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VITA

Nacque nel 106 ad Arpino da unagiata famiglia equestre. Gi nell81 debutta come avvocato con la prima
orazione Pro Quintio e nell80 difende la causa di Sesto Roscio Amerino. Fra il 79 e il 77 compie un viaggio
in Grecia e in Asia per studiare filosofia e retorica sotto la guida di Apollonio di Milone.
Al ritorno sposa Terenzia, dalla quale ha due figli Tullia e Marco.
Nel 75 questore in Sicilia e nel 70 sostiene trionfalmente laccusa contro Verre. Nel 69 edile e nel 66
pretore; nel 63 viene eletto console e durante la carica sopprime la congiura di Catilina.
Nel 58 si dovette recare in esilio, con laccusa di avere condannato a morte i catilinari senza prima
processarli. Ritorna a Roma nel 57. Nel 49 aderisce alla campagna di Pompeo, ma dopo la sconfitta di
Farsalo del 48, si schiera dalla parte di Cesare e ottiene il suo perdono. Nel 46 divorzia con Terenzia e nel 45
muore la figlia Tullia. Da qui Cicerone inizia una lunga serie di opere filosofiche. Nel 44 dopo la morte di
Cesare torna alla vita politica e intraprende la lotta contro Antonio. Nel 43 muore per mano dei sicari dello
stesso Antonio.
PROGETTO POLITICO-SOCIALE
Cicerone cerc di far fronte alla crisi elaborando un progetto etico politico capace di tener insieme
tradizione (mos maiorum) e innovazione (cultura greca). Oltre a ci egli propose lars loquendi come
strumento di dominio delluditorio. Lutopia ciceroniana aspirava ad una classe dominante che fosse capace
di assolvere i suoi doveri verso lo Stato senza divenire insensibile allotium delle arti e della letteratura e
inoltre propose uno stile di vita raffinato, in stile greco, che si pu riassumere nel termina humanitas.
STILE
Negli anni in cui Cicerone scriveva due scuole di ispirazione ellenistica, l'asiana e l'attica, si disputavano
l'egemonia nel campo della retorica.
LAsianesimo era un stile molto ridondante caratterizzato da frasi brevi ed ad effetto. Questo era basato
sullanomalia, principio secondo cui la lingua in costante crescita ed evoluzione quindi non doveva seguire
i rigidi canoni grammaticali ma gli usus loquendi et scribendi.
LAtticismo, in netta contrapposizione, si presentava come uno stile sobrio e conciso, segnato dalla purezza
linguistica e dalla linearit espositiva. Fondato sul principio dellanalogia, secondo cui la lingua regolata da
norme prescritte (la grammatica). Il pi notevole atticista fu Cesare.
Cicerone in un primo momento si avvicin all'asianesimo, ma poi cambi per indirizzarsi, sotto l'influenza di
Apollonio Molone di Rodi, verso lo stile Rodiese, una sorta di via di mezzo fra le correnti maggiori.

OPERE
*Oratoria. l'attivit oratoria di Cicerone si intreccia inevitabilmente con le vicende politiche di Roma negli
ultimi cinquantanni di repubblica.
Gli esordi: la Sextio Pro Roscio
Cicerone nell80 dovette affrontare una causa molto difficile: accett il rischioso compito di difendere Sesto
Roscio, accusato di parricidio. La difesa di Roscio, poi assolto, fu un difficile e delicato banco di prova per
Cicerone.
La questura in Sicilia: le Verrine
Rientrato a Roma dopo la morte di Silla, Cicerone ricopr la questura in Sicilia nel 75. Si conquist fama di
governatore onesto tanto che nel 70 i siciliani gli chiesero di sostenere laccusa nel processo contro lex
governatore Verre, il quale aveva sfruttato la provincia con estrema rapacit. Verre, dopo pochissimi giorni,
venne condannato. Fra le cose la vittoria di Cicerone sul difensore di Verre, Quinto Ortensio Ortalo, fu un
trionfo anche in campo letterario in quanto di fronte allo stile Ciceroniano, fluido e segnato dalla
concinnitas, lesasperato asianesimo di Ortalo risult alquanto stucchevole.
Lingresso in senato: la Pro lege Manilia
Nel 66 a.C., pretore nel senato, parla a favore del progetto di legge presentato dal tribuno Manilio, che
prevedeva la concessione a Pompeo di poteri straordinari su tutto l'Oriente, minacciato tra le altre cose da
Mitridate, re del Ponto. In realt, C. mirava a tutelare soprattutto gl'interessi degli appartenenti al ceto
finanziario e imprenditoriale (messi a rischio appunto dalla situazione orientale), cui egli stesso era legato.
C. era completamente contrario a qualsiasi progetto di distribuzione delle terre pubbliche ai ceti meno
abbienti; egli cominciava a vedere la via d'uscita dalla crisi che minacciava la repubblica nella "concordia"
tra ceti abbienti, senatori e cavalieri ("concordia ordinum").
Il consolato: le Catilinarie
C. divenne console nel 63, e soffoc la congiura di Catilina ai danni dello stato: da allora in poi sarebbe stato
il teorizzatore di quella "concordia ordinum" che lo aveva portato al potere. Le pi celebri orazioni consolari
di C. sono appunto le 4 "Catilinarie", tenute di fronte sia al senato sia al popolo, con le quali egli svel le
trame sovversive che il nobile decaduto aveva ordito: C. lo costrinse a fuggire da Roma e giustific la
propria decisione di far giustiziare i suoi complici senza processo. I toni delle orazioni sono spesso accesi e
veementi (nella I si fa uso, ad es., di un artificio retorico chiamato "prosopopea" - "personificazione" - della
patria, che immaginata rivolgersi a Catilina con parole di biasimo).
Pro Archia poeta
Nel 62 a.C. compose, invece, la "Pro Archia poeta", orazione pronunciata in difesa del poeta Archia, venuto
a Roma nel 102 e accusato di usurpazione della cittadinanza romana. Essa celebre per l'appassionata
difesa della poesia che contiene e per la rivendicazione della nobilt degli studi letterari.
Pro Sestio
Richiamato dall'esilio nel 57, C. trova Roma in preda all'anarchia: si fronteggiavano le opposte bande di
Clodio e di Milone (tra l'altro, amico personale del nostro). Fu in tale clima che, nel 56, trovandosi a
difendere Sestio, espose una nuova versione della propria "teoria" sulla "concordia" dei ceti abbienti. La
"concordia ordinum" si era rivelata fallimentare: C. ne dilata ora il concetto in quello di "consensus omnium
bonorum", cio la "concordia attiva di tutte le persone agiate e possidenti", amanti dell'ordine politico e
sociale. I "boni", una categoria "trasversale" rispetto agli strati sociali esistenti, senza identificarsi con
alcuno di essi in particolare, saranno d'ora in poi il principale destinatario della "predicazione" etico-politica

di C.: il loro dovere quello di non rifugiarsi egoisticamente nel perseguimento dei propri interessi privati,
ma di fornire sostegno attivo agli uomini politici che rappresentano la loro causa.
Gli ultimi anni: le Filippiche
Dopo la morte di Cesare, Cicerone torn ad essere un uomo politico di primo piano e per indurre il senato a
dichiarare guerra ad Antonio, pubblic le "Filippiche" nel 44, in un numero forse di diciotto(il titolo,
intendeva sottolineare il legame ideale coi celebri discorsi di Demostene, il pi grande oratore ateniese,
contro le pretese allegemonia di Filippo di Macedonia. Le "Philippicae" costituiscono anche un tentativo
assai ardito (e fallito) di influenzare lopinione pubblica, lanciando in tutto il mondo romano dei programmi
che fissavano di volta in volta lobiettivo da raggiungere nella lotta contro Antonio.

*Retorica. Abbiamo visto in quale misura l'arte oratoria, in C., sia stata legata all'azione; chiaro, dunque,
che nessuno meglio di lui era in grado di elaborare una teoria romana dell'eloquenza, come mezzo di
espressione e come strumento politico
Responsabilit e formazione delloratore: il De oratore e lOrator
De oratore
Solo nel 55, quando le circostanze lo sollecitarono a riflettere sulla reale funzione dell'eloquenza all'interno
della citt, compose il "De oratore", unopera in forma dialogica, "platonica" ma con contenuti romani.
La "trattazione" - precisamente - verte non tanto sull'eloquenza in quanto tale, o sulle regole per praticarla,
quanto piuttosto sulla figura stessa dell'oratore (come recita il titolo, del resto), assunto come ideale civico
e umano, uomo politico della classe dirigente, guidato dalla "probitas" e dalla "prudentia", intellettuale
garante - nella sua stessa persona - dei valori (morali, ma anche culturali) dell'aristocrazia: l' "orator" dovr
servirsi della sua abilit non per scopi demagogici, ma per invogliare alla volont dei "boni".
Per C. l'oratore un pensatore universale, "enciclopedico", che deve conoscere a fondo tutto ci su cui si
pu trovare in obbligo di parlare.
Il I libro tratta cos proprio della preparazione generale - appunto "enciclopedica" - delloratore
(soprattutto, come detto, filosofica e con predilezione per la filosofia morale); il II dellinvenzione, della
disposizione, della memoria; il III della elocuzione e dello stile.
Orator
L' "Orator" (46), una ripresa e unintegrazione del De Orator, che affronta in modo tutto particolare il
problema del ritmo e dello stile nella prosa. Inoltre in questopera C. definisce i fini ai quali la retorica deve
indirizzarsi: probare, delectare, flectere.
Lo stile delloratore: il Brutus. La riflessione di C. sull'eloquenza trov espressione, in seguito, nel "Brutus"
(46), dove egli parla delle correnti stilistiche.

*Politica. Le opere politiche di C. nascono, al pari delle successive opere filosofiche, dal bisogno di cercare
un risposta alla gravissima crisi politica e morale che Roma stava attraversando
La forma di stato migliore: il De republica
Il "De republica" (tra il 54 e il 52), in 6 libri, un trattato sullo Stato.
Nel dialogo, ambientato nel 129 a. C., intervengono Scipione Emiliano e altri membri della sua cerchia; la
conversazione ha per oggetto quale sia la migliore forma di stato. Delle tre forme di governo (monarchia,
aristocrazia, democrazia) nessuna buona ed esaustiva per se stessa, poich il rischio palese che esse,
separatamente prese, degenerino nelle rispettive forme "estreme" della "tirannide, della "oligarchia" e
della "oclocrazia": ideale , dunque, la Repubblica romana, in cui queste tre forme trovano giusto
temperamento ed equa applicazione nella "collaborazione" tra consolato, senato e comizi: tuttavia, in
verit [I libro]; inoltre, la costituzione romana supera le altre perch non si deve ad uno solo, ma opera di
pi generazioni e di molti uomini dingegno *II libro].
Nel III libro, si disputa del fondamento della costituzione: se, cio, essa debba basarsi sulla giustizia o
sullutilit e sul diritto del pi forte. Argomento dei libri IV e V sono invece le istituzioni morali e politiche, la
scienza del governo e i doveri del "princeps".
I protagonisti del De re publica si impegnano, tra laltro, in un'approfondita discussione sulla giustizia del
dominio romano sugli altri popoli: limperialismo romano pienamente giustificato in quanto apportatore
di civilt a popolazioni di per s incapaci di autogoverno.
Infine, nel VI libro, si tratta della felicit riservata dopo la morte agli uomini che hanno ben meritato della
patria: a tal proposito, nel "Somnium Scipionis", l'episodio che conclude il libro, C. racconta, con lucida e
vivace capacit visionaria, un sogno appunto dellEmiliano, al quale lavo adottivo, Scipione Africano,
mostra la piccolezza e linsignificanza delle cose umane (ideali e materiali) ed espone le dottrine
dell'immortalit dell'anima e i premi oltremondani concessi ai grandi uomini di stato, benefattori della
patria.
Le leggi di stato: il De legibus.
Il "De legibus" doveva evidentemente affiancarsi al "De re publica", proprio come le "Leggi" alla
"Repubblica" di Platone.
C. tratta, dunque, del diritto razionale e naturale, e del concetto di giustizia da cui derivano le leggi: esse
hanno in se stesse la ragione che vincola luomo al loro rispetto.

*Filosofia
C. si diede alla filosofia propriamente intesa soltanto dopo i 50 anni; ovvero, si dedic alla pura
speculazione e compose le sue opere filosofiche soprattutto nei 2 determinati periodi di forzato ritiro dalla
scena politica: il primo risale a quando fu instaurato il triumvirato, il secondo sotto la dittatura di Cesare;
e ci, almeno con due finalit: sia per rispondere ad una intima esigenza "consolatoria", sia (e direi
soprattutto) con lintento di far conoscere ai Romani i contenuti del pensiero filosofico greco: ai suoi occhi,
la rigenerazione etico-politica della res publica richiedeva infatti che la cultura divenisse elemento
costitutivo dell'educazione dei gruppi.
Per lesposizione e il confronto delle diverse dottrine filosofiche, egli scelse una forma dialogica
accattivante, per la quale egli si rifaceva alla tradizione accademica e peripatetica; di conseguenza, egli
insiste moltissimo sulla necessit del legame tra filosofia ed eloquenza elegante e persuasiva.
Per orientarsi tra le diverse posizioni filosofiche in conflitto, l'Arpinate si rivolse - come detto - allo
scetticismo della "Nuova Accademia
"Paradoxa Stoicorum" (46 a.C.): hanno pi che altro il carattere di unesercitazione retorica;
"Hortensius" un protrettico, ovvero un dialogo di esortazione alla filosofia
Accademica.
vi si tratta del problema della conoscenza secondo lo spirito della "nuova accademia": luomo non pu
arrivare alla conoscenza, ma deve accontentarsi della "verosimiglianza".
De finibus bonorum et malorum.
Dedicata a Bruto, il "De finibus" (45) unopera dialogica in 5 libri, in cui appunto si tratta dell "essenza del
sommo bene e del sommo male".
Viene esposta nel I libro la teoria epicurea, confutata con decisione nel II libro; nel III svolta la teoria
stoica (il cui dogmatismo e rigorismo sono confutati nel IV). Il V libro, infine, contiene il vero e genuino
pensiero di C., ed unesposizione delle dottrine accademiche e peripatetiche, secondo cui il sommo bene
si consegue solo vivendo secondo la legge naturale, che esige la salvaguardia dellanimo mediante la virt e
quella del corpo mediante la soddisfazione degli appetiti naturali.
Tusculanae disputationes.
Si segue il metodo accademico-peripatetico di esame delle opinioni diverse, dimostrandone la parziale
falsit e ricavandone ci che v di pi verosimile. Il problema quello della felicit, una questione, per cos
dire, di "etica pratica". Nei primi 4 libri si parla di ci che impedisce alluomo di essere felice: il timore della
morte; il dolore (il peggiore dei mali: ma la ragione lo sconfigge con la sopportazione ed il "buon senso"); la
tristezza ed i turbamenti dello spirito (fondati su passioni e false opinioni, che la ragione per rimuove). Il V
libro mostra, invece, come la virt sola basti alla vita felice, affrancando luomo da timori, dolore e
sofferenza: chi la possiede forte, magnanimo, impassibile, addirittura invincibile.
Le "Tusculanae" rispecchiano uno stato danimo profondamente angosciato, e bisognoso di consolazioni
dogni sorta (C. soffriva sia per la recente scomparsa della figlia, sia per loppressione della dittatura).
De officiis ("Sui doveri").
Trattato dedicato al figlio Marco: i primi 2 libri trattano "dellonesto e dellutile",il III del loro conflitto. C.
cerca, in definitiva, nella filosofia (nella fattispecie, lo stoicismo "riformato), i fondamenti di un progetto di

vasto respiro, indirizzato alla formazione etico-politica della giovent e alla costruzione di un modello di
comportamento.
3 dialoghi di argomento religioso e teologico:
a. "De natura deorum", dedicato a Bruto, in 3 libri: nel I, Velleio espone la dottrina epicurea sullesistenza
degli dei e la loro natura; nel II, L. Balbo espone la dottrina stoica a riguardo: il pi interessante, in
particolare per la parte che descrive lordine e le bellezze delluniverso, concepito finalisticamente come
destinato al bene delluomo, secondo una "Provvidenza" invisibile, ma indubitabile; nel III, infine, A. Cotta
alterego di C. presenta una visione scettico-razionalistica del problema: probabilismo applicato alla
teologia, senza il dogmatismo ateo degli epicurei o quello panteistico degli stoici;
b. "De divinatione",in 2 libri, sulla validit dellarte divinatoria, che C. considera unimpostura;
c. "De fato", dove si esamina il problema del rapporto tra fato e libero volere, e si espone una tesi
peraltro non originale contraria al fatalismo stoico.
Laelius de amicizia.
Viene affermato il valore morale dellamicizia e si sostiene che colui che intende lamicizia in modo utilitario
concepir in modo utilitario anche la morale, cio non disinteressatamente (e ci detto in aperta polemica
con gli epicurei).

EPISTOLARIO
Durante lesilio del 58 a.C., causato dalle sue azioni contro i catilinari, Cicerone scrive alla sua famiglia via
lettera. Qui il grande oratore latino appare molto addolorato per lesilio e lascia emergere una nuova e
particolare personalit, fragile e parzialmente pessimistica. Questo viene definito generalmente il vero
Cicerone, non ufficiale che nelle confidenze private rivela il proprio stato danimo e anche i retroscena della
sua vita politica, ovvero i dubbi, le incertezze e le esitazioni.
Ogni epistola inserita in un sottoinsieme: ci giungono circa 900 lettere che dividiamo in quattro sezioni. La
prima ad Atticum racchiude le lettere indirizzate al suo amico, la seconda ad familiares contiene gli
scritti destinati alla famiglia, nella terza ad Quintum fratrem troviamo lettere di tipo politico rivolte al
fratello, e nellultima ad Brutum ci sono le epistole indirizzate a Bruto cesaricida (dalla veridicit
controversa).

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