguendone l'esempio

Impero romano d'Occidente


proclam suo figlio Flavio Vittore augusto. Con i due giovani si venne a creare una situazione molto complessa: ben
cinque persone, fra augusti legittimi e usurpatori, erano, o erano state poste, ai massimi vertici dell'Impero. Tale
sovrapposizione di titoli e cariche non dur per lungo tempo. Teodosio sconfisse Magno Massimo ad Aquileia dove
il generale ispano si tolse la vita (388). Qualche tempo pi tardi anche suo figlio Vittore mor nelle Gallie.
Valentiniano II, venne cos reintegrato, per opera di Teodosio, nella sua carica di augusto della parte occidentale
dell'impero.
Teodosio, vero arbitro politico dell'impero,
invi Valentiniano a Treviri affinch da
questa citt potesse governare la parte
occidentale con l'aiuto di Arbogaste, ma
intrighi
di
corte
determinarono
probabilmente la morte del giovane
imperatore qualche anno pi tardi (392).
Teodosio, che per tre anni si era mosso fra
Roma e Milano, torn a stabilirsi in oriente,
lontano dalle pressioni ed interferenze del
vescovo Ambrogio, cui tentava di resistere,
mettendo in atto una politica di
contenimento nei confronti del potere
L'impero romano alla morte di Teodosio (395).
ecclesiastico. L'editto di Tessalonica diede
per ad Ambrogio la possibilit di imporre
una penitenza all'Imperatore e dal 390 Teodosio fu costretto a ridefinire la sua politica religiosa nei confronti di
apostati, pagani ed eretici. Un editto, promulgato il 24 febbraio 391 prevedeva la chiusura di tutti i templi e vietava
ogni culto pagano, anche se celebrato in forma privata. La persecuzione sistematica delle credenze non cristiane
scatenarono una reazione nei confronti di Teodosio, soprattutto in Italia. Rientrato a Costantinopoli, l'imperatore
dovette infatti far fronte alle proteste delle correnti fautrici di un paganesimo ormai al tramonto, che avevano trovato
nel retore Flavio Eugenio, uno strenuo difensore. Eugenio era sostenuto non solo da Arbogaste, ma da molti membri
della classe senatoriale romana. Dopo la nomina ad augusto anche di Onorio, suo secondogenito, Teodosio si mosse
con un esercito verso l'Italia. Nella battaglia del Frigido, non lontano da Aquileia, sconfisse, il 6 settembre 394, le
forze di Eugenio ed Arbogaste.
Eliminati i rivali, Teodosio rest unico imperatore ancora per pochi mesi, perch si spense il 17 gennaio 395. Con
Teodosio, scrive Gibbon, ...mor anche lo spirito di Roma. Egli fu l'ultimo dei successori di Augusto che
comandasse di persona gli eserciti in guerra e la cui autorit fosse riconosciuta in tutto l'impero.[26] Quest'ultimo fu
ereditato dai suoi due figli: ad Arcadio, il maggiore, and la pars orientalis, mentre al pi giovane Flavio Onorio
tocc la pars occidentalis. Da questo momento la divisione non venne pi ricomposta ed iniziarono prendere forma
due aggregazioni territoriali distinte: un Impero romano d'Occidente ed un Impero romano d'Oriente.

Impero romano d'Occidente

Il regno di Onorio (395-423)


Onorio, come del resto suo fratello Arcadio, non eredit le qualit
paterne. Fu un sovrano religioso e gentile, ma testardo, incompetente[27]
e, secondo taluni, una nullit[28].

L'Imperatore d'Occidente Flavio Onorio in un


dittico del 402.

Impero romano d'Occidente


La reggenza di Stilicone (395-408)
Avendo ereditato il trono a soli undici anni,
fu affidato alla reggenza del magister
militum Stilicone, prescelto per questo
incarico da Teodosio sin dal 393. Stilicone,
figlio di un vandalo e di una romana, si
trov cos a guidare un Impero certamente
debilitato dalle lunghe lotte intestine e dalle
trib barbare di origine germanica che
premevano sui suoi confini, ma in quel
momento ancora piuttosto saldo e in
posizione pi sicura rispetto al pi ricco ma
anche pi esposto Oriente. Quest'ultimo
veniva infatti percepito, dai soldati di lingua
latina che difendevano il limes danubiano
come ... la parte pi debole dell'Impero,
con le sue citt sovraffollate e i contadini
imbelli.[29]Pare che Stilicone affermasse di
essere stato nominato custode di entrambi i
figli di Teodosio,[30] e questo incrin i suoi
rapporti con la corte della met orientale
Dittico di Stilicone, Monza, Tesoro del Duomo
dell'Impero, che temeva che il generale
romano-occidentale intendesse impadronirsi anche dell'Oriente.[31]
I due neonati imperi si trovarono subito a fronteggiare un grave problema. Il neo-proclamato re dei Visigoti, Alarico,
che aveva servito come foederatus nell'esercito romano sotto Teodosio, giungendo perfino ad aspirare alla carica di
magister militum, destinata invece poi a Stilicone, decise di approfittare del delicato periodo di successione per
rivoltarsi. Secondo diversi studiosi, i Visigoti di Alarico erano gli stessi goti che avevano sconfitto l'esercito di
Valente nella battaglia di Adrianopoli nel 378 e che erano stati insediati come foederati nei Balcani da Teodosio I nel
382; essi vennero impiegati da Teodosio I nelle lotte contro gli usurpatori gallici Magno Massimo (387-388) ed
Eugenio (392-393) e avevano subito pesanti perdite durante la battaglia del Frigido nella quale, secondo Paolo
Orosio, Teodosio I aveva ottenuto due vittorie: una sull'usurpatore gallico Eugenio, e un'altra sui foederati goti che
servivano nell'esercito di Teodosio.[32] Secondo Heather, le perdite subite in quella battaglia spinsero i Goti a
rivoltarsi nel tentativo di costringere l'Impero a rinegoziare il foedus del 382 a condizioni pi favorevoli per i Goti:
non ben chiaro a cosa mirassero i Goti, ma, con ogni probabilit, le richieste gote comprendevano il
riconoscimento di un proprio capo, e la nomina di costui a magister militum dell'esercito romano.[33]
Prendendo a pretesto il fatto che Alarico non avesse ottenuto un ruolo di comando nell'esercito romano,[34] i Visigoti
invasero la Tracia e la Macedonia: all'epoca vi furono sospetti di collusione con il prefetto del pretorio d'Oriente
Flavio Rufino, che avrebbe spinto Alarico a rivoltarsi.[35] Stilicone intervenne in soccorso dell'Impero d'Oriente
marciando con le sue forze contro Alarico, ma Arcadio, spinto da Rufino, nemico di Stilicone, ordin alle truppe
orientali, che formavano una parte dell'armata di quest'ultimo, di far ritorno in Oriente.[36] In Oriente infatti si aveva
ancora timore che in realt Stilicone mirasse a conquistare il dominio anche di Costantinopoli. Lo stesso Alarico, a
capo di un popolo che non era pi stato respinto dai Romani dopo la disastrosa sconfitta di Adrianopoli del 378, si
trov a giocare abilmente in mezzo alle rivalit esistenti tra le due parti dell'Impero. Stilicone obbed e rimand
indietro le truppe che di fatto non avevano fatto ritorno in Oriente dopo la battaglia del Frigido, indebolendo il suo
esercito. Intanto, giunte a Costantinopoli, le truppe uccisero Rufino: i sospetti che fossero state sobillate dallo stesso
Stilicone furono alti.[37]

10

Impero romano d'Occidente


Nel 397, intanto, Alarico aveva invaso il Peloponneso, ma venne affrontato da Stilicone; Arcadio, su suggerimento
del nuovo consigliere Eutropio, gli ordin per di ritirarsi, e il generale romano obbed.[38] Fu probabilmente a causa
di questa intromissione di Stilicone negli affari orientali, che Eutropio lo fece dichiarare dal senato di Costantinopoli
nemico pubblico dell'Impero d'Oriente.[39] Nel frattempo Alarico, giunto ad un accordo con Arcadio, venne
nominato da quest'ultimo magister militum per Illyricum, e ci gli permise di riequipaggiare il suo esercito con
nuove armi.[40]
In quello stesso anno i contrasti tra i due imperi portarono a una rivolta in Africa: il comes Africae Gildone trasfer
infatti la propria obbedienza all'Impero d'Oriente, rivoltandosi e interrompendo il rifornimento del grano che
proveniva dall'Africa a Roma.[41] Stilicone reag immediatamente inviandogli contro Mascezel, che era il fratello di
Gildone stesso. La rivolta venne immediatamente sedata e l'Africa ritorn a rifornire Roma e l'Italia di grano, anche
se Mascezel per in circostanze sospette, forse assassinato per ordine di Stilicone.[42]
Nel frattempo Alarico, rafforzatosi con le armi romane ottenute come governatore militare e ancora insoddisfatto del
trattamento ricevuto dai Romani, mosse ben presto verso l'Italia, superando i primi contrafforti alpini nell'autunno
del 401. Erano iniziate, per l'occidente romano, le invasioni barbariche.
Le prime invasioni (401-406)

Modello della Treviri romana capitale della Belgica I. Rheinisches


Landesmuseum Trier

Per approfondire, vedi Invasioni barbariche del V secolo e Guerra gotica (402-403).

Le Invasioni barbariche, che sino ad allora avevano interessato maggiormente la parte orientale dell'Impero,
investirono, a partire dai primi anni del V secolo, soprattutto l'Occidente.
Non soltanto, infatti, l'Impero romano d'Oriente disponeva di maggiori risorse finanziarie rispetto a quello
d'Occidente, ma trov la forza di porre in essere, fin dal 400-402, una drastica politica di epurazione degli elementi
germanici presenti negli alti quadri dell'esercito. Tale epurazione coinvolse, fra gli altri, i due comandanti di origine
gotica in capo delle armate d'Oriente, prima Gainas, poi Fravitta: due personaggi di dubbia reputazione, soprattutto il
primo, che pass gli ultimi mesi della sua vita depredando le ricche province dell'Asia Minore.[43] Motivazioni di
indole religiosa, oltrech politica, avevano determinato questa coraggiosa scelta chiaramente tendente ad una
"romanizzazione" dell'esercito (sia Gainas che Fravitta erano ariani). A tutto questo si aggiunse un'accorta politica
orientale volta ad allontanare la minaccia incombente su Costantinopoli dirottandola verso il limes d'Occidente.
In Occidente le legioni, costituite per la maggior parte da truppe barbare (in Oriente la proporzione era leggermente
inferiore), erano sotto il comando di un generale di alto profilo, Stilicone. Questi, in parte di origine germanica (era
figlio di un vandalo e una romana), era legato da vincoli di parentela alla famiglia imperiale (l'imperatore Onorio ne
aveva sposato la figlia) e si sentiva fiero della fiducia riposta in lui dal grande Teodosio meritata a pieno titolo sui

11

Impero romano d'Occidente

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campi di battaglia. Fu proprio Stilicone a fronteggiare Alarico e i suoi Visigoti dopo che costoro, varcate le Alpi,
avevano iniziato ad occupare e saccheggiare l'Italia nord-orientale (novembre - dicembre del 401) puntando
successivamente su Milano.
Ripetutamente sconfitti a Pollenzo (402) ed a Verona (403), i Visigoti ripiegarono sull'Illirico, mentre Stilicone
garantiva ad Alarico un congruo tributo nel tentativo di tenerlo sotto controllo. La dinamica di tali battaglie resta
tuttavia sconosciuta: nessuna si rivel decisiva, e Alarico pot sempre sfuggire ad un disastro definitivo. Pi di uno
storico ritiene che in realt Stilicone, a corto di soldati, cercasse un accomodamento e forse addirittura un'alleanza
con il potente esercito visigoto.[44] Sembra infatti che Stilicone intendesse usare Alarico come alleato contro l'Impero
romano d'Oriente per spingere Arcadio a cedere all'Impero d'Occidente l'Illirico orientale.[45] I dubbi sono
confermati dalla decisione con cui invece difese l'Italia dall'invasione dei Goti di Radagaiso nel 406, circondati e
sterminati presso Fiesole[46] con le ultime truppe romane rafforzate dai Visigoti di Saro e dagli Unni di Uldino.[47]
Il pericolo corso durante l'invasione visigota aveva dimostrato la vulnerabilit della frontiera sud-orientale, tanto da
spingere Onorio a trasferire nel 402 la sua capitale da Milano alla pi sicura Ravenna, difesa dallo sbarramento
naturale del Po e difesa dalla potente Classis Praetoria Ravennatis, che con il controllo del mare garantiva anche un
sicuro collegamento con il resto dell'Impero e con l'Oriente.
Nel 405/406, la strada aperta da Alarico venne ripercorsa da una nuova orda di barbari coalizzati sotto la guida
dell'ostrogoto Radagaiso, i quali desolarono le regioni dell'Italia centro-settentrionale, prima di essere fermati a
Fiesole da Stilicone, grazie all'intervento di truppe ausiliarie unne e gote, condotte rispettivamente da Uldino e Saro;
12.000 soldati dell'esercito di Radagaiso furono arruolati nell'esercito romano, mentre il resto fu ridotto in
schiavit.[48]
In quello stesso anno, il giorno 31 dicembre un'orda barbara di straordinarie proporzioni, costituita da Vandali, Alani
e Suebi, sospinta verso occidente dagli Unni, attravers il Reno ghiacciato e penetr in Gallia.[49]
La fine di Stilicone (408)
L'invasione e la debolezza manifestata dal governo di
Onorio, spinse le legioni britanniche a rivoltarsi
acclamando imperatore prima un certo Marco, poi,
alcuni mesi dopo, un certo Graziano e poi, dopo il
rifiuto di questi di intervenire contro i Barbari, il
generale Flavio Claudio Costantino.[50] Questi,
attraversata
la
Manica,
riusc
a
bloccare
temporaneamente l'avanzata dei barbari e a prendere il
controllo di gran parte dell'Impero: Gallia, Spagna e
Britannia.[50]

Solidus dell'usurpatore Costantino III, associato nel 408 da Onorio


quale co-imperatore.

Stilicone non fu energico com'era stato con Radagaiso, e la Gallia rest abbandonata a barbari e usurpatori. La
notizia falsa di un presunto decesso di Alarico e, soprattutto, dell'usurpazione di Costantino III, trattennero Stilicone
dal raggiungere Alarico in Epiro per condurre una guerra civile contro l'Impero romano d'Oriente per il possesso
dell'Illirico orientale.[51] Stilicone invi comunque nel 407 il generale romano di origini gote Saro in Gallia per porre
fine all'usurpazione di Costantino III, ma la spedizione fall e Saro, vinto dai generali dell'usurpatore, Edobico e
Geronzio, fu costretto a ritirarsi in tutta fretta in Italia, venendo costretto durante la ritirata persino a cedere tutto il
bottino accumulato a spese dei Bagaudi (briganti) per ottenere da loro il permesso di passare le Alpi.[52] Il mancato
arrivo di Stilicone in Epiro spinse inoltre, nel 408, Alarico a spostarsi in Norico, minacciando di invadere l'Italia se
non fosse stata soddisfatta la richiesta di un pagamento di 4000 libbre d'oro "per i servizi resi", ovvero gli arretrati
per l'esercito gotico per tutto il tempo che era stato in Epiro in attesa di Stilicone.[53] Il senato romano fu messo di

Impero romano d'Occidente


fronte al fatto compiuto e fu convinto a pagare le 4000 libbre ad Alarico da Stilicone. Soltanto un senatore di nome
Lampadio, secondo la tradizione, ebbe il coraggio di affermare che non si trattava di alleanza ma di schiavit.[53]
Secondo Zosimo, Stilicone intendeva inviare Alarico in Gallia per combattere l'usurpatore Costantino III, e avrebbe
avuto l'approvazione di Onorio, che scrisse persino ad Alarico, ma l'assassinio di Stilicone mand a monte tutto.[54]
Nello stesso anno Stilicone e Onorio ebbero una discussione accesa: Onorio intendeva infatti andare a Costantinopoli
per reclamare il trono d'Oriente essendo deceduto da poco suo fratello Arcadio; ma Stilicone lo convinse che la
presenza dell'Imperatore in Italia in questi frangenti cos delicati (con Alarico e Costantino III in agguato) era
necessaria e che sarebbe andato lui stesso in Oriente a sistemare le cose. Convinto Onorio, Stilicone si prepar per
partire per Costantinopoli, ma, narra Zosimo, tard ad eseguire ci che aveva promesso. Era il canto del cigno per
Stilicone: la debolezza dell'impero d'Occidente, pur imputabile ad una catena di eventi prodottisi fin dalla sanguinosa
battaglia del Frigido e culminati nello sfondamento del limes germanico e nella catastrofica invasione della Gallia
del 406-407, era palese. Per di pi la sua origine non romana e il suo credo ariano gli procurarono odio tra i
cortigiani imperiali, specialmente Olimpio, che complottarono contro di lui nel 408, spargendo diverse voci: che
aveva pianificato l'assassinio di Rufino, che stava brigando con Alarico,[55] che aveva invitato i barbari nel 406 in
Gallia[56] e che intendeva dirigersi a Costantinopoli con l'intenzione di mettere sul trono imperiale il figlio
Eucherio.[57] L'esercito si ammutin a Pavia il 13 agosto, uccidendo almeno sette ufficiali anziani[58]. Per di pi,
Olimpio riusc a mettere contro Stilicone l'Imperatore Onorio stesso, inducendolo a scrivere all'esercito di Ravenna
di catturare Stilicone. Anche se avrebbe facilmente potuto evitare l'arresto e sollevare le truppe a lui fedeli, non lo
fece per timore delle conseguenze che il fatto avrebbe avuto sul destino del traballante impero occidentale. Fu
giustiziato il 22 agosto 408 da Eracliano, mentre il figlio Eucherio fu assassinato poco dopo.[59] In tutta Italia
scoppi un'ondata di violenza contro le famiglie dei barbari foederati, che andarono allora ad ingrossare le file
dell'esercito di Alarico.[60]
Onorio, rimasto privo di una valida forza militare con cui opporsi ai barbari e all'usurpatore Costantino, decise nel
408 di associare quest'ultimo al trono riconoscendolo co-imperatore e associandolo al consolato per l'anno
successivo.
La perdita della Spagna e della Britannia, l'invasione dell'Italia e il caos (409-410)

Siliqua celebrante Costante II, associato da Costantino III nel 409.

Per approfondire, vedi Sacco di Roma (410) e Partenza dei romani dalla Britannia.

Nel frattempo, Costantino III aveva elevato al rango di Cesare suo figlio Costante, mentre in Spagna due parenti di
Onorio si rivoltarono, rifiutandosi di riconoscere l'autorit dell'usurpatore e mettendo insieme un'armata che
minacciava di invadere la Gallia e deporlo.[61][62] Costantino III invi dunque suo figlio Costante, insieme al
generale Geronzio[63] e al prefetto del pretorio Apollinare, nella penisola iberica per sedare la rivolta.[61] Nonostante
ai soldati ribelli si fossero aggiunti un'immensa massa di schiavi e contadini, l'esercito di Costante riusc a sedare la
rivolta e a catturare i capi dei ribelli (Vereniano e Didimio, parenti di Onorio), e li condusse prigionieri in Gallia da
suo padre, dove furono giustiziati.[61][62][64]

13

Impero romano d'Occidente

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Nel frattempo (409), mentre i Burgundi si stanziarono sulla riva sinistra del Reno per dare vita a un loro regno, le
incursioni compiute dagli invasori barbari in Gallia spinsero gli abitanti della Britannia e dell'Armorica a rivoltarsi a
Costantino III, cacciando i magistrati romani e formando un loro governo autonomo.[65] Costante, nel frattempo,
aveva lasciato incautamente il generale Geronzio in Spagna con le truppe galliche affidandogli il compito di
sorvegliare i Pirenei, sostituendo dunque con truppe di origini barbariche (gli Honoriaci) i presidi locali che un
tempo sorvegliavano i passi.[65][62] Quando dunque Costante ritorn in Spagna per la seconda volta per governarla
come Cesare, Geronzio per brame di potere si rivolt proclamando a sua volta imperatore un tale Massimo.[65][64]
Sembra inoltre aver incitato i barbari che erano in Gallia ad invadere la Gallia meridionale in modo da tenere
occupato Costantino III; tale tentativo di sfruttare i barbari per vincere la guerra civile contro Costantino III risult
tuttavia controproducente e negli ultimi mesi del 409 i Vandali, gli Alani e Svevi, a causa del tradimento o della
negligenza dei reggimenti Honoriaci a presidio dei Pirenei, entrarono in Spagna, sottomettendola per la massima
parte.[65][62][64][66]
Secondo la testimonianza del cronista
spagnolo Idazio, nel 411 i Vandali, gli Alani
e gli Svevi si spartirono per sorteggio i
territori conquistati in Spagna:
[I barbari] si spartirono tra loro i vari lotti
delle province per insediarvisi: i Vandali
[Hasding] si impadronirono della Galizia, gli
Svevi di quella parte della Galizia situata
lungo la costa occidentale dell'Oceano. Gli
Alani ebbero la Lusitania e la Cartaginense,
mentre i Vandali Siling si presero la Betica.
Gli spagnoli delle citt e delle roccaforti che
erano sopravvissuti al disastro si arresero in
schiavit ai barbari che spadroneggiavano in
tutte le province.
La Spagna nel 411, con le popolazioni vandaliche di Asdingi (nel nord-ovest) e
Silingi (nel sud).

Tutta la Spagna, tranne la Tarraconense


rimasta ai Romani, risult dunque occupata
dai Barbari nell'anno 411,[67] mentre le legioni di Massimo marciavano sulla Gallia e, nel caos generale, la Britannia,
rimasta sguarnita e priva di difese contro le incursioni dei pirati Sassoni, si ribell uscendo dall'orbita dell'impero
(410). Su tutto gravava la minaccia dei Visigoti di Alarico, che in quello stesso anno, marciarono sull'Italia.
A quel punto l'Impero d'Occidente si trovava spezzato in tre, preda delle invasioni e governato da tre imperatori e un
usurpatore in lotta tra loro: da una parte Onorio, dall'altra Costantino III col figlio Costante II e infine Massimo.

Impero romano d'Occidente

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Il sacco di Roma (410)

Raffigurazione del Sacco di Roma condotto dai Visigoti di


Alarico nel 410.

Moneta dell'usurpatore Prisco Attalo, proclamato e poi deposto da


Alarico durante nel 410, nuovamente in lotta contro Onorio nel
414-415.

Per approfondire, vedi Sacco di Roma (410).

Alarico, cui erano state promesse oro e vettovaglie per il suo popolo, oltre che, con ogni probabilit, una carica
militare e civile che avrebbe in qualche modo ufficializzato le sue funzioni di rappresentante dell'Impero in Illiria,
nel 409 di fronte al collasso generale dell'Impero, decise di prendersi da solo ci che riteneva spettargli.
Valicate nuovamente le Alpi scese fino a Roma con l'intenzione di costringere l'Imperatore a mantenere le promesse
pur di non veder cadere il cuore della civilt romana. Nei dodici mesi successivi la Citt Eterna fu cinta d'assedio per
due volte, finch, di fronte all'inerzia di Onorio, il Senato decise di accordarsi con l'invasore: venne consegnata al
capo barbaro un'ingente quantit d'oro, mentre il praefectus urbi Prisco Attalo veniva acclamato imperatore,
dichiarando Onorio deposto.<[65]
Iniziarono da quel momento delle lunghe ed inconcludenti negoziazioni fra Alarico, nominato nel frattempo da
Prisco Attalo magister militum, e Onorio, sino a che, stanco di attendere le titubanti risposte di Ravenna ed
esasperato dal comportamento sempre pi autonomo di Attalo, che non era stato in grado di ripristinare le forniture
di grano a Roma, bloccate dall'ex-potente ministro di Onorio, Eracliano, frattanto divenuto comes Africae, Alarico
ruppe nella primavera del 410 gli indugi: depose Attalo e cinse nuovamente d'assedio Roma.[65] Di fronte alla
situazione, Costantino III mosse dalla Gallia, accordandosi con il comes domesticorum di Onorio, Allobico, per
deporre l'imbelle imperatore di Ravenna e soccorrere l'Urbe minacciata.[64] La morte di Allobico, per, prontamente
giustiziato da Onorio, costrinse Costantino a rinunciare al piano quando gi era giunto in Liguria: Roma era senza
difese.[64]

Impero romano d'Occidente

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Il 24 agosto del 410, i Visigoti penetrarono nella Citt Eterna, sottoponendola per tre giorni al saccheggio. La notizia
del sacco di Roma, il cuore dell'Impero, il sacro suolo rimasto inviolato per 800 anni da eserciti stranieri, ebbe vasta
risonanza in tutto il mondo romano ed anche al di fuori di esso. L'imperatore d'Oriente Teodosio II proclam a
Costantinopoli - Nuova Roma tre giorni di lutto, mentre San Girolamo si chiese smarrito chi mai poteva sperare di
salvarsi se Roma periva:
Ci arriva dall'Occidente una notizia orribile. Roma invasa.[...] stata conquistata tutta questa citt che ha conquistato
l'Universo.[...]
(San Girolamo)

Persino la nuova religione, il Cristianesimo,


ne sembr scossa, tanto da spingere
Sant'Agostino a scrivere il suo capolavoro,
De civitate Dei, in risposta alle tante voci
che si levarono contro gli empi monoteisti,
accusati di aver suscitato contro Roma la
giusta punizione delle divinit. Nei primi tre
libri dell'opera Agostino fa notare (citando
episodi narrati da Tito Livio) ai pagani
accusatori che anche quando erano pagani i
Romani avevano subito tremende sconfitte,
senza che per venissero incolpati di questo
i dei pagani:[68]
Dov'erano dunque [quegli dei] quando il
console Valerio fu ucciso mentre difendeva ...
il campidoglio...? ... Quando Spurio Melio, per

L'Impero romano d'Occidente nel 410. Impero d'Occidente


(Onorio).Area controllata da Costantino III (usurpatore).Aree in
rivolta.Franchi, AlemanniAlamanni, Burgundi.Area controllata da
Massimo (usurpatore).Vandali Silingi.Vandali Asdingi e
Suebi.Alani.Visigoti.

aver offerto grano alla massa affamata, fu


incolpato di aspirare il regno e ... giustiziato? Dov'erano quando [scoppi] una terribile epidemia? ... Dov'erano quando
l'esercito romano ... per dieci anni continui aveva ricevuto presso Veio frequenti e pesanti sconfitte...? Dov'erano quando i
Galli presero, saccheggiarono, incendiarono e riempirono di stragi Roma?

D'altronde la catastrofe giungeva appena due anni dopo il rogo dei libri sibillini, ordinato dal cristiano Stilicone.[69]
Alarico abbandon Roma agli inizi dell'autunno, per dirigersi verso l'Italia meridionale: conduceva con s, oltre a
enormi ricchezze, anche un ostaggio prezioso, la sorella dell'imperatore Onorio, Galla Placidia. Alarico si spense
pochi mesi dopo in Calabria, venendo sepolto con tutto il suo tesoro nel letto del fiume Busento.[70] I Visigoti, eletto
re Ataulfo, marciarono quindi verso nord, dirigendosi sulla Gallia meridionale. Le devastazioni provocate durante la
marcia furono ingenti, al punto che nel 412 Onorio concesse alle province devastate del Sud Italia la riduzione delle
imposte a un quinto rispetto alla norma per cinque anni.[71]

Impero romano d'Occidente

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La fine del regno e il ritorno ad un ordine precario (410-423)

Moneta dell'usurpatore Giovino, sconfitto nel 413.

Nel 411 la situazione politico-militare giunse


finalmente ad un punto di sblocco. Le armate di
Massimo e Geronzio inflissero a quelle di Costantino
una disastrosa sconfitta a Vienne, catturando e
giustiziando lo stesso Augustus Costante II e stringendo
infine d'assedio Costantino ad Arelate (l'odierna Arles),
residenza dell'Imperatore e della sua corte.[72][73] Della
situazione approfitt Onorio, inviando sul posto il
generale Flavio Costanzo.[72] Questi per prima cosa
sconfisse Massimo e Geronzio, costringendoli a
rientrare in Hispania, dove Geronzio si suicid perch
costretto dalle sue truppe, mentre Massimo abdicava
rifugiandosi tra i barbari.[72][73] A questo punto,
sbarazzatosi dell'usurpatore iberico, Costanzo cinse
quindi a sua volta d'assedio Arelate, facendo
prigioniero Costantino e uccidendolo su ordine di
Onorio.[72][74]

Gli usurpatori Massimo e Costantino furono per


presto sostituiti da due nuovi ribelli. Nel 412 il comes
Africae Eracliano si proclam imperatore, tagliando le
forniture di grano all'Italia, mentre a nord la morte di Costantino III lasci mano libera a Burgundi e Alani lungo la
frontiera renana.[72] Questi (condotti rispettivamente da Gunziario e Goar) sobillarono le legioni di stanza nella
regione a proclamare imperatore a Magonza il generale Giovino, con l'iniziale appoggio dei Visigoti di
Ataulfo.[72][75] I disaccordi tra Giovino e i Visigoti si tramutarono in ostilit aperta quando Giovino innalz al rango
di Augusto suo fratello Sebastiano nonostante il mancato assenso del re visigoto, il quale invi un messaggio ad
Onorio promettendogli di inviargli le teste degli usurpatori in cambio della pace.[76] Onorio accett e Ataulfo si
scontr quindi con Sebastiano, vincendolo e inviando la sua testa a Ravenna, e poi catturando Giovino, inviandolo al
prefetto del pretorio delle Gallie Claudio Postumo Dardano, che lo fece decapitare e invi la sua testa a Ravenna,
dove venne esposta, insieme a quelle degli altri usurpatori, in cima ai pali fuori Ravenna.[72][76] Nello stesso anno, in
Italia, le forze comandate dall'usurpatore Eracliano, sbarcato per abbattere Onorio, vennero sconfitte costringendo
l'usurpatore a fuggire a Cartagine, dove trov la morte.[72] Flavio Costanzo, fresco della vittoria su Eracliano, fu
ricompensato con l'incorporazione delle immense ricchezze dell'usurpatore sconfitto.[77]
Moneta di Costanzo III, co-imperatore di Onorio nel 421.

Onorio chiese a questo punto in cambio della pace la restituzione di Galla Placidia, ostaggio dei Visigoti fin dal 410.
Ataulfo, tuttavia, non era disposto a restituire a Onorio sua sorella, se in cambio non fosse rispettata la condizione di
fornire ai Visigoti una grossa quantit di grano, una cosa che i Romani avevano promesso ai Visigoti ma che non era
stata finora mantenuta.[76] Quando i Romani si rifiutarono di fornire ai Visigoti il grano promesso se prima non ci
fosse stata la restituzione di Galla Placidia, Ataulfo riprese la guerra contro Roma (414),[76] tentando di impadronirsi
di Marsiglia ma fallendo nella sortita grazie al valore del generale Bonifacio, il quale difese strenuamente la citt,
riuscendo anche nell'impresa di ferire, durante la battaglia, Ataulfo.[76]
L'anno successivo il re dei Visigoti spos la sorella di Onorio, Galla Placidia, tenuta in ostaggio prima da Alarico e
poi da Ataulfo stesso fin dai giorni del sacco di Roma.[78][79][80] L'ex-imperatore Prisco Attalo, che aveva seguito il
suo popolo d'adozione fin nelle Gallie, festeggi l'evento decantando il panegirico in onore degli sposi. Poco tempo
dopo, ai due sposi nacque un figlio, di nome Teodosio.[81] Secondo Heather, il matrimonio di Galla Placidia con
Ataulfo aveva fini politici: sposando la sorella dell'Imperatore di Roma, Ataulfo sperava di ottenere per s e per i

Impero romano d'Occidente


Visigoti un ruolo di preponderante importanza all'interno dell'Impero, nutrendo forse anche la speranza che una volta
deceduto Onorio suo figlio Teodosio, nipote di Onorio, per met romano e per met visigoto, sarebbe diventato
imperatore d'Occidente in quanto Onorio non aveva avuto figli. Tuttavia, ogni tentativo di negoziazione tra i Visigoti
e Roma ad opera di Ataulfo e Placidia fall a causa dell'opposizione alla pace di Flavio Costanzo, e la dipartita
prematura del figlioletto Teodosio dopo nemmeno un anno di et mand a monte tutti i piani di Ataulfo.[81]
A quel punto - era sempre il 414 - Ataulfo proclam nuovamente imperatore Prisco Attalo, nel tentativo di
raccogliere attorno a lui l'opposizione a Onorio. L'avanzata delle legioni di Flavio Costanzo costrinse per i Visigoti
ad abbandonare Narbona e ripiegare in Spagna, lasciando Attalo nelle mani di Onorio, che lo condann al taglio di
due dita della mano destra e all'esilio sulle isole Lipari.[72][78][81][82] La tattica di Costanzo era stata di bloccare tutti i
porti e le vie di comunicazione impedendo ai Visigoti di ricevere rifornimenti di cibo: in Spagna i Visigoti furono
talmente ridotti alla fame dalla tattica di Costanzo che essi furono costretti a comprare dai Vandali il grano a un
prezzo esorbitante di una moneta d'oro per ogni trula di frumento (e per tale motivo i Vandali cominciarono a
soprannominarli "truli").[83]
Nel 415 Ataulfo si spense nei pressi di Barcellona, e il suo successore, Vallia, si riappacific con l'Impero,
accettando di restituire Galla Placidia a Onorio e combattere come federato i Barbari nella Spagna in cambio di
un'immensa quantit di grano e dello stanziamento del proprio popolo in Aquitania.[78] Galla Placidia fece cos
trionfalmente ritorno in Italia, andando in sposa, nel 417, proprio a Flavio Costanzo, che nel frattempo assumeva una
posizione sempre pi preminente a corte.
I Goti condotti da Wallia ottennero dei promettenti ma effimeri a lungo termine successi contro i Vandali e gli Alani
in Hispania, come narrato da Idazio:
I Vandali Silingi della Betica furono spazzati via attraverso il re Wallia. Gli Alani, che regnavano su Vandali e Svevi,
furono sterminati dai Goti al punto che... scordarono perfino il nome del loro regno e si misero sotto la protezione di
Gunderico, il re dei Vandali [Asdingi] che si era stabilito in Galizia.
(Idazio, Cronaca, anni 416-418.)

Ottenuti questi successi, grazie ai quali le province ispaniche della Lusitania, della Cartaginense e della Betica
tornarono sotto il precario controllo romano,[84] nel 418 Onorio e Costanzo richiamarono, come era stato stabilito
dall'accordo del 415, i Visigoti in Aquitania (una regione della Gallia meridionale), nella valle della Garonna, dove i
barbari ricevettero - in base al sistema dell'hospitalitas - terre da coltivare.[85] L'Aquitania sembra sia stata scelta da
Costanzo come terra dove far insediare i foederati Visigoti per la sua posizione strategica: infatti era vicina sia dalla
Spagna, dove rimanevano da annientare i Vandali Asdingi e gli Svevi, sia dal Nord della Gallia, dove forse Costanzo
intendeva impiegare i Visigoti per combattere i ribelli separatisti Bagaudi nell'Armorica.[86]
Anche se lo stabilimento dei Visigoti in Aquitania non poneva fine per il momento all'autorit romana sulla regione
(continuarono ad essere eletti nelle province dell'Aquitania governatori romani per qualche tempo ancora), i Visigoti
costituivano in pratica una forza centrifuga che avrebbe ben presto separato definitivamente prima l'Aquitania e poi
tutta la Gallia a sud della Loira dall'Impero. Secondo Heather, "l'Impero romano era sostanzialmente un mosaico di
comunit locali che in buona misura si autogovernavano, tenute insieme da una combinazione di forza militare e
baratto politico: in cambio dei tributi il centro amministrativo si occupava di proteggere le lite locali".[87] Questo
baratto politico fu messo in crisi dalla comparsa dei Visigoti: i proprietari terrieri, lasciati indifesi dall'Impero,
decisero di accordarsi con gli invasori; ci dovuto al fatto che la ricchezza dei proprietari terrieri era costituita dalla
terra, per cui non potendo andarsene senza lasciare i propri possedimenti e quindi perdere la propria ricchezza, molti
proprietari terrieri scelsero di trovare un compromesso con gli invasori cercando di conservare in questo modo le
proprie terre scongiurando una possibile confisca.[87] Nel 418, inoltre, per riallacciare le relazioni con i proprietari
terrieri gallici, alcuni dei quali, vista la latitanza del potere centrale romano, avevano mostrato tendenze
filo-barbariche o filo-gotiche, il regime di Costanzo stabil di ristabilire il consiglio delle sette province della Gallia
meridionale.[88] Il consiglio delle sette province si teneva ogni anno ad Arelate e riguardava gli interessi dei

18

Impero romano d'Occidente


proprietari terrieri della Gallia. Probabilmente la seduta del 418 riguard la questione dello stanziamento dei Goti
nella valle della Garonna in Aquitania (province di Aquitania II e Novempopopulana).
Il problema ispanico non si era tuttavia ancora risolto, anche perch dopo la sconfitta, Vandali Siling e Alani si
coalizzarono con i Vandali Hasding, il cui re, Gunderico, divenne re dei Vandali e Alani. La nuova coalizione
vandalo-alana tent subito di espandersi in Galizia a danni degli Svevi, costringendo i Romani a intervenire nel 420:
i Vandali furono costretti ad abbandonare la Galizia, migrando in Betica.[89] Nel 422, la coalizione romano-visigota,
condotta dal generale Castino, tent di annientare i Vandali-Alani in uno scontro campale, ma la defezione del comes
d'Africa Bonifacio a causa di un litigio con Castino e un presunto tradimento dei Visigoti determin una catastrofica
sconfitta.[90][91] Fallita la spedizione, Castino fu costretto a ritirarsi a Terragona e, successivamente, a tornare in
Italia.
In Gallia, nel frattempo, Costanzo cerc di restaurare l'autorit romana, che nella Gallia settentrionale era solo
nominale, al punto che da allora in poi venne definita "Gallia Ulteriore" per distinguerla dalla Gallia meridionale (a
sud della Loira), dove il controllo da parte delle autorit di Ravenna era pi saldo. Nel 417 Exuperanzio combatt i
gruppi separatisti locali (detti Bagaudi) dell'Armorica (Gallia nord-occidentale) che si erano rivoltati all'autorit
centrale fin dal 409, mentre intorno al 420 il generale Castino fu inviato contro i Franchi, che, insieme ai Burgundi e
agli Alamanni, si erano stanziati nella zona intorno al Reno.[92]
In quegli anni Costanzo tent di assumere
sempre pi il controllo su Onorio, finch l'8
febbraio
421
venne
proclamato
co-imperatore come Costanzo III. Il suo
regno fu per molto breve e Costanzo mor
improvvisamente e misteriosamente in
quello stesso anno, dopo appena sette mesi
dalla sua acclamazione.[93] Alla sua morte,
dopo aver litigato con Onorio, la moglie
Galla Placidia fugg a Costantinopoli
portando con s i due piccoli figli nati dal
matrimonio con Costanzo.
L'Impero romano d'Occidente nel 421. Impero d'Occidente
L'imperatore Onorio, figlio di Teodosio,
(Onorio).Aree in rivolta.Franchi, AlemanniAlamanni,
rimasto
infine
signore
incontrastato
Burgundi.Vandali e Alani.Suebi.Visigoti.Grazie all'operato di
d'Occidente, mor di idropisia a Ravenna, il
Costanzo IIIFlavio Costanzo, rispetto al 410, l'Impero aveva recuperato la Gallia,
15 agosto 423, all'et di trentotto anni e
sconfiggendo usurpatori e ribelli, e una parte della Spagna, annientando, grazie ai
Visigoti, gli Alani.
dopo ventotto anni di travagliato regno,
essendo sopravvissuto di quindici anni al
fratello Arcadio, al tutore Stilicone e a dieci tra co-imperatori ed usurpatori (Marco, Graziano, Costantino III,
Costante II, Massimo, Giovino, Sebastiano, Eracliano, Prisco Attalo e Costanzo III), ma soprattutto alla violazione
del sacro suolo di Roma.[94] Lasciava un impero privato della Britannia e occupato dai barbari in parte della Hispania
e della Gallia, ma sostanzialmente sopravvissuto alle grandi invasioni, anche se a causa delle continue devastazioni
ad opera delle orde barbariche (che tra l'altro avevano sottratto ai Romani alcune province) le entrate fiscali erano
diminuite e con esse anche l'esercito sub un indebolimento. Secondo la Notitia dignitatum, infatti, nel 420 l'esercito
campale occidentale consisteva di 181 reggimenti, di cui per solo 84 esistevano prima del 395. Ipotizzando che nel
395 l'esercito campale occidentale avesse all'incirca lo stesso numero di reggimenti dell'esercito orientale (ovvero
circa 160), questo vuol dire che le invasioni avevano cagionato la perdita di almeno 76 reggimenti comitatensi
(equivalenti a circa 30.000 uomini, il 47,5% del totale), che, per problemi di bilancio, dovettero essere rimpiazzati

promuovendo numerosi reggimenti di frontiera a comitatensi piuttosto che arruolando nuove truppe. Il numero di
veri comitatenses (escludendo quindi le truppe di frontiera promosse per colmare le perdite) era quindi diminuito del

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Impero romano d'Occidente

20

25% (da 160 a 120 reggimenti).[95]

Il regno di Valentiniano III e l'et di Ezio (423-455)

Il giovane Imperatore d'Occidente Valentiniano III (a sinistra),


raffigurato assieme alla madre Galla Placidia (a destra) e alla sorella
Giusta Grata Onoria (dietro).

Per approfondire, vedi Valentiniano III.

Alla morte di Onorio, l'unico imperatore rimasto, il nipote Teodosio II, sovrano di Costantinopoli, tardava a
nominare un successore d'Occidente. Cos a Roma il Senato decise di proclamare Imperatore d'Occidente il
primicerius notariorum Giovanni, un funzionario romano di oscure origini. Questi si trov per subito in difficolt:
le guarnigioni romane di Gallia, da poco sottomesse, si ribellarono e il comes Africae Bonifacio tagli i vitali
rifornimenti di grano a Roma, mentre Teodosio a Tessalonica elevava nel 424 al rango di Caesar il piccolo cugino
Valentiniano III, figlio di Galla Placidia (riparata a Costantinopoli dopo la morte del marito Costanzo III).[94]
Giovanni si chiuse dunque nella sua sicura capitale, Ravenna, inviando un suo giovane generale, Flavio Ezio, in
Pannonia, per sollecitare aiuto dagli Unni. L'esercito d'Oriente strinse d'assedio Ravenna, che cadde infine dopo
quattro mesi per la corruzione della guarnigione. Giovanni venne catturato e deposto, gli venne amputata la mano
destra e fu infine decapitato nel 425 ad Aquileia, mentre il piccolo Valentiniano III venne incoronato imperatore a
Roma.[94]
Frattanto Ezio, giunto troppo tardi in suo soccorso con un forte contingente unno si accord con la reggente di
Valentiniano, la madre Galla Placidia, per ottenere la carica di magister militum in cambio dello scioglimento della
sua armata unna.[96]
Flavio Ezio era un latino della Moesia, proveniente da una famiglia di tradizioni castrensi (suo padre, Gaudenzio,
aveva per breve tempo ricoperto anche la carica di magister militum), e aveva trascorso gran parte della sua prima
giovinezza come ostaggio presso le trib unne stanziate oltre il limes illirico.[97] Tornato in patria, aveva intrapreso
una brillante carriera militare, imponendosi, poco pi che trentenne, come uno dei pi giovani e promettenti generali
del suo tempo. Con la nomina a magister militum dopo la morte di Giovanni, egli ottenne un enorme potere
sull'Impero grazie al controllo dell'esercito.
Da allora e per una trentina d'anni, Ezio domin lo scenario politico e militare dell'occidente romano, nonostante
l'aspra ostilit della reggente Galla Placidia e dell'imperatore Valentiniano.

Impero romano d'Occidente

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Ravenna e Costantinopoli
Con Valentiniano III ebbe luogo un progressivo riavvicinamento fra le due parti dell'Impero, le cui relazioni si erano
andate raffreddando durante gli ultimi anni del regno di Onorio.[98] Tale riavvicinamento fu promosso sia dalla
reggente Galla Placidia[98] che da Teodosio II, imperatore romano d'Oriente, la cui politica dinastica aveva
fortemente condizionato l'ascesa al trono di suo cugino Valentiniano e la deposizione dell'usurpatore Giovanni, che
pur contava, ricordiamolo, l'appoggio di Ezio. Nel 437 Valentiniano III spos a Tessalonica la figlia di Teodosio II,
Licinia Eudossia, e i legami fra i due rami della dinastia teodosiana si rinsaldarono ulteriormente. Nel 438 il Codex
Theodosianus, prima grande ricompilazione legislativa di diritto romano, fu promulgato in latino sia in Oriente che
in Occidente, ancora percepiti come parti integranti di un'unica grande entit sopranazionale. Il Codex rivest una
particolare importanza per molti regni romano-barbarici del tempo che lo adottarono o si ispirarono ad esso nel
plasmare una propria normativa (basti pensare alla celebre Legge romana dei Visigoti). In Italia e in Oriente il Codex
fu sostituito, nel secolo successivo, dal ben pi celebre Corpus iuris civilis (o Corpus juris civilis) promulgato,
sempre in latino, dal grande Giustiniano, e che forse costituisce il maggior contributo di Bisanzio alla costruzione
della moderna civilt occidentale.
Il credito maturato da Teodosio II nei confronti di Valentiniano III, suo genero, fu da quest'ultimo saldato nel 437,
quando la citt di Sirmio, con alcuni territori illirici romano-occidentali (oggetto di una contestazione che si
trascinava dal 395), furono ceduti all'Oriente. Durante il regno dell'imperatore bizantino Marciano, successore di
Teodosio II, gli invii di forze effettive dall'Oriente all'Occidente cessarono e gli aiuti furono tutt'al pi
diplomatici,[99] opinione non condivisa da alcuni studiosi.[100]
L'invasione vandala dell'Africa (425-435)
Per approfondire, vedi Conquista vandalica del Nord Africa.

Le lotte per l'ottenimento del grado di


generalissimo
dell'Impero
tra
Ezio,
Bonifacio e Felice (che durarono fino al
433) distrasse parzialmente il governo
centrale dalla lotta contro i Barbari,
facilitando i loro successi. I Vandali ebbero
cos via libera per razziare e occupare la
Spagna meridionale, con la presa di Siviglia
e di Cartagena e la devastazione delle Isole
Baleari (425).[101]
Nel frattempo la rivalit tra Felice[102]
(magister militum praesentialis in Italia) e
Bonifacio (comes d'Africa) inizi a produrre
effetti deleteri per l'Impero: Felice infatti
ben presto decise di sbarazzarsi di
Bonifacio. Questi godeva infatti dell'aperto
sostegno di Galla Placidia, che gli aveva
assegnato anche la carica di comes
domesticorum. Felice sfrutt la fede ariana
Tutte le tappe migratorie dei Vandali dal 400 a.C. al 435 d.C..
di Bonifacio per metterlo in contrasto con
l'ortodossa Placidia, insinuando al contempo che questi tramasse per separare l'Africa dall'Impero. Nel 426, infine,
Galla Placidia si risolse a dichiarare Bonifacio hostis publicus, inviando l'anno successivo una potente armata in
Africa per sottometterlo. Le legioni si fecero per corrompere, passando dalla parte di Bonifacio. Quando per nel

Impero romano d'Occidente

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428 un nuovo esercito sbarc in Africa, Bonifacio, in difficolt, avrebbe chiesto, secondo alcune fonti, aiuto ai
Vandali di Genserico, che attraversarono lo stretto di Gibilterra per muovere in suo soccorso.[103] Al loro arrivo in
Mauretania (429), i Vandali avrebbero saputo che Bonifacio si era riappacificato con Galla Placidia, ottenendo la
nomina a patricius, e che la loro presenza non era pi richiesta, ma per nulla intenzionati a tornare in Spagna,
cominciarono a devastare tutta l'Africa.[103] Alcuni studiosi moderni, invece, hanno ritenuto inattendibile la storia del
tradimento di Bonifacio narrata da Procopio e Giordane sostenendo che i Vandali avrebbero invaso l'Africa di
propria iniziativa, avendo essi la necessit di stabilirsi in un luogo pi protetto dagli attacchi dei Visigoti alleati dei
Romani, e l'Africa era un luogo ideale, essendo protetta dal mare.[104]
Varcato lo stretto di Gibilterra, i Vandali sottomisero la Mauretania (429) e la Numidia (430). La situazione mise in
allarme lo stesso Impero d'Oriente, tanto che Teodosio II invi in Africa il proprio magister militum Aspar perch si
unisse con le sue truppe a Bonifacio contro i Vandali.[103] Incapaci per di porre un freno all'avanzata dei barbari, i
due vennero sconfitti una prima volta nel corso del 431-432 e Bonifacio fu richiamato a corte nel 432. Aspar, invece,
risulta sia rimasto in Africa a continuare le operazioni militari contro i Vandali in quanto il 1 gennaio 434 assunse il
consolato a Cartagine. La diocesi d'Africa, ad eccezione delle grandi citt, era perduta.
Mentre i Vandali devastavano l'Africa, le discordie a Ravenna continuavano. Ezio riusc a sbarazzarsi di Felice,
facendolo giustiziare con l'accusa di aver cospirato contro di lui (430). Successivamente, quando seppe che
Bonifacio, ritornato in Italia, aveva ottenuto una promozione a generale dell'esercito campale, si mosse contro di lui,
uccidendolo in battaglia presso Rimini. Dopo essersi ritirato in Pannonia, Ezio ritorn in Italia con un forte
contingente di guerrieri mercenari unni, costringendo il nuovo generale Sebastiano a fuggire a Costantinopoli e
conquistandosi in questo modo il rango di generalissimo dell'Impero (433).
L'11 febbraio 435, di fronte all'impossibilit di conquistare i maggiori centri urbani e al prospettarsi di una nuova
spedizione dall'Oriente, Genserico si risolse ad accettare lo status di foederati per i Vandali e per s il proconsolato
di Numidia Cirtana, con capitale Ippona. I Romani conservarono il possesso delle prospere province di Proconsolare
e Byzacena oltre a parte della Numidia, mentre i Vandali controllavano parte della Mauritania e il resto della
Numidia.
L'alleanza con gli Unni e le campagne in Gallia di Ezio (435-439)

Impero romano (giallo) e Impero unno (arancione) nel 450

Per approfondire, vedi Regni romano-barbarici.

Nel 435 il controllo romano sulla Gallia era precario. La Gallia Belgica e la zona intorno al Reno erano saccheggiate
e occupate dai Burgundi, Franchi e Alamanni; i Visigoti, stanziati in Aquitania, attaccavano la Septimania e i
dintorni di Narbona e Arelate nel tentativo di acquisire uno sbocco sul Mediterraneo, mentre l'Armorica era finita

Impero romano d'Occidente


sotto il controllo dei Bagaudi. Questi ultimi, secondo il vescovo di Marsiglia, Salviano, erano i ceti inferiori della
popolazione, che oppressi dalle tasse e dalle iniquit dei potenti, non avevano altra scelta che diventare briganti
("Bagaudi") oppure fuggire presso i Barbari, ormai divenuti, secondo il parere di Salviano, persino pi virtuosi dei
Romani.[105] Diversi studiosi hanno quindi interpretato, in senso marxiano, le rivolte dei Bagaudi come una "lotta di
classe" degli "oppressi" contro i "potenti"; in realt, sembra che ai moti dei Bagaudi presero parte anche persone
benestanti, e ci potrebbe significare che i "Bagaudi" fossero in realt dei movimenti separatisti, che non sentendosi
sufficientemente protetti dall'Impero contro le minacce esterne, abbiano deciso di fare da s.
Conscio che per fronteggiare tali minacce aveva bisogno di un aiuto esterno, Ezio si rivolse agli Unni, che gi lo
avevano aiutato nelle lotte per il potere nel 425 e nel 433 e che continuarono a fornirgli aiuti militari in Gallia: per
ottenere il loro sostegno, Ezio dovette per cedere agli Unni la Pannonia e la Valeria intorno al 435.[106][107] Grazie
all'alleanza con gli Unni, Ezio pot annientare, nel corso del 436/437, i Burgundi di re Gundecario, ponendo fine alle
loro incursioni nella Gallia Belgica.[108] Mentre festeggiava a Roma il suo secondo consolato, invi poi un suo
sottufficiale, Litorio, in Armorica contro i ribelli gruppi autonomisti locali, etichettati dai Romani come "Bagaudi"
("briganti") e condotti da Tibattone.[109] Nell'anno 437, Litorio riusc a sopprimere la rivolta bagauda. Nel frattempo
i Visigoti, nel tentativo di acquisire uno sbocco al Mediterraneo, assediarono Narbona nel 436,[110] ma furono
costretti a levare l'assedio per il sopraggiungere del generale Litorio con ausiliari unni, che portarono ciascuno un
sacco di grano alla popolazione cittadina affamata. La campagna contro i Visigoti prosegu con un certo successo:
nel 438 Ezio inflisse una pesante sconfitta ai Visigoti nella battaglia di Mons Colubrarius, celebrata dal poeta
Merobaude.
La scelta di Ezio di impiegare un popolo pagano come gli Unni contro i cristiani (seppur ariani) Visigoti trov per
l'opposizione di taluni, come il vescovo di Marsiglia Salviano, autore del De gubernatione dei ("Il governo di
Dio")[111], secondo il quale i Romani, adoperando i pagani Unni contro i cristiani Visigoti, non avrebbero fatto altro
che perdere la protezione di Dio. Gli autori cristiani furono soprattutto scandalizzati dal fatto che Litorio permettesse
agli Unni non solo di compiere sacrifici alle loro divinit pagane e di predire il futuro attraverso la scapulimanzia,
ma anche di saccheggiare in talune circostanze lo stesso territorio imperiale. Nel 439 Litorio arriv alle porte di
Tolosa, capitale del Regno visigoto e si scontr con i Visigoti nelle vicinanze nel tentativo di annientarli
definitivamente: nel corso della battaglia, per, fu catturato dai Visigoti, e ci gener il panico tra i mercenari Unni,
che vennero sconfitti e messi in rotta. Litorio fu giustiziato. La sconfitta e morte di Litorio spinse Ezio a firmare una
pace con i Visigoti riconfermante il trattato del 418,[112] dopodich torn in Italia,[113] per l'emergenza dei Vandali,
che proprio in quell'anno avevano conquistato Cartagine.
Nel frattempo, sembra che la situazione sub un leggero miglioramento anche in Spagna, dove, con la partenza dei
Vandali per l'Africa, erano rimasti solo gli Suebi in Galizia. Il panegirico di Merobaude asserisce che in Spagna,
dove prima pi niente era sotto controllo,... il guerriero vendicatore [Ezio] ha riaperto la strada un tempo prigioniera
e ha cacciato il predatore [in realt andatosene in Africa per propria iniziativa], riconquistando le vie di
comunicazione interrotte; e la popolazione potuta ritornare nelle citt abbandonate. Sembra che l'intervento di
Ezio in Spagna si fosse limitato a negoziazioni diplomatiche con gli Svevi in modo da raggiungere a un
accomodamento tra Svevi e abitanti della Galizia, nonostante le pressioni esercitate da alcuni ispano-romani, che
avrebbero preferito un intervento militare.[114] Ezio non intendeva per perdere soldati nella riconquista di una
provincia poco prospera quale la Galizia e si limit a ripristinare il dominio romano sul resto della Spagna, che
ricominci di nuovo a far affluire entrate fiscali nelle casse dello stato a Ravenna.

23

Impero romano d'Occidente


La conquista vandala di Cartagine e il deteriorarsi della situazione (439-450)
Mentre per Ezio riportava l'ordine in Gallia, in Africa Genserico il 19 ottobre prendeva Cartagine, capitale della
Prefettura del Pretorio d'Africa, ponendo definitivamente fine ad ogni parvenza di potere imperiale nella regione.
Preso il controllo dei numerosi porti africani, Genserico allest inoltre una propria flotta con cui inizi ad esercitare la
pirateria,[115] mentre sul piano interno inizi a reprimere il cristianesimo ortodosso in favore della fede ariana dei
Vandali. Sfruttando la sua potente flotta, gi l'anno successivo i Vandali alzarono la posta tentando di invadere la
Sicilia, venendo per respinti grazie anche a rinforzi giunti dall'Impero d'Oriente.
L'Imperatore Teodosio II invi una flotta di ben 1100 navi in Sicilia in vista di un attacco congiunto delle due met
dell'Impero contro i Vandali: ma la spedizione sfum a causa di una massiccia invasione unna nei Balcani ad opera
di Attila, che costrinse Teodosio II a richiamare la flotta.[116] L'Impero fu cos costretto a negoziare una pace con i
Vandali nel 442, in cui riotteneva le Mauritanie e parte della Numidia, ma riconosceva ai Vandali il possesso di
Proconsolare, Byzacena e del resto della Numidia. Il re vandalo Genserico invi come ostaggio a Ravenna il figlio
Unerico, che si fidanz con la figlia dell'Imperatore, secondo i termini del trattato.
La perdita del Nord Africa acu il problema fiscale. Le finanze dell'Impero si basavano sulle rendite delle grandi
propriet terriere, cui era fornita, in cambio, la protezione garantita dall'esercito. La perdita del nord Africa provoc
conseguenze disastrose per le finanze dello stato, riducendo la base imponibile e obbligando lo stato ad aumentare la
pressione fiscale: il risultato era che la lealt delle province al governo centrale era messa a dura prova. L'Impero non
solo aveva perso le pi floride province del Nord Africa, ma le province restituite ai Romani secondo il trattato del
442, cio le Mauritanie e una parte della Numidia, erano state devastante a tal punto dalla guerra che il loro gettito
fiscale si era ridotto a 1/8 della quota normale.[117] La crisi economica dovuta alla perdita o alla devastazione di cos
tante province costrinse Valentiniano III a ridurre i benefici fiscali che favorivano i possessori terrieri[118] e ad alzare
le tasse: ci testimoniato da una legge del 444 in cui il regime di Ezio ammise che, a causa della riduzione del
gettito fiscale, lo stato non poteva pi provvedere adeguatamente a una questione ... sulla quale si fonda la piena
sicurezza di tutti per cui era costretto ad introdurre nuove tasse per la necessit assoluta di predisporre la forza di
un numeroso esercito per ... ovviare alla triste situazione in cui versa lo stato. Secondo Heather, l'Impero dovette
ridurre gli effettivi dell'esercito perch impossibilitato a pagarli.[119]

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Impero romano d'Occidente

Contenuta la minaccia vandala, Ezio pot


quindi rivolgere la sua attenzione a
settentrione, dove concesse ai Burgundi
superstiti di insediarsi all'interno del limes
tra Saona e Rodano, nella regione chiamata
Sapuia, fondando un nuovo regno burgundo
alleato che potesse controllare la crescente
minaccia degli Unni (443).[120] Nel 442,
decise di riportare l'ordine in Armorica,
infestata dai ribelli, permettendo agli Alani
di re Goar di insediarsi nella regione.[121]
Nel 440 insedi alcuni Alani guidati da
Sambida nei pressi di Valence, nella valle
L'Impero romano d'Occidente intorno al 452. Impero d'Occidente
del Rodano.[122] Questi stanziamenti di
(Valentiniano III).Aree minacciate da rivolte interne (Bagaudi).Aree
barbari foederati, che avevano l'incarico di
perse per rivolte interne.Aree minacciate da Franchi, AlemanniAlamanni,
Burgundi.Aree minacciate da Mauri.Aree perse perch occupate da
tenere a bada i ribelli e difendere le frontiere
Vandali e Alani.Aree perse perch occupate da Suebi.Aree minacciate
da altri barbari, generarono le proteste dei
da Visigoti.Aree perse perch occupate da Unni.Considerando che le parti
proprietari terrieri gallici, molti dei quali
ancora controllate da Ravenna in Gallia e in Italia erano state devastate dagli Unni
furono espropriati dei loro possedimenti da
di Attila e non erano dunque pi in grado di versare le tasse ai livelli di prima, il
[123]
gettito fiscale dell'Impero d'Occidente si era davvero ridotto ai minimi termini.
questi gruppi di foederati.
Secondo
Halsall, a questo punto, sembra che la
politica imperiale in Gallia prevedesse un ritiro della frontiera dalla ... Loira alle... Alpi, con gruppi di federati
insediati lungo quella frontiera affinch aiutassero a difenderla, mentre i resti dell'esercito romano in Gallia
avrebbero tentato di restaurare l'effettiva autorit romana in Gallia Ulteriore (settentrionale).[124]
La minaccia unna gli imped per di inviare truppe consistenti in Spagna, dove la partenza dei Vandali e Alani alla
volta dell'Africa aveva permesso all'Impero di recuperare le province da essi occupate in Spagna, province che
rimanevano comunque minacciate dagli Svevi stanziatisi nella Hispania nord-occidentale. Quando cos nel 438 sal
sul trono svevo il re Rechila, questi avvi delle campagne espansionistiche ai danni dell'Impero: con Ezio impegnato
a sventare l'invasione vandalica della Sicilia, gli Svevi poterono cos occupare Merida (capoluogo della Lusitania)
nel 439, e successivamente Siviglia e le province della Betica e della Cartaginense (441).[125] L'unica provincia
ispanica ancora rimasta sotto il controllo di Roma era la Tarraconense, che tuttavia era infestata dai separatisti
Bagaudi. Ezio, dopo il trattato del 442, fece piccoli tentativi per recuperare le province perdute agli Svevi e a
sconfiggere i Bagaudi, inviando in Spagna i comandanti Asturio (441), Merobaude (443) e Vito (446). Se i primi due
tentarono di recuperare perlomeno la Tarraconense ai Bagaudi, Vito, pi ambizioso, condusse l'esercito
romano-visigoto contro gli Svevi, ma fu da essi annientato.[126] Questo fallimento era attribuibile almeno in parte al
fatto che Ezio non poteva concentrare tutte le sue forze nella lotta contro gli Svevi vista la minaccia unna.[127]

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Impero romano d'Occidente

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L'invasione degli Unni (440-452)


Alla fine degli anni 430, alla morte del re
unno Rua, succedettero i nipoti Bleda e
Attila. Attila, un principe unno dalle grandi
ambizioni che aveva a lungo vissuto come
ostaggio alla corte di Valentiniano, in breve
si sbarazz del fratello, unific le trib unne
e si fece riconoscere quale unico sovrano
(445). Nel 441-442 attacc l'Impero
d'Oriente, costringendolo a richiamare la
flotta che doveva recuperare Cartagine per
Una carica degli Unni
l'Occidente, e a pagare un forte tributo.
Teodosio II, tuttavia, dopo aver rafforzato
l'esercito, smise di pagare il tributo ad Attila, convinto che i successi di Attila del 441-442 fossero dovuti al fatto che
i Balcani in quel momento erano sguarniti di truppe a causa della spedizione contro i Vandali, e ritenendo che con i
Balcani non sguarniti sarebbe riuscito a respingere le invasioni del re unno.
Nel 447, di fronte al rifiuto di Teodosio di pagargli il tributo, Attila invase di nuovo l'Impero d'Oriente, devastando
gran parte dei territori illirici tra il mar Nero e il mar Mediterraneo e infliggendo due gravi sconfitte a ben due
eserciti campali romano-orientali. Non riusc tuttavia a espugnare Costantinopoli, le cui formidabili fortificazioni
erano state da poco riparate dopo un grave terremoto che le aveva danneggiate. Teodosio fu per costretto a cedere
una striscia di territorio a sud del Danubio larga cinque giorni di viaggio e a pagare agli Unni un tributo annuale di
2.100 libbre d'oro.
Per approfondire, vedi Battaglia dei Campi Catalaunici.

Onoria, sorella di Valentiniano, nella


primavera del 450 aveva inviato al re degli
Unni una richiesta d'aiuto, insieme al
proprio anello, perch voleva sottrarsi
all'obbligo di fidanzamento con un senatore:
la sua non era una proposta di matrimonio,
ma Attila interpret il messaggio in questo
senso, ed accett pretendendo in dote met
dell'Impero
d'Occidente.
Quando
Valentiniano scopr l'intrigo, fu solo
l'intervento della madre Galla Placidia a
convincerlo a mandare in esilio, piuttosto
che ad uccidere Onoria, e ad inviare un
messaggio ad Attila, in cui disconosceva
assolutamente la legittimit della presunta
Carta storica che descrive l'invasione della Gallia da parte degli Unni nel 451 d.C.,
proposta matrimoniale. Attila, per nulla
e la battaglia dei Campi Catalaunici. Sono mostrati i probabili itinerari, e le citt
conquistate o risparmiate dagli Unni.
persuaso, invi un'ambasciata a Ravenna per
affermare che Onoria non aveva alcuna
colpa, che la proposta era valida dal punto di vista legale e che sarebbe venuto per esigere ci che era un suo diritto.
Forte di un esercito che si diceva contasse 500.000 uomini, Attila attravers la Gallia settentrionale provocando
morte e distruzione.[128] Conquist molte delle grandi citt europee, tra cui Reims, Strasburgo, Treviri, Colonia, ma

Impero romano d'Occidente


fu sconfitto contro le armate dei Visigoti e dei Burgundi comandati dal generale Ezio nella Battaglia dei Campi
Catalaunici.[129]
Nel 452, Attila, ancora sotto gli effetti della
pesante sconfitta, ma per nulla piegato,
invase l'Italia, forse per reclamare ancora le
nozze con Onoria, saccheggiando e
distruggendo Aquileia, Milano e altre citt.
Famoso rimasto il modo singolare con cui
afferm la propria superiorit su Roma: nel
palazzo reale di Milano c'era un dipinto in
cui erano raffigurati i Cesari seduti in trono
e ai loro piedi i principi sciti; Attila, colpito
dal dipinto, lo fece modificare: i Cesari
vennero raffigurati nell'atto di vuotare
Incontro tra Leone il Grande e Attila, Affresco, 1514, Stanza di Eliodoro, Palazzi
supplici borse d'oro davanti al trono dello
Pontifici, Vaticano. L'affresco fu completato durante il pontificato di Leone X
stesso Attila.[130] Il suo esercito era per
(papa dal 1513 al 1521). Secondo la leggenda, la miracolosa apparizione dei Santi
Pietro e Paolo armati con spade durante l'incontro tra Papa Leone e Attila (452)
decimato da fame e malattie, giacch in
avrebbe spinto il re degli Unni a ritirarsi, rinunciando al sacco di Roma.
Italia stavano infuriando il colera e la
malaria, mentre la Pianura Padana,
devastata, non era in grado di dar sostentamento all'orda barbarica; inoltre l'Impero d'Oriente aveva inviato aiuti
militari a Ezio contro gli Unni.[131] Attila, a sua volta debilitato e temendo l'arrivo di aiuti dall'Impero d'Oriente,
accett la tregua propostagli da un'ambasceria di Valentiniano III, guidata dal Papa Leone I che gli and incontro
presso il Mincio. La favola che stata rappresentata dalla matita di Raffaello e dallo scalpello di Algardi (come
l'ha chiamata Edward Gibbon) di Prospero di Aquitania asserisce che il papa, aiutato da Pietro apostolo e Paolo di
Tarso, lo convinse a girare al largo dalla citt. In realt, furono i problemi logistici come le malattie e carenza di cibo
che avevano colpito il suo esercito a spingere le orde di Attila a ritirarsi, non certo l'intervento del Pontefice.[132]
Ritiratosi nei suoi domini pannonici, Attila mor nel 453 mentre stava preparando una nuova invasione dell'Impero.

La fine di Ezio e Valentiniano (453-455)


Nel settembre del 454 Ezio era all'apice della sua potenza, tanto da pensare forse alla successione imperiale per il
figlio Gaudenzio, tramite il matrimonio di questi con la sorella dell'Imperatore, Galla Placidia. Il praefectus praetorii
Petronio Massimo ed il primicerius sacri cubiculi Eraclio istigarono quindi l'imperatore Valentiniano paventandogli
che Ezio si preparasse presto a deporlo.[133] In un eccesso d'ira, Valentiniano III pugnal mortalmente Ezio durante
un'udienza.[133]
Pochi mesi pi tardi, la breve alleanza politica tra Valentiniano, Eraclio e Petronio Massimo, quest'ultimo irritato di
non aver preso il posto che era stato di Ezio, si ruppe.[133] Il 16 marzo 455, due legionari di Ezio appartenenti alla
guardia del corpo dell'Imperatore, istigati da Petronio, vendicarono l'omicidio del loro comandante assassinando
Valentiniano ed il suo potente ministro Eraclio a Roma, mentre si recava in Campo Marzio: con la morte di
Valentiniano si estingueva la dinastia teodosiano-valentiniana in Occidente.[133]

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Impero romano d'Occidente


Conseguenze dell'invasione unna

I regni romano-barbarici dopo il 476

Per approfondire, vedi Invasioni barbariche del V secolo e Regni romano-barbarici.

La migrazione degli Unni nella grande pianura ungherese aveva causato una nuova ondata di invasioni barbariche da
parte di numerose popolazioni barbariche, che, non respinti dalle armate romane, si stanziarono in territorio
imperiale, contribuendo alla caduta finale dell'Impero in Occidente e portando alla formazione di regni
romano-barbarici.
Il contributo degli Unni nelle invasioni barbariche si pu dividere in tre fasi:[134]
1. gli Unni, migrando verso la pianura ungherese, spingono numerose popolazioni barbariche a invadere l'Impero
(376-408).
2. gli Unni, una volta terminata la migrazione, aiutano l'Impero a combattere i gruppi barbari entrati all'interno
dell'Impero (410-439).
3. gli Unni, sotto Attila, diventano nemici dell'Impero, e invadono dapprima l'Impero d'Oriente e poi quello
d'Occidente (440-452).
Inizialmente negli anni 370, mentre la maggior parte degli Unni era ancora concentrata a nord del Mar Nero, alcune
bande isolate saccheggiatrici di Unni attaccarono i Visigoti a nord del Danubio, spingendoli a chiedere ospitalit
all'Imperatore Valente. I Visigoti, suddivisi in due gruppi (Tervingi e Grutungi), furono ammessi in territorio
romano-orientale, ma in seguito a maltrattamenti, si rivoltarono e inflissero una grave sconfitta all'Impero d'Oriente
nella battaglia di Adrianopoli. Con il foedus del 382, ottennero di stanziarsi nell'Illirico orientale come foederati
dell'Impero, con l'obbligo di fornire truppe mercenarie all'Imperatore Teodosio I. Rivoltatisi una seconda volta nel
395 sotto Alarico I, i Visigoti si spostarono in Occidente, venendo in un primo momento respinti (402 e 403) dal
generale Stilicone; dopo l'assassinio di questi nel 408, i Visigoti invasero di nuovo l'Italia, saccheggiando Roma nel
410 e spostandosi poi, sotto re Ataulfo, in Gallia. Sconfitti dal generale romano Flavio Costanzo nel 415, i Visigoti
accettarono di combattere per l'Impero in Spagna contro gli invasori del Reno, ottenendo in cambio il possesso della
Gallia Aquitania come foederati dell'Impero (418).
Se la prima "crisi" provocata dagli Unni port solo i Visigoti ad invadere l'Impero, lo spostamento degli Unni dal
nord del Mar Nero alla grande pianura ungherese, avvenuta agli inizi del V secolo, port a una "crisi" ben pi grave:
tra il 405 e il 408 l'Impero fu invaso dagli Unni di Uldino, dai Goti di Radagaiso (405) e da Vandali, Alani, Svevi
(406) e Burgundi (409), spinti all'interno dell'Impero dalla migrazione unna. Se i Goti di Radagaiso (che invasero
l'Italia) e gli Unni di Uldino (che colpirono l'Impero d'Oriente) furono respinti, Vandali, Alani e Svevi, varcato il
Reno il 31 dicembre 406, non uscirono pi dall'Impero, stanziandosi in Spagna nel 409 dopo aver devastato la Gallia
per circa tre anni. I Vandali e gli Alani si trasferirono poi in Africa nel 429, espugnando Cartagine dieci anni dopo

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Impero romano d'Occidente

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(439). Da Cartagine, esercitando la pirateria, si impossessarono poi di Sicilia, Sardegna, Corsica e Baleari,
saccheggiando persino Roma nel 455. Nel frattempo nella zona intorno al Reno si erano stanziati Franchi e
Burgundi, mentre l'Armorica e la Britannia si erano rese indipendenti dall'Impero, anche se poi l'Armorica fu
precariamente recuperata.
Dopo aver provocato indirettamente le crisi del 376-382 e del 405-408, gli Unni, ormai stanziati stabilmente in
Ungheria, paradossalmente, oltre ad arrestare il flusso migratorio ai danni dell'Impero, in quanto volendo dei sudditi
da sfruttare, impedirono ogni migrazione da parte delle popolazioni sottomesse, aiutarono l'Impero d'Occidente a
combattere i gruppi invasori: nel 410 alcuni mercenari unni furono inviati ad Onorio per sostenerlo contro Alarico,
mentre Ezio dal 436 al 439 impieg mercenari unni per sconfiggere in Gallia Burgundi, Bagaudi e Visigoti; poich
per nessuna delle minacce esterne fu annientata definitivamente nemmeno con il sostegno degli Unni, questo aiuto
compens solo minimamente gli effetti nefasti provocati dalle invasioni del 376-382 e del 405-408.[135]
Sotto Attila, poi, gli Unni divennero una grande minaccia per l'Impero, distogliendolo dalla lotta contro gli invasori
penetrati all'interno dell'Impero nel 376-382 e nel 405-408, che in questo modo ne approfittarono per espandere
ulteriormente la propria influenza.[136] Per esempio, le campagne balcaniche di Attila impedirono all'Impero
d'Oriente di aiutare l'Impero d'Occidente in Africa contro i Vandali, e la flotta romano-orientale di 1100 navi che era
stata inviata in Sicilia per riconquistare Cartagine fu richiamata precitosamente perch Attila minacciava di
conquistare persino Costantinopoli (442). Anche la Britannia, abbandonata definitivamente dai Romani attorno al
407-409, fu invasa, attorno alla met del secolo da genti germaniche (Sassoni, Angli e Juti) che dettero vita a molte
piccole entit territoriali autonome (Sussex, Anglia orientale, Kent ecc.), spesso in lotta fra di loro. Il generale Ezio
nel 446 ricevette un disperato appello dai romano-britanni contro i nuovi invasori; Ezio, non potendo distogliere
forze dalla frontiera confinante con l'Impero unno, declin la richiesta. Ezio dovette rinunciare anche a inviare forze
consistenti in Spagna contro gli Svevi, che, sotto re Rechila, avevano sottomesso quasi interamente la Spagna
romana, ad eccezione della Tarraconense.
L'Impero romano d'Occidente dovette cos rinunciare al gettito fiscale della Spagna e soprattutto dell'Africa, con
conseguenti minori risorse a disposizione per mantenere un esercito efficiente da utilizzare contro i Barbari. Man
mano che le entrate fiscali diminuivano a causa delle invasioni, l'esercito romano si indeboliva sempre di pi,
agevolando un ulteriore espansione a scapito dei Romani da parte degli invasori. Nel 452 l'Impero d'Occidente aveva
perso la Britannia, una parte della Gallia sud-occidentale ceduta ai Visigoti e una parte della Gallia sud-orientale
ceduta ai Burgundi, quasi tutta la Spagna passata agli Svevi e le pi prospere province dell'Africa, occupate dai
Vandali; le province residue erano o infestate dai ribelli separatisti bagaudi o devastate dalle guerre del decennio
precedente (ad esempio le campagne di Attila in Gallia e in Italia) e dunque non potevano pi fornire un gettito
fiscale paragonabile a quello precedente alle invasioni.[137] Si pu concludere che gli Unni contribuirono alla caduta
dell'Impero romano d'Occidente, non tanto direttamente (con le campagne di Attila), quanto indirettamente, giacch,
causando la migrazione di Vandali, Visigoti, Burgundi e altre popolazioni all'interno dell'Impero, avevano
danneggiato l'Impero romano d'Occidente molto pi delle stesse campagne militari di Attila.

Saccheggio vandalo di Roma (455)


Per approfondire, vedi Sacco di Roma (455).

La morte di Valentiniano III vide l'estinzione della linea diretta dei discendenti di Teodosio. Per quanto flebile
manc quindi anche il sostegno del concetto dinastico e della sua continuit. Il successore Petronio Massimo, la cui
mano stava dietro la morte di Valentiniano III e che ne aveva rapidamente sposato la vedova, rest imperatore per
circa due mesi, dal 17 marzo al 31 maggio 455. La notizia dello sbarco di Genserico e dei suoi vandali ad Ostia
provoc una sommossa della popolazione romana e la lapidazione dell'Imperatore che stava tentando la fuga.[133]
Genserico e la sua orda marciarono su Roma che, senza nemmeno tentare di difendersi, capitol il 2 giugno 455.[133]
Questa volta il papa Leone I non riusc a fermare gli invasori. Fu promesso al Sommo Pontefice che sarebbe stato

Impero romano d'Occidente


rispettato il patrimonio immobiliare urbano, l'integrit fisica dei cittadini e che il saccheggio avrebbe avuto una
durata massima di quindici giorni. Di tali promesse, solo l'ultima venne mantenuta. I Vandali asportarono
l'asportabile e il trasportabile fra le ricchezze e le opere d'arte rapinate in citt. Non contento, il sovrano barbaro
trascin come ostaggi in Africa anche numerosi personaggi eminenti per ottenerne il riscatto.
Fra i prigionieri vi furono l'Imperatrice Licinia Eudossia e le figlie Placidia ed Eudocia. Si disse che Licinia Eudossia
avesse lei stessa chiamato Genserico per vendicare l'assassinio del primo marito, mentre la figlia Eudocia sarebbe
stata promessa in sposa ad Unerico, figlio di Genserico, con cui effettivamente si un in matrimonio in terra
d'Africa.[133] Genserico successivamente occup le province africane ancora in mano all'Impero occidentale, oltre
alla Sicilia, Sardegna, Corsica, Isole Baleari.

Crepuscolo (455-475)
Avito e Maggioriano (455-461)
Alla morte di Petronio Massimo sal al
potere Avito, un gallo-romano di classe alto
- senatoria nominato magister militum da
Petronio, acclamato imperatore ad Arelate
con il sostegno militare dei Visigoti e che,
entrato a Roma, riusc ad ottenere il
riconoscimento da parte dell'esercito
romano d'Italia grazie all'imponente esercito
visigoto.[138] Avito era intenzionato a
intraprendere un'azione contro gli Svevi, i
quali minacciavano la Tarraconense: invi
dunque in Spagna i Visigoti, i quali, per, se
riuscirono ad annientare gli Svevi,
saccheggiarono il territorio ispanico e se ne
impadronirono a scapito dei Romani. Inviso
alla classe dirigente romana e all'esercito
d'Italia per la sua gallica estraneit, contro
Avito si rivoltarono i generali dell'esercito
L'Impero romano d'Occidente sotto Maggioriano. Si noti come l'Illirico fosse solo
italico Ricimero, nipote del re visigoto
nominalmente
sotto il dominio dell'imperatore, mentre il potere effettivo era tenuto
Vallia, e Maggioriano, che, approfittando
dal comes Marcellino; anche la Gallia e parte dell'Hispania erano di fatto, all'inizio
dell'assenza dei Visigoti, partiti per la
del regno di Maggioriano, fuori dal controllo dell'imperatore, in quanto occupate
Spagna per combattere gli Svevi, lo
dai Visigoti e dai Burgundi.
sconfissero presso Piacenza nel 456 e lo
deposero.[139] Il vuoto di potere creatosi aliment le tensioni separatiste nei vari regni barbarici che si stavano
formando.
Venne nominato imperatore, quindi, Maggioriano che, appoggiato dal Senato, si impegn per quattro anni in
un'attenta e decisa azione di riforma politica, amministrativa e giuridica, cercando di eliminare gli abusi e impedire la
distruzione degli antichi monumenti per impiegarne i materiali per l'edificazione di nuovi edifici.
Uno dei primi compiti che il nuovo imperatore si trov ad affrontare fu quello di consolidare il dominio sull'Italia e
riprendere il controllo della Gallia, che gli si era ribellata dopo la morte dell'imperatore gallo-romano Avito; i
tentativi di riconquista della Hispania e dell'Africa erano progetti in l nel futuro. Per prima cosa assicur la
sicurezza dell'Italia, sconfiggendo nell'estate del 458 un gruppo di Vandali sbarcato in Campania.[140] In vista di una
spedizione in Gallia, rinforz l'esercito, assoldando un forte contingente di mercenari barbari comprendentiGepidi,

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Impero romano d'Occidente


Ostrogoti, Rugi, Burgundi, Unni, Bastarni, Suebi, Sciti e Alani,[141] oltre a riorganizzare due flotte, probabilmente
quelle di Miseno e Ravenna, non intendendo sottovalutare la potenza militare della flotta vandala.[142]
Nel tardo 458 Maggioriano port il suo esercito, rafforzato dal contingente di barbari,[143] in Gallia, scacciando i
Visigoti di Teodorico II da Arelate, costringendoli a ritornare nella condizione di foederati e di riconsegnare la
diocesi di Spagna, che Teodorico aveva conquistato tre anni prima a nome di Avito; l'imperatore mise il proprio
ex-commilitone Egidio a capo della provincia, nominandolo magister militum per Gallias e invi dei messi in
Hispania ad annunciare la propria vittoria sui Visigoti e l'accordo raggiunto con Teodorico.[144] Con l'aiuto dei suoi
nuovi foederati, Maggioriano penetr poi nella valle del Rodano, conquistandola sia con la forza che con la
diplomazia:[145] sconfisse infatti i Burgundi e riprese Lione dopo un assedio, condannando la citt a pagare una forte
indennit di guerra, mentre i Bagaudi furono convinti a schierarsi con l'impero. L'intenzione di Maggioriano era per
quella di riconciliarsi con la Gallia, malgrado la nobilt gallo-romana avesse preso le parti di Avito: significativo il
fatto che il genero dell'imperatore gallico, il poeta Sidonio Apollinare, ottenesse di poter declamare un panegirico
all'imperatore[146] (inizio di gennaio 459); sicuramente molto pi efficace fu la concessione della esenzione dalle
tasse alla citt di Lione.[147]
Maggioriano decise quindi di attaccare l'Africa vandalica. Genserico, temendo l'invasione romana, cerc di
negoziare una pace con Maggioriano, il quale la rifiut; il re dei Vandali decise allora di distruggere tutte le fonti di
approvvigionamento nella Mauretania, in quanto riteneva che quello fosse il luogo dove Maggioriano e il suo
esercito sarebbero sbarcati per invadere l'Africa, e fece fare delle incursioni alla propria flotta nelle acque vicine alla
zona di sbarco.[145] Intanto Maggioriano stava conquistando la Spagna: mentre Nepoziano e Sunierico
sconfiggevano i Suebi a Lucus Augusti e conquistavano Scallabis in Lusitania, l'imperatore pass da Caesaraugusta
(Saragozza), dove fece un adventus imperiale formale,[148] e aveva raggiunto la Cartaginense, quando la sua flotta,
attraccata a Portus Illicitanus (vicino Elche), fu distrutta per mano di traditori al soldo dei Vandali.[149] Maggioriano,
privato di quella flotta che gli era necessaria per l'invasione, annull l'attacco ai Vandali e si mise sulla via del
ritorno: quando ricevette gli ambasciatori di Genserico, accett di stipulare la pace, che probabilmente prevedeva il
riconoscimento romano dell'occupazione de facto della Mauretania da parte vandala. Al suo ritorno in Italia, venne
assassinato per ordine di Ricimero nell'agosto 461.[150] La morte di Maggioriano signific la definitiva perdita a
favore dei Vandali dell'Africa, Sicilia, Sardegna, Corsica e Baleari, nonch della Spagna a favore dei Visigoti: infatti,
dopo il ritiro dalla Spagna di Maggioriano, nessun altro ufficiale romano attestato nelle fonti nella penisola iberica,
rendendo evidente che dopo il 460 la Spagna non faceva pi - di fatto - parte dell'Impero.[151]

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Impero romano d'Occidente


Ricimero (461-472)
Con la morte di Maggioriano scomparve l'ultimo vero imperatore dell'Occidente. Ricimero, imparentato con le case
reali burgunda e visigota, divenne il vero arbitro di questa parte dell'Impero, e per sei anni nomin e depose augusti
sulla base delle pi impellenti necessit politiche del momento e del proprio tornaconto personale.
Nel 461, Ricimero elesse come
Imperatore fantoccio Libio Severo. Il
magister militum per Gallias Egidio e
il comes di Dalmazia Marcellino, per,
essendo fedeli a Maggioriano, si
rifiutarono di riconoscere il nuovo
imperatore, un fantoccio di Ricimero;
quest'ultimo reag nominando un
nuovo magister militum per Gallias, il
suo sostenitore Agrippino. Agrippino
si rivolse ai Visigoti e col loro aiuto
combatt contro Egidio e i suoi alleati
Franchi, condotti dal re Childerico I:
per ottenerne il sostegno, nel 462
Agrippino diede ai Visigoti l'accesso al
Mar Mediterraneo, assegnando loro la
citt di Narbona, separando di fatto
Egidio dal resto dell'impero. Egidio si
trov a governare uno stato romano
Area controllata da Siagrio, figlio e successore di Egidio.
autonomo nella regione attorno a
Soissons: la sua indipendenza era
accentuata dal fatto che non riconosceva altra autorit che quella, lontana, dell'Impero Romano d'Oriente. Dopo
Agrippino, Ricimero nomin magister militum per Gallias il re burgundo Gundioco, marito di sua sorella (463).
Mettendo Burgundi e Visigoti contro Egidio, Ricimero e Severo speravano di ottenere il controllo sull'ancora potente
esercito della Gallia, ma Egidio continu a costituire una spina nel fianco di Ricimero, giungendo a sconfiggere i
Visigoti in una battaglia campale di una certa importanza ad Orlans, nel 463, in cui uccise anche il fratello del re
Teodorico II, Federico. Dopo questa vittoria, Egidio non port attacchi contro i Visigoti; per noto che nel 465
invi un'ambasciata ai Vandali forse per cercare il loro aiuto contro le popolazioni barbariche di stanza in Gallia.
Quello stesso anno, per, Egidio mor, forse avvelenato: a succedergli fu prima il comes Paolo e poi il proprio figlio
Siagrio. Il Dominio di Soissons, l'ultimo baluardo romano nella Gallia settentrionale, cadde solo nel 486, allorch fu
conquistato dai Franchi.
Ricimero si rese conto che l'elevazione a imperatore di Libio Severo era stata deleteria per l'Impero, perch non solo
aveva portato alle rivolte in Gallia e in Dalmazia dei generali fedeli a Maggioriano, con conseguente secessione di
quelle aree dal centro dell'Impero, ma aveva anche costretto Ricimero a ulteriori concessioni territoriali ai gruppi
barbari l stanziati (Burgundi e Visigoti) per ottenerne l'appoggio contro i ribelli; inoltre, per risollevare le sorti
dell'Impero, Ricimero aveva bisogno del sostegno bellico dell'Impero romano d'Oriente, che per non riconosceva
come legittimo Libio. Ritenendo dunque ormai deleterio mantenere formalmente al potere Libio Severo, nel 465
Ricimero lo fece uccidere.[152] Seguirono due anni di interregno, durante il quale il controllo dell'Impero d'Occidente
formalmente veniva esercitato dall'Imperatore d'Oriente, Leone I, in attesa della nomina di un nuovo Imperatore
d'Occidente, questa volta imposto dall'Oriente.
Nel 467 l'imperatore d'Oriente Leone I tent di risollevare le sorti dell'impero d'Occidente con una grande azione
congiunta in funzione anti-vandala. Ricimero fu costretto per ad accettare un augusto imposto da Bisanzio:

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Impero romano d'Occidente

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Antemio. La spedizione congiunta dei due imperi tuttavia fu un disastro: nel 468 una grande flotta congiunta allestita
dai due imperi venne annientata dai Vandali, che consolidarono il loro dominio su Sicilia, Sardegna e Baleari,
mentre l'Impero d'Oriente, avendo svuotato le casse del tesoro per l'allestimento della disastrosa spedizione, non pot
pi aiutare la met occidentale.[153] Secondo le congetture di alcuni studiosi, la sconfitta del 468 fu fatale per
l'Impero d'Occidente: se infatti avesse recuperato l'Africa, oltre ad eliminare la minaccia dei Vandali, avrebbe
recuperato un'importante fonte di entrate, grazie alle quale avrebbe potuto avere la possibilit di riprendere
gradualmente prima la Spagna e successivamente la Gallia; ora, invece, che la spedizione era fallita, all'Impero
d'Occidente rimaneva solo l'Italia e poco pi, regioni che fornivano troppe poche entrate per poter allestire un grosso
esercito in grado di recuperare i territori perduti o quanto meno in grado di tenere a bada i barbari.[154]
Della disfatta del 468 ne approfittarono i Visigoti del nuovo re Eurico, asceso al trono nel 466. Nel 469, desideroso
di formare un regno completamente indipendente da Roma, il nuovo re invase le province della Gallia ancora in
mano imperiale: Antemio tent di fermare l'avanzata del re visigoto, alleandosi con il re dei bretoni Riotamo, ma
questi fu sconfitto da Eurico nel 470 e cerc rifugio tra i Burgundi.[155] Un anno dopo, nel 471, l'esercito visigoto
riport una netta vittoria sull'esercito imperiale nei pressi del Rodano: in questo scontro perse la vita anche uno dei
figli di Antemio, Antemiolo.[156] Dopo aver portato quindi i confini del regno visigoto alla Loira, negli anni
successivi conquistarono anche l'Alvernia, oltre ad espugnare Arles e Marsiglia (entrambe nel 476).[157][158] Il nuovo
re ottenne significativi successi anche in Hispania, dove occup Terragona e la costa mediterranea della penisola
iberica (473), che gi nel 476 apparteneva interamente ai Visigoti, se si esclude una piccola enclave sveva.[159]
Le sconfitte subite compromisero i rapporti fra Antemio e Ricimero che, alla testa di due eserciti in massima parte
costituiti da barbari (tra cui gli Eruli e gli Sciri di Odoacre, che si schierarono dalla parte di Ricimero), si
affrontarono alle porte dell'Urbe.[160] Antemio, con l'appoggio del senato, si asserragli in citt che venne cinta
d'assedio da Ricimero e Anicio Olibrio, augusto imposto, sembra, dal re dei Vandali Genserico.[161] Dopo cinque
mesi Roma cadde (472) e per la terza volta dall'inizio del secolo fu sottoposta a saccheggio.[160] Antemio mor e
pochi mesi pi tardi si spensero anche Ricimero e Olibrio.[160]
Caduta finale (472-476)
Il candidato di Olibrio e del suo alleato burgundo Gundobado, il comes
domesticorum Glicerio, non venne accettato n da Leone I n dal suo
successore, Zenone, che impose il magister militum di Dalmazia, Giulio
Nepote.[160] Questi si rec a Roma per essere incoronato da un messo
imperiale nel 474 mentre Glicerio, dopo aver rinunciato ad ogni suo diritto al
trono, concluse i suoi giorni come Vescovo nella citt di Salona.[160]
Osteggiato dal Senato, nel 475 Nepote dovette subire la rivolta di Oreste, un
patrizio romano di Pannonia che una ventina-trentina d'anni prima era stato
anche al servizio di Attila.[162] Oreste riusc ad imporre come imperatore suo
Moneta di Romolo Augusto
figlio Romolo Augusto. Il giovane, sotto la guida del padre, dovette per ben
presto fronteggiare una rivolta delle sue truppe provenienti dall'area
danubiana e formate da Eruli, Sciri e Rugi: reclamavano terre da coltivare in Italia Settentrionale, dove erano
stanziate.[163] Il rifiuto imperiale scaten una violenta reazione: i barbari nominarono un coraggioso soldato,
Odoacre, come loro duce. Oreste fu da questi ripetutamente sconfitto, poi catturato e decapitato, mentre il piccolo
Romolo Augusto, dopo soli dieci mesi di regno, fu privato del titolo imperiale e confinato a Baia nella villa che era
stata di Lucullo con una rendita di 6.000 pezzi d'oro.[164][165] Odoacre ordin inoltre al senato romano di inviare
un'ambasceria all'Imperatore d'Oriente Zenone:

Impero romano d'Occidente

...per avvertirlo che la citt non abbisognava di particolare imperatore, essendo bastante uno a difendere i confini di
entrambi gli Stati; e ch'egli [Romolo Augusto] aveva nel frattempo affidato la gestione dello stato ad Odoacre, soggetto
idoneo a procurare la pubblica salvezza, essendo eccellente nell'amministrazion della repubblica, e bravo nell'arte militare.
Pregavalo quindi di ornare costui della patrizia dignit, e ad affidargli il governo dell'italiana diocesi. Andarono pertanto gli
ambasciadori del senato dell'antica Roma a riferire tali discorsi in Bisanzio.
(Malco, Delle cose bizantine, Frammenti.)

Zenone ricevette in quello stesso giorno anche un'ambasceria proveniente dalla Dalmazia e inviata da Giulio Nepote,
volta ad ottenere denaro e soldati dall'Imperatore d'Oriente per riprendersi il trono d'Occidente. Tuttavia, Zenone
declin ogni richiesta di aiuto a Nepote, riconoscendo Odoacre come patricius e governatore dell'Italia a nome
dell'Imperatore, a patto che per il barbaro riconoscesse formalmente come Imperatore d'Occidente Nepote. Giulio
Nepote, pur continuando a rivendicare il titolo di Imperatore d'Occidente, non torn mai dalla Dalmazia e venne
ucciso nel 480 dai suoi stessi uomini; approfittando di ci, Odoacre invase la Dalmazia e la sottomise. Acclamato
successivamente come re dai popoli barbari che lo avevano sostenuto, Odoacre divenne, di fatto, sovrano d'Italia.

Fine dell'Occidente romano (476)


Per approfondire, vedi Caduta dell'Impero romano d'Occidente e Caduta dell'Impero romano d'Occidente
(storiografia).

Gli invasori barbari non avevano la


deliberata intenzione di provocare la caduta
dell'Impero romano d'Occidente, intendendo
unicamente stabilirsi sui suoi territori e
costruire una vantaggiosa alleanza con
l'Impero, impedendo agli altri immigrati
barbari di fare lo stesso.[166] Capi barbari
come Alarico o Ataulfo (e pi tardi, lo
stesso Teodorico), non chiedevano altro che
il godimento, per i propri popoli, dei
benefici della civilt romana, che per essi
rappresentava "la civilt" per antonomasia,
La distruzione dell'Impero romano, di Thomas Cole. Dipinto allegorico (ispirato
l'unica con cui avessero avuto contatti.
molto probabilmente al sacco di Roma dei Vandali del 455), quarto della serie "Il
Alcuni popoli germanici (Franchi, Visigoti)
corso dell'Impero" del 1836, oggi a New York, presso l'Historical Society.
avevano gi subito da tempo un graduale
processo di romanizzazione ed inviavano i propri figli a combattere nelle armate imperiali dove spesso raggiunsero,
come abbiamo visto, i pi alti gradi nell'esercito.
Secondo taluni, una politica pi accorta e lungimirante avrebbe potuto canalizzare a beneficio dell'Impero le energie
umane nuove provenienti dall'Europa settentrionale ed orientale, creando delle forme statuali pi evolute che
tendessero a conciliare il centralismo romano con le spinte confederali delle genti germaniche. A questo proposito va
ricordato che le classi dirigenti barbare riconobbero sempre, o quasi sempre, le autorit romane del tempo, anche se
spesso non quelle legittime, data la confusione e la sovrapposizione di poteri che contraddistinsero il V secolo.
Stilicone, un generale di origine germanica, ed Ezio, un latino di frontiera, seguendo le orme di Teodosio I, profusero
ogni loro energia nel vano tentativo di coinvolgere i nuovi immigrati venuti dal nord in quel grande progetto comune
che era, o avrebbe dovuto essere, l'Impero. Il loro messaggio non fu recepito dalla classe dirigente romana dell'epoca,
ottusa e opportunista, guidata da imperatori (Onorio, Valentiniano III) a cui manc la capacit e lungimiranza
politica di Teodosio. Fallirono, pagando con la vita il proprio coraggio.

34

Impero romano d'Occidente

35

Va inoltre detto che, a differenza che in Oriente, dove l'Imperatore Leone I era riuscito a sbarazzarsi dei
generalissimi di origine germanica che intendevano regnare da dietro le quinte in sua vece (ci si riferisce in
particolare ad Aspar), in Occidente l'Imperatore aveva perso ogni autorit a vantaggio dei generali di origine
barbarica, che alla fine, con Odoacre, decisero che si poteva anche fare a meno di un imperatore. Se l'Imperatore
d'Occidente fosse riuscito a preservare la sua effettiva autorit, non da escludere che l'Impero d'Occidente sarebbe
riuscito a sopravvivere, magari limitato alla sola Italia; in occidente invece l'Imperatore aveva perso ogni potere a
vantaggio dei capi dell'esercito di origine barbarica, come Ricimero e Gundobaldo. Odoacre non fece che legalizzare
una situazione di fatto, cio l'inutilit effettiva della figura dell'Imperatore, ormai solo un fantoccio nelle mani dei
generali romani di origine barbarica. Pi che una caduta, la fine dell'Impero, almeno in Italia, pu essere interpretata
come un cambio interno di regime in cui si poneva fine a un'istituzione ormai superata e che aveva perso ogni potere
effettivo, a vantaggio dei comandanti romano-barbarici, i quali ritenevano ormai la figura dell'Imperatore un
insignificante fantoccio di cui si poteva fare persino a meno.

Economia e finanze

Moneta di Teodosio I

Per approfondire, vedi Economia dell'Impero romano.

Alla crisi non solo politica, ma anche finanziaria ed economica del III secolo, (vedasi: Crisi del III secolo) fece
seguito, fin da epoca tetrarchica, una moderata ripresa delle attivit produttive che per interess principalmente la
parte orientale dell'Impero. Vari fattori contribuirono a frenare in occidente questa congiuntura economica
favorevole, la quale riusc a presentare una certa consistenza solo in un ristretto numero di aree: Cartagine con
l'Africa Proconsolare e Byzacena, parte della Gallia ed alcune zone dell'Italia Annonaria (Italia Settentrionale). Negli
anni in cui si inizi a conformare l'Impero Romano d'Occidente (395 - 400 circa), la sua economia aveva assunto gi
da tempo delle particolari connotazioni che potrebbero qui trovare la seguente sintesi:
1. preponderanza assoluta delle attivit agropecuarie (agricoltura ed allevamento) su quelle industriali e mercantili.
Questo fenomeno, tipico di tutte le economie pre-capitaliste era in Oriente molto meno accentuato;
2. abnorme sviluppo del latifondo con impiego su larga scala di manodopera servile non sempre di facile reperibilit
(nonostante le riforme di Diocleziano tese a vincolarla alla terra). Nel contempo inizi a manifestarsi una
progressiva scomparsa delle piccole e medie unit produttive ed un graduale spopolamento di numerose province;
3. "nazionalizzazione" di talune importanti industrie manifatturiere che provoc la crisi di alcuni settori produttivi.
Questa politica economica fu intrapresa un secolo prima dall'imperatore Diocleziano e mirava ad assicurare una
maggiore forma di controllo da parte dello Stato ed una maggiore razionalizzazione degli approvvigionamenti e
delle forniture per l'esercito. Il processo interess soprattutto due fra le pi fiorenti attivit industriali
dell'occidente europeo: quella tessile e quella legata alle armi ed agli equipaggiamenti militari;

Impero romano d'Occidente


4. stagnazione quasi generalizzata delle attivit commerciali, che contrastava con una ben maggiore vivacit dei
traffici nella parte orientale dell'Impero. Quest'ultima poteva vantare tradizioni mercantili pi antiche le quali
poggiavano su uno sviluppo urbano pi accentuato che in occidente.
Non va dimenticato che la pressione fiscale, dall'epoca dioclezianea in poi, si and incessantemente incrementando
per poter sostenere i costi di mantenimento, sempre pi elevati, di un esercito ormai quasi interamente formato da
mercenari[167] e di un apparato burocratico sviluppatosi a dismisura (in quanto al governo servivano sempre pi
controllori che combattessero l'evasione fiscale ed applicassero le leggi nella vastit dell'Impero). L'aumento della
pressione fiscale divenne ben presto intollerabile[168] per le popolazioni meno agiate, mentre i ricchi contavano su
appoggi e sulla corruzione; chi ne pag il costo furono il ceto medio (piccoli proprietari terrieri, artigiani,
trasportatori, mercanti) e gli amministratori locali (decurioni), tenuti a rispondere in proprio della quota di tasse
fissata dallo Stato (indizione) a carico della comunit per evitare l'evasione fiscale. Le cariche pubbliche, che in
precedenza erano ambite, significavano nel Tardo Impero gravami e rovina. Per arrestare la fuga dal decurionato,
dalle professioni e dalle campagne, che divenne generale proprio con l'inasprimento della pressione fiscale tra il III
ed il IV secolo d.C., lo Stato vincol ciascun lavoratore e i suoi discendenti al lavoro svolto fino ad allora[169],
vietando l'abbandono del posto occupato (fenomeno delle "professioni coatte", che nelle campagne finir per dare
avvio, attraverso il colonato, a quella che nel Medioevo verr chiamata "servit della gleba").
Quando le popolazioni germaniche occuparono i territori dell'Impero d'Occidente, si trovarono di fronte una societ
profondamente divisa tra una minoranza di privilegiati e una massa di povera gente. comprensibile, a questo punto,
che molti considerassero l'arrivo dei barbari non tanto una minaccia, quanto una liberazione da uno Stato sempre pi
invadente e prepotente (soprusi dell'esercito e della burocrazia), che aveva perso ogni consenso presso la
popolazione pi povera,[170] una parte della quale, esasperata dalle guerre e dagli eccessi della tassazione, si diede
persino al brigantaggio (in Gallia i contadini ribelli furono detti bagaudi, in Africa nacque il movimento dei
circoncellioni).
L'inizio di una crisi economica generalizzata in
Occidente si produsse tuttavia solo dopo il 410, durante
il Regno di Onorio, a causa degli effetti devastanti degli
attacchi dei Germani e del conseguente rallentamento
della produzione.[171] Con Valentiniano III (425 - 455)
la situazione divenne sempre pi insostenibile. I
saccheggi provocati dai barbari e l'occupazione di
intere province determin infatti un consistente calo del
Moneta di Onorio, celebrato come gloria Romanorum, "gloria dei
gettito fiscale dell'Impero; infatti, la produzione
Romani"
agricola costituiva una percentuale non inferiore
all'80% del PIL dell'Impero, con il risultato che le province saccheggiate dai Barbari, con i campi devastati, non
erano pi in grado di versare le tasse ai livelli di prima; si ritiene che il gettito fiscale delle province pi devastate
dalle incursioni diminu dei 6/7.[172] Inoltre, le province completamente perdute non versavano pi tasse all'Impero,
provocando un ulteriore diminuzione del gettito fiscale.
Poich gran parte del bilancio dello stato serviva a mantenere l'esercito, una diminuzione consistente del gettito
fiscale determin un ridimensionamento dell'esercito: si stima che la lotta contro gli invasori germanici nel periodo
tra il 395 e il 420 abbia portato all'annientamento del 47,5% circa dei reggimenti comitatensi occidentali, perdite che
dovettero essere colmate principalmente con la promozione a comitatensi di numerose truppe di frontiera, pi che
con il reclutamento di nuove leve di soldati di prima classe, probabilmente a causa della diminuzione del gettito
fiscale. Cosicch, nonostante l'esercito campale occidentale nel 420 fosse addirittura pi grande numericamente
rispetto al 395 (181 reggimenti contro i 160 ca. del 395), era in realt pi debole perch il numero dei reggimenti di
"veri" comitatensi (escludendo quindi i pseudocomitatenses) era calato da 160 a 120.[173]

36

Impero romano d'Occidente


La situazione sub un ulteriore peggioramento con la conquista vandalica del Nord Africa: la perdita di province cos
prospere (e del loro gettito fiscale) fu un duro colpo per l'Impero romano d'Occidente, che trovatosi per questo
motivo in serie difficolt economiche fu costretto a revocare tutti i benefici fiscali di cui godevano le classi
possidenti e a revocare tutti i decreti di esenzione o di riduzione fiscale emanati in precedenza.[174] Questo tentativo
di taglio delle spese e di massimizzazione delle entrate non si rivel per sufficiente a colmare le perdite subite,
cosicch, come si ammette in un decreto del 444, lo stato non era pi in grado di mantenere un grosso esercito.[175]
Nonostante il tentativo di imporre nuove tasse in modo da migliorare il bilancio, intorno al 450 l'Impero aveva perso
circa il 50% della sua base tassabile, e, a causa della costante diminuzione del gettito fiscale, l'esercito romano era
diventato pressoch impotente di fronte ai gruppi immigrati.[176]
Va infine segnalata l'irrazionalit con cui molto spesso si gestiva all'epoca il denaro pubblico: alla fine del IV secolo
e agli inizi del V lo Stato doveva farsi ancora carico, con ripartizioni gratuite di frumento e di altri generi di prima
necessit, di un consistente numero di indigenti, sfaccendati e altri soggetti che conducevano un'esistenza
parassitaria. Questo fenomeno, nato in tarda et repubblicana, supponeva un onere non indifferente per le esauste
arche pubbliche del tempo. Indicativo a questo proposito il caso della citt di Roma che annoverava fra la sua
popolazione residente, nel 367, ben 317.000 aventi diritto a questa forma di mantenimento. questa una cifra
enorme soprattutto se si considera che la popolazione totale di Roma si aggirava sulle 800.000-1.000.000 di unit e
che quella dell'Italia (con Sicilia e Sardegna) ruotava attorno ai 6,5 milioni di abitanti. Questa costante emorragia di
denaro pubblico, oltre a costituire un pesante gravame per il Tesoro, sottraeva risorse umane e finanziarie allo
sviluppo della citt di Roma e d'Italia ed alla difesa dell'Europa e dell'Africa romane.

Cultura, arte e pensiero


Rinascimento d'Occidente
A partire dagli ultimi decenni del IV secolo e fino alla deposizione di Romolo Augusto da parte di Odoacre, ed oltre,
l'occidente percorso da fermenti culturali, artistici, religiosi e filosofici che dettero vita a un vero e proprio
rinascimento del pensiero romano di espressione latina, che nel secolo e mezzo precedente era stato messo un po' in
ombra da quello di lingua greca. Alcuni storici lo definiscono rinascimento teodosiano (o costantiniano-teodosiano),
ma c' chi preferisce definirlo tardo-antico perch non circoscritto al regno di questo imperatore, dilatandosi con il
suo ultimo protagonista, il filosofo Severino Boezio, oltre le soglie del VI secolo.

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Impero romano d'Occidente

Pensatori e letterati

Il vescovo Ambrogio e l'imperatore Teodosio

Per approfondire, vedi Letteratura latina, Storia della letteratura latina e Letteratura cristiana.

Alla fine del IV secolo, e per molti secoli a venire, Roma era ancora un prestigioso punto di riferimento ideale non
solo per l'Occidente, ma anche per l'Oriente. Si ha quasi l'impressione che la sua perdita di importanza politica,
definitivamente sancita gi in epoca tetrarchica, le avesse quasi assicurato un ruolo di simbolo sovranazionale di
Impero al tramonto. Fu allora che venne forgiato il mito di Roma. Scrive a tale proposito un celebre storico: Il mito
di Roma, che avrebbe assillato gli uomini del medioevo e del Rinascimento - Roma aterna, Roma concepita come
l'apogeo naturale della civilt destinato a perpetuarsi per sempre - non fu creata dai sudditi dell'Impero romano
classico, fu ereditato direttamente dal patriottismo tenace del mondo latino della fine del IV secolo.[177]. Alcuni
grandi uomini di cultura di origine greco-orientale sentirono questo richiamo e scelsero il latino come lingua di
comunicazione. il caso dello storico greco-siriano Ammiano Marcellino, che decise, dopo un lungo periodo di
militanza come ufficiale dell'esercito, di trasferirsi a Roma, dove mor attorno all'anno 400. Nella Citt Eterna scrisse
il suo capolavoro Rerum gestarum libri XXXI, pervenutoci in forma incompleta. Quest'opera, serena, imparziale,
vibrante di profonda ammirazione per Roma e la sua missione civilizzatrice, costituisce un documento di eccezionale
interesse, dato il delicato e tormentato momento storico preso in esame (dal 354 al 378, anno della battaglia di
Adrianopoli).
Anche l'ultimo grande poeta pagano, il greco-egizio Claudiano (nato nel 375 circa), adott il latino nella maggior
parte dei suoi componimenti (la sua produzione in greco fu senz'altro meno significativa) decidendo di passare gli
ultimi anni della sua breve esistenza a Roma, dove si spense nel 404. Spirito eclettico ed inquieto, trasse ispirazione,
nella sua vasta produzione tesa a esaltare Roma e il suo Impero, dai grandi classici latini (Virgilio, Lucano, Ovidio
ecc.) e greci (Omero e Callimaco). Fra i letterati provenienti dalle province occidentali dell'Impero non possiamo
dimenticare il gallo-romano Claudio Rutilio Namaziano, che nel suo breve De reditu (417 circa) rese un vibrante e
commosso omaggio alla citt di Roma che egli era stato costretto a lasciare per tornare nella sua terra di origine, la
Gallia.
L'ultimo grande retore pagano che visse ed oper in questa parte dell'Impero fu il patrizio romano Simmaco spentosi
nel 402. Le sue Epistulae, Orationes e Relationes ci forniscono una preziosa testimonianza dei profondi legami,
ancora esistenti all'epoca, fra l'aristocrazia romana ed una ancor viva tradizione pagana. Quest'ultima, cos ben

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Impero romano d'Occidente

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rappresentata dalla vigorosa e vibrante prosa di Simmaco, suscit la violenta reazione del cristiano Prudenzio che nel
suo Contra Symmachum stigmatizz i culti pagani del tempo. Prudenzio uno dei massimi poeti cristiani
dell'antichit. Nato a Calagurris in Spagna, nel 348, si spense attorno al 405, dopo un lungo e travagliato
pellegrinaggio fino a Roma. Oltre al gi citato Contra Symmachum, autore di una serie di componimenti poetici di
natura apologetica o di carattere teologico fra cui una Psychomachia (Combattimento dell'anima), una Hamartigenia
(Genesi del Peccato) ed un Liber Cathemerinon (Inni da recitarsi giornalmente).
Grande sviluppo ebbe in Occidente, a
cavallo fra il IV e V secolo, il pensiero
teologico e filosofico dei padri della chiesa
di lingua latina su cui primeggiano tre
grandi personalit: sant'Ambrogio (morto
nel 397), san Girolamo (347-420) e
sant'Agostino (354-430).
Il primo, di Treviri, diede uno straordinario
impulso al progressivo affrancamento della
Chiesa di Roma dal potere imperiale, grazie
anche al rapporto privilegiato che
intrattenne sia con Graziano che con
Teodosio I e, alla morte di quest'ultimo, con
Vittore Carpaccio, Sant'Agostino nello studio
il reggente Stilicone. La sua produzione
molto vasta e comprende scritti di carattere esegetico, ascetico e dogmatico, oltre a numerosi discorsi, epistole ed
inni. Egli fu infatti il fondatore della innografia in lingua latina di contenuto religioso.
San Girolamo, originario di Stridone, citt posta fra la Pannonia e la Dalmazia, fu uno dei maggiori eruditi del suo
tempo. Fu lui a tradurre il Vecchio Testamento dall'originale ebraico in latino. La sua traduzione, la celebre Vulgata,
diffusissima durante tutta l'et medioevale, fu l'unica ad essere riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa durante il
Concilio di Trento (1545-1563). Girolamo anche ricordato per il De viris illustribus, raccolta di notizie, dati
biografici, riflessioni sugli autori cristiani pi significativi dei primi quattro secoli dell'era volgare.
Nell'Occidente romano visse ed oper infine sant'Agostino, il filosofo e teologo che, nella Storia del Cristianesimo,
occupa un posto secondo solo a quello di San Paolo e fu maestro di San Tommaso d'Aquino e di Giovanni
Calvino.[178]. Fu forse la mente pi alta espressa dalla letteratura latina[179] e fu ...in grado di costruire una filosofia
ineguagliata da qualsiasi greco contemporaneo.[180]
Nativo di Tagaste, in Numidia, Agostino soggiorn per alcuni anni prima a Roma, poi a Milano, dove ebbe modo di
conoscere sant'Ambrogio e ricevere dalle sue mani il battesimo (387). Tornato in Africa, fu ordinato sacerdote (391)
e nominato successivamente Vescovo di Ippona. In questa citt, assediata dalle orde vandale, Agostino si spense nel
430. Della sua enorme produzione vanno segnalate le Confessiones, capolavoro indiscusso di tutta la memorialistica
in lingua latina (redatte nel 397 - 398) e la De civitate Dei nata per difendere i cristiani dalle accuse rivolte ad essi di
essere stati i responsabili del sacco di Roma del 410. L'opera si dilat nel corso degli anni (413 - 427) fino ad
includere i temi pi svariati (filosofia, diritto, metafisica, ecc.) divenendo una vera e propria Summa Teologica del
grande pensatore africano.
Profondamente influenzato da Agostino fu il sacerdote iberico Orosio (attivo fino al 420 circa), che gli fu anche
amico oltre che compagno di fede. Orosio scrisse su invito di Agostino le Historiarum adversus paganos libri
septem (418) lungo resoconto storico-teologico che da Adamo giunge fino all'anno 417 e che si impernia sul concetto
di provvidenza, caro al grande vescovo di Ippona. Subirono la sua influenza anche i galloromani Giovanni Cassiano
(360-435 circa) e Claudiano Mamerto (morto attorno al 475)

Impero romano d'Occidente

40

Lingue
Nella parte occidentale dell'Impero, a differenza che nell'Oriente
romano, lingua ufficiale e lingua d'uso coincidevano. Il latino si
imponeva infatti in ogni ambito della vita pubblica e privata anche
se con modalit regionali e provinciali non sempre agevolmente
documentabili. La persistenza di alcuni idiomi preromani (di
origine soprattutto celta e fenicia) doveva rivestire ancora una
certa importanza nelle zone rurali, ma nelle realt urbane era molto
pi limitata. La stessa conoscenza del greco, cos diffusa un tempo
presso il patriziato, si era andata restringendo, nel corso del IV
secolo (o forse ancor prima), agli intellettuali e agli uomini di
cultura (letterati, filosofi ecc.) non senza significative eccezioni.
Lo stesso Agostino infatti, una delle menti pi alte del suo tempo,
lamentava la scarsa conoscenza che possedeva della lingua greca.
A partire dal 406 circa, l'entrata e lo stanziamento nell'Impero di
popolazioni di etnia prevalentemente germanica ruppe la
compattezza linguistica di questa parte del mondo romano. Pur
tuttavia il latino continu ad essere l'unica lingua scritta e di
cultura della parte occidentale dell'Impero.

Agostino De Civitate Dei, Folio 1 - New York Public


Library

Arte
Per approfondire, vedi Arte tardoantica, arte teodosiana e arte paleocristiana.

Con il progressivo affermarsi del Cristianesimo ha inizio, a partire dalla prima met del IV secolo, la nascita e lo
sviluppo di un'arte paleocristiana che conoscer il suo massimo rigoglio in Italia e particolarmente nelle citt di
Roma, Ravenna e Milano. Questa nuova forma d'arte trover la sua espressione pi alta nella basilica, tipico edificio
romano di incontro ed aggregazione della cittadinanza, adibito dai cristiani al culto. Il primo edificio di questo tipo
fu, con ogni probabilit, la basilica di San Pietro a Roma, fatta innalzare da Costantino I nel terzo decennio del IV
secolo ed interamente ricostruita in et rinascimentale. Sempre del IV secolo a Roma sono le basiliche di San Paolo
fuori le mura, Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano e Santa Sabina. A Ravenna, capitale imperiale dal
402, l'attivit edilizia fu particolarmente intensa durante tutto il V secolo. Le basiliche di San Giovanni Evangelista
(430 circa), di Sant'Agata Maggiore e di Santa Croce sono di questo periodo, come pure il celebre Mausoleo di Galla
Placidia ed il Battistero degli Ortodossi (451 - 460).

Impero romano d'Occidente

41

Le decorazioni interne di questi capolavori


architettonici ravennati sono ancora
permeate dal severo realismo romano e non
risentono delle influenze dell'arte bizantina
(ancora in gestazione) che inizieranno ad
essere percepibili solo in epoca teodoriciana
(493 - 526). A Milano, anch'essa capitale
imperiale durante il IV secolo, fu edificata la
basilica di San Lorenzo (IV secolo, ma con
alcune parti, come la cappella di San Sisto,
del V secolo) nota per i suoi straordinari
mosaici (prima met del V secolo). Nelle
altre province romano-occidentali l'attivit
artistica sembra abbia subito una battuta di
La Porta Nigra di Treviri in una foto del primo Novecento
arresto nel corso del IV secolo. Di questo
periodo sono due celebrati monumenti della
tarda romanit: la basilica di Leptis Magna, fatta innalzare da Costantino I su un'anteriore struttura del I secolo e,
sempre di et costantiniana, la Porta Nigra di Treviri. Sempre a Treviri che, non dimentichiamolo, fu anch'essa
residenza imperiale fin da epoca tetrarchica, si pu ancor oggi ammirare la Basilica, conosciuta come "Aula
Palatina", poderosa struttura in laterizio del IV secolo.

Religione

Le tombe di Eustachio e Valerio primo e secondo vescovo di Treviri


- all'epoca citt capitale

Per approfondire, vedi Cristianesimo e Storia del Cristianesimo.

La politica di tolleranza e, in molti casi, di aperto sostegno al Cristianesimo inaugurata dall'imperatore Costantino I
si consolid nel corso del IV secolo (con un'unica ed effimera battuta di arresto durante il breve regno di Giuliano).
Nel 380 l'imperatore Teodosio I proclam il Cristianesimo religione ufficiale dell'Impero nella sua formulazione
nicena. Sia il paganesimo che l'eresia ariana vennero da quel momento apertamente perseguitati.
Non facile stabilire la reale consistenza delle comunit cristiane nell'Impero Romano d'Occidente alla vigilia delle
invasioni barbariche, ma con ogni probabilit queste rappresentavano oltre la met della popolazione dei territori che
ne facevano parte. Il Cristianesimo era certamente pi diffuso in ambito urbano che rurale e, sotto il profilo

Impero romano d'Occidente


territoriale, pi in prossimit del Mediterraneo (Africa, Hispania orientale e meridionale, Gallia meridionale, Italia,
Dalmazia) che nell'Europa Centrale ed Atlantica.
La popolazione della citt di Roma era in maggioranza cristiana, ma parte dell'aristocrazia senatoria, appoggiata
dalle proprie clientele, continu a mantenersi fedele, ancora per qualche decennio, ai vecchi culti pagani. La
situazione venne a complicarsi nel corso del V secolo, a seguito dello stanziamento di molti popoli di etnia
germanica e di religione ariana in gran parte dei territori romano-occidentali. La loro conversione fu in molti casi
lenta e non si pot realizzare pienamente prima della fine del VII secolo.

Note
[1] Secondo Santo Mazzarino, l'Oriente romano aveva gi assorbito nel 387-388, per volere di Teodosio, la prefettura illirica. Cfr. Santo
Mazzarino, L'Impero romano, Roma-Bari, Laterza, 1990, vol. 2, p. 739. ISBN 88-420-2401-5
[3] ...alla met del V secolo...si pu immaginare che il totale della popolazione [di Roma] dovesse essere qualcosa di pi dei due terzi di un
milione. Cit. da Arnold H. M. Jones, Il Tramonto del Mondo Antico, Bari, Casa Editrice Giuseppe Laterza & Figli, 1972, CL 20-0462-3, pag.
341-342 (Titolo dell'opera originale: Arnold H. M. Jones The Decline of the Ancient World, Lonmans, Green and Co. Ltd, London 1966)
[4] Cfr. Andr Guillou, Rgionalisme et Indpendence dans l'Empire Byzantin au VIIe Sicle. L'example de l'Exarchat et de la Pentapole d'Italie
(Studi storici, Fasc. 75 e 76), Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 1969, pp. 69 - 70 e nota
[5] Cornell, Tim, e John Matthews, Atlante del mondo romano, Istituto Geografico de Agostini, Novara, 1984, p. 142.
[6] Si calcolano dai 250 ai 500 abitanti per ettaro nelle citt fondate dai Romani (sfondo verde). La fonte principale ( Dalle citt dell'Impero
Romano alle campagne dell'Et Medioevale (http:/ / www. problemistics. org/ campagna. citta/ impero. romano. html), i cui riferimenti
bibliografici sono: reperibili qui (http:/ / www. problemistics. org/ campagna. citta/ bibliografia. html)) integrata, per alcune citt, da altre
fonti segnalate nel testo
[7] Tale era la popolazione di Costantinopoli in et teodosiana (379-395). Cfr. Andr Chastagnol, Le Bas-Empire, Parigi, Armand Colin, 1991 (3
ed.), p. 59, ISBN 2-200-32200-3
[8] Ammiano Marcellino, Res Gestae a Fine Corneli Taciti, libri xxxi, 30.6.1-6.
[9] Le fonti antiche esagerano il numero: Eunapio afferma che erano 200.000, Ammiano Marcellino parla di moltitudini (Burns, p. 23).
[10] Lenski, p. 342.
[11] Burns, p. 23.
[12] Burns, p. 25.
[13] Ai Goti vennero destinate zone separate della Tracia (Ammiano Marcellino, Storie, xxi.4.5).
[14] Wolfram, pp. 81-82.
[15] Eunapio, fr. 42; Zosimo, iv.20.5-6; Ammiano Marcellino, xxxi.4.10-11.
[16] Kulikowski, p. 130.
[17] Burns, p. 24.
[18] Si trattava, del resto, di organizzare gli approvvigionamenti per un intero popolo (Wolfram, p. 82).
[19] MacDowall, p. 45.
[20] Cfr. A. Hugo. M. Jones, Il Tardo Impero Romano, 284-682 d.c., Milano, Il Saggiatore, 1973, Vol. I, p. 201 (Titolo orig: The Later Roman
Empire, 284-602, Oxford, Basil Blackwell and Mott Ltd, 1964 trad. di Eligio Petretti
[21] Fioramo G.,(a cura di), Storia delle religioni, Cristianesimo, Dal concilio di Nicea a Gregorio Magno, Laterza, Bari, 2005.
[22] Cfr. Andr Piganiol, L'Empire Chretien (325-395), Parigi, Presses Universitaires de France, 1972 (II edizione curata e aggiornata da Andr
Chastagnol), p. 233
[23] Stephen Williams e Gerald Friell, Teodosio, l'ultima sfida, Genova, ECIG, 1999, p. 46, ISBN 88-7545-848-0
[24] Cfr. Ostrogorsky, Storia dell'Impero bizantino, p. 46.
[25] Heather 2005, p. 237.
[26] Edward Gibbon, Storia della decadenza e caduta dell'Impero romano, Torino, Einaudi, 1967, volume 2, p. 1046
[27] Cfr. Michael Grant, The Fall of Roman Empire, Londra, Weidenfeld & Nicolson, 1990, II ed., p. 9, ISBN 0-297-82008-7
[28] Peter Brown, Il Mondo Tardo Antico, Torino, Einaudi, 1974, p. 95
[29] Citaz. da Peter Brown, op. cit., p. 94
[30] Zosimo, V,4; Claudiano, Ruf., II, 4-6.
[31] Heather, pp. 269-270.
[32] Heather 2005, p. 263.
[33] Heather 2005, pp. 263-264.
[34] Zosimo, V,5.
[35] Claudiano, In Rufinum, I, 308sgg.; Zosimo, V,5.
[36] Claudiano, In Ruf., II,101 sgg.
[37] Claudiano, in Ruf, II, 202 sgg.; Zosimo, V,7; Giovanni Antiocheno, frammento 190; Filostorgio, XI,3.
[38] Claudiano, de IV cons. Hon 459 sgg.; Claudiano, De bello Get., 513-517; Zosimo, V,7.

42

Impero romano d'Occidente


[39] Zosimo, V,11.
[40] Claudiano, In Eutrop., II, 214-218.
[41] Orosio, VII,36.
[42] Claudiano, De bello Gildonico; Zosimo, V,11; Orosio, VII,36.
[43] Per la rivolta di Gainas le fonti sono Zosimo, V,13-22 e Sozomeno, VIII,4. A differenza di Gainas, Zosimo e Sozomeno esprimono un
giudizio positivo su Fravitta, attribuendogli il merito di aver represso con successo la rivolta di Gainas, successo che permise a Fravitta di
ottenere addirittura il titolo di console, prima di essere giustiziato anch'esso per altri motivi.
[44] Halsall, Barbarian migration and the Roman West, p. 202: [Stilicone] stato spesso criticato dagli storici innamorati dell'Impero romano
per non aver finito Alarico. La sua decisione di permettere ad Alarico di ritirarsi in Pannonia ha pi senso se ipotizziamo che l'esercito di
Alarico fosse entrato al servizio di Stilicone, e la vittoria di Stilicone fosse meno totale di quanto ci vorrebbe far credere Claudiano... Narrando
gli eventi del 405, Zosimo narra di un accordo tra Stilicone e Alarico; Alarico era chiaramente al servizio dell'Impero d'Occidente a questo
punto.
[45] Zosimo, V,26.
[46] Zosimo, V,26; Orosio, VII,37.
[47] Orosio, VII,37; Giordane, Romana, 321.
[48] Orosio, VII,37.
[49] Prospero Tirone, s.a. 406; Zosimo, Libro VI.
[50] Zosimo, VI,3.
[51] Zosimo, V,27; Sozomeno, VIII,25 e IX,4.
[52] Zosimo, VI,2.
[53] Zosimo, V,29.
[54] Zosimo, V,31 e V,34-35.
[55] Orosio, VII,38; Filostorgio, XII,2; Namaziano, II,41-60; Jerome, Epistola 123.
[56] Giordane, Getica, 115; Orosio, VII,38.
[57] Sozomeno, IX,4; Orosio, VII,38; Filostorgio, XI,3 e XII,1; Giordane, Romana, 322.
[58] Zosimo V,32
[59] Zosimo, V,37.
[60] Zosimo, V,35.
[61] Zosimo, VI,4.
[62] Orosio, VII,40.
[63] Zosimo lo chiama Terenzio, ma probabilmente una corruzione per "Geronzio", come hanno sostenuto diversi studiosi.
[64] Sozomeno, IX,12.
[65] Zosimo, Libro VI.
[66] Kulikowsky, p. 159.
[67] Heather, p. 258. Secondo Procopio, storico vissuto nel VI secolo, i Barbari avrebbero avuto il riconoscimento dell'occupazione dei territori
da parte di Roma, mentre al contrario Orosio, vissuto all'epoca dei fatti, afferma esplicitamente che l'occupazione fu illegale. Tra le due
testimonianze discordanti, Heather (p. 259) propende a dare credito a quella di Orosio, in quanto fonte pi vicina cronologicamente ai fatti.
[68] Heather 2005, pp. 284-285.
[69] Rutilio Namaziano, De reditu suo, II,4160
[70] Giordane, Getica, 156-158.
[71] Heather 2005, p. 305.
[72] Orosio, VII,42.
[73] Sozomeno, IX,13.
[74] Sozomeno, IX,15.
[75] Olimpiodoro, frammento 8.
[76] Olimpiodoro, frammento 11.
[77] Olimpiodoro, frammento 13.
[78] Orosio, VII,43.
[79] Filostorgio, XII,4.
[80] Olimpiodoro, frammento 15.
[81] Olimpiodoro, frammento 17.
[82] Filostorgio, XII,5.
[83] Olimpiodoro, frammento 20.
[84] Heather 2005, p. 324.
[85] Heather, p. 297.
[86] Heather 2005, pp. 298-299.
[87] Heather 2005, p. 307.
[88] Heather 2005, pp. 307-308.
[89] Idazio, s.a. 420.

43

Impero romano d'Occidente


[90] Secondo Idazio, la sconfitta fu dovuta a un presunto tradimento dei Visigoti, ma bisogna ricordare che Idazio odiava profondamente i
Visigoti, cosicch la sua testimonianza ritenuta poco attendibile da Heather, che attribuisce le cause della sconfitta al valore della coalizione
vandalo-alana. V. Heather, p. 326.
[91] Idazio, s.a. 422; Prospero Tirone, s.a. 422.
[92] Gregorio di Tours, Historia Francorum, II,7.
[93] Filostorgio, XII,12.
[94] Filostorgio, XII,13.
[95] Heather 2005, pp. 303-305.
[96] Cassiodoro, Chronica, s.a. 425; Gregorio di Tours, ii.8; Filostorgio, xii.14; Prospero Tirone, s.a. 425; Chronica gallica 452, 100; Giordane,
Romana, 328; Jones, p. 22.
[97] Gregorio di Tours, ii.8; Merobaude, Carmina, iv, 42-46, e Panegirici, ii.1-4 e 127-143; Zosimo, v.36.1
[98] Gibbon, Cap. XXXIII, p. 518
[99] Massimiliano Pavan, L'Antichit Classica, Roma, Edizioni Studium, 1977, p. 386
[100] Heather 2005, pp. 467-468. Heather, a sostegno della sua tesi, cita la cronaca di Idazio, che accenna a rinforzi inviati dall'Imperatore
Marciano in soccorso dell'Italia quando essa fu invasa dagli Unni di Attila.
[101] Idazio, s.a. 425.
[102] Secondo Procopio fu invece Ezio a cospirare contro Bonifacio: ma Procopio era uno storico vissuto un secolo dopo i fatti, mentre le
cronache contemporanee o di pochi anni posteriori sostengono che invece fu Felice a cospirare. Gli storici odierni propendono a dare maggior
credito alle cronache del V secolo piuttosto che a Procopio. V. Heather, p. 320.
[103] Procopio, III,3.
[104] Heather 2005, p. 320.
[105] Salviano, De gubernatione Dei, Libro V (http:/ / www. tertullian. org/ fathers/ salvian_gov_05_book5. htm).
[106] Heather, p. 350.
[107] Kelly, p. 92.
[108] Chron. Gall. 452, 118; Idazio, Chron. 99; Prospero, Chron., ap 408 (=435).
[109] Halsall, p. 244.
[110] Kelly, p. 94.
[111] Kelly, pp. 95-96.
[112] Heather, p. 351.
[113] Sidonio Apollinare, Carmina VII 297-309; Prospero Tirone, s.a. 439; Idazio, 117 (s.a. 439); Cronaca gallica dell'anno 452 123 (s.a. 439).
[114] Heather, p. 352.
[115] Si ritiene, in base a un passo del panegirico di Maggioriano scritto da Sidonio, che i Vandali siano diventati valenti pirati sfruttando le
conoscenze della popolazione nativa romana, nonostante una legge del Codex Theodosianus prevedesse la pena capitale per tutti coloro che
avessero insegnato un barbaro a costruire una nave (in particolare venivano bruciati vivi). V. Heather 2005, p. 484.
[116] Heather 2005, pp. 354-355.
[117] Nov. Val., 13. Citato in Heather, p. 361.
[118] Nov. Val. 10, citato in Heather 2005, p. 362.
[119] La riduzione delle tasse nella Numidia e nelle Mauritanie, conseguenti alle devastazioni dei Vandali, comport la perdita di 106.200 solidi
all'anno. Considerando che un fante comitatense aveva un reddito di sei solidi all'anno e un cavaliere 10,5 solidi all'anno, si stima che la
riduzione delle imposte nelle Mauritanie e in Numidia abbia provocato il licenziamento di 18.000 fanti o 10.000 cavalieri. Se a ci si aggiunge
la perdita della Proconsolare, della Byzacena e del resto della Numidia, molto pi prospere, il numero di soldati licenziati stimati aumenta
drammaticamente, ammontando a 40.000 fanti o 20.000 cavalieri persi. V. Heather 2005, p. 363.
[120] Cronaca gallica del 452, s.a. 443.
[121] Cronaca gallica del 452, s.a. 442.
[122] Cronaca gallica del 452, s.a. 440.
[123] Chron. Gall. 452, 127.
[124] Halsall, p. 248.
[125] Idazio, s.a. 441.
[126] Idazio, s.a. 446.
[127] Heather 2005, p. 417.
[128] Heather, p. 408.
[129] Heather, pp. 408-410.
[130] Heather, pp. 411-412.
[131] Heather, p. 412. Idazio narra infatti che gli Unni furono massacrati dagli ausiliari inviati dall'Imperatore Marciano e guidati da Ezio
[132] Heather, pp. 412-413.
[133] Giovanni di Antiochia, frammento 224.
[134] Heather, pp. 414-415.
[135] Heather, p. 415.
[136] Heather, p. 416.

44

Impero romano d'Occidente


[137] Heather, p. 420.
[138] Heather, p. 456.
[139] Giovanni di Antiochia, frammento 225.
[140] Sidonio Apollinare, Carmina, v.385-440 e A. Loyen, Recherches historiques sur les pangiriques de Sidonine Apollinaire, Parigi 1942, pp.
76-77 e nota 5, citati in Savino, Eliodoro, Campania tardoantica (284-604 d.C.), Edipuglia, 2005, ISBN 88-7228-257-8, p. 84.
[141] Gibbon.
[142] Sidonio Apollinare, Carmina, v.441-442.
[143] Sidonio Apollinare, Carmina, v.474-477.
[144] Idazio, Cronaca, 197, s.a. 459; Gregorio di Tours, Storia dei Franchi, ii.11.
[145] Prisco, frammento 27.
[146] Si tratta del Carmen v.
[147] Sidonio Apollinare, Carmina, v.574-585.
[148] Roger Collins, Visigothic Spain, 409-711, Blackwell Publishing, 2004, ISBN 0-631-18185-7, p. 32.
[149] Chronica gallica anno 511, 634; Mario di Avenches, s.a. 460; Idazio, Cronaca, 200, s.a. 460.
[150] Giovanni di Antiochia, frammento 226.
[151] Kulikowsky, p. 192.
[152] Cassiodoro, s.a. 465.
[153] Procopio, III,6.
[154] Heather, p. 477 e pp. 488-489.
[155] Giordane, Getica, 237-238.
[156] Cronaca gallica del 511, s.a. 571.
[157] Cronaca gallica del 511, s.a. 476.
[158] Giordane, Getica, 240.
[159] Cronaca gallica del 511, s.a. 473.
[160] Giovanni di Antiochia, frammento 232.
[161] Giovanni di Antiochia, frammento 227.
[162] Anonimo Valesiano, Parte II, 7.
[163] Procopio, V,1.
[164] Conte Marcellino, s.a. 476.
[165] Anonimo Valesiano, Parte II, 8.
[166] Heather 2010, pp. 439-440.
[167] .
[168] ).
[169] Stazionaria era l'economia, stazionaria divenne anche la societ.
[171] Franz Georg maier, op. cit., p. 160
[172] Heather 2010, pp. 445-446.
[173] Heather 2005, pp. 303-305.
[174] Heather 2005, pp. 361-362.
[175] Heather stima, in base a un calcolo matematico, che a causa della perdita del Nord Africa, lo stato dovette licenziare almeno 40.000 fanti o
20.000 cavalieri. Cfr. Heather 2005, p. 363.
[176] Heather 2010, p. 447.
[177] cit. da: Peter Brown, op. cit., p. 96
[178] M. Hadas, A History of Latin Literature, 1952, p. 438f, sta in: Michael Grant, From Rome to Byzantium, the Fifth Century AD, Londra e
New York, Routledge, 1998, p. 78, ISBN 0-415-14753-0
[179] M. Hadas, op. cit., p. 438f
[180] cit. da: Peter Brown, op. cit., p. 94

45

Impero romano d'Occidente

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Voci correlate

Impero romano
Impero bizantino
Invasioni barbariche
Odoacre
Teodosio I

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Crisi del III secolo


Con l'espressione crisi del III secolo ci
si riferisce ad un'epoca della storia
dell'Impero
romano
compresa
all'incirca tra il 235 ed il 284 d.C.,
ovverosia tra il termine della dinastia
dei Severi e l'ascesa al potere di
Diocleziano.
Durante
essa
si
manifestarono
simultaneamente
situazioni estremamente problematiche
in diversi campi, come: l'aumento della
pressione nemica sui confini, spesso
accompagnata da secessioni (cfr.
Lato meridionale della mura Aureliane, di cui si dot Roma in seguito alla profonda crisi
Impero delle Gallie e Regno di
del III secolo in cui vers l'Impero romano.
Palmira) e disordini interni (la qual
cosa comporter riforme strutturali
della tradizionale unit militare romana, la legione), la crisi del tradizionale sistema economico e, soprattutto, la
grave instabilit politica ("anarchia militare").
La causa principale della crisi pu essere ricercata nella fine dell'idea di Impero tipica delle dinastie giulio-claudia ed
antonina basata sulla collaborazione tra l'imperatore, il potere militare e le forze politico-economiche interne. Nei
primi due secoli dell'Impero la contrapposizione tra autorit politica e potere militare si era mantenuta, anche se
pericolosamente (guerre civili), all'interno di un certo equilibrio, garantito anche dalle enormi ricchezze che
affluivano allo Stato e ai privati tramite le campagne di conquista. Nel III secolo d.C., per, tutte le energie dello
Stato venivano spese non per ampliare, ma per difendere i confini dalle invasioni barbare. Quindi, con l'esaurimento
delle conquiste, il peso economico e l'energia politica delle legioni finirono per rovesciarsi all'interno dell'Impero
invece che all'esterno, con il risultato che l'esercito, che era stato il fattore principale della potenza economica, fin
per diventare un peso sempre pi schiacciante, mentre la sua prepotenza politica diventava una fonte permanente di
anarchia. La cosa pi sorprendente di questa gravissima crisi che l'Impero sia riuscito a superarla[1].

Crisi del III secolo

49

Contesto storico

Albero genealogico dei Severi.

Per approfondire, vedi Dinastia dei Severi.

Gi nel 192, con la fine della dinastia degli Antonini, l'Impero romano concludeva un periodo universalmente
riconosciuto come prospero e ricco. Alla scomparsa di Commodo (ucciso da una congiura) si apr un periodo di
instabilit politica che caus una guerra civile durata cinque anni, dal 193 al 197, con scontri tra legioni acquartierate
in diverse regioni dell'Impero, ciascuna delle quali sosteneva il proprio generale.
Ebbe la meglio Settimio Severo, governatore della Pannonia e originario della Tripolitania, che pose le basi per il
successivo sistema autocratico fondato sugli imperatori militari:[2] favor infatti gli ufficiali delle armate legionarie a
discapito della classe senatoria ed insedi una legione ad Albano Laziale, a dispetto della tradizione che voleva
l'Italia libera dagli eserciti. Con le confische di beni appartenenti ai suoi avversari politici, rimpolp la cassa
imperiale detta fiscus, ben differenziata dalla cassa statale (l'erarius), che doveva coprire i costi della complessa e
articolata macchina burocratica e amministrativa dell'Impero. Diede impulso agli studi di diritto e nomin il pi
importante giurista del tempo, Papiniano, Praefectus urbi, con poteri di polizia e repressione criminale su Roma. Con
Settimio Severo si accentu inoltre il culto dell'imperatore, basato su un'idea di sacralit della monarchia, che aveva
origine dalle regioni orientali, Egitto in testa, e dalla Grecia di Alessandro Magno.
Fu cos che Settimio Severo adott il titolo di Dominus ac Deus, al posto di quello di princeps (che sottintendeva la
condivisione del potere col Senato[3]), e regol i meccanismi di successione assegnandosi il titolo di Augustus ed
usando quello di Caesar per il suo successore designato. Sua moglie Giulia Domna, di origine siriaca, promosse
attivamente l'arrivo a Roma di culti monoteistici solari, che sottolineavano l'analogia tra ordine imperiale e ordine
cosmico.
Il nuovo ordine promosso da Settimio Severo si scontr presto con i problemi derivati dallo scoppio di nuove guerre.
Gi l'imperatore Caracalla dovette guerreggiare contro i Parti, a oriente, e i Marcomanni, lungo il confine
renano-danubiano, peggiorando notevolmente le finanze statali. Per risolvere le difficolt si fecero delle scelte che
alla lunga si rivelarono dannose: l'arruolamento sempre pi massiccio degli stessi germani nell'esercito e, dalla fine
del II secolo, la diminuzione del metallo prezioso nelle monete, che caus inflazione.
Nel 212-213 Caracalla promulg la Constitutio Antoniniana, con la quale estendeva la cittadinanza romana a tutti gli
individui liberi dell'impero, un atto di difficile interpretazione, anche perch non ci giunto il suo testo originale. In
genere si sottolineata la volont di abbattere le barriere tra centro e periferia, ma, grazie anche alla scoperta di un
frammento nella biblioteca di Giessen, si supposto fosse un provvedimento di portata pi ridotta, legato soprattutto
alle lite ed escludente le popolazioni che volontariamente si erano assoggettate a Roma (i dediticii), infatti all'epoca

Crisi del III secolo

50

del provvedimento non abbiamo notizie di alcuno scalpore, quindi non fu probabilmente una rivoluzione. L'Editto,
pur con tutti i suoi limiti, present tuttavia dei caratteri altamente innovativi destinati ad avere una profonda
ripercussione sui futuri assetti sociali ed economici dell'Impero. Il provvedimento ebbe infatti riflessi nell'economia
erariale, perch estendeva il sistema fiscale ai nuovi cittadini e aumentava la decentralizzazione del potere: il fulcro
ormai si stava spostando da Roma e dalle province di tradizionale appannaggio senatorio a quelle pi decentrate,
dove maggiore era la presenza degli eserciti. Nel 217 Macrino, prefetto del pretorio, elimin Caracalla. Il suo regno
dur solo quattordici mesi. Fu infatti spodestato da Eliogabalo, autore di una discussa riforma religiosa e assassinato
da una guardia pretoriana (222). Gli successe il cugino Severo Alessandro, ucciso nel 235 da una rivolta dei soldati
lungo il confine renano. Si assisteva quindi a una sempre pi chiara tendenza di dominio dell'esercito nel processo di
scelta e acclamazione dell'imperatore.

Analisi della crisi


Per approfondire, vedi Alto Impero romano, Imperatori romani e usurpatori romani.

I cambiamenti nelle istituzioni, nella societ, nella vita economica e, di conseguenza anche nel modo di pensare e
nella religione furono cos profondi e fondamentali, che la "crisi del III secolo" sempre pi vista come lo
spartiacque che contrassegna la differenza fra il mondo classico e quello della tarda antichit, che gi porta in s i
germi del Medioevo.
Durante i circa 50 anni della crisi pi di una ventina di imperatori si succedettero sul trono, regnando a volte
contemporaneamente su parti diverse del territorio. Si trattava in genere di comandanti militari che venivano
proclamati imperatori dalle proprie legioni e riuscivano a mantenere il potere per una media di due o tre anni, prima
di essere a loro volta assassinati dal loro successore.
La crisi si arrest solo con una serie di imperatori che provenivano dai ranghi militari e dalla provincia della
Dalmazia[4], i quali grazie alla loro abilit militare riuscirono a riunificare l'Impero e a difenderne efficacemente i
confini, e con la drastica riforma imposta da Diocleziano nel 284, che permise la prosecuzione dell'Impero per quasi
altri due secoli come "tardo impero romano".

Crisi politico-militare

Le invasioni barbariche del III secolo.

Per approfondire, vedi Anarchia militare, Impero delle Gallie e Regno di Palmira.
Per approfondire, vedi invasioni barbariche del III secolo e guerre romano sasanidi (224-363).

Crisi del III secolo

51

Il periodo si considera iniziare nel 235, quando l'imperatore Alessandro Severo fu assassinato dai soldati durante una
campagna contro gli Alamanni lungo il fronte settentrionale, al ritorno dal fronte orientale dopo tre anni di campagne
contro i Sasanidi della Persia. La pressione dei barbari lungo le frontiere settentrionali e quella, contemporanea, dei
Sasanidi in Oriente, si erano non solo intensificate, ma avevano diffuso la sensazione che l'impero fosse totalmente
accerchiato dai nemici.[5] Si rivelavano ormai inefficaci gli strumenti della diplomazia tradizionale, usati fin dai
tempi di Augusto e basati sulla minaccia dell'uso della forza e sulla fomentazione di dissidi interni alle diverse trib
ostili per tenerle impegnate le une contro le altre. Si rendeva necessario ricorrere immediatamente alla forza,
schierando armate tatticamente superiori e capaci di intercettare il pi rapidamente possibile ogni possibile via di
invasione dei barbari; la strategia era per resa difficoltosa dal dover presidiare immensi tratti di frontiera con
contingenti militari per lo pi scarsi.[6] Molti degli imperatori che vennero via via proclamati dalle legioni nell'arco
di venticinque anni non riuscirono neppure a metter piede a Roma, n tanto meno, durante i loro brevissimi regni, a
intraprendere riforme interne, poich permanentemente occupati a difendere il trono imperiale dagli altri pretendenti
a il territorio dai nemici esterni.
Queste difficolt costrinsero l'imperatore Valeriano (253-260), a spartire con il figlio Gallieno (253-268)
l'amministrazione dello Stato romano, affidando a quest'ultimo la parte occidentale e riservando per s quella
orientale, come in passato era gi avvenuto con Marco Aurelio e Lucio Vero (161-169).[7][8] Il punto pi basso si
raggiunse nel 260, quando Valeriano fu sconfitto in battaglia e preso prigioniero dai Sasanidi, morendo in prigionia
senza che fosse possibile intraprendere una spedizione militare per liberarlo.
Come conseguenza di questa grave sconfitta l'impero
sub una scissione in tre parti per quasi quindici anni,
che per ne permisero la sopravvivenza: ad Occidente
l'Impero delle Gallie, retto dagli usurpatori come
Postumo (260-268),[9] Leliano (268), Marco Aurelio
Mario (268-269), Vittorino (269-271), Domiziano II
(271) e Tetrico (271-274); mentre ad Oriente il Regno
di Palmira, dove si alternarono prima Settimio
Odenato, nominato da Gallieno corrector totius
Orientis, dal 262, poi il figlio Vaballato insieme alla
madre Zenobia fino al 272.[10] Scrive Eutropio:
Rilievo a Bishapur celebrante la presunta (e probabilmente falsa)
vittoria di Sapore I sui Romani: Gordiano III calpestato dal cavallo
del re sasanide, mentre Filippo l'Arabo (in ginocchio davanti Sapore,
che tratta la resa). invece tenuto stretto da Sapore l'imperatore
[]
Valeriano, catturato dalle armate sasanidi.

Avendo cos Gallieno abbandonato lo Stato, l'Impero romano fu salvato in Occidente da Postumo ed in Oriente da
Odenato.
(Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 11.)

Aggiungiamo che gli "imperatori delle Gallie" non solo formarono un proprio Senato presso il loro maggiore centro
di Augusta Treverorum e attribuirono i classici titoli di console, Pontefice massimo o tribuno della plebe ai loro
magistrati nel nome di Roma aeterna,[11] ma assunsero anche la normale titolatura imperiale, coniando monete
presso la zecca di Lugdunum, aspirando all'unit con Roma e, cosa ben pi importante, non pensando mai di
marciare contro gli imperatori cosiddetti "legittimi" (come Gallieno, Claudio il Gotico, Quintillo o Aureliano), che
regnavano su Roma (vale a dire coloro che governavano l'Italia, le province africane occidentali fino alla
Tripolitania, le province danubiane e dell'area balcaniche). Essi, al contrario, sentivano di dover difendere i confini

Crisi del III secolo

52

renani ed il litorale gallico dagli attacchi delle popolazioni germaniche di Franchi, Sassoni ed Alemanni. L'Imperium
Galliarum risult, pertanto, una delle tre aree territoriali che permise di conservare a Roma la sua parte
occidentale.[10]
E se da un lato l'impero romano sembra
abbia attraversato, sotto Gallieno uno dei
periodi pi "bui" della sua storia, questo
imperatore rappresent il punto di svolta nel
tragico periodo della crisi del III secolo, che
era seguito alla dinastia dei Severi. Non un
caso che proprio Gallieno sia stato il primo a
regnare per quindici anni (sette con il padre
ed otto da solo), cosa assai rara se si
considera il primo periodo dell'anarchia
militare (dal 235 al 253). Era, infatti, dai
tempi di Settimio Severo (193-211) che un
Imperatore romano non regnava tanto a
lungo.

L'Impero romano degli imperatori legittimi al centro, con l'Impero delle Gallie ad
Occidente, il Regno di Palmira a Oriente, all'apice del periodo dell'Anarchia
militare (260-274).

La vittoria di Claudio il Gotico contro i Goti


nella battaglia di Naisso del 268 fu una
significativa svolta nella crisi. Con lui e il suo successore Aureliano (270-276) furono ripresi l'impero delle Gallie e
il regno di Palmira, che si erano staccati dall'Impero durante il Principato di Gallieno: l'impero romano era
nuovamente riunito e le truppe di frontiera di nuovo al loro posto.[12][13]
In conclusione, la crisi politico-militare fu caratterizzata almeno da tre conflitti: quello esterno, innescato dalle
invasioni barbariche; quello interno, tra l'aristocrazia senatoria ed i comandanti militari; e quello nelle file
dell'esercito tra generali, imperatori ed usurpatori.
L'anarchia militare durata 50 anni dimostr la maggiore importanza dell'elemento militare che doveva difendere
l'Impero rispetto al Senato che aveva ormai perso non solo autorit, ma anche autorevolezza. Gli imperatori ormai
non provenivano pi dai ranghi del Senato, ma erano i generali che avevano fatto carriera nell'esercito ed erano stati
proclamati dai soldati, ottenendo il potere dopo aver combattuto contro altri comandanti. Con la riforma dell'esercito
operata da Gallieno (260-268) il Senato di Roma fin per essere escluso non solo sostanzialmente, ma anche
ufficialmente dal comando militare, in quanto l'imperatore decret che le legioni potessero essere guidate anche da
praefecti di rango equestre (in precedenza il comando delle legioni era monopolio di legati di classe senatoria).

Crisi demografica e territoriale


Per approfondire, vedi Peste antonina.
Per approfondire, vedi Agri decumates e Dacia (provincia romana).

Dopo il primo assalto avvenuto durante l'epoca di Marco Aurelio, un'altra pesantissima e ancor pi devastante
epidemia di peste colp i territori dell'Impero nel ventennio 250-270. Si calcolato che il morbo abbia mietuto
milioni di vittime e che alla fine la popolazione dell'Impero fosse ridotta del 30 per cento, da 70 a 50 milioni di
abitanti.[14] A tutto ci si aggiunga che il prezzo da pagare per la sopravvivenza dell'Impero fu molto alto anche in
termini territoriali. A partire infatti dal 260 gli Imperatori che si susseguirono dovettero abbandonare, in modo
definitivo, i cosiddetti Agri decumates (sotto Gallieno)[15] e l'intera provincia delle Tre Dacie (sotto Aureliano, nel
271 circa),[16] oltre perdere seppure in via temporanea della provincia di Mesopotamia, rioccupata solo con Galerio

Crisi del III secolo


(verso la fine del III secolo).[17]

Crisi economica e commerciale

Lapide con parte del testo dell'editto sui prezzi massimi di


Diocleziano, al Pergamonmuseum di Berlino.

Per approfondire, vedi Economia dell'Impero romano, riforma monetaria di Caracalla e riforma monetaria di
Aureliano.

L'economia dell'impero romano nei primi due secoli si era basata sulla conquista militare di nuovi territori e sullo
sfruttamento schiavistico delle campagne: in mancanza di nuove conquiste e dei bottini di guerra le spese dello Stato,
sempre pi impellenti per poter far fronte alle pressioni esterne, furono coperte con un progressivo aumento delle
tassazioni, proprio quando la diminuzione del numero di schiavi minava le possibilit economiche dei cittadini.
Gradualmente la ricchezza, l'importanza politica, sociale, istituzionale e culturale si era livellata tra il centro e le
province dell'Impero romano, sebbene con disparit ancora evidenti (in genere le province orientali erano
economicamente pi sviluppate di quelle occidentali). Per Roma e l'Italia questo ebbe conseguenze negative, poich
ivi la forza lavoro era costituita prevalentemente dagli schiavi, che venivano catturati durante le guerre. Sembra che
se la situazione di pace dell'epoca degli Antonini avesse prodotto, per quanto riguarda la Citt eterna e molte regioni
italiane, una crescita demografica di considerevoli proporzioni, nel contempo vi aveva causato un calo produttivo
acuito da una sempre pi agguerrita concorrenza delle province. Il reperimento di manodopera servile a basso costo,
formata soprattutto da schiavi, non aveva fino ad allora rese necessarie particolari evoluzioni tecniche.
La pressione fiscale divenne insostenibile per molti piccoli proprietari, costretti a indebitarsi e quindi a vendere le
proprie terre, per andare a lavorare in condizioni di semischiavit sotto i grandi proprietari (colonato). Per questo
fenomeno e per il calo demografico determinato dalle perdite umane nei numerosi conflitti, molte terre furono
abbandonate e cessarono di essere produttive (fenomeno degli agri deserti).[18] Le difficolt di comunicazione in
seguito ai numerosi conflitti avevano in diversi casi reso indispensabile la riscossione diretta delle tasse da parte
dello stesso esercito, causando abusi e trasformandosi a volte in un vero e proprio diritto di saccheggio.
Lo spopolamento di intere regioni fu, inoltre, causato anche da elementi climatici e sociali: i contadini, infatti, non
conoscevano la rotazione delle colture e via via che la terra diventava improduttiva si dovevano spostare verso altre
aree. Si diffusero cos i latifondi scarsamente produttivi e il ceto dei contadini liberi si assottigli, sostituito prima
dagli schiavi e, successivamente, dai coloni affittuari. La scarsa capacit di acquisto delle classi subalterne impediva
una qualsiasi crescita del mercato economico. Mancava inoltre qualsiasi politica di sussidi statali all'agricoltura e alle
manifatture. Fin dalla riforma di Settimio Severo, i soldati romani vennero a costituire una casta (ereditaria) di

53

Crisi del III secolo

54

privilegiati mentre gli altri, soprattutto gli agricoltori, si trovarono oberati da tasse. Di conseguenza in molti
cercarono di abbandonare la terra per trasferirsi in citt. Fin dalla fine del III secolo, e ancor pi nel secolo
successivo, lo Stato cerc di approntare una serie di meccanismi ed eman alcune disposizioni legali tese a impedire
l'abbandono della terra da parte dei contadini non proprietari che, a vario titolo, la coltivavano. Era nata la servit
della gleba.
Mentre per questi fattori l'impero si andava gradualmente impoverendo, le situazioni ai confini si stavano facendo
sempre pi critiche, con richieste di tributi per sostenere la macchina militare che sempre con maggiori difficolt
venivano coperti. Le aree spopolate vennero in seguito concesse ad alcune popolazioni barbariche che per prime si
stabilirono nell'Impero come foederati.
Le continue scorrerie da parte dei barbari nei vent'anni successivi alla fine della dinastia dei Severi avevano messo in
ginocchio l'economia ed il commercio dell'Impero romano. Numerose fattorie e raccolti erano stati distrutti, se non
dai barbari, da bande di briganti e dalle armate romane alla ricerca di sostentamento, durante le campagne militari
combattute sia contro i nemici esterni, sia contro quelli interni (usurpatori alla porpora imperiale). La scarsit di cibo
generava, inoltre, una domanda superiore all'offerta di derrate alimentari, con evidenti conseguenze inflazionistiche
sui beni di prima necessit.[19] A tutto ci si aggiungeva un costante reclutamento forzato di militari, a danno della
manovalanza impiegata nelle campagne agricole, con conseguente abbandono di numerose fattorie e vaste aree di
campi da coltivare. Questa impellente richiesta di soldati, a sua volta, aveva generato una implicita corsa al rialzo del
prezzo per ottenere la porpora imperiale. Ogni nuovo imperatore o usurpatore era costretto, pertanto, ad offrire al
proprio esercito crescenti donativi e paghe sempre pi remunerative, con grave danno per l'aerarium imperiale,[20]
spesso costretto a coprire queste spese straordinarie con la confisca di enormi patrimoni di cittadini privati, vittime in
questi anni di proscrizioni "di parte".[21]
La crisi era aggravata, inoltre, dall'iperinflazione causata da anni di svalutazione della moneta.[22] Questa si era resa
necessaria gi sotto gli imperatori della dinastia dei Severi, che per far fronte alle necessit militari avevano ampliato
l'esercito di un quarto e raddoppiata la paga base.[23] Le spese militari costituivano poi il 75% circa del bilancio
totale statale, in quanto poca era la spesa "sociale", mentre tutto il resto era utilizzato in progetti di prestigiose
costruzioni a Roma e nelle province; a ci si aggiungeva un sussidio in grano per coloro che risultavano disoccupati,
oltre ad aiuti al proletariato di Roma (congiaria) e sussidi alle famiglie italiche (simile ai moderni assegni familiari)
per incoraggiarle a generare pi figli.[24]
COSTO DELL'ESERCITO COME % SUL PIL DELL'IMPERO ROMANO
Data

Impero
popolazione

14 d.C.

46 milioni

150 d.C.

61 milioni

215 d.C.

[25]
[28]

50 milioni(d)

Impero PIL
(milioni di
denarii)(a)
[26]

5.000

Effettivi esercito

260.000

Costo dell'esercito (% del


PIL)

Costo dell'esercito
(milioni di
denarii)(a)
[27]

2.5%

123

6.800(b)

383.000

194(c)

5.435(b)

442.000

223(c)

2.9%
'
4.1%

Notes:
(a) Valore costante al 14 d.C. espresso in denarii, slegato da aumenti della paga militare per compensare la svalutazione monetaria
(b) nell'ipotesi di una crescita trascurabile del PIL pro capite (normale per un'economia agricola)
(c) Duncan-Jones costi degli anni 14-84 costi, inflazionati dall'aumento dell'esercito, assumendo anche bonus pagati agli ausiliari dopo l'84
[29]
(d) assumendo un declino del 22.5% nella popolazione, dovuto alla peste antonina degli anni 165-180 (media tra il 15-30%)

Gli imperatori successivi, il cui potere dipendeva interamente dall'esercito, erano costretti a continue nuove
emissioni per pagare i soldati ed effettuare i tradizionali donativi: il metallo effettivamente presente nelle monete si
ridusse progressivamente, pur conservando queste lo stesso valore teorico. Ci ebbe l'effetto prevedibile di causare

Crisi del III secolo

55

un'inflazione galoppante e quando Diocleziano arriv al potere il sistema monetario era quasi al collasso: persino lo
Stato pretendeva il pagamento delle tasse in natura invece che in moneta e il denario, la tradizionale moneta
d'argento, usata per pi di 300 anni, era poco apprezzata. Sappiamo infatti che, sotto Cesare ed Augusto, il denario
aveva un peso teorico di circa 1/84 di libbra, ridotto da Nerone a 1/96 (pari ad una riduzione del peso della lega del
12,5%). Contemporaneamente, oltre alla riduzione del suo peso, vi era anche una riduzione del tuo titolo (% di
argento presente nella lega), che pass dal 97-98% dell'epoca augustea al 93,5% (per una riduzione complessiva del
solo argento del 16,5% ca).[30] Il denario, infatti, continu il suo declino durante tutto l'impero di Commodo e di
Settimio Severo, tanto da vedere ridotto il proprio titolo a meno del 50% di argento.[31] Con la riforma monetaria di
Caracalla, venne introdotto, a fianco del denario e poi in sua sostituzione, l'antoniniano (all'inizio del 215),
completamente d'argento, pi grande del denario, e per differenziarlo da quest'ultimo presentava l'imperatore che
indossava una corona radiata (non inceve una corona d'alloro, come sul denario), indicando cos il suo valore doppio
(come nel dupondio, che valeva due assi). Anche se di valore doppio del denario, l'antoniniano non pes mai pi di
1,6 volte il peso del denario. Il denario continu ad essere emesso accanto all'antoniniano, ma durante la met del III
secolo d.C. fu rapidamente svalutato per far fronte al permanente stato di guerra del periodo. Attorno al 250
conteneva ancora il 30-40% di argento, una decina d'anni pi tardi ne conteneva solo il 5%, mentre il restante 95%
era di rame.[32] Vi da aggiungere che se inizialmente il rapporto con l'aureo era di 25:1 (un aureo = 25 antoniniani)
o forse di 50:1, al tempo di Aureliano giunse addirittura a 800:1.[32]
Peso teorico dei Denari: da Cesare alla riforma di Aureliano (274)
Denario

Cesare

Augusto
(post 2
a.C.)

Nerone
(post 64)

Traiano

Marco
Aurelio
(post 170)

Commodo

Settimio
Severo (post
[31]
197
)

Caracalla
(post 215)

Aureliano
(post 274)

Peso teorico (della


lega): in libbre
(=327,168 grammi)

1/84

1/84

1/96

1/99

1/100

1/111

1/111

1/105

1/126

Peso teorico (della


lega): in grammi

3.895
grammi

3.895
grammi

3.408
grammi

3.305
[33]
grammi

3.253
grammi

2.947
[34]
grammi

2.947 grammi

3.116
[35]
grammi

2.600
[36]
grammi

% del titolo di solo


argento:

98%

97%

3,817
grammi

3,778
grammi

Peso teorico
(argento): in
grammi

93,5%

[37]

3,186
grammi

89,0%

[37]

2,941
grammi

[38]

79,0%

2,570
[38]
grammi

[37]

73,5%

2.166
grammi

[39]

58%

1.710 grammi

[35]

46%

1,433
grammi

[36]

2,5%

0,065
grammi

Contemporaneamente l'aureo, era passato nel tempo, da un peso teorico di 1/40 di libbra (epoca di Cesare) a 1/45
(sotto Nerone, con una svalutazione dell'11%) per raggiungere sotto Caracalla un peso di 1/50 di libbra (6,54g). Nel
corso poi di tutto il III secolo la svalutazione era continuata fino a Diocleziano (1/60 di libbra, pari a5,45 g[40]),
seppure vi fosse stato un correttivo da parte di Aureliano[41] il quale, attraverso la sua riforma del 274, aveva
riportato il peso dell'aureo ad 1/50 di libbra.[42] La corsa per alla svalutazione era continuata, tanto che al tempo di
Marco Aurelio Caro, il peso dell'aureo era stato ridotto fino ad 1/70 (come dimostra la lettera greca "O" stampata su
alcune monete, equivalente al numero 70[43]).[41]

Crisi del III secolo

56

Peso teorico degli Aurei: da Cesare alla riforma di Diocleziano (294-301)


Aureo

Peso
teorico:
in libbre
(=327,168
grammi)
Peso
teorico:
in
grammi

Cesare Augusto
(post 2
a.C.)
1/40

1/42

Nerone
(post 64)

1/45

[37]

Domiziano Domiziano Traiano


[37]
[37]
(82
)
(85
)

(1/42.2)

(1/43.3)

(1/44.8)

Settimio Caracalla Caracalla Aureliano Aureliano


[37] (ante 215) (post 215) (ante 274)
Severo
(post
[42]
274
)
(1/45.4)

(1/43.9)

8.179g 7.790g 7.270g[37] 7.750g[37] 7.550g[37] 7.300g[37] 7.200g[37] 7.450g[37]

Caro

Diocleziano

1/50

1/60

1/50

1/70

1/60

6.543g

5.453g

6.543g

4.674g

5.453g

A tutto ci aggiungiamo che nei primi due secoli dell'et imperiale, l'acquisto di enormi quantit di prodotti di lusso
provenienti dalle regioni asiatiche era stato regolato con monete, soprattutto d'argento (monete romane sono state
trovate anche in regioni molto lontane), tanto che la continua fuoriuscita di metallo prezioso (non bilanciata dalla
produzione delle miniere, visto che i giacimenti erano ormai in esaurimento dopo secoli di sfruttamento) fin per
determinare nel Tardo Impero una rarefazione dell'oro e dell'argento all'interno dei confini imperiali, accelerando
cos la perversa spirale di diminuzione della quantit effettiva di metallo prezioso nelle monete coniate dai vari
imperatori.[44]
Inoltre, l'instabilit politica ebbe pesantissimi effetti anche sui traffici commerciali. Ecco come lo storico Henry
Moss descrive la situazione dei trasporti e della rete commerciale dell'Impero prima della crisi:
Attraverso queste strade passava un traffico sempre crescente, non soltanto di truppe e funzionari, ma di commercianti,
mercanzie e perfino di turisti. Lo scambio di merci fra le varie province si era sviluppato rapidamente, e presto raggiunse
una scala senza precedenti nella storia, che non si ripet fino a pochi secoli fa. I metalli estratti nelle regioni montagnose
dell'Europa occidentale, pelli, panni e bestiame dai distretti pastorali della Britannia, Spagna e dai mercati del Mar Nero,
vino ed olio dalla Provenza e dall'Aquitania, legname, pece e cera dalla Russia meridionale e dal nord dell'Anatolia, frutta
secca dalla Siria, marmo dai litorali egei e - il pi importante di tutti - grano dai distretti dell'Africa del nord, dell'Egitto e
della valle del Danubio per i bisogni delle grandi citt; tutti questi prodotti, sotto l'influenza di un sistema altamente
organizzato di trasporto e vendita, si muovevano liberamente da un angolo all'altro dell'Impero.
(H. St. L. B. Moss, The Birth of the Middle Ages p 1.)

Con la crisi del III secolo questa ampia rete commerciale fu rotta. L'agitazione civile e i conflitti la resero non pi
sufficientemente sicura per permettere ai commercianti di viaggiare come prima e la crisi monetaria rese gli scambi
molto difficili. Ci produsse profondi cambiamenti che proseguirono fino all'et medioevale. I grandi latifondisti,
non pi in grado di esportare con successo i loro raccolti sulle lunghe distanze, cominciarono a produrre cibi per la
sussistenza e per il baratto locale. Piuttosto che importare i prodotti, cominciarono a produrre molti beni localmente,
spesso sulle loro stesse propriet di campagna, dove tendevano a rifugiarsi per sfuggire alle imposizioni dello Stato a
carico dei cittadini. Nacque in tal modo una "economia domestica" autosufficiente che sarebbe diventata ordinaria
nei secoli successivi, raggiungendo la sua forma finale in et medioevale.

Crisi sociale
La crisi economica aveva comportato una diversa suddivisione della societ: dalle tre classi tradizionali dei senatori,
dei cavalieri e dei plebei: senatori e cavalieri (grandi proprietari terrieri e militari, che disponevano della propriet
terriera e delle riserve di monete d'oro) erano confluiti nella classe privilegiata degli honestiores, mentre artigiani e
piccoli commercianti, toccati dalle difficolt economiche e dalla svalutazione della moneta d'argento, erano confluiti
nella classe degli humiliores che andava man mano perdendo i propri diritti. Bench anche nei secoli precedenti

Crisi del III secolo

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fossero presenti profonde diseguaglianze economiche tra la popolazione dell'Impero, la peculiarit della crisi sociale
del III secolo risiede nella legittimazione giuridica di questa situazione: pene diverse erano previste per honestiores e
humiliores, e le possibilit di scalata sociale erano fortemente ridotte.
Sempre pi spesso gli humiliores rinunciavano volontariamente alle proprie libert per affidarsi alla protezione dei
grandi proprietari terrieri ed evitare inoltre l'arruolamento forzato nell'esercito. I piccoli artigiani e i commercianti
liberi delle citt, cominciarono a spostarsi verso le grandi propriet della campagna, alla ricerca di cibo e di
protezione. Molti di questi ex abitanti della citt, cos come molti piccoli coltivatori, furono costretti a rinunciare ai
diritti basilari per ricevere la protezione dai grandi proprietari terrieri. Diventarono cos una classe di cittadini
semi-liberi noti come coloni , legati alla terra e, grazie alle successive riforme imperiali, la loro posizione divenne
ereditaria. Ci forn un primo modello per la servit della gleba, che avrebbe costituito la base della societ feudale
medioevale.

Crisi religiosa
Per approfondire, vedi Religione romana.

La crisi della religione romana, intesa come politeismo greco-romano, intensific i suoi effetti in et imperiale.
Questo politeismo non pretendeva che gli abitanti dell'Impero fossero obbligati a venerare esclusivamente il
pantheon degli di romani. Fin dai tempi di Giulio Cesare e dei suoi rapporti coi culti druidici dei Galli, al tempo
della Conquista della Gallia, l'amministrazione romana era solitamente tollerante in campo religioso, per cui vi fu
spazio per culti provinciali e anche stranieri. Unica condizione era che non mettessero in pericolo l'unit imperiale.
Fu cos che, soprattutto da Oriente, si riversarono sull'Occidente romano e quindi sull'Italia e Roma una notevole
quantit di culti misterici,[45] quali quelli di Cibele (la "Grande Madre" dalla Frigia), Baal (da Emesa, a cui fu devoto
lo stesso imperatore Eliogabalo), Iside e Osiride (dall'Egitto), Mitra (dalla Persia), quest'ultimo che raccolse
numerosi seguaci negli accampamenti militari e nel quale si ravvisava l'invitto dio della luce, il Sol invictus[46] (che
ebbe tra i seguaci gli imperatori Aureliano, Diocleziano e lo stesso Costantino I[47]).
Secondo una interpretazione storica che pone attenzione alla reazione psicologica delle popolazioni rispetto alla fede
religiosa, col tempo le nuove religioni assunsero sempre pi importanza per le loro caratteristiche escatologiche e
soteriologiche in risposta alle insorgenti esigenze della religiosit dell'individuo, al quale la vecchia religione non
offriva che riti vuoti di significato. Sempre secondo questa interpretazione storica la critica alla religione tradizionale
veniva anche dalle correnti filosofiche dell'Ellenismo, che fornivano risposte intorno a temi propri della sfera
religiosa, come la concezione dell'anima e la natura degli di. Nella congerie sincretistica dell'impero del III secolo,
permeata da dottrine neoplatoniche (Plotino), gnostiche, orfiche e misteriche (misteri eleusini che trov seguaci
prima in Adriano e poi Gallieno[48]), fece la sua comparsa il Cristianesimo. La religione cristiana, opponendosi al
potere tetrarchico che pretendeva che tutti i sudditi riconoscessero nell'imperatore il loro "signore e dio" (dominus ed
deus),[49] sub pesanti persecuzioni al tempo di Diocleziano (dal 303), generando nuove tensioni sociali. Il rifiuto del
culto pubblico e del conseguente sacrificio all'imperatore (con conseguente rifiuto del servizio militare e degli
impieghi pubblici) minava cos, fin dalle fondamenta, l'ordinamento politico-religioso romano.[50] Del resto la
"minoranza cristiana", secondo alcune stime di storici moderni, al tempo della giovinezza di Costantino (fine del III
secolo), poteva gi contare su 7-15 milioni di fedeli su una popolazione complessiva di 50 milioni. Fu il peggiore
errore commesso da Diocleziano nei vent'anni del sui, trucidando inutilmente migliaia di innocenti.[51] Secondo una
altra interpretazione storica che non vede la religione come un compartimento stagno rispetto al resto dell'evoluzione
storica, ma come un fattore importante di tutto il contesto sociale antico, i cambiamenti religiosi del terzo secolo
furono fra i pi importanti, se non i pi importanti, quali motore di cambiamento e quindi conseguentemente di crisi
del mondo romano.
Le campagne militari contro i Parti combattute dagli Imperatori erano dettati da esigenze strategiche di controllo
dell'area, e anche da esigenze politiche, per perpetuare l'affermazione del potere imperiale romano. Ma erano anche

Crisi del III secolo


l'inseguimento della scia di Alessandro Magno, che potremmo dire quasi la totalit degli Imperatori ebbero a
modello, il sovrano macedone proprio combattendo contro i Persiani era diventato un mito quasi al pari di Ercole e
gli Imperatori Romani intendevano emularlo. Alessandro Magno aveva sempre unito le funzioni militari a quelle
religiose e sacerdotali officiando personalmente i riti. Ben lontani dalla idea del sovrano macedone di una fusione di
popoli, Roma inseguiva nell'area una politica di potenza, molto dispendiosa e infruttuosa, come manifestarono le
Guerre romano-partiche.
Vittorioso contro i Parti risult essere l'Imperatore Settimio Severo che divenne generale romano ma apparteneva a
una famiglia di re-sacerdoti che risiedevano a Emesa, citt santa e capitale del culto del Dio solare El-Gabal.
Saccheggiata Ctesifonte, capitale dei Parti, Settimio Severo torn a Roma, portando con s la Legio II Parthica, la
seconda delle tre legioni che aveva formato in Siria ovvero: Legio I Parthica, Legio II Parthica e Legio III Parthica,
fedeli a lui e al dio solare El-Gabal.
Durante il secolo d'oro del Principato adottivo il mondo romano aveva abbracciato le idee principali della filosofia
greca, non seguendo una particolare corrente, ma secondo l'eclettismo, ovvero raccogliendo all'interno di essa alcune
idee principali. Queste vedevano l'uomo al centro dell'universo secondo l'ideale della humanitas classica,
conseguentemente giungeva a interrogarsi sul ruolo degli Dei negli affari umani e a mettere in dubbio la loro stessa
esistenza. La dinastia dei Severi port questo culto dall'Oriente fino a Roma, anche se si trattava dell'Imperatore che
aveva vinto una guerra civilee sconfitto i Persiani emulando Alessandro Magno dovettero esservi delle resistenze.
Prevedendole, o comunque per consolidare il proprio potere Settimio Severo port con s a Roma la II Legio
Parthica, facendola risidere nei Castra Albana, sui Colli Albani. Da Roma il culto del Dio adorato dall'Imperatore e
dai suoi soldati ebbe modo di diffondersi, specialmente nei ranghi dell'esercito, al comando del quale venivano scelti
adoratori del Dio Solare che dal nome siriaco El-Gabal prese ben presto quello romanizzato di Sol Invictus, il Sole
invicibile, il cui primo adoratore, vicario e sacerdote era l'Imperatore stesso. Non tutte le legioni si convertirono al
nuovo culto, e la discriminazione nella scelta dei comandi volta a escludere questi ultimi dovette alienare le simpatie
di tutti costoro al giovane e ultimo discendente di Settimo Severo, Severo Alessandro. Questi venne assassinato dal
suo successore, Massimino il Trace nel 235 d.C. Questo l'anno in cui viene fatta iniziare di solito l'anarchia
militare. Secondo questa interpretazione storica essa non fu altro che il ribellarsi di quella parte di societ romana
che non voleva soggiacere al culto solare orientale dopo trenta anni di dominio di questa.
Le legioni fedeli al successore dei Severi, Massimino il Trace, stanziate nei confini pi occidentali, sul Reno e sul
Danubio non seguivano a quel tempo il culto solare, mentre sicuramente era gi presente una forte componente
barbarica in quegli eserciti, i quali preferivano dunque la politica tollerante e con termine moderno diremmo affine
all'agnosticismo degli imperatori del secolo precedente, ovvero quello del Principato adottivo. Massimino il Trace
perse la guerra e la vita contro Gordiano I e Gordiano II, i quali avevano i comandi e l'appoggio dell'Africa romana
regione di provenienza di Settimio Severo, ove il culto del Dio solare era invece gi diffuso. Sotto il loro discendente
Gordiano III il problema dei barbari sui confini si fece molto pi pressante che in passato, esigendo dunque eserciti
fedeli e coesi. Sia Filippo l'Arabo che il suo successore Decio sono generali dell'esercito di Gordiano III, fedeli al dio
solare, che pur non pretendendo esclusiva devozione, e quindi non configurandosi come un monoteismo, prendeva
senz'altro il primo posto nel Pantheon dell'Impero Romano. significativo che proprio sotto Decio cominciarono le
persecuzioni contro il cristianesimo.
Mentre il cristianesimo si stava diffondendo, alla morte di Decio si verificarono due anni di anarchia militare e solo
nel 253 d.C. sal al trono Gallieno. Avvenne sotto di lui il distacco dell'Impero delle Gallie, che pu essere
interpretato come la resistenza contro il diffondersi del culto solare delle legioni stanziate ai confini nord, come gi
era accaduto con Massimino il Trace. Mentre il distacco del Regno di Palmira oltre alle vicende della guerra contro i
Parti risiede proprio nel rapporto fra culto solare e funzione dell'Imperatore come sacerdote tramite fra il Dio e i
soldati e il resto dell'Impero. Emesa, oggi Homs, in Siria, fu la citt sacra al culto di El-Gabal, da cui provenivano le
sacerdotesse mogli, suocere figlie e cognate di Settimio Severo, che ebbero un ruolo determinate durante tutti i quasi
quaranta anni di perdurare della dinastia. significativo che la la regina di Palmira Zenobia, giunta a controllare

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Crisi del III secolo


tutto il vicino Oriente Romano, avuta notizia dell'arrivo di Aureliano si recasse propria a Emesa a cercare sia i
rinforzi militari che la benedizione divina. Venne tuttavia sconfitta da Aureliano, il quale si accredit cos come
re-sacerdote e unico tramite fra il Dio e gli uomini. L'anno successivo riusc a riunificare completamente l'Impero
sconfiggendo anche gli Imperatori del secessionista Imperium Galliarum nel quale pure si era ormai diffuso il culto.
A Roma Aureliano continu a sostenere il culto del Sol Invictus e sembra che sotto di lui si iniziasse a festeggiarne il
compleanno il 25 dicembre di ogni anno.
Diocleziano sal al trono imperiale nove anni dopo la morte di Aureliano, durante i quali si susseguirono scontri fra
imperatori eletti dalle proprie legioni e incursioni barbare. L'impero era fiaccato religiosamente oltre che
militarmente. Nel 287 circa Diocleziano assunse il titolo di Iovius, Massimiano che aveva il titolo di cesare quello di
Herculius. Il titolo doveva probabilmente richiamare alcune caratteristiche del sovrano da cui era usato: a
Diocleziano, associato a Giove, era riservato il ruolo principale di pianificare e comandare; Massimiano, assimilato
ad Ercole, avrebbe avuto il ruolo di eseguire "eroicamente" le disposizioni del collega. Malgrado queste connotazioni
religiose, gli imperatori non erano "divinit", in accordo con le caratteristiche del culto imperiale romano, sebbene
potessero essere salutati come tali nei panegirici imperiali; erano invece visti come rappresentanti delle divinit,
sacerdoti e vicari incaricati di eseguire la loro volont sulla terra. Diocleziano prosegu l'opera di Settimio Severo,
volta a elevare la dignit imperiale al di sopra del livello umano e della tradizione romana come da impulso della
propria moglie, la sacerdotessa di El-Gabal Giulia Domna.
Vennero emanate leggi che rendevano l'Imperatore una figura ieratica e intoccabile. I Cristiani non potevano
accettare che un uomo si elevasse da solo al rango di divinit, con un semplice atto di legge. L'intensa attivit di
persecuzione che ne segu probabilmente ha un duplice profilo: ricompattare l'esercito, ormai quasi del tutto devoto
al Sol Invictus contro un comune nemico ed evitare che nuove divisioni religiose fagocitassero le risorse dell'impero
come nel secolo precedente. Il reato di lesa maest comport la pena di morte. Anche a coloro che circondavano
l'imperatore fu attribuita una dignit sacrale: il palazzo divenne sacrum palatium e i consiglieri sacrum consistorium.
Le riunioni fra l'Imperatore e il Senato romano, erano state, seppure senza riconoscimenti legali formali, il luogo del
confronto fra la minoranza pi ricca e potente dell'Impero, i Senatori, e il comandante delle truppe che quel potere
assicurava. A seconda dell'Imperatore e del momento storico poteva esservi una netta preminenza dell'Imperatore,
oppure il dialogo di un primus inter pares. Ma ora il sacrum consistorium, il consiglio del principe ove tutti dovevano
restare ieraticamente fermi, nel rispetto di queste nuove qualificazioni monarchico-divine, con un preciso
cerimoniale di corte che comprendeva le insegne e le vesti dell'imperatore fu il segnale del mutamento.
Al posto della solita porpora, Diocleziano indoss abiti di seta ricamati d'oro, calzature ricamate d'oro con pietre
preziose. Il suo trono poi si elevava dal suolo del sacrum palatium di Nicomedia. Veniva venerato come un dio da
parenti e dignitari attraverso la proschinesi, una forma di adorazione in ginocchio, ai piedi del sovrano, la stessa a
essere gi stata pretesa da Alessandro Magno una volta autoproclamatosi erede dei sovrani persiani. Questa sacralit
della figura imperiale proseguir anche nel IV secolo d.C. non ostante l'affermarsi del Cristianesimo e la conseguente
definitiva rottura e dissoluzione dell'Impero e si trasferir nei sovrani dell'Impero Bizantino a Oriente e nel Papa a
Occidente.

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Crisi del III secolo

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Crisi urbana

Roma e il perimetro delle mura aureliane a difesa della capitale dell'Impero


romano.

Per approfondire, vedi Mura Aureliane.

L'insicurezza del territorio comport anche un cambiamento nel carattere delle citt: queste si erano ovunque
sviluppate nei primi due secoli dell'impero e non avevano particolari esigenze difensive, mentre a partire dal III
secolo inizi il cambiamento graduale e discontinuo che avrebbe portato dalle grandi citt aperte dell'antichit, alle
pi piccole citt cinte da mura, comuni nel medioevo. Particolarmente significativa fu la nuova cinta muraria che
l'imperatore Aureliano fece costruire intorno alla stessa Roma, che dopo molti secoli era nuovamente minacciata
dalle incursioni dei barbari. La costruzione delle mura inizi probabilmente nel 271 e si concluse dopo soli due anni,
anche se la definitiva rifinitura avvenne verso il 280, sotto limperatore Probo. Il progetto era improntato sulla
massima velocit di realizzazione e semplicit strutturale, oltre, ovviamente, ad una garanzia di protezione e
sicurezza. Queste caratteristiche fanno pensare che un ruolo non secondario, almeno nella progettazione, sia stato
rivestito da esperti militari. E daltra parte, poich allepoca gli unici nemici che potevano rappresentare qualche
pericolo non erano in grado di compiere molto pi che qualche razzia, un muro con robuste porte ed un
camminamento di ronda poteva ritenersi sufficiente. Comunque, nessun nemico assedi le mura prima dell'anno 408.
La stessa diminuzione del commercio indirizzava inoltre le citt verso un sempre crescente isolamento. I grandi
centri videro diminuire la propria popolazione: molti grandi proprietari si erano spostati nei loro possedimenti in
campagna, diventati in larga misura autosufficienti e che tendevano a sfuggire al controllo dell'autorit centrale; la
crisi aveva attratto, come si visto, verso questi nuovi centri economici anche coloro che precedentemente trovavano
la propria sussistenza nell'economia cittadina. La pressione fiscale aveva inoltre quasi del tutto cancellato quel ceto
di funzionari cittadini, i decurioni, che ne garantivano l'amministrazione ed il legame con Roma.

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Conseguenze

I tetrarchi, una scultura di porfido saccheggiata a


Bisanzio nel 1204 (Basilica di San Marco a Venezia)

Riforma tetrarchica di Diocleziano


Per approfondire, vedi Tetrarchia e Tarda antichit.
Per approfondire, vedi Riforma monetaria di Diocleziano e riforma dioclezianea dell'esercito romano.

Con la morte dell'imperatore Numeriano nel novembre del 284 (a cui il padre Caro aveva affidato l'Oriente romano),
ed il successivo rifiuto delle truppe orientali di riconoscere in Carino (il primogenito di Caro) il naturale successore,
fu elevato alla porpora imperiale Diocleziano, validissimo generale. La guerra civile che ne scatur vide in un primo
momento prevalere Carino sulle armate pannoniche dell'usurpatore Giuliano, ed in seguito la sconfitta delle sue
armate ad opera di Diocleziano sul fiume Margus, nei pressi dell'antica citt e fortezza legionaria di Singidunum.
Carino trov la morte, a causa di una congiura dei suoi stessi generali (primavera del 285).[52]
Ottenuto il potere, nel novembre del 285 Diocleziano nomin suo vice (cesare) un valente ufficiale, Marco Aurelio
Valerio Massimiano, che pochi mesi pi tardi elev al rango di augusto (1 aprile 286): form cos una diarchia,
nella quale i due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'Impero e la responsabilit della difesa
delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.[53][54]
Data la crescente difficolt a contenere le numerose rivolte interne e lungo i confini, nel 293 si procedette a
un'ulteriore divisione territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Diocleziano nomin come suo Cesare per
l'Oriente Galerio, mentre Massimiano fece lo stesso con Costanzo Cloro per l'Occidente.[55]
Le riforme volute da Diocleziano e i successi militari ottenuti, consentirono di ridare pace e sicurezza all'impero, che
continu in Occidente per altri due secoli e ancora per un millennio in Oriente. La tetrarchia tent di introdurre un
sistema di successione al trono imperiale che evitasse le lotte per la successione: vennero creati quattro imperatori,
due "augusti" e due "cesari", destinati a succedere ai primi come augusti e a scegliere quindi a loro volta i propri

Crisi del III secolo


successori nominando dei nuovi cesari. La suddivisione dell'impero e lo spostamento delle sedi imperiali, trasferite
da Roma in centri pi vicini ai confini da difendere, e la riorganizzazione dell'esercito resero pi efficaci le difese.
I provvedimenti adottati in campo economico presero atto delle trasformazioni avvenute e permisero di arrestare la
crisi: il sistema fiscale fu razionalizzato eliminando antiche esenzioni e privilegi, l'amministrazione civile, a cui
venne affidata la riscossione delle imposte, venne riorganizzata, con nuove suddivisioni amministrative, e nettamente
separata da quella militare.

Note
[1]
[2]
[3]
[4]

Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004.


E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 20.
Franco Cardini, cit., pag. 24.
L'Illiria era la Prussia dell'Impero romano. Le popolazioni illiriche coltivavano una lunga tradizione militare e avevano, inoltre, maturato una
profonda deferenza verso una civilt e un mito, quello di Roma, che non era il loro, ma che esse avevano assimilato fino a farlo proprio,
considerandosene orgogliosi custodi. Proprio da questi contadini-soldati fu salvato l'Impero. L'Illiria era la prova migliore della capacit di
Roma di suscitare il carattere romano nelle popolazioni vinte. L' Illiria romanizzata non produceva soltanto buoni soldati, ma anche ottimi
generali (Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004, p. 98).
[5] Rmondon, p. 74.
[6] Stephen Williams, Diocleziano. Un autocrate riformatore, p. 23.
[7] Edward Gibbon, Declino e caduta dell'impero romano, p. 113-114; Watson, p. 25 e 33; Chris Scarre, Chronicle of the roman emperors, p.
174-175.
[8] Grant, p. 229.
[9] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.9; Historia Augusta - Due Gallieni, 4.5.
[10] Rmondon, p. 82.
[11] Mazzarino, p. 543.
[12] Giuseppe Corradi, Gli imperatori romani, p. 62.
[13] Mazzarino, 568.
[14] Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004, p. 93.
[15] Southern, p. 212-213.
[16] Southern, p. 226.
[17] Agazia Scolastico, Sul regno di Giustiniano, IV, 24.3; ; Res Gestae Divi Saporis, riga 25-34 da The American journal of Semitic languages
and literatures, University of Chicago, 1940, vol. 57-58, p. 379.
[18] Gli imperatori furono costretti, specialmente nelle province danubiane, a chiamare popolazioni barbariche per ripopolare le campagne.
[19] Anche del 700-900% (
[20] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 25.
[21] Alaric Watson, Aurelian and the Third Century, p. 11-13.
[22] E. Horst (Costantino il grande, Milano 1987, p. 25) calcola che, se ipotizziamo un indice dei prezzi pari a 100 punti all'inizio del II secolo,
attorno alla sua met (150-160 d.C.) l'indice dei prezzi si attest attorno ai 160 punti, avendo un'impennata all'avvento al potere di Diocleziano
con 4.000 punti.
[23] Il bilancio militare all'inizio del III secolo era salito a 3 miliardi di sesterzi, pari al 75% della spesa pubblica, che a sua volta contava per il
20% del Pil. ().
[24] Duncan-Jones (1994), p. 35.
[25] CAH XI, p. 812
[26] Scheidel & Friesen (2009), p. 7
[27] Duncan-Jones (1994), p. 36
[28] CAH XI, p. 814
[29] Stathakopoulos (2007), 95
[30] A.Savio, Monete romane, pp. 171 e 329.
[31] A.Savio, Monete romane, p. 184.
[32] A.Savio, Monete romane, p. 197.
[33] Gian Guido Belloni, La moneta romana, p.258.
[34] Gian Guido Belloni, La moneta romana, p.257.
[35] Gian Guido Belloni, La moneta romana, p.261.
[36] A.Savio, Monete romane, p. 200.
[37] A.Savio, Monete romane, p. 331.
[38] Tulane University "Roman Currency of the Principate" (http:/ / www. tulane. edu/ ~august/ handouts/ 601cprin. htm)
[39] Gian Guido Belloni, La moneta romana, p.260.

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Crisi del III secolo


[40] Gian Guido Belloni, La moneta romana, p.265.
[41] Adriano Savio, Monete romane, p.206.
[42] A.Savio, Monete romane, p. 198.
[43] RIC, V/2, 316 e 317.
[44] Una libbra d'oro (circa 322 grammi), equivalente a 1125 denarii d'argento alla fine del II secolo d.C., ne valeva 50 000 al tempo di
Diocleziano (Arnaldo Momigliano, Sesto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma
1980, p. 637).
[45] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 27.
[46] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 28.
[47] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 31.
[48] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 30.
[49] Aurelio Vittore, Caesares, 39.2-4; Eutropio, IX, 26; Eumenio, Panegyrici latini, V, 11; Lattanzio, De mortibus persecutorum, 8 e 52.3;
[[Panegyrici latini (http:/ / www. archive. org/ stream/ xiipanegyricila02baehgoog/ xiipanegyricila02baehgoog_djvu. txt)], II, XI, 20].
[50] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, pp. 36-38.
[51] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 41.
[52] Grant, p. 261.
[53] Grant, p. 265.
[54] Scarre, p. 197-198.
[55] Cameron, p. 46.

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Ulteriori approfondimenti storiografici


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J.-P. Petit, Atlas des agglomrations secondaires de la Gaule Belgique et des Germanies, 1994
K. Kob, Out of Rome, 1997
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Guido Cervo, Il legato romano (in italiano), Casale Monferrato, 2002. ISBN 88-384-7061-8 (la Gallia ai tempi
dell'imperatore Marco Aurelio Probo dal 275 in poi).
Guido Cervo, La legione invincibile (in italiano), Casale Monferrato, 2003.
Guido Cervo, L'onore di Roma (in italiano), Casale Monferrato, 2004. ISBN 88-384-8183-0
Harry Sidebottom, Il Guerriero di Roma. Fuoco ad Oriente (in italiano), Roma, Newton Compton, 2009. ISBN
978-88-541-1700-6 Primo romanzo storico della saga ambientata nell'Oriente romano durante le campagne di
Sapore I degli anni 255-256.
Harry Sidebottom, Il Re dei Re (in italiano), Roma, Newton Compton, 2010. ISBN 978-88-541-1657-3 Secondo
romanzo storico della saga, ambientato nel 256-260.
Harry Sidebottom, Il Guerriero di Roma. Sole bianco (in italiano), Newton Compton Editori, 2011. ISBN
978-88-541-2815-6 Terzo romanzo storico della saga.

65

Crisi del III secolo

66

Collegamenti esterni
Il tramonto dell'impero (http://digilander.libero.it/tramonto193/)
Portale Antica Roma: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di Antica Roma

Invasioni barbariche del III secolo


Invasioni barbariche del III secolo

parte delle guerre romano-germaniche

Le invasioni barbariche del III secolo


Data

212 - 305

Luogo

Limes renano-danubiano

Esito

Scorrerie che andarono affievolendosi dopo il 268


Schieramenti

Impero romano Genti germaniche e sarmatiche


Comandanti

Caracalla, Alessandro Severo, Massimino Trace, Gordiano III,


Filippo l'Arabo, Decio, Treboniano Gallo, Gallieno, Claudio il
Gotico, Aureliano, Marco Aurelio Probo, Diocleziano

Cannabaude dei Goti, Cniva dei Goti, Gabiomaro dei Quadi,


Gennobaude dei Franchi, Igillo dei Burgundi o Vandali,
Naulobato degli Eruli, Ostrogota dei Goti, Semnone dei Lugi

Effettivi

Coinvolte almeno 23 legioni e 150/200 unit ausiliarie circa, per un totale di


200/250.000 armati

Numerosi popoli, pari a qualche centinaia di


migliaia di armati

Voci di guerre presenti su Wikipedia

Le invasioni barbariche del III secolo (212/213-305) costituirono un periodo ininterrotto di scorrerie all'interno dei
confini dell'impero romano, condotte per fini di saccheggio e bottino[1] da genti armate appartenenti alle popolazioni
che gravitavano lungo le frontiere settentrionali: Pitti, Caledoni e Sassoni in Britannia; le trib germaniche di Frisi,

Invasioni barbariche del III secolo


Sassoni, Franchi, Alemanni, Burgundi, Marcomanni, Quadi, Lugi, Vandali, Iutungi, Gepidi e Goti (Tervingi ad
occidente e Grutungi ad oriente[2]), le trib daciche dei Carpi e quelle sarmatiche di Iazigi, Roxolani ed Alani, oltre a
Bastarni, Sciti, Borani ed Eruli lungo i fiumi Reno-Danubio ed il Mar Nero.
Era dai tempi di Marco Aurelio durante le Guerre marcomanniche (166/167-188) che le trib germanico-sarmatiche
non esercitavano una pressione cos forte lungo i confini settentrionali dell'Impero romano.
La crescente pericolosit per l'Impero romano di Germani e Sarmati era dovuta principalmente ad un cambiamento
rispetto ai secoli precedenti nella struttura tribale della loro societ: la popolazione, in costante crescita e sospinta dai
popoli orientali, necessitava di nuovi territori per espandersi, pena l'estinzione delle trib pi deboli. Da qui la
necessit di aggregarsi in federazioni etniche di grandi dimensioni, come quelle di Alemanni, Franchi e Goti, per
meglio aggredire il vicino Impero o per difendersi dall'irruzione di altre popolazioni barbariche confinanti. Per altri
studiosi, invece, oltre alla pressione delle popolazioni esterne, fu anche il contatto ed il confronto con la civilt
imperiale romana (le sue ricchezze, la sua lingua, le sue armi, la sua organizzazione) a suggerire ai popoli germanici
di ristrutturarsi ed organizzarsi in sistemi sociali pi robusti e permanenti, in grado di difendersi meglio o di attaccare
seriamente l'Impero.[3] Roma, dal canto suo, ormai dal I secolo d.C. provava ad impedire la penetrazione dei barbari
trincerandosi dietro il limes, ovvero la linea continua di fortificazioni estesa tra il Reno e il Danubio e costruita
proprio per contenere la pressione dei popoli germanici.[4]
Lo sfondamento da parte delle popolazioni barbariche che si trovavano lungo il limes fu facilitato anche dal periodo
di grave instabilit interna che attraversava l'Impero romano nel corso del III secolo. A Roma, infatti, era un continuo
alternarsi di imperatori ed usurpatori (la cosiddetta anarchia militare). Le guerre interne non solo consumavano
inutilmente importanti risorse negli scontri tra i vari contendenti, ma - cosa ben pi grave - finivano per sguarnire
proprio le frontiere sottoposte all'aggressione dei barbari.
Come se non bastasse, lungo il fronte orientale della Mesopotamia e dell'Armenia a partire dal 224 la debole dinastia
persiana dei Parti era stata sostituita da quella dei Sasanidi, che a pi riprese impegn severamente l'Impero romano,
costretto a subire attacchi che spesso si univano alle invasioni, meno impegnative ma comunque pericolose,
compiute lungo il fronte africano dalle trib berbere di Mauri, Baquati, Quinquegentiani, Nobati e Blemmi. Roma
mostr di essere in grave difficolt nel condurre cos tante guerre contemporaneamente e per poco non croll con due
secoli di anticipo.
Fu grazie anche alla successiva divisione, interna e provvisoria, dello Stato romano in tre parti (ad occidente l'impero
delle Gallie, al centro Italia, Illirico e province africane, ad oriente il Regno di Palmira) che l'Impero riusc a salvarsi
da un definitivo tracollo e smembramento. Ma fu solo dopo la morte di Gallieno (268), che un gruppo di
imperatori-soldati di origine illirica (Claudio il Gotico, Aureliano e Marco Aurelio Probo) riusc infine a riunificare
l'Impero in un unico blocco, anche se le guerre civili che si erano susseguite per circa un cinquantennio e le invasioni
barbariche avevano costretto i Romani a rinunciare sia alla regione degli Agri decumates (lasciata agli Alemanni nel
260 circa), sia alla provincia della Dacia (256-271), sottoposta alle incursioni della popolazione dacica dei Carpi, dei
Goti Tervingi e dei Sarmati Iazigi.[5]
Le invasioni del III secolo, secondo tradizione, ebbero inizio con la prima incursione condotta dalla confederazione
germanica degli Alemanni nel 212 sotto l'imperatore Caracalla e terminarono nel 305 al tempo dell'abdicazione di
Diocleziano a vantaggio del nuovo sistema tetrarchico.[6]

67

Invasioni barbariche del III secolo

68

Contesto storico
Per approfondire, vedi Crisi del III secolo.

Dopo circa trent'anni di relativa quiete lungo le frontiere renano-danubiane, nel 212-213 scoppi una nuova crisi
lungo il Limes germanico-retico, causata dalla prima invasione della confederazione degli Alemanni.

Il mondo germanico tra II e III secolo


Per approfondire, vedi Germani.

Nell'Europa centro-orientale, il mondo barbaro era scosso da forti agitazioni interne e dai movimenti migratori di
popolazioni che tendevano a modificare gli equilibri con il vicino Impero romano. Questi popoli, alla ricerca di
nuovi territori dove insediarsi per il crescente aumento demografico della popolazione nell'antica Germania, erano
attratti anche dalle ricchezze e dalla vita agiata del mondo romano.[7]
Cinquant'anni prima, ai margini della zona germanica, lungo la frontiera danubiana e carpatica si erano verificati
movimenti e mescolanze di popoli, con l'avvento di un fenomeno nuovo tra i Germani, che rappresentava un
superamento della dimensione tribale: interi popoli (come Marcomanni, Quadi e Naristi, Vandali, Cotini, Iazigi, Buri
ecc.), si erano raggruppati in coalizioni, di natura pi che altro militare, attuando una maggiore pressione sul vicino
limes romano.
Sotto Caracalla il fenomeno di aggregazione si era evoluto ulteriormente, arrivando a costituire nell'area degli Agri
decumates alcune vere e proprie confederazioni etniche di trib: gli Alemanni, che aggregarono Catti, Naristi,
Ermunduri e parte dei Semnoni e si posizionarono sull'alto Reno, da Mogontiacum fino al Danubio presso Castra
Regina; i Franchi, sul basso Reno dalla foce del fiume fino a Bonna;[8] ed i Sassoni, composti dai popoli marinai tra
le foci dei fiumi Weser ed Elba[9][10]
Contemporaneamente crebbe anche la spinta dei Germani orientali, provenienti dalla Scandinavia, come i Goti (nei
vari rami degli Ostrogoti, dei Visigoti e degli Eruli), che provenivano dalla Vistola: da oltre cinquant'anni erano in
lento spostamento verso sud-est, ed erano ormai giunti in prossimit delle coste settentrionali del Mar Nero. In quella
regione entrarono in conflitto con le popolazioni sarmatiche di Roxolani ed Alani. Sempre dalla regione della
Slesia-Vistola provenivano anche altre due grandi popolazioni: i Vandali, gi venuti a contatto con le legioni romane
della Pannonia e della Dacia porolissensis ai tempi delle guerre marcomanniche sotto Marco Aurelio, ed i Burgundi,
che si dirigevano ad ovest verso i fiumi Elba e Meno.[8][11]

Invasioni barbariche del III secolo

69

Preludio alle invasioni del III secolo: le Guerre marcomanniche (166-188)


Per approfondire, vedi Guerre marcomanniche.

Nel 166/167, avvenne il primo scontro


lungo le frontiere della Pannonia, ad
opera di poche bande di predoni
Longobardi e Osii, che, grazie al
pronto intervento delle truppe di
confine, furono prontamente respinte.
La pace stipulata con le limitrofe
popolazioni germaniche a nord del
Danubio fu gestita direttamente dagli
stessi imperatori, Marco Aurelio e
Lucio Vero, ormai diffidenti nei
confronti dei barbari aggressori e
recatisi per questi motivi fino nella
lontana Carnuntum (nel 168).[12] La
Il culmine delle guerre marcomanniche negli anni 178-179.
morte prematura del fratello Lucio (nel
169 poco distante da Aquileia), ed il
venir meno ai patti da parte dei barbari (molti dei quali erano stati "clienti" fin dall'epoca di Tiberio), port una
massa mai vista prima d'allora, a riversarsi in modo devastante nell'Italia settentrionale fin sotto le mura di Aquileia,
il cuore della Venetia. Enorme fu l'impressione provocata: era dai tempi di Mario che una popolazione barbarica non
assediava dei centri del nord Italia.[13]
Si racconta che Marco Aurelio combatt una lunga ed estenuante guerra contro le popolazioni barbariche, prima
respingendole e "ripulendo" i territori della Gallia cisalpina, Norico e Rezia (170-171), poi contrattaccando con una
massiccia offensiva in territorio germanico, che richiese diversi anni di scontri, fino al 175. Questi avvenimenti
costrinsero lo stesso imperatore a risiedere per numerosi anni lungo il fronte pannonico, senza mai far ritorno a
Roma. La tregua apparentemente sottoscritta con queste popolazioni, in particolare Marcomanni, Quadi e Iazigi,
dur per solo un paio d'anni. Alla fine del 178 l'imperatore Marco Aurelio era costretto a fare ritorno nel castrum di
Brigetio da dove, nella successiva primavera del 179, fu condotta l'ultima campagna.[14] La morte dell'imperatore
romano nel 180 pose presto fine ai piani espansionistici romani e determin l'abbandono dei territori occupati della
Marcomannia e la stipula di nuovi trattati con le popolazioni "clienti" a nord-est del medio Danubio.[15]

Forze in campo: lungo il fronte europeo di Reno e Danubio


Numerose furono le forze legionarie ed ausiliarie messe in capo in questo periodo dall'Impero Romano. Le cifre sono
difficili da stimare, in quanto nel corso del secolo alcune unit furono distrutte e rimpiazzate con nuove; inoltre,
quando subentr il nuovo sistema tetrarchico di Diocleziano, a modificarsi fu la stessa organizzazione strategica
generale.

Romani
Per approfondire, vedi Limes renano, limes danubiano, dimensione esercito romano e Dislocazione delle legioni
romane.

Nel III secolo l'Impero romano schier contro le invasioni barbariche numerose legioni: I Adiutrix, I Illyricorum
(reclutata sotto Aureliano), I Italica, I Maximiana (sotto Massimiano), I Minervia, I Pontica (sotto Diocleziano), II

Invasioni barbariche del III secolo

70

Adiutrix, II Italica, legio II Parthica, III Italica, IIII Flavia, IIII Italica (sotto Alessandro Severo), V Macedonica,
VII Claudia, VIII Augusta, X Gemina, XI Claudia Pia Fidelis, XIII Gemina, Legio XIIII Gemina Martia Victrix,
XV Apollinaris, XX Valeria Victrix, XXII Primigenia e XXX Ulpia Victrix.[16] Il totale delle forze messe in campo
dall'Impero romano potrebbe aver superato, dall'inizio alla fine del III secolo, i 200/250.000 armati; di essi, una met
fu costituita da legionari, la restante da altrettanti ausiliari.[17]
Sappiamo che alla morte di Caracalla su 33 legioni lungo l'intero sistema di fortificazioni imperiali, ben 16 erano
lungo il limes renano e danubiano (pari al 48,5% del totale), oltre ad altre 2 nelle retrovie quale "riserva strategica"
(in Hispania ed Italia), cos come bene evidenziato qui sotto nella tabella riassuntiva sulla loro dislocazione (nel
217):
N. fortezze legionarie
sotto Caracalla

unit legionaria

localit antica

localit moderna

provincia romana

Legio XXX Ulpia Victrix

Vetera

Xanten

Germania inferiore

Legio I Minervia

Bonna

Bonn

Germania inferiore

Legio XXII Primigenia

Mogontiacum

Magonza

Germania superiore

Legio VIII Augusta

Argentoratae

Strasburgo

Germania superiore

Legio III Italica

Castra Regina

Ratisbona

Rezia

Legio II Italica

Lauriacum

Enns

Norico

Legio X Gemina

Vindobona

Vienna

Pannonia superiore

Legio XIV Gemina

Carnuntum

Altenburg-Petronell

Pannonia superiore

Legio I Adiutrix

Brigetio

Komrom

Pannonia inferiore

10

Legio II Adiutrix

Aquincum

Budapest

Pannonia inferiore

11

Legio IIII Flavia Felix

Singidunum

Belgrado

Mesia superiore

12

Legio VII Claudia

Viminacium

Kostolac

Mesia superiore

13

Legio XIII Gemina

Apulum

Alba Iulia

Tre Dacie

14

Legio V Macedonica

Potaissa

Turda

Tre Dacie

15

Legio I Italica

Novae

Svitov

Mesia inferiore

16

Legio XI Claudia

Durostorum

Silistra

Mesia inferiore

riserva strategica

Legio II Parthica

Castra Albana

Albano Laziale

Italia

riserva strategica

Legio VII Gemina

Legio

Len

Hispania

Poco meno di un secolo pi tardi, durante il periodo tetrarchico di Diocleziano, il numero di legioni poste lungo il
fronte settentrionale (Reno e Danubio) fu aumentato a 24, oltre alle 3 posizionate a guardia delle Alpi (legio I Iulia
Alpina, legio II Iulia Alpina e legio III Iulia Alpina[18]), su un totale complessivo di 56 (pari al 48,2%), come qui
sotto evidenziato:[19]

Invasioni barbariche del III secolo

71

N. fortezze
legionarie
sotto tetrarchia

unit legionaria

localit antica

localit moderna

provincia romana

Legio XXX Ulpia Victrix

Vetera

Xanten

Germania Secunda

Legio I Minervia

Bonna

Bonn

Germania Secunda

[20]
Mogontiacum

Magonza

Germania Prima

Argentoratae

Strasburgo

Germania Prima

Castrum Rauracense
[21]
(?)

Kaiseraugs

Maxima
Sequanorum

3e4

Legio XXII Primigenia e


[20]
Legio VI Gallicana

Legio VIII Augusta

Legio I Martia (?)

Legio III Italica

Castra Regina

Ratisbona

Rezia

Legio III Herculea

Caelius Mons

Kellmnz an der
Iller

Rezia

Legio II Italica

Lauriacum

Enns

Noricum Ripensis

10

Legio I Noricorum

Ad Iuvense

Ybbs?

Noricum Ripensis

11

Legio X Gemina

Vindobona

Vienna

Pannonia Prima

12

Legio XIV Gemina

Carnuntum

Altenburg-Petronell

Pannonia Prima

13

Legio I Adiutrix

Brigetio

Komrom

Pannonia Valeria

14

Legio II Adiutrix

Aquincum

Budapest

Pannonia Valeria

15

Legio VI Herculea

Ad Militare

Batina

Pannonia Secunda

16

Legio V Iovia

Bononia

Banotor

Pannonia Secunda

17

Legio IIII Flavia Felix

Singidunum

Belgrado

Moesia Prima

18

Legio VII Claudia

Viminacium

Kostolac

Moesia Prima

19

Legio XIII Gemina

Ratiaria

Archar

Dacia Ripensis

20

Legio V Macedonica

Oescus

Pleven

Dacia Ripensis

21

Legio I Italica

Novae

Svitov

Moesia Secunda

22

Legio XI Claudia

Durostorum

Silistra

Moesia Secunda

23

Legio II Herculia

Troesmis

Iglita

Scythia Minor

24

Legio I Iovia

Noviodunum

Isaccea

Scythia Minor

legio I Iulia Alpina, legio II Iulia Alpina e legio III


[18]
Iulia Alpina

passi alpini

Legio VII Gemina

Legio

25-26-27

riserva strategica

[21]

Italia

Len

Gallaecia

Invasioni barbariche del III secolo

72

Barbari
Per approfondire, vedi Organizzazione militare dei Germani.

Riguardo alle ingenti forze che i barbari poterono mettere in campo nel corso delle invasioni di questo III secolo,
possiamo qui sotto brevemente sintetizzare come segue:

Dimensione delle armate germano-sarmatiche del III secolo


DATA

[22]

[22]

248

+ di 60.000

[23]

[23]

249

+ di 70.000
[24]

267-268

[27]

[28]

277-278

[29]

[31]

283

[32]

298

[25][24]

320.000

[27]

269

281

N. TOTALE
ARMATI

POPOLI COINVOLTI

[22]

Goti e Carpi

Mesia e Tracia

[23]

[23]

Dacia, Mesia e Tracia


[24]

Peucini, Grutungi, Ostrogoti, Tervingi, Visigoti, 2.000


[24]
Gepidi, Celti ed Eruli
navi
[27]

Goti

+ 400.000 barbari
[28]
uccisi

Franchi, Lugi, Burgundi e Vandali

100.000 persone
[29][30]
insediate

Bastarni

16.000 uccisi e 20.000


[31]
catturati

Sarmati

[32]

DOVE
[22]

Goti, Taifali, Asdingi e Carpi

+ di 50.000

60.000

NAVI
DA GUERRA

[26]

/6.000

Mesia, Tracia, Grecia e Asia


[24]
Minore
Mesia, Tracia e
[27]
Macedonia

[28]

[28]
Gallie e Rezia

[29][30]

[29][30]

Tracia

[31]

[31]

Pannonie

[32]

[32]

Alemanni

limes renano

Le invasioni
Fronte settentrionale: dal Reno al Danubio, fino al Mar Nero
Prima fase: gli attacchi durante la dinastia dei Severi (212-235)
Per approfondire, vedi Dinastia dei Severi.
[33]

Caracalla: Denario

AD ANTONINVS PIVS AVG BRIT, testa laureata verso destra;

PROFECTIO AVG, Caracalla in piedi, tiene una lancia; dietro di lui due
stendardi militari.

2.74 g, moneta coniata probabilmente quando Caracalla era succeduto al padre, dopo la morte del fratello Geta, in un periodo compreso tra
il 212 ed il 213. Qui si celebra la Profectio dell'Imperatore che parte per una campagna militare verso il fronte settentrionale.

212

Invasioni barbariche del III secolo


Dopo circa quarant'anni, i Catti germanici tornarono a sfondare il limes romano; per la prima volta furono
menzionati gli Alemanni, nel Wetterau.
213
Caracalla, giunto nella primavera di quell'anno lungo il limes germanico-retico, condusse una campagna
contro i Germani, sconfiggendo prima i Catti lungo il fiume Meno, poi gli Alemanni nella zona che va dalla
Rezia all'altopiano della Svevia. In seguito a queste vittorie il giovane imperatore assunse l'appellativo di
Germanicus maximus (6 ottobre;[34][35] riformulato in "Alemannicus" dalla storiografia posteriore[36]).
Tuttavia, pare che avesse comprato la pace con i barbari, come suggerisce Cassio Dione.[37]
Sono da attribuirsi a questo periodo anche alcune iscrizioni di un interprete dace, rinvenute a Brigetio, che
sembrano conseguenti a possibili spedizioni punitive contro i Daci liberi del Banato, compresi tra la Pannonia
inferiore ad occidente e la Dacia ad oriente.[38] E sempre allo stesso anno sarebbero da attribuire anche due
altre incursioni in Dacia e in Pannonia inferiore, lungo il tratto danubiano attorno ad Aquincum, ad opera di
Carpi e Vandali.[39]
214
Nella primavera di quell'anno, Caracalla part per il fronte danubiano (dopo una malattia che lo aveva
immobilizzato per tutto l'inverno), con destinazione la Pannonia dove, al principio dell'anno o forse gi alla
fine del precedente, si erano verificate nuove incursioni tra Brigetio ed Aquincum da parte di Quadi e sarmati
Iazigi.[40] L'imperatore, in seguito a questi eventi e nel tentativo di cercare di mantenere inalterata la situazione
clientelare lungo il Danubio,[41] da un lato riusc a farsi scudo dei Marcomanni, opponendoli ai vicini Vandali
che si stavano dimostrando da qualche tempo particolarmente ostili,[42] ma dall'altro fu costretto a giustiziare il
re dei Quadi, Gabiomaro, per le resistenze che si erano create da parte di questo popolo, alleato dei Romani dai
tempi di Marco Aurelio ma che recentemente si era rivoltato al potere romano, invadendo al principio
dell'anno le due Pannonie.[43] Caracalla riusc, infine, a battere anche gli Iazigi, alleati probabilmente a Quadi
e Vandali, assumendo l'appellativo di "Sarmaticus", come si racconta nella biografia del fratello Geta[44]
Erodiano narra inoltre che Caracalla al termine di queste guerre:
Caracalla vinse i Germani a nord del Limes ed ottenne da loro legalit ed amicizia, tanto da vestire le sue truppe ausiliarie
come loro e da creare con questi una sua guardia del corpo personale con uomini scelti di grande forza e di bell'aspetto.[...]
Egli usava inoltre utilizzare una parrucca bionda elaborata in moda da apparire con acconciatura di tipo germanico. I barbari
da ci ne erano compiaciuti e lo adoravano.
(Erodiano, Storia dell'Impero dopo Marco Aurelio, IV, 7.3-4.)

In seguito a questi avvenimenti, la Pannonia inferiore fu ampliata: ora includeva anche la fortezza legionaria di
Brigetio, in modo che ognuna delle due Pannonie potesse disporre di due legioni,[45] mentre i centri civili di
Carnuntum (Colonia Septimia Aurelia Antoniana) e della stessa Brigetio furono elevati a colonie.[46]
215
Caracalla, giunto in Dacia, dopo aver ispezionato l'intero limes pannonico,[47] riusc a respingere la prima
invasione di Goti e Carpi, assumendo per queste vittorie l'appellativo di "Goticus".[48]
219-220
Pare che l'imperatore Eliogabalo stesse preparando una spedizione militare contro i Marcomanni, poich un
oracolo gli aveva riferito che questa guerra sarebbe stata portata a termine da un membro della sua dinastia:
questa notizia sembra suggerire la presenza di nuove infiltrazioni barbariche lungo i confini della Pannonia
superiore e una conseguente controffensiva romana.[49] Sembra che Eliogabalo sia stato l'ultimo della dinastia
dei Severi capace di mantenere fortificazioni oltre il Danubio, come Celemantia.[50]

73

Invasioni barbariche del III secolo

74

225
la monetazione di Alessandro Severo celebra una Victoria
Augusta, molto probabilmente sui Germani o Sarmati del
limes danubiano.[51]
227/228
Sotto il regno di Alessandro Severo, gli Iazigi portarono una
nuova incursione lungo il limes della Pannonia inferiore,[52]
come risulterebbe anche dalla monetazione del periodo.[53]
230
La guarnigione romana del Regno del Bosforo Cimmerio
(composta da vexillationes della I Italica[54]), nell'attuale
Crimea, fu massacrata dai Borani, mentre i Goti, che si
erano spinti fino alle coste del Mar Nero, riuscirono ad
occupare la citt di Olbia (presso la moderna Odessa),
probabilmente in mano romana dai tempi di Nerone, che era
difesa dal governatore della provincia di Mesia inferiore.[55]
231-232
Busto di Alessandro Severo.

Il limes pannonico inferiore sub nuovi attacchi da parte


degli Iazigi. Nel respingerne questa nuova incursione fu
decisivo l'intervento del futuro imperatore Marco Clodio Pupieno Massimo.[52][56]
233

Il limes del Norico, tra Wachau e Wienerwald nella zona del Tullnerfeld, e quello germanico-retico, furono
attaccati pesantemente dagli Alemanni. La difesa di questo tratto di limes potrebbe essere stata affidata proprio
al futuro imperatore Pupieno, che anche questa volta riport un successo contro i barbari. Notevoli sono le
testimonianze archeologiche delle distruzioni riportate in queste province nel corso delle incursioni, da Castra
Regina a Pfnz fino ad Augusta Treverorum (oggi Treveri).[56][57]
234-235
Alessandro Severo, partito da Roma per il fronte settentrionale[58] dopo aver arruolato numerose nuove truppe
ausiliarie (tra cui Armeni, Osroeni e perfino Parti,[59]) riusc a respingere le incursioni degli Alemanni, che
avevano sfondato il fronte degli Agri Decumates. L'imperatore per commise l'errore di voler concludere con i
Germani un trattato di pace, offrendo loro grandi somme di denaro: questo atteggiamento fu accolto male dal
suo esercito che, sotto la guida del generale Massimino il Trace, si ribell e trucid Alessandro e la madre.
Poco dopo le legioni proclamarono il nuovo imperatore romano nello stesso Massimino.[60]

Invasioni barbariche del III secolo

75

Seconda fase: l'anarchia militare ed i ripetuti sfondamenti del limes settentrionale (235-253)

Con l'imperatore Massimino Trace ebbe inizio il


turbolento periodo dell'anarchia militare, che sarebbe
terminato soltanto cinquant'anni dopo con Diocleziano.

Per approfondire, vedi Anarchia militare.

La pressione dei barbari lungo le frontiere settentrionali e quella, contemporanea, dei Sasanidi in Oriente, si erano
non solo intensificate, ma avevano diffuso la sensazione che l'impero fosse totalmente accerchiato dai nemici.[61] Si
rivelavano ormai inefficaci gli strumenti della diplomazia tradizionale, usati fin dai tempi di Augusto e basati sulla
minaccia dell'uso della forza e sulla fomentazione di dissidi interni alle diverse trib ostili per tenerle impegnate le
une contro le altre. Si rendeva necessario ricorrere immediatamente alla forza, schierando armate tatticamente
superiori e capaci di intercettare il pi rapidamente possibile ogni possibile via di invasione dei barbari; la strategia
era per resa difficoltosa dal dover presidiare immensi tratti di frontiera con contingenti militari per lo pi scarsi.[9]
Molti degli imperatori che vennero via via proclamati dalle legioni nell'arco di venticinque anni non riuscirono
neppure a metter piede a Roma, n tanto meno, durante i loro brevissimi regni, a intraprendere riforme interne,
poich permanentemente occupati a difendere il trono imperiale dagli altri pretendenti a il territorio dai nemici
esterni.
235-236
Massimino Trace, che riteneva fosse una priorit dell'Impero la guerra "antigermanica",[62] continu a
combattere gli Alemanni, riuscendo non solo a respingere le loro incursioni lungo il limes germanico-retico,
ma anche a penetrare profondamente in Germania per circa 30-40 miglia romane (45-60 chilometri) e a battere
sul loro terreno le armate alemanne, nella regione del Wrttemberg e Baden.[63] Campagne archeologiche di
scavo, condotte dal 2008 al 2011, hanno rivelato tracce di uno scontro militare tra l'armata romana (composta
anche dalla legio IV Flavia Felix) ed i Germani presso l'Harzhorn, nell'area boschiva nei pressi di Kalefeld (in
Bassa Sassonia), databile al 235.[64]

Invasioni barbariche del III secolo

[Massimino] pass in Germania con tutto l'esercito e le truppe di Mauri, Osroeni e Parti, nonch tutte le altre che
Alessandro aveva condotto con s per la campagna militare. Ed il motivo principale per cui portava con s le truppe
ausiliarie orientali era che nessuno valeva di pi nel combattimento contro i Germani degli arcieri armati alla leggera.
Alessandro aveva inoltre un apparato bellico mirabile, a cui si dice Massimino aggiunse molti nuovi accorgimenti. Entrato
nella Germania transrenana per trenta o quaranta miglia del territorio barbarico, incendi villaggi, razzi bestiame,
saccheggi, uccise molti dei barbari, gener notevole bottino ai suoi soldati, prese numerosi prigionieri, e se i Germani non
si fossero ritirati nelle paludi e nelle selve, avrebbe sottomesso a Roma tutta la Germania.
(Historia Augusta - I due Massimini, 11.7-9 e 12.1.)

A questa campagna apparterrebbero alcune vestigia archeologiche, che testimoniano le devastazioni compiute
anche lungo il limes del Norico[65] Per questi motivi ricevette dal Senato l'appellativo di "Germanicus
maximus",[66] mentre sulle monete appare la dicitura "Victoria Germanica".[67]
236-237
Massimino Trace, una volta
pacificato
il
settore
germanico-retico,
condusse
nuove campagne contro i sarmati
Iazigi della piana del Tibisco,
che
avevano
provato
ad
attraversare il Danubio dopo
circa un cinquantennio di pace
lungo le loro frontiere. Egli
aveva un sogno: quello di
emulare il grande Marco Aurelio
e conquistare la libera Germania
Magna.[68] Il suo quartier
Le operazioni militari di Massimino il Trace in Sarmatia, contro Iazigi e Daci liberi.
generale fu posto a Sirmio, al
centro del fronte pannonico
inferiore e dacico. Cos infatti riporta la Historia Augusta:
Portate a termine le campagne in Germania [contro gli Alemanni], Massimino si rec a Sirmio, per preparare una
spedizione contro i Sarmati, e programmando di sottomettere a Roma le regioni settentrionali fino all'Oceano.
(Historia Augusta - I due Massimini, 13.3.)

Al termine di queste operazioni fu conferito a Massimino l'appellativo prima di "Dacicus maximus"[69] e poi di
"Sarmaticus maximus".[70]
Nel corso del 236, fu respinta un'incursione di Carpi e Goti, culminata con una battaglia vittoriosa per le
armate romane di fronte ad Histropolis. Ci potrebbe significare che, attorno a questa data, i Goti avevano gi
occupato la zona della Dacia libera a nord dei Carpazi, fino alla foce del Danubio ed alle coste del Mar Nero,
incluse le citt di Olbia e Tyras.[71]

76

Invasioni barbariche del III secolo

77
238
Ad una nuova incursione dei Goti che avevano attraversato
il basso corso del Danubio, sembra sia andato incontro
l'imperatore Decimo Celio Calvino Balbino. Questa
incursione vide i barbari saccheggiare e sterminare la
popolazione di Histropolis,[72] mentre la trib di stirpe
dacica dei Carpi, pass il Danubio pi a monte, sempre
lungo i confini della Mesia inferiore. Il governatore
provinciale, un certo Tullio Menofilo, riusc a trattare con i
Goti offrendo loro un sussidio[73] in cambio della
restituzione dei prigionieri in precedenza catturati, mentre
riusc a respingere i Carpi, dopo aver raccolto una
consistente armata.[74]
242-243

Busto di Gordiano III presso i Musei Capitolini.

Sotto il giovane Gordiano III, il prefetto del pretorio


Timesiteo riusc a battere una coalizione di Carpi, Goti e
Sarmati lungo le frontiere della Mesia inferiore.[75] La
Historia Augusta narra infatti:

Gordiano part per la guerra contro i persiani Sasanidi con un grande esercito ed una tale quantit di oro da poter
sconfiggere facilmente il nemico o con i legionari o con gli ausiliari. Marci attraverso la Mesia e, nel corso dell'avanzata,
distrusse, mise in fuga, cacci lontano tutti i nemici che si trovavano nella Tracia.
(Historia Augusta - Gordiano III, 26.3-4.)

E sempre in questi anni, durante le campagne orientali di Gordiano III, potrebbero essersi verificati nuovi
sfondamenti del Limes germanico-retico ad opera degli Alemanni, come risulterebbe da alcuni ritrovamenti
archeologici nei pressi del forte di Knzing.[67]
[76]

Filippo l'Arabo: Antoniano

IMP PHILIPPVS AVG, testa con corona, indossa


corazza;

VICTORIA CARPICA, la Vittoria che avanza verso destra, con in mano una palma ed una
corona d'alloro.

23 mm, 4.35 g, coniato nel 245 ca.

245-247
I Carpi della Dacia libera ripresero a compiere incursioni al di l del Danubio, nel territorio della Mesia
inferiore, dove n un certo Severiano, n il governatore provinciale poterono fermare gli invasori. Alla fine del
primo anno di guerra, dovette intervenire lo stesso imperatore Filippo l'Arabo, il quale nel 246 riport un
grande successo contro le genti germaniche dei Quadi lungo il fronte pannonico, grazie al quale gli fu
attribuito l'appellativo di "Germanicus maximus". Nel 247, l'offensiva romana riprese lungo il fronte del basso
corso danubiano contro i Carpi, tanto che gli furono tributati nuovi onori e l'appellativo di "Carpicus
maximus".[77][78]

Invasioni barbariche del III secolo

78

proprio a questo periodo che apparterrebbe l'istituzione di un comando militare generale e centralizzato per
l'intera frontiera del medio e basso Danubio che avrebbe dovuto comprendere, pertanto, le province di
Pannonia inferiore, Mesia superiore ed inferiore, oltre alle Tre Dacie, a Sirmio. A capo di questo distretto
militare fu posto Tiberio Claudio Marino Pacaziano.[79]
248
Una nuova incursione di Goti, ai quali era stato rifiutato il contributo annuale promesso da Gordiano III, e di
Carpi loro associati, port ancora una volta devastazione nella provincia di Mesia inferiore.
[73]

Sotto l'impero di quel Filippo [...] i Goti malcontenti che non si pagasse pi loro il tributo,
si trasformarono in nemici
da amici che erano. Infatti pur vivendo sotto i loro re in una regione remota, erano federati dell'Impero e ricevevano un
contributo annuo. [...] Ostrogota passa il Danubio con i suoi cominciando a devastare la Mesia e la Tracia, mentre Filippo gli
mandava contro il senatore Decio. Quest'ultimo non riportando alcun successo, conged i suoi soldati rimandandoli alle loro
case e ritornandosene da Filippo [...]. Ostrogota, re dei Goti, [poco dopo e nuovamente] marci contro i Romani alla testa di
trentamila armati a cui si aggiunsero anche guerrieri taifali, asdingi e tremila Carpi, quest'ultimo popolo assai bellicoso e
spesso funesto per i Romani.
(Giordane, De origine actibusque Getarum, XVI, 1-3.)

L'invasione alla fine fu quindi fermata dal generale di Filippo l'Arabo, Decio Traiano, futuro imperatore,
presso la citt di Marcianopoli, che era rimasta sotto assedio per lungo tempo. La resa fu anche possibile
grazie ad una tecnica ancora rudimentale da parte dei Germani in fatto di macchine d'assedio e probabilmente,
come suggerisce Giordane, dalla somma versata loro dagli abitanti.[80]
249
Decio, proclamato imperatore
dalle armate pannonico-mesiche,
si diresse in Italia, portando con
s buona parte delle truppe di
confine, e presso Verona riusc a
battere l'esercito di Filippo
l'Arabo, che mor insieme a suo
figlio. Ma l'aver sguarnito le
difese
dell'area
balcanica
permise, ancora una volta, a Goti
e Carpi di riversarsi nelle
province di Dacia, Mesia
Invasioni dei Carpi e Goti di Cniva negli anni 249-251.
inferiore e Tracia. Sembra infatti
che i Goti, una volta passato il Danubio ghiacciato, si divisero in due colonne di marcia. La prima orda si
spinse in Tracia fino a Filippopoli (l'odierna Plovdiv), dove assediarono il governatore Tito Giulio Prisco; la
seconda, pi numerosa (si parla di ben settantamila uomini[23]) e comandata da Cniva, si spinse in Mesia
inferiore, fino sotto le mura di Novae.[78][81]
250
Decio fu costretto a fare ritorno sulla frontiera del basso Danubio, per affrontare l'invasione compiuta l'anno
precedente dei Goti di Cniva. Si trattava di un'orda di dimensioni fino ad allora mai viste, coordinata inoltre
con i Carpi che assalirono la provincia di Dacia.[82][83] Cniva, respinto da Treboniano Gallo presso Novae,
condusse le sue armate sotto le mura di Nicopoli.[84] Frattanto Decio, venuto a conoscenza della difficile
situazione in cui si trovava l'intero fronte balcanico-danubiano, decise di accorrere personalmente: prima di
tutto sconfisse e respinse dalla provincia dacica i Carpi, tanto che all'imperatore furono tributati gli appellativi
di "Dacicus maximus",[85] e "Restitutor Daciarum" ("restauratore della Dacia").[86]

Invasioni barbariche del III secolo

79

[87]

Decio: Antoniano

IMP C M Q TRAIANVS DECIVS AVG, testa con corona, indossa


corazza;

D-ACIA, la Dacia in piedi, tiene un bastone con la parte finale a forma di


asino.

4.99 g, coniato nel 250.

L'imperatore era ora deciso a sbarrare la strada del ritorno ai Goti in Tracia e ad annientarli per evitare
potessero ancora riunirsi e sferrare nuovi attacchi futuri, come narra Zosimo.[88] Lasciato Treboniano Gallo a
Novae, sul Danubio, riusc a sorprendere ed a battere Cniva mentre questi stava ancora assediando la citt
mesica di Nicopoli. Le orde barbariche riuscirono per ad allontanarsi e, dopo aver attraversato tutta la
Penisola balcanica, attaccarono la citt di Filippopoli. Decio, deciso ad inseguirli, sub per una cocente
sconfitta presso Beroe Augusta Traiana (l'attuale Stara Zagora).
Decio, con lo scopo di soccorrere la citt di Beroea [...], qui vi faceva riposare le truppe ed i cavalli quando Cniva lo assal
improvvisamente e, dopo aver inflitto all'esercito romano gravi perdite, ricacci in Mesia l'imperatore ed i pochi superstiti
della Tracia, attraverso le montagne. In Mesia Gallo, comandante di quel settore di frontiera, disponeva di numerose forze.
Decio riunendole a quanti dei suoi erano sopravvissuti al nemico, si dispose a continuare la campagna militare.
(Giordane, De origine actibusque Getarum, XVIII, 2.)

La sconfitta inflitta a Decio fu tanto pesante da impedire all'imperatore non solo la prosecuzione della
campagna, ma soprattutto la possibilit di salvare Filippopoli che, caduta in mano ai Goti, fu saccheggiata e
data alle fiamme. Del governatore della Tracia, Tito Giulio Prisco, che aveva tentato di proclamarsi
imperatore, nessuno seppe pi nulla.[82][84][89]
251
Al principio dell'anno la monetazione imperiale celebr una nuova "vittoria germanica", in seguito alla quale
Erennio Etrusco fu proclamato augusto insieme al padre Decio. I Goti, che avevano trascorso l'inverno in
territorio romano, in seguito a questa sconfitta offrirono la restituzione del bottino e dei prigionieri a
condizione di potersi ritirare indisturbati. Ma Decio, che aveva ormai deciso di distruggere quest'orda di
barbari, prefer rifiutare le proposte di Cniva e sul cammino del ritorno dispose le sue armate ed impegn il
nemico a battaglia nei pressi di Abrittus, in Dobrugia. Qui i Goti, pur stremati, riuscirono a infliggere una
cocente sconfitta all'esercito romano (luglio del 251), uccidendo persino l'imperatore ed il figlio maggiore,
Erennio Etrusco. Era la prima volta che un imperatore romano cadeva in battaglia contro un nemico
straniero.[90] Questa la tragica narrazione degli eventi di Giordane:
E subito il figlio di Decio cadde mortalmente trafitto da una freccia. Alla notizia il padre, sicuramente per rianimare i
soldati, avrebbe detto "Nessuno sia triste, la perdita di un solo uomo non deve intaccare le forze della Repubblica". Ma poco
dopo, non resistendo al dolore di padre, si lanci contro il nemico cercandovi o la morte o la vendetta per il figlio. [...] Perse
pertanto impero e vita.
(Giordane, De origine actibusque Getarum, XVIII, 3.)

Invasioni barbariche del III secolo

80

[91]

Decio: Antoniano

IMP CAE TRA DECIVS AVG, testa con


corona radiata, indossa una corazza;

VIC-TORIA GERMANICA, Decio a cavallo verso sinistra, alza la mano destra e tiene uno scettro
nella sinistra; a sinistra la dea Vittoria avanza verso sinistra, tiene un ramo nella destra ed una palma
nella sinistra.

3.33 gr, 12 h; coniato nel 251 (zecca di Roma antica).

Rimase imperatore il figlio minore, Ostiliano, il quale fu a sua volta adottato dall'allora legato delle due Mesie,
Treboniano Gallo, a sua volta acclamato imperatore in quello stesso mese. Gallo, accorso sul luogo della
battaglia, concluse una pace poco favorevole con i Goti di Cniva: non solo permise loro di tenersi il bottino,
ma anche i prigionieri catturati a Filippopoli, molti dei quali di ricche famiglie nobili. Inoltre, furono loro
garantiti sussidi annui, dietro alla promessa di non rimettere pi piede sul suolo romano.[83][89][92]
252
A partire da questa data i Quadi tornarono ad attaccare in modo crescente il limes pannonico, nella zona di
fronte alla fortezza legionaria di Brigetio.[93]
253
Una nuova ondata di Goti, Borani, Carpi ed Eruli port distruzione fino a Pessinunte ed Efeso via mare, e poi
via terra fino ai territori della Cappadocia.[94][95] Questo quanto tramanda Zosimo:
Poich Treboniano Gallo amministrava malamente il potere, gli Sciti [si intendono i Goti, ndr] cominciarono ad invadere
le province vicine, ed avanzavano saccheggiando anche i territori bagnati dal mare [il Mar Nero, ndr], e cos nessuna
provincia dei Romani fu risparmiata dalle loro devastazioni. Furono prese tutte le citt prive di fortificazioni e la maggior
parte di quelle fornite di mura. E non meno della guerra scoppi ovunque anche un'epidemia di peste, nei villaggi e nelle
citt, eliminando i barbari superstiti e procurando cos tante morti come mai prima d'ora era accaduto.
(Zosimo, Storia nuova, I.26.)

E mentre Emiliano, allora governatore della Mesia inferiore, era costretto a ripulire i territori romani a sud del
Danubio dalle orde dei barbari, scontrandosi vittoriosamente ancora una volta con il capo dei Goti, Cniva
(primavera del 253) e ottenendo grazie a questi successi il titolo di imperatore, ne approfittarono le armate dei
Sasanidi di Sapore I, che provocarono un contemporaneo sfondamento del fronte orientale, penetrando in
Mesopotamia e Siria fino ad occupare la stessa Antiochia.[96][97]
Terza fase: la diarchia di Valeriano in Oriente e Gallieno in Occidente (254-260)
Per approfondire, vedi Valeriano e Gallieno.

Invasioni barbariche del III secolo

81

[98]

Valeriano: Antoniano

IMP P LIC VALERIANO AVG, testa con corona, indossa


corazza;

VICTORIA GERMANICA, la Vittoria in piedi verso sinistra, con uno scudo ed


una palma.

21 mm, 3.90 g, coniato nel 253

Le continue scorrerie da parte dei barbari nei vent'anni successivi alla fine della dinastia dei Severi avevano messo in
ginocchio l'economia ed il commercio dell'Impero romano. Numerose fattorie e raccolti erano stati distrutti, se non
dai barbari, da bande di briganti e dalle armate romane alla ricerca di sostentamento, durante le campagne militari
combattute sia contro i nemici esterni, sia contro quelli interni (usurpatori alla porpora imperiale). La scarsit di cibo
generava, inoltre, una domanda superiore all'offerta di derrate alimentari, con evidenti conseguenze inflazionistiche
sui beni di prima necessit. A tutto ci si aggiungeva un costante reclutamento forzato di militari, a danno della
manovalanza impiegata nelle campagne agricole, con conseguente abbandono di numerose fattorie e vaste aree di
campi da coltivare. Questa impellente richiesta di soldati, a sua volta, aveva generato una implicita corsa al rialzo del
prezzo per ottenere la porpora imperiale. Ogni nuovo imperatore o usurpatore era costretto, pertanto, ad offrire al
proprio esercito crescenti donativi e paghe sempre pi remunerative, con grave danno per l'erario imperiale, spesso
costretto a coprire queste spese straordinarie con la confisca di enormi patrimoni di cittadini privati, vittime in questi
anni di proscrizioni "di parte".[99] Queste difficolt costrinsero il nuovo imperatore, Valeriano, a spartire con il figlio
Gallieno l'amministrazione dello Stato romano, affidando a quest'ultimo la parte occidentale e riservando per s
quella orientale, come in passato era gi avvenuto con Marco Aurelio e Lucio Vero (161-169).[100][101]
254
Al principio dell'anno, o sul finire del precedente, una nuova incursione di Goti devast la regione di
Tessalonica: i Germani non riuscirono ad espugnare la citt, che per, solo a stento e con molta fatica, fu
liberata dalle armate romane del nuovo imperatore Valeriano. Il panico fu cos grande che gli abitanti
dell'Acaia decisero di ricostruire le antiche mura di Atene e di molte altre citt del Peloponneso.[97][102]
Franchi e Alemanni furono fermati nel corso di un loro tentativo di sfondamento del limes romano dal giovane
cesare Gallieno, il quale si merit per questi successi l'appellativo di "Restitutor Galliarum" e di "Germanicus
maximus".[103] Il suo merito fu l'aver contenuto almeno in parte i pericoli, grazie a un accordo con uno dei capi
dei Germani, che si impegn ad impedire agli altri barbari di attraversare il Reno e ad opporsi cos a nuovi
invasori.[104]
255
I Goti ripresero gli attacchi, questa volta via mare, lungo le coste dell'Asia Minore, dopo aver requisito
numerose imbarcazioni al Bosforo Cimmerio, alleato di Roma. I primi ad impadronirsi di queste imbarcazioni
furono per i Borani che, percorrendo le coste orientali del Mar Nero, si spinsero fino all'estremit dell'Impero
romano, presso la citt di Pityus, che per sua fortuna era dotata di una cinta di mura molto solide e di un porto
ben attrezzato. Qui furono respinti grazie alla vigorosa resistenza da parte della popolazione locale,
organizzata per l'occasione dall'allora governatore Successiano.[105]
I Goti, invece, partiti con le loro navi dalla penisola di Crimea, raggiunsero la foce del fiume Fasi (che si trova
nella regione di Guria in Georgia, nelle vicinanze dell'attuale citt di Sukhumi[106]); avanzarono anch'essi
verso Pityus, che riuscirono questa volta ad occupare, anche perch Successiano, promosso prefetto del
Pretorio, aveva seguito l'imperatore Valeriano ad Antiochia.[107] La grande flotta prosegu quindi fino a

Invasioni barbariche del III secolo

82

Trapezunte, riuscendo ad occupare anche questa importante citt, protetta da una duplice cinta muraria e da
diverse migliaia di armati, come racconta Zosimo:
I Goti, appena si accorsero che i soldati all'interno delle mura erano pigri ed ubriaconi e non salivano neppure lungo i
camminamenti delle mura, accostarono al muro alcuni tronchi, dove era possibile, ed in piena note, a piccoli gruppi salirono
e conquistarono la citt. [...] I barbari si impadronirono di grandi ricchezze e di un grande numero di prigionieri [...] e dopo
avere distrutti i templi, gli edifici e tutto ci che di bello e magnifico era stato costruito, ritornarono in patria con moltissime
navi
(Zosimo, Storia nuova, I, 33.)

Carichi ormai di un enorme


bottino, sulla strada del ritorno
saccheggiarono anche la citt di
Panticapeo, nell'attuale Crimea,
interrompendo i rifornimenti di
grano necessari ai Romani in
quella regione.[108] La situazione
era cos grave da costringere
Gallieno ad accorrere lungo i
confini
danubiani
per
riorganizzare le forse dopo
questa devastante invasione,
come
testimonierebbe
una
iscrizione proveniente dalla
fortezza
legionaria
di
[109]
Viminacium.

Invasioni barbariche di Goti, Borani, Carpi, contemporanee a quelle dei Sasanidi di


Sapore I, degli anni 252-256, durante il regno di Valeriano e Gallieno.

256
Non pass molto tempo che una nuova invasione di Goti percorse il Mar Nero, ancora via mare ma questa
volta verso la costa occidentale, avanzando fino al lago di Fileatina (l'attuale Derkos) ad occidente di
Bisanzio.[110] Da qui proseguirono fin sotto le mura di Calcedonia. La citt fu depredata di tutte le sue grandi
ricchezze, bench, riferisce Zosimo, la guarnigione superasse il numero degli assalitori Goti.[94][111] Molte
altre importanti citt della Bitinia, come Prusa, Apamea e Cio furono saccheggiate dalle armate gotiche,
mentre Nicomedia e Nicea furono date alle fiamme.[112]

Invasioni barbariche del III secolo

L'imperatore Gallieno, figlio di Valeriano, che regn


dal 253 al 268 si trov a fronteggiare uno nei periodi
pi terribili delle invasioni barbariche.

83
Contemporaneamente buona parte dei territori del Nord
della provincia delle Tre Dacie (vale a dire tutta la Dacia
Porolissensis e parte della Dacia Superiore) andarono
perduti a seguito ad una nuova invasione di Goti e Carpi.
Infatti, una volta attraversata la catena montuosa dei
Carpazi, gli invasori riuscirono a cacciare i Romani dalla
zona settentrionale, con la sola eccezione delle zone pi
meridionali e prossime al Danubio (ovvero le attuali regioni
dell'Oltenia e della Transilvania). Questi eventi sono stati
tramandati da un breve passo di Eutropio e confermati dai
numerosi scavi archeologici della zona, che testimoniano
una totale cessazione delle iscrizioni e delle monete romane
nel nord del Paese a partire proprio dal 256.[113][114]
inoltre attestata la presenza di alcuni ufficiali delle legioni V
Macedonica e XIII Gemina nei pressi di Poetovio, a
conferma di un principio di "svuotamento" delle guarnigioni
delle Tre Dacie a vantaggio della vicina Pannonia.[115]
Tuttavia la resistenza romana alle invasioni di Goti e Carpi
nel sud della provincia fu celebrata l'anno successivo,
quando a Gallieno fu attribuito l'appellativo di "Dacicus

maximus".[101][116]
257
Valeriano, preoccupato per l'invasione dei Goti dell'anno precedente, invi un esercito di soccorso, comandato
da Lucio Mummio Felice Corneliano ed alle cui dipendenze sembra ci fosse il futuro imperatore
Aureliano,[117] per meglio difendere l'importante roccaforte di Bisanzio; l'imperatore, a sua volta, si diresse in
Cappadocia e in Bitinia per portar soccorso alle popolazioni di questa provincia.[118] Tuttavia, l'arrivo di
Valeriano non sort alcun effetto, poich il riaccendersi di un'epidemia di peste e l'avanzata persiana degli anni
precedenti aveva gettato l'oriente romano nel pi grande sconforto.[119] anche probabile che i vari assalti
condotti con successo da parte dei barbari abbiano generato in Sapore I la consapevolezza che un attacco ben
programmato e contemporaneo da parte del re dei Sasanidi avrebbe permesso alle sue armate di dilagare nelle
province orientali romane, con il proposito di congiungersi ai Goti stessi provenienti dalle coste del Mar
Nero.[120]
Il fronte renano della Germania inferiore fu sconvolto da nuovi attacchi dei Franchi, i quali riuscirono a
spingersi fino a Mogontiacum, dove furono fermati dall'accorrente legio VI Gallicana, di cui era tribuno
militare il futuro imperatore Aureliano.[121] Lo stesso Gallieno, lasciato l'Illirico a marce forzate, accorse in
Occidente, riuscendo a battere le orde franche probabilmente nei pressi di Colonia e comunque dopo aver
ripulito l'intera sponda sinistra del Reno dalle armate dei barbari.[109][122]
258
Ancora i Franchi, che l'anno precedente avevano sfondato il limes della Germania inferiore,[123] compirono
una nuova incursione, incuneandosi nei territori imperiali di fronte a Colonia per poi spingersi fino alla Spagna
(dove saccheggiarono Tarragona,[114]), fino a Gibilterra[124] e alle coste della Mauretania romana.[125]
L'invasione sembra fu, ancora una volta, respinta come risulta della monetazione del periodo, secondo la quale
Gallieno ottenne il titolo vitorioso di Germanicus Maximus per la quinta volta.[126]

Invasioni barbariche del III secolo

84

258-260
Quadi, Marcomanni, Iazigi e
Roxolani furono responsabili
della grande catastrofe che colp
il limes pannonico in questi anni
(la
stessa
Aquincum
ed
l'importante forte di Intercisa
furono saccheggiati[127]), con lo
spopolamento della campagne
dell'intera provincia.[93][114][128]
Nello stesso periodo, Eutropio
racconta di una nuova incursione
germanica
(forse
di
Marcomanni) che raggiunse
Ravenna prima di essere
fermata,
proprio
mentre
l'imperatore
Valeriano
era
impegnato sul fronte orientale
contro i Sasanidi di Sapore I.[129]

Invasioni in Occidente di Franchi, Alemanni, Marcomanni, Quadi, Iazigi e Roxolani degli


anni 258-260.

Sempre in questo periodo, Gallieno concesse ad alcune trib di Marcomanni di insediarsi nella Pannonia
romana a sud del Danubio, probabilmente per ripopolare le campagne devastate dalle invasioni dei decenni
precedenti, e - cosa curiosa - contrasse un matrimonio secondario con la figlia di un loro principe.[130][131]
[Gallieno] ebbe come concubina una ragazza di nome Pipa, che ricevette quando una parte della provincia di Pannonia
superiore fu concessa in base ad un trattato a suo padre, re dei Marcomanni, donatagli come regalo di nozze.
(Sesto Aurelio Vittore, De Vita et Moribus Imperatorum Romanorum, 33.6.)

Quarta fase: stati secessionisti e apice della crisi (260-268)


Per approfondire, vedi Impero delle Gallie e Regno di Palmira.

A partire dal 260, e fino al 274 circa, l'Impero romano sub la secessione di due vaste aree territoriali, che per ne
permisero la sopravvivenza. Ad ovest gli usurpatori dell'Impero delle Gallie, come Postumo (260-268[132]), Leliano
(268), Marco Aurelio Mario (268-269), Vittorino (269-271), Domiziano II (271) e Tetrico (271-274), riuscirono a
difenderne i confini delle province di Britannia, Gallia e Spagna. Scrive Eutropio:
Avendo cos Gallieno abbandonato lo Stato, l'Impero romano fu salvato in Occidente da Postumo ed in Oriente da
Odenato.
(Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 11.)

Postumo era riuscito, infatti, a costituire un impero in Occidente, centrato sulle provincie della Germania inferiore e
della Gallia Belgica e al quale si unirono poco dopo tutte le altre province galliche, della britanniche, ispaniche e, per
un breve periodo, anche quella di Rezia.[133]

Invasioni barbariche del III secolo

Questi imperatori non solo formarono


un proprio Senato presso il loro
maggiore
centro
di
Augusta
Treverorum e attribuirono i classici
titoli di console, Pontefice massimo o
tribuno della plebe ai loro magistrati
nel nome di Roma aeterna,[134] ma
assunsero anche la normale titolatura
imperiale, coniando monete presso la
zecca di Lugdunum, aspirando all'unit
con Roma e, cosa ben pi importante,
non pensando mai di marciare contro
gli imperatori cosiddetti "legittimi"
(come Gallieno, Claudio il Gotico,
270 d.C.: L'Impero romano al centro, con l'Impero delle Gallie ad Occidente, il Regno di
Quintillo o Aureliano), che regnavano
Palmira a Oriente.
su Roma (vale a dire coloro che
governavano l'Italia, le province
africane occidentali fino alla Tripolitania, le province danubiane e dell'area balcaniche). Essi, al contrario, sentivano
di dover difendere i confini renani ed il litorale gallico dagli attacchi delle popolazioni germaniche di Franchi,
Sassoni ed Alemanni. L'Imperium Galliarum risult, pertanto, una delle tre aree territoriali che permise di
conservare a Roma la sua parte occidentale.[135]
In Oriente fu invece il Regno di Palmira a subentrare a Roma nel governo delle province dell'Asia minore, di Siria ed
Egitto, difendendole dagli attacchi dei Persiani, prima con Odenato (260-267), nominato da Gallieno "Corrector
Orientis", e poi con la sua vedova secessionista, Zenobia (267-271).[135]
260
Nel corso di questo anno i territori che formavano una rientranza tra Reno e Danubio, a sud del cosiddetto
limes germanico-retico (gli Agri decumates) furono abbandonati a vantaggio delle popolazioni sveve degli
Alemanni. A questo anno sembrano infatti attribuibili i numerosi segni di distruzione lungo questo tratto di
Limes a Kempten, Bregenz, Grenoble e Losanna e la riapertura della fortezza legionaria di Vindonissa e dei
forti ausiliari di Augusta Raurica, Castrum Rauracense e la moderna Basilea.[136] Non a caso l'iscrizione
rinvenuta sull'altare di Augusta ricorda una vittoria contro le genti germaniche di Semnoni e Iutungi, nell'anno
in cui Postumo era gi augusto e console insieme ad un certo Onoraziano.[137]

85

Invasioni barbariche del III secolo

Fu probabilmente Gallieno a
decidere il definitivo abbandono
di tutti i territori ad est del Reno
ed a nord del Danubio, a causa
delle continue invasioni delle
trib germaniche limitrofe degli
Alemanni,
ed
alla
contemporanea secessione della
parte occidentale dell'impero,
guidata dal governatore di
Germania superiore ed inferiore,
Postumo.[130][138][139]
Gli
Alemanni, che avevano sfondato
il limes retico e attraversato il
Il limes germano-retico, abbandonato attorno al 260.
Passo del Brennero, si erano
spinti in Italia, dove furono
intercettati e battuti dalle armate di Gallieno nei pressi di Milano. L'imperatore sembra non avesse potuto
intervenire prima lungo il fronte germanico-retico a causa della contemporanea crisi orientale, che vide
coinvolto il proprio padre, Valeriano, catturato dai Sasanidi di Sapore I nella tarda estate.[114][140]
Contemporaneamente, lungo il Limes della Germania inferiore orde di Franchi riuscirono ad impadronirsi
della fortezza legionaria di Castra Vetera e assediarono Colonia, risparmiando invece Augusta Treverorum
(l'odierna Treviri). Altri si riversarono lungo le coste della Gallia e devastarono alcuni villaggi fino alle foci
dei fiumi Senna e Somme.[123]
261
Una nuova incursione degli Alemanni nella zona della Mosella, fino ad Augusta Treverorum e a Metz fu
fermata dalle armate di Postumo. La controffensiva romana fu, infatti, condotta dall'ex-governatore, ora
reggente dell'Impero delle Gallie. Egli non solo respinse l'invasione degli Alemanni e dei Franchi pi a nord,
ma riusc a rioccupare e fortificare nuovamente alcune postazioni ausiliarie avanzate nel territorio degli
ex-Agri decumates, lungo la piana del fiume Neckar, meritandosi la proclamazione della "Victoria
germanica".[139] Per questi successi, egli assunse l'appellativo di "Restitutor Galliarum" ("restauratore delle
Gallie"), decidendo inoltre di assoldare tra le file del suo esercito bande di soldati franchi appena sconfitti, per
combattere contro i loro stessi "fratelli", come testimona Aurelio Vittore.[141]

86

Invasioni barbariche del III secolo

87
261-262

La cattura di Valeriano da parte dei Persiani


gener, oltre alla secessione ad occidente
dell'Impero delle Gallie, una serie continua di
usurpazioni, per lo pi tra i comandanti delle
provincie
militari
danubiane
(periodo
denominato dei "trenta tiranni"[142]). Gallieno,
costretto a combattere su pi fronti
contemporaneamente per difendere la legittimit
del suo trono, impieg buona parte delle armate
preposte a difesa dei confini imperiali per
contrastare molti di questi generali che si erano
Rilievo sasanide a Naqsh-e Rostam raffigurante Sapore I che tiene
proclamati imperatori. Il risultato fu di lasciar
prigioniero Valeriano e riceve l'omaggio di Filippo l'Arabo,
sguarniti ampi settori strategici del limes,
inginocchiato davanti allo shahanshah sasanide.
provocando una nuova invasione da parte dei
Sarmati in Pannonia. E fu solo in seguito ad un successivo intervento dello stesso Gallieno, che gli invasori
furono respinti.[130]
A queste cose negative si era inoltre aggiunto che gli Sciti [intesi come Goti, ndr] avevano invaso la Bitinia e avevano
distrutto alcune citt. Alla fine incendiarono e devastarono gravemente la citt di Asta, oggi chiamata Nicomedia.
(Historia Augusta - Due Gallieni, 4.7-8.)

262
I Goti compirono una nuova incursioni via mare lungo le coste del Mar Nero, riuscendo a saccheggiare
Bisanzio, l'antica Ilio ed Efeso.[143]
Poich gli Sciti [ovvero i Goti, ndr] avevano portato grande distruzione all'Ellade ed assediata la stessa Atene, Gallieno
cerc di combattere contro di loro, che ormai avevano occupato la Tracia.
(Zosimo, Storia nuova, I, 39.1.)

264
Secondo la Historia Augusta,[144] mentre in Oriente Odenato era riuscito a respingere i Persiani fino alle mura
della propria capitale, Ctesifonte, i Goti
invasero la Cappadocia. Qui occupate alcune citt, dopo una guerra condotta con esito incerto, si diressero verso la
Bitinia.
(Historia Augusta - Due Gallieni, 11.1.)

fine del 267-inizi del 268


[145]

Una nuova ed immensa invasione da parte dei Goti, unitamente a Peucini, agli "ultimi arrivati" nella
regione dell'attuale mar d'Azov, gli Eruli, ed a numerosi altri popoli prese corpo dalla foce del fiume Tyras
(presso l'omonima citt) e diede inizio alla pi sorprendente invasione di questo terzo secolo, che sconvolse le
coste e l'entroterra delle province romane di Asia Minore, Tracia e Acaia affacciate sul Ponto Eusino e sul
Mare Egeo.[26][27]
Gli Sciti [da intersi come Goti, ndr], navigando attraverso il Ponto Eusino penetrarono nel Danubio e portarono grandi
devastazioni sul suolo romano. Gallieno conosciute queste cose diede ai bizantini Cleodamo e Ateneo il compito di
ricostruire e munire di mura le citt, e quando si combatt presso il Ponto i barbari furono sconfitti dai generali bizantini.
Anche i Goti furono battuti in una battaglia navale dal generale Veneriano, e lo stesso mor durante il combattimento.

Invasioni barbariche del III secolo

88

(Historia Augusta - I due Gallieni, 13.6-7.)

E cos le diverse trib della Scizia, come Peucini, Grutungi, Ostrogoti, Tervingi, Visigoti, Gepidi, Celti ed Eruli, attirati
dalla speranza di fare bottino, giunsero sul suolo romano e qui operarono grandi devastazioni, mentre Claudio era impegnato
[146]
in altre azioni [contro gli Alamanni, ndr] [...]. Furono messi in campo trecentoventimila armati dalle diverse popolazioni
[26]
[...] oltre a disporre di duemila navi (seimila secondo Zosimo ), vale a dire un numero doppio di quello utilizzato dai
Greci [...] quando intrapresero la conquista delle citt d'Asia [la guerra di Troia, ndr].
(Historia Augusta - Claudio II il Gotico, 6.2-8.1.)

Sembra che i barbari diedero per


prima cosa l'assalto alla citt di
Tomi, ma furono respinti.
Proseguirono
invadendo
la
Mesia e la Tracia fino a
raggiungere Marcianopoli.[147]
Dopo aver fallito anche questo
secondo
obbiettivo,
continuarono la loro navigazione
verso sud, ma arrivati negli
stretti della Propontide subirono
numerose perdite a causa di una
violenta tempesta che si era
abbattuta su di loro.[148]

L'invasione delle genti gotiche del 267/268-270 durante i regni di Gallieno e Claudio il
Gotico. In colore verde il regno di Palmira della regina Zenobia e Vaballato.

Volte le loro vele verso Cizico,


che assediarono senza successo, subirono presso Bisanzio un'iniziale sconfitta da parte dell'esercito romano
accorrente,[149] ma l'incursione dei barbari continu fino a costeggiare l'Ellesponto e a giungere al monte
Athos. Ricostruite alcune delle loro navi distrutte dalla precedente tempesta, si divisero in almeno tre
colonne:[150]
1. una prima si diresse verso ovest, assediando senza successo prima Cizico, poi saccheggiando le isole di Imbro e
Lemno,[151] occupando la futura citt di Crisopoli (di fronte a Bisanzio), proseguendo fin sotto le mura di
Cassandreia e poi di Tessalonica,[152] e portando devastazione anche nell'entroterra della provincia di
Macedonia.[153]
2. una seconda armata, giunta in prossimit della foce del fiume Nestus o Nessos, tent di risalirlo verso nord, ma fu
intercettata dalle armate romane e sub una cocente sconfitta ad opera dello stesso Gallieno, accorso per
l'occasione. Si racconta, infatti, che Gallieno riusc a battere le orde dei barbari, tra cui certamente i Goti,
uccidendone un gran numero (primavera del 268). In seguito a questi eventi offr al capo degli Eruli, Naulobato,
gli "ornamenta consularia", dopo che il suo popolo (identificabile con gli "Sciti" della Historia Augusta), formato
un convoglio di carri, aveva tentato di fuggire attraverso il monte Gessace (gli attuali Monti Rodopi)[151][154]
Subito dopo Gallieno fu costretto a tornare in Italia per assediare a Milano l'usurpatore Aureolo, che aveva tentato
di usurpargli il trono.[155][156]
3. una terza si diresse verso sud lungo le coste dell'Asia minore, della Tessaglia e dell'Acaia, dove i barbari
riuscirono a saccheggiare Sparta, Argo, Corinto e Tebe. Lo storico Dessippo racconta, nella sua Cronaca, di
essere riuscito egli stesso nell'impresa di respingere un primo attacco alle mura della citt di Atene.[27][157]
Si combatt in Acaia, sotto il comando di Marciano, contro i Goti, che sconfitti dagli Achei, si ritirarono da l. Mentre gli
Sciti, che fanno sempre parte dei Goti, devastavano l'Asia [si tratta delle invasioni iniziate nel 267/268 e terminate nel
269/70, ndr], dove fu incendiato il tempio di Efeso.

Invasioni barbariche del III secolo

89

(Historia Augusta - I due Gallieni, 6.1-2.)

268
Nel corso di questo anno gli Alemanni riuscirono ancora una volta a penetrare nell'Italia settentrionale
attraverso il passo del Brennero,[158] approfittando dell'assenza dell'esercito romano, impegnato a fronteggiare
sia la devastante invasione dei Goti in Mesia, Acaia, Macedonia, Ponto ed Asia, sia l'usurpatore Aureolo, che
si era fortificato a Milano. L'accorrere successivo dell'esercito romano di Claudio II il Gotico (il nuovo
imperatore che aveva assistito alla capitolazione di Aureolo[159]), costrinse gli Alemanni ad interrompere le
loro scorrerie ed a trattare il loro ritiro dal suolo italico. Il mancato accordo costrinse Claudio a combatterli:
riport la vittoria decisiva in novembre, nella battaglia del lago Benaco (il lago di Garda) che, come racconta
Aurelio Vittore, permise la loro definitiva cacciata dall'Italia settentrionale con gravissime perdite. Si racconta,
infatti, che pi della met dei barbari perirono nel corso della battaglia.[160]
Quinta fase: la riunione del vecchio impero (269-275)
Per approfondire, vedi Aureliano, Imperatori illirici, Zenobia e Tetrico.

A partire dallo stesso Claudio il Gotico,[161] ma soprattutto con il successore, Aureliano, l'ideale di una restaurazione
dell'unitariet dell'Impero romano si afferm con vigore. Il compito principale che attendeva quest'ultimo imperatore
era quello di dover riunire i due "tronconi", che si erano formati durante il regno di Gallieno, ovvero l'impero delle
Gallie ad Occidente ed il regno di Palmira della regina Zenobia ad Oriente.[162]
[163]

Claudio il Gotico: Antoniniano

IMP CLAVDIVS P(ius) F(elix)? AVG, testa dell'imperatore verso destra


che indossa corazza

VICTORIAE GOTHIC, rappresentato un trofeo con ai suoi piedi due


prigionieri goti.

19 mm, 4.68 g, coniato nel 269/270

269
Agli inizi dell'anno, dopo che per alcuni mesi i Goti erano stati tenuti a bada dalle armate romane di Marciano,
il nuovo imperatore Claudio II riusc a raggiungere il teatro degli scontri ed a riportare una vittoria decisiva su
queste genti nella battaglia di Naisso, dove si racconta che persero la vita ben cinquantamila barbari. I
Germani erano arrivati nel cuore della Mesia percorrendo la strada che da Tessalonica conduce a Scupi e poi
verso nord, dopo aver devastato i territori attorono a Pelagonia (l'attuale Bitola).[27][164] I sopravvissuti alla
battaglia di Naisso, proteggendosi con i carri, si diressero in Macedonia. Durante la lunga marcia sulla via del
ritorno, molti dei barbari morirono insieme alle loro bestie, oppressi dalla fame; altri furono uccisi in un nuovo
scontro con la cavalleria romana degli "equites Delmatae", la riserva strategica mobile appena istituita da
Gallieno.[113][165] La marcia dei Goti prosegu in direzione orientale verso il monte Hemaus. Tuttavia i
barbari, seppure circondati dalle legioni, riuscirono a procurare non poche perdite alla fanteria romana, che fu
salvata solo grazie all'intervento della cavalleria affidata ad Aureliano,[166] alleviando la sconfitta.[167]
Contemporaneamente le altre orde di Goti, che si erano riversate l'anno precedente nel Mare Egeo e nel
Mediterraneo orientale ed avevano compiuto azioni di pirateria, furono respinte definitivamente dopo una serie
di scontri dall'accorrente prefetto d'Egitto, Tenagino Probo, nelle acque di fronte alle isole di Cipro, Creta e

Invasioni barbariche del III secolo

90

Rodi.[168][169] La Historia Augusta, riferendosi ad un discorso di Claudio gli fa pronunciare queste parole:
Abbiamo distrutto trecentoventimila Goti ed abbiamo affondato duemila navi. I fiumi sono ricoperti degli scudi del
nemico, tutte le spiagge sono ricoperte di spade e lance. I campi neppure pi si vedono nascosti dalle ossa, non esiste alcuna
strada libera, numerosi carri sono stati abbandonati. Abbiamo catturato tante donne, che i nostri soldati vincitori ne possono
tenere per s due o tre a testa.
(Historia Augusta - Claudio, 8.4-8.6.)

In seguito a questi eventi Claudio, che era riuscito a ricacciare oltre il Danubio quell'immensa orda barbarica,
pot fregiarsi dell'appellativo di "Gothicus maximus" e le monete coniate quell'anno ne celebrarono la
"Victoria gothica".[169] Dei barbari superstiti, una parte fu colpita da una terribile pestilenza, un'altra entr a
far parte dell'esercito romano, ed un'ultima si ferm a coltivare le terre ricevute lungo i confini imperiali.[170]
Narra la Historia Augusta che sempre nello stesso anno l'usurpatore Leliano, succeduto a Postumo nell'Impero
delle Gallie, riorganizzo le province sotto il suo controllo:
Molte citt della Gallia e anche molte fortezze che Postumo aveva costruito in territorio barbarico [oltre il fiume Reno,
ndr] nel corso di sette anni e che, dopo la sua morte, erano state distrutte ed incendiate durante un'improvvisa incursione dei
Germani [si trattava o dei Franchi o degli Alemanni, al principio del 269, ndr], le ricostru riportandole al precedente
stato.
(Historia Augusta - I trenta tiranni, Lolliano, 4.)

270
Con l'inizio dell'anno, quando
ancora Claudio era impegnato a
fronteggiare la minaccia gotica,
una nuova invasione di Iutungi
torn a procurare ingenti danni
in Rezia e Norico. Claudio,
costretto ad intervenire con
grande prontezza, affid il
comando
balcanico
ad
Aureliano, mentre egli stesso si
dirigeva a Sirmio, suo quartier
generale, da dove poteva meglio
controllare ed operare contro i
barbari.[169] Poco dopo tuttavia
mor, in seguito ad una nuova
epidemia di peste scoppiata tra le
file del suo esercito (agosto).[171]

L'invasione della parte occidentale dell'impero romano degli anni 268-271, da parte di
Alemanni, Marcomanni, Iutungi, Iazigi e Vandali Asdingi.

La morte prematura di Claudio


costrinse Aureliano a concludere rapidamente la guerra contro i Goti in Tracia e nelle Mesie, ponendo fine agli
assedi di Anchialus (nei pressi della moderna Pomorie, lungo le coste bulgare del Mar Nero) e di Nicopolis ad
Istrum.[172] Recatosi poco dopo anch'egli a Sirmio, dove ricevette l'acclamazione imperiale da parte delle
truppe di stanza in Pannonia, era consapevole del fatto che fosse imperativo affrontare al pi presto gli Iutungi
che avevano sfondato il fronte danubiano.[173]
I barbari avevano puntato soltanto a fare bottino, dopo il mancato versamento dei sussidi promessi dai
precedenti imperatori; venuti a conoscenza dell'arrivo del nuovo sovrano e ormai soddisfatti di quanto razziato
nel corso dell'inverno, tentarono di ritirarsi, ma furono intercettati dai Romani nei pressi del Danubio e battuti,

Invasioni barbariche del III secolo

91

anche se non in modo definitivo. Le loro richieste di un rinnovo del precedente trattato di pace e del
riconoscimento di nuovi sussidi, furono per rifiutati da Aureliano, il quale concesse loro solo la possibilit di
far ritorno alle terre natie senza bottino. La pace siglata tra l'impero e le popolazioni germaniche defin la
politica del nuovo imperatore nei confronti dei barbari. Egli neg, infatti, ogni qualsivoglia compenso in
cambio di un loro foedus, che avrebbe reso l'impero tributario dei suoi stessi federati.[174]
A novembre dello stesso anno, mentre Aureliano si trovava a Roma,[175] per ricevere dal Senato in modo
ufficiale i pieni poteri imperiali, una nuova invasione gener il panico, questa volta nelle province di Pannonia
superiore ed inferiore, che evidentemente Aureliano aveva sguarnito per recarsi in Italia a respingere
l'invasione degli Iutungi. Si trattava questa volta dei Vandali Asdingi, insieme ad alcune bande di Sarmati
Iazigi.[176] Anche in questa circostanza il pronto intervento dell'imperatore in persona costrinse queste
popolazioni germano-sarmatiche a capitolare ed a chiedere la pace. Aureliano costrinse i barbari a fornire in
ostaggio molti dei loro figli, oltre ad un contingente di cavalleria ausiliaria di duemila uomini, in cambio del
ritorno alle loro terre a nord del Danubio.[177][178][179] Per questi successi ottenne l'appellativo di Sarmaticus
maximus.[180]

[181]

Aureliano: Aureo

IMP C L DOM AVRELIANVS P F AUG,


testa laureata e busto con corazza verso
destra, indossa un'aegis (armatura di
Minerva);

V-IRTVS AVG, Marte avanza verso destra, tiene


una lancia in avanti ed un trofeo sopra la spalla
sinistra; ai piedi un prigioniero legato seduto verso
destra.

21 mm, 4.70 gr, 6h; Zecca di Mediolanum (Milano), terza emissione, coniato nel 271/272
Busto di Aureliano in bronzo dorato
dal Museo di Santa Giulia di Brescia.

271
Era appena cessata questa minaccia, che gi una nuova si profilava all'orizzonte. Questa volta si trattava di
un'importante invasione congiunta di Alemanni, Marcomanni e forse di alcune bande di Iutungi (Dessippo
parla esplicitamente di una nuova invasione degli Iutungi, che ancora flagellava il suolo italico[177]).
Aureliano, anche questa volta, fu costretto ad accorrere in Italia, ora che questi popoli avevano gi forzato i
passi alpini. Raggiunta la Pianura padana a marce forzate percorrendo la via Postumia, fu inizialmente
sconfitto dalla coalizione dei barbari presso Piacenza, a causa di un'imboscata.
Aureliano voleva affrontare l'esercito nemico tutto insieme, riunendo le proprie forze, ma nei pressi di Piacenza sub una
tale disfatta, che l'Impero romano per poco non cadde. La causa di questa disfatta fu un movimento sleale e furbo da parte
dei barbari. Essi, non potendo affrontare lo scontro in campo aperto, si rifugiarono in un densissimo bosco e verso sera
attaccarono i nostri di sorpresa.
(Historia Augusta - Aureliano, 21.1-3.)

Nel prosieguo della campagna, i barbari per, per avidit di bottino, si divisero in numerose bande armate,
sparpagliate nel territorio circostante. Aureliano, radunate nuovamente le armate dopo la sconfitta subita e
deciso a seguirli nella loro marcia verso sud, riusc a ribaltare le sorti della guerra. I barbari infatti avevano

Invasioni barbariche del III secolo


continuato a saccheggiare le citt della costa adriatica come Pesaro e Fano.[182] Non molto distante da
quest'ultima citt, lungo la via Flaminia sulle sponde del fiume Metauro, l'imperatore riusc a batterli una
prima volta e poi una seconda volta, in modo risolutivo, sulla strada del ritorno nei pressi di Pavia.[178][183] In
seguito a quest'ultima invasione, si provvedette (fu forse al tempo di Diocleziano) a sbarrare la strada a
possibili e future invasioni, fortificando il corridoio che dalla Pannonia e dalla Dalmazia immette in Italia
attraverso le Alpi Giulie: il cosiddetto Claustra Alpium Iuliarum.[184]
Una volta terminata la campagna in Italia, nel dirigersi in Oriente per combattere la regina Zenobia del Regno
di Palmira, batt Goti che gli muovevano contro e, attraversato il Danubio, uccise il loro re, Cannabaude,
insieme a cinquemila dei suoi armati.[156][185][186] Per questi successi il Senato gli confer l'appellativo di
"Gothicus maximus"[187]
La crescente crisi lungo le frontiere danubiane, oltre alla secessione in Occidente dell'Impero delle Gallie ed in
Oriente del Regno di Palmira, costrinse Aureliano ad evacuare la provincia delle Tre Dacie, sotto i crescenti
colpi da parte soprattutto di Goti (in particolare, della trib dei Tervingi[188]) e Carpi, oltre ai Sarmati Iazigi
della piana del Tibisco.[189] Egli, sgombrando l'area a nord del Danubio, decise di formare tuttavia una nuova
provincia di Dacia a sud del corso del grande fiume, scorporando due nuove regioni dalla Mesia inferiore: la
"Dacia Ripense" e la "Dacia Mediterranea".[186][190] L'abbandono definitivo della Dacia fu completato tra il
271 ed il 273.[156] Le conseguenze dell'abbandono romano del bacino carpatico gener non solo nuove
tensioni tra Goti e Gepidi ad oriente e Iazigi ad occidente, a causa del contatto tra le varie trib, ma permise
anche di rafforzare le frontiere del medio-basso corso del Danubio con il ritiro di due intere legioni (legio V
Macedonica e legio XIII Gemina, posizionate ora ad Oescus e Ratiaria) ed un consistente numero di unit
ausiliarie, per un totale complessivo di oltre quarantacinquemila armati.[191]
272
Di ritorno da una nuova campagna orientale contro Zenobia, l'imperatore fu costretto ad intervenire in Mesia e
Tracia, per una nuova incursione da parte dei Carpi. Questi ultimi furono respinti ed in buona parte insediati
nei territori romani lungo la frontiera del basso corso del Danubio, tanto da meritargli l'appelativo di "Carpicus
maximus".[192]
272-274
L'unit imperiale pot finalmente concretizzarsi con la sconfitta, prima di Zenobia e Vaballato in Oriente
(regno di Palmira) nel 272, e poi di Tetrico in Occidente (Impero delle Gallie) nel 274, al termine della
battaglia presso i Campi Catalauni. Tetrico e Zenobia, dopo il trionfo celebrato a Roma, non furono per
giustiziati: al contrario, il primo fu nominato governatore della Lucania, mentre la regina orientale fu insediata
a Tivoli e le fu dato un senatore romano come marito.[193] Si trattava di un riconoscimento per aver "salvato" i
confini dell'Impero dalle invasioni dei barbari in Occidente e dei Sasanidi in Oriente.[135]
274-275
La vittoria di Aureliano su Tetrico provoc una nuova incursione da parte dei Germani d'oltre Danubio, nella
vicina provincia di Rezia, tanto da richiedere un nuovo intervento dell'imperatore in persona, prima di recarsi
in Oriente, dove aveva intenzione di intraprendere una nuova campagna contro i Sasanidi, al fine di recuperare
i territori perduti della provincia romana di Mesopotamia.[194]

92

Invasioni barbariche del III secolo

93

Sesta fase: la controffensiva romana (276-284)

Busto di Marco Aurelio Probo dai Musei Capitolini.

Per approfondire, vedi Guerre bagaudiche.

L'assassinio dell'imperatore Aureliano, in viaggio per condurre una campagna contro l'impero sasanide, produsse in
tutto l'Impero profondo cordoglio, ma scaten anche lungo i confini settentrionali nuovi assalti da parte dei barbari.
fine 275-276
I Goti, insieme agli Eruli, mossero dai territori della Meotide e tornarono a saccheggiare l'Asia Minore gi
prima della morte di Aureliano,[195] giungendo fino alle coste della Cilicia gi alla fine del 275. Morto
Aureliano, il compito di affrontarli fu assunto dal nuovo imperatore Marco Claudio Tacito e dal fratello Marco
Annio Floriano: il secondo riport una vittoria che il fratello fece celebrare sulle monete ("Victoria gothica"),
fregiandosi dell'appellativo di "Gothicus maximus".[196] Deciso a far ritorno a Roma al principio dell'estate del
276, Tacito lasci nelle mani del fratello Floriano, allora prefetto del pretorio, il compito di portare a termine
la campagna, ma rimase vittima di un attentato nel giugno del 276. Anche Floriano, scontratosi con Marco
Aurelio Probo a Tarso, rimase vittima di un complotto ordito dai suoi stessi soldati. Il trono imperiale pass
quindi a Probo, che decise di completare l'opera di Tacito e condusse una nuova campagna contro i Goti in
Asia Minore, battendoli pesantemente.[197]
Sempre in questo stesso periodo (attorno a settembre del 275[198]) la Gallia fu invasa dai Franchi, che
percorsero la valle del fiume Mosella e dilagarono nella zona dell'attuale Alsazia. Si racconta che oltre settanta
citt caddero nelle loro mani, e che solo quelle poche dotate di mura, come Augusta Treverorum, Colonia
Claudia Ara Agrippinensium e Tolosa, scamparono alla devastazione ed al saccheggio.[199] A questa invasione
segu quella congiunta di Lugi, Burgundi e forse Vandali lungo il tratto dell'alto-medio corso del
Danubio.[200][201]
277
Una volta portate a termine le operazioni contro i Goti, Probo decise di marciare verso la Gallia per affrontare
i Germani penetrati nel corso dell'invasione dell'anno precedente. La tattica di Probo fu quella di affrontare

Invasioni barbariche del III secolo

94

separatamente le varie forze avversarie che, seppure numericamente superiori, furono sconfitte una ad una. I
primi ad essere battuti dalle armate romane a dai generali dell'imperatore furono i Franchi, penetrati nella zona
nord orientale della Gallia Belgica.[202] Poi fu la volta dei Lugi: Probo liber il loro capo Semnone, che era
stato catturato, a condizione che conducesse i resti delle sue genti nelle proprie basi di partenza, lasciando
liberi i prigionieri romani e abbandonando il bottino razziato..[203]
278
Probo affront ora i Burgundi e i Vandali che erano venuti in soccorso delle altre trib germaniche;[204] furono
battuti in Rezia,[205] nei pressi del fiume Lech (chiamato da Zosimo "Licca").[206] Al termine degli scontri
furono accordate le stesse condizioni che poco prima erano state concesse ai Lugi, ma quando i barbari
vennero meno alle intese, trattenendo una parte dei prigionieri, l'imperatore li affront nuovamente. I Germani
furono duramente sconfitti e i Romani catturarono anche il loro capo, Igillo.[207] Al termine di queste vittorie
anche Probo assunse l'appellativo di "Germanicus maximus".[208]
[209]

Marco Aurelio Probo: Antoniano

IMP PROB VS AVG, testa con corona,


indossa corazza;

VICTOR IA GERM, la Vittoria che avanza verso destra, due prigionieri germanici legati ai piedi della
stessa, con la scritta sul fondo R A ed al centro una stella.

25 mm, 3.91 g, coniato nel 278

L'Historia Augusta racconta, infine, che nel corso dell'intera campagna l'imperatore aveva ucciso oltre
quattrocentomila barbari[28] e liberato ben sessanta citt della Gallia.[210] Ai vinti venne imposta la consegna
di ostaggi a garanzia del trattato;[211] nove capi barbari si inginocchiarono insieme davanti a Probo,[212] furono
ripristinati lungo le vallate del fiume Neckar alcuni forti militari romani,[213] sedicimila Germani furono
arruolati tra le file dell'esercito romano e distribuiti a gruppi di cinquanta o sessanta tra le varie unit
ausiliarie[214] e, per compensare il regresso demografico delle campagne, un certo numero di barbari ("laeti" o
"gentiles" o "dediticii") furono insediati a coltivare le terre dell'impero, come era avvenuto gi in passato,
all'epoca di Marco Aurelio e delle Guerre marcomanniche. Fra questi coloni un gruppo di Franchi stanziati nel
Ponto si ribellarono e, dopo essersi impadroniti di alcune navi, compirono incursioni e devastazioni in Acaia,
Asia Minore, Africa settentrionale e si spinsero fino alla citt di Siracusa, che occuparono prima di fare ritorno
in patria incolumi.[215] Da ultimo un'iscrizione trovata ad Augusta Vindelicorum ricorda che a questo
imperatore da attribuire il merito di aver rimesso ordine lungo i confini della provincia di Rezia, in qualit di
"Restitutor provinciae".[216]
L'imperatore volse poi le sue armate verso il fronte del medio Danubio, percorrendo il grande fiume e
passando in rassegna tutte le truppe del Norico, della Pannonia superiore e inferiore (dove riusc a battere gli
Iazigi ed i Vandali), e della Tracia.[217] Per questi ultimi successi sulle monete fu coniata la frase "RESTITUTOR
ILLIRICI" ("restauratore dell'Illirico"). Infine si rec, al termine di quell'anno, in Isauria per domare una rivolta
di briganti (con assedio finale presso la loro roccaforte di Cremna, in Pisidia).[201][204][218]
280-281
L'allora governatore della Germania inferiore, Gaio Quinto Bonoso, permise che bande di Alemanni
attraversassero il Reno e bruciassero alcune navi della flotta Germanica.[219] Temendo le conseguenze di
questa perdita, verso la fine del 280 si fece proclamare, a Colonia Agrippinensis (l'odierna Colonia) e assieme
a Tito Ilio Proculo, imperatore di tutte le Gallie, della Britannia e della Spagna.[220] Alla fine per entrambi

Invasioni barbariche del III secolo

95

questi usurpatori trovarono la morte con l'arrivo di Probo nelle Gallie.


[221]

Marco Aurelio Probo: Antoniano

IMP PROB VS P F AVG, testa con corona,


indossa corazza;

VICTOR IA GERM, due prigionieri germanici sulla destra ai piedi di un trofeo, con la scritta sul
fondo R A ed al centro una corona.

22 mm, 3.45 g, coniato nel 280

281
Probo, sulla strada del ritorno dall'Oriente (dove aveva domato un'incursione di Blemmi) alla Gallia, trov il
tempo di insediare in Tracia, dopo una nuova campagna oltre il Danubio, ben centomila Bastarni, che si
mantennero tutti fedeli ai patti.[29][30] Allo stesso modo trasfer in territorio romano molti uomini di altre
popolazioni come Gepidi, Grutungi e Vandali che, al contrario, ruppero l'alleanza e, mentre Probo era
impegnato a combattere alcuni usurpatori, presero a vagare per terra e per mare in quasi tutto l'Impero, con
grave danno per il prestigio romano.[222]
La soppressione della rivolta gallica e la cacciata delle bande germaniche dai territori imperiali dur un lungo
anno di campagne militari; alla fine Proculo fu catturato a tradimento, e poi Bonoso si impicc poco dopo, nel
281.[204][223]
282
Alla morte di Probo, in settembre, le popolazioni sarmatiche degli Iazigi, che pochi anni prima erano state
sottomesse, si unirono ai Quadi e ripresero le ostilit, sfondando il limes pannonico e mettendo in pericolo
l'Illirico, la Tracia la stessa Italia.[224][225]
283
Il nuovo imperatore Marco Aurelio Caro affid la parte occidentale dell'impero al figlio maggiore, Marco
Aurelio Carino, e si rec in Oriente per affrontare i Sasanidi. Carino, intervenuto con prontezza e
determinazione, riusc ad intercettare le bande di armati germano-sarmatici che avevano sfondato il limes in
Pannonia e ne fece grande strage.[226] La Historia Augusta narra infatti:
[...] in pochissimi giorni [l'imperatore Caro] pot restituire sicurezza alla Pannonia, uccidendo sedicimila Sarmati e
catturandone ventimila di ambo i sessi.
(Historia Augusta - Caro Carino Numeriano, 9.4.)

A commemorazione della vittoria, nel 284 ricevette l'appellativo di "Germanicus maximus",[227] celebr un
trionfo a Roma e batt moneta dove erano raffigurati alcuni prigionieri barbari con la dicitura "Triumfus
Quadorum".[225][228][229] Anche in questo caso Quadi e Iazigi potrebbero aver compiuto insieme le loro
scorrerie nei territori delle due Pannonie, e soltanto l'anno successivo sarebbero stati definitivamente vinti da
Diocleziano.[230]

Invasioni barbariche del III secolo

96

Settima fase: la Tetrarchia di Diocleziano e la stabilizzazione delle frontiere (285-305)

I tetrarchi, una scultura di porfido saccheggiata a


Costantinopoli nel 1204 (basilica di San Marco a
Venezia)

Per approfondire, vedi Tetrarchia.

Con la morte dell'imperatore Numeriano nel novembre del 284 (a cui il padre Caro aveva affidato l'Oriente romano),
ed il successivo rifiuto delle truppe orientali di riconoscere in Carino (il primogenito di Caro) il naturale successore,
fu elevato alla porpora imperiale Diocleziano, validissimo generale. La guerra civile che ne scatur vide in un primo
momento prevalere Carino sulle armate pannoniche dell'usurpatore Giuliano, ed in seguito la sconfitta delle sue
armate ad opera di Diocleziano sul fiume Margus, nei pressi dell'antica citt e fortezza legionaria di Singidunum.
Carino trov la morte, a causa di una congiura dei suoi stessi generali (primavera del 285).[231]
Ottenuto il potere, nel novembre del 285 Diocleziano nomin suo vice (cesare) un valente ufficiale, Marco Aurelio
Valerio Massimiano, che pochi mesi pi tardi elev al rango di augusto (1 aprile 286): form cos una diarchia,
nella quale i due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'Impero e la responsabilit della difesa
delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.[232][233]
Data la crescente difficolt a contenere le numerose rivolte interne e lungo i confini, nel 293 si procedette a
un'ulteriore divisione territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Diocleziano nomin come suo Cesare per
l'Oriente Galerio, mentre Massimiano fece lo stesso con Costanzo Cloro per l'Occidente.[234]
285
Al nuovo ed unico imperatore, Diocleziano, tocc respingere nuove invasioni germano-sarmatiche sia in
Mesia sia in Pannonia, ancora una volta favorite dall'aver sguarnito le frontiere del medio-basso tratto
danubiano a causa della recente guerra civile. In seguito a tali successi ricevette l'appellativo di "Germanicus
maximus" e "Sarmaticus maximus", avendo battuto in modo decisivo Quadi e Iazigi.[230][232][235][236]
Contemporaneamente Massimiano mosse in Gallia, ingaggiando prima i ribelli Bagaudi nell'estate avanzata di
quell'anno.[237] I dettagli della campagna sono sparsi e non forniscono alcun dettaglio tattico. Nell'autunno due
eserciti barbarici, uno di Burgundi e Alemanni, l'altro di Chaibones ed Eruli, forzarono il limes renano ed

Invasioni barbariche del III secolo

97

entrarono in Gallia; il primo esercito mor di fame e malattia, mentre Massimiano intercett e sconfisse il
secondo.[238] In seguito a questi eventi il cesare stabil il quartiere generale sul Reno in previsione di future
campagne,[239]
286
Il prefetto della flotta del canale della Manica, il futuro usurpatore Carausio, che aveva come sede principale
della flotta la citt di Gesoriacum, riusc a respingere gli attacchi dei pirati Franchi e Sassoni lungo le coste
della Britannia e della Gallia Belgica,[240] mentre Massimiano sconfisse Burgundi ed Alemanni, come
suggerisce un suo panegirico del 289.[34][158]
287
Nuovi successi sulle trib germaniche sono confermate dal fatto che a Diocleziano fu rinnovato l'appellativo di
"Germanicus maximus" per ben due volte nel corso dell'anno. I successi furono ottenuti dalle armate dell'altro
augusto, Massimiano, contro Alemanni e Burgundi sull'alto Reno,[236][241][242] oltre a Sassoni e Franchi lungo
il corso inferiore.[243]
288
Un nuovo successo sulle trib germaniche confermato dalla quarta acclamazione di Diocleziano quale
"Germanicus maximus",[236][244] per i successi ottenuti dai generali di Massimiano sia sugli Alemanni (in
un'azione combinata con lo stesso Diolceziano[245]), sia sui Franchi. Massimiano era riuscito a catturarne il re
dei Franchi Sali, Gennobaude, ed a ottenere la restituzione di tutti i prigionieri romani. A completamento
dell'opera di pacificazione, disloc alcuni Franchi nei territori circostanti Augusta Treverorum e
Bavai.[229][246]
289
Un nuovo successo sulle trib sarmatiche confermato dalla seconda acclamazione ricevuta da Diocleziano di
"Sarmaticus maximus",[230][236] mentre un altro successo sugli Alemanni fu celebrato dal futuro cesare,
Costanzo Cloro.[247][248]
[249]

Galerio: Argenteo

MAXIMIANVS CAES, testa laureata a destra con


drappeggio sulle spalle.

VICTORIA SARMAT, i quattro tetrarchi sacrificano sopra un tripode davanti ad una


citt con sei torri; sotto.

18 mm, 3.33 g, coniato nel 295-297 (celebra la vittoria sarmatica di Galerio del 294).

293
Quinta acclamazione di Diocleziano come "Germanicus maximus" in seguito ai successi riportati da Costanzo
Cloro, il quale dopo aver marciato su per la costa fino agli estuari di Reno e Sheldt, riport una vittoria sugli
alleati franchi del ribelle Carausio.[250] Nell'ottobre di quello stesso anno Diolceziano si rec a Sirmio per
organizzare una nuova campagna militare per l'anno successivo contro i sarmati Iazigi, insieme a Galerio
appositamente creato Cesare dal 1 aprile del 293, per meglio dividersi i compiti lungo le frontiere imperiali
dell'Oriente romano[230][236]
294

Invasioni barbariche del III secolo

98

Un nuovo successo sulle trib sarmatiche confermato dalla terza acclamazione ricevuta da Diocleziano di
"Sarmaticus maximus", grazie ai successi conseguiti insieme a Galerio.[230][236][251] E sempre allo stesso anno
sono da attribuire altri successi sulle popolazioni dei Goti.[252]
295
Nel corso di quest'anno fu la volta dei Carpi. Questo popolo non fu solo sconfitto dalle armate di Diocleziano e
Galerio, ma fu in parte trasferito in territorio romano, come era gi accaduto al tempo di Aureliano.[253]
297
L'augusto Massimiano fu costretto a tornare lungo la frontiera danubiana, dopo aver riorganizzato la Britannia
con il suo Cesare Costanzo Cloro, per l'assenza contemporanea di Diocleziano e Galerio, impegnati in Oriente
contro i Persiani. Egli riusc a respingere un'invasione di Carpi lungo il basso corso del Danubio;[254] frattanto
Costanzo ripopol il territorio, un tempo abitato dai Batavi, con i Franchi Sali provenienti dalla Frisia.[255]
298
Il Cesare Costanzo Cloro, cui era affidata la frontiera
renana, riusc a battere la coalizione degli Alemanni in due
importanti scontri (battaglia di Lingones e battaglia di
Vindonissa), rafforzando questo tratto di confine almeno per
qualche decennio.[255]

Busto del Cesare Costanzo Cloro.

Nello stesso periodo il cesare Costanzo Cloro combatt in Gallia con fortuna. Presso i Lingoni in un solo giorno
speriment la cattiva e la buona sorte. Poich i barbari avanzavano velocemente, fu costretto ad entrare in citt, e per la
necessit di chiudere le porte tanto in fretta, da essere issato sulle mura con delle funi, ma in sole cinque ore arrivando
l'esercito fece a pezzi circa sessantamila Alemanni.
(Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 23.)

Nel corso di questo anno, un nuovo successo sulle trib gotiche confermato dall'acclamazione ricevuta da
Diocleziano di "Gothicus maximus".[256]
299
Diocleziano e Galerio, una volta terminate le operazioni in Oriente si concentrarono nel difendere i confini
danubiani della Mesia inferiore, conducendo una campagna contro Carpi,[257] Bastarni e Sarmati
(presumibilmente si trattava dei Roxolani).[258] Una grande quantit di persone appartenenti a questi popoli fu
fatta prigionieri e trasferita all'interno delle frontiere imperiali (nella Pannonia a nord del fiume Drava, come
sembra suggerire Ammiano Marcellino[259]).
300

Invasioni barbariche del III secolo

99

Fu decretata la quarta acclamazione imperiale di "Sarmaticus maximus" a Diocleziano per i successi conseguiti
l'anno precedente sulle trib sarmatiche.[236][260]
301
Un nuovo successo sulle trib germaniche confermato dalla sesta acclamazione ricevuta da Diocleziano di
"Germanicus maximus".[236][261]
302
Sembra che fu combattuta una nuova battaglia presso Vindonissa, dove, ancora una volta, le armate romane
ebbero la meglio su quelle di Alemanni e Burgundi, ma forse potrebbe trattarsi della stessa battaglia
combattuta nel 298.[158]

Fronte meridionale africano: dalla Mauretania all'Egitto


Per approfondire, vedi Limes africano.

Anche lungo il quarto ed ultimo settore di frontiera dell'Impero romano, quello meridionale, furono numerose e
continue le incursioni delle popolazioni semi-nomadi africane, a partire dalla met del III secolo. Questo settore, da
sempre protetto a sud dalla barriera naturale del deserto del Sahara, e quindi poco presidiato da eserciti, fu costretto,
come gli altri tre, a difendersi dalla crescente pressione delle genti berbere.
261-262
L'allora prefetto d'Egitto, Mussio Emiliano, riusc a cacciare le trib berbere dei Blemmi, che avevano invaso
la Tebaide.[262]
269-270 circa
Marco Aurelio Probo combatt in questi anni contro la popolazione dei Marmaridi ai confini della provincia
d'Africa, vincendoli, per poi recarsi nei territori che un tempo erano appartenuti a Cartagine e liberarli dai
ribelli.[263] Contemporaneamente il fronte meridionale della provincia egiziana sub una seconda invasione da
parte della trib berbera dei Blemmi prima, ed un'occupazione permanente ad opera della regina del regno di
Palmira, Zenobia, poi.[61]
279-280
Probo dovette affrontare, attraverso i suoi generali, una nuova invasione di Blemmi in Egitto, i quali avevano
occupato e reso schiave le citt di confine di Coptos e Tolemaide.[204][30][264]
290
Vengono menzionati per la prima volta i Saraceni, trib araba stanziata nella penisola del Sinai, che avevano
tentato di invadere la Siria; furono battuti dalle armate di Diocleziano.[232][265]
293
Scoppi una guerra contro i Quinquegentiani, che fu domata solo quattro anni pi tardi da Massimiano.[266]
296-298
Con la fine del 296, l'augusto Massimiano, partito per la Mauretania (con un esercito formato da contingenti
della guardia pretoriana, legionari di Aquileia, egiziani e danubiani, ausiliari galli e germani e reclute della
Tracia),[267] riusc a respingere le trib dei Mauri[268] ed a debellare quella dei Quinquegentiani, che erano
penetrati anche in Numidia.[269] Nel 297 Massimiano diede inizio ad una sanguinosa offensiva contro i
Berberi. La campagna fu lunga.[270] Non contento di averli ricacciati nelle loro terre d'origine tra le montagne
dell'Atlante, da dove avrebbero potuto proseguire gli attacchi, Massimiano si avventur in profondit nel
territorio nemico infliggendo loro quanto pi danno possibile a scopo punitivo, e devastandone i loro territori e
respingendoli fino al Sahara. L'anno successivo (298) rinforz le difese della frontiera africana dalle

Invasioni barbariche del III secolo

100

Mauritanie alla provincia d'Africa.[271]


298
Una rivolta sorta in Egitto fu soffocata nel sangue sotto Diocleziano. Al termine di essa fu ripristinata la
circolazione lungo le coste del Mar Rosso, ma i territori del Dodecascheno furono abbandonati ed affidati ai
Nobati, come federati contro i Blemmi.[272]

Conseguenze
Per approfondire, vedi Tarda antichit, Invasioni barbariche del IV secolo e difesa in profondit (esercito romano).

Nella crisi che l'Impero visse nel III secolo,


le invasione barbariche costituirono senza
dubbio un elemento di estrema importanza
per l'evoluzione politica, sociale ed
economica che port al nuovo stato
dioclezianeo e costantiniano. Dopo due
secoli di apparente calma lungo i confini
occidentali ed orientali, dall'inizio del secolo
popolazioni di diversa etnia, perlopi
germaniche, impegnarono le forze romane
in lunghe ed estenuanti campagne di
Sarcofago Ludovisi. Palazzo Altemps. Scene di battaglia fra Romani e Germani. Il
contenimento, spesso infruttuose, a volte
principale personaggio probabilmente Ostiliano, figlio dell'imperatore Decio.
catastrofiche. In realt, sin dai tempi di
Marmo proconnesio, opera romana, 250 d.C. ca.
Adriano, a Roma, per opportunit o per
prudenza, si era deciso di non avventurarsi pi nella conquista di nuovi territori e di cautelarsi lungo le migliaia di
chilometri che costituivano il limes dell'Impero; ci non fu tuttavia sufficiente, e gi con Marco Aurelio, i
Marcomanni raggiunsero l'Italia e si spinsero fino ad Aquileia, il cuore della Venetia, provocando un'enorme
impressione: era dai tempi di Mario che una popolazione barbara non assediava centri del nord Italia.
La cadenza con la quale le incursioni barbariche si susseguirono a partire dal terzo decennio del secolo costitu solo
la conseguenza pi appariscente di una fenomeno in atto da diversi decenni, cause e conseguenze del quale furono
interne ed esterne al mondo romano. Se ben vero, infatti, che a partire dalla fine del II secolo le migrazioni di
popolazioni germaniche accentuarono la loro portata verso occidente, altrettanto vero che sino ad allora il sistema
di difesa in profondit dell'Impero aveva retto pi o meno egregiamente, grazie a fortificazioni, legioni ed alleanze
clientelari. Ora per, al cospetto di una crescente pressione sui confini, il centro del potere romano si trovava in
difficolt: tramontata la stagione delle adozioni, dopo un secolo la porpora imperiale torn ad essere con Settimio
Severo una conquista delle armi; fu cos fra lui, Pescennio Nigro e Clodio Albino, fu cos fra Caracalla, Macrino ed
Eliogabalo, fu sempre cos da allora sino a Costantino.

Un denario di Eliogabalo, con la dicitura fides exercitus

Inevitabilmente, la coesistenza fra incertezza politica interna e


difficolt militari esterne ebbe come conseguenza la
destabilizzazione dell'intero apparato di potere; l'esercito divenne
arbitro unico della politica romana, esautorando di fatto il gi
agonizzante Senato. Cos, per Augusto e i suoi successori la
Concordia ordinum fu lo slogan del nuovo sistema; nel III secolo
le coniazioni imperiali riportarono senza tregua la dicitura "Fides

Invasioni barbariche del III secolo


exercitus". Il principato, inteso dal Mommsen come una dittatura militare caratterizzata dalla figura del principe, dal
Senato e dall'esercito,[273] perse un elemento essenziale nel delicato equilibrio instaurato da Ottaviano. Se, gi per
l'Anno dei quattro imperatori, i pi attenti osservatori[274] notarono con rammarico che l'imperatore si poteva ben
eleggere lontano da Roma, nel III secolo questa circostanza divenne prassi. A fronte delle minacce esterne,
comandanti militari muniti di poteri sempre pi ampi ebbero gioco facile nel farsi acclamare augusti da un esercito
consapevole del proprio ruolo decisivo nella scelta dei principi; se prima le coorti pretorie ebbero il loro peso
determinante in tal senso, ora la nuova situazione creatasi lungo i confini dell'Impero privilegi senza dubbio le
legioni limitanee[275] rivoluzionando un equilibrio che aveva visto, nei primi due secoli dell'Impero, le coorti pretorie
rappresentare, nei proprio ranghi, buona parte delle lite municipali italiche e delle province di antica
romanizzazione.
Dall'avvento di Massimino il Trace, si assistette invece ad un progressivo ma ineluttabile cambio di direzione; figure
che dell'esercito erano espressione, i viri militares, spesso di modesta origine e cresciuti nei ranghi delle legioni del
limes, ottennero ruoli e poteri che prima erano riservati ai membri delle famiglie senatorie, italiche o provinciali.
dagli eserciti maggiormente impegnati sul fronte del contenimento che questi uomini sortirono; e fra questi, l'ampio
settore danubiano e pannonico in particolare diede i natali ad imperatori quali Decio, Claudio il Gotico, Probo,[276]
Valentiniano I.[277] Sebbene di maggior peso, l'area danubiana non fu l'unica culla di imperatori ed usurpatori e la
mancanza di un forte potere centrale a Roma rappresentato dal Senato provoc in pi di un'occasione la
disgregazione momentanea dell'Impero, come nel caso dell'Impero delle Gallie e del Regno di Palmira. Ma ci
dimostr anche che la difesa dell'Impero ormai non poteva pi essere affidata ad un solo uomo, a meno di non
rivoluzionare l'intera struttura amministrativa delle province: cosa che, passata la tempesta, cerc di attuare
Diocleziano.
La lenta esautorazione della classe senatoria
dai comandi militari ebbe un punto di svolta
con Gallieno[278] il quale and affidando tali
incarichi a personaggi di rango equestre,
usciti dall'esercito dopo una lunga carriera:
essi anticiparono e diedero vita a quei duces
che dalla fine del secolo sostituirono il
governatore provinciale nella difesa dei
confini. Inevitabilmente, il crescente peso
dell'esercito, accompagnato all'instabilit
politica e alla lotta per il potere, provoc
un'emorragia monetaria dovuta peraltro alla
mancanza da tempo di liquidit proveniente
dalle conquiste dei secoli precedenti. Una
Le Mura aureliane tra Porta San Sebastiano e Porta Ardeatina
crescente pressione fiscale colp le classi
dirigenti dei municipi e delle colonie,
creando i presupposti per la contrazione del tessuto urbano cos come documentato per il IV secolo. L'evergetismo
privato, vero motore della ridistribuzione della ricchezza nei centri dell'Impero, venne a poco a poco a mancare.
L'argento, che di questo mondo (oltre che dell'esercito) fu con i denarii la moneta pi diffusa, diminu lentamente,
tanto da provocare quell'inflazione che fu al centro dei pensieri di ogni imperatore del III secolo,[279] e che
Diocleziano cerc vanamente di salvare con il suo Edictum De Pretiis Rerum Venalium. Costantino cap che l'oro
sarebbe stato il metallo dominante del nuovo corso[280]

101

Invasioni barbariche del III secolo

Ma in questo clima di continua allerta interna e limitanea, non


tutte le citt soffrirono delle suddetta contrazione economica: altri
centri, che prima erano stati nient'altro che sedi di legione,
divennero nel corso del III secolo le nuovi capitali dell'Impero.
Augusta Treverorum,[281] Sirmium,[282] Mediolanum[283] furono la
sedi abituali degli imperatori, vicini s ai confini, ma soprattutto
alle truppe.
Lo sforzo intrapreso dagli augusti che si susseguirono nel corso
del III secolo, vuoi a causa della mancanza di un progetto a lungo
termine, vuoi per la crisi economica che invest il sistema
tributario romano, non riusc a salvare l'integrit dell'Impero cos
Frammento dell'editto sui prezzi di Diocleziano, dal
come esso si presentava alla fine del II secolo: in particolare la
Pergamonmuseum di Berlino.
provincia di Dacia, e i cosiddetti Agri decumates fra Germania e
Rezia furono abbandonati. L'Impero era ora del tutto ad occidente
dei due grandi fiumi europei, il Reno ed il Danubio. Era chiaro che qualsiasi sforzo per il mantenimento dello status
quo non avrebbe prodotto risultati all'interno della gabbia istituzionale creata a suo tempo da Augusto: una nuova era
alle porte e, sebbene le invasioni barbariche non avessero provocato da sole la crisi del III secolo, esse accelerarono
quel processo di disgregazione e allontanamento tra Occidente ed Oriente che sarebbe stata alla base della Tarda
antichit. Roma, dal canto suo, perse nel corso del III secolo il ruolo di caput mundi: le frontiere non furono mai cos
lontane e cos vicine allo stesso modo. Aureliano si convinse a dotare la citt di mura; erano passati sette secoli
dall'ultima pietra posta a difesa dell'Urbe.

Note
[1] Non si trattava, quindi, ancora di spostamenti di massa di intere popolazioni come quelli che si sarebbero verificati nei secoli successivi,
quando l'irruzione degli Unni nello scacchiere europeo avrebbe indotto molte trib germaniche a cercare nuove sedi d'insediamento all'interno
dell'Impero romano. Nel III secolo a muoversi erano pi o meno numerose orde di guerrieri, che per lo pi lasciavano alle loro spalle, nei
territori dove si erano stabiliti immediatamente al di l del Limes, le famiglie e gli accampamenti delle trib; dopo una o due stagioni di razzie,
facevano rientro alle basi, non curandosi di creare colonie stabili nel territorio romano.
[2] Peter Heather, La migrazione dei Goti: dalla Scandinavia alla Tracia, in Roma e i Barbari, la nascita di un nuovo mondo, p. 239.
[3] Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004, p. 84.
[4] Pat Southern, The Roman Empire: from Severus to Constantine, p. 205 e 207.
[5] Averil Cameron, Il tardo Impero romano, p. 12 e seg.
[6] Roger Rmondon, La crisi dell'impero romano. Da Marco Aurelio ad Anastasio, p. 87-88.
[7] Southern, p. 206-207.
[8] Rmondon, p. 53-55.
[9] Stephen Williams, Diocleziano. Un autocrate riformatore, p. 23.
[10] Southern, p. 207.
[11] Williams, p. 21.
[12] Historia Augusta - Marco Aurelio, 14.1-5
[13] Cassio Dione, Storia romana, LXXII, 3.1.
[14] Cassio Dione, Storia romana, LXXII, 20.2.
[16] Julio Rodrguez Gonzlez, Historia de las legiones romanas, p. 729-732.
[17] Yann Le Bohec, L'esercito romano, p. 34 e 45.
[18] Not.Dign., Occ., V e VII.
[19] J.R.Gonzlez, Historia de las legiones Romanas, pp.709-710; G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. III - Dal
III secolo alla fine dell'Impero d'Occidente, Rimini 2009, p.44.
[20] Historia Augusta, Divo Aureliano, VII, 1-2.
[21] ; .
[22] Giordane, De origine actibusque Getarum, XVI, 1-3.
[23] Giordane, De origine actibusque Getarum, XVIII, 1.
[24] Historia Augusta - Claudio II il Gotico, 6.2-8.1.
[25] Breviarium ab urbe condita, 9, 8.

102

Invasioni barbariche del III secolo


[26] Zosimo, Storia nuova, I, 42.1
[27] Grant, p. 231-232.
[28] Historia Augusta - Probo, 13.7.
[29] Historia Augusta - Probo, 18.1.
[30] Zosimo, Storia nuova, I, 71.1.
[31] Historia Augusta - Caro Carino Numeriano, 9.4.
[32] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 23.
[33] Roman Imperial Coinage, Caracalla, IV, 225; BMCRE 97; RSC 508.
[34] Southern, p. 209.
[35] Historia Augusta - Caracalla, 5.6;
RIC Caracalla, IV 237; Calic 2833; BMCRE 64; Cohen 645.
[36] Historia Augusta - Caracalla, 10.6.
[37] Cassio Dione, Storia romana, LXXVIII, 14.
[38] Pavel Oliva, Pannonia and the onset of crisis in the roman empire, p. 338 e 355.
[39] Andrs Mcsy, Pannonia and Upper Moesia, p. 198.
[40] Historia Augusta- Caracalla, 5.3; Mcsy, p. 198-199.
[41] Erodiano, Storia dell'Impero dopo Marco Aurelio, IV, 7.3.
[42] Cassio Dione, Storia romana, LXXVII, 20.3.
[43] Giuseppe Dobia, Il limes romano nelle terre della Repubblica Cecoslovacca, VIII, p. 27; Cassio Dione, Storia romana, LXXVII, 20.4;
RIC Caracalla, IV 530b; BMCRE pg. 482; Cohen 266.
[44] Historia Augusta - Geta, 6.6.
[45] Oliva, p. 142 e 152, nota 39.
[46] Lszl Borhy, Brigetio accampamento dei legionari e municipium sul Danubio, in Traiano ai confini dell'Impero, p. 88; Oliva, p. 340.
[47] .
[48] Historia Augusta - Geta, 6.6; Caracalla, 10.6. Per aver fatto ammazzare il fratello Geta, venne chiamato, in modo sarcastico, Geticus;
RIC Caracalla, IV 311c; RSC 608a.
[49] Historia Augusta - Eliogabalo, 9.1-2;
RIC Elagabalus, IV 122; Thirion 39; RSC 113;
RIC Elagabalus, IV 162; BMCRE 169; RSC 304;
RIC Elagabalus, IV 308; Thirion 155; Banti 30.
[50] Giuseppe Dobia, Il limes romano nelle terre della Repubblica Cecoslovacca, p. 27-28.
[51] RIC IV 180; RSC 563 .
[52] Mcsy, p. 202.
[53] RIC Alexander Severus, IV, 60; BMCRE 407; Calic 3111 .
[54] .
[55] , .
[56] Historia Augusta, Massimo e Balbino, 5.9.
[57] Gza Alfldy, Noricum, p. 148; Giuseppe Dobia, VII, p. 28; Southern, p. 211-212.
[58] Historia Augusta - Alessandro Severo, 59.1.
[59] Historia Augusta - Alessandro Severo, 61.8.
[60] Erodiano, Storia dell'Impero dopo Marco Aurelio, VI.8-9; Historia Augusta - Alessandro Severo, 59.7; Historia Augusta - I due Massimini,
7.4.
[61] Rmondon, p. 74.
[62] Santo Mazzarino, L'Impero romano, p. 492.
[63] Michael Grant, Gli imperatori romani, storia e segreti, p. 186; al termine delle operazioni militari di Massimino, furono ricostruiti numerosi
forti ausiliari come quelli di Echzell, Butzbach, Kapersburg, Saalburg e Kleiner Feldberg (cfr. H.Shonberger, The Roman Frontier in
Germany: an Archaeological Survey, p. 175).
[64] Michael Geschwinde & Petra Lnne, La spedizione dimenticata, in rivista Archeo, attualit dal passato, N.332 di Ottobre 2012, pp. 30-37.
[65] Alfldy (p. 169) riscontra segni di devastazione a Lauriacum ed a Bernau.
[66] ; ; ; ; RMD III, 198.
[67] Southern, p. 212.
[68] S. Mazzarino, p. 498.
[69] ; ; ; ; IScM-5, 250b; RIB 1553; CIL 17-2, 170; CIL 13, 06547 (4, p 100); MiliariHispanico 461; ; ; ; ; ; ; .
[70] ; ; ; ; ; ; ; ; ; ; Erodiano, Storia dell'Impero dopo Marco Aurelio, VII, 2, 9; VII 8, 4.
[71] Southern, p. 220-221.
[72] Historia Augusta - Massimo e Balbino, 15.5 e 16.3 (data presa di Histriopolis al 238, durante il regno congiunto); Grant, p. 196; Southern, p.
221 (data la presa di Histriopolis al 236).
[73] Pauly Wissowa, Real-Enciclopdie, VII, A1, coll. 1 ss.
[74] Grant, p. 203.

103

Invasioni barbariche del III secolo


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[96]

Historia Augusta - I tre Gordiani, 34.3.


Roman Imperial Coinage, Philippus, IV, 66; RSC 238.
Zosimo, Storia nuova, I, 20.1-2; Grant, p. 210.
Southern, p. 222.
Mcsy, p. 203-204.
Giordane, De origine actibusque Getarum, XVII, 1; Grant, p. 212.
Grant, p. 215-217.
Grant, p. 217.
Mazzarino, p. 525.
Giordane, De origine actibusque Getarum, XVIII.
; CIL 2, 4949 (p 998); CIL 2, 4957 (p. 998, 1057).
.
Roman Imperial Coinage, Decius, IV 12b; Hunter 7; RSC 16.
Zosimo, Storia nuova, I, 23.1.
Zosimo, Storia nuova, I, 24.2.
Grant, p. 218.
Roman Imperial Coinage, Decius, IV, 43 corr. (obv. legend) e pl. 10, 20 (questa moneta illustrata); RSC 122.
Grant, p. 219.
Mcsy, p. 203.
Giordane, De origine actibusque Getarum, XIX.
Zosimo, Storia nuova, I.28.1.
Zosimo, Storia nuova, I.27.2 e I, 28.1-2; Grant, p. 220-221.

[97] Mazzarino, p. 526.


[98] Roman Imperial Coinage, Licinius Valerianus, V, 264; MIR 36, 793d; RSC 253.
[99] Alaric Watson, Aurelian and the Third Century, p. 11-13.
[100] Edward Gibbon, Declino e caduta dell'impero romano, p. 113-114; Watson, p. 25 e 33; Chris Scarre, Chronicle of the roman emperors, p.
174-175.
[101] Grant, p. 229.
[102] Zosimo, Storia nuova, I, 29; Grant, p. 223.
[103] ; ; ; ; ; ; MiliariHispanico 562.
[104] Zosimo, Storia nuova, I.30.2-3
[105] Zosimo, Storia nuova, I.32.1
[106] A. Room, Placenames of the World: Origins and Meanings of the Names for 6,600 Countries, Cities, Territories, Natural Features and
Historic Sites, p. 361; Jeorgios Martin Beyer, Gregorios Thaumaturgos und die pontischen Beutezuge der Boran und Goten im 3.Jh.n.Chr., in
18th International Congress of Roman Frontier Studies, a cura di P.Freeman, J.Bennett, Z.T.Fiema e B.Hoffmann, Oxford 2002, p. 327-338.
[107] Zosimo, Storia nuova, I, 32.2-3.
[108] Grant, p. 224-225; Southern (p.223) data questa spedizione al 255-256.
[109] Southern, p. 216.
[110] Southern, p. 223.
[111] Zosimo, Storia nuova, I, 34.
[112] Zosimo, Storia nuova, I, 35; Mazzarino, p. 526-527; Grant, p. 223-224.
[113] Mazzarino, p. 560.
[114] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.8.
[115] cfr. Mocsy, p. 209, e le seguenti iscrizioni: ; ; ; .
[116] ; ; ; IRT 927; Mcsy, p. 205.
[117] Historia Augusta - Aureliano, 13.2.
[118] Zosimo, Storia nuova, I, 36.1.
[119] Zosimo, Storia nuova, I, 36.2; Grant, p. 225-226.
[120] Rmondon, p. 75.
[121] Historia Augusta - Aureliano, 7.1-2; Rodrguez Gonzlez, vol. II, p. 485-486.
[122] Watson, p.33.
[123] Southern, p. 217.
[124] Watson, p.34.
[125] Aurelio Vittore, De Caesaribus, 33.3; Mazzarino, p. 526; Watson, p.34 parla di Tarragona e Gibilterra.
[126] RIC, Gallienus, V 18; MIR 36, 872l; RSC 308.
[127] J.M.Carri, Eserciti e strategie, in Storia dei Greci e dei Romani, vol.18, La Roma tardo-antica, per una preistoria dell'idea di Europa,
Milano 2008, p.93.
[128] Historia Augusta - I trenta tiranni, Ingenuo, 1 (qui vengono menzionati i Sarmati in modo generico); Historia Augusta - I trenta tiranni,
Regaliano, 2 e 8 (qui vengono menzionati i Roxolani, contro cui Regaliano potrebbe aver combattuto per riconquistare parte dell'Illyricum, in

104

Invasioni barbariche del III secolo


qualit di governatore della Mesia); viene inoltre menzionata una battaglia presso Scupi, nella quale Regaliano ebbe la meglio sui barbari
(Historia Augusta - I trenta tiranni, Regaliano, 11).
[129] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.7. Paolo Orosio, Historiarum adversos paganos, VII, 22.7.
[130] Grant, p. 230.
[131] Mcsy, p. 206.
[132] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.9; Historia Augusta - Due Gallieni, 4.5.
[133] Watson, p. 35.
[134] Mazzarino, p. 543.
[135] Rmondon, p. 82.
[136] Southern, p. 212-213.
[137] .
[138] Zosimo, Storia nuova, I, 38.2.
[139] Grant, p. 235.
[140] Southern (p. 212-213) e Watson (p. 34 e 220) datano la battaglia di Milano al 260, al contrario Mazzarino (p. 526) al 259.
[141] Aurelio Vittore, De Caesaribus, 33.8.
[142] Historia Augusta - I trenta tiranni.
[143] Historia Augusta - Due Gallieni, 6.1 (Efeso, forse databile a campagna successiva del 267/268) e 7.4 (Bisanzio).
[144] David Magie, Roman Rule in Asia Minor to the End of the Third Century After Christ, III, p. 38, nota 1.
[145] Southern, p. 224.
[146] Anche Eutropio (in Breviarium ab urbe condita, 9, 8) parla di trecentoventimila armati; cfr. Mazzarino, p. 560.
[147] Historia Augusta - Claudio, 9.3.
[148] Zosimo, Storia nuova, I, 42.
[149] Historia Augusta - I due Gallieni, 13.8 e Claudio, 9.7; Watson p.39 e 43 data questo avvenimento alla fine del 267, sostenendo si trattasse
di orde gotiche degli Eruli.
[150] Southern (p. 225) data questi avvenimenti al principio del 268.
[151] Watson, p. 40.
[152] Historia Augusta - Claudio, 9.8; Zosimo, I, 43.1; Watson, p. 43.
[153] Historia Augusta - Due Gallieni, 5.6; Zosimo, Storia nuova, I, 43.1.
[154] Magie, III, p. 45, nota 4; Historia Augusta - I due Gallieni, 13.9; Zosimo, Storia nuova, I, 39.1.
[155] Watson, p. 215-216.
[156] Southern, p. 225.
[157] Zosimo, Storia nuova, I, 43.2; Historia Augusta - I due Gallieni, 13.8
[158] Southern, p.214.
[159] Grant, p. 241.
[160] Sesto Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus, 34.2; Watson (p. 220) data la battaglia del lago di Garda al 269, ponendo gli Iutungi tra gli
alleati degli Alemanni.
[161] Giuseppe Corradi, Gli imperatori romani, p. 62.
[162] Mazzarino, 568.
[163] Roman Imperial Coinage, Claudius Gothicus, V, 252.
[164] Zosimo, Storia nuova, I, 43; Watson, p. 44.
[165] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.11.
[166] Historia Augusta - Aureliano, 18.1.
[167] Zosimo, Storia nuova, I, 45; Historia Augusta - Claudio, 11.3 (qui si parla dei barbari che rifugiatisi nell'Emimonto, ovvero sui monti
dell'Hemus, furono decimati dalla fame e dalla pestilenza, che poco dopo colp anche Claudio il Gotico); Historia Augusta - Aureliano, 17.2-3
(in questo passo Aureliano partecip alle operazioni contro i Goti, insieme a Quintillo, fratello di Claudio il Gotico).
[168] Zosimo, Storia nuova, I, 46.1; Historia Augusta - Claudio, 12.1; Atlante storico De Agostini, tav.30, 1; Mazzarino, p. 560-561.
[169] Grant, p. 240.
[170] Zosimo, Storia nuova, I, 46.2.
[171] Scarre, p. 184; Watson, p. 45.
[172] Historia Augusta - Claudio, 12.4; Historia Augusta - Aureliano, 17.5.
[173] Grant, p. 245.
[174] Mazzarino, p. 565-566.
[175] Zosimo, Storia nuova, I, 48.1.
[176] Historia Augusta - Aureliano, 18.2; Zosimo, Storia nuova, I, 48.2; Watson, p. 217.
[177] Desippo, Scythica, frammento 7.
[178] Grant, p. 246.
[179] Mazzarino, p. 567.
[180] Historia Augusta - Aureliano, 30.5; Watson, p. 221.
[181] Cfr. RIC V 15 (Roma) e 182 (Siscia); MIR 47, 127p0 (8) = Calic 4050 (questa moneta); cf. BN 424-435; cf. Cohen 269.

105

Invasioni barbariche del III secolo


[182] e .
[183] Historia Augusta - Aureliano, 18.4; 19.4; Zosimo, Storia nuova, I, 49; Aurelio Vittore, De Vita et Moribus Imperatorum Romanorum, 35.2;
Mazzarino, p. 567-568; Watson, p. 51, 216 e seg.
[184] V.A.Maxfield, L'Europa continentale, pp.209-213.
[185] Historia Augusta - Aureliano, 22,2; Watson, p. 54.
[186] Grant, p. 247.
[188] Southern, p. 226.
[189] Watson (p. 155-156) aggiunge che entrambe le legioni furono ritirare e riposizionate: la legio V Macedonica a Ratiaria, la legio XIII
Gemina ad Oescus in Mesia.
[190] Historia Augusta - Aureliano, 39.7; Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 15; Mazzarino, p. 566-567; Watson, p. 55.
[191] Mcsy, p. 211-212.
[192] Historia Augusta - Aureliano, 30.4-5; Watson, p. 80.
[193] Historia Augusta - I trenta Tiranni, Tetrico il vecchio; Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.10-13; Grant, p. 248.
[194] Historia Augusta - Aureliano, 35.4; Grant, p. 249; Watson, p. 102.
[195] Watson, p. 103 e 107.
[196] Zosimo, Storia nuova, I, 63; Historia Augusta - Tacito, 13.2-3; Grant, p. 252.
[197] Zosimo, Storia nuova, I, 64.
[198] Guido Cervo, Il legato romano, p. 475-477.
[199] Historia Augusta - Probo, 13.5.
[200] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 17; Historia Augusta - Tacito, 3.4; Grant, p. 251.
[201] Mazzarino, p. 579.
[202] Zosimo, Storia nuova, I, 68.1.
[203] Zosimo, Storia nuova, I, 67.3.
[204] Grant, p. 256.
[205] Historia Augusta - Probo, 16.1.
[206] Zosimo, Storia nuova, I, 68.2.
[207] Zosimo, Storia nuova, I, 68.1-3; Grant, p. 255-256.
[208] .
[209] Roman Imperial Coinage, Marcus Aurelius Probus, V, 219. Pink VI/1 p.56.
[210] Historia Augusta - Probo, 13.6.
[211] Historia Augusta - Probo, 14.3.
[212] Historia Augusta - Probo, 14.2.
[213] Historia Augusta - Probo, 14.1.
[214] Historia Augusta - Probo, 14.7.
[215] Zosimo, Storia nuova, I, 71.2; Mazzarino, p. 584-585.
[216] Wagner 30: Restitutori provinciarum et operum publicorum providentissimo ac super omnes retro principes fortissimo Imperatori Caesari
Marco Aurelio Probo Pio Felici Invicto Augusto pontifici maximo tribunicia potestate VI (ndr.anno 281) consuli IIII patri patriae proconsuli
[...]inus vir perfectissimus agens vices praesidis provinciae Raetiae numini maiestatique eius dicatissimu.
[217] Historia Augusta - Probo, 16.1-3; Mcsy, p. 267.
[218] Historia Augusta - Probo, 16.4-5; Zosimo, Storia nuova, 69-70.
[219] Historia Augusta - I quaranta tiranni, Bonoso, 15.1.
[220] Historia Augusta - Probo, 18.5-7; Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus, 37.2; Aurelio Vittore, De Vita et Moribus Imperatorum
Romanorum, 37.3; Eutropio, Breviarium ab urbe condita, IX, 17.1; Orosio, Historiarum adversus paganos libri septem, VII, 24.3.
[221] Roman Imperial Coinage, Marcus Aurelius Probus, V, 220. Pink VI/1 p. 57.
[222] Historia Augusta - Probo, 18.2.
[223] Historia Augusta - I quaranta tiranni, Bonoso, 15.2.
[224] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.18.
[225] Scarre, p. 194.
[226] Historia Augusta - Caro Carino e Numeriano, 8.1.
[227] .
[228] Grant, p. 259.
[229] Southern, p. 218.
[230] Mcsy, p. 268.
[231] Grant, p. 261.
[232] Grant, p. 265.
[233] Scarre, p. 197-198.
[234] Cameron, p. 46.
[235] CIL 14, 128 (p. 613).
[236] Scarre, p. 197.

106

Invasioni barbariche del III secolo


[237] Barnes, New Empire, p. 57; Bowman, pp. 7071.
[238] Barnes, New Empire, p. 57; Bowman, p. 71; Rees, Layers of Loyalty, p. 31.
[239] Williams, p. 46.
[240] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.21; Grant, p. 279.
[241] ; ; Grant, p. 273.
[242] Panegyrici latini, II, 5 XII panegyrici latini (http:/ / www. archive. org/ stream/ xiipanegyricila02baehgoog#page/ n124/ mode/ 1up).
[243] Panegyrici latini, II, 7-8; VI, 8 XII panegyrici latini (http:/ / www. archive. org/ stream/ xiipanegyricila02baehgoog#page/ n125/ mode/
1up).
[244] ; .
[245] Panegyrici latini, II e III.
[246] Gregorio di Tours, Storia dei Franchi, libro II Grgoire de Tour : Histoire des Francs : livre II) (http:/ / remacle. org/ bloodwolf/
historiens/ gregoire/ francs2. htm).
[247] Panegyrici latini, III, 7, 1; VI, 4.
[248] Orosio, Historiarum adversum paganos, VII, 25, 7 Orosius VII (http:/ / www. thelatinlibrary. com/ orosius/ orosius7. shtml#25).
[249] Roman Imperial Coinage, Galerius, VI, 39; Jelocnik 84b; RSC 208.
[250] Barnes, New Empire, p. 255.
[251] SupIt-16-R, 50.
[252] Grant, p. 287.
[253] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XXXIX, 43.
[254] Grant, p. 274 e 287.
[255] Grant, p. 284.
[256] ; .
[257] .
[258] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.25.
[259] Ammiano Marcellino, Res Gestae, 27.5.5.
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[262] Historia Augusta - I trenta tiranni, Emiliano, 5-6.
[263] Historia Augusta - Probo, 9.1.
[264] Historia Augusta - Probo, 17.2-3 e 17.6; Mazzarino, p. 579-580.
[265] Panegyrici latini, III, 5 - 7,1.
[266] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.22.
[267] Barnes, New Empire, p. 59.
[268] Panegyrici latini, III, 17; IV, 5-6; VI, 8; VIII, 6.
[269] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.23.
[270] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16; Barnes, New Empire, p. 59.
[271] Grant, p. 274.
[272] Procopio di Cesarea, Guerre: persiana, vandalica e gotica, I, 19; Robert B. Jackson, At Empire's Edge. Exploring Rome's Egyptian
Frontier, p. 152; Mazzarino, p. 588.
[273] Theodor Mommsen, Rmische Staatsrecht, II, p. 840-845.
[274] Tacito, Storie, I, ss.
[275] Yann Le Bohec, Les aspects militaires de la crise du IIIe sicle, p. 9-27.
[276] Gerald Kreucher, Der Kaiser Marcus Aurelius Probus und seine Zeit.
[277] Les empereurs illyriens : actes du colloque de Strasbourg (11-13 octobre 1990).
[278] Matthias Springer, Die angebliche Heeresreform des Kaisers Gallienus, p. 97-100.
[279] Mireille Corbier, Svalutazioni, inflazione e circolazione monetaria nel III secolo, p. 489-533.
[280] AA.VV., L'inflazione nel quarto secolo d.C.: atti dell'incontro di studio.
[281] AA.VV., Das rmische Trier.
[282] Noel Duval, Sirmium ville impriale ou capitale?, p. 53-90.
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Invasioni barbariche del III secolo

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Ulteriori approfondimenti storiografici


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J.-P. Petit, Atlas des agglomrations secondaires de la Gaule Belgique et des Germanies, 1994
K. Kob, Out of Rome, 1997
Romanzi storici sulle invasioni del III secolo
Guido Cervo, Il legato romano (in italiano), Casale Monferrato, 2002. ISBN 88-384-7061-8 (la Gallia ai tempi
dell'imperatore Marco Aurelio Probo dal 275 in poi).
Guido Cervo, La legione invincibile (in italiano), Casale Monferrato, 2003.
Guido Cervo, L'onore di Roma (in italiano), Casale Monferrato, 2004. ISBN 88-384-8183-0

Voci correlate
Invasioni barbariche
Guerre marcomanniche della fine del II secolo, preludio a grandi invasioni;
Invasioni barbariche del IV secolo, databili al periodo 306-378 e considerate come fase di contenimento ed
integrazione delle popolazioni nomadi all'interno del'Impero romano;
Invasioni barbariche del V secolo, databili al periodo 379-518, e considerate come la fase decisiva dello
smembramento dell'Impero romano d'occidente, con la successiva creazione dei primi Regni romano-barbarici.
Impero delle Gallie
Regno di Palmira

Collegamenti esterni
La crisi del III secolo (versione breve) (http://hls-dhs-dss.ch/textes/i/I8248-1-3.php)
Portale Antica Roma
Portale Germani

Portale Esercito romano


Portale Guerra

Tardo impero romano

111

Tardo impero romano


Tardo Impero romano

(dettagli)

(dettagli)

Motto: Senatus PopulusQue Romanus


(traduzione: "Il Senato e il popolo romano")

Dati amministrativi
Nome completo

Tardo Impero romano

Nome ufficiale

RESPUBLICA POPULI ROMANI

Lingue parlate

latino: ufficiale, di cultura e, in Occidente, d'uso; greco: di cultura e, in Oriente, d'uso

Capitale
Altre capitali

Roma
Augusta Treverorum, Mediolanum, Nicomedia, Sirmio, Ravenna, Antiochia e Costantinopoli
Politica

Forma di governo
Imperatore (Cesare e Augusto)
Organi deliberativi

Dominato (235 - 476)


Elenco
Senato romano

Nascita

novembre del 284 con Diocleziano

Causa

Anarchia militare

Fine

476 con Romolo Augustolo


Territorio e popolazione

Bacino geografico
Massima estensione
Popolazione

Europa e bacino del Mediterraneo


2,3 milioni di miglia quadrate (circa 5.957.000 km) nel IV secolo
tra 55 milioni e 120 milioni nel IV secolo
Economia

Tardo impero romano

112

Valuta

monetazione romana imperiale

Risorse

oro, argento, ferro, stagno, ambra, cereali, pesca, ulivo, vite, marmi

Produzioni
Commerci con

vasellame, oreficeria, armi


Parti, Africa subsahariana, India, Arabia, Ceylon, Cina

Esportazioni

oro

Importazioni

schiavi, animali, seta, spezie


Religione e societ

Religioni preminenti
Religione di Stato
Religioni minoritarie
Classi sociali

religione romana, religione greca, religione egiziana, mitraismo


religione romana sino al 27 febbraio 380, quindi religione cristiana
religione ebraica, druidismo
cittadini romani (nobilitas e populus; senatores, equites (cavalieri) e resto del populus; dal III secolo d.C. in
poi: honestiores e humiliores), peregrini (sudditi dell'impero senza cittadinanza, solo fino al 212), stranieri,
liberti, schiavi
Evoluzione storica

Preceduto da

Alto Impero romano

Succeduto da

Regni romano-barbarici in Occidente


Impero bizantino

Il Tardo Impero romano o Basso Impero romano rappresent l'ultima parte della storia politica romana che va
dalla presa di potere di Diocleziano nel 284 alla caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476, anno in cui Odoacre
depose l'ultimo imperatore legittimo, Romolo Augusto. La vita dell'Impero romano d'Oriente si protrarr invece fino
al momento della conquista di Costantinopoli da parte degli Ottomani nel 1453. da notare che, se in Occidente il
periodo tardo-imperiale termina nel 476, in Oriente invece lo si fa terminare per convenzione con il regno di Eraclio
(610-641), in quanto il suo regno fu segnato da profonde riforme che trasformarono profondamente l'Impero,
liberandolo della decadente eredit tardo-romana e segnando dunque la fine in Oriente del "periodo tardo-romano" (o
"proto-bizantino").
Oltre all'Impero romano d'Oriente, unico Stato successore a pieno titolo dell'Impero romano, le altre entit statuali
che si rifecero ad esso, in Occidente furono il Regno franco e il Sacro Romano Impero.

Antefatto
Per approfondire, vedi Alto Impero romano, Crisi del III secolo e Invasioni barbariche del III secolo.

I cento anni che seguirono la morte di Alessandro Severo segnarono la sconfitta dell'idea di impero delle dinastie
giulio-claudia e antonina. Tale idea si basava sul fatto che l'Impero si fondava sulla collaborazione tra l'imperatore, il
potere militare e le forze politico-economiche interne. Nei primi due secoli dell'Impero la contrapposizione tra poteri
politici e potere militare si era mantenuta[1], anche se pericolosamente (lotte civili), all'interno di un certo equilibrio,
garantito anche dalle enormi ricchezze che affluivano allo Stato e ai privati tramite le campagne di conquista. Nel III
secolo d.C., per, tutte le energie dello Stato venivano spese non per ampliare, ma per difendere i confini dalle
invasioni barbare. Quindi, con l'esaurimento delle conquiste, il peso economico e l'energia politica delle legioni
finirono per rovesciarsi all'interno dell'Impero invece che all'esterno, con il risultato che l'esercito, che era stato il
fattore principale della potenza economica, fin per diventare un peso sempre pi schiacciante, mentre la sua
prepotenza politica diventava una fonte permanente di anarchia[2].
Nei quasi cinquant'anni di anarchia militare si succedettero ben 21 imperatori acclamati dall'esercito, quasi tutti morti
assassinati. Inoltre, l'Impero dovette affrontare contemporaneamente una serie di pericolose incursioni barbariche

Tardo impero romano


(Goti, Franchi, Alemanni, Marcomanni) che avevano sfondato il limes renano-danubiano a nord e l'aggressivit della
dinastia persiana dei Sasanidi, che aveva sostituito i Parti. Solo grazie alla determinazione di una serie di imperatori
originari della Dalmazia, l'Impero, giunto sull'orlo della disgregazione e del collasso (intorno al 270 d.C. era
avvenuta anche la secessione di alcune province, in cui si erano formate due entit separate dal governo di Roma:
l'Imperium Galliarum in Gallia ed in Britannia, ed il Regno di Palmira in Siria, Cilicia, Arabia, Mesopotamia e
Egitto), riusc a riprendersi.

Civilt tardo-romana
Per approfondire, vedi Tarda antichit e Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale.

Per ogni aspetto della societ tardo-romana (es.forma di governo, diritto, religione, economia, cultura letteraria,
artistica, ecc.) si rimanda alla voce Tarda antichit; riguardo invece agli aspetti militari, si rimanda alla voce Storia
delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale.

Cronologia dei principali eventi politici tardo-imperiali (284-476)

Busto di Diocleziano.

Per approfondire, vedi Impero romano, Imperatori romani, Albero genealogico degli imperatori romani e Usurpatori
romani.

Dopo circa mezzo secolo di instabilit, sal al potere il generale illirico Gaio Aurelio Valerio Diocleziano, che
riorganizz il potere imperiale istituendo la tetrarchia, ovvero una suddivisione dell'impero in quattro parti, due
affidate agli augusti (Massimiano e lo stesso Diocleziano) e due affidate ai cesari (Costanzo Cloro e Galerio), che
erano anche i successori designati. Il sistema, per, non resse, e quando Diocleziano si ritir a vita privata
scoppiarono nuove lotte per il potere, dalle quali usc vincitore Costantino, figlio di Costanzo Cloro.
La crisi del terzo secolo venne in qualche modo frenata da questo imperatore, istituendo la tetrarchia, un regime
collegiale di due Augusti e due Cesari che amministravano raggruppamenti distinti di province dell'Impero,
accresciute in numero e riunite in diocesi. In questa circostanza anche l'Italia venne suddivisa in province. Pi in
generale si verific in questi anni una progressiva marginalizzazione delle aree pi antiche dell'impero a vantaggio

113

Tardo impero romano

114

dell'Oriente, forte di tradizioni civiche pi antiche e di un'economia mercantile maggiormente consolidata, assai pi
prospero quanto a politica, amministrazione e cultura.
In definitiva, la grande crisi del III secolo aveva finito per sviluppare una monarchia assoluta (Dominato), fondata su
un esercito violento e una burocrazia invadente. Della vecchia aristocrazia senatoria che aveva guidato insieme al
Principe l'Impero restavano soltanto gli ozii culturali, l'immane ricchezza e gli enormi privilegi rispetto alla massa
del popolo, ma il potere ormai era nelle mani della corte imperiale e dei militari[3]. Diocleziano, inoltre, per meglio
sottolineare l'incontestabilit e la sacralit del proprio potere, evitando cos le continue usurpazioni che avevano
provocato la grave crisi politico-militare del III secolo, decise di evidenziare la distanza fra s ed il resto dei sudditi,
introducendo rituali di divinizzazione dell'imperatore tipicamente orientali[4]. Il problema pi grave per la stabilit
dell'Impero rimase, per, quello di una regolare successione, che n Diocleziano con il sistema tetrarchico n
Costantino con il ritorno al sistema dinastico riuscirono a risolvere. Inoltre, in ambito economico-finanziario, n
Diocleziano n Costantino riuscirono a risolvere i problemi che assillavano da tempo l'Impero, ovvero l'inflazione
galoppante e la pressione fiscale oppressiva: l'editto dei prezzi stabilito nel 301 da Diocleziano per calmierare le
merci in vendita sul mercato si rivel fallimentare, mentre Costantino con l'introduzione del solidus riusc a
stabilizzare il valore della moneta forte, preservando il potere d'acquisto dei ceti pi ricchi, ma a scapito di quello dei
ceti pi poveri, che furono abbandonati a s stessi.

La tetrarchia (284-305)
Per approfondire, vedi Diocleziano e Tetrarchia.

La struttura dell'Impero romano si era ormai evoluta, ai tempi di Diocleziano, in una specie di dualismo tra la citt di
Roma, amministrata dal Senato, e l'Imperatore, che invece percorreva l'impero e ne ampliava o difendeva i confini. Il
rapporto tra Roma e l'Impero era ambivalente: se l'Urbe era il punto di riferimento ideale della "Romnia", in ogni
caso il potere assoluto era ormai passato al monarca o dominus, l'Imperatore, che spostava il suo luogo di comando a
seconda delle esigenze militari dell'Impero. Ormai era chiaro il decadimento di Roma come centro nevralgico
dell'Impero.[5]
Ottenuto il potere, Diocleziano nomin nel novembre del 285 come suo vice in qualit di cesare, un valente ufficiale
di nome Marco Aurelio Valerio Massimiano, che pochi mesi pi tardi elev al rango di augusto il 1 aprile del 286
(chiamato ora Nobilissimus et frater),[6] formando cos una diarchia in cui i due imperatori si dividevano su base
geografica il governo dell'impero e la responsabilit della difesa delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.[7]
Nel 293 Diocleziano procedette a una ulteriore divisione funzionale e territoriale dell'intero impero in quattro parti,
al fine di facilitare le operazioni militari. Nomin cos come suo cesare per l'oriente Galerio e Massimiano fece lo
stesso con Costanzo Cloro per l'occidente. L'impero fu cos diviso in quattro macro-aree:

a Diocleziano spettavano le province orientali dell'Egitto (sede imperiale: Nicomedia[8])


Galerio le province balcaniche (sede: Sirmio)
Massimiano governava su Italia e Africa settentrionale (sede imperiale: Mediolanum[8])
Costanzo Cloro ebbe in affidamento la Spagna, la Gallia e la Britannia (sede: Augusta Treverorum)

Il sistema si rivel efficace per la stabilit dell'impero e rese possibile agli augusti di celebrare i vicennalia, ossia i
vent'anni di regno, come non era pi successo dai tempi di Antonino Pio. Restava da mettere alla prova il
meccanismo della successione: il 1 maggio del 305 Diocleziano e Massimiano abdicarono, ma la tetrarchia si
riveler un fallimento politico, generando una nuova ondata di guerre civili.

Tardo impero romano

115

Le guerre civili (306-324)


Per approfondire, vedi Guerra civile romana (306-324).

Il 1 maggio del 305 Diocleziano e Massimiano abdicarono (ritirandosi il primo a Spalato ed il secondo in
Lucania).[8] La seconda tetrarchia prevedeva che i loro rispettivi due cesari diventassero augusti (Galerio per
l'oriente e Costanzo Cloro per l'occidente[9][10]), provvedendo questi ultimi a nominare a loro volta i propri
successori designati (i nuovi cesari): Galerio scelse Massimino Daia e Costanzo Cloro scelse Flavio Valerio
Severo.[10] Sembra per che poco dopo, lo stesso Costanzo Cloro, rinunci a parte dei suoi territori (Italia e
Africa)[9] a vantaggio dello stesso Galerio, il quale si trov a dover gestire due cesari: Massimino Daia a cui aveva
affidato l'Oriente,[10] Flavio Valerio Severo a cui rimase l'Italia (e forse l'Africa),[10] mentre tenne per s stesso
l'Illirico.[11] Il sistema rimase invariato fino alla morte di Costanzo Cloro avvenuta ad Eburacum il 25 luglio del
306.[9][12]
Con la morte di Costanzo Cloro (25 luglio del 306[9][12]), il sistema and in crisi: il figlio illegittimo dell'imperatore
defunto, Costantino venne proclamato cesare[11][12] dalle truppe in competizione con il legittimo erede, Severo.
Qualche mese pi tardi, Massenzio, figlio del vecchio augusto Massimiano Erculio, si fece acclamare, grazie
all'appoggio di ufficiali come Marcelliano, Marcello, Luciano[13] e dai pretoriani, ripristinando il principio dinastico.
Galerio si rifiut di riconoscere Massenzio e invi a Roma, Severo (che si trovava a Mediolanum[14]) con un
esercito, allo scopo di deporlo. Poich, per, gran parte dei soldati di Severo avevano servito sotto Massimiano, dopo
aver accettato denaro da Massenzio disertarono in massa.[14] Severo fugg a Ravenna,[14] dove fu assediato dal padre
di Massenzio, Massimiano. La citt era molto ben fortificata, cosicch Massimiano offr delle condizioni per la resa
che Severo accett: fu preso da Massimiano e ucciso.[11][15][16][17]
Solo l'11 novembre 308 si tenne a Carnuntum, sull'alto Danubio, un incontro cui parteciparono Galerio, che lo
organizz, Massimiano e Diocleziano, richiamato da Galerio. In questa occasione venne riorganizzata una quarta
tetrarchia: Massimiano fu obbligato ad abdicare, mentre Costantino fu nuovamente degradato a cesare, mentre
Licinio, un leale commilitone di Galerio, fu nominato augusto d'Occidente.[18][19]
Il quarto periodo tetrarchico, iniziato l'11 novembre del 308, termin il 5 maggio del 311 quando Galerio mor e
Massimino Daia si impadron dell'Oriente, lasciando a Licinio il solo Illirico.[20] Ora l'Impero romano era
nuovamente diviso in quattro parti: Massimino Daia e Licinio in Oriente, Costantino e Massenzio in Occidente. Si
trattava della "quinta tetrarchia". In realt poco dopo Massimino, Costantino e Licinio si coalizzarono per eliminare
il primo dei quattro augusti: Massenzio che possedeva ora Italia ed Africa.[21] Cos nel 312, Costantino, riunito un
grande esercito, mosse alla volta dell'Italia attraverso le Alpi,[22] fino a scontrarsi con l'esercito di Massenzio nella
decisiva battaglia di Ponte Milvio,[19] il 28 ottobre del 312.[23] Massenzio fu sconfitto ed ucciso.[24] Con la morte di
Massenzio, tutta l'Italia pass sotto il controllo di Costantino.[25] Poi nel febbraio del 313, Licinio e Costantino si
incontrarono a Mediolanum, dove i due strinsero un'alleanza (rafforzata dal matrimonio di Licinio con la sorella di
Costantino, Flavia Giulia Costanza),[26][27][28][29][30][31][32] che prevedeva di eliminare il terzo imperatore,
Massimino Daia. Licinio lo affront e sconfisse nella battaglia di Tzirallum il 30 aprile di quest'anno.[33] Massimino
Daia, mor pochi dopo (agosto).[19][34] Restavano ora solo due augusti: Costantino per l'Occidente e Licinio per
l'Oriente.[35]
Per undici anni l'Impero romano fu retto da Costantino e Licinio, pi tardi affiancati dai loro rispettivi figli, nominati
Cesari. A partire, infatti, dal 317, dopo un primo scontro armato avvenuto presso Mardia,[36] i due Augusti scesero a
patti, firmando una tregua (1 marzo 317). Licino dovette cedere a Costantino l'Illirico.[37] In cambio Licinio ottenne
la possibilit di governare autonomamente la sua parte di Impero. Erano sorti cos due regni "separati" ed
indipendenti, ben lontani dal progetto tetrarchico di Diocleziano, che prevedeva una "unit" imperiale.[38] Con la fine
delle ostilit i due Augusti elevarono a Cesari i loro stessi figli (Serdica il 1 marzo del 317): Crispo (a cui fu affidata
la Gallia) e Costantino II per Costantino, mentre Valerio Liciniano Licinio per Licinio.[38][39][40][41]

Tardo impero romano

116

Lo scontro finale avvenne pochi anni pi tardi, quando nel 323, un'orda di Goti, che avevano deciso di attraversare
l'Istro, tentarono di devastare i territori romani della Mesia inferiore e della Tracia.[42] Costantino, informato di
ci,[43] marci contro di loro, penetrando per nei territori all'altro augusto Licinio e ricevendo tutta una serie di
proteste ufficiali da parte dello stesso, che sfociarono nella fase finale della guerra civile tra i due.[44] Nel 324 si
ebbero una serie di scontri tutti favorevoli a Costantino (ad Adrianopoli,[45] Bisanzio, nell'Ellesponto,[46] e
Crisopoli[47]) che portarono Licinio, ora assediato ora a Nicomedia, a consegnarsi al suo rivale, il quale lo mand in
esilio come privato cittadino a Tessalonica[48] (messo a morte l'anno successivo[48][49]). Costantino era ora l'unico
padrone del mondo romano.[50][51][52][53][54][55][56][57] Per questo motivo la monetazione degli anni successivi ne
celebr la sua unit con la scritta "Restitutor Orbis".[58] L'anno successivo il nuovo imperatore d'Occidente ed
Oriente partecip al Concilio di Nicea.

Costantino e i Costantinidi (324-363)

Costantino I detto il Grande, primo imperatore


cristiano.

Per approfondire, vedi Costantino I e Dinastia costantiniana.

Nel 324 iniziano invece i lavori per la fondazione della nuova capitale, Costantinopoli. La fase dalla riunificazione
imperiale alla morte di Costantino il Grande (avvenuta nel 337), vide l'imperatore cristiano riordinare
l'amministrazione interna e religiosa, oltre a consolidare l'intero sistema difensivo lungo i tratti renano e danubiano
ed ottenendo importanti successi militari che portarono a "controllare" buona parte di quei territori ex-romani, che
erano stati abbandonati da Gallieno ed Aureliano: dall'Alamannia (Agri decumates), alla Sarmatia (piana
meridionale del Tibisco, ovvero il Banato) fino alla Gothia (Oltenia e Valacchia). E sempre a partire da questi anni,
Costantino continu ad utilizzare quali sue residenze imperiali preferite Serdica, Sirmium e Tessalonica, oltre alla
diocelzianea Nicomedia.
Il 18 settembre 335, Costantino elev il nipote Dalmazio al rango di cesare, assegnandogli la Thracia, l'Achaea e la
Macedonia, con probabile capitale a Naisso[59] e compito principale la difesa di quelle province contro i Goti, che le
minacciavano di incursioni.[60] Costantino divise cos di fatto l'impero in quattro parti, tre per i figli e una per il
nipote; la nomina di Dalmazio, per, dovette incontrare l'opposizione dell'esercito,[61] che aveva palesato la propria
preferenza per l'accesso della linea dinastica diretta al trono.

Tardo impero romano


Morto Costantino (22 maggio del 337), mentre stava ancora preparando una campagna militare contro i Sasanidi, la
situazione vedeva il potere spartito tra i suoi figli e nipoti, cesari: Costanzo II, che era impegnato in Mesopotamia
settentrionale a supervisionare la costruzione delle fortificazioni frontaliere,[62] si affrett a tornare a Costantinopoli,
dove organizz e presenzi alle cerimonie funebri del padre: con questo gesto rafforz i suoi diritti come successore
e ottenne il sostegno dell'esercito, componente fondamentale della politica di Costantino.
Durante l'estate del 337 si ebbe un eccidio,
per mano dell'esercito, dei membri maschili
della dinastia costantiniana e di altri
esponenti di grande rilievo dello stato: solo i
tre figli di Costantino e due suoi nipoti
bambini (Gallo e Giuliano, figli del
fratellastro Giulio Costanzo) furono
risparmiati.[63] Le motivazioni dietro questa
strage non sono chiare: secondo Eutropio
Costanzo non fu tra i suoi promotori ma non
tent certo di opporvisi e condon gli
Le frontiere settentrionali ed orientali alla morte di Costantino I, con i territori
assassini;[64] Zosimo invece afferma che
acquisiti nel corso del trentennio di campagne militari (dal 306 al 337), oltre alla
Costanzo fu l'organizzatore dell'eccidio.[65]
divisione imperiale tra figli e nipoti: Costantino II, Costante I, Costanzo II,
Nel settembre dello stesso anno i tre cesari
Dalmazio Cesare e Annibaliano.
rimasti (Dalmazio era stato vittima della
purga) si riunirono a Sirmio in Pannonia, dove il 9 settembre furono acclamati imperatori dall'esercito e si spartirono
l'Impero: Costanzo si vide riconosciuta la sovranit sull'Oriente.
La divisione del potere tra i tre fratelli dur poco: Costantino II mor nel 340, mentre cercava di rovesciare Costante
I; nel 350 Costante fu rovesciato dall'usurpatore Magnenzio, e poco dopo Costanzo II divenne unico imperatore (dal
353), riunificando ancora una volta l'Impero. Il periodo poi fu caratterizzato da un venticinquennio di guerre lungo il
limes orientale contro le armate sasanidi, prima da parte di Costanzo II e poi del nipote Flavio Claudio Giuliano (tra
il 337 ed il 363).[66]
Nel 361 venne proclamato Augusto Giuliano, Cesare in Gallia. Il suo governo dur solo tre anni, eppure ebbe grande
importanza, sia per il tentativo di ristabilire un sistema religioso politeistico (per questo sar detto l'Apostata), sia per
la campagna militare condotta contro i Sasanidi, nella quale l'Imperatore per nel corso di una battaglia, dopo alcuni
successi iniziali, a cui segu una difficoltosa ritirata. Venne eletto suo successore Gioviano, il quale per portare il suo
esercito sano e salvo in territorio imperiale, firm una pace definita "vergognosa" con la Persia, alla quale vennero
cedute le cinque province al di l del Tigri conquistate da Diocleziano ed alcune importanti citt di frontiera come
Nisibi.[67]

117

Tardo impero romano

118

I Valentiniani e Teodosio (364-395)

Sant'Ambrogio converte Teodosio, tela di Pierre


Subleyras, 1745.

Per approfondire, vedi Casata di Valentiniano.

Nel 364 viene incoronato imperatore Valentiniano I; quest'ultimo, su richiesta dell'esercito, nomin un collega (il
fratello Valente) a cui assegn la parte orientale dell'Impero. Secondo lo storico antico Ammiano Marcellino,
Valentiniano fu un sovrano crudele, che lanci una violenta persecuzione contro tutti coloro accusati di stregoneria
(una persecuzione cos violenta che, usando le parole del Gibbon, pare che nelle province meno piacevoli i
prigionieri, gli esuli e i fuggiaschi costituissero la maggioranza degli abitanti[68]) e godeva nel vedere la sua orsa
Innocenza sbranare i condannati a morte nella sua camera da letto.[69] Pur con i suoi difetti, Valentiniano si dimostr
comunque un buon governante: egli infatti mise fine a molti degli abusi che avvenivano ai tempi di Costanzo,
promulg alcune leggi a favore del popolo (condann l'esposizione dei neonati e istitu nei quattordici quartieri di
Roma altrettanti medici), e favor l'insegnamento della retorica, una disciplina ormai in declino.[70] Inoltre istitu la
carica di Defensor civitatis, una sorta di avvocati che difendevano i diritti del popolo.[71] Non va dimenticato che
toller il paganesimo, garantendo a tutte le religioni libert di culto. Inoltre ottenne anche alcuni successi contro i
Barbari, fronteggiando con successo una rivolta dei Mauri in Africa e le incursioni barbariche in Britannia, in Gallia
e nell'Illirico. Durante una guerra contro i Quadi, alcuni ambasciatori quadi si recarono dall'imperatore per chiedere
clemenza; l'Imperatore si arrabbi talmente tanto che gli scoppi un grosso vaso sanguigno e mor.[72]
Venne nominato suo successore in Occidente Graziano. Nel frattempo i Goti Tervingi (erroneamente identificati a
posteriori con i Visigoti), pressati dagli Unni che avevano invaso le loro terre, chiesero all'Imperatore d'Oriente
Valente di potersi stanziare in territorio romano; alla fine Valente decise di accettare, ma a condizione che i Barbari
consegnassero tutte le loro armi e si separassero dai figli; tuttavia, una volta entrati in territorio romano, i Goti
vennero talmente maltrattati che decisero di rivoltarsi, dando cos inizio alla Guerra Gotica.[73] A complicare la
situazione contribu il fatto che ai Tervingi si unirono i Greutungi (erroneamente identificati a posteriori con gli
Ostrogoti), i quali, approfittando del caos, attraversarono anch'essi il Danubio, coalizzandosi con i Tervingi. Nel
tentativo di fermare i Barbari, l'Imperatore Valente mor nel corso della Battaglia di Adrianopoli, nella quale 15.000

Tardo impero romano


soldati dell'Impero romano d'Oriente vennero massacrati (9 agosto 378). Graziano affid l'Impero d'Oriente a
Teodosio I, al quale affid le diocesi di Macedonia e Dacia - storicamente appartenenti all'Occidente, ma minacciate
dai Goti. Non riuscendo per ad ottenere una vittoria totale sui Goti, alla fine l'Imperatore Teodosio I (successore di
Valente in oriente) fu costretto a riconoscerli come foederati (cio alleati) dell'Impero (382). I Goti vennero stanziati
nell'Illirico Orientale, dove ricettero delle terre e l'obbligo di aiutare l'Impero nelle lotte contro gli altri barbari, ma
venne concessa loro anche una certa semiautonomia dall'Impero, permettendo loro di mantenere la propria
organizzazione tribale ma non un capo unico.[74]
Nel 382 l'imperatore Graziano abolir definitivamente ogni residuo di paganesimo: il titolo di pontefice massimo, i
finanziamenti pubblici ai sacerdoti pagani, la statua e l'ara della Vittoria ancora presenti nella curia. La morte di
Graziano nel 383 ad opera dell'usurpatore Magno Massimo, che controllava la Gallia e la Spagna, segn una nuova
minaccia per l'Impero. La zelante tutela della religione cristiana di Magno Massimo, con la decapitazione dell'eretico
Priscilliano, fu ritenuta una valida garanzia dell'affidabilit del generale iberico, tanto che il nuovo imperatore
d'Occidente, Valentiniano II, lo accett come collaboratore. Teodosio per sconfisse e fece giustiziare Magno
Massimo (388), ripristinando la forma diarchica. Con la morte di Valentiniano II in circostanze misteriose nel 392
(forse fatto uccidere dal suo ministro Arbogaste), Teodosio torn ad essere imperatore unico, anche se negli anni
successivi dovette difendere il proprio trono da un usurpatore, Eugenio, che sconfisse nella battaglia del Frigido
(394). Nelle campagne contro gli usurpatori Teodosio I ottenne l'appoggio dei foederati Goti stanziati nell'Illirico,
10.000 dei quali furono uccisi durante la battaglia del Frigido; Orosio, che detestava i Goti, sostenne che con quella
battaglia Teodosio I ottenne due trionfi: uno sull'usurpatore e uno sui foederati Goti, che avevano subito pesanti
perdite.
Teodosio I govern con saldo pugno,
portando a compimento alcune iniziative in
linea con il mutare dei tempi. Dopo aver
patteggiato con i Visigoti represse
duramente il dissenso: quando a Tessalonica
fin ucciso un comandante goto nel corso di
rivolte contro l'insediamento dei barbari in
terre di privati cittadini, l'imperatore rispose
ordinando il massacro di settemila
tessalonicesi ignari, mentre assistevano ad
una corsa di cavalli nell'ippodromo della
citt. Nonostante le scuse pubbliche
dell'Imperatore imposte da Ambrogio di
L'impero romano alla morte di Teodosio (395).
Milano, la notizia si diffuse per tutto
l'Impero e fu un forte segnale di
avvertimenti verso i sudditi. Inoltre Teodosio con l'editto di Tessalonica (e decreti successivi), proib qualsiasi culto
pagan e proclam il cristianesimo religione di Stato, perseguitando in diverse forme il Paganesimo, trasformando in
tal modo l'Impero in uno stato cristiano.
Alla morte dell'Imperatore 395, fu in qualche modo ripristinato, per volont stessa di Teodosio, il sistema di
Diocleziano, nominando due augusti: suo figlio maggiore Arcadio per la pars orientis e il minore Onorio per la pars
occidentis.
Bisogna tener presente che gli imperatori provengono spesso dalle zone periferiche dell'Impero (in gran parte
dall'Europa Orientale di lingua latina), ma proprio per questo pervasi da un pi profondo sentimento di romanit
(come Aureliano, Diocleziano o Costantino I). Molti Imperatori quasi non conoscono Roma, la vita militare li
costringe a vivere (e spesso a morire) in prossimit della frontiera danubiana, in Siria, Mesopotamia o Britannia. Le
loro visite all'Urbe si faranno sempre pi sporadiche ed effettuate in taluni casi per celebrare un trionfo, o per

119

Tardo impero romano

120

esercitare una forma di controllo su un senato sempre pi esautorato.


importante notare che la pressione dei barbari sull'Impero non sempre distruttiva, nel senso che molti barbari non
desiderano altro che entrare a far parte dell'Impero, stanziandosi sul territorio oppure offrendosi al servizio di questo
(si vedano i generali d'origini germane come il grande Stilicone, o il caso di Magnenzio, che tuttavia si autoproclam
imperatore, Arbogaste, che dopo un'onorevole carriera in cui fece addirittura le veci dell'Imperatore in Occidente
probabilmente fece assassinare l'imperatore Valentiniano II, etc.).
Tuttavia, quando si accorgono che il rapporto di forze loro favorevole, a volte i capi barbari non esitano a rompere
gli indugi e misurarsi in battaglia con le forze imperiali. A questo proposito indicativa la clamorosa sconfitta subita
da Valente da parte dei Goti che successivamente distruggeranno anche Milano o il sacco di Roma da parte di
Alarico frustrato nella sua ambizione di venir nominato magister militum dell'Impero e sentitosi tradito dai romani
che lo avevano lusingato con fallaci promesse.

La divisione definitiva in due Imperi: Occidente ed Oriente (395-476)


Per approfondire, vedi Casata di Teodosio.
Per approfondire, vedi Impero romano d'Occidente e Impero romano d'Oriente.

Sotto Teodosio I l'Impero fu per l'ultima volta unito. Con la morte di quest'ultimo nel 395 l'Impero venne suddiviso
definitivamente in due parti, ognuna delle quali and ai figli dell'imperatore: l'Impero romano d'Occidente al figlio
Onorio, mentre l'Impero romano d'Oriente o Impero bizantino (da Bisanzio, la sua capitale) al figlio Arcadio. A
tutela dei due imperatori mise un generale vandalo verso il quale nutriva molta fiducia: Stilicone. Quella che agli
inizi doveva essere, come gi accaduto in passato, una semplice divisione amministrativa, diede invece origine a due
entit statuali ben differenziate fra di loro e che non si sarebbero mai pi ricongiunte: l'Impero romano d'Occidente e
quello d'Oriente. Anche in questo caso i contemporanei non sentirono di vivere un evento epocale, poich
percepivano di essere ancora parte di un unico mondo, di un'unica romanit, anche se amministrata separatamente,
come del resto era gi accaduto pi volte in passato.
La parte occidentale, pi provata economicamente, politicamente, militarmente, socialmente e demograficamente per
via delle continue lotte dei secoli precedenti e per la pressione delle popolazioni barbariche ai confini entr ben
presto in uno stato irreversibile di decadenza e, fin dal primo ventennio del V secolo, gli Imperatori d'Occidente
videro venir meno la loro influenza in tutto il nord Europa (Gallia, Britannia, Germania) e in Spagna, mentre gli
Unni, negli stessi anni, si stabilivano in Pannonia.

Tardo impero romano

121

Declino e caduta dell'Impero d'Occidente (395-476)

L'Impero romano nel 476, al momento della caduta dell'Impero romano


d'Occidente.

Per approfondire, vedi Caduta dell'Impero romano d'Occidente.

Il regno di Onorio (395-423)


Dopo il 395, gli Imperatori d'Occidente erano di solito imperatori fantoccio, i veri regnanti erano generali che
assunsero il titolo di magister militum, patrizio o entrambiStilicone dal 395 al 408, Constanzo dal 411 al 421, Ezio
dal 433 al 454 e Ricimero dal 457 al 472.
L'inizio del declino definitivo della parte occidentale coincide, quindi, quando i Visigoti, condotti dal loro re Alarico,
attaccarono l'Impero d'Occidente.
Con la morte di Teodosio I e la divisione definitiva dell'impero
romano tra Occidente ed Oriente tra i due suoi figli Onorio I e
Arcadio, il generale visigoto Alarico ruppe l'alleanza con l'impero,
penetr in Tracia e la devast, arrivando ad accamparsi sotto le
mura di Costantinopoli. Il generale Stilicone si diresse contro
Alarico, ma Arcadio, spinto dal prefetto del pretorio Flavio
Rufino, nemico di Stilicone, ordin alle truppe orientali, che
formavano una parte dell'armata di Stilicone, di far ritorno in
Oriente. In Oriente infatti si aveva ancora timore che in realt
Stilicone mirasse a conquistare il dominio anche di Costantinopoli
tornando ad unire ancora una volta l'impero sotto un'unica
guida.[75] Nel 396 Arcadio nomin Alarico magister militum per
l'Illirico, mentre Stilicone fu dichiarato nemico pubblico
Dittico di Stilicone, Monza, Tesoro del Duomo
dell'Oriente.[75] I Visigoti, insoddisfatti della sistemazione,
puntarono verso l'Italia. Mossi dal loro re Alarico, giunsero in
Italia ma vennero sconfitti da Stilicone a Pollenzo (402), a Verona (403), anche se nel frattempo Stilicone cerc una
mediazione tra le due parti.
Nel frattempo, l'ulteriore avanzata degli Unni verso l'Occidente port numerose popolazioni che si trovavano lungo il
medio corso del Danubio a invadere l'Impero: mentre i Goti di Radagaiso invasero l'Italia e furono annientati da

Tardo impero romano

122

Stilicone a Fiesole (405), Vandali, Alani e Svevi, invasero le Gallie varcando il Reno (31 dicembre 406)
approfittando della scarsa sorveglianza dei confini resa necessaria dalle campagne di Stilicone contro i Visigoti e
contro Radagaiso. Nel frattempo in Britannia scoppi una rivolta dell'esercito, che elesse usurpatore Costantino III:
questi spost le legioni romane a difesa della Britannia in Gallia per strapparla a Onorio e per combattere gli invasori
del Reno. A causa dei fallimenti di Stilicone nell'affrontare l'invasione del Reno e gli usurpatori nelle Gallie e dei
tentativi di negoziazione con Alarico, Stilicone fu sospettato di aver tradito l'Impero favorendo i barbari e fu
condannato alla decapitazione per ordine di Onorio (408).
Onorio per non era in grado di resistere ai Visigoti, capeggiati da
Alarico, che il 24 agosto del 410 saccheggiarono Roma (Onorio
dal 402 era asserragliato nell'imprendibile Ravenna, difesa dalle
paludi del delta del Po). Il sacco di Alarico non fu il pi
drammatico della storia della citt: vi furono episodi cruenti, ma il
re visigoto era cristiano e rese omaggio alle tombe degli Apostoli,
rispettando la sacralit del caput mundi. Nonostante ci la
violazione dell'Urbe sconvolse il mondo antico, ispirando il De
civitate Dei di Agostino di Ippona, che si chiedeva come Dio
avesse potuto permettere una profanazione cos inaudita. Alarico
mor mentre cercava di raggiungere l'Africa marciando in Italia
Meridionale. Il suo successore, Ataulfo, condusse il popolo
visigoto in Gallia.
Nel frattempo gli invasori del Reno non trovarono opposizione
devastando per due anni l'intera Gallia, per poi passare indisturbati
in Spagna nel 409.[76] Nel 411, occupata la Spagna, se la
spartirono tra loro come segue:

Raffigurazione del Sacco di Roma condotto dai


Visigoti di Alarico nel 410.

[I barbari] si spartirono tra loro i vari lotti delle province per insediarvisi: i Vandali [Hasding] si impadronirono della
Galizia, gli Svevi di quella parte della Galizia situata lungo la costa occidentale dell'Oceano. Gli Alani ebbero la Lusitania e
la Cartaginense, mentre i Vandali Siling si presero la Betica. Gli spagnoli delle citt e delle roccaforti che erano
sopravvissuti al disastro si arresero in schiavit ai barbari che spadroneggiavano in tutte le province.
(Idazio, Cronaca.)

Nel 409/410, inoltre, la Britannia secession dall'Impero e anche l'Armorica si rivolt all'usurpatore Costantino III.
La situazione per l'Impero era dunque disperata, invaso dai barbari in Italia e Spagna e occupato da usurpatori e
ribelli in Gallia e Britannia. La situazione miglior leggermente quando il comando dell'esercito fu affidato a Flavio
Costanzo, valente generale, il quale riusc a sconfiggere gli usurpatori Costantino III, Sebastiano e Gioviano (in
Gallia), Massimo (in Spagna) e Eracliano (in Africa). Costanzo cerc ora di raggiungere una pace con il re visigoto
Ataulfo che aveva invaso la Gallia meridionale e che aveva eletto come imperatore fantoccio Prisco Attalo.

Tardo impero romano

L'intenzione di Ataulfo era di ottenere un


ruolo politico di primo piano nell'Impero e
per questo motivo spos Galla Placidia con
l'intenzione di avere un figlio da lei e da
imparentarsi con la famiglia imperiale.
Tuttavia n Onorio n Costanzo, il generale
romano incaricato di combattere Ataulfo,
accettarono le pretese di Ataulfo, volendo s
indietro Galla Placidia ma non alla
condizione di concedere al suo marito goto
un ruolo preminente a corte.[77] Sfruttando
un punto debole dei Goti, ovvero la loro
difficolt di procurarsi i rifornimenti,
L'Impero romano d'Occidente nel 410. Impero d'Occidente
Costanzo blocc loro tutte le vie di
(Onorio).Area controllata da Costantino III (usurpatore).Aree in
comunicazione: il blocco imposto da
rivolta.Franchi, AlemanniAlamanni, Burgundi.Area controllata da
Massimo (usurpatore).Vandali Silingi.Vandali Asdingi e
Costanzo ai porti gallici fu tanto efficace
Suebi.Alani.Visigoti.
che i Visigoti abbandonarono la Gallia e la
citt di Narbona per l'Hispania, nel 415.
Morti Ataulfo e il suo successore Sigerico, nello stesso anno Costanzo stipul un trattato col nuovo re visigoto
Vallia: in cambio di 600000 misure di grano e del territorio della regione d'Aquitania, dai Pirenei alla Garonna, i
Visigoti, in qualit di alleati ufficiali ovvero stato vassallo dell'impero (foederati), si impegnavano a combattere in
nome dei Romani i Vandali, gli Alani e i Suebi, che nel 406 avevano attraversato il fiume Reno e si erano dislocati
nella provincia d'Hispania. L'accordo prevedeva anche la liberazione di Galla Placidia. La controffensiva dei Visigoti
al servizio dell'Impero in Spagna contro gli invasori del Reno fu abbastanza efficace: vennero annientati nella Betica
i Vandali Silingi mentre gli Alani subirono perdite cos consistenti da giungere a implorare la protezione dei rivali
Vandali Asdingi, stanziati in Galizia.
Nel 418, ricevute da Wallia le province riconquistate di Cartaginense, Betica e Lusitania, Costanzo premi Wallia e i
Visigoti permettendo loro di stanziarsi in qualit di foederati (alleati dell'Impero) nella Valle della Garonna, in
Aquitania, dove ottennero terre da coltivare. L'Aquitania sembra sia stata scelta da Costanzo come terra dove far
insediare i Visigoti per la sua posizione strategica: infatti era vicina sia dalla Spagna, dove rimanevano da annientare
i Vandali Asdingi e gli Svevi, sia dal Nord della Gallia, dove forse Costanzo intendeva impiegare i Visigoti per
combattere i ribelli separatisti Bagaudi nell'Armorica.[78] La spinta aggressiva dei Visigoti si era ormai esaurita:
pacificati con l'impero, vennero riconosciuti i loro territori, pi o meno contemporaneamente alla presa del Rodano
da parte dei Burgundi (attuale Borgogna, appunto), il corso medio del Reno da parte degli Alamanni, la Spagna
meridionale da parte dei Vandali (Andalusia viene infatti da Vandalucia) e la Britannia dagli Angli e dai Sassoni.

123

Tardo impero romano

Nel frattempo, dopo la sconfitta subita


contro i Visigoti, Vandali Siling e Alani si
coalizzarono con i Vandali Hasding, il cui
re, Gunderico, divenne re dei Vandali e
Alani. La nuova coalizione vandalo-alana
tent subito di espandersi in Galizia a danni
degli Svevi, costringendo i Romani a
intervenire nel 420: l'attacco romano non
port per all'annientamento dei Vandali,
ma li spinse piuttosto in Betica, che da essi
prese
in
nome
di
"Vandalucia"
[79]
(Andalusia) . Nel 422 sconfissero proprio
in Betica la coalizione romano-visigota,
condotta dal generale Castino, forse grazie a
un presunto tradimento dei Visigoti.[80]

124

L'Impero romano d'Occidente nel 421. Impero d'Occidente


(Onorio).Aree in rivolta.Franchi, AlemanniAlamanni,
Burgundi.Vandali e Alani.Suebi.Visigoti.Grazie all'operato di
Costanzo IIIFlavio Costanzo, rispetto al 410, l'Impero aveva recuperato la Gallia,
sconfiggendo usurpatori e ribelli, e una parte della Spagna, annientando, grazie ai
Visigoti, gli Alani.

In quegli anni Costanzo tent di assumere


sempre pi il controllo su Onorio, finch l'8
febbraio
421
venne
proclamato
co-imperatore come Costanzo III. Il suo regno fu per molto breve e Costanzo mor improvvisamente e
misteriosamente in quello stesso anno, dopo appena sette mesi dalla sua acclamazione. Alla sua morte, dopo aver
litigato con Onorio, la moglie Galla Placidia fugg a Costantinopoli portando con s i due piccoli figli nati dal
matrimonio con Costanzo.
L'imperatore Onorio, figlio di Teodosio, rimasto infine signore incontrastato d'Occidente, mor di edema a Ravenna,
il 15 agosto 423, all'et di trentotto anni e dopo ventotto anni di travagliato regno, essendo sopravvissuto di quindici
anni al fratello Arcadio, al tutore Stilicone e a dieci tra co-imperatori ed usurpatori (Marco, Graziano, Costantino III,
Costante II, Massimo, Giovino, Sebastiano, Eracliano, Prisco Attalo e Costanzo III), ma soprattutto alla violazione
del sacro suolo di Roma. Lasciava un impero privato della Britannia e occupato dai barbari in parte della Hispania e
della Gallia, ma sostanzialmente sopravvissuto alle grandi invasioni, anche se a causa delle continue devastazioni ad
opera delle orde barbariche (che tra l'altro avevano sottratto ai Romani alcune province) le entrate fiscali erano
diminuite e con esse anche l'esercito sub un indebolimento. Secondo la Notitia dignitatum, infatti, nel 420 l'esercito
campale occidentale consisteva di 181 reggimenti, di cui per solo 84 esistevano prima del 395. Ipotizzando che nel
395 l'esercito campale occidentale avesse all'incirca lo stesso numero di reggimenti dell'esercito orientale (ovvero
circa 160), questo vuol dire che le invasioni avevano cagionato la perdita di almeno 76 reggimenti comitatensi
(equivalenti a circa 30.000 uomini, il 47,5% del totale), che dovettero essere rimpiazzati promuovendo numerosi
reggimenti di frontiera a comitatensi. Il numero di veri comitatenses (escludendo quindi le truppe di frontiera
promosse per colmare le perdite) era quindi diminuito del 25% (da 160 a 120 reggimenti).[81]

Tardo impero romano

125

Il regno di Valentiniano III (425-455)

Il giovane Imperatore d'Occidente Valentiniano III (a sinistra),


raffigurato assieme alla madre Galla Placidia (a destra) e alla sorella
Giusta Grata Onoria (dietro).

Per approfondire, vedi Valentiniano III.

Alla morte di Onorio, il Senato decise di proclamare Imperatore d'Occidente il primicerius notariorum Giovanni.
Questi si trov per subito in difficolt: le guarnigioni romane di Gallia, da poco sottomesse, si ribellarono e il comes
Africae Bonifacio tagli i vitali rifornimenti di grano a Roma, mentre Teodosio a Costantinopoli elevava nel 424 al
rango di Caesar e poi di Augustus il piccolo cugino Valentiniano III, figlio di Galla Placidia (riparata a
Costantinopoli dopo la morte del marito Costanzo III). Giovanni si chiuse dunque nella sua sicura capitale, Ravenna,
inviando un suo giovane generale, Flavio Ezio, in Pannonia, per sollecitare aiuto dagli Unni. L'esercito d'Oriente
espugn Ravenna e Giovanni venne catturato e deposto, gli venne amputata la mano destra e fu infine decapitato nel
425 ad Aquileia. Frattanto Ezio, giunto troppo tardi in suo soccorso con un forte contingente unno, si accord con la
reggente di Valentiniano, la madre Galla Placidia, per ottenere la carica di magister militum in cambio dello
scioglimento della sua armata unna.[82] Flavio Ezio era un latino della Moesia, proveniente da una famiglia di
tradizioni castrensi (suo padre, Gaudenzio, aveva per breve tempo ricoperto anche la carica di magister militum), e
aveva trascorso gran parte della sua prima giovinezza come ostaggio presso le trib unne stanziate oltre il limes
illirico.[83] Tornato in patria, aveva intrapreso una brillante carriera militare, imponendosi, poco pi che trentenne,
come uno dei pi giovani e promettenti generali del suo tempo. Con la nomina a magister militum dopo la morte di
Giovanni, egli ottenne un enorme potere sull'Impero grazie al controllo dell'esercito. Da allora e per una trentina
d'anni, Ezio domin lo scenario politico e militare dell'occidente romano, nonostante l'aspra ostilit della reggente
Galla Placidia e dell'imperatore Valentiniano. Riusc ad ottenere la carica di generalissimo dell'Impero nel 433, dopo
una lunga lotta intestina con i generali Felice e Bonifacio, che ambivano allo stesso scopo.

Tardo impero romano

Lotte politiche a Ravenna (prima la guerra


contro l'usurpatore Giovanni, poi le lotte per
il potere tra Ezio, Felice e Bonifacio)
distrassero parzialmente il governo centrale
dalla lotta contro i Barbari, e di ci
approfittarono
i
Vandali
rafforzati
dall'unione con gli Alani.[84] Tra il 425 e il
428 la Spagna meridionale e le Isole Baleari
furono oggetto dei saccheggi dei
Vandali.[85] La necessit di trovare un
insediamento pi sicuro dagli attacchi dei
Visigoti alleati dei Romani (e forse un
presunto tradimento del comes Africae
Bonifacio, che secondo fonti del VI secolo
avrebbe invitato i Vandali in Africa) spinse i
Vandali e gli Alani a migrare ulteriormente
nel Nord Africa tra il 429 e il 430.[86] Nel
429 i Vandali, condotti dal nuovo re
Genserico, sbarcarono a Tangeri in
Tutte le tappe migratorie dei Vandali dal 400 a.C. al 435 d.C..
Mauritania Tingitana e da l marciarono
verso est in direzione di Cartagine,
sconfiggendo le forze romane condotte da Bonifacio e minacciando ormai da vicino la Proconsolare e la Byzacena,
le province pi prospere dell'Impero romano d'Occidente, dalle quali lo stato ricavava la maggior parte dei proventi.
Sant'Agostino mor ottantaseienne mentre i Vandali cingevano d'assedio Ippona, la sua citt (presso l'odierna Annaba
in Algeria). L'Imperatore d'Oriente Teodosio II invi tuttavia il generale Aspar in Africa per contenere l'avanzata
vandala; la mossa costrinse i Vandali a negoziare: nel 435, con gli accordi di Trigezio, i Vandali ottennero
dall'Impero la Mauritania e parte della Numidia, mentre le province pi prospere dell'Africa romana erano per il
momento salve.[87]
Nel frattempo il magister militum Ezio decise di impiegare gli Unni come mercenari per le sue campagne in Gallia,
cedendo per loro, in cambio del loro appoggio, parte della Pannonia; grazie al sostegno degli Unni, Ezio riusc a
vincere nel 436 i Burgundi, massacrati dall'esercito romano-unno di Ezio, ridotti all'obbedienza e insediati come
foederati intorno al lago di Ginevra; gli Unni risultarono poi decisivi anche nella repressione della rivolta dei
bagaudi in Armorica e nelle vittorie contro i Visigoti ad Arelate, e a Narbona,[88] grazie alle quali nel 439 i Visigoti
accettarono la pace alle stesse condizioni del 418. La scelta di Ezio di impiegare gli Unni trov per l'opposizione di
taluni, come il vescovo di Marsiglia Salviano, autore del De gubernatione dei ("Il governo di Dio"),[89] secondo cui
l'impiego dei pagani Unni contro i cristiani (seppur ariani) Visigoti non avrebbe fatto altro che provocare la perdita
della protezione di Dio, perch i Romani avevano avuto la presunzione di riporre la loro speranza negli Unni, essi
invece che in Dio. Si narra che nel 439 Litorio, arrivato ormai alle porte della capitale visigota Tolosa, che
intendeva conquistare annientando completamente i Visigoti, permettesse agli Unni di compiere sacrifici alle loro
divinit e di predire il futuro attraverso la scapulimanzia, suscitando lo sdegno e la condanna di scrittori cristiani
come Prospero Tirone e Salviano, che si lamentarono anche per i saccheggi degli Unni contro gli stessi cittadini che
erano tenuti a difendere. Litorio poi perse la battaglia decisiva contro i Visigoti e fu giustiziato. Secondo Salviano, la
sconfitta degli arroganti Romani, adoratori degli Unni, contro i pazienti goti, timorati di Dio, oltre a costituire una
giusta punizione per Litorio, confermava il passo del Nuovo Testamento, secondo cui chiunque si esalta sar
umiliato, e chiunque si umilia sar esaltato.[90] Ezio fu cos costretto a stringere un nuovo foedus con i Visigoti nel
439, che riconfermava quello precedente.

126

Tardo impero romano

127

Nel frattempo, nel 439, Genserico, approfittando delle poche truppe poste a difesa di Cartagine, invase le province di
Byzacena e Proconsolare, occupando Cartagine (439).[91][92] L'invio di una potente flotta nelle acque della Sicilia da
parte dell'Imperatore Teodosio II nel tentativo di recuperare Cartagine fu vanificato dall'invasione dei Balcani da
parte degli Unni di Attila, che costrinse Teodosio II a richiamare la flotta nei Balcani, non lasciando all'Impero
occidentale alcun altra scelta che negoziare una pace sfavorevole con Genserico. Il trattato di pace del 442 tra
l'Impero e i Vandali prevedeva l'assegnazione ai Vandali di Byzacena, Proconsolare e parte della Numidia, in cambio
della restituzione ai Romani delle Mauritanie e del resto della Numidia, province per danneggiate da anni di
occupazione vandala e che quindi non potevano pi fornire un grande gettito fiscale.[93] La perdita di province cos
prospere (e del loro gettito fiscale) fu un duro colpo per le finanze dell'Impero romano d'Occidente, che trovatosi per
questo motivo in serie difficolt economiche, fu costretto a ridurre gli effettivi dell'esercito essendo il bilancio
insufficiente per mantenerlo.[94] La perdita del Nordafrica acu infatti il problema fiscale. Le finanze dell'Impero si
basavano sulle rendite delle grandi propriet terriere, cui era fornita, in cambio, la protezione garantita dall'esercito.
La perdita del Nordafrica provoc conseguenze disastrose per le finanze dello stato, riducendo la base imponibile e
obbligando lo stato ad aumentare la pressione fiscale: il risultato era che la lealt delle province al governo centrale
era messa a dura prova.
La partenza dei Vandali per l'Africa aveva lasciato la Spagna libera dai Barbari, fatta eccezione per gli Svevi in
Galizia. La scarsa attenzione riservata dal governo centrale alla Spagna, dovuta alle altre diverse minacce esterne
sugli altri fronti (Gallia, Africa, Illirico), permise, tuttavia, agli Svevi, sotto la guida del loro re Rechila, di espandersi
su gran parte della penisola iberica: tra il 439 e il 441, essi occuparono Merida (capoluogo della Lusitania), Siviglia
(441) e le province della Betica e della Cartaginense. L'unica provincia ispanica ancora rimasta sotto il controllo di
Roma era la Tarraconense, che tuttavia era infestata dai separatisti Bagaudi. Furono vane le campagne successive di
riconquista condotte da Ezio: se le prime due, condotte dai comandanti Asturio (442) e Merobaude (443), avevano
come fine il recuperare perlomeno la Tarraconense ai Bagaudi, quella di Vito (446), pi ambiziosa, tent di
recuperare la Betica e la Cartaginense, finite in mano sveva, ma, nonostante il sostegno dei Visigoti, l'esercito
romano fu annientato dal nemico. Questo fallimento era attribuibile almeno in parte al fatto che Ezio non poteva
concentrare tutte le sue forze nella lotta contro gli Svevi vista la minaccia unna.[95] Il regno svevo declin poi a causa
dell'ascesa dei Visigoti in Spagna, che ridussero gli Svevi al possesso della sola Galizia.
La situazione per l'Impero negli anni anni
440 era dunque disperata: l'aiuto degli Unni
era venuto meno a causa dell'ascesa al trono
di Attila (e di suo fratello Bleda, fatto
assassinare da Attila nel 445), che invasero
almeno due volte l'Illirico Orientale tra il
442 e il 447, causando devastazioni immani,
costringendo
l'Imperatore
d'Oriente
Teodosio II a pagargli un tributo di ben
2100 libbre d'oro e ad evacuare la zona a
sud del Dabubio larga cinque giorni di
viaggio,[96] e impedendogli, tenendolo
occupato sulla frontiera danubiana, di

Massima espansione dell'impero unno, 451 circa

inviare contingenti in soccorso dell'Occidente ormai in declino.


Nel

451

Attila

invase

l'Impero

d'Occidente,

con

il

pretesto

che

Onoria,

sorella

di

Tardo impero romano

Carta storica che descrive l'invasione della Gallia da parte degli Unni nel 451 d.C.,
e la battaglia dei Campi Catalaunici. Sono mostrati i probabili itinerari, e le citt
conquistate o risparmiate dagli Unni.

128
Valentiniano, nella primavera del 450 aveva
inviato al re degli Unni una richiesta d'aiuto,
insieme al proprio anello, perch voleva
sottrarsi all'obbligo di fidanzamento con un
senatore: la sua non era una proposta di
matrimonio, ma Attila interpret il
messaggio in questo senso, ed accett
pretendendo in dote met dell'Impero
d'Occidente. Attila, di fronte al rifiuto di
Valentiniano III di accettare le esorbitanti
richieste del re unno, dichiar che sarebbe
venuto per esigere ci che era un suo diritto
(cio Onoria) e, forte di un esercito che si
narra contasse oltre 500.000 uomini, Attila
attravers
la
Gallia
settentrionale
provocando morte e distruzione, ma fu
sconfitto contro le armate dei Visigoti, dei
Franchi e dei Burgundi comandati dal

generale Ezio nella Battaglia dei Campi Catalaunici.


Attila torn in Italia nel 452 per reclamare nuovamente le sue nozze con Onoria. Attila cinse d'assedio per tre mesi
Aquileia, espugnandola, e conquist poi Milano e si stabil per qualche tempo nel palazzo reale: si narra che Attila,
colpito da un dipinto in cui erano raffigurati i Cesari seduti in trono e ai loro piedi i principi sciti, lo fece modificare:
i Cesari vennero raffigurati nell'atto di vuotare supplici borse d'oro davanti al trono dello stesso Attila. Attila si ferm
finalmente sul Po, dove incontr un'ambasciata formata dal prefetto Trigezio, il console Avienno e papa Leone I (la
leggenda vuole che proprio il papa abbia fermato Attila mostrandogli il crocifisso).
Dopo l'incontro Attila torn indietro con le sue truppe senza pretese n sulla mano di Onoria, n sulle terre in
precedenza reclamate. Sono state date diverse interpretazioni della sua azione. La fame e le malattie che
accompagnavano la sua invasione potrebbero aver ridotto la sua armata allo stremo, oppure le truppe che Marciano
mand oltre il Danubio potrebbero avergli dato ragione di retrocedere, o forse entrambe le cose sono concausali alla
sua ritirata. La "favola che stata rappresentata dalla matita di Raffaello e dallo scalpello di Algardi" (come l'ha
chiamata Edward Gibbon) di Prospero di Aquitania dice che il papa, aiutato da Pietro apostolo e Paolo di Tarso, lo
convinse a girare al largo dalla citt. Vari storici hanno supposto che l'ambasciata portasse un'ingente quantit d'oro
al leader unno e che lo abbia persuaso ad abbandonare la sua campagna[97], e questo sarebbe stato perfettamente in
accordo con la linea politica generalmente seguita da Attila, cio di chiedere un riscatto per evitare le incursioni unne
nei territori minacciati. Quali che fossero le sue ragioni, Attila lasci l'Italia e ritorn al suo palazzo attraverso il
Danubio. Comunque, mor nei primi mesi del 453; la tradizione, secondo Prisco, dice che la notte dopo un banchetto
che celebrava il suo ultimo matrimonio (con una gota di nome Krimhilda, poi abbreviato con Ildiko), egli ebbe una
copiosa epistassi e mor soffocato. Dopo il decesso di Attila l'Impero unno fin di essere una temibile minaccia e anzi
fin per disgregarsi.

Tardo impero romano

129

Nel settembre del 454 Ezio era all'apice


della sua potenza, tanto da pensare forse alla
successione imperiale per il figlio
Gaudenzio, tramite il matrimonio di questi
con la sorella dell'Imperatore. Il praefectus
praetorii Petronio Massimo ed il
primicerius sacri cubiculi Eraclio istigarono
quindi
l'imperatore
Valentiniano
paventandogli che Ezio si preparasse presto
a deporlo. In un eccesso d'ira, Valentiniano
III pugnal mortalmente Ezio durante
un'udienza. Pochi mesi pi tardi, la breve
Incontro tra Leone il Grande e Attila, Affresco, 1514, Stanza di Eliodoro, Palazzi
alleanza politica tra Valentiniano, Eraclio e
Pontifici, Vaticano. L'affresco fu completato durante il pontificato di Leone X
Petronio Massimo, quest'ultimo irritato di
(papa dal 1513 al 1521). Secondo la leggenda, la miracolosa apparizione dei Santi
Pietro e Paolo armati con spade durante l'incontro tra Papa Leone e Attila (452)
non aver preso il posto che era stato di Ezio,
avrebbe spinto il re degli Unni a ritirarsi, rinunciando al sacco di Roma.
si ruppe. Il 16 marzo 455, due legionari di
Ezio appartenenti alla guardia del corpo
dell'Imperatore, istigati da Petronio, vendicarono l'omicidio del loro comandante assassinando Valentiniano ed il suo
potente ministro Eraclio a Roma, mentre si recava in Campo Marzio: con la morte di Valentiniano si estingueva la
dinastia teodosiano-valentiniana in Occidente.
L'ultimo ventennio
Dopo la sconfitta di Attila e gli assassinii del
generale Ezio e dell'Imperatore Valentiniano
III, i Vandali ripresero l'offensiva
conquistando
tutta
l'Africa
romano-occidentale, la Sicilia, la Sardegna e
le Baleari, e saccheggiando Roma (455).

L'Impero romano d'Occidente sotto Maggioriano. Si noti come l'Illirico fosse solo
nominalmente sotto il dominio dell'imperatore, mentre il potere effettivo era tenuto
dal comes Marcellino; anche la Gallia e parte dell'Hispania erano di fatto, all'inizio
del regno di Maggioriano, fuori dal controllo dell'imperatore, in quanto occupate
dai Visigoti e dai Burgundi.

Alla morte di Petronio Massimo sal al


potere Avito, un gallo-romano di classe
senatoria nominato magister militum da
Petronio, acclamato imperatore ad Arelate
con il sostegno militare dei Visigoti e che,
entrato a Roma, riusc ad ottenere il
riconoscimento da parte dell'esercito
romano d'Italia grazie all'imponente esercito
visigoto.[98] Avito era intenzionato a
intraprendere un'azione contro gli Svevi, i
quali minacciavano la Tarraconense: invi
dunque in Spagna i Visigoti, i quali, per, se
riuscirono ad annientare gli Svevi,
saccheggiarono il territorio ispanico e se ne
impadronirono a scapito dei Romani. Inviso
alla classe dirigente romana e all'esercito

Tardo impero romano

130

d'Italia per la sua gallica estraneit, contro Avito si rivoltarono i generali dell'esercito italico Ricimero, nipote del re
visigoto Vallia, e Maggioriano, che, approfittando dell'assenza dei Visigoti, partiti per la Spagna per combattere gli
Svevi, lo sconfissero presso Piacenza nel 456 e lo deposero. Il vuoto di potere creatosi aliment le tensioni
separatiste nei vari regni barbarici che si stavano formando.
Venne nominato imperatore, quindi, Maggioriano che, appoggiato dal Senato, si impegn per quattro anni in
un'attenta e decisa azione di riforma politica, amministrativa e giuridica, cercando di eliminare gli abusi e impedire la
distruzione degli antichi monumenti per impiegarne i materiali per l'edificazione di nuovi edifici. Uno dei primi
compiti che il nuovo imperatore si trov ad affrontare fu quello di consolidare il dominio sull'Italia e riprendere il
controllo della Gallia, che gli si era ribellata dopo la morte dell'imperatore gallo-romano Avito; i tentativi di
riconquista della Hispania e dell'Africa erano progetti in l nel futuro. Per prima cosa assicur la sicurezza dell'Italia,
sconfiggendo nell'estate del 458 un gruppo di Vandali sbarcato in Campania.[99] Assoldato un forte contingente di
mercenari barbari,[100] nel tardo 458 Maggioriano port il suo esercito[101] in Gallia, sconfiggendo e costringendo i
Visigoti a ritornare nella condizione di foederati e di riconsegnare la diocesi di Spagna, che Teodorico aveva
conquistato tre anni prima a nome di Avito,[102] e penetr poi nella valle del Rodano, sconfiggendo[103] i Burgundi e
riprendendo Lione dopo un assedio, condannando la citt a pagare una forte indennit di guerra, mentre i Bagaudi
furono convinti a schierarsi con l'impero.alla citt di Lione. Maggioriano decise quindi di attaccare l'Africa
vandalica. Intanto Maggioriano stava conquistando la Spagna: mentre Nepoziano e Sunierico sconfiggevano i Suebi
a Lucus Augusti e conquistavano Scallabis in Lusitania, l'imperatore pass da Caesaraugusta (Saragozza),[104] e
aveva raggiunto la Cartaginense, quando la sua flotta, attraccata a Portus Illicitanus (vicino Elche), fu distrutta per
mano di traditori al soldo dei Vandali.[105] Maggioriano, privato di quella flotta che gli era necessaria per l'invasione,
annull l'attacco ai Vandali e si mise sulla via del ritorno: quando ricevette gli ambasciatori di Genserico, accett di
stipulare la pace, che probabilmente prevedeva il riconoscimento romano dell'occupazione de facto della Mauretania
da parte vandala. Al suo ritorno in Italia, venne assassinato per ordine di Ricimero nell'agosto 461. La morte di
Maggioriano signific la definitiva perdita a favore dei Vandali dell'Africa, Sicilia, Sardegna, Corsica e le Baleari.
Con la morte di Maggioriano
scomparve l'ultimo vero imperatore
dell'Occidente. Ricimero, imparentato
con le case reali burgunda e visigota,
divenne il vero arbitro di questa parte
dell'Impero, e per sei anni nomin e
depose augusti sulla base delle pi
impellenti necessit politiche del
momento e del proprio tornaconto
personale. Nel 461, Ricimero elesse
come Imperatore fantoccio Libio
Severo. Il magister militum per Gallias
Egidio e il comes di Dalmazia
Marcellino, per, essendo fedeli a
Maggioriano,
si
rifiutarono
di
riconoscere il nuovo imperatore, un
fantoccio di Ricimero. Per ottenere il
sostegno di Visigoti e Burgundi contro
Egidio e i suoi alleati Franchi, nel 462
Agrippino diede ai Visigoti l'accesso al
Mar Mediterraneo, assegnando loro la

Area controllata da Siagrio, figlio e successore di Egidio.

Tardo impero romano


citt di Narbona, e permettendo ai Burgundi di espandersi nella valle del Rodano. Mettendo Burgundi e Visigoti
contro Egidio, Ricimero e Severo speravano di ottenere il controllo sull'ancora potente esercito della Gallia, ma
Egidio continu a costituire una spina nel fianco di Ricimero, sconfiggendo si i Visigoti che i Burgundi. Egidio si
trov a governare uno stato romano autonomo nella regione attorno a Soissons: la sua indipendenza era accentuata
dal fatto che non riconosceva altra autorit che quella, lontana, dell'Impero romano d'Oriente. Nel 465 Egidio mor,
forse avvelenato: a succedergli fu prima il comes Paolo e poi il proprio figlio Siagrio. Il Dominio di Soissons,
l'ultimo baluardo romano nella Gallia settentrionale, cadde solo nel 486, allorch fu conquistato dai Franchi.
Ricimero si rese conto che l'elevazione a imperatore di Libio Severo era stata deleteria per l'Impero, perch non solo
aveva portato alle rivolte in Gallia e in Dalmazia dei generali fedeli a Maggioriano, con conseguente secessione di
quelle aree dal centro dell'Impero, ma aveva anche costretto a Ricimero a ulteriori concessioni territoriali ai gruppi
barbari l stanziati (Burgundi e Visigoti) per ottenerne l'appoggio contro i ribelli; inoltre, per risollevare le sorti
dell'Impero, Ricimero aveva bisogno del sostegno bellico dell'Impero romano d'Oriente, che per non riconosceva
come legittimo Libio. Ritenendo dunque ormai deleterio mantenere formalmente al potere Libio Severo, nel 465
Ricimero lo fece uccidere. Dopo due anni di interregno, venne nominato un augusto imposto da Bisanzio: Antemio.
La spedizione congiunta dei due imperi contro i Vandali per recuperare l'Africa tuttavia fu un disastro: nel 468 una
grande flotta congiunta allestita dai due imperi venne annientata dai Vandali, che consolidarono il loro dominio su
Sicilia, Sardegna e Baleari, mentre l'Impero d'Oriente, avendo svuotato le casse del tesoro per l'allestimento della
disastrosa spedizione, non pot pi aiutare la met occidentale.[106]
Della disfatta del 468 ne approfittarono i Visigoti del nuovo re Eurico, asceso al trono nel 466. Nel 469, desideroso
di formare un regno completamente indipendente da Roma, il nuovo re espanse i domini dei Visigoti in Gallia fino
alla Loira, conquistando infine l'Alvernia e la Provenza (476), oltre a conquistare tutta la Hispania, a parte una
piccola enclave sveva in Galizia. Le sconfitte subite, che portarono alla perdita definitiva della Gallia, compromisero
i rapporti fra Antemio e Ricimero che si concluse con una guerra civile che port al terzo sacco di Roma nel giro di
un secolo (472) e con l'uccisione di Antemio, seguita pochi mesi pi tardi dal decesso di Ricimero e del nuovo
imperatore fantoccio Olibrio.
Il candidato di Olibrio e del suo alleato burgundo Gundobado, il comes domesticorum Glicerio, non venne accettato
n da Leone I n dal suo successore, Zenone, che impose il magister militum di Dalmazia, Giulio Nepote. Questi si
rec a Roma per essere incoronato da un messo imperiale nel 474 mentre Glicerio, dopo aver rinunciato ad ogni suo
diritto al trono, concluse i suoi giorni come Vescovo nella citt di Salona. Osteggiato dal Senato, nel 475 Nepote
dovette subire la rivolta di Oreste, un patrizio romano di Pannonia che una ventina-trentina d'anni prima era stato
anche al servizio di Attila. Oreste riusc ad imporre come imperatore suo figlio Romolo Augusto, che regn per poco
pi di un anno.
Il generale romano mercenario Odoacre,
appartenente agli Eruli, passato alla storia
come
colui
che
mise
fine
alla
"commedia"[107]
dell'Impero
romano
d'Occidente, deponendo ed esiliando il
giovanissimo Romolo Augustolo. Si
racconta che i soldati germani arruolatisi
nell'esercito
romano
pretesero
dall'Imperatore 1/3 delle terre e di fronte al
Solido coniato da Odoacre, ma recante il nome di Zenone, cui Odoacre era
rifiuto si rivoltarono deponendo l'ultimo
ufficialmente sottomesso
Imperatore d'Occidente. Inoltre, rompendo
la consuetudine degli imperatori fantoccio asserragliati a Ravenna, sped le insegne imperiali a Costantinopoli: un
atto formale e di relativamente poco conto nella sostanza, che la storiografia moderna ha scelto come confine tra Evo
antico e Medioevo (476). Odoacre, che aveva anche ucciso Oreste, generale ex-segretario di Attila e padre di

131

Tardo impero romano

132

Romolo, accompagn il suo gesto con il messaggio per l'imperatore Zenone che un solo imperatore bastava per
l'Impero e richiedendo che il suo controllo sull'Italia fosse formalmente riconosciuto dall'Impero d'Oriente; anche
Giulio Nepote (costretto a fuggire pochi anni prima da Oreste) invi tuttavia un'ambasceria a Zenone chiedendogli
aiuto per riavere il trono. Zenone garant a Odoacre il titolo di patrizio e Nepote fu dichiarato formalmente
imperatore; tuttavia, Nepote non ritorn mai dalla Dalmazia, anche se Odoacre fece coniare monete col suo nome.
Dopo la morte di Nepote nel 480, Zenone rivendic la Dalmazia per l'Oriente; J. B. Bury considera questa la fine
reale dell'Impero d'Occidente. Odoacre attacc la Dalmazia, e la guerra fin con la conquista dell'Italia da parte di
Teodorico il Grande, Re degli Ostrogoti, sotto l'autorit di Zenone. Rimaneva per in mani "romane" ancora la parte
settentrionale della Gallia, che nel 461 si era resa indipendente dal governo centrale ed era governata da Siagro;
quest'ultimo territorio ancora in mano romano-occidentale, detto comunemente Dominio di Soissons, cadde solo nel
486 per mano dei Franchi.
La fine dell'impero occidentale rappresent la fine dell'unit romana del bacino mediterraneo (il cosiddetto mare
nostrum) e priv la romanit superstite dell'antica patria. La perdita di Roma costitu un evento di capitale
importanza che segn il tramonto definitivo di un mondo. La parte orientale, per la quale , d'altra parte, incerto il
momento in cui sia corretto parlare di Impero Bizantino, continu ad esistere sino alla caduta di Costantinopoli
(1453) e degli ultimi baluardi di Mistr (1460) e Trebisonda (1461): essa continu ad autodefinirsi e a sentirsi
Impero romano.

Conseguenze
Per approfondire, vedi Medioevo.

In Occidente: i regni romano-barbarici

L'Europa verso il 526

Per approfondire, vedi Regni romano-barbarici.

Le monarchie "romano-barbariche" presentavano un duplice carattere legato sia alla tradizione germanica dei
conquistatori (leggi non scritte, importanza della pastorizia, credo religioso ariano e usanze guerriere) sia alla
tradizione latina delle genti romanizzate, con i vescovi speso provenienti da antiche famiglie aristocratiche romane.

Tardo impero romano

133

La pars occidentis si andava riorganizzando secondo i nuovi profili istituzionali delle cosiddette "monarchie
romano-barbariche", riconosciute formalmente dall'unico imperatore rimasto, quello d'Oriente. Le vecchie
municipalit per rimasero operative a lungo, anche se l'economia e la societ furono gravemente colpite e non si
ripresero per molti secoli. Si spopolarono gradualmente le citt (per l'insicurezza, la carenza di approvvigionamenti e
l'inflazione galoppante) e l'economia si ruralizz. Esauriti ormai gli schiavi per i latifondi, si diffusero i coloni
(uomini e donne formalmente liberi, ma legati alle terre che lavoravano ed ai latifondisti, ai quali prestavano opere
gratuite, obbligatorie e unilateralmente decise dai padroni), che vi si rifugiavano in cambio della protezione dei
vigilantes, piccoli corpi militari privati.
Nel latifondo, spartito tra le famiglie dei coloni, si erano ormai spezzate le vecchie monocolture in favore di prodotti
diversificati ed una maggiore presenza di pascoli per l'allevamento (attivit tipica dei coloni di origine germanica).
Non era quasi mai possibile arrivare all'autosufficienza e persistevano i mercati, almeno per le merci pregiate ed i
prodotti dell'artigianato.
Il decadere dei commerci con l'oriente rese raro il papiro, che venne sostituito nella preparazione dei libri nei
monasteri con la pi pregiata (e costosa) pergamena, ricavata dalla pelle degli animali opportunamente conciata, una
risorsa ormai pi facilmente disponibile per la maggiore diffusione dell'allevamento.

In Oriente: l'Impero"romano" bizantino (395-1453)


Per approfondire, vedi Impero bizantino.

Mentre l'Impero d'Occidente declin durante il V secolo, il pi ricco Impero d'Oriente continu ad esistere per oltre
un millennio, con capitale Costantinopoli. In quanto incentrato sulla citt di Costantinopoli, gli storici moderni lo
chiamano Impero bizantino, anche per distinguerlo dall'Impero romano classico, incentrato sulla citt di Roma.
Tuttavia gli Imperatori bizantini e i loro sudditi non si definirono mai tali ma continuarono a fregiarsi del nome
Romani[108] fino alla caduta dell'Impero, quando ormai non avevano pi nulla di romano, se non il nome e le
aspirazioni irrealizzabili di grandezza. Al tempo dell'esistenza dell'Impero bizantino, molte popolazioni continuarono
a chiamarlo romano (ad esempio i Persiani, gli Arabi e i Turchi) mentre le popolazioni dell'occidente latino (ma
anche gli Slavi), soprattutto dopo l'800 (incoronazione di Carlo Magno), lo definivano Impero greco, per la sua
ellenicit. Il termine bizantino molto pi recente, e fu coniato da Du Cange (1610-1688), quasi due secoli dopo la
caduta dell'Impero (1453); il termine venne poi reso popolare dagli storici illuministi, che disprezzavano
l'Impero.[109] Il motivo per cui Du Cange e gli illuministi decisero di dare ai Romani d'Oriente il nome di Bizantini,
secondo Clifton R. Cox, sarebbe questo:[110]
Ducange scrisse sotto l'influenza della cultura rinascimentale. Gli storici che lavoravano nell'alveo rinascimentale
pensavano alla storia ordinandola in tre fasi:

la fase classica dell'antichit greca e romana, periodo di gloria terminato con la caduta di Roma;
la fase medievale, periodo d'oscurit e di declino;
la fase moderna, periodo di riabilitazione nel quale rifioriscono le antiche virt.
Inseriti in questo schema ideologico di pensiero, Ducange e i suoi contemporanei non potevano accettare che i bizantini
fossero greci o romani, visto che, sotteso ai termini greci e romani, c'era il glorioso periodo classico terminato con la
caduta di Roma. In aggiunta a ci si sovrappose il pregiudizio religioso: la cattolica Francia guardava alle Chiese
Ortodosse d'Oriente come a quelle maggiormente scismatiche ed eretiche".

Nel periodo proto-bizantino (da Costantino fino a Eraclio, 330-641) l'Impero mantenne un carattere multietnico e
molte delle istituzioni del Tardo Impero (al punto che alcuni storici anglofoni prolungano la durata del Tardo Impero
romano fino al 602/610/641)[111] e continuava a estendersi su buona parte del Mediterraneo, soprattutto dopo le
conquiste effimere di Giustiniano I (Italia, Dalmazia, Spagna meridionale e Nordafrica). Nonostante ci, le influenze

Tardo impero romano


orientali lo portarono gradualmente a evolversi, divenendo sempre pi un Impero greco: gi al tempo di Giustiniano,
pur essendo ancora il latino lingua ufficiale, la popolazione delle province orientali ignorava il latino, al punto che
l'Imperatore dovette scrivere molte delle sue leggi in greco, per renderle comprensibili alla popolazione; lo stesso
Giustiniano abol il consolato (541)[112] e, pur mantenendo in massima parte il sistema provinciale elaborato da
Diocleziano e Costantino (con l'Impero suddiviso in prefetture, diocesi e province), abol le diocesi nella prefettura
d'Oriente e unific autorit civile e militare nelle mani del dux in alcune province che lo richiedevano
particolarmente per la loro situazione interna; n va dimenticato che gi sotto Giustiniano l'Imperatore aveva assunto
un carattere teocratico (era ritenuto il vicario di Cristo sulla Terra), ingerendo pesantemente proprio per questo
motivo nelle questioni religiose (cesaropapismo).[113] Un altro passo in avanti nel processo di rinnovamento
dell'Impero fu attuato dall'Imperatore Maurizio (582-602) nel tentativo di proteggere le province occidentali sotto la
minaccia dei Longobardi e dei Visigoti: egli infatti riorganizz le prefetture d'Italia e Africa in altrettanti esarcati
(retti da esarchi, con autorit sia civile e militare), abolendo nelle province occidentali la netta separazione tra
autorit civile e militare stabilita da Diocleziano.
Occidente ed Oriente uniti e divisi (395-476)
Alcuni studiosi hanno accusato l'Impero romano d'Oriente di non aver aiutato a sufficienza l'Impero d'Occidente
contro gli invasori barbari:[114] anzi accusano i diplomatici bizantini, dall'epoca di Arcadio in poi, di aver
incoraggiato le popolazioni barbariche a spostarsi a occidente, liberando cos i confini orientali dalla loro minaccia,
in cambio della promessa di una legittimazione al governo di ampie zone occidentali. Altri studiosi, invece,
ritengono tali accuse prive di fondamento: certamente nel periodo 395-408 i rapporti tra Impero d'Oriente e Impero
d'Occidente erano conflittuali a causa dell'ambizione di Stilicone di impadronirsi anche dell'Oriente, ma non ci sono
prove che il governo romano-orientale abbia avuto un ruolo attivo nello spingere Alarico ad invadere l'Italia, anche
se certamente non si opposero alla sua partenza. Certo invece (come attesta Zosimo) che Stilicone strinse
un'alleanza con Alarico contro l'Impero d'Oriente nel 406: Stilicone intendeva invadere con il supporto dei Visigoti
l'Illirico orientale in modo da costringere Arcadio a cedere all'Impero d'Occidente la zona contesa in questione, ma il
piano fall a causa dell'invasione della Gallia (e poi della Spagna) da parte di Vandali, Alani e Svevi e
dell'usurpazione in Gallia e Britannia di Costantino III, che imped a Stilicone di raggiungere Alarico in Epiro.
Con la caduta in disgrazia e uccisione di Stilicone (408), i rapporti tra Occidente e Oriente tornarono pi sereni,
anche per la solidariet dinastica, e non furono infrequenti gli aiuti militari: nel 409 Teodosio II, figlio di Arcadio,
invi 4.000 soldati a Ravenna per difendere suo zio Onorio da Alarico e dal suo Imperatore fantoccio Prisco Attalo,
contribuendo a salvargli il trono; nel 425 lo stesso Teodosio II invi una spedizione in Italia per deporre l'usurpatore
Giovanni Primicerio e porre sul trono d'Occidente l'Imperatore legittimo Valentiniano III, cugino dell'Imperatore
d'Oriente; e tra il 431 e il 441 l'Imperatore d'Oriente invi consistenti contingenti in Africa per aiutare l'Impero
d'Occidente a difenderla dai Vandali.[115] Considerato che, nonostante la relativa pace con la Persia nel V secolo, il
limes orientale non poteva essere sguarnito troppo di truppe, e che il limes danubiano era minacciato dagli Unni (i
quali invasero l'Impero d'Oriente nel 421, 434, 441-442 e 447), i rinforzi che l'Impero d'Oriente invi a quello
d'Occidente erano tutt'altro che inconsistenti.[116]
Nel 441, a conferma di quanto l'Impero d'Oriente non fosse indifferente al declino dell'Impero d'Occidente, il limes
danubiano fu addirittura sguarnito di truppe, le quali furono imbarcate in una flotta comprendente 1100 navi, con
l'intenzione di attaccare i Vandali per riconquistare Cartagine. Di tale sguarnimento del limes danubiano, tuttavia,
decisero di approfittarne gli Unni di Attila: trovato un pretesto per rompere la pace, gli Unni invasero l'Illirico
orientale, devastando interi territori approfittando della partenza delle truppe per combattere i Vandali in Africa e
costringendo Teodosio II a richiamare la flotta e ad annullare la spedizione di riconquista dell'Africa. Negli anni
successivi (441-450) Teodosio II, impegnato ad aver a che fare con Attila e con gli Unni, ai quali fu costretto a
pagare un tributo annuale di 2100 libbre d'oro e ad evacuare la zona a sud del Danubio larga cinque giorni di marcia,
non pot aiutare ulteriormente l'Impero d'Occidente perch lo stesso Impero d'Oriente era in grosso pericolo.

134

Tardo impero romano


A conferma dell'unit "teorica" dell'Impero, la monetazione di quel periodo mostra i due Imperatori d'Occidente e
d'Oriente seduti sullo stesso trono ed entrambi sorreggenti il globo crucigero rappresentante l'ideale romano di
dominare l'intero mondo, con l'iscrizione SALVS REI PUBLICAE.[117] Tuttavia, leggi promulgate in Oriente erano
ritenute valide per l'Occidente solo se ratificate dall'imperatore occidentale, e viceversa, creando una divergenza
legislativa tra Occidente ed Oriente.[118]
Sotto l'Imperatore Marciano (450-457) l'Oriente non rinunci al sostegno dell'Occidente contro gli invasori: la
cronaca di Idazio narra che contingenti romano-orientali furono inviati in sostegno dell'Impero d'Occidente contro gli
Unni quando Attila invase l'Italia (452), contribuendo al suo ritiro.[119] Il suo successore Leone I (457-474) allest
addirittura nel 468 un'immensa spedizione di 1100 navi per aiutare l'Impero d'Occidente a recuperare l'Africa,
spendendo l'equivalente di pi di un anno di entrate.[120] Il fallimento della spedizione, dovuta forse al tradimento
del generale Basilisco (accusato da Procopio di essersi accordato con Genserico), imped all'Impero d'Oriente di
aiutare ulteriormente l'Impero d'Occidente essendo le casse dello stato vuote a causa del dispendio economico per
allestire la fallimentare spedizione.[121]
I Germani erano ancora importanti sotto il profilo militare come mercenari (l'alano Aspar era molto influente a
corte), ma dall'epoca di Leone I (457-474) si riusc ad affrancarsi da essi tramite l'arruolamento in larga scala di
Isauri, una popolazione guerriera dell'Anatolia.[120] Lo stesso imperatore Zenone (474-491) era isaurico. Egli fece
eliminare i propri rivali, Aspar e suo figlio Ardaburio nel 471, generando tuttavia in tal modo la rivolta dei foederati
goti stanziati in Tracia, che appoggiavano Aspar. Solo nel 473 si riusc a porre termine alla rivolta con il pagamento
di un tributo annuale di 2000 libre d'oro e la nomina del capo dei Goti di Tracia Teodorico Strabone a magister
militum e "solo sovrano dei Goti". Successivamente, per, i Goti di Tracia si unirono con i Goti Amali di Pannonia,
condotti da Teodorico il Grande, portando alla formazione della coalizione degli Ostrogoti. Gli Ostrogoti furono un
grave problema per l'Impero d'Oriente, finch non si riusc a dirottarli verso l'Italia, ormai controllata da Odoacre
(489).
Tra la caduta dell'Impero d'Occidente e Giustiniano (476-527)
La risposta di Costantinopoli dopo il 476 ai
nuovi regni barbarici fu duplice: da un lato
gli imperatori volevano mantenere i diritti
teorici su tutto l'impero, quali legittimi
successori dei Cesari; dall'altro lato essi
erano ormai disinteressati al vasto territorio
occidentale ormai impoverito e decentrato,
che non valeva l'enorme dispendio di mezzi
che
sarebbe
stato
necessario
per
riconquistarlo.
L'economia
redditizia
dopotutto si svolgeva ormai quasi
esclusivamente nelle ricche citt della parte
I regni romano-barbarici poco dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente.
asiatica e nel Mediterraneo orientale. Per
questo gli imperatori accettarono ogni capo
barbaro che si arrogasse il governo di qualche territorio, purch riconoscessero la superiorit morale di
Costantinopoli. Talvolta, quando un regno sembrava acquisire troppa forza e importanza, Bisanzio cercava di
mettere i capi barbarici l'uno contro l'altro, favorendo colpi di Stato e congiure.
Alcuni problemi derivarono dal fatto che la fede della popolazione delle province orientali fosse monofisita, cosa che
l'imperatore cerc di mitigare adottando una dottrina di compromesso (editto di Henotikn), che venne per
condannata sia dalla frangia pi estrema del monofisismo sia dal Papa. Oltre alle questioni religiose, molto sentite, i
problemi che preoccupavano l'Impero d'Oriente erano la difesa dei confini nord-occidentali dalle popolazioni

135

Tardo impero romano

136

germaniche, slave e uralo-altaiche, la ridefinizione giuridica, fiscale e territoriale del territorio, i rapporti con
l'Occidente e con il papa romano, e la contesa con l'Impero persiano della zona compresa tra l'Eufrate e la Siria.
Il tentativo di riconquista dell'Occidente: Giustiniano e la guerra gotica
Per approfondire, vedi Guerra gotica (535-553).

Fu con l'imperatore Giustiniano I (al potere


dal 527), che l'Impero romano d'Oriente
avvi una campagna di riconquista dei
territori occidentali con l'obiettivo di
spostare di nuovo il baricentro politico verso
il Mediterraneo e verso occidente,
restaurando l'antica unit territoriale
imperiale. Innanzitutto l'Imperatore si
assicur la pace sulla frontiera orientale
stipulando una pace "perpetua" (dopo un
conflitto con scarsi risultati tra il 526 e il
532). Un esercito di modeste dimensioni, ma
dotato di una notevole flotta, pot allora
partire alla volta dell'occidente, sbaragliando
Giustiniano, mosaico nella chiesa di San Vitale a Ravenna
velocemente in Africa il regno dei Vandali
(533-534). Capitan l'impresa il generale Belisario, gi vittorioso durante la rivolta della Nika, che aveva
insanguinato Costantinopoli nel 532 e quasi indotto alla fuga lo stesso imperatore, se non fosse stato per i consigli di
sua moglie, l'Imperatrice Teodora[122].
La riconquista di Giustiniano si volse quindi all'Italia, dove il potere degli Ostrogoti era in crisi dopo la morte di
Teodorico (526). Sua figlia Amalasunta teneva la reggenza per suo figlio Atalarico, ma, con la morte del piccolo
(534), essa aveva cercato di associarsi la cugino Teodato per restare sul trono. Quest'ultimo, per, l'aveva prima
isolata sull'Isola Bisentina (lago di Bolsena), quindi l'aveva fatta uccidere. Il pretesto per l'attacco agli Ostrogoti fu
dato proprio dal comportamento di Teodato (oltre ai non chiari patti di foederatio tra impero e Goti). La cosiddetta
guerra gotica inizi nel 536 con la rapida conquista di Napoli e la morte di Teodato, gi destituito, mentre fuggiva a
Roma. Gli succedette Vitige, che fu fatto ostaggio da Belisario quando conquist l'imprendibile Ravenna tramite
un'astuzia. Belisario era in disaccordo con Giustiniano sul cosa fare con i territori riconquistati: Giustiniano voleva
lasciare che gli Ostrogoti governassero uno Stato tributario a Nord del Po, mentre Belisario preferiva fare dell'Italia
un territorio imperiale romano. Scontento di Belisario, Giustiniano lo invi ad oriente, a difendere l'impero dai
rinnovati attacchi dei Persiani.
Nel 541, il nuovo re degli Ostrogoti, Totila (soprannome che significava l'"Immortale"), sconfisse ripetutamente i
Bizantini in Romagna, Toscana e Campania, riconquistando Napoli e Roma (546), prima di costituire una flotta con
la quale organizz numerose scorrerie nelle grandi isole del Mediterraneo. Totila tent anche la mossa strategica di
abolire la schiavit, liberando i servi dei latifondi, ma non ne ebbe l'appoggio che sperava.
Dopo essere caduto in disgrazia nel 543 con l'accusa di tradimento (per poi essere perdonato grazie all'amicizia di
sua moglie Antonina con l'Imperatrice Teodora), Belisario fece ritorno in Italia (544), ma con truppe insufficienti
non riusc a contrastare efficacemente Totila, anche se riusc a strappare ai Goti il possesso di Roma (547). Conscio
che senza truppe sufficienti non sarebbe mai riuscito a vincere la guerra, Belisario tramite Antonina chiese e ottenne
il richiamo in Oriente (548). Dopo il richiamo di Belisario Giustiniano trascur la guerra in Italia perch impegnato
nelle questioni teologiche, e Totila ne approfitt riconquistando Roma e invadendo la Sicilia, la Sardegna e la
Corsica. Nel 551 Giustiniano si decise ad inviare il generale eunuco Narsete in Italia. Narsete riusc a sconfiggere

Tardo impero romano


definitivamente Totila a Taginae (l'odierna Gualdo Tadino), come pure il suo successore Teia (553), conquistando
tutta l'Italia; respinse inoltre le scorrerie dei Franco-Alamanni nell'Italia del Nord. Nel 554 Giustiniano estese a tutta
l'Italia la Prammatica Sanzione, con una prefettura con capitale a Ravenna, divisa in varie province. Fu ristabilita la
schiavit e fu iniziato un programma artistico ed architettonico a Ravenna. Nel 554, le forze bizantine conquistarono
parte della Spagna meridionale ai Visigoti.
La guerra gotica aveva tuttavia devastato
l'Italia. Dopo la guerra Roma era
parzialmente in rovina con solo un
acquedotto ancora in funzione e il senato
romano in irreversibile declino. Giustiniano
nella Prammatica Sanzione promise fondi
per la ricostruzione e per la promozione
della cultura, e fonti contemporanee, forse
propagandistiche, riferiscono che per opera
di Narsete furono ricostruite, in tutto o in
parte, diverse citt tra cui Milano; l'unica
L'Impero romano d'Oriente alla morte di Giustiniano (565). In blu l'Impero nel
opera pubblica riparata a Roma risulta
527, in viola le conquiste di Giustiniano in Occidente, in altri colori gli stati
essere, invece, un ponte ricostruito nel 565.
confinanti.
Anche se Narsete si impegn a ricostruire,
in tutto o in parte, diverse citt, concentr le sue attenzioni soprattutto nella costruzione di difese. Nonostante
Giustiniano avesse tentato con la Prammatica Sanzione di combattere gli abusi degli esattori imperiali in Italia, essi
continuarono ad essere commessi. Il sistema tardo-romano di riscossione delle tasse, che i Bizantini ereditarono
dall'Impero romano, era infatti oppressivo e la corruzione degli esattori che estorcevano dalla popolazione pi del
dovuto per tenersi l'eccedenza per s senza darlo allo stato non fece che peggiorare la situazione.
Inoltre un momento altamente drammatico fu anche la cosiddetta peste di Giustiniano (542-546), che spopol
Costantinopoli e tutto l'impero, mentre pochi anni pi tardi (559) la capitale veniva salvata a stento da un'orda di
invasori unni e slavi.
Lo squilibrio creato a oriente dalle campagne in Europa occidentale fu subito colto dai Persiani, che tra il 540 e il
562 invasero l'Armenia e la Siria, occupando momentaneamente anche la metropoli di Antiochia. Nel 562
Giustiniano riusc a ottenere la pace con la Persia al prezzo di un caro tributo.
Decadenza e fine del periodo proto-bizantino (565-641)
Nel 568-569 i Longobardi invadevano l'Italia stremata dalla guerra, molto probabilmente perch pressati
dall'espansionismo avaro, anche se secondo la tradizione tramandata da Paolo Diacono (ma considerata inattendibile
dalla storiografia odierna) sarebbero stati spinti a invaderla dallo stesso Narsete per vendetta contro Giustino II, che
lo aveva richiamato a Costantinopoli.[123]
Ben presto l'Impero perse, dunque, il controllo dell'Italia a vantaggio dei Longobardi, conservando solo alcune zone
costiere e, all'interno, un modesto corridoio umbro che collegava Roma con Ravenna.[124] Nel frattempo la Spagna
bizantina subiva la controffensiva dei Visigoti condotti da re Leovigildo, che riconquist varie citt, mentre la
Prefettura del pretorio d'Africa era minacciata dalle incursioni del re locale Garmul, sconfitto dal generale (e poi
esarca d'Africa) Gennadio solo nel 578. Il nuovo Imperatore Giustino II, invece di inviare rinforzi in Occidente per
salvaguardare i territori riconquistati da Giustiniano, decise incautamente di violare la tregua con la Persia, ritenendo
umiliante continuare a pagare il tributo ai Persiani che Giustiniano aveva accettato di versare per comprare la
pace.[125] La nuova guerra contro la Persia, iniziata nel 572 e terminata solo vent'anni dopo (591), port inizialmente
alla perdita di Dara e impegn per parecchio tempo la maggior parte delle truppe dell'Impero d'Oriente,
distogliendole dalla difesa dei Balcani e dei territori occidentali riconquistati da Giustiniano. Quando, dunque,

137

Tardo impero romano


intorno al 580, i Balcani furono invasi da Slavi e Avari, l'Impero non pot opporre forze sufficienti per respingerli,
con il risultato che grosse porzioni dei Balcani furono occupate da Slavi (mentre gli Avari erano intenzionati a
compiere incursioni non per stabilirsi entro i confini dell'Impero, ma per lo pi a fini di saccheggio e per costringere
l'Impero ad aumentare il tributo).
L'Imperatore Maurizio (582-602) eredit
dunque una situazione disperata, con
l'Impero invaso da tutti i fronti. In Occidente
tent di porvi rimedio costituendo gli
Esarcati, nel tentativo di rendere i territori
occidentali in grado di autodifendersi senza
ricevere aiuti da Oriente, e cercando
l'alleanza dei Franchi contro i Longobardi.
Sempre Maurizio, nel 597, stabil che alla
sua morte si sarebbe ricostituito l'Impero
d'Occidente, governato dal figlio minore
L'Impero romano d'Oriente nell'anno 600.
Tiberio, mentre l'Impero d'Oriente sarebbe
andato al primogenito Teodosio; secondo
Ostrogorsky, questa sarebbe la prova che non si era rinunciato all'idea dell'Impero romano universale, n a quella
dell'unico Impero romano governato collegialmente, con amministrazione distinta delle sue due parti. Tuttavia la
morte violenta di Maurizio, ucciso dall'usurpatore Foca (602-610), mand a monte i suoi piani. In Oriente, invece,
Maurizio cerc di risolvere un problema per volta: cio prima vincere la guerra contro la Persia e, solo dopo aver
risolto il problema persiano, riconquistare i Balcani agli Slavi e Avari. Vinta nel 591 la guerra contro la Persia,
approfittando di una guerra civile scoppiata nell'Impero sasanide, e ottenuta parte dell'Armenia, Maurizio pot quindi
volgere una gran parte del suo esercito contro Slavi e Avari, nel tentativo di scacciarli dai Balcani e respingerli oltre
Danubio. Le sue campagne, durate fino al 602, furono nel complesso vittoriose e portarono al ripristino del limes
danubiano, ma la sua politica volta al risparmio gener nel 602 un ammutinamento nell'esercito che gli cost il
trono.[126]
Sotto Foca e Eraclio, la situazione in Oriente e nei Balcani degener nei primi vent'anni del VII secolo: i Persiani,
rotta la pace con il pretesto di vendicare l'assassinio di Maurizio, dilagarono in Oriente, conquistando Siria, Palestina
e Egitto e devastando l'Asia Minore; gli Avari e gli Slavi ripresero l'offensiva, strappando di nuovo all'Impero
l'Illirico.[127] Nel 626 Costantinopoli stessa si trov assediata da Persiani e Avari, ma la citt resistette e l'Impero
riusc a sopravvivere. Nel frattempo, in Occidente, i Visigoti riuscirono nel 624 ca. a cacciare i Bizantini dalla
Spagna, mentre, in Italia, Bisanzio e i Longobardi erano in pace fin dal 603, grazie alla politica conciliante
dell'esarca Smaragdo. Tuttavia, ben presto scoppiarono delle rivolte - probabilmente dell'esercito scontento per i
ritardi nella paga - a Ravenna e a Napoli, che risultarono nell'assassinio dell'esarca Giovanni e dell'usurpazione del
potere nella citt partenopea di un certo Giovanni Consino (615). Il nuovo esarca Eleuterio riusc a sedare le rivolte
in questione, ma, resosi conto delle difficolta dell'Impero in Oriente e intendendo restaurare l'Impero d'Occidente, nel
619 usurp il potere, facendosi proclamare dall'esercito Imperatore d'Occidente assumendo il nome di Ismailius. Il
nuovo Imperatore d'Occidente - Eleuterio/Ismailius - marci quindi alla volta di Roma - con l'intenzione di farsi
incoronare dal Papa o dal Senato - ma nel corso del tragitto venne ucciso nei pressi del Castrum Luceolis (in
Umbria) dagli stessi soldati bizantini rimasti leali ad Eraclio, ponendo fine all'usurpazione e all'effimera "rinascita"
dell'Impero d'Occidente. Il suo successore Isacio continu a rinnovare la tregua con i Longobardi, ma non pot
impedire loro - sotto il regno di Rotari - di conquistare la Liguria e, in Veneto, Oderzo e Altino.

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Tardo impero romano

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L'Impero bizantino nel 650 ca., dopo le conquiste islamiche.

Eraclio riusc invero a recuperare il terreno


perduto con una serie di campagne orientali
durate dal 622 al 628, vincendo
inaspettatamente la guerra contro la Persia e
recuperando i territori orientali (628), ma la
riconquista di Siria, Palestina e Egitto fu
effimera, perch gi sei anni dopo la fine
della guerra contro la Persia, quegli stessi
territori furono invasi dagli Arabi da poco
convertiti all'Islam, che tra il 634 e il 641
occuparono gli stessi territori che Eraclio

aveva recuperato ai Persiani.[128]


Nel 641, dunque, l'Impero, ridotto all'Asia Minore e Tracia con enclavi in Italia, Africa e Balcani, si era ridotto ai
minimi termini. La fase tardo-romana dell'Impero bizantino si fa terminare convenzionalmente tra il 610 e il 641
quando l'Imperatore Eraclio dichiara il greco lingua ufficiale dello stato al posto del latino (ormai parlato solo nelle
province occidentali), ellenizza varie cariche politiche traducendo le loro denominazioni dal latino in greco (es.
Augustus diventa Basileus), con la riforma dei temi riforma sia l'esercito che l'amministrazione provinciale (che
prima di lui aveva mantenuto la suddivisione tra prefetture, diocesi e province, stabilita da Diocleziano e
Costantino). Il nuovo stato rinnovato, liberato dalla decadente eredit tardo-romana, quello che gli storici
definiscono l'Impero bizantino propriamente detto.
Per approfondire, vedi Impero bizantino.

Note
[1] I successori di Augusto, se si eccettua qualche parentesi trasgressiva, avevano rispettato ruoli e regole, soprattutto quella che la nomina
dell'imperatore fosse comunque sottoposta all'approvazione del Senato (Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi,
2004, p. 86)
[2] Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004, p. 53
[4] Solo pochi potevano avvicinarlo e parlargli e solo attraverso un rituale che prescriveva atti come la prosternazione (prosknesis) ed il bacio
del lembo del lembo del mantello.
[5] Nel tardo impero autori come Jones hanno calcolato che con l'Imperatore si spostassero qualcosa come 12.000 persone, compresi i funzionari,
i dignitari, perfino la zecca, a dimostrazione dell'importanza assunta dalla corte imperiale. Un istituto particolare era quello del "comitatus".
Da "comites" (coloro che accompagnano l'Imperatore) deriva (con altro significato pratico) il titolo di "conte".
[6] -[7] Grant, p.265; Chris Scarre, Chronicle of the roman emperors, New York 1999, pp.197-198.
[8] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, IX, 27.
[9] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 1.
[10] Zosimo, Storia nuova, II, 8, 1.
[11] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 2.
[12] Zosimo, Storia nuova, II, 9, 1.
[13] Zosimo, Storia nuova, II, 9, 3.
[14] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 1.
[15] Orosio, Storie contro i pagani, VII, 28, 8.
[16] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 2.
[17] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XL, 7.
[18] Zosimo, Storia nuova, II, 11, 1.
[19] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 4.
[20] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXXII, 4.
[21] Zosimo, Storia nuova, II, 14, 4.
[22] Zosimo, Storia nuova, II, 15, 1.

Tardo impero romano


[23] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XLIV; Zosimo, Storia nuova, II, 16; Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus, XL, 23; Panegyrici
latini, IX, 16 ss. (di Eumenio) e X, 28 ss. (di Nazario).
[24] Zosimo, Storia nuova, II, 16, 1-4.
[25] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 4244.
[26] Zosimo, Storia nuova, II, 17.2.
[27] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XLIII, 2; XLV, 1.
[28] Annales Valesiani, V, 13.28
[29] Eutropio, X, 5.
[30] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XLI, 2; Aurelio Vittore, Epitome, 41.4.
[31] Socrate I, 2, 25.
[32] Orosio, Storie contro i pagani, VII, 28, 19.
[33] Lattanzio, De mortibus persecutorum, 46 e 47; Zosimo, Storia nuova, II, 17.3; Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, IX, 10.2-4.
[34] Zosimo, Storia nuova, II, 17, 3.
[35] Zosimo, Storia nuova, II, 18, 1.
[36] Zosimo, Storia nuova, II, 19, 1-3.
[37] Zosimo, Storia nuova, II, 20, 1.
[38] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 211.
[39] Zosimo, Storia nuova, II, 20, 2.
[40] .
[41] Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus, 41.4; De Caesaribus, 41.5. Annales Valesiani, 19.
[42] Annales Valesiani, V, 21 (http:/ / penelope. uchicago. edu/ Thayer/ E/ Roman/ Texts/ Excerpta_Valesiana/ 1*. html).
[43] Zosimo, Storia nuova, II, 22, 3.
[44] E.Horst, Costantino il Grande, Milano 1987, pp. 242-244.
[45] Zosimo, Storia nuova, II, 22, 3-7.
[46] Zosimo, Storia nuova, II, 23-24.
[47] Zosimo, Storia nuova, II, 26; .
[48] Zosimo, Storia nuova, II, 28.
[49] Zonara, L'epitome delle storie, XIII, 1; Anonimo valesiano, 5.29; Socrate Scolastico, Storia ecclesiastica, I, 4.4.
[50] Anonimo valesiano, V, 28-29.
[51] Zosimo, Storia nuova, II, 29, 1.
[52] Eutropio, X, 6, 1.
[53] Aurelio Vittore, Cesari, 41, 8-9; Aurelio Vittore, Epitome, 41, 7-8.
[54] Socrate I 4.
[55] Sozomeno, I 7, 5.
[56] Giordane, Getica III.
[57] Consolaria costantinopolitana, s.a. 325.
[58] ; .
[59] Barnes, Timothy D., The New Empire of Diocletian and Constantine, Harvard University Press, CambridgeLondra, 1982, p. 87.
[60] Anonimo Valesiano, XXXV.
[61] Aurelio Vittore, Liber de Caesaribus, XLI, 15: obsistentibus valide militaribus.
[62] John Bagnell Bury et al., The Cambridge Ancient History, Volume XIII di The Late Empire 337-425, in Cambridge University Press, 1925,
p. 12 (ISBN 0-521-30200-5).
[63] In particolare furono uccisi i fratellastri di Costantino I, Giulio Costanzo, Nepoziano e Dalmazio, alcuni loro figli, come Dalmazio Cesare e
Annibaliano, e alcuni funzionari, come Optato e Ablabio.
[64] Eutropio, Breviario di storia romana, x.9.
[65] Zosimo, Storia nuova, II, 40.
[66] C.R.Whittaker, Frontiers of the Roman empire. A social ad economic study, Baltimora & London, 1997, p.143.
[67] Il mondo bizantino, I, p. 11.
[68] Gibbon, p. 346. Nella nota del curatore a p. 344 si legge che La persecuzione contro i filosofi e le loro biblioteche fu condotta con tale furia
che da quel momento il nome dei filosofi pagani quasi si estinse.
[69] Gibbon, p. 347.
[70] Gibbon, p. 348.
[71] Gibbon, p. 349.
[72] Gibbon, p. 369.
[73] Il mondo bizantino, I, p. 15.
[74] Il mondo bizantino, p. 16.
[75] Anselmo Baroni, Cronologia della storia romana dal 235 al 476, p. 1037.
[76] Heather 2005, pp. 257-258.
[77] Heather 2005, pp. 295-296.

140

Tardo impero romano


[78] Heather 2005, pp. 298-299.
[79] Franco Cardini e Marina Montesano, Storia medievale, Firenze, Le Monnier Universit, 2006. ISBN 8800204740
[80] Secondo Idazio, la sconfitta fu dovuta a un presunto tradimento dei Visigoti, ma bisogna ricordare che Idazio odiava profondamente i
Visigoti, cosicch la sua testimonianza ritenuta poco attendibile da Heather, che attribuisce le cause della sconfitta al valore della coalizione
vandalo-alana. V. Heather 2005, p. 326.
[81] Heather, pp. 303-305.
[82] Cassiodoro, Chronica, s.a. 425; Gregorio di Tours, ii.8; Filostorgio, xii.4; Prospero Tirone, s.a. 425; Chronica gallica 452, 100; Giordane,
Romana, 328; Jones, p. 22.
[83] Gregorio di Tours, ii.8; Merobaude, Carmina, iv, 42-46, e Panegirici, ii.1-4 e 127-143; Zosimo, v.36.1
[84] Heather, p. 322.
[85] Heather 2005, pp. 326-327.
[86] Heather 2005, p. 327.
[87] Heather 2005, p. 349.
[88] Heather 2005, pp. 350-351.
[89] Kelly, pp. 95-96.
[90] Salviano, De gubernatione Dei, VII, 9 (http:/ / www. tertullian. org/ fathers/ salvian_gov_07_book7. htm).
[91] Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 618
[92] Procopio, Storia delle guerre di Giustiniano, III.1.4
[93] Heather 2005, p. 361.
[94] Heather stima, in base a un calcolo matematico, che a causa della perdita del Nordafrica, lo stato dovette licenziare almeno 40.000 fanti o
20.000 cavalieri. Cfr. Heather 2005, p. 363.
[95] Heather 2005, p. 417.
[96] Heather 2005, p. 380.
[97] Luttwak, op. cit., p. 62.
[98] Heather, p. 456.
[99] Sidonio Apollinare, Carmina, v.385-440 e A. Loyen, Recherches historiques sur les pangiriques de Sidonine Apollinaire, Parigi 1942, pp.
76-77 e nota 5, citati in Savino, Eliodoro, Campania tardoantica (284-604 d.C.), Edipuglia, 2005, ISBN 88-7228-257-8, p. 84.
[100] Gibbon.
[101] Sidonio Apollinare, Carmina, v.474-477.
[102] Idazio, Cronaca, 197, s.a. 459; Gregorio di Tours, Storia dei Franchi, ii.11.
[103] Prisco, frammento 27.
[104] Roger Collins, Visigothic Spain, 409-711, Blackwell Publishing, 2004, ISBN 0-631-18185-7, p. 32.
[105] Chronica gallica anno 511, 634; Mario di Avenches, s.a. 460; Idazio, Cronaca, 200, s.a. 460.
[106] Heather, p. 477 e pp. 488-489.
[107] Cardini- Montesano, cit., pag. 65.
[108] l'impero veniva chiamato dai Bizantini Romania, Basileia Romaion o Pragmata Romaion, che significa "Terra dei Romani", "Impero dei
Romani"; i Bizantini si consideravano ancora romani (romaioi, si pronuncia romei).
[109] Per esempio si potrebbe citare il Gibbon che nella sua opera Storia del declino e della caduta dell'Impero romano scrisse che la storia del
tardo Impero romano d'Oriente una monotona vicenda di debolezze e miseria, uno dei giudizi pi falsi e di maggiore effetto mai espressi
da uno storico attento secondo J.B. Bury (Fonte: Gibbon, Declino e caduta dell'Impero romano, prefazione del curatore Saunders, pag. 18).
[110] CHE SIGNIFICA IL TERMINE BIZANTINO SE NIENTE PUO' DEFINIRSI CON TALE PAROLA? (http:/ / digilander. libero. it/
ortodossia/ bisanzio. htm)
[111] si potrebbero citare: J. B. Bury, autore di una History of the Later Roman Empire, from Arcadius to Irene, Jones, autore della The
Prosopography of the Later Roman Empire (che considera "romano" l'Impero bizantino fino al 641) ma anche di una Storia del tardo Impero
romano fino al 602, e George Finlay, che considera "romano" l'Impero bizantino fino al 717 (infatti la sua storia della Grecia bizantina inizia
proprio nel 717).
[112] In realt il consolato non fu abolito del tutto ma divenne una carica che poteva assumere solo l'Imperatore nel primo anno di regno. Cfr.
J.B. Bury, History of the Later Roman Empire
[113] Enciclopedia Treccani, lemma Civilt bizantina.
[114] Heather 2005, p. 463.
[115] Il mondo bizantino, I, pp. 22-23.
[116] Heather 2005, pp. 464-467.
[117] Il mondo bizantino, I, p. 22.
[118] Il mondo bizantino, I, p. 86.
[119] Heather 2005, pp. 467-468.
[120] Il mondo bizantino, p. 25.
[121] Heather 2005, p. 488.
[122] Procopio di Cesarea, La Guerra Persiana, I,24.
[123] Paolo Diacono, II,5.

141

Tardo impero romano


[124]
[125]
[126]
[127]
[128]

Il mondo bizantino, I, p. 38.


Il mondo bizantino, I, p. 39.
Il mondo bizantino, I, p. 42.
Il mondo bizantino, I, pp. 44-46.
Il mondo bizantino, pp. 49-51.

Bibliografia
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Tardo impero romano

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Bernab Brea, Bologna 1995
Wacher, J. (a cura di), Il mondo di Roma imperiale, Roma-Bari 1989.
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Tarda antichit

Tarda antichit
La cosiddetta tarda antichit una periodizzazione usata dagli storici
moderni per descrivere l'epoca di transizione dal mondo antico a quello
medievale. Confini precisi del periodo sono tuttora oggetto di dibattito,
anche se, tendenzialmente, sono compresi fra il III e il VI secolo, e
cio dall'estinzione della dinastia dei Severi (o, secondo altri,
dall'ascesa al potere di Diocleziano), fino all'et di Giustiniano, in cui
si realizz l'ultimo serio tentativo di Restauratio Imperii, ovvero di
ripristinare l'Impero romano in Europa occidentale. Altri storici
propongono tuttavia periodizzazioni diverse: dal IV secolo al V secolo
(Cameron), dal 200 al 600 (Marrou), dal 284 al 602 (Jones) o da Marco
Aurelio a Maometto (Brown).
La definizione di questo periodo, ancora piuttosto radicata negli studi
storici nonostante sia stata messa da tempo in discussione da molti
importanti studiosi, presuppone tradizionalmente una valenza negativa:
"tardo" indica, infatti, un concetto di decadenza. Il III secolo fu,
soprattutto nei suoi decenni centrali, un'et di crisi politico-economica
che in gran parte venne riassorbita nel secolo successivo, grazie
Frammento della statua colossale di Costantino I
all'energia di alcuni grandi imperatori (fra cui Diocleziano, Costantino
(Musei Capitolini, Roma)
I e Teodosio I), che costruirono un ordine nuovo rispetto a quello del
"Principato": il "Dominato". Fin dagli inizi del V secolo, per, una nuova era di profondi sconvolgimenti interess
buona parte d'Europa e del bacino del Mediterraneo. Alle invasioni barbariche fecero seguito il tramonto o
quantomeno le profonde e traumatiche trasformazioni del sistema e delle istituzioni politiche romane in Occidente e
una crisi economica e demografica particolarmente accentuata, che si riflett sulle condizioni generali di vita
dell'Impero. Il VI secolo riport una relativa stabilit nella parte orientale del mondo romano, ma non in Occidente,
smembrato ormai in una serie di Regni romano-barbarici indipendenti. In Italia il processo di decadenza politica,
sociale, demografica ed economica arriv anzi al suo culmine proprio attorno alla met del VI secolo, a seguito di
una guerra particolarmente lunga e cruenta, combattuta dall'imperatore bizantino Giustiniano per la riconquista della
Penisola dagli Ostrogoti.
Nonostante gli sconvolgimenti che la caratterizzarono, la tarda antichit fu un'epoca dove non mancarono novit e
significative evoluzioni in pi discipline (basti pensare alla nascita e allo sviluppo di una architettura e un'arte
propriamente bizantine). In particolare fu proprio durante tale epoca, in et costantiniana, che la Chiesa cristiana,
uscita di fatto rafforzata dall'ultima grande persecuzione (quella di Diocleziano e Galerio), inizi ad essere protetta e
a collaborare con quello stesso stato che fino a un decennio prima l'aveva combattuta, divenendo, sul finire del IV
secolo, l'unica ufficialmente riconosciuta. La tarda antichit segn pertanto la definitiva vittoria del Cristianesimo sul
Paganesimo, ma anche la nascita di diverse dottrine cristologiche antagoniste e dei primi concili per definire i dogmi
di fede. In virt dei cambiamenti intercorsi in epoca tardo-antica, la Chiesa diventer una importante protagonista
della successiva storia medievale, sia come comunit religiosa, sia come potenza politica.

144

Tarda antichit

Dibattito storiografico
Decadenza e tramonto del mondo antico (dall'umanesimo all'et barocca)
L'interesse per la tarda antichit, e in particolare per il periodo storico comprendente la decadenza e caduta
dell'Impero romano d'Occidente, fu molto vivo in et umanistica e rinascimentale, entrando in molte dispute e saggi
storici che si produssero in Italia fra il XIV e il XVI secolo. Per il Petrarca la caduta di Roma fu dovuta soprattutto al
venir meno dei grandi uomini, mentre Flavio Biondo e Leonardo Bruni, spesso in polemica fra di loro, analizzarono,
un secolo pi tardi, il fenomeno del declino (inclinatio) della citt eterna. Per Flavio Biondo tale declino ebbe inizio
con il primo sacco di Roma (410) mentre, per Bruni, all'indomani della morte di Valentiniano III (455).[1] Il Bruni si
riallaccia al Petrarca e ad altri umanisti nell'individuare, fra le cause della decadenza dell'Impero, la scomparsa dei
migliori. Fra gli studiosi non italiani che, in quella stessa epoca, si occuparono della tarda antichit, vi furono Werner
Rolevinck (che formul una teoria dei corsi storici, molto vicina a quella sviluppata alcuni anni pi tardi da Niccol
Machiavelli), Corrado Peutinger e Beato Renano. Questi ultimi rivisitarono la storia di quei secoli in chiave
filo-germanica. Beato Renano in particolare, esalt le gesta di alcuni popoli barbari (Goti, Franchi, Vandali) che,
sostituendosi ai romani, introdussero nuovi valori etici in un impero in decadenza. Peutinger e Beato Renano
sembrano in qualche modo precorrere problematiche di grande attualit nella storiografia contemporanea. In epoca
tardo-rinascimentale si colloca l'opera di Johannes Lwenklau (noto anche come Leonclavius o Johannes
Leunclavius), un protestante che nel suo saggio In difesa di Zosimo (1576), considerato dal Mazzarino la carta di
fondazione degli studi moderni sul basso impero,[2] pur rigettando la tesi sulle responsabilit dei cristiani nella
decadenza di Roma, rivalutava alcuni personaggi pagani dell'epoca, fra cui l'imperatore Giuliano, e ne
ridimensionava altri, fra cui Costantino. Di et barocca invece il saggio di Ugo Grozio, Commentatio ad loca
quaedam quae de Antichristo agunt aut augere putantur (1640) in cui il giureconsulto olandese vedeva nei vangeli
apocrifi di Giovanni una premonizione della ribellione dei popoli federati contro l'autorit imperiale che, inizata
durante il regno dell'imperatore Onorio, avrebbe in pochi decenni travolto il mondo romano. Nella seconda met del
Seicento si avvert sempre pi la necessit di ricollegare la storia del tardo impero a quella di un Cristianesimo ormai
trionfante. Un grande studioso francese, Eustache Le Sueur, di fede protestante, si assunse per primo tale compito:
nel suo saggio dal titolo Histoire de l'Eglise et de l'Empire (Storia della Chiesa e dell'Impero) del 1677 pur se in
un'ottica di decadenza religiosa e morale, riusc a tracciare un giudizio abbastanza positivo su alcuni imperatori
cristiani del tempo (Costantino, Giustiniano), e anche sul pagano (Giuliano), considerato un genialoide.[3] Nel
1690, il noto erudito Louis-Sbastien Le Nain de Tillemont inizi a pubblicare la sua Histoire des empereurs et des
autres princes qui ont rgn durant les six premiers sicles de l'glise (Storia degli imperatori e degli altri principi
che hanno regnato durante i sei primi secoli della Chiesa), facendola terminare nel 518.

Decadenza e tramonto del mondo antico (dall'illuminismo ai nostri giorni)


Nell'et dei lumi le opere sulla tarda antichit si moltiplicarono. Fra le tante segnaliamo le Considerazioni sulle
cause della grandezza dei Romani e della loro decadenza (Considrations sur les causes de la grandeur des
Romains et de leur dcadence, 1734) di Montesquieu, la Storia del Basso Impero (Histoire du bas-Empire) di
Charles le Beau e, soprattutto, la monumentale Storia del declino e della caduta dell'Impero romano (History of the
Decline and Fall of the Roman Empire, 1776-1789) dell'inglese Edward Gibbon. Quest'ultima opera ebbe una
notevole influenza sulla storiografia di et successiva ed considerata il primo grande saggio organico sulla storia
europea da Augusto alla caduta di Costantinopoli (1453). La prima e la seconda parte relative alla tarda antichit
(dalla nascita dell'Impero romano a Carlo Magno) furono particolarmente curate da Gibbon, che analizz la nascita,
lo sviluppo e la fine del mondo romano con grande acutezza, anche se alcune sue posizioni appaiono al giorno d'oggi
alquanto superate. Per Gibbon la decadenza dell'Impero ebbe inizio alla fine del secondo secolo, con Commodo, e si
protrasse ininterrottamente fino alla scomparsa dell'Occidente romano. Tale decadenza ebbe origine da: 1) la
trasformazione dell'esercito romano in un esercito di mercenari e la sua progressiva barbarizzazione; 2) l'ascesa e la
diffusione del Cristianesimo la cui etica si contrapponeva a una visione virile ed eroica della vita che era stata la base

145

Tarda antichit
dello sviluppo della potenza militare e delle virt civiche grazie alle quali Roma aveva potuto forgiare un enorme
impero; 3) le invasioni barbariche, che travolsero un mondo gi in piena decadenza; 4) la fondazione di
Costantinopoli e la successiva divisione dell'impero in due met. Con una felice intuizione Gibbon protrasse la storia
imperiale di Roma fino al 1453, includendo in essa l'intera et bizantina, dando per su quest'ultima un giudizio
fondamentalmente negativo. L'Impero romano d'Oriente, infatti, dopo aver conosciuto una notevole ripresa fra il
regno di Giustiniano I e quello di Eraclio I, venne drasticamente ridimensionato dalla conquista islamica e costretto a
lottare nel corso di un intero millennio per la sua stessa sopravvivenza, trascinando una stanca esistenza fino alla sua
definitiva caduta per mano degli Ottomani. I bizantini pertanto, sempre secondo lo storico inglese, furono dei deboli
successori dell'Impero di cui avevano fatto un tempo parte[4] e, pur assumendone i titoli, non onorarono con il loro
comportamento n il nome dei romani n quello dei greci.
La storiografia dell'Ottocento e Novecento trov in Gibbon uno dei suoi pi importanti punti di riferimento e riprese
alcuni temi a lui cari fra cui quello della decadenza ed estinzione del mondo antico. Fra coloro che in vario modo
condivisero con lo storico inglese un giudizio fondamentalmente negativo sulla tarda antichit segnaliamo: Jacob
Burckhardt, Hippolyte Taine, Theodor Mommsen, Otto Seeck, Max Weber, Michael Rostovtzeff e molti altri. Tutti
costoro, pur se con metodologie di studio, diagnosi e approcci alla materia spesso molto diversi fra di loro,
ritenevano che il periodo compreso fra il III e il VI secolo costituisse un'epoca di decadenza e di progressiva
distruzione del mondo antico. Tale periodo, iniziato con una lunga crisi politico-economica e protrattosi fino ad et
altomedievale, aveva segnato il tramonto e la scomparsa della civilt romano-ellenistica con le sue istituzioni e gli
ideali che l'avevano animata, trovando forse il suo momento pi emblematico nella caduta dell'Impero romano
d'Occidente (476), che fu preceduta, e seguita, da profondi sconvolgimenti che interessarono buona parte d'Europa,
dell'Africa settentrionale, dell'Asia occidentale e l'intero bacino del Mediterraneo. Sempre secondo tali storici, il
mondo romano-occidentale, dopo essersi disintegrato politicamente, fu minato per secoli da una povert endemica e
una crisi demografica, economica, sociale e culturale che furono in parte riassorbite solo in et carolingia, o ancor
pi tardi, attorno all'anno 1000.
Posizioni a s stanti, seppur per alcuni versi inquadrabili nell'orizzonte storiografico che si precedentemente
tratteggiato, furono quelle assunte da Henri Pirenne, Andr Piganiol e Santo Mazzarino. Pirenne fu il primo a
formulare la tesi di una tarda antichit che si sarebbe dilatata, sotto il profilo temporale fino al VII o all'VIII secolo,
fino all'epoca, cio, dell'espansione araba. Secondo lo storico belga il mondo antico sarebbe inesorabilmente
tramontato non a seguito delle invasioni barbariche, bens a causa dell'imperialismo islamico, che spezz per sempre
l'unit del mondo mediterraneo. Andr Piganiol sostenne invece con particolare vigore la tesi della morte della civilt
romana "assassinata" dai suoi avversari, anche se era impossibile prevederne la scomparsa dopo la grande ripresa del
IV secolo La civilt romana, scrisse lo storico francese, ...non morta della sua morte naturale. Essa stata
assassinata.[5] Per Santo Mazzarino, invece, era necessario fare una distinzione fra la cultura della tarda romanit
(arte e letteratura in particolare), cui non poteva essere applicato il concetto di decadenza, e l'imbarbarimento
dell'Impero di Occidente sotto il profilo politico e sociale, che invece rientrava pienamente in tale concetto.[6]

Mondo antico e sue trasformazioni (da Riegl a Brown)


Contrapponendosi a tale visione, giudicata catastrofista e unilaterale, alcuni studiosi, fra cui il critico d'arte Alois
Riegl e Alfons Dopsch formularono fra gli ultimi anni dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento valutazioni di
segno diverso in cui per la continuit storica del mondo tardo antico veniva ad acquistare molta pi importanza
delle rotture. Riegl ebbe il merito di rivalutare l'arte romana del basso impero, respingendo il concetto stesso di
decadenza del mondo tardo-antico e mettendo in evidenza i suoi legami con l'et successiva. Per Dopsch vi fu, fra il
V e il VII secolo, un semplice cambio di protagonisti, con i Germani che dopo aver fatti propri i valori della
romanit, si sostituirono ai romani come forgiatori dell'Europa altomedievale.
Le critiche alla storiografia tradizionale si andarono ulteriormente sviluppando nella seconda met del Novecento, ad
opera di un gruppo di studiosi di scuola germanica ed anglosassone (fra i tanti: Franz Georg Maier, Averil Cameron

146

Tarda antichit
e, soprattutto, Peter Brown), ma anche francesi (in particolare Henri-Irne Marrou), che, pur se con approcci e
impostazioni diverse fra di loro, considerarono l'et compresa fra l'estinzione della dinastia dei Severi e la nascita
dell'Islam come un'era di mutamenti, spesso traumatici, ma ricchi di stimoli e fermenti sia sotto il profilo religioso,
sia sociale, economico e, pi in generale ideologico e culturale. Al concetto di "invasioni" si venuto cos ad
affiancare o sostituire sempre pi spesso quello di "migrazioni di popoli", a quelli di "decadenza" e "distruzione",
quello di "trasformazione" del mondo antico, senza il quale sarebbe inspiegabile il nostro Medioevo e la genesi della
civilt occidentale e di quella islamica.
In particolare vi stata una rivalutazione del IV secolo, epoca di rinascita resa possibile da una ripresa economica e
culturale di vasta portata,[7] sia nell'occidente latino, sia nell'oriente romano di espressione prevalentemente ellenica.
In quell'epoca Roma continu ad essere il centro della tradizione e della cultura dell'Impero anche quando la corte si
trasferiva prima a Milano, poi a Ravenna,[8] anzi, fu allora che venne forgiato il mito di Roma. Scrive a tale
proposito Peter Brown: Il mito di Roma, che avrebbe assillato gli uomini del Medioevo e del Rinascimento - Roma
aeterna, Roma concepita come l'apogeo naturale della civilt destinato a perpetuarsi per sempre - non fu creata dai
sudditi dell'Impero romano classico, fu ereditato direttamente dal patriottismo tenace del mondo latino della fine del
IV secolo.[9]
Sotto un profilo prettamente culturale, anche il V secolo stato al centro di una notevole rivalutazione, soprattutto in
campo storico-artistico (Riegl) e in quello letterario e della speculazione filosofica e teologica, che ebbe in Agostino
d'Ippona il suo massimo rappresentante, allorch ... l'Occidente latino entrava in possesso di ci che gli
spettava...[10] E, in effetti, sar proprio l'eredit della Roma del Basso Impero a trasmettersi al Medioevo
occidentale, all'Europa moderna e a Bisanzio.[11]
L'Impero romano d'oriente, trasformatosi gradualmente nei secoli successivi in Impero bizantino, ben lontano
dall'essere una entit trascurabile e trascurata, o quasi ignorata, o assente per la maggior parte degli storici,[12] e
comunque non facilmente inquadrabile nel mondo europeo,[13] sempre pi stato oggetto di attenzioni e di studio da
parte di alcuni studiosi menzionati anteriormente (fra cui Averil Cameron). Costoro hanno avuto il merito di imporlo
all'attenzione generale come il motore di una civilt complessa e raffinata che influenz non solo l'Occidente (basti
pensare al corpus iuris civilis) ma anche e soprattutto l'Europa orientale e il mondo islamico il cui sviluppo politico,
sociale e culturale deve molto all'apporto del patrimonio tardo-romano ed ellenistico ereditato da Bisanzio.
Particolare risalto da parte degli storici summenzionati e in particolare di Peter Brown, viene dato alla religione e alla
spettacolare ascesa del cristianesimo nel corso del IV - V secolo, che, dopo aver trionfato sul paganesimo, fece
propri molti dei valori civili, etici e culturali della civilt classica e del mondo romano, dando vita a una letteratura di
alto profilo e a un'arte di particolare suggestione, non a caso passata alla storia come paleocristiana, la quale celebr
la nuova religione ufficiale dello Stato e la forza di penetrazione della sua Chiesa. Quest'ultima, pochi decenni dopo
aver subito la sua estrema e pi terribile persecuzione, si stava gi avviando a ricoprire quel ruolo da protagonista
che avrebbe conservato per tutto il Medioevo e per buona parte dell'et moderna. E fu, forse, proprio per influenza
del cristianesimo che alcuni valori "tradizionali", che mettevano in primo piano gli interessi generali lasciarono posto
a quelli afferenti la sfera privata segnando in tal modo un primo passo verso l'individualismo.

Altre tesi storiografiche


Negli ultimi decenni del Novecento alcuni storici hanno tentato di superare il dualismo invasioni - migrazioni, non
accettando l'idea che vi fossero stati grandi spostamenti di popolazioni barbare o che tali popolazioni avessero una
cultura molto diversa e incompatibile con quella tardo-antica romana. Altri sono arrivati ad asserire che le trib che
diedero vita ai regni romano-barbarici non costituissero etnie omogenee, che non avessero consapevolezza della
propria identit e che pertanto non erano ostili all'ordinamento e alle strutture imperiali che anzi tendevano a
salvaguardare.[14] Fra questi ultimi merita una menzione Walter Goffart, che nel suo celebre saggio dall'indicativo
titolo di Barbarians and Romans, AD 418-584: The Techniques of Accomodation (1980) ha suggerito una visione
tutt'altro che traumatica dell'insediamento delle stirpi germaniche nel suolo dell'Impero, le quali ... non di terra si

147

Tarda antichit

148

sarebbero appropriate, ma di gettito fiscale.[15]

Contesto storico

L'imperatore Massimino il Trace inizi il turbolento


periodo dell'anarchia militare, che termin solo con
Diocleziano cinquant'anni dopo.

Per approfondire, vedi Crisi del III secolo e anarchia militare.


Per approfondire, vedi Invasioni barbariche del III secolo e Guerre romano-sasanidi (224-363).

Per meglio comprendere il periodo "tardo antico", vale la pena provare a ricostruire qui brevemente gli accadimenti
politico-militari principali che lo precedettero. Alla dinastia dei Severi (193-235) successe un periodo durato
cinquant'anni di anarchia militare, denominato crisi del III secolo dove si assistette ad una sempre pi chiara
tendenza di dominio dell'esercito nel processo di scelta e acclamazione dell'imperatore. Primo di questi
"Imperatori-soldato" fu Massimino Trace, figlio di un contadino che aveva fatto carriera per le straordinarie doti
militari, venne scelto per acclamazione delle truppe della Pannonia, e uno dei suoi primi provvedimenti fu quello di
aumentare considerevolmente la paga dei soldati. Osteggiato dal Senato, riusc a eliminare le congiure con ferma
severit, ma la sua politica fiscale, molto dura soprattutto verso le classi abbienti e i contadini liberi, caus una
frattura insanabile con l'aristocrazia romana, tanto che Massimino evitava l'Urbe ignorandola e risiedendo a Sirmio
(l'odierna Sremska Mitrovica in Serbia).
Quando le campagne contro i Germani sembravano dare i frutti sperati, con una maggiore tranquillit lungo i confini,
il Senato appoggi un nuovo imperatore, Gordiano II, che dur per appena un mese. Massimino venne assassinato
nel 238 e gli successe Gordiano III, che, resosi inviso all'esercito, venne a sua volta assassinato nel 244, iniziando un
periodo di instabilit politica caratterizzato dalla rapida successione al trono di vari imperatori. Con Aureliano
(270-275), che riport significative vittorie contro i Germani, gli Scito-sarmatici, i rivoltosi egiziani e Zenobia, la
regina ribelle di Palmira, la situazione interna dell'Impero inizi tuttavia a normalizzarsi. Un elemento comune a
questi imperatori era la loro estraneit a Roma, essendo quasi tutti di origine pannonico-danubiana, le regioni pi
militarizzate perch esposte a maggiori pericoli dai confini. Filippo l'Arabo, imperatore proveniente dalla
recentemente annessa Arabia, una delle regioni dell'impero quindi meno romanizzate, si trov a dover festeggiare il

Tarda antichit

149

primo millennio di storia romana nel 248.


Nel 260 Valeriano fu sconfitto e catturato dal re sasanide Sapore I, un re persiano; i Persiani avevano promosso
rivoluzioni contro i Romani mossi da sentimenti nazionalisti gi nel 250, volendo restaurare un impero morto a causa
di Alessandro il Grande. Il primo ad affrontarli fu Severo Alessandro, cugino di Elagabalo, ma nulla pot concludere,
poich premevano anche i barbari sul Danubio. Lasci l'eredit della guerra agli imperatori che lo seguirono.
Nessuno riusc a risolvere il problema, anzi, i Persiani conquistarono la Siria, mentre la Dacia andava perduta.
Soltanto Aureliano (275-277) riport la Siria ai Romani.
Per tutto il III secolo i segni di crisi si fecero sempre pi evidenti:
contrazione demografica, ristagno economico innescato dalla
penuria di schiavi, guerre civili, scorrerie di barbari, brigantaggio
nelle campagne e rivolte contadine (come quella delle bacaudae
nelle Gallie). Le attivit nelle citt iniziarono a languire, le persone
a spostarsi nelle campagne in cerca di cibo e rifugio, dove entrava
spesso nelle villae fortificate, in uno Stato di semi-schiavit da
parte dei latifondisti, in cambio della sicurezza assicurata dai
piccoli eserciti privati. Si svilupparono in tal modo bande di
fuorilegge che trovarono lo Stato romano, turbato dall'anarchia
politica e militare, incapace di reprimerle.
Contemporaneamente si assisteva allo spopolamento di intere
regioni venne causato da vari fattori, tra i quali sono stati
dimostrati alcuni elementi climatici e sociali: i contadini non
Resti di una villa romana ad Apollonia, Israele
conoscevano la rotazione delle colture e via via che la terra
diventava improduttiva si dovevano spostare verso altre aree.
Mentre per questi fattori l'impero si andava gradualmente impoverendo, le situazioni ai confini si stavano facendo
sempre pi critiche, con richieste di tributi per sostenere la macchina militare che sempre con maggiori difficolt
venivano coperti. Le aree spopolate vennero in seguito concesse ad alcune popolazioni barbariche per prime si
stabilirono nell'Impero come foederati.
I Goti erano una popolazione germanica che si era insediata sul Mar Nero e che con le sue incursioni piratesche
aveva infastidito non poco la navigazione nel Mediterraneo. A nord invece premevano varie orde barbare per potersi
stabilire all'interno dell'Impero. Costoro avevano raggiunto il limes a seguito delle tensioni e dei sommovimenti
causati dalle migrazioni di altri gruppi etnici in Europa orientale.
Oggi sappiamo che questi grandi movimenti di popoli furono causati sia da un peggioramento climatico, che
raffredd l'ambiente e inarid i pascoli,[16] sia, in epoca successiva, dalla pressione di altre etnie asiatiche (e in primo
luogo degli Unni). In un primo tempo le popolazioni germaniche avevano generalmente intenzioni pacifiche, e
vennero accolte dalle autorit romane in alcune zone ormai spopolate dell'Impero, secondo l'istituto dello ius hospitii
e della foederatio.

Tarda antichit

150

Accadimenti politici e militari (284-476)


Per approfondire, vedi Tardo Impero romano, Cronologia della tarda antichit e Storia delle campagne dell'esercito
romano in et tardo-imperiale.
Per approfondire, vedi Impero romano d'Occidente, caduta dell'Impero romano d'Occidente e Impero romano
d'Oriente.

Riguardo ai principali eventi politico militari si rimanda per ogni approfondimento alle voci riguardanti il tardo
Impero romano ed alla storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale.

Societ
Forme di governo

Le 12 diocesi nella nuova divisione tetrarchica dell'impero romano voluta da


Diocleziano attorno al 300.

Il gruppo in porfido dei Tetrarchi,


piazza San Marco, Venezia.

Per approfondire, vedi Tetrarchia e Costantino I.

Con l'elezione di Diocleziano (284-285) si consolid la normalizzazione interna dell'Impero iniziata con Aureliano.
Il nuovo sovrano inaugur un programma di riforme che rafforzarono il carattere assolutistico e gerarchico
dell'Impero che, attorno al 300, venne diviso in due grandi regioni amministrative, quella orientale, con capitale
Nicomedia, e quella occidentale, con capitale Milano. A capo di tali macroregioni pose due Augusti affiancati da un
imperatori in sottordine, destinati a succedere loro in caso di necessit, i quali governavano a loro volta due
sotto-aree, quella greco-balcanica con capitale Sirmio, e quella nord-occidentale con capitale Treviri. Era la
tetrarchia, ideata per disinnescare le lotte ereditarie. In questo sistema Roma era sempre la capitale sacra e ideale, il
Caput mundi, ma la sua posizione geografica, lontana dalle bellicose zone di confine, non rendeva possibile un suo
uso per funzioni politiche o strategiche.
Il nuovo imperatore nomin nel novembre del 285 come suo vice in qualit di cesare, un valente ufficiale di nome
Marco Aurelio Valerio Massimiano, che pochi mesi pi tardi elev al rango di augusto il 1 aprile del 286, formando
cos una diarchia in cui i due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'impero e la responsabilit
della difesa delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.[17] Diocleziano, che si considerava sotto la protezione di
Giove (Iovio), mentre Massimiano era sotto la protezione "semplicemente" di Ercole (Erculio, figlio di Giove),

Tarda antichit

151

manteneva per la supremazia. Tale sistema, concepito da un soldato come Diocleziano, non poteva che essere
estremamente gerarchizzato.[18]
Data la crescente difficolt a contenere le numerose rivolte all'interno dell'impero, nel 293 si procedette a un'ulteriore
divisione funzionale e territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Diocleziano nomin come suo Cesare
per l'oriente Galerio e Massimiano fece lo stesso con Costanzo Cloro per l'occidente. Il sistema si rivel efficace per
la stabilit dell'impero e rese possibile agli augusti di celebrare i vicennalia, ossia i vent'anni di regno, come non era
pi successo dai tempi di Antonino Pio. Tutto il territorio venne ridisegnato dal punto di vista amministrativo,
abolendo le regioni augustee con la relativa divisione in "imperiali" e "senatoriali". Vennero create dodici
circoscrizioni amministrative (le "diocesi", tre per ognuno dei tetrarchi), rette da vicarii e a loro volta suddivise in
101 province. Restava da mettere alla prova il meccanismo della successione.
In tale sistema l'imperatore assunse con ancor maggiore decisione connotati monarchici, riducendo le residue
istituzioni repubblicane a semplici funzioni onorifiche. Il governo venne quindi progressivamente affidato a
funzionari imperiali, scelti tra le file della classe dei cavalieri e tra i liberti. Tuttavia la stessa figura imperiale venne
moltiplicandosi, con due imperatori titolari, gli Augusti, uno per la pars Occidentalis ed uno per la pars Orientalis,
spesso affiancati da colleghi di rango inferiore aventi il titolo di Cesare.
Per facilitare l'amministrazione ed il
controllo fu, inoltre, potenziata la burocrazia
centrale e si moltiplicarono le suddivisioni
amministrative: le quattro parti dell'impero,
governate ciascuna da uno dei tetrarchi,
fecero capo ciascuna ad una distinta
prefettura del pretorio: Gallie, Italia, Illirico,
Oriente. Da queste dipendevano poi le
Diocesi, in tutto dodici, rette dai Vicarii,
nelle quali erano raccolte le provincie, con a
capo funzionari imperiali con il rango di
correctores o presides. In pratica il nuovo
ordine imperiale disarticolava le vecchie
strutture repubblicane accentrando ogni
funzione attorno alla figura del sovrano.
Nella pratica il sistema della tetrarchia dur
ben poco, per via degli eserciti tutt'altro che
La nuova capitale dell'Impero romano, Costantinopoli, rifondata da Costantino I
nel 330.
disposti a deporre il potere politico che
avevano avuto fino ad allora e che gli era
valso numerosi vantaggi e privilegi. Gi al primo passaggio, con la morte di Costanzo (306) le truppe stanziate in
Britannia acclamarono suo figlio Costantino, che diede il via a una guerra civile con gli altri tre pretendenti. Dopo
aver battuto Massenzio e Massimino, restarono Licinio e Costantino che stipularono una pace. Ma nove anni dopo,
nel 324, Costantino attacc e sconfisse Licinio, che venne relegato in Tessaglia dove mor in seguito, assassinato
dopo essere stato accusato di complotto. Il sistema tetrarchico non venne pi restaurato.
Costantino, dopo aver ristabilito l'unit della carica imperiale, inizi a curarsi della politica istituzionale, economica
e politica dell'Impero. Dovette presto constatare come l'asse dell'Impero si trovasse ormai a oriente e per questo fece
di un piccolo insediamento sul Bosforo una nuova capitale, alla quale diede il nome di Nova Roma. Tale nome non
si impose tuttavia, venendogli preferito, fin dai primi anni dalla sua fondazione, quello di Costantinopoli (Citt di
Costantino). Tra i vantaggi della citt c'era l'ottima posizione strategica tra Asia e Europa, vicina alla frontiera
difficile con la Persia, le difese naturali, l'ottimo sistema viario e marittimo che vi transitava. Nella scelta di Bisanzio
ci fu probabilmente anche la volont di privilegiare la difesa del ricco e popoloso oriente rispetto al pi provinciale e

Tarda antichit

152

rurale occidente. La nuova capitale venne ufficialmente inaugurata nel maggio del 330. Costantino abbandon le
altre tre capitali dell'epoca di Diocleziano e divise l'Impero in 14 diocesi e 117 province.

Barbari
Un
nuovo
elemento
che
mut
profondamente l'equilibrio dell'universo
imperiale romano, oltre alla continua
divisione dell'impero in due o pi partes e
la nuova fede del Cristianesimo, fu
l'arrivo di nuovi popoli entro i suoi
confini. La tradizionale nomea di
"invasioni" dei barbari ha forti connotati
negativi. Barbaro di per s era una parola
dall'accezione negativa utilizzata dai greci
in epoca pre-romana e che aveva il
significato di balbuziente, incapace di
parlare il greco. I Romani adottarono tale
Le invasioni barbariche del II-V secolo.
termine estendendolo a tutti coloro che
non sapessero esprimersi compiutamente in latino, oltrech in greco. Gli insediamenti di popoli eurasiatici non
sempre ebbero connotazioni cruente o negative. Varie etnie "barbare" diedero anzi origine ad entit statuali che,
salvo rare eccezioni, si romanizzarono gradualmente dando vita, in et medievale, alle moderne nazioni europee. Per
tale ragione alcune storiografie, come quelle di area germanica, hanno preferito usare la denominazione di
"migrazioni di popoli" (Vlkerwanderung).
Chi erano
Per approfondire, vedi Germani, Sarmati e Sciti.

Nel mondo antico si conoscevano popolazioni "barbariche" fin dall'VIII secolo a.C. I Greci indicavano come barbari
un serie di popoli migratori stanziati tra il Danubio, il Mar Nero e la zona nord-iranica. Essi erano di stirpe scitica,
celtica e tracia, seminomadi e dediti all'allevamento (soprattutto equino e ovino) ed alla raccolta di frutti spontanei. I
greci li dividevano in due etnie fondamentali (in realt piuttosto omogenee): i Geti e i Daci.
Gli Sciti invece erano dei nomadi provenienti dal nord dell'Iran, abili arcieri a cavallo, dediti a cerimonie
sciamaniche che prevedevano stati di estasi prodotta forse da sostanze allucinogene (probabilmente l'hashish), che
nei greci destavano stupore e timore. Essi erano suddivisi in trib guerriere che avevano in comune la lingua, la
religione, le armi, le tecniche di allevamento dei cavalli da guerra e quelle di fonditori di metalli ed orefici.
Ritrovamenti di tumuli con ricchi corredi in oro e metallo sono stati ritrovati dalla Siberia al Caucaso, dai confini con
l'impero cinese all'Iran. Le loro continue migrazioni furono il motore di tutte le migrazione dell'eurasia centrale per
tutto il primo millennio a.C., e non mancarono di preoccupare grandi imperi come quello cinese.
Analoghi per alcuni versi agli Sciti erano i Sarmati, nomadi e cavalieri di origine nordiranica, che apparvero sulla
scena del confine Europa/Asia verso il I-II secolo d.C. sospinti probabilmente da altre popolazioni asiatiche. Erano
probabilmente sarmati gli Iazigi che si scontrarono con le truppe di Adriano nel II secolo, mentre i Roxolani erano
sarmati stanziati tra i Don e il Dnepr. Sarmati erano anche gli Alani, originari della zona adiancente al lago d'Aral,
che cercarono di insediarsi in Cappadocia nel I secolo. I Romani sottolineano nei loro trattati militari la forza di
questi guerrieri, grazie all'uso dei cavalli ed alla pesante armatura in ferro, bronzo, corno e cuoio. Queste tecniche,
assimilate poi in Occidente, dovevano essere nate per proteggersi dalle frecce delle altre trib nomadi delle steppe.
Una volta che i Sarmati raggiunsero i territori degli scontri tra Persiani e Romani, vennero ingaggiati nei rispettivi

Tarda antichit

153

eserciti, soprattutto in quello persiano.


I Germani combattevano sempre a piedi, almeno fino al II secolo. Inizialmemte essi non erano interessati ai territori
romani, come riporta Tacito. Fra il II e il IV secolo essi iniziarono tuttavia a premere sul limes, sospinti dalle trib di
nomadi delle steppe che, superiori militarmente, ne occupavano i pascoli. Le trib nomadi erano a loro volta
condizionate dai cambiamenti climatici, che rendevano pi freddi e aridi i loro territori. Inizialmente essi vennero
arruolati nell'esercito romano come ausiliari, ottenendo a fronte del graduale spopolamento il diritto di insediarsi in
alcune zone dell'impero e trasformandosi in tal modo da pastori e cacciatori nomadi o seminomadi a agricoltori
sedentari.
La carenza di documentazione scritta impedisce di conoscere a fondo la mitologia e la religione dei germani: le loro
fonti (archeologiche, rune e poemi) sono spesso di difficile interpretazione, mentre le fonti latine e greche sono tarde
e scarsamente obiettive per l'implicita difficolt di capire culture estranee al loro mondo.
Romani e Barbari
Per approfondire, vedi Invasioni barbariche e Regni romano-barbarici.

Verso la met del IV secolo la pressione delle trib germaniche sui confini del Danubio e del Reno era diventata
molto forte. Tali trib erano incalzate dagli Unni provenienti dalle steppe, che costituivano probabilmente la stessa
popolazione degli Hsiung-Nu che un secolo prima avevano insidiato l'Impero cinese presso la Grande Muraglia. Le
invasioni barbariche furono un fenomeno di vasta portata e lunga durata, che ebbe probabilmente come epicentro le
steppe dell'Asia centrale. La storiografia ci ha tramandato i nomi di Alamanni, Svevi, Burgundi, Franchi, Vandali,
Ostrogoti, Visigoti ed altri ancora.
Nel 378 i Visigoti sconfissero e uccisero l'Imperatore Valente nella battaglia di Adrianopoli. Graziano non si sentiva
in grado di controllare da solo la situazione, e affid al genero Teodosio la parte orientale dell'Impero. Teodosio
venne a patti con i Visigoti, che minacciavano la stessa Costantinopoli, accettandoli come foederati e ammettendoli
come mercenari nell'esercito romano.
A questo proposito non va dimenticato che nelle stesse file dell'esercito militavano ormai molti mercenari barbari:
l'ereditariet del ruolo di soldato rendeva sempre pi difficile trovare persone adatte ad indossare le nuove pesanti
armature che, adottate dai Parti, erano diventate necessarie anche per i Romani, senza contare la nuova cavalleria
corazzata, sempre di origine partica, che comportava cavalli e cavalieri giganteschi.
I legionari romani, invece, erano sempre pi attratti dal commercio o da altre attivit non castrensi, cui sommavano i
molti privilegi di cui continuavano a usufruire, tra i quali l'ambizione di essere sempre pi spesso i veri arbitri
dell'elezione imperiale. Alla penuria di forze realmente combattenti si fece fronte, all'inizio, con arruolamenti di
Germani (legalmente liberi di arruolarsi come ausiliares, a differenza dei cittadini romani) e poi con la stipula di
contratti con gruppi di guerrieri accompagnati dalle relative famiglie, che ricevevano terre abbandonate dai cittadini
oltre a somme di denaro annuali per il loro servizio.
importante notare che la pressione dei barbari sull'Impero non sempre fu distruttiva, nel senso che molti barbari
non desiderano altro che entrare a far parte dell'Impero, stanziandosi sul territorio oppure offrendosi al servizio di
questo (si vedano i generali d'origini germane come il grande Stilicone, o il caso di Magnenzio, che tuttavia si
autoproclam imperatore, Arbogaste, che dopo un'onorevole carriera in cui fece addirittura le veci dell'Imperatore in
Occidente probabilmente fece assassinare l'imperatore Valentiniano II, etc.).
Tuttavia, quando si accorgono che il rapporto di forze loro favorevole, a volte i capi barbari non esitano a rompere
gli indugi e misurarsi in battaglia con le forze imperiali. A questo proposito indicativa la clamorosa sconfitta subita
da Valente da parte dei Goti che successivamente distruggeranno anche Milano o il sacco di Roma da parte di
Alarico frustrato nella sua ambizione di venir nominato maresciallo dell'Impero e sentitosi tradito dai Romani che lo
avevano lusingato con fallaci promesse.

Tarda antichit

154

Guardando ai rapporti tra i re barbarici e l'Impero appare evidente come essi avessero relazioni, anche nei momenti
pi drammatici, che non si riducevano mai a uno scontro frontale. In realt i barbari ammiravano e temevano le
istituzioni imperiali, mentre la classe dirigente romana si avvaleva spesso delle forze di queste popolazioni
vincolandole attraverso patti di varia natura e in particolare della foederatio ed hospitalitas. Spesso i capi barbarici
entravano in stretto contatto con la corte imperiale, imparentandosi con le grandi famiglie patrizie e con la stessa
famiglia imperiale, accettando i titoli onorifici (come patricius) e scegliendo per s prenomi di tradizione romana,
come Flavius. Molti barbari fecero carriera nell'esercito romano e come guardie del corpo imperiali, come il generale
Stilicone, che aveva sposato una nipote di Teodosio I.
Barbarizzazione dell'esercito in Occidente
Per approfondire, vedi Foederati e Laeti.

L'esercito romano nel V secolo si trovava nella necessit di dover rispondere rapidamente alla crescente pressione
barbarica in Occidente, ma senza poter sopperire alle esigenze di reclutamento attingendo unicamente dai territori
imperiali, a causa della diffusa resistenza alle costrizioni.[19][20] Per questa ragione si ricorse sempre di pi a
contingenti barbarici, utilizzati dapprima come mercenari a fianco delle unit regolari tardo imperiali (legiones,
vexillationes ed auxiliae), ed in seguito, in forme sempre pi massicce, come foederati che conservavano i loro modi
nazionali di vivere e fare la guerra. Il risultato fu un esercito romano nel nome, ma sempre pi estraneo alla societ
che era chiamato a proteggere. Da alcune fonti letterarie del tempo si pu evincere che il termine "ausiliario" divenne
a poco a poco sinonimo di "soldato", cos come lo fu nei secoli precedenti il termine "legionario", il che sta ad
indicare una fase di progressiva smobilitazione delle antiche unit legionarie in favore di quelle ausiliarie. In una
seconda ed ultima fase, l'esercito romano avrebbe perso definitivamente la sua identit, come gi sarebbe avvenuto
all'epoca del magister militum Flavio Ezio, quando probabilmente anche la maggior parte delle auxiliae palatinae,
esempio di riuscita integrazione dell'elemento barbarico nella macchina bellica romana, furono rimpiazzate da
federati.[21]
Ma se l'Impero fosse riuscito a controllare l'immigrazione dei Barbari e a romanizzarli, sarebbe riuscito a
sopravvivere. Prima della battaglia di Adrianopoli, ai barbari che migravano nell'Impero con il permesso dell'Impero
(deditio) oppure come prigionieri di guerra non era permesso di conservare la loro unit di popolo: alcuni venivano
arruolati nell'esercito, mentre il resto veniva sparpagliato per un'area vastissima come contadini non liberi. In questo
modo l'Impero rendeva inoffensivi i nuovi arrivati, e li romanizzava. In seguito alla sconfitta di Adrianopoli,
l'Impero dovette per venire a patti con i vittoriosi Goti, concedendo loro di stanziarsi nei Balcani come foederati
semiautonomi: essi mantennero il loro stile di vita e i loro re stanziandosi in territorio romano come esercito alleato
dei Romani. Oltre ai Goti, che alla fine ottennero, dopo molte altre battaglie contro l'Impero, la concessione
dall'Imperatore Onorio di fondare un regno federato in Aquitania (418), altri popoli come Vandali, Alani, Svevi e
Burgundi (che entrarono all'interno dei confini dell'Impero nel 406) ottennero, grazie alle sconfitte militari che
inflissero all'Impero, il permesso da parte dell'Impero di stanziarsi all'interno dell'Impero.
Le devastazioni dovute alle invasioni e le perdite territoriali determinarono una costante diminuzione del gettito
fiscale con conseguente progressivo indebolimento dell'esercito romano. Da un'attenta analisi della Notitia
Dignitatum, possiamo ricavare che quasi la met dell'esercito campale romano-occidentale and distrutto nel corso
delle invasioni del 405-420, e che le perdite furono solo in parte colmate con l'arruolamento di nuovi soldati, mentre
molte delle ricostituite unit erano semplicemente unit di limitanei promossi a comitatenses, con conseguente
declino dell'esercito sia in quantit che in qualit. La perdita dell'Africa dovette essere un altro duro colpo per le
finanze dello stato e indebol ulteriormente l'esercito, che intorno al 460 doveva essere l'ombra di s stesso a causa
della continua erosione del gettito fiscale. Di questo ne approfittarono i Vandali, i Visigoti, i Franchi che ridussero in
pratica l'Impero all'Italia o poco pi.

Tarda antichit

155

Nel 476 l'esercito sollevato da Odoacre contro il magister militum Flavio Oreste e l'ultimo imperatore in Italia,
Romolo Augusto, era costituito unicamente da federati germanici, perlopi Sciri ed Eruli.[22] Tuttavia l'assetto
generale dell'esercito romano tardo-imperiale, ed alcune sue unit, sopravvissero almeno fino al VI secolo in seno
alla Pars Orientis, come testimoniato dalla presenza dei Regii, una auxilia palatina attiva sin dalla pubblicazione
della Notitia Dignitatum, a difesa delle mura aureliane minacciate dagli Ostrogoti durante la guerra di riconquista di
Giustiniano.[23]

Religione

Bassorilievo del II-III secolo raffigurante una tauroctonia, Mitra che


sacrifica il toro sacro

Per approfondire, vedi Religione romana, mitologia romana e festivit romane.

La societ romana era caratterizzata da un pantheon di divinit molto ampio, che spesso accoglieva gli di delle
culture assoggettate affiancandosi a quelli tipicamente latini, sebbene spesso (dopo il VII secolo a.C., ma con grande
incisivit tra III e II secolo a.C.) influenzati e sovrapposti a quelli dalla cultura greca: Giove, Marte, Quirino, la
Triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva), ecc. Si trattava di culti che si esprimevano soprattutto nella vita
esteriore, con una complessa serie di culti ben codificata, nei quali aveva un ruolo importante l'autorit pubblica.
Le influenze ellenistiche, egizie ed orientali portarono all'introduzione di culti misterici (Mysteria), culti "chiusi" ma
non necessariamente segreti, che a loro volta entrarono velocemente nella religione pubblica istituzionale. Tra questi
i principali erano quelli legati alla Dea Madre (Cerere o Venere o Cibele) a Demetra (dea della fertilit e del ciclo
della vita) e a Bacco. Se i primi due culti ricevettero larghi consensi anche a livello imperiale, l'ultimo venne proibito
nel 186 a.C. per motivi di carattere morale e di ordine pubblico legati ai bacchanalia.
Una nuova ondata di culti misterici si ebbe a partire dal I secolo a.C.: arrivarono a Roma Iside e Osiride. La novit di
queste religioni, importate dal Vicino Oriente e dall'Egitto, era quella di offrire un carattere privato alla religione, a
differenza di quello pubblico delle cerimonie, legato maggiormente alla salvezza individuale tramite il concetto
platonico dell'immortalit dell'anima. Nel I secolo d.C. arriv invece il culto iniziatico di Mitra, probabilmente
importato dagli eserciti durante le campagne contro la Persia. Pi contestato fu invece il culto siriaco di Helios,
introdotto dall'imperatrice Giulia Domna e sviluppato da Eliogabalo: l'affermazione del culto del Sol Invictus fu il
segno pi lampante dell'orientalizzazione della corte imperiale, che port per ad una rivolta tradizionalista che cost
la caduta a Eliogabalo.

Tarda antichit

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Aureliano riprese alcuni elementi del culto solare, ma li adatt al culto dell'imperatore (sua madre era una
sacerdotessa di Helios nell'Illirico), senza per proporre il culto come unico e assoluto, come aveva fatto Eliogabalo.
Questa idea riprendeva il concetto di semidivinit del sovrano inaugurata da Alessandro Magno. Le figure delle varie
divinit erano ormai dai contorni sfumati e sovrapposti zona per zona ad altre divinit locali: il Belenus celtico
veniva identificato con Helios-Apollo, oppure il dio Wotan germanico veniva assimilato a Hermes-Mercurio.

Cristianesimo

I primi tre viaggi di Paolo di Tarso: primo viaggiosecondo


viaggioterzo viaggio

Per approfondire, vedi Cristianesimo e Storia del Cristianesimo.

Dell'eredit che la tarda antichit ha trasmesso al Medioevo..., scrive Marrou, ...l'elemento pi prezioso stato la
religione cristiana.[24]
La diffusione del Cristianesimo nell'impero fu costante sin dal I secolo, quando giunse a Roma come una delle tante
fedi orientali che in quel periodo erano popolari, suscitando consensi in vari strati sociali. Come altri tipi di
conoscenze filosofico-religiose si diffuse in un primo tempo nelle grandi citt portuali, per poi espandersi verso
l'entroterra lungo le vie di comunicazione. L'Oriente, dotato di una fitta rete urbana, venne cristianizzato ben prima
che l'Occidente. In Italia si pensa che i primi cristiani fossero probabilmente attraccati a Brindisi e insediatisi lungo
la via Appia fino a Roma. Paolo di Tarso tocc Siracusa, Reggio Calabria e Pozzuoli prima di arrivare a Roma, dove
venne martirizzato nel 67. Lo aveva preceduto, secondo la tradizione, Pietro apostolo, del quale per non si
conoscono gli spostamenti. Altre regioni occidentali con una precoce presenza cristiana furono Cefalonia, la Sicilia,
la Betica (in Spagna del sud), la regione del Rodano, dove sono state ritrovate le pi antiche testimonianze
archeologiche in occidente di comunit cristiane.
Paolo fu importante perch, secondo la tradizione, trasform il cristianesimo da religione giudaica legata al Messia
(l'atteso nuovo re, letteralmente l'"unto dal Signore"), a religione universale, che riguardava tutte le gentes e non solo
gli ebrei.
Inizialmente la nuova religione non dest interesse nel governo imperiale, confusa tra i tanti culti orientali e
scambiata per una setta ebraica, ma gi nel 49 Claudio espelleva gli ebrei da Roma relativamente alla diffusione
della fede cristiana, ma non chiaro se fosse per i contrasti interni o per problemi legati al proselitismo a svantaggio
di altre comunit. Nel 63 Tacito testimonia come Nerone accus i cristiani del grande incendio di Roma come capro
espiatorio. In effetti alcuni aspetti della religione cristiana erano in netto contrasto con l'autorit imperiale, in
particolare il rifiuto di sottostare al giuramento di fedelt all'imperatore, che i cristiani ritenevano una manifestazione
di idolatria.

Tarda antichit

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Tra la fine del I e l'inizio del II secolo, dopo alcuni blandi tentativi di repressione, la situazione divenne di portata
rilevante, tanto che il malcontento popolare si coalizz nel rifiuto di onorare tanto l'alma Roma che il genius
dell'imperatore. Decio nel 250 decret una dura persecuzione, poi Valeriano nel 255 cerc di colpire i capi religiosi
obbligandoli a partecipare ai riti del culto imperiale (probabilmente le disposizioni rimasero in larga parte sulla
carta). Dal 260, secondo la volont di Gallieno, i cristiani, ormai molto diffusi in tutti gli strati sociali, dai
governatori delle province all'esercito, vissero un periodo di pace, durato fino al 303.
Persecuzione cristiana sotto Diocleziano

Konstantin Flavitsky, Martiri cristiani nel Colosseo

Per approfondire, vedi Persecuzione di Diocleziano.

A partire dal 303 Diocleziano e Galerio ordinarono una durissima repressione, che prevedeva la distruzione delle
chiese, il rogo delle Sacre scritture, e pesanti misure contro chiunque fosse cristiano e svolgesse funzioni pubbliche.
Le persecuzioni durarono fino al 311 e furono molto dure. Solo in quell'anno Galerio eman un editto di tolleranza,
mentre nel 313 Costantino I, dopo aver sconfitto Massenzio, proclamava l'editto di Milano, la definitiva cessazione
delle ostilit e la libert di culto per qualsiasi religione entro i confini dell'impero.

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"Questione costantiniana"

Cammeo con Costantino I incoronato da


Costantinopoli, IV secolo

Per approfondire, vedi Concilio di Arles, Concilio di Nicea I e Primo concilio di Tiro.

Molto si scritto sulle reali intenzioni di Costantino, a prescindere dalla tradizione agiografica dell'apparizione della
Croce che lo avrebbe guidato nella vittoria su Massenzio. Dopotutto un'altra visione del tutto pagana di Costantino
era stata annotata precedentemente alla Vita Costantini di Eusebio di Cesarea (morto nel 339), avuta nel 310 nel
tempio di Apollo Granus tra Treviri e Lione.[25]
Da una parte la scelta di Costantino di aprire ai cristiani si inseriva nel filone imperiale dalla promozione di culti pi
personali e meno legati al politeismo ufficiale (come i Misteri o i culti solari soprattutto nel III secolo); dall'altra la
sua decisione era mediata dalla fede cristiana della madre Flavia Giulia Elena. In ogni caso Costantino non favor il
solo culto cristiano, fu battezzato solo forse poco prima di morire e durante la sua vita non rinunci mai al titolo di
pontifex maximus, vale a dire di capo supremo dei collegi sacerdotali pagani. Forse anche il suo presenziare nel 325
al Concilio di Nicea va ricondotto ad attivit puramente politica riguardo a una religione che stava diventando una
realt troppo importante per essere trascurata.
La politica, infatti, di Costantino mirava a creare una base salda per il potere imperiale nella stessa religione
cristiana, di cui era dunque importantissima l'unit: per questo motivo, pur non essendo battezzato, indisse diversi
concili, come "vescovo di quanti sono fuori della chiesa". Il primo fu quello convocato ad Arelate (Concilio di
Arles), in Francia nel 314, che conferm una sentenza emessa da una commissione di vescovi a Roma, che aveva
condannato l'eresia donatista, intransigente nei confronti di tutti i cristiani che si erano piegati alla persecuzione
dioclezianea: in particolare si trattava del rifiuto di riconoscere come vescovo di Cartagine Cipriano, il quale era
stato consacrato da un vescovo che aveva consegnato i libri sacri.
Ancora nel 325, convoc a Nicea il primo concilio ecumenico, che lui stesso inaugur, per risolvere la questione
dell'eresia ariana: Ario, un prete alessandrino sosteneva che il Figlio non era della stessa "sostanza" del padre, ma il
concilio ne condann le tesi, proclamando l'omousia, ossia la medesima natura del Padre e del Figlio. Il concilio di
Tiro del 335 condanner tuttavia Atanasio, vescovo di Alessandria, il pi accanito oppositore di Ario, soprattutto a
causa delle accuse politiche che gli vennero rivolte.

Tarda antichit
Per la sua sepoltura l'imperatore fece costruire un mausoleo vicino alla chiesa dei Santi Apostoli, tra le reliquie di
questi ultimi.
Costantino considerato santo dalla chiesa cristiana ortodossa (ma non dalla Chiesa cattolica), che secondo il
Sinassario Costantinopolitano lo celebra il 21 maggio assieme alla madre Elena. La santit di Costantino non
riconosciuta dalla chiesa cattolica (infatti non riportato nel Martirologio Romano), che tuttavia celebra sua
madre[26] il 18 agosto.
Giuliano restauratore del Paganesimo
Nel IV secolo si consumarono gli ultimi contrasti tra pagani e cristiani. Nel 357 ci fu la contesa dell'Altare della
Vittoria, fatto rimuovere da Costante I, successore di Costantino, a discapito dei senatori che vi rendevano da diversi
secoli i giuramenti di fedelt allo Stato.
Dal 361 al 363 fu imperatore il nipote di Costantino I, Giuliano, anche noto come "l'apostata" dall'epiteto conferitogli
dalla tradizione cristiana a lui avversa. Egli era stato educato alla religione cristiana, ma torn al Paganesimo
favorendo i culti monoteistici legati al sole. Fu moderato e tollerante, non vess i cristiani ma tolse loro i privilegi
concessi da Costantino, cercando di contenere la loro influenza nella vita pubblica. La sua opposizione si manifest,
piuttosto che con la forza, con dotti trattati e con ostacoli alla carriera pubblica dei cristiani, sostenuto dai militari e
dall'aristocrazia senatoria.
La persecuzione del Paganesimo
Morto Giuliano in battaglia contro i Persiani, i seguaci di Cristo ebbero due imperatori dalla solida fede cristiana:
Graziano (375-383), che, consigliato da Ambrogio di Milano, fu il primo a rinunciare al titolo di pontifex maximus,
oltre a togliere la statua della Vittoria dal Senato e ad abolire le esenzioni fiscali ai collegi sacerdotali pagani; e
soprattutto Teodosio I (379-395), che dichiar il cristianesimo religione di Stato. A questi va aggiunto Magno
Massimo, usurpatore che govern tumultuosamente tra il 383 e il 388, che sostenne con zelo la nuova fede, facendo
giustiziare per esempio Priscilliano, vescovo eretico molto popolare in Spagna meridionale.
Tra il 391 e il 392 il Paganesimo venne di fatto proibito in tutto l'Impero. In alcune zone come l'Egitto si svolsero
negli anni seguenti delle vere e proprie persecuzioni dei pagani, con uccisioni e distruzione degli antichi luoghi di
culto, che restarono comunque un fenomeno circoscritto. Nel 397 Arcadio, imperatore d'Oriente, diede impulso alla
demolizione dei vecchi templi ed anche in occidente si ebbero delle devastazioni, ma mai incoraggiate dall'autorit.
Il vescovo di Roma cerc anzi di tutelare la sacralit dell'Urbe, senza rinnegare la memoria pagana dell'Impero, con
la prospettiva di incarnarne anzi l'eredit. Papa Damaso I per esempio promosse un'edilizia dall'estetica augustea.
La differenza di approccio al Paganesimo tra Oriente e Occidente si pu spiegare anche con la minore influenza degli
estremismi monastici in Occidente (quindi una maggiore inclinazione a una via moderata) e la prospettiva della
convivenza in Italia con la classe senatoria, roccaforte del Paganesimo, che ancora possedeva i grandi latifondi
provinciali, importanti nell'economia del tempo.

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Tarda antichit
Organizzazione delle prime Chiese
Inizialmente le comunit cristiane avevano una
struttura molto semplice. I nomi in greco di gran parte
dei suoi elementi di base sono indice della diffuzione
innanzitutto nell'Impero orientale del cristianesimo
(derivano dal greco chiesa, vescovo, liturgia, clero,
laico, bibbia, ecc.). I presbteroi erano letteralmente i
pi anziani, attorno ai quali si riunivano i fedeli per
imparare le Sacre Scritture. I Cristiani adottarono il
Vecchio Testamento ebraico, gi tradotto dal greco
almeno dal II o III secolo a.C., al quale si aggiunsero i
quattro Vangeli ufficiali, gli Atti degli Apostoli, le
Lettere degli Apostoli e l'Apocalisse. I nuovi testi erano
tutti stati scritti nella koin dilektos, il greco
internazionale dell'era ellenistica. La traduzione in
latino delle Sacre Scritture cristiane fu avviata pi volte
Ricostruzione dell'antica basilica di San Pietro in Vaticano, fondata
(ci restano frammenti del II e III secolo), ma
da Costantino I
completata solo tra il 385 e il 405, la cosiddetta Vulgata
di Sofronio Eusebio Girolamo, redatta dai testi originali in greco ed ebraico.
Tutti gli altri testi non compresi nelle Sacre Scritture, sebbene un "canone biblico" esista solo dal 1546, vennero detti
"apocrifi" (in greco "nascosti"), redatti in epoche successive e in vari idiomi (aramaico, siriaco, arabo, armeno,
copto...), che venivano variamente consultati e citati nei circoli cristiani.
Al periodo tra il II e il III secolo risalgono i resti archeologici delle prime domus ecclesiae, case private con ambienti
adattati alle riunioni dei cristiani ed al culto, mentre le prime basiliche cristiane risalgono all'inizio del IV secolo e
riprendono l'omonimo edificio pubblico romano.
Dopo l'Editto di Tessalonica (380), che sanciva l'adozione del cristianesimo quale religione di Stato, la Chiesa si
diede un'organizzazione in diocesi, che ricalcava la gerarchia romana e l'organizzazione burocratica del territorio dei
Romani. I concili si tenevano regolarmente quali grandi assemblee generali (ecumeniche, cio universali, o regionali)
durante le quali si discuteva di vari temi, che venivano poi applicati e verificati nel territorio con i singoli sinodi
diocesani. Gli argomenti trattati nei concili andavano da questioni religioso-filosofiche a temi politici e ecclesiastici.
I sacerdoti esistevano nella cultura ebraica fino alla distruzione del tempio di Salomone e vennero ripresi dai cristiani
attraverso quali punti di arrivo di un percorso iniziatico capaci di dispensare i sacramenti. La "santa cena",
sacramento dell'eucarestia, divenne presto il rito della celebrazione eucaristica, canonizzata nella sua struttura nel IV
secolo.

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Dottrine cristologiche

Il primo concilio di Nicea, arte bizantina

Per approfondire, vedi Dottrine cristologiche dei primi secoli.

Uno dei problemi che maggiormente afflisse la Chiesa dei primi secoli furono le questioni cristologiche, cio inerenti
alla natura di Cristo e collegate alla sostanza della nuova fede, cio alla definizione e al senso da dare alla dottrina da
professare. Una certa discordanza di dottrine a culti era naturale in un territorio cos vasto e influenzato da molteplici
culture, e si era manifestata fin dal I secolo, ma non era nuova per esempio anche per l'ebraismo. La passione per le
dispute filosofiche era d'altronde anche radicata nella filosofia greca, diffusa a livello popolare nel mondo ellenistico.
Dallo gnosticismo deriv il manicheismo, religione sincretica che fondeva vari elementi orientali. Ma la dottrina
eretica di maggior rilievo fu l'arianesimo, predicata nel IV secolo da Ario di Alessandria, secondo la quale Cristo era
il figlio di Dio a lui simile ma non identico, dal quale discendeva che Cristo non era un essere divino e Dio non si era
sacrificato per l'umanit sulla Croce. Questa dottrina venne condannata nel Concilio di Nicea (325), mentre il
nestorianesimo di Antiochia, che teorizzava una doppia natura umana e divina distinta in Ges, venne condannata
nel concilio di Efeso (431). Il caso di Ges come essere unicamente divino era invece predicato dal monofisismo,
condannato dal concilio di Calcedonia nel 451. Il dilagare di queste dottrine alternative non poteva per essere
arginato dai soli concili. Particolarmente preoccupante per gli esponenti della dottrina principale fu la conversione di
intere popolazioni da parte di missionari che aderivano a una dottrina cristologica, come la conversione
all'arianesimo di alcuni popoli germanici, o la diffusione del monifisismo in Siria, Egitto e Etiopia, dove ancora oggi
esistono alcune comunit, o del nestorianesimo dall'Arabia all'India fino alla Cina.
Il monaco irlandese Pelagio sostenne sul finire del IV secolo l'irrilevanza del peccato originale rispetto al libero
arbitrio; si oppose fermamente al pelagianesimo Agostino d'Ippona, fautore della "predestinazione" e della
dipendenza dell'uomo dalla grazia divina.

Tarda antichit
Chiesa di Roma e Chiesa di Costantinopoli
La divisione dell'impero si riflett anche nella Chiesa. Sebbene gi dal Concilio di Calcedonia fosse stato
riconosciuto il primato morale del vescovo di Roma (detto papa forse da un termine siriaco che indicava i sacerdoti),
derivante dal prestigio di Pietro apostolo, "Principe degli Apostoli" e primo vescovo dell'Urbe, considerata ancora
caput mundi, avversavano questo primato sia il Patriarca di Costantinopoli sia i metropoliti (vescovi delle diocesi
vicine). Le due pi prestigiose diocesi di Oriente, (Antiochia e Alessandria), orgogliose delle proprie tradizioni e
timorose di perdere le proprie specificit nell'ambito del mondo cristiano (entrambe erano profondamente influenzate
dal monofisismo), vedevano invece negativamente la supremazia di Costantinopoli all'interno dell'impero bizantino
e, alla vigilia del Concilio, avevano cercato invano di ottenere l'appoggio di Roma per far valere i propri diritti e la
propria autonomia.
Ma se da un lato la chiesa Occidentale facente capo a Roma era esposta a mille pericoli per il disgregarsi dell'autorit
imperiale, dall'altro si insedi nel vuoto istituzionale iniziando ad occuparsi anche di vicende politiche, cosa
impensabile per la Chiesa costantinopolitana, rigidamente controllata dall'imperatore che le concedeva spazio solo in
materia religiosa.
Altre differenze risiedevano nell'uso del latino (a Occidente) piuttosto che del greco (a Oriente), o nell'attitudine
pragmatica, meno speculativa e meno mistica della pars occidentis rispetto alla zona orientale.
A met del V secolo la Chiesa di Roma riusc a far valere il suo primato sulle altre chiese cristiane.[27] Durante il
pontificato di papa Leone I (441 - 462) infatti, la supremazia del vescovo di Roma sull'intero orbe cristiano fu sancita
dal Concilio di Calcedonia e accettata gradualmente dalle altre sedi vescovili. Divenuta ben presto un potere
parallelo a quello dell'imperatore, con un importante peso nella vita politica e istituzionale d'Occidente, riusc ad
attrarre nelle sue file fedeli di alto profilo culturale, spesso appartenenti alla casta senatoriale, come Cassiodoro. Tale
situazione permise all'Occidente romano, di sganciarsi relativamente presto dalla tutela imperiale e, pur
mantenendosi leale ai successori cristiani di Costantino, di badare soprattutto al rafforzamento della propria
autonomia dal governo centrale, fino a divenire punto di riferimento istituzionale per le nuove nazioni barbare[28]).
Secondo taluni, le popolazioni occidentali erano pi abituate di quelle orientali all'autonomia e all'autogoverno
(favorito anche dal municipalismo romano) e proprio questa caratteristica fin per aumentare le distanze tra il
governo centrale e la societ, favorendo la disgregazione dell'Impero romano d'Occidente nel V secolo e conducendo
all'emergere del feudalesimo medievale.[29]

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Monachesimo
Esperienza fondamentale nel panorama della cultura cristiana
quella del monachesimo, un modo di vivere la religione in maniera
"regolare", cio soggetta a seguire una regola. I monaci seguivano
l'indicazione di Cristo a disprezzare i beni terreni, infliggendosi un
"martirio incruento" fatto di rinunce e sacrifici.
Il monachesimo cristiano (dal greco monos, solo) si svilupp in
Egitto nel III secolo, ed era di tipo anacoretico, cio eremitico.
Essi abbandonavano le citt oppure si isolavano dal mondo senza
vagabondare, come gli stiliti. La Chiesa non amava molto queste
espressioni, perch estremizzavano la fede dando spesso origine a
deviazioni dottrinali ed a attriti con la societ.
Venne invece favorito il monachesimo "cenobitico", cio
comunitario, che ebbe un primo esempio di rilievo con Pacomio
(292-346) che fond una comunit nella regione egiziana del
deserto della Tebaide (320 circa), organizzata secondo una regola
con norme di comportamento spirituale e pratico. Altrettanto
importante fu il centro creato da Basilio Magno in Cappadocia.
Doppia rappresentazione di Simeone Stilita il Vecchio

In Occidente il monachesimo fu quasi esclusivamente cenobitico,


e seppe anche riorganizzare la produzione di generi alimentari
nelle campagne.

Diritto, usi e costumi


Per approfondire, vedi Diritto romano e Mos maiorum.

Le novit dell'intero sistema di diritto romano del periodo (da Diolceziano alla caduta dell'Impero romano
d'Occidente) sono qui sotto esposte:
Codice Teodosiano (Imperatoris Theodosiani Codex): il contraltare alla codificazione Giustinianea, in sedici libri
densi di diritto e innovazioni strutturali, tra cui il Liber Legum Novellarum Imperatoris Theodosi;
Titvli ex corpore Ulpiani [30]: la colossale opera di Eneo Domizio Ulpiano, in 29 titoli; un'opera di carattere
piuttosto elementare, destinata soprattutto all'insegnamento del diritto, contenuta in un manoscritto della
Biblioteca Vaticana. Secondo la dottrina prevalente, si tratta di una compilazione postclassica (con molta
probabilit dell'epoca di Diocleziano o Costantino) di passi rimaneggiati e rielaborati tratti da opere di Ulpiano.
Editto di Costantino e Licinio del 311-313
Constitvtiones Sirmondianae [31]: raccolta di 16 costituzioni imperiali, che disciplinano materie ecclesiastiche;
presero il nome dal primo loro editore, il gesuita Sirmond (1631). Emanate fra il 333 e il 425, non furono tutte
accolte nel Codice teodosiano, in appendice al quale vennero pubblicate da Theodor Mommsen.
Fragmenta Vaticana Fragmenta Vaticana [32], frammenti di un'ampia compilazione privata di costituzioni
imperiali e di passi desunti dalle opere di Papiniano, Ulpiano e Paolo. Il palinsesto fu scoperto nel 1821 dal
cardinale Mai nella Biblioteca Vaticana. Le costituzioni imperiali ivi riportate vanno dal 205 al 369 o al 372
Codice Ermogeniano degli anni 293-294.

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Esercito
Per approfondire, vedi Esercito romano, Difesa in profondit (esercito romano) e limes romano.

Il nuovo assetto organizzativo, tattico e strategico, che Diocleziano e Costantino I misero in atto, fu il frutto di una
inevitabile evoluzione che nella crisi del III secolo aveva trovato la causa ed in Gallieno il primo artefice per la
ricostruzione, due secoli dopo la grande riforma di epoca augustea. Tale nuovo assetto, frutto di un lento e graduale
ripensamento dell'intero apparato militare romano, fu poi conservato per tutto il IV ed il V secolo e presso l'Impero
romano d'Oriente sopravvisse almeno fino al VI secolo. Vi da aggiungere che la vera e propria riforma
dell'esercito, nelle sue gerarchie di comando e nella sua struttura interna (dalla formazione di nuove unit, a quella di
nuove tipologie di funzionari), fu inaugurata non tanto da Diocleziano, ma da Costantino I e proseguita dai suoi
successori.[33]
La strategia dei due imperatori pu essere considerata, col senno di poi, efficacissima nel breve termine (le incursioni
barbariche, infatti, vennero respinte senza problemi per buona parte del IV secolo), ma deleteria quanto ai suoi effetti
finali, dato che i costi enormi per il mantenimento dell'esercito finirono per pesare sempre di pi su una struttura
economica e produttiva gi in grave crisi. La pressione fiscale, infatti, aument a dismisura e spesso le legioni
romane non esitavano a procurarsi il necessario per mantenersi requisendo beni e depredando gli stessi cittadini che
in teoria erano chiamate a proteggere.[34]

Riforma di Diocleziano

Busto di Diocleziano (Museo Archeologico di


Costantinopoli).

Per approfondire, vedi Riforma dioclezianea dell'esercito romano.

La vera grande riforma militare di Diocleziano fu soprattutto di tipo politico.[35] Il nuovo imperatore dispose, prima
di tutto, una divisione del sommo potere imperiale, dapprima attraverso una diarchia (due Augusti, a partire dal
285/286) e poi tramite una tetrarchia (nel 293, tramite l'aggiunta di due Cesari),[18] compiendo cos una prima vera
"rivoluzione" sull'intera struttura organizzativa dell'esercito romano dai tempi di Augusto. Questa forma di governo a
quattro, se da un lato non fu cos felice nella trasmissione dei poteri (vedi successiva guerra civile), ebbe tuttavia il
grande merito di fronteggiare con tempestivit i pericoli esterni al mondo romano.[36] La presenza di due Augusti e

Tarda antichit
due Cesari facilitava, infatti, la rapidit dell'intervento armato e riduceva i pericoli che la prolungata assenza di un
unico sovrano poteva arrecare alla stabilit dell'Impero.
Diocleziano cre una vera e propria gerarchia militare sin dalle pi alte cariche statali, quelle dei "quattro"
Imperatori, dove il pi alto in grado era l'Augusto Iovio (protetto da Giove), assistito da un secondo Augusto
Herculio (protetto da un semidio, Ercole), a cui si aggiungevano i due rispettivi Cesari,[18] ovvero i "successori
designati".[35] In sostanza si trattava di un sistema politico-militare che permetteva di dividere meglio i compiti di
difesa del confine: ogni tetrarca, infatti, curava un singolo settore strategico e la sua sede amministrativa era il pi
possibile vicino alle frontiere che doveva controllare (Treviri e Milano in Occidente; Sirmio e Nicomedia in
Oriente[35]), in questo modo era possibile stroncare rapidamente i tentativi di incursione dei barbari, evitando che
diventassero catastrofiche invasioni come quelle che si erano verificate nel III secolo.
La nuova forma di governo messa in atto non era del tutto nuova per l'Impero romano: basti pensare alla prima
diarchia di Marco Aurelio e Lucio Vero della fine del II secolo.[36] da aggiungere che la divisione interna del
mondo romano in quattro diversi settori strategici (a sua volta suddiviso in 12 diocesi, con l'aggiunta di numerose
nuove province) port, tuttavia, inevitabilmente ad un aumento del numero degli effettivi,[37] con il conseguente
irrigidimento del servizio di leva obbligatorio[36] e l'introduzione del servizio di leva ereditario. Il numero delle
legioni non solo fu aumentato, ma fu meglio distribuito: si cominciarono a utilizzare sempre pi spesso loro
vexillationes, riducendo il numero degli effettivi della "legione madre" a vantaggio di sue "parti" inviate in altri
settori strategici, dai quali mai pi avrebbero fatto ritorno al "campo base".[36]
Anche il sistema difensivo dei confini venne reso pi elastico e "profondo": alla rigida difesa del vallum venne
aggiunta una rete sempre pi fitta di castella interni, collegati tra di loro da un pi complesso sistema viario (un
esempio su tutti: la strata Diocletiana in Oriente). In sostanza si pass da un sistema difensivo di tipo "lineare"[38] ad
uno "pi profondo" (sebbene non nelle proporzioni generate dalla crisi del III secolo, quando Gallieno e gli
imperatori illirici erano stati costretti dai continui "sfondamenti" del limes a far ricorso a "riserve" strategiche molto
"interne" rispetto alle frontiere imperiali), che vide un notevole ampliamento dello "spessore" del limes, il quale fu
esteso da una fascia interna del territorio imperiale ad una esterna, in Barbaricum, attraverso la costruzione di
numerose "teste di ponte" fortificate (anche oltre i grandi fiumi Reno, Danubio ed Eufrate), avamposti con relative
vie di comunicazione e strutture logistiche.[39]
Infatti, per la previdenza di Diocleziano tutto l'impero era stato diviso [...] in citt, fortezze e torri. Poich l'esercito era
posizionato ovunque, i barbari non potevano penetrarvi. In ogni sua parte le truppe erano pronte a opporsi agli invasori ed
a respingerli.
(Zosimo, II, 34.1.)

Una conseguenza di questa trasformazione delle frontiere fu anche l'aumento della protezione delle nuove e vecchie
strutture militari, che vennero adeguate alle nuove esigenze difensive (tale necessit non era cos urgente nei primi
due secoli dell'Impero romano, dedicati soprattutto alla conquista di nuovi territori). Le nuove fortezze cominciarono
cos ad essere costruite, o ricostruite, in modo pi compatto nelle loro dimensioni (riducendone il perimetro
complessivo), pi solide nello spessore delle loro mura (in alcuni casi si pass da uno spessore di 1,6 metri a 3,4
metri, come nel caso della fortezza di Sucidava) e con un maggior utilizzo di torri esterne, per migliorarne la
difesa.[39]
Diocleziano, in sostanza, non solo intraprese una politica a favore dell'aumento degli effettivi, ma anche volta a
migliorare e moltiplicare le costruzioni militari del periodo, sebbene queste ultime siano risultate, sulla base dei
ritrovamenti archeologici, meno numerose di quanto non abbiano raccontato gli antichi[40] ed i moderni.[36]
L'aspetto complessivo che l'esercito assunse conseguentemente all'operato di Diocleziano, lodato dallo storico
Zosimo, quello di un apparato quantitativamente concentrato lungo le frontiere,[41] che nello stesso tempo per
manteneva un ristretto nucleo mobile centrale qualitativamente eccelso (un'evoluzione ulteriore di quanto aveva fatto
Settimio Severo, con il posizionamento della legio II Parthica nei castra Albana, poco distante da Roma), il

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comitatus. Diocleziano, infatti, perfezion ci che di buono era stato "riformato" sotto Gallieno e gli imperatori
Illirici (da Aureliano a Marco Aurelio Probo, fino a Marco Aurelio Caro), i quali avevano adattato l'esercito alle
esigenze della grande crisi del III secolo. Egli, difatti, trasform la "riserva strategica mobile" introdotta da Gallieno
in un vero e proprio "esercito mobile" detto comitatus[42] ("compagnia"), nettamente distinto dall'"esercito di
confine" o limitaneo. Probabilmente il comitatus dioclezianeo era costituito da due vexillationes (Promoti e Comites)
e da tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii), mentre la "riserva strategica mobile" di Gallieno era costituita
unicamente da vexillationes.[43]

Perfezionamento di Costantino

Testa colossale dell'imperatore romano Costantino I,


innovatore delle forze armate romane.

Per approfondire, vedi Riforma costantiniana dell'esercito romano.

Le prime vere modifiche apportate da Costantino I nella nuova organizzazione dell'esercito romano, furono effettuate
subito dopo la vittoriosa battaglia di Ponte Milvio contro il rivale Massenzio nel 312. Egli infatti sciolse
definitivamente la guardia pretoriana ed il reparto di cavalleria degli equites singulares e fece smantellare
l'accampamento del Viminale.[44] Il posto dei pretoriani fu sostituito dalla nuova formazione delle schole palatine, le
quali ebbero lunga vita poi a Bisanzio ormai legate alla persona dell'imperatore e destinate a seguirlo nei suoi
spostamenti, e non pi alla Capitale.[45]
Una nuova serie di riforme furono poi portate a termine una volta divenuto unico Augusto, subito dopo la sconfitta
definitiva di Licinio nel 324.[45] Il percorso che egli comp, fu per graduale nel corso degli ultimi tredici anni di
regno (dal 324 al 337, anno della sua morte). La guida dell'esercito fu sottratta ai prefetti del Pretorio, ed ora affidata
a: il magister peditum (per la fanteria) ed il magister equitum (per la cavalleria).[46] I due titoli potevano tuttavia

Tarda antichit
essere riuniti in una sola persona, tanto che in questo caso la denominazione della carica si trasformava magister
peditum et equitum o magister utriusque militiae[47] (carica istituita verso la fine del regno, con due funzionari
praesentalis[33]).
I gradi pi bassi della nuova gerarchia militare prevedevano, oltre ai soliti centurioni e tribuni, anche i cosiddetti
duces,[46] i quali avevano il comando territoriale di specifici tratti di frontiera provinciale, a cui erano affidate truppe
di limitanei.
Costantino, poi, aument ancora di pi gli effettivi dell'esercito, che arrivarono a contare fino a 600.000 uomini (con
Diocleziano erano circa 400.000 i legionari),[48] e, come abbiamo visto sopra, suddivise l'"esercito mobile" in
"centrale" (unit palatinae) e "periferico" (unit comitatenses).[49][50]
Egli, oltre ad apportare la suddetta divisione dell'"esercito mobile", rovesci l'assetto complessivo dell'apparato
bellico romano definito dal suo predecessore Diocleziano: fu espansa a dismisura la componente mobile ed
indebolita quella di frontiera.[41] In particolare, secondo lo storico Zosimo, questo nuovo assetto fu la causa del
progressivo stanziamento delle popolazioni barbariche nei territori imperiali, nonch il degrado dei centri urbani in
cui venivano acquartierate truppe eccessivamente numerose. Zosimo si lamentava, infatti, che lo stesso imperatore
avesse rimosso dalle frontiere la maggior parte dei soldati, per insediarli nelle citt (si tratta della creazione dei
cosiddetti comitatenses):[51]
...citt che non avevano bisogno di protezione, priv del soccorso quelle minacciate dai barbari [lungo le frontiere] e
procur alle citt tranquille il danno generato dalla soldataglia, per questi motivi molte citt risultano deserte. Lasci
anche che i soldati rammollissero, frequentendo i teatri, ed abbandonandosi alla vita dissoluta.
(Zosimo II, 34.2.)

Nell'evoluzione successiva il generale in campo svolse sempre pi le funzioni di una sorta di ministro della guerra,
mentre vennero create le cariche del magister equitum praesentalis e del magister peditum praesentalis ai quali
veniva affidato il comando effettivo sul campo.
In genere le unit palatinae costituivano l'esercito dedicato ad un'intera Prefettura del Pretorio, mentre le unit
comitatenses costituivano l'esercito dedicato ad una singola Diocesi nell'ambito della Prefettura. Analogamente
confer all'"esercito di confine" una connotazione pi peculiare: le unit che lo costituivano furono definite limitanee
(stanziate lungo i limes) e riparienses (operanti lungo i fiumi Reno e Danubio) (in epoca teodosiana alcune di esse
furono rinominate pseudocomitatenses quando trasferite nell'"esercito mobile").
L'ultima profonda modifica apportata all'esercito, a seguito della quale esso assumeva definitivamente la forma
riportata nella Notitia Dignitatum, fu quella realizzata nel 365 da Valentiniano I (Augustus senior presso Milano) e
suo fratello Valente (Augustus iunior presso Costantinopoli). Essi si spartivano presso la localit di Naessus le unit
militari dell'Impero, le quali venivano fisicamente smembrate in due met dette rispettivamente "senior" (assegnate a
Valentiniano I) e "iunior" (assegnate a Valente).[52]

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Organizzazione ai tempi della Notitia Dignitatum (inizi V secolo)

L'impero romano all'epoca della morte di Teodosio I nel 395, con la divisione
amministrativa dell'impero in prefetture e diocesi.

Per approfondire, vedi Diocesi (impero romano) e Notitia Dignitatum.

La nuova organizzazione politico/militare descritta dalla Notitia Dignitatum fu certamente il frutto di una lunga
evoluzione durata circa un secolo, dalle dodici Diocesi di Diocleziano, passando attraverso il sistema costantiniano,
per concludersi con la definitiva divisione dell'Impero romano in Occidentale ed Orientale voluta da Teodosio I ed in
tredici diocesi.
Parte orientale
Ecco come risulta suddivisa la scala gerarchica della parte Orientale, dove all'Imperatore rispondevano due prefetti
del Pretorio, oltre a un Praefectus urbis Constantinopolitanae, un Magister officiorum ed un Comes domesticorum:
1. Praefectus praetorio Orientis, da cui dipendevano tre Vicari per le Diocesi Asiana, Pontica e Thracia, mentre
quelle dell'Aegypttus e d'Oriente erano controllate direttamente dal Prefetto del Pretorio.[53] Le quattro diocesi
erano a loro volta divise in province, governate da un Proconsul, dodici Consulares, un Corrector e trentadue
Praesides.[53] Le province dell'Egitto erano cinque,[54] dell'Asia dieci,[55] Pontiche dieci[56] e sei della Tracia,[57]
mentre le quindici province orientali erano governate direttamente dal Prefetto del Pretorio Orientis[58]
2. Praefectus praetorio Illyrici, da cui dipendevano un Vicarius per la Diocesi di Macedonia, mentre quella della
Dacia era controllata direttamente dal Prefetto del Pretorio.[53] Le due diocesi erano a loro volta divise in
province, governate da un Proconsul, tre Consulares, un Corrector e otto Praesides.[53] Le province della Dacia
erano cinque[59] e quelle della Macedonia sei.[60]
A questa struttura seguiva parallelamente una conseguente divisione territoriale delle forze militari, come segue:
1. Magister militum praesentalis I, che controllava due Duci per l'Egitto[53] (Dux Thebaidos[61] e Dux Libyarum) e
un Comes limitis Aegypti;[53]
2. Magister militum praesentalis II, da cui dipendeva un Duce per il Ponto[53] (Dux Armeniae) ed un altro Comes
per Isauriam;[53]
3. Magister militum per Orientem, da cui dipendevano sei Duci per l'Oriente (Dux Foenicis,[62] Dux Syriae,[63] Dux
Palaestinae,[64] Dux Osrhoenae,[65] Dux Mesopotamiae,[66] Dux Arabiae[67]);[53]
4. Magister militum per Thracias, da cui dipendevano due Duci per la Tracia[53] (Dux Moesiae secundae e Dux
Scythiae);
5. Magister militum per Illyricum, da cui dipendevano due Duci per l'Illirico[53] (Dux Daciae ripensis e Dux
Moesiae primae).

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Parte occidentale
In Occidente la divisione era leggermente differente. All'Imperatore rispondevano sempre due prefetti del Pretorio,
oltre a un Praefectus urbis Romae, un Magister officiorum e un Comes domesticorum, come segue:
1. Praefectus praetorio Italiae, da cui dipendevano tre Vicari per le Diocesi della citt di Roma, d'Italia e
d'Africa.[68]
2. Praefectus praetorio Galliarum, da cui dipendevano tre Vicari per le Diocesi delle Septem Provinciae, delle
Spagne e delle Britannie.[68]
A questa struttura seguiva parallelamente una conseguente divisione territoriale delle forze militari, ma considerando
anche che le forze andavano suddivise tra fanteria (Magister peditum praesentalis) e cavalleria (Magister equitum
praesentalis), come segue:
1. un Numerus intra Italiam,[69] a capo di: un Comes Italiae e un Dux Raetiae primae et secundae;[68][70]
2. un Numerus intra Gallias,[69] a capo dei seguenti funzionari militari: Magister equitum per Gallias, Comes
tractus Argentoratensis, Dux Belgicae secundae, Dux Germaniae primae, Dux Mogontiacensis, Dux Sequanicae,
Dux tractus Armoricani et Neruicani;[68][70]
3. un Numerus intra Illyricum,[69] alle cui dipendenze troviamo: il Comes Illyrici, il Dux Pannoniae secundae, il
Dux Valeriae ripensis e il Dux Pannoniae primae et Norici ripensis;[68][70]
4. un Numerus intra Hispanias,[69] sottoposto al Magister militum praesentalis,[68][70] da cui dipendeva un Comes
Hispaniae;[68][70][71][72]
5. un Numerus intra Tingitaniam,[69] da cui dipendeva il Comes Tingitaniae;[68][70]
6. un Numerus intra Africam,[69] da cui dipendeva il Comes Africae, il Dux limitis Mauretaniae Caesariensis ed il
Dux limites Tripolitani;[68][70]
7. un Numerus intra Britannias,[69] da cui dipendeva il Comes Britanniarum, il Comes litoris Saxonici per
Britannias ed il Dux Britanniarum.[68][70]

Economia
Per approfondire, vedi Economia dell'Impero romano.

Se il III secolo fu un periodo di profonda crisi, il IV fu contraddistinto da una notevole ripresa non solo culturale ma
anche economica,[73] grazie soprattutto al ritorno all'ordine politico dovuto all'opera di Diocleziano e Costantino
dopo il disastroso periodo dell'anarchia militare precedente. Tale ripresa fu pi vigorosa nella parte orientale
dell'Impero, mentre in Occidente, interess soprattutto il Nordafrica, la Gallia Meridionale, alcune aree dell'Hispania
e della Britannia. A partire dalle prime prime invasioni barbariche del V secolo (devastanti furono quelle del
406-407 nelle Gallie e del 408-410 in Italia) inizi, nella parte occidentale, una lunga e progressiva decadenza ed
agonia a livello di produzione agricola e di traffici commerciali, che insieme al calo demografico (dovuto a guerre,
carestie ed epidemie) ed alla crisi delle citt port gradualmente ad un sistema economico chiuso ed autarchico
(iniziatosi a manifestare fin dal III secolo), ovvero al sistema economico curtense dell'Alto Medioevo. Per l'Impero
romano d'Oriente il V secolo fu invece un'epoca di sviluppo economico che si protrasse anche per buona parte del
VI. A partire dal 540 - 550 circa, tuttavia, una profonda crisi demografica ed economica invest ampie regioni del
mondo bizantino, ripercuotendosi soprattutto sulle aree urbane, che, salvo contate eccezioni, entrarono in un secolare
processo di decadenza.

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Agricoltura: crisi della produzione, spopolamento delle campagne e colonato


Per approfondire, vedi Crisi del III secolo, Iugatio-capitatio e Colonato.

La crisi produttiva, i cui sintomi si erano gi evidenziati durante l'Alto Impero, si manifest in tutta la sua virulenza
nel III secolo con l'accentuarsi dell'instabilit politica. Le guerre civili e le scorrerie barbariche dell'epoca finirono
per devastare anche le regioni pi fertili e le campagne cominciarono a spopolarsi (fenomeno degli agri deserti),[74]
anche perch i piccoli proprietari terrieri, che gi non se la passavano bene, dovevano affrontare da una parte i costi
dovuti al mantenimento di interi eserciti che transitavano sui loro territori, dall'altra un peso fiscale diventato sempre
pi intollerabile (basti pensare all'introduzione da parte di Diocleziano della iugatio-capitatio[75]). Nel IV secolo la
crisi agricola fu in gran parte riassorbita, grazie anche allo sviluppo del colonato (i latifondi furono suddivisi in
piccoli lotti, affidati a coltivatori o coloni provenienti dalla categoria degli schiavi o dei braccianti salariati, che si
impegnavano a cedere una quota del prodotto al padrone e a non abbandonare il fondo) che permise di recuperare
alla produzione terreni prima trascurati: lo schiavo era incentivato ad accettare questa condizione giuridica perch
aveva qualcosa di proprio che gli permetteva nutrire s e la sua famiglia (evitando anche il rischio dello
smembramento del nucleo familiare per vendite separate), il lavoratore libero invece ebbe di che vivere, anche se
dovette rinunciare a gran parte della propria autonomia perch obbligato a prestare i propri servizi secondo le
esigenze del latifondista che gli aveva affidato in affitto la propria terra. Tuttavia anche l'istituto del colonato
presentava evidenti limiti.[76] Molta gente, infatti, disperata ed esasperata dalle guerre e dagli eccessi della
tassazione, si diede al brigantaggio (in Gallia i contadini ribelli furono detti bagaudi, in Africa nacque il movimento
dei circoncellioni), taglieggiando viandanti e possidenti ed intercettando i rifornimenti, con grave aumento del danno
per l'economia. Come se non bastasse, ricomparvero, soprattutto nel V e VI secolo malaria e peste (tenute sotto
controllo nell'Alto Impero), che infierirono su popolazioni ormai indebolite dalle guerre e dalle endemiche carestie.
Il risultato fu una grave crisi demografica ed economica, che colp non solo le campagne, ma anche le citt, dove
erano confluiti i contadini fuggiti dai campi.
Generalmente gli studiosi contemporanei (da Piganiol a Brown, da Maier ad Heather) concordano sul fatto che
l'economia agricola tardo-imperiale entr in un irreversibile processo di decadenza, in Occidente, non prima del V
secolo. Peter Heather, ad esempio, sulla base di evidenze archeologiche e rilevamenti aerei, sostiene che, lungi
dall'essere in declino, nel IV secolo la produzione agricola raggiunse forse il picco della sua produzione in tutta la
storia romana. Il primo a smentire un'agricoltura in crisi nel IV secolo fu l'archeologo Tchalenko alla fine degli anni
cinquanta: lo studioso scopr nei pressi di Antiochia dei ruderi appartenenti a villaggi un tempo popolati da una
popolazione di contadini abbastanza abbienti da potersi permettere case di ottima qualit; l'analisi dei resti permisero
di ricavare che la popolazione di quei villaggi aveva raggiunto il massimo della sua prosperit proprio all'inizio del
IV secolo, mantenendoli fino al VII secolo senza mai declinare. Rilevamenti aerei successivi, secondo Heather,
"hanno confermato che i villaggi siriani scoperti da Tchalenko non sono affatto un caso isolato di prospera comunit
agricola tardoimperiale".[77] Per esempio, sia le province africane che quelle della Spagna e della Gallia meridionale,
nonch la Britannia, conobbero un periodo di crescita dei livelli di produzione agricola nel IV secolo. Secondo
Heather, "le uniche zone in cui i livelli di prosperit non raggiunsero nel IV secolo il massimo o quasi dell'intera et
romana sono l'Italia e... la Gallia Belgica e la Germania Inferiore..."[78] Le province di frontiera sul Reno, infatti,
erano sottoposte a continue incursioni da parte dei barbari, mentre l'economia dell'Italia declin nel tardo impero a
causa della concorrenza con le province.[79] Secondo Heather le testimonianze delle fonti non necessariamente sono
in contrasto con le evidenze archeologiche: gli "agri deserti", lungi dall'essere aree un tempo coltivate ma poi
abbandonate a causa dell'eccessivo fiscalismo, potrebbero essere state zone perennemente incolte come ad esempio
territorio desertico.[80]

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Commercio: disavanzo commerciale, crisi dei traffici ed inflazione


Dato che nei primi secoli dell'et imperiale l'acquisto di
enormi quantit di prodotti di lusso provenienti dalle
regioni asiatiche era stato regolato con monete,
soprattutto d'argento (monete romane sono state trovate
anche in regioni molto lontane), la continua fuoriuscita
di metallo prezioso (non bilanciata dalla produzione
delle miniere, visto che i giacimenti erano ormai in
esaurimento dopo secoli di sfruttamento) fin per
determinare nel Tardo Impero una rarefazione dell'oro
e dell'argento all'interno dei confini imperiali,
accelerando cos la perversa spirale di diminuzione
della quantit effettiva di metallo prezioso nelle monete
coniate dai vari imperatori.[81]
Il fenomeno della svalutazione monetaria, gi praticato
dagli imperatori nel corso dell'Alto Impero per
diminuire la spesa pubblica reale, proprio negli anni
settanta del III secolo cominci a causare bruschi aumenti[82] nell'inflazione (accentuata dalla rarefazione delle
merci, dovuta all'insicurezza diffusa nei traffici e nella produzione) e maldestri tentativi di porvi rimedio:
l'imperatore Diocleziano[83] prima nel 286 tent di stabilizzare la moneta coniando una buona moneta d'oro,
l'aureus,[84] che tuttavia spar subito dalla circolazione (venne tesaurizzata o fusa, in quanto non c'era fiducia nella
stabilizzazione del mercato), poi nel 301 decise di imporre un calmiere (Editto sui prezzi massimi), che venne per
subito eluso dalla speculazione (un fenomeno che adesso chiameremmo "mercato nero"). Un esempio dell'esplosione
dei prezzi ce lo fornisce indirettamente Eberhard Horst:
Lapide con parte del testo dell'editto sui prezzi massimi di
Diocleziano, al Pergamonmuseum di Berlino.

Due cammelli, che erano costati 500 dracme nel 144, ne costavano 134.000 nel 289; una schiava, che nel 129 si poteva
acquistare per 1.200 dracme, sal al prezzo di 90.000 nel 293.
(Eberhard Horst, Costantino il Grande, Milano 1987, p. 25.)

Un secondo fattore che comport la crisi commerciale, invece, furono le continue incursioni barbariche e lo sviluppo
del brigantaggio, che provocarono gradualmente la chiusura dei circuiti commerciali mediterranei, a loro volta
tendenti a circoscriversi progressivamente in aree pi ristrette. Si arriv, cos, a ripristinare gli scambi e le tasse in
natura e in natura si pagavano i soldati, mediante l'erario militare. Ma il problema che cominciavano a scarseggiare
anche le risorse naturali, a causa della crisi dell'agricoltura. La frammentazione politica seguita alle invasioni
barbariche del V secolo provoc, infine, la definitiva rottura delle relazioni commerciali all'interno del Mediterraneo,
che contribu ad accelerare il rapido abbassamento delle condizioni di vita ed il netto calo demografico nella parte
occidentale dell'Impero.

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Riforme monetarie

Le zecche romane al tempo della tetrarchia di Diocleziano (285-305) e delle


successive guerra civile (306-324).

Per approfondire, vedi Riforma monetaria di Diocleziano e zecche romane.

La riforma monetaria di Diocleziano, vide anche la creazione di una nuova serie di zecche imperiali dopo quelle
sorte durante il precedente periodo dell'anarchia militare. Erano distribuite nelle diverse province, ad eccezione della
Hispania (le principali): ad Alessandria, Antiochia, Aquileia, Cartagine, Londinium, Mediolanum, Nicomedia,
Sirmium e Tessalonica.
L'aureo torn ad un peso di 1/60 di libbra (= 5,45 g),[85] fu introdotta una moneta in argento (attorno al 294[86]), detta
denarius argenteus, con un peso pari a 1/96 di libbra[86] ossia 3,41 g, tornando al peso della riforma monetaria di
Nerone, peraltro con un titolo pari al 95%, altissimo per quell'epoca.[86] Riguardo poi alle monete in bronzo o rame,
l'antoniniano venne sostituito da una moneta chiamata follis del peso medi di circa 9,72 (con valori compresi tra 11 e
8,5 g)

Economia e societ: fiscalit, professioni e disuguaglianza giuridica


Il costo crescente dell'esercito nel Tardo Impero (erano necessari continui aumenti di stipendio ed elargizioni per
tenerlo quieto)[87] e le spese della corte e della burocrazia (aumentata anch'essa in quanto al governo servivano
sempre pi controllori che combattessero l'evasione fiscale ed applicassero le leggi nella vastit dell'Impero), non
potendo pi ricorrere troppo alla svalutazione monetaria che aveva causato tassi d'inflazione incredibili, si
riversarono, soprattutto tra il III ed il IV secolo (quando le dimensioni dell'esercito furono vicine ai 500.000 uomini
in armi, se non di pi), sulle imposte con un intollerabile peso fiscale[88] (riforma fiscale di Diocleziano attraverso
l'introduzione della iugatio-capitatio nelle campagne e altre imposizioni fiscali per i centri urbani). Dato che i
nullatenenti non avevano niente ed i ricchi contavano su appoggi e corruzione[89] chi ne pag il costo furono il ceto
medio (piccoli proprietari terrieri, artigiani, trasportatori, mercanti) e gli amministratori locali (decurioni), tenuti a
rispondere in proprio della quota di tasse fissata dallo Stato (indizione[90]) a carico della comunit per evitare
l'evasione fiscale. L'evergetismo, che era un munifico e magnifico vanto, divent sempre pi una obbligazione
imposta dal governo centrale. Le cariche pubbliche, che in precedenza erano ambite, significavano nel Tardo Impero
gravami e rovina. Per arrestare la fuga dal decurionato, dalle professioni e dalle campagne, che divenne generale
proprio con l'inasprimento della pressione fiscale tra il III ed il IV secolo, lo Stato vincol ciascun lavoratore e i suoi
discendenti al lavoro svolto fino ad allora,[91] vietando l'abbandono del posto occupato (fenomeno delle "professioni
coatte", che nelle campagne finir per dare avvio, attraverso il colonato, a quella che nel Medioevo verr chiamata

Tarda antichit
"servit della gleba"). L'avanzamento sociale (possibile solo con la carriera militare, burocratica o ecclesiale) non
derivava dalla competizione sui mercati, bens dai favori provenienti dall'alto. comprensibile, a questo punto, che
molti considerassero l'arrivo dei barbari non tanto una minaccia, quanto una liberazione. Ormai si era scavato un
solco profondo tra uno Stato sempre pi invadente e prepotente (soprusi dell'esercito e della burocrazia) e la societ.
Lo Stato che nel V secolo croll sotto l'urto dei barbari era uno Stato ormai privo di consenso.[92]
Quando le popolazioni germaniche occuparono i territori dell'Impero d'Occidente, si trovarono di fronte una societ
profondamente divisa tra una minoranza di privilegiati e una massa di povera gente. La distanza sociale prima
esistente tra lavoratori liberi e schiavi si era, infatti, ridotta notevolmente con l'istituzione del colonato: entrambi
erano dipendenti nella stessa misura dal ricco proprietario del fondo agricolo. Anche questo fenomeno, quindi,
contribu alla biforcazione della societ nelle due principali categorie sociali del Tardo Impero, profondamente
differenti non solo per il censo (poveri e ricchi), ma anche per le condizioni giuridiche (con il fenomeno delle
professioni coatte, infatti, la distanza economica tra classi ricche e classi povere divenne anche una distinzione di
diritto, fissata dalla legge): gli "inferiori" (humiliores), cui appartenevano la massa dei coloni e dei proletari urbani, e
i "rispettabili" (honestiores), cui appartenevano i grandi proprietari terrieri ed i vertici della burocrazia militare e
civile. Solo agli humiliores erano riservate le punizioni pi dure ed infamanti, come la fustigazione e la pena di
morte.

Situazione economica e sociale dell'Occidente


La maggior parte dell'Occidente romano non conobbe, durante il tardo Impero, lo stesso sviluppo dell'Oriente, che si
protrasse fino a circa la met del VI secolo. L'Occidente era infatti pi lontano dalle grandi correnti commerciali del
resto del mondo, il ceto medio contadino si era andato impoverendo e la struttura sociale era polarizzata tra classi
molto abbienti ed altre poverissime, con i ceti medi urbani che non avevano la stessa consistenza numerica ed
influenza che in Oriente. Nel III secolo la Gallia settentrionale e la Rezia, erano state soggette a frequenti scorrerie
barbariche e lo spopolamento e le devastazioni delle campagne furono molto pi accentuate che in altre province. In
Spagna la produzione di olio and sempre pi diminuendo, mentre le grandi miniere chiusero del tutto gi verso la
fine del IV secolo. Tuttavia in questo stesso secolo, come si gi accennato, alcune importanti aree occidentali
conobbero un notevole sviluppo: fra queste la Spagna orientale, la Gallia meridionale e l'Africa. La stessa Pannonia
poteva contare su vivaci mercati dovuti alla presenza dei soldati-consumatori delle legioni sul limes danubiano,
nonostante fosse spesso soggetta alle incursioni germano-sarmatiche, che precedettero l'invasione degli Unni. La
Britannia non fu sfiorata dalla crisi del III secolo (nelle campagne attorno a Londinium sorsero ricche residenze
rurali in quel periodo) e conobbe forse la sua epoca pi florida nel secolo successivo, ma dopo l'abbandono delle
truppe romane agli inizi V secolo croll del tutto sotto l'urto delle invasioni degli Angli e dei Sassoni. Tra le province
della sezione occidentale quella pi prospera fu sicuramente l'Africa proconsolare, la cui maggiore ricchezza
derivava dalla ingente produzione d'olio nei latifondi (la met delle terre apparteneva a una decina di grandi
latifondisti): Cartagine rimase a lungo la quinta citt dell'Impero, dopo Roma, Costantinopoli, Alessandria e
Antiochia. Ma nella prima met del V secolo anche l'Africa non seppe resistere alle scorrerie dei beduini del deserto
e all'invasione dei Vandali. L'Italia infine, che da tempo non rappresentava la regione pi ricca dell'Impero, rimase in
gran parte al margine della ripresa del IV secolo. Alcune citt del nord, tuttavia, si svilupparono notevolmente
(Milano e, successivamente, Ravenna), altre conservarono la propria importanza (Aquileia) o buona parte della
propria popolazione (Roma), altre ancora, come Ostia, continuarono ad ospitare nel proprio porto flotte cariche di
generi alimentari che l'Annona distribuiva alle plebi turbolente che popolavano l'Urbe. La maggior parte del suolo
italico tuttavia, fu colpita da un ristagno economico e demografico che coinvolse non solo molti centri urbani, ma
anche, e soprattutto, le campagne.

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Crisi urbana e demografica in Occidente


La forte instabilit politica, i saccheggi delle soldataglie romane (nel corso delle guerre civili) o barbariche, la stasi
produttiva e l'insicurezza dei traffici impoverirono nel corso del Tardo Impero i ceti medi cittadini (artigiani e
commercianti), i quali dovevano far fronte anche alla necessit di sfamare le moltitudini di contadini immigrati in
citt dalle campagne in seguito alla crisi dell'agricoltura. Fino alla fine del IV secolo la parte occidentale dell'Impero
era riuscita a sopperire in parte a questa esigenza grazie all'evergetismo[93] dei notabili, ma di fronte alla crisi furono
proprio le distribuzioni gratuite di denaro o generi alimentari ad essere tagliate. dal regno di Onorio in poi si prefer
fare beneficenza alla Chiesa, che nel V secolo si sostitu alle istituzioni statali nelle opere di carit, se non
nell'amministrazione di molti centri urbani dell'Impero romano d'Occidente. In quello stesso periodo, o ancor prima,
i senatori latifondisti ed i ricchi imprenditori (banchieri, armatori, alti funzionari), che avevano privilegi esorbitanti e
vivevano di rendita in un lusso sfarzoso, cominciarono a preferire la vita in campagna a quella in citt. Nei loro stessi
latifondi cominciarono a concentrarsi attivit industriali ed artigianali, capaci di renderli autosufficienti (la
conseguenza fu un'ulteriore riduzione delle opportunit di lavoro per i ceti medi cittadini, gi in difficolt per la crisi
dei traffici commerciali) e, nel caos generale che anticip la caduta dell'Impero romano d'Occidente, iniziarono a
provvedere da s alla tutela delle loro propriet, assoldando eserciti privati (i cosiddetti buccellarii). Lo Stato fin per
affidare loro quei compiti che non era pi in grado di assolvere, come la riscossione delle tasse dei coloni e dei
contadini rimasti liberi nei villaggi, che si affidavano ormai a loro per la protezione delle proprie famiglie (fenomeno
del patronato): su queste basi si svilupper la signoria feudale nel Medioevo. A partire dal V secolo la vita urbana in
Occidente, pur se con alcune importanti eccezioni, fra cui Ravenna, capitale imperiale dal 402,[94] entr in un
processo di decadenza di lunga durata che si sarebbe protratto fino al X o XI secolo e che avrebbe coinvolto anche le
campagne. In alcune aree, come l'Italia, si assistette ad un crollo demografico senza precedenti che raggiunse forse il
suo culmine nel corso del VI secolo. All'indomani della guerra gotica l'Italia, ridotta ormai ad un'economia di
sussistenza, ospitava meno di met della popolazione che possedeva in et augustea, mentre Roma, che ancora
all'inizio del V secolo aveva con ogni probabilit una popolazione che oscillava fra i 700.000 e il milione di
abitanti,[95] accoglieva entro le sue mura solo alcune decine di migliaia di residenti.

Prosperit dell'Impero romano d'Oriente


Per approfondire, vedi Impero bizantino.

Quando nel 330 Costantino trasform Bisanzio in una nuova capitale, Nova Roma, conosciuta ben presto come
Costantinopoli, l'Urbe aveva gi cessato da alcuni decenni di essere il centro politico ed economico
dell'impero(Ruffolo 2004,p. 153). Costantinopoli, pur non riuscendo mai ad eguagliare Roma in numero di abitanti
(Cameron 1996,p. 32), fu, dal punto di vista economico, molto pi vivace di quest'ultima. Non solo luogo del
consumo, ma autentica capitale dei traffici e delle produzioni, mantenne questo ruolo, sia pure tra infinite
vicissitudini, per un periodo di pi di mille anni, fino alla caduta per mano turca nel 1453. Pi in generale,
nell'Impero romano d'Oriente il sistema produttivo era ancora efficiente, gli scambi commerciali pi vivaci, ed il
declino delle citt molto meno accentuato che in Occidente (l'eccezione era rappresentata dalle citt della Grecia,
ormai impoverite da lunghi secoli di decadenza ed incapaci di riprendersi del tutto dopo i saccheggi dei Goti e dei
Sarmati nel III secolo). L'economia urbana si reggeva sulla prosperit delle campagne, dove opportune misure
garantirono la sopravvivenza della piccola propriet (soprattutto in Anatolia, Siria, Palestina ed Egitto) contro
l'estendersi dei latifondi,[96] con notevoli vantaggi per la produzione e la demografia (oltre a Costantinopoli, vale la
pena citare fra le citt pi popolose Antiochia, Alessandria d'Egitto e Nicomedia). La disponibilit di moneta era poi
garantita dalle esportazioni e sorresse l'artigianato e la piccola industria, gestiti o controllati dallo Stato. Furono cos
superate le difficolt derivanti dall'alto costo dei trasporti e dalla stasi dei commerci durante i frequenti conflitti. Lo
Stato non riusc invece a risolvere il male tipico del Tardo Impero: l'eccessivo fiscalismo per le spese dell'esercito e
della burocrazia. In ogni caso, l'Impero romano d'Oriente o Impero bizantino riusc a resistere meglio agli assalti dei

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barbari, perch pi ricco di uomini e di risorse, meglio difendibile e meglio organizzato sul piano politico (autocrazia
e centralismo bizantini: l'imperatore d'Oriente si considerava il vicario di Dio in terra, il che lo poneva al vertice non
solo della gerarchia civile, ma anche di quella ecclesiastica. Si trattava di un dispotismo accettato senza problemi
dalle popolazioni mediorientali ed egiziane, abituate da secoli all'adorazione sacrale del potere supremo. A
differenza che in Occidente, il consenso e la subordinazione all'imperatore erano favoriti, nell'Oriente romano, anche
dall'atteggiamento devoto della Chiesa orientale, che identificava le proprie fortune con la tenuta del governo
centrale.

Crisi urbana e demografica in Oriente


L'Oriente romano si articolava, fino ad et giustinianea, in una fitta e prospera rete urbana, salvo nei Balcani, dove
fin dalla met VI secolo, a seguito delle invasioni degli Unni, Avari e Ostrogoti la vita cittadina venne duramente
colpita[97] e molte citt si erano andate spopolando oppure si erano ridotte ad agglomerati di ridotte dimensioni,
come Tessalonica, la quale rimase in piedi come modesta enclave bizantina.[98] In piena auge era invece all'epoca
la vita urbana nelle province asiatiche e in Egitto, oltrech a Costantinopoli, che raggiunse nei primi anni del regno
di Giustiniano i 500.000 abitanti. Subito dopo la capitale spiccavano per popolazione e prestigio le grandi metropoli
di Alessandria e Antiochia (quest'ultima fino al terremoto del 528) entrambe con oltre 200.000 abitanti. Numerose
erano le citt di medie dimensioni come Laodicea, Efeso, Nicea, Gerusalemme, ecc. e a centinaia si contavano i
piccoli centri con una popolazione inferiore ai 20.000 abitanti, molti dei quali presentavano connotazioni tipicamente
urbane. Nel 541-542 per, l'Impero fu flagellato dalla peste bubbonica cui fecero seguito altre epidemie mortifere nel
555, 558, 561, 573-574, 591, 599 e nei primi anni del VII secolo.[99] Tali epidemie, precedute da una serie di
calamit naturali furono un fattore, forse anche determinante, del crollo della vita urbana.[100] Costantinopoli perse, a
causa della peste del 542, da un terzo a met della sua popolazione e fra la met del VI e la met del VII secolo la
vita urbana and spegnendosi. In alcune aree, come la Grecia, non si trovata traccia alcuna di attivit edificatoria
fra il 600 e l'inizio del IX secolo.[98] Se l'impero bizantino del primo periodo era un aggregato di citt, ha scritto un
noto bizantinista, nel periodo medio pu descriversi come un aggregato di castra (fortezze).[101]

Cultura
Vitalit della cultura classica
La cultura classica continu a mostrare una grande vitalit in epoca tardo-antica e a costituire un prestigioso
strumento formativo delle classi dirigenti del mondo romano del tempo. In effetti ...non vi differenza di rilievo...
scrive Marrou, ...fra il contenuto e i metodi dell'insegnamento o delle forme di vita intellettuale nella tarda antichit
rispetto a quanto si riscontrava nella civilt ellenistica e romana dell'alto impero.[102] Solo una formazione di questo
tipo permetteva infatti, allora come in precedenza, a persone di modesta estrazione di essere accolti nei ranghi delle
classi superiori. Gli imperatori stessi dovevano dare l'esempio: due fondatori di dinastie, Costantino e Valentiniano I,
spinti da un complesso di inferiorit culturale, chiamarono a corte dei precettori d'eccezione, Lattanzio e Ausonio,
per educare i propri figli ed evitare che questi facessero, come loro, la figura di semi-analfabeti.[103]

175

Tarda antichit

176

Letteratura latina

Sant'Agostino in un dipinto di Antonello da Messina.

Per approfondire, vedi Letteratura latina e Storia della letteratura latina.

Alla fine del IV secolo, e per molti secoli a venire, Roma era ancora un prestigioso punto di riferimento ideale non
solo per l'Occidente, ma anche per l'Oriente. Si ha quasi l'impressione che la sua perdita di importanza politica,
definitivamente sancita gi in epoca tetrarchica, le avesse quasi assicurato un ruolo di simbolo "sovranazionale" di
Impero al tramonto. Alcuni grandi uomini di cultura di origine greco-orientale sentirono questo richiamo e scelsero il
latino come lingua di comunicazione. il caso dello storico greco-siriano Ammiano Marcellino, che decise, dopo un
lungo periodo di militanza come ufficiale dell'esercito, di trasferirsi a Roma, dove mor attorno all'anno 400. Nella
Citt Eterna scrisse il suo capolavoro Rerum gestarum libri XXXI, pervenutoci purtroppo in forma incompleta.
Quest'opera, serena, imparziale, vibrante di profonda ammirazione per Roma e la sua missione civilizzatrice,
costituisce un documento di eccezionale interesse, dato il delicato e tormentato momento storico preso in esame (dal
354 al 378, anno della battaglia di Adrianopoli).
Anche l'ultimo grande poeta pagano, il greco-egizio Claudiano (nato nel 375 circa), adott il latino nella maggior
parte dei suoi componimenti (la sua produzione in greco fu senz'altro meno significativa) decidendo di passare gli
ultimi anni della sua breve esistenza a Roma, dove si spense nel 404. Spirito eclettico ed inquieto, trasse ispirazione,
nella sua vasta produzione tesa a esaltare Roma e il suo Impero, dai grandi classici latini (Virgilio, Lucano, Ovidio
ecc.) e greci (Omero e Callimaco). Fra i letterati provenienti dalle province occidentali dell'Impero non possiamo
dimenticare il gallo-romano Claudio Rutilio Namaziano, che nel suo breve De reditu (417 circa) rese un vibrante e
commosso omaggio alla citt di Roma che egli era stato costretto a lasciare per tornare nella su terra di origine, la
Gallia.
L'ultimo grande retore che visse ed oper in questa parte dell'Impero fu il patrizio romano Simmaco spentosi nel
402. Le sue Epistulae, Orationes e Relationes ci forniscono una preziosa testimonianza dei profondi legami, ancora
esistenti all'epoca, fra l'aristocrazia romana ed una ancor viva tradizione pagana. Quest'ultima, cos ben rappresentata
dalla vigorosa e vibrante prosa di Simmaco, suscit la violenta reazione del cristiano Prudenzio che nel suo Contra
Symmachum stigmatizz i culti pagani del tempo. Prudenzio uno dei massimi poeti cristiani dell'antichit. Nato a
Calagurris in Spagna, nel 348, si spense attorno al 405, dopo un lungo e travagliato pellegrinaggio fino a Roma.
Oltre al gi citato Contra Symmachum, autore di una serie di una serie componimenti poetici di natura apologetica

Tarda antichit

177

o di carattere teologico fra cui una Psychomachia (Combattimento dell'anima), una Hamartigenia (Genesi del
Peccato) ed un Liber Cathemerinon (Inni da recitarsi giornalmente).
Nel III, IV e V secolo la letteratura latina declin, non cos il pensiero giuridico, filosofico e teologico che diede i
propri frutti pi alti in quel periodo. Ricordiamo fra i giuristi Ulpiano, Papiniano e Giulio Paolo (inizi del III secolo)
e, per ci che riguarda la teologia e la filosofia, i Padri della Chiesa San Girolamo, Sant'Ambrogio e Sant'Agostino,
massima espressione del pensiero cristiano del primo millennio dell'era volgare. Agostino, avvicinatosi alla filosofia
leggendo l'Ortensio di Cicerone e le opere di Platone a dei neoplatonici, cerc di conciliare la classicit pagana con il
nuovo messaggio cristiano. Svilupp negli anni maturi un poderoso corpus dottrinario la cui influenza si fatta
sentire in et medievale (Pietro Abelardo, Ruggero Bacone, Duns Scoto ecc.), moderna (Martin Lutero, Giansenio,
ecc.) e contemporanea (Sren Kierkegaard in particolare). Il IV secolo anche il secolo di Ammiano Marcellino, un
siro di madrelingua greca ma di espressione latina considerato il massimo storico romano di et tardo-imperiale.

Urbanistica di Roma
Con la Tetrarchia si ebbe una ripresa dell'attivit
edilizia, con la costruzione delle terme di Diocleziano
(le pi grandi di sempre), della basilica e della grande
villa di Massenzio sulla via Appia. L'incendio di Carino
del 283, che aveva distrutto parte del centro cittadino,
rese necessaria una ricostruzione, alacremente
intrapresa, con i restauri al Foro di Cesare, alla Curia,
al Tempio di Saturno, al teatro e ai portici di Pompeo.
Forse risalgono a quegli anni i Cataloghi regionari, che
contengono liste di edifici divisi per regione, dalla
funzione non chiara, ma utilissimi per conoscere lo
stato della citt verso la fine del periodo antico.
Massenzio fu l'ultimo imperatore a scegliere la citt
come sua residenza e capitale, e fu lui ad iniziare una
delle ultime stagioni edilizie imperiali: oltre alla gi
citata basilica, ricostru il Tempio di Venere e Roma,
innalz una nuova villa imperiale, un circo e un
sepolcro per la sua dinastia sulla via Appia. Costantino
sconfisse Massenzio, impresa celebrata con la
costruzione dell'arco di Costantino (315 o 325),
complet la costruzione della basilica nei Fori e inizi
altri lavori come le Terme di Costantino, sul Quirinale.

Ricostruzione di Roma imperiale all'epoca di Costantino I: plastico


conservato presso il Museo della Civilt Romana.

Alla sua epoca Roma, che continuava ad avere circa un milione di abitanti racchiusi in un perimetro di circa 20
chilometri, poteva contare su: 11 terme e 856 bagni privati (balinea), 37 porte, 29 grandi strade, centinaia di strade
secondarie, 190 granai, 2 grandi mercati (macella), 254 mulini, 11 grandi piazze o fori, 1.152 fontane, 28
biblioteche, 2 circhi, 2 anfiteatri, 3 teatri, 2 naumachie, 10 basiliche e 36 archi di marmo.[34] Presto per l'attenzione
di Costantino si rivolse alla costruzione di edifici cristiani e, soprattutto, decise di dedicarsi alla creazione di una
nuova capitale monumentale, Costantinopoli. Del resto la scelta di nuove capitali imperiali gi da parte degli
imperatori tetrarchi e poi di Costantino, fece s che altre citt provinciali cominciarono ad essere abbellite di edifici
pubblici, piuttosto che la stessa Roma. A Nicomedia in Bitinia, ad esempio, Diocleziano fece erigere senza dubbio
edifici monumentali. Ultima e gigantesca opera di pubblica utilit realizzata a Roma, furono le terme di Diocleziano,

Tarda antichit
costruite per servire i popolosi quartieri del Quirinale, Viminale e Esquilino. Per far posto alla gigantesca costruzione
vennero demoliti molti edifici, alcuni dei quali vennero scavati in piazza della Repubblica mentre si costruiva la
fermata della metropolitana.
A Roma si continuarono a innalzare monumenti e archi onorari per tutto il V secolo, come l'arco di Graziano e
Valente, quello di Teodosio, di Arcadio, di Onorio e di Teodorico (405), dei quali oggi non resta per traccia. Tra il
402 e il 405 vennero rifatte le porte nelle mura aureliane con l'aggiunta di torri rotonde ancora oggi esistenti.
Da questo momento in poi le autorit urbane si limitarono a una semplice conservazione e restauro degli edifici della
Roma antica, i quali, svuotati ormai di gran parte delle loro funzioni, andarono incontro a un inesorabile declino, con
molti di essi distrutti volontariamente per usarne i materiali per nuovi edifici.
I primi edifici di culto cristiani della citt furono soprattutto luoghi di riunione e centri comunitari organizzati in case
private (domus ecclesiae e tituli), che prendevano il nome dal primitivo proprietario, in seguito spesso identificato
con il santo titolare. Altri luoghi di culto e centri di sepoltura si trovavano fuori dalle mura, ugualmente presso
terreni privati, senza che si distinguessero esteriormente da quelli pagani.
A partire da Costantino si cominciarono ad erigere le prime grandi chiese cristiane: le basiliche di San Giovanni in
Laterano, Santa Croce in Gerusalemme e le basiliche cimiteriali sorte presso le tombe dei martiri, spesso collegate ai
mausolei della famiglia imperiale e con prevalente funzione cimiteriale (San Sebastiano sulla via Appia, San
Lorenzo sulla via Tiburtina, Basilica dei Santi Marcellino e Pietro sulla via Labicana, Sant'Agnese sulla via
Nomentana e la stessa basilica di San Pietro in Vaticano). Le chiese sorsero tuttavia in aree periferiche, in terreni di
propriet imperiale, pur riprendendo la forma dei grandi complessi pubblici (principalmente basiliche e sale termali).
Fino alla fine del V secolo si continuarono inoltre a restaurare nella citt gli edifici pubblici e i templi pagani, ad
opera della potente aristocrazia senatoriale, rimasta in gran parte legata alle tradizioni pagane.
Negli anni successivi, si ebbero la costruzione di San Paolo fuori le mura (iniziata nel 384 per intervento diretto degli
imperatori cristiani Valentiniano II, Teodosio I e Arcadio) e di Santa Maria Maggiore (iniziata intorno al 420).
Le trasformazioni in chiese di alcuni degli antichi tituli e le nuove costruzioni venivano finanziate da papi e
presbiteri o da ricchi privati cristiani, inglobando spesso le case pi antiche, e con la scelta di luoghi pi vicini al
centro cittadino. Il papa esercitava forse sin dall'inizio una qualche forma di controllo e solo a partire dalla met del
V secolo l'erezione di nuove chiese divenne una sua prerogativa. Sorsero cos le chiese dei Santi Giovanni e Paolo, di
San Vitale, di San Marco, di San Lorenzo in Damaso, di Sant'Anastasia, di Santa Sabina, di San Pietro in Vincoli, di
San Clemente, di Santo Stefano Rotondo.
La posizione decentrata della cattedrale di San Giovanni in Laterano, che si andava accentuando in seguito all'inizio
dello spopolamento della citt, fece s che numerose altre chiese cittadine fossero dotate di battisteri, che si
aggiungevano al costantiniano Battistero Lateranense.
Alarico dei Visigoti marci verso Roma e la saccheggi clamorosamente nel 410. Il sacco di Alarico non fu il pi
drammatico della storia della citt: vi furono episodi cruenti, ma il re visigoto era cristiano (a differenza della sua
popolazione) e rese omaggio alle tombe degli Apostoli, rispettando la sacralit del caput mundi. Al sacco segu una
certa flessione demografica, ma ancora attorno alla met del V secolo sembra che Roma continuasse ad essere la
citt pi popolosa delle due parti dell'Impero, con una popolazione non inferiore ai 650.000 abitanti.[104] Nonostante
ci la violazione dell'Urbe sconvolse il mondo antico, ispirando il De civitate Dei di Sant'Agostino, che si chiedeva
come Dio avesse potuto permettere una profanazione cos inaudita.
Di nuovo Genserico dei Vandali guid via mare il suo popolo dal Nordafrica verso Roma nel 455. Sebbene essi
fossero cristiani (anche se convertiti all'arianesimo), saccheggiarono Roma in forma molto pi spietata di quanto
avesse fatto Alarico quarantacinque anni prima. Tale saccheggio fu formalmente giustificato da Genserico con il
desiderio di riprendere la citt dall'usurpatore Petronio Massimo, assassino di Valentiniano III.
La caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476 non cambi molto le cose per Roma. Gli Eruli di Odoacre e
quindi gli Ostrogoti di Teodorico continuarono, come gli imperatori che li avevano preceduti, a governare l'Italia da

178

Tarda antichit

179

Ravenna. L'amministrazione della citt era affidata al Senato, da lungo tempo privato dei suoi originari poteri, e
sempre maggiore importanza acquistava il Papa, che in genere veniva da una famiglia senatoria. Durante il regno di
Teodorico venivano ancora restaurati gli edifici pubblici cittadini a cura dello stato.

Architettura di Roma antica sotto Diocleziano e Costantino

I resti della basilica di Massenzio, inaugurata da Costantino I nel 315.

Per approfondire, vedi Arte dioclezianea e della tetrarchia e Arte costantiniana.

Roma fu ornata dalle terme di Diocleziano, inaugurate nel 306. Egli provvedette soprattutto a ristrutturare
preesistenti edifici pubblici di epoche precedenti come la Basilica Giulia e la Curia (entrambe nel 303). Massenzio,
l'ultimo imperatore realmente romano, quando fu residente a Roma, dal 306 al 312, fece erigere: la basilica di
Massenzio, il tempio del Divo Romolo in onore del figlio Valerio Romolo (nel 307-309), la propria villa lungo la via
Appia, con annesso omonimo circo (311 ca.) e il mausoleo di Valerio.
Le terme di Diocleziano (Thermae Diocletiani), le pi grandi Terme della Roma antica, furono iniziate nel 298
dall'imperatore Massimiano, nominato Augustus dell'Occidente da Diocleziano, e aperte nel 306, dopo l'abdicazione
di entrambi. L'edificio in mattoni, posto sul colle Viminale, in un recinto di 380 x 365 m, occupava quasi 14 ettari, e
ancora nel V secolo Olimpiodoro affermava che contavano 2400 vasche. Il blocco centrale misurava 250 x 180 m e
potevano accedere al complesso fino a tremila persone contemporaneamente. Per dare l'idea della loro maestosit,
sufficiente ricordare che il colonnato semicircolare dell'attuale piazza della Repubblica (gi piazza Esedra),
realizzato alla fine dell'Ottocento da Gaetano Koch, ricalca esattamente l'emiciclo dell'esedra delle Terme. Erano
alimentate da un ramo dell'Acqua Marcia che partiva da Porta Tiburtina e conduceva l'acqua in una cisterna lunga
pi di 90 m, detta la botte di Termini, che poi fu distrutta nel 1876 per fare spazio alla stazione Termini, che prese il
nome niente meno che dalle "terme" stesse. La straordinaria vastit dell'impianto, e la sua distanza dai luoghi in cui
si era ristretta la scarsa popolazione romana dopo la caduta dell'impero, fecero s che dal XVI secolo in poi diverse
strutture edilizie si annidassero nel grande recinto che - ancora integro nel XVIII secolo, come si vede nella pianta
del Nolli - giunto tuttavia fino ai nostri giorni ancora ben riconoscibile.

Tarda antichit

Il tempio del Divo Romolo si trova nell'area


archeologica del Foro Romano lungo la
Sacra via summa, alle spalle del cosiddetto
"carcer" repubblicano, tra il tempio di
Antonino e Faustina e la basilica di
Massenzio. In origine venne costruito come
vestibolo circolare di accesso al Tempio
della Pace (75), ma dopo l'abbandono del
complesso imperiale, Massenzio lo riutilizz
come tempio dedicato al figlio, Valerio
Romolo, prematuramente scomparso nel
309 e divinizzato. In seguito, quando un'aula
del Tempio della Pace venne trasformata
nella basilica dei Santi Cosma e Damiano
nel VI secolo, fu utilizzato come vestibolo
della chiesa.

180

Resti della statua colossale di Costantino I, ora presso il Palazzo dei Conservatori,
un tempo all'interno dell'abside della basilica di Massenzio.

Il circo di Massenzio, detto anche circo di Romolo era un circo romano, fatto edificare intorno al 311 dall'imperatore
Massenzio, all'interno del complesso edilizio inscindibile costruito al terzo miglio della via Appia, e che includeva la
villa di Massenzio e il mausoleo del figlio Valerio Romolo. La villa si configurano come l'ultimo atto della
trasformazione di un'originaria villa rustica repubblicana del II secolo a.C., costruita in posizione scenografica sul
declivio di una collina rivolta verso i Colli Albani. Dopo una fase risalente al primo impero, nel II secolo la villa sub
una radicale trasformazione ad opera di Erode Attico che la inglob nel suo Pago Triopio.
La Basilica di Massenzio o, pi propriamente, di Costantino, fu l'ultima e la pi grande basilica civile del centro
monumentale di Roma (100 x 65 metri), posta all'estremit nord-est su quella che anticamente era il colle della Velia
e che raccordava il Palatino con l'Esquilino. Non faceva parte del Foro Romano propriamente detto (pur rientrando
oggi nell'area archeologica che lo comprende, estesa fino alle pendici della Velia), ma era nelle immediate adiacenze
di esso. Nelle fonti antiche la basilica ricordata come Basilica Nova,[105] o Basilica Constantini,[106] o Basilica
Constantiniana.[107] La basilica fu inizialmente fatta costruire da Massenzio agli inizi del IV secolo e fu terminata e
modificata da Costantino I[108] in prossimit del tempio della Pace, gi probabilmente in abbandono, e del tempio di
Venere e Roma, la cui ricostruzione fece parte degli interventi massenziani. La sua funzione era prevalentemente di
ospitare l'attivit giudiziaria di pertinenza del prefetto urbano. Nell'abside venne collocata una statua colossale,
acrolito costruito parte in marmo e parte in legname e bronzo dorato, alto 12 m. La statua raffigurava in origine lo
stesso Massenzio e in seguito venne rilavorata con i tratti di Costantino. Alcune parti marmoree superstiti furono
scoperte nel 1487 e sono ora nel cortile del palazzo dei Conservatori sul Campidoglio (Musei Capitolini). La sola
testa misura 2,60 m e il piede 2 m.
L'architettura dell'arco di Costantino, inaugurato nel 315, grandiosa, di equilibrata armonia, con un corredo
scultoreo in buona parte di spoglio da monumenti anteriori (fregio spezzato e Daci prigionieri di epoca traianea,
tondi adrianei, pannelli aureliani), in una sorta di commemorazione di tutti gli imperatori pi amati, dopo Augusto,
che concorrevano a onorare Costantino. Di nuova fabbricazione furono alcuni rilievi in vari punti dell'arco e
soprattutto uno stretto fregio ricco di figure che inizia nell'angolo verso il Foro, si inserisce tra i fornici minori e i
tondi adrianei e si conclude sul lato nord con le grandi composizioni dell'Oratio e della Liberalitas di Costantino, nel
punto dove in precedenza si trovavano di solito scene di sacrificio e processioni pagane. Le scene raccontano le
principali vicende della guerra contro Massenzio: la partenza da Milano, l'Assedio di Verona, la battaglia di Ponte
Milvio, l'ingresso a Roma e le due gi citate scene di cerimonia pubblica.
Le terme di Costantino erano un complesso termale costruito sul colle Quirinale, da Costantino I intorno al 315, e
forse iniziato sotto Massenzio. Si trovavano in corrispondenza del terrapieno sorretto da muraglione di villa

Tarda antichit

181

Aldobrandini, tagliato poi da via Nazionale. I resti delle terme furono distrutti con la costruzione di Palazzo
Rospigliosi e con l'apertura della via. Le terme erano piuttosto piccole ed esclusive, soprattutto se confrontate con le
vicine terme di Diocleziano, grandiose ma dalla clientela sicuramente "popolare". Da queste terme provengono le
statue dei Dioscuri poste attualmente alla base dell'obelisco del Quirinale nella omonima piazza, due statue di
Costantino (una oggi nella basilica di San Giovanni in Laterano e una sulla balaustra di piazza del Campidoglio), una
di suo figlio Costantino II come cesare.
A Roma Costantino fece costruire la prima basilica cristiana, San Giovanni in Laterano (314-324?), posta accanto al
palazzo Lateranense che assegn al vescovo, dove forse aveva risieduto gi Massenzio. Altri edifici di culto furono
la chiesa dei Santi Marcellino e Pietro, il mausoleo per la madre Elena (oggi Tor Pignattara) e una piccola basilica
sul luogo della tomba dell'apostolo Pietro, poi trasformata in grande basilica a cinque navate, modellata su San
Giovanni, a partire dal 324 e terminata da Costantino II. Altre basiliche del periodo furono la Basilica di San
Lorenzo fuori le mura (dal 315) e l'antica basilica di San Pietro in Vaticano (326-333). Novit delle basiliche
costantiniane rispetto al loro modello (le basiliche civili romane) furono il transetto, di origine ancora discussa, e
l'arco trionfale che inquadra l'abside sul lato minore. Si diffuse inoltre la copertura a capriate piuttosto che con le
volte di gittate in opera cementizia.
La chiesa di Santa Costanza era il mausoleo per la figlia di Costantino, Costantina, ed era impostato a pianta centrale
con una cupola poggiante su un anello di doppie colonne. Oggi una chiesa sita in via Nomentana, all'interno del
complesso monumentale di Sant'Agnese fuori le mura. Fu fatto costruire nel 350, come proprio mausoleo, da
Costantina, figlia di Costantino I, a ridosso della Basilica costantiniana, presso la sepoltura di sant'Agnese, della
quale Costantina era una devota. Vi furono sepolte sia Costantina sia la sorella Elena. L'edificio fu detto "di Santa
Costanza" a seguito del fatto che Costantina erroneamente fu scambiata per una santa.

Arte

I cavalli di San Marco (oggi a Venezia), in origine nell'ippodromo


di Costantinopoli. Unico esempio di quadriga romana o ellenistica a
noi pervenutaci.

Missorio di Teodosio, datato 388

Per approfondire, vedi Arte tardoantica e arte dioclezianea e della tetrarchia.


Per approfondire, vedi Arte costantiniana, arte teodosiana e arte paleocristiana.

L'arte dioclezianea e della tetrarchia rappresent la produzione artistica che si svilupp durante il regno del grande
imperatore dalmata e negli anni immediatamente successivi, cio dal 284 fino agli inizi del IV secolo, allorquando

Tarda antichit
Costantino I prese il potere e sconfisse i rivali ripristinando il sistema del sovrano unico). In questo periodo
permasero alcune tendenze classicheggianti dell'et di Gallieno, come i rilievi attribuiti all'Arcus Novus del 294 con
figure di Vittorie e barbari (Firenze, giardino di Boboli). La vera novit fu rappresentata dalla moltiplicazione delle
capitali imperiali, abbellite con importanti monumenti, spesso eretti in una sorta di competizione tra i vari imperatori.
Diocleziano a Nicomedia, in Bitinia, fece edificare costruzioni monumentali, di cui, purtroppo, sono rimasti solo dei
resti insignificanti che non sono mai stati studiati adeguatamente.
L'arte costantiniana, che si colloca nel IV secolo durante il dominio dell'imperatore Costantino I (indicativamente dal
312) al 337), rappresent l'affermazione dello stile plebeo nell'arte ufficiale anche prodotta da Senato, soprattutto a
partire dal fregio dell'Arco di Costantino. Ma accanto allo stile "plebeo" sopravvive la corrente espressionistica del
III secolo (uso del trapano, accentuato chiaroscuro) e prende il via una corrente classicismo aulico ispirata all'arte
augustea, la cosiddetta "rinascenza costantiniana".
L'arte teodosiana (indicativamente dal 379 al 450), svilupp una corrente classicheggiante, dai toni aulici e
preordinati a una precisa etichetta che dettava forme e contenuti, ancora pi che nel precedente periodo dell'arte
costantiniana. Le reminiscenze ancora presenti durante il regno di Anastasio I (491-518) sono considerate, forse
erroneamente, uno stile tardo-teodosiano.
L'arte paleocristiana designa, invece, la produzione artistica dei primi secoli dell'era cristiana, compresa entro limiti
di spazio e di tempo convenzionali: le testimonianze pi importanti risalgono in genere al III-IV secolo, poi si inizia
a parlare anche di arte dei singoli centri artistici: arte bizantina, arte ravennate, ecc. L'arte paleocristiana comunque si
situa nell'orbita di Roma imperiale ed ha il suo momento di massimo splendore fra i primi decenni del IV secolo e gli
inizi del VI secolo, fino al 604, anno della morte di Gregorio Magno, tanto che l'ideale cristiano assunse, ai suoi
inizi, le forme offerte dall'arte della tarda antichit. Una specifica iconografia cristiana si svilupp solo gradualmente
e in accordo col progredire della riflessione teologica.

Note
[2] (Johannes Lwenklau indicato dal Mazzarino con il nome di Iohannes Lwenklav o Leunclavio).
[5] .
[7] importante sottolineare la rinascita del IV secolo... precipitosi mutamenti religiosi e culturali della tarda antichit non avvennero in un
mondo che viveva all'ombra della catastrofe. Tutt'altro: vanno visti nel clima di una societ ricca e straordinariamente in ripresa ().
[8] .
[9] .
[10] .
[11] .
[13] Il mondo bizantino occupa un ruolo incerto nella storiografia. Faceva parte dell'Europa o apparteneva all'Oriente? ()
[14] .
[15] La citazione tratta dall'intervento di Salvatore Cosentino Fine della fiscalit, fine dello stato romano? in .
[16] .
[17] Michael Grant, Gli imperatori romani: storia e segreti, Roma, Newton Compton, 1984, p. 265; Christopher Scarre, Chronicle of the roman
emperors: the reign-by-reign record of the rulers of Imperial Rome, New York, Thames and Hudson, 1995, pp. 197-198. ISBN
978-0500050774
[18] .
[19] Spesso, per non privarsi della manodopera necessaria alla coltivazione delle loro terre, i latifondisti riscattavano dal servizio militare i loro
contadini, versando al fisco una quota in denaro, che era usata dallo Stato per reclutare i barbari (il problema in realt molto discusso: cfr.
Jean-Michel Carri, Eserciti e strategie in AA.VV., Storia di Roma, II.2, Torino, Einaudi, 1991, pp. 137-139).
[20] Gibbon (Capitolo XVII) narra che molti giovani si tagliarono le dita della mano destra pur di non essere arruolati.
[21] : ...hi enim adfuerunt auxiliares: Franci, Sarmatae, Armoriciani, Liticiani, Burgundiones, Saxones, Ripari, Olibriones, quondam milites
Romani, tunc vero iam in numero auxiliarium exquisiti, aliaeque nonnulli Celticae vel Germanie nationes...
[22] : ...Odoacer Torcilingorum rex habens secum Sciros, Herulos diversarumque gentium auxiliarios Italiam occupavit...
[23] Procopio di Cesarea, De bello gothico, I, 23.
[25] Incerti panegyricus Constantino Augusto dictus VI, 21, 4.
[26] Anche se si pensa che la madre di Costantino propendesse pi per la religione ebraica, tanto da restare delusa alla notizia della conversione
al cristianesimo del figlio ().
[30] http:/ / ancientrome. ru/ ius/ library/ ulpianus/ tituli. htm

182

Tarda antichit
[31] http:/ / ancientrome. ru/ ius/ library/ codex/ theod/ sirmond. htm
[32] http:/ / ancientrome. ru/ ius/ library/ vatican/ FragVat. htm
[33] .
[34] .
[35] Giuseppe Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. III: Dal III secolo alla fine dell'Impero d'Occidente, Rimini, Il
Cerchio editore, p. 33. ISBN 88-8474-215-3
[36] .
[37] Giovanni Lido stima le dimensioni dell'esercito di Diocleziano in 389.704 armati di terra, 435.266 comprendendo anche i reparti della
marina militare romana (De Mensibus, I, 27), quest'ultima "ricostruita" durante la tetrarchia, dopo la crisi del III secolo (Michel Redd, Mare
nostrum: les infrastructures, le dispositif et l'histoire de la marine militaire sous l'Empire romain, Paris, de Boccard, 1986, pp. 623-641. ISBN
27-2830-114-X).
[38] .
[39] Cascarino, op. cit., pp. 46-48.
[40] ; Panegyrici latini V, 18; .
[41] .
[42] Acta Maximiliani: in sacro comitatu dominorum nostrorum Diocletiani et Maximiani, Constantii et Maximiani (= Galerio) milites christiani
sunt et militant.
[43] Simon MacDowall; Christa Hook, Late Roman cavalryman, 236-565 AD, London, Osprey, p. 4. ISBN 18-5532-567-5
[44] .
[45] .
[46] .
[47] Giovanni Lido, De magistratibus, II, 10; .
[48] Secondo Giorgio Ruffolo la cifra di un milione di uomini sotto Costantino esagerata ().
[49] MacDowall e Hook, op. cit., p. 5.
[50] Cascarino, op. cit., p. 52.
[51] .
[52] .
[53] Notitia Dignitatum, Orien., I.
[54] Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le cinque province egiziane erano: Libya superior, Libya inferior, Thebais, Aegyptus, Arcadia.
[55] Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le dieci province asiatiche erano: Pamfylia, Hellespontus, Lydia, Pisidia, Lycaonia, Frygia
Pacatiana, Frygia salutaris, Lycia, Caria e Insulae.
[56] Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le dieci province pontiche erano: Galatia, Bithynia, Honorias, Cappadocia prima, Cappadocia
secunda, Pontus Polemoniacus, Helenopontus, Armenia prima, Armenia secunda, Galatia salutaris.
[57] Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le sei province tracie erano: Europa, Thracia, Haemimontus, Rhodopa, Moesia secunda e Scythia.
[58] Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le quindici province sotto il diretto controllo del prefetto del Pretorio d'Oriente erano: Palaestina,
Foenice, Syria, Cilicia, Cyprus, Arabia [et dux et comes rei militaris], Isauria, Palaestina salutaris, Palaestina secunda, Foenice Libani,
Eufratensis, Syria salutaris, Osrhoena, Mesopotamia e Cilicia secunda.
[59] Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., III) le cinque province daciche erano: Dacia mediterranea, Dacia ripensis, Moesia prima, Dardania,
Praeualitana et pars Macedoniae salutaris.
[60] Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., III) le sei province macedoniche erano: Achaia, Macedonia, Creta, Thessalia, Epirus vetus, Epirus
nova et pars Macedoniae salutaris.
[61] Notitia Dignitatum, Orien., XXXI.
[62] Notitia Dignitatum, Orien., XXXII.
[63] Notitia Dignitatum, Orien., XXXIII.
[64] Notitia Dignitatum, Orien., XXXIV.
[65] Notitia Dignitatum, Orien., XXXV.
[66] Notitia Dignitatum, Orien., XXXVI.
[67] Notitia Dignitatum, Orien., XXXVII.
[68] Notitia Dignitatum, Occ., I.
[69] Adrian Keith Goldsworthy, Storia completa dell'esercito romano, Modena, Logos, 2005, p. 204.
[70] Notitia Dignitatum, Occ., VII.
[71] Notitia Dignitatum, Occ., XLII.
[72] Julio Rodrguez Gonzlez, Historia de las legiones Romanas, Madrid, Almena Ediciones, 2003, p. 530. ISBN 84-9617-002-0
[73] importante sottolineare la rinascita del IV secolo... precipitosi mutamenti religiosi e culturali della tarda antichit non avvennero in un
mondo che viveva all'ombra della catastrofe. Tutt'altro: vanno visti nel clima di una societ ricca e straordinariamente in ripresa ()
[74] Gli imperatori furono costretti, specialmente nelle province danubiane, a chiamare popolazioni barbariche per ripopolare le campagne.
[75] Ogni proprietario fu tassato sulla base di ciascuna persona che impiegava nel lavoro dei campi (caput) e per ogni pezzo di terra (iugum)
sufficiente a produrre quanto necessario in un anno al mantenimento di una persona.

183

Tarda antichit
[76] Legare il colono alla terra mediante la coercizione non era certo un modo per aumentare la produttivit o per migliorare la sorte dei
lavoratori ().
[77] .
[78] .
[79] .
[80] .
[81] Una libbra d'oro (circa 327 grammi), equivalente a 1.125 denarii d'argento alla fine del II secolo, ne valeva 50.000 al tempo di Diocleziano
(Arnaldo Momigliano, Sesto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1980, p.
637).
[82] Anche del 700-900% ().
[83] Diocleziano non era certo un economista. Era sinceramente convinto che il disordine monetario fosse dovuto a una perversa combinazione
di una moneta e di uomini entrambi cattivi. Una volta messe in circolazione delle buon monete e ristabilite le condizioni della fiducia
occorreva castigare gli uomini cattivi con le maniere forti: quelle sulle quali in ultima analisi, da soldato rude, Diocleziano contava ().
[84] Equivaleva a un sessantesimo di libbra d'oro.
[85] Adriano Savio, Monete romane, Napoli, Jouvence, 2001, p. 206. ISBN 88-7801-291-2.
[86] Savio, op. cit., pp. 212-213.
[87] Il bilancio militare all'inizio del III secolo era salito a 3 miliardi di sesterzi, pari al 75% della spesa pubblica, che a sua volta contava per il
20% del PIL ().
[88] Ai tempi di Augusto la spesa pubblica (pari a circa il 5% del PIL era finanziata per un terzo dalle imposte dirette (fondiaria e personale) e
per il resto da imposte indirette, dazi commerciali e redditi dei patrimoni imperiali: dunque la pressione fiscale si riduceva al 4% del PIL. Ai
tempi di Diocleziano e Costantino, invece, la pressione fiscale quadruplic, fino ad arrivare a circa la met del PIL intorno alla met del IV
secolo. Un indice quantitativo indiretto del fenomeno costituito dal progressivo aumento dei reliquia, ovvero gli arretrati delle tasse, che
documentano una impossibilit di pagare o incapacit di incassare le tasse ().
[89] La corruzione nel Tardo Impero, a differenza che nell'Alto Impero, non era pi semplicemente tollerata o dissimulata, ma ostentata ed
acclamata. I poteri di fatto erano gestiti da una vera e propria categoria sociale (a Roma li chiamavano maiores o priores), che comprava e
vendeva tutto. C'era un vero mercato dei favori e dei delitti. Un verdetto di esilio costava 300.000 sesterzi, uno strangolamento in carcere
700.000. La rete dei poteri di fatto riusciva spesso a neutralizzare l'intervento correttivo dei funzionari e dello stesso imperatore. Agenti
principali della corruzione erano gli esattori: quelli pubblici (publicani) e quelli semiprivati: Richiedevano barche, cibo, cavalli; molestavano
le spose. Arruolavano abusivamente contadini inermi, d'autorit, o intascavano dai latifondisti il prezzo del mancato arruolamento (Ramsay
McMullen, La corruzione e il declino di Roma, Bologna, Il Mulino, 1991. ISBN 88-1503-265-7).
[90] L'indizione era una specie di finanziaria annuale, sulla base della quale erano calcolate le spese che l'Impero avrebbe dovuto sostenere l'anno
seguente e quindi le entrate delle quali aveva bisogno.
[91] Stazionaria era l'economia, stazionaria divenne anche la societ.
[92] .
[93] Comprendeva non solo le distribuzioni gratuite di denaro o generi alimentari, ma anche l'allestimento di giochi, feste e gare, oppure la
realizzazione di templi, circhi, terme e teatri.
[94] La grande espansione urbana di Ravenna, nel V secolo rese necessaria una nuova cinta muraria in et gotica. Cfr. Andr Guillou,
Rgionalisme et indpendance dans l'empire byzantin au VIIe sicle. L'exemple de l'Exarchat et de la Pentapole d'Italie (Studi storici, Fasc.
75 e 76), Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 1969, pp. 69-70 e nota.
[95] Tra i 700.000 e il milione di abitanti sembra un ordine di grandezza del tutto plausibile per l'Urbs imperiale fino all'inizio del V secolo.
Cit. da Andrea Giardina (a cura di), Roma antica, Milano, Mondadori, 2002, p. 92 su licenza della Laterza (Roma-Bari, Giuseppe Laterza &
figli, 2000). Richard Krautheimer, per la stessa epoca, fissa il numero di 800.000 abitanti (cfr. Rome, Profile of a City, 312-1308, Princeton,
Princeton University Press, 1980, p. 4).
[96] Sia l'Asia minore che l'Egitto non avevano conosciuto lo sviluppo dell'economia schiavile di massa, con l'estensione del latifondo, e non
furono quindi troppo toccate dal declino della schiavit ().
[97] .
[98] .
[99] .
[100] .
[101] .
[104] ...alla met del V secolo...si pu immaginare che il totale della popolazione [di Roma] dovesse essere qualcosa di pi dei due terzi di un
milione. Cit. da Arnold Hugh Martin Jones, Il tramonto del mondo antico, Bari, Giuseppe Laterza & figli, 1972, pp. 341-342 (titolo originale:
Arnold H. M. Jones, The Decline of the Ancient World, London, Lonmans, Green and Co. Ltd, 1966).
[105] Curiosum urbis Romae regionum XIIII, IV.
[106] Polemio Silvio, Laterculus, pubblicato in Theodor Mommsen (a cura di), Chronicorum minorum saec. IV. V. VI. VII, I, Berlino 1892, p.
545 ( testo in rete (http:/ / mdz10. bib-bvb. de/ ~db/ bsb00000798/ images/ index. html?id=00000798& nativeno=545)).
[107] Chronographus anni 354, p. 146; Notitia urbis Romae, IV.
[108] .

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Bibliografia
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186

Tarda antichit

187

Voci correlate
Cronologia della tarda antichit
Impero romano d'Occidente
Impero bizantino

Altri progetti

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Storia delle campagne dell'esercito romano in et


tardo-imperiale
Storia delle campagne dell'esercito romano

Evoluzione nel tempo dell'estensione dei domini di Roma dall'et regia, alla Repubblica ed all'Impero, fino a quello bizantino.
Data

284 - 476

Luogo

Europa, bacino del Mediterraneo, Nordafrica, Asia occidentale

Esito

Caduta dell'Impero romano d'Occidente


Schieramenti

Germani e
Sarmati
Impero romano
Sasanidi
Berberi ed Arabi
Comandanti

Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale

Imperatori romani e
Numerosi
Magistrati consolari

Voci di guerre presenti su Wikipedia

La storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale rappresenta una cronologia di tutte le
campagne militari da Diocleziano (284) alla caduta dell'Impero romano d'Occidente (476).

Contesto storico
Per approfondire, vedi Storia delle campagne dell'esercito romano in et alto-imperiale e Tetrarchia.

Verso la met del IV secolo la pressione delle trib germaniche sui confini del Danubio e del Reno era diventata
molto forte, incalzata dagli Unni provenienti dalle steppe centro-asiatiche (probabilmente la stessa popolazione,
ricordata con il nome di Hsiung-Nu, che un secolo prima avevano insidiato l'Impero cinese presso la Grande
Muraglia). L'irruzione degli Unni sullo scacchiere europeo modific profondamente i caratteri degli attacchi
germanici contro il territorio romano: se durante il III secolo la modalit prevalente era stata quella delle incursioni
con finalit di saccheggio, esaurite le quali le varie trib, federazioni o coalizioni facevano ritorno nei loro
insediamenti posti immediatamente al di l del Limes romano, nel IV presero avvio migrazioni di massa verso
l'Impero. In questo processo, a spostarsi erano non soltanto pi i guerrieri, ma l'intero popolo, in cerca di nuove aree
di stanziamento; la migrazione, comunque, non sostitu completamente la razzia, ma le due modalit si intersecarono
e si sovrapposero ripetutamente. Contemporaneamente sul fronte orientale gli scontri che continuavano a susseguirsi
ormai da oltre due secoli avevano creato una situazione di costante allerta tra i due imperi, che forse non
comprendevano ancora l'utilit di una non belligeranza tra i due contendenti, per potersi concentrare definitivamente
contro le orde barbariche provenienti dalle steppe del Nord Europa ed Asia.

Forze in campo
Per approfondire, vedi Esercito romano, Limes romano, Notitia Dignitatum e Dislocazione delle legioni romane.
Per approfondire, vedi Ingegneria militare romana e Assedio (storia romana).

Diocleziano riform ed organizz l'esercito romano che era uscito dalla grande crisi del III secolo. Alcuni suoi atti
erano gi stati in parte preceduti dalle trasformazioni volute dai suoi predecessori (in particolare da Gallieno che
aveva introdotto la distinzione tra unit stabili alla frontiera - limitanee e ripariane - ed unit mobili nelle retrovie
ovvero "riserva strategica").
La nuova riorganizzazione militare di Diocleziano e perfezionata da Costantino I port a raddoppiare il numero delle
legioni (oltre 60) pur dimezzandone gli effettivi rispetto a quelle del principato, per meglio distribuire le forze lungo
i confini imperiali ed a ridosso delle stesse in profondit.

188

Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale

Fasi della cronologia: dal 284 al 476 d.C.


Per approfondire, vedi Impero romano e Imperatori romani.

La tetrarchia di Diocleziano (284-305)


Per approfondire, vedi Diocleziano e Tetrarchia.

Con la morte dell'imperatore Numeriano nel novembre del 284, a cui il padre Caro aveva affidato l'Oriente romano,
ed il rifiuto delle truppe orientali di riconoscere in Carino (il primogenito di Caro) il naturale successore, fu elevato
alla porpora imperiale un validissimo generale di nome Diocleziano. La guerra civile che ne scatur vide, la sconfitta
e morte di Caro in seguito ad una congiura ad opera dello stesso Diocleziano (primavera del 285).[1]
Ottenuto il potere, Diocleziano cre prima nel 285-286 una diarchia, in cui i due imperatori si dividevano l'impero su
base geografica (Oriente ed Occidente).[2] Nel 293, vista la crescente difficolt a mantenere l'ordine sia interno che
esterno ai confini imperiali, si procedette a un'ulteriore divisione funzionale e territoriale con la creazione di una
Tetrarchia.

Costantino ed i Costantinidi (306-363)

Battaglia di Ponte Milvio di Giulio Romano (14991546). Stanze di Raffaello


dei Musei Vaticani.

Per approfondire, vedi Guerra civile romana (306-324), Costantino I e Dinastia costantiniana.

189

Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale


A questo punto, una forma di stabilit si affacci di nuovo sull'impero, diviso ora, dopo la riforma di Diocleziano, in
una Tetrarchia che affiancava due imperatori maggiori e due minori, un sistema che seppe tener lontane le guerre
civili per po' di tempo, fino al 306. In quell'anno, le relazioni tra i tetrarchi collassarono per sempre e Costantino I,
Licinio, Massenzio e Massimino Daia entrarono in urto tra loro per il controllo dell'impero.
Nella battaglia di Torino Costantino sconfisse Massenzio una prima volta. A questa segu una nuova battaglia presso
Verona per concludersi con lo scontro decisivo avvenuto presso Ponte Milvio,[3] presso i Saxa Rubra sulla via
Flaminia, alle porte di Roma, il 28 ottobre del 312. Con la morte di Massenzio, tutta l'Italia pass sotto il controllo di
Costantino.[4] Frattanto Licinio super Massimino nella battaglia di Tzirallum del 313. Rimanevano ora solo due
augusti: Costantino in Occidente e Licinio in Oriente.
Dopo una breve tregua tra i due augusti superstiti alla prima fase della guerra civile, scoppi una prima guerra per il
possesso dell'Illirico nel 316, dove Costantino batt Licinio in due differenti battaglie: a Cibalae ed a Mardia. La
tregua dur per sette anni, tanto che nel 324 i due contendenti ripresero le armi, e Costantino ebbe la meglio sul
rivale, prima ad Adrianopoli, poi nell'Ellesponto ed infine nella battaglia di Crisopoli.
Il figlio di Costantino, Costanzo II, eredit il potere del padre alla sua morte (avvenuta nel 337) e in seguito sconfisse
l'usurpatore Magnenzio, un aprima volta nella battaglia di Mursa Maggiore e quindi nella battaglia del monte
Seleuco.
La politica di Costantino I fu proseguita dai suoi successori. In generale possiamo dire che, nel IV secolo, la
sicurezza interna miglior rispetto al secolo precedente e in molte zone dell'impero si assistette anche a una timida
ripresa demografica e economica. Purtuttavia il riassorbimento della crisi ebbe un carattere effimero.
Le invasioni barbariche del IV secolo fino ad Adrianopoli
Per approfondire, vedi Invasioni barbariche del IV secolo, campagne suebo-sarmatiche di Costanzo II e campagne
suebo-sarmatiche di Valentiniano I.

Sebbene il problema dei grandi raggruppamenti tribali accalcati


alle porte dell'impero non differisse da quanto Roma aveva gi
conosciuto nei secoli precedenti, le invasioni barbariche del III
secolo segnarono una marcata crescita nella minaccia globale,[5][6]
anche se non chiaro se il fenomeno fosse dovuto ad un aumento
della pressione esterna,[7] o se dipendesse invece, da una diminuita
capacit di Roma nel fronteggiare la minaccia.[8]

Area occupata dagli Alamanni, con i siti delle battaglie


con i Romani, dal III al VI secolo.

Gli Alemanni riapparvero ancora, con nuove incursioni nel 356


con la battaglia di Reims,[9] nel 357 con la battaglia di
Strasburgo,[10] nel 367 con la battaglia di Solicinium e nel 378 con
la battaglia di Argentovaria. In quello stesso anno i Goti inflissero
una disastrosa disfatta all'impero romano d'Oriente nella battaglia
di Adrianopoli,[11][12] nella quale Valente, imperatore del ramo
orientale, fu massacrato insieme a decine di migliaia dei suoi

soldati.[13]
Al contempo, i Franchi compivano raid attraverso il Mare del nord e il Canale della Manica,[14] i Vandali premevano
lungo il Reno, gli Iutungi sul Danubio, gli Iazigi, i Carpi e i Taifali tormentavano la Dacia, e i Gepidi si univano a
Goti ed Eruli in azioni lungo il Mar Nero.[15]
Circa nello stesso periodo, trib poco conosciute come Bavari, Baquati e Quinquegentiani[16] razziavano la provincia
d'Africa.[15]

190

Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale


All'inizio del V secolo, la pressione sui confini occidentali di Roma crebbe d'intensit. Ma non erano quei soli
confini ad essere sotto tiro: era la stessa Roma ad essere minacciata, sia sul fronte interno che sui suoi limiti orientali.
Lotta con l'Impero sasanide (284363)
Tra Roma e l'Impero sasanide, dal 297 al 337, si stabil una pace duratura, grazie ad un trattato tra Narseh e
Diocleziano, che determin un'espansione verso oriente di Roma con la creazione di cinque piccole province a est
del Tigri. Tuttavia, appena morto Costantino nel 337, Sapore II disattese il trattato e diede inizio a un nuovo conflitto
destinato a durare ventisei anni, durante i quali cerc, con scarso successo, di conquistare le fortezze romane della
regione. Dopo gli iniziali successi sasanidi, tra cui la battaglia di Amida del 359 e l'assedio di Pirisabora del 363,[17]
l'imperatore Giuliano incontr Sapore quello stesso anno nella battaglia di Ctesifonte, di fronte alle mura della
capitale persiana.[17] I Romani vinsero ma non riuscirono a prendere la citt: attorniati da territori ostili, in posizione
vulnerabile, furono costretti a ripiegare. Giuliano mor in battaglia a Samarra, durante la ritirata, forse ucciso da uno
dei suoi stessi uomini.[17] I Romani furono costretti a firmare una pace definita da molte fonti "vergognosa" che li
costrinse a rinunciare a citt di frontiera come Nisibi e Singara, oltre alle cinque province al di l del Tigri
conquistate da Diocleziano.
Vi furono ancora molte altre guerre, ma tutte di breve durata e su piccola scala, dal momento che, nel V secolo, sia i
Romani che i Sasanidi furono costretti a vedersela con minacce provenienti da ogni dove. Una guerra contro Bahram
V, nel 420, fu dovuta a delle persecuzioni di cristiani in Persia: fu un breve conflitto che si concluse ben presto con
un trattato cos come breve fu anche la successiva guerra del 441 contro Yazdgard II, conclusa in fretta con un
accordo quando entrambe le parti si trovarono a dover contrastare minacce altrove.[18]

Da Valentiniano I a Teodosio: tra Occidente ed Oriente (364395 d.C.)


Per approfondire, vedi Valentiniano I, Casata di Valentiniano e Teodosio I.

Anche i successivi imperatori Valente e Teodosio dovettero vedersela con degli usurpatori che sconfissero,
rispettivamente, nella battaglia di Thyatira, nella battaglia della Sava e in quella del fiume Frigido.
Invasioni sotto Valentiniano e Valente (364-375)
Per approfondire, vedi Invasioni barbariche del IV secolo, Campagne suebo-sarmatiche di Valentiniano I e
Campagne in Britannia del Conte Teodosio.

Spentosi Gioviano, i soldati elessero imperatore in Bitinia Valentiniano I, il quale, per richiesta dell'esercito, associ
al trono suo fratello Valente. Valentiniano avrebbe governato le province dell'Impero d'Occidente, mentre Valente
quelle dell'Impero d'Oriente. I due nuovi imperatori dovettero affrontare minacce esterne su tutti i fronti: secondo
Ammiano Marcellino, a quei tempi la Gallia e la Rezia erano devastate dagli Alamanni, la Pannonia dai Sarmati e
dai Quadi, la Britannia dai Sassoni, Scoti e Attacotti, mentre l'Africa era esposta ai saccheggi dei Mauri e degli
Austuriani, e la Tracia era devastata dai Goti; anche l'Armenia, inoltre, era minacciata dallo sci di Persia Sapore
II.[19]
Come se non bastasse, in Oriente si verific l'usurpazione di Procopio, il quale minacci seriamente il trono di
Valente, fino a quando l'Imperatore legittimo non riusc ad aver la meglio sull'usurpatore nella battaglia di
Thyatira.[20] Dopo aver represso l'usurpazione, Valente decise di intraprendere una spedizione punitiva contro i Goti,
rei di aver appoggiato l'usurpazione di Procopio.[21] Varc il Danubio attraverso un ponte di navi, senza per trovare
esercito che gli si opponesse, perch i Goti, terrorizzati, avevano cercato riparo su monti inaccessibili; l'anno
successivo, Valente tent di nuovo di varcare il Danubio, ma ne fu impedito dalle acque del fiume; nel terzo anno
consecutivo di campagne contro i Goti, l'esercito di Valente penetr di nuovo in territorio gotico, assalendo i
Greutungi e mettendo in fuga il re goto Atanarico; una volta ritornato a Marcianopoli per svernarvi, Valente ricevette

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Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale


le richieste di pace di Atanarico, il quale affermava che i Goti, ormai oppressi dalla mancanza delle cose pi
necessarie a causa della guerra e dell'interruzione dei commerci, avrebbero accettato una pace a condizioni giuste;
Valente accett e firm la pace con Atanarico su una barca sul Danubio, per richiesta del re goto che si rifiutava di
mettere piede su suolo romano.[22]
Nel frattempo l'Imperatore Valentiniano decise di porre la propria residenza imperiale a Treviri nel tentativo di porre
fine alle incursioni degli Alamanni, i quali avevano sconfitto i generali Cariettone e Severiano:[23] il suo generale
Giovino nel 367 riusc finalmente a infliggere una significativa sconfitta agli Alamanni nei pressi di Scarponna, che
gli valse la nomina a console.[24] Una volta associato al trono il figlio Graziano, Valentiniano decise di varcare con il
suo esercito il Reno per condurre una spedizione punitiva contro gli Alamanni, infliggendo loro una grave sconfitta
nella battaglia di Solicinium (367), nella quale, pur rischiando di finire in un'imboscata, arriv vicino addirittura a
sterminare l'intero esercito alamanno.[25] Nel frattempo Valentiniano decise di migliorare le fortificazioni sul Reno,
costruendo nuove fortificazioni e migliorando le fortificazioni preesistenti.[26] Riusc inoltre a contrastare l'invasione
delle Gallie ad opera dei Sassoni: l'Imperatore Valentiniano invi contro gli invasori le truppe di Severo, il quale
riusc a indurre i Sassoni ad accettare la pace e il ritiro senza nemmeno combattere; alcuni sassoni si arruolarono
nell'esercito romano, mentre al resto fu concesso il ritorno nelle loro terre; in realt, Severo ordin al suo esercito di
tendere un'imboscata ai Sassoni sulla via del ritorno, stratagemma che ebbe successo e permise ai Romani di
sterminare completamente gli invasori. Valentiniano non riusc per a catturare il re degli Alamanni Macriano, per
l'insubordinazione dei soldati romani, che fecero fallire il tentativo di imboscata al capo tribale alamannno,[27] n la
sua tattica di mettere i Burgundi contro gli Alamanni ebbe particolare successo; anche se il Conte Teodosio, appena
ritornato trionfante dalla Britannia, inflisse una netta sconfitta agli Alamanni, trapiantando i prigionieri nei pressi del
Po,[28] Macriano rimaneva comunque un avversario temibile e nel 374, dovendo pacificare il limes renano per
contrastare le razzie dei Quadi nell'Illirico, l'Imperatore decise di stringere un trattato di alleanza con Macriano, per
poter avere mano libera per occuparsi delle invasioni dei Quadi.[29]
Nel frattempo, intorno al 369, una grave notizia raggiunse Valentiniano a Treviri: la Britannia era stata devastata
interamente da Pitti, Attacotti e Scoti, i quali avevano ucciso i generali Nettarido e Fullofaude; Valentiniano invi
allora in Britannia truppe sotto il comando dapprima di Severo, poi di Giovino e Protervuide, ma, di fronte agli
insuccessi subiti, decise finalmente di inviare in soccorso dell'isola il valoroso Conte Teodosio: sbarcato in Britannia,
Teodosio riusc a porre fine alle incursioni nemiche, annientando gli invasori e ripristinando la pace in Britannia:[30]
vinti gli incursori, ripristinata la pace, Teodosio riusc persino a recuperare alcuni territori persi in precedenza,
costituendo una nuova provincia romana che prese il nome di Valentia in onore di Valentiniano I.[31]
L'Africa nel frattempo era minacciata dalle incursioni dei Mauri mentre la Panfilia e la Cilicia dalle incursioni degli
Isauri.[32] La Tripolitania, in particolare, continuava ad essere saccheggiata impunemente dagli Austriani, con il
pretesto di dover vendicare l'uccisione di uno di loro, tal Stacao, giustiziato a loro dire ingiustamente dai Romani;
essendo la citt di Leptis minacciata dalle incursioni nemiche, i suoi abitanti implorarono l'aiuto del Conte d'Africa
Romano, il quale per rispose che sarebbe intervenuto solo se gli avessero fornito vettovaglie e quattromila
cammelli, richiesta che gli abitanti non poterono soddisfare; di fronte al comportamento deplorevole del Conte
d'Africa, il quale non muoveva un dito contro gli invasori a meno che non i cittadini non gli versassero un tributo, gli
abitanti di Leptis inviarono un'ambasceria presso Valentiniano per deplorare il comportamento del loro Conte;
Valentiniano invi dunque Palladio affinch verificasse la veridicit dell'esposto dei cittadini di Leptis, ma il Conte
Romano riusc a insabbiare tutto ottenendo delle informazioni compromettenti su Palladio e ricattandolo: se avesse
spifferato all'Imperatore le malefatte del Conte Romano, quest'ultimo avrebbe riferito a Valentiniano anche i misfatti
compiuti in passato da Palladio; Palladio ment dunque all'Imperatore, convincendolo che gli abitanti di Leptis si
lamentavano a torto; Valentiniano fece giustiziare gli ambasciatori accusandoli di menzogna, e il Conte disonesto
pot mantenere il posto fino ai tempi della rivolta di Firmo, quando il Conte Teodosio, inviato da Valentiniano in
Africa per sopprimere la rivolta, scopr tutto e lo fece processare.[33] Il Conte Romano, intendendo vendicare
l'assassinio di Zamma, figlio del capo dei Mauri e ucciso dal suo stesso fratello Firmo, accus Firmo di molti crimini
volendo la sua rovina; poich i contatti privilegiati che Romano aveva con la corte impedirono ogni valida difesa di

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Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale


Firmo, quest'ultimo, disperando per la propria salvezza, si rivolt, devastando le province africane; Valentiniano,
informato, invi quindi in Africa il Conte Teodosio, per porre fine alla rivolta; con una serie di vittorie Teodosio
represse con successo la rivolta di Firmo, che, nella disperazione di essere catturato vivo, si suicid.[34]
La Pannonia, nel frattempo, fu invasa dai Quadi, adirati con l'Impero perch l'Imperatore aveva cominciato a
costruire fortificazioni nei loro territori e un ufficiale imperiale aveva ucciso in un banchetto il loro capo tribale,
Gabinio; i Quadi, varcato il Danubio, e unitesi con i Sarmati, devastarono le province illiriche, sconfiggendo ben due
legioni romane; nel frattempo, il futuro imperatore Teodosio, all'epoca governatore militare della Mesia, riusc a
infliggere diverse sconfitte ai Sarmati.[35] Nel 374 Valentiniano, letta la relazione del prefetto Probo sulle incursioni
devastanti che avevano colpito l'Illirico, decise di marciare egli stesso alla testa delle sue truppe contro gli invasori.
Nella primavera successiva Valentiniano si mosse da Treviri giungendo a Carnuntum, da dove qualche mese dopo
penetr nel paese dei Quadi con il suo esercito, devastando e uccidendo.[36] I Quadi, messi alle strette, inviarono
un'ambasceria presso l'Imperatore per implorare la pace: l'Imperatore, adirato per le loro insolenti parole, perse il
controllo di s stesso al punto che gli scoppi una vena e spir, dopo dodici anni di regno.[37] Gli succedettero in
Occidente i figli Graziano e Valentiniano II.[38]
La guerra gotica (376-382)

Migrazione principale dei Visigoti

Per approfondire, vedi Guerra gotica (376-382).

Ma la minaccia maggiore fu quella delle trib gote, che minacciate dall'espansionismo verso occidente degli Unni,
decisero di migrare in territorio romano. Nel 376 due popolazioni gote, Grutungi e Tervingi, inviarono ambasciatori
ad Antiochia per chiedere all'Imperatore d'Oriente Valente ospitalit in Tracia. Valente, impegnato sul fronte
persiano ed essendo impossibilitato a impedire il passaggio all'interno dei confini dei Barbari essendo il Danubio
sguarnito di truppe, accett ma, per limitare i danni, fece attraversare il Danubio solo ai Tervingi, tenendo fuori
dall'Impero i Greutungi.[39] Finora Roma, quando concedeva l'ospitalit a migranti barbari, sparpagliava i nuovi
arrivati per tutto l'Impero per distruggere la loro coesione e renderli inoffensivi prevenendo cos eventuali rivolte.[40]
Invece, questa volta, ai Goti furono concesse condizioni favorevoli: tutti i migranti si stanziarono in Tracia, luogo
scelto da loro, invece di venire sparpagliati per tutto l'Impero.[41]
I Goti, tuttavia, si trovarono presto in difficolt perch si trovarono in carenza di cibo, e subirono vari maltrattamenti
da parte degli ufficiali romani. Il generale Lupicino, constatando l'ostilit crescente dei Tervingi, decise di
trasportarli pi vicino a Marcianopoli; per attuare questa decisione, fu per costretto a sguarnire il Danubio di truppe,
permettendo cos ai Greutungi di attraversarlo senza permesso. Lupicino allora tent di assassinare i capi goti
durante un banchetto in loro onore, fallendo; ci determin la rivolta dei Goti, che iniziarono a devastare i Balcani
orientali, infliggendo una prima sconfitta all'esercito di Lupicino. Valente, allarmato, invi un ambasciatore in Persia

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Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale


per ottenere una pace a qualsiasi condizione, e inizi ad inviare truppe armene nei Balcani, truppe per insufficienti
per annientare i Goti.
Giunto a una pace sfavorevole con i Persiani, Valente pot portare il grosso del suo esercito nei Balcani per porre
finalmente fine ai saccheggi dei Goti, a cui nel frattempo si erano uniti alcuni contingenti di Unni e Alani.[42] Giunto
a Costantinopoli, Valente attese in quel luogo l'arrivo delle truppe di Graziano, imperatore d'Occidente. Graziano,
per, tardava ad arrivare perch impegnato a respingere una incursione degli Alamanni e dei Lentiesi, che
intendevano approfittare dello sguarnimento del limes renano, reso necessario dalla necessit di portare rinforzi a
Valente, per invaderlo.[43] Prima che Graziano arrivasse, inoltre, Valente venne informato da spie che i Goti erano
solo 10.000, una notizia per falsa. Pensando di essere in superiorit numerica e non volendo condividere la gloria di
una vittoria con Graziano, Valente imprudentemente affront i Goti a Adrianopoli, perdendo e venendo ucciso in
battaglia (378).
La vittoria di Adrianopoli permise ai Goti di aver via libera nei Balcani, mentre un successore di Valente venne
eletto solo nel 379. Il nuovo Imperatore, Teodosio, ricostru l'esercito di campo orientale, che affront i Goti in uno
scontro aperto nel 380, uscendone di nuovo sconfitto. Fu cos che l'Imperatore d'Oriente fu costretto a ricorrere alla
diplomazia, concedendo ai Goti in cambio della pace lo status di Foederati e terre da coltivare (382).
I foederati mantenevano una certa autonomia dall'Impero, non pagando tasse all'Impero, e, in cambio di un
compenso - in denaro o tramite concessione di terre (hospitalitas) -, avrebbero servito l'Impero contro gli altri
barbari.[44] Tale sistema costituiva in realt un'arma a doppio taglio in quanto non faceva altro che sostituire
l'"invasione violenta" con quella "pacifica", e avrebbe potuto portare i barbari a distruggere dall'interno l'Impero.
Numerosi capi germanici ebbero accesso alle pi alte cariche militari (ad esempio Gaina divenne magister militum
praesentalis e Alarico magister militum per Illyricum).
Il retore Temistio si augurava che i Goti sarebbero stati presto assimilati alla cultura romana, com'era accaduto gi in
passato con i Galati, e che quindi non sarebbero stati pi una minaccia per l'Impero, ma si sbagliava di grosso.[45] I
Tervingi e i Greutungi, che (secondo Heather) poi si sarebbero uniti formando il popolo dei Visigoti, si sarebbero
ritagliati presto un loro regno indipendente in Gallia e in Hispania e avrebbero contribuito alla caduta dell'Impero
romano d'Occidente.
Le guerre civili (383-394)
Per approfondire, vedi Battaglia del Frigido.

Nel 383, l'Imperatore Graziano, essendosi attirato l'odio dell'esercito per aver arruolato come Foederati dei guerrieri
Alani, pagandoli di pi rispetto alle truppe regolari, dovette affrontare una seria rivolta dell'esercito di Britannia, il
quale elesse imperatore Magno Massimo: l'usurpatore sbarc con il suo esercito in Gallia e si confront in battaglia
con il legittimo imperatore Graziano.[46] Dopo una battaglia durata cinque giorni, Graziano, a causa delle continue
diserzioni che rinforzavano man mano l'esercito dell'usurpatore, fu costretto alla fuga, marciando verso la Rezia, il
Norico, la Pannonia e la Mesia Superiore, inseguito dagli uomini di Massimo, condotti da Andragazio.[46] Questi
riusc a raggiungere il fuggitivo Graziano mentre stava per attraversare il ponte a Sigidunus, e lo uccise.[46] Una
volta ucciso il legittimo imperatore Graziano, l'usurpatore Massimo invi un'ambasceria presso l'Imperatore
Teodosio, proponendogli il riconoscimento e un'alleanza militare: Teodosio, pur riconoscendo seppur solo
temporaneamente a Massimo una quota dell'Impero (la Gallia e la Britannia), stava gi allestendo i preparativi per
una guerra contro l'usurpatore.[47]
Nel frattempo (388) l'usurpatore Massimo stava volgendo le sue mire sull'Italia, prefettura dell'Impero ancora
governata dal giovane Valentiniano II, fratello di Graziano, sognando di potersi impadronire dell'intero Impero
d'Occidente, e non solo delle province galliche.[48] Tuttavia, essendo conscio che attraversare le Alpi sarebbe stato
rischioso perch ben difendibili a causa dei passaggi stretti, decise di rinviare l'invasione dell'Italia.[48] Nel frattempo
Valentiniano II invi un ambasciatore, Domnino, presso l'usurpatore, proponendo la continuazione della pace:

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Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale


Massimo sembr accettare, e addirittura accett di inviare parte del suo esercito in sostegno dell'esercito di
Valentiniano II per aiutarlo a respingere le incursioni dei Barbari in Pannonia.[48] Tutto ci era per un tranello di
Massimo, che cos pot attraversare le Alpi senza trovare resistenza, entrando in Italia e marciando verso Aquileia,
con l'intento di deporre Valentiniano II.[48] Quest'ultimo, temendo per la propria sorte, si imbarc per Tessalonica,
implorando il sostegno dell'Imperatore d'Oriente Teodosio contro l'usurpatore che ormai si stava impadronendo
dell'Italia.[49]
Dopo qualche esitazione, Teodosio decise di intervenire contro l'usurpatore: affidato il comando della cavalleria a
Promoto, e quello della fanteria a Timasio e puniti i foederati barbari sospettati di essere stati corrotti da Massimo
per tradire Teodosio durante la campagna, condusse il suo esercito attraverso la Pannonia Superiore con obbiettivo
Aquileia.[50] Sconfisse l'esercito di Massimo, che non si aspettava l'attacco, e si impadron di Aquileia, catturando
l'usurpatore mentre era nell'atto di distribuire denaro ai suoi soldati e ordinando la sua esecuzione.[51] Il figlio
dell'usurpatore, Vittore, fu anch'esso ucciso da Arbogaste, generale di Teodosio, mentre Andragazio, mentre era in
nave per intercettare la nave che stava trasportando Valentiniano II in Italia e cos catturarlo, una volta appresa la
notizia della sorte del suo superiore, decise di optare per il suicidio gettandosi in mare.[52] Valentiniano II torn in
Italia via mare, e ricevette da Teodosio il possesso dell'Italia, della Gallia, della Spagna, della Britannia, dell'Africa e
dell'Illirico occidentale.[52]
Qualche anno dopo, tuttavia, una nuova guerra civile funest l'Impero. Il 15 maggio 392 fu trovato impiccato
l'imperatore d'Occidente Valentiniano II nella sua residenza a Vienne, nella Gallia. Secondo le fonti dell'epoca fu
ucciso da Arbogaste, un comandante di origini franche dell'esercito romano, molto influente a corte.[53] Il 22 agosto
dello stesso anno Arbogaste, con l'appoggio del Senato romano, dichiar imperatore d'occidente Flavio Eugenio.
Eugenio invi degli ambasciatori a Teodosio, per ottenere da lui il riconoscimento come Imperatore d'Occidente.[54]
Mentre Teodosio decise di prendersi del tempo prima di rispondere all'ambasceria, avvenne una cena turbolenta tra i
foederati goti dell'Impero.[54] Zosimo narra che tra i Goti erano sorte due fazioni opposte: una antiromana, condotta
da Eriulfo, riteneva che bisognasse rompere il trattato di alleanza con l'Impero e invaderlo, mentre invece l'altra
fazione, filoromana, condotta da Fravitta, riteneva che bisognasse continuare a rispettare i patti stretti con
Roma.[55][55] Dopo un violento litigio con Eriulfo mentre i Goti erano a banchetto con Teodosio, Fravitta lo aggred
e lo uccise: i seguaci di Eriulfo provarono a vendicare l'assassinio del loro capo aggredendo Fravitta, ma in difesa di
quest'ultimo intervennero le guardie imperiali, i quali repressero il tumulto.[55]
Dopo alcune incertezze, l'imperatore d'oriente Teodosio I decise di non riconoscere il nuovo imperatore d'occidente,
nominando al suo posto nel gennaio del 393 il proprio figlio di otto anni Onorio e optando quindi per la guerra.[56]
Teodosio affid il comando dell'esercito romano a Timasio e a Stilicone.[56] Gli alleati barbari furono posti sotto il
comando di Gainas e Saulo, a cui si aggiunsero le truppe di Bacurio, comandante armeno.[56] Affidato il governo
dell'Impero d'Oriente a suo figlio Arcadio, sotto la tutela del prefetto del pretorio d'Oriente Rufino, Teodosio part
con l'esercito e con il figlio Onorio alla volta dell'Italia.[56]

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Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale

Nella battaglia del Frigido l'Imperatore ebbe la meglio sull'usurpatore:


secondo Zosimo, Teodosio ritenne maggiormente prudente schierare in
prima fila gli alleati barbari, e che il massacro fu tale che molte delle
truppe alleate di Teodosio furono massacrate, mentre gli altri
comandanti sfuggirono a stento dallo stesso destino.[57] Quando giunse
la notte e gli eserciti si ritirarono, Eugenio, ormai sicuro della vittoria,
concesse ai soldati il riposo, non temendo un attacco a sorpresa di
Teodosio.[57] Mentre i soldati di Eugenio stavano ancora riposando,
l'Imperatore Teodosio ne approfitt sferrando un attacco a sorpresa
all'alba con tutte le sue forze: dopo aver massacrato i soldati di
Eugenio mentre stavano ancora riposando,[57] Teodosio procedette
quindi alla tenda di Eugenio, che fu catturato e punito con la
decapitazione.[57] Arbogaste, dopo aver cercato rifugio tra le montagne
e braccato ormai dalle forze imperiali, prefer il suicidio alla cattura.[57]
L'Imperatore Teodosio, dopo il trionfo sull'usurpatore, procedette a
Teodosio, vincitore della battaglia, divenne
l'ultimo imperatore dell'Impero unificato.
Roma, dove proclam imperatore suo figlio Onorio, e affid il
comando delle truppe occidentali a Stilicone, nominandolo reggente
del figlio.[58] Teodosio si spense poco tempo dopo, affidando l'Impero d'Occidente a suo figlio Onorio e l'Impero
d'Oriente a suo figlio Arcadio.[58]

Il Crollo dell'impero romano d'Occidente (395476)


Per approfondire, vedi Tarda antichit e Impero romano d'Occidente.

Sono state avanzate molte ipotesi per


spiegare il declino dell'impero romano, e
molte date sono state proposte per
indicarne l'esatta fine, dall'inizio del suo
declino nel terzo secolo[59] alla caduta di
Costantinopoli nel 1453.[60] Da un punto di
vista militare, tuttavia, l'impero cadde
definitivamente dopo che fu dapprima
invaso da vari popoli non romani e quindi
deprivato del suo nucleo peninsulare per
mano delle truppe germaniche in rivolta.
Sia la storicit che le esatte date rimangono
incerte, e alcuni storici negano che possa
L'Europa nel 476, dal Muir's Historical Atlas (1911).
parlarsi di caduta dell'Impero. Rimangono
perfino divergenti le opinioni sul se si
debba considerarla un singolo evento oppure un lungo e graduale processo.
L'impero divenne col tempo sempre meno romanizzato e sempre pi imbevuto di una nuova impronta germanica:
anche se l'impero cedette di fronte all'invasione dei Visigoti, il rovesciamento dell'ultimo imperatore, Romolo
Augusto, non fu compiuto da truppe straniere ma piuttosto da foederati germanici organici all'esercito romano. In
questo senso, non avesse rinunciato Odoacre al titolo di Imperatore, per dichiararsi invece "Rex Italiae", l'impero
avrebbe potuto perfino dirsi conservato, perlomeno nel nome, ma non certo nella sua identit, ora profondamente
mutata: non pi romana, ma sempre pi permeata e governata da popolazioni germaniche, ben prima del 476. I

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Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale


popoli di ascendenza romana furono nel quinto secolo "privati del loro ethos militare"[61] e lo stesso esercito romano
non divenne altro che un supplemento di truppe federate di Goti, Unni, Franchi e altri ancora che combattevano in
suo nome.
Invasioni barbariche del V secolo
Per approfondire, vedi Invasioni barbariche del V secolo.

Regno di Onorio (395-423)

Le invasioni barbariche dal IV al VI secolo

Per approfondire, vedi Onorio (imperatore), Stilicone e Alarico I.

L'estrema agonia di Roma inizi quando, intorno al 395, i Visigoti si ribellarono.[62] Guidati da Alarico,[63] tentarono
di prendere Costantinopoli,[64] ma furono respinti e, in cambio, si diedero a saccheggiare buona parte della Tracia
nella Grecia settentrionale.[63][65] L'Impero d'Oriente quindi nomin il visigoto Alarico magister militum per
Illyricum e il goto Gaina magister militum praesentalis. Nel 400 una reazione antigermanica scoppiata a
Costantinopoli port, tuttavia, alla rovina del goto Gaina (magister militum praesentalis) e all'espulsione dei
Germani dall'esercito romano-orientale: i Germani furono in seguito riammessi nell'esercito d'Oriente, ma non pi
come foederati autonomi condotti dai propri capi tribali bens come mercenari condotti da generali imperiali.[66] I
Visigoti, quindi, si spostarono ad Occidente.
Nel 402 assediarono Mediolanum, la capitale dell'imperatore romano Onorio, difesa da truppe gotiche. L'arrivo del
romano Stilicone con il suo esercito, costrinse Alarico a togliere l'assedio e a dirigersi verso Hasta (Asti) nel
nordovest dell'Italia, dove Stilicone lo attacc nella battaglia di Pollenzo,[67][68] conquistando l'accampamento di
Alarico. Stilicone si offr di restituire i prigionieri in cambio del ritorno dei Visigoti in Illyricum, ma Alarico, giunto
a Verona, arrest la sua ritirata. Stilicone attacc di nuovo nella battaglia di Verona (403)[69] e sconfisse nuovamente
Alarico,[70] costringendolo a ritirarsi dall'Italia.
Nel 405 gli Ostrogoti invasero la stessa Italia, ma furono sconfitti. Tuttavia, nel 406, varie trib, probabilmente
pressate da un ulteriore avanzamento verso occidente degli Unni, approfittarono del gelo per attraversare in massa la
superficie ghiacciata del Reno: Vandali, Svevi, Alani e Burgundi sciamarono attraverso il fiume, incontrando una
debole resistenza nel sacco di Moguntiacum (Magonza) e nel Sacco di Treviri,[71] e aprendosi le porte alla completa
invasione della Gallia. Nonostante questo grave pericolo, o forse proprio a causa di esso, l'esercito romano continu
ad essere dilaniato da usurpazioni nelle province galliche, mentre in Italia Stilicone, principale difensore di Roma in
quel periodo, fu messo a morte con l'accusa di tradimento.[72]

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Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale

Fu in un questo clima tormentato che, nonostante i rovesci


subiti, Alarico pot ritornare nel 410 riuscendo a mettere a
segno il sacco di Roma.[63][73][74] A quella data, gi dal
402, la capitale imperiale si era trasferita a Ravenna,[75]
ma qualche storico candida il 410 quale possibile data
della vera caduta dell'impero romano.[76] Nel frattempo,
mentre i Goti, sfumato il tentativo di sbarcare in Africa,
risalivano la penisola per stabilirsi in Gallia e i Burgundi
si stanziarono in parte della Gallia orientale, Svevi, Alani
e Vandali (divisi in due trib: Asdingi e Silingi)
abbandonarono la Gallia per stanziarsi in Spagna, dove si
spartirono le province tra loro (411).[77] Nel 410, la
Britannia si era resa indipendente dall'Impero,[78][79] e
intorno al 440-450 venne invasa dai Sassoni. Molta
dell'Europa occidentale fu messa alle strette "da ogni
genere di calamit e disastri",[80] finendo in mano a
Regni romano-barbarici capeggiati da Vandali, Svevi,
Visigoti e Burgundi.[81]
Nell'ultimo decennio del regno di Onorio il generale
Flavio Costanzo tent di risollevare le sorti dell'Impero e
in parte ci riusc. Sconfitti gli usurpatori nelle Gallie e
ripristinata la concordia interna nell'Impero, Costanzo
Raffigurazione del Sacco di Roma condotto dai Visigoti di
riusc a giungere a un accordo con i Goti accettando il
Alarico I nel 410.
loro stanziamento come Foederati in Aquitania (418) e
ottenendo in cambio il loro sostegno nelle lotte per la
riconquista della Spagna contro Vandali, Alani e Svevi. Tra il 416 e il 418 le truppe romano-visigote inflissero
pesanti sconfitte a Vandali Silingi e agli Alani, i cui superstiti furono costretti ad implorare la protezione dei Vandali
Asdingi condotti dal re Gunderico, portando cos alla formazione di una potente coalizione vandalo-alana sotto la
guida della dinastia degli Asdingi.[82] Nel frattempo i Visigoti vennero richiamati temporaneamente in Aquitania,
dando il tempo alla nuova coalizione di recuperare forze. La controffensiva romano-visigota riprese nel 422, ma
questa volta la coalizione vandalo-alana, stanziatisi in Betica (Spagna meridionale) usc vincitrice nello scontro,
forse a causa di un presunto tradimento dei Visigoti tramandato da una fonte ostile ad essi.
In conclusione, durante il regno di Onorio (395-423) gran parte della Spagna venne occupata da Vandali, Alani e
Svevi, mentre in Gallia si stanziarono in piccole enclavi Visigoti e Burgundi, la Britannia si stacc dall'Impero e in
Armorica insorsero i contadini briganti Bagaudi; ci provoc la perdita del gettito fiscale proveniente da quelle
province. Inoltre le regioni non occupate dai Germani in Gallia, Spagna e Italia subirono danni ingenti a causa delle
devastazioni provocate dalla guerra e di conseguenza anche il loro gettito fiscale, che era necessario per il
mantenimento di un potente esercito, diminu.[83] Si stima che la lotta contro gli invasori germanici nel periodo tra il
395 e il 420 abbia portato all'annientamento del 47,5% circa dei reggimenti comitatensi occidentali, perdite che
dovettero essere colmate principalmente con la promozione a comitatensi di numerose truppe di frontiera, pi che
con il reclutamento di nuove leve di soldati di prima classe. Cosicch nonostante l'esercito campale occidentale nel
420 fosse addirittura pi grande numericamente rispetto al 395 (181 reggimenti contro i 160 ca. del 395), era in
realt pi debole perch il numero dei reggimenti di "veri" comitatensi era calato da 160 a 120.[84] Le lotte politiche
negli anni successivi contribuirono successivamente a un ulteriore peggioramento della situazione.

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Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale

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Valentiniano III (423-455)


Per approfondire, vedi Valentiniano III, Flavio Ezio, Attila e Genserico.

Gli anni dal 423 al 433 furono caratterizzati da lotte interne per il potere che contribuirono al peggioramento della
situazione. Dopo il decesso di Onorio fu eletto Imperatore Giovanni, che per non ottenne l'approvazione
dell'Impero d'Oriente, che appoggiava invece come candidato Valentiniano, il figlio della sorella di Onorio, Galla
Placidia. Su pressioni esercitate da Galla, l'Imperatore d'Oriente Teodosio II allest una spedizione in Italia per
rovesciare Giovanni e porre sul trono il piccolo Valentiniano. La spedizione ebbe successo e il 23 ottobre 425
Valentiniano venne incoronato Augusto sotto la reggenza della madre Galla Placidia.[85] Ci non pose per fine
all'instabilit politica, data la lotta per il potere tra i tre massimi generali dell'Impero, Ezio, Bonifacio e Felice. La
lotta si concluse nel 433 con la vittoria di Ezio, che elimin i due rivali e ottenne il controllo dell'Impero romano
d'Occidente.[86]
Dell'instabilit politica e della paralisi del potere
centrale approfittarono i Vandali rafforzati
dall'unione con gli Alani.[87] Tra il 425 e il 428 la
Spagna meridionale e le Isole Baleari furono oggetto
dei saccheggi dei Vandali.[88] Questi, per, decisero
di migrare nel Nord Africa principalmente perch
pi distante dagli insediamenti dei Visigoti alleati
dei Romani e dunque pi sicura a livello
strategico.[89] Nel 429 i Vandali, condotti dal nuovo
re Genserico, sbarcarono a Tangeri in Mauritania
Tingitana e da l marciarono verso est in direzione di
Cartagine. Sconfitte le forze romane condotte da
Bonifacio, i Vandali minacciavano ormai da vicino
la Proconsolare e la Byzacena, le province pi
prospere dell'Impero romano d'Occidente, dalle
quali lo stato ricavava la maggior parte dei proventi.
Deciso a difenderle, Ezio chiese aiuto all'Imperatore
d'Oriente Teodosio II, il quale invi Aspar in Africa
per contenere l'avanzata vandala. La mossa costrinse
i Vandali a negoziare: nel 435 i Vandali ottennero
dall'Impero la Mauritania e parte della Numidia,
mentre le province pi prospere dell'Africa romana
erano per il momento salve.[90]

Genserico, re dei Vandali.

Contenuti i Vandali sfruttando l'aiuto dell'Impero


romano d'Oriente, il magister militum Ezio decise di occuparsi della Gallia, riuscendo a fronteggiare efficacemente
gli invasori barbarici grazie al supporto militare degli Unni (con cui aveva sempre avuto ottimi rapporti) ai quali
tuttavia dovette cedere parte della Pannonia in cambio del loro aiuto: nel 436 i Burgundi, che minacciavano quello
che oggi il Belgio, furono massacrati dall'esercito romano-unno di Ezio, ridotti all'obbedienza e insediati intorno al
lago di Ginevra; sconfisse poi i ribelli bagaudi in Armorica riconducendoli all'obbedienza, per poi sconfiggere
(sempre nel 436), sempre con il sostegno degli Unni, i Visigoti ad Arelate, e a Narbona.[91]
La scelta di Ezio di impiegare un popolo pagano come gli Unni contro i cristiani (seppur ariani) Visigoti trov per
l'opposizione di taluni, come il vescovo di Marsiglia Salviano, autore del De gubernatione dei ("Il governo di
Dio")[92], secondo il quale i Romani, adoperando i pagani Unni contro i cristiani Visigoti, avrebbero perso la

Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale


protezione di Dio. Gli autori cristiani furono soprattutto scandalizzati dal fatto che Litorio permettesse agli Unni non
solo di compiere sacrifici alle loro divinit pagane e di predire il futuro attraverso la scapulimanzia, ma anche di
saccheggiare in talune circostanze lo stesso territorio imperiale. Nel 439 Litorio arriv alle porte di Tolosa, capitale
del Regno visigoto e si scontr con i Visigoti nelle vicinanze: nel corso della battaglia, per, fu catturato dai Visigoti,
e ci gener il panico tra i mercenari Unni, che vennero sconfitti e messi in rotta. Litorio fu giustiziato. La sconfitta e
morte di Litorio spinse Ezio a firmare una pace con i Visigoti riconfermante il trattato del 418,[93] dopodich torn in
Italia,[94] per l'emergenza dei Vandali, che proprio in quell'anno avevano conquistato Cartagine. Nel frattempo,
almeno fino al 439, in Spagna la situazione era migliorata a causa della migrazione in Africa dei Vandali: infatti i
territori abbandonati dai Vandali tornarono in mano imperiale, anche se rimanevano minacciati dagli Svevi
insediatisi in Galizia.[95]
Proprio nello stesso anno in cui Ezio era riuscito a porre un freno alle pretese dei Visigoti, una nuova catastrofe si
abbatt sull'Impero romano d'Occidente. Genserico, approfittando delle poche truppe poste a difesa di Cartagine,
invase le province di Byzacena e Proconsolare, occupando Cartagine (439).[96][97] Teodosio II intervenne ancora una
volta in aiuto dell'Impero d'Occidente inviando nelle acque della Sicilia una potente flotta che, coadiuvata
dall'esercito di Ezio, avrebbe dovuto recuperare Cartagine. Tuttavia ci comport per l'Impero d'Oriente lo
sguarnimento del limes danubiano, occasione che fu prontamente colta dagli Unni di Attila che invasero proprio in
quel momento le province danubiane. Per fronteggiare questa invasione, Teodosio II fu costretto a richiamare la
flotta nei Balcani, costringendo l'Impero occidentale a negoziare una pace sfavorevole con Genserico. Nel 442
l'Impero e Genserico firmarono un trattato di pace con cui i Vandali ottenevano Byzacena, Proconsolare e parte della
Numidia, in cambio della restituzione ai Romani delle Mauritanie e del resto della Numidia, province per
danneggiate da anni di occupazione vandala e che quindi non potevano pi fornire un grande gettito fiscale.[98] La
perdita di province cos prospere (e del loro gettito fiscale) fu un duro colpo per l'Impero romano d'Occidente, che
trovatosi per questo motivo in serie difficolt economiche fu costretto a revocare tutti i benefici fiscali di cui
godevano le classi possidenti e a revocare tutti i decreti di esenzione o di riduzione fiscale emanati in precedenza.[99]
Questo tentativo di taglio delle spese e di massimizzazione delle entrate non si rivel per sufficiente a tappare le
perdite recate, cosicch, come si ammette in un decreto del 444, lo stato non era pi in grado di mantenere un grosso
esercito. Heather stima, in base a un calcolo matematico, che a causa della perdita del Nord Africa, lo stato dovette
licenziare almeno 40.000 fanti o 20.000 cavalieri.[100]
"La lotta si trasform in un corpo a corpo, fiero, selvaggio, confuso e senza il pi piccolo respiro... Il sangue dei corpi caduti, da piccolo
ruscello, fluiva in pianura in un fiume torrenziale. Quelli tormentati dalla sete per le ferite ricevute, bevevano acqua tanto frammista a
sangue da apparir costretti, nella loro sofferenza, a bere di quello stesso sangue sgorgato dalle loro ferite"
[101]

Giordane sulla Battaglia dei Campi Catalauni

Approfittando del fatto che Ezio era impegnato contro i Vandali, gli Svevi sotto la guida del loro re Rechila ripresero
l'offensiva in Spagna occupando, tra il 439 e il 441, Lusitania, Betica e Cartaginense. L'unica provincia romana in
Spagna era ora la Tarraconense, dove per erano insorti i Bagaudi. Ezio non pot far molto per la Spagna, perch il
suo principale alleato, gli Unni, era ora diventato un nemico a causa dell'ascesa di Attila: nel 446 comunque, invi il
generale Vito con un esercito "non trascurabile" rinforzato da truppe visigote in Spagna nel tentativo di recuperare
Betica e Cartaginense, ma la spedizione si risolse in un insuccesso e il gettito fiscale dalla Spagna and perduto.[102]
Nel 451 Ezio guid invece contro gli Unni di Attila un esercito composito, che includeva anche i precedenti nemici
visigoti: grazie ad esso, nella battaglia dei Campi Catalaunici,[103][104][105] inflisse agli Unni una sconfitta cos
sonora che essi in seguito, pur imperversando in razzie contro Concordia, Altinum, Mediolanum,[106] Ticinum,[106] e
Patavium, mai pi minacciarono direttamente Roma. Pur essendo l'unico vero baluardo dell'impero, Ezio venne
assassinato dalla stessa mano dell'imperatore Valentiniano III, in un gesto che indusse Sidonio Apollinare a
osservare: "Ignoro, o signore, le ragioni della vostra provocazione; so solo che avete agito come quell'uomo che
mozzi la mano destra con la propria sinistra".[107] Valentiniano III fin poi assassinato in una congiura nel 455.

200

Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale

201

Crollo finale (455-476)


Il
nuovo
Imperatore,
Petronio
Massimo, decise subito di inviare il
magister militum per Gallias Avito dai
Visigoti per proporre loro una nuova
alleanza militare. La scelta di far
maritare la principessa Eudossia, figlia
di Valentiniano III, con suo figlio
Palladio per legittimare la sua ascesa al
trono, fece infuriare il re dei Vandali
Genserico, il cui figlio Unerico era
fidanzato con la stessa Eudossia in
base al trattato del 442. I Vandali
decisero di reagire con la forza: una
La distruzione dell'Impero romano, di Thomas Cole. Dipinto allegorico (ispirato molto
flotta vandala sbarc poco distante da
probabilmente al sacco di Roma dei Vandali del 455), quarto della serie "Il corso
Roma, che venne assaltata dai Vandali:
dell'Impero" del 1836, oggi a New York, presso l'Historical Society.
espugnata, venne saccheggiata con
molta pi violenza rispetto al 410. Tra i prigionieri pi illustri catturati dai Vandali in quella spedizione spiccarono la
vedova e le figlie di Valentiniano oltre al figlio di Ezio. Pi o meno nello stesso tempo i Vandali occuparono il resto
dei possedimenti romano-occidentali in Africa e la Sicilia, la Sardegna, la Corsica e le Baleari.
Dopo l'uccisione di Petronio Massimo, durante l'assedio vandalo, Avito, con il sostegno dei Visigoti, marci
sull'Italia e riusc a farsi eleggere Imperatore. Con Avito inizi una nuova politica nei confronti dei Visigoti e degli
altri migranti, resasi necessaria dal fatto che non si poteva pi contare del sostegno degli Unni, il cui impero era
sull'orlo del collasso, per combatterli (come aveva fatto, con qualche successo, Ezio). Non avendo pi la forza
militare per combatterli, non li si poteva pi escludere dalla vita politica dell'Impero. L'inclusione dei gruppi barbari
nella vita politica dell'Impero comportava per una maggiore instabilit interna perch comportava necessariamente
un aumento delle forze in gioco in grado di designare un successore all'Impero e dunque una maggiore probabilit di
lotte intestine nel caso non si fosse raggiunto un comune accordo sulla designazione di un successore.[108]

Cartina dell'Europa e dell'area mediterranea, dove sono messe in evidenza le


popolazioni germaniche all'interno dell'impero romano. Nota: I Suebi, a differenza
di quanto riportato nella cartina, nel 450 ca. occupavano anche la Betica e la
Cartaginense.

In seguito all'alleanza tra Romani e Visigoti,


questi ultimi ottennero dai Romani il
permesso per combattere per conto
dell'Impero gli Svevi che minacciavano la
Tarraconense, l'unica provincia ispanica in
mano imperiale. I Visigoti vinsero gli Svevi
ridimensionandoli
di
parecchio
saccheggiando per anche i cittadini romani
e tenendosi per s i territori tolti agli Svevi.
Nel frattempo i Burgundi si espansero nella
Valle del Rodano strappando varie citt ai
Romani. Avito non era inoltre ben visto
dall'esercito italico e, approfittando del fatto
che i Visigoti (i principali sostenitori di
Avito) erano impegnati in Spagna contro gli
Svevi, i generali Maggioriano e Ricimero

Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale


rovesciarono Avito. Il vuoto di potere creatosi aliment le tensioni separatiste nei vari regni barbarici che si stavano
formando.
Venne nominato imperatore, quindi,
Maggioriano che, appoggiato dal Senato, si
impegn per quattro anni in un'attenta e
decisa azione di riforma politica,
amministrativa e giuridica, cercando di
eliminare gli abusi e impedire la distruzione
degli antichi monumenti per impiegarne i
materiali per l'edificazione di nuovi edifici.
Uno dei primi compiti che il nuovo
imperatore si trov ad affrontare fu quello di
consolidare il dominio sull'Italia e
riprendere il controllo della Gallia, che gli si
era ribellata dopo la morte dell'imperatore
gallo-romano Avito; i tentativi di
riconquista della Hispania e dell'Africa
erano progetti in l nel futuro. Per prima
cosa assicur la sicurezza dell'Italia,
sconfiggendo nell'estate del 458 un gruppo
L'Impero romano d'Occidente sotto Maggioriano. Si noti come l'Illirico fosse solo
di Vandali sbarcato in Campania.[109] In
nominalmente
sotto il dominio dell'imperatore, mentre il potere effettivo era tenuto
vista di una spedizione in Gallia, rinforz
dal comes Marcellino; anche la Gallia e parte dell'Hispania erano di fatto, all'inizio
l'esercito, assoldando un forte contingente di
del regno di Maggioriano, fuori dal controllo dell'imperatore, in quanto occupate
mercenari barbari comprendentiGepidi,
dai Visigoti e dai Burgundi.
Ostrogoti, Rugi, Burgundi, Unni, Bastarni,
Suebi, Sciti e Alani,[110] oltre a riorganizzare due flotte, probabilmente quelle di Miseno e Ravenna, non intendendo
sottovalutare la potenza militare della flotta vandala.[111]
Nel tardo 458 Maggioriano port il suo esercito, rafforzato dal contingente di barbari,[112] in Gallia, scacciando i
Visigoti di Teodorico II da Arelate, costringendoli a ritornare nella condizione di foederati e di riconsegnare la
diocesi di Spagna, che Teodorico aveva conquistato tre anni prima a nome di Avito; l'imperatore mise il proprio
ex-commilitone Egidio a capo della provincia, nominandolo magister militum per Gallias e invi dei messi in
Hispania ad annunciare la propria vittoria sui Visigoti e l'accordo raggiunto con Teodorico.[113] Con l'aiuto dei suoi
nuovi foederati, Maggioriano penetr poi nella valle del Rodano, conquistandola sia con la forza che con la
diplomazia:[114] sconfisse infatti i Burgundi e riprese Lione dopo un assedio, condannando la citt a pagare una forte
indennit di guerra, mentre i Bagaudi furono convinti a schierarsi con l'impero. L'intenzione di Maggioriano era per
quella di riconciliarsi con la Gallia, malgrado la nobilt gallo-romana avesse preso le parti di Avito: significativo il
fatto che il genero dell'imperatore gallico, il poeta Sidonio Apollinare, ottenesse di poter declamare un panegirico
all'imperatore[115] (inizio di gennaio 459); sicuramente molto pi efficace fu la concessione della esenzione dalle
tasse alla citt di Lione.[116]
Maggioriano decise quindi di attaccare l'Africa vandalica. Genserico, temendo l'invasione romana, cerc di
negoziare una pace con Maggioriano, il quale la rifiut; il re dei Vandali decise allora di distruggere tutte le fonti di
approvvigionamento nella Mauretania, in quanto riteneva che quello fosse il luogo dove Maggioriano e il suo
esercito sarebbero sbarcati per invadere l'Africa, e fece fare delle incursioni alla propria flotta nelle acque vicine alla
zona di sbarco.[114] Intanto Maggioriano stava conquistando la Spagna: mentre Nepoziano e Sunierico
sconfiggevano i Suebi a Lucus Augusti e conquistavano Scallabis in Lusitania, l'imperatore pass da Caesaraugusta
(Saragozza), dove fece un adventus imperiale formale,[117] e aveva raggiunto la Cartaginense, quando la sua flotta,

202

Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale


attraccata a Portus Illicitanus (vicino Elche), fu distrutta per mano di traditori al soldo dei Vandali.[118] Maggioriano,
privato di quella flotta che gli era necessaria per l'invasione, annull l'attacco ai Vandali e si mise sulla via del
ritorno: quando ricevette gli ambasciatori di Genserico, accett di stipulare la pace, che probabilmente prevedeva il
riconoscimento romano dell'occupazione de facto della Mauretania da parte vandala.
Il fallimento della spedizione comport la deposizione di Maggioriano e la successione di numerosi imperatori
fantoccio manovrati da dietro le quinte dal generale romano (ma di origini visigote) Ricimero. Ogni volta che un
imperatore cambiava, l'Impero doveva venire a patti con le potenze federate affinch accettassero il nuovo
imperatore come legittimo: per esempio Maggioriano fu costretto a cedere ulteriori citt ai Burgundi, mentre qualche
anno dopo Ricimero dovette consegnare Narbona ai Visigoti in cambio del riconoscimento di Libio Severo.
Nel 467 Costantinopoli venne ancora una volta in aiuto dell'Impero occidentale nel tentativo di risollevarne le sorti:
impose a Ricimero di accettare come nuovo Imperatore d'Occidente il "greco" Antemio e in cambio promise che
l'avrebbe aiutato a recuperare l'Africa ai Vandali. Ricimero accett e Antemio divenne imperatore d'Occidente il 12
aprile 467. L'Imperatore orientale Leone I mantenne la promessa all'Occidente: spese una grande somma di denaro
per allestire un enorme flotta che si sperava sarebbe stata in grado di annientare i Vandali. Purtroppo per i Romani, la
spedizione si rivel un disastro e l'Africa rimase in mano vandala.
Il fallimento della spedizione determin nel
giro di un decennio la caduta dell'Impero
romano d'Occidente. L'Impero romano
d'Oriente, rimasto a corto di soldi a causa
delle grandi cifre spese per allestire la
disastrosa spedizione contro i Vandali, non
aveva pi i mezzi per aiutare la met
occidentale e nel 474 firm un trattato di
pace con i Vandali, segno che abbandonava
l'Impero d'Occidente al suo destino. Subito
dopo il fallimento della spedizione del 468,
inoltre, anche i Visigoti ripresero l'offensiva
I regni romano-barbarici nel 476.
contro l'Impero. Il re visigoto Eurico aveva
infatti compreso l'enorme debolezza
dell'Impero e decise di approfittarne espandendosi a suo danno per costringerlo infine a riconoscere il regno visigoto
come regno completamente indipendente da Roma. Tra il 468 e il 476 occup tutta la Gallia a sud della Loira e a
ovest della Provenza, oltre alla provincia di Tarraconense (473). Nel 476 il regno visigoto si estendeva ormai su
quasi tutta la Gallia e la Spagna.
Nel 476, ci che rimaneva dell'impero era completamente in mano a truppe germaniche federate (migrate in Italia in
seguito al collasso dell'Impero unno) e quando queste si rivoltarono, guidate da Odoacre, e deposero l'ultimo
imperatore Romolo Augusto[119] non vi era pi nessuno che potesse fermarle. A Odoacre tocc la parte dell'Impero
che comprendeva l'Italia e le zone confinanti, mentre su altre porzioni regnarono Visigoti, i Franchi, i Burgundi, i
Vandali ecc. L'impero romano d'Occidente era caduto,[81][119] e le sue vestigia italiane avevano ormai ben poco della
loro originaria natura romana.

203

Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale

Conseguenze
Per approfondire, vedi Regni romano-barbarici, Impero bizantino e Guerra gotica (535-553).

Al posto dell'Impero romano d'Occidente si formarono numerosi regni romano-barbarici, in cui continuarono a
sopravvivere determinati aspetti della civilt romana. In Italia per esempio Odoacre prima e Teodorico poi lasciarono
in vita le antiche istituzioni civili romane come il senato, il consolato, le magistrature civili come quella del prefetto
del pretorio, del praefectus urbi ecc. L'Italia, sotto il regno ostrogoto di Teodorico (che distrusse quello di Odoacre
per richiesta dell'Imperatore d'Oriente Zenone), ritrov persino una relativa prosperit, con la costruzione di
numerose opere pubbliche. Teodorico rispett i sudditi romani tollerando la loro fede cattolica (Teodorico e i Goti
erano ariani) e permettendo loro di assumere le magistrature civili (anche se la loro autonomia era limitata da un
funzionario goto). L'esercito era accessibile, invece, di norma solo ai Goti.
L'Impero romano d'Oriente non aveva ancora rinunciato al possesso dei territori dell'Occidente romano finiti in mano
barbara e, sotto il regno di Giustiniano, inizi un energica serie di guerre di riconquista. Dal 533 al 534 i Vandali
vennero annientati e i loro territori annessi all'Impero romano d'Oriente, dal 535 al 554 anche gli Ostrogoti vennero
vinti e l'Italia e la Dalmazia riconquistate dall'Impero; nel 554 una spedizione imperiale strapp anche la Spagna
meridionale ai Visigoti. La guerra di riconquista in Italia fu per lunga e distruttiva e quando essa termin, venti anni
di conflitto continuo avevano ridotto l'Italia in pessime condizioni: Roma in particolare, la Citt Eterna che un tempo
contava un milione di abitanti e dominava il mondo, al termine del conflitto non contava pi di 30.000 abitanti e
doveva apparire come una citt in rovina, con un solo acquedotto ancora in funzione dopo la distruzione degli altri e
molti edifici rovinati. Anche il senato romano decadde e nel VII secolo era ormai scomparso.
Si giunse cos ad un'epoca in cui rimase in piedi il solo Impero romano d'Oriente. Gli eventi bellici successivi
dell'impero si compongono ora a formare un'altra storia militare, quella delle campagne dell'esercito bizantino.

Note
[1] Michael Grant, Gli imperatori romani, storia e segreti, Roma 1984, p. 261.
[2] Grant, p.265; Chris Scarre, Chronicle of the roman emperors, New York 1999, pp. 197-198.
[3] Eutropio, Breviarium ab Urbe Condita, X, 4.
[4] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 4244.
[5] Luttwak, The Grand Strategy of the Roman Empire, p. 146
[6] Grant, The History of Rome, p. 282
[7] Luttwak, The Grand Strategy of the Roman Empire, p. 128.
[8] Luttwak, The Grand Strategy of the Roman Empire, p. 150
[9] Goldsworthy, In the Name of Rome, p. 344
[10] Goldsworthy, In the Name of Rome, p. 345
[11] Ammiano Marcellino, XXXI.
[12] Giordane, 138.
[13] Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 534
[14] Grant, The History of Rome, p. 284
[15] Luttwak, The Grand Strategy of the Roman Empire, p. 149
[16] Giordane, 110.
[17] Goldsworthy, In the Name of Rome, p. 358
[18] Procopio, Storia delle guerre di Giustiniano, I.1.2.
[19] Ammiano Marcellino, XXVI,4.
[20] Ammiano Marcellino, XXVI,9.
[21] Ammiano Marcellino, XXVII,4.
[22] Ammiano Marcellino, XXVII,5.
[23] Ammiano Marcellino, XXVII,1.
[24] Ammiano Marcellino, XXVII,2.
[25] Ammiano Marcellino, XXVII,10.
[26] Ammiano Marcellino, XXVIII,2.
[27] Ammiano Marcellino, XXIX,4.

204

Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale


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[44]
[45]
[46]
[47]
[48]
[49]

Ammiano Marcellino, XXVIII,5.


Ammiano Marcellino, XXX,3.
Ammiano Marcellino, XXVII,8.
Ammiano Marcellino, XXVIII,3.
Ammiano Marcellino, XXVII,9.
Ammiano Marcellino, XXVIII,6.
Ammiano Marcellino, XXIX,5.
Ammiano Marcellino, XXIX,6.
Ammiano Marcellino, XXX,5.
Ammiano Marcellino, XXX,6.
Ammiano Marcellino, XXX,10.
Heather, pp. 203-204.
Heather, pp. 201-203.
Heather, p. 205.
Heather, pp. 220-221.
Heather, pp. 222-223.
Cfr. Ostrogorsky, Storia dell'Impero bizantino, p. 46.
Heather, p. 237.
Zosimo, IV,35.
Zosimo, IV,37.
Zosimo, IV,42.
Zosimo, IV,43.

[50]
[51]
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[53]
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[80]
[81]
[82]
[83]

Zosimo, IV,45.
Zosimo, IV,46.
Zosimo, IV,47.
Zosimo, IV,53.
Zosimo, IV,55.
Zosimo, IV,56.
Zosimo, IV,57.
Zosimo, IV,58.
Zosimo, IV,59.
Goldsworthy, In the Name of Rome, p. 361
Matyszak, The Enemies of Rome, p. 231
Matyszak, The Enemies of Rome, p. 285
Giordane, 147
Procopio, Storia delle guerre di Giustiniano, III.1.2
Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 551
Matyszak, The Enemies of Rome, p. 260
Cfr. Ostrogorsky, Storia dell'Impero bizantino, p. 48.
Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 563
Giordane, 154
Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 565
Matyszak, The Enemies of Rome, p. 263
Grant, The History of Rome, p. 324
Grant, The History of Rome, p. 327
Matyszak, The Enemies of Rome, p. 267
Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 589
Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 587
Wood, In Search of the First Civilizations, p. 177
Heather, p. 258.
Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 560
Churchill, A History of the English-Speaking Peoples, p. 16
Churchill, A History of the English-Speaking Peoples, p. 17
Santosuosso, Storming the Heavens, p. 187
Heather, p. 297.
Heather, p. 302.

[84] Heather, pp. 303-305.


[85] Heather, p. 319.
[86] Heather, p. 321.

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Storia delle campagne dell'esercito romano in et tardo-imperiale


[87] Heather, p. 322.
[88] Heather, pp. 326-327.
[89] Heather, p. 327.
[90] Heather, p. 349.
[91] Heather, pp. 350-351.
[92] Kelly, pp. 95-96.
[93] Heather, p. 351.
[94] Sidonio Apollinare, Carmina VII 297-309; Prospero Tirone, s.a. 439; Idazio, 117 (s.a. 439); Cronaca gallica dell'anno 452 123 (s.a. 439).
[95] Heather, p. 352.
[96] Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 618
[97] Procopio, Storia delle guerre di Giustiniano, III.1.4
[98] Heather, p. 361.
[99] Heather, pp. 361-362.
[100] Heather, p. 363.
[101] Giordane, 207
[102] Heather, p. 417.
[103] Matyszak, The Enemies of Rome, p. 276
[104] Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, p. 489
[105] Giordane, 197
[106] Giordane, 222
[107] Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, ch. 35
[108] Heather, p. 459.
[109] Sidonio Apollinare, Carmina, v.385-440 e A. Loyen, Recherches historiques sur les pangiriques de Sidonine Apollinaire, Parigi 1942, pp.
76-77 e nota 5, citati in Savino, Eliodoro, Campania tardoantica (284-604 d.C.), Edipuglia, 2005, ISBN 88-7228-257-8, p. 84.
[110] Gibbon.
[111] Sidonio Apollinare, Carmina, v.441-442.
[112] Sidonio Apollinare, Carmina, v.474-477.
[113] Idazio, Cronaca, 197, s.a. 459; Gregorio di Tours, Storia dei Franchi, ii.11.
[114] Prisco, frammento 27.
[115] Si tratta del Carmen v.
[116] Sidonio Apollinare, Carmina, v.574-585.
[117] Roger Collins, Visigothic Spain, 409-711, Blackwell Publishing, 2004, ISBN 0-631-18185-7, p. 32.
[118] Chronica gallica anno 511, 634; Mario di Avenches, s.a. 460; Idazio, Cronaca, 200, s.a. 460.
[119] Giordane, 243

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Voci correlate
Esercito romano
Cronologia delle principali battaglie romane
Limes romano
Legionario romano
Portale Antica Roma

Portale Esercito romano

Portale Guerra

Diocleziano
Diocleziano

Ritratto di Diocleziano (?) presso il museo archeologico di Istanbul.


Imperatore romano
In carica

Predecessore
Successore

20 novembre 284 - 1 aprile 286 (da solo)


[1]
1 aprile 286 - 1 maggio 305 (come Augusto d'Oriente con Massimiano come Augusto d'Occidente)
Numeriano
Costanzo Cloro e Galerio

Nome completo Gaius Aurelius Valerius Diocletianus


[2]

[3]

Nascita

Doclea o Salona

Morte

Spalato, nel proprio palazzo, 3 dicembre 311

, ca. 22 dicembre 244

[4]

Diocleziano

209
Coniugi

Prisca
Serena di Roma

Figli

Galeria Valeria

Gaio Aurelio Valerio Diocleziano, nato Diocle (latino: Gaius Aurelius Valerius Diocletianus; greco: ,
Diocles; Salona, 22 dicembre 244[3] Spalato, 3 dicembre 311[4]), stato un imperatore romano che govern dal 20
novembre 284 al 1 maggio 305.
Nato in una famiglia di umili origini della provincia romana della Dalmazia, Diocle (questo il suo nome originario)
sal i ranghi dell'esercito romano fino a diventare comandante di cavalleria sotto l'imperatore Marco Aurelio Caro
(282-283). Dopo la morte di Caro e di suo figlio Numeriano nella campagna contro i Sasanidi, Diocle fu proclamato
imperatore (in questa occasione mut il proprio nome in Diocleziano), in opposizione al figlio maggiore di Caro,
Marco Aurelio Carino, che era stato nominato imperatore dal padre prima della campagna e che si trovava in
Occidente: i due si scontrarono nella battaglia del fiume Margus, in cui Carino perse il regno e la vita (285).
Con l'ascesa al trono di Diocleziano ebbe fine il periodo noto come crisi del terzo secolo, caratterizzato da un elevato
numero di imperatori che regnavano per pochi anni e si succedevano tramite colpi di Stato. Per consolidare il potere
imperiale, infatti, Diocleziano mise in atto una serie di riforme politiche e amministrative, tra cui la condivisione
dell'impero tra pi colleghi. Nel 285, infatti, nomin il suo commilitone Massimiano Augusto, co-imperatore; il 1
marzo 293 nomin due Cesari, vice-imperatori, Galerio e Costanzo, dando cos vita alla Tetrarchia, il governo dei
quattro: ciascun Augusto avrebbe governato su met dell'impero, delegando il governo di met del proprio territorio
al proprio Cesare, il quale gli sarebbe succeduto dopo venti anni di regno.[5]
Separ l'amministrazione civile da quella militare, rafforzandole entrambe, e riorganizz la suddivisione delle
province, fondando nuovi centri amministrativi a Nicomedia, Mediolanum, Antiochia e Treviri, luoghi pi vicini alle
turbolente frontiere dell'impero dell'antica capitale, Roma. Complet l'evoluzione in senso autocratico dell'istituto
imperiale, che aveva caratterizzato il III secolo, elevandosi al di sopra delle masse attraverso l'introduzione di un
cerimoniale di corte molto elaborato e imponenti architetture.
Diocleziano rafforz l'impero anche dal punto di vista militare, colpendo i nemici interni ed esterni. Sconfisse i
Sarmati e i Carpi in numerose campagne tra il 285 e il 299, gli Alemanni nel 288, e schiacci una ribellione in Egitto
nel 297 e 298. Diede sostegno al proprio cesare Galerio nelle sue campagne contro i Sasanidi, che culminarono col
sacco della capitale nemica, Ctesifonte, nel 299; Diocleziano condusse le successive negoziazioni e ottenne una pace
favorevole e lunga.
La crescita degli apparati amministrativi civile e militare, i progetti di costruzione, il costante stato di guerra
causarono l'aumento delle spese dello Stato, cui Diocleziano rispose con una completa riforma della tassazione: a
partire dal 297, la tassazione imperiale fu resa pi standardizzata, resa pi equa e riscossa in genere a tassi pi
elevati.
Non tutte le riforme di Diocleziano furono dei successi. L'Editto sui prezzi massimi (301), il suo tentativo di
controllare l'inflazione tramite l'introduzione di prezzi calmierati, fu contro-produttivo e rapidamente dimenticato. La
Tetrarchia, che mostr di essere un sistema di governo molto efficiente, non di meno collass subito dopo
l'abdicazione di Diocleziano a causa delle mire dinastiche di Massenzio e Costantino, figli rispettivamente di
Massimiano e Costanzo. Infine, la persecuzione dioclezianea (303-311), l'ultima, pi vasta e sanguinosa
persecuzione ufficiale dei cristiani nell'impero, non distrusse la comunit cristiana, che, anzi, dopo il 324 divenne la
principale religione imperiale sotto il primo imperatore cristiano, Costantino.
Malgrado questi fallimenti, le riforme di Diocleziano cambiarono radicalmente la struttura del governo imperiale, da
lui ereditato sull'orlo del collasso, garantendo quella stabilit economica e militare che ne permise la continuazione,
in forme essenzialmente intatte, per altri cento anni. Indebolito da una malattia, Diocleziano abdic il 1 maggio 305,
primo e unico imperatore a fare questa scelta volontariamente. Si ritir nel proprio palazzo a Spalato, sulla costa
dlmata, fino alla morte, avvenuta nel 311, rifiutando gli inviti a riprendere il potere nel caos politico che corrispose

Diocleziano
al collasso della Tetrarchia.

Biografia
Origini e carriera militare
Di Diocleziano non si conosce con certezza
n il luogo, n la data di nascita. Certamente
dalmata, si sarebbe chiamato Diocle dal
nome della madre e della citt Doclea o
Dioclea,[6] mentre suo padre sarebbe stato
un liberto, scriba del senatore Anullino,[7]
Se si ammette che sia vissuto 68 anni e sia
morto nel 313,[8] dovrebbe esser nato nel
Anfiteatro di Salona
[9]
243-244; ma stata avanzata sia l'ipotesi
che Diocleziano sia morto nel 311 o 312, sicch sarebbe nato nel 242-243, sia che Diocleziano non sia morto a 68
anni, ma abbia abdicato a quell'et,[10] cos che l'anno della sua nascita risalirebbe al 236; e si ritenuto[11] che il 22
dicembre, data della sua proclamazione a imperatore, sia anche il giorno della sua nascita. Quanto alla citt di
nascita, oltre a Doclea, si pensato a Salona, unicamente ritenendo che abbia deciso di ritirarsi a Spalato, sobborgo
di Salona, per il desiderio di vivere i suoi ultimi anni nella citt natale.[3][12]
Le origini umili, che non dovettero consentirgli un'educazione di alto livello, costituiscono probabilmente il motivo
della mancanza di notizie sui suoi primi anni. Prima del 270 entr nell'esercito, secondo una tradizione che vedeva
nell'Illirico gli odierni Balcani una regione privilegiata di reclutamento dei militari e degli ufficiali di grado
inferiore delle legioni romane: d'altra parte, dal III secolo essere un legionario significava, per un appartenente al
rango degli humiliores, entrare a far parte della superiore categoria degli honestiores. Con le riforme apportate da
Gallieno, infatti, era mutata sia la composizione sociale dei comandanti militari e dei loro diretti subalterni, gi
monopolio aristocratico, che quella degli ufficiali intermedi, un tempo privilegio dell'ordine equestre: dopo il 260 il
comando delle legioni e la carica di tribuno militare fu assegnata a ufficiali di carriera spesso di bassa origine
sociale. Era ora possibile, anche per un semplice legionario che si distinguesse per abilit e disciplina, scalare i
diversi gradi dell'esercito centurione, protector, dux fino a ottenere incarichi amministrivi prestigiosi, quale
quello di praefectus.
Riguardo alla carriera militare di Diocle, la spesso inaffidabile Historia Augusta riporta che serv in Gallia al tempo
di Aureliano[13] e di Probo,[14] ma questa notizia non confermata da altre fonti e ignorata dagli storici moderni.[15]
Secondo lo storico Giovanni Zonara, attorno al 280 Diocle sarebbe stato dux Moesiae,[16][15] ossia comandante
dell'esercito stanziato in Mesia, regione corrispondente all'odierna Serbia, vigilando le frontiere del basso
Danubio.[15][17] Quando nel 282 Probo fu rovesciato e ucciso e il prefetto del pretorio Marco Aurelio Caro
proclamato imperatore, Diocle divenne domesticos regens, ossia[18] comandante dei protectores domestici, la guardia
a cavallo dell'imperatore, e l'anno dopo fu nominato console suffetto.[19]

210

Diocleziano

Ascesa al trono
Morte di Numeriano
Nel 283 Diocle prese parte alla spedizione di Caro contro i Sasanidi. I
Romani ottennero una facile vittoria sul nemico, in quanto il sovrano
sasanide Bahram II era impegnato a consolidare il proprio potere, ma
l'imperatore Caro mor improvvisamente (luglio/agosto 283), e suo
figlio Numeriano, consigliato dal suo prefetto del pretorio e suocero
Arrio Apro, guid l'esercito romano sulla via del ritorno, 1.200 miglia
lungo il fiume Eufrate che percorse con ordine e lentamente: nel marzo
284 si trovavano ad Emesa, in Siria, a novembre ancora in Asia
Minore.[20][21]
Quando l'esercito fece tappa ad Emesa, Numeriano sembra fosse
ancora vivo e in buona salute (qui, infatti, promulg l'unico suo
Moneta recante l'effige di Numeriano.
rescritto conservatosi),[22] ma quando lasci la citt, i suoi collaboratori
dissero che era affetto da un'infiammazione agli occhi e Numeriano
continu il viaggio in una carrozza chiusa.[20] In prossimit di Nicomedia,[23] Giunti in Bitinia,[21] alcuni soldati
sentirono un cattivo odore provenire dalla carrozza;[24] l'aprirono, e vi trovarono il cadavere di Numeriano, che era
morto da diversi giorni.[20][21][25]
I generali e i tribuni romani si riunirono per deliberare sulla successione, e scelsero Diocle come
imperatore.[21][26][27] Il 20 novembre 284[28] Diocle fu proclamato imperatore dai suoi colleghi generali[29] su di una
collina a 5km da Nicomedia. Poi, di fronte all'esercito che lo acclamava augusto, il nuovo imperatore giur di non
aver avuto alcuna parte nella morte di Numeriano, e che Apro aveva ucciso l'imperatore e poi tentato di nasconderne
la morte;[30] Diocle estrasse allora la spada e uccise Apro;[31] secondo la Historia Augusta, cit un verso di Virgilio
mentre lo faceva.[32]
Questa tradizionale narrazione degli avvenimenti non del tutto accolta dalla critica storica: gi Edward Gibbon
sosteneva[33] che Apro fu ucciso senza dargli tempo di entrare in una pericolosa giustificazione e la stessa pubblica
protesta di innocenza di Diocleziano durante la cerimonia di investitura[34] appare sospetta e dimostra almeno che la
colpevolezza di Apro non doveva essere cos scontata come fu poi fatta apparire. possibile che Diocleziano sia
stato a capo di una congiura dei generali che si liberarono sia di Numeriano, giovane pi votato alla poesia che alle
armi,[35] che del suocero Apro.[36] Inoltre, storicamente Diocleziano non intese presentarsi come vendicatore di
Numeriano, tanto che fece cancellare il suo nome da molte epigrafi ufficiali,[37] e dal panegirista Claudio Mamertino
Diocleziano fu descritto come liberatore da una crudelissima dominazione.[38]
Poco dopo la morte di Apro, Diocle mut il proprio nome nel pi latinizzante Diocleziano,[39] adottando il nome di
Gaio Aurelio Valerio Diocleziano.[40]

211

Diocleziano

212

Guerra contro Carino


Rimaneva da risolvere la divisione del potere con il fratello maggiore
di Numeriano, Carino, che dopo la morte del padre si era rapidamente
diretto a Roma[21] e aveva assunto il consolato per la terza volta nel
285. Carino, fatto divinizzare Numeriano, dichiar Diocleziano
usurpatore e con il suo esercito si mosse verso Oriente; lungo il
percorso, nei pressi di Verona, sconfisse in battaglia e poi uccise il
governatore Marco Aurelio Sabino Giuliano, che si era proclamato
imperatore.[41][42][43][44] Ad ogni modo, la rivolta di Giuliano fece il
gioco di Diocleziano, aiutandolo a presentare Carino come un tiranno
crudele e oppressivo.[44]
Diocleziano assunse a sua volta il consolato, e scelse Cesonio Basso
come collega.[42][45][41][46] Basso proveniva dalla famiglia senatoria
campana dei Caesonii, ed era stato gi console e proconsole d'Africa
per tre volte, una distinzione voluta dall'imperatore Probo.[41] Si
trattava dunque di un politico esperto in molte aree in cui Diocleziano,
presumibilmente, era invece inesperto.[45] La scelta di prendere come
collega Basso significava il suo rifiuto di accettare una posizione
Testa in marmo da una statua di Marco Aurelio
Carino, figlio di Caro e avversario di Diocleziano
subordinazione rispetto a Carino, mettendolo in chiara opposizione col
nella battaglia del fiume Margus
suo governo,[41] e dimostrava la sua volont di continuare la
collaborazione con l'aristocrazia senatoriale e militare,[45] legando il
suo successo personale con quello del Senato, del cui sostegno aveva bisogno nella sua avanzata su Roma.[41]
Durante l'inverno 284/285 Diocleziano attravers i Balcani verso Occidente, e giunse al confronto decisivo con
Carino nella primavera del 285, poco prima della fine di maggio,[42][45] nei pressi del fiume Margus (la Grande
Morava) in Moesia; gli studiosi moderni hanno individuato il luogo della battaglia del fiume Margus tra il Mons
Aureus (Seona, a occidente di Smederevo) e Viminacium, nei pressi della moderna Belgrado, in Serbia.[41][47][48]
Malgrado Carino avesse l'esercito pi forte, nella battaglia del fiume Margus aveva la posizione pi debole; secondo
gli storici antichi, fu ucciso da uno dei suoi ufficiali, di cui aveva sedotto la moglie.[49] Gli storici moderni, invece,
ritengono che sia morto a causa di un tradimento; il suo prefetto del pretorio e collega console, Aristobulo, lo trad
subito dopo l'inizio della battaglia, passando dalla parte di Diocleziano, il quale lo premi confermandogli il suo
posto.[50][43]
Dopo la fine della battaglia, Diocleziano ottenne un giuramento di fedelt dagli eserciti occidentale e orientale, che
lo acclamarono augusto, e part per l'Italia.[41][42][47][48][51]
Salito al trono, Diocleziano stim che il sistema di governo dell'impero era inefficace per garantire un adeguato
controllo di un territorio tanto vasto e militarmente minacciato su pi fronti. Istitu, quindi, la tetrarchia, un sistema
di governo quadricefalo che divideva l'impero in due met, una occidentale e l'altra orientale. Due imperatori (col
titolo di Augusto) erano a capo dei due territori ed erano coadiuvati da due successori (col titolo di Cesare) di loro
scelta, i quali avevano un controllo quasi diretto sulla met del territorio governato dal loro Augusto. La tetrarchia
termin nel 320, quando Costantino I riusc a riunificare il controllo imperiale nelle sue mani.
Introducendo il nuovo sistema di governo, Diocleziano si dichiar Augusto dell'Oriente, con capitale Nicomedia, e
nomin Massimiano Augusto dell'Occidente, con capitale Mediolanum (Milano). Da tempo Roma non era la sede
imperiale ordinaria, e con Diocleziano questo dato di fatto fu in qualche modo istituzionalizzato. Roma rest
comunque il riferimento ideale dell'Impero, anche se le sue istituzioni erano ormai un anacronismo, in quanto il
potere veniva gestito altrove, in un primo tempo a Nicomedia e a Milano, e poi a Costantinopoli. Nel 292,
Diocleziano nomin Galerio suo Cesare, e Massimiano fece lo stesso con Costanzo Cloro. Tutto il territorio

Diocleziano

213

dell'impero venne ripartito in dodici diocesi che raggruppavano pi province; in questo modo, venne a cadere
qualsiasi residuo di privilegio dell'Italia, che si trov completamente equiparata alle altre parti dell'impero. Le varie
diocesi furono a loro volta raggruppate in quattro regioni pi ampie, ciascuna governata da un personaggio di dignit
imperiale.

Regno (284-305)
Diocleziano potrebbe essere stato impegnato a combattere i Quadi e i Marcomanni immediatamente dopo la battaglia
del fiume Margus; ad ogni modo, si dirisse in Italia settentrionale e istitu un governo imperiale, ma non noto se sia
sceso fino a Roma in tale occasione.[41][42] Esiste una emissione monetaria che suggerisce un adventus
dell'imperatore nella citt,[52] ma alcuni storici moderni fanno notare come Diocleziano facesse iniziare il suo regno
dalla data di acclamazione dell'esercito e non da quella di ratificazione del Senato romano,[53] seguendo in questo
l'esempio di Caro, il quale aveva definito la ratifica senatoriale un'inutile formalit.[54] Anche nel caso in cui
Diocleziano si sia recato a Roma poco dopo la sua ascesa al trono, non vi rest a lungo;[55] la sua presenza
segnalata nei Balcani il 2 novembre 285, in occasione di una campagna contro i Sarmati.[56]
Diocleziano rimpiazz il prefetto urbano di Roma col proprio collega al consolato, Cesonio Basso; ad ogni modo, la
maggior parte degli ufficiali che avevano servito sotto Carino mantennero i propri incarichi anche sotto
Diocleziano.[42][57] In un atto che lo storico Aurelio Vittore defin come esempio inusuale di clementia
imperiale,[58] Diocleziano conferm in carica il console e prefetto del pretorio di Carino che lo aveva
tradito,[53][47][43][59] Aristobulo, e successivamente lo nomin proconsole d'Africa e prefetto urbano;[43] anche gli
altri personaggi che restarono in carica potrebbero aver tradito Carino.[43][59]
Massimiano cesare
[60]

Diocleziano: aureo

IMP C C VAL DIOCLETIANVS P F AUG, testa laureata e


busto con corazza verso destra.

IOVI CONSE-RVATORI ORBIS, Giove in piedi verso sinistra, tiene la Vittoria su


un globo nella mano destra; uno scettro nella sinistra.

4.49 gr, 6 h (zecca di Cizico), coniato nel 286-287 (celebra la diarchia).

[61]

Massimiano: antoniniano

IMP C M AUR VAL MAXIMIANUS PF AVG, testa radiata di


Massimiano e busto con drappeggio e corazza verso destra.

IOVI CONS-ERVAT, Giove in piedi di fronte, la testa verso sinistra,


tiene un fulmine ed uno scettro; T(ertia oficina) XXI T.

22 mm, 3.80 gr, 5 h (zecca di Ticinum, terza officina) del 287.

La crisi del terzo secolo aveva dimostrato che il comando di un solo sovrano non garantiva la stabilit dell'impero;
gli assassinii di Aureliano e Marco Aurelio Probo, imperatori capaci uccisi dai propri ufficiali, erano esempi molto
chiari.[45] Vari conflitti affliggevano ogni provincia dell'impero, dalla Gallia alla Siria, dall'Egitto al basso Danubio.

Diocleziano
La situazione era troppo difficile da gestire per un solo imperatore, e Diocleziano aveva bisogno di un
aiutante.[62][63] Nel 285,[64] a Mediolanum, Diocleziano elev il suo collega Massimiano al rango di cesare,
facendone il proprio co-imperatore.[65][62][66] La lealt di Massimiano a Diocleziano fu un fattore importante per i
successi iniziali della Tetrarchia.[65]
L'idea di una sovranit condivisa non era certo nuova nell'Impero romano. Augusto, il primo imperatore, aveva
condiviso il potere con i propri colleghi, e forme pi ufficiali di co-imperatore esistettero da Marco Aurelio
(161-180) in poi.[65][67] Pi recentemente, l'imperatore Caro e i suoi figli avevano governato insieme, sebbene senza
ottenere un grande risultato. E Diocleziano si trovava in una situazione ancora pi difficile dei suoi predecessori, in
quanto aveva una figlia, Valeria, ma nessun figlio: il suo co-imperatore doveva dunque provenire dal di fuori della
sua famiglia e non si poteva fidare di lui con leggerezza.[45][63][68] Alcuni storici sostengono che Diocleziano avesse
adottato Massiminano come filius Augusti all'atto della sua incoronazione, come avevano gi fatto alcuni imperatori
prima di lui,[42][69][63] anche se non tutti gli storici hanno accettato questa ricostruzione.[42][63]
La relazione tra Diocleziano e Massimiano fu rapidamente ridefinita in termini religiosi. Nel 287 circa Diocleziano
assunse il titolo di Iovius, Massimiano quello di Herculius.[70][65][71] Il titolo doveva probabilmente richiamare
alcune caratteristiche del sovrano da cui era usato: a Diocleziano, associato a Giove, era riservato il ruolo principale
di pianificare e comandare; Massimiano, assimilato ad Ercole, avrebbe avuto il ruolo di eseguire "eroicamente" le
disposizioni del collega.[65][72] Malgrado queste connotazioni religiose, gli imperatori non erano "divinit", in
accordo con le caratteristiche del culto imperiale romano, sebbene potessero essere salutati come tali nei panegirici
imperiali; erano invece visti come rappresentanti delle divinit, incaricati di eseguire la loro volont sulla terra.[73]
Vero che Diocleziano elev la sua dignit imperiale al di sopra del livello umano e della tradizione romana. Egli
voleva risultare intoccabile. Soltanto lui risultava dominus et deus, signore e dio, tanto che a tutti coloro che lo
circondavano gli fu attribuita una dignit sacrale: il palazzo divenne sacrum palatium e i suoi consiglieri sacrum
consistorium.[74][75] Segni evidenti di questa nuova qualificazione monarchico-divina furono il cerimoniale di corte,
le insegne e le vesti dell'imperatore. Egli, infatti, al posto della solita porpora, indoss abiti di seta ricamati d'oro,
calzature ricamate d'oro con pietre preziose.[76] Il suo trono poi si elevava dal suolo del scarum palatium di
Nicomedia.[77] Veniva, infine, venerato come un dio, da parenti e dignitati, attraverso la proschinesi, una forma di
adorazione in ginocchio, ai piedi del sovrano.[78][75]
Lo spostamento dall'acclamazione militare alla santificazione divina tolse all'esercito il potere di scegliere gli
imperatori; la legittimazione religiosa elev Diocleziano e Massimiano al di sopra dei potenziali rivali con
un'efficacia che n il potere militare n le rivendicazioni dinastiche potevano vantare.[79] Dopo la sua acclamazione,
il cesare Massimiano fu inviato a combattere i Bagaudi in Gallia, mentre Dioleziano ritorn in Oriente.[62][80]
Attivit militare
Ereditato un impero indebolito da un cinquantennio di disordini, Diocleziano si trov impegnato a combattere
ripetutamente sul fronte orientale, mentre Massimiano amministrava la parte occidentale.
Diocleziano ricacci di l dal Danubio i Sarmati e i Quadi, nel 298 una rivolta in Egitto guidata da Domizio
Domiziano fu soppressa nel sangue e la stessa Alessandria venne saccheggiata; contemporaneamente il re persiano
Narsete aveva sconfinato in Armenia, stato fantoccio di Roma (296). A respingere l'aggressione fu il cesare Galerio
che per sub una disastrosa ed umiliante sconfitta a Callinicum; riuscir comunque a convincere Dioclezano a dargli
un'altra occasione e stavolta la sfrutter a suo favore: avanzando con un esercito meno numeroso del precedente ma
qualitativamente superiore sulle montagne dell'Armenia, Galerio sorprese l'esercito persiano accampato e non fu
difficile per i suoi uomini farne strage. Mentre Narsete evitava la cattura e tutta la sua famiglia e il suo harem
cadevano nelle mani dei romani insieme ad un immenso bottino, il cesare continu la sua avanzata in territorio
persiano fino ad espugnare la capitale Ctesifonte. Nonostante ci fu richiamato da Diocleziano, che se ne stava nelle
retrovie con un esercito di supporto, per intavolare trattative di pace col nemico. In cambio della restituzione dei
prigionieri persiani, i romani ottennero il protettorato sull'Armenia e l'avanzamento della frontiera fino al fiume Tigri

214

Diocleziano

215

(298). Queste vittorie garantirono un periodo relativamente lungo di tranquillit, durante il quale Diocleziano pot
attuare una drastica ma decisiva riforma dell'esercito che segn tutto il basso impero romano.
Fronte renano-danubiano
Per approfondire, vedi limes renano e limes danubiano.

285
Al nuovo ed unico imperatore, Diocleziano, tocc respingere nuove invasioni germano-sarmatiche sia in
Mesia sia in Pannonia, ancora una volta favorite dall'aver sguarnito le frontiere del medio-basso tratto
danubiano a causa della recente guerra civile. In seguito a tali successi ricevette l'appellativo di "Germanicus
maximus" e "Sarmaticus maximus", avendo battuto in modo decisivo Quadi e Iazigi.[81][82][83][84]
Contemporaneamente Massimiano mosse in Gallia, ingaggiando prima i ribelli Bagaudi nell'estate avanzata di
quell'anno.[85] I dettagli della campagna sono sparsi e non forniscono alcun dettaglio tattico. Nell'autunno due
eserciti barbarici, uno di Burgundi e Alemanni, l'altro di Chaibones ed Eruli, forzarono il limes renano ed
entrarono in Gallia; il primo esercito mor di fame e malattia, mentre Massimiano intercett e sconfisse il
secondo.[86] In seguito a questi eventi il cesare stabil il quartiere generale sul Reno in previsione di future
campagne,[87]
286
Il prefetto della flotta del canale della Manica, il futuro usurpatore Carausio, che aveva come sede principale
della flotta la citt di Gesoriacum, riusc a respingere gli attacchi dei pirati Franchi e Sassoni lungo le coste
della Britannia e della Gallia Belgica,[88] mentre Massimiano sconfisse Burgundi ed Alemanni, come
suggerisce un suo panegirico del 289.[89][90]
287
Nuovi successi sulle trib germaniche sono confermate dal fatto che a Diocleziano fu rinnovato l'appellativo di
"Germanicus maximus" per ben due volte nel corso dell'anno. I successi furono ottenuti dalle armate dell'altro
augusto, Massimiano, contro Alemanni e Burgundi sull'alto Reno,[84][91][92] oltre a Sassoni e Franchi lungo il
corso inferiore.[93]
288
Un nuovo successo sulle trib germaniche confermato dalla quarta acclamazione di Diocleziano quale
"Germanicus maximus",[84][94] per i successi ottenuti dai generali di Massimiano sia sugli Alemanni (in
un'azione combinata con lo stesso Diocleziano[95]), sia sui Franchi. Massimiano era riuscito a catturarne il re
dei Franchi Sali, Gennobaude, ed a ottenere la restituzione di tutti i prigionieri romani. A completamento
dell'opera di pacificazione, disloc alcuni Franchi nei territori circostanti Augusta Treverorum e Bavai.[96][97]
289
Un nuovo successo sulle trib sarmatiche confermato dalla seconda acclamazione ricevuta da Diocleziano di
"Sarmaticus maximus",[81][84] mentre un altro successo sugli Alemanni fu celebrato dal futuro cesare,
Costanzo Cloro.[98][99]

Diocleziano

216

[100]

Galerio: Argenteo

MAXIMIANVS CAES, testa laureata a destra con


drappeggio sulle spalle.

VICTORIA SARMAT, i quattro tetrarchi sacrificano sopra un tripode davanti ad una


citt con sei torri; sotto.

18 mm, 3.33 g, coniato nel 295-297 (celebra la vittoria sarmatica di Galerio del 294).

293
Quinta acclamazione di Diocleziano come "Germanicus maximus" in seguito ai successi riportati da Costanzo
Cloro, il quale dopo aver marciato su per la costa fino agli estuari di Reno e Schelda, riport una vittoria sugli
alleati franchi del ribelle Carausio.[101] Nell'ottobre di quello stesso anno Diolceziano si rec a Sirmio per
organizzare una nuova campagna militare per l'anno successivo contro i sarmati Iazigi, insieme a Galerio
appositamente creato Cesare dal 1 aprile del 293, per meglio dividersi i compiti lungo le frontiere imperiali
dell'Oriente romano[81][84]
294
Un nuovo successo sulle trib sarmatiche confermato dalla terza acclamazione ricevuta da Diocleziano di
"Sarmaticus maximus", grazie ai successi conseguiti insieme a Galerio.[81][84][102] E sempre allo stesso anno
sono da attribuire altri successi sulle popolazioni dei Goti.[103]
295
Nel corso di quest'anno fu la volta dei Carpi. Questo popolo non fu solo sconfitto dalle armate di Diocleziano e
Galerio, ma fu in parte trasferito in territorio romano, come era gi accaduto al tempo di Aureliano.[104]
297
L'augusto Massimiano fu costretto a tornare lungo la frontiera danubiana, dopo aver riorganizzato la Britannia
con il suo Cesare Costanzo Cloro, per l'assenza contemporanea di Diocleziano e Galerio, impegnati in Oriente
contro i Persiani. Egli riusc a respingere un'invasione di Carpi lungo il basso corso del Danubio;[105] frattanto
Costanzo ripopol il territorio, un tempo abitato dai Batavi, con i Franchi Sali provenienti dalla Frisia.[106]
298
Il Cesare Costanzo Cloro, cui era affidata la frontiera renana, riusc a battere la coalizione degli Alemanni in
due importanti scontri (battaglia di Lingones e battaglia di Vindonissa), rafforzando questo tratto di confine
almeno per qualche decennio.[106]
Nello stesso periodo il cesare Costanzo Cloro combatt in Gallia con fortuna. Presso i Lingoni in un solo giorno
speriment la cattiva e la buona sorte. Poich i barbari avanzavano velocemente, fu costretto ad entrare in citt, e per la
necessit di chiudere le porte tanto in fretta, da essere issato sulle mura con delle funi, ma in sole cinque ore arrivando
l'esercito fece a pezzi circa sessantamila Alemanni.
(Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 23.)

Nel corso di questo anno, un nuovo successo sulle trib gotiche confermato dall'acclamazione ricevuta da
Diocleziano di "Gothicus maximus".[107]
299
Diocleziano e Galerio, una volta terminate le operazioni in Oriente si concentrarono nel difendere i confini
danubiani della Mesia inferiore, conducendo una campagna contro Carpi,[108] Bastarni e Sarmati

Diocleziano

217

(presumibilmente si trattava dei Roxolani).[109] Una grande quantit di persone appartenenti a questi popoli fu
fatta prigionieri e trasferita all'interno delle frontiere imperiali (nella Pannonia a nord del fiume Drava, come
sembra suggerire Ammiano Marcellino[110]).
300
Fu decretata la quarta acclamazione imperiale di "Sarmaticus maximus" a Diocleziano per i successi conseguiti
l'anno precedente sulle trib sarmatiche.[84][111]
301
Un nuovo successo sulle trib germaniche confermato dalla sesta acclamazione ricevuta da Diocleziano di
"Germanicus maximus".[84][112]
302
Sembra che fu combattuta una nuova battaglia presso Vindonissa, dove, ancora una volta, le armate romane
ebbero la meglio su quelle di Alemanni e Burgundi, ma forse potrebbe trattarsi della stessa battaglia
combattuta nel 298.[90]
Fronte orientale
Per approfondire, vedi Limes orientale, Strata diocletiana e Campagne sasanidi di Galerio.

Al termine delle campagne sasanidi di Galerio del 293-298, fu costruita una nuova linea di fortificazioni: la strata
Diocletiana. Si trattava di una via militaris, lungo il cosiddetto tratto di limes arabicus, e quindi comprendente forti,
fortini e torri di avvistamento, e che rimase in uso fino al VI secolo.
La strada era munita di una lunga serie di fortificazioni, costruite tutte allo stesso modo: si trattava di castra
rettangolari con mura molto spesse e con torri sporgenti verso l'esterno. Erano situate normalmente ad un giorno di
marcia (ca. 20 miglia romane) le une dalle altre. Il percorso cominciava presso l'Eufrate a Sura, lungo il confine
prospiciente il nemico sasanide, e continuava verso sud-ovest, passando prima per Palmira e poi per Damasco e
congiungendosi, quindi, con la Via Traiana Nova. Vi era poi una diramazione che si spingeva ad est dell'Hauran, per
Imtan, fino all'oasi di Qasr Azraq. Si trattava in sostanza di un sistema continuo di fortificazioni che dall'Eufrate
collegava il Mar Rosso presso Aila.
Fronte meridionale
Per approfondire, vedi limes africano.

290
Vengono menzionati per la prima volta i Saraceni, trib araba stanziata nella penisola del Sinai, che avevano
tentato di invadere la Siria; furono battuti dalle armate di Diocleziano.[82][113]
293
Scoppi una guerra contro i Quinquegentiani, che fu domata solo quattro anni pi tardi da Massimiano.[114]
296-298
Con la fine del 296, l'augusto Massimiano, partito per la Mauretania (con un esercito formato da contingenti
della guardia pretoriana, legionari di Aquileia, egiziani e danubiani, ausiliari galli e germani e reclute della
Tracia),[115] riusc a respingere le trib dei Mauri[116] ed a debellare quella dei Quinquegentiani, che erano
penetrati anche in Numidia.[117] Nel 297 Massimiano diede inizio ad una sanguinosa offensiva contro i
Berberi. La campagna fu lunga.[118] Non contento di averli ricacciati nelle loro terre d'origine tra le montagne
dell'Atlante, da dove avrebbero potuto proseguire gli attacchi, Massimiano si avventur in profondit nel
territorio nemico infliggendo loro quanto pi danno possibile a scopo punitivo, e devastandone i loro territori e

Diocleziano

218

respingendoli fino al Sahara. L'anno successivo (298) rinforz le difese della frontiera africana dalle
Mauritanie alla provincia d'Africa.[119]
298
Una rivolta sorta in Egitto fu soffocata nel sangue sotto Diocleziano. Al termine di essa fu ripristinata la
circolazione lungo le coste del Mar Rosso, ma i territori del Dodecascheno furono abbandonati ed affidati ai
Nobati, come federati contro i Blemmi.[120]
Le grandi riforme
Riforma politico-amministrativa-territoriale: dalla Diarchia alla Tetrarchia (285-293)

Le 12 diocesi nella nuova divisione tetrarchica dell'impero romano voluta da Diocleziano


attorno al 300.

Per approfondire, vedi Tetrarchia e Diocesi (impero romano).

Ottenuto il potere, Diocleziano nomin nel novembre del 285 come suo vice in qualit di cesare, un valente ufficiale
di nome Marco Aurelio Valerio Massimiano, che pochi mesi pi tardi (il 1 aprile del 286) elev al rango di augusto
(chiamato ora Nobilissimus et frater),[121] formando cos una diarchia in cui i due imperatori si dividevano su base
geografica il governo dell'impero e la responsabilit della difesa delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.[122]
Diocleziano, che si considerava sotto la protezione di Giove (Iovio), mentre Massimiano era sotto la protezione
"semplicemente" di Ercole (Erculio, figlio di Giove), manteneva per la supremazia.[70] Tale sistema, concepito da
un soldato come Diocleziano, non poteva che essere estremamente gerarchizzato.[123]
Data la crescente difficolt a contenere le numerose rivolte all'interno dell'impero, nel 293 si procedette a un'ulteriore
divisione funzionale e territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Massimiano nomin a Mediolanum come
suo cesare per l'Occidente, Costanzo Cloro (1 marzo); mentre Diocleziano fece lo stesso con Galerio per l'Oriente, a
Nicomedia (probabilmente a maggio).[5][124] L'impero fu diviso in quattro vaste aree territoriali con un numero di
capitali imperiali crescente:
Diocleziano controllava le province orientali e l'Egitto (capitale: Nicomedia, e per un certo periodo insieme ad
Antiochia)
Galerio le province balcaniche (capitale: Sirmium, pi tardi insieme a Serdica-Felix Romuliana e Tessalonica)
Massimiano governava su Italia e Africa settentrionale (capitale: Mediolanum, insieme ad Aquileia)
Costanzo Cloro ebbe in affidamento la Spagna, la Gallia e la Britannia (capitale: Augusta Treverorum)

Diocleziano

219

Questa divisione per area geografica indusse Diocleziano ad autorizzare la creazione di numerose zecche imperiali
decentrate che, insieme alle tradizionali di Roma e Lugdunum, dovevano battere moneta in modo uniforme, per la
sicurezza economica di tutte le quattro parti dell'Impero ed a supporto economico di tutte le principali armate che si
concentravano lungo i confini imperiali.
Il sistema si rivel efficace per la stabilit dell'impero e rese possibile agli augusti di celebrare i vicennalia, ossia i
vent'anni di regno, come non era pi successo dai tempi di Antonino Pio. Tutto il territorio venne ridisegnato dal
punto di vista amministrativo, abolendo le regioni augustee con la relativa divisione in "imperiali" e "senatoriali".
Vennero create dodici circoscrizioni amministrative (le "diocesi", tre per ognuno dei tetrarchi), rette da vicarii e a
loro volta suddivise in 101 province. Restava da mettere alla prova il meccanismo della successione.
L'impero ormai diviso in quattro parti, tra due Augusti e due Cesari, a sua volta era diviso in 12 diocesi. Ognuna di
queste diocesi era governata da un pretore vicario o semplicemente vicario (vicarius), sottoposto al prefetto del
pretorio (alcune diocesi, peraltro, potevano essere governate direttamente dal prefetto del pretorio). Il vicario
controllava i governatori delle province (variamente denominati: proconsules, consulares, correctores, praesides) e
giudicava in appello le cause gi decise in primo grado dai medesimi (le parti potevano scegliere se appellarsi al
vicario o al prefetto del pretorio). I vicari non avevano poteri militari, infatti le truppe stanziate nella diocesi erano
sotto il comando di un comes rei militaris, che dipendeva direttamente dal magister militum e aveva alle sue
dipendenze i duces ai quali era affidato il comando militare nelle singole province. Qui sotto, la prima
riorganizzazione voluta da Diolceziano con la tetrarchia, divisa in 12 diocesi, di cui 6 in Occidente e 6 in
Oriente.[125]:
Infine, si perfezion il processo di esautoramento del Senato romano come autorit decisionale: l'impero divenne una
monarchia assoluta ed assunse caratteristiche tipiche delle monarchie orientali, come l'origine divina del monarca e
la sua adorazione.
Riforma dell'esercito (285-293)

I tetrarchi, una scultura di porfido saccheggiata a


Bisanzio nel 1204 (Basilica di San Marco a Venezia)

Per approfondire, vedi Riforma dioclezianea dell'esercito romano e Difesa in profondit (esercito romano).

Diocleziano

Diocleziano riform ed organizz l'esercito romano che era uscito dalla grande crisi del III secolo. Alcuni suoi atti
erano gi stati in parte preceduti dalle trasformazioni volute dei suoi predecessori, ma Diocleziano impost una
organica riorganizzazione.
La vera grande riforma militare di Diocleziano fu soprattutto di tipo politico.[126] Il nuovo imperatore dispose, prima
di tutto, una divisione del sommo potere imperiale, dapprima attraverso una diarchia (due Augusti, a partire dal
285/286) e poi tramite una tetrarchia (nel 293, tramite l'aggiunta di due Cesari),[5][127] compiendo cos una prima
vera "rivoluzione" sull'intera struttura organizzativa dell'esercito romano dai tempi di Augusto. Questa forma di
governo a quattro, se da un lato non fu cos felice nella trasmissione dei poteri (vedi successiva guerra civile), ebbe
tuttavia il grande merito di fronteggiare con tempestivit i pericoli esterni al mondo romano.[128]. La presenza di due
Augusti e due Cesari facilitava, infatti, la rapidit dell'intervento armato e riduceva i pericoli che la prolungata
assenza di un unico sovrano poteva arrecare alla stabilit dell'Impero.
Diocleziano cre una vera e propria nuova gerarchia militare sin dalle pi alte cariche statali, quelle dei "quattro"
Imperatori, dove il pi alto in grado era l'Augusto Iovio (protetto da Giove), assistito da un secondo Augusto
Herculio (protetto da un semidio, Ercole),[70] a cui si aggiungevano i due rispettivi Cesari,[127] ovvero i "successori
designati".[126] In sostanza si trattava di un sistema politico-militare che permetteva di dividere meglio i compiti di
difesa del confine: ogni tetrarca, infatti, curava un singolo settore strategico e la sua sede amministrativa era il pi
possibile vicino alle frontiere che doveva controllare (Treviri e Milano in Occidente; Sirmio e Nicomedia in
Oriente[126]), in questo modo era possibile stroncare rapidamente i tentativi di incursione dei barbari, evitando che
diventassero catastrofiche invasioni come quelle che si erano verificate nel III secolo.
Il nuovo sistema difensivo dei confini venne reso pi elastico e "profondo": alla rigida difesa del vallum venne
aggiunta una rete sempre pi fitta di castella interni, collegati tra di loro da un pi complesso sistema viario (un
esempio su tutti: la strata Diocletiana in Oriente). In sostanza si pass da un sistema difensivo di tipo "lineare"[129]
ad uno "pi profondo" (sebbene non nelle proporzioni generate dalla crisi del III secolo, quando Gallieno e gli
imperatori illirici erano stati costretti dai continui "sfondamenti" del limes a far ricorso a "riserve" strategiche molto
"interne" rispetto alle frontiere imperiali), che vide un notevole ampliamento dello "spessore" del limes, il quale fu
esteso da una fascia interna del territorio imperiale ad una esterna, in Barbaricum, attraverso la costruzione di
numerose "teste di ponte" fortificate (anche oltre i grandi fiumi Reno, Danubio ed Eufrate), avamposti con relative
vie di comunicazione e strutture logistiche.[130]
Infatti, per la previdenza di Diocleziano tutto l'impero era stato diviso [...] in citt, fortezze e torri. Poich l'esercito era
posizionato ovunque, i barbari non potevano penetrarvi. In ogni sua parte le truppe erano pronte a opporsi agli invasori ed
a respingerli.
(Zosimo, Storia nuova, II, 34.1.)

Una conseguenza di questa trasformazione delle frontiere fu anche l'aumento della protezione delle nuove e vecchie
strutture militari, che vennero adeguate alle nuove esigenze difensive (tale necessit non era cos urgente nei primi
due secoli dell'Impero romano, dedicati soprattutto alla conquista di nuovi territori). Le nuove fortezze cominciarono
cos ad essere costruite, o ricostruite, in modo pi compatto nelle loro dimensioni (riducendone il perimetro
complessivo), pi solide nello spessore delle loro mura (in alcuni casi si pass da uno spessore di 1,6 metri a 3,4
metri, come nel caso della fortezza di Sucidava) e con un maggior utilizzo di torri esterne, per migliorarne la
difesa.[130]
Diocleziano, in sostanza, non solo intraprese una politica a favore dell'aumento degli effettivi, ma anche volta a
migliorare e moltiplicare le costruzioni militari del periodo, sebbene queste ultime siano risultate, sulla base dei
ritrovamenti archeologici, meno numerose di quanto non abbiano raccontato gli antichi[131] ed i moderni.[128].
L'aspetto complessivo che l'esercito assunse conseguentemente all'operato di Diocleziano, lodato dallo storico
Zosimo, quello di un apparato quantitativamente concentrato lungo le frontiere[41], che nello stesso tempo per

220

Diocleziano

221

manteneva un ristretto nucleo mobile centrale qualitativamente eccelso, il comitatus. Diocleziano, infatti, perfezion
ci che di buono era stato "riformato" sotto Gallieno e gli imperatori Illirici (da Aureliano a Marco Aurelio Probo,
fino a Marco Aurelio Caro), i quali avevano adattato l'esercito alle esigenze della grande crisi del III secolo.
Riforma fiscale-monetaria (294-301)

Moneta di Diocleziano.

Per approfondire, vedi Iugatio-capitatio, Editto sui prezzi massimi, riforma monetaria di Diocleziano e monetazione
tetrarchica.

La crisi dell'Impero nel precedente mezzo secolo, aveva comportato pesanti conseguenze economiche e sociali.
Diocleziano prese atto delle trasformazioni subite dalla societ ed impost una radicale opera di riforma
amministrativa e fiscale, che consent di arrestare la crisi, almeno temporaneamente.
Venne razionalizzato il sistema fiscale, eliminando antichi privilegi ed esenzioni. La quantit delle tasse veniva
attentamente calcolata ogni anno sulla base delle necessit (redigendo per la prima volta un bilancio annuale) e sulla
base delle risorse esistenti, determinate da un censimento. Furono unificate le tasse fondiarie (pagate dai proprietari
di terre) e le tasse sulla persona (pagate dai contadini): l'unit fiscale della superficie di terreno (jugum)
corrispondeva ad un lavoratore (caput): in base ai propri possedimenti ed ai lavoratori che vi erano occupati i
proprietari terrieri erano tenuti a fornire allo stato beni in natura per il mantenimento dell'esercito, soldati per
l'esercito e manodopera per le opere pubbliche; questa tassazione era denominata capitazione. I pi ricchi potevano
sostituire la tassazione in natura con monete d'oro.
Per facilitare l'amministrazione ed il controllo fu, inoltre, potenziata la burocrazia centrale e si moltiplicarono le
suddivisioni amministrative: le quattro parti dell'impero (prefetture), governate ciascuna da uno dei tetrarchi (2
Cesari e 2 Augusti), furono affidate per l'amministrazione ad un "prefetto del pretorio". Le prefetture erano suddivise
in 12 "diocesi" con a capo i "vicarii", a loro volta divise in "province" con a capo correctores o presides, e queste in
municipia e curiae.
La raccolta delle imposte fu affidata all'amministrazione civile (i curiali) che venne completamente staccata da quella
militare: la prima aveva a capo i quattro "prefetti del pretorio", mentre l'esercito veniva affidato a governatori o
proconsoli. La raccolta delle imposte per le necessit della difesa fu considerata responsabilit delle classi dirigenti
locali, che ne rispondevano di tasca propria. Per dare stabilit al sistema furono inquadrati in corporazioni ereditarie
anche operai e artigiani. Quando i curiali non riuscivano a riscuotere quanto previsto, dovevano pagare tutti insieme
la differenza. Molti cercavano di rifiutare questo incarico abbandonando le citt, e per questo la carica curiale fu resa
ereditaria.

Diocleziano

222

Diocleziano tent anche di ridare valore alla moneta d'argento, aumentando la quantit di metallo prezioso nelle
nuove emissioni, e per contenere l'inflazione i prezzi massimi furono fissati dall'Editto sui prezzi massimi (de pretiis
rerum venalium) del 301 con un calmiere. Questi provvedimenti, tuttavia, non ebbero successo: la nuova moneta
scomparve rapidamente dal mercato in quanto si preferiva conservarla (tesaurizzazione) ed i prezzi fissati fecero
scomparire alcuni beni dal mercato ufficiale per essere venduti alla borsa nera e quindi lo stesso Diocleziano fu
costretto a ritirare l'editto. Nel frattempo, per, le condizioni di vita della popolazione peggiorarono: le tasse erano
pesantissime e molti abbandonarono le proprie attivit produttive, non pi redditizie, spesso per vivere come
mendicanti. Diocleziano ricorse allora alla precettazione, ossia l'obbligo per gli abitanti dell'impero a continuare il
proprio mestiere e la negazione della scelta libera della professione, costringendo gli abitanti dell'impero romano a
subentrare ai padri nelle loro attivit produttive.
Diocleziano e il Cristianesimo (303-305)

I nomi di quattro martiri della "grande persecuzione" - Zoticos, Attalos, Kamasis,


Filippos - sulla loro tomba, nella cripta della chiesa paleocristiana di Niculiel, in
Romania.

Per approfondire, vedi Persecuzione di Diocleziano.

Gli ultimi anni di Diocleziano al potere furono caratterizzati dall'ultima grande persecuzione dei cristiani, iniziata nel
303 e condotta con ferocia, soprattutto nell'Oriente, dove la religione cristiana era ormai notevolmente diffusa. La
riluttanza di Diocleziano ad agire nei confronti dei Cristiani fu vinta dalle insistenze di Galerio, che lo convinse a
radunare un consiglio sull'argomento. Per quanto manchino testimonianze precise di quelle riunioni, gli argomenti
che piegarono i dubbi dell'imperatore furono certamente quelli cari a Galerio: i Cristiani avevano creato uno Stato
nello Stato, che era gi governato da proprie leggi e magistrati, possedeva un tesoro e manteneva la coesione grazie
alle frequenti riunioni tenute dai vescovi, ai cui decreti le comunit obbedivano ciecamente; occorreva intervenire
prima che acquistassero anche una forza militare[132].
La persecuzione inizi il 23 febbraio del 303, quando fu affisso nella capitale Nicomedia il primo editto[133], che
ordinava: a) il rogo dei libri sacri, la confisca dei beni delle chiese e la loro distruzione; b) il divieto per i cristiani di
riunirsi e di tentare qualunque tipo di difesa in azioni giuridiche; c) la perdita di carica e privilegi per i cristiani di

Diocleziano
alto rango, l'impossibilit di raggiungere onori ed impieghi per i nati liberi, e di poter ottenere la libert per gli
schiavi; d) l'arresto di alcuni funzionari statali.[134]
Questa nuova forma di persecuzione, basata su precise norme di legge, da un lato esasper gli animi dei Cristiani, da
un altro era soggetta ad abusi ed atti di violenza da parte dei non cristiani, che comunque lo Stato non poteva
tollerare. Nel giro di pochi giorni, per due volte il palazzo e le stanze di Diocleziano subirono un incendio. La strana
coincidenza fu considerata prova della dolosit dei due eventi, ed il sospetto ricadde ovviamente sui Cristiani.
Diocleziano, sentendosi minacciato in prima persona, abbandon ogni residua prudenza ed irrigid la persecuzione.
Nonostante i numerosi arresti, torture ed esecuzioni, sia nel palazzo che nella citt, non fu possibile estorcere alcuna
confessione di responsabilit nel complotto. Ad alcuni apparve per sospetta la frettolosa partenza di Galerio dalla
citt, giustificandola con il timore di restare vittima dell'odio dei Cristiani[135].
Forse per l'iniziale scarsa animosit nei
confronti della persecuzione da parte di
Diocleziano, che voleva magari verificarne
gli esiti personalmente prima di dover
intervenire su larga scala, stranamente
l'editto impieg quasi due mesi per arrivare
in Siria e quattro per essere reso pubblico in
Africa. Nelle varie parti dell'impero i
magistrati e i governatori applicarono
comunque con varia severit (e a volte con
mitezza) il decreto, ma le vittime e le
distruzioni delle chiese furono numerose,
come numerosi furono i roghi dei libri sacri
(che per, grazie alla loro diffusione, non
ottennero il risultato voluto).[136] Questo
editto fu seguito da altri, nei quali si
Acquaforte di Jan Luyken raffigurante la Persecuzione degli imperatori
Diocleziano e Massimiano (Eeghen 686)
comminavano pene sempre pi gravi,
dapprima nei confronti dei funzionari
pubblici, e quindi di tutti i cittadini di fede cristiana.[137]
Eusebio definir una vera guerra gli anni che seguirono: molti furono i lapsi, ma anche i martiri.[138]. Il maggior
numero di vittime si ebbe nell'area controllata da Diocleziano (Asia minore, Siria, Egitto), dove i cristiani erano
molto numerosi; nei meno cristianizzati Balcani il cesare Galerio, spesso indicato come l'ispiratore della
persecuzione, fu egualmente duro. Anche in Italia e in Africa Occidentale, governata dall'augusto Massimiano, le
violenze furono dure e si contarono molti martiri, anche se il quarto editto fu applicato in modo limitato; invece in
Britannia e Gallia il cesare Costanzo Cloro, padre di Costantino I, applic solo il primo editto[139]. A proposito dei
martiri di questo periodo sono rimaste testimonianze epigrafiche ed agiografie ritenute autentiche[140]
La persecuzione prese forma in un periodo nel quale il cristianesimo era ormai radicato nell'impero (si stima che
all'inizio del regno di Diocleziano circa il 10% della popolazione dell'impero fosse cristiana[137]); non mancavano
per le resistenze: verso il 300 circolavano numerose pubblicazioni anticristiane, che spaziavano dal filosofico al
triviale[137]. Diocleziano fu in genere tollerante nei confronti degli avversari politici, ma si dimostr molto rigido nei
confronti di quelle che considerava deviazioni intellettuali: nel 297 si rivolse ad esempio contro i manichei. Il
difficile equilibrio con il cristianesimo resse fino al 303. Per spiegare l'avvio della persecuzione sono state proposte
diverse motivazioni: rafforzamento dei pregiudizi[137], interessi economici, reazione alla cristianizzazione
dell'Armenia.
All'abdicazione di Diocleziano, nel 305, la persecuzione non aveva ottenuto i risultati sperati, ma gli attacchi contro i
cristiani vennero portati avanti da Galerio, anche se in modo intermittente, fino al 311. Durante la persecuzione i

223

Diocleziano

224

cristiani trovarono, in molte localit, protezione anche presso i vicini pagani, segno di una crescente tolleranza
popolare nei confronti della nuova religione[137].

Gli ultimi anni (305-311)

Ritratto di Diocleziano

Ricostruzione grafica del palazzo di Diocleziano a Spalato, dove lo


stesso si ritir nel 305, per morirvi nel 311.

Per approfondire, vedi Palazzo di Diocleziano.

Dopo avere festeggiato il ventennale del proprio governo, in occasione del quale visit per la prima ed unica volta la
citt di Roma, andandosene deluso (dopo aver visionato anche la costruzione delle pi grandi terme romane, a lui
dedicate),[141] con una solenne cerimonia, il 2 maggio 305 depose la carica e il titolo di Augustus
(contemporaneamente, allo stesso giorno e alla stessa ora, a Milano fece lo stesso anche il collega Massimiano), e si
ritir in un meraviglioso palazzo fatto costruire appositamente a Spalato (poco distante da Salona).
Nel 308 accett di partecipare al convegno di Carnuntum, convocato per risolvere le tensioni causate dalla nomina di
Massenzio ad Augustus, ma rifiut la proposta di Massimiano e Galerio di ritornare a esercitare le funzioni di
Augustus, ritirandosi definitivamente dalla vita politica. A Carnuntum venne stabilita per l'ultima volta pacificamente
la gerarchia tetrarchica: Galerio Augusto d'oriente (Asia Minore, il Vicino Oriente e l'Egitto); Massimino Daia
Cesare d'oriente (Provincie illiriche, Tracia, Dacia, Grecia e Macedonia); Licinio Augusto d'occidente (Pannonia,
Italia, Norico, Rezia e Nordafrica); Costantino Cesare d'occidente (Britannia, Gallie, Germania Superior e Inferior e
Spagna). Massenzio veniva riconosciuto per l'ennesima volta usurpatore e Massimiano costretto a ritirarsi a vita
privata. curioso notare come in oriente il potere dei tetrarchi fosse ben saldo, mentre in occidente l'usurpatore
Massenzio governava di fatto su Italia, Spagna, Norico, Rezia e Nordafrica. Questo presupponeva una nuova ondata
di guerre in cui Costantino e Licinio avrebbero dovuto rivendicare quelle regioni che Diocleziano aveva loro
riconosciuto.

Diocleziano

225

Titolatura imperiale
Per approfondire, vedi Monetazione tetrarchica.
Titolatura
imperiale di
Diocleziano

Numero di
volte

Datazione evento

[84]

Tribunicia
potestas

20 anni
consecutivi:

dal 20 novembre del 284

Consolato

10 volte:

nel 284 (I), 285 (II), 287 (III), 290 (IV), 293 (V), 296 (VI), 299 (VII), 303 (VIII), 304 (IX) e 308 (X).

Salutatio
imperatoria

21 volte:

[84]

al 1 maggio del 305.

[142]
[143]
[144]
[145]
la prima nel 284, poi nel 285
(2 e 3), 286 (4), 287
(5 e 6), 288
(7), 289 (8), 293
(9),
[102]
[146][147]
[146][147]
[148]
[149]
294
(10), 295 (11), 297
(12 e 13), 298;
(14-19), 300
(20) e 301
(21).

Titoli vittoriosi

[146][147]
[146][147]
Adiabenicus nel 298 (I);
Armeniacus Maximus nel 298 (I);
Britannicus Maximus nel 297/298
[147]
[146]
[142]
(I);
Carpicus Maximus nel 297 (I);
Germanicus Maximus nel 285 (I),
due volte nel 287 (II e
[143]
[144]
[149]
[107]
III),
nel 288 (IV),
nel 293 (V) e nel 301 (VI);
Gothicus Maximus nel 298 (I);
Medicus
[146][147]
[147][150]
Maximus nel 298 (I);
Parthicus Maximus nel 298 (I);
Persicus Maximus nel 295 (I) e 298
[147][151][152]
[145][153]
(II);
Restitutor orbis e Conservator orbis nel 286 (I) e 293 (II);
Sarmaticus
[147][152][154][151]
[102]
[148][84]
Maximus
nel 285 (I), 289 (II), 294 (III)
e nel 300 (IV);

Altri titoli

Augustus (nel 284

[84]

[84]

), Pater Patriae (nel 284

[84]

), Iovius (nel 286

[84]

) e Pontifex Maximus (nel 284

).

Note
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[6]

.
; Bowman, Diocletian, p. 68; .
; Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH), 68.
Barnes, "Lactantius and Constantine", 3235; .
Aurelio Vittore, Caesares, 39.30; Lattanzio, De mortibus persecutorum, 18.
Aurelio Vittore, Epitome 39, 1: matre pariter atque oppido nomine Dioclea, quorum vocabulis, donec imperium sumeret, Diocles
appellatus. Anche Lattanzio (De mortibus persecutorum 9) riferisce del suo nome Diocle. Le rovine dell'antica Doclea, ora Duklja, sono in
Montenegro, presso la capitale Podgorica.
[7] Eutropio, Breviarium 9, 22; Aurelio Vittore, cit., 39, 1.
[8] Aurelio Vittore, cit., 39, 7
[9] T. D. Barnes, The New Empire of Diocletian and Constantine, 1982, in base alla notizia riportata da Lattanzio, secondo la quale Diocleziano
si sarebbe lasciato morire di fame quando Costantino decret la distruzione delle statue sue e di Massimiano.
[10] A. H. M. Jones, J. R. Martindale e J. Morris, Prosopography of the Later Roman Empire, 1971.
[11] T. D. Barnes, cit.
[12] Come riferisce S. Williams, Diocleziano, p. 32, n. 20.
[13] SHA, Vita Aureliani 15, 3.
[14] SHA, Vita Probi 22, 3.
[15] .
[16] Zonara, Epitome XII, 31; .
[17] Mathisen, "Diocletian".
[18] SHA, Vita Cari; Aurelio Vittore, Liber de Caesaribus 39, 1; Zonara XII, 31.
[19] Cos afferma il Chronicon Paschale: del resto, il suo primo consolato da imperatore, nel 285, registrato come secondo consolato. Cfr.
anche W. Seston, Diocltien et la Ttrarchie, p. 46.
[20] Leadbetter, "Numerianus."
[21] .
[22] Codice giustinianeo 5.52.2; Leadbetter, "Numerianus"; Potter, 279.
[23] Secondo altri a Calcedonia: cfr. SHA, Vita Numeriani, 12, 13; Eutropio IX, 18; Aurelio Vittore, 38; Epitome 39; Zonara XII, 90.
[24] .
[25] ; .
[26] Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH), 68.
[27] .

Diocleziano
[28] Secondo W. Seston, cit., p. 49, il 17 settembre; secondo Eusebio, De martyribus Palestina 1, 5 e 2, 4, e Lattanzio, cit., 17, 1, il 17 novembre.
[29] Aurelio Vittore 39, 1: ducum Consilio tribunorumque.
[30] ; ; .
[31] ; Leadbetter, "Numerian"; ; .
[32] SHA (Vita Cari 13.2) con il particolare del verso di Virgilio pronunciata da Diocleziano, uccidendo Lucio Apro: Gloriare, Aper, Aenaee
magni dextra cadis, giocando sul significato di aper, cinghiale; .
[33] E. Gibbon, Decadenza e caduta dell'impero romano I, 12.
[34] Aurelio Vittore, Liber de Caesaribus, 39; Eutropio IX, 20.
[35] SHA, Vita Numeriani, 11; E. Gibbon, cit. I, 12: Vinse tutte le corone contro Nemesiano col quale gareggiava nella poesia didattica.
[36] V. A. Sirago, Diocleziano, p. 584: La morte di Numeriano sar stata dunque voluta dallo stesso Diocleziano, non certo col consenso dei
soldati, ma dei suoi colleghi generali. La soppressione spettacolare di Apro deve servire a due scopi, a liberarsi d'un rivale e a placare l'ira dei
soldati.
[37] Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL), VIII, 2529, 2530, 2532, 10382; XI, 727, 3580; XII, 110; XIV, 126.
[38] Panegyrici latini, III, 5, 3.
[39] Corcoran, "Before Constantine", 39.
[40] ; Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH), 6869; Potter, 280; ; .
[41] .
[42] Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH), 69.
[43] Leadbetter, "Carinus."
[44] ; .
[45] Potter, 280.
[46] .
[47] .
[48] .
[49] Aurelio Vittore, 39.11
[50] Aurelio Vittore, Epitome 38; Liber de Caesaribus 39, 1; Zosimo, Historia nova I, 73; SHA, Vita Cari XVIII; Eutropio, cit., IX, 20.
[51] .
[52] Roman Imperial Coinage 5.2.241 no. 20304; ; .
[53] .
[54] Aurelio Vittore, De Cesaribus, 37.5, citato in Carri & Rousselle, L'Empire Romain, 654
[55] .
[56] Potter, 281.
[57] ; ;.
[58] Aurelio Vittore, 39.15, citato in Leadbetter, "Carinus."
[59] Barnes, "Two Senators," 46; .
[60] RIC VI 299; Depeyrot 2/3; Calic 4524.
[61] RIC V 558.
[62] .
[63] .
[64] Barnes e Bowman sono per il 21 luglio (, ; Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy", 69) Potter per il 25 luglio (Potter, 28081).
[65] Corcoran, "Before Constantine", 40.
[66] ; Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH), 69; Bleckmann; Potter, 28081; .
[67] .
[68] .
[69] ; .
[70] Aurelio Vittore, Epitome 40, 10; Aurelio Vittore, Caesares, 39.18; Lattanzio, De mortibus persecutorum, 8 e 52.3; [[Panegyrici latini (http:/
/ www. archive. org/ stream/ xiipanegyricila02baehgoog/ xiipanegyricila02baehgoog_djvu. txt)], II, XI, 20].
[71] Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH), 7071; Liebeschuetz, 23552, 24043; ; .
[72] ; Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH), 7071; ; ; .
[73] ; Cascio, "The New State of Diocletian and Constantine" (CAH), 172.
[74] Aurelio Vittore, Caesares, 39.4.
[75] E.Horst, Costantino il Grande, p.49.
[76] Aurelio Vittore, Caesares, 39.2-4; Eutropio, IX, 26; Zonara, XII, 31.
[77] .
[78] Aurelio Vittore, Caesares, 39.2-4; Eutropio, IX, 26; Eumenio, Panegyrici latini, V, 11.
[79] . Si veda anche: Cascio, "The New State of Diocletian and Constantine" (CAH), 171.
[80] .
[81] Mcsy, p. 268.
[82] Grant, p. 265.

226

Diocleziano
[83] CIL 14, 128 (p. 613).
[84] Scarre, p. 197.
[85] Barnes, New Empire, p. 57; Bowman, pp. 7071.
[86] Barnes, New Empire, p. 57; Bowman, p. 71; Rees, Layers of Loyalty, p. 31.
[87] Williams, p. 46.
[88] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.21; Grant, p. 279.
[89] Southern, p. 209.
[90] Southern, p. 214.
[91] ; ; Grant, p. 273.
[92] Panegyrici latini, II, 5 (http:/ / www. archive. org/ stream/ xiipanegyricila02baehgoog#page/ n124/ mode/ 1up).
[93] Panegyrici latini, II, 7-8; VI, 8 (http:/ / www. archive. org/ stream/ xiipanegyricila02baehgoog#page/ n125/ mode/ 1up).
[94] ; .
[95] Panegyrici latini, II e III.
[96] Southern, p. 218.
[97] [[Gregorio di Tours (http:/ / remacle. org/ bloodwolf/ historiens/ gregoire/ francs2. htm)], Storia dei Franchi, libro II ].
[98] Panegyrici latini, III, 7, 1; VI, 4.
[99] [[Orosio (http:/ / www. thelatinlibrary. com/ orosius/ orosius7. shtml#25)], Historiarum adversum paganos, VII, 25, 7].
[100] Roman Imperial Coinage, Galerius, VI, 39; Jelocnik 84b; RSC 208.
[101] Barnes, New Empire, p. 255.
[102] SupIt-16-R, 50.
[103] Grant, p. 287.
[104] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XXXIX, 43.
[105] Grant, p. 274 e 287.
[106] Grant, p. 284.
[107] ; .
[108] .
[109] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.25.
[110] Ammiano Marcellino, Res Gestae, 27.5.5.
[112] ; AE 1973, 526.
[113] Panegyrici latini, III, 5 - 7,1.
[114] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.22.
[115] Barnes, New Empire, p. 59.
[116] Panegyrici latini, III, 17; IV, 5-6; VI, 8; VIII, 6.
[117] Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.23.
[118] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16; Barnes, New Empire, p. 59.
[119] Grant, p. 274.
[120] Procopio di Cesarea, Guerre: persiana, vandalica e gotica, I, 19; Robert B. Jackson, At Empire's Edge. Exploring Rome's Egyptian
Frontier, p. 152; Mazzarino, p. 588.
[121] -[122] Grant, p.265; Chris Scarre, Chronicle of the roman emperors, New York 1999, pp.197-198.
[123] Y.Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma 2008, p.33.
[124] Lattanzio, De mortibus persecutorum, VII, 1.2.
[125] T.Cornell & J.Matthews, Atlante del mondo romano, Novara 1984, pp.172-173.
[126] G. Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. III - Dal III secolo alla fine dell'Impero d'Occidente, p. 33.
[127] Yann Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma, 2008, p. 33.
[128] Yann Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma, 2008, p. 41.
[129] E.N. Luttwak, La grande strategia dell'Impero romano, Milano 1981, pp.75-170.
[130] G. Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. III - Dal III secolo alla fine dell'Impero d'Occidente, pp. 46-48.
[131] Zosimo, Storia nuova, II, 34; Panegyrici latini, V, 18; Ammiano Marcellino, Storie, XXIII, 5.1-2.
[132] Gibbon, op. cit., pp. 265-266.
[133] Secondo il testimone Lattanzio (riportato in L. Pietri, cit., p. 174 e in Gibbon, cit., pp. 266-267), gi il giorno prima, festa dei Terminalia,
fu attaccata la chiesa di Nicomedia posta davanti al palazzo di Diocleziano. Le porte furono aperte, le scritture bruciate, il santuario distrutto.
[134] August Frannzen, Breve Storia della Chiesa, 1987, Editrice Queriniana
[135] Gibbon, op. cit., pp. 268-269.
[136] Gibbon, op.cit., pp. 269-271.
[137] Chester G. Starr, Storia del mondo antico, Editori Riuniti, 1977
[138] La stima del numero totale di vittime estremamente difficile: C. Lepelley (I cristiani e l'Impero romano in AA.VV., Storia del
Cristianesimo Vol. 1 a cura di L. Pietri Il nuovo popolo: dalle origini al 250, 2003, Borla / Citt Nuova, Roma, p. 248) sostiene che fino a
prima della persecuzione di Decio i martiri sarebbero stati diverse migliaia. Le cifre non dovettero variare molto in seguito: secondo W.H.C.

227

Diocleziano
Frend (Martyrdom and Persecution in the Early Church, 1965, Basil Blackwell, Oxford, p. 413) furono probabilmente centinaia sotto Decio;
per la "grande persecuzione", A. Marcone (La politica religiosa in AA.VV. Storia di Roma - vol. 3 L'et tardoantica, tomo I Crisi e
trasformazioni, 1993 Einaudi, Torino, p. 239) ritiene abbastanza attendibile la cifra di 91 vittime fornita da Eusebio per la sola provincia di
Siria Palestina. Solidoro Maruotti riporta una stima complessiva di 18 mila martiri o meno (in Laura Solidoro Maruotti, Sul fondamento
giuridico della persecuzione dei cristiani, Lezione tenuta presso la Sede napoletana dell'AST il 17 febbraio 2009).
[139] Marcone, cit., p. 235; a p. 236 riporta come al termine della persecuzione i lapsi delle zone governate da Costanzo Cloro furono
rimproverati solo di aver ceduto i libri sacri, segno di una condotta pi mite.
[140] L. Pietri, cit., p. 172 ss. - Frend, 2006 cit. p. 519-520.
[141] Eutropio, IX, 27.2; Lattanzio, De mortibus persecutorum, 17.
[142] (p 613).
[143] ;
[144] ;
[145] ,11; ; .
[146] .
[147] a.
[148] .
[149] ; AE 1973, 526a.
[150] (p 1772); ; ; IAphrodisias 230.
[151] CIL VI, 1137 (p 3071, 3778, 4327).
[152] .
[153] RIC VI 299; Depeyrot 2/3; Calic 4524.
[154] d.

Bibliografia
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229

Diocleziano

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(EN) Palazzo di Diocleziano a Spalato (http://w3.mrki.info/split/diokl.html)
Diocleziano dal sito della Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri (Roma) (http://www.
santamariadegliangeliroma.it/paginamastersing.html?codice_url=diocleziano&lingua=ITALIANO&
ramo_home=Basilica)
Sito incentrato sull'Imperatore Diocleziano (http://www.diocleziano.it)
Predecessore

Imperatore romano

Successore

Carino

284 - 305 (con Massimiano)

Galerio (con Costanzo Cloro)

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Dominato (storia romana)


Con il termine Dominato o Signoria si intende nell'ambito della storia romana la forma di governo dell'Impero
successiva al Principato.
Tale forma di governo era caratterizzata dal dispotismo: l'imperatore, non pi contrastato dai residui delle antiche
istituzioni della Repubblica Romana, poteva disporre dell'Impero come se fosse una propriet privata, ovvero da
padrone e signore, cio dominus, da cui la definizione di dominatus.

Storia
La transizione dalle due forme di governo, avviata gi a partire con Settimio Severo (poich con Severo che
compare la dicitura dominus in chiave ufficiale e propagandistica), e poi "amplificata" dal 235 con l'ascesa di
Massimino il Trace e perdurata per tutto il periodo dell'anarchia militare, pu dirsi completata nel 285 d.C. con
l'inizio del regno di Diocleziano, e l'inizio della Tetrarchia. Il dominato fu l'ultima forma assunta dal potere imperiale
sino alla fine dell'Impero d'Occidente.

Dominato (storia romana)

Elenco dei Domini

Settimio Severo (193-211 d.C.)


Caracalla (211-217 d.C.)/Geta (211-212 d.C.)
Macrino (217-218 d.C.)
Eliogabalo (218-222 d.C.)
Severo Alessandro (222-235 d.C.)
Massimino Trace (235-238 d.C.)
Gordiano I (238 d.C.)/Gordiano II (238 d.C.)
Pupieno (238 d.C.)/Balbino (238 d.C.)
Gordiano III (238-244 d.C.)
Filippo l'Arabo (244-248 d.C.)
Decio (249-251 d.C.)
Treboniano Gallo (251-253 d.C.)
Emiliano (253 d.C.)
Valeriano (253-260 d.C.)/Gallieno (253-268 d.C.)
Claudio il Gotico (268-270 d.C.)
Quintillo (270 d.C.)

Aureliano (270-275 d.C.)


Tacito (275-276 d.C.)
Probo (276-282 d.C.)
Caro (282-283 d.C.)
Carino (283-285 d.C.)/Numeriano (284 d.C.)

Bibliografia
Fonti primarie

Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXIV-LXXX.


Erodiano, Storia dell'Impero dopo Marco Aurelio, III-VI.
Historia Augusta, da Caracalla a Diocleziano.
Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, libro 9.

Letteratura storiografica

A.R.Birley, Septimius Severus. The african emperor, Londra e New York, 1988. ISBN 0-415-16591-1
M.Grant, The Severans: The Changed Roman Empir, Londra e New York 1996. ISBN 0-415-12772-6
M.Grant, Gli imperatori romani, storia e segreti, Roma 1984. ISBN 88-541-0202-4
S.Mazzarino, L'impero romano, vol.2, Bari 1973.
R.Rmondon, La crisi dellimpero romano, da Marco Aurelio ad Anastasio, Milano 1975.
P.Southern, The Roman Empire: from Severus to Constantine, Londra & New York 2001. ISBN 0-415-23944-3
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231

Massimiano

232

Massimiano
Massimiano

Testa monumentale di Massimiano.


Augusto dell'Impero romano
In carica

[1]
[2]
21 luglio o 25 luglio 285286 (come cesare di Diocleziano)
[3]
[4]
1 aprile 286 1 maggio 305 (come augusto d'Occidente, con Diocleziano augusto d'Oriente)
[5]
tardo 30611 novembre 308 (autoproclamatosi augusto)
[6]
310 (autoproclamatosi augusto)

Incoronazione 1 aprile 286


Predecessore
Successore

Diocleziano
Costanzo Cloro e Galerio

Nome
completo

[7]
Marcus Aurelius Valerius Maximianus Herculius

Altri titoli

Herculius (286), Germanicus maximus V (287, 287, 288, 293, 301), Sarmaticus maximus III (289, 294, 300), Persicus maximus II
(295, 298), Carpicus maximus (296), Britannicus maximus (296), Armeniacus maximus (298), Medicus maximus (298),
[8]
Adiabenicus maximus (298)

Nascita

[9]
Sirmio (Sremska Mitrovica, Serbia), 250 circa

Morte

[9]
Massilia (Marsiglia, Francia), luglio 310 circa

Consorte
Figli

Eutropia
Flavia Massimiana Teodora
Massenzio
Fausta

Marco Aurelio Valerio Massimiano Erculio, noto pi semplicemente come Massimiano (latino: Marcus Aurelius
Valerius Maximianus Herculius; Sirmio, 250 circa Massilia, luglio 310[9]), fu cesare (dal luglio 285[1][2]) e poi
augusto (dal 1 aprile 286[3] al 1 maggio 305[4]) dell'Impero romano. Condivise quest'ultimo titolo con il suo amico,
co-imperatore e superiore Diocleziano, le cui arti politiche erano complementari alle capacit militari di Massimiano.
Stabil la propria capitale a Treviri, ma pass gran parte del proprio tempo impegnato in campagne militari.
Nell'estate avanzata del 285 soppresse la ribellione dei Bagaudi in Gallia; tra il 285 e il 288 combatt contro le trib
dei Germani lungo la frontiera del Reno; insieme a Diocleziano fece terra bruciata in profondit nel territorio degli
Alemanni nel 288, diminuendo per qualche tempo il timore di un'invasione di Germani nelle province renane.
L'uomo che aveva incaricato di controllare la Manica, Carausio, si ribell nel 286, causando la secessione della
Britannia romana e della Gallia dall'Impero. Massimiano non riusc a sconfiggere Carausio, in quanto la sua flotta
d'invasione fu distrutta dalle tempeste nel 289 o 290. Il vice-imperatore di Massimiano, il cesare Costanzo, inizi una

Massimiano

233

campagna contro Alletto, successore di Carausio, mentre Massimiano era impegnato a presidiare la frontiera renana.
La ribellione di Alletto ebbe fine nel 296, e Massimiano si mosse a sud, a combattere i pirati Mauri in Iberia e le
incursioni dei Berberi in Mauretania. Alla fine di queste campagne, nel 298, part per l'Italia, dove visse in agiatezza
fino al 305. Su richiesta di Diocleziano, Massimiano abdic assieme al collega il 1 maggio 305, cedendo il titolo di
augusto a Costanzo e ritirandosi in Italia meridionale.
Verso la fine del 306 Massimiano riprese il titolo di augusto e aiut la ribellione di suo figlio Massenzio in Italia.
Nell'aprile 307 tent di deporre il proprio figlio ma, avendo fallito, si rifugi alla corte del successore di Costanzo, il
figlio Costantino, a Treviri. Al concilio di Carnunto del novembre 308, Diocleziano e il suo successore Galerio
obbligarono Massimiano a rinunciare alle sue pretese al trono ma, all'inizio del 310, questi cerc di sottrarre il titolo
imperiale a Costantino, che si trovava impegnato in una campagna sul Reno; Massimiano riscosse l'appoggio di
pochi e fu catturato da Costantino a Marsiglia; qui commise suicidio nell'estate di quell'anno per ordine di
Costantino.
Durante la guerra tra Costantino e Massenzio, l'immagine di Massimiano fu rimossa dai luoghi pubblici, ma, dopo la
vittoria di Costantino sul rivale, Massimiano fu riabilitato e divinizzato.

Biografia
Origini e carriera militare
Massimiano nacque nei pressi di Sirmio (ora Sremska Mitrovica,
Serbia), nella provincia di Pannonia, intorno al 250, da una
famiglia di bottegai.[10] Le fonti contengono vaghe allusioni
all'Illirico come sua terra natale,[11] alle sue virt pannoniche,[12] e
alla sua dura educazione lungo la frontiera del Danubio tormentata
dalla guerra.[13] Massimiano entr nell'esercito, servendo con
Diocleziano sotto gli imperatori Aureliano (270275) e Probo
(276282). Prese parte probabilmente alla campagna
mesopotamica di Caro nel 283, partecipando all'acclamazione a
imperatore di Diocleziano il 20 novembre 284 a Nicomedia.[14] La
rapida nomina di Massimiano a cesare di Diocleziano stata
interpretata dallo scrittore Stephen Williams e dallo storico
Timothy Barnes come il segno di un accordo di lunga data tra i
due uomini, che avrebbero deciso in anticipo i rispettivi ruoli, e del
sostegno di Massimiano a Diocleziano durante la campagna contro
Carino (283285), ma non ci sono prove dirette di questa
interpretazione.[15][16]
Dotato di grande energia, di carattere aggressivo e di una scarsa
inclinazione
alla ribellione, Massimiano era un ottimo candidato al
Ritratto di Massimiano, oggi presso il Museo
Archeologico di Milano.
ruolo di collega di Diocleziano. Lo storico del IV secolo Aurelio
Vittore descrisse Massimiano come un collega di leale amicizia,
anche se alquanto noioso, e di grandi talenti militari.[17] Malgrado le sue qualit, Massimiano non aveva ricevuto
un'educazione e preferiva comunque l'azione al ragionamento. Il panegirista del 289, dopo aver comparato le sue
azioni alle vittorie di Scipione Africano su Annibale durante la seconda guerra punica, insinu che Massimiano non
li avesse mai sentiti nominare.[18] Le sue aspirazioni erano esclusivamente militari, in modo da lasciare la politica
nelle mani di Diocleziano.[19] Il retore cristiano Lattanzio suggerisce che Massimiano condividesse in linea di

Massimiano

234

massima gli atteggiamenti di Diocleziano, ma che fosse meno puritano nei suoi gusti, e che abbia in diverse
occasioni approfittato dei vantaggi della sua posizione.[20] Lattanzio accus Massimiano di aver sverginato figlie di
senatori e di viaggiare con giovani vergini per soddisfare la sua lussuria senza fine, ma la credibilit dello scrittore
cristiano minata dalla sua ostilit verso i pagani.[21]
Massimiano ebbe due figli dalla moglie siriana Eutropia, Massenzio e Fausta, dei quali le fonti antiche non
forniscono le date di nascita. Secondo le stime moderne, Massenzio sarebbe nato tra il 277 e il 287, mentre Fausta
generalmente fatta nascere attorno al 298.[22] Teodora, moglie di Costanzo Cloro, spesso detta figliastra di
Massimiano dalle fonti antiche, tanto che Otto Seeck ed Ernest Stein affermano che sia nata da un precedente
matrimonio di Eutropia con Afranio Annibaliano;[23] Barnes critica questa ricostruzione, affermando che tutte le
fonti che parlano di una "figliastra" derivano da una stessa fonte storica parzialmente inaffidabile, la
Kaisergeschichte, mentre le fonti pi affidabili fanno di Teodora la figlia naturale di Massimiano.[24] Barnes
conclude che Teodora nacque non pi tardi del 275 circa da una precedente moglie di Massimiano, sconosciuta.[25]

Massimiano Cesare
[26]

Massimiano: antoniniano

IMP C M AUR VAL MAXIMIANUS PF AVG, testa radiata di


Massimiano e busto con drappeggio e corazza verso destra.

IOVI CONS-ERVAT, Giove in piedi di fronte, la testa verso sinistra,


tiene un fulmine ed uno scettro; T(ertia oficina) XXI T.

22 mm, 3.80 gr, 5 h (zecca di Ticinum, terza officina) del 287.

A Mediolanum nel luglio 285[27] Diocleziano proclam Massimiano suo co-imperatore, elevandolo al rango di
cesare.[15][28] I motivi di questa scelta sono complessi. Quasi ogni provincia dell'impero era luogo di un conflitto,
dalla Gallia alla Siria, dall'Egitto al basso Danubio; Diocleziano aveva dunque bisogno di un aiutante per gestire tutti
questi impegni,[15][29] e, secondo alcune interpretazioni, si rese conto di essere un generale mediocre e di aver
bisogno di un uomo come Massimiano che si occupasse degli aspetti militari.[30] Inoltre Diocleziano non aveva figli
maschi, ma solo una figlia, Valeria, che non gli poteva succedere; doveva dunque cercare un co-imperatore al di
fuori della propria famiglia di cui si potesse fidare.[31] Esiste un dibattito sulla possibilit o meno che Diocleziano
abbia adottato Massimiano,[32] come gi avevano fatto altri imperatori senza eredi prima di lui, ma quel che certo
che Massimiano assunse il nomen di Diocleziano, Valerius.[33]
Inoltre Diocleziano sapeva che un regnare da solo era pericoloso e che esistevano precedenti per un governo a due.
Ad esempio, malgrado le loro capacit militari, i due imperatori assoluti Aureliano e Probo erano stati facilmente
deposti,[34] mentre l'imperatore Caro e i suoi due figli avevano regnato assieme efficacemente, sebbene non a lungo.
Se gi Augusto (27 a.C.14 d.C.) aveva condiviso alcuni suoi poteri con dei colleghi, dall'epoca di Marco Aurelio
(161180) esisteva la posizione di co-imperatore.[35]
Il governo a due ebbe evidentemente successo. Intorno al 287 la relazione tra i due sovrani fu ri-definita in termini
religiosi, con Diocleziano che assunse l'appellativo Iovius e Massimiano quello di Herculius;[36] si trattava di titoli
pregni di simbolismo, secondo i quali Diocleziano-Giove aveva il ruolo dominante di pianificare e comandare,
mentre Massimiano-Ercole aveva il ruolo eroico di portare a termine le imprese assegnategli.[37] Malgrado il
simbolismo, per, i due imperatori non erano "divinit" secondo la tradizione del culto imperiale, sebbene nei
panegirici fossero talvolta presentati in questo modo, ma piuttosto strumenti degli di, pronti a far rispettare la
volont divina sulla Terra.[38] Alla fine dei riti, Massimiano assunse il controllo della parte occidentale dell'impero e

Massimiano

235

si rec in Gallia a combattere i ribelli Bagaudi, mentre Diocleziano torn in Oriente.[15][39]


Contro i Bagaudi e i Germani
I Bagaudi sono figure oscure, che sono trattate di passaggio alle fonti antiche,
nelle quali compaiono per la prima volta con la rivolta del 285.[40] Lo storico
del IV secolo Eutropio li descrive come una popolazione rurale sotto la guida
di Armando ed Eliano, mentre Sesto Aurelio Vittore li definisce dei
banditi.[41] Secondo un'interpretazione, si trattava di qualcosa di pi di
semplici contadini, e cercavano o un'autonomia politica della Gallia o la
restaurazione del recentemente deposto imperatore Caro, il quale era nativo
della Gallia Narbonense; in quest'ultimo caso sarebbero delle truppe imperiali
disertrici, non briganti.[42] Sebbene male equipaggiati, addestrati e guidati
un avversario facile per le legioni romane nondimeno Diocleziano li ritenne
tanto pericolosi da richiedere un imperatore a combatterli.[15][43]
Massimiano mosse in Gallia, ingaggiando i Bagaudi nell'estate avanzata del
285.[44] I dettagli della campagna sono sparsi e non forniscono alcun dettaglio
tattico: le fonti storiche sono interessate solo alle virt e alle vittorie di
Ritratto di Diocleziano, collega anziano
di Massimiano e augusto.
Massimiano. Nel panegirico a lui dedicato nel 289 si afferma che i ribelli
furono sconfitti sia con la durezza che con l'indulgenza.[45] Poich si trattava
di una campagna contro cittadini dell'impero stesso, non fu celebrata con titoli o trionfi; e infatti il panegirista di
Massimiano afferma tratto rapidamente questo episodio, in quanto vedo che nella tua magnanimit preferiresti
piuttosto dimenticare questa vittoria che celebrarla.[46] Entro la fine dell'anno, la rivolta era stata quasi del tutto
sedata, e Massimiano spost il grosso delle sue truppe sulla frontiera del Reno, proclamando un periodo di
stabilit.[47]
Massimiano non sed la rivolta dei Bagaudi abbastanza velocemente da evitare la reazione dei Germani.
Nell'autunno del 285 due eserciti barbarici, uno di Burgundi e Alemanni, l'altro di Chaibones ed Eruli, forzarono il
limes renano ed entrarono in Gallia; il primo esercito mor di fame e malattia, mentre Massimiano intercett e
sconfisse il secondo.[15][48] Il cesare stabil poi un quartiere generale sul Reno in previsione di future campagne,[49] o
a Moguntiacum (Magonza), o ad Augusta Treverorum (Treviri), o a Colonia Agrippina (Colonia, tutte e tre nella
moderna Germania).[50]
Rivolta di Carausio
Sebbene gran parte della Gallia fosse pacificata, le regioni che davano
sulla Manica erano ancora affette dalla pirateria dei Franchi e dei
Sassoni. Gli imperatori Probo e Carino avevano iniziato a fortificare la
Costa sassone, ma molto rimaneva ancora da fare;[51] ad esempio, non
c' prova archeologica di basi navali a Dover e a Boulogne nel periodo
270-285.[52] Per risolvere il problema della pirateria, Massimiano
nomin Carausio, un menapio della Germania inferiore (Paesi Bassi
sud-occidentali), al comando della flotta della Manica.[15][53] Carausio
si comport molto bene:[54] per la fine del 285 riusciva a catturare navi
pirata in grandi numeri.[55]

Antefissa recante lo stemma della Legio XX


Valeria Victrix, una delle legioni che passarono
dalla parte del ribelle Carausio.

Massimiano
Massimiano venne presto a sapere che Carausio attendeva che i pirati terminassero i loro saccheggi prima di
attaccarli e che il loro bottino finiva poi nelle tasche di Carausio invece di tornare alla popolazione o nelle casse
imperiali;[56] ordin allora che fosse arrestato e giustiziato, causandone la fuga in Britannia Il sostegno a Carausio tra
i Britanni era forte, e almeno due legioni stanziate sull'isola, la II Augusta e la XX Valeria Victrix, passarono dalla
sua parte, come fece pure, al completo o in parte, una legione acquartierata vicino Boulogne (probabilmente la XXX
Ulpia Victrix).[57] Carausio elimin rapidamente i pochi lealisti rimasti nel suo esercito e si proclam augusto.[58]
Massimiano pot fare poco per combattere la rivolta. La sua flotta era controllata da Carausio, mentre lui era
impegnato a controllare gli Eruli e i Franchi. Nel frattempo Carausio rafforz la propria posizione ingrandendo la
flotta, arruolando mercenari franchi e pagando bene le proprie truppe;[58] entro l'autunno del 286 la Britannia, la
Gallia nord-occidentale e l'intera Manica erano sotto il suo controllo.[59][60] Carausio si dichiar alla testa di uno
stato britannico indipendente, l'Imperium Britanniarum, e coni monete di purezza nettamente superiore a quelle di
Massimiano e Diocleziano, guadagnandosi il sostegno dei mercanti britannici e gallici.[61] Persino le truppe di
Massimiano erano vulnerabili all'influenza e alla ricchezza di Carausio.[62]

Massimiano Augusto
Spronato dalla crisi con Carausio, il 1 aprile
286[3] Massimiano assunse il titolo di
augusto;[59][63] in questo modo era allo
stesso livello del ribelle, in modo che lo
scontro fosse tra due Augusti invece che tra
un Cesare e un Augusto, e, nella propaganda
imperiale, Massimiano fu proclamato
fratello di Diocleziano, suo eguale in
autorit
e
prestigio.[64] Diocleziano
probabilmente non era presente alla nomina
di Massimiano,[65] e questo ha fatto dire ad
alcuni studiosi che Massimiano abbia
usurpato un titolo solo successivamente
La divisione tetrarchica voluta da Diocleziano e le 12 diocesi dopo il 293. A
riconosciuto da Diocleziano allo scopo di
Massimiano spettarono tre diocesi (in giallo) d'Italia, Spagna ed Africa.
evitare una guerra civile, ma questa ipotesi
non ha raccolto molto sostegno ed stata
recentemente confutata;[66] malgrado la distanza fisica tra i due imperatori, Diocleziano si fidava di Massimiano
tanto da concedergli i poteri imperiale, mentre Massimiano rispettava Diocleziano tanto da agire secondo le sue
volont.[67]
Il doppio governo non port ad una divisione formale dell'impero; sebbene vi fossero delle separazioni ciascun
imperatore aveva la propria corte, il proprio esercito e la propria residenza ufficiale queste furono dovute a
questioni pratiche, non di sostanza, tanto che la propaganda imperiale, a partire dal 287 in poi, insiste sulla Roma
unica e indivisibile, un patrimonium indivisum.[68] Cos parla il panegirista del 289 rivolgendosi a Massimiano:
Cos questo impero un possesso comune a voi due, senza alcuna discordia, n sopporteremmo una qualunque
disputa tra voi, ma semplicemente reggete lo stato in misura uguale, come una volta i due Eracleiadi, i re di Sparta,
facevano.[69] Sia le decisioni di valore legale che le celebrazioni imperiali avvenivano in nome di entrambi i
sovrani; le stesse monete erano coniato in entrambe le parti dell'impero.[70] Diocleziano eman talvolta alcune
disposizioni per la provincia d'Africa, dipendente da Massimiano, il quale a sua volta potrebbe aver fatto lo stesso
per il territorio del collega.[71]

236

Massimiano
Campagne contro le trib renane
Massimiano comprese di non poter sconfiggere immediatamente Carausio e
decise allora di impegnarsi contro le trib renane,[59][72] le quali costituivano
probabilmente un pericolo maggiore per la pace della Gallia di quanto non
fosse Carausio e, al contempo, erano sostenitori dell'usurpatore britannico.[73]
Sebbene lungo il Reno vivessero molti nemici dell'impero, questi erano pi
spesso in lotta fra loro che contro i Romani.[74] Poche sono le testimonianze
che permettono di datare le campagne di Massimiano, sul Reno oltre al fatto
che durarono dal 285 al 288.[75] Mentre stava ricevendo i fasci di console (1
gennaio 287), Massimiano fu raggiunto dalla notizia di un attacco di barbari;
rimossa la toga e indossata la corazza, marci contro il nemico e pi tardi
quello stesso anno, sebbene non lo avesse completamente disperso, celebr
una vittoria in Gallia.[59][76] Ritenendo che le trib dei Burgundi e degli
Alemanni stanziate nella regione della Mosella-Vosgi costituissero la
maggiore minaccia, decise di affrontarle per primo; durante la campagna fece
terra bruciata distruggendo le loro terre e riducendoli di numero per fame e
Flavio Costanzo, prefetto del pretorio di
malattie. Successivamente si mosse contro i pi deboli Eruli e Chaibones, che
Massimiano e marito di sua figlia
mise in un angolo e sconfisse in una singola battaglia, cui partecip
Teodora.
personalmente, cavalcando lungo lo schieramento finch la linea germanica
ruppe e le forze romane inseguirono e dispersero gli eserciti tribali nemici.
Con i suoi nemici indeboliti dalla fame, Massimiano lanci una grande invasione al di l del Reno.[77] Mossosi in
profondit nelle territorio germanico, port la distruzione in casa del nemico,[74] dimostrando la superiorit delle
armi romane.[59] Entro l'inverno del 287 aveva guadagnato l'iniziativa e le terre del Reno erano libere dai
Germani;[74] il panegirista di Massimiano giunse a dire che tutto ci che vedo oltre il Reno romano.[78]
La primavera successiva, mentre Massimiano si preparava ad affrontare Carausio, Diocleziano torn
dall'oriente;[59][79] i due imperatori si incontrarono in un luogo e in una data sconosciuti,[80] e probabilmente si
misero d'accordo per mettere in atto congiuntamente una campagna contro gli Alemanni e una spedizione navale
contro Carausio.[81] Pi tardi, quello stesso anno, Massimiano condusse un'invasione a sorpresa degli Agri decumates
la regione tra l'alto Reno e l'alto Danubio, posta all'interno del territorio degli Alemanni mentre Diocleziano
invase la Germania attraverso la Rezia; entrambi bruciarono le messi e le riserve di cibo nemiche, distruggendo i
mezzi di sostentamento dei Germani,[79] e inglobarono vaste porzioni di territorio all'impero, cosa che permise a
Massimiano di continuare la sua ricostruzione senza ulteriori disturbi.[59][82] Dopo la guerra si ricostruirono le citt
sul Reno, creando delle teste di ponte sulla sponda orientale in posti come a Magonza e Colonia e fondando una
frontiera con forti, strade e paesi fortificati; una strada militare passava da Tornacum (Tournai, Belgio), Bavacum
(Bavay, Francia), Atuatuca Tungrorum (Tongeren, Belgio), Mosae Trajectum (Maastricht, Paesi Bassi), e la citt di
Colonia.[83]
All'inizio del 288 Massimiano incaric il proprio prefetto del pretorio Flavio Costanzo (Costanzo Cloro) di condurre
una campagna contro gli alleati franchi di Carausio, i quali controllavano gli estuari del Reno, impedendo attacchi
via mare a Carausio. Costanzo si mosse verso nord attraverso il loro territorio, causando panico, e raggiunse il Mare
del Nord. I Franchi chiesero la pace e con l'accordo conseguente Massimiano rimise al potere il deposto re franco
Gennobaude. Gennobaude divenne il vassallo di Massimiano e, con i capi tribali franchi che giurarono lealt a
Gennobaude, i Romani si assicurarono il dominio della regione.[59][84] Massimiano permise che Frisoni, Franchi
Sali, Chamavi e altre trib si insediassero in una striscia di territorio romano, o tra i fiumi Reno e Waal e da
Noviomagus (Nijmegen, Paesi Bassi) a Traiectum (Utrecht, Paesi Bassi)[83] o nei pressi di Treviri.[59] Queste trib,
cui fu permesso di insediarsi in cambio del riconoscimento del dominio romano, da una parte fornivano una fonte
immediatamente disponibile per l'arruolamento di truppe, dall'altra impedivano lo stanziamento nella regione delle

237

Massimiano
popolazioni franche, formando una sorta di cuscinetto lungo la frontiera e permettendo a Massimiano di ridurre le
guarnigioni impegnate.[83]
Nascita della tetrarchia e fine dell'Impero di Carausio
Per il 289 Massimiano organizz un'invasione della
Britannia romana controllata da Carausio, che per
fall, per motivi non chiari; il panegirista del 289
mostra ottimismo per l'impresa, mentre quello del 291
non ne fa menzione.[85] Il panegirista di Costanzo
Cloro suggerisce che la sua flotta and persa a causa di
una tempesta,[86] ma possibile che questa versione sia
stata elaborata per ridurre l'imbarazzo di una
Moneta di Carausio, l'imperatore ribelle della Britannia romana.
sconfitta.[87] Diocleziano pose fine alla sua visita delle
province orientali poco dopo, forse dopo essere venuto
a conoscenza del fallimento di Massimiano,[88] e torn in Occidente rapidamente, raggiungendo Emesa il 10 maggio
290,[89] e Sirmio, sul Danubio, il 1 luglio.[90] Diocleziano incontr Massimiano a Milano o nel dicembre 290 o nel
gennaio 291.[91] Folle si adunarono per assistere alla discesa dei sovrani in citt, e gli imperatori dedicarono molto
tempo alle apparizioni in pubblico;[92] alcuni storici hanno supposto che le cerimonie fossero organizzate per
dimostrare il sostegno di Diocleziano al vacillante collega.[93] I sovrani discussero segretamente di politica e
guerra,[94] e un questa occasione potrebbero aver discusso la possibilit di allargare il collegio imperiale fino a
includere quattro imperatori (la tetrarchia).[95] Nel frattempo una delegazione del Senato romano incontr gli
imperatori, rinnovando un rapporto molto saltuario con i sovrani.[96] Gli imperatori non si incontrarono pi fino al
303.[93]
A seguito dell'invasione fallita del 289, Massimiano
dovette concedere controvoglia una tregua a Carausio.
L'imperatore toller il dominio di Carausio sulla
Britannia romana e sul continente, ma si rifiut di
riconoscere ufficialmente lo stato secessionista;
Carausio, da parte sua, si accontent dei suoi territori
della Gallia costiera.[97] Diocleziano, al contrario, non
tollerava un tale affronto al suo ruolo; dovendo far
fronte alla secessione di Carausio e ad altri problemi ai
Quinario di Alletto, successore di Carausio.
confini egiziani, siriani e danubiani, si convinse che
due imperatori non erano sufficienti a gestire l'impero.[98] Il 1 marzo 293, a Mediolanum, Massimiano nomin
Costanzo proprio cesare, una sorta di vice-imperatore per la parte occidentale dell'impero;[99] Lo stesso giorno, o un
mese dopo, Diocleziano fece lo stesso con Galerio: era nata la tetrarchia, il "governo a quattro.[100] A Costanzo cui
era stata fatta sposare la figlia di Massimiano, Teodora fu fatto capire che avrebbe dovuto avere successo l dove
Massimiano aveva fallito: sconfiggere Carausio.[101]
Costanzo svolse il proprio compito velocemente ed efficientemente, ed entro il 293 espulse le forze di Carausio dalla
Gallia settentrionale; quello stesso anno il sovrano ribelle fu assassinato e sostituito dal suo tesoriere Alletto.[102]
Costanzo marci su per la costa fino agli estuari del Reno e dello Sheldt, dove riport una vittoria sugli alleati
franchi di Carausio e assunse il titolo di Germanicus maximus;[103] il suo successivo obiettivo era la Britannia, e
quindi pass gli anni successivi a costruire una flotta d'invasione.[104] Massimiano, che si trovava ancora in Italia
dopo la nomina di Costanzo, fu soddisfatto dei piani di invasione e nell'estate del 296 torn in Gallia,[105] dove
controll le frontiere renane difendendole dagli alleati franchi di Carausio mentre Costanzo lanci l'invasione della
Britannia.[106] Alletto fu sconfitto e ucciso in battaglia dal prefetto del pretorio di Costanzo, Giulio Asclepiodoto;

238

Massimiano
Costanzo sbarc nei pressi di Dubris (Dover) e marci su Londinium (Londra), dove fu accolto come un liberatore
dalla popolazione.[107]
Campagne in Africa settentrionale
Col ritorno vittorioso di Costanzo, Massimiano fu in grado di concentrarsi sul conflitto in Mauretania, in Africa
nord-occidentale.[108] Con l'indebolimento dell'autorit romana durante il III secolo, le trib di nomadi Berberi
avevano iniziato a razziare gli insediamenti nella zona con conseguenze sempre pi gravi. Nel 289, il governatore
della Mauretania Caesariensis (corrispondente alla moderna Algeria) guadagn un po' di respiro opponendo un
piccolo esercito ai Bavari e ai Quinquegentiani, ma i razziatori tornarono presto all'attacco. Nel 296 Massimiano
raccolse un esercito con le coorti pretoriane, con legionari di Aquileia, egiziani e danubiani, con ausiliari galli e
germani e con reclute della Tracia; avanz poi attraverso la penisola iberica nell'autunno di quell'anno.[109]
Probabilmente difese la regione contro le incursioni dei Mauri,[110] prima di attraversare lo stretto di Gibilterra ed
entrare in Mauretania Tingitana (il moderno Marocco), che protesse dai pirati franchi.[111]
Entro il marzo del 297, Massimiano diede inizio ad una sanguinosa offensiva contro i Berberi. La campagna fu
lunga, e Massimiano spese l'inverno del 297298 a riposarsi a Cartagine prima di riprendere l'offensiva.[112] Non
contento di averli ricacciati nelle loro terre d'origine tra le montagne dell'Atlante, da dove avrebbero potuto
proseguire gli attacchi, Massimiano si avventur in profondit nel territorio berbero. Malgrado il terreno sfavorevole
e l'abilit dei Berberi di mettere in atto tattiche di guerriglia, Massimiano non cedette la presa: cercando,
probabilmente, di infliggere quanto pi danno possibile a scopo punitivo, devast delle terre ritenute sicure, uccise
quanti pi nemici possibile e respinse i restanti nel Sahara.[113] La campagna ebbe la sua conclusione nella primavera
del 298; il 10 marzo Massimiano fece il proprio ingresso trionfale a Cartagine.[113][114] Furono eseguite delle
iscrizioni a dimostrare la gratitudine delle popolazioni a Massimiano: come gi Costanzo al suo ingresso a Londra,
Massimiano vi chiamato redditor lucis aeternae ("restitutore della luce eterna").[113] L'imperatore torn in Italia
nel 299, per celebrare un altro trionfo a Roma, nella primavera di quell'anno.[115]
Vita tra gli agi e ritiro
Dopo la campagna in Mauretania, Massimiano torn in Italia settentrionale, vivendo una vita tra gli agi nei palazzi
imperiali di Mediolanum e Aquileia, e lasciando la cura degli affari militari a Costanzo.[116] Massimiano si dimostr
molto pi aggressivo nei suoi rapporti con il Senato romano di quanto non fosse Costanzo, e Lattanzio sostiene che
terrorizzava i senatori, fino al punto di accusarne falsamente e poi metterne a morte molti, tra cui il praefectus urbi di
Roma nel 301/302.[117] Al contrario Costanzo tenne buone relazioni con l'aristocrazia senatoriale e pass il proprio
tempo a difendere attivamente l'impero: nel 300 o 301 e poi nel 302 combatt i Franchi, mentre Massimiano si
riposava in Italia, e poi continu le campagne contro le trib germaniche nell'alto Reno.[110]
Massimiano fu distratto dal suo riposo solo nel 303, in occasione dei vicennalia (ventennale di regno) di
Diocleziano, celebrati a Roma, occasione in cui ai due augusti fu innalzato un arco trionfale, l'Arcus Novus. Alcuni
indizi suggeriscono che in questa occasione Diocleziano strapp a Massimiano l'impegno di cedere insieme il potere
e di passare i loro titoli di augusti ai cesari Costanzo e Galerio;[118] probabile che Massenzio e Costantino, figli
rispettivamente di Massimiano e Costanzo ed educati insieme a Nicomedia, sarebbero allora divenuti i nuovi cesari.
Mentre Massimiano potrebbe non aver desiderato ritirarsi, Diocleziano aveva ancora il controllo della situazione e vi
fu scarsa resistenza. Prima del ritiro, Massimiano avrebbe avuto un ultimo momento di gloria con la celebrazione dei
Giochi secolari, nel 304.[119]
Il 1 maggio 305, in cerimonie separate a Mediolanum e Nicomedia, Diocleziano e Massimiano lasciarono il potere
contemporaneamente; la successione, per, non and esattamente come Massimiano aveva sperato, in quanto, forse
per l'influenza di Galerio, i nuovi cesari furono Severo e Massimino, con l'esclusione dunque di Massenzio.
Entrambi i nuovi cesari avevano delle lunghe carriere militari ed erano vicini a Galerio: Severo era suo nipote e
Massimino un suo vecchio collega nell'esercito.[120] Massimiano rimase subito contrariato dalla nuova tetrarchia, che
vide Galerio assumere la posizione dominante gi ricoperta da Diocleziano; sebbene Massimiano avesse diretto la

239

Massimiano

240

cerimonia che aveva proclamato cesare Severo, in due anni l'augusto ritirato era divenuto talmente insoddisfatto da
sostenere la ribellione del figlio Massenzio contro il nuovo regime.[121] Diocleziano si ritir nel suo nuovo palazzo
costruito vicino a Salona, nella sua terra natale, la Dalmazia; Massimiano scelse invece delle ville in Campania o
Lucania, dove visse una vita di agi e lussi.[122] Sebbene lontani dai centri politici dell'impero, Diocleziano e
Massimiano rimasero in contatto regolare tra loro.[123]

Ribellione di Massenzio
Per approfondire, vedi Guerra civile romana (306-324).

Dopo la morte di Costanzo, avvenuta il 25 luglio 306, il figlio Costantino assunse


il titolo di augusto; Galerio fu insoddisfatto da questo atto, e offr invece al figlio
del suo collega deceduto il titolo di cesare, che Costantino accett, con Severo
che successe a Costanzo.[124] Massenzio, geloso del potere ottenuto da
Costantino, persuase una coorte della guardia imperiale a proclamarlo imperatore
(28 ottobre 306); ritenendo insicuro regnare da solo, Massenzio invi al padre
delle vesti imperiali e lo salut come "Augusto per la seconda volta", offrendogli
un governo teoricamente alla pari ma in realt un ruolo con meno poteri e di
rango inferiore.[125] Galerio si rifiut di riconoscere Massenzio e invi a Roma
Severo con un esercito, allo scopo di deporlo. Poich, per, gran parte dei soldati
di Severo avevano servito sotto Massimiano, dopo aver accettato denaro da
Massenzio disertarono in massa Severo. L'augusto fugg a Ravenna, dove fu
Massenzio, busto di Dresda.
assediato da Massimiano. La citt era molto ben fortificata, cosicch Massimiano
offr delle condizioni per la resa che Severo accett: fu preso da Massimiano e portato sotto scorta in una villa
pubblica nella parte meridionale di Roma, dove fu tenuto come ostaggio. Nell'autunno 307 Galerio guid un secondo
esercito contro Massenzio, ma anche questa volta non riusc a conquistare Roma, e torn a nord con il proprio
esercito praticamente intatto.[126]
Mentre Massenzio era occupato a rafforzare le difese di Roma, Massimiano si rec in Gallia per negoziare con
Costantino: i due giunsero ad un accordo in base al quale Costantino avrebbe sposato la figlia minore di Massimiano,
Fausta, e sarebbe stato elevato al rango di augusto nel dominio secessionista di Massenzio; in cambio Costantino
avrebbe confermato l'antica alleanza famigliare tra Massimiano e Costanzo, oltre a sostenere la causa di Massenzio
in Italia, pur rimanendo neutrale nella guerra contro Galerio. L'accordo fu stretto con una doppia cerimonia, tenutasi
a Treviri nell'estate avanzata del 307, durante la quale Costantino spos Fausta e fu proclamato augusto da
Massimiano.[127]
Massimiano torn a Roma nell'inverno 307-308, ma entr rapidamente in contrasto col figlio e, nella primavera del
308, ne sfid l'autorit. Davanti ad un'assemblea di soldati romani, Massimiano parl del debole governo, di cui
accus Massenzio, e strapp le vesti imperiali del figlio; si attendeva che i soldati lo acclamassero, ma questi si
schierarono con Massenzio, e Massimiano fu obbligato a lasciare l'Italia.[128]
L'11 novembre 308 si tenne a Carnuntum, sull'alto Danubio, un incontro cui parteciparono Galerio, che lo organizz,
Massimiano e Diocleziano, richiamato da Galerio; in questa occasione Massimiano fu obbligato ad abdicare, mentre
Costantino fu nuovamente degradato a cesare, mentre Licinio, un leale commilitone di Galerio, fu nominato augusto
d'Occidente.[129] All'inizio del 309 Massimiano torn alla corte di Costantino in Gallia, l'unica dove fosse ancora ben
accetto.[130]

Massimiano

Ribellione contro Costantino e morte


Nel 310 Massimiano si ribell contro Costantino, mentre questi
era impegnato in una campagna contro i Franchi. Massimiano era
stato inviato verso sud, ad Arelate (Arles, Francia), con parte
dell'esercito di Costantino e il compito di difendere la Gallia
meridionale dagli attacchi di Massenzio; giunto in citt, annunci
la morte di Costantino e assunse la porpora imperiale. Malgrado i
suoi tentativi di corruzione di tutti coloro che potevano sostenerlo,
Il sarcofago di Massimiano, fatto preparare per il suo
la gran parte dell'esercito rimase leale a Costantino, e Massimiano
monumentale mausoleo, ed oggi divenuto il fonte
fu obbligato a fuggire. Costantino, che all'annuncio del tradimento
battesimale del duomo di Milano.
aveva abbandonato la sua campagna contro i Franchi e si era
rapidamente recato in Gallia meridionale, raggiunse il fuggitivo a Massilia (Marsiglia, Francia), una citt meglio
organizzata di Arelate per sostenere un lungo assedio; Massimiano non pot giovarsi di questo vantaggio, per, in
quanto alcuni cittadini leali al suo avversario gli aprirono le porte. Massimiano fu catturato, redarguito per i suoi
crimini e privato del suo rango per la terza volta; sebbene Costantino dimostrasse una certa clemenza nei suoi
confronti, ne incoraggi con forza il suicidio. Nel luglio 310 Massimiano si impicc.[131]
Dopo la sua morte, Massimiano gioc un ruolo nelle vicende che videro opposti Massenzio e Costantino. Malgrado
la precedente rottura dei loro rapporti, dopo il suicidio di Massimiano Massenzio si atteggi a figlio devoto;[132]
coni monete recanti l'immagine del padre divinizzato e dichiar di volerne vendicare la morte.[133] Costantino,
invece, prima present il suicidio come una sfortunata disgrazia familiare, poi, a partire dal 311, diffuse un'altra
versione, secondo la quale Massimiano, perdonato da Costantino, aveva deciso di uccidere il genero nel sonno;
Fausta svel il piano del padre a Costantino, il quale mise un eunuco nel proprio letto e fece arrestare Massimiano
dopo che l'ebbe ucciso; vistosi offerto un onorevole suicidio, Massimiano avrebbe accettato.[134] Inoltre Costantino
decret per Massimiano la damnatio memoriae, facendo cancellare il suo nome da tutte le iscrizioni e distruggendo
tutte le opere pubbliche che recavano la sua effigie.[135]
Costantino sconfisse Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio il 28 ottobre 312; con la morte di Massenzio, tutta
l'Italia pass sotto il controllo di Costantino.[136] Eutropia dichiar sotto giuramento che Massenzio non era figlio di
Massimiano, e Costantino riabilit la memoria del suocero. La sua apoteosi voluta da Massenzio fu dichiarata nulla e
fu divinizzato nuovamente, probabilmente nel 317. Dal 318 inizi a comparire sulla monetazione di Costantino come
divus, assieme a Costanzo e Claudio il Gotico divinizzati;[137] tutti e tre erano presentati come antenati di Costantino
e chiamati i migliori tra gli imperatori.[138] Attraverso le sue figlie, Fausta e Teodora, Massimiano fu il nonno o il
bisnonno di tutti gli imperatori romani che regnarono dal 337 al 363.[139]

Titoli onorifici
I titoli onorifici e i consolati assunti da Massimiano furono, in ordine cronologico:[8]
286: accetta il titolo di Herculius;
287: console (I) assieme a Diocleziano (III); accetta i titoli Germanicus maximus e Germanicus maximus II per le
guerre contro i Germani;
288: console (II) assieme a Pomponio Ianuario; accetta il titolo Germanicus maximus III per la guerra contro i
Germani;
289: accetta il titolo di Sarmaticus maximus per una vittoria di Diocleziano;
290: console (III) assieme a Diocleziano (IV);
293: console (IV) assieme a Diocleziano (V); accetta il titolo di Germanicus maximus IV;
294: accetta il titolo di Sarmaticus maximus II per una vittoria di Diocleziano;
295: accetta il titolo di Persicus maximus per una vittoria di Galerio;

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Massimiano
296: accetta il titolo di Carpicus maximus per una vittoria di Diocleziano; accetta il titolo di Britannicus maximus
per una vittoria di Costanzo;
297: console (V) assieme a Galerio (II);
298: accetta i titoli di Armeniacus maximus, Medicus maximus, Adiabenicus maximus e Persicus maximus II per
una vittoria di Galerio;
299: console (VI) assieme a Diocleziano (VII);
300: accetta il titolo di Sarmaticus maximus III per una vittoria di Galerio;
301: accetta il titolo di Germanicus maximus V per una vittoria di Costanzo;
303: console (VII) assieme a Diocleziano (VIII);
305: console (VIII) assieme a Diocleziano (IX);
307: console (IX) assieme a Costantino.

Programma edilizio
La capitale scelta da Diocleziano per la parte orientale era Nicomedia,
la capitale dell'impero occidentale fu Mediolanum, l'attuale
Milano.[140] Nei pochi anni del suo regno Massimiano lasci in questa
capitale delle opere imponenti, e tra queste un grande ippodromo o
circo,[141] il pi grande dell'epoca delle tetrarchia (470 85m), dotato
di una parte monumentale (a Nord) con due torri, una delle quali esiste
ancora trasformata in campanile del convento di San Maurizio
Maggiore.[142] Tra le altre opere un mausoleo ottagonale (uguale a
quello nella villa di Diocleziano a Spalato) per il quale fece costruire
un sarcofago di porfido egiziano (il colore violaceo ricorda
evidentemente quello della porpora).[143] Dopo varie vicissitudini
questo divenuto il fonte battesimale del duomo di Milano. Ampli
notevolmente i palazzi imperiali, che (come di consuetudine) davano
direttamente sul circo. Fece costruire delle mura poderose, dotate di
torri a 24 lati, per uno sviluppo di circa 4,5km.[144] Da segnalare anche
le terme Erculee, in un'area a est delle citt, area ampliata dalle nuove
mura e destinata evidentemente ad altri importanti interventi
La torre del circo di Massenzio a Milano, ora
edilizi.[145] Massimiano oper altre costruzioni di enormi proporzioni
campanile di San Maurizio.
anche ad Aquileia, al punto da farla apparire come una sorta di seconda
capitale, essendo porto fluviale-marittimo sull'Adriatico e retrovia
militare, vista la sua vicinanza al limes dei Claustra Alpium Iuliarum;.[146]
A Roma si occup dell'edificazione delle Terme di Diocleziano.[147]
Nel 303 fu emanato un editto che diede il via ad una persecuzione contro i cristiani, che per in Occidente ebbe
scarso seguito anche a causa della perenne situazione di tensione sul limes causata dalle popolazioni barbariche, che
costrinse sia Cloro sia Massimiano a impiegare molte risorse ed energie nel contenimento del problema.

242

Massimiano

243

Note
[1] Barnes, Constantine and Eusebius, 6; Barnes, New Empire, 4.
[2] Potter, pp. 28081.
[3] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 67; Potter, p. 282; Southern, pp. 14142. La
cronologia della nomina ad augusto di Massimiano alquanto incerta (Corcoran,
"Before Constantine", p. 40; Southern, p. 142). L'ipotesi che Massimiano fosse
augusto sin dal luglio 285, senza quindi mai essere cesare, non ha molto successo tra
gli storici (Potter, p. 281; Southern, p. 142; secondo quanto scritto in De Caesaribus
39.17).
[4] Barnes, New Empire, p. 4.
[5] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3234; Barnes, New Empire, p. 13; Elliott,
pp. 4243; Lenski, p. 65; Odahl, pp. 9091; Pohlsander, Emperor Constantine, p. 17;
Potter, pp. 34950; Treadgold, p. 29.

Torre superstite delle mura milanesi di


Massimiano, nei pressi di Corso Magenta.

[6] Barnes, New Empire, p. 13.


[7] Barnes, New Empire, pp. 1729.
[8] Lendering, Jona, "Maximianus" (http:/ / www. livius. org/ man-md/ maximianus/ maximianus. html), Livius.org.
[9] Barnes, New Empire, p. 32.
[10] Epitome de Caesaribus 40.10, citato in Barnes, New Empire, p. 32; Barnes, New Empire, p. 32; Rees, Layers of Loyalty, p. 30; Williams, pp.
4344.
[11] Aurelio Vittore, Liber de Caesaribus 39.26, citato in Barnes, New Empire, p. 32.
[12] Panegirici latini 10(2).2.2ff, citato in Barnes, New Empire, p. 32.
[13] Panegirici latini 10(2).2.4, citato in Rees, Layers of Loyalty, pp. 4445.
[14] Barnes, New Empire, 3233; Rees, Layers of Loyalty, 30.
[15] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 6
[16] Williams, pp. 4344.
[17] Victor, Liber de Caesaribus 39, citato in Williams, p. 44.
[18] Panegyrici latini 10(2), citato in Williams, p. 44.
[19] Williams, p. 44.
[20] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 13.
[21] Lactantius, De mortibus persecutorum 8, citato in Williams, p. 44.
[22] Barnes, New Empire, p. 34, il quale fa risalire la nascita di Massenzio al 283 circa, mentre Massimiano era in Siria, e quella di Fausta al
289/290.
[23] Aurelio Vittore, De Caesaribus, 39.25; Eutropio, Breviaria 9.22; Girolamo, Cronaca 225g; Epitome de Caesaribus 39.2, 40.12, citati in
Barnes, New Empire, p. 33.
[24] Origo Constantini 2; Filostorgio, Historia ecclesiastica 2.16a, citati in Barnes, New Empire, p. 33; Barnes, New Empire, p. 33-34. Si veda
anche Panegyrici latini 10(2)11.4.
[25] Barnes, New Empire, pp. 3334.
[26] RIC V 558.
[27] La nomina stata datata sia al 21 luglio (Barnes, Constantine and Eusebius, p. 6; Barnes, New Empire, p. 4; Bowman, p. 69) che al 25 luglio
(Potter, pp. 28081).
[28] Barnes, New Empire, p. 4; Bowman, p. 69; Corcoran, "Before Constantine", p. 40; Potter, pp. 28081.
[29] Rees, Layers of Loyalty, p. 30; Southern, p. 136.
[30] Williams, 45.
[31] Potter, p. 280; Southern, p. 136; Williams, p. 43.
[32] Secondo William Seston, Massimiano divenne filius Augusti alla sua ascensione al trono, e alcuni storici concordano, ma secondo Frank
Kolb questa interpretazione deriva da una lettura sbagliata delle fonti. Bowman, p. 69; Odahl, pp. 4243; Southern, pp. 136, 331; Williams, p.

Massimiano
45.
[33] Bowman, p. 69.
[34] Potter, p. 280.
[35] Corcoran, "Before Constantine", p. 40.
[36] Corcoran, "Before Constantine", p. 40; Liebeschuetz, Continuity and Change, pp. 23552, 24043; Odahl, pp. 4344; Rees, Layers of
Loyalty, pp. 3233.
[37] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 1112; Corcoran, "Before Constantine", p. 40; Odahl, p. 43; Rees, Layers of Loyalty, pp. 3233, 39,
4252; Southern, pp. 13637; Williams, pp. 5859.
[38] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 11.
[39] Southern, p. 137; Williams, pp. 4546.
[40] Rees, Layers of Loyalty, p. 29.
[41] Eutropio, Breviarium, 9.20; Aurelio Vittore, De Caesaribus, 39.17; citati in Rees, Layers of Loyalty, pp. 2930.
[42] Potter, pp. 28182.
[43] Barnes, New Empire, p. 10; Rees, Layers of Loyalty, p. 30; Southern, p. 137; Williams, pp. 4546.
[44] Barnes, New Empire, p. 57; Bowman, pp. 7071.
[45] Southern, p, 137.
[46] Panegyrici latini 10(2), citato in Williams, p. 46; Southern, p. 137.
[47] Southern, pp. 139138; Williams, p. 46.
[48] Barnes, New Empire, p. 57; Bowman, p. 71; Rees, Layers of Loyalty, p. 31.
[49] Williams, p. 46.
[50] Potter, pp. 28283. Potter e Barnes (New Empire, p. 56) propendono per Treviri, Williams (Diocletian, p. 46) per Magonza.
[51] Southern, p. 138; Williams, p. 46.
[52] Potter, p. 284.
[53] Barnes, New Empire, p. 57.
[54] Bowman, p. 71; Southern, p. 138; Williams, pp. 4647.
[55] Southern, p. 138; Williams, pp. 4647.
[56] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 67; Bowman, p. 71; Potter, pp. 28384; Southern, pp. 13741; Williams, p. 47.
[57] Potter, p. 284; Southern, pp. 13940; Williams, p. 47. La maggior parte delle informazioni sulle legioni sotto il comando di Carausio
proviene dalle sue emissioni monetarie. Stranamente, la Legio VI Victrix, stanziata a Eboracum (York, Regno Unito) e quindi
geograficamente sotto il suo comando, non tra quelle da lui controllate nella maggior parte delle ricostruzioni (Southern, p. 332). Panegyrici
latini 8(4)12.1 ammette che una legione continentale, probabilmente la XXX Ulpia Victrix, pass dalla parte di Carausio (Potter, p. 650).
[58] Williams, p. 47.
[59] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 7.
[60] Bowman, p. 71; Southern, p. 140.
[61] Williams, pp. 4748.
[62] Potter, p. 284; Williams, pp. 6162.
[63] Bleckmann; Corcoran, "Before Constantine", p. 40; Potter, p. 282; Southern, pp. 14142; Williams, p. 48. Il titolo era Imperator Caesar
Marcus Aurelius Valerius Maximianus Augustus Herculius.
[64] Williams, p. 48.
[65] Potter, pp. 282, 649. Diocleziano si trovava tra Bisanzio (Istanbul, Turchia), dove era il 22 marzo 286, e Tiberiade, che visit dal 31 maggio
al 31 agosto (Barnes, New Empire, pp. 5051; Potter, pp. 282, 649).
[66] Potter, pp. 282, 649.
[67] Potter, p. 282; Williams, p. 49.
[68] Bowman, p. 70; Potter, p. 283; Williams, pp. 49, 65.
[69] Panegyrici latini 10(2)9.4, citato in Potter, p. 283.
[70] Potter, 283; Williams, 49, 65.
[71] Potter, p. 283.
[72] Bowman, p. 71; Corcoran, "Before Constantine", p. 40.
[73] Southern, p. 141; Williams, p. 50.
[74] Williams, p. 50.
[75] Southern, p. 142. Barnes, in New Empire p. 57, elenca cinque date: il 10 febbraio 286, a Milano (Codex Iustinianus 8.53(54).6; Fragmenta
Vaticana 282); 21 giugno 286 a Magonza (Fragmenta Vaticana 271); 1 gennaio 287 a Treviri, Colonia o Magonza (data dell'assunzione del
consolato, Panegyrici latini 10(2).6.2 ff.); e 287, la spedizione al di l del Reno (Panegyrici Latini 10(2).7.1ff.).
[76] Bowman, p. 72.
[77] Barnes, New Empire, p. 57; Williams, p. 50.
[78] Panegyrici latini 10(2).7.7, tradotto da Nixon in Nixon and Rodgers, citato in Bowman, p. 72.
[79] Southern, pp. 14243; Williams, p. 50.
[80] Barnes, New Empire, p. 57; Rees, Layers of Loyalty, p. 31.

244

Massimiano
[81] Rees, Layers of Loyalty, p. 31; Southern, pp. 14243; Williams, p. 50. Barnes (Constantine and Eusebius, 7) data l'incontro dopo la
campagna contro gli Alemanni.
[82] Corcoran, "Before Constantine", p. 40; Southern, p. 143; Williams, p. 50.
[83] Williams, pp. 5051.
[84] Bowman, p. 72; Williams, p. 51.
[85] Southern, p. 143.
[86] Panegyrici latini 8(5)12.2; Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 7, 288; Bowman, pp. 7273; Potter, pp. 28485, 650; Southern, p. 143;
Williams, p. 55.
[87] Southern, p. 143; Williams, p. 55.
[88] Potter, p. 285; Southern, p. 144.
[89] Codex Justinianus 9.41.9; Barnes, New Empire, p. 51; Potter, pp. 285, 650.
[90] Codex Justinianus 6.30.6; Barnes, New Empire, p. 52; Potter, pp. 285, 650.
[91] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 8; Potter, p. 285.
[92] Panegyrici latini 11(3)10, citato in Williams, p. 57.
[93] Potter, p. 285.
[94] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 8; Potter, pp. 285, 288; Rees, Layers of Loyalty, pp. 69.
[95] Potter, p. 285; Rees, Layers of Loyalty, p. 69.
[96] Panegyrici latini 11(3)2.4, 8.1, 11.34, 12.2; Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 8, 288; Potter, pp. 285, 650.
[97] Williams, pp. 5556, 62.
[98] Williams, pp. 6264.
[99] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 89; Barnes, New Empire, pp. 4, 3637; Potter, p. 288; Southern, p. 146; Williams, pp. 6465.
[100] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 89; Barnes, New Empire, pp. 4, 38; Potter, p. 288; Southern, p. 146; Williams, pp. 6465.
[101] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 8, 15; Williams, p. 71.
[102] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 15; Potter, p. 288; Rees, Layers of Loyalty, p. 99; Southern, pp. 14950; Williams, pp. 7172.
[103] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 1516; Barnes, New Empire, p. 255.
[104] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 1516; Southern, p. 150.
[105] Barnes, New Empire, pp. 5859.
[106] Barnes, New Empire, p. 59; Southern, p. 150; Williams, p. 73.
[107] Southern, p. 150; Williams, pp. 7374; Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16.
[108] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16; Southern, p. 150; Williams, p. 75.
[109] Barnes, New Empire, p. 59; Williams, p. 75.
[110] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16.
[111] Williams, p. 75.
[112] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16; Barnes, New Empire, p. 59.
[113] Odahl, p. 58; Williams, p. 75.
[114] Barnes, New Empire, 59.
[115] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16; Barnes, New Empire, p. 59; Odahl, p. 58.
[116] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16; Barnes, New Empire, p. 56.
[117] Lactantius, De mortibus persecutorum 8.4; Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16.
[118] Panegyrici latini 7(6)15.16; Lattanzio, De mortibus persecutorum, 20.4; Potter, p. 340; Southern, pp. 152, 336.
[119] Potter, p. 340.
[120] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 2527; Williams, p. 191.
[121] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 2527; Potter, pp. 34142.
[122] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 27; Southern, p. 152.
[123] Southern, 152.
[124] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 2728; Barnes, New Empire, p. 5; Lenski, pp. 6162; Odahl, pp. 7879.
[125] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3032.
[126] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3031; Elliott, pp. 4142; Lenski, pp. 6263; Odahl, pp. 8687; Potter, pp. 34849.
[127] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 31; Lenski, p. 64; Odahl, pp. 8788; Pohlsander, Emperor Constantine, pp. 1516.
[128] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 32; Lenski, p. 64; Odahl, pp. 89, 93.
[129] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3234; Elliott, pp. 4243; Lenski, p. 65; Odahl, pp. 9091; Pohlsander, Emperor Constantine, p.
17; Potter, pp. 34950; Treadgold, p. 29.
[130] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 32.
[131] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3435; Elliott, p. 43; Lenski, pp. 6566; Odahl, p. 93; Pohlsander, Emperor Constantine, p. 17;
Potter, p. 352.
[132] Elliott, p. 43; Lenski, p. 68; Pohlsander, Emperor Constantine, p. 20.
[133] Barnes, New Empire, p. 34; Elliott, p. 45; Lenski, p. 68.
[134] Lattanzio, De mortibus persecutorum 30.1; Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 4041, 305.
[135] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 41; Lenski, p. 68.

245

Massimiano
[136] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 4244.
[137] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 47; Barnes, New Empire, p. 35.
[138] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 47.
[139] Barnes, New Empire, pp. 26566.
[140] Marta Sordi,Come Milano divenne capitale, p. 33-45.
[141] Elena M.Menotti, Il circo, in Milano romana, Milano 1980, p.4.
[142] Elena M.Menotti, Il circo, in Milano romana, Milano 1980, p.9.
[143] Ambrogio, De oblitu Valentiniani, 3, 42, 49 e 58.
[144] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XXXIX, 45. D.Caporusso & A.Ceresa Mori, C'era una volta Mediolanum, in Archeo attualit dal passato
di settembre 2010, n.307, p.86.
[145] Ausonio, Ordo urbium nobilium, V, 41.
[146] Decimo Magno Ausonio, Ordo urbium nobilium, 9, 64-67.
[147] .

Bibliografia
Fonti primarie
Ausonio, Ordo urbium nobilium, VII.
Origo Constantini
Panegyrici latini

Aurelio Vittore, De Caesaribus e Epitome de Caesaribus.


Lattanzio, De mortibus persecutorum
Eutropio, Breviarium ab Urbe condita
Filostorgio, Historia ecclesiastica
Girolamo, Cronaca

Fonti secondarie
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246

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Stephen Williams, Diocletian and the Roman Recovery, New York, Routledge, 1997. ISBN 0-415-91827-8
Romanzi
Massimiano uno dei personaggi del romanzo Fabiola o la Chiesa delle catacombe, di Nicholas Wiseman

Altri progetti

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Collegamenti esterni
Monetazione di Massimiano (http://www.wildwinds.com/coins/ric/maximianus/i.html), dal sito
wildwinds.com

247

Massimiano

248

Predecessore

Imperatore romano

Successore

Diocleziano

286 - 305 (con Diocleziano)

Costanzo Cloro,
Galerio

Massenzio,
Galerio

306 - 308 (con Galerio, Costantino I, Massenzio e Flavio Severo)

Licinio,
Massenzio,
Galerio
Costantino I

II

Controllo di autorit VIAF: 50478873 (http://viaf.org/viaf/50478873)


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Costanzo Cloro
Costanzo Cloro

Testa in marmo di Costanzo Cloro dall'Altes Museum di Berlino.


Imperatore romano
In carica

293 - 305 (come Cesare assieme a Massimiano)


305 - 306 (come Augusto d'Occidente assieme a Galerio Augusto d'Oriente)

Predecessore Massimiano (assieme a Diocleziano in Oriente)


Successore

Flavio Severo (assieme a Galerio in Oriente)


[1]

Nome
completo

Flavius Valerius Constantius

Altri titoli

[2]
[2]
[2]
[2]
Germanicus maximus V (293), Gothicus maximus (293), Sarmaticus maximus III (294), Persicus maximus II (295?),
[2]
[2]
[2]
[2]
[3]
Britannicus maximus II (296?), Carpicus maximus V (297?), Medicus maximus (298), Adiabenicus maximus (298)
[2]
[2]
Armeniacus maximus, Pius Felix Invictus Pontifex maximus

Nascita

Illirico, 31 marzo 250 circa

Morte

Eboracum, Britannia, 25 luglio 306

Dinastia

costantiniana
[4]

Padre

Eutropio

Madre

Claudia

Coniugi

Elena (?-293)
Teodora (293-306)

[5]

Costanzo Cloro

Figli

249
Costantino I (da Elena)
Dalmazio
Giulio Costanzo
Annibaliano
Costanza
Anastasia
Eutropia (tutti da Teodora)

Flavio Valerio Costanzo, meglio noto come Costanzo Cloro (latino: Flavius Valerius Constantius[1]; Illyricum, 31
marzo 250 circa Eboracum, 25 luglio 306), fu un imperatore romano (305-306) durante la tetrarchia e il padre di
Costantino I.

Biografia
Origini e carriera militare
Passato alla storia come Chlorus ("pallido"), un epiteto
datogli dagli storici bizantini, era originario dell'Illiria.
Entr nell'esercito romano e fece carriera, ricoprendo le
cariche di protector sotto gli imperatori Aureliano e
Probo,[6] tribunus, e praeses Dalmatiarum (governatore
della Dalmazia) sotto l'imperatore Caro.[7] Ebbe un
legame con Elena, che gli diede un figlio maschio,
Costantino, nato all'inizio degli anni 270.
Nel 288 era prefetto del pretorio dell'imperatore
Massimiano. All'inizio di quell'anno Massimiano
Albero genealogico della dinastia costantiniana che ha in Costanzo
incaric Costanzo di condurre una campagna contro gli
Cloro il vero capostipite, ed una discendenza da Claudio II.
alleati franchi di Carausio un usurpatore che deteneva
il potere sulla Britannia romana , i quali controllavano
gli estuari del Reno, impedendo attacchi via mare a Carausio. Costanzo si mosse verso nord attraverso il loro
territorio, portando distruzione e diffondendo panico, e raggiunse il Mare del Nord. I Franchi chiesero la pace e con
l'accordo conseguente Massimiano rimise al potere il deposto re franco Gennobaude.[8]

Costanzo cesare
Essendosi distinto per la sua abilit militare, il 1 marzo 293, a Mediolanum, Massimiano nomin Costanzo proprio
cesare, una sorta di vice-imperatore per la parte occidentale dell'impero;[9] lo stesso giorno, o un mese dopo,
Diocleziano fece lo stesso con Galerio: era nata la tetrarchia, il "governo a quattro.[10] A Costanzo che aveva
sposato la figlia di Massimiano, Teodora vennero assegnate la Gallia e la Britannia e fu fatto capire che avrebbe
dovuto avere successo l dove Massimiano aveva fallito: sconfiggere Carausio.[11]
Costanzo svolse il proprio compito velocemente ed efficientemente, ed entro il 293 espulse le forze di Carausio dalla
Gallia settentrionale; quello stesso anno il sovrano ribelle fu assassinato e sostituito dal suo tesoriere Alletto.[12]
Costanzo marci su per la costa fino agli estuari del Reno e dello Sheldt, dove riport una vittoria sugli alleati
franchi di Carausio e assunse il titolo di Germanicus maximus;[13] il suo successivo obiettivo era la Britannia, e
quindi pass gli anni successivi a costruire una flotta d'invasione.[14] Massimiano, che si trovava ancora in Italia
dopo la nomina di Costanzo, fu soddisfatto dei piani di invasione e nell'estate del 296 torn in Gallia,[15] dove
controll le frontiere renane difendendole dagli alleati franchi di Carausio mentre Costanzo lanci l'invasione della
Britannia.[16] Alletto fu sconfitto e ucciso in battaglia dal prefetto del pretorio di Costanzo, Giulio Asclepiodoto;
Costanzo sbarc nei pressi di Dubris (Dover) e marci su Londinium (Londra), dove fu accolto come un liberatore

Costanzo Cloro

250

dalla popolazione.[17][18]

Sul rovescio di questo argenteo coniato ad Antiochia a nome di Costanzo Cloro, i


tetrarchi sacrificano per celebrare la vittoria contro i Sarmati.

Nel 298 Costanzo spinse gli Alamanni nel


territorio dei Lingoni (nella moderna
Langres in Francia) e rinforz le difese sul
fiume Reno. Durante le persecuzioni dei
cristiani nel 303 non si verificarono grandi
episodi di violenza nella zona amministrata
da Cloro, sia per il suo animo relativamente
tollerante sia per l'impegno preponderante
mosso nel contenimento delle popolazioni
ostili, che assorb l'imperatore per la quasi
totalit del suo principato.

Con il ritiro degli augusti Diocleziano e


Massimiano, divenne egli stesso augusto il 1 maggio del 305, scegliendo come proprio cesare e successore
designato Flavio Valerio Severo. Tuttavia, alla sua morte l'anno seguente a Eboracum (York) durante una spedizione
contro i Pitti e gli Scoti, le truppe proclamarono augusto il figlio Costantino che fin con il riunificare l'impero
romano sotto il suo potere nel 324. Costantino fece cremare le spoglie paterne e le port a Treviri, dove i resti del
mausoleo di Costanzo Cloro sarebbero stati identificati nel 2003.

Costanzo Cloro

251

Titoli onorifici
I titoli onorifici e i consolati assunti da Costanzo Cloro furono, in
ordine cronologico:[3]
293: accetta il titolo Germanicus maximus all'atto di costituzione
della tetrarchia;
294: console assieme a Galerio. Accetta il titolo Sarmaticus
maximus per una vittoria di Diocleziano;
295: accetta il titolo Persicus maximus per una vittoria di Galerio;
296: console (II) assieme a Diocleziano (VI). Accetta il titolo
Britannicus maximus per la vittoria su Alletto e Carpicus maximus
per una vittoria di Diocleziano;
298: accetta i titoli Medicus maximus, Adiabenicus maximus e
Persicus maximus II per una vittoria di Galerio;
300: console (III) assieme a Galerio (III). Accetta il titolo
Sarmaticus maximus II per una vittoria di Galerio;
301: accetta il titolo Germanicus maximus II per una vittoria sui
Germani e Carpicus maximus per una vittoria di Galerio;
302: console (IV) assieme a Galerio (IV). Accetta i titoli
Germanicus maximus III, Sarmaticus maximus III e Carpicus
maximus III;
303: accetta i titoli Germanicus maximus IV e Carpicus maximus
IV;
Medaglione in oro, trovato ad Arras, in Francia
settentrionale. Coniato a Treviri nel 297-298,
celebrava la liberazione di Londra e la
restituzione della Britannia romana all'Impero
dopo la morte di Alletto nel 296. Al rovescio
Costanzo a cavallo accolto dal genio della citt
fuori le mura, con la legenda REDDITOR LVCIS
AETERNAE - LONDINIVM, "Restauratore della
[19]
luce eterna - Londra".

304: accetta i titoli Germanicus maximus V e Carpicus maximus V;


305: console (V) assieme a Galerio (V). Accetta il titolo Britannicus
maximus II;
306: console (VI) assieme a Galerio (VI).

Costanzo Cloro e il cristianesimo

Nell'opera Vita Contantini, Eusebio di Cesarea sostiene che Costanzo


Cloro fosse un cristiano che fingeva di essere pagano e che per questo
non applic nei propri domini le persecuzioni deliberate da Diocleziano. Un indizio in questa direzione sarebbe il
fatto che diede ad una figlia il nome Anastasia, che significa "resurrezione". In mancanza di dati certi la grande
maggioranza degli storici ritiene che Costanzo Cloro, come tutti gli imperatori da Aureliano fino a Costantino, fosse
piuttosto un aderente del culto del Sol Invictus.

Leggenda medioevale
Goffredo di Monmouth scrive nella sua leggendaria Historia Regum Britanniae che Costanzo sarebbe stato un
senatore romano all'inizio della sua carriera. Nel testo si afferma che all'inizio della sua attivit avrebbe costretto la
Spagna a sottomettersi all'impero romano e che durante la sua carriera avrebbe continuato ad elevare la potenza di
Roma. Questa versione dei fatti non coincide con il racconto riguardo Coel Hen, secondo il quale le rivolte erano
state placate prima della sottomissione a Roma.
Le leggende si riferiscono anche alla figura della madre di Costantino, Elena, che viene riportata come una schiava
costretta a prostituirsi in una taverna.

Costanzo Cloro

252

Note
[1] Nelle iscrizioni sono attestate anche le varianti Marcus Flavius Valerius Constantius, Valerius Constantius, Gaius Valerius Constantius, e
Gaius Fabius Constantius.
[2] .
[3] Lendering, Jona, "Constantius I Chlorus" (http:/ / www. livius. org/ cn-cs/ constantius/ constantius_chlorus. html), Livius.org.
[4] Di nobile stirpe, secondo la tradizione marito di Claudia e padre di Costanzo (Historia Augusta, Divus Claudius, 13.2). Probabilmente questa
famiglia fittizia e ha lo scopo di collegare Costanzo a Claudio il Gotico (Martindale, "*!Eutropius!* 1", p. 206).
[5] Secondo la tradizione della Historia Augusta che lega la dinastia costantiniana al sovrano del III secolo, era figlia di Crispo e nipote di
Claudio il Gotico Quintillo (Historia Augusta, Divus Claudius, 13.2). Spos Eutropio cui diede Costanzo (Martindale, "*!Claudia!* 1", p.
206).
[6] Aurelio Vittore, De Caesaribus, xxxix.28; Anonimo Valesiano, i.2; Pierfrancesco Porena, Le origini della prefettura del pretorio tardoantica,
L'erma di Bretchneider, 2003, ISBN 88-8265-238-6, p. 108.
[7] Historia Augusta, Caro, xvii.6; ; .
[8] Barnes, Constantius and Eusebius, p. 7; Bowman, p. 72; Williams, p. 51.
[9] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 89; Barnes, New Empire, pp. 4, 3637; Potter, p. 288; Southern, p. 146; Williams, pp. 6465.
[10] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 89; Barnes, New Empire, pp. 4, 38; Potter, p. 288; Southern, p. 146; Williams, pp. 6465.
[11] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 8, 15; Williams, p. 71.
[12] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 15; Potter, p. 288; Rees, Layers of Loyalty, p. 99; Southern, pp. 14950; Williams, pp. 7172.
[13] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 1516; Barnes, New Empire, p. 255.
[14] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 1516; Southern, p. 150.
[15] Barnes, New Empire, pp. 5859.
[16] Barnes, New Empire, p. 59; Southern, p. 150; Williams, p. 73.
[17] Southern, p. 150; Williams, pp. 7374; Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16.
[18] Per celebrare la sua vittoria, Costanzo fece coniare dalla zecca di Treviri un multiplo da 10 aurei (RIC Volume VI, Treveri, n. 34) al cui
rovescio, con la leggenda REDDITOR LVCIS AETERNAE ("restitutore della luce eterna") raffigurato Costanzo a cavallo fuori dalle mura
di Londra, con una donna in ginocchio che lo accoglie fuori dalla porta principale e una nave militare pronta allo sbarco.
[19] Martin Millett, The Romanization of Britain: an essay in archaeological interpretation, Cambridge University Press, 2003, ISBN
0-521-42864-5, p. 143.

Altri progetti

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Predecessore

Imperatore romano

Successore

Massimiano (con Diocleziano)

305 - 306 (con Galerio)

Costantino I

Controllo di autorit VIAF: 37720468 (http://viaf.org/viaf/37720468)


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Galerio

253

Galerio
Galerio

Testa di Galerio, dal suo palazzo a Romuliana.


Imperatore romano
In carica

Predecessore
Successore

293 - 305 (come Cesare sotto Diocleziano)


305 - 311 (come Augusto, inizialmente con Costanzo, poi con Licinio)
Massimiano e Diocleziano
Licinio

Nome completo Gaius Galerius Valerius Maximianus[1]


Altri titoli

Persicus maximus
Sarmaticus maximus
[2]
Britannicus maximus

Nascita

Felix Romuliana, 250 circa

Morte

vicino Serdica, 5 maggio 311

Sepoltura
Madre
Consorte

Felix Romuliana
Romula
Galeria Valeria

Gaio Galerio Valerio Massimiano (latino: Gaius Galerius Valerius Maximianus[1]; Felix Romuliana, 250 circa
Serdica, 5 maggio 311) stato un imperatore romano durante la tetrarchia dal 305 fino alla sua morte.
Proveniente da una modesta famiglia illirica, Galerio sal rapidamente la gerarchia nell'esercito romano, fino ad
essere notato dall'imperatore Diocleziano, di cui spos la figlia Valeria e di cui divenne cesare il 1 marzo 293,
ricevendo il controllo delle province orientali dell'Impero romano. Cesare era, nella riforma tetrarchica dioclezianea,
un titolo imperiale subordinato a quello di Augusto, detenuto in oriente dallo stesso Diocleziano. In questa veste
condusse delle campagne lungo il limes danubiano - contro Sarmati, Carpi e Bastarni (294-296) - per poi conseguire
una grande e prestigiosa vittoria contro i Sasanidi sul limes orientale, a seguito della quale i Romani ottennero
condizioni di pace estremamente favorevoli (298). Pagano ed estremamente critico della religione cristiana, approv,
se non addirittura ispir, la persecuzione dei cristiani decretata nel 303 dal suo superiore Diocleziano.
Il 1 maggio 305 Diocleziano ed il suo collega Massimiano abdicarono in favore dei rispettivi cesari. Galerio divenne
dunque l'augusto d'Oriente, con Costanzo come collega d'Occidente; la sua influenza fu ancora pi vasta in
considerazione del fatto che il cesare d'Oriente fu suo nipote Massimino Daia, mentre in Occidente fu nominato
Flavio Severo, che aveva combattuto sotto di lui. La situazione, per, peggior rapidamente, quando l'anno
successivo Costanzo mor: suo figlio Costantino si fede proclamare imperatore dalle truppe britanniche, mentre a
Roma assunse il potere Massenzio, figlio dell'ex-collega di Diocleziano, Massimiano. Galerio invi immediatamente

Galerio

254

Severo contro Massenzio, con l'aiuto di Massimiano, ma la morte di Severo e la fallimentare campagna di Galerio in
Italia contro gli usurpatori cambiarono gli equilibri di potere. Nel 308, alla conferenza di Carnunto, elev Licinio
direttamente al rango di augusto, riconoscendo Costantino come cesare; a seguito delle proteste contro l'elezione di
Licinio, i due cesari, Costantino e Massimino Daia, furono nominati a loro volta augusti nel 310.
Nel frattempo Galerio cadde vittima di una lunga e dolorosa malattia; il suo ultimo atto politico fu l'editto di
tolleranza del 30 aprile 311, col quale mise fine alla persecuzione di Diocleziano. Estremo difensore della tetrarchia,
la sua morte nel maggio del 311 ne segn la fine.

Biografia
Origini e ascesa al trono

Argenteo celebrante la vittoria di Galerio sui


Sarmati e raffigurante i quattro tetrarchi

Nacque nella Dacia ripensis, nei pressi di Serdica[3] (moderna Sofia,


Bulgaria) intorno al 250; il padre, il cui nome sconosciuto, era un
contadino,[4] mentre la madre Romula[5] proveniva dalle terre oltre il
Danubio. Durante la sua giovinezza fu un pastore,[4] ragione per cui
ebbe poi il soprannome di Armentarius (da armentum, "gregge").[6]
Ebbe Valeria Massimilla dalla prima moglie,[7] e Candidiano da una
concubina;[8] aveva anche una sorella, madre di Massimino Daia].[9]
Serv come soldato sotto Aureliano e Probo,[10] ma la sua carriera
prime dell'ascesa al potere ignota.

Galerio sale all'onore delle cronache in occasione della riorganizzazione dell'impero in senso tetrarchico voluta
dall'imperatore Diocleziano, il quale scelse come proprio collega l'amico Massimiano e due generali come cesari,
una sorta di vice-imperatori; il 1 marzo 293 Galerio fu adottato da Diocleziano, assumendone il titolo di Iovius,[11] e
fu nominato cesare[12] incaricato della cura delle province di Siria, Palestina ed Egitto e della difesa della frontiera
orientale dell'impero.[13] Cos come Giove era patrono di Diocleziano ed Ercole di Massimiano, Galerio scelse Marte
come proprio conservator, nume tutelare, affermando di esserne il figlio.[11]
A rafforzare i legami tra padre e figlio adottivo fu il matrimonio tra Galerio e la figlia di Diocleziano, Valeria, a
causa del quale Galerio dovette abbandonare la prima moglie[14] ( per possibile che il matrimonio tra Galerio e
Valeria fosse antecedente all'elevazione al trono, come era avvenuto per il suo collega Costanzo e la figlia
dell'augusto Massimiano, Flavia Massimiana Teodora, nel 289).[15]

Campagna sasanide
Dopo essere stato accompagnato da Diocleziano, nella primavera del
293, da Sirmio a Bisanzio, Galerio fu occupato con delle sollevazioni
militari nell'Alto Egitto per quasi due anni; nel 295 circa si rec poi in
Siria (scegliendo probabilmente Antiochia come propria capitale)[15]
per prepararsi alla guerra contro i Sasanidi, il cui nuovo imperatore,
Narsete, aveva dimostrato di perseguire una politica estera molto
aggressiva.[16]

Resti dell'Arco di Galerio a Tessalonica, eretto


per celebrare il trionfo nella guerra contro i
Sasanidi

Galerio respinse la prima offensiva di Narsete, ma il sovrano sasanide,


nel 296, torn con un esercito ancora pi grande e, aggirando le difese
frontaliere romane passando per il regno di Armenia di Tiridate,
penetr in Mesopotamia e di qui in Siria. Galerio chiese aiuto a

Galerio
Diocleziano, e insieme i due affrontarono Narsete, il quale, per, inflisse una pesante sconfitta nella battaglia di
Callinicum, prima di essere costretto a ritirarsi. Gli eventi (e persino la data esatta, 296 o 297) della sconfitta romana
non sono chiari, ma al ritorno ad Antiochia, fu Galerio a farsi carico della colpa della sconfitta: mentre Diocleziano
entrava in citt su di un carro, Galerio lo seguiva a piedi.[17] La notizia della sconfitta romana fu la scintilla della
rivolta in Egitto, in cui Lucio Domizio Domiziano si proclam imperatore; Diocleziano fu costretto a recarsi
personalmente nella provincia per sedare la rivolta, cosa che avvenne solo nella primavera del 298.[16]
Galerio colse l'occasione dell'assenza di Diocleziano, richiam l'esercito danubiano, e attacc i Sasanidi (primavera
298) seguendo un piano rischioso. Scelse infatti di portare l'esercito romano nella montuosa Armenia, riuscendo ad
attirarvi anche Narsete. Partecip egli stesso alle operazioni di ricognizione del territorio in veste di speculator per
individuare la posizione nemica.[18] Con l'aiuto degli armeni, quindi, gli inflisse una pesantissima sconfitta,
ricavandone un enorme bottino, riuscendo a conquistare lo stesso accampamento del re nemico (comprendente la
moglie, le sorelle, i figli e esponenti della nobilt persiana, il tesoro e l'harem).[19] Intenzionato a capitalizzare il
vantaggio conseguito, Galerio penetr in Media, dove sconfisse un secondo esercito sasanide, e di qui in Adiabene,
dove ottenne una terza vittoria, catturando poi Nisibis il 1 ottobre del 298. Scendendo lungo il Tigri, raggiunse e
conquist la citt di Ctesifonte, per poi tornare in territorio romano percorrendo il corso dell'Eufrate.[20]
Le negoziazioni per la pace non iniziarono in maniera brillante.
Narsete invi un ambasciatore per richiedere la liberazione della
moglie (forse prima che Galerio invadesse la Mesopotamia), ma
Galerio ramment all'inviato sasanide del trattamento riservato a
Valeriano (che fu scuoiato) dal padre di Narsete e lo mand via.
Successivamente, nella primavera del 299, Diocleziano e Galerio,
riuniti a Nisibis, iniziarono le trattative inviando da Narsete il magister
memoriae Sicorio Probo con le condizioni per la pace: Roma avrebbe
acquisito i territori ad occidente del Tigri; Nisibis sarebbe stato l'unico
Ricostruzione del complesso dell'Arco di Galerio
emporio autorizzato di scambio tra Roma e Persia; l'Armenia sarebbe
e della Tomba di Galerio a Tessalonica.
divenuta protettorato romano, fino al forte di Ziatha; i re di Iberia
sarebbero stati scelti da Roma e avrebbero dovuto giurare fedelt ai Romani; le cinque satrapie tra il Tigri e
l'Armenia sarebbero state suzerain di Roma, che avrebbe dunque stabilito delle zone di influenza al di l del Tigri.
Narsete prov ad obiettare, ma alla fine accett.[20]
Dopo la prestigiosa vittoria sui Sasanidi, Galerio fu incaricato di difendere la frontiera danubiana limes; pose la sua
capitale a Tessalonica, dove eresse un grande palazzo, un mausoleo (la Tomba di Galerio) e un arco trionfale (arco di
Galerio), che celebrava la vittoria sui Persiani e la cui iconografia riconosceva pienamente a Galerio i meriti della
vittoria.[21]

Dalla persecuzione alla tolleranza dei cristiani


Nel 299, mentre con Diocleziano si trovava in Siria al termine della
campagna sasanide, assisteva a dei sacrifici quando i sacerdoti si
accorsero che i segni normalmente rinvenibili nelle vittime sacrificali
erano assenti, e non si trovavano neppure rifacendo i sacrifici. La causa
fu individuata nell'influenza di profani che ostacolavano i sacrifici,
gesto identificato con quello della croce fatto da alcuni cristiani nelle
loro case per difendersi dai demoni. Gli imperatori, indignati,
ordinarono
a tutti i membri della corte di sacrificare agli di; per di pi,
Il palazzo di Galerio a Felix Romuliana
a tutti i comandanti militari fu ordinato di far sacrificare ciascuno dei
propri soldati, pena l'allontanamento dall'esercito.[21]

255

Galerio

256

Considerato che Diocleziano era pagano ma tollerante delle altre religioni, questo episodio indicativo di due fattori:
l'enorme prestigio acquisito da Galerio a seguito della sua vittoriosa campagna contro i Persiani, col quale poteva
influenzare la politica dell'imperatore, e l'intransigenza di Galerio per il Cristianesimo.[21]
La sua influenza fu probabilmente alla base dell'editto del 23 febbraio 303 (pubblicato il giorno seguente), il quale
doveva impedire ai cristiani di seguire la propria religione e imporre loro di seguire la religione di Stato. L'editto
prescriveva: a) il rogo dei libri sacri, la confisca dei beni delle chiese e la loro distruzione; b) il divieto per i cristiani
di riunirsi e di tentare azioni giuridiche; c) la perdita di carica e privilegi per i cristiani di alto rango che si
rifiutassero di abiurare; d) l'arresto di alcuni funzionari statali.[22] A seguito di una rivolta scoppiata a Melitene e in
Siria, un secondo editto ordin l'arresto del clero.[23] Un terzo editto mir a svuotare le carceri sovraffollate da
vescovi, preti, diaconi ed esorcisti; la condizione per il rilascio era per il sacrificio agli dei, e sebbene alcuni
sopportassero persino la morte pur di non tradire la propria religione, alla fine le carceri furono svuotate. L'ultimo
editto, all'inizio del 304, impose a tutti i cittadini dell'impero di sacrificare agli di; questo ordine fu per disatteso in
Occidente, dove regnavano Massimiano e Costanzo.[23]
Due incendi colpirono la citt di Nicomedia, dove Diocleziano e Galerio si trovavano, a pochi giorni dalla
promulgazione dell'editto. Sebbene cristiani e pagani si accusassero a vicenda di esserne gli autori, Galerio convinse
Diocleziano che si trattasse di un tentativo cristiano di colpire gli imperatori: molti funzionari imperiali di alto rango
furono processati, torturati e uccisi, molti furono i caduti nelle fila del clero locale, anche se parecchi furono messi
semplicemente in prigione, come Donato (ad egli Lattanzio dedic nel 311 il suo De mortibus persecutorum ("Sulle
morti dei persecutori"), un'opera contro Diocleziano e Galerio).[23]
Vittima delle persecuzioni di Galerio rimase anche, nel 307, san Bonifacio di Tarso.

Regno
Alla fine del 304, Diocleziano si ammal, e sembr ad un certo punto
che fosse in fin di vita. Galerio si rec prima da Massimiano e poi da
Diocleziano per convincerli ad abdicare in favore dei rispettivi cesari. I
candidati pi verosimili erano Costantino, figlio di Costanzo, e
Massenzio, figlio di Massimiano, ma entrambi non erano ben visti da
Galerio, che pure li aveva avuti entrambi alle proprie dipendenze.[24]
Il 1 marzo 305, vicino a Nicomedia, nello stesso luogo in cui
Diocleziano era divenuto imperatore, gli augusti riunirono l'esercito.
Diocleziano annunci la sua intenzione di abdicare, dopo aver
nominato i due nuovi cesari; con grande sorpresa delle truppe, i
prescelti non furono Massenzio e Costantino, ma Flavio Valerio
Severo e Massimino Daia, il primo collaboratore di Galerio e il
secondo suo nipote e guardia del corpo.[24]
Dopo la morte di Costanzo Cloro l'anno successivo, le sue truppe
proclamarono augusto a Eboracum (York) il figlio Costantino mentre
contemporaneamente il figlio di Massimiano, Massenzio si proclamava
Altare eretto da Galerio, Licinio, Massimino Daia
augusto in Italia. Dopo l'eliminazione di Flavio Severo e un tentativo
e Costantino I a Carnunto, sede del loro incontro
senza successo di invasione dell'Italia nel 307, i due augusti
nel 308, e dedicato a Mitra
Diocleziano e Massimiano si riunirono a Carnuntum nel 308 e
tentarono di ristabilire il sistema tetrarchico nominando Licinio
augusto e Costantino cesare per la parte occidentale, ma Costantino e Massimino Daia non accettarono la posizione
subordinata e si ebbero dunque quattro augusti, Galerio e Massimino Daia in oriente, Licinio in Illirico e Costantino
in Gallia, Spagna e Francia, mentre Massenzio restava, come usurpatore, in Italia e Africa.

Galerio

Il 30 aprile del 311 fu emesso a Nicomedia l'editto generale di


tolleranza, a nome degli augusti Galerio, Licinio e Costantino, che
segn la fine delle persecuzioni contro i cristiani e la restituzione dei
beni ecclesiastici loro confiscati in precedenza. Lattanzio, che riporta il
testo dell'editto, ammonisce l'imperatore per la repressione della fede
cristiana. Nel De mortibus persecutorum (48, 2-13) prevede il destino
al quale vanno incontro tutti i persecutori e descrive la cancrena da cui
Galerio venne colpito, che port l'imperatore alla morte sei giorni dopo
la pubblicazione dell'editto.

257

Moneta coniata da Galerio nel 310/311 e dedicata


al MEM DIVI MAXIMIANI, alla memoria di
Massimiano divinizzato, dopo la sua morte nel
310

Note
[1] Il nome completo attestato in diverse iscrizioni (); i nomi Galerius Valerius Aurelius Maximianus e Galerius Maximianus cognomentus
Armentarius sono anche attestati ( e Aurelio Vittore, Cesari, 39.24, 40.1.6). Secondo la testimonianza di Lattanzio (La morte dei persecutori
18.13) prima di diventare imperatore si chiamava Maximinus.
[2] (p 3071, 3778, 4327).
[3] Aurelio Vittore lo vuole nativo dell'Illirico (Cesari, 39.26), della Dacia Ripense (Epitome, 40.16); nativo della Dacia, nei pressi di Serdica,
secondo Eutropio (IX.22.1).
[4] Aurelio Vittore, Epitome, 40.15.
[5] Aurelio Vittore, Epitome, 40.16.
[6] Sofronio Eusebio Girolamo, Cronaca, s.a. 290.
[8] Lattanzio, Morte dei persecutori, 50.2.
[9] Aurelio Vittore, Epitome, 40.1.18.
[10] Aurelio Vittore, Cesari, 39.28.
[11] Barnes, p. 12.
[12] Eutropio, IX.22; Lattanzio, Morte dei persecutori, 35.4; Panegirici latini, IV.3.1; Consularia Constantinopolitana, s.a. 293; Sofronio
Eusebio Girolamo, Cronaca, s.a. 290; Orosio, VII.25.5.
[13] Barnes, p. 8.
[14] Sofronio Eusebio Girolamo, Cronaca, s.a. 292; Eutropio, IX.22.1; Aurelio Vittore, Cesari, 39.25, 40.10; Lattanzio, Morte dei persecutori,
9.1, 35.3, 39.2.
[15] Barnes, p. 9.
[16] Barnes, p. 17.
[17] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, IX, 24
[18] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, IX, 25; cfr. Ammiano Marcellino, Rerum gestarum libri, XVI, 10, 3
[19] Eutropio, ib.
[20] Barnes, p. 18.
[21] Barnes, p. 19.
[22] Barnes, p. 22.
[23] Barnes, p. 24.
[24] Barnes, pp. 25-6.

Galerio

258

Bibliografia
Fonti primarie

Panegirici latini, IV;


Consularia Constantinopolitana
Aurelio Vittore, Cesari; Epitome
Eutropio, Breviarium
Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio, Morte dei persecutori
Sofronio Eusebio Girolamo, Cronaca

Fonti secondarie
C. Galerius Valerius Maximianus 9, The Prosopography of the Later Roman Empire, volume 1, Cambridge
1971, pp. 574-575.
Timothy David Barnes, Constantine and Eusebius, Harvard University Press, 1981, ISBN 9780674165311

Voci correlate

Arco di Galerio
Campagne sasanidi di Galerio
Felix Romuliana
Tomba di Galerio

Collegamenti esterni
Medieval Sourcebook: (http://www.fordham.edu/halsall/source/edict-milan.html) Editto di Tolleranza di
Galerio, 311.
Gaio Galerio Valerio Massimiano (http://www.roman-empire.net/decline/galerius.html)

Altri progetti

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Predecessore

Imperatore romano

Successore

Diocleziano (con Massimiano)

305 - 311 (fino al 306 con Costanzo Cloro)

Costantino I, Massimino Daia

Portale Antica Roma

Portale Biografie

Portale Roma

Guerra civile romana (306-324)

259

Guerra civile romana (306-324)


Guerra civile romana (306-324)

parte delle guerre civili romane

Le fasi principali della guerra civile (dal 306 al 324), che videro in Costantino I il triofnatore finale.
Data

306 - 324

Luogo

Impero romano

Esito

Vittoria finale di Costantino I, unico imperatore


Schieramenti

Numerose fazioni occidentali Numerose fazioni orientali

Galerio (augusto d'Oriente) 1 maggio 305 - 5 maggio 311;


Costanzo Cloro (augusto d'Occidente) 1 maggio 305 - 25 luglio 306;
Massimino Daia (cesare) 305-308 e augusto 308-313;
Flavio Valerio Severo (cesare) 1 maggio 305 - 25 luglio 306 e augusto 25 luglio 306 - 16 settembre
307;
Costantino I (augusto) 25 luglio 306 - 22 maggio 337;
Massenzio (augusto) 25 luglio 306 - 28 ottobre 312;
[1]
[2]
Massimiano (ancora augusto) nel tardo 30611 novembre 308 e ancora nel 310;
Licinio, augusto 11 novembre 308-324;
Lucio Domizio Alessandro (usurpatore) 308-311;
Bassiano, cesare 316
Aurelio Valerio Valente, cesare dicembre 316 - inizi 317
[3]
Crispo, cesare 1 marzo 317 - 326
[3]
Costantino II, cesare 1 marzo 317 - 340
[3]
Valerio Liciniano Licinio, cesare 1 marzo 317 - 324
[4]
Sesto Martiniano, cesare luglio 324 - 18 settembre 324.
Voci di guerre presenti su Wikipedia

La Guerra civile romana degli anni 306-324 vide lo scatenarsi di un lungo conflitto durato quasi un ventennio tra
numerose fazioni di pretendenti al trono imperiale (tra augusti, cesari ed usurpatori) in diverse parti dell'Impero, al

Guerra civile romana (306-324)

260

termine del quale prevalse su tutti Costantino I. Egli era cos riuscito a riunire il potere imperiale nelle mani di un
solo monarca, dopo il periodo della Tetrarchia.

Contesto storico
Per approfondire, vedi Tetrarchia e Diocesi (impero romano).

Nel 293 Diocleziano procedette a una divisione funzionale e territoriale dell'intero impero in quattro parti, al fine di
facilitare le operazioni militari. Nomin cos come suo cesare per l'oriente Galerio e Massimiano fece lo stesso con
Costanzo Cloro per l'occidente. L'impero fu cos diviso in quattro macro-aree:

a Diocleziano spettavano le province orientali dell'Egitto (capitale: Nicomedia[5])


Galerio le province balcaniche (capitale: Sirmio)
Massimiano governava su Italia e Africa settentrionale (capitale: Mediolanum[5])
Costanzo Cloro ebbe in affidamento la Spagna, la Gallia e la Britannia (capitale: Augusta Treverorum)

Il sistema si rivel efficace per la stabilit dell'impero e rese possibile agli augusti di celebrare i vicennalia, ossia i
vent'anni di regno, come non era pi successo dai tempi di Antonino Pio. Tutto il territorio venne ridisegnato dal
punto di vista amministrativo, abolendo le regioni augustee con la relativa divisione in "imperiali" e "senatoriali".
Vennero create dodici circoscrizioni amministrative (le "diocesi", tre per ognuno dei tetrarchi), rette da vicarii e a
loro volta suddivise in 101 province.
Restava da mettere alla prova il meccanismo della successione: il 1 maggio del 305 Diocleziano e Massimiano
abdicarono (ritirandosi il primo a Spalato ed il secondo in Lucania).[5] La seconda tetrarchia prevedeva che i loro
rispettivi due cesari diventassero augusti (Galerio per l'oriente e Costanzo Cloro per l'occidente[6][7]), provvedendo
questi ultimi a nominare a loro volta i propri successori designati (i nuovi cesari): Galerio scelse Massimino Daia e
Costanzo Cloro scelse Flavio Valerio Severo.[7] Sembra per che poco dopo, lo stesso Costanzo Cloro, rinunci a
parte dei suoi territori (Italia e Africa)[6] a vantaggio dello stesso Galerio, il quale si trov a dover gestire due cesari:
Massimino Daia a cui aveva affidato l'Oriente,[7] Flavio Valerio Severo a cui rimase l'Italia (e forse l'Africa),[7]
mentre tenne per se stesso l'Illirico.[8]

Casus belli: la morte di Costanzo Cloro


Per approfondire, vedi Costanzo Cloro.

L'anno seguente tuttavia, con la morte di Costanzo Cloro (25 luglio del 306[6][9]), il sistema and in crisi: il figlio
illegittimo dell'imperatore defunto, Costantino venne proclamato cesare[8][9] dalle truppe in competizione con il
legittimo erede, Severo. Qualche mese pi tardi, Massenzio, figlio del vecchio augusto Massimiano Erculio, si fece
acclamare, grazie all'appoggio di ufficiali come Marcelliano, Marcello e Luciano (non invece di Abellio, vicario del
praefectus Urbi, che fu ucciso),[10] dai pretoriani, ripristinando il principio dinastico.

Forze in campo
Per approfondire, vedi Dimensione esercito romano e riforma costantiniana dell'esercito romano.

Con la riforma tetrarchica di Diocleziano il numero complessivo delle legioni fu portato nel 300 a 55/56.[11] La
guarnigione di Roma sub un importante incremento (forse gi nel corso del III secolo). Vi erano, infatti, 10 coorti
pretorie di 1.000 uomini ciascuna, 4 coorti urbane di 1.500 uomini ciascuna, 7 di vigili di 1.000 uomini ciascuna e
1.000 equites singulares, per un totale di 24.000 uomini.[12] La flotta del periodo era invece attestata attorno ai
45.500 uomini, come testimonierebbe un certo Giovanni Lido, monaco che scrisse ai tempi di Giustiniano.[13]

Guerra civile romana (306-324)


L'ascesa al trono di Costantino ed il ripristino di una monarchia dinastica port il numero delle legioni romane ad
aumentare ulteriormente a 62/64, attorno all'anno 330.[14] La cifra potrebbe essere nuovamente stata aumentata se si
considerano anche le milizie barbariche dei foederati, incluse nelle file dell'esercito romano.

Fasi del conflitto


Il conflitto cominci con la morte di Costanzo Cloro, cambiando tutti gli equilibri interni che Diocleziano aveva
invano tentato di costruire in un ventennio. La prima fase della guerra civile vide numerosi contendenti disputarsi il
ruolo di augusti in Occidente ed in Oriente. Questa fase cess nel 313, quando gli unici superstiti rimasti furono in
Occidente, Costantino, ed in Oriente, Licinio. La seconda fase termin con la riunificazione del potere imperiali
nelle mani del solo Costantino nel 324.

Prima fase: dal 306 al 313 (terza, quarta e quinta tetrarchia)

La moderna statua di Costantino I a York (Eburacum), nel luogo in


cui fu proclamato imperatore nel 306.

Per approfondire, vedi Galerio, Massimiano Erculio, Massenzio, Flavio Severo e Massimino Daia.

306
Alla morte del padre, Costanzo Cloro, avvenuta ad Eburacum (York) il 25 luglio,[6] Costantino fu proclamato
augusto[8] dal generale Croco e dall'esercito di Britannia.[15][16][17][18] La sua elezione era avvenuta secondo
un principio dinastico, invece del sistema di successione meritocratica creato da Diocleziano. Solo Lattanzio
sosteneva fosse stato designato augusto dal padre sul letto di morte.[19]
Galerio insoddisfatto per da questo atto, offr al figlio del suo collega, ora deceduto il titolo di cesare,
lasciando che fosse invece Severo a succedere a Costanzo.[20] Costantino accett di buon grado e fece ritorno a
Augusta Treverorum nell'autunno di quello stesso anno, da dove le frontiere della Gallia, che erano tornate ad
essere minacciate dalle popolazioni germaniche dei Franchi, sarebbero state meglio controllate. Qui rimase a
difendere questo importante tratto di limes per i sei anni successivi, trasferendovi la propria corte imperiale e
trasformandola nella propria capitale (di 80.000 abitanti), come risulta anche dall'imponente costruzione
dell'Aula palatina, fatta erigere dal padre e completata da Costantino nel 310.[21]
Quasi contemporaneamente anche il figlio di Massimiano Erculio, Massenzio, forte del potere dei pretoriani a
Roma, fu acclamato augusto (28 ottobre).[8][22][23][24] Quest'ultimo ritenendo insicuro regnare da solo, invi al
padre Massimiano delle vesti imperiali e lo salut come "Augusto per la seconda volta", offrendogli un
governo teoricamente alla pari ma in realt un ruolo con meno poteri e di rango inferiore.[25]

261

Guerra civile romana (306-324)

262

[...] Massimiano Erculio, sollevato dalla speranza di riassumere i fasti, che contro la sua volont aveva perduto, and a
Roma dalla Lucania, che come cittadino privato aveva scelto come sede per invecchiare tra amene campagne, ed esort per
lettera anche Diocleziano a riprendere la dignit imperiale deposta, ma quest'ultimo non volle.
(Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 2.)

307
Galerio si rifiut di riconoscere Massenzio e invi a Roma Severo (che si trovava a Mediolanum[26]) con un
esercito, allo scopo di deporlo. Poich, per, gran parte dei soldati di Severo avevano servito sotto
Massimiano, dopo aver accettato denaro da Massenzio disertarono in massa.[26] vero anche che Massenzio
riusc ad portare dalla sua parte Anullino (prefetto del pretorio secondo Zosimo), ottenendo contro l'augusto un
facile successo.[26] Severo fugg a Ravenna,[26] dove fu assediato da Massimiano (che era corso in soccorso
del figlio, Massenzio). La citt era molto ben fortificata, cosicch Massimiano offr delle condizioni per la resa
che Severo accett: fu preso da Massimiano e ucciso.[8][27] Secondo Zosimo invece, Severo fu catturato in
un'imboscata da Massenzio in localit tre taverne (tra Spoleto e Terni) e fu impiccato.[28][29]
Nell'autunno di quell'anno Galerio guid un secondo esercito contro Massenzio, ma anche questa volta non
riusc a conquistare Roma, e torn a nord con il proprio esercito praticamente intatto,[30][31] anche perch si
era accorto che i soldati non gli erano fedeli.[32] E mentre Massenzio era occupato a rafforzare le difese di
Roma, Massimiano si rec in Gallia per negoziare con Costantino:[33][34] i due giunsero ad un accordo in base
al quale Costantino avrebbe sposato la figlia minore di Massimiano, Fausta, e sarebbe stato elevato al rango di
augusto nel dominio secessionista di Massenzio; in cambio Costantino avrebbe confermato l'antica alleanza
famigliare tra Massimiano e Costanzo, oltre a sostenere la causa di Massenzio in Italia, pur rimanendo neutrale
nella guerra contro Galerio. L'accordo fu stretto con una doppia cerimonia, tenutasi a Augusta Treverorum
nell'estate avanzata del 307, durante la quale Costantino spos Fausta[35] e fu proclamato augusto da
Massimiano.[36] Massimiano torn a Roma nell'inverno 307-308,[35] poich non era riuscito a persuadere
Costantino ad inseguire Galerio che si ritirava dall'Italia,[35] pur avendo creato i presupposti per mettere male
tra il genero ed il figlio Massenzio,[37] con cui poco dopo entr egli stesso in contrasto.
308
Nella primavera di quest'anno, Massimiano sfid l'autorit
del figlio, sforzandosi di alienare a Massenzio le simpatie
dei soldati, impadronendosi egli stesso del potere.[38]
Davanti ad una assemblea di soldati romani, Massimiano
parl del debole governo, di cui accus Massenzio, e strapp
le vesti imperiali del figlio. Si attendeva che i soldati lo
acclamassero, ma questi si schierarono con Massenzio, e
Massimiano fu obbligato a lasciare l'Italia.[33][39]
E sempre nel corso di quest'anno ebbe luogo una secessione
africana guidata da Lucio Domizio Alessandro,[40] l'allora
viceprefetto del pretorio, il quale un paio d'anni pi tardi,
sembra cerc l'alleanza con Costantino contro Massenzio.

Massenzio, busto di Dresda.

L'11 novembre 308 si tenne a Carnuntum, sull'alto Danubio


(che Zosimo confonde con localit gallica[41]), un incontro
cui parteciparono Galerio, che lo organizz, Massimiano e
Diocleziano, richiamato da Galerio. In questa occasione
venne riorganizzata una quarta tetrarchia: Massimiano fu

Guerra civile romana (306-324)

263

obbligato ad abdicare, mentre Costantino fu nuovamente degradato a cesare, pur ottenendo il titolo di filius
Augustorum insieme a Massimino Daia,[42] mentre Licinio, un leale commilitone di Galerio, fu nominato
augusto d'Occidente.[38][43][44]
309
Agli inizi di quest'anno Massimiano torn alla corte di Costantino in Gallia, l'unica dove fosse ancora ben
accetto.[45] Contemporaneamente la morte del figlio di Massenzio, Valerio Romolo, lo privava nel suo disegno
imperiale, di ogni possibilit di continuit dinastica.
310
Massimiano si ribell all'autorit di Costantino, mentre quest'ultimo era impegnato in una campagna contro i
Franchi. Massimiano era stato inviato verso sud, ad Arelate (l'attuale Arles in Francia), con parte dell'esercito e
il compito di difendere la Gallia meridionale dagli attacchi di Massenzio, giunto in citt, annunci la morte di
Costantino e assunse la porpora imperiale. La gran parte dell'esercito rimase, per, leale a Costantino, e
Massimiano fu obbligato a fuggire. Costantino, che all'annuncio del tradimento (piano rivelato dalla moglie
Fausta, figlia dello stesso Massimiano[38]) aveva abbandonato la sua campagna contro i Franchi e si era
rapidamente recato in Gallia meridionale, raggiunse il fuggitivo a Massilia (Marsiglia, Francia),[46][47] citt
adatta a sostenere un lungo assedio. La sorte volle che alcuni cittadini aprirono le porte della citt a
Costantino, permettendogli di catturare Massimiano e costringendolo al suicidio.[33][48]

La battaglia di Ponte Milvio del 312, dove Costantino I


sconfisse Massenzio e rimase unico augusto in
Occidente.

[49]
Costantino I: Follis

CONSTANTINUS PF AVG, testa laureata verso destra


e busto con corazza;

MARTI CON-SERVATORI, Marte in piedi verso destra, tiene una lancia ed uno scudo
appoggiato a terra; in esergo AQ P(rima).

22 mm, 5.02 gr; prima officina della zecca di Aquileia; coniato tra l'ottobre 312 - inizi 313 (celebra la vittoria di ponte Milvio).

311
Alla morte di Galerio, avvenuta nel corso dell'anno, Massimino Daia si impadron dell'Oriente, lasciando a
Licinio l'Illirico.[50] Ora l'impero romano era diviso in quattro parti (Massimino Daia e Licinio in Oriente,

Guerra civile romana (306-324)


Costantino e Massenzio in Occidente) formando una nuova tetrarchia solo di nome. In realt poco dopo
Massimino, Costantino e Licinio si coalizzarono per eliminare il primo dei quattro augusti: Massenzio.
Contemporaneamente Massenzio inviava una spedizione militare in Africa, guidata dal prefetto del pretorio,
Rufio Volusiano, con lo scopo di porre fine al potere di Lucio Domizio Alessandro.[51] Quest'ultimo dopo
essere stato sconfitto ad un primo assalto, fu catturato e strangolato.[52] Massenzio era riuscito cos ad ampliare
le sue conquiste, che celebr con un trionfo. Possedeva ora Italia ed Africa.[53]
312
Costantino, ormai sospettoso nei confronti di Massenzio, riunito un grande esercito formato anche da barbari
catturati in guerra, oltre a Germani, popolazioni celtiche e provenienti dalla Britannia, mosse alla volta
dell'Italia attraverso le Alpi, forte di 90.000 fanti e 8.000 cavalieri[54] (25.000 complessivi invece per
E.Horst[55]). Lungo la strada, Costantino, lasci intatte tutte le citt che gli aprirono le porte (come
Mediolanum[56]), al contrario assedi tutte quelle che non si arresero in un primo momento, ma evit ove
possibile di distruggerle per raccoglierne il loro consenso una volta vinte, come avvenne a Susa[54][55] o a
Torino.[56] Egli dopo aver sconfitto due volte consecutive le armate di Massenzio, prima presso Torino[56] e
poi presso Brescia,[56] pose sotto assedio Verona,[56][57] dove riusc a sottomettere la citt ed a battere le forze
di Massenzio, comandate dal prefetto del Pretorio, Ruricio Pompeiano, che nello scontro perse la vita.[56]
Occupata l'intera Italia settentrionale (compresa l'importante citt di Aquileia[58]) e non trovando altra
resistenza lungo le via Flaminia che portava a Roma, si scontr con l'esercito di Massenzio poco a nord della
Citt eterna, prima presso i Saxa Rubra, poi nella decisiva battaglia di Ponte Milvio,[43] il 28 ottobre del
312.[59] Qui Massenzio, pur potendo contare secondo Zosimo su 170.000 fanti e 18.000 cavalieri (tra i quali vi
erano: 80.000 tra Romani, Italici, Tirreni, 40.000 Africani, oltre ai Siculi[60]) fu sconfitto ed ucciso.[61] Con la
morte di Massenzio, tutta l'Italia pass sotto il controllo di Costantino,[62] mentre la guardia pretoriana ed i
castra praetoria furono soppressi.[63]
313
Nel febbraio di quest'anno Licinio si rec a Mediolanum, per incontrare Costantino I, divenuto l'unico
imperatore della parte occidentale dopo aver sconfitto Massenzio: i due strinsero un'alleanza, rafforzata dal
matrimonio di Licinio con la sorella di Costantino, Flavia Giulia Costanza.[63][64][65][66][67][68][69] L'alleanza
tra Licinio e Costantino escludeva chiaramente il terzo imperatore, Massimino Daia, che si fece proclamare
unico imperatore dalle truppe e mosse dalla Siria verso occidente con un esercito di 70.000 armati,
conquistando Bisanzio dopo soli 11 giorni:[70][71] Licinio lo affront e sconfisse nella battaglia di Tzirallum il
30 aprile di quest'anno.[72] Massimino Daia, dopo aver provocato una nuova rivolta contro Licinio presso
Tarso, qui mor casualmente prevenendo la propria rovina.[43][73] Restavano ora solo due augusti: Costantino
per l'Occidente e Licinio per l'Oriente.[74]

Seconda fase:dal 314 al 324 (tra Oriente ed Occidente)

Moneta rappresentante Licinio.

264

Guerra civile romana (306-324)

265

Per approfondire, vedi Costantino I e Licinio.


[75]

Costantino I: Miliarense

CONSTANTINUS MAX AUG, testa verso


destra;

CRISPVS ET CONSTANTINUS [...], i busti dei due figli di Costantino I, ora Cesari, uno di fronte
all'altro; SIRM in esergo.

23mm, 3.92 g, coniato nel 320, tre anni dopo che Costantino fece Cesari i suoi due figli maggiori, Crispo e Costantino II.

316
La recente unione tra Licinio e Costanza non fu per sufficiente, poich gi nel corso di quest'anno i due nuovi
ed unici augusti entrarono in conflitto. Il casus belli fu la nomina a cesare da parte di Costantino di un certo
Bassiano (che aveva sposato Anastasia, figlia di secondo letto di Costanzo Cloro), chiedendo a Licinio di
riconoscerne il rango. Bassiano avrebbe governato l'Italia facendo da cuscinetto tra i due augusti. Ma Licinio
era contrario a questo accordo, in quanto riteneva Bassiano un uomo di Costantino. Tramite Senecione
(fratello di Bassiano), convinse quest'ultimo a ribellarsi a Costantino e ad ordire contro di lui una congiura, che
per fu sventata.[76] Bassiano fu arrestato e condannato a morte.[77] In seguito, Costantino chiese a Licinio di
consegnargli Senecione per punirlo, ma ottenne un rifiuto, che port poi alla rottura tra i due augusti e allo
scoppio della guerra.[78] Secondo Zosimo invece:
la colpa [di questa nuova guerra] non fu di Licinio ma di Costantino, il quale non prest fede agli accordi e volle occupare
alcune delle province sotto l'autorit di Licinio. Quando le ostilit furono evidenti, entrambi riunirono le loro armate e si
affrontarono in battaglia.
(Zosimo, Storia nuova, II, 18, 1.)

Costantino mosse da Augusta Treverorum dove aveva la sua corte imperiale e da dove aveva organizzato l'intera
spedizione militare contro il rivale Licinio. Era nel settembre di quell'anno che, alla testa di un esercito di circa
20.000 armati, mosse verso Oriente. La via da seguire era quella che da Aquileia conduceva all'alto corso della Sava,
nell'Illirico. Licino colto all'improvviso riusc ad organizzare un esercito di 35.000 armati circa e prov a sbarrare la
strada all'invasore a Cibalae (6 ottobre).[79] Qui per Costantino ebbe la meglio, costringendo Licinio a rifugiarsi in
Tracia.[80] Il 3 dicembre di questo stesso anno, moriva a Spalato, Diocleziano.[81]
317
Nel corso di questo inizio di inverno, Licinio nomin quale suo cesare Aurelio Valerio Valente,[82] venendo i
due eserciti, poco dopo, a scontrarsi nuovamente presso Mardia.[83] L'esito della battaglia non fu decisivo per
la guerra, lo fu invece il duro inverno e la stanchezza da parte di entrambe le armate, a costringere enbrambi i
contendenti a scendere a patti e firmare una tregua (1 marzo 317). Licino dovette cedere a Costantino
l'Illirico,[84] condannare a morte Valente,[85] pur continuando a conservare l'Oriente, la Tracia, il Ponto, l'Asia
e l'Egitto.[84] Ebbe in cambio la possibilit di governare autonomamente la sua parte di Impero, emanando
proprie leggi. Entrambi poi si impegnarono a rispettare i rispettivi confini territoriali. Erano sorti cos due
regni "separati" ed indipendenti, ben lontani dal progetto tetrarchico di Diocleziano, che prevedeva una "unit"
imperiale, seppure governata da due Augusti (uno dei quali, superiore all'altro, il cosiddetto Augustus
Maximus) e due Cesari.[86]
Con la fine delle ostilit i due Augusti elevarono a Cesari i loro stessi figli (Serdica il 1 marzo del 317):
Crispo (a cui fu affidata la Gallia) e Costantino II per Costantino, mentre Valerio Liciniano Licinio per

Guerra civile romana (306-324)


Licinio.[3][86][87][88]
318-321
Nel corso di questi anni, Costantino si
dimostr ancora una volta molto
attivo militarmente. Viaggi lungo
l'intero tratto di limes dei territori
appena acquisiti con la pace di
Serdica (Illirico). Ispezion le
guarnigioni della ripa sarmatica,
provvedendo al loro rafforzamento
anche attraverso la costruzione di
nuove "teste di ponte" in direzione
della piana del fiume Tisza, per far
fronte al pericolo dei barbari d'oltre
La battaglia avvenuta presso Adrianopoli nel 324 avvenuta tra Costantino e
confine. Potenzi le flotte fluviali su
Licinio.
Danubio, Sava, Drina e Morava, oltre
a quelle marittime di Adriatico ed Egeo, dove rafforz i porti marittimi di Aquileia, Pireo e Tessalonica
(ex-capitale di Galerio), con la costruzione di arsenali, cantieri navali, oltre a migliorare l'armamento delle
squadre navali.[89] Era evidente che queste opere di ricostruzione e potenziamento marittimo gli sarebbero
servite un giorno, oltrech contro i barbari (Iazigi e Goti), anche contro Licinio.
323
Nel corso di quest'anno i Goti, che avevano deciso di attraversare l'Istro, tentarono di devastare i territori
romani della Mesia inferiore e della Tracia.[90] Costantino, informato di ci, lasci il suo quartier generale di
Tessalonica[91] e marci contro di loro, penetrando per nei territori all'altro augusto, Licinio. Pur riuscendo a
respingerli fin nei loro territori, una volta tornato a Tessalonica,[92] Costantino ricevette tutta una serie di
proteste ufficiali da parte di Licinio, che si protrassero per alcuni mesi e che sfociarono nella fase finale della
guerra civile tra i due.[93]
324
La pace del 317 era durata sei anni,[94] al termine dei quali Costantino mise in campo secondo Zosimo una
flotta di 200 navi da guerra (da trenta rematori ciascuna) e 2.000 da carico, oltre a 120.000 fanti, 10.000
marinai e la cavalleria;[95] Licinio riusc invece a mettere insieme un esercito composto da 350 triremi (80
provenienti dall'Egitto, 80 dalla Fenicia, 60 dalla Ionia d'Asia, 30 da Cipro, 20 dalla Caria, 30 dalla Bitinia e
50 dall'Africa) oltre a 150.000 fanti e 15.000 cavalieri.[96]
Il primo scontro avvenne in Mesia ad Adrianopoli dove Costantino, pur in inferiorit numerica, ebbe la meglio
su Licinio,[97] che fu costretto a rifugiarsi a Bisanzio,[98] dove parte delle sue truppe rimasero assediate fino al
termine della guerra. La flotta di Costantino, comandata dal figlio Crispo (nonch cesare) salp dal Pireo e si
radun prima in Macedonia, poi all'imboccatura dell'Ellesponto,[99] dove avvenne la seconda battaglia, questa
volta navale, nella quale Licinio fu sconfitto nuovamente.[100] Nomin un nuovo cesare nel magister
officiorum, Sesto Martiniano, inviandolo a Lampsaco per fermare l'avanzata di Costantino dalla Tracia
all'Ellesponto.[101] Reclut, infine, schiavi e contadini delle terre bitiniche, con i quali ingaggi un'ultima e
disperata battaglia contro le truppe veterane di Costantino (la cosiddetta battaglia di Crisopoli, odierna
skdar), venendo disastrosamente sconfitto.[102]
Licinio assediato ora a Nicomedia (difesa da soli 30.000 armati), dopo aver perduto ogni speranza di ribaltare le sorti
della guerra, avendo visto cadere una dopo l'altra Bisanzio e Calcedonia, usc dalla citt e si consegn a Costantino,
il quale lo mand in esilio come privato cittadino a Tessalonica, mentre Sesto Martiniano fu messo a morte poco

266

Guerra civile romana (306-324)

267

dopo.[103][104] Costantino era ora l'unico padrone del mondo romano.[105][106][107][108][109][110][111][112] Per questo
motivo la monetazione degli anni successivi ne celebr la sua unit con la scritta "Restitutor Orbis".[113]
325
L'anno seguente Licinio fu giustiziato con l'impiccagione, forse per avere complottato una nuova rivolta ai
suoi danni.[103][114]

Conseguenze

Le frontiere romane settentrionali ed orientali al tempo di


Costantino, con i territori acquisiti nel corso del trentennio di
campagne militari (dal 306 al 337).

L'impero romano diviso nella quattro grandi prefetture del


pretorio, volute inizialmente da Costantino I.

Per approfondire, vedi Tarda antichit, Costantino I e Campagne germanico-sarmatiche di Costantino.

La tetrarchia ebbe termine nel 324, quando Costantino, figlio di Costanzo Cloro, riunific nuovamente il potere
imperiale nelle sue sole mani, dopo essere riuscito a sconfiggere prima Massenzio, figlio di Massimiano, presso
ponte Milvio e poi Licinio.
Riprendendo, per, la divisione della riforma tetrarchica dioclezianea, l'Impero venne suddiviso in un primo
momento in quattro prefetture (d'Oriente, d'Illiria, d'Italia e di Gallia), affidate a figli e nipoti, all'interno delle quali
mantenne rigidamente separati il potere civile e politico da quello militare: la giurisdizione civile e giudiziaria era
affidata ad un prefetto del pretorio, cui erano subordinati i vicari delle diocesi ed i governatori delle province.

Impatto sulla storia


Per approfondire, vedi Impero bizantino.

Nel 326 iniziarono i lavori per la costruzione della nuova capitale Nova Roma sul sito dell'antica citt di Bisanzio,
fornendola di un senato e di uffici pubblici simili a quelli di Roma. Il luogo venne scelto per le sue qualit difensive
e per la vicinanza ai minacciati confini orientali e danubiani. La citt venne inaugurata nel 330 e prese presto il nome
di Costantinopoli. La citt (oggi Istanbul) rester poi fino al 1453 capitale dell'Impero bizantino, sorto anch'esso
grazie anche alla nuova divisione operata alla morte di Costantino tra i suoi figli, assegnando a Costantino II Gallia,
Spagna e Britannia, a Costanzo II le province asiatiche e l'Egitto e a Costante I l'Italia, l'Illirico e le province
africane.

Guerra civile romana (306-324)

Note
[1] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3234; Barnes, New Empire, p. 13; Elliott, pp. 4243; Lenski, p. 65; Odahl, pp. 9091; Pohlsander,
Emperor Constantine, p. 17; Potter, pp. 34950; Treadgold, p. 29.
[2] Barnes, New Empire, p. 13.
[3] Zosimo, Storia nuova, II, 20, 2.
[4] Zosimo, Storia nuova, II, 25, 2.
[5] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, IX, 27.
[6] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 1.
[7] Zosimo, Storia nuova, II, 8, 1.
[8] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 2.
[9] Zosimo, Storia nuova, II, 9, 1.
[10] Zosimo, Storia nuova, II, 9, 3.
[11] J. R. Gonzlez, Historia de las legiones romanas, pp. 709-710.
[12] Y. Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma 2008, pp. 27-28.
[13] Y. Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma 2008, pp. 41-42; Treadgold (1997, p. 145)
ipotizza una forza navale complessiva di 64.000 classiarii, forse dopo il 324.
[14] J. R. Gonzlez, Historia de las legiones romanas, pp. 711-712.
[15] Panegyrici latini, VII, 3, 3.
[16] Orosio, Storie contro i pagani, VII, 26,1.
[17] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XL, 2.
[18] Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, VIII, 13, 14.
[19] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXIV, 8.
[20] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 2728; Barnes, New Empire, p. 5; Lenski, pp. 6162; Odahl, pp. 7879.
[21] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, pp. 92-93, 96 e 103.
[22] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXVI.
[23] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XL, 5.
[24] Orosio, Storie contro i pagani, VII, 28, 5.
[25] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3032.
[26] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 1.
[27] Orosio, Storie contro i pagani, VII, 28, 8.
[28] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 2.
[29] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XL, 7.
[30] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXVII.
[31] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3031; Elliott, pp. 4142; Lenski, pp. 6263; Odahl, pp. 8687; Potter, pp. 34849.
[32] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 3.
[33] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 3.
[34] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 5.
[35] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 6.
[36] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 31; Lenski, p. 64; Odahl, pp. 8788; Pohlsander, Emperor Constantine, pp. 1516.
[37] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 7.
[38] Zosimo, Storia nuova, II, 11, 1.
[39] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 32; Lenski, p. 64; Odahl, pp. 89, 93.
[40] Zosimo, Storia nuova, II, 12.
[41] Zosimo, Storia nuova, II, 10, 4.
[42] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXXII, 5.
[43] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, X, 4.
[44] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3234; Elliott, pp. 4243; Lenski, p. 65; Odahl, pp. 9091; Pohlsander, Emperor Constantine, p. 17;
Potter, pp. 34950; Treadgold, p. 29.
[45] Barnes, Constantine and Eusebius, p. 32.
[46] Panegyrici latini, VII, 18-19.
[47] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXIX, 8.
[48] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3435; Elliott, p. 43; Lenski, pp. 6566; Odahl, p. 93; Pohlsander, Emperor Constantine, p. 17;
Potter, p. 352.
[49] RIC VI 139.
[50] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXXII, 4.
[51] Zosimo, Storia nuova, II, 14, 2.
[52] Zosimo, Storia nuova, II, 14, 3.
[53] Zosimo, Storia nuova, II, 14, 4.

268

Guerra civile romana (306-324)


[54] Zosimo, Storia nuova, II, 15, 1.
[55] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 148.
[56] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, pp. 149-150.
[57] Panegyrici latini, IV, 25.7; XII, 8.1.
[58] Panegyrici latini, IV, 27.1; XII, 11.1.
[59] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XLIV; Zosimo, Storia nuova, II, 16; Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus, XL, 23; Panegyrici
latini, IX, 16 ss. (di Eumenio) e X, 28 ss. (di Nazario).
[60] Zosimo, Storia nuova, II, 15, 2.
[61] Zosimo, Storia nuova, II, 16, 1-4.
[62] Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 4244.
[63] Zosimo, Storia nuova, II, 17, 2.
[64] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XLIII, 2; XLV, 1.
[65] Annales Valesiani, V, 13.28
[66] Eutropio, X, 5.
[67] Aurelio Vittore, De Caesaribus, XLI, 2; Aurelio Vittore, Epitome, 41.4.
[68] Socrate I, 2, 25.
[69] Orosio, Storie contro i pagani, VII, 28, 19.
[70] Lattanzio, De mortibus persecutorum, XLV.
[71] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 185.
[72] Lattanzio, De mortibus persecutorum, 46 e 47; Zosimo, Storia nuova, II, 17.3; Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, IX, 10.2-4.
[73] Zosimo, Storia nuova, II, 17, 3.
[74] Zosimo, Storia nuova, II, 18, 1.
[75] RIC VII 14; Gnecchi pl. 29, 8; Bastien, Donativa p. 76, note 11; RSC 3.
[76] Eusebio di Cesarea, Vita Constantini, I, 47.2 e 50.2; Historia ecclesiastica, X, 8.5-6; Eusebio, Vita di Costantino, I, 47.2.
[77] Annales Valesiani, 14-15.
[78] J. Burckhardt, L'et di Costantino il Grande, Firenze 1990, p. 345.
[79] Zosimo, Storia nuova, II, 18, 2-5; Aurelio Vittore (De Caesaribus, 41.2) parla infatti di un triennio di pace, dopo la morte di Massimino
Daia.
[80] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, pp. 208-209.
[81] Zosimo, Storia nuova, II, 8.1.
[82] Zosimo, Storia nuova, II, 19, 2.
[83] Zosimo, Storia nuova, II, 19, 1-3.
[84] Zosimo, Storia nuova, II, 20, 1.
[85] Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus, 40.9; Eutropio, X, 5; Sozomeno, Storia ecclesiastica, I, 6.6.
[86] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 211.
[87] .
[88] Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus, 41.4; De Caesaribus, 41.5. Annales Valesiani, 19.
[89] E.Horst, Costantino il Grande, Milano 1987, pp. 215-219.
[90] Annales Valesiani, V, 21 (http:/ / penelope. uchicago. edu/ Thayer/ E/ Roman/ Texts/ Excerpta_Valesiana/ 1*. html).
[91] Zosimo, Storia nuova, II, 22, 3.
[92] Zosimo, Storia nuova, II, 21.3 e 22.1.
[93] E.Horst, Costantino il Grande, Milano 1987, pp. 242-244.
[94] Aurelio Vittore, De Caesaribus, 41.8.
[95] Zosimo, Storia nuova, II, 22, 1.
[96] Zosimo, Storia nuova, II, 22, 2.
[97] Zosimo, Storia nuova, II, 22, 3-7.
[98] Zosimo, Storia nuova, II, 23, 1.
[99] Zosimo, Storia nuova, II, 23, 2.
[100] Zosimo, Storia nuova, II, 23-24.
[101] Zosimo, Storia nuova, II, 25.
[102] Zosimo, Storia nuova, II, 26; .
[103] Zosimo, Storia nuova, II, 28.
[104] E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 248.
[105] Anonimo valesiano, V, 28-29.
[106] Zosimo, Storia nuova, II, 29, 1.
[107] Eutropio, X, 6, 1.
[108] Aurelio Vittore, Cesari, 41, 8-9; Aurelio Vittore, Epitome, 41, 7-8.
[109] Socrate I 4.
[110] Sozomeno, I 7, 5.

269

Guerra civile romana (306-324)


[111]
[112]
[113]
[114]

Giordane, Getica III.


Consolaria costantinopolitana, s.a. 325.
;.
Zonara, L'epitome delle storie, XIII, 1; Anonimo valesiano, 5.29; Socrate Scolastico, Storia ecclesiastica, I, 4.4.

Bibliografia
Fonti primarie
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caes.html)).

Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus 41 (Testo in latino disponibile qui (http://www.thelatinlibrary.com/


victor.caes2.html)).
Consolaria costantinopolitana, s.a. 325.
Eusebio di Cesarea, Vita Constantini, I.
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Giordane, De origine actibusque Getarum; Vedi qui testo latino (http://www.thelatinlibrary.com/iordanes.


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Orosio, Historiarum adversus paganos libri septem, libro 7 Vedi qui testo latino (http://www.thelatinlibrary.
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Panegyrici latini, IV, VII, IX e XII; Vedi qui testo latino (http://www.archive.org/details/
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Socrate Scolastico, Storia ecclesiastica, I.
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Zonara, L'epitome delle storie, XIII Vedi qui testo latino (http://www.thelatinlibrary.com/zonaras.html).
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Letteratura storiografica moderna
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Voci correlate
Tarda antichit
Tetrarchia
Imperatori romani

Costantino I
Costanzo Cloro
Diocleziano
Flavio Severo
Galerio
Licinio
Lucio Domizio Alessandro
Massenzio
Massimiano
Massimino Daia
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Massimino Daia

272

Massimino Daia
Massimino Daia

Copia di un busto di Massimino Daia.


Imperatore romano
In carica

308 - 313

Predecessore

Galerio

Successore

Licinio

Altri titoli

Persicus maximus
Sarmaticus
[1]
maximus
[1]
Germanicus

[1]

Nascita

270 circa

Morte

313

Gaio Galerio Valerio Massimino Daia (20 novembre 270 circa[1] agosto 313[1]) fu un imperatore romano dal 308
fino alla sua morte, durante la tetrarchia.

Biografia
Nato probabilmente in Dacia intorno al 275 era
figlio di una sorella di Galerio. Nel 305, in seguito
all'abdicazione degli augusti Diocleziano e
Massimiano in favore di Galerio e Costanzo Cloro,
fu nominato cesare e suo successore al titolo di
augusto da Galerio, insieme all'altro cesare Flavio
Severo scelto da Costanzo Cloro. Gli fu assegnato
Moneta di Massimino.
il governo delle province balcaniche. Nel 308
costrinse suo zio Galerio a conferirgli la nomina ad
augusto insieme a Costantino. Sappiamo che condusse una campagna militare vittoriosa in Armenia, contro un
popolo che in passato si era dimostrato alleato dei Romani, ma che ora abbracciava la religione cristiana, nemica
dell'imperatore poich "estremamente rispettosa della piet verso Dio". Secondo Giovanni Malalas (che confonde
Massimino Daia con Massenzio, figlio di Massimiano), Massimino condusse in modo vittorioso le operazioni
militari, sia contro gli Armeni, sia contro i Persiani di Sapore II, che ai primi si erano alleati e avevano invaso
l'Osroene. In seguito a questi successi sembra che abbia distribuito i prigionieri nelle province di Armenia I e
Armenia II, ed abbia ottenuto il titolo vittorioso di Persicus (312/313), insieme agli altri Augusti, Costantino I e

Massimino Daia

273

Licinio (questi ultimi non avendovi per partecipato direttamente).[1]


In seguito alla sconfitta di Massenzio da parte di Costantino I, si scontr nel 313 con Licinio, ma, sconfitto da
quest'ultimo nella battaglia di Tzirallum, si ritir a Tarso dandosi la morte strangolandosi con le sue stesse mani.
Uomo ambizioso e ostile ai cristiani,[2] descritto da Lattanzio come un creatore di scandali e autore di condanne
ingiuste. Anche Eusebio di Cesarea ne traccia una pessima descrizione, ma gli studi pi recenti tendono a
considerare queste opinioni come propaganda diretta a colpire un nemico di Costantino e a ritenere che Massimino
non sia stato un sovrano incapace.

Note
[1] Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, IX, 8, 2-4. Giovanni Malalas, Cronografia, XII, p.311, 2-14 e p.312-313, 10-25.
IL Alg-1, 3956 (Africa proconsularis, Tenoukla): Dddominis nnnostris Flavio Valerio Constantino Germanico Sarmatico Persico et Galerio
Maximino Sarmatico Germanico Persico et Galerio Valerio Invicto (?) Pio Felici Augusto XI.
[2] Sembra fosse favorevole ai culti orientali come quello di Serapide, come riportato su una sua moneta: RIC VI 78.

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Predecessore

Imperatore romano

Successore

Galerio

308 - 311 (con Costantino I)

Licinio (con Costantino I)

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Flavio Severo

274

Flavio Severo
Severo

Moneta raffigurante Severo da cesare.


Augusto dell'Impero romano
In carica

1 maggio 305-307

Incoronazione

1 maggio 305

Predecessore

Costanzo Cloro e Galerio

Successore
Nome completo
Morte
Figli

Licinio e Galerio
Flavius Valerius Severus
16 settembre 307
Severiano

Flavio Valerio Severo, pi raramente noto come Severo II (latino: Flavius Valerius Severus; ... 16 settembre
307), fu un imperatore romano dal 305 al 307 nel contesto dell'organizzazione tetrarchica dell'impero.

Biografia
Valerio Severo[1] nacque nelle province illiriche[2] da una famiglia di umili origini.[3]
Era comandante dell'esercito, con un contingente ai suoi ordini.[4] Era amico di Galerio;[3][4] per sua intercessione fu
coinvolto nella seconda tetrarchia: il 1 maggio 305 Diocleziano e Massimiano lasciarono il potere, i nuovi augusti
furono Costanzo Cloro e Galerio, che ebbero come cesari rispettivamente Severo e Massimino Daia.[2][3][4][5] Severo
govern sull'Italia, il Nordafrica e la Spagna.
Costanzo Cloro mor il 25 luglio 306 a Eboracum (York, Regno Unito); le truppe di Costanzo ne acclamarono il
figlio Costantino imperatore. Galerio intervenne, offrendo a Costantino di riconoscerlo non come augusto ma come
cesare, e Costantino accett; Severo divenne allora augusto (estate 306).[6] Ma il suo potere non era al sicuro, in
quanto il 28 ottobre di quello stesso anno Massenzio, figlio di Massimiano, si fece proclamare imperatore dalle
truppe a Roma. Anche questa volta Galerio si rifiut di riconoscere l'usurpatore, e nel 307 invi Severo (che
quell'anno era console assieme a Massimino) da Milano a Roma con un esercito, allo scopo di deporre Massenzio.
Poich, per, gran parte dei soldati di Severo avevano servito sotto Massimiano, dopo aver accettato denaro da
Massenzio disertarono in massa Severo. Il cesare fugg a Ravenna, dove fu assediato da Massimiano. La citt era
molto ben fortificata, cosicch Massimiano offr delle condizioni per la resa che Severo accett: fu preso da
Massimiano e portato sotto scorta in una villa pubblica a Tres Tabernae (nei pressi dell'odierna Cisterna di Latina)[7]
nella parte meridionale di Roma, dove fu tenuto come ostaggio.[8] Quando Galerio entr a sua volta in Italia con un
esercito, Massenzio ordin la morte di Severo, che fu ucciso o costretto ad uccidersi (16 settembre 307).

Flavio Severo

275

Note
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[6]
[7]
[8]

Il nome attestato in , e sulle monete.


Aurelio Vittore, Cesari, xl.1.
Anonimo Valesiano, iv.9.
Lattanzio, xviii.12.
Lattanzio, xix.4; Anonimo Valesiano, iii.5; Eutropio, x.2.1; Aurelio Vittore, Epitome, xl.i; Zosimo, ii.8.1.
Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 2728; Barnes, New Empire, p. 5; Lenski, pp. 6162; Odahl, pp. 7879.
Baronio, "Annales Ecclesiastici vol. 1", pp. 769-770.
Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 3031; Elliott, pp. 4142; Lenski, pp. 6263; Odahl, pp. 8687; Potter, pp. 34849.

Bibliografia
Fonti primarie

Aurelio Vittore, Cesari


Anonimo Valesiano
Eutropio, Breviarium ab Urbe condita
Lattanzio, De mortibus persecutorum
Zosimo, Storia nuova

Barnes, Timothy. Constantine and Eusebius. Cambridge, MA: Harvard University Press, 1981. ISBN
978-0-674-16531-1
Barnes, Timothy. The New Empire of Diocletian and Constantine. Cambridge, MA: Harvard University Press,
1982. ISBN 0-7837-2221-4
Elliott, T. G. The Christianity of Constantine the Great. Scranton, PA: University of Scranton Press, 1996. ISBN
0-940866-59-5
Lenski, Noel. "The Reign of Constantine", in The Cambridge Companion to the Age of Constantine, Noel Lenski
ed., 5990. New York: Cambridge University Press, 2006. Hardcover ISBN 0-521-81838-9 Paperback ISBN
0-521-52157-2
Odahl, Charles Matson. Constantine and the Christian Empire. New York: Routledge, 2004. Hardcover ISBN
0-415-17485-6 Paperback ISBN 0-415-38655-1
Potter, David S. The Roman Empire at Bay: AD 180395. New York: Routledge, 2005. Hardcover ISBN
0-415-10057-7 Paperback ISBN 0-415-10058-5

Altri progetti

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Collegamenti esterni
Monetazione di Severo (http://www.wildwinds.com/coins/ric/severus_II/i.html), dal sito wildwinds.com
Predecessore

Imperatore romano

Successore

Costanzo Cloro,
Galerio

305 - 307 (con Galerio)

Licinio,
Galerio

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Portale Biografie

Massenzio

276

Massenzio
Marco Aurelio Valerio Massenzio

Busto di Massenzio.
Usurpatore romano
Predecessore

Massimiano

Successore

Costantino I

Nome completo Marcus Aurelius Valerius Maxentius


Nascita

278

Morte

312

Padre

Massimiano

Madre

Eutropia

Marco Aurelio Valerio Massenzio (latino: Marcus Aurelius Valerius Maxentius; 278 28 ottobre 312)
autoproclamatosi imperatore romano (ma non fu mai riconosciuto come tale) govern l'Italia e l'Africa tra il 306 e il
312. Figlio di Massimiano e di Eutropia, nacque nel 278 e si spos nel 293, a soli quindici anni con Valeria
Massimilla, figlia del cesare Galerio.

L'Augusto
Per approfondire, vedi Guerra civile romana (306-324).

Nel 305 i due augusti della Tetrarchia - Diocleziano e il padre di Massenzio, Massimiano - abdicarono e al loro posto
successero i cesari Galerio e Costanzo Cloro. Tuttavia alla morte di Costanzo Cloro, nel 306, Massenzio fu
proclamato augusto al posto del successore designato Severo, nei territori precedentemente governati dal padre, ossia
l'Italia e l'Africa, mentre in Gallia e Britannia l'esercito proclamava augusto il figlio illegittimo di Costanzo Cloro,
Costantino.

Massenzio

Moneta di Massenzio, celebrante l'eternit degli


augusti.

277
Massenzio continu a tenere l'Italia e l'Africa sotto il suo dominio,
facendo leva sul malcontento del popolo di Roma e della Guardia
pretoriana, che vedevano declinare la propria importanza a vantaggio
delle capitali delle province (Treviri capitale della Gallia Belgica,
Milano, Nicomedia, Antiochia, terza citt dell'impero dopo Roma e
Alessandria), anche grazie al possesso della provincia africana che gli
consent inizialmente di assicurare a Roma il vettovagliamento di
grano e olio.

Per qualche tempo Massenzio cerc di destreggiarsi tra le minacce


rappresentate dagli eredi di Diocleziano, richiamando al potere suo padre Massimiano, cercando l'alleanza con
Costantino (il cui potere al momento era ancora precario quanto il suo) anche attraverso il matrimonio con la propria
sorella Fausta nel 307, e il 21 aprile 308 si proclam Augusto legittimo.
Tuttavia la secessione africana del 308 guidata da Lucio Domizio Alessandro (che un paio d'anni dopo si alleer
esplicitamente con Costantino), il peggioramento dei rapporti con Massimiano (che passer anch'egli dalla parte di
Costantino), la morte del figlio Valerio Romolo nel 309 che privava il suo disegno imperiale di ogni possibilit di
continuit dinastica, rappresentano nella vicenda di Massenzio l'inizio della fine.
Dopo la morte di Galerio gli altri due augusti, Licinio e Massimino Daia - occupati a contendersi la met orientale
dell'impero - lasciarono a Costantino, che disponeva ormai in occidente di margini di manovra migliori che per il
passato, il compito di eliminare l'usurpatore. Dopo aver vinto la battaglia di Verona impadronendosi cos dell'Italia
del nord, questi scese verso Roma. Massenzio, invece di ripararsi dietro le mura che aveva ricostruito, usc in
battaglia incontro al suo avversario, e ne fu sconfitto alla battaglia di Ponte Milvio (28 ottobre 312). Mor nella
battaglia e fu gettato nel Tevere dopo essere stato decapitato.

Il romano
Il ripristino della grandezza di Roma e dei suoi dei fu al centro del progetto imperiale di Massenzio. Ci evidente
anche nel programma iconografico della sua monetazione, coniata nelle officine di Roma e di Ostia, ispirato alle
grandi leggende di fondazione della Citt: la lupa che allatta Romolo e Remo, Marte rappresentato sia come dio
guerriero che come padre dei gemelli fondatori.
Nella stessa direzione andava il vasto programma edilizio dell'imperatore, che per la brevit del suo regno fu
realizzato solo in parte, del quale pu essere considerata emblema la grandiosa basilica[1].
Oltre all'avvio della basilica, Massenzio volle la ricostruzione del vicino Tempio di Venere e Roma dell'epoca
adrianea, l'ampliamento del Clivus Sacrae Viae, dove innalz da una parte l'heroon di suo figlio Romolo e la Basilica
Nova, e dall'altra la Porticus margaritaria[2], il restauro e l'innalzamento delle mura di Aureliano, che dot anche di
un fossato[3]. Provvide inoltre a restaurare la via Appia fino a Brindisi e diversi acquedotti.
Nella sua tenuta sulla Via Appia edific una grande villa suburbana, dotata anche di un circo e di un mausoleo.
Accanto alla villa fu costruito il mausoleo del figlio defunto. Altra maestosa testimonianza del suo prestigio nella
celebre Villa di Piazza Armerina (Enna), a lui ascritta.

Massenzio

278

Note
[1] compiuta solo dopo il 312 da Costantino, che vi colloc la propria statua colossale.
[2] Si veda in Rodolfo Lanciani, Nuove storie dell'antica Roma, Newton Compton 2006, p. 30 e sgg.
[3] che tuttavia non port a compimento, stando all'autore del Chronographus Romanus (Polemio Silvio nel 354).

Voci correlate

Lucio Domizio Alessandro, usurpatore in Africa contro Massenzio


Lucio Papio Pacaziano, oppositore di Massenzio in Sardegna
Villa di Massenzio
Circo di Massenzio

Collegamenti esterni
Il ritrovamento delle insegne imperiali di Massenzio (http://www.gruppiarcheologici.org/news_pubblicazioni/
nuova_archeologia/na_3-2.pdf) (2007)

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Portale Biografie

Battaglia di Ponte Milvio


Battaglia di Ponte Milvio

parte della guerra civile romana (306-324)

Sogno di Costantino e vittoria a Ponte Milvio da un manoscritto delle omelie di Gregorio Nazianzeno
Data

28 ottobre 312

Battaglia di Ponte Milvio

279
Luogo

Roma, nei pressi di Ponte Milvio

Esito

Vittoria di Costantino I
Schieramenti

Impero romano Impero romano


Comandanti

Costantino I Massenzio
Effettivi

90.000 fanti e
170.000 fanti e
[1]
[3]
8.000 cavalieri
18.000 cavalieri
[2]
[4]
oppure 40.000 armati
oppure 100.000 armati

Voci di battaglie presenti su Wikipedia

La battaglia di Ponte Milvio ebbe luogo il 28 ottobre 312 tra Costantino I e Massenzio.[5] La vittoria di Costantino
segn l'inizio di una nuova era per tutto l'impero.

Contesto storico
Per approfondire, vedi Guerra civile romana (306-324).

La Battaglia di ponte Milvio mise fine al regno di Massenzio, contestato da Costantino in quanto sarebbe stato in
contrasto con il sistema tetrarchico: si era fatto nominare princeps il 28 ottobre del 306, assumendo il controllo
dell'Italia e dell'Africa.

Targa descrittiva presso l'arco di Malborghetto

Invasa l'Italia nella primavera del 312, Costantino vinse le truppe del
figlio di Massimiano prima nella battaglia di Torino e quindi nella
battaglia di Verona, convergendo verso Roma tramite la via Flaminia e
accampandosi in localit Malborghetto vicino a Prima Porta, sulla riva
destra del fiume Tevere a poca distanza dal ponte Milvio, che si
trovava alle spalle delle truppe di Massenzio. Sul probabile luogo
dellaccampamento fu edificato successivamente un imponente
monumento in ricordo degli eventi, un arco quadrifronte, lArco di
Malborghetto del quale era stata persa traccia, nel corso dei secoli,

anche per mancanza di fonti storiche coeve.

Forze in campo
Secondo Zosimo, Costantino, ormai sospettoso nei confronti di Massenzio, aveva riunito un grande esercito formato
anche da barbari catturati in guerra, oltre a Germani, popolazioni celtiche e provenienti dalla Britannia, mosse alla
volta dell'Italia attraverso le Alpi (presso il Moncenisio), forte di 90.000 fanti e 8.000 cavalieri.[1] Massenzio poteva
invece contare su 170.000 fanti e 18.000 cavalieri (tra i quali vi erano: 80.000 tra Romani, Italici, Tirreni, 40.000
Africani, oltre a Siculi[3]). Al contrario secondo i Panegyrici latini Costantino disponeva di 40.000 armati[2] (cifra
pi credibile per Le Bohec[6]), mentre Massenzio di 100.000 armati.[4]

Battaglia di Ponte Milvio

280

Svolgimento

Vittoria di Costantino su Massenzio a ponte


Milvio, dalla Leggenda della Vera Croce, di Piero
della Francesca

Costantino condusse il suo esercito contro le forze di Massenzio, che


aveva erroneamente posizionato i propri armati con alle spalle il fiume.
Costantino, dopo aver condotto un lungo combattimento contro le ali
dell'esercito di Massenzio, che furono travolte, constat che la fanteria
nemica era scoperta sui fianchi, e la caric. La fanteria si ritir, mentre
i pretoriani, essendo in posizione sul fiume, avevano deciso di resistere
fino all'ultimo.

Dopo un lungo ed aspro combattimento, che si sarebbe svolto in


localit Saxa Rubra, le truppe di Massenzio subirono una completa
disfatta: mentre gli uomini volgevano in una fuga disordinata l'imperatore tent di mettere tra s ed i nemici il
Tevere, finendo per per annegare nelle sue acque, durante il crollo del ponte che i suoi ingegneri militari avevano
costruito a fianco di Ponte Milvio.
Il corpo di Massenzio fu ritrovato e la sua testa fu portata in parata dalle truppe vittoriose di Costantino.

Conseguenze
Costantino fu accolto trionfalmente a Roma e proclamato imperatore unico d'Occidente. Dedic la sua vittoria al Dio
dei cristiani, di cui proib le persecuzioni continuando una pratica iniziata dal 306 nelle province della Gallia e
Bretagna. Sotto la sua protezione, il cristianesimo si svilupp senza essere perseguitato mentre il clero acquisiva
nuovi privilegi. Con l'editto da esso proclamato nel 313 Costantino mise fine alla persecuzione dei cristiani iniziata
da Nerone.

Visione di Costantino

Apparizione della croce, Raffaello; la croce e la


scritta " " appaiono a Costantino I

Battaglia del ponte Milvio, Raffaello; le truppe di


Costantino sono raffigurate recanti il labarum

Per approfondire, vedi In hoc signo vinces.

Costantino sostenne di avere avuto, la sera del 27 ottobre, mentre le truppe si preparavano alla battaglia, una visione,
i cui dettagli differiscono per tra le fonti, che sono di natura agiografica.

Battaglia di Ponte Milvio


Lattanzio afferma che la visione ordin a Costantino di apporre un segno sugli scudi dei propri soldati,[7] un segno
"riferito a Cristo". Lattanzio descrive il segno come uno staurogramma, una croce latina con la parte superiore
cerchiata come una P. Non esiste nessuna evidenza certa che Costantino abbia mai usato questo segno al posto del
pi conosciuto 'Chi-Rho' descritto da Eusebio.
Eusebio riporta due versioni dell'accaduto. La prima, contenuta nella Storia ecclesiastica, afferma esplicitamente che
il dio cristiano abbia aiutato Costantino, ma non menziona nessuna visione. Nella Vita di Costantino, Eusebio d
invece una dettagliata descrizione della visione affermando di averla ricevuta dall'imperatore stesso; secondo questa
versione, Costantino stava marciando col suo esercito quando, alzando lo sguardo verso il sole, vide una croce di
luce e sotto di essa la frase greca " " ("Con questo vinci"), reso in latino come In hoc signo vinces,
"Con questo segno vincerai". Dapprima insicuro del significato della visione, Costantino ebbe nella notte un sogno
nel quale Cristo gli spieg di usare il segno della croce contro i suoi nemici. Eusebio continua descrivendo il
labarum, lo stendardo usato da Costantino nella sua ultima guerra contro Licinio, recante il segno 'Chi-Rho'.

Note
[1] Zosimo, Storia nuova, II, 15, 1.
[2] Panegyrici latini, IX, 3, 3.
[3] Zosimo, Storia nuova, II, 15, 2.
[4]
[5]
[6]
[7]

Panegyrici latini, IX, 5, 1-2.


Zosimo, Storia nuova, II, 16, 1-4.
Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma 2008, p.46.
Lattanzio, De mortibus persecutorum, 44.5.

Fonti
Fonti primarie

Lattanzio, de mortibus persecutorum 44;


Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica ix, 9 e Vita di Costantino i, 28-31 (la visione) e i, 38 (la battaglia);
Zosimo ii, 15-16;
Panegyrici latini del 313 (anonimo) e 321 (di Nazario).

Fonti storiografiche moderne


Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma 2008. ISBN
978-88-430-4677-5

Voci correlate

Ponte Milvio
Costantino I
Massenzio
In hoc signo vinces
Arco di Malborghetto

281

Battaglia di Ponte Milvio

282

Altri progetti

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Licinio
Licinio

Aureo di Licinio
Augusto dell'Impero Romano
In carica

Predecessore
Successore

11 novembre 308 - 311 (come Augusto d'Occidente, con Galerio Augusto d'Oriente);
311-313 (Augusto assieme a Massimino Daia);
agosto del 313 - luglio del 324 (come Augusto d'Oriente, con Costantino I Augusto d'Occidente).
Flavio Severo
Costantino I

Nome completo Valerius Licinianus Licinius


Altri titoli

[1][2]
Sarmaticus maximus
[1][2]
Germanicus maximus
[3]
Britannicus maximus

Nascita

ca. 265

Morte

Tessalonica, 325

Consorte
Figli

Flavia Giulia Costanza


Valerio Liciniano Licinio

Valerio Liciniano Licinio, talvolta detto Giovio Licinio (latino: Valerius Licinianus Licinius, Iovius Licinius; ca.
265 Tessalonica, 325), stato un imperatore romano, dal 308 al 324.

Licinio

283

Biografia
Origini e ascesa al trono
Licinio nacque in Moesia[4] da una famiglia di origini contadine,[5] probabilmente attorno al 265.[6] Fu commilitone
e amico di vecchia data di Galerio,[7] sotto il quale serv durante la campagna partica del 298.[8]
Nel 307 fu inviato come ambasciatore di Galerio, assieme a Pompeo Probo, presso Massenzio,[9] il quale aveva
interrotto il principio della tetrarchia facendosi proclamare imperatore dalle proprie truppe il 28 ottobre 306 e
resistendo alle campagne condotte da Flavio Valerio Severo (fine 306/inizi 307) e Galerio (estate 307) per deporlo;
l'ambasciata non sort per effetti.
Morto Severo, in occasione della conferenza di Carnunto tenutasi nell'ottobre/novembre 308, fu deciso che Galerio
elevasse Licinio al rango di augusto, cosa che avvenne l'11 novembre 308;[10] oltre al titolo, Licinio ricevette anche
il comando delle province dell'Illirico, Tracia e Pannonia.[11]

Regno
Per approfondire, vedi Guerra civile romana (306-324).

Licinio inizi il proprio regno con Galerio come collega, mentre Costantino I e Massimino Daia ricoprivano il ruolo
di cesare, rispettivamente in Occidente e Oriente; al di fuori di questo quadro si trovavano Massenzio, che deteneva
effettivamente il potere su parte dell'Occidente, e suo padre Massimiano, che sperava di riottenere il potere che aveva
perduto.
Alla morte di Galerio, nel maggio del 311, Licinio divise l'intero impero con Massimino Daia, definendo come
confine l'Ellesponto e il Bosforo. Nel febbraio del 313 si rec a Milano, per incontrare Costantino I, divenuto l'unico
imperatore della parte occidentale dopo aver sconfitto Massenzio: i due strinsero un'alleanza, rafforzata dal
matrimonio di Licinio con la sorella di Costantino, Costanza[12] (da cui ebbe nel 315 il figlio Valerio Liciniano
Licinio), e promulgarono assieme l'Editto di Milano.
L'alleanza tra Licinio e Costantino escludeva chiaramente il terzo imperatore, Massimino, che si fece proclamare
unico imperatore dalle truppe e mosse dalla Siria verso occidente, conquistando Bisanzio: Licinio lo affront e
sconfisse nella battaglia di Tzirallum il 30 aprile 313.
Divenuto unico signore della parte orientale dell'impero, si rese colpevole della purga che colp le famiglie dei
tetrarchi: per suo ordine vennero uccisi Candidiano, figlio di Galerio, Severiano, figlio di Flavio Severo, e il figlio e
la figlia di Massimino, di otto e sette anni.
Dichiaratosi cristiano per mossa politica sin dal periodo della sua rivalit con Massimino Daia, cominci
progressivamente ad inimicarsi i seguaci di quella religione, adottando politiche insensatamente ostili a questi,
ritenendo, probabilmente non in maniera del tutto infondata che costoro appoggiassero il suo rivale Costantino.
Avvi pertanto una serie di attivit persecutorie nei confronti dei cristiani, che lo abbandonarono nella fase decisiva
del suo conflitto con Costantino.
Nel 316 si scontr con Costantino I: il casus belli fu la nomina a collega di Aurelio Valerio Valente, che di fatto
mostrava come Licinio non considerasse pi Costantino il legittimo signore d'occidente. Costantino vinse per
Licinio nella battaglia di Mardia e, con la pace firmata il 1 marzo 317 lo costrinse a cedergli l'Illiria e a condannare
a morte Valente.
La pace del 317 dur sette anni: nel 324, scontratosi una prima volta in Mesia ad Adrianopoli con Costantino,
Licinio non riusc ad approfittare della sua netta superiorit numerica, venendo di l a poco sconfitto da Crispo in una
battaglia navale nell'Ellesponto. Perse le sue migliori unit di soldati, reclut schiavi e contadini delle terre bitiniche,
con i quali ingaggi un'ultima, disperata battaglia contro le truppe veterane di Costantino (la cosiddetta battaglia di
Crisopoli, svoltasi presso l'odierna skdar), venendo disastrosamente sconfitto. Tratto prigioniero dinanzi a

Licinio

284

Costantino venne graziato da questi e inviato a vivere come privato cittadino a Tessalonica; l'anno seguente, per, fu
giustiziato per avere complottato una rivolta (325).[13]

Note
[1] .
[2] CIL VIII, 1357 (p 938, 1265, 1449).
[3] .
[4] Eutropio, x.4.1; Anonimo valesiano, 5 13. Socrate Scolastico parla (i 2) di Nova Dacia, ossia nome pi recente della Mesia.
[5] Aurelio Vittore, Epitome, 41.9; Anonimo valesiano, 5 13.
[6] Aurelio Vittore, Epitome, 41.8 lo dice morto a circa sessant'anni.
[7] Lattanzio, Morte dei persecutori, 20 3; Eutropio, x.4.1; Aurelio Vittore, Cesari, 40.8; Zosimo ii 11; Socrate i 2.
[8] Eutropio, x.4.1.
[9] Anonimo valesiano 3,7.
[10] Consolaria costantinopolitana, s.a. 308; Lattanzio, Morte dei persecutori, 29 3, 32 1; Anonimo valesiano, 3 8, 5 13; Eutropio, x.4.1; Aurelio
Vittore, Cesari, 40.8; Aurelio Vittore, Epitome, 40.2; Zosimo ii 11; Socrate i 2; Orosio, vii 28.11.
[11] DiMaio, Michael, "Licinius (308-324 A.D.)" (http:/ / www. roman-emperors. org/ licinius. htm), De imperatoribus romanis.
[12] Lattanzio, Morte dei persecutori, 43.2, 45.1; Anonimo valesiano, 5.13.28; Zosimo ii 17.2; Eutropio, x.5; Aurelio Vittore, Cesari, 41.2;
Aurelio Vittore, Epitome, 41.4; Socrate i 2.25; Orosio, vii 28.19.
[13] Consolaria costantinopolitana, s.a. 325; Anonimo valesiano, 5.28-29; Zosimo ii 28; Eutropio, x 6.1; Aurelio Vittore, Cesari, 41.8-9;
Aurelio Vittore, Epitome, 41.7-8; Socrate i 4; Sozomeno, i 7.5; Giordane, Getica iii.

Bibliografia
Jones, Arnold Hugh Martin, John Robert Martindale, John Morris, "Val. Licinianus Licinius 3", The
Prosopography of the Later Roman Empire, volume 1, Cambridge University Press, 1971, ISBN 0-521-07233-6,
p. 509.

Altri progetti

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Predecessore

Imperatore romano

Successore

Flavio Valerio Severo


306 - 307

308 - 324
con Galerio, Massimino Daia, Valerio Valente, Sesto Martiniano e Costantino I

Costantino I
306-337

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Editto di Milano

285

Editto di Milano
Si intende per Editto di Milano (noto anche come Editto di Costantino, Editto di tolleranza o Rescritto di
tolleranza) l'accordo sottoscritto nel febbraio 313 dai due Augusti dell'impero romano, Costantino per l'Occidente e
Licinio per l'Oriente, in vista di una politica religiosa comune alle due parti dell'impero. Il patto fu stretto in
Occidente in quanto il senior Augustus era Costantino. Le conseguenze dell'Editto per la vita religiosa nell'impero
romano sono tali da farne una data fondamentale nella storia dell'Occidente.[1]
Secondo l'interpretazione tradizionale, Costantino e Licinio firmarono a Milano, capitale della parte occidentale
dell'impero, un Editto che sanc la libert di culto ai cristiani. L'interpretazione pi recente delle fonti, tuttavia, ha
portato gli storici a concludere che nel febbraio 313 a Milano non vi fu l'emissione di un editto. Pi probabilmente,
Costantino e Licinio strinsero degli accordi per poi emanare precise disposizioni ai governatori delle province.[2]

Contesto storico
Alla fine del III secolo venne realizzata un'importante riforma della
funzione imperiale. Il potere non fu pi incarnato in un'unica persona,
ma venne esercitato da un collegio composto da due Augusti e due
Cesari (tetrarchia). Il territorio dell'impero fu diviso in due parti:
Occidente e Oriente. Furono nominati un Augusto e un Cesare per
l'Occidente e un Augusto e un Cesare per l'Oriente. Ciascun tetrarca
scelse la propria residenza in una citt diversa. Le quattro sedi
imperiali furono Treviri e Milano (Occidente), Sirmio e Serdica
(Oriente). Per la prima volta, Roma non fu pi capitale dell'impero. A
Roma rimase il Senato.
Nell'ottobre 306 il generale Massenzio pretese di ripristinare la sede
imperiale romana e, con il suo esercito, si pose come capo
incontrastato dell'Urbe. Massenzio riemp un vuoto lasciato dai due
tetrarchi d'Occidente, che avevano scelto come rispettive residenze
Treviri e Milano.

Alcuni resti dei palazzi imperiali di Milano,


ristrutturati da Massimiano alcuni anni prima
dell'Editto. Qui si vedono le basi di un'edicola che
probabilmente era dotata di colonne, con attorno
un corridoio e diversi locali. In uno di questi
palazzi vi fu l'accordo tra Costantino e Licinio
noto come l'Editto di Milano.

Nel 308 la tetrarchia era composta da Licinio e Costantino in Occidente e Galerio e Massimino Daia in Oriente.
Galerio, Primus Augustus, incaric Licinio di sconfiggere Massenzio. La missione per fall. Nel 311 Galerio firm
il suo ultimo provvedimento: un Editto di perdono per i cristiani. Alla sua morte il suo posto fu preso da Licinio, che
quindi si trasfer in Oriente.
Licinio, interessato a diventare Augusto d'Oriente, strinse un patto con Costantino in funzione anti-Massimino. Per
suggellare l'accordo Costantino promise in moglie a Licinio la propria sorella, Costanza.[3] Secondo l'accordo, la
tetrarchia doveva cessare di esistere: sarebbero rimasti Costantino in Occidente e Licinio in Oriente.
Nella primavera del 312 Costantino discese con il suo esercito in Italia per affrontare Massenzio. Lo scontro decisivo
si ebbe il 28 ottobre 312 (Battaglia di Ponte Milvio). La sera prima Costantino non esegu i sacrifici rituali della
religione tradizionale. Prima di ogni evento importante, i romani interrogavano gli dei chiedendo loro di assisterli.
Un aruspice esegu