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MARCO

TULLIO

CICERONE

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LE

ORAZIONI

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LA VITA

Nell’anno 106 A.c. Marco Tullio Cicerone nacque ad Arpino il 3 Gennaio da


Elvia e da Marco Tullio di famiglia equestre. Il nonno paterno era zio di
Mario Gratidiano adottato da Caio Mario

Negli anni dal 90 al 89 a.C. Cicerone frequenta a Roma il foro a fianco


degli oratori Marco Antonio e Lucio Licinio Crasso ed apprende il diritto
civile da Quinto Mucio Scevola l’Augure

Nell’anno 89 a.C. partecipa alla guerra sociale sotto il comando di Gneo


Pompeo Strabone, padre di Pompeo Magno

Nell’anno 88 a.C. rientrato a Roma l’anno seguente, riprende gli studi di


diritto sotto la guida di Scevola il Pontefice, cugino di Mucio Scevola
L’Augure morto nel frattempo, segue il corso di retorica sotto Molone di Rodi
e si dedica alla filosofia con l’accademico Filone di Larissa, con l’epicureo
Fedro e con lo storico Diodoto, che dimorava presso di lui.

Negli anni dal 88 al 85 a.C. traduce la prima parte del poema astronomico
Phaenomena dell’alessandrino Arato, il trattato Oeconomicus di Senofonte
ed alcuni dialoghi platonici. Scrive inoltre i libri De Inventione ed in occasione
della morte dell’ammirato Caio Mario, il poema a lui intitolato. Altra
produzione poetica giovanile dello stesso periodo è rappresentata da vari carmi
lirici ed epici, talora di argomento leggero, alla maniera dei poeti nuovi.

Nell’anno 82 a.C. la dittatura sillana si insedia a Roma

Nell’anno 81 a.C. Cicerone inaugura la carriera forense con l’orazione Pro


Quinctio

Nell’anno 80 a.C. l’orazione Pro Sestio Roscio Amerino, posto sotto accusa
dal favorito di Silla, Crisogono, comporta un retroscena politico.

Negli anni dal 79 al 77 a.C. per ragioni di salute o per misura di prudenza il
giovane oratore intraprende un viaggio in Grecia, Rodi, Asia Minore e Atene
in compagnia del fratello Quinto, prendendo diretto contatto con la più
raffinata cultura greco-asiatica. Alla scuola di Rodi, riudendo Molone, temperò
la giovanile foga asianeggiante. Frequentò i più celebri retori dell’Asia ascoltò il
retore Demetrio Sirio e ad Atene il filosofo accademico Antioco di
Ascalona. Mentre in Grecia fu con Attico iniziato ai misteri eleusini, a
Smirne aveva incontrato l’esule Publio Rutilio Rufo

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Nell’anno 77 a.C. ritorna a Roma ed entra in gara di emulazione con l’allora
principe del foro Ortensio Ortalo, di tendenze asiane

Nell’anno 76 a.C. dalla moglie Terenzia ha la primogenita Tullia e viene


eletto questore.

Nell’anno 75 a.C. è questore a Lilibeo in Sicilia, alle dipendenze del


propretore Sesto Peduceo

Nell’anno 74 a.C. entra in senato

Nell’anno 70 a.C. prende le difese dei siciliani angariati da Verre, difeso da


Ortensio. Vengono pronunciate le orazioni Divinatio in Quinto Caecilium e
dopo venir riconosciuto rappresentante di parte civile, L’Actio Prima in
Verrem, mentre l’Actio Secunda in cinque libri fu soltanto pubblicata, perché
Verre, riconosciutosi battuto andò in volontario esilio.

Nell’anno 69 a.C. viene eletto edile e assume le difese di Fonteio e Cecina,


il primo accusato di concussione il secondo coinvolto in un processo civile

Nell’anno 67 a.C. è pretore con giurisdizione sui processi di concussione.


Difende l’attore Quinto Roscio in un dibattito per scioglimento di società e
Cluenzio, accusato di veneficio, ma soprattutto pronuncia la sua prima
orazione politica De imperio Gnei Pompei nella guerra mitridatica, per cui gli
viene affidato il comando secondo la proposta della legge Manilia

Nell’anno 64 a.C. è designato console con Antonio Hybrida e gli nasce il


figlio Marco

Nell’anno 63 a.C. prende possesso del consolato e pronuncia le quattro


orazioni De Lege Agraria, difende Caio Rbirio accusato di tradimento dal
cesariano Labieno e scende in campo contro la congiura di Catilina con
quattro orazioni. L’azione è coronata dall’esecuzione sommaria dei catilinari
rimasti a Roma ed incarcerati e dalla sconfitta e morte di Catilina presso
Pistoia. In novembre, dopo le Catilinarie, difende Murena, console designato,
dall’accusa di broglio.

Nell’anno 62 a.C. Difende Cornelio Silla, accusato di connivenza con i


catilinari e il poeta Archia, accusato di usurpazione del diritto di cittadinanza.

Nell’anno 60 a.C. si costituisce il primo triunvirato e Cicerone comincia


scrivere in greco le memorie del suo consolato ed in latino un poema di uguale
argomento, andati perduti

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Nell’anno 59 a.C. difende Valerio Flacco, accusato di concussione, mentre
Cesare ottiene il proconsolato quinquennale in Gallia, la sua creatura Clodio
è illegalmente eletto tribuno della plebe

Nell’anno 58 a.C. Clodio promuove una legge per cui Cicerone è costretto
all’esilio per l’illegale esecuzione dei catilinari.
Negli anni dal 58 al 57 a.C. Cicerone si trova a Tessalonica e negli ultimi
giorni a Durazzo

Nell’anno 57 a.C. e precisamente il 4 Agosto viene richiamato in patria e


pronuncia le orazioni di ringraziamento Ad Senatum e Ad Quirites, mentre in
quelle De Domo sua ad Pontifices e De Haruspicum responsis chiede la
restituzione dei beni che Clodio gli ha sottratto

Nell’anno 56 a.C. difende Publio Sestio, accusato di broglio, Marco Celio,


accusato di veneficio ai danni di Clodia e pronuncia la requisitoria contro
Vatinio, testimone a carico di Sestio. Infine con il discorso De provinciis
Consularibus si batte per la conferma a Cesare del governo delle Gallie

Nell’anno 55 a.C. A quest’anno appartengono l’invettiva Contra Pisonem,


che si lamentava in senato di essere stato revocato dalla provincia a seguito
dell’orazione di Cicerone e i tre libri De Oratore

Nell’anno 54 a.C. A quest’anno appartengono le difese di Gneo Planco,


Marco Emilio Scauro, Gaio Rabirio Postumo,la composizione del De
Republica e delle Partitiones Oratoriae

Nell’anno 53 a.C. entra nel collegio degli Auguri

Nell’anno 52 a.C. difende senza successo Milone, accusato dell’uccisione di


Clodio ed inizia la stesura del De Legibus

Nell’anno 51 a. C. sostiene con onore il proconsolato in Cilicia

Nell’anno 50 a.C. rientrando a Roma scoppia la guerra civile e tenta invano


di riconciliare Cesare e Pompeo ed infine si reca a Durazzo presso Pompeo

Nell’anno 48 a.C. e precisamente il 9 Agosto Pompeo è sconfitto a Farsalo.


Cicerone rifiuta il comando delle forze militari di Durazzo offertogli da
Catone e si reca a Brindisi

Nell’anno 47 a.C. si incontra con Cesare, che lo tratta onorevolmente e non


si risente della sua passata opposizione. Così in Ottobre Cicerone rientra nella
sua villa tuscolana

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Nell’anno 46 a.C. riprende il De Legibus, compone uno scritto celebrativo su
Catone Uticense, cui Cesare risponde con i libri Anticatones. Scrive I
Paradoxa Stoicorum, il Brutus, storia dell’eloquenza romana a tesi anti
atticistica, già sostenuta principalmente nel trattato De Oratore e ora ripresa
nell’Orator, compendio del precedente

Negli anni dal 46 a.C. al 45 a.C. appartiene il gruppo delle orazioni


cesariane, dirette ad ottenere da Cesare grazia per i pompeiani Marco
Claudio Marcello, Quinto Ligario e Deiotaro, tetrarca della Galazia.
Cicerone inoltre si accinge con rinnovato fervore all’attività trattatistica, per
confortarsi della forzata inattività politica connessa all’affermarsi del principato
di Cesare

Nell’anno 45 a.C. sono il protrettico Hortensius, le due edizioni degli


Academica, Il trattato De finibus bonorum e malorum e la traduzione del
Timaeus platonico

Nell’anno 44 a.C. Cesare fu assassinato, mentre Cicerone pubblica le


seguenti opere:
● Tusculanae Disputationes
● De natura deorum
● De fato
● Cato Maior de senectute
● Laelius de amicitia
● De officiis
● Topica ad Trebatium
● De optimo genere oratorum
● De divinatione
● De gloria e de virtutibus
La serie ed il filo conduttore di questa seconda ed ultima fase della produzione
filosofica ciceroniana si rivelano chiaramente dal proemio al secondo libro De
divinatione. Si riconfermano le posizioni scettico-accademiche dello scrittore,
si rinnova sul piano trattatistico la sua polemica retorica anti atticistica, mentre
in pari tempo le dediche del Brutus, ecc. testimoniano il legame di Cicerone
con gli ambienti aristocratico-repubblicani e la sua implicita solidarietà con i
futuri cesaricidi e del suo anti cesarismo sono testimoni le espressioni gravi che
si raccolgono dal De officiis, posteriori alle Idi di Marzo. Dopo queste,
Cicerone si gettò nuovamente nella lotta in favore della repubblica oligarchico-
senatoria

Nell’anno 43 a.C. Cicerone scaglia contro Antonio le quattordici


Philippicae. Il conflitto fra Ottaviano ed Antonio, sfociato nella guerra di
Modena, era stato risolto con la costituzione del secondo triunvirato. Gli
uccisori di Cesare furono proscritti e nelle liste venne incluso sotto la pressione

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di Antonio, il nome di Cicerone, che appresa la notizia mentre si trovava a
Tuscolo cercò di imbarcarsi ad Astura per la Macedonia, ma costretto dalle
condizioni del mare a riprendere terra a Circeo, fu raggiunto ed ucciso dagli
emissari di Antonio mentre si dirigeva verso la propria villa a Formia il sette
Dicembre. Il fratello Quinto venne trucidato pochi giorni dopo, mentre il figlio
Marco fu da Ottaviano fatto console nel 30 a.C. e mandato come proconsole
in Asia nel 29 a.C.

INTRODUZIONE

Sul finire del II° secolo a.C. profondo è il mutamento creatosi in seno alla
società romana, che si dibatte in una crisi, che troverà il suo sbocco naturale
nel potere dittatoriale di alcune personalità eccezionali, che in alcuni casi
cercheranno di ammantare di legalità ciò che in realtà è un governo
autocratico, mentre in altri casi sovvertiranno senza scrupolo le istituzioni
repubblicane……………………………………………………………………………………………………………
I Gracchi avevano capito che Roma, per sopravvivere, doveva trasformarsi da
città capitale del Lazio in città capitale del suo impero, riformando le strutture
politiche, economiche e sociali per adeguarle alla nuova funzione imperiale e
affrontando soprattutto il problema dell’inserimento nella vita dello stato,
totalmente nelle mani dell’oligarchia senatoria e del capitalismo equestre, degli
Italici e delle masse proletarie romane, sia contadine che urbane, che vivevano
una vita stentata, affidata più ai vantaggi di un clientelismo parassitario che ai
frutti di un lavoro responsabile e dignitoso. La vita dura ma onesta e laboriosa
dei tempi andati era solo un ricordo e aveva lasciato il posto all’arrivismo e
all’ambizione…………………………………………………………………………………………………………..
Roma in questo periodo estendeva il suo dominio in Oriente fino all’Eufrate e
al golfo Arabico e in Occidente fino all’Atlantico, ma le guerre civili furono lo
scotto più caro pagato per la conquista di questo impero…………………………………..
Prima Mario contro Silla, poi Cesare contro Pompeo e infine Antonio contro
Ottaviano saranno i protagonisti di queste guerre civili. La vittoria di
Ottaviano ad Azio nel 31 a.C. concluse le guerre civili, ma segnò pure il
seppellimento della repubblica romana…………………………………………………………………
La guerra civile tra Mario e Silla si concluse con la concessione della
cittadinanza romana agli Italici …………………………………………………………………………..
Queste forze nuove fecero sentire sempre più il loro peso e furono decisive nei
grandi scontri per la conquista del potere che punteggiarono tutto il primo
secolo a.C……………………………………………………………………………………………………………….
In realtà l’opera stessa di Silla si basa su di una innegabile contraddizione di
fondo. Egli, infatti, volle ripristinare l’egemonia assoluta del del senato, ma
questa volontà di restaurazione oligarchica si risolse in una dittatura personale
di Silla, destinata a non avere seguito………………………………………………………………….

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In questo contesto così complesso, travagliato e contraddittorio si collocarono
la formazione e le prime significative affermazioni di Cicerone ………………………..
Le sue esperienze umane, civili e politiche che ne contrappuntarono l’esistenza
dalla nascita fino al 70 a.C., l’anno del trionfo delle orazioni contro Verre,
rispecchiarono:
● i pregi e i difetti dell’uomo
● le sue ambizioni e le sue incertezze
● la sua vanagloria e la sua buona fede
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone nacque da una famiglia molto antica e crebbe in una villa costruita
dal nonno nel territorio del municipio di Arpino …………………………………………………
La solida posizione economica della famiglia è testimoniata dalla sua
appartenenza all’ordine equestre…………………………………………………………………………..
In conclusione una famiglia di buone sostanze e di buone aderenze………………….
Il giovane Cicerone fu educato dal padre, che ben presto si trasferì a Roma,
dove possedeva un’altra casa, con i due figli e il nipote. Siamo intorno all’anno
90 a.C. quando Marco Tullio Cicerone ricevette la toga virile…………………………
Subito egli si dedicò alla formazione retorica, indispensabile per chiunque
intendesse parlare al popolo, in tribunale e in un pubblico consiglio…………………..
Nell’anno 90 a.C. Cicerone entrò come recluta nell’esercito di Gneo Pompeo
Strabone durante la guerra sociale……………………………………………………………………..
L’anno successivo serve sotto Silla davanti a Nola, ma Cicerone non fu mai
uomo di guerra. La parentesi militare gli fece sentire la nostalgia del foro,delle
dispute filosofiche e degli studi letterari……………………………………………………………….
Dei suoi maestri e modelli morirono tragicamente l’oratore Marco Antonio
nell’anno 87 a.C. per mano di Cinna e Quinto Scevola ucciso nell’anno 87
a.C. dal pretore Damasippo ………………………………………………………………………………..
Eloquenza e diritto costituirono la base della formazione di Cicerone, che ebbe
un conservatorismo politico, vivificato dal contatto diretto con la realtà
dell’urbe, illuminato dalle idee del circolo scipionico e filtrato dalla speculazione
dei grandi filosofi greci…………………………………………………………………………………………..
Per il giovane Cicerone la cultura e il pensiero non può ridursi esclusivamente
a contemplazione e speculazione. L’autenticità dell’uomo rifiuta l’isolamento
egoistico in nome dell’uomo stesso, per attuare i suoi stessi fini nell’ambito
della natura e della civitas. Ma i suoi fini egli non può attuarli se non con la
parola, che è il fondamento stesso dell’humanitas ……………………………………………
A Roma Cicerone incontrò l’amico della sua vita Tito Pomponio Attico. La
violenza dei contrasti tra mariani e sillani influì duramente su di lui, ma per
quanto l’età gli permettesse di esordire in pubblico, i torbidi anni dallo 86 allo
84 a.C. furono da lui dedicati completamente agli studi. L’iniziazione alla
filosofia fu opera dell’epicureo Fedro, ma è l’incontro con Filone di Larissa
che generò in lui un mirabile entusiasmo per la sapientia e soprattutto perché
Filone sosteneva la complementarità dello studio della filosofia e della
retorica……………………………………………………………………………………………………………………

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Il giovane Cicerone non si sottrasse alle suggestioni della poesia. Infatti egli
scrisse:
● un poema in onore del grande Mario, che meritò le lodi del giureconsulto
Scevola
● tradusse in esametri i Fenomeni di Arato
e si dedicò a tradurre alcuni dialoghi platonici e l’Economico di Senofonte.
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone rifiuta il tecnicismo dei retori greci, legati ad una concezione tutta
scientifica e lontana dal contesto stesso del cultura come totalità……………………..
Cicerone sentì l’esigenza di una cultura che
● trascenda lo stretto ambito retorico
● abbracci più vasti interessi
● lasci il posto a presenze ed integrazioni personali
● miri ad una eloquenza che non sia pura imitazione del passato, ma la
comprenda e la superi
● non si esaurisca in una funzione tutta tecnica, ma sia strumento di utilità
sociale
…………………………………………………………………………………………………………………………………
In questo periodo non esisteva una netta separazione tra le varie branchie del
sapere, ma predominava il concetto dell’unicità della cultura, anche se non
vista in funzione esclusiva della civitas, poiché era già percettibile, con
l’allontanamento delle classi inferiori dalla vita politica, il distacco
dell’intellettuale dallo stato……………………………………………………………………………………
Infatti quella che fu la crisi dell’uomo Cicerone fu la crisi di tutta una età,
impregnata di scetticismo, di sfiducia e di pessimismo, in cui la vecchia civitas
va sgretolandosi senza che all’orizzonte sorga un ideale di valore universale,
che sia degno di sostituirla……………………………………………………………………………………
Cicerone considerò Lucio Licinio Crasso il più vicino alla perfezione fra tutti
gli oratori latini delle generazioni precedenti, ma il più famoso rappresentante
dei suoi tempi fu Quinto Ortensio Ortalo, dominatore dei tribunali fin
dall’anno 95 a.C……………………………………………………………………………………………………..
Ortensio, dunque, più vecchio di Cicerone di otto anni, con il suo stile
abbagliante sollevava l’entusiasmo di Cicerone, come degli altri giovani
romani. Cicerone deve ad Ortensio non solo lo stile fluente, ma anche la
prassi di dividere le orazioni in determinate parti, facendone lo schema e
riassumendo gli argomenti, sia i suoi che quelli
dell’avversario…………………………..
Ortensio è dunque dapprincipio il suo modello e rivale e qualche volta gli fu
accanto nello stesso collegio di difesa…………………………………………………………………..
Si è arrivati alla prima prova impegnativa che chiuse l’apprendistato del
giovane Marco Tullio Cicerone. Siamo, infatti, nell’anno 81 a.C. e Cicerone
entra in lizza contro Ortensio, accettando la difesa di Publio Quinzio …………..
L’intervento di Cicerone si limitò alle ultime udienze, poiché la difesa era stata
precedentemente sostenuta dal senatore Marco Giunio, impedito poi di
condurla a termine da un altro impegno……………………………………………………………….

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Cicerone non nascose la difficoltà di avere come avversario Ortensio …………..
In sostanza questa causa fu una complessa e intricata vicenda di diritto civile e
processuale…………………………………………………………………………………………………………….
Una causa di diritto privato in cui il difensore deve dare prova di preparazione
giuridica attinta alla scuola di Scevola che non della sua cultura letteraria e
filosofica, ma sotto cui si intravedono tanti contrasti e interessi di natura
politica…………………………………………………………………………………………………………………….
E’ qui che la parola di Cicerone si fa più sofferta e rivela il tenace e sempre
deluso fautore della concordia ordinum. Questa orazione non ci è giunta
completa e non ne conosciamo l’esito, ma ci conferma l’opinione del successo
di Cicerone il fatto che Gellio ricorda la trattazione di questa causa come il
primo significativo avvenimento della vita di Cicerone ……………………………………..
In effetti questa orazione segna il trapasso ad una eloquenza più piena e
matura che piacque e che ebbe successo……………………………………………………………..
Nell’anno 82 a.C. Cicerone difese Sesto Roscio Amerino, accusato di
parricidio. Questa fu la prima causa pubblica che procurò a Cicerone tanto
favore, che in futuro non ci fu causa che non fosse ritenuto capace di
sostenere…………………………………………………………………………………………………………………
Il tribunale è presieduto dal pretore Marco Fannio, accusatore ufficiale un
certo Erucio, difensore il giovane Cicerone. La causa è importante e il rischio
non indifferente, ma Cicerone sa giostrare bene in situazioni come queste e la
sua parola sa porsi docilmente al servizio della sua intelligenza e sa cogliere gli
umori dei giudici, dell’uditorio, dell’opinione pubblica. In questo modo la
questione diviene di volta in volta legale e morale, civile e politica, con tutti i
problemi che le si connettono………………………………………………………………………………..
Il fulcro della difesa di Cicerone consiste nello scindere nettamente la
responsabilità dei malfattori da quella del dittatore, Silla, e di conseguenza,
nel sottolineare la necessità da parte dei nobiles di separare la propria causa
da quella dei ladri e degli assassini……………………………………………………………………….
Cicerone in sostanza fu cauto, ma la sua scelta fu frutto di un abile calcolo che
lo mette in vista nel momento più opportuno. Egli da una parte condannò le
proscrizioni e l’infelicità dei tempi, dall’altra non mancò di sottolineare che tali
illegalità si compirono all’insaputa di Silla …………………………………………………………..
In effetti Silla ha ridato autorità alla repubblica all’interno e all’estero con la
restaurazione dello stato di diritto. Restaurazione a cui lo stesso Cicerone ha
dato il suo appoggio una volta perduta ogni speranza di accordo tra le parti in
lotta, anche se non ha mai impugnato le armi. Infatti Cicerone detestò la
tirannide di Silla, ma non rifiuta il suo programma aristocratico………………………..
Poichè Cicerone voleva intraprendere la carriera politica, cosa impossibile
senza l’appoggio dei nobili, gli attacchi mossi da lui all’aristocrazia nel corso del
processo debbono essere interpretati come uno sforzo per guadagnarsi il
favore dei migliori di essi, per farsi sentire uno di loro, partecipe dei loro stessi
interessi…………………………………………………………………………………………………………………..
La vittoria guadagnò a Cicerone l’ammirazione dei cittadini e una gran, che
egli cercò di conservare, anzi di accrescere con altre cause………………………………..

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In realtà la Pro Roscio fu una orazione che rivelò, rispetto alla Quinziana un
notevole progresso sul piano sia contenutistico che stilistico. Poichè l’ampia
conoscenza del diritto, della storia e della cultura in genere, si accoppia a
un’indubbia passione umana, civile e politica, cosicchè anche l’asianesimo col
suo crepitante scoppiettio di concetti e immagini, si presenta non di rado con
movenze più ariose, con cadenze più studiate e con un suo tono particolare che
sotto l’artista fa intravedere l’uomo, il cittadino con la sua humanitas sofferta
e partecipe……………………………………………………………………………………………………………..
Nell’anno 79 a.C. Cicerone lasciò Roma e andò in Grecia per problemi di
salute………………………………………………………………………………………………………………………
Ad Atene grande influsso esercitò su di lui Antioco, capo dell’Accademia,
mentre gli epicurei Fedro e Zenone contribuirono ad esercitarne lo spirito
critica e maestro di retorica gli fu Demetrio Siro. Passò quindi nella provincia
d’Asia e decisivo fu l’insegnamento di Posidonio d’Apamea, un neo stoico di
interessi universali………………………………………………………………………………………………….
Per l’eloquenza il maestro più ascoltato da Cicerone fu Apollonio Molone
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone già nell’anno 88 a.C. aveva frequentato a Roma la scuola di
Molone, ma è adesso che il suo insegnamento acquista una dimensione più
precisa, perché il maestro ha davanti a sé un oratore già abbozzato nelle sue
linee fondamentali, che ha bisogno di essere corretto e rifinito da lui………………..
Corretta dunque e frenata l’esuberanza senza misura propria dei giovani e
cessato l’eccessivo sforzo della voce che rende anche più limpido lo stesso stile
oratorio, Cicerone torna a Roma nell’anno 77
a.C……………………………………………..
Cicerone, ritornato a Roma riprende l’oratoria, sostenendo molte cause, tra
cui quella Pro Quinto Roscio comoedo nell’anno 76 a.C., che ci mostra
l’oratore fare ampio uso di un asianesimo temperato dal buon gusto, rifiutando
la barocca opulenza espressiva della Rosciana e contemporaneamente ricerca
di quella classica e solenne compostezza che Cicerone raggiungerà in
seguito…………………………………………………………………………………………………………………….
Stilisticamente questa orazione è più controllata delle precedenti,perchè:
● le immagini barocche sono eliminate o molto ridimensionate
● i fatti hanno il sopravvento sulle supposizioni
● le cifre sui sentimenti
● le testimonianze sulle illazioni
…………………………………………………………………………………………………………………………………
In conclusione, l’influenza dell’insegnamento di Molone è evidente…………………..
Quale sia stato il giudizio di Pisone in questa causa fu incerto, perché la
posizione processuale di Fannio era forse prevalente, ma la preparazione
giuridica di Cicerone e il suo vigore possono aver avuto la meglio sul quasi
sconosciuto Saturio ……………………………………………………………………………………………..
Cicerone nell’anno 76 a.C. pone la candidatura alla carica di questore ben
consapevole che, se la cultura è necessaria alla formazione del perfetto uomo
politico e la sapienza è soprattutto virtù umana e civile, il dovere dell’attività

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sociale e politica è più forte del dovere della conoscenza. Da tutto discende il
primato del politico sul filosofo e della vita attiva sulla
contemplativa………………..
Viene eletto con facilità tra i primi ed entra in carica il cinque dicembre
dell’anno 76 a.C. e va ad esercitare la sua magistratura a Lilibeo ……………………
Cicerone è consapevole dei suoi doveri e dell’importanza che per la futura
carriera può avere l’espletamento di questo primo incarico ufficiale e non si
risparmia in nessun modo, cercando di conciliare gli interessi dello stato
romano con un senso di profonda giustizia e umanità verso i provinciali abituati
all’esosità dei magistrati e degli scribi…………………………………………………………………..
Intanto Pompeo stava combattendo la guerra di Spagna contro Sertorio,
Lucio Licinio Lucullo si preparava alla campagna contro Mitridate, la
costituzione di Silla andava lentamente sgretolandosi sotto i colpi dei
democratici, quando Cicerone, di ritorno dalla Sicilia, potè come ex questore
entrare di pieno diritto in senato…………………………………………………………………………..
Verre apparteneva ad una famiglia cospicua e ricca se il padre era senatore e
cercava a Roma di aiutare il figlio ponendo riparo alle sue malefatte, con
l’appoggio dei Metelli, degli Scipioni e soprattutto di Ortensio. Egli aveva
cominciato la sua carriera nell’anno 83 a.C. come questore del console mariano
Gneo Domizio Carbone che operava nella Gallia Cisalpina, piantandolo poi
in asso quando le cose cominciarono a mettersi male e passando, dopo essersi
impadronito della cassa dell’esercito, dalla parte di Silla. Entrato nelle grazie
del dittatore, continuò nelle sue ruberie e non rese mai più conto della cassa
rubata, andata perduta, secondo Verre, nel saccheggio di Rimini. Seconda
tappa della sua carriera fu la partenza nell’anno 80 a.C. per la Cilicia prima
come legato, poi, alla morte del questore Malleolo, come propretore del
proconsole Gneo Cornelio Dolabella. Verre continuò a rubare soprattutto
immagini sacre e opere d’arte in vari santuari. Alla morte di Malleolo ebbe
contemporaneamente la possibilità di depredare la provincia e di sogliare
l’orfano di Malleolo di tutti i suoi beni, ricambiando con un tradimento il
benefattore Malleolo. Quando Dolabella, allo scadere del mandato venne
nell’anno 78 a.C. accusato di concussione, Verre si presentò in tribunale tra i
testimoni a carico…………………………………………………………………………………………………..
Nell’anno 74 a.C. Verre pone la sua candidatura alla pretura e viene eletto.
Nel sorteggio degli incarichi è fortunato, perché gli tocca la pretura urbana,
fonte potenziale di immensi guadagni, perchè pone nelle sue mani tutti i
processi civili. Ma egli non si sporca direttamente le mani e fa si che la casa
della sua mante diventi un vero e proprio mercato dove in vendita è l’onore
stesso dello
stato………………………………………………………………………………………………………………………..
Ma la fortuna non lo abbandona, perché allo scadere della carica gli tocca in
sorte il governo della ricca provincia della Sicilia, dove dall’anno 73 a.C.
all’anno 71 a.C. continua e perfeziona le ruberie già perpetrate a Roma
durante la pretura urbana……………………………………………………………………………………..
All’inizio di gennaio dell’anno 71 a.C. Verre lascia l’isola, carico di bottino e già
al corrente che i Siciliani preparavano contro di lui una actio de repetundis,

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incaricando Cicerone dell’accusa, che accetta. Verre passa subito al
contrattacco scegliendo come difensore Ortensio e cercando di influenzare il
nuovo governatore della Sicilia Lucio Cecilio Metello, legato a lui da amicizia
e parentela e facendo presentare contemporaneamente a Cicerone, una
seconda querela contro di lui al presidente della quaestio de repetundis, il
pretore Manio Acilio Glabrione, da un tale Quinto Cecilio Nigro, già
questore di Verre in Sicilia ………………………………………………………………………………...
Il 20 gennaio dell’anno 71 a.C. si svolse il dibattimento preliminare e Cicerone
imposta subito, davanti al pretore il problema su l piano politico e ne mette in
rilievo la gravità, dicendo che al processo sono legati gli interessi vitali dello
stato, connessi con la fiducia nella giustizia e nell’ordine senatorio e non può
essere un Cecilio Nigro qualunque a sostenerli, che oltretutto è privo di validi
argomenti……………………………………………………………………………………………………………….
Cicerone vince il primo atto del processo e gli vengono concessi 110 giorni per
condurre l’inchiesta e trovare testimoni e documenti da portare in tribunale
contro Verre. L a controparte in 21 gennaio dell’anno 71 a.C. fa presentare da
un oscuro avvocato la domanda di accusa contro un ignoto governatore della
Macedonia per reati di concussione commessi in Acaia la nuova causa ebbe la
precedenza, con la riduzione della durata dell’inchiesta a 108 giorni. In base
alla procedura romana la nuova causa ebbe la precedenza e in questo modo
Verre ebbe modo di preparare con più tranquillità i suoi piani di difesa e di
offesa, fidando soprattutto nell’elezione al consolato di Quinto Ortensio e di
Quinto Metello, mentre il fratello di costui Marco Metello, nominato pretore,
avrebbe avuto l’incarico di presiedere il processo. Ma Cicerone, all’arrivo di
Verre a Roma a fine gennaio, gli fa sequestrare in casa documenti
compromettenti e fa l’inventario di tutti gli oggetti di illecita provenienza e
mentre all’inizio di febbraio il successore di Verre, Lucio Cecilio Metello
giunge in Sicilia, a metà febbraio Cicerone partì per la Sicilia accompagnato
dal cugino Lucio. L sua inquisitio dura solo 50 giorni, ma, nonostante gli
ostacoli frapposti da nuovo governatore, viene accolto con entusiasmo dai
siciliani e raccolse documenti e testimoni importantissimi. Tornato a Roma in
aprile, deve attendere lo svolgimento del processo acheo che dura fino a luglio.
Il 27 luglio si tennero le elezioni consolari che elessero consoli Ortensio e
Quinto Metello e alla pretura venne eletto Marco Metello, incaricato della
quaestio de repetundis e per gli amici di Verre, che ha finanziato la
campagna elettorale, la sua assoluzione è cosa fatta. Comunque
Cicerone,nonostante il denaro profuso dall’accusato, viene eletto all’unanimità
edile. Il 5 agosto si apre il processo e la difesa schiera con Ortensio, lo storico
Lucio Cornelio Sisenna e Publio Cornelio Scipione Nasica, che sarà
console nell’anno 52 a.C. Dopo il discorso dell’accusa di un’ora, con una
procedura rivoluzionaria Cicerone dà lettura della lista dei testimoni e dal 6 al
13 agosto procede all’escussione dei testi a carico, ma già il 7 agosto Verre si
assenta dal dibattito fingendosi malato e, senza che Ortensio tenti una difesa,
limitandosi a protestare contro il procedimento in corso o ad intervenire contro
interrogando qualche teste, Verre alla metà di settembre si auto esilia a

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Marsiglia. La speranza di Verre di rinviare il processo fino al nuovo anno,
dove avrebbe avuto dalla sua parte sia i consoli che il pretore, fallisce……………..
La nuova tattica di Cicerone sconvolge i piani di Verre e il secondo
dibattimento è anticipato a metà agosto e Ortensio rinuncia all’arringa di
difesa. Il 20 settembre Verre, quando già tutta l’opinione pubblica l’aveva
condannato, vie dichiarato colpevole dal tribunale. Ortensio riesce soltanto,
all’atto della determinazione dell’ammenda a fargli ridurre il risarcimento dei
furti da lui commessi………………………………………………………………………………………………
Se è vero che il De oratore e il De republica contengono due esigenze che
per Cicerone sono vitali:
● la prima che la vera eloquenza può nascere dalla cultura e non dalle
regole minute della retorica
● la seconda che l’ideale più profondo e sacro della sua vita è la rinascita
della sua patria
si trova in ciò la sintesi più alta di quella Humanitas romana, che in lui è
rappresentata…………………………………………………………………………………………………………
Nella Pro Archia Cicerone innalza il suo inno entusiastico alla missione
civilizzatrice delle lettere e della poesia. Infatti per lui i poeti sono ancora i vati,
che tramandando le imprese degli uomini grandi………………………………………………..
In certo modo Cicerone coglie il senso dell’unità dell’arte, giunge al concetto
che l’arte è riproduzione di un modello ideale, non di un oggetto reale, ma non
riconosce ancora piena autonomia alla vita dell’uomo come spirito…………………….
In questo periodo la sua ignoranza e la sua prevenzione per le arti plastiche
erano quelle della gente comune…………………………………………………………………………..
Cicerone all’epoca del processo contro Verre aveva già visitato la Grecia e la
Sicilia e per lui l’arte si esauriva nell’eloquenza e nella poesia…………………………..
Ad ogni modo, è Cicerone artista della parola come virtù civica, la forma più
nobile dell’attività del cittadino, che vince il processo. Anzi, proprio
nell’orazione De signiis si coglie uno stile più ornato, più veemente
nell’orazione De supplicis dove il patetico prende il sopravvento. Le
disquisizioni giuridiche dell’orazione De praetura urbana e della De praetura
Siciliensi, le questioni tecniche dell’orazione De frumento comportano dei
toni differenti, dove stile temperato, stile sublime e stile familiare non si
escludono mai………………………………………………………………………………………………………..
Le esuberanze talvolta gratuite delle orazioni che precedono Le Verrine sono
superate, sostituite da un gusto che si effonde in un’ampiezza maestosa e tutta
ritmica…………………………………………………………………………………………………………………….
Cicerone raggiunge la piena maestria nell’uso dei tre diversi stili e della
varietas nelle Verrine, contemporaneamente alla decadenza di Ortensio che
aveva il torto di non aver cambiato stile, provocando da sé il proprio
declino…………………………………………………………………………………………………………………….
Con le Verrine Cicerone vinse la causa e per sottolineare il crollo di Ortensio
scrive la fittizia actio secunda, cioè quella accusatio perpetua, in cui recita
in maniera retoricamente perfetta ciò che egli accenna appena nel corso
dell’interrogatorio dei testimoni prodotti………………………………………………………………

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Ancora una volta la parola è posta al servizio della civitas trascende la
quaestio de repetundis e la figura stessa di Verre. Cicerone, quindi,
accettando di sostenere l’accusa contro Verre, si mantenne fedele a quei
principi che gli avevano fatto accettare la difesa di Sesto Roscio Amerino
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Soprattutto lo strapotere di una ristretta oligarchia senatoria che mina alle basi
l’autorità e la credibilità stessa dello stato e spadroneggia a Roma e nelle
provincie violando ogni legge ed è sicura dell’impunità perché tutti i tribunali
sono nelle sue mani……………………………………………………………………………………………….
Cicerone, inoltre appoggia l’ordine equestre, di cui è sempre stato il paladino
e in questo modo appoggia pure Pompeo, favorevole all’abolizione del
monopolio dei senatori nelle giurie dei tribunali…………………………………………………..
In realtà Cicerone rimase sempre un tattico, non divenne mai uno stratega
della politica, tanto meno fu un uomo d’azione più che di pensiero. Egli ebbe
l’abilità tattico-politica e la conoscenza profonda della vita e
dell’amministrazione dello stato, ma non gli bastarono per sopravvivere, come
non gli bastò la sua filosofia, la sua eloquenza e la sua humanitas. Nel
dicembre dell’anno 43 a.C., a pochi giorni di distanza da Cicerone, moriva a
Marsiglia, anche lui per mano di Antonio, Gaio Verre. Coerenti entrambi,
fino alla fine: Cicerone pagò con la vita la fedeltà all’ideale della libertà, Verre
alla sua passione per l’arte, perché preferì la morte piuttosto che cedere ad
Antonio i suoi bellissimi vasi di Corinto …………………………………………………………….
Cicerone fu eletto edile nell’anno 69 a.C. all’unanimità……………………………………..
L’edilità non era una tappa obbligata del cursus honorum, ma utile per
conquistarsi l’elettorato con la magnificenza dei giochi, la cui organizzazione
spettava agli edili…………………………………………………………………………………………………..
Contemporaneamente continuò la sua attività di avvocato difendendo
dall’accusa di concussione Marco Fonteio, ex governatore della Gallia
Narbonese. L’accusa era sostenuta da un Marco Pletorio e coaccusatore era
Marco Fabio …………………………………………………………………………………………………………
I principali capi d’accusa riguardavano:
● l’illegale applicazione della Lex Valeria de aere alieno dell’anno 86 a.C.
● la requisizione di frumento
● l’imposizione di contributi in denaro e di contingenti di cavalleria da
inviare agli eserciti romani che operavano in Spagna contro il ribelle
Sertorio
● la costruzione e la manutenzione di strade di interesse militare, specie
della via Domizia, che collegava i Pirenei con il Rodano
● l’illegalità dell’esazione di dazi sul vino
● la condotta della guerra contro la tribù dei Voconzi
● la distribuzione dei quartieri d’inverno per le truppe
…………………………………………………………………………………………………………………………………
Cicerone non controbatte le accuse, negandone semplicemente la fondatezza,
respingendo la credibilità dei testi a carico ed esaltando l’operato di Fonteio,
magistrato onesto, energico esclusivamente rivolto al bene dello stato, per

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concludere con la minaccia dei Galli contro Roma nel caso che Fonteio venga
condannato……………………………………………………………………………………………………………..
Questo è un processo che pone due problemi:
1. uno di carattere storico-politico, costituito dall’intervallo troppo lungo
trascorso tra il ritorno di Fonteio dalla provincia e la sua incriminazione
2. l’altro di carattere più strettamente etico, concernente la persona stessa
di Cicerone. Ci si chiede, infatti, come mai Cicerone, l’accusatore di
Verre, qui diventa il difensore di Fonteio, cioè di un oppressore
Per concludere Fonteio sarà stato esoso e avrà pure sfruttato la provincia, ma
certo nei limiti di ciò che a Roma era ritenuto uno sfruttamento legale.
Comunque, dal punto di vista degli interessi romani fu un propretore energico
e Cicerone, difendendolo, non solo fece cosa grata ai cavalieri, che Fonteio
aveva in provincia favorito e di cui Cicerone fu in naturale difensore, ma non
contravvenne nemmeno alla sua coscienza di cittadino amante della giustizia e
di magistrato custode della legalità…………………………………………………………………...
Sempre nell’anno 69 a.C. viene pubblicata la quarta e ultima delle arringhe
pronunciate da Cicerone in processi di diritto civile. Si tratta di una
controversia possessoria tra Cecina, appartenente ad un’antica e ricca famiglia
etrusca originaria del municipio di Volterra e un tale Sesto Ebuzio ……………….
La corte aggiornò la causa per ben due volte e l’arringa di Cicerone,
pronunciata nella terza udienza è in sostanza un’analisi puntuale
dell’interdetto, che fu giudicata noiosa anche dagli antichi per le prolisse
argomentazioni giuridiche……………………………………………………………………………………..
Cicerone vinse la causa con una capziosa dialettica e Cecina gli fu grato per
molti anni………………………………………………………………………………………………………………..
Ma ciò che ancor oggi resta valido di questa causa è la convinta partecipazione
con cui Cicerone sostiene la tesi che la lettera della legge non deve
sovrapporsi allo spirito di giustizia………………………………………………………………………..
In questa orazione c’è la consapevolezza che delle illegalità vennero perpetrate
nel corso delle guerre civili, quando dei cives Romani, solo perché furono del
partito opposto, vennero considerati nemici pubblici…………………………………………..
In conclusione con questa orazione Cicerone fece un altro passo avanti nella
piena padronanza di tutti gli stili dell’oratoria………………………………………………………
Cicerone venne eletto pretore al primo posto tra tutti i candidati. Un risultato
che non premia solo la sua popolarità e bravura di avvocato, ma pure la fides
del civis e l’onestà dell’homo in una società lacerata dagli odi di parte e
dominata dall’arbitrio dei pochi……………………………………………………………………………..
Gli tocca in sorteggio la presidenza del tribunale competente a giudicare le
cause di concussione, ma egli comprende che deve prendere posizione e
conquistarsi una posizione di primo piano…………………………………………………………….
L’occasione si presentò quando il tribuno della plebe Gneo Manilio presenta
una rogatio per attribuire a Pompeo il comando supremo della guerra contro
Mitridate, re del Ponto e suo genero Tigrane, re d’Armenia …………………………
Cicerone fece la sua proposta, presentandosi sui rostri e pronunciando il suo
primo discorso politico in veste di magistrato della repubblica: l’orazione De
imperio Gnei Pompei …………………………………………………………………………………………

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Un vero accordo tra Cicerone e Pompeo si può far risalire all’anno 75 a.C.,
quando Cicerone collaborò in Sicilia, come questore di Lilibeo con i clienti di
Pompeo e divenne particolarmente stretto nell’anno 70 a.C., quando i loro
interessi coincisero nella lotta contro Verre e l’ala estremista degli ottimati nel
tentativo di conservare l’autonomia del senato………………………………………………….
Pompeo, pur desideroso, come Cicerone di togliere il monopolio del potere
alla più retriva oligarchia senatoria, mantenne un atteggiamento corretto e
rispettoso verso il senato e riuscì pure, con le riforme attuate nell’anno del suo
consolato, a guadagnarsi il favore della classe dei cavalieri, con cui avevano
strettissimi rapporti il suo collega Crasso e lo stesso Cicerone ……………………….
Quando il tribuno della plebe Gabinio nell’anno 67 a.C. presentò la rogatio
perché si affidassero poteri straordinari a Pompeo per condurre
energicamente la guerra contro i pirati che infestavano il Mediterraneo
danneggiando gravemente i traffici e provocando in Italia e a Roma una vera
e propria carestia per mancanza di approvvigionamenti, venne appoggiata
dalla plebe romana senza riserve………………………………………………………………………….
Cicerone non partecipò direttamente, ma che fosse sostanzialmente
favorevole alla rogatio Gabinia ce ne informa l’orazione De imperio Gnei
Pompei …………………………………………………………………………………………………………………
L’orazione ha una tessitura perfetta:
● nell’exordium l’oratore si presenta al popolo e spiega i motivi del suo
intervento
● nella narratio l’oratore espone rapidamente l’argomento sottolineando
l’importanza del dibattito, che verte su tre punti fondamentali:
1. nel primo punto l’oratore mette a fuoco la questione militare e
politica, precisando che nella guerra mitridatica sono in gioco la
gloria del popolo romano, la salvezza dei provinciali e degli alleati,
le entrate fiscali dello stato e i beni di moti cittadini
2. nel secondo punto l’oratore fa notare che si tratta di una guerra
importante e difficile cui i Romani hanno riportato vittorie
strepitose, ma accompagnate e seguite da gravi disastri
3. nel terzo punto l’oratore dice che bisogna scegliere un nuovo
condottiero, Pompeo, che unisce alle virtù dell’animo, le doti del
grande generale
● nella perorazione l’oratore conclude il discorso incitando Gabinio a
perseverare nel suo atteggiamento e per quanto riguarda Cicerone egli
non può che impegnarsi ad anteporre a tutto il bene della patria
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Considerando l’Orator si è d’accordo sul valore artistico dell’orazione, ma
molto divergenti sono stati i giudizi sul punto di vista etico e politica.. Infatti lo
si accusò di aver parlato a favore della legge Manilia per acquistarsi l’appoggio
di Pompeo e aprirsi la strada al consolato, senza prevedere che, così
operando, contribuiva alla rovina delle istituzioni repubblicane, per cui al
perseguimento del privato interesse si accompagnerebbe la miopia
politica…………………………………………………………………………………………………………………….

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Si è già detto della convergenza politica di Pompeo con quella di
Cicerone,mirante all’accordo tra l’ala più moderata del senato e la classe dei
cavalieri, che costituirà l’obiettivo costante dell’attività politica di Cicerone
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Era contraria alla rogatio solo l’ala oltranzista dell’oligarchia senatoria, ma di
essa Cicerone parla sempre con moderazione, senza acrimonia né sarcasmo,
perché egli vuole tentare l’accordo, aprire la strada all’incontro, non fomentare
lo scontro………………………………………………………………………………………………………………..
In conclusione si può affermare che Cicerone non fu uno stratega della
politica, ma solo un tattico…………………………………………………………………………………….
In questa situazione, dunque, Cicerone dette prova di realismo politico e la
sua linea politica ottenne buoni risultati. Infatti la rogatio Manilia fu
convertita in legge con l’unanimità dei suffragi e Pompeo in pochi anni
conquistò tutta l’Asia minore, rafforzando l’autorità di Roma in Oriente
………………………………………………………………………………………………………………………………..
La causa penale più famosa da lui sostenuta nell’anno della pretura fu quella
intentata contro Cluenzio e la difesa pronunciata da Cicerone fu insieme un
orripilante quadro di depravazione e scelleratezza dell’aristocrazia municipale e
un mirabile esempio di abilità avvocatesca e di bravura
oratoria………………………..
In questa causa l’accusatore fu Oppianico il giovane, spinto ad intentare
l’accusa da Sassia, ultima moglie di suo padre Oppianico, morto due anni
prima in circostanze oscure. L’accusato fu Cluenzio, figlio di primo letto di
Sassia, e appartenente ad una delle famiglie più facoltose e di rango equestre
del municipio di Larino. L’accusa di avvelenamento del patrigno e di altre due
persone, era sostenuta davanti alla quaestio de veneficiis e presieduta
nell’anno 66 a.C. da Quinto Voconio Nasone e da Tito Attio di Pesaro:
difensore fu Cicerone …………………………………………………………………………………………..
Oppianico per impossessarsi dei suoi beni tenta di avvelenare il figliastro
Cluenzio, incoraggiato dalla sua ultima moglie Sassia, che odiava il figlio
Cluenzio, che la rimproverava per la sua sfrenata libidine…………………………………
Una causa molto difficile per Cicerone, soprattutto perché l’accusatore poteva
giovarsi del fatto che proprio il suo avversario aveva più volte, in orazioni
precedenti citato il iudicium Iunianum, come esempio della corruzione dei
tribunali senatorii…………………………………………………………………………………………………..
Concludendo, si tratta di un’orazione letterariamente bella, che lo stesso
Cicerone porta ad esempio di mescolanza di stili……………………………………………….
Cicerone assunse la difesa di Cluenzio, perché era un cavaliere assai in vista
e aveva in parecchi municipi amici molto influenti, che sarebbero stati preziosi
quando Cicerone avrebbe posto la sua candidatura al consolato………………………
Ancora una volta, quindi, Cicerone riafferma la sua posizione di uomo di
centro e la sua volontà di accattivarsi la maggioranza dell’opinione pubblica,
certamente influenzata dai ricchi e dai potenti, anche se ciò lo porta talvolta,
nella discussione, a contraddire se stesso……………………………………………………………
Nell’anno 66 a.C. vengono eletti consoli per l’anno successivo Publio Autronio
Peto e Publio Cornelio Silla, costretti a rinunciare alla carica perché

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condannati pre broglio elettorale. Al loro posto salgono al consolato Lucio
Aurelio Cotta e Lucio Manlio Torquato, contro cui si ordisce nell’anno 65
a.C. un golpe da parte dei due consoli condannati………………………………………………
Cicerone, preso dai suoi impegni d’avocato e dalla preoccupazione di
conquistarsi un elettorato sempre più vasto, rinunciò al governo di una
provincia come propretore…………………………………………………………………………………….
Nell’anno 67 a.C. Cicerone assunse la difesa del popularis Gaio Cornelio,
accusato De maiestate dall’ala estremista dell’oligarchia senatoria, che voleva
colpire , attraverso Gaio Cornelio, i poteri dei tribuni della plebe. Il
dibattimento durò quattro giorni e Gaio Cornelio fu assolto. Cicerone,
pubblicando la sua difesa in due arringhe, divenne molto popolare tra la
plebe……………………………………………………………………………………………………………………….
L’elettorato, dunque andava non solo conquistato con le arti tradizionali
dell’ambizione, ma cosa altrettanto difficile conservato. In questo gli fu molto
utile l’appoggio di:
● Attico, amico di Cicerone, assai influente per le sue aderenze presso
tutti i ceti, grazie alle sue ricchezze
● Quinto, fratello di Cicerone, che scrisse un manifesto elettorale per il
fratello, in cui si esaltano le benemerenze in ogni campo
………………………………………………………………………………………………………………………………..
In questo clima arroventato dalla più sfrenata ambizione e dai più contrastanti
interessi si tengono i comizi per l’elezione dei consoli. Gaio Antonio Hybrida
ottenne il secondo posto, lasciandosi di poco dietro Catilina, mentre Cicerone
viene eletto primo, con i voti di tutte centurie……………………………………………………..
Cicerone entrò in carica come console il primo gennaio dell’anno 63 a.C. e
attaccò violentemente in senato la rogatio agraria, presentata dal tribuno
della plebe Publio Servilio Rullo ……………………………………………………………………….
Con la rogatio agraria si voleva dare dignità umana e civile ad una massa di
diseredati che vivevano a Roma ai limiti della sopravvivenza e avviare a
soluzione quella questione sociale che da tanto tempo travagliava la vita della
repubblica. Si voleva, infatti, lo sviluppo della piccola proprietà contadina
italica, cioè di una agricoltura intensiva che rendesse autosufficiente l’Italia,
che versava in stato di grave abbandono per le guerre civili, che avevano
svuotato le campagne di agricoltori e favorito la formazione dei grandi
latifondi…………………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone deve pagare il debito contratto col suo potente ed esigente
elettorato e deve difendere gli enormi interessi che i cavalieri avevano nelle
provincie, tra cui gli immensi latifondi ottenuti in locazione dallo stato a prezzi
irrisori. Inoltre deve dare prova di assoluto lealismo al senato e agli ottimati
ora che è stato, finalmente, accolto tra loro. Soprattutto non può far cosa
sgradita al potentissimo Pompeo, che non voleva intralci nella sua opera di
generale e di ordinatore delle nuove provincie d’Asia
………………………………………………………………
Tra i partecipanti all’uccisione del tribuno della plebe Lucio Apuleio
Saturnino c’era il senatore Gaio Rabirio, che dava ai populares la possibilità

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di avviare l’azione giudiziaria de perduellione contro di
lui………………………………………………..
Gaio Rabirio venne dai duumviri ritenuto colpevole e condannato alla
crocefissione…………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone in senato riuscì a bloccare la procedura duumvirale, in forza della
sua maior potestas di console,impedendo, così, l’arresto dell’imputato e
facendolo presentare libero davanti ai comizi centuriati, con la possibilità di
evitare con il volontario esilio la condanna a morte. Il processo d’appello si
svolse nel Campo Marzio, dove si riunivano i comizi centuriati, sotto la
presidenza del pretore Quinto Metello Celere. L’accusa è sostenuta dal
tribuno della plebe Labieno, mentre la difesa schiera Cicerone e Ortensio.
Cicerone inizia a parlare dopo che Ortensio ha dimostrato che ad uccidere
Saturnino non è stato l’imputato, ma lo schiavo Sceva. Cicerone sottolinea
già nell’esordio la natura politica della causa, con cui si mira a sovvertire fin
dalle fondamenta lo stato romano, la cui salvaguardia è riposta nell’autorità del
senato e nel suo diritto di affrontare le situazioni d’emergenza con
l’emanazione del senatus consultum ultimum ………………………………………………
Gaio Rabirio fu definitivamente prosciolto dall’accusa di de perduellione
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Cesare promosse l’accusa non per ostilità verso il vecchio Gaio Rabirio e non
soltanto per i grandi ideali democratici, ma per guadagnarsi popolarità e
agevolare il suo cursus honorum, coadiuvato in ciò dal tribuno della plebe
Labieno ………………………………………………………………………………………………………………..
Una conferma dell’involuzione in senso conservatore della politica ciceroniana
si ha quando i populares propongono l’annullamento della lex Cornelia de
proscriptione con la conseguente concessione ai figli dei proscritti sillani dei
diritti politici. Si tratta dei figli di fautori di Mario, cioè di populares sgraditi
agli ottimati, Cicerone si oppone e fa bocciare la richiesta…………………………………
Giunta l’estate si da più accesa la lotta politica per le cariche pubbliche e gli
ottimati sono preoccupati della nuova candidatura al consolato di Catilina,
fortemente sostenuto dai populares. Dietro di lui c’erano Cesare e Crasso,
che pensavano di farne, una volta eletto, il proprio strumento…………………………..
Cicerone getta nella lotta tutto il peso della sua autorità consolare, sposando
pienamente la causa degli ottimati e creando il clima di una santa alleanza
contro il pericolo pubblico Catilina. Per stroncare le manovre di
corruzioneelettorale Cicerone si fa promotore di una nuova legge contro il
broglio, la lex Tullia de ambitu, che per i colpevoli prevedeva anche l’esilio
decennale……………………………………………………………………………………………………………….
Cicerone contribuisce in modo determinante alla elezione di Lucio Licinio
Murena, già legato di Lucullo in Asia, in favore del quale votarono 1.600
legionari in città per prendere parte al trionfo del loro ex generale……………………
Le elezioni si svolsero senza incidenti e vennero eletti consoli Lucio Licinio
Murena e Decimo Giunio Silano. A questo punto Catilina, fallite tutte le vie
per giungere al potere nel rispetto della legalità organizzò il suo colpo di statoi
e contemporaneamente venne abbandonato sia da Cesare che Crasso …………

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L’azione decisiva di Catilina e i suoi sostenitori fu fissata il 27 ottobre in
Etruria, sotto la guida dell’ex centurione sillano Gneo Manlio e il giorno
successivo a Roma, con l’incendio della città e l’eccidio degli ottimati.
Cicerone, che ha una spia tra i congiurati, ne viene informato e nella seduta
del senato del 22 ottobre ottiene l’emanazione del senatus consultum
ultimum ………………………………………………………………………………………………………………..
Verso la fine del mese giunge notizia di movimenti di ribelli in varie regioni
d’Italia e si prendono in conseguenza provvedimenti militari per difendere la
sicurezza dello stato fuori e dentro Roma ……………………………………………………………
Cicerone, solamente quando venne informato dei piani particolareggiati del
piano insurrezionale, convocò 8 novembre il senato nel tempio di Giove
Statere e attaccò con una violenta invettiva (prima Catilinaria) Catilina, che
a sua volta si presento in senato per stornare i sospetti di sedizione mossegli
contro……………………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone, che non può ancora rischiare una votazione che lo stesso Catilina
richiese, fiducioso nell’indecisione di molti senatori, si affidò alla sua
travolgente oratoria per costringere l’avversario ad un’azione di aperta
ribellione…………………………………………………………………………………………………………………
Subito dopo si accumulano, una dietro l’altra, con ritmo incalzante e
stringente le accuse più gravi contro Catilina e l’ordine di andarsene da una
città che è stata testimone delle sue orge e dei suoi delitti, dove tutti lo odiano
e lo disprezzano……………………………………………………………………………………………………..
E quella di Catilina fu la partenza di un nemico, che raggiunse altri nemici, ma
per Cicerone egli deve partire da Roma con tutti i suoi, perché solo così ogni
complotto sarà stroncato e Roma liberata per sempre dal pericolo…………………..
Al termine dell’orazione di Cicerone Catilina si sente completamente isolato,
non trova parole e abbandona l’assemblea, lasciando Roma la notte
stessa……………………………………………………………………………………………………………………..
Una vittoria per il console, che all’indomani dai rostri parla al popolo (seconda
Catilinaria) …………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone termina questa orazione al popolo con una perfetta fusione di
solenne e di patetico, di fervore e di pensosità. Questa orazione fu la più ricca
di colore e di immagini delle quattro Catilinarie ………………………………………………..
Nel corso del suo consolato Cicerone si è spinto verso le posizioni dell’ala più
conservatrice del senato e non pensa per nulla ad un programma che
risolvesse il problema della miseria in Italia ………………………………………………………
Catilina giunse a metà novembre al campo di Manlio presso Fiesole con i
fasci e le altre insegna consolari assumendone il comando e preparando
l’esercito alla guerra, Il senato risponde subito con:
● inviare contro Catilina del console Antonio Hybrida con le forze armate
repubblicane
● affidando a Cicerone la difesa di Roma
………………………………………………………………………………………………………………………………..

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In questo periodo fu intentato un processo per broglio elettorale, in forza della
lex Tullia de ambitu, al console designato per l’anno successivo Lucio
Licinio Murena, da un competitore battuto alle elezioni consolari…………………….
Si forma quindi un collegio di difesa formato dal console Cicerone, da
Ortensio e da Crasso ………………………………………………………………………………………….
Al collegio dell’accusa oltre a Servio Sulpicio, venne affiancato Marco Porcio
Catone, un nobile di antico stampo, di rigida moralità e strenuo difensore della
legalità…………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone parla per ultimo dopo gli altri due difensori, che hanno confutato sul
piano giuridico, le accuse vere e proprie di broglio, cosicchè egli può occuparsi
di questioni sostanzialmente politiche…………………………………………………………………..
In questo processo lo scopo preminente di Cicerone fu quello di dimostrare la
necessità politica della validità dell’elezione di Murena, dove concludendo la
sua arringa scongiura i giurati di mostrarsi pietosi e di conservare Murena alla
sua famiglia e alla patria………………………………………………………………………………………..
Nel frattempo sempre più pericolosa si fa l’attività dei catilinari rimasti a
Roma, capeggiati dal pretore Lentulo Sura e appoggiati dal tribuno della
plebe designato Lucio Bestia, che promette di indire un’assemblea popolare
per scatenare l’odio della plebe contro Cicerone ……………………………………………….
Cicerone, venuto a conoscenza, tramite un uomo fidato, della congiura che
stanno preparando i catilinari a Roma, il 3 dicembre li fa arrestare al ponte
Milvio dai pretori Flacco e Pomptino e li pone agli arresti domiciliari in casa
di alcuni senatori…………………………………………………………………………………………………….
Viene indetta nel tardo pomeriggio un’assemblea popolare per informare il
popolo e Cicerone pronuncia dai rostri la terza Catilinaria ……………………………..
Il giorno dopo, il 4 dicembre, il senato si riunì nel tempio della concordia per
decidere che premi dare a Tito Volturcio e ai Galli Allobrogi, che avevano
denunciato la congiura………………………………………………………………………………………….
L’indomani il senato viene nuovamente convocato nello stesso tempio del
giorno precedente e viene posta all’ordine del giorno la questione della pena da
dare ai congiurati……………………………………………………………………………………………………
Dopo vari interventi Cicerone si alza e pronuncia la sua orazione (quarta
Catilinaria) …………………………………………………………………………………………………………..
Questa fu l’orazione più fiacca delle Catilinarie, perché lascia una impressione
di ambiguità e di improvvisazione. E ciò fu provato dal fatto che non fu il
discorso di Cicerone a far decidere il senato, ma l’orazione di Catone, che
sostenne la necessità della pena di morte per i congiurati, che la sera stessa
furono strangolati nel carcere Mamertino …………………………………………………………
Cicerone pagherà a caro prezzo la vittoria per aver sventato la congiura di
Catilina. Infatti quando il 29 dicembre volle, prima di deporre la carica di
console, parlare al popolo per esaltare il suo operato, il tribuno della plebe
Quinto Cecilio Metello Nepote pose il veto, permettendogli solo di
pronunciare il giuramento di rito……………………………………………………………………………
Con l’inizio del nuovo anno Catilina muore combattendo nelle vicinanze di
Pistoia contro le truppe di Petreio, legato del console Antonio ……………………..

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Nel processo contro Lucio Cornelio Silla, nipote del dittatore, accusato di
aver partecipato alle due congiure di Catilina, Cicerone ha nuovamente
accanto nel collegio di difesa, Ortensio, a cui è toccata la confutazione
dell’accusa di partecipazione alla prima congiura, mentre a Cicerone tocca,
invece, dimostrare l’infondatezza dell’accusa di partecipazione alla
seconda…………………………………………………………………………………………………………………..
Si potrebbe affermare che Cicerone patrocinò questa causa contro voglia e
che si anima solo quando egli si sente dimenticato o vilipeso. Comunque egli
raggiunge il suo scopo e l’imputato viene assolto………………………………………………..
Una causa del tutto particolare fu quella sostenuta qualche tempo dopo da
Cicerone in difesa del poeta Archia, accusato da un tale di nome Grattio, in
base alla lex Papia de civitate dell’anno 65 a.C., di usurpazione della
cittadinanza romana. La condanna comportava l’espulsione da Roma degli
stranieri e il rinvio dei federati latini nelle loro
città……………………………………………..
Nella Pro Archia Cicerone fa la lode più appassionata all’Humanitas, intesa
come cultura, come nutrimento e arricchimento dello spirito, fuori di ogni
implicazione sociale e politica. Questo concetto, filtrato attraverso una lunga e
complessa tradizione, che risale fino al circolo scipionico, è imbevuto di teoresi
greca e inserito in una pagina dove si celebra l’eterna missione della poesia,
rivolta all’incivilimento, costante e progressivo dell’uomo…………………………………..
La causa celebratasi davanti ad un tribunale presieduto da un letterato, viene
vinta da Cicerone ………………………………………………………………………………………………..
Verso la fine dell’anno torna a Roma dall’Oriente Pompeo mentre Cesare
parte per la Spagna Ulteriore come propretore di quella provincia e Crasso
per l’Asia per curare i suoi interessi finanziari……………………………………………………..
L’accordo fra i tre più potenti personaggi di Roma, cioè della fazione di
Pompeo, dei popolari di Cesare e dell’alta finanza legata a Crasso fu una
miopia politica degli ottimati. Pompeo e Crasso assicurarono a Cesare il
consolato del l’anno 59 a.C. e Cesare assicura a Pompeo la distribuzione delle
terre ai veterani del suo esercito e a Crasso l’accoglimento delle richieste dei
pubblicani. In questo modo sorse il primo triunvirato, un’alleanza privata tra
cittadini…………………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone riconosce il fallimento del suo ideale della concordia ordinum e
praticamente si ritirò dalla scena politica……………………………………………………………..
Cicerone viene strappato dal suo ritiro per difendere Gaio Antonio Hybrida,
suo collega nel consolato del 63 a.C., trascinato in tribunale dai populares per
vendicarsi dell’appoggio da lui dato a Cicerone nella lotta contro Catilina
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Questa volta la difesa della sua linea politica e il ricordo delle sue glorie non
conquistano la giuria e Gaio Antonio Hybrida viene condannato…………………….
La situazione di Cicerone , a cui il consolato di Cesare ha tolto ogni peso, si fa
ancora più difficile ed egli si allontana da Roma ………………………………………………..
Ormai Cicerone non viene a Roma che per gli impegni professionali e presta
volentieri il suo patrocinio a Lucio Valerio Flacco, accusato di concussione al

23
ritorno dal governo della provincia d’Asia. Del collegio di difesa, oltre a
Cicerone, fa parte pure Ortensio ………………………………………………………………………
Anche questo fu un processo politico intentato dai populares a ritorsione delle
numerose causae coniurationis promosse dagli ottimati contro i populares
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone si rende conto delle difficoltà del processo e fin dall’esordio proclama
con energia che egli non ha la funzione di difendere Flacco da colpe che non
ha mai commesse, bensì di impedire che il suo ex pretore veda spezzata la sua
carriera politica e che in lui vengano colpiti tutti i veri difensori della
repubblica……………………………………………………………………………………………………………….
Un peso determinante nell’assoluzione di Lucio Valerio Flacco ebbe, al
momento della votazione, l’appoggio dei cavalieri facenti parte della giuria, che
ben trattati da Flacco durante la sua pretura urbana e il successivo governo
della provincia, unirono i loro voti a quelli dei senatori conservatori e lo
mandarono assolto…………………………………………………………………………………………………
Questo processo si ritiene concluso in novembre, quando erano stati eletti
consoli dell’anno 58 a.C. Gabinio, fautore e confidente di Pompeo e Lucio
Pisone Cesonino, suocero e sostenitore di Cesare. Clodio era stato a sua
volta eletto tribuno della plebe e covava la vendetta su Cicerone. In sostanza
lo stato era tutto in mano ai tre triunviri………………………………………………………………
Il 4 agosto dell’anno 57 a.C. i comizi centuriati approvano la lex Cornelia che
ordina il ritorno di Cicerone e la restituzione dei suoi beni………………………………..
Cicerone entrò a Roma il 4 settembre e il giorno seguente pronuncia il suo
discorso di ringraziamento in senato e subito dopo quello al popolo. Sono due
orazioni appassionate i cui motivi sono quelli della gratitudine verso gli
amici……………………………………………………………………………………………………………………….
I due discorsi sono in sostanza differenti:
● Nel primo, parlando davanti ai più alti magistrati della repubblica egli
vuole soprattutto dare testimonianza di un uomo di stato ad altri uomini
di stato
● Nel secondo discorso al popolo prevalgono i sentimenti sulla ragione e si
esagera l’azione del popolo in suo favore. La chiusa è anche qui piena di
promesse che dovrebbero trovare fondamento nel patriottismo
consapevole e coerente dell’oratore.
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone per sdebitarsi nei confronti di Pompeo, propone in senato di affidargli
la curatio annonae per cinque anni con potere proconsolare assoluto e 15
legati a sua scelta, provocando le ire dei populares e di Clodio, che lo aveva
mandato in esilio……………………………………………………………………………………………………
Cicerone il 29 o il 30 settembre pronuncia davanti al collegio dei pontefici
l’orazione De domo sua per ottenere la restituzione della sua casa,
confiscatagli quando fu mandato in esilio, vincendo la causa e ottenendo anche
un indennizzo per il saccheggio delle ville di Tuscolo e Formia ……………………….

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Nell’orazione de haruspicum responsis Cicerone cerca di dissipare una
atmosfera di animosità che lo circondava spiegando il suo atteggiamento e
riallacciandosi in questo alla De domo ………………………………………………………………..
Il fulcro dell’orazione consiste nella confutazione delle accuse. I prodigi sono
conseguenza di tutti i delitti in cui Clodio e i suoi amici sono immersi fino al
collo, poiché bisogna ascoltare gli avvertimenti degli dei che invitano a troncare
le discordie tra i boni e a provvedere con urgenza alla stabilità dello
stato………………………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone si assunse la difesa di Publio Sestio, tribuno della plebe dell’anno 57
a.C., suo amico e sostenitore, facendolo uscire assolto dall’accusa De vi
intentatagli da Marco Tullio Albinovano …………………………………………………………..
Tutta l’orazione ha carattere politico, perché l’assoluzione di Publio Sestio
significa contemporaneamente la vittoria di Cicerone e quella del partito
conservatore, che aveva registrato un punto a suo vantaggio con il suo
richiamo dall’esilio………………………………………………………………………………………………….
La Pro Sestio ha, per la straordinaria ricchezza e varietà di motivi, un posto a
parte nell’oratoria ciceroniana dopo il ritorno dall’esilio. In essa si intrecciano ai
ricordi personali di Cicerone e soprattutto alle sue sofferenze, problemi
filosofici, politici, retorici e letterari……………………………………………………………………….
Nella Pro Sestio l’esaltazione del passato non è mai dimenticanza del presente
ma avvio a una pars construens, che testimonia la buona volontà di
Cicerone, la sincerità della sua fides di cittadino pur nell’angustia delle sue
posizioni e nel velleitarismo dei suoi disegni di rinnovamento di una realtà
tanto amara e meschina che non sa fare altro che opporre le bande di Sestio e
di Milone a quelle di Clodio e di Vatinio …………………………………………………………..
Nell’Interrogatio in Vatinium testem Cicerone non vuole soltanto
distruggere l’attendibilità della deposizione, ma demolire dalle fondamenta
tutto l’operato di Vatinio durante il suo tribunato del 59 a.C., presentandolo
come un figuro della peggior risma, abituato a pescare nel torbido per i suoi
sporchi interessi che non hanno nulla a che fare con quelli dello stato……………..
Cicerone nell’orazione in difesa di Marco Celio, accusato dalla sua amante
Clodia di averle sottratto dei gioielli e di volerla avvelenare, afferma che non
c’è nessuna prova che Celio abbia sottratto dell’oro a Clodia per commetter
atti di violenza e nessuna prova che abbia voluto avvelenarla. C’è solo la
vendetta di una donna abbandonata dietro la quale c’è la volontà di nuocere al
partito conservatore……………………………………………………………………………………………….
Celio viene assolto e questo per populares è un colpo assai grave………………….
Pochi giorni dopo la partenza di Cicerone per la campagna, il convegno dei
triumviri a Lucca, avvenuto verso la metà di aprile, segnò una svolta decisiva
nella politica romana e la fine di ogni illusione di reale ritorno della libertà
repubblicana…………………………………………………………………………………………………………..
L’avvicinamento di Cicerone ai triumviri fu una necessità dura e dolorosa. Nè
lo confortarono l’esempio di molti senatori e cavalieri e i consigli in tal senso
del fratello Quinto e del carissimo amico Attico. Il suo tributo alla nuova
causa lo paga pronunciando l’orazione De provinciis consularibus, in cui
all’esaltazione delle vittorie di Cesare e alla conseguente necessità di

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prorogargli per altri cinque anni l’imperium nelle Gallie, si contrappone la
fiera requisitoria contro Gabinio e Pisone con la proposta di sostituirli al più
presto, il primo nel governo della Siria e il secondo in quello della Macedonia
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Nell’orazione di difesa Pro Lucio Cornelio Balbo a Cicerone spetta la
peroratio. Questo processo fu difficile per le sue implicanze giuridiche e
diplomatiche , ma accortamente Cicerone lo sposta sul piano politico e , dopo
aver dimostrato con logica stringente la validità della concessione della
cittadinanza da parte di Pompeo e dell’accettazione di essa da parte di Balbo,
ritorna ad insistere sulla gelosia che la posizione politica e sociale di Balbo
suole destare anche per il desiderio di colpire i suoi amici attraverso di lui. La
perorazione trova il suoi fulcro nell’elogio di Cesare e Pompeo, i due potenti
amici di Balbo, intorno a cui Cicerone ha fatto ruotare tutto il processo…………
L’assoluzione di Balbo è certa ed è anch’essa una sconfitta dell’ala estrema
del partito conservatore…………………………………………………………………………………………
Cicerone lascia Roma in primavera e a Napoli si incontra con Pompeo, che
gli restituisce la visita nella villa di Cuma. Non molto tempo dopo ritorna dalla
Macedonia Lucio Calpurnio Pisone, che in senato si scaglia contro
Cicerone, causa del suo richiamo dalla provincia ………………………………………………
L’orazione In Pisonem, pronunciata da Cicerone in estate, testimonia che
l’avvicinamento ai triumviri non gli impedisce una larga indipendenza in tutte le
questioni, che non li riguardino direttamente……………………………………………………….
In realtà tutto il discorso è da considerare una narratio, che ha lo scopo di
suscitare negli ascoltatori un sentimento di violenta collera contro Pisone
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Nell’agosto del 54 a.C. si celebrò il processo contro Marco Emilio Scauro,
accusato de repetundis da Publio Valerio Triario per incarico dei
provinciali……………………………………………………………………………………………………………….
L’orazione di Cicerone, appartenente al collegio di difesa di Scauro, ridicolizza
le accuse e dimostra l’infondatezza dell’accusa principale, le estorsioni sulle
esazioni di grano, facendo leva sulla mancanza di una vera inchiesta in
Sardegna, sull’inattendibilità delle testimonianze dei Sardi e sulle glorie della
famiglia dell’accusato, garanzia di onestà e di dedizione allo stato…………………….
A Cicerone toccò finalmente la difesa di un amico che gli sta a cuore: Gneo
Plancio, eletto edile curule nello stesso anno e accusato dal suo competitore
Marco Giovenzio Laterense di broglio elettorale in base alla Lex Licinia de
sodaliciis ……………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone nell’orazione in difesa di Plancio vorrebbe escludere ogni fondatezza
dell’accusa, ma la sua difesa non può essere che congetturale, tende cioè a
dimostrare che Plancio fu eletto per i suoi meriti e non in seguito a
corruzione………………………………………………………………………………………………………………
Cicerone non sempre è chiamato a difendere amici. La dura necessitas,
imposta dalla politica lo spinge prima a prestare la sua dignitosa testimonianza
e poi a tacere nel processo de maiestate intentato contro Gabinio al suo
ritorno dalla Siria e terminato scandalosamente con l’assoluzione. Poi
addirittura a difenderlo contro i suoi stessi compagni del partito conservatore

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dall’accusa de repetundis. Questa volta,però, viene meritata la condanna,
nonostante lo zeli posto da Cicerone nella difesa, voluta ad ogni costo da
Pompeo e Gabinio parte per l’esilio……………………………………………………………………
Nell’orazione Pro Rabirio Postumo, accusato in base la lex Iulia de
repetundis, Cicerone vuole mettere, soprattutto, in rilievo che le somme
prestate da Rabirio a Tolomeo non sono servite a corrompere il senato, ma a
consentire al re un tenore di vita confacente alla sua posizione e che, oltre
tutto, l’accusato non si è arricchito in Egitto, ma è tornato a Roma
completamente rovinato, destinato alla bancarotta se non l’avesse aiutato con
la sua liberalità Cesare ………………………………………………………………………………………..
Dalla lettura di questa mediocre orazione si ricava l’impressione che Rabirio
venisse assolto……………………………………………………………………………………………………….
Il 7 giugno i Parti uccisero Crasso a Carre, per cui il precario equilibrio
triumvirale si ruppe e a Roma si scatenarono le ambizioni e le ire dei
Populares e degli Optimates sostenute da bande armate capeggiate
rispettivamente da Clodio e da Milone ………………………………………………………………
Il 18 gennaio del 52 a.C. giunse a Roma la notizia dell’uccisione di Clodio da
parte di Milone ……………………………………………………………………………………………………..
Il 4 aprile iniziò il processo contro Milone, accusato de vi dal maggiore dei
due fratelli di Clodio. Cicerone prese la parola il giorno 8 aprile in difesa di
Milone, ma le sue parole sono incerte e senza mordente e 38 giudici su 51
condannarono Milone, che se ne andò esule a Marsiglia …………………………………
Cicerone fu un uomo politica, che non riuscì mai ad innalzarsi a uomo di stato.
Egli fu un idealista che, in nome del suo ideale di legalità e di moderazione
accarezza l’immagine eroica di un princeps senza nemmeno sospettare i
pericoli insiti in questa concentrazione di responsabilità e di poteri anche se
limitati su di un piano di pura moralità…………………………………………………………………
Cicerone, costretto a fermarsi nell’accampamento di Durazzo da una grave
malattia e angustiato da serie difficoltà finanziarie, accresciute dai prestiti fatti
allo stesso Pompeo, capita l’inutilità di ogni proseguimento della lotta,
continua a consigliare la pace inutilmente……………………………………………………………
Nel settembre del 47 a.C. Cicerone incontrò Cesare, dopo la vittoriosa
conclusione della guerra alessandrina e di quella contro Farnace ……………………
Cicerone giunse a Tuscolo il 7 o 8 ottobre e poi si recò a Roma …………………….
Nel frattempo Cesare riparte per l’Africa, dove i pompeiani e Giuba
riorganizzano la resistenza, ma la vittoria di Tapso e il suicidio di Catone
riempirono di costernazione i conservatori Fu allora che Cicerone si vide
arrivare improvvisamente la richiesta di Bruto di scrivere la Laudatio in onore
di Catone ………………………………………………………………………………………………………………
A Roma Cesare torna solo il 25 luglio del 46 a.C., accolto con onori divini. La
mitezza di Cesare colpisce Cicerone che, illudendosi di poter riprendere il suo
posto princeps e di contribuire alla Salus reipublicae torna a partecipare
alle sedute del senato a tutela della sua dignità, ma senza prendere la
parola……………………………………………………………………………………………………………………..
Per ora Cicerone si adopera in ogni modo perché Cesare conceda la grazia e
richiami dall’esilio il maggior numero di pompeiani. Tra i casi più difficili è

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quello del consolare Marco Marcello, rappresentante del più chiuso
conservatorismo senatorio…………………………………………………………………………………….
Nella Pro Marcello Cicerone ringraziò Cesare per aver revocato l’esilio del
pompeiano Marco Marcello, in sostanza fu un discorso di ringraziamento………
Questa è l’orazione di chi tenacemente s’illude ancora che la sua respublica
non debba, non possa morire del tutto e ciò conferisce al discorso da una parte
il calore della speranza, dall’altra la malinconia dei sogni destinati a finire
presto, delle illusioni che durano lo spazio di un giorno……………………………………….
Per concludere la Pro Marcello fu una invocazione d’aiuto a chi non solo
questo aiuto non può concedere, ma che fu pure pronto a dare la spinta
decisiva perché la vecchia respublica sprofondi per sempre nell’abisso della
storia………………………………………………………………………………………………………………………
Nella Pro Ligario, accusato da Quinto Elio Tuberone di alto tradimento
(perduellio) per essersi alleato a condizioni umilianti con un re , suddito di
Roma (Giuba, re di Mauritania), a danno di Roma, Cicerone difende
Ligario. Il discorso di Cicerone fu un esempio tipico di deprecatio alla cui
base c’è con l’elogio, l’appello alla clementia, alla misericordia, alla
liberalitas, alla lenitas, alla humanitas e alla bonitas di Cesare ………………..
Cesare deve dunque concedere la grazia a Ligario, come già a Marcello,
perchè niente può avvicinare tanto l’uomo agli dei, quanto il dare la salvezza ai
suoi simili e Ligario venne graziato……………………………………………………………………..
Comunque tutta l’attività legislativa di Cesare, prima della sua partenza per la
Spagna per domare la rivolta dei figli di Pompeo, contraddice alle speranze di
Cicerone, mentre il senato viene ridotto a niente altro che a uno strumento di
convalida degli atti di Cesare ………………………………………………………………………………
Nel frattempo nel 46 a.C. Cicerone divorzia da Terenzia e nel 45 a.C. gli
muore la figlia Tullia …………………………………………………………………………………………….
L’ultima volta che Cicerone prende la parola, prima del cesaricidio fu quando
nel novembre del 45 a.C. difende davanti a Cesare il re di Galazia Deiotaro,
accusato dal nipote Castore di avere nel 47 a.C. organizzato un attentato alla
vita di Cesare, mentre Cesare era ospite del re e di aver sempre nutrito un
odio mortale per lui, cercando in ogni occasione di nuocergli……………………………..
Cicerone non può portare delle prove definitive per confutare le accuse, sicché
si limita a presentarle come del tutto inattendibili e ad appellarsi alla clemenza
di Cesare, soprattutto tenendo conto che Cesare è insieme giudice e parte
lesa………………………………………………………………………………………………………………………….
Questa volta la sentenza viene differita, prova anche questa di un sostanziale
mutamento dei rapporti tra Cesare e Cicerone. In realtà, dopo Munda ogni
superstite illusione su Cesare cade, perché Cesare va sempre più
vagheggiando un programma assolutista, assumendo i poteri e gli
atteggiamenti del rex tanto aborrito dai Romani e piegandosi addirittura alla
divinizzazione caldeggiata dai suoi fautori……………………………………………………………
Cicerone tra il 45 e il 44 a.C. si ritirò dalla vita pubblica per costruire il
monumentale edificio della sua produzione filosofica, che per lui è guida
all’azione morale e sociale. Nello stesso tempo è il suo conforto nella sventura
ed espressione della protesta dell’aristocrazia repubblicana contro il nuovo

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regine nato dalla profonda crisi dei valori tradizionali e delle istituzioni, che
essa non aveva compreso e non aveva saputo trovare nessun serio rimedio per
risolverla…………………………………………………………………………………………………………………
La notizia dell’assassinio di Cesare raggiunge Cicerone mentre sta studiando.
I congiurati, all’atto del cesaricidio fanno il nome di Cicerone, come emblema
di libertà e il vecchio consolare ancora una volta è preso dall’illusione e dalla
speranza che la stirpe dei Bruti abbia, come un tempo, tolto di mezzo il
tiranno e ridato la libertà a Roma ……………………………………………………………………….
Il 17 marco, quando ancora le due parti si studiano, il senato è convocato nel
tempio della dea Tellus e Cicerone, sempre fedele al suo ideale della
concordia ordinum, si fa sostenitore di una politica di conciliazione, in base a
cui, mentre si concede l’amnistia ai congiurati, si riconosce la validità degli atti
di Cesare ………………………………………………………………………………………………………………
Cicerone, nonostante che Antonio abbia preso saldamente nelle sue mani la
direzione del governo, non cessa di illudersi e intanto spera che le cose
possano cambiare quando il 1 gennaio dell’anno 43 a.C. sarebbero entrati in
carica i nuovi consoli Irzio e Pansa, suoi amici e anti
antoniani………………………..
Cicerone arriva a Roma il 31 agosto accolto quasi in trionfo. Quando però
conosce l’ordine del giorno della seduta del senato, che prevede l’attribuzione
di onori divini a Cesare, nonostante l’ordine di convocazione di Antonio, che
vuole obbligarlo a manifestare pubblicamente il suo pensiero e la sua posizione
politica, non si presenta in senato adducendo a pretesto la sua cattiva
salute………………………………………………………………………………………………………………………
Cicerone si presenta in senato il giorno dopo alla seduta che si tiene nel
tempio della Concordia, dove pronuncia la prime delle sue Filippiche.
………………………………………………………………………………………………………………………………..
In questa orazione chiarissimo è l’accenno alla volontà di Antonio di
sovrapporsi alle leggi e ai poteri dello stato e un’altrettanto decisa volontà di
opporglisi con tutti i mezzi a disposizione, seguendo la linea politica indicata da
Lucio Pisone nel suo intervento del 1 agosto……………………………………………………..
Antonio il 19 settembre si presenta in senato, riunito nel tempio della
Concordia, circondato dai suoi armati e vomita la sua invettiva nonostante
l’assenza di Cicerone. La risposta di Cicerone è la seconda Filippica, che
immagina di averla pronunciata nella seduta del 19 settembre in risposta di
quella di Antonio ………………………………………………………………………………………………….
Con questa Filippica Cicerone firma la sua condanna a morte e in essa si
coglie la nostalgia di un passato che non tornerà più…………………………………………..
In questa orazione predomina non già il letterato, bensì l’uomo, anzi il civis e
sotto lo sdegno si intravede il pianto, sotto la tetraggine la speranza, sotto
l’esecrazione l’amore appassionato di un vecchio che raccoglie tutte le sue
forze per farle servire ancora una volta allo spirito……………………………………………..
Nel gioco politico è ormai entrato, tra le due parti in lotta, colui che alla fine ne
sarebbe uscito vincitore assoluto. Gaio Ottavio, il diciannovenne pronipote di
Cesare, divenuto per effetto dell’adozione da parte dello zio, che ne aveva

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intuite le straordinarie doti di intelligenza e di carattere, Gaio Giulio Cesare
Ottaviano ……………………………………………………………………………………………………………..
Fino a che a Roma spadroneggia Antonio, Cicerone si ritira nelle sue ville per
dedicarsi agli studi. Alla fine di novembre Antonio lascia Roma per andare a
prendere possesso della Gallia Cisalpina, tenuta da Decimo Bruto, mentre
Dolabella parte successivamente per l’oriente per andare ad assumere il
governo della Siria. ………………………………………………………………………………………………
All’ordine del giorno della seduta del senato del 20 dicembre vi è la
deliberazione di misure di sicurezza a tutela dei magistrati e del senato a
partire dal prossimo 1 gennaio, ma è soprattutto l’arrivo e la pubblicazione
dell’editto di Decimo Bruto, che per opporsi ad Antonio, voleva tenere la
Gallio Cisalpina a disposizione del senato e del popolo romano, che spingono
Cicerone a partecipare alla seduta e a pronunciare la terza Filippica in cui
grida ancora una volta la sua volontà di farsi difensore e salvatore della
patria………………………………………………………………………………………………………………………
Dopo la seduta del senato, il tribuno Marco Servilio indice un’assemblea
popolare a cui Cicerone espone le deliberazioni prese in senato: è la quarta
Filippica ………………………………………………………………………………………………………………..
Il primo gennaio dell’anno 43 a.C. i consoli Irzio e Pansa riuniscono il senato
e fanno una relazione sulla situazione politica, proponendo di deliberare con un
senatoconsulto gli onori e le ricompense compresi nella mozione di Cicerone,
accolta nella seduta del 20 dicembre……………………………………………………………………
La quinta Filippica è ufficialmente il discorso pronunciato da Cicerone nel suo
intervento del 1 gennaio, ma in essa, attraverso la successiva rielaborazione in
vista della pubblicazione, sono inseriti anche avvenimenti e particolari
riferimenti alle sedute dei giorni seguenti fino alle deliberazioni del 4 gennaio,
di cui Cicerone fa esposizione e il commento di una assemblea popolare
tenuta nel foro e presieduta dal tribuno della plebe Publio Apuleio. Questo
discorso al popolo è la sesta Filippica ………………………………………………………………..
Cicerone si accorge ben presto che il consensus omnium è un sogno
chimerico e che la sua distinzione netta e categorica tra boni e improbi è, nel
suo esagerato schematismo, superficiale e ingenua, ben lontana dal
rappresentare il groviglio d’interessi in cui si impantana la vita politica di Roma
accentuandone la crisi e accelerando la catastrofe finale…………………………………….
Nell’ultima decade di gennaio il console Pansa convoca il senato e nel suo
intervento (settima Filippica) Cicerone prende subito in esame la situazione
politica generale, mescolando abilmente difesa e attacco, critica ed
elogio………………………………………………………………………………………………………………………
L’ambasceria che il senato ha mandato ad Antonio per la richiesta della pace,
ritorna il primo febbraio e il due il senato si riunisce per il dibattito sulla
missione. L’intervento di Cicerone, pubblicato come ottava Filippica è quello
del tre febbraio, ma contiene l’intervento che egli ha fatto il giorno
precedente……………………………………………………………………………………………………………..
Questa orazione calda e vibrante si conclude con la proposta di un
senatoconsulto che da una parte conceda impunità e ricompense a chi

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defezioni da Antonio entro il 15 marzo, dall’altra dichiari nemico della patria
chi si rechi nel suo campo……………………………………………………………………………………..
Il 4 febbraio nella riunione del senato in cui si celebra la figura di Sulpicio
Rufo, morto durante l’ambasceria ad Antonio, Cicerone propone nel suo
intervento (nona Filippica) l’erezione di una statua, polemizzando con Publio
Servilio Isaurico che sosteneva che l’onore della statua era stato fino a quel
momento decretato solo a quei legati che fossero stati uccisi durante la loro
missione, Cicerone giunge a sostenere che in realtà a uccidere Sulpicio è
stato Antonio ……………………………………………………………………………………………………….
Nella riunione convocata dal console Pansa per il conferimento a Marco Bruto
dell’imperium nelle provincie da loro occupate, Cicerone (decima Filippica)
che, pieno di gioia per le notizie ricevute, l’occupazione di Marco Bruto della
Grecia, della Macedonia e dell’Illiria, comprende bene che è questo il
momento opportuno per ribaltare la situazione, per ridare fiducia ai boni
tiepidi o scoraggiati, per cercare di attirare alla propria causa anche i cesariani
moderati e tutti gli anti antoniani………………………………………………………………………….
Quando nella seconda metà di febbraio giunge a Roma la notizia che il
cesaricida Gaio Trebonio, proconsole d’Asia, era stato barbaramente ucciso
da Dolabella, che si recava a prendere possesso della provincia di Siria, il
senato si riunisce immediatamente e Cicerone nel suo intervento (undicesima
Filippica), volendo creare anche in Oriente un fronte unico intorno a Bruto e
a Cassio, propone che si affidi il comando della guerra contro Dolabella a
Gaio Cassio riconoscendolo come proconsole di Siria con imperium maius
anche sulle provincie
limitrofe………………………………………………………………………………………….
Nei primi giorni di marzo il senato con l’approvazione del console Pansa
incarica dell’ambasceria ad Antonio anche Cicerone che in un primo
momento da il suo assenso, ma in un secondo momento si ritira e nella
dodicesima Filippica spiega le ragioni del suo ripensamento. Egli infatti dice
apertamente che ci si era ingannati sul conto di Antonio, ritenendolo ridotto a
nal partito e pronto a sottomettersi, per cui l’invio di una nuova ambasceria,
dopo il fallimento della prima, sarebbe inutile e pericoloso…………………………………
Il 20 marzo il senato viene convocato dal pretore urbano Marco Cecilio
Cornuto, per prendere in esame le lettere giunte il giorno precedente di
Lepido, governatore della Gallia Narbonese e della Spagna Citeriore e di
Planco, governatore della Gallia Transalpina, contenenti esortazioni alla
pace con Antonio. Nel suo intervento (tredicesima Filippica) Cicerone
comprende di trovarsi di fronte ad un’altra grande offensiva di pace dei
cesariani e degli antoniani per rompere il fronte unitario della guerra e si lancia
all’attacco con una energia straordinaria, riaffermando in apertura dell’orazione
che la pace con Antonio è impossibile…………………………………………………………………
Uno scontro decisivo ha luogo la mattina del 14 aprile a Forum Gallorum sulla
via Emilia, nel quale il console Pansa viene sconfitto e ferito gravemente.
Però accorre il console Irzio con due legioni e nel pomeriggio Antonio viene
battuto. Un modesto successo ottiene pure Ottaviano rimasto a difesa
dell’accampamento. Il dispaccio dei due consoli giunge a Roma il 20 aprile e

31
immediatamente il pretore urbano Marco Cornuto convoca il senato, che si
riunisce il giorno seguente nel tempio di Giove Capitolino. Cicerone nel suo
intervento (quattordicesima Filippica) alla proposta di celebrare solenni
supplicationes agli dei, di deporre il sagum e indossare il vestito di pace si
dichiara contrario a tali provvedimenti, che non terrebbero conto del significato
profondo assunto dalla guerra in atto. Solo la liberazione di Decimo Bruto può
giustificare che si deponga la divisa di guerra……………………………………………………..

OPERE

32
RETORICHE

INTRODUZIONE

IL “DE ORATORE”

1. DATA DEL “DE ORATORE” E CIRCOSTANZE POLITI-


CHE CHE FAVORIRONO LA SUA COMPOSIZIONE

La composizione del De oratore cade in uno dei periodi più inquieti e agitati
della stia romana. Sulla base di una lettera di Cicerone al suo amico Attico si
può affermare con piena sicurezza che novembre dell’anno 55 a.C. l’opera
fosse già compiuta………………………………………………………………………………………………….
Cicerone fece il suo ingresso a Roma, di ritorno dall’esilio, il 4 settembre
dell’anno 57 a.C.. Per alcuni giorni egli fu molto occupato nel ricevere, visitare
e ringraziare quanti avevano lavorato per farlo tornare a casa…………………………..
Il 5 settembre, proprio il giorno successivo al suo ritorno Cicerone pronunciò
in Senato l’orazione Post reditum in Senatu, dove si effondeva in calorose
espressioni di gratitudine verso i suoi amici, primi tra tutti il console Lentulo e
Pompeo e in aspre invettive contro Gabinio, Pisone e tutti coloro che
avevano cercato di ostacolare il suo ritorno. Poco dopo Cicerone pronunciò
davanti al popolo l’orazione Post reditum ad populum dove insisteva negli
stessi elogi e condanne. Il 7 settembre prese la parola in Senatu, per illustrare

33
le ragioni che consigliavano di affidare la direzione dell’annona a Pompeo. Il
ritorno di Cicerone, caldamente auspicato, anzi reclamato a viva voce da tanti
cittadini aveva richiamato a Roma larghe masse di popolo, che bisognava
sfamare. Il 30 settembre pronunciò l’orazione De domo sua ad pontifices
dove sosteneva il suo diritto a riavere il terreno, dove sorgeva la sua casa sul
Palatino, che Clodio aveva fatto distruggere, per costruire sullo stesso posto
un tempio alla libertà. Nel marzo o nell’aprile dell’anno 56 a.C. Cicerone
pronunciò l’orazione De haruspicum responso, che confutava le affermazioni
di Clodio, che in un terremoto avvenuto poco prima nel Lazio aveva visto un
chiaro segno dello sdegno degli dei per la distruzione del tempio della Libertà
innalzato sull’area della casa di Cicerone …………………………………………………………..
Nella primavera dell’anno 56 a.C. l’attività oratoria di Cicerone continua con
ritmo instancabile. Infatti in questo periodo egli pronunciò cinque orazioni, tra
cui un posto di rilievo spetta alla Pro Sestio, ampio quadro della situazione
politica generale e indispensabile per la conoscenza del pensiero politico di
Cicerone, nel momento in cui si accingeva a scrivere Il De oratore.
L’orazione fu pronunciata nel mese di marzo, proprio alla vigilia del convegno
di Lucca. Cicerone aveva un debito di riconoscenza verso Sestio, il tribuno
della plebe dell’anno 57 a.C., che si era adoperato in favore del suo ritorno
dall’esilio………………………………………………………………………………………………………………….
La Pro Sestio è un inno all’armonia tra le classi sociali, alla concordia
ordinum, all’unione degli spiriti, in vista degli interessi supremi dello
stato………………………………………………………………………………………………………………………..
Grande importanza ha pure per lo studio dei rapporti tra Cicerone e Cesare
l’orazione De provinciis consularibus ……………………………………………………………..
In essa vengono illustrati ed esaltati i meriti del geniale condottiero che aveva
in pochi anni soggiogato la Gallia e viene caldeggiata una proroga del suo
comando militare prossimo a scadere: proroga che il Senato concesse,
malgrado l’opposizione di alcuni senatori…………………………………………………………….
Nello svolgere la sua attività oratoria Cicerone era sostenuto ed animato da
una grande ambizione. Egli si illudeva di poter raccogliere intorno a se e
indirizzare verso il bene comune tutti gli sforzi e i saggi propositi dei bono
civis come aveva fatto al tempo della congiura di Catilina. Il suo animo
profondamente attaccato alla tradizione, il suo amore per l’ordine, la giustizia e
la libertà e la sua stessa coscienza di uomo e cittadino non potevano rimanere
insensibili di fronte agli episodi di sfrontatezza e di violenza compiuti da Clodio
e dalle sue bande armate. Cicerone sperava ancora una volta lo stato, che si
avviava inesorabilmente allo sfacelo. Sperava di inserirsi nel gioco dei tre
grandi (Cesare, Pompeo e Crasso) e di concorrere col suo patriottismo alla
pacificazione degli animi e alla normalizzazione della vita pubblica……………………
Non si accorgeva che i tempi erano mutati e che la Roma dell’anno 57 a.C.
non era più la Roma del 63 della congiura di Catilina ………………………………………
Spinto dalla sua ambizione e da una forte dose di ingenuità politica, Cicerone
era portato ad identificare la sua posizione personale con la causa dello stato.
Il suo esilio aveva colpito anche la repubblica, che in quei 17 mesi era rimasta
esposta senza alcuna difesa, agli insulti e alle prepotenze di Clodio. Il suo

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ritorno doveva rappresentare l’inizio di una nuova vita per lo stato romano,
basata sul rispetto delle leggi, sulla concordia tra le classi e sulla libera e
pacifica convivenza degli uomini, ma egli dovette presto ricredersi e
abbandonare i suoi generosi progetti di risanamento dello stato. Il genio
politico di Cesare capì che era il momento d’intervenire e porre freno alla
crescente potenza di Cicerone. Se Cesare aveva dato il suo assenso a che
l’esule tornasse dall’esilio, non poteva ora permettere che i suoi interessi
venissero danneggiati dall’opera e dalla parola di Cicerone. Cesare pensò
quindi di rinsaldare i legami con Pompeo e Crasso col convegno di Lucca
dell’anno 56 a.C. Questo convegno fu un successo per Cesare, perché gli
assicurava l’appoggio di due uomini molto potenti, Pompeo e Crasso e
contemporaneamente rompeva il primato politico e morale di Cicerone
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Si convenne, infine, che Pompeo e Crasso avrebbero avuto il consolato per
l’anno seguente, 55 a.C., e poi il proconsolato per 5 anni rispettivamente in
Spagna e in Siria e che a Cesare sarebbe stato prolungato per 5 anni il
comando militare in Gallia …………………………………………………………………………………..
Il convegno di Lucca dovette essere per Cicerone il primo segnale che le cose
erano realmente mutate e che il suo sogno di guida e regolatore della politica
romana non si sarebbe potuto realizzare. Egli capiva che negli intrighi e nell
battaglie della vita politica è quasi impossibile raggiungere la vittoria senza
l’appoggio di una forza organizzata e senza il prestigio che deriva da un nome
illustre……………………………………………………………………………………………………………………
Si accorgeva di essere solo, perché sia gli ottimati che Pompeo non avevano
fatto altro che sfruttare la sua eloquenza e servirsi di lui ai fini della loro
politica…………………………………………………………………………………………………………………….
Proprio nell’anno 56 a.C. Cicerone, deluso dalla vita politica, iniziò a comporre
il De Oratore ………………………………………………………………………………………………………..
Il tono stesso pacato e quasi distaccato che si nota all’inizio del dialogo, ci fa
capire che un capitolo della vita di Cicerone si era chiuso e un altro se ne
apriva………………………………………………………………………………………………………………………
Cicerone compose Il De oratore in 17 o 18 mesi, data la sua dimestichezza
con la retorica………………………………………………………………………………………………………..
Inoltre fu una fortuna per Cicerone che le circostanze politiche del biennio 57-
56 a.C., culminanti negli scontri sanguinosi delle bande di Clodio e di Milone e
negli accordi segreti di Cesare, Pompeo e Crasso, lo indussero a poco a poco
ad allontanarsi dagli affari dello stato e a tornare ai vecchi studi, sempre amati
e mai interrotti e abbandonati. L’otium di quei due anni, che giungeva così a
proposito, dopo un ventennio di intensa vita politica e un’interminabile serie di
dibattiti forensi, fu lo stimolo ideale per la composizione di un’opera così
importante come Il De oratore.

2. LA MATERIA DEL “DE ORATORE”

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Il De oratore è una dotta conversazione sull’eloquenza, che Cicerone si
immagina sia avvenuta nella villa Tuscolana del grande oratore Lucio Licinio
Crasso, durante le ferie dei ludi Romani dell’anno 91 a.C. tra il proprietario
della villa e alcuni suoi cari amici, convenuti colà per un po’ di riposo.
Cicerone ci dice che la conversazione gli fu riferita da uno dei partecipanti
Caio Aurelio Cotta. Naturalmente questa è una pura invenzione dello
scrittore di cui egli si serve per ragioni di carattere artistico. L’opera, dedicata a
Quinto, fratello di Cicerone, è in tre libri, corrispondenti ai tre temi in cui si
svolse la conversazione. Il dialogo ha inizio il mattino del giorno successivo a
quello dell’arrivo in villa e prosegue nel mattino e nel pomeriggio del giorno
seguente. La materia trattata è la seguente:

LIBRO I°

Cicerone si rivolge al fratello Quinto e gli dice che si accinge a parlare


dell’eloquenza, per realizzare un suo vecchio disegno e appagare il desiderio
del fratello. Il numero dei grandi oratori è stato sempre molto ristretto, perché
l’eloquenza è un’arte molto difficile: l’oratore infatti deve possedere una cultura
molto vasta, conoscere le passioni umane, essere pronto nelle risposte, avere
una memoria ferrea, ecc. Lo scrittore non tratterà tutto il campo
dell’eloquenza, ma si limiterà ai generi giudiziario e deliberativo. Non seguirà il
metodo dei soliti trattati, ma esporrà ciò che ha appreso dalla bocca dei più
grandi oratori di Roma
………………………………………………………………………………………….
Vengono indicate le circostanze in cui si svolse il dialogo e presentati i
personaggi che vi parteciparono. Siamo al tempo dei ludi Romani del 91 a.C..
Roma attraversa un momento politico assai difficile, si discute sulla legge
presentata dal tribuno della plebe Marco Livio Druso, tendente a ridare al
Senato quel potere giudiziario che Caio Gracco aveva tolto al Senato nel 122
a.C. Il console Lucio Marcio Filippo si è schierato contro il Senato e la
nobiltà e ciò è motivo di preoccupazione per tutti gli aristocratici. Lucio Licinio
Crasso e alcuni suoi amici approfittano delle ferie dei ludi Romani per
passare qualche giorno in campagna. Il primo giorno si discute della situazione
politica; Venuta la sera, si mettono da parte i gravi problemi del momento e si
fa festa con un lauto banchetto. Il mattino seguente ha inizio la dotta
conversazione sull’eloquenza…………………………………………………………………………………
Parla per primo Crasso, che pronuncia un elogio dell’eloquenza, sostenendo
che è una delle attività più nobili a cui l’uomo si possa dedicare ed è per suo
mezzo che l’uomo si distingue dai bruti animali e sono nati gli stati e la civiltà.
Muzio Scevola obietta che questa ultima affermazione di Crasso non è
esatta, perché gli stati debbono la loro fondazione agli uomini saggi e non agli
uomini eloquenti: egli restringe il compito dell’oratore, limitandolo al genere
giudiziario e deliberativo………………………………………………………………………………………..
Risponde Crasso dicendo che, anche limitando il compito dell’oratore ai generi
giudiziario e deliberativo, si deve riconoscere che l’oratore ha bisogno di una

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profonda cultura politica e filosofica. Chi ha bene appreso l’arte del dire sarà
capace di parlare di qualunque problema, meglio di chi di tali problemi ha
esperienza diretta. L’oratore potrà, caso per caso, imparare dagli specialisti
quanto gli occorra e siccome gli argomenti su cui può essere chiamato a
discutere sono molti, egli deve possedere una cultura vasta e profonda……………
Scevola fa osservare che sarebbe una cosa ammirevole che un oratore
sapesse tutto, ma nella realtà non è possibile. Crasso afferma che non bisogna
disperare che questo ideale un giorno si possa realizzare…………………………………..
Interviene Antonio, che osserva che un cittadino romano impegnato
nell’attività pratica non potrà mai acquistare tutte quelle nozioni teoriche, di cui
parla Crasso. D’altra parte il sapere astratto può essere utile nelle scuole, ma
è di scarsa efficacia nei dibattiti delle assemblee politiche e dei tribunali.
Ricorda che una volta ad Atene egli ha assistito ad una discussione sulla
retorica,a cui prendevano parte filosofi e retori. Di costoro i filosofi
consideravano la filosofia premessa indispensabile della valentia oratoria,
negando alla retorica il carattere di scienza, mentre i retori confutavano tale
affermazione, avvalendosi dell’esempio di Demostene, che fu un grandissimo
oratore senza essere filosofo. Antonio conclude dicendo di aver conosciuto
molti uomini dalla parola facile e pronta, ma nessuno veramente eloquente.
Crasso risponde che non bisogna perdere la speranza che un tale uomo
veramente eloquente possa un giorno nascere……………………………………………………
Cotta, Sulpicio e Scevola pregano Crasso di esporre con più chiarezza e
ampiezza il suo pensiero sull’eloquenza. Sulpicio chiede a Crasso se vi sia
una teoria dell’eloquenza……………………………………………………………………………………….
Crasso risponde che una vera e propria teoria dell’eloquenza non esiste, ma
non si può negare che l’oratore deve possedere certi requisiti. Questi requisiti
sono:
● Le doti naturali e qui Crasso parla del timore che ha il grande oratore
all’inizio del suo discorso
● Lo zelo e l’amore per l’arte del dire e qui si intrattiene sulle regole
retoriche, elencando le varie specie della causa, le fonti delle prove, le
parti del dire e le sezioni in cui si può dividere un’orazione
● L’esercizio e qui consiglia la frequenza degli esercizi orali e scritti,
l’abitudine alla lettura di opere letterarie, la cura dello stile, ecc..
Illustra poi l’importanza dello studio del diritto civile, della storia e della politica
e conclude facendo un ritratto del perfetto oratore………………………………………………
Antonio restringe il concetto dell’oratore, che è stato delineato da Crasso,
affermando che lo studio del diritto civile non è strettamente necessario, esso
è utile, ma non vale la pena che l’oratore vi si applichi intensamente. Quanto
alle altre materie è bene acquisire una conoscenza generale, ma approfondirle
tutte è impossibile. Conclude affermando che un oratore abile acquisisce la
sua abilità più con la pratica che con lo studio
teorico………………………………………………..
Scevola si congeda, dichiarandosi spiacente di non poter assistere alle
discussioni del giorno seguente.

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LIBRO II°

Il libro si apre con un elogio della cultura di Crasso e Antonio, che ebbero
sempre grande amore per la scienza e si nutrirono di buoni
studi………………………………………………………………………………………………………………
Cicerone riprende il filo della trattazione interrotta alla fine del libro primo e
descrive l’arrivo alla villa di Lutazio Catulo e di Cesare Strabone, che
informati la sera precedente da Scevola della dotta conversazione, vengono
per sentirne la continuazione………………………………………………………………………………..
Antonio parla dell’inventio e comincia con un elogio dell’eloquenza, non
molto diverso da quello pronunciato da Crasso nel libro primo. Passa quindi a
parlare delle due specie di eloquenza, generale e particolare e del compito
dell’oratore. Questo viene ristretto ai generi giudiziario e deliberativo, perché
per il genere dimostrativo non occorrono norme speciali, come non ne
occorrono per la storiografia e qui Antonio fa una digressione sulla storiografia
greca e romana. Riprendendo il filo della discussione sull’inventio, Antonio
afferma che sulle questioni generali non si possono dare norme precise, perché
chi è divenuto abile nell’arte del dire sarà in grado di parlare su ogni
argomento. Catulo prega Antonio di dire in che modo l’oratore può acquistare
una tale abilità e Antonio risponde facendo una ampia esposizione delle teorie
dei retori greci sull’eloquenza, aggiungendovi le sue critiche.

Chi vuole diventare un valente oratore deve:


● possedere una spiccata attitudine
● scegliersi un maestro e un modello da imitare
● fare continuo esercizio
● studiare attentamente la causa
Per quanto riguarda in particolare la trattazione della causa l’oratore deve
essere in grado di provare la sua tesi, di guadagnarsi l’animo dei giudici e di
muovere le loro passioni………………………………………………………………………………………..
Per guadagnarsi l’animo dei giudici molto efficace è l’uso delle facezie e così si
passa alla trattazione del ridicolo, a cui è dedicato un lungo excursus. Qui il
discorso è tenuto da Cesare Strabone, che era abile nel cogliere in ogni cosa
il suo lato ridicolo e insuperabile nel mettere in imbarazzo un avversario,
ricorrendo a lepidezze e a motti di spirito. Cesare Strabone distingue un
umorismo diffuso in tutto il discorso (cavillatio) e motti pungenti (dicacitas),
affermando che anche qui è necessaria la naturale disposizione al motteggio.
Dopo aver ricordato numerosi esempi di discorsi arguti e mordaci, elenca le
cinque parti in cui si può dividere il ridicolo, che sono:
1. la natura del ridicolo
2. l’origine del ridicolo
3. la convenienza del ridicolo
4. i limiti del ridicolo
5. le varie forme del ridicolo

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…………………………………………………………………………………………………………………………………
Dopo l’illustrazione del ridicolo fatta da Cesare Strabone, Antonio riprende
la trattazione dell’inventio, affermando che compito molto importante
dell’oratore è non danneggiare la causa del cliente, ciò si ottiene:
● non irritando i testimoni
● non lasciandosi trascinare dall’ira
● non affermando cose apertamente false
…………………………………………………………………………………………………………………………………
Concluso il suo discorso sull’inventio, Antonio passa alla dispositio, cioè
all’ordine in cui debbono essere collocati nel discorso gli argomenti. L’ordine
naturale di ogni causa è il seguente:
● esordio
● proposizione
● confermazione
● confutazione
● conclusione
● perorazione
Bisogna altresì:
● informare i giudici sui fatti accaduti
● acquistarsi la loro benevolenza
● collocare gli argomenti più validi in principio e alla fine del discorso
ma a ciò provvederà l’accorgimento dell’oratore………………………………………………….
Antonio passa poi a parlare brevemente dell’eloquenza deliberativa e
dell’eloquenza dimostrativa…………………………………………………………………………………..
Conclusa la trattazione della dispositio, Antonio parla della memoria e di
Simonide di Ceo, che ne fu l’inventore. L’ordine è di valido aiuto alla
memoria, infatti bisogna ordinare i concetti astratti e collegarli con immagini
sensibili…………………………………………………………………………………………………………………..
Antonio conclude scusandosi per essersi dilungato troppo e dice che ha svolto
il tema assegnatogli per togliere a Crasso il pretesto di rifiutarsi di parlare……
Crasso accetta di parlare dell’elocutio. Di comune accordo si decide di
rimandare la trattazione al pomeriggio.

LIBRO III°

Il libro terzo è occupato quasi interamente dal discorso tenuto da Crasso ad


illustrazione della elocutio e dell’actio. E’ naturale quindi che prima di iniziare
la trattazione vera e propria dell’argomento, Cicerone rivolga la mente al
grande oratore, soffermandosi sulla sua fine immatura.. Fine che si può in un
certo senso definire fortunata, perché non vide la morte dei propri amici e lo
strazio della repubblica…………………………………………………………………………………………..
Vengono poi indicate le circostanze di tempo e di luogo, in cui si svolge la
discussione. Dopo la colazione e la siesta meridiana, la comitiva si riunnisce
sotto gli ombrosi alberi del parco e Crasso svolge il suo tema. Fa prima delle

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dichiarazioni di carattere generale sulla stretta connessione tra forma e
contenuto e sull’unità dell’eloquenza, pur nella molteplicità dei suoi generi.
Passa poi a parlare dell’elocutio. E’ un discorso lungo e complesso. Il primo
dovere dell’oratore è quello di parlare correttamente, il secondo quello di
parlare chiaramente e il terzo quello di parlare con eleganza e convenienza.
Questo terzo punto è il più importante dei tre e in esso infatti consiste il vero
pregio dell’eloquenza. Quì Crasso fa una lunga digressione sulla necessità di
una cultura filosofica post-socratica e sulle conseguenze che da questa
derivarono all’eloquenza………………………………………………………………………………………..
Torna al tema dell’elocutio. Parla dell’ornatus, cioè dell’eleganza formale del
discorso. L’ornatus può essere generale, cioè relativa a tutto il discorso, o
particolare, cioè relativo alle singole parti. L’oratore deve sapere ornare
l’argomento scelto, per ottenere ciò dovrà variandolo, alternando i toni bassi e
alti. Un mezzo adatto per raggiungere lo scopo è l’amplificatio, che si serve
della lode, del biasimo e dei luoghi comuni. Crasso, poi, parla dei due generi
del discorso politico:
1. il primo detto causa o controversia
2. il secondo detto consultatio
e dei due oggetti della discussione, che sono o un fine di pura scienza o un fine
pratico……………………………………………………………………………………………………………………
Segue una digressione sulla necessità di una vasta cultura. sull’importanza
delle idee generali e sull’unità del sapere, vanto dell’antica educazione sia
presso i Greci che presso i Romani …………………………………………………………………….
Chiusa la digressione, Crasso torna al tema principale e parla dell’ornamento
del discorso, distinguendo tra ornamento di singole parole e ornamento delle
parole congiunte tra loro. Tratta poi delle figure di pensiero e delle figure di
parole e della convenienza, cioè della capacità di adattare il discorso all’uditorio
e alle circostanza……………………………………………………………………………………………………
Parla infine dell’actio, che è basata sul modo di gestire, sull’espressione del
volto e sul timbro della voce………………………………………………………………………………….
Conclude accennando al sorgere dell’astro di Ortensio e ammonendo i due
giovani Sulpicio e Cotta a non farsi superare da lui.

3. I PERSONAGGI DEL “DE ORATORE”

Le discussioni che si leggono nel De oratore, sono scritte da sette illustri


oratori, appartenenti alla generazione precedente a quella di Cicerone:
1. Lucio Licinio Crasso
2. Marco Antonio
3. Publio Sulpicio Rufo
4. Caio Aurelio Cotta
5. Quinto Mucio Scevola, detto l’Augure
6. Quinto Lutazio Catulo
7. Caio Giulio Cesare Strabone Vopisco

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Di essi solo i primi quattro sono presenti in tutti i tre libri. Mucio Scevola esce
dalla scena alla fine del libro primo. Lutazio Catulo e Cesare Strabone sono
presenti solo nei libri secondo e terzo……………………………………………………………………
Essi sono tutti aristocratici per sangue e per convincimento e sono fedeli alla
tradizione e nemici della vita tumultuosa e disordinata. Amano la patria e non
cedono alle pretese dei demagoghi. Ad eccezione di Mucio Scevola e Aurelio
cotta ebbero tutti lo stesso crudele destino…………………………………………………………
Il personaggio più importante, quello che Cicerone ammirava maggiormente e
a cui si sforzava di somigliare di più, è Crasso, che nato nel 140 a.C., iniziò
molto presto la sua carriera di oratore………………………………………………………………….
Nel 119 a,C, sostenne l’accusa contro Caio Papirio Carbone, nel 131 a.C.
come tribuno della plebe era stato un fervente partigiano della politica dei
Gracchi, staccandosene poi nel 122 a.C. Nel 120 a.C. ottenne il
consolato…………………………………………………………………………………………………………………
Nel 118 a.C. riuscì a fare approvare l’invio di una colonia a Narbo Martius
nella Gallia Transalpina, di cui egli stesso ebbe il comando. Nel 113 difese
dall’accusa di incesto la Vestale Licinia, senza riuscire a farla assolvere. Nel
109 a.C. fu questore in Asia. ……………………………………………………………………………….
Nel 107 a.C. fu tribuno delle plebe……………………………………………………………………….
A questo periodo appartengono due sue famose orazioni:
1. quella in difesa di Caio Calpurnio Pisone Cesonino, console nel 112
a.C.
2. quella in difesa di Lucio Sergio Orata
Nel 106 a.C. pronunciò una delle sue più importanti orazioni, quella in
appoggio alla lex iudiciaria presentata da Quinto Servilio
Cepione…………………... …………………………………………………………………………………….
Nel 103 a.C. ottenne l’edilità ed ebbe come collega Quinto Mucio Scevola il
Pontefice ……………………………………………………………………………………………………………..
Nel 100 a. C. partecipò con molti uomini del suo partito ad una violenta
campagna contro Saturnino. Fu quindi pretore ed augure, ma no si sa in quali
anni. Nel 95 a.C. fu console e pronunciò una orazione a favore della Lex
Licinia Mucia de civibus redigundis ……………………………………………………………….
In questo stesso anno riuscì a sconfiggere alcune bande di predoni nella Gallia
Cisalpina ………………………………………………………………………………………………………………
Nel 93 a. C. pronunciò un’orazione che rimase famosa, che venne dibattuta
davanti al collegio dei Centumviri ………………………………………………………………………
Nel 92 a.C. ebbe la censura con Gneo Domizio Aenobarbo e assieme
promulgarono un editto contro i rhetores Latini ………………………………………………
Nel 91 a.C. pronunciò un’orazione in difesa di Gneo Plancio, accusato da un
tale Marco Giunio Bruto, accusatore di professione. Crasso tenne la sua
ultima orazione il 13 settembre di questo stesso anno alla riapertura del
Senato, dopo la pausa dei Ludi Romani, durante i quali si finge avvenuto il
dialogo sull’eloquenza riportato nel De oratore. In quell’occasione Crasso
tenne uno splendido discorso in difesa della libertà contro il console Marcio
Filippo. Tornato a casa febbricitante si ammalò e dopo pochi giorni morì di
pleurite……………………………………………………………………………………………………………………

41
Cicerone stimò Crasso il più grande tra tutti gli oratori fioriti prima di lui. Nel
De oratore non si stanca di elogiarlo, mettendo in evidenza tutti i pregi della
sua oratoria……………………………………………………………………………………………………………
Non meno importante per il ruolo assegnatogli in questo dialogo è Antonio,
che nato il 143 a.C. iniziò la sua attività forense più tardi di Crasso. ………………
Nel 113 a.C. fu questore e in tale anno si difese da un’accusa di incesto. Nel
112 a.C. sostenne l’accusa de maiestate contro Gneo Papirio Carbone, che
si sottrasse al giudizio con il suicidio e la difesa di Marco Mario Gratidiano
contro un certo Sergio Orata, difeso da Crasso. Nel 103 a.C. fu proconsole
in Cilicia e sconfisse i pirati, ottenendo il trionfo a Roma. Nel 99 divenne
console e tenne testa al tribuno della plebe Sesto Tizio …………………………………..
Nel 98 Antonio pronunciò un’orazione in difesa di Manio Aquilio, accusato di
concussione……………………………………………………………………………………………………………
Nel 97 Antonio come censore fece espellere dal Senato un certo Marco
Duronio per avere, come tribuno della plebe, abrogato una legge suntuaria…..
Nel 95 a.C. Antonio pronunciò un’orazione, rimasta famosa, in difesa di Caio
Norbano, accusato di avere, quand’era tribuno della plebe, provocato con
mezzi violenti la condanna di Quinto Servilio Cepione ……………………………………
Scoppiata la guerra sociale fu intentato ad Antonio da parte dei suoi nemici
politici un processo De maiestate, ma l’oratore riuscì a farsi assolvere. Nel 87
a.C. cadde vittima dell’odio di Mario, nelle stragi da questo ordinate contro i
fautori del Senato e del partito aristocratico ………………………………………………………
Come oratore Antonio si distingueva da Crasso per un certo ostento
disprezzo verso la cultura greca e perché era convinto che la grande
eloquenza è frutto più dell’attitudine e dell’esercizio che della dottrina.
Antonio possedeva una memoria eccezionale, una capacità inventiva e
un’abilità a disporre gli argomenti superiore ad ogni altro
oratore…………………………………………
Accanto a Crasso e ad Antonio incontriamo due giovani, che si possono
considerare i loro allievi: Sulpicio, che ammirava Crasso e Cotta, che
ammirava Antonio ……………………………………………………………………………………………….
Publio Sulpicio Rufo nacque nel 124 a.C. ed in quanto nobile era partigiano
del partito aristocratico moderato…………………………………………………………………………
Nel 95 a.C. sostenne l’accusa contro il tribuno Norbano, difeso da Marco
Antonio, nel processo ebbe la meglio Antonio, che riuscì a far assolvere
Norbano ……………………………………………………………………………………………………………….
Eletto nel 88 a.C. tribuno della plebe, si oppose a Caio Giulio Cesare
Strabone Vopisco, membro del partito aristocratico, che pretendeva il
consolato sena essere passato prima per la pretura…………………………………………….
Nello stesso anno propose che il comando della guerra contro Mitridate fosse
tolto a Silla e dato a Mario. Silla, che si trovava in Campania, piombo con il
suo esercito sulla capitale e si vendico di Sulpicio, facendolo uccidere……………..
Sulpicio possedeva tutte le doti che fanno grande un oratore, ma mancava di
una profonda cultura generale. La sua era un’oratoria di tipo nobile ed elevato
e se non fosse morto così giovane sarebbe divenuto uno dei più grandi oratori
di Roma ………………………………………………………………………………………………………………..

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Caio Aurelio Cotta nacque nel 124 a.C. e apparteneva al partito aristocratico
moderato e iniziò la sua carriera di oratore difendendo lo zio materno Publio
Rutilio Rufo …………………………………………………………………………………………………………
Il processo si concluse con la condanna di Rutilio. Nel 91 a.C. Cotta si
presentò per il tribunato della plebe, ma fu sconfitto. Nel 90 a.C. fu mandato in
esilio per effetto della Lex Varia. Tornò a Roma nel 82 a.C. per volere di
Silla.
Nel 75 a.C. ottenne il consolato. Dopo il consolato riportò un successo militare
in Gallia, che gli valse il trionfo. Nel 74 a.C. tornò a Roma, ma morì prima di
celebrare il trionfo………………………………………………………………………………………………….
L’eloquenza di Cotta apparteneva al genus tenue e cercava di adattare la
sua eloquenza ai suoi mezzi fisici, essendo di salute debole……………………………….
Era molto abile nella inventio e nella dispositio ………………………………………………
Quinto Mucio Scevola detto L’augure è il più anziano di tutti i personaggi
del dialogo e l’unico che non subì alcun danno dalle vendette provocate dalle
guerre civili. Nacque nel 160 a.C. e nel 121 a.C. fu pretore in Asia ………………….
Tornato dall’Asia subì un processo de repetundis, intentatogli da Albucio e si
difese da sé, con un discorso semplice e privo di artificio e fu assolto. Nel 117
a.C. fu console. Nel 100 a.C. si oppose alle mire di Saturnino. Nel 88 a.C. si
oppose a Silla e votò per Mario. Quinto Mucio Scevola detto l’Augure ebbe
due figlie, una delle quali sposò Crasso, il personaggio principale del De
oratore. Morì all’incirca nell’anno 84 a.C……………………………………………………………..
Al tempo in cui Cicerone immagina sia avvenuto questo dialogo Scevola era
vecchio, per questo alla fine del libro primo lo fa allontanare con una scusa
dalla scena……………………………………………………………………………………………………………..
Quinto Lutazio Catulo nato il 150 a.C. fu suocero di Ortensio e console con
Mario nel 102 a.C. e con Mario prese parte alla battaglia dei Campi Raudii
del 30 luglio del 101 a.C. , dove furono annientati i Cimbri. Nel 100 a.C. fu tra
i più decisi avversari di Saturnino. Nel 91 si schierò dalla parte del tribuno
Livio Druso contro il console Marcio Filippo ……………………………………………………
Nel 90 a.C. fu legato nella guerra sociale. Nel 87 a.C. fu ucciso da Mario ……….
Catulo era molto colto nella letteratura greca e parlava il greco in maniera
perfetta. Egli aveva un carattere mite e dolce, parlava con dolcezza,
conquistando senza farsi accorgere il cuore di chi l’ascoltava e scrisse un’opera
autobiografica sul suo consolato……………………………………………………………………………
Caio Giulio Cesare Strabone Vopisco fu fratello uterino di Lutazio Catulo e
nacque nel 120 a.C.. Nel 103 a.C. tenne una famosa orazione contro Albucio,
accusato di estorsione dai Sardi ………………………………………………………………………….
Nel 90 a.C. ebbe l’edilità curule e approfittando della popolarità acquistata in
tale carica, cercò di ottenere il consolato, prima di rivestire il grado di pretore,
ma fu impedito da Sulpicio Rufo, uno dei personaggi di questo dialogo. Nel 87
a.C. fu vittima delle stragi mariane………………………………………………………………………
La nota distintiva dell’oratoria di Cesare Strabone era l’arguzia. Infatti
nessuno meglio di lui era in grado di trattare soggetti seri ed elevati con un
tono di amabile leggerezza e di festosa
piacevolezza…………………………………………..

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I suoi discorsi erano privi di vigore, ma riboccavano di arguzia e di motti di
spirito, per questo Cicerone gli affida una parte di primo piano nel noto
excursus sul riso, nel secondo libro di questo dialogo.

4. VALORE FILOSOFICO E ARTISTICO DEL DIALOGO

………………………………………………………………………………………………………………………………..
Il problema centrale del dialogo è quello riguardante la formazione culturale
dell’oratore e i rapporti tra le retorica e la filosofia. Esso è dibattuto
principalmente nel libro primo, ma Cicerone vi ritorna in altri luoghi del libro
secondo e del libro terzo………………………………………………………………………………………..
Cicerone è nemico dell’insegnamento che si impartisce nelle scuole, tendente
ad illustrare:
● le cinque parti della retorica: inventio, dispositio, elocutio, memoria
e pronuntiatio
● i tre generi dell’eloquenza: iudiciale, deliberativum e
demonstrativum
● le quattro sezioni in cui si può dividere il discorso: exordium, narratio,
confirmatio e peroratio
Cicerone afferma che queste sono sufficiente a formare l’oratore. Infatti
l’oratore deve avere innanzi tutto una spiccata attitudine all’eloquenza, perché
a nulla valgono le norme apprese nelle scuole, qualora questa manchi.
L’oratore deve:
● possedere una cultura molto vasta
● conoscere la letteratura
● conoscere la storia
● conoscere la filosofia
● conoscere il diritto
● conoscere le costituzioni degli stati
● conoscere gli usi
● conoscere le tradizioni
● e tutto ciò che costituisce il patrimonio politico, civile e morale di un
paese
Deve conoscere, per diretta esperienza, la vita nei suoi molteplici aspetti,
perché solo così può penetrare nel vivo della causa che deve difendere e
comprenderne tutti i problemi e gli aspetti. Deve studiare attentamente la
singola causa, perché ogni processo ha la sua fisionomia e i casi della vita non
sono copie identiche di un’unica immobile realtà. I precetti che si apprendono
nelle scuole possono servire, perché aiutano il futuro oratore ad assolvere
meglio il suo difficile compito, ma non bisogna dimenticare che l’eloquenza non
è nata dalle regole delle scuole, ma queste sono nate dall’eloquenza………………..
Cicerone, dunque, è nemico di una cultura strettamente specializzata, o
almeno nega che una forte specializzazione possa prendere il posto di una
sicura informazione di carattere generale. Prima dello studio particolare,

44
relativo alla singola disciplina e al singolo problema, è necessario lo studio
generale, disinteressato, l’unico che possa sostituire veramente lo spirito e
renderlo idoneo alla comprensione del fatto particolare………………………………………
La via indicata da Cicerone, che non condanna la specializzazione, ma vuole
che sia preceduta dallo studio generale ed organico, è la migliore, perché
mette l’uomo nelle condizioni di capire veramente i vari e molteplici aspetti
della realtà che lo circonda…………………………………………………………………………………….
Cicerone afferma che filosofia e retorica sono due aspetti della medesima
scienza, o meglio due attività inscindibili che prima erano unite e poi sono state
divise con grave danno per l’umanità. Egli attribuisce questa separazione a
Socrate, che volendo reagire all’insegnamento sofistico divise la filosofia,
scienza dell’universale, dalla retorica, semplice mezzo idoneo a far raggiungere
un determinato scopo…………………………………………………………………………………………….
Cicerone in questo scritto vuole tracciare un quadro dell’eloquenza nei suoi
vari aspetti e il tono della discussione è pacato e sereno…………………………………….
Le prese di posizione e gli attacchi contro teorie e metodi diversi sono condotti
con garbo e finezza………………………………………………………………………………………………..
I problemi affrontati e discussi nel De Oratore sono problemi politici e di può
affermare che questa opera sia una viva e commossa celebrazione dell’antica
Roma della metà del secondo secolo a.C……………………………………………………………..
Però il suo amore per Roma lo spinge talvolta ad esagerarne i meriti che essa
indubbiamente ebbe………………………………………………………………………………………………
Non si può pensare a Cicerone autore del De Oratore senza inquadrarlo in
tutta la speculazione retorica, che riempie vari secoli dell’attività letteraria dei
Greci ............……………………………………………………………………………………………………….
Infatti Cicerone si nutrì con entusiasmo di tutta la vasta letterature sulla
retorica, che esisteva ai suoi tempi………………………………………………………………………
Le varie discussioni sui problemi della retorica si svolgono in forma di dialogo,
per cui l’opera ha un tono di vivacità e un movimento che non si sarebbero
avuti se Cicerone avesse fatto uso della forma tradizionale del trattato. Quì
appara manifesta la spiccata sensibilità artistica di Cicerone, perché è naturale
che una discussione condotta in forma dialogica ha un’efficacia maggiore di
una fredda ed arida esposizione a ritmo continuo………………………………………………..
Cicerone preferì il dialogo di tipo aristotelico, ove il discorso si svolge forma
più serrata, le spezzature del discorso sono meno frequenti e la tesi in
discussione è illustrata e sostenuta dal personaggio principale, mentre gli altri
personaggi sono in secondo piano. Nel De Oratore le figure principali sono
due:
1. Crasso, portavoce delle idee e dei sentimenti di Cicerone
2. Antonio e i personaggi minori hanno il compito di chiarire singole
questioni e singoli punti dell’eloquenza
…………………………………………………………………………………………………………………………………
La conversazione si svolge in una villa signorile, dove si trovano degli amici per
passare le ferie dei Ludi Romani, che cadevano dal 4 al 12 settembre……………
Precede il dialogo una cena dove si dimenticano le preoccupazioni e le ansie
della politica……………………………………………………………………………………………………………

45
Da vero artista Cicerone delinea i suoi personaggi, che sono:
● Crasso è l’uomo nutrito di vasta e raffinata cultura, dall’intelligenza
brillante ed acuta, con un carico d’esperienza politica e forense molto
profonda. Egli parla con estrema sicurezza, malgrado i piccoli dubbi che
qui e là tira fuori dal discorso e a cui naturalmente non danno alcun peso
i suoi interlocutori. I frequenti elogi dell’eloquenza che egli pronuncia e
soprattutto la lunga e dotta esposizione delle norme concernenti la
elocutio, si addicono perfettamente al suo temperamento, alla sua
preparazione e alla sua sensibilità di gran signore della parola
● Antonio è l’uomo molto esperto nel parlare, degno emulo di Crasso, ma
la sua preparazione teorica appare un po' inferiore. Per lui la grande
eloquenza è frutto non tanto della cultura molto vasta, abbracciante tutte
le discipline, quanto dell’attitudine e del temperamento dell’uomo, che ha
deciso di intraprendere la difficile carriera dell’oratore. Per questo
Cicerone gli affida la trattazione di quelle parti della retorica più
strettamente tecniche, cioè l’inventio, la dispositio e la memoria
● Mucio Scevola è l’uomo grave ed austero, il difensore della tradizione e
della più rigida moralità, lo studioso instancabile del diritto e delle leggi,
che fecero grande Roma. Egli quindi cerca di mitigare certi giudizi
espressi da Crasso. Egli è sempre desideroso che il giusto trionfi e la
verità si affermi contro e al di sopra dell’apparenza. Poichè la sua età è
piuttosto avanzata egli lascia al termine della prima tornata, gli amici e si
trasferisce in un luogo più tranquillo
● Sulpicio e Cotta sono giovani desiderosi di apprendere, per cui non si
stancano di pregare, incitare ed esortare i due grandi maestri, Crasso e
Antonio, ad esporre le loro idee sull’arte del dire
● Cesare Strabone è l’uomo dall’inesauribile arguzia, portato a coglier il
lato comico di ogni cosa. Il suo discorso è intessuto di facezie e motti
piacevoli, di battute spiritose e di grasi a doppio senso
● Lutazio Catulo infine è l’uomo dalla parola elegante ed ornata da tutti
ammirato per la sua finezza e garbatezza e i suoi idiscorsi sono del tutto
intonati al suo carattere e alla sua culturale
…………………………………………………………………………………………………………………………………
I proemi servono ad eccitare l’interesse del lettore e a completare l’intero
quadro dell’opera. Essi sono così ripartiti:
● Nel proemio del primo libro, nel dedicare l’opera al fratello Quinto,
Cicerone accenna rapidamente ai casi tumultuosi della sua vita politica
● Nel proemio del secondo libro Cicerone difende le figure dei due
protagonisti dall’accusa di non avere avuto una vasta e profonda cultura,
ricordando nello stesso tempo l’amore che egli e il fratello sentivano fin
dalla fanciullezza per lo studio dell’eloquenza
● Nel proemio del terzo libro, infine, rievoca con parole commosse l’ultimo
episodio della vita di Crasso
………………………………………………………………………………………………………………………………..

46
Una delle attrattive maggiori del De Oratore è la sua ricchezza di aneddoti
tratti dalla storia greca e romana………………………………………………………………………….
Cicerone nel riferire i suoi aneddoti fa uso dell’abilità nell’abbellire e nel
colorire il fatto che racconta, aggiungendo talvolta un tocco di arguzia e di
piacevole ilarità……………………………………………………………………………………………………….
Questi aneddoti hanno lo scopo di variare il racconto e alleggerire il peso della
discussione. Essi però non sono estranei ai problemi discussi, ma strettamente
aderenti e connessi………………………………………………………………………………………………..
Anche nel De Oratore sono frequenti i versi di poeti arcaici, citati da
Cicerone in appoggio ai concetti che vengono discussi o illustrati…………………….
I difetti del De Oratore sono, a nostro giudizio, questi:
● eccessivi elogi all’eloquenza
● sperticate lodi che si rivolgono reciprocamente i personaggi, in modo
particolare Crasso e Antonio
● insistente diniego di Crasso a parlare
● certe esposizioni storiche, che dovrebbero essere superflue in una
conversazione tra uomini così colti e preparati
Per quanto riguarda lo stile, si può notare che alcuni termini non hanno sempre
lo stesso significato, per cui l’interpretazione del passo risulta incerta ed
oscura……………………………………………………………………………………………………………………..

IL “BRUTUS”

1. DATA, MATERIA E PERSONAGGI DEL “BRUTUS”

…………………………………………………………………………………………………………………………………
La composizione del Brutus è dell’anno 46 a.C…………………………………………………..
Cicerone scrisse questa opera mentre si combatteva la guerra d’Africa tra
Cesare e i resti dell’esercito di Pompeo …………………………………………………………….
L’opera iniziata verso i primi di gennaio dell’anno 46 a.C. fu terminata da
Cicerone i primi giorni di aprile del 46 a.c…………………………………………………………..
Il Brutus è la storia dell’eloquenza romana dalle sue origini fino a Cicerone
ed ha la forma del dialogo immaginario………………………………………………………………..
Nel momento storico in cui cade la composizione del Brutus Cicerone ebbe
frequenti discussioni sull’arte del dire con amici e specialmente con giovani che
venivano a trovarlo per alleviare la sua solitudine……………………………………………….
Cicerone trovò lo stimolo per comporre il Brutus nel Liber Annalis dell’amico
Attico, una specie di quadro cronologico dei principali avvenimenti della storia
romana……………………………………………………………………………………………………………………
Le fonte che Cicerone utilizzò per scrivere il Brutus furono:
● I discorsi degli oratori esistenti e da lui letti
● Le opere letterarie come gli Annales di Ennio e le Saturae di Lucilio
● Gli archivi delle famiglie nobili, dove erano conservati gli elogi funebri di
illustri personaggi membri di quelle famiglie

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● Le testimonianze di uomini che avevano ascoltato quei discorsi
…………………………………………………………………………………………………………………………………
Per le notizie riguardanti l’eloquenza greca contenute nel proemio Cicerone
attinse a numerosi manuali greci sull’arte retorica……………………………………………….
Il dialogo si apre ricordando il colle ed amico Ortensio Ortalo, morto nell’anno
50 a.C. Segue la descrizione delle circostanze occasionali del dialogo.
Cicerone è in casa e arrivano all’improvviso due suoi amici Attico e Bruto
…………………..
Attico invita Cicerone a riprendere un precedente discorso sull’eloquenza, egli
accetta l’invito e comincia a parlare……………………………………………………………………..
Cicerone dapprima fa un rapido quadro dell’eloquenza greca, ricordando i
primi oratori greci poi passa ai Sofisti e a Socrate, infine accenna ai sommi
oratori come Isocrate, Lisia, Demostene ed altri…………………………………………….
Segue la trattazione dell’eloquenza romana, divisa in sette parti:
1. L’età delle origini, tra cui egli ricorda i seguenti oratori: Marco Cornelio
Cetego
2. L’età di Catone il Vecchio e in quell’età si distinsero: Publio Scipione
Africano Maggiore, Tiberio Gracco, Quinto Fulvio Nobiliore, Lucio
Emilio Paolo
3. L’età di Galba, Scipione L’Emiliano e Lelio
4. L’età dei Gracchi, ricca di oratori di varie tendenze politiche
5. L’età di Crasso e Antonio. Qui si inserisce una digressione sul giudizio
che la moltitudine e i competenti danno su un oratore
6. L’età di Cotta e Sulpicio
7. L’età di Ortensio e Cicerone
Ora si passa ad analizzare i personaggi del dialogo, che sono:
● Tito Pomponio Attico, che nacque a Roma nell’anno 109 a.C. Egli era
di famiglia nobile e ricca. Nell’anno 87 a.C., non volendo essere coinvolto
nella guerra civile tra Mario e Silla, si trasferì ad Atene. Nell’anno 65
tornò a Roma e si mantenne fuori dalla lotte politiche fino al termine
della sua vita, avvenuta nell’anno 32 a.C. Fu un uomo molto prudente,
affabile e generoso con tutti e pur vivendo in un’età di profondi contrasti
e di accesi odii di parte, non ebbe nessun nemico. Fu anche uomo di
cultura e scrisse il Liber Annalis e un’opera in greco sul consolato di
Cicerone. Il suo acume critico e la sua competenza in materia di
eloquenza sono attestati dai vari giudizi che Cicerone gli fa esprimere
nel Brutus
● Manio Giunio Bruto nacque nell’anno 85 a.C. e fu figlio di Giunio
Bruto, tribuno della plebe nell’anno 83 a.C., fatto uccidere da Pompeo
nell’anno 78 a.C. e fu quindi adottato dallo zio Quinto Servilio Cepione.
Oltre che a Roma studiò retorica e filosofia in Atene. Seguì lo zio
materno Catone a Cipro e Appio Claudio Pulcro in Cilicia. Nella
guerra civile tra Cesare e Pompeo seguì Pompeo, uccisore del padre e
combattè a Farsalo. Dopo la sconfitta passò a Cesare, che lo perdonò.
Da Cesare ebbe il governo della Gallia Cisalpina e poi nell’anno 44 a.C.

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la pretura urbana. Fu il promotore e il capo della congiura che uccise
Cesare nell’anno 44 a.C. alle idi di marzo. Morto Cesare passò in
Oriente, dove organizzò la lotta contro gli eredi di Cesare. Nell’anno 42
a.C. combattè a Filippi con Cassio contro Ottaviano e Antonio, ma fu
sconfitto e si suicidò. Bruto fu uno spirito contemplativo e amante della
libertà e portato più allo studio che all’azione, partecipò a fatti politici e
militari molto importanti. Il suo interesse per la filosofia è attestato da
due importanti opere di filosofia morale da lui scritte: De Virtute e De
Officiis. Sul suo pensiero e sulla sua condotta ebbe grande influenza lo
zio materno Catone. Come oratore seguiva l’indirizzo neoatticista e tra
le sue orazioni la più celebre fu quella pronunciata davanti alla salma di
Cesare nel foro romano.
………………………………………………………………………………………………………………………………..

2. VALORE LETTERARIO E POLITICO DEL DIALOGO

Il Brutus è l’opera fondamentale per la conoscenza dell’eloquenza


romana……………………………………………………………………………………………………………………
Questa storia dell’eloquenza romana nasce quando essa ha raggiunto nel
pensiero di Cicerone il culmine della perfezione. Egli ci rappresenta questa
storia come un cammino incessante verso la figura del perfetto oratore, che
Cicerone stesso rappresenta, perché la sua eloquenza riunisce tutti i requisiti
che si possono richiedere ad un oratore……………………………………………………………….
Il quadro dell’eloquenza che Cicerone ci presenta abbraccia tutta la storia
romana. Per i primi oratori Cicerone fa un discorso vago, per l’enorme
distanza nel tempo e la mancanza di documenti scritti. Poi le sue notizie
diventano sempre più ampie e sicure, fino ad arrivare alla minuta e precisa
ricostruzione della carriera oratoria del suo grande rivale Ortensio e di se
stesso……………………………………………………………………………………………………………………..
In questo dialogo Cicerone ha il merito di non essersi lasciato trascinare, nel
giudicare tanti oratori così diversi sul piano artistico e sul piano politico, dai
suoi sentimenti personali, osservando sempre un criterio di imparzialità e di
serena obiettività……………………………………………………………………………………………………
In questo dialogo ha particolare importanza lo studio dei rapporti tra Cicerone
e gli oratori della giovane generazione, i cosiddetti Neoatticisti ………………………
Costoro miravano ad un tipo di discorso più semplice e naturale vicino alla
mentalità e alla intelligenza dei comuni ascoltatori. L’eloquenza di Cicerone
era da condannare per la sua artificiosità. Cicerone si sentiva offeso e
minacciato dalla nuova teoria, che riteneva del tutto errata……………………………….
Per Cicerone l’oratore deve sapere istruire, dilettare e commuovere per
ottenere questi risultati, in modo particolare per commuovere bisogna sapere
toccare l’animo degli uditori nelle sue più intime fibre. Chi ascolta non può
essere attratto da un’orazione scialba, fredda e nuda, vuole un’orazione calda e
appassionata, ricca di concetti, dalla forma elegante e forbita……………………………

49
Sul piano artistico il Brutus non può competere con il De Oratore, perché
l’enorme numero di oratori che vengono passati in rassegna obbliga lo scrittore
ad una corsa affannosa, che nuoce all’impianto artistico, che ha bisogno di
calma e serena elaborazione della materia…………………………………………………………..
Il Brutus si distingue tra le opere di Cicerone per il suo calore umano e
politico…………………………………………………………………………………………………………………….
L’opera si apre con il commosso ricordo di Ortensio, da poco scomparso, i cui
meriti nel campo dell’eloquenza sono apertamente riconosciuti con lealtà e
franchezza e ad Ortensio Cicerone torna ancora verso la fine del dialogo per
illustrare la sua carriera, le caratteristiche della sua arte e le causa del suo
declino…………………………………………………………………………………………………………………….
In questo dialogo Cicerone esprime tutta la sua stima per le doti oratorie di
Bruto, suo amico e il suo rammarico per il timore che esse non possano
esplicarsi come avrebbero potuto in tempi di libertà……………………………………………
Sul piano politico il Brutus è una delle opere più interessanti di Cicerone. Si
pensi innanzi tutto al momento storico in cui fu scritto. I pompeiani sono stati
da poco vinti a Farsalo e il loro capo è stato barbaramente trucidato. Roma è
nelle mani di Cesare, che sta per annientare le ultime resistenze dei suoi
nemici in Africa. Sull’esito finale della lotta politica non ci possono essere
dubbi. Cicerone, fervido sostenitore della repubblica, considera ormai
tramontato per sempre il suo ideale politico. Benchè consapevole della inutilità
dei suoi sforzi e dei pericoli a cui può andare incontro, egli deplora
apertamente il nuovo stato di cose, perché sa bene che esso rappresenta la
fine della libertà. Lo dichiara apertamente agli amici appena li vede arrivare
nella sua casa e torna a ripeterlo in altre maniere in vari luoghi del
dialogo……………………………………………………………………………………………………………………

L’ORATOR

1. DATA DI COMPOSIZIONE E MOTIVI ISPIRATORI


DELL’ORATOR

…………………………………………………………………………………………………………………………………
Cicerone compose L’Orator dal luglio al settembre dell’anno 46 a.C. senza
sottoporlo ad un attento lavoro di
revisione………………………………………………………….
La spinta a scrivere L’Orator venne a Cicerone dal fatto che da qualche anno
era sorto a Roma un indirizzo retorico piuttosto vivace e combattivo, il

50
cosiddetto neoatticismo, che si basava su principi completamente contrari a
quelli sostenuti e praticati da Cicerone ……………………………………………………………….
Il nuovo indirizzo voleva combattere L’Asianesimo le cui caratteristiche
erano:
● la gonfiezza e l’ampollosità dei periodi
● il turgore delle immagini
● la ricchezza di figure retoriche
● la ricerca di cadenze ritmiche dentro la frase e in particolare in chiusura
di periodo
I Neoatticisti si proponevano di riportare il linguaggio oratorio alla sua
primitiva semplicità e purezza, liberandolo da quell’ammanto di ornamenti, che
si riduceva ad un pesante ed inutile ingombro. Essi dicevano che l’oratore deve
istruire il suo uditorio, non a commuoverli. Quindi il suo discorso deve essere
schietto e spontaneo, privo di artifici retorici e di studiate cadenze
ritmiche…………………………………………………………………………………………………………………..
Per quanto aderenti allo stesso indirizzo, i Neoatticisti differivano tuttavia tra
loro per certe caratteristiche oratorie, dipendenti dal loro temperamento………….
L’Asianesimo aveva avuto in Roma, dal l’anno 90 all’anno 50 a.C. parecchi
fautori, primo fra tutti Ortensio Ortalo, il più illustre fra tutti gli avvocati del
suo tempo, prima che Cicerone gli togliesse questo primato…………………………….
Nell’anno 47 a.C., quando la polemica provocata dai Neoatticisti si fece più
violenta, Ortensio era già morto………………………………………………………………………….
In realtà gli attacchi dei Neoatticisti erano diretti contro Cicerone, cha ai loro
occhi era un oratore asiano……………………………………………………………………………………
Cicerone era portato a quel genere di eloquenza dal suo temperamento………….
Naturalmente egli non poteva cambiare la sua natura e parlare nel modo che
piaceva ai Neoatticisti. In un certo senso egli era rimasto fedele a quei
principi sani e degni di essere seguiti che L’Asianesimo conteneva………………….
I motivi politici agirono fortemente sulla composizione dell’Orator, perché se si
pensa alla posizione politica in cui Cicerone era venuto a trovarsi a causa
delle vittorie di Cesare, privo di amici, deluso nelle sue speranze e aspettative.
Per ciò per lui combattere per il suo prestigio di oratore equivaleva combattere
per sopravvivere. Nel tramonto di tutte le sue aspirazioni politiche, il primato
oratorio, che ancora gli restava, era l’unica cosa che poteva ancora dare un
significato alla sua vita…………………………………………………………………………………………..
Pubblicato il Brutus Cicerone si accorse che esso non era valso a distruggere
interamente le obiezioni dei Neoatticisti. Pensò allora di completare la sua
opera di demolizione, pubblicando un’opera (L’Orator) dove il tema
dell’eloquenza fosse affrontato e discusso in tutta la sua ampiezza……………………
Si trattava ora di riprendere il discorso e completarlo con l’aggiunta di nuove
osservazioni…………………………………………………………………………………………………………….

2. LA MATERIA TRATTATA.
IL PROBLEMA DELL’UNITA’ DI COMPOSIZIONE

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L’Orator è formato dalle seguenti parti:
1. Un lungo proemio, dove Cicerone mette in evidenza le difficoltà del
tema, che si accinge a trattare. La figura di oratore che egli descriverà
sarà del tutto ideale e non rispondente ad alcuna figura reale………………. Il
grande oratore oltre che nutrirsi di cultura filosofica deve conoscere e
sapere usare gli ornamenti retorici. Non vi sono più grandi oratori,
perché l’educazione dell’intelletto si è staccata da quella della parola….. I
generi dell’eloquenza sono tre: il grande, il medium e il tenue.
Oratore perfetto è chi si è distinto in tutti e tre questi generi…………………..
2. Una Tractatio si apre con una nuova introduzione dove Cicerone
esprime il suo affetto e la sua ammirazione per Bruto, accenna ancora
una volta alla difficoltà del suo compito…..e dichiara che non tratterà il
genere demonstrativum, limitandosi ai due generi iudiciale e
deliberativum…..Passa poi a parlare dei requisiti del perfetto oratore:
- deve darsi pensiero della materia del discorso (inventio)
- dell’ordine da dare ai vari concetti (collocatio)
- della loro forma artistica (elocutio)
- del modo di porgere (actio)
- dei vari toni della voce e delle espressioni del volto……...
Dichiara di trascurare la Memoria, perché facoltà non esclusiva
dell’eloquenza…...Oratore perfetto è chi sa adempiere a questi tre uffici:
provare, dilettare e commuovere. Egli deve essere in grado di parlare
secondo le esigenze della causa, adattando il suo stile al caso
determinato……..Fondamento della grande eloquenza è poi il decorum…
Ora Cicerone illustra dettagliatamente i generi dell’eloquenza………………..
- Il genere tenue ama la semplicità e la chiarezza, respinge le cadenze
ritmiche e gli abbellimenti……………………………………………………………………………
- Il genere Medium è più elevato, ama gli ornamenti e le figure di parola
e si presta bene per le ampie e dotte discussioni
- Il genere grande è copioso e ricco, smagliante, molto adatto a
scuotere e commuovere gli uditori………………………………………………………………
Il perfetto oratore deve sapere usare tutti e tre questi generi e deve
inoltre conoscere la dialettica, la filosofia, le scienze della natura il diritto
e la storia……………………………Cicerone continua la Tractatio parlando del
Numerus …………. Passa poi a parlare della Compositio, cioè della
buona collocazione delle parole nel periodo………...Illustra quindi la
Concinnitas, cioè l’armonica disposizione delle parole dentro il
periodo……...Parla dell’origine, della causa e della natura del
ritmo…………….Cicerone conclude la sua lunga esposizione illustrando le
chiusure ritmiche dei periodi e sostenendo l’utilità che deriva all’oratore
dall’uso del ritmo
3. Un epilogo, brevissimo, Cicerone si rivolge a Bruto dicendogli che lo
lascia libero di accettare o no i concetti sull’eloquenza che sono esposti
trattato………………………………………………………………………………………………………….
Da questa esposizione è facile vedere come il pensiero di Cicerone non si
svolge secondo una linea di sviluppo chiara e armonica……………………………………..

52
Però si pensa che il disordine della composizione si possa attribuire:
● alla fretta dello scrittore
● al suo stato d’animo
● al momento politico che Roma attraversava con una situazione politica
ancora incerta e pericolosa, malgrado le fulminee vittorie militari di
Cesare
● Al fatto che nell’Orator Cicerone riprende spesso concetti già esposti
nel De Oratore o nel Brutus …………………………………………………………………….
Si pensa quindi che L’Orator ha una sua unità di composizione, che non può
essere infirmata a causa di certi difetti connessi con il momento storico e col
carattere stesso dell’opera.

3. VALORE DELL’OPERA

………………………………………………………………………………………………………………………………..
Bruto aveva chiesto a Cicerone che gli delineasse la figura del perfetto
oratore e Cicerone esaudì il desiderio dell’amico, ma questo oratore ideale di
cui in questo trattato tanto si parla non è che Cicerone stesso. L’Orator
quindi è l’ealtazione dell’eloquenza ciceroniana, che per Cicerone è il modello
della grande eloquenza e il punto di arrivo di un lungo processo
storico…………….
Pur senza la ricchezza di pensiero e la profondità del De Oratore, L’Orator
chiarisce certi problemi e completa il quadro della concezione ciceroniana della
retorica. Nella polemica coi Neoatticisti Cicerone mostra una vivacità di
pensiero e una genialità di idee che meritano la nostra approvazione. Di fronte
a uomini che facevano consistere l’ideale dell’eloquenza nella fredda imitazione
di un modello, egli si batte per l’indipendenza dell’oratore, per la spontaneità e
la freschezza del suo stile………………………………………………………………………………………
Cicerone era un uomo di vastissima cultura, di larga esperienza e di gusto
raffinato. Come le altre due opere maggiori, anche L’Orator è una felice
sintesi di dottrine retoriche greche e di riflessioni personali………………………………
L’Orator tuttavia rimane lontano dalla limpidezza artistica del De Oratore e
del Brutus. Una delle ragioni di questa minore perfezione formale è data
dall’aridità delle materia. Infatti il De Oratore e il Brutus, pur contenendo
innumerevoli passi di carattere teorico e astratto, hanno nel complesso una
maggiore concretezza, allietata da una dovizia di aneddoti, di ricordi personali,
allusioni politiche e rimpianti. Invece nell’Orator Cicerone si è voluto tenere
sul terreno della pura discussione dottrinale, terreno arido e poco propizio
all’arte, ma anche con il suo tono teorico e astratto, l’Orator ha delle pagine
molto belle, specialmente nel proemio e nella raffigurazione dell’oratore
ideale……………………………………………………………………………………………………………………...

53
OPERE
54
POLITICHE

FILOSOFICHE
INTRODUZIONE

LO STATO, LE LEGGI, I DOVERI

I.

1. Nel maggio del 54 a.C. Cicerone trascorre giorni sereni nella sua villa di
Cuma e di Pompei. Egli ha un mese di soggiorno sereno e tranquillo, fra gli

55
agi di una comoda villeggiatura marina, appena turbato dalla lontananza del
fratello Quinto, che ha raggiunto come legato Cesare nei suoi quartieri
d’inverno di Rimini.. E’ soddisfatto del suo lavoro, un trattato di politica, di cui
già aveva avuto occasione di parlare al fratello prima della sua partenza………….
Il due giugno a.C. Cicerone rientra a Roma e si trattiene, perché impegnato
nella difesa di Scauro e Vatinio. Cicerone, ritornato nella sua villa a
Tuscolo, continua nella sua fatica intorno al De Republica e scrivendone al
fratello Quinto si dimostra soddisfatto del suo lavoro, della redazione generale
e del carattere dei personaggi in particolare. E’ un po' angustiato che
l’impostazione del dialogo, ambientato 75 anni fa, non gli permetta una
puntata nella storia contemporanea, ma si sfoga col fratello parlando dei guai
di quel tempo. Egli pensa di aver terminato la prima redazione per il suo
ritorno a Roma, dove infatti si troverà un mese dopo………………………………………..
Dalla corrispondenza di tre anni dopo si ha notizia della pubblicazione
dell’opera, quando Cicerone ha iniziato a scrivere il De Legibus. Infatti il
ricordo delle prepotenze e della morte di Clodio è ancora vivo e bruciante da
far pensare a fatti recenti e attuali, mentre d’altra parte le espressioni di
Cicerone sulla libertà di parola in senato sembrano ignorare il bavaglio
messovi da Pompeo, console per la terza volta………………………………………………….
Così i primi tre libri di questo secondo trattato sarebbero stati scritti a principio
di quell’anno, sebbene non manchi qualche motivo che indurrebbe a collocare
la composizione del terzo libro nel 46 a.C., dopo una interruzione di cinque
anni………………………………………………………………………………………………………………………….

2. La fase di meditazione e di elaborazione dei due trattati abbraccia gli anni


più drammatici della vicenda ciceroniana e si colloca nel periodo delle ultime,
violente convulsioni da cui sarebbe nato, per crollare di li a poco il principato
cesareo. Il ritorno dello scrittore dall’esilio, cui lo aveva costretto la mossa di
Clodio, latore di una legge che avrebbe reso Cicerone colpevole della
sommaria esecuzione dei responsabili della congiura catilinaria, non
riconduceva Cicerone in una Roma pacificata, ma preso nell’ingranaggio della
concorrenza fra i triunviri si faceva promotore degli interessi pompeiani,
appoggiando presso il senato il conferimento a Pompeo della cura dell’annona
con annesso imperio proconsolare per un quinquennio. Quindi nell’anno 56 a.C.
il convegno di Lucca distribuendo uffici e milizie fra i protagonisti infliggeva
una nuova mortificazione agli istituti costituzionali, mentre Cicerone si
impegnava a fondo con l’orazione sulle provincie consaolari a favore di
Pompeo, dei suoi ideali di riconciliazione generale e dell’attuazione degli
accordi di Lucca ……………………………………………………………………………………………………
Gli anni successivi segnarono la scomparsa di Crasso dalla scena politica e
dalla vita ed il definitivo accostamento di Pompeo verso l’aristocrazia
senatoria, mentre il venti gennaio dell’anno 52 a.C. e gli endemici disordini
urbani culminarono con l’uccisione di Clodio. Sotto la pressione dei gladiatori
miloniani il senato riconosceva ufficialmente l’inizio del governo personale
mascherato sotto il titolo di “ console senza collega ” conferito a Pompeo che
conservava tuttora il proconsolato della Spagna. Egli inaugurò la nuova

56
magistratura unica con il perseguimento in giudizio di Milone, la cui difesa
assunta da Cicerone falliva. In quell’anno Cicerone si accingeva a scrivere il
trattato De Legibus, che sarebbe stato pubblicato anni più tardi. Nel mezzo di
questi avvenimenti e precisamente nell’anno 53 a.C. Cicerone era entrato a
far parte del collegio degli auguri in età di 54 anni.

3. Lo spettacolo angoscioso ed il senso profondo della carenza dei poteri


pubblici sono alla radice dei due trattati politici che riassumono sotto un
duplice aspetto l’esperienza storica di questi anni. La norma fondamentale
della giustizia, oscurata dapprima negli animi e nel patrimonio dottrinale, era
venuta eclissandosi anche nella prassi politica. Si ripetevano aggravati,
ingranditi, lo smarrimento morale, le esasperazioni demagogiche, l’acerbo
conflitto delle armi che già avevano contrassegnato l’agonia della democrazia
ateniese…………………………………………………………………………………………………………………..
Questo suggestivo ricorso non deve farci dimenticare la differenza dei tempi e
la novità degli interessi che si rivela nell’opera ciceroniana, rispondente in
primo luogo ad una esigenza storica e ad una partecipazione diretta e
personale agli avvenimenti più gravi dello stato…………………………………………………..
Una notevole parte dell’esordio al De Republica è dedicato a ricordare
l’esperienza direttamente affrontata dall’uomo politico ed anche gli eventi più
antichi sono rievocati da Cicerone con l’accento appassionato e severo di chi
ha assistito:
● al rinnovarsi di contese
● al riaprirsi di problemi
● al ripresentarsi di incognite
ed ha seguito con ansia e con interesse la vicenda della storia romana. Così il
problema:
● del potere personale
● del conflitto delle classi
● dell’avvento del tribunato
● dell’eguaglianza giuridica dei cittadini
sono tutti motivi che Cicerone ripropone alla considerazione del pubblico sotto
la spinta di una attualità drammaticamente viva………………………………………………….
Il dialogo ciceroniano De Republica è un messaggio di fiducia ai
contemporanei, fiducia che non verrà meno anche quando l’avvento del
“console senza collega” imporrà il bavaglio alla libertà di parola.. Nella norma
del diritto Cicerone addita la possibilità di una rigenerazione, il fondamento di
una ricostruzione della società politica. Ideale di restaurazione quello
rappresentato nel De Legibus, per molti aspetti inadeguato alla nuova
situazione politica, ma se non altro animato da una generosa esortazione che
additava nel ristabilimento e nel funzionamento di una norma giuridica
pubblica la condizione essenziale alla vita di una società
politica………………………………………

57
4. Nell’intrecciarsi della composizione del De Legibus con la stesura del De
Republica la coincidenza cronologica è un segno esteriore di un concentrarsi
di interessi e di istanze che a un dato momento si impongono alla mente dello
scrittore…………………………………………………………………………………………………………………..
Il De Republica redatto nel giro di pochi mesi, denota il giudizio storico di
Cicerone, partecipe di una società che ha avuto una singolare vicenda ed è
entrata in una crisi decisiva. Il problema del governo pone a sua volta un altro
problema, cioè quello degli istituti di cui il potere esecutivo è pratico
strumento……………………………………………………………………………………………………………….
Mentre Cicerone revisiona e sistema definitivamente il primo trattato, il De
Republica, inizia subito a scrivere il secondo trattato, il De Legibus. …………….
La perdita della seconda parte del De Legibus ci privò di una testimonianza
preziosa dello svolgimento del pensiero politico di Cicerone.

II.

1. ……………………………………………………………………………………………………………………………
La struttura esteriore del De Republica è ispirata all’analoga opera di Platone
e lo stesso problema fondamentale, la giustizia, è ripreso e svolto sulla
falsariga della trattazione platonica………………………………………………………………………
Se vi è un’opera ciceroniana in cui la filosofia sia sentita come amore del vero
ed ascesa verso dio, questa è certamente il De Republica ………………………………
Quello stesso interesse etico che si è soliti interpretare come testimonianza
della romanità di Cicerone coincide in questa opera con quello che è lo spunto
e il problema fondamentale del dialogo platonico………………………………………………..
La sublimità di Platone sta tutta nella purezza, nell’incontaminata linearità
dialettica del suo edificio, che quando discende e si accosta alla poca altezza
dell’intelletto umano, si fa alal della fantasia mediante il simbolo e l’immagine.
Non simboli, ma fatti rendono invece perspicuo lo svolgersi del pensiero nel De
Republica ……………………………………………………………………………………………………………..
Così, pur nel suo valore ideale, il De Repubblica , è saldamente radicato sulla
terra e assume maggior concretezza se unita al De Legibus. Quindi precede di
un passo l’accostarsi di Platone alla realtà della storia. Questo passo è dato
dall’innestarsi sull’interesse storico, dominante nella Republica e sensibile
nelle Leggi platoniche, dell’esigenza giuridica, frutto di una esperienza
schiettamente romana. La filosofia del diritto nella trattazione ciceroniana è
uno spunto, un riferimento essenziale, ma vi riveste pur sempre un valore
strumentale e metodologico mentre il fine del De Legibus è l’analisi degli
istituti del diritto religioso e civile e del diritto pubblico, non visti sotto la luce
della convenienza morale, ma del loro intrinseco valore storico, cioè politico,
psicologico e sociale. Con questo trattato di istituzioni e storia del diritto
romano siamo, dunque, sensibilmente lontani dal significato prevalentemente
dichiarativo di un sistema dottrinale, quale troviamo nelle Leggi di Platone
………………………………………………………………………………………………………………………………..

58
2. ……………………………………………………………………………………………………………………………
La più evidente influenza esercitata sul De Republica è quella dovuta alla
dottrina politica dello stoico Panezio ed all’interpretazione storiografica
polibiana. Infatti da Panezio era mossa la critica all’utopia platonica, ripresa
da Cicerone ………………………………………………………………………………………………………….
Non solo Panezio offrì a Cicerone l’esempio di una trattazione divulgativa
delle dottrine politiche, ma soprattutto mediò da Aristotele quel concetto del
valore della vita pratica e della giustizia come virtù, che non si realizza se non
in rapporto alle relazioni sociali……………………………………………………………………………..
Resta così fondata filosoficamente la giustificazione della necessità per il saggio
di partecipare alla vita politica e il dichiarare tale giustificazione ai suoi
concittadini non solo nell’ambito pratico, ma anche in quello teorico…………………
Da Polibio Cicerone attinse il giudizio globale e la caratterizzazione della
storia e degli istituti romani, come quelli che nel modo più evidente rivestivano
un significato di esemplarità. Dunque i due storici greci offrirono a Cicerone il
materiale e lo spunto per riprendere il trattato platonico della Republica
rendendolo attuale e adeguato ai nuovi problemi proposti dalla stira e dalla
società del primo secolo a.C………………………………………………………………………………….
Però Cicerone non tutto trovava nei suoi precursori, mentre d’altro lato
esperienze storiche e morali particolarmente significative per lui e per i suoi
contemporanei erano sfuggite alle proprie fonti…………………………………………………..
Anche il De Legibus ciceroniano discende direttamente da un principio stoico,
indicando il fondamento del diritto positivo nella legge naturale………………………..

3. All’esperienza giuridica romana mancava l’unione della pratica attività


legislativa ad un principio metafisico, da cui venisse illuminata e si potesse
ordinare scientificamente la mole degli editti e delle disposizioni di diritto
pubblico e privato, che era venuta accumulandosi e disponendosi di volta in
volta in rispondenza delle singole situazioni storiche……………………...………………….
Ad un dato momento della storia del diritto si era presentata la necessità di
una impostazione sintetica ed organica………………………………………………………………..
Per cui la situazione all’epoca di Cicerone era questa:
● Il diritto penale continuava ad evolversi ed arricchirsi con l’emanazione
degli editti pretorii
● Il diritto civile era stato monopolizzato dai pontefici
● Il diritto pubblico costituzionale e amministrativo era vincolato dagli
interessi della casta dominante per mezzo degli auguri.
Nella simpatia dimostrata da Cicerone per l’antica legislazione del decemvirato
sta la testimonianza di questa esigenza di unificazione, che tradusse in un
corpo di leggi…………………………………………………………….……………………………………………
Cicerone quindi applicò la scienza giuridica in modo sistematico, risalendo ai
principi informatori del diritto in sede teorica e distinguendo in sede pratica la
parte istituzionale da quella applicativa. Quindi la sua vera scoperta fu la
constatazione della coincidenza fra il diritto positivo romano e quel diritto
generale, rappresentato dalla legge naturale ed essere giunto alla

59
constatazione di quel significato paradigmatico del diritto romano che si
affiancava ad analogo valore della costituzione politica, messa in luce da
Cicerone nel De Republica ………………………………………………………………………………..

4. ........………………………………………………………………………………………………………………….
Cicerone rivendica l’autonomia de diritto civile come scienza positiva,
affrancata da interferenze teocratiche e dall’invadente estendersi del diritto
ecclesiastico……………………………………………………………………………………………………………
Il De Republica e il De Legibus sono una buona battaglia condotta da
Cicerone per la libertà. Però vi si accompagna non solo la condanna nei
riguardi della sfrenatezza e della licenza, ma anche il pratico suggerimento di
espedienti che testimoniano le buone intenzioni di Cicerone …………………………..
Se la polemica ciceroniana ha lo scopo di raffrenare l’idealismo dei progressisti
richiamandoli al senso della realtà ed al gioco degli interessi che essa
nasconde, d’altra parte non tralascia di ridurre a ragione la cieca ostinazione e
la intransigenza dei faziosi dell’opposto partito……………………………………………………
Così in sede filosofica il senso dell’opportunità politica aveva dettato a
Cicerone la difesa della giustizia .........…..……………....………………………………………
Contro coloro che predicano l’assoluta astensione del saggio dalle lotte
politiche e coloro che gli permettono di parteciparvi soltanto in periodo di
emergenza, Cicerone prende ad esempio la sua vita di uomo di studio e di
uomo politico, salvatore della patria contro la minaccia catilinaria, che potè in
quel momento essere tale solo perché fin dagli inizi della sua vita sociale si era
dedicato alla carriera politica…………………………………………………………………………………

5. ..……………………………………………………………………………………………………………………….
Nella varia e vasta produzione letteraria di Cicerone si possono individuare tre
esigenze fondamentali attorno a cui raggruppare i suoi scritti:
1. L’esigenza pratica, rappresentata dalle orazioni e dall’epistolario
2. L’esigenza teorica, che informa dei trattati etico-filosofici e retorici
3. L’esigenza critico-storica cui rispondono il Brutus, il De Republica e il
De Legibus
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Il De Republica e il De Oratore sono la giustificazione teorica della prassi
oratoria ciceroniana, la rivoluzione dell’applicazione dei dettami che erano stati
resi consapevoli a Cicerone dalla sua stessa formazione scolastica, ma ancor
più dal graduale maturarsi della sua tecnica retorica e del suo senso
artistico…………………………………………………………………………………………………………………..
Come nel De Oratore Cicerone aveva assunto a termine di raffronto la figura
del perfetto oratore, così era naturale che la pietra di paragone fosse costituita
nel De Republica dal perfetto uomo di governo………………………………………………….
Il dialogo De Oratore poneva inoltre ulteriori problemi:
● Il problema storico, impostato ed esaminato nel Brutus
● il problema tecnico, affrontato nell’Orator
………………………………………………………………………………………………………………………………..

60
Tanto il Brutus che l’Orator, quanto il dialogo De Legibus sono ambientati da
Cicerone in epoca contemporanea ed hanno per protagonista Cicerone
stesso. Quanto poi ai trattati filosofici, da collocarsi fra l’anno 45 a.C. e l’anno
43 a.C. rappresentano altrettanti direttrici di approfondimento di quei problemi
etici e teologici già prospettati nelle loro linee generali dalla precedente
produzione

III.

1. Cicerone, accingendosi a trattare delle leggi affronta apertamente il tema


della natura e delle esigenze della storiografia…………………………………………………….
Cicerone prende spunto dal suo poema il Marius per la discussione
introduttiva sulla storia, che si trova nel primo libro del De Legibus, che viene
qui considerata un genere letterario in relazione alla poesia……………………………….
Nella storiografia antica il concetto del necessario, inevitabile adeguamento
della considerazione dei fatti alle esigenze di età più mature, di prospettive
mutate, di nuovi interessi personali e di nuovi problemi che di volta in volta
vengono imponendosi al pensiero col volgere dei tempi……………………………………..
Considerata sotto questa prospettiva, la preoccupazione formale di Cicerone
nei confronti della narrazione storica ci testimonia il fatto essenziale e non più
solamente tecnico, della corrispondenza fra la concezione storiografica quale si
era affermata nell’età ciceroniana e l’individualità di Cicerone. Questa
interpretazione ci sembra tanto più fondata in quanto questa intima
corrispondenza è perseguita e attuata nell’opera ciceroniana al di fuori degli
schemi tradizionali del racconto storico, ma inserita nella forma del
dialogo…………………………………………………………………………………………………………………….

2. ……………………………………………………………………………………………………………………………
Nel De Republica e nel De Legibus l’esigenza storica risulta in primo luogo
per l’impostazione generale e per lo spirito che li anima, perché i conflitti e le
istituzioni politiche non sono trasferiti sul piano dell’assoluto, ma considerati
nel terreno della storia, cioè della vita………………………………………………………………….
Infatti nel De Republica la sua storicità si avverte sul terreno stesso dei
personaggi, dell’ambiente, del fatto che vi sono rievocati e notevole è la
preoccupazione di Cicerone di rispettare questo suo carattere………………………….
La storia è, nel De Republica, qualcosa di più e di diverso della semplice
evocazione del fatto particolare, ma è scelta fatta tra gli eventi, coordinamento
ed interpretazione di essi secondo il modulo della personalità di Cicerone e sul
metro di una esigenza attuale……………………………………………………………………………….
Infatti lo sviluppo e la crisi della monarchia, il più notevole ed esteso scorcio
storico nel quadro del De Republica, ci sono rappresentati per sommi capi,
negli istituti e nei momenti significativi, senza affastellamento di particolari ed
in quella limpida, semplice successione cronologica da cui la narrazione storica
non può prescindere………………………………………………………………………………………………

61
L’intellettualismo platonico aveva bisogno del mito e dell’invenzione, mentre
per l’umanesimo ciceroniano il dramma dello spirito si incarna nell’umana
vicenda della storia. Un altro esempio è la conquista del voto segreto, nel De
Legibus …………………………………………………………………………………………………………………
Questa materia, pur arida, vibra di un vivo contenuto drammatico e umano e
assistiamo al concreto definirsi della libertà politica…………………………………………….
d’altra parte proprio in questi particolari si agita il grave problema della
garanzia giuridica della libertà politica del cittadino e assistiamo ad un passo
decisivo nella storia della costituzione romana…………………………………………………….
Nel proemio del De Legibus si coglie uno dei punti essenziali riguardanti la
narrazione storica, cioè la completezza e la perspicuità della rappresentazione
storica, da intendersi non nel senso della materiale estensione o del cumulo dei
dati eruditi, ma in quello della chiarezza concettuale e dell’impegno dello
scrittore nel suo compito……………………………………………………………………………………….

3. ……………………….....….………………………………………………………………………………………….
La concezione storica ciceroniana è rappresentata dalla realizzazione del
concetto di giustizia, che implica quello di libertà. Questo concetto si trova
nella premessa del De Republica e soprattutto nella discussione teorica
riguardante la necessità della giustizia nella società politica. La dialettica della
storia è dunque determinata dal contrapporsi della giustizia all’ingiustizia, della
libertà alla servitù ed incessantemente muove alla realizzazione dello stato
romano……………………………………………………………………………………………………………………
La storia rivela altri valori non desunti da pregiudiziali filosofiche,ma ad essa
inerenti. Il giudizio del filosofo sulla storia è un giudizio morale, si affianca il
giudizio dello storico, che è un giudizio politico…………………………………………………….
In Cicerone si può constatare un mancato approfondimento dei rapporti e
delle reciproche esigenze del filosofo e dello storico, che generalmente si
identifica con la dimenticanza degli interessi ciceroniani rivolti alla storia e con
l’accentuazione unilaterale della cultura filosofica.

4. ……………………………………………………………………………………………………………………………
Nel De Legibus e nel De Republica la storia non è pretesto od occasione e
non adempie soltanto ad un compito subordinato e strumentale, ma è l’oggetto
stesso della trattazione e attinge da sé stessa il proprio chiarimento…………………
Si può affermare che gran parte delle opere filosofiche scritte da Cicerone
rispondono ai requisiti della letteratura saggistica per:
● il carattere monografico
● la trattazione di singoli problemi di largo e attuale interesse
● il prevalere delle interpretazioni sintetiche
● l’attenuazione delle esigenze sistematiche.
…………………………………………………………………………………………………………………………………
Con questa conclusione si giunge a stabilire un legame più stretto ed una
continuità ideale fra il dialogo De Republica ed il restante della produzione
trattatistica ciceroniana, ma anche ad una rivalutazione di quell’eclettismo

62
ciceroniano, generalmente considerato una testimonianza di insufficienza
spirituale e di assenza di originalità, anziché di personale ripensamento dei
maggiori problemi in dipendenza da una concezione umanistica e storica della
vita e della cultura.

IV

1. La visione umana della vita è testimoniata in Cicerone dal momento e dalle


circostanze della composizione del trattato De Officiis, che presenta il punto di
arrivo della sua produzione filosofica…………………………………………………………………….
Il cesaricidio, dopo aver dato brevi speranze, aveva aperto la strada ad una
nuova involuzione della res publica verso la realtà di una res privata e a
Cicerone, che è padre, non rimane altro che plasmare l’animo del figlio,
mandato a compiere gli studi ad Atene ………………………………………………………………
Nel De Officiis si apprende il pensiero di Cicerone nella sua forma più
immediata e trasparente, ma tuttavia l’opera lascia filtrare le incertezze di
pensiero e le varie fasi, accavallate e non definitivamente sistemate, della sua
elaborazione, con ripetizioni e deviazioni e qualche dimenticanza o incoerenza
col logico filo del discorso. Quindi carattere scolastico fu riscontrato in questa
opera, che ci riporta per impostazione e metodo alle giovanili compilazioni di
arte retorica di Cicerone. …………………………………………………………………………………….
Il De Officiis si impone all’attenzione per la nudità del suo apparato teorico e
perché rievoca il tema della solidarietà sociale e della società come istituto
naturale, che sta alla base dei trattati politici di Cicerone. ……………………………….
La massa degli esempi inseriti nel De Officiis, sommerge e fa perdere di vista
lo svolgimento lineare della trattazione, ma è proprio questa massa che non
soltanto testimonia un continuo farsi vita ed esperienza dell’etica ciceroniana,
ma nello stesso tempo stende un filo di continuità fra il punto di partenza della
trattatistica ciceroniana rappresentata del De Republica e questo ultimo
trattato che è un punto di arrivo della vicenda biografica di Cicerone ……………..
Così il De Officiis aiuta discretamente, proprio come documento di storia della
filosofia, ad illuminare personalità e teorie………………………………………………………….

2. ……………………………………………………………………………………………………………………………
Si potrebbe considerare il De Officiis un saggio analitico sulla storia di Roma
non da una prospettiva sociale, ma da un punto di vista individuale, che si lega
al presupposto storico e sociale dell’umana convivenza, fonte ed origine della
morale.. Da questo rapporto tra la personalità del singolo e l’esigenza della
società nascono due motivi dominanti in tutto il trattato:
1. Il primo, costituito dall’insistere di Cicerone sull’esempio come concreta
e reale attuazione di un determinato atteggiamento etico
2. Il secondo, costituito dalla continua preoccupazione di legare l’atto
individuale alle circostanze, cioè alla posizione della persona nella società
…………………………………………………………………………………………………………………………………

63
Nel De Officiis Cicerone non vuole soltanto plasmare pedagogicamente
l’animo del figlio, ma anche di dargli gli strumenti adeguati a modificare e
plasmare la realtà….………………………………………………………………………………..…………….
Si è lontani dalla considerazione della virtù in senso intellettualistico, ma
ritorna il pensiero della virtù come azione e delle singole virtù appunto come
specificazioni ed applicazioni pratiche della giustizia. Ma Cicerone, formatosi
nell’attività politica ed in essa vissuto non poteva non considerare la giustizia
legata al potere politico od alla sua conquista………………………………………………………
Proprio attraverso il De Officiis, il De Virtutibus e il De Gloria Cicerone
delinea e precisa nel suo complesso l’ideale dell’ottimo principe, che era
tratteggiato nel quinto libro del De Republica …………………………………………………..
Così proprio attraverso le esemplificazioni del De Officiis, imperniate sulle
azioni dei grandi uomini della Roma antica e degli avventurieri della politica di
quelle stesse età e di quella contemporanea a Cicerone e attraverso l’analisi
della grandezza morale di Attilio Regolo e la polemica contro i demagoghi o
gli ambiziosi, si coglie una organicità e continuità di pensiero, di atteggiamenti
e di interpretazioni che danno volto e rilievo all’ideale dell’uomo politico,
secondo un sostenitore della repubblica senatoria quale era Cicerone …………….

3. ............….…..…………………………………………………………………………………………………….
Nel De Officiis si può cogliere un tono più acerbo e un più evidente
scoprimento delle posizioni conservatrici ciceroniane, di quanto non accadesse
nel De Repubblica ……………………………………………………………………………………………….
Le più recenti vicende e le più gravi delusioni hanno inasprito le posizioni di
Cicerone e il cesaricidio l’ha spinto a scoprire con minor riguardo i suoi legami
con il ceto aristocratico senatorio ed in ciò traspare chiaramente una morale di
classe ed un atteggiamento di uomo di parte……………………………………………………….
Il trattato De Officiis rappresenta ed applica una particolare esperienza storica
e politica, che sostanzialmente regge la scelta fra l’utile e l’onesto…………………….
Si delinea così una specie di norma estetica, una valutazione soggettiva della
vita intesa come stile e proprietà, che Cicerone stesso sottolinea
richiamandosi a quella che è la trattazione artistica del “conveniente” e che
mentre pone l’azione in rapporto con le circostanze, obbedisce a ragioni di
intrinseca coerenza…………………………………………………..…………………………………………..
Il motivo pedagogico del De Officiis si concretizza e si adegua nel modo più
calzante all’età ed alla condizione del dedicatario e in questo modo si giustifica
la minuta e particolareggiata analisi delle varie sorti di convenienza in rapporto
alle varie età della vita ed alle varie circostanze,con un richiamo soprattutto a
quei piccoli particolari che allo sguardo di persona penetrante, così come le più
lievi stonature all’orecchio del musico esperto, denotano rozzezza ed
incultura………………………………………………………………………………………………………………….
4. La repubblica paternalistica ed aristocratica del De Republica e la libertà
popolare sorvegliata, guidata e tenuta a balia della classe dirigente, ispiratrice
del voto formalmente segreto del De Legibus trovano il loro corrispondente
nella pedagogia precettistica del De Officiis ………………………………………………………

64
La conformità agli Stoici non è da lui sentita e condotta fino alle sue logiche
conseguenze tanto in sede politica che in sede pedagogica e dei temperamenti
pratici apportati al primitivo intellettualismo etico dell’evoluzione della dottrina,
egli sente soprattutto quelli che più si adeguano alla particolare condizione
politica e storica……………………………………………………………………………………………………..
A Cicerone sfugge la consapevolezza di identificare il ceto dominante con la
struttura statale e del fondamento dialettico della storia e della vita morale,
che venne nel corso dei suoi trattati a volte adombrando, a volte più
chiaramente ed esplicitamente mettendo in luce, non pensò di essere egli
stesso e la sua opera pratica di pensiero niente più che una testimonianza ed
una voce………………………………………………………………………………………………………………….
La complessità ed il peso determinante dello svolgimento storico furono da
Cicerone individuati e valutati non solo, ma dedotti anche nella pratica
interpretazione dei fenomeni politici. Fu però il modo dell’applicazione, che
venne determinato da motivi di restaurazione a non essere vitale, anticipando
così le posizioni ed i risultati negativi di quella che sarebbe stata l’opposizione
degli intellettuali sotto i Cesari, mentre in se stessa, l’esigenza di cogliere e di
sfruttare la lezione della storia costituì la parte più viva ed originale del
pensiero ciceroniano……………………………………………………………………………………………...
Concludendo si può affermare che la fama di Cicerone risiede nel vigoroso e
diffuso senso della storia, tanto più significativo in quanto espressosi in
costruzioni di pensiero lontane dalla tradizionale ed esplicita prassi
storiografica…………………………………………………………………………………………………………….

1. …………………………………………………….……………………………………………………………………..
Nel De Republica ci sono due fatti concomitanti:
● da una parte il cristallizzarsi di una particolare situazione politica
● dall’altra l’incremento nella diffusione delle dottrine stoiche, a cui il
dialogo si ispira
Il De Republica racchiude un implicito riconoscimento della superiorità del
principato sugli altri ordinamenti politici……………………………………………………………….
La frequenza delle testimonianze, che offre una ricca trama allo studioso del
successo e dell’attualità del De Republica, viene meno quando si prenda a
discorrere del De Legibus ………………..………………………………..……………………………….
Di argomento più tecnico, esse certamente interessavano una cerchia di
cultura più limitata di quella che assicurò la diffusione del primo dialogo,
mentre anche la situazione politica contribuiva a far cadere in dimenticanza
una opera in cui precise norme giuridiche potevano suonare come un atto di
accusa contro il principato assoluto. Quindi la sfera di influenza del De
Legibus dovette restringersi al campo degli specialisti e degli
antiquari………………………………………………………………………………………………………………….

65
2. La casistica e l’esemplificazione di cui era contesto il De Officiis riuscivano
interessanti ed utili ai raccoglitori di aneddoti a tendenza moralistica, mentre
d’altra parte il carattere pedagogico e l’impostazione stoicizzante del trattato
non potevano la sciare insensibile Seneca, ma il maggior successo riportato
da questa opera va ascritto alla rielaborazione che in senso cristiano ed in
funzione della gerarchia, che ne fece S. Ambrogio nel suo noto scritto De
Officiis Ministrorum …………………………………………………………………………………………..
Più che un fatto di cultura, gioverà osservare nelle molte citazioni e frammenti,
che si possono raccogliere dagli scrittori cristiani un sintomo del travaglio che
si innesta in questo tardo umanesimo, un segno ciioè della crisi determinata
dal conflitto fra l’accettazione delle proposizioni dello scrittore pagano e la
coscienza della loro inadeguatezza alla nuove esigenze spirituali……………………….
Se per il suo carattere umanistico Cicerone fu in grado di fornire una larga
base alla cultura cristiana, era pur vero che egli restava legato a posizioni
intellettualistiche, tipiche della filosofia classica, che erano ormai superate nella
visione cristiana della vita……………………………………………………………………………………..
Cicerone poteva apparire come un semplice canale della cultura platonico-
pitagorica, ma il continuo richiamarsi di S. Agostino alla testimonianza od alla
documentazione ciceroniana, dimostra che il Vescovo cristiano seppe cogliere il
punto centrale del pensiero di Cicerone, che consisteva nella drammatica
accentuazione del vincolo morale tra questo mondo e l’eterno e nel riflettersi
nella seconda vita di tutto il pieno valore dell’azione…………………………………………..

INTRODUZIONE GENERALE

66
I TERMINI ESTREMI DEL BENE E DEL MALE
(DE FINIBUS BONORUM ET MALORUM)
DISCUSSIONI TUSCOLANE
(TUSCOLANAE DISPUTATIONES)

I.

…………………………………………………………………………………………………………………………………
Il 6 aprile dell’ano 46 a.C. Cesare sconfiggeva a Tapso, in Africa le truppe
pompeiane. I figli di Pompeo con pochi superstiti si rifugiarono in Spagna e
Catone ad Utica si suicidava per non sopravvivere alla fine della libertà.
Crollava in quel giorno la repubblica romana da tanti anni travagliata da
sanguinose lotte……………………………………………………………………………………………………..
Cesare, ritornato a Roma il 25 luglio dell’anno 46 a.c. si mise subito all’opera
per dare allo stato nuove leggi che sancissero senza brusche scosse il mutato
ordinamento. Cicerone dapprima si ingannò sulle intenzioni del dittatore e
passò l’estate fra gli studi e i piaceri della buona tavola……………………………………..
Cicerone cercava in questo modo di dimenticare i dispiaceri familiari e
consolarsi della forzata astensione dall’attività politica a cui non sapeva
rinunciare, per quanto non osasse confessarlo apertamente……………………………….
Le vicende familiari di Cicerone andavano male, perché divorziò dalla moglie
Terenzia. Mentre l’unica fonte di sollievo erano gli studi. Infatti Cicerone a
quel tempo pubblicò:
● Il Brutus
● I Paradoxa Stoicorum
● l’Orator
…………………………………………………………………………………………………………………………………
A settembre di quello stesso anno Cicerone parlò in senato per chiedere la
grazia a Cesare per far ritornare Marco Claudio Marcello, un accanito
avversario di Cesare, dall’esilio e Cesare concesse la grazia…………………………….
Poco dopo Cicerone perorò la causa di Quinto Ligario, pompeiano accusato
di alto tradimento e lo fece ritornare dall’esilio…………………………………………………….
Intanto nell’autunno del 46 a.C. le illusioni di Cicerone per una restaurazione
degli istituti repubblicani da parte di Cesare erano svanite………………………………..
Quando poi Cesare, costretto in novembre dello stesso anno ad accorrere in
Spagna per sconfiggere le residue forze pompeiane, raccolte dai figli di
Pompeo, Cicerone ebbe chiaro il crollo di quegli ideali per cui conservava
ancora l’ingenua presunzione di poter combattere. Allora Cicerone decise
allora di pubblicare un elogio di Catone L’Uticense, esaltandolo quale simbolo
delle tradizioni repubblicane………………………………………………………………………………….
Nello scorcio dell’anno 46 a.C. Cicerone si risposò con Publilia, una ricca
ereditiera molto più giovane di lui, ma dopo sette mesi divorziò. Cicerone
mandò il figlio Marco a studiare ad Atene e la figlia Tullia, dopo aver dato
alla luce il suo primo figlio, morì a febbraio dell’anno 45 a.C., ospite del padre

67
nella villa di Tuscolo
……………………………………………………………………………………………………..
Cicerone si sentì solo e cadde nel più profondo abbattimento e chiese
ospitalità ad Attico e poi si rinchiuse nella sua villa di Astura …………………………
Intanto Cesare aveva letto in Spagna il suo elogio di Catone e non si
scompose per quello che gli dovette sembrare un fuoco di paglia di nostalgici
sostenitori di un ideale ormai tramontato per
sempre………………………………………….
In primavera Cesare compose due libri contro Catone L’Uticense, ma nello
stesso tempo si mostrava entusiastico ammiratore delle perfetta esposizione di
Cicerone ………………………………………………………………………………………………………………
In risposta Cicerone scrisse una lettera a celebrazione di Cesare, che ebbe il
carattere di una ritrattazione…………………………………………………………………………………
La notizia della vittoria di Cesare in Spagna, a Munda il 17 marzo dell’anno
45 a.C. lo lasciò indifferente………………………………………………………………………………….
Cicerone nella primavera e nell’estate si dedicò completamente alla filosofia.
In aprile, infatti, compose L’Hortensius, che doveva servire da introduzione
alle opere maggiori. Alla fine di giugno aveva già scritto altri nove libri:
● quattro libri sul problema gnoseologico (Academia)
● cinque libri sui termini estremi del bene e del male (Se finibus
bonorum et malorum)
………………………………………………………………………….……………………………………………………
Sempre restando nell’argomento in luglio scrisse:
● Le Tuscolanae disputationes in cinque libri, opera che terminò verso
la fine dell’anno
● Il Timaeus dialogo sulla costituzione dell’universo
In agosto, sempre parlando filosofia, scrisse:
● Il De natura deorum, trattato teologico in tre libri, che terminò nei
primi mesi dell’anno 44 a.C.
…………………………………………………………………………………..…………………………………………..
Cesare era ormai il monarca assoluto che a sua beneplacito eleggeva i consoli
e distribuiva le cariche fra i suoi amici e procedeva senza soste al nuovo
ordinamento dello stato, incurante delle tradizioni e delle antiche norme
costituzionali…………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone in novembre difese Deiotaro, re della Galazia, accusato di aver
tentato di avvelenare Cesare, suo ospite nel 47 a.C. e Cicerone fu costretto a
pronunciare il discorso di difesa del re nella casa di Cesare ……………………………..
Il 19 dicembre, trovandosi Cesare in Campania, andò a cena da Cicerone,
ma le concezioni politiche avevano scavato fra i due un solco incolmabile:
● Cicerone sempre più ostinatamente si aggrappava agli antichi ideali
repubblicani nel ricordo della sua gloria passata;
● Cesare senza scrupoli voleva realizzare un ordine nuovo.
…………………………………………………………………………………………………………………………………
Cicerone sempre più lontano dagli affari pubblici, continuava ad occuparsi dei
suoi studi. Nell’anno 44 in febbraio scrisse un libro in lode della vecchiaia (De

68
Senectute) e stava attendendo ad un trattato sull’arte profetica (De
Divinatione) quando nella seduta del 15 marzo dell’anno 44 a.C. assistette
all’uccisione di Cesare ………………………………………………………………………………………….
Cicerone dimenticò le umiliazioni e le amarezze del passato e si tuffò nella
lotta illudendosi che fosse possibile una restaurazione, ma i fatti dovevano
presto disingannarlo, perché già il 7 aprile lasciava Roma ………………………………..
Nel settembre si lanciò decisamente contro Antonio e questa fu la sua ultima
battaglia, che doveva costargli la vita.

II

…………………………………………………………………………..…………………………………………………..
De Finibus Bonorum et Malorum e le Tusculanae Disputationes furono
dedicate da Cicerone a Marco Giunio Bruto ed entrambe esaminano il punto
fondamentale dell’etica ellenistica, a cui lo spirito romano, che tendeva a
subordinare la ricerca puramente speculativa all’impostazione e alla risoluzione
dei problemi pratici, rivolgeva il suo maggiore interesse nello stabilire quale sia
per l’uomo il sommo bene e quindi determinare le norme di comportamento
secondo una filosofia che veniva concepita come arte della vita………………………..
L’indagine è rivolta ad individuare il bene assoluto in grado di realizzare la
felicità della vita, cioè che cosa la natura persegua come sommo tra ciò che è
desiderabile e che cosa eviti come supremo tra i mali…………………………………………
Dunque, dire fine ultimo dell’uomo equivale a dire ricerca del sommo bene, ma
in che cosa consiste questo sommo bene? …………………………………………………………
Per rispondere a questa domanda Cicerone cita la classificazione di
Carneade, che prospetta nove tesi in merito del sommo bene:
A – fruizione di
1 – piacere (Aristippo e Epicuro)
2 – assenza di dolore (Ieronimo)
3 – principi naturali (Carneade)
B – ricerca di:
1 – piacere (senza sostenitori)
2 – assenza di dolore (senza sostenitori)
3 – principi naturali = onestà (Stoici)
C – onestà (virtù) + fruizione di:
1 – piacere (Callifonte e Dinomaco)
2 – assenza di dolore (Diodoro)
3 – principi naturali (antichi Academici e Peripatetici)
Nel De finibus Bonorum et Malorum si discutono e confrontano tre tesi
principali:
1. Epicurea
2. Stoica
3. Academico-Peripatetica
distribuite nei tre dialoghi di cui si compone l’opera…………………………………………….

69
Eliminata la tesi epicurea si accetta sostanzialmente la dottrina stoica,
cercandone un accordo con la scuola peripatetica. In conclusione, il sommo
bene è il bene dell’anima, cioè la virtù e su questo punto si realizza l’incontro
tra antichi Academici, Peripatetici e stoici…………………………………………………………….
Procedendo da questa acquisizione, le Tuscolanae Disputationes
rappresentano il logico completamento al De Finibus Bonorum et Malorum,
perché ne sono la divulgazione pratica. Si pone, cioè, la virtù di fronte alla
realtà della vita, che sconvolge l’anima con turbamenti d’ogni specie e si
verificano i risultati…………………………………………………………………………………………………

70
I TERMINI ESTREMI DEL BENE E DEL MALE
(DE FINIBUS BONORUM ET MALORUM)
PIANO DELL’OPERA

PRIMO DIALOGO (LIBRI I°-II°)

Località………...: Nella villa di Cicerone a Cuma nel 50 a.C.


Partecipanti…..:Cicerone, Lucio Manlio Torquato, Gaio Valerio Triario
Argomento…….:La dottrina epicurea esposta da Torquato (Libro I°), a cui
risponde Cicerone confutandola (Libro I°)

Questo dialogo si immagina avvenuto nella villa di Cicerone a Cuma, sulla


costa campana presso il lago d’Averno e vi prendono parte due suoi giovani
amici, Torquato e Triario, che erano venuti a fargli visita………………………………..
Lucio Manlio Torquato, discendente da illustre famiglia la cui nobiltà risaliva
al famoso Torquato che nel secolo quarto a.C. si era distinto combattendo
contro Galli e Latini, era figlio dell’omonimo console del 65 a.C., che in molte
occasioni aveva prestato valido aiuto a Cicerone ed era stato eletto pretore
per l’anno seguente………………………………………………………………………………………………..
Come molti giovani della nobiltà romana di quel periodo, egli seguiva la
dottrina di Epicuro e in politica fu pompeiano. Morì nel 46 a.C. ad Ippone
Regio, catturato dalla flotta di Cesare ……………………………………………………………….
Gaio Valerio Triario è ricordato come colto oratore. Fu anch’egli pompeiano e
morì in battaglia, lasciando Cicerone tutore dei suoi figli…………………………………..
L’argomento della discussione è dato dalla proposizione epicurea “il sommo
bene consiste nel piacere” di cui Torquato è il sostenitore e Cicerone il
contraddittore…………………………………………………………………………………………………………
Torquato esamina l’etica epicurea, che afferma che il piacere è il primo
impulso naturale dell’uomo e il fine ultimo di tutte le sue azioni in quanto
soddisfa i suoi desideri. Poichè il massimo piacere consiste in una stabile
condizione di felicità priva di dolore, questo è il sommo bene per l’uomo e il
suo contrario il supremo male……………………………………………………………………………….
Le virtù stesse sono dirette al piacere, perché senza di esse non si può
ottenere la felicità…………………………………………………………………………………………………..
Non la dialettica, ma la conoscenza della natura contribuisce a formare questo
stato di felicità, che nella vita sociale è allietato dall’amicizia……………………………..
La confutazione di Cicerone si fonda sulla dialettica affermando che altro è il
piacere, altro l’assenza di dolore. Epicuro pecca di incoerenza perché parte dal
piacere come impulso momentaneo per provare che il sommo bene consiste
nel piacere stabile ovvero mancanza di dolore. Inoltre confonde il desiderio
naturale con la passione e subordinando le virtù al piacere ne distrugge
l’essenza…………………………………………………………………………………………………………………

71
Il sommo bene non procede dai sensi ma dalla ragione e se esso dovesse
consistere nel piacere il sapiente non sarebbe felice,perchè il dolore è
inevitabile……………………………………………………………………………………………………………….
I lati più interessanti della confutazione sono offerti proprio dai punti in cui
Cicerone è meno filosofo ed esalta la virtù ricordando esempi di grandi uomini
del passato, oppure rileva l’inevitabile dualismo fra prassi e teoria che pone
Epicuro nella scomoda posizione di aver convinzioni personali di cui non può
essere assertore nella vita pubblica……………………………………………………………………..

SECONDO DIALOGO (LIBRI III°-IV°)

Località ……….: Nella villa di Lucullo a Tuscolo nel 52 a.C.


Partecipanti….: Cicerone e Marco Porcio Catone
Argomento…...: La dottrina stoica esposta da Catone (Libro III°) a cui
Cicerone contrappone il punto di vista degli Academici
(Libro IV°)

Il secondo dialogo si immagina nella villa di Lucullo a Tuscolo. Cicerone vi


giunge dalla sua villa vicina e incontra nella biblioteca Catone, tutore del
giovane proprietario Marco Licinio Lucullo rimasto orfano. Tra i due si
svolge la
discussione…………………………………………………………………………………………………………
Marco Porcio Catone aveva 45 anni e morì sei anni dopo, suicida ad Utica, in
seguito alla vittoria di Cesare in Africa. Dopo aver combattuto nell’anno 72
a.C. i ribelli di Spartaco e nell’anno 67 a.C. in Macedonia, come tribuno
militare, aveva iniziato la carriera politica nell’anno 65 a.C. come
questore………………………………………………………………………………………………………………….
Di ritorno da un viaggio in Asia, nell’anno 63 causò con il suo intervento la
condanna dei congiurati di Catilina. Nell’anno 62 a.C. impedì come tribuno
della plebe il richiamo di Pompeo e nell’anno 61 a.C. cercò invano di
provocare la condanna di Clodio per sacrilegio. Nell’anno 60 ostacolò la
candidatura di Cesare al consolato e l’anno seguente l’applicazione della sua
legge agraria. Nell’anno 58 partì per Cipro, con l’incarico di assoggettare l’isola
e ritornò nel 56 a.C. dopo averne attuato l’annessione alla provincia di Cilicia.
Fu pretore nell’anno 54 a.C. e nell’anno 52 a.C. aveva posto la candidatura al
consolato non riuscendo ad essere eletto. Gli ultimi anni della sua vita furono
di lotta contro la tirannide e si conclusero con il suo
suicidio…………………………………Marco Porcio Catone fu convinto assertore
stoicismo, nella cui rigida morale trovava conferma si principi della sua
rettitudine………………………………………………..
Argomento del dialogo è l’etica stoica che Catone espone affermando che ogni
essere animato ha fin dalla nascita naturali inclinazioni e ripulsioni, per cui
sceglie ciò che è conforme a natura e respinge ciò che le è contrario. Quando
poi interviene la ragione, distingue fra i principi naturali ciò che deve per sé
stesso essere ricercato, e in tale ricerca consiste la rettitudine, che è l’unico

72
bene. Il sommo bene si identifica dunque con la pratica dell’onestà, che è la
virtù ed esso si consegue conducendo una vita retta, cioè virtuosa, in armonia
con la natura e quindi con la ragione, che è la parte più eccelsa della natura
umana. …………………………………………………………………………………………………………………..
La differenza tra questa dottrina e quella academico- peripatetica è sostanziale
e non solo formale. Per gli stoici la felicità del sapiente non è suscettibile di
incremento, mentre per i peripatetici vi può essere gradazione di felicità, per
cui il sapiente non è sempre perfettamente felice. All’infuori della virtù tutto il
resto non è né bene né male. Infatti si tratta di cose indifferenti, tra cui però si
deve distinguere ciò che è preferibile e ciò che è da rigettarsi……………………………
Cicerone risponde affermando che lo stoicismo non ha ragione di sussistere
come filosofia indipendente dalla scuola academico-peripatetica, perché gli
stoici, rispetto ad essa, non fecero progressi nella dialettica, introdussero
pochissime innovazioni nello studio della natura, sostenendo che l’anima è
costituita di fuoco, anziché della quinta essenza aristotelica. A riguardo
dell’etica la loro distinzione fra la virtù e le cose preferibili è inutile, poiché
anche la definizione peripatetica del sommo bene implica vivere seguendo la
virtù e utilizzando tutto ciò che è conforme a natura…………………………………………..
E’ un errore negare ogni valore ai beni del corpo, poiché, sebbene la virtù sia
molto importante, l’individuo tuttavia è costituito di anima e di corpo e il
benessere di quest’ultimo contribuisce alla perfezione della felicità……………………
I sillogismi e i paradossi degli stoici, che danno l’impressione di un rigore logico
perfetto, o non sono accettabili o ricalcano le definizioni academico-
peripatetiche…………………………………………………………………………………………………………..
Infatti non è vero che:
● tutti gli stolti sono infelici
● tutti i colpevoli sono ugualmente colpevoli
● tutti i vizi sono uguali
● la virtù non può crescere
Questi sono paradossi che urtano palesemente contro la realtà della vita e
provocano un dualismo insostenibile, dovuto solo ad innovazioni nei termini.
Pertanto lo stoicismo è un tentativo infelice di scalzare l’antica dottrina
academico-peripatetica………………………………………………………………………………………….
In conclusione, tra questa e lo stoicismo Cicerone non ravvisa sostanziale
differenza………………………………………………………………………………………………………………..

TERZO DIALOGO (LIBRO V°)

Località…………: Nell’Academia ad Atene nel 79 a.C.


Partecipanti…..: Cicerone, suo fratello Quinto, suo cugino Lucio, Marco
Pupio Pisone, Tito Pomponio Attico
Argomento……: La dottrina academico-peripatetica secondo l’interpretazione
di Antioco, esposta da Pisone, a cui Cicerone fa alcune
osservazioni

73
Il terzo dialogo si immagina avvenga nell’Academia di Atene, l’antica sede
della scuola di Platone. Con Cicerone vi si trovano Pisone, che svolge la
trattazione, l’amico Attico, Quinto e Lucio, rispettivamente fratello e cugino
di Cicerone …………………………………………………………………………………………………………..
Marco Pupio Pisone era stato questore nell’anno 83 a.C. e nel 69 a.C. fu
proconsole in Spagna e al suo ritorno celebrò il trionfo. Nell’anno 63 seguì
Pompeo nella guerra contro i pirati e partecipò alla conquista di Gerusalemme
e nell’anno 61 a.C. ottenne il consolato con l’appoggio di Pompeo. Morì prima
dell’anno 47 a.C. Da giovane fu rinomato come oratore e filosofo peripatetico
ed elogiato da Cicerone fino all’anno del consolato……………………………………………
Tito Pomponio Attico, di tre anni più anziano di Cicerone, aveva allora 30
anni e fu detto Attico perché visse venti anni ad Atene ……………………………………
Ritornato a Roma, fu amico di Cicerone a cui restò legato per tutta la vita.
Rimase neutrale nelle lotte politiche e passò la vita fra Roma e i suoi poderi in
Epiro, morendo nell’anno 32 a.C……………………………………………..…………………………..
Fu autore di:
● una cronologia romana dalla fondazione della città fino ai suoi tempi
● monografie genealogiche delle più illustri famiglie romane
● una monografia in greco sul consolato di Cicerone
Oltre che scrittore Attico pubblicò e diffuse le opere del suo grande amico
Cicerone ……………………………………………………………………………………………………………….
Quinto Tullio Cicerone, più giovane del fratello Marco:
● si recò con il fratello ad Atene, in Asia e a Rodi
● nell’anno 67 a.C. sposò la sorella di Attico
● nell’anno 62 a.C. fu pretore
● dall’anno 61 all’anno 58 a.C. fu governatore della provincia d’Asia
● nell’anno 56 a.C. fu legato di Pompeo in Sardegna
● nell’anno 54 a.C. fu legato di Cesare in Gallia
● nell’anno 51 a.c. fu legato del fratello in Cilicia
● nell’anno 47 a.C. fu graziato da Cesare perché fautore di Pompeo
● nell’anno 43 a.C. proscritto dai triumviri fu ucciso, poco prima del
fratello Marco
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Lucio Tullio Cicerone, figlio dello zio di Cicerone, fu suo compagno di studi e
nell’anno 70 a.C. lo seguì in Sicilia durante l’inchiesta per il processo contro
Verre. Morì giovane nell’anno 68 a.C…………………………………………………………………..
Argomento della discussione è l’etica eclettica academico- peripatetica,
esposta,secondo l’insegnamento di Antioco, Pisone ………………………………………..
Antioco vuole continuare la tradizione aristotelica in accordo con la dottrina
dell’Antica Academia. Riguardo al sommo bene, sette sono le teorie degne di
essere tenute in considerazione:
● tre semplici, fondate sul piacere o sull’assenza di dolore o sui principi
naturali
● tre composte che uniscono la virtù ad una di queste

74
● la teoria stoica che si impernia esclusivamente sulla virtù come ricerca
dei principi naturali

L’uomo deve vivere secondo la propria natura, costituita da anima e corpo:


● per il corpo la perfezione consiste nell’integrità delle sue parti e delle sue
funzioni
● per l’anima la perfezione consiste nella ragione
Come il corpo ha le sue esigenze che mirano a renderlo perfetto secondo la
propria natura, così è per l’anima, che esplica le sue esigenze nella conoscenza
e nell’agire secondo giustizia. La virtù in generale ha un aspetto interiore
riguardante l’individuo ed uno esteriore riguardante il prossimo. Per cui si sono
due specie di beni da ricercare:
1. quelli intrinseci all’individuo, in cui risiede il sommo bene
2. quelli estrinseci all’individuo
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Così la conclusione è analoga a quella degli stoici, che si appropriano della
dottrina peripatetica mutandone semplicemente la terminologia………………………..
All’esposizione di Pisone Cicerone obietta che, ammettendo altri beni
all’infuori della virtù, ne deriva una gradazione di felicità, per cui il sapiente con
la sola virtù non è sempre perfettamente felice, ma più o meno felice………………
Più coerentemente gli Stoici non ammettono altro bene all’infuori della virtù e
quindi nessuna gradazione della felicità nel sapiente, ma sempre l’assoluta e
perfetta felicità. Pisone controbatte che l’incoerenza p c’è anche negli Stoici o
è solo apparente, in quanto si tratta di quei beni e di quei mali che anche gli
Stoici ammettono, chiamandoli però cose preferibili e rigettabili. L’uomo
sapiente e virtuoso è dunque sempre felice, ma in maggior o minor grado.
Cicerone non è convinto, pur ammettendo che la tesi è verosimile e quindi per
lui accettabile………………………………………………………………………………………………..
In conclusione la virtù risulta essere il sommo ben, ma rimane da provare se è
l’unico o se ne esistono altri all’infuori di essa.

CONCLUSIONI

………………………………………………………………………………………………………………………………..
Dalle indicazioni che affiorano nel corso della trattazione sembra verosimile
riconoscere nell’insegnamento di Zenone e Fedro epicurei, che Cicerone
aveva ascoltato ad Atene, l’origine dell’esposizione dell’etica epicurea nel
primo libro. Pe l’etica svolta nel terzo libro si è pensato a Diogene
babilonese………………………………………………………………………………………………………………
Per l’etica peripatetica eclettica contenuta nel quinto libro il riferimento è ad
Antioco di Ascalona e così pure per la confutazione di Epicuro nel libro
secondo e per la critica della dottrina stoica nel libro
quarto……………………………….

75
L’introduzione e la conclusione dell’opera esprimono il parere genuino di
Cicerone, indipendente da ogni fonte…………..…………………………………………………….
Nel suo complesso il De Finibus Bonorum et Malorum è la più impegnativa
delle produzioni filosofiche di Cicerone …………………………………………………………..….
Invano però si ricerca in essa un’indagine metodica e approfondita dei
problemi, perché Cicerone nel volgarizzare si accontenta di riassumere dei
riassunti e talvolta a scapito della chiarezza. La fretta della compilazione lo
rende inevitabilmente superficiale………………………………………………………………………..

76
DISCUSSIONI TUSCOLANE
(TUSCOLANAE DISPUTATIONES)
INTRODUZIONE
Le discussioni si immaginano avvenute nella villa di Cicerone a Tuscolo,
quando nel giugno dell’anno 45 a.C. alcuni amici erano andati a fargli visita e
ripartendo la giornata in questo modo:
● il mattino era dedicato ad esercitazioni di retorica
● nel pomeriggio si trattavano gli argomenti filosofici
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Lo svolgimento fittizio dei cinque dialoghi si pensa sia avvenuto dal 16 al 20
giugno dell’anno 45 a.C……………………….…………………………..…………………………………..
Non ci sono interlocutori, ma la trattazione è una lezione, secondo lo schema
del dialogo aristotelico, che Cicerone prese a modello per le sue opere
filosofiche, adattando il metodo dialettico senza tralasciare di dedicare la
massima cura all’ornamento retorico dell’esposizione. L’argomento da discutere
viene fissato giorno per giorno su richiesta di un immaginario uditore……………….

PIANO DELL’OPERA

LIBRO I°

Località………….: Nella villa di Cicerone a Tuscolo nel giugno 45 a.C.


Partecipanti……: Cicerone e un giovane interlocutore
Argomento……..: Il disprezzo della morte

Il primo libro risponde al quesito: la morte è un male? Se eaa non è un male


per i morti, poiché hanno perduto ogni sensibilità, non lo può essere neppure
per i vivi, ma la risposta può scaturire solo dal concetto che si ha dell’anima.
Comunque essa sia costituita, se l’anima muore con il corpo, la morte è il nulla
e quindi non può essere un male, se l’anima sopravvive al corpo la morte è un
bene. Per dimostrare l’immortalità dell’anima ci sono prove dedotte dalla
testimonianza dei popoli, che fin dalle origini della civiltà l’istinto spinse a
credere in una vita immortale dello spirito, di cui la filosofia ci insegna il luogo
di eterna dimora…………………………………………………....……………………………………………..
Ha dunque ragione Socrate nel disprezzare la morte considerandola come
una liberazione dell’anima dal carcere del corpo ed è giusta la teoria
academico-peripatetica che sostiene l’immortalità dell’anima, mentre sbagliano

77
gli Stoici, che dopo aver ammesso la sopravvivenza dell’anima , negano che
possa sopravvivere in eterno. Anche Panezio, che ritiene impossibile
l’immortalità dell’anima, perché essa nascendo con il corpo deve logicamente
perire con esso, ma se pure vogliamo ammettere che l’anima è mortale, non vi
può essere sofferenza nella morte in quanto non esiste più
nulla……………………………..
In conclusione la morte non è un male, per testimonianza degli stessi dei e
sulla scorta degli esempi più famosi non si può che tessere l’elogio della morte.

LIBRO II°

Località…………..: Nella villa di Cicerone a Tuscolo nel giugno 45 a.C.


Partecipanti…….: Cicerone e un giovane interlocutore
Argomento………: La sopportazione del dolore

Il secondo libro pone il problema: il dolore è il più grande dei mali? ……………….
Il problema è grave e non si può risolvere, come gli Stoici, negando
semplicemente che il dolore sia un male, ma piuttosto sostenendo che la virtù
deve risultare superiore a qualsiasi dolore……………………………………………………………
In conclusione la filosofia è la sola che può fornire una capacità di
sopportazione adatta a tutte le circostanze, ma nel caso che il dolore sia
intollerabile, il suicidio sarà per il sapiente l’estremo rimedio e la definitiva
liberazione.

LIBRO III°

Località…………..: Nella villa di Cicerone a Tuscolo nel giugno 45 a.C.


Partecipanti…….: Cicerone e un giovane interlocutore
Argomento………: La mitigazione dell’afflizione

Il terzo libro svolge la questione: il sapiente va soggetto all’afflizione?………………


L’afflizione esclude fortezza, retta ragione, temperanza e comporta collera,
compassione e invidia. Però il sapiente è dotato di ogni virtù ed è esente da
ogni vizio, quindi non deve essere soggetto all’afflizione. Questa è la logica
degli Stoici, che occorre ampliare con una esposizione adeguata all’importanza
dell’argomento………………………………………………………………………………………………………..
E’ falsa la tesi di Epicuro secondo cui, l’afflizione essendo inevitabile, è inutile
prepararsi nella sua previsione e a lenirla giova solo rievocare i beni passati……
Secondo i Cirenaici l’afflizione consiste nel fatto che giunge improvvisa, ma il
tempo e la riflessione diminuiscono l’intensità del dolore. Quindi il miglior
sistema per alleviare l’afflizione è l’enumerazione degli esempi altrui congiunta
all’impiego della ragione………………………………………………………………………………………..
In conclusione bisogna attenersi alla definizione stoica dell’afflizione come
opinione volontaria e su questa base applicare i metodi più adatti per ottenere
la consolazione nei singoli casi………………………………..…………………………………………….

78
LIBRO IV°

Località…………..: Nella villa di Cicerone a Tuscolo nel giugno 45 a.C.


Partecipanti…….: Cicerone e un giovane interlocutore
Argomento………: Gli altri turbamenti dell’anima

Il quarto libro tratta il quesito: il sapiente va soggetto agli altri turbamenti


dell’anima?……………………………………………………………………………………………………………..
Le passioni sono di quattro specie:
1. l’opinione di un bene produce l’eccessiva letizia se il bene è presente
2. l’opinione di un bene produce la brama sfrenata se il bene è futuro
3. l’opinione di un male produce l’afflizione se il male è presente
4. l’opinione di un male produce il timore se il male è futuro
L’afflizione è la più terribile, quindi se il sapiente ne va esente, a maggior
ragione non soggiacerà agli altri turbamenti dell’anima………………………………………
L’origine di tutte le passioni è l’intemperanza ed esse possono essere acute o
croniche, proprio come le malattie del corpo………………………………………..……………..
L’ampliamento oratorio della discussione tocca essenzialmente due punti:
1. Il sapiente non può essere soggetto alle passioni, perché sapienza vuol
dire equilibrio e armonia dell’anima e la passione rappresenta proprio lo
stato opposto
2. La filosofia fornisce i rimedi adeguati per le passioni ed insegna i vari
metodi con cui devono essere trattate, estendendosi anche alla difficile
cura delle semplici predisposizioni alle passioni
…………………………………………………………………………..……………………………….………………….

LIBRO V°

Località…………..: Nella villa di Cicerone a Tuscolo nel giugno 45 a.C.


Partecipanti…….: Cicerone e un giovane interlocutore
Argomento………: La virtù è sufficiente a dare la felicità

Il quinto libro esamina la tesi più interessante della filosofia: la virtù basta da
sola a dare la felicità?………………………………………………..………………………………………….
Per la dottrina Academica, secondo cui esistono altri beni oltre la virtù, non si
può sostenere che la virtù assicura la piena felicità……………………………………………..
In realtà è felice chi ha ogni bene senza alcun male, ma se si considera fra i
beni qualcos’altro oltre la virtù, questa non può da sola produrre la felicità.. In
tal modo, però, Cicerone concede agli Stoici ciò che rifiuta ai Peripatetici………
A questa obiezione dell’uditore Cicerone risponde rifacendosi alla teoria
platonica della virtù………………………………..……………………………………………………………..

CONCLUSIONI

79
Il carattere dell’opera è popolare, perché in essa vi è lo scopo di adattarsi al
livello dell’uditore, che rimane anonimo, perché rappresenta l’intero auditorio
romano a cui Cicerone si rivolge. Le frequenti citazioni poetiche che in
quest’opera sono numerose come in nessun’altra di Cicerone, vogliono dar
respiro e facilitare mediante l’esemplificazione la comprensione dei concetti.
L’intonazione retorica rende l’esposizione quasi simile ad un
oratore………………...
In sostanza l’impostazione generale obbedisce al principio di rendere l’opera
accessibile al gran pubblico, abituato alle concioni politiche e alle arringhe
giudiziarie……………………………………………………………………………………………………………….
Pure le introduzioni ai singoli libri rispondono al carattere divulgativo delle
Tusculanae disputationes:
● Nell’introduzione al primo libro si mette in evidenza l’opportunità di dare
una letterature filosofica ai Romani che in tutto il resto sono superiori ai
Greci
● Nell’introduzione al secondo libro si insiste sulla necessità di conoscere le
parti della filosofia, che sono utili per la pratica, attraverso un’adeguata
trattazione in latino
● Nell’introduzione al terzo libro la filosofia è presentata come la medicina
indispensabile per l’anima, di cui una falsa educazione ha estinto in noi i
germi naturali
● Nell’introduzione al quarto libro si fa una breve storia dell’introduzione
della filosofia nel mondo romano
● Nell’introduzione al quinto libro, dopo un elogio della filosofia nel suo
aspetto pratico di datrice della felicità, si tratteggia brevemente
l’evoluzione del pensiero antico fino a Socrate.
Quindi è evidente il proposito di Cicerone di voler dare al lettore romano un
quadro della cultura filosofica, ampliandone le conoscenze che in quel periodo
si limitavano esclusivamente all’epicureismo……………….………………………………………
L’ispirazione di questa opera è manifestamente stoica. Infatti l’austera morale
di Zenone, filtrata attraverso gli sviluppi eclettici di Panezio e Posidonio,
ebbe sempre una grande attrattiva per lo spirito di Cicerone, eclettico per
temperamento, neo academico per elezione, ma soprattutto romano. Quindi
sensibile ad ogni concezione morale severa che elevasse la persona umana a
grande dignità, attribuendo alla virtù il sommo valore nella vita…………..…………..
Concludendo sia nel De finibus Bonorum et Malorum che nelle Tuscolanae
disputationes, alle qualità educative della parola di Cicerone filosofo si
uniscono i pregi dell’esposizione, sempre sorretta da un gusto raffinato per la
retorica, così da offrire due modelli di prosa d’arte latina, che mettono in luce
ancora le doti di cicerone scrittore.

80
DE NATURA DEORUM
(LA NATURA DEGLI DEI)
INTRODUZIONE

1 – LA COMPOSIZIONE DEL TRATTATO E LA


QUESTIONE TEOLOGICA
Il trattato Sulla natura degli dei, scritto tra il settembre e l’ottobre del 45
a.C. è un’opera filosofica con cui Cicerone volle divulgare a Roma la sapienza
filosofica greca e trasfonderla nella cultura latina…….………………………………………….
Ad una scelta di così alto profilo egli si sente indotto dallo stato di inattività
politica cui in quegli anni è forzatamente costretto. Così egli pensa che
trasmettendo ai Romani la filosofia greca di essere utile in questo modo alla
Repubblica………………………………………………………………………………………………………………
La composizione del De natura deorum iniziò nella seconda metà dell’anno
45 a.C., quando Cicerone aveva già scritto nell’ordine:
● Il De re publica
● Il De legibus
● La Consolatio per la morte della figlia Tullia
● L’Hortensius
● Gli Academica
● Il De Finibus bonorum et malorum
● Le Tusculanae disputationes
● De divinatione
● De fato
…………………………………………………………………………………………………………………………………
La questione teologica affrontata nel trattato è di ampio respiro, non tanto dal
punto di vista teoretico quanto da quello sociale e politico. Se, infatti,
Cicerone dice, fosse eliminata la pietas verso gli dei, verrebbero meno anche
la fides, la societas e la iustitia, le ragioni stesse su cui si fonda la res
publica ………………………………………………………………………………………………………………….
Questo concetto, che ben si accorda con lo scetticismo filosofico dell’Academia,
cui Cicerone aderiva, ci fa pensare che egli accettasse la religione tradizionale
i culti ufficiali in modo quasi agnostico e per ragioni di carattere utilitaristico,
ritenendo, l’una e gli altri, strumenti necessari per la conservazione di una

81
società ordinatamente costituita. Per cui egli separerebbe il piano
filosofico,relativo alla dimostrazione dell’esistenza degli dei, da quello etico-
politico, nel cui ambito l’esistenza degli dei sarebbe data per scontata……………..
Ma non è così, perché Cicerone sosterrà essere proprio del sapiens, non solo
attenersi alle tradizioni e ai riti dei maiores, ma anche credere nell’esistenza
degli dei…………………………………………………………………………………………………………………..

2. L’AMBIENTAZIONE DEL DIALOGO, I PERSONAGGI


E LE IDEE
In questo dialogo di stile aristotelico in cui non vi sono cambi ricorrenti di
battute tra i dialoganti, ma lunghi discorsi, Cicerone ambienta la scena nella
casa del pontefice massimo Gaio Aurelio Cotta ……………………………………………….
L’ambientazione del De natura deorum si colloca a metà strada tra le
ambientazioni storiche, cioè precedenti di molto o di poco il momento della
composizione dei dialoghi stessi e quelle invece coincidenti con il tempo della
redazione………………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone riveste nell’opera un ruolo minore tra i tre protagonisti, già morti al
tempo della stesura del dialogo, che sono:
● Gaio Aurelio Cotta, celebre oratore nato nell’anno 124 a.C., sostenitore
della critica Academica e deciso oppositore delle tesi epicuree e stoiche
● Gaio Velleio, oratore e amico di Crasso, rappresentante della filosofia
epicurea
● Quinto Lucilio Balbo, seguace della filosofia stoica
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Tra le tre teorie filosofiche , espresse dai protagonisti del dialogo, quale è la
preferita da Cicerone? Egli
● Da una parte è molto chiaro nel professare l’adesione all’indirizzo
academico e nel manifestare la propria sintonia con i metodi
argomentativi di quella scuola
● Dall’altra però, in apparente contraddizione, dichiara, proprio alla fine
del trattato, che la dispositio di Balbo, rappresentante dello stoicismo
è per lui più vicina delle altre alla verità in materia religiosa
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Si tratta di contraddizione apparente, perché la dottrina dell’Academia, critica
nei confronti della filosofia e non all’affermazione di dogmi positivi, è possibile
che un suo seguace, cioè Cicerone, possa valutare positivamente altre
dottrine, quale la stoica, ritenendola, in relazione al problema religioso, la più
vicina alla verosimiglianza. Dunque nel De natura deorum non vi è
contrapposizione tra tesi diverse, perché lo scopo dell’opera non è dottrinario,
ma espositivo e illustrativo delle teorie delle varie scuole filosofiche greche
sulla natura degli dei……………………………………………………………………………………………..
I dialoganti del De natura deorum appartengono tutti alla medesima cerchia
culturale e politica e la loro conversazione mira soprattutto ad esporre le
diverse opinioni dei filosofi sulla natura degli dei…………………………………………………

82
La scelta eclettica di Cicerone dipende, dunque, dalla sua costante
frequentazione di filosofi di vari indirizzi e dall’aver egli ascoltato da giovane
filosofi di scuole diverse…………………………………………………………………………………………

3 – LE FONTI FILOSOFICHE

……………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone rivendica il proprio personale apporto all’elaborazione e alla
diffusione della speculazione filosofica a Roma ………………………………………………….
Facilmente distinguibili sono gli apporti originali di Cicerone, consistenti:
● negli exempla tratti dallo storia di Roma
● nei riferimenti alla tradizione religiosa e giuridica romana
● nelle citazioni di poeti latini e greci
● nel ricordo delle personali esperienze filosofiche in Grecia
In genere nel De natura deorum vi è imprecisione e mancanza di
accuratezza, soprattutto riguardo ad una appropriata fusione del materiale
citato con il contesto di riferimento. Alcune incongruenze nell’esposizione dei
contenuti filosofici sono dovute al contemporaneo uso:
● Da un lto di fonti recanti una esposizione positiva dello Stoicismo o
dell’Epicureismo
● Dall’altro di fonti impiegate per la confutazione delle medesime dottrine e
forse anche alla rapidità con cui il trattato fu scritto
…………………………………………………………………………………………………………………………………

4. I CONTENUTI

A – PROEMIO

Il proemio, in cui Cicerone, dedicando il lavoro a Bruto, parla in prima


persona, fa da prologo all’intera opera e non soltanto al primo libro. Egli
dapprima pone in evidenza le difficoltà che comporta la conoscenza degli dei e
la diversità delle opinioni dei filosofi sulla loro esistenza, natura e provvidenza,
negata quest’ultima dagli Epicurei e sostenuta invece dagli Stoici. Cicerone
dimostra poi l’importanza della religione ai fini del mantenimento dell’ordine e
della giustizia nello Stato, secondo un pensiero risalente a Platone. Svolge,
infine, la difesa del suo impegno negli studi filosofici, difesa che, a differenza
che in Grecia, era quanto mai necessaria a Roma, dove all’otium filosofico-
letterario era preferito l’impegno nei negotia e nelle varie e molteplici attività
di ordine politico, militare ed economico. Come ragioni della sua scelta
filosofica Cicerone adduce:
● sia il forzato allontanamento dalla vita politica

83
● sia la volontà di rendere ai Romani un servizio, diffondendo nella loro
lingua la filosofia greca
● sia, infine, la funzione altamente consolatoria di tale occupazione
intellettuale
In particolare egli spiega la sua adesione all’indirizzo accademico con una
critica al dogmatismo e al principio di autorità…………………………………………………….
Solo alla fine del proemio sono indicati la collocazione cronologica,
l’ambientazione e i personaggi del dialogo e viene giustificata la mancata
inclusione di un rappresentante delle dottrine peripatetiche, perché potrebbero
considerarsi incluse nelle posizioni stoiche…………………………………………………………..
Questa parte proemiale sembra l’unica in tutta l’opera, a non dipendere da
altre fonti ed essere frutto della personale elaborazione teorica di Cicerone.

B–I° LIBRO: IL DISCORSO DI VELLEIO (EPICUREO) E LA CONFUTAZIO-


NE DI COTTA (ACCADEMICO)

Apprestandosi ad esporre le dottrine epicuree, al cospetto dei rappresentanti


dello Stoa (Balbo) e dell’Accademia (Cotta), Velleio inizia con una decisa
polemica nei confronti delle altre dottrine filosofiche, in particolare quella
platonica del demiurgo nel Timeo e quella stoica relativa alla provvidenza
divina ed al panteismo. Prosegue quindi con una sintetica esposizione delle
teorie sulla natura degli dei di 27 antichi filosofi, dai Presoscratici,
cominciando da Talete di Mileto fino agli stoici Zenone, Cleante e Crisippo.
Cicerone dimostra poi quanto aberranti fossero le concezioni della divinità
trasmesse dai poeti ed ugualmente superstiziose ed empie appaiono a lui, sia
le idee sulla divinità contenute nelle religioni dei Magi e degli Egizi, sia anche
le credenze religiose del popolo…………………………………………………………………………….
L’esposizione positiva della teologia epicurea si apre invece con un elogio di
Epicuro, che sembra richiamare quello poetico di Lucrezio. Nel corso
dell’esposizione Velleio affronta i seguenti temi:
● L’esistenza degli dei
● La felicità e inattività degli sei
● L’antropomorfismo degli dei
● L’assenza di una provvidenza divina
● L’infondatezza della divinazione
L’esposizione di Velleio si chiude con un rinnovato elogio di Epicuro ……………..
L’ultima parte del libro primo è dedicata alla sistematica confutazione della
filosofia epicurea da parte di Cotta che da buon accademico si lita alla pars
destruens e non propone una sua specifica dottrina. Cotta inizia
dall’esistenza degli dei e dalla critica sia della teoria atomistica che del
clinamen, introdotta da Epicuro ………………………………………………………………………..
Cotta prosegue col confutare:
● la concezione antropomorfa degli dei
● l’idea di una loro presunta inattività
● la teoria dei simulacri

84
● dei flussi di immagini
per trattare infine il tema delle virtù……………………………………………………………………..
Si avverte in tutto il discorso di Cotta il disprezzo del romano tradizionalista
per la concezione epicurea del piacere, identificato nelle obscaenae
voluptates ……………………………………………………………………………………………………………
Deciso è anche il giudizio negativo sull’ateismo di Epicuro, che aveva di fatto
respinto non solo la superstizione, ma la stessa religione e negando inoltre
ogni benevolenza divina, aveva per ciò stesso negato anche la benevolenza
umana e privato di fondamento l’amicizia…………………………………………………………….

C – II° LIBRO: IL DISCORSO DI BALBO (STOICO)

Interamente dedicato all’esposizione della dottrina stoica, il secondo libro


chiama in causa i più diversi campi del sapere, secondo una visione unitaria
che considera le concezioni filosofiche di Panezio, Posidonio e Crisippo.
L’esposizione di Balbo è strutturata secondo quattro argomentazioni:
● Dell’esistenza degli dei viene data una dimostrazione intuitiva, basata sul
mirabile ordine del mondo e poi sulla diffusa realtà della divinazione, di
cui viene asserita l’importanza per la vita dello stato. Segue una più
dettagliata dimostrazione scientifica, con le prove del calore-fuoco, del
movimento e della scala di perfezione degli esseri.
● Quanto alla natura degli dei, è dio il cosmo stesso, che è sferico e gli dei
sono simboli di realtà naturali. Per questo i miti narrati dai poeti devono
essere interpretati in senso allegorico, con l’aiuto della spiegazione
etimologica
● La provvidenza degli dei verso il cosmo viene dimostrata in modo tale
che ne emerge la concezione di un mondo, che non può essere nato dal
caso, ma è opera di un dio. Quindi vengono descritti il suo meraviglioso
ordinamento, la bellezza e l’armonia del cielo , degli astri, degli elementi
e dei viventi. La trattazione si conclude con l’elogio della ragione umana
che domina gli astri, eguagliando in ciò l’azione degli stessi dei.
● Per dimostrare la provvidenza degli dei verso gli uomini si afferma che
tutto nel mondo è stato predisposto per gli uomini ed il mondo stesso è
la città comune degli uomini e degli dei. L’intervento del rappresentante
stoico si conclude con l’affermazione che la provvidenza divina si
manifesta innanzitutto negli uomini virtuosi
…………………………………………………………………………………………………………………………………
Nel discorso di Balbo alcune parti sono frutto dell’elaborazione originale di
Cicerone, mentre altre derivano da fonti filosofiche anteriori……………………………
Per il resto del libro le fonti non erano molto numerose, perché i riferimenti a
Platone, ad Aristotele ed agli stoici antichi derivano da una fonte
intermedia……………………………………………………………………………………………………………….

D – III° LIBRO: LA CONFUTAZIONE DI COTTA (ACCADEMICO)

85
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Il discorso di Cotta, che ripercorre fedelmente l’ordine espositivo presente in
quello di Balbo ci è giunto lacunoso……………………………………………………………………..
Nella trattazione è di particolare interesse la confutazione di Cotta della
validità del metodo allegorico-etimologico, con cui gli Stoici erano soliti
interpretare i miti tradizionali………………………………………………………………………………..
Cotta si stupisce che siano state divinizzate perfino delle entità negative,
mentre degli dei bisognerebbe dire soltanto cose degne. L’argomento
principale addotto da Cotta contro l’esistenza di una provvidenza stoica è la
presenza del male
……………………………………………………………………………………………………………………….
La parte finale del terzo libro è dedicata alla chiusura del dialogo ed alla presa
di posizione di Cicerone in favore del discorso stoico di Balbo rispetto a quelli
degli altri due………………………………………………………………………………………………………….
In questo ultimo libro l’apporto originale di Cicerone è evidente nella cornice
narrativa, dove si leggono allusioni a personaggi ed episodi della storia romana
e citazioni da poeti…………………………………………………………………………………………………
Delle confutazioni degli argomenti stoici, alcune rivelano il pensiero dello
stesso Cicerone, altre risalgono a Carneide, citato per via indiretta o per via
diretta……………………………………………………………………………………………………………………..
Una sezione a parte del libro, infine, con una propria fonte, sembra costituita
dai paragrafi relativi ai nomi degli dei, che deriverebbero da qualche
compilazione Alessandrina.

5. SOMMARIO
LIBRO I°
INTRODUZIONE (1-17)
1. Dedica a Bruto. Incertezza sui risultati della ricerca filosofica in genere
2. Disparità di opinioni sul problema della natura degli dei: prima breve
rassegna (Protagora, Diagora, Teodoro)
3. Prima presentazione della posizione epicurea: gli dei non si curano delle
vicende umane; si annulla, così, il senso di ogni devozione religiosa
4. Prima presentazione della posizione stoica: una provvidenza divina governa
il mondo degli uomini. Opposizione di Carneade.
5. Pur nella varietà di opinioni, bisogna cercare di arrivare a qualche verità.
6. Cicerone si è sempre occupato di filosofia. Vi ha ispirato la sua condotta di
vita pubblica e privata.
7. Vi si è dedicato in modo particolare in questo tempo perché costretto a stare
lontano dalla vita pubblica.
8. Progressi fatti dai Romani nella conoscenza e divulgazione della filosofia
greca, nonostante le difficoltà della lingua.

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9. All’autore gli studi filosofici sono stati anche di consolazione nelle recenti
gravi afflizioni dell’animo.
10. Critica del dogmatismo e del principio di autorità (ipse dixit) di Pitagora
e di altri filosofi. Importante invece è investigare.
11. Bisognerebbe mettere tutto in discussione, come per primo fece Socrate
al fine di scoprire la verità.
12. Lode del probabilismo.
13. Proposito di esporre tutte le opinioni dei filosofi sulla natura degli dei.
14. Tutti, anche quanti credono di avere delle certezze, sono invitati a
riflettere
15. Presentazione del dialogo sugli dei, svoltosi a casa di Gaio Cotta, dove
Cicerone dice di essersi recato in occasione delle Ferie Latine e dei suoi
protagonisti (Cotta stesso, Gaio Velleio, Quinto Lucilio Balbo).
16. Rimpianto per l’assenza di Marco Pisone, che avrebbe potuto esporre la
posizione peripatetica.
17. Velleio viene invitato ad esporre la dottrina epicurea sulla natura degli
dei.

LA POSIZIONE EPICUREA. DISCORSO DI VELLEIO


(18-56)

A –CRITICA DELLA DOTTRINA PLATONICA E STOICA (18-24)

18. Dissenso dalla dottrina platonica (il demiurgo) e da quella stoica (la
provvidenza)
19. Critica della teoria del dio costruttore
20. Come ha costruito il mondo? E ciò che ha avuto un inizio come può essere
eterno (come dice Platone)? Critica della pronoia stoica.
21. Problema del tempo: cosa faceva il dio prima dell’inizio del mondo?
22. Ironia contro gli Stoici sulla inattività del dio prima che creasse il mondo e
sul bisogno di creare qualcosa (non sarebbe allora un dio perfetto)
23. Se lo ha fatto per gli uomini, lo ha fatto solo per pochi sapienti o anche per
gli stolti e i malvagi?
24. Critica del panteismo degli Stoici

B-RASSEGNA E CRITICA DELLE POSIZIONI DI VENTISETTE


FILOSOFI SULLA NATURA DEGLI DEI (25-41)

25. Talete, Anassimandro


26. Anassimene, Anassagora
27. Alcmeone, Pitagora
28. Senofane, Parmenide
29. Empedocle, Protagora, Democrito, Diogene di Apollonia
30. Platone

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31. Senofonte
32. Antistene, Speusippo
33. Aristotele
34. Senocrate, Eraclide Pontico
35. Teofrasto, Stratone, Fisico
36. Zenone
37. Aristone, Cleante
38. Perseo
39. Crisippo
40. Crisippo
41. Diogene Babilonese

C-LA DOTTRINA DI EPICURO SUGLI DEI (42-56)

42. Critica dei poeti che attribuiscono agli dei azioni e sentimenti umani.
43. Critica dei Magi, degli Egizi, del volgo. Lode di Epicuro
44. La dottrina di Epicuro: gli dei esistono (ne abbiano una pre nozione
innata) e sono immortali e felici.
45. La loro eterna felicità esclude in essi ogni attività o partecipazione alla vita
umana: non si deve perciò avere timore degli dei.
46. Gli dei hanno aspetto umano: così credono per natura tutti i popoli
47. Anche la ragione lo conferma, in quanto l’aspetto umano è il più bello che
vi sia in natura.
48. E in quanto solo nell’uomo vi è la ragione, per la quale è possibile la virtù e
senza la quale non si può essere felici.
49. Gli dei non hanno un corpo, ma un quasi-corpo e un quasi-sangue.
Epicuro vede tutto ciò con gli occhi della mente attraverso immagini che
fluiscono da innumerevoli atomi.
50. Dottrina epicurea della uguale distribuzione (isonomia)
51. Inattività degli dei, che godono beati solo della loro sapienza e virtù.
52. Il dio degli Stoici è invece travagliatissimo, visto che coincide con il mondo
che è sempre in movimento (astri, stagioni …)
53. La felicità è nella serenità dell’anima. Il dio degli Stoici sembra un deus ex
machina, che interviene tutte le volte che si deve soiegare o risolvere
qualcosa.
54. Il mondo epicureo è invece fatto di atomi che liberamente si muovono e si
aggregano formando corpi senza bisogno di un padrone o di un sorvegliante.
55. Critica del determinismo stoico: il destino rende inevitabile il ricorso alla
divinazione e a pratiche superstiziose.
56. Lode di Epicuro che ha liberato gli uomini da ogni timore, Fine del
discorso di Velleio

CRITICA DELLA DOTTRINA DI EPICURO. DISCORSO


DI COTTA (57-124)

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A – INTRODUZIONE (57-60)

57. Premessa: per Cotta, Accademico, è più facile parlare degli errori di altri
che proporre una propria verità.
58. Lode della chiarezza e dell’eleganza espositiva di Velleio.
59. Uguale lode per Zenone epicureo: per entrambi Cotta si dispiace che
tanto ingegno vada sprecato in teorie di poco conto
60. Difficoltà di rispondere alla domanda cosa sia,quale sia dio, domanda
invero complessa. Esempio di Simonide e Ierone

B – PARTE I°: L’ESISTENZA DEGLI DEI (61-75)

61. Che gli dei esistano è più facile dirlo che dimostrarlo.
62. Non è possibile affermare, come fa Velleio, che tutti i popoli ammettono
l’esistenza degli dei: ce ne potrebbero essere di selvaggi a noi sconosciuti che
non l’ammettono.
63. Anche dotti Greci, come Diagora, Teodoro e Protagora furono atei. Molti
sono poi i sacrileghi e gli spergiuri.
64. Un tale erroneo ragionamento per dimostrare l’esistenza degli dei è
comune anche ad altri filosofi.
65. E’ più proprio degli Epicurei dimostrare tutto con la teoria degli atomi, che
per Cotta, però, non esistono
66. Critica della teoria atomista di Democrito e Leucippo
67. Insufficienza della teoria atomista per spiegare il mondo.
68. Ammesso pure che gli dei siano formati di atomi, si deve allora negarne
l’eternità, in quanto hanno un inizio nel momento della loro aggregazione.
69. Critica della teoria del clinamen introdotta da Epicuro.
70. Critica della mancanza in Epicuro di posizioni chiare e nette
71. Critica perciò della teoria del quasi-corpo e del quasi-sangue degli dei (un
corpo normale non potrebbe essere eterno…)
72. Epicuro definisce un autodidatta, ma avrebbe fatto bene a seguire le
lezioni di qualche buon maestro
73. Epicuro peraltro, disprezza gli unici due maestri che dice di aver ascoltato
(Panfilo e Nusifane). In realtà egli non è che un pedissequo ripetitore delle
teorie di Democrito.
74. Ancora critica della teoria del quasi-corpo e del quasi-sangue.
75. Ironia di Cotta. Gli dei sarebbero solo una somiglianza della realtà; non si
capisce che aspetto potrebbero avere

B – PARTE II°: L’ANTROPOMORFISMO (76-102)

76. Cotta parte dalle affermazioni di Velleio:


1. sull’aspetto umano
2. sulla bellezza

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3. sulla ragione degli dei
77. Gli uomini rappresentano con aspetto umano gli dei per inganno di sapienti
o per superstizione. Gli animali, se potessero raffigurerebbero gli dei con
proprie sembianze.
78. A volte gli esseri umani trovano più affascinante un animale (il toro amato
da Europa, il Tritone marino).
79. e poi, chi ha detto che tutti gli uomini sono belli? A volte, peraltro,
troviamo affascinanti dei difetti fisici nelle persone che amiamo.
80. Gli dei, o hanno anch’essi dei difetti, oppure sono tutti ugualmente belli:
non ci sarebbe in questo caso alcuna possibilità di distinguere uno dall’altro.
81. Non tutti hanno raffigurato gli dei con sembianze umane. Popoli stranieri,
come Egizi e Assiri, venerano anche degli animali.
82. Le medesime divinità, poi, vengono spesso raffigurate con sembianze
diverse.
83. Dovremmo altresì ammettere dei con barba o senza, con occhi azzurri,
zoppi …
84. Le medesime divinità vengono anche venerate con nomi diversi in pesi
diversi: con le sembianze di quali uomini?
85. Se gli dei non hanno sembianze umane, allora non esistono… Gli Epicurei a
parole affermano l’esistenza degli dei, di fatto la negano.
86. In realtà Epicuro teme gli dei più di tanti uomini che commettono
scelleratezze tranquillamente per nulla atterriti dalla religione.
87. E poi, non solo gli uomini sono dotati di ragione, ma anche gli astri nel loro
ordinamento, anche se la loro ragione noi non la vediamo.
88. Ma non possiamo credere solo a ciò che vediamo: crediamo anche
all’esistenza di animali che non abbiamo mai visto.
89. Falso il ragionamento di Epicuro che giustifica l’aspetto umano degli dei in
base alla ragione dell’uomo.
90. Meglio sarebbe stato affermare che gli uomini sono simili agli dei piuttosto
che il contrario.
91. Peraltro la somiglianza tra dei e uomini sarebbe frutto della caduta degli
atomi e quindi del caso.
92. E poi, non hanno bisogno di membra umane dei oziosi come quelli di
Epicuro
93. Sono dunque inconsistenti e ingiuste le critiche mosse da Epicuro e dai
suoi discepoli a filosofi ben più saggi di loro.
94. Ingiuste anche le critiche di Velleio ai filosofi prima proposti.
95. Non è indispensabile l’aspetto umano per essere felici; anche gli astri
possono esserlo.
96. L’uomo, inferiore in tutto agli dei, sarebbe uguale a loro solo nell’aspetto.
97. Potrebbero esserci sembianze migliori delle nostre, che non conosciamo.
98. Limitando via via selettivamente il tipo di sembianze, si potrebbe giungere
a negare l’esistenza stessa degli dei.
99. A cosa servono, in realtà, al dio Epicuro le varie e singole membra del
corpo umano?

90
100. E’ più nel giusto chi desume l’esistenza del dio dalla bellezza e dall’ordine
dell’universo.
101. Nella pre nozione innata degli dei dovremmo comprendere anche
strumenti, quali frecce, aste, fulmini… ma agli dei oziosi di Epicuro non
servono. Meglio gli Egiziani che deificano animali per la loro utilità.
102. Critica dell’inattività degli dei di Epicuro, che giustificherebbe l’inattività
degli uomini.

C – I FLUSSI DI IMMAGINI (103-110)

103. Questo dio umano ma inattivo di Epicuro dove abita? Che fa?
104. Si sposta? Ha qualche inclinazione?
105. Se gli dei esistono solo nel nostropensiero, potremmo allora immaginarli
sotto altre fogge, a seconda dei flussi di immagini che arrivano al nostro
animo.
106. Allo stesso modo potrebbero arrivarci flussi di immagini di personaggi
politici del recente passato.
107. E così immagini di poeti, di filosofi, di re del lontano passato.
108. Ma a volte di uno stesso personaggio le immagini si presentano diverse a
persone diverse… e così anche per esseri mai esistiti come la chimera…
109. Critica della teoria della isonomia.
110. Come nascono dagli atomi colori, forme, figure diverse?

D – LE VIRTU’ (111-124)

111. Non può avere virtù un dio inattivo: la sua è solo una vita di piaceri.
112. Ma dei piaceri materiali come potrà il dio godere? Quindi l’uomo sarà più
felice di lui.
113. Anche altri Epicurei confermano che si tratta di piaceri materiali, molli e
sensuali e quindi adatti più agli uomini che agli dei.
114. Il dio di Epicuro, peraltro non è felice nemmeno perché esente dal
dolore: i flussi di atomi e immagini che arrivano agli dei li scuotono
continuamente!
115. Epicuro dice di venerare gli dei, ma ha fatto si che gli uomini non
avessero motivi per venerarli
116. Il sapiente dovrebbe venerare gli dei solo per la loro natura felice e
superiore, ma non è spinto a farlo, perché da essi non ci viene né si può
sperare alcun bene.
117. Epicuro ha abolito non la superstizione religiosa, ma la religione stessa
118. Anche la concezione di dei inventati per tutelare la vita civile e politica o
identificati con gli elementi giovevoli alla vita umana distrugge di fatto ogni
religiosità

91
119. Così pure quella evemeristica che ritiene gli dei una divinizzazione, dopo
la loro morte, di uomini illustri e potenti. Le religioni misteriche hanno invece
divinizzato alcuni principi della natura.
120. Incerta e poco definita posizione di Democrito circa la natura degli dei.
121. Ateismo pratico di Epicuro che nega ogni benevolenza divina.
122. Si nega così anche ogni benevolenza tra gli uomini; la stessa amicizia
diventa solo una ricerca interessata dell’utile.
123. Epicuro a parole non nega l’esistenza degli dei per non attirarasi
odiosità; di fatto la nega.
124. Un dio che non mostra benevolenza per gli uomini non è un dio. Fine del
discorso di Cotta.
LIBRO II°
INTRODUZIONE (1-2)
1. Velleio, dopo aver lodato l’eloquenza di Cotta, invita Balbo ad esporre la
sua dottrina.
2. Balbo preferirebbe che fosse ancora Cotta a parlare e ad esporre lui la sua
dottrina. Cotta invece preferisce ascoltare gli altri e controbattere.

LA POSIZIONE STOICA. DISCORSO DI BALBO


(3-167)
3. Balbo inizia la sua esposizione dividendo la materia in quattro parti:
1. esistenza degli dei
2. natura degli dei
3. governo del mondo
4. governo degli uomini

A – ESISTENZA DEGLI DEI (4-44)

DIMOSTRAZIONE INTUITIVA

4. L’esistenza di una divinità si intuisce già contemplando il cielo e


comprendendo che ci deve essere qualcuno che lo governa.
5. Nel corso dei secoli questa convinzione è rimasta ferma: mentre vane
credenze in miti e profigi sono venute meno.
6. Spesso peraltro gli dei si sono fatti presenti agli uomini, come i Dioscuri in
varie occasioni, o come i Fauni
7. Ne confermano l’esistenza anche predizioni, presagi, auspici.
8. La negligenza di riti religiosi ha conseguenze negative. Importanza delle
pratiche religiose per i Romani.
9. Importanza degli auspici e delle arti divinatorie per l avita dello stato.

92
10. Ancora sull’importanza delle arti divinatorie e sull’offerta, anche della
propria vita agli dei (esempio dei Deci).
11. Ancora sull’importanza del rispetto dei riti e delle pratiche religiose
(esempio di Tiberio Gracco padre).
12. Se esiste un’arte divinatoria, devono esistere gli dei della cui potenza
quell’arte si fa interprete.
13. La nozione dell’esistenza degli dei deriva, secondo Cleante, da quattro
cause:
1. il presentimento del futuro (di cui Balbo ha già detto)
2. i vantaggi che si percepiscono dalla natural
14. 3- Il terrore che nasce in noi per le calamità naturali o prodigiose
15. 4 – la bellezza e l’ordine dell’universo (la causa più importante)
16. Secondo Crisippo poi, se c’è in natura qualcosa che l’uomo non può
produrre (come gli astri e il loro eterno ordinamento), esiste anche qualcosa di
superiore all’uomo, un dio.
17. Come una bella cosa, dice ancora Crisippo, è opera e proprietà di un
costruttore e padrone, così l’universo non è solo abitazione dell’uomo ma
anche degli dei.
18. Microcosmo e macrocosmo: il nostro corpo, la nostra forza vitale, la nostra
mente non possono se non derivare dagli elementi che formano l’universo e
dall’universo stesso.
19. L’armonia e la regolarità delle leggi del mondo suppongono un unico spirito
divino come loro principio.
20. Zenone è più facilmente attaccabile perché si è espresso per succinti
sillogismi, invece che in un discorso più ampio.
21. Sillogismo di Zenone sulla ragione del mondo.
22. Sillogismi di Zenone sulla sensibilità, sull’anima e sulla sapienza del
mondo.

DIMOSTRAZIONE SCIENTIFICA

23. Dimostrazione scientifica dell’esistenza degli dei. Prova del calore che
alimenta e fa crescere il mondo.
24. Il calore nel corpo umano
25. Il fuoco è presente dappertutto, prima di tutto nella terra.
26. E’ presente nei vegetali. E’ presente nell’acqua.
27. E’ presente nell’aria.
28. In conclusione: il calore presente in tutti gli elementi è il fuoco che
alimenta e fa crescere il mondo interno.
29. Si tratta di una natura divina che, come la mente nell’uomo, guida il
mondo (dottrina dell’heghemonikon).
30. Questa natura è dotata di sensibilità, di ragione e di sapienza
31. Prova del movimento. Questa natura si muove per se stessa.
32. Il mondo è animato da questo movimento proprio. Il mondo è intelligente
e sapiente

93
33. Prova della scala degli esseri dall’imperfetto al perfetto. 1) I prodotti della
terra.
34. 2) Gli animali. 3) L’uomo. 4) Gli esseri perfetti (dio)
35. Ci deve essere necessariamente una natura perfetta che nessunaforza può
raggiungere.
36. E’ la natura del mondo intelligente e sapiente: il mondo è dio.
37. Il mondo è perfetto in ogni sua parte. L’uomo, particella di questa
perfezione, è stato creato per contemplarlo.
38. La perfezione del mondo si trova in un essere completo e perfetto.
39.Tale essere è il mondo stesso. Il mondo è virtuoso e sapiente. Il mondo è
dio. Divine sono anche le stelle.
40. Prova della loro natura ignea è il sole, fatto di fuoco.
41. Quello del sole (e degli astri) non è fuoco distruttore, ma datore di vita. Il
sole è animato.
42. Anche le stelle hanno sensibilità e intelligenza. Anche le stelle sono dio.
43. La sensibilità e l’intelligenza degli astri è dimostrata dal loro ordine e dalla
loro regolarità. Si muovono di moto proprio.
44. Il loro moto è volontario. Chi nega l’esistenza degli dei è ignorante ed
empio.

B – NATURA DEGLI DEI (45-72)


45. Esclusa la teoria della figura umana degli dei (già confutata da Cotta),
Balbo propone la sua tesi: dio è il mondo stesso.
46. Polemica con Epicuro, che non comprende cosa possa essere un dio
ruotante e sferico
47. Superiorità della sfera rispetto alle altre figure geometriche.
48. Ironia sulla ignoranza degli Epicurei in geometria e sulla loro dottrina della
possibilità di più mondi e di forme diverse.
49. Solo in una forma sferica sono possibili la rotazione del mondo e la forma
circolare dell’orbita delle stelle. Rotazione del sole e suoi benefici effetti.
50. Rotazione della luna e suoi benefici effetti.
51. Rotazione dei cinque pianeti: sulla disparità del loro movimento si può
calcolare il “grande anno”
52. Movimenti orbitali di Saturno (Phaimon) e di Giove (Phaethon).
53. Movimenti orbitali di Marte (Pyroeis), di Mercurio (Stilbon) e di Venere
( Lucifero, Phosphoros; Vespero, Hesperos)
54. La regolarità e il sincronismo di tali orbite porta a concludere che gli astri
sono dei. Armonia e regolarità anche delle stelle fisse nel loro uniforme moto di
rivoluzione.
55. Anche le stelle fisse,nel moto regolare della loro sfera, sono divine.
56. Ordine e regolarità del mondo celeste, divino; imperfezione e irregolarità
del mondo sublunare terrestre.
57. Artisticità della natura del mondo, secondo Zenone.

94
58. Anzi, la natura del mondo, sempre secondo Zenone,è essa stessa
un’artefice, e in quanto tale è provvidenza: provvede alla vita e alla bellezza
del mondo stesso.
59. Gli dei degli Stoici (il mondo, gli astri) non sono inoperosi come quelli di
Epicuro; né provano fatica, perché non hanno un corpo, come immaginò
Epicuro.
60. La loro è la bellezza degli astri e sono benevoli verso gli uomini. Gli uomini
hanno spesso dato a ciò che era nato da un dio il nome del dio stesso.
61. Hanno ritenuto dei forze e valori importanti per la loro vita (Fede, Mente,);
a volte anche concetti riprovevoli o vizi (Cupido, Voluttà,…).
62. Spesso hanno deificato degli uomini, perché benefattori dell’umanità
(Ercole, i Dioscuri, Romolo,…).
63. I poeti hanno creato miti e superstizioni.
64. Spiegazione naturalistica di miti assurdi come quello di Urano, di Cromo,
di Giove-padre.
65. Di Giove che fulmina e tuona.
66. Di Giunone, di Nettuno, di Dite,di Proserpina.
67. Di Cerere-Demetra, di Marte, di Giano, di Vesta.
68. Dei Penati, di Apollo-Sole, di Diana-Luna-Lucina.
69. Ancora di Diana. Di Venere.
70. Da principi naturalistici buoni sono nati dei antropomorfi, con tutti i difetti
e le passioni degli uomini.
71. Invece degli dei vanno venerati i principi naturali da cui sono nati.
72. Così può avere termine la superstizione religiosa.

C – IL GOVERNO DEL MONDO (73-153)


73. Il mondo è retto dalla provvidenza divina contro i fraintendimenti e le
ironie degli Epicurei a riguardo.
74. Polemica contro l’ignoranza di Epicuro soprattutto.
75. Divisione delle materia in tre parti:
1. Il mondo è retto dalla sapienza.
2. Il mondo è disposto dalla natura divina nel modo migliore
3. Meraviglioso ordinamento del cielo e della terra

1 – IL MONDO E’ RETTO DALLA SAPIENZA (76-80)


76. Se gli dei esistono non sono oziosi e l’azione più eccellente che essi
possano svolgere è il governo del mondo
77. Se si supponesse una forza superiore al dio, il dio sarebbe necessitato;
ma nulla è superiore al dio: è lui dunque che governa il mondo.
78. Gli dei, dotati di ragione, formano un unico governo del mondo, come per
uno stato o una città.
79. La ragione e le buone virtù che sono negli uomini sono le stesse che sono
negli dei (che le posseggono in grado maggiore) e provengono da essi.

95
80. Tutto è dunque retto da mente e assennatezza divina.

2 – IL MONDO E’ DISPOSTO DALLA NATURA DIVINA


NEL MODO MIGLIORE (81-90)
81. Definizione della natura: per alcuni è una forza irrazionale; per gli Stoici
una forza razionale e ordinata.
82. Per Epicuro tutto è natura (il vuoto, i corpi, i loro movimenti e
aggregazioni casuali): per gli Stoici solo tutto ciò che risulta fatto con ordine e
ad arte
83. E tutto è in continuità ordinata: terra, seme,radici, pianta, uomo: un unico
spirito di muove in essi.
84. Il mondo si muove attorno ad un centro e c’è continuità e scambio
reciproco tra i quattro suoi elementi (terra, acqua, aria, etere)
85. Questa natura che regge e ordina il mondo deve essere eterna
86. Se il mondo è ordinato e perfetto, più perfetta ancora è la natura che lo
regge.
87. Il mondo non avrebbe potuto essere migliore: allora non è prodotto dal
caso ma da una natura dotata di ragione.
88. Come l’opera di un artefice la si ritiene frutto di ragione, ancor di più
questo vale per il mondo.
89. Uno che veda per la prima volta una nave sul mare, anzitutto ha dei dubbi
sulla sua natura.
90. Poi si rende conto che si tratta di una realtà sensibile e animata. Così i
filosofi, dapprima turbati, si rendono poi conto della mente divina che regge e
governa il mondo.

3 – MERAVIGLIOSO ORDINAMENTO DEL CIELO E


DELLA TERRA (91-153)

DEL CIELO (91-119)

91. La terra, al centro del mondo, è circondata dall’aria e questa dall’etere.


92. Dall’etere sorgono fuochi, prima di tutto il sole, benefici per la terra.
93. Critica della dottrina epicurea della formazione del mondo dall’incontro
casuale di atomi..
94. Anche un tempio, una casa potrebbero allora formarsi per casuale
aggregazione di atomi.
95. Chi contempla per la prima volta lo spettacolo meraviglioso dell’universo ,
è certo, secondo Aristotele, che è opera degli dei.
96. Lo stesso avverrebbe per chi lo rivedesse dopo giornate di buoi completo;
ma noi siamo troppo abituati a questo spettacolo.
97.I movimenti ordinati del cielo rimandano necessariamente ad una ragione
eccelsa e divina.

96
98. Bellezza della terra, delle piante, delle acque, dei monti.
99. Bellezza e varietà degli animali; degli uomini che si prendono cura di tutto.
100. Bellezza del mare, delle isole, delle coste, dei pesci.
101. Bellezza dell’aria, delle piogge, dei venti, degli uccelli. Bellezza dell’etere
e degli astri.
102. Bellezza del sole.
103. Bellezza della luna. Bellezza dei pianeti.
104. Bellezza delle stelle fisse, delle loro forme, dei loro nomi.
105. Le due Orse (Cinosura ed Elice; i sette Trioni)
106. La stella polare (Cinosura)
107. Il Drago
108. Engonasi. La Corona
109. Il Serpentario. Lo Scorpione. Boote
110. Arturo. La Vergine. I Gemelli. Il Cancro. Il Leone. L’Auriga. La Capra. I
Capretti. Il Toro.
111. Le Iadi. Cefeo. Cassiopea. Andromeda. Il Cavallo. L’Ariete. I pesci.
112. Perseo. Le Vergilie. La Lira. L’Uccello. L’Aquario. Il Capricorno. Il
Titano.
113. L’Arco. L’Aquila. Il Delfino. Orione.
114. Il Cane. La Lepre. Argo. L’Ara. Il Centauro. Il Lupo. L’idra. Il Cratere. Il
Corvo. Anticane (Procion).
115. Tutto questo ordine non può essere frutto del caso, ma è opera di una
regione che tutto ordina armonicamente introne ad un centro.
116. Il mondo dunque deve essere sferico e tutto gravita verso il centro:
prima di tutto il mare.
117. E poi l’aria; e così l’etere con gli astri, anch’essi rotondi.
118. Natura di fuoco delle stelle; ciclo dekl fuoco tra stelle, terra, acque, aria;
la conflagrazione finale.
119. Armonia perfetta dei pianeti tra loro.

DELLA TERRA (120-153)

120. Natura intelligente delle piante.


121. Varietà e mirabile struttura fisica degli esseri viventi.
122. Sensibilità e istinto nelle bestie. Fisico idoneo per ogni specie.
123. Mirabile struttura di alcuni animali. La pinna.
124. Animali anfibi. Il pellicano.
125. Le rane di mare. Il nibbio. Le gru.
126. Capacità di alcuni animali di auto curarsi.
127. Varie armi o strategie di difesa di alcuni animali. Per provvidenza divina
animali, alberi e vegetali hanno in sé la capacità di perpetuare la propria
specie.
128. Gli animali sono strutturati per la procreazione e la cura dei piccoli.
129. Amore delle bestie nell’allevamento e nella sorveglianza dei loro piccoli.

97
130. Cura degli uomini per la conservazione di piante e animali. La terra è resa
fertile per gli uomini dai corsi d’acqua (Nilo, Eufrate, Indo).
131. Varietà dei prodotti della terra. Benefici arrecati dai venti.
132. Benefici arrecati dai fiumi, dalle maree, dalle foreste, dalle saline, dalle
piante medicinali, dall’avvicendarsi del giorno e della notte.
133. Tutto la provvidenza divina ha disposto per gli esseri dotati di ragione: gli
dei e gli uomini.
134. Mirabile struttura della bocca per l’alimentazione e il respiro.
135. L’esofago
136. La trachea. I polmoni. Il cuore. Il ventre.
137. Gli intestini. Il fegato. La bile. I reni. Arterie e vene.
138. La digestione e la escrezione. La respirazione.
139. Le ossa, i tendini, i nervi.
140. Per divina predilezione l’uomo è l’unico animale eretto, perché possa
guardare al cielo e conoscere così gli dei. Sapiente disposizione dei sensi. La
vista.
141. L’udito. L’olfatto. Il gusto. Il tatto. Rapido e pudico cenno alle parti da
nascondere.
142. Mirabile struttura degli organi dei sensi. Gli occhi.
143. Mirabile protezione degli occhi.
144. Mirabile struttura dell’orecchio.
145. Mirabile struttura delle narici. Protezione del gusto. La vista dell’uomo è
superiore a quella degli altri animali: sa apprezzare le arti e le virtù.
146. Anche l’udito è superiore: sa apprezzare l’armonia musicale. Superiori
sono anche l’olfatto, il gusto, il tatto.
147. Mirabile è soprattutto la ragione, che l’uomo ha in comune col dio.
148. Di qui vengono i concetti, le arti, l’eloquenza. Lode dell’eloquenza.
149. Per l’eloquenza la natura ha ben curato e dotato il nostro organismo.
150. Mirabili capacità delle mani per ogni attività.
151. Grazie al lavoro delle nostre mani dominiamo la terra, gli animali, le
piante.
152. Dominiamo il mare, i venti, gli elementi naturali.
153. La nostra ragione domina anche il cielo, con la conoscenza degli astri, dei
loro movimenti e ritmi. In questo uguagliamo gli dei.

D – IL GOVERNO DEGLI UOMINI (154-167)


154. Tutto il meraviglioso ordine dell’universo converge verso l’uomo. Il
mondo è la casa comune degli uomini e degli dei, la città di entrambi.
155. I moti degli astri fanno da spettacolo per gli uomini.
156. La terra con le piante e gli animali è fatta perché gli uomini se ne
prendano cura.
157. Tutto è stato predisposto ad uso dell’uomo.
158. Anche le bestie sono a sua disposizione e al suo servizio. Utilità delle
pecore; dei cani.

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159. Utilità dei buoi; di muli e asini.
160. Utilità del maiale; dei pesci.
161. Utilità delle bestie feroci. Tutto è al servizio dell’uomo: la terra, i mari.
162. Utilità di cave e miniere. Anche la divinazione è stata disposta per l’uomo.
163. Utilità della divinazione.
164. Gli dei provvedono al genere umano, nel suo complesso e ai singoli.
165. Amano tutte le regioni della terra e i singoli abitanti: così si spiegano
personaggi straordinari della storia di Roma e della Grecia.
166. Così si spiega l’assistenza prestata dagli dei, secondo Omero, ad antichi
eroi, ma anche in determinate vicende storiche e nella divinazione
167. La provvidenza divina si manifesta soprattutto negli uomini virtuosi.

CONCLUSIONE (168)
168. Balbo conclude il suo discorso invitando Cotta a prendere la parola.

LIBRO III°
INTRODUZIONE (1-4)
1. Cotta accoglie l’invito di Balbo, ma anche questa volta non farà un suo
discorso, bensì una serie di obiezioni, alla ricerca del probabile.
2. Velleio è contento, così lo sentirà parlare anche contro gli Stoici.
3. A Cotta, però, la posizione di Epicuro sembra più facile da confutare, quella
degli Stoici più complessa.
4. Pensa quindi di chiedere dei chiarimenti a Balbo, che si dichiara pronto a
rispondere.

CRITICA DELLA DOTTRINA DEGLI STOICI. DIALOGO


TRA COTTA E BALBO (5-19)
SULL’ESISTENZA DEGLI DEI

5. Breve premessa in cui Cotta, in quanto persona e in quanto pontefice,


dichiara di non mettere assolutamente in discussione la validità della
divinazione e delle pratiche religiose che hanno fatto la grandezza di Roma.
6. In quanto filosofo vuole però da Balbo delle spiegazioni razionali.
7. Innanzitutto in ordine al primo punto da lui trattato: l’esistenza degli dei.
8. Se è un fatto intuitivo, perché vi si è soffermato così a lungo? Balbo
risponde di aver ritenuto opportuno portare più argomentazioni.
9. Cotta non ne è convinto 8 pensa che Balbo non fosse poi così sicuro
dell’evidenza intuitiva) e comincia a porre i problemi.

99
10. Primo punto contestato: la certezza dell’esistenza degli dei viene
nell’opinione comune dal sol guardare al cielo.
11. Sarebbe anche l’opinione di chi non ci crede o degli stolti? Punti deboli nei
racconti che attesterebbero addirittura una presenza degli dei nelle vicende
degli uomini.
12. Tali racconti sembrano piuttosto storielle da vecchiette.
13. Balbo gli ribatte ricordandogli templi e tradizioni riguardo a quei racconti.
Cotta pretende delle spiegazioni razionali.
14. Perplessità anche sulla divinazione: serve conoscere il futuro in anticipo? E’
affidabile la pratica divinatoria?
15. La medicina ha una base razionale, la divinazione no. Spiegazione
razionalista del sacrificio dei Deci. Perplessità su Fauno.
16. Critica del pensiero di Cleante riguardo al timore degli dei derivante dalle
perturbazioni atmosferiche.
17. Criticherà più avanti gli altri punti del suo pensiero.
18. Rimanda ad altro momento anche la critica sul pensiero di Crisippo e di
Zenone.
19. Torna a chiedere a Balbo delle spiegazioni razionali. Balbo ha
l’impressione che Cotta cambi sempre il discorso e lo invita a fare una
esposizione ordinata senza interruzioni.

CRITICA DELLA DOTTRINA DEGLI STOICI. DISCORSO


DI COTTA (20-93)

SULLA NATURA DEGLI DEI (20-64)

20. Siccome ritiene di aver già parlato abbastanza del problema dell’esistenza
degli dei, passa al secondo punto proposto da Balbo: il mondo è dio.
21. Dubbi sulla sapienza del mondo.
22. Critica del sillogismo di Zenone sul mpndo dotato di ragione.
23. Allora il mondo saprebbe leggere, saprebbe di matematica e di musica. Se
non è dio il mondo, non lo sono neppure le stelle.
24. La regolarità delle loro orbite non è una prova sufficiente. Esempi di altri
fenomeni naturali di regolarità (maree, febbri periodiche),
25. Critica del pensiero di Crisippo per cui deve esistere qualcosa di superiore
all’uomo, è questo è dio.
26. Non necessariamente ciò che è superiore all’uomo è dio.
27. Il mondo, la nostra anima,le nostre capacità, non vengono da dio ma dalla
natura.
28. Condivide l’idea di un mondo armonico, ma l’armonia non è regolata da
uno spirito divino, bensì sussiste per natura.
29. Non esiste, come sostiene Carneade, nessun corpo eterno e immortale.
30. Ogni corpo è mutabile e perciò mortale.
31. Tutti gli elementi naturali si mutano in altri, dunque periscono.

100
32. Ogni essere animato ha avuto un inizio e prova dolore: è necessariamente
mortale.
33. La sensibilità e l’avversione alle forze contrarie a natura dimostrano che
l’essere animato non è eterno ed è destinato a perire.
34. Le sensazioni stesse (di freddo, di caldo…), se sono troppo forti, uccidono.
35. Critica del fuoco come forza dei corpi.
36. critica del fuoco come anima del mondo: meglio lo sarebbe il soffio. Anche
il fuoco è mortale.
37. Prova ne è il fatto che ha bisogno di essere continuamente alimentato,
secondo quanto sostengono gli stessi Stoici.
38. Critica della presenza e del bisogno delle virtù nel dio
39. Critica della divinizzazione da parte del volgo di animali e di uomini.
40. Critica della pluralità degli dei degli Stoici, che divinizzano non solo la luce
(Giove), ma anche tutte le costellazioni e le stelle.
41. E divinizzano alimenti come il pane (Cerere) e il vino (Libero), o eroi
come Ercole.
42. Dello stesso Ercole si conoscono, però, almeno sei diverse identità.
43. Sono da considerare dei anche Ninfe, Satiri, i piccoli Pan, Orco, i fiumi
infernali, Caronte e Cerbero?
44. Se Orco (Ade), Giove e Nettuno sono dei, lo sono anche Saturno loro
padre e Cielo e Etere e Giorno e tutti quelli delle antiche genealogie?
45. E lo sono anche tutti i semidei (Ercole, Esculapio, Libero, Castore,
Polluce. Aristeo, Achille, Orfeo, Reso)?
46. Anche Ecate, le Eumenidi, le Furie?
47. Anche Nascita, Onore, Fede, Mente, Concordia, Speranza, Ammonitrice?
Anche Serapide e Iside? Anche gli animali venerati da popoli stranieri?
48 . Anche Ino, Circe, Psifae, Eeta, Medea e suo fratello Absirto?
49. Anche gli indovini Anfiarao, Trofonio? Gli eroi Eretteo e Codro?
50. Anche eroi locali come le figlie di Leo ad Atene e Alabando ad
Alabanda?
51. E sono dei anche gli astri? Il Sole, la Luna, i pianeti, le stelle fisse,
l’Arcobaleno? E quindi anche tempeste, piogge, uragani, bufere…?
52. E quindi anche la Terra, il mare, i fiumi, le sorgenti…? Si tratta solo di
superstizione
53. Degli dei in senso proprio, peraltro, si conoscono varie identità. Tre per
Giove. Tre per i (due o tre) Dioscuri.
54. Tre diverse identità per le muse ( da quattro a nove, a seconda). Cinque
per il Sole.
55. Quattro per Vulcano.
56. Cinque per Mercurio.
57. tre per Esculapio. Quattro per Apollo
58. Tre per Diana. Quattro per Dionisio
59. Quattro per Venere. Cinque per Minerva
60. Tre per Cupido. Tutti questi miti greci gli Stoici, invece di confutarli, si
affannano a spiegarli allegoricamente.

101
61. In realtà si tratta di valori o di aspirazioni dell’animo umano; quando non
si tratta di realtà infide o capricciose come la Fortuna
62. Vanità delle spiegazioni allegoriche per miti come quello dell’evirazione di
Urano. Vanità delle spiegazioni etimologiche.
63. Inutili fatiche di Zenone, Cleante, Crisippo, per dare ragione di miti
immaginari, in realtà fenomeni naturali. Si sono divinizzate anche realtà
negative, come la Febbre o la Cattiva Fortuna.
64. Degli dei bisogna dire cose degne, non erronee fantasticherie.

SUL GOVERNO DEL MONDO ( 65 a)

65 a. (Lacuna nel testo) Doveva esserci già una materia, non prodotta dalla
provvidenza divina e con una sua forza propria.

SUL GOVERNO DEGLI UOMINI (65 b – 93)

65 b. Nella natura si trovano anche cose dannose o ostili all’uomo. Ciò che è
male il dio non vuole o non può abolirlo.
66. Nell’uomo stesso la ragione non sempre opera a suo vantaggio (esempio di
Medea )
67. Ancora sugli scellerati propositi di Medea.
68. ragioni e scelleratezza in Medea; in Atreo e Tieste
69. Non solo nei miti; anche nella vita comune spesso la ragione si volge
contro l’uomo stesso.
70. E non solo nei tanti che usano male la ragione, ma anche in chi volendo
fare del bene ha finito col fare del male (esempio di Deianira).
71. In realtà la ragione è alla base dei tanti vizi umani (ancora Medea e
Atreo).
72. Esempi di ragionamenti futili o assurdi tratti dalla commedia.
73. Altri esempi (inganni e menzogne) tratti dalla commedia
74. Esempi di ragione usata male presi dalla realtà; casi trattati nei tribunali
(omicidio, veneficio, peculato, truffa).
75. La malizia è un raziocinio per nuocere, meglio avrebbero fatto gli dei a non
dare all’uomo la ragione.
76. L’errore non negli uomini che ne usano male, ma negli dei che l’hanno data
capace di male.
77. Anche i filosofi, se pensano di essere male interpretati o utilizzati,
farebbero meglio a tacere.
78. Così gli dei avrebbero fatto meglio a non dare la ragione agli uomini.
79. Spesso peraltro ai buoni va male e ai cattivi va bene.
80. Esempi dalla storia di Roma di uomini saggi e virtuosi non premiati dalla
previdenza divina.
81. Esempi viceversa, di cattivi premiati o a cui gli dei avrebbero fatto bene ad
impedire che commettessero tante scelleratezze.
82. Altri esempi di cattivi liberi di fare del male e di giusti perseguitati.

102
83. Gli empi spesso si vantano anche, impunemente, della loro empietà.
Sacrilega empietà del tiranno Dionisio.
84. Ancora su atti sacrileghi di Dionisio, che non fu punito dagli dei; anzi morì
felice e trasmise il potere al figlio.
85. Si sarebbe tentati di sentirsi autorizzati a peccare, ma la coscienza ce lo
impedisce. Non si può, comunque, parlare di provvidenza divina.
86. Gli uomini si contentano di chiedere agli dei beni esteriori, non chiedono la
virtù.
87. Della virtù si ritengono debitori a se stessi, dei beni materiali agli dei.
88. Nessuno rende grazie agli dei per il dono della sapienza.
89. Gli dei nel dare buona o cattiva sorte non fanno distinzione tra buoni e
malvagi.
90. Non li si può scusare col dire che non possono pensare a tutto o che fanno
pagare ai figli le colpe dei padri (questa sarebbe peraltro una strana giustizia).
91. I poeti e gli Stoici dicono cose assurde attribuendo agli dei azioni che
dipendono dalla responsabilità o dalle capacità degli uomini.
92. Il dio sembra assistere impassibile alla rovina di belle e grandi città: o non
vuole prendersene cura o non può.
93. A maggior ragione gli dei non si curano dei singoli uomini. Eppure, secondo
gli Stoici, sono tanti e qualcuno potrebbe darsi da fare… Fine del discorso di
Cotta.

CONCLUSIONE (94)
94. Balbo giudica troppo violenta la critica di Cotta: gli Stoici sono animati da
uno spirito religioso e anche Cotta, in quanto pontefice, deve avere interesse a
difendere il culto degli dei. Concluso il dialogo, Cicerone trova più verosimile
la dottrina di Balbo.

103
CATONE IL MAGGIORE
L’ETA’ SENILE
(CATO MAIOR
DE SENECTUTE)
1. LA COMPOSIZIONE DEL DIALOGO
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Al momento della composizione del dialogo, primi mesi del 44 a.C., Cicerone
si trovava in un momento di grande sconforto:
● Sia per i problemi famigliari, tra cui il più grave la morte della figlia
Tullia
● Sia per la situazione politica che lo aveva costretto ad un triste ritiro
dalla scena pubblica
per questo egli sentiva maggiormente il peso della vecchiaia, per ciò decide di
scrivere il De Senectute ……………………………………………………………………………………..
La scelta di Attico come destinatario deriva dall’essere questi, oltre che un
amico di Cicerone, un ammiratore della figura di Catone il Censore. Attico
inoltre aveva intrattenuto rapporti amichevoli con il discendente ed emulo del
Censore, Catone L’Uticense, personaggio a sua volta ammirato da
Cicerone, che dopo il suicidio ne aveva scritto un Elogio, rappresentandolo
come martire della libertà repubblicana……………………………………….……………………….

2. L’AMBIENTAZIONE E I PERSONAGGI
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Il De Senectute, dialogo che si immagina realizzato nel 150 a.C. è tra le
opere filosofiche di Cicerone, che consiste nell’introdurre come dialoganti
uomini di un passato lontano………………………………………………………………………………..

104
Tre sono i dialoganti dell’opera:
1. Marco Porcio Catone il Censore, il protagonista
2. Scipione Emiliano, detto Africano minore, che distrusse Cartagine
nel 146 a.C.
3. Gaio Lelio, amico e luogotenente a Numanzia nel 133 a.C., di
Scipione
Il solo Catone, però, parla, perché gli altri due sono solo presenze
simboliche……………………………………………………………………………………………………………….

3. LA FIGURA DI CATONE
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Nel De Senectute sono ricordati le seguenti date della vita di Catone:
● La data di nascita fissata al 234 a.C.
● La longevità
● La partecipazione ad alcune battaglie della seconda guerra punica
● Il Cursus honorum:
- la questura nel 204 a.C.
- il consolato nel 195 a.C.
- il tribunato militare in Grecia nel 191
- la censura nel 184
E di Catone è soprattutto sottolineata l’attività continuamente svolta per la
tutela della Res Pubblica e della sua antica tradizione politica e morale………….
Per quanto riguarda l’attribuzione a Catone del titolo di Sapiens nel De
Senectute essa deriva dall’ammirazione che Cicerone nutriva per chi aveva
saputo con grande sapientia sopportare il terribile dolore per la morte del
figlio. La rappresentazione di Catone come sapiens è rispondente
all’immagine che Cicerone vuol dare di quel grande personaggio, la cui figura
egli avvicina ai modelli di cultura greca………………………………………………………………..
Non è escluso che la tendenza di Cicerone a sottolineare l’amicizia tra il rude e
antico romano Catone e gli ellenizzanti Scipioni fosse in parte dovuta ad un
tentativo di proiettare nel passato un auspicato rapporto di concordia tra la
nobilitas senatoria e un homo novus quale era Catone e quale si trovava ad
essere Cicerone …………………………………………………………………………………………………..
In effetti egli rappresenta Catone in questo dialogo in questo modo:
● un uomo ellenizzato, colto e capace di riflessioni estetiche e filosofiche
● incline a giudicare negativamente le persone di carattere asociale e
selvatico
● affabile e invitante alla calma
● rammaricato per aver espulso dal Senato Flaminino
● ammiratore non solo di Ennio, ma anche di Platone
Il Catone ciceroniano del De Senectute appare senza dubbio più colto,
raffinato e maggiormente caratterizzato da humanitas rispetto al ritratto che
emerge dal De agri cultura dello stesso Catone e poi dal quadro che di

105
Catone faranno storici come Cornelio Nepote e Tito Livio, che in particolare
ne rileverà la durezza del carattere e l’asprezza delle parole………………………………

4. LE FONTI FILOSOFICHE E STORICHE


Le fonti a cui Cicerone avrebbe potuto ispirarsi nello scrivere il De Senectute
sono:
● Il trattato pedagogico-morale scritto da Varrone “Cato vel de liberis
educandis”
● L’opera Sulla vecchiaia del peripatetico Aristone di Ceo
● Le opere di Senofonte dalla Ciropedia al Simposio, ai Memorabili e
soprattutto all’Economico
● Le opere di Platone, soprattutto la Repubblica, il Fedone, il Menone e
l’Apologia di Socrate
● L’opera di Aristosseno di Taranto
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Talvolta Cicerone riprende pensieri ed espressioni di opere sue precedenti, sia
filosofiche che retoriche………………………………………………………………………………………….
La maggior parte delle informazioni del De Senectute deriva dalla diretta
conoscenza che Cicerone aveva delle opere di Catone. Egli infatti aveva letto
di Catone:
● L’orazione in favore della Lex Voconia
● Centocinquanta discorsi, da cui Cicerone ricava conoscenze religiose e
giuridiche
● Il De agri cultura
● I due libri di Apoftegmi da cui Cicerone ricava numerosi aforismi e
proverbi
…………………………………………………………………………………………………………………………………
Cicerone nel De Senectute cita vari poeti latini fra cui:
● Ennio
● Livio Andronico
● Nevio
Cicerone nel De Senectute cita anche tre commediografi:
1. Cecilio Stazio
2. Plauto
3. Terenzio

5. IL CONTENUTO

A – IL PROEMIO

Il breve proemio del De Senectute contiene:


● la dedica all’amico Attico
● la presentazione dei protagonisti del dialogo

106
● la dichiarazione dell’intento dell’opera
L’intento dell’opera è alleviare l’età senile tanto ad Attico che a Cicerone, che
allora avevano rispettivamente 65 e 62 anni. Tale conforto può provenire solo
dalla filosofia…………………………………………………………………………………………………………..
Viene così rivelata la prospettiva filosofica del dialogo, che emergerà di tanto in
tanto nel corso dell’opera e che sarà soprattutto evidente nell’ultima sezione,
dedicata al tema dell’immortalità dell’anima………………………………………………………..

B – LA PRIMA PARTE DEL DISCORSO DI CATONE

Già nelle prime battute Catone è presentato sapiens da Scipione, che ne


aamira la straordinaria e perfetta sapienza. La prima sezione del discorso di
Catone, che propone se stesso come modello di buona vecchiaia sta a
dimostrare che la felicità non dipende dall’età, ma dalla sapienza, che secondo
un principio stoico, risiede nella capacità di seguire la natura……………………………
Catone, sostenendo, come gli Stoici, il primato della virtù e perseguendo
l’ideale dell’humanitas, può affermare che le armi migliori dell’età senile sono
la cultura e l’esercizio delle virtù. Dal punto di vista pratico determinanti sono i
buoni costumi, l’equilibrio e l’affabilità………………………………………………………………….
Catone sembra adottare uno Stoicismo mitigato, quando in relazione al
potere, ai beni e alla dignità, ammette che questa condizione ha la sua
importanza, ma non è affatto vero che tutto dipenda da essa……………………………
Significativi a tal proposito sono gli esempi addotti, riguardanti:
● filosofi e retori greci come Platone, Isocrate e Gorgia
● un poeta romano come Ennio
● uomini di stato come Temistocle e Quinto Fabio Massimo
………………………………………………………………………………………………………………………………..

C – LA PARTE ARGOMENTATIVA

In questa trattazione Catone prosegue il discorso organizzandolo in quattro


parti:
1. La prima è che l’età senile impedirebbe di svolgere le diverse e varie
attività. Ma Catone risponde che sono solo alcune le attività
compromesse, quelle cioè che richiedono vigore fisico, mentre è sempre
possibile il servizio dello stato svolto con il senno e la parola……………Gli
esempi addotti nel corso dell’argomentazione non riguardano soltanto
personaggi romani…………………………………..ma anche ai grandi personaggi
greci, come poeti, oratori e filosofi
2. La seconda accusa alla vecchiaia è simile alla prima e insiste
sull’indebolimento fisico indotto da essa. Catone però osserva che
rimane comunque in questa età della vita la forza che serve ad un senex
e che in ogni caso la temperanza praticata in età giovanile favorisce il
mantenimento del vigore nella tarda età: quanto alle malattie, egli
aggiunge, si può essere afflitti anche da giovani. Anche in questa parte

107
agli exempla romani………….. si alternano esempi greci………….La ratio
che Catone invita a seguire è quella, di ascendenza stoica, della
adesione ai ritmi della natura……….. Per questo egli, seguendo in ciò un
precetto pitagorico, si esercita in continui esercizi di memoria, pratica
che, insieme all’intera sua attività intellettuale lo mantiene giovane nella
mente……………………………………………………………………………………………………………
3. La terza accusa alla vecchiaia è di privare le persone dei piaceri. Questa
sezione di apre con un lungo discorso del pitagorico Archita di Taranto
sulla ricerca dei piaceri, identificata come minaccia per la virtù dei
cittadini e per lo stato stesso……………. L’attacco agli Epicurei si fa più
esplicito quando viene denunciata la stoltezza di tali filosofi, che avevano
incentrato l’etica sul piacere. La figura stessa di Epicuro è rievocata
attraverso una catena di ricordi, che partono da Catone stesso e
istituiscono un collegamento continuativo con il piano temporale in cui si
svolge il dialogo…………………………………….. Poi, riagganciando il discorso sul
piacere a quello sull’età senile, quasi a giustificare la ragione
dell’excursus anti epicureo, Catone aggiunge che l’età senile è da
esaltare per il fatto che non ha nessun grande rimpianto per i
piaceri…..In questa sezione sono introdotte molte figure paradigmatiche
come Livio Andronico, Nevio e Plauto, che in tarda età non si erano
dedicati ai piaceri ma alla cultura………………………………………….Vi è poi un
lungo elogio dell’agricoltura e di coloro che vi si dedicano, dove vengono
citati l’Economico di Senofonte e il De Agri cultura dello stesso
Catone……….Nei paragrafi finali della sezione Catone esalta l’autoritas
e l’honor degli anziani saggi, per poi riflettere sui due vizi, l’asprezza e
l’avidità, spesso associati all’età senile, riproponendo ancora una volta la
necessità della moderazione………………………………………………………………………..
4. La quarta accusa alla vecchiaia è di essere prossima alla morte. Catone
argomenta che la morte incombe in qualsiasi età e può anche essere
prematura e soprattutto la morte è evento naturale in vecchiaia, per cui
è da accettarsi proprio perché secondo natura…………...Catone, in
sintonia con la definizione della vita come preparazione alla morte, aveva
esposto una considerazione filosofica più profonda. Egli, infatti, dice che
bisogna imparare presto a non temere la morte in quanto dopo di essa o
non c’è nulla, oppure c’è una vita beata ed eterna…………………………..Nella
parte finale del discorso Catone disquisisce sull’immortalità dell’anima,
con relative dimostrazioni……………………...In particolare, la concezione
dell’anima razionale, imprigionata nel corpo, risale all’idea pitagorica-
platonica del corpo, prigione dell’anima, che liberatasi, tende a ritornare
in cielo……………………………..Catone, quindi, parlando in prima persona
nella parte finale del discorso afferma che gli uomini illustri continuano a
vivere, anche se morti………………………………………………………………………………….

D – LA CONCLUSIONE

108
Alla fine del dialogo Catone augura ai suoi interlocutori di poter raggiungere
l’età senile, che per lui, che già in essa vive, non né triste né molesta. E’
particolarmente significativo che ad estremo suggello dell’opera:
● Da un lato siano richiamati i temi filosofici cari a Cicerone, l’istanza
stoica della sequela della natura e il dubbio accademico sulla verità
● Dall’altro vi sia un cenno polemico anti epicureo
………………………………………………………………………………………………………………………………..

6. SOMMARIO
INTRODUZIONE (1-3)
1. Cicerone dedica all’amico Attico l’opera sull’età senile.
2. Le riflessioni contenute nel libro renderanno l’età senile più lieve ad
entrambi.
3. Sarà Catone il Censore per la sua autorevolezza a tenere il discorso; suoi
interlocutori saranno Scipione e Lelio
PRIMA PARTE DEL DISCORSO DI CATONE: LA
FELICITA’ NON DIPENDE DALL’ETA’ MA DALLA
SAPIENZA E DAI COSTUMI (4-14)
4. Scipione e Lelio ammirano la serenità con cui Catone vive l’età senile. Per
Catone la serenità non dipende da fatti esterni, ma dalla sapienza.
5. Vera sapienza è avere per guida la natura, la quale prevede anche una
maturità e un termine per tutto.
6. Lelio invita Catone a spiegare come lui personalmente riesca a vivere
questo.
7. Per Catone vivere bene l’età senile dipende prima di tutto dai buoni
costumi, soprattutto dal senso della misura e dell’affabilità.
8. Vivere serenamente l’età senile non dipende dalla condizione sociale o dai
beni che si posseggono. Esempio di Temistocle e dell’uomo di Serifo.
9. Dipende invece dalla conoscenza e dall’esercizio delle virtù, che, coltivate in
ogni età, producono mirabili frutti.
10. Esempio di Quinto Fabio Massimo: una gravità condita con affabilità
11. Meriti militari e civili di Fabio Massimo anche in età senile.
12. Ammirazione per come Fabio Massimo abbia sopportato la morte
prematura del figlio. Elogio del suo governo, della casa e della sua cultura.
13. Anche negli studi, lontano da impegni militari e politici, si può vivere un’età
senile fruttuosa e felice. Esempi di Platone, Isocrate, Gorgia.
14. Esempio di Ennio.

109
SECONDA PARTE DEL DISCORSO DI CATONE:
CONFUTAZIONE DI QUATTRO CRITICHE CHE SI
MUOVONO ALL’ETA’ SENILE (15-84)

A – L’ETA’ SENILE IMPEDISCE LE ATTIVITA’ (15-26)

15. L’età senile impedisce soltanto le attività più proprie dell’età giovanile, non
di sostenere e difendere lo stato.
16. Esempio di Appio Claudio Cieco che in età senile difese con la parola lo
Stato contro Pirro che che voleva un trattato di pace con Roma.
17. L’anziano è come il timoniere della nave: non svolge le mansioni dei più
giovani marinai, ma ha il compito più importante.
18. Esempio della propria condotta: Catone non partecipa più alle campagne
militari, ma da consigli su quelle da fare.
19 . Elogio di Scipione Africano, del suo valore militare, ma anche della sua
saggezza in età senile: da età senile è stato dato il nome al senato.
20. Anche per gli Spartani e per molti altri popoli il consiglio supremo dello
stato è fatto di anziani. I giovani sono meno prudenti, spesso temerari.
21. Importante è tenere in esercizio la memoria perché non si affievolisca.
Esempio di Temistocle. Ognuno ricorda bene ciò che gli sta a cuore.
22. Importante è anche continuare a coltivare interessi e attività. Esempio di
Sofocle che a novanta anni scrive ancora tragedie.
23. Esempi di poeti e filosofi greci che continuarono a coltivare i loro studi
anche in età senile.
24. Anche gli agricoltori continuano a seguire i lavori dei campi pur in età
senile. Lo fanno non solo per sé, ma anche per i posteri.
25. Si teme che in età senile si possano vedere fatti spiacevoli e si teme
soprattutto di essere di fastidio agli altri.
26. Ma si è, anzi, graditi se si è affidabili e capaci di educare i giovani alla
virtù. Anche in età senile si può continuare a imparare come Catone ha fatto
con le lettere greche

B – L’ETA’ SENILE INDEBOLISCE IL CORPO (27-38)

27. Ogni età ha la forza fisica che le serve: gli anziani non devono desiderare
la forza dei giovani. Esempio negativo di Milone di Crotone.
28. Di necessità viene ridimensionata in età senile anche la capacità oratoria;
ma è bello anche un parlare quieto e disteso, ricco di insegnamenti per i
giovani.
29. E’ bello per gli anziani vedersi circondati di giovani desiderosi di
apprendere. Se da giovani si è stati virtuosi, si conservano ancora forze in età
senile.
30. Esempi di vigore in età senile: Ciro il Vecchio, Cecilio Metello

110
31. Per Omero la saggezza dell’anziano Nestore vale di più della forza fisica
del giovane Aiace.
32. Catone si ripropone come esempio; da giovane ha servito lo Stato nella
milizia, in età senile lo serve con la parola e col consiglio.
33. Nessuno e in nessuna età della vita deve essere scontento del vigore fisico
che la natura ad ogni età assegna. Alla forza fisica di un Milone, va preferita la
forza d’ingegno di un Pitagora.
34. Esempio del vigore fisico e mentale di Massimissa, frutto del continuo
esercizio e della temperanza. All’età senile, comunque, non si richiedono
mansioni che necessitano di una grande forza fisica.
35. La più grave debolezza di alcuni è dovuta ad una salute cagionevole che
può affliggere anche in età giovanile. Esempio di Scipione Emiliano.
Importanza della cura della salute.
36. Bisogna mantenersi in esercizio fisico che mentale. Se i vecchi
rimbambiscono è per pigrizia e per inerzia.
37. Esempio di vigore e di piena attività di Appio Claudio Cieco anche in età
senile.
38. L’anziano deve conservare qualcosa dell’alacrità giovanile. Catone
ripropone l’esempio del proprio impegno intellettuale, politico e civile in età
ormai assai avanzata.
C – L’ETA’ SENILE PRIVA DI PIACERI (39-66 a)

39. Stare lontano dai piaceri è un vantaggio per l’età senile e non un danno.
Discorso di Archita di Taranto sui pericoli che vengono dalla ricerca dei
piaceri.
40. (Continua il discorso di Archita). Dalla ricerca dei piaceri hanno origine i
mali dello Stato e le azioni immorali.
41. ( Continua e si conclude il discorso di Archita ). Dove regna il piacere non
ci può essere la temperanza né la virtù.
42. Bisogna essere grati all’età senile perché ci libera dal bisogno sfrenato di
piaceri che rende ottusa la mente. Esempio negativo di Lucio Flaminino, che
Catone espulse dal senato per immoralità.
43. Stoltezza di quei filosofi greci che propongono il piacere come punto di
riferimento per ogni azione.
44. Lode dell’età senile perché sta lontana da piaceri quali banchetti e bevute.
Non va escluso il godimento di un piacere moderato. Esempio di Gaio Duilio.
45. Catone ripropone ancora il proprio esempio: il piacere del banchetto, più
che nel mangiare e nel bere, consiste nel diletto di stare insieme agli amici.
46. Massima gioia del convito è quella della conversazione, del ritrovarsi
sobrio, ordinato, piacevole, con coetanei e con giovani.
47. Gli anziani non sono tormentati dalla mancanza di piaceri. Esempio di
Sofocle.
48. L’età senile non è, pertanto, del tutto priva di piaceri: ne è solo più
distaccata che l’età giovanile.

111
49. Liberi dalle passioni, si ha più possibilità di dedicarsi agli studi. Esempio di
Gaio Galo appassionato di astronomia.
50. Esempi di grandi intellettuali (Nevio, Plauto, Livio Andronico, Publio
Licinio Crasso, Publio Scipione, Marco Cetego), i quali non hanno mai
dismesso i loro interessi culturali, assolutamente non paragonabili ai piaceri
futili o immorali.
51. Lode dei piaceri di cui godono gli agricoltori nel lavorare la terra e nel
contemplarne la forza e la vitalità meravigliosa.
52. Ancora contemplazione delle meraviglie dell’agricoltura e delle varie specie
di piante, soprattutto della vite.
53. Ancora sulla bellezza della vite.
54. Perfino la concimazione, che può sembrare un’operazione disprezzabile,
procura diletto per la sua utilità. Ancora lode della bellezza della campagna.
55. Uomini illustri del passato, grandi condottieri, senatori, non trovarono
affatto disdicevole il lavoro dei campi, a cui attendevano personalmente.
Esempio di Manio Curio.
56. Esempio di Cincinnato. Ancora lode della vita di campagna che non fa
mancare nulla di quanto serve alla vita e al culto degli dei.
57. Lode della bellezza e dell’utilità di prati, piante, vigne, uliveti. Niente di
meglio per l’età senile che godere dei piaceri della vita di campagna.
58. Chi gode di questi beni non ha rimpianti per attività fisiche e passatempi
più propri dell’età giovanile.
59. Dialogo tra Ciro il Giovane e Lisandro riportato da Senofonte:
Lisandro loda Ciro che ha personalmente progettato e curato un mirabile
giardino.
60. Occuparsi di agricoltura è possibile a tutti in età senile. Esempio di Valerio
Corvino e lode della sua autorevolezza in età senile.
61. L’autorevolezza in età senile vale più di tutti i piaceri dell’età giovanile.
Esempi di illustri uomini romani.
62. All’autorevolezza non si perviene automaticamente con l’età. Ma
praticando con costanza fin da giovani la virtù.
63. Vari segni di riconoscimento dell’autorevolezza degli anziani. Diverso
comportamento, a riguardo, di Ateniesi e Spartani.
64. Anche la prassi istituzionale a Roma riconosce l’autorevolezza dell’età
senile con diritti di precedenza nel voto. Nessun piacere si può paragonare a
riconoscimenti di questo genere.
65. La scorbuticità di molti anziani non è un fatto di età, ma di carattere.
Esempio dei due fratelli dell’Adelphoe di Terenzio.
66 a. Condanna dell’avidità in età senile.

D –L’ETA’ SENILE E’ POCO LONTANA DALLA MORTE (66b-84)

66b. Bisogna imparare per tempo a non temere la morte se dopo di essa non
c’è nulla, non ci sono motivi di ansia: se apre alla vita eterna e beata, va
addirittura desiderata..

112
67. La morte incombe in qualsiasi età; anzi i giovani vi sono più esposti e
pochi arrivano all’età senile.
68. E’ comprensibile che il giovane speri di vivere a lungo, ma chi ha raggiunto
l’età senile ha già vissuto a lungo ed è stolto che voglia vivere ancora più a
lungo.
69. E poi, per quanto lunga possa essere una vita ha pur sempre un termine.
Continua a vivere solo quanto si è fatto con virtù e giustizia. Ognuno deve
essere contento del tempo che gli è dato di vivere.
70. Anche in una vita breve si può vivere intensamente. Se si arriva all’età
senile non ci si deve rattristare perché la giovinezza è passata.
71. In età senile si è contenti se si può dire di aver vissuto bene. Morire è un
fatto naturale in età senile: non è un essere strappato con violenza dalla vita,
ma uno spegnersi dolcemente e un giungere in porto.
72. L’età senile vissuta bene rende anche più forti e coraggiosi, perché non si
teme la morte.
73. Si vive finché il dio vuole che stiamo al posto che ci è stato assegnato. Non
si deve piangere una morte a cui segue l’immortalità.
74. Bisogna imparare fin da giovani a non temere la morte, meditando su
quello che realmente è.
75. Esempi di persone che non hanno avuto timore della morte: uomini illustri
(Lucio Bruto, i due Deci, Attilio Regolo, i due Scipioni, Lucio Paolo,
Marco Marcello), ma anche anonimi legionari, giovani spesso incolti e della
campagna.
76. Ogni età soddisfa le proprie inclinazioni; soddisfatte quelle dell’età senile,
ci si deve ormai sentire maturi per la morte.
77. Personalmente Catone è convinto che i morti continuino a vivere: l’animo,
di origine divina, libero dalla prigione del corpo, tende tornare al cielo.
78. Testimonianza di Pitagora e di Socrate sull’origine divina dell’animo.
Prove filosofiche dell’immortalità dell’animo.
79. Discorso di Ciro il Vecchio ai figli, tratto da Senofonte: l’animo esiste
anche quando non si vede nel corpo o quando non lo si vede più.
80. (Continua il discorso di Ciro). L’animo a maggior ragione vive e raggiunge
la piena sapienza, quando è finalmente liberato dal corpo, che è mortale e
privo di ogni sapienza.
81. (Ciro continua e conclude il discorso). Nel sonno, così simile alla morte,
l’animo si rivela divino prevedendo spesso il futuro. Ciro invita i figli a
venerarlo dopo la morte come un dio.
82. Anche Catone è convinto che persone illustri come il padre e gli avi di
Scipione, altri, continuino a vivere. Lui stesso ha affrontato tante fatiche in
vista di una gloria immortale.
83. La morte è l’inizio di una vita migliore. Desiderio di Catone di incontrare le
persone illustri che ha conosciuto, ma anche chi non ha conosciuto di persona.
84. La vita è un luogo di passaggio, non una dimora stabile. Felice il giorno,
lasciate le fatiche della terra, egli potrà raggiungere gli spiriti beati e tra questi
prima di tutto il figlio morto prematuramente.

113
CONCLUSIONE (85)
85. Catone conclude che, in base alle ragioni esposte, l’età senile è per lui
lieve e lieta. Augura a Scipione e a Lelio di poterla raggiungere e provare la
verità di quanto egli ha loro detto.

LELIO
L’AMICIZIA
(LAELIUS DE AMICITIA)
1 – LA COMPOSIZIONE DEL DIALOGO
Il dialogo Laelius De Amicitia fu pubblicato da Cicerone verso la fine
dell’anno 44 a.C. dopo il Cato Maior De Senectute …………………………………………
Questo dialogo rappresenta il coronamento di una serie di riflessioni
sull’amicizia che Cicerone andava svolgendo da quaranta anni e che aveva
inserito in molti scritti, a partire:
● dal De Inventione
● dalle lettere
● dalle orazioni
● dalle opere politiche e filosofiche
L’attenzione specifica per il tema, unita all’esplicito invito di Attico, indussero
Cicerone a scrivere il dialogo, in cui assieme ad elementi filosofici greci ci sono
quelli derivati dalla personale esperienza di amicizia di Cicerone con lo stresso
Attico ……………………………………………………………………………………………………………………
Si può, infatti ritenere che l’amicizia tra Lelio e Scipione, fulcro del dialogo,
sia in realtà l’amicizia che Cicerone ebbe per Tito Pomponio Attico, a cui è
dedicato il dialogo De Amicitia …………………………………………………………………………..

2 – L’AMBIENTAZIONE E I PERSONAGGI

114
Il dialogo si immagina svolto nel 129 a.C. all’indomani della morte improvvisa
di Scipione Africano Minore, detto anche Emiliano, che non fu solo il
distruttore di Cartagine nel 146 a.C. alla fine della terza guerra punica, ma
anche uomo colto es ellenizzato……………………………………………………………………………
I personaggi principali del De Amicitia sono:
1. Gaio Lelio, amico di Scipione Emiliano, nacque il 187 a.C., dopo gli
studi filosofici intraprese il Cursus honorum divenendo:
- legato di Scipione Emiliano durante la seconda guerra punica
- nel 145-144 a.C. partecipò alla guerra di Spagna contro Viriato
- nel 140 a.C. fu console
- nel 133 e nel 131 fu luogotenente di Scipione Emiliano a Numanzia
- partecipò alla lotta contro in partigiani di Tiberio Gracco
- fu fautore delle cultura greca ed ascoltò i filosofi greci Carneade,
Diogene e Critolao quando arrivarono a Roma nel 155 a.C.
2. Quinto Muzio Scevola, genero di Lelio, celebre giurista, console nel
117 a.C. e morto nell’anno 88 a.C.
3. Caio Fannio Strabone, partecipò nella terza guerra punica e in altre
campagne in Grecia e in Spagna
3. LE FONTI FILOSOFICHE
Le fonti filosofiche greche a cui si ispirò Cicerone nel De Amicitia furono:
● Il Liside, L’Apologia, Il Fedone o Il Fedro, dialoghi platonici
● L’Etica Nicomachea di Aristotele
● Il trattato Sull’Amicizia di Tefrasto
Vi sono poi influssi delle dottrine stoiche, desunte da Zenone o da compendi
vari di etica……………………………………………………………………………………………………………..
Quanto alla concezione epicurea dell’amicizia, valutata negativamente da
Cicerone, perché ritenuta volta alla ricerca della pura utilità, non è desunta da
un’unica fonte, ma deriva dalle conoscenze generiche che aveva della dottrina
epicurea………………………………………………………………………………………………………………….
Accanto alle fonti filosofiche vanno ricordate anche quelle storiche e letterarie a
cui Cicerone si rifà per i numerosi exempla ……………………………………………………..

4. IL CONTENUTO

A – IL PROEMIO

Il proemio contiene la dedica all’amico Attico, dove è evidente il parallelo tra il


De Amicitia e il De Senectute, anch’esso dedicato ad Attico ………………………..
Cicerone ricorda che Scevola L’Augure gli aveva letto quando era ancora un
giovinetto il sermo sull’amicizia tenuto da Lelio ai generi, Scevola stesso e
Gaio, in occasione della morte dell’Emiliano ……………………………………………………..

115
Il motivo consolatorio si allarga poi ad una visione alta del mondo ultraterreno.
Attraverso la riproposizione di concetti già espressi nei precedenti dialoghi,
quali il De Senectute e nel De re publica ………………………………………………………..
Anche la polemica successiva con gli Epicurei che negavano l’immortalità
dell’anima riconduce all’analoga critica ai seguaci di Epicuro con cui si era
concluso il De Senectute …………………………………………………………………………………….

B –LA PRIMA E LA SECONDA PARTE DEL DISCORSO DI LELIO

La prima parte del discorso di Lelio riguarda la definizione dell’amicizia,


possibile soltanto fra “buoni”, perché solo questi sono sapienti………………………….
Cicerone, pur rifacendosi a principi stoici, vuole tuttavia mantenere la
trattazione a un livello accessibile ai suoi concittadini e perciò non abbraccia
fino in fondo la tesi di una sapientia irraggiungibile e irrealizzabile…………………
Più avanti, invece, in polemica con la concezione epicurea dell’amicizia,
secondo cui essa nasce dal bisogno di aiuto vicendevole, Cicerone ribadisce,
attraverso le parole di Lelio, l’elogio dell’amicizia disinteressata. La
predisposizione all’amicizia, che è insita per natura negli uomini migliori, si
concretizza nella costituzione dell’amicizia stessa soprattutto grazie
all’ammirazione delle virtù e non per i vantaggi che potrebbero eventualmente
derivarne………………………………………………………………………………………………………………..
Alla fine di questa seconda parte del discorso di Lelio si colloca un nuovo
sprezzante attacco agli Epicurei e alla centralità del piacere nella loro dottrina.

C – LA TERZA PARTE: CASISTICA

………………………………………………………………………………………………………………………………..
In questa terza parte Lelio per prima cosa espone i pericoli che minacciano
l’amicizia, tra cui le divergenze politiche, le rivalità di vario tipo e soprattutto le
richieste di favori disonesti, che ne mettono in discussione il fondamento
stesso, cioè la virtù su cui si fonda l’amicizia……………………………………………………….
Lelio poi spiega cosa invece gli amici debbano fare e in primo luogo debbono
richiedere e offrire servizi onesti…………………………………………………………………………..
Il discorso di Lelio prosegue con alcuni consigli su come scegliere gli amici in
base alle loro virtù e su come coltivare le amicizie, mantenendole sempre su
un pieano di parità perché possano durare nel tempo…………………………………………
Con insistenza poi e con esempi tratti dal modo animale viene ribadita l’idea
che l’amicizia deriva da una inclinazione naturale e non si fonda sull’utilità,
bensì sulla virtù ed ancora una volta ciò è detto in opposizione ad Epicuro ……
Un ulteriore punto riguarda un tema di particolare rilevanza, cioè si devono
evitare l’adulazione e la falsità, nocive all’amicizia, che invece deve fondarsi
sulla verità………………………………………………………………………………………………………………

D – CONCLUSIONE

116
La conclusione esposta da Lelio non fa che ribadire il concetto che costituisce il
fulcro dell’intero dialogo, che l’amicizia si fonda sulla virtù………………………………….
Sull’immortalità ottenuta da Scipione, come ricompensa per la sua virtù, il
dialogo si chiude, richiamando simbolicamente attraverso l’amicizia tra Lelio e
Scipione, quella tra il destinatario del De Amicitia e Cicerone stesso.

5. SOMMARIO
INTRODUZIONE (1-5)
1. Cicerone ricorda gli anni in cui, dopo aver indossato la toga virile, è stato
presso Quinto Muzio Scevola; questi spesso parlava con venerazione del
suocero Gaio Lelio
2. Una improvvisa inimicizia sorta tra Sulpicio Rufo e Quinto Pompeo, in
precedenza grandi amici, aveva fatto scalpore, anche in casa di Scevola.
3. Scevola aveva colto l’occasione per parlare dell’amicizia e aveva riferito una
conversazione avuta da lui e Fannio con Lelio, proprio sull’amicizia, subito
dopo la morte di Scipione L’Africano che di Lelio era stato grande amico.
4. Cicerone ha voluto dedicare ad Attico questa opera e ne ha fatto
protagonista appunto, Lelio per la sua esemplare amicizia con L’Africano.
5. Sarà, dunque, Lelio a parlare dell’amicizia; Attico vi potrà vedere la sua
amicizia con Cicerone

LA MORTE DI SCIPIONE EMILIANO, OCCASIONE DEL


DIALOGO (6-15)
6. Fannio dice che Lelio è considerato da tutti un sapiente, titolo che per
diverse ragioni hanno avuto anche altri uomini illustri romani, soprattutto
Catone.
7. La sapienza di Lelio è soprattutto filosofico-culturale; Fannio vuole sapere
come Lelio ha sopportato la perdita dell’amico Scipione e se è per questo
motivo che è mancato all’ultima seduta del collegio degli auguri.
8. Secondo Scevola, Lelio sopporta con moderazione il dolore ed è mancato
alla seduta degli auguri solo per motivi di salute. Lelio gli dà ragione.
9. Lelio loda la saggezza di Catone, la sua moderazione alla morte del figlio.
10. Lelio ha provato, certo, dolore per la morte dell’amico Scipione, ma ha
trovato consolazione in se stesso.
11. Secondo Lelio, a Scipione è toccata una splendida sorte: ha avuto una
vita felice e gloriosa; è morto prima di conoscere la vecchiaia.
12. Ha avuto una morte rapida e dolce; è sicuramente salito al cielo tra gli dei.
13. L’anima è immortale; Lelio critica gli Epicurei, secondo i quali l’anima
muore col corpo.
14. Scipione, pochi giorni prima di morire, aveva sostenuto la tesi
dell’immortalità dell’anima e del premio dei giusti dopo la morte.

117
15. Lelio, pur dispiaciuto per la scomparsa di Scipione, vivrà nella gioia per il
ricordo della sua grande amicizia

PRIMA PARTE DEL DISCORSO DI LELIO:


DEFINIZIONE DELL’AMICIZIA (16-25)
16. Fannio e Scevola sollecitano Lelio a trattare più ampiamente
dell’amicizia.
17. Lelio non ha l’abilità dei professionisti della disputa filosofica, ma pensa di
poter dare ugualmente degli insegnamenti.
18. L’amicizia è possibile solo tra “buoni”. Critica del perfezionismo astratto dei
Greci.
19. “Buoni” sono quanti hanno come guida della loro vita la natura, nella
quale, appunto, sono insiti il desiderio di socialità e l’amicizia.
20. Definizioni delle caratteristiche dell’amicizia: comune sentire, benevolenza,
affetto; l’amicizia è preferibile a tutti i beni e si fonda sulla virtù.
21. La virtù è da intendere non in maniera teorica, ma secondo lo spirito
pratico e la vita ordinaria.
22. Vantaggi dell’amicizia: scambio di affetto, condivisione di gioie e di dolori.
23. Soprattutto, l’amicizia permette di guardare con speranza il futuro, alle
difficoltà, alla morte.
24. Dell’amicizia Empedocle ha fatto la forza che tiene insieme l’universo.
Grande entusiasmo a teatro per l’amicizia tra Oreste e Pilade in una tragedia
di Pacuvio. Lelio interrompe la sua esposizione.
25. Fannio e Scevola lo invitano a continuare.

SECONDA PARTE DEL DISCORSO DI LELIO: VERA


ORIGINE DELL’AMICIZIA (26-32)
26. L’amicizia nasce dal bisogno di aiuto reciproco o dall’amore insito nella
natura stessa dell’uomo?
27. Che nasca dalla natura lo si può vedere anche in quegli animali che
dimostrano un certo affetto per i loro nati; a maggior ragione questo vale per
l’uomo.
28. E la presenza della virtù, soprattutto, a favorire il nascere di una amicizia,
mentre la disonesta suscita avversione.
29. La vera amicizia si ha quando all’ammirazione per la virtù si aggiungono
benevolenza e affetto.
30. E’ dall’ammirazione della virtù, dunque, che nasce l’amicizia e non dalla
ricerca di vantaggi, che pure nell’amicizia non mancano.
31. Ma il vero guadagno dell’amicizia è prima di tutto nell’amore stesso.
32. Critica degli Epicurei che tutto, invece, subordinano al piacere. Non è l’utile
che fa nascere le amicizie. L’amicizia nasce da virtù e amore, ha origine dalla
natura stessa dell’uomo.

118
TERZA PARTE DEL DISCORSO DI LELIO: NORME
PRATICHE SULL’AMICIZIA (33-100)

A – PREMESSA: PERICOLI CHE, SECONDO SCIPIONE


MINACCIANO L’AMICIZIA (33-35)

33. Divergenze d’interessi, diversità di opinioni politiche


34. Cambiamenti di carattere, rivalità per matrimoni o per cariche pubbliche.
35. Il pericolo più grave: la richiesta di favori disonesti

B – COSA NON BISOGNA FARE (36-43)

36. Non seguire l’amico quando viene meno ai suoi doveri verso la patria o le
si mette contro.
37. L’esempio negativo di Tiberio Gracco e del suo amico e consigliere
Blossio di Cuma.
38. Si potrebbe contentare l’amico in tutto, se avessimo tutti la perfetta
sapienza; ma bisogna tener conto delle persone concrete.
39. Non tutti sono perfetti: c’è chi chiede all’amico servizi disonesti contro lo
stato.
40. La situazione sociale civile si va degradando e ci sono segnali inquietanti.
41. Dopo quello di Tiberio, il tribunato di Gaio Gracco e altre decisioni
politiche minacciano lo Stato.
42. Persone simili non vanno aiutate dagli amici, vanno isolate, come avvenne
per Temistocle e Coriolano.
43. Vanno bandite le amicizie disoneste, per il bene non solo presente, ma
futuro dello stato.

C – COSA BISOGNA FARE (44-61)

44. Agli amici vanno chiesti e prestati solo servizi onesti.


45. Bisogna farsi carico anche delle preoccupazioni e inquietudini che questo
può procurarci. Critica di quei filosofi greci che vorrebbero evitare ogni tipo di
preoccupazioni.
46. Critica anche di chi chiede all’amicizia solo un utile.
47. Chi non vuole le preoccupazioni che l’amicizia comporta deve allora
mettere da parte anche la virtù, fonte essa pure di preoccupazioni.
48. Ma l’uomo sarebbe allora, un essere insensibile e privo d’anima.
49. L’amicizia è nella natura dell’uomo, non nasce dall’utile.
50. E’ l’affinità nella virtù a suscitare l’amore, che poi si allarga a tutti gli
uomini.
51. Gli amici migliori sono quelli più disinteressati; ciò non toglie che l’amicizia
abbia anche i suoi utili vantaggi.

119
52. Chi tutto subordina al piacere, non ha amici, come avviene ai tiranni.
53. Esempio negativo di Tarquinio il Superbo.
54. Cattivi esempi di ricchi e potenti, che non hanno tempo né interesse per
l’amicizia.
55. L’amicizia è un bene durevole, che va anteposto ai beni fugaci della
fortuna.
56. Diverse errate opinioni su quanto si deve amare l’amico:
1- quanto noi stessi
2 – quanto ci ama l’amico
3 – quanto l’amico stima se stesso
57. Contro la prima opinione: per gli amici si deve fare anche più di quanto
facciamo per noi stessi.
58. Contro la seconda opinione: l’amicizia non è un gretto dare e avere, e non
va razionata col misurino.
59. Contro la terza opinione: se un amico ha perso la stima per se stesso,
bisogna ridargli coraggio. E’ sbagliato, infine, affermare che bisogna amare
come se un giorno si dovesse odiare.
60. Contro questa idea, bisogna imparare a scegliere bene gli amici, e usare
pazienza.
61. In conclusione, l’amicizia si fonda sull’amore, un amore che ha come limiti
il buon nome e il bene comune, che non vanno mai traditi

D – COME SCEGLIERE LE AMICIZIE PERCHE’ DURINO (62-68)

62. Scegliere con cura, seguendo i criteri della costanza, della fedeltà,
dell’amabilità, di doti che si conoscono, però, meglio con l’esperienza stessa
dell’amicizia.
63. Bisogna essere prudenti e graduali. La costanza si può provare nell’uso del
denaro e nella contesa per le cariche pubbliche.
64. La costanza si prova anche nei successi e nelle calamità di entrambi.
65. La fedeltà è sincerità, comunicazione, concordia, rifiuto di sospetti e accuse
infondate.
66. L’affabilità è come il condimento dell’amicizia.
67. I vecchi amici non vanno necessariamente sostituiti con dei nuovi.
68. Ci possono essere nuove amicizie; ma una lunga consuetudine rende
sempre più cari i vecchi amici.

E – COME COLTIVARE LE AMICIZIE (69-76)

69. Nell’amicizia, chi è superiore per doti o virtù o altro deve considerarsi
uguale all’amico che gli è inferiore. Esempio di Scipione.
70. Bisogna anzi cercare di elevare la condizione di chi sta più inbasso, specie
se di origine modesta.

120
71. La cosa vale non solo per i parenti, ma anche per gli amici. Per altro verso,
chi è inferiore deve cercare di salire di livello e non stare solo a lamentarsi e a
rinfacciare i favori resi.
72. Chi è inferiore deve avere fiducia e stima di sé e chi è superiore deve
aiutarlo in questo.
73. Chi è superiore non è tenuto, peraltro, a far salire di grado tutti i suoi.
74. A ben coltivare l’amicizia può servire il farsi gli amici nell’età giusta;
amicizie nate troppo presto spesso entrano in crisi con gli anni e col
mutamento dei caratteri.
75. Bisogna anche evitare un affetto eccessivo che finisca con l’ingabbiare
l’amico.
76. Caso per caso bisogna valutare cosa sia giusto chiedere o concedere
all’amico.

F – COME EVITARE DI ROMPERE LE AMICIZIE (76-100)


F1– SCEGLIENDO BENE GLI AMICI E AVENDONE CURA (76-88 a)

76. Premessa: quanto sta per dire riguarda piuttosto le amicizie ordinarie, che
quelle tra “perfetti”. In ogni caso vanno evitate rotture brusche, che possano
procurare disonore agli amici.
77. In caso di divergenze di costumi o di dissenso politico il distacco sia
graduale e, soprattutto, non si trasformi in inimicizia. Buon esempio di
Scipione.
78. Consigli per evitare la rottura delle amicizie e su come comportarsi nel
caso si sciolgano.
79. La cosa più importante è scegliere gli amici per se stessi, perché amabili.
80. In genere si cerca, invece, l’amico per l’utile che se ne può ricavare.
81. Anche negli animali l’affetto per i propri simili è un fatto di natura e non di
utile.
82. Molti pretendono dagli amici quanto essi mai farebbero. L’amicizia è stabile
solo fra buoni.
83. L’amicizia non è un’associazione a delinquere, ma comune riserva della
virtù.
84. Nell’amicizia va, dunque, soprattutto ricercata e praticata la virtù.
85. Con questo criterio vanno giudicate le persone, prima che nascano le
amicizie.
86. Bisogna giudicare e scegliere con cura gli amici, perché, a differenza di
altri beni, che possono esserci o non esserci, l’amicizia è da tutti ritenuta un
bene indispensabile.
87. Persino chi detesta il consorzio umano ha bisogno di qualcuno con cui
sfogarsi. Anche grandi ricchezze non servono a nulla se non abbiamo amici con
cui goderne.
88. a Persino se ci fosse stato dato di poter contemplare dall’alto le bellezze
dell’universo, non ne avremmo gioia senza qualcuno con cui comunicare. La
natura non ama la solitudine.

121
F2–RIFUGGENDO DALLA SIMULAZIONE E DALL’ADULAZIONE(88b-100)

88b. Nell’amicizia bisogna essere disposti ad accettare le correzioni dell’amico.


89. La correzione viene fatta per amore della verità e va fatta con dolcezza. Va
evitata del tutto l’adulazione, che va bene solo per i tiranni.
90. La correzione è al servizio della verità; bisogna dolersi non della
correzione, ma della colpa per cui si è ripresi.
91. Il più grande amico dell’amicizia è la franchezza, il più grande nemico è
l’adulazione, che non corregge mai, lusinga sempre.
92. Senza la verità non c’è nemmeno l’amicizia, perché si finge sempre, non si
è mai se stessi.
93. Esempio di adulazione dall’Eunuco di Terenzio.
94. L’adulazione è tanto più grave quanto più autorevoli sono gli amici.
95. Anche la gente comune sa distinguere tra il demagogo che la lusinga e il
buon politico che le dice la verità per il suo bene.
96. Cattivo esempio nelle assemblee popolari di Publio Carbone e Lucio
Crasso; opposizione fatta da Lelio.
97. Il discernimento che si è in grado di fare nelle assemblee politiche, si deve
poter fare anche nelle amicizie. L’adulazione, comunque, nuoce solo a chi
l’accetta e se ne compiace.
98. Non ci può essere amicizia se non si vuole ascoltare la verità e se si è
sempre pronti a fingere e mentire.
99. Bisogna guardarsi soprattutto dalle adulazioni più raffinate e subdole.
100. Lelio ricorda, infine, che tutti questi ultimi consigli riguardano soprattutto
le amicizie ordinarie. Vuole ora tornare alle amicizie tra sapienti.

CONCLUSIONE (100-104)
100. La virtù è la base dell’amicizia e fa nascere l’amore
101. Questa amicizia fondata sulla virtù ha guidato Lelio nella scelta degli
amici in passato e nel presente: i giovani hanno preso il posto di vecchi amici,
alcuni dei quali ormai scomparsi.
102. Elogio dello scomparso Scipione: la sua virtù continua a vivere nella
memoria di tutti.
103. Elogio dell’amicizia con Scipione: con lui tutto era in comune.
104. La memoria di Scipione continua a illuminare la vita di Lelio. A parte la
virtù, non c’è nulla di più grande dell’amicizia.

122
LE

123
LETTERE

EPISTOLE AD ATTICO
(EPISTOLARUM AD ATTICUM)
INTRODUZIONE

1 – VALORE UMANO E SIGNIFICATO STORICO DELLE


EPISTOLE AD ATTICO

…………………………………………………………………………………………………………………………………
Per favorire una valutazione equilibrata di Cicerone è indispensabile mettere
in luce l’uomo Cicerone, che nel tono dimesso della prosa quotidiana delle
lettere si misura a tu per tu con i protagonisti maggiori e minori della
trasformazione dello stile di vita della società
romana………………………………………………………………….
Nell’epistolario ciceroniano viene messa in luce la vita vissuta nel suo tessuto
insostituibile di:
● disinteressata devozione e di malsana avidità
● spirito di indipendenza e di volgare servilismo
● alto sentire e di profonda miseria spirituale
…………………………………………………………………………………………………………………………………

124
Cicerone, nell’epistolario, afferma che chiunque subordina la dignitas
all’ambizione smodata e vuole perseguire scopi politici che sono l’esatta
negazione di quei principi cade in colpa in maniera esecranda……………………………
Le Epistole ad Attico rendono evidente il grave disagio spirituale di
Cicerone, che, quando si avventura sul terreno della prassi, troppo spesso
presenta incertezze perniciose e cede a ripensamenti paurosi……………………………
L’entusiasmo per la scelta dell’umbratile vita degli studi era sincero, ma non
durevole, perché Cicerone veniva ripreso dalla passione incontrollata per la
convulsa attività politica. In Cicerone era preponderante l’egocentrismo, che si
manifestava nell’impulso a far parlare di sé, a segnalarsi in modo spiccato sugli
altri, a rimanere il più a lungo possibile sulla cresta dell’onda.
Però va aggiunto che nell’esercizio delle cariche pubbliche egli metteva tutto il
suo zelo e si comportava correttamente, rivelando un alto senso di
responsibilità…………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone, quando tenta di assurgere al superiore concetto di humanitas,
ritiene indispensabile fare le debite prove prendendo sempre le mosse dal
rispetto dell’umana solidarietà ed insistendo sulla consapevolezza della nobiltà
spirituale di tutti gli uomini che formano l’auspicata comunità ideale………………..
L’epistolario ad Attico documenta lo svilirsi agli occhi di Cicerone del modello
di condotta politica fornita da Pompeo ………………………………………………………………
Cicerone confessò più volte all’amico Attico di essere rimasto profondamente
deluso dal comportamento ambiguo di Pompeo. Questi era ben lontano da
quell’alto livello di magnanimità che Cicerone con scarsa preveggenza gli
aveva attribuito, ma vanitoso com’era era stato dominato unicamente dalla
propria ambizione come Cesare e Crasso …………………………………………………………
Cicerone, nello scambio epistolare con Attico, deplorò l’inerzia e la carenza di
iniziative di Pompeo, che avrebbe dovuto sbarrare il passo a Cesare …………….
Ad ogni modo l’epistolario rivela che Cicerone non seppe né volle rendersi
conto del fatto che il recupero della stabilità del governo di Roma doveva
passare inevitabilmente attraverso profondi mutamenti di struttura………………….
Cicerone mirava alla formazione in Roma di una classe dirigente ricca di
cultura, confortata dal sostegno dei valori etico-politici e orientata verso un
equilibrio di vita e di pensiero, cioè la concordia ordinum ………………………………
Tuttavia il suo progetto crollo a causa del primo triumvirato, che sovvertì le
strutture dello Stato romano………………………………………………………………………………….
A partire dall’anno 56 a.C. Cicerone tracciò un nuovo indirizzo sistematico di
governo della cosa pubblica, dove in primo piano si trovavano gli omnes boni,
che dovevano far rispettare la legalità repubblicana contro i pronunciamenti
minacciosi dei comandanti di eserciti……………………………………………………………………
Questi viri boni si identificavano con i moderati, emergenti dal seno della
borghesia equestre………………………………………………………………………………………………..
Cicerone invocò, quindi, con eccessivo entusiasmo il consensus omnium
bonorum, coltivando l’illusione che i rappresentanti della classi medie si
sarebbero inseriti nella dinamica della vita sociale, facendo blocco contro ogni
forma di violenza estremistica……………………………………………………………………………….

125
Ma Cesare aveva buon gioco su Cicerone, perché esaltava il valore dei propri
legionari, considerandolo meritevole di lode presso il senato. Infatti questa
dedizione totale dei legionari al loro capo era il punto di forza di Cesare nel
conflitto politico………………………………………………………………………………………………………
Quindi Cicerone confidandosi con l’amico Attico, non poteva fare altro che
riscontrare la vastità del fallimento della propria ideologia e nel considerarsi
sfortunato……………………………………………………………………………………………………………….
L’assassinio di Cesare fornì a Cicerone il destro per coltivare la facile illusione
che il populus Romanus avesse dato prova di un’intesa raggiunta e di un
perfetto senso di solidarietà contro il dittatore…………………………………………………….
Cicerone, orientato a celebrare con alte lodi il gesto del cesaricida Bruto, non
voleva ammettere che in quell’uccisione temeraria ci fosse il calcolo di pochi
individui…………………………………………………………………………………………………………………..
Comunque Cicerone nell’intento di denigrare Cesare non peccò solamente di
ingratitudine verso chi gli aveva pure usato indulgenza in momenti di estrema
tensione, ma commise anche un imperdonabile errore politico quando valutò
con eccessivo ottimismo il significato della congiura dei cesaricidi, i cui sviluppi,
al contrario, si rivelarono del tutto deludenti………………………………………………………..
Nella corrispondenza epistolare di Cicerone con Attico, dall’aprile al novembre
dell’anno 44 a.C., si scopre un vuoto significativo, riguardante i mesi
immediatamente precedenti e la ventina di giorni susseguenti alle Idi di
marzo……………………………………………………………………………………………………………………..
I cesaricidi non erano andati oltre l’assassinio di Cesare e Cicerone stesso fu
costretto a riconoscerlo quando denunziò l’assoluta mancanza di risorse
finanziarie e di truppe idonee a produrre il successo sperato dai promotori della
congiura. Quindi Cicerone proseguì la propria dolorosa disamina, mettendo a
parte Attico della propria amarezza e deplorando tutto quello che purtroppo
cadeva sotto gli occhi dell’amico…………………………………………………………………………..
Ciò che angustiava Cicerone era il fatto che gli uomini dabbene, i boni, i
moderati della borghesia equestre restavano inattivi…………………………………………..
Sotto le apparenze della disinvoltura ostentata da Cicerone intento alla ricerca
di uno spazio politico conveniente, si nascondeva, invece e pesava parecchio
sulla stesura delle epistole dell’anno 44 a.C., il disorientamento totale, prodotto
dal senso di solitudine e di vuoto, da cui Cicerone finì per essere logorato………
Egli cadde vittima del proprio conservatorismo idealizzante che da sempre lo
aveva indotto a riportare indietro lo sguardo verso i successi clamorosi e le non
meno importanti conquiste morali delle generazioni passate, piuttosto che
volgerlo verso i problemi della sua epoca, segnata dal travaglio operoso della
costruzione del nuovo stato…………………………………………………………………………………..
Spesso Cicerone dovette far forza a se stesso per non chiudere
sdegnosamente la porta in faccia ad Ottaviano, che per lettera lo invitava
sulla scena politica e lo esortava a salvare per la seconda volta la repubblica
romana……………………………………………………………………………………………………………………
Quando Ottaviano cominciò a scoprire le sue carte Cicerone fu costretto ad
ammettere che, se il potere di Ottaviano si accresceva, le misure di governo
prese dal dittatore ucciso, avrebbero ricevuto ulteriore e valida conferma. Se

126
invece Ottaviano fosse stato sconfitto, si sarebbe scatenata tutta la potenza di
Antonio ………………………………………………………………………………………………………………..
Cicerone confidò ad Attico di non sapere quale dei due protagonisti preferire,
perché si sentiva aggredito da due parti e non esisteva una terza via che
potesse offrirgli scampo. In questa confessione sincera, nei termini di una
calda amicizia con Attico, Cicerone racchiude il significato della propria
sconfitta sul terreno della politica.

2 – LA PERSONALITA’ DI ATTICO

………………………………………………………………………………………………………………………………..
Tito Pomponio Attico era più anziano di Cicerone di tre anni e le loro
famiglie erano entrambe di ceto equestre…………………………………………………………….
Il vincolo di amicizia che legava entrambi si rinsaldò quando entrambi si
ritrovarono ad Atene. …………………………………………………………………………………………..
Nell’anno 86 a.C. Tito Pomponio diede concreta attuazione a quel suo
orientamento che già aveva dimostrato all’epoca dei primi moti sediziosi
scoppiati a Roma per le leggi sulpiciane e trasferì definitivamente se stesso ed
una parte notevole dei propri interessi finanziari ad Atene, che prese ad amare
come sua patria ideale e da cui fu ricambiato con attestazioni di stima e
manifestazioni di devozione…………………………………………………………………………………..
Attico, scegliendo di risiedere ad Atene, mostrò fin da allora la tendenza, che
sarebbe divenuta una costante nel corso della sua vita, a defilarsi nei momenti
cruciali delle contese politiche, per non correre inutilmente i rischi derivanti
dall’immischiarsi nelle lotte di parte……………………………………………………………………..
Nell’anno 79 a.C. Cicerone incontrò il suo amico Tito Pomponio ad Atene,
dove entrambi ripresero gli studi di filosofia, già iniziati a Roma ……………………..
Tito Pomponio Attico, infatti, prima di lasciare Roma, aveva già ascoltato le
lezioni dell’epicureo Fedro. In questo modo si era avviata una lenta
maturazione umana che risultava tanto più sicura in quanto c’erano nel
temperamento di Attico alcune predisposizioni naturali che lo rendevano
piuttosto idoneo a recepire quegli insegnamenti………………………………………………….
Dunque un complesso di presupposti filosofici determinanti ed il puro amore
per gli studi stavano alla base del rapporto di amicizia, che si instaurò fra
Attico che si sentiva appagato dalla sua condizione di privato e Cicerone che
era impegnato in politica……………………………………………………………………………………….
Si può affermare che la sua adesione alla dottrina epicurea apriva preziosi
varchi ad altre problematiche e stemperava la rigidezza del sistema con
discrete aperture ed esigenze etiche di ordine diverso………………………………………..
Mentre Cicerone iniziava il cursus honorum, Attico, dal canto suo, aveva di
tanto in tanto interrotto il suo soggiorno ad Atene per qualche visita a Roma
di breve durata………………………………………………………………………………………………………
Fondamentalmente Attico aveva fatto la scelta di tenersi a debita distanza
dalle aspre lotte di parte, ma non per questo si adattava a sentirsi tagliato
fuori dal vivo della realtà politica. Infatti era lui che, facendo appello alla

127
propria individualità, conduceva il gioco, non erano gli eventi a trascinarlo
confusamente nella massa degli sconsiderati……………………………………………………….
La corrispondenza epistolare fra Cicerone e Tito Pomponio iniziò nell’anno
68 a.C., tuttavia, a seguito degli oscuri adattamenti e rimaneggiamenti
intervenuti nella fase redazionale di questo epistolario, solo undici lettere
coprono il periodo che va dall’anno 68 all’anno 65 a.C………………………………………..
Nell’anno 65 a.C. Attico rientrò definitivamente a Roma e nessuna epistola ci
è pervenuta per gli anni dal 64 al 62 a.C., mentre la corrispondenza si infittisce
a partire dall’anno 61 a.C………………………………………………………………………………………
Tito Pomponio nel 68 a.C. aveva acquistato una vasta tenuta in Epiro, che
aveva amministrato con oculatezza incrementando il suo patrimonio fino a
raggiungere una posizione economica più che solida…………………………………………..
Attico, non avendo ambizione di fare carriera politica, a Roma era obbligato a
destreggiarsi fra molti intrighi e doveva usare tutta la sua abilità per
conservare la propria indipendenza di giudizio senza urtare la suscettibilità di
nessuno di quelli che contavano……………………………………………………………………………
Egli intendeva perseguire l’amicizia in sé e per sé, senza secondi fini,
ritenendola il bene supremo della vita, da qui nasceva la sua disponibilità verso
chiunque meritasse la sua fiducia e il primo fra tutti fu Cicerone …………………….
Nell’epistolario ciceroniano si deve tener conto di un aspetto fondamentale di
Attico, cioè il fatto che lui non si era mai impegnato a collaborare con
Cicerone e con Bruto per la difesa ad oltranza dello stato repubblicano. Al
contrario Attico considerava fine primario della sua vita il tenersi fuori dalla
mischia, operando, tuttavia, con destrezza per non schiacciare i diritti dei
concittadini, per cui egli, calandosi nel vivo dei rapporti di solidarietà
intercorrenti tra gli uomini, salvava le amicizie personali a dispetto di ogni
astratta preclusione ideologica………………………………………………………………………………
Con la sua attività imprenditoriale Tito Pomponio si assunse l’onere e l’onore
di un vero e proprio organizzatore di cultura, svolgendo ricerche sulla
cronologia romana ed interessandosi particolarmente di genealogie………………….
Il bibliofilo Attico concedeva agli amici il libero accesso alla sua biblioteca ben
fornita di libri,che metteva generosamente a loro
disposizione……………………………
Le attività commerciali e la cura degli affari economici assicuravano una
soddisfacente posizione sociale, giacché il ritiro tranquillo e onorato nella vita
privata non escludeva la possibilità di un inserimento nella dinamica della vita
sociale mediante un’adesione, finemente calcolata agli ideali del ceto senatorio.
Uno di questi casi fu quello del personaggio emblematico di Attico, che aveva
le carte in regola per ben riuscire nella sua azione personale, perché si sentiva
fuori di ogni mischia..................................……..……....….…...….….…....………..….
Il banchiere Tito Pomponio, dotato di limpido ingegno, si teneva lontano dai
gruppi politici e con le sue maniere accomodanti sapeva rendersi accetto in
uguale misura agli esponenti di opposte fazioni…………………………………………………..
I negotia condotti da Tito Pomponio scavalcavano le tradizionali categorie
sociologiche, perché facevano pendere la bilancia del successo dalla parte del
rispetto dei valori della classe dirigente………………………………………………………………..

128
Il clima politico era dei più arroventati e Attico aveva l’opportunità di
sperimentarne l’intensità ora maggiore, ora minore, grazie agli alti e bassi
della corrispondenza con Cicerone, rivelatori di timide speranze e di ansie
mortificanti. Quindi Tito Pomponio, dotato dell’imperturbabilità necessaria per
prendere le distanze da questi contrasti di opposti sentimenti, volle seguire
costantemente la lina maestra di rivolgere critiche e dispensare consigli
all’amico Cicerone, per non privarlo dei caldi contatti umani. Facendo leva
sulla buona fede di Cicerone, lo salvò dal cupo sconforto e rese se stesso
disponibile a comprendere il travagli interiore dell’altro………………………………………
La tensione spirituale di Cicerone toccò il culmine nella composizione del De
Officiis, dove l’esaltazione della virtù civica emergeva sovrana in un panorama
politico dominato dall’odio di parte, mentre diventava urgente la soluzione dei
problemi, che erano il preludio di una nuova guerra civile, da cui Cicerone uscì
sconfitto e pagò con la vita i suoi errori………………………………………………………………..
Invece Attico si era munito da tempo immemorabile del viatico della dottrina
Epicurea per affrontare le fasi agitate della crisi della res publica romana………
Attico, che aveva assegnato all’amicizia con Cicerone la posizione di primato
che le competeva, tuttavia si rifiutò di abdicare ai principi di cautela e di
rigoroso distacco dalle contese politiche, che aveva messo a base della propria
esistenza. Infatti nell’integrale rispetto di essi risiedeva per la possibilità di
vivere e di operare fruttuosamente nella Roma del tempo…………………………………

3 – STORIA DELLA RACCOLTA DELLE EPISTOLE AD ATTICO

…………………………………………………………………………………………………………………………………
Dall’anno 68 all’anno 44 a.C. si snoda la parte precipua della vicenda di
quell’amicizia tra i due uomini, documentata ampiamente dallo scambio
epistolare, che si rivela prezioso perché immerso negli avvenimenti che
segnarono per Roma la crisi irreversibile e la dissoluzione dello stato
repubblicano…………………………………………………………………………………………………………..
Gli epistolari ciceroniani furono pubblicati postumi da Attico e Tirone ……………
Mentre nella maggior parte delle orazioni ciceroniane, dove spesso riesce
difficile liberare il vero dal falso tra l’esuberanza delle argomentazioni, delle
amplificazioni, delle valutazioni e delle contro valutazioni, che si susseguono a
ritmo incalzante, Cicerone ha la tendenza a nascondere le linee interpretative
che circoscrivono qualche fatto spiacevole. Al contrario non si apprezzerà mai
abbastanza la sincerità spassionata delle pagine dell’epistolario in cui Cicerone
non vuole impressionare dall’alto del suo eloquio brillante il gruppo degli
ascoltatori, ma vuole far partecipe l’amico Attico del proprio stato
d’animo………………..…………………………………………………………………………………………………
Gli undici volumi di lettere ciceroniane, ricordati da Cornelio Nepote,
potrebbero essere stati raccolti e ordinati da Attico nell’anno 34 a.C. e lasciati

129
da lui alla sua morte, avvenuta nell’anno 32 a.C., in eredità alla sua unica figlia
Attica, che sposò Marco Vipsanio Agrippa. Nulla vieta di credere che quel
ricco corpus di epistole sia stato tramandato da Attica alla figlia Vipsania
Agrippina, che sposò in prime nozze il futuro imperatore Tiberio e
successivamente Gaio Asinio Gallo. Per cui si potrebbe supporre che
l’epistolario sia finito negli archivi imperiali o sia stato conservato dai
discendenti di Asinio Gallo ………………………………………………………………………………….
Purtroppo le fasi successive di questo sviluppo di cose restano oscure, per cui è
impossibile capire perché gli undici volumi di lettere ciceroniane siano divenuti
sedici nei manoscritti che ci sono pervenuti. Inoltre, nel complesso dei sedici
libri, si avvertono infrazioni all’ordine cronologico, incongruenze e
rimaneggiamenti di vario genere…………………………………………………………………………
Quando ci si pone la domanda: perché proprio nel novembre dell’anno 68 a.C.
ebbe inizio la corrispondenza epistolare tra Cicerone ed Attico, la risposta che
si può dare è che ciò è un fatto puramente casuale, che va accettato come
tale………………………………………………………………………………………………………………………….
Nell’anno 57 o nell’anno 63/64 d.C. potrebbe collocarsi l’edizione
dell’epistolario ad Attico, come documento trai più autentici per la conoscenza
dell’uomo Cicerone ………………………………………………………………………………………………
Purtroppo il buio completo regna sul nome del redattore dei sedici libri
dell’epistolario ad Attico, perché non sussiste nessun indizio per capire ad
opera di chi quell’edizione vice la luce. Invece si può affermare che la finalità
dell’impresa editoriale fu motivata dal recupero di una pagina memorabile della
spiritualità romana e dello stile di vita del primo secolo a.C. con le sue luci e le
sue ombre………………………………………………………………………………………………………………
4 – LINGUA E STILE DELLE EPISTOLE AD ATTICO

…………………………………………………………………………………………………………………………………
Nel comunicare per iscritto con Attico, Cicerone adottò una maniera specifica
di esprimersi, che sul piano lessicale offriva non soltanto un’eccezionale dovizia
di sostantivi, ma anche la presenza significativa di superlativi, come pure il
ritorno periodico di diminutivi………………………………………………………………………………..
Particolare importanza assunse la disseminazione nel corpo delle epistole di
singoli termini e, qualche volta, di intere frasi e brani discretamente lunghi, in
lingua greca…………………………………………………………………………………………………………….
Pe r quanto concerne la sintassi, è facile rilevare che il periodo non è costruito
con la sapiente architettura che caratterizza tante altre opere di Cicerone
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Dunque Cicerone nella stesura delle Epistulae ad Atticum e delle Epistulae
ad familiares optò per il sermo cotidianus, ma non scivolò mai nella
volgarità………………………………………………………………………………………………………………….
In questo rapporto colloquiale la schiettezza era la nota dominante, sia pure
nel gioco di battute rapide e di accenni fugaci. I motti di spirito, scherzosi o
ironici e gli altri strumenti espressivi intonati a spigliata allegoria si
intrecciavano senza asperità, con le note cupe dell’amarezza e del dolore.

130
Perciò la trama narrativa, varia e molteplice, in quanto sostanziata di vita
vissuta, rispecchiava la finezza del gusto di Cicerone che, in tono discorsivo,
non appesantito dalla ricerca ansiosa del purismo letterario, coglieva sottili
sfumature dagli stati d’animo più contrastanti……………………………………………………..
Nelle lettere ad Attico Cicerone utilizzò un tipo particolare di linguaggio che
predisponeva alla confidenza e dava largo spazio alla manifestazione degli
affetti e questo fu detto il sermo cotidianus, nel cui ambito Cicerone creò
una specie di comune linguaggio della conversazione…………………………………………
Da questo linguaggio fu bandita ogni spiacevole affettazione come pure
qualsiasi negligenza e ne risultò un’opera, che senza essere vistosa e
appariscente, costituì una preziosa novità nello sviluppo della letteratura
latina……………………………………………………………………………………………………………………….
Di fatto lo stile delle lettere ad Attico rifletteva la posizione spirituale di
Cicerone, la sua sensibilità e il suo gusto raffinato, insomma la sua precisa
individualità, ma convalidava anche e soprattutto la tenace attività formativa
del lessico e delle strutture sintattiche, svolta proficuamente da Cicerone nel
quadro della valorizzazione del sermo cotidianus.

EPISTOLE AL FRATELLO QUINTO


(EPISTOLARUM AD QUINTUM FRATREM)

EPISTOLE DI MARCO TULLIO CICERONE


A MARCO BRUTO E DI MARCO BRUTO
A MARCO TULLIO CICERONE
(M. TULLI CICERONIS AD M. BRUTUM ET
M. BRUTI AD M. TULLIUM CICERONEN)

MANUALETTO DI PROPAGANDA ELETTORALE


(COMMENTARIOLUM PETITIONIS)
INTRODUZIONE

1 – I PRODROMI DELLA CRISI

131
………………………………………………………………………………………………………………………………
Le iniziative politiche e sociali dei fratelli Gracchi, terminate nel sangue,
misero a nudo l’egoismo di classe del ceto senatorio che puntellava per il
momento il regime oligarchico che vacillava. Per i problemi non potevano
essere risolti con un atto di forza e le riforme di struttura della res publica
divenivano sempre più urgenti………………………………………………………………………………
Inoltre suscitava gravi motivi di perplessità l’organizzazione militare e a tale
proposito poteva dare risultati concreti una riforma dell’esercito che si avviasse
ad essere volontario……………………………………………………………………………………………….
I nobili continuavano a nutrire odio tra di loro per interessi personali, perdendo
di vista i problemi fondamentali della vita pubblica, uno dei quali era la
concessione della cittadinanza romana agli italici………………………………………………..
Dall’anno 91 all’anno 89 a.C. scoppiò il bellum sociale, che nel primo anno
mise in difficoltà l’esercito romano………………………………………………………………………..
Nell’anno 90 a.C. il senato con la Lex Iulia de civitate concedeva la
cittadinanza romana ai Latini e ai socii che erano rimasti fedeli o che si erano
già arresi ai Romani. Poi nell’anno 89 a.C. il senato approvò la Lex Plautia
Papiria, che estendeva la cittadinanza romana alle civitas …………………………….
Nell’anno 88 a.C. la marcia di Lucio Cornelio Silla su Roma, con le legioni
della Campania, porto in primo piano l’influsso determinante degli eserciti
sulle decisioni politiche…………………………………………………………………………………………..
Nell’anno 78 a.C. Lucio Cornelio Silla morì e con le sue riforme aveva
rinvigorito l’oligarchia senatoria, ma non era riuscito ad eliminare le tensioni
sociali scaturite dai problemi che il dominio mondiale poneva, nel quadro
specifico dei rapporti del potere centrale con le province, né a migliorare le
condizioni economiche difficili in cui versava l’Italia ………………………………………….
Nell’anno 70 a.C. furono eletti per la prima volta consoli:
1. Gneo Pompeo
2. Marco Licinio Crasso
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Nel decennio, che va dall’anno 79 all’anno 69 a.C. dopo la morte di Lucio
Cornelio Silla ci furono significativi sviluppi nella revisione dell’ordinamento
amministrativo di origine senatoria………………………………………………………………………
A Roma si erano prodotte scissioni nelle file dell’oligarchia dominante e il
radicalizzarsi dei contrasti tra optimates e populares causava la crisi delle
istituzioni………………………………………………………………………………………………………………..
Nella fedeltà completa alla concezione della vita associata maturò la vocazione
politica di Gaio Giulio Cesare …………………………………………………………………………….
Cesare, favorito da un intelletto lucido coltivò proficuamente gli studi letterari,
rivelando una personalità originale. Però egli utilizzò tale ricchezza spirituale
per raggiungere il successo nelle imprese militati e nell’attività politica…………….
Cesare e Crasso affilavano le armi e si tenevano pronti per intervenire al
momento giusto, che si presentò con la congiura di Catilina nell’anno 63 a.C.
Sempre in quell’anno ci fu la proposta di legge agraria, ostile a Pompeo,
presentata dal tribuno della plebe Publio Servilio Rullo e verso la fine
dell’anno le pesanti accuse formulate da Cicerone contro Catilina ………………….

132
La congiura fallì, ma, passato il pericolo, la nobiltà senatoria non risolse i gravi
problemi, come il pauperismo e la sperequazione economica, che affliggevano
lo stato romano………………………………………………………………………………………………………
Chi si avvantaggiò dalla crisi dell’anno 63 a.C. fu Gaio Giulio Cesare, perché
seppe destreggiarsi in modo da non rimanere invischiato nella congiura e
appunto in quell’anno fu eletto pontefice massimo……………………………………………..
Invece Pompeo , sbarcato a Brindisi nell’anno 61 a.C. commise l’errore di
smobilitare il proprio esercito e per tutta risposta gli ottimati ritardarono la
ratifica della concessione del suo trionfo e dell’assegnazione delle terre ai suoi
veterani. Il risultato di questa miopia politica della nobiltà senatoria favorì
l’avvicinamento si Pompeo a Cesare e a Crasso ……………………………………………..
Nell’anno 60 a.C. ci fu una intesa tra i tre, chiamata triumvirato, cioè un
accordo di vertice per spartirsi il potere. A proposito, Cicerone, che era stato
invitato ad aderire al gruppo egemone, oppose un rifiuto…………………………………..
Egli, da acuto osservatore qual’era, della realtà politica che andava
deteriorandosi, non si lasciava abbagliare dalle apparenze, ma intravedeva che
la crisi dello stato aveva fatto passi decisivi ed era giunta ad un punto cruciale:
la guerra civile.

2 – RAPPORTI INTERPERSONALI E QUADRO POLITICO

La prima lettera pervenutaci della raccolta delle Epistole al fratello Quinto può
essere datata verso l’anno 60 a. C. Questi era nato nell’anno 102 a.C. e
nell’anno 91 a. C. aveva seguito Marco a Roma per gli studi. Nell’anno 79 a.C.
si era trovato ad Atene con il fratello…………………………………………………………………..
Quinto iniziò il cursus honorum rivestendo:
● la questura nell’anno 68 a.C.
● l’edilità plebea nell’anno 65 a.C.
● la pretura nell’anno 62 a.C.
● la pro pretura in Asia nell’anno 61 a.C.
Sul piano dei rapporti personali un affiatamento maggiore tra i due fratelli si
delineò quando Quinto sposò Pomponia, sorella di Tito Pomponio Attico,
amico intimo di Marco ………………………………………………………………………………………….
La prima epistola a Quinto affronta il tema del funzionamento della pubblica
amministrazione, su cui non impera la cieca sorte, ma la virtus di chi governa
con moderazione. La capacità decisionale e l’integrità morale debbono offrire al
governatore la possibilità di farsi garante per tutti i funzionari……………………………
Da questa lettera scaturisce la conseguenza che Quinto dovrà tenere un
contegno irreprensibile nell’amministrare la sua provincia, se vorrà essere
sostenuto dai boni, cioè dai moderati emergenti dal seno della borghesia
equestre………………………………………………………………………………………………………………….
Cesare nel 59 a.C., anno del suo primo consolato, svolse un’intensa attività
legislativa ed entrò aspramente in conflitto con il Senato……………………………………

133
Ogni deliberazione di Cesare nell’anno del suo primo consolato rientrava nel
piano di fiaccare sistematicamente il potere del Senato, logorandone l’unità e il
prestigio………………………………………………………………………………………………………………….
I provvedimenti liberticidi di Cesare mettevano in difficoltà ogni avversario e
Cicerone si illudeva quando dichiarava che sarebbe stato difeso dall’intera
Italia, levatasi unanime in suo soccorso……………………………………………………………..
Cicerone mostrava tutta la propria imprevidenza quando invitava suo fratello
Quinto a lasciarsi andare ad una rosea speranza………………………………………………..
In conseguenza della Lex Clodia de exsilio Ciceronis Cicerone fu esiliato e
tutte le sue previsioni ottimistiche si rivelarono errate, perché nessuno dei
personaggi autorevoli si mosse per salvarlo. La corrispondenza epistolare, per
quanto concerne Cicerone, si riduce a due sole lettere da Tessalonica ………….
Le prove dolorose del momento fecero toccare un punto molto alto ai rapporti
affettivi fra Marco e Quinto. Però altre difficoltà sorsero nel complesso gioco
politico e Marco, dopo il suo rientro a Roma dall’esilio, dovette rendersene
conto……………………………………………………………………………………………………………………….
Cicerone, dall’anno 57 all’anno 56 a.C., inviò al fratello Quinto, che in
quell’arco di tempo era legato di Pompeo, sette lettere in cui lo informava
delle battaglie politiche, che avvenivano a Roma. Queste lettere rivelano
l’incapacità di Cicerone di integrarsi nel nuovo contesto sociale e politico………..
Le notazioni rapide sugli affari di famiglia e sui problemi spiccioli della vita
quotidiana tradiscono il disagio che Cicerone provava per la condizione
precaria dello stato repubblicano…………………………………………………………………………..
Nell’anno 56 a.C. Cesare organizzò il convegno di Lucca, con cui venne
dissipato ogni malumore tra i tre triumviri e fu rinsaldato il vincolo che li univa
dall’anno 60 a.C……………………………………………………………………………………………………..
Per converso Cicerone, constatando che il quadro politico era di complessivo
deterioramento, scelse di distaccarsi dalla politica per immergersi negli
studi………………………………………………………………………………………………………………………..
La corrispondenza epistolare dei due fratelli ebbe una svolta nell’anno 54 a.C.,
perché Marco, conciliatosi per opportunismo con i triumviri, e scrivendo a
Quinto , che era divenuto legato di Cesare, si profondeva in lodi sperticate
all’indirizzo di quest’ultimo per l’amicizia che gli dimostrava……………………………….
Marco raffigurava a tinte fosche la pubblica amministrazione, ma inseriva nelle
lettere al fratello riferimenti alla vita privata e forniva valutazioni alla
consistenza patrimoniale……………………………………………………………………………………….
Cicerone teneva a sottolineare, nelle lettere al fratello Quinto, che le cose di
casa andavano bene………………………………………………………………………………………………
Così insisteva nel ripetere che si sentiva rallegrato dagli studi letterari e
dall’aver tempo libero per soggiornare nelle sue ville………………………………………….
Invece la vita politica non gli dava nessun motivo di piacere, perché veniva
preso dall’angoscia per:
● lo stato repubblicano morente
● i tribunali che non funzionavano più
● la costrizione a cercare rifugio negli studi

134
Quest’ultima sofferta constatazione mette a fuoco il problema centrale della
vita di Cicerone, che come dichiarava che il rifugio negli studi risultava la
scelta ottimale, così era altrettanto pronto a smentire tale asserzione quando
la passione per l’attività politica lo
riafferrava………………………………………………………….
Per lui impegno e disimpegno divennero in ugual misura motivi di tormentosi
incentrarono in una mente di altissimo livello intellettuale e in un animo dotato
di vivo senso di responsabilità……………………………………………………………………………….

3 – L’IDEOLOGO MARCO GIUNIO BRUTO

………………………………………………………………………………………………………………………………
Il cesaricida Marco Giunio Bruto nacque nell’anno 85 a.C. e avendo perso
prematuramente il padre fu adottato dallo zio materno Quinto Servilio
Cepione ………………………………………………………………………………………………………………..
Negli anni antecedenti al 48 a.C. ebbe l’occasione di accompagnare a Cipro il
fratellastro di sua madre Marco Porcio Catone L’Uticense ……………………………
Nell’anno 53 a.C. Bruto fu questore di Appio Claudio Pulcro, che governava
la provincia di Cilicia e successivamente, negli anni 51-50 a.C., toccò a
Cicerone, subentrato ad Appio Claudio Pulcro, il compito di venire a capo di
una faccenda di usura in cui era implicato Bruto ……………………………………………….
Bruto durante la guerra civile si schierò dalla parte di Pompeo, che fu
responsabile dell’uccisione di Marco Giunio Bruto, suo padre………………………….
Bruto identificò con la causa repubblicana l’ideologia delle libertà a cui lo
predisponevano la consuetudine degli studi e la vocazione filosofica…………………
La sua adesione al verbo dell’Antica Academia, ma con apertura tolleranti
verso lo Stoicismo, lo avvicinava sensibilmente alle posizioni di Catone, suo
zio materno, che era il teorico dell’etica stoica e del costituzionalismo politico
tradizionale. Una tale convergenza culturale che aveva il suo punto di forza
nell’esigenza inderogabile di godere dei diritti civili senza costrizioni, subì un
fiero colpo con la sconfitta di Farsalo del l’anno 48 a.C., che segnò la fine di
Pompeo ………………………………………………………………………………………………………………..
A causa della sconfitta Bruto vide sfumare la collaborazione con Catone e
ridursi drasticamente le possibilità di intervento negli affari pubblici, ma
Cesare lo perdonò e nell’anno 46 a.C. gli assegnò il governo della Gallia
Cisalpina …………………………………………………………………………..…………………………………
Bruto, riparando agli errori del passato, ritrovava, in sintonia con Catone, una
coerenza fruttuosa e faceva vivere nella sfera del pensiero le motivazioni ideali
della libertà, fondandosi sulla scelta irrevocabile della rettitudine. Quindi il suo
era l’atteggiamento dello studioso serio, schivo di lodi, che aveva un modo di
fare distaccato………………………………………………………………………………………………………..
La vittoria cesariana di Tapso dell’anno 46 a.c. e il conseguente suicidio di
Catone fecero pubblicare a Bruto uno scritto laudativo su Catone ………………..
Per quel che attiene alla vita privata di Bruto, fece scalpore la sua decisione di
divorziare dalla moglie Claudia per sposare Porcia, la figlia di Catone …………..

135
L’anno 44 a.C. si aprì con un crescendo di attribuzioni onorifiche riservate a
Cesare, come il titolo di imperator e il consolato senza interruzioni, fino al
conferimento della dittatura a vita………………………………………………………………………..
Bruto, che in quell’anno era praetor urbanus, si sciolse dal suo abituale
riserbo ed entrato in contatto con gruppi politici che si rifiutavano di
appoggiare quella che era una vera e propria svolta monarchica di Cesare,
operò un radicale cambiamento di fronte. Troncò gli indugi quando ravvisò
elementi per la propria ideologia della libertà in tutti gli abusi di potere
perpetrati da Cesare, non ultimo la potestà censoria per un triennio………………..
Passò dunque all’azione e assieme a Gaio Cassio Longino fu l’anima della
congiura, che assassinò Cesare alle idi di marzo dell’anno 44 a.C…………………….

4 – IL CROLLO DEL SISTEMA

………………………………………………………………………………………………………………………………..
Quando la speranza di conservare l’apparato del potere senatoriale si infranse
per l’inerzia di quanti si proponevano di restaurare la Res Publica, Cicerone
denunciò con amarezza che, a dispetto della gloria di cui erano insigniti i
cesaricidi, le leve del potere erano toccate a Lepido e ad Antonio ………………….
Cicerone non riesce convincente quando dopo essersi proposto come l’unico
combattente per la repubblica, aggiunge che la presenza del giovane
Ottaviano sulla scena politica era scaturita dalla sue decisioni risolutive. In
realtà Cicerone si illudeva di manovrare a suo piacimento Ottaviano, che per
il momento lo assecondava nella guerra contro Antonio. Ma Ottaviano,pur
molto giovane, possedeva:
● tatticismo
● fiuto politico
● cinismo
Con tali doti aveva saputo inserirsi abilmente in quella specie di corsa al
potere, senza perdere mai di vista il fine della sua azione, che per lui, figlio
adottivo di Cesare, equivaleva a rivendicare la sua eredità politica…………………..
Nell’anno 43 a.C. Ottaviano, voltando le spalle al Senato e a Cicerone, si
alleò con Antonio e Lepido, fondando il secondo triumvirato……………………………
In tal modo veniva dato il colpo di grazia al sistema di governo senatorio e
veniva imposta, con la forza delle armi, una struttura organizzativa autoritaria,
che apriva la strada ad un regime monarchico……………………………………………………
Il sette dicembre dell’anno 43 a.C. Cicerone, che si era battuto per la difesa
della repubblica, veniva assassinato dai sicari di Antonio e circa un anno dopo
nel 42 a.C. sul campo di battaglia di Filippi trovarono la morte Bruto e
Cassio.

5 – VALUTAZIONE RETROSPETTIVA DI UN’ELEZIONE CONSOLARE

………………………………………………………………………..……………………………………………………..

136
Il ventennio che copre gli anni dal 63 al 43 a.C. segnò la vita e l’opera di
Cicerone, riservandogli, dopo l’ebbrezza del successo ottenuto con la
repressione della congiura di Catilina, la serie di cocenti delusioni e di parziali
riprese…………………………………………………………………………………………………………………….
Nella formazione del primo triumvirato Cicerone scorse gli effetti della
disgregazione dello stato, che trovò espressione:
● nei provvedimenti liberticidi presi da Cesare nell’anno 59 a.C., anno del
suo consolato
● nella sua condanna all’esilio nell’anno 58 a.c.
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Se la politica militante riservava a Cicerone amare sorprese, egli allora si
riprometteva di smorzare l’intensità di questi momenti negativi, cimentandosi
nella teoresi della politica in assoluto e delineando, con lodevole precisione, le
strutture di nuove aggregazioni sociali che consentissero di superare la crisi
delle istituzioni………………………………………………………………………………………………………..
Dopo i tumulti e le agitazioni che fecero corona all’uccisione di Clodio, si aprì
nell’anno 51 a.C. per Cicerone, un nuovo capitolo con il proconsolato di Cilicia
………………..……………………………………………………………………………………………………………..
Nelle fasi convulse della guerra civile Cicerone pagò il prezzo della propria
indecisione, dei rinvii più o meno forzati e dei ripensamenti angosciosi, che lo
tennero in ansia per lungo tempo. Alla fine sperimentò il perdono di Cesare e
si rassegnò a vivere una vita ritirata, confortata dagli
studi………………………………..
Le idi di marzo del 43 a.C. diedero a Cicerone una posizione di primo piano,
per cui, peccando di ingratitudine, inveì molto duramente contro il dittatore
assassinato, lodando fuori misura gli assassini Bruto e Cassio ………………………..
Le speranze di Cicerone, però, non furono suffragate dai fatti e nell’anno 43
egli ingaggio con Antonio la lotta che lo avrebbe condotto alla morte………………
Si chiuse così per Cicerone il ventennio, denso di eventi, che inizio con la sua
ascesa al consolato……………………………………………………………………………………………….

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