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L’ETA’ DI CESARE

L’ASCESA DI GNEO POMPEO


Dopo la morte di Silla erano proseguiti i conflitti civili e le rivolte. Le riforme sillane avevano
vanificato le conquiste dei populares, restituendo tutto il potere all’aristocrazia senatoria. Anche
se Silla mirava ad amplificare la classe dirigente e a rendere più efficiente un apparato di governo, i
suoi provvedimenti avevano suscitato il malcontento non solo di plebe e cavalieri, ma anche di
Italici e provinciali: infatti, non erano riusciti a porre rimedio al peggioramento delle condizioni
sociali ed economiche della penisola e, inoltre, non avevano risolto il problema dei rapporti tra
Roma e le province.
Negli anni successivi cci furono varie lotte interne che si intrecciarono con delle guerre: quella
contro Sertorio in Spagna, la grande rivolta degli schiavi nell’Italia meridionale, la guerra contro i
pirati, un nuovo scontro con Mitridate. Un personaggio che spiccò fu Gneo Pompeo, un
aristocratico di parte siciliana, dotate di capacità militari.
Appena conclusa la guerra civile in Italia, ci furono rivolte in Sicilia, Africa e Spagna dove Sertorio
organizzò in Lusitania una rivolta, ma Pompeo la stroncò sconfiggendo le truppe di Sertorio.
Intanto, in Italia era scoppiata una rivolta servile che ebbe origine nella scuola di gladiatori di
Capua, in cui Spartaco si mise a capo di molti ribelli, schiavi fuggitivi e il Senato, per fermare la
rivolta, autorizzò i consoli a mobilitare un esercito in Italia, ma questo venne battuto.
Successivamente il comando fu conferito a Marco Licinio Crasso, di famiglia aristocratica e
sostenitore di Silla, che riuscì a sconfiggere i ribelli. I pochi superstiti si diressero verso le Alpi, ma
furono annientati da Pompeo.
Pompeo, una volta tornato a Roma, mirava al consolato e riuscì a superare l’opposizione del
Senato alla sua candidatura grazie a Crasso. Infatti, grazie al potere finanziario di Crasso e al
sostegno dei populares, entrambi riuscirono a farsi eleggere consoli nel 70 a.C. Pompeo subito
fece votare due leggi che abolivano le riforme della costituzione sillana sgradite ai populares e
all’ordine equestre. Poi restituì ai tribuni della plebe tutte le prerogative e ripristinò la censura,
facendo eleggere i censori dopo 15 anni. Infine, promosse una riforma giudiziaria per risolvere il
vecchio conflitto tra Senato e ordine equestre, appoggiando una proposta di legge che attribuiva
un terzo dei seggi ai senatori e due terzi ai cavalieri.

LA GUERRA IN ORIENTE
Nel 67 a.C. Pompeo ottenne il conferimento di poteri proconsolari per combattere i pirati che
erano divenuti un serio problema, in quanto minacciavano la sicurezza del mediterraneo orientale.
Per debellarla era necessario un comando unificato, e nonostante l’opposizione del Senato, il
comando venne assegnato da un plebiscito a Pompeo, che annientò i pirati.
Nel 66 a.C. Pompeo, senza tornare a Roma, assunse il comando della guerra contro Mitridate, che
nel 73 a.C. aveva invaso i territori romani in Asia Minore. Egli fu sconfitto da Pompeo e fu costretto
a ritirarsi nei suoi possedimenti nella penisola di Crimea, dove morì suicida.
Pompeo attaccò la Siria ed estese il dominio di Roma anche su parte della Palestina. Procedette
alla sistemazione dei territori conquistati in Oriente senza attenersi alle direttive del Senato: in
Palestina i porti e alcune città, che erano importanti, vennero annessi alla provincia di Siria,
mentre i territori interni conservarono una nominale indipendenza.
L’ETA’ DI CESARE
Il Senato si rifiutò di ratificare le sue decisioni circa la sistemazione dei territori orientali, e gli negò
le terre da distribuire ai veterani. Pompeo non scelse la via dell’illegalità, ma sbarcò in Italia
congedò le sue truppe, e per vincere l’opposizione del Senato si unì con un accordo privato a due
uomini politici, Marco Licinio Crasso e Giulio Cesare, nel cosiddetto primo triumvirato.

L’ETA’ DI CESARE: DAL PRIMO TRIUMVIRATO ALLA MORTE DEL DITTATORE


Con “età di Cesare” intendiamo l’ultima fase della repubblica romana, un periodo travagliato e
colmo di conflitti e trasformazioni che portò all’instaurazione di un nuovo regime, monarchico non
di nome ma di fatto.
Giulio Cesare, grande condottiero militare e molto coraggioso, fu protagonista romano dal 60 a.C.,
anno del primo triumvirato, al 44 a.C., l’anno della sua morte. La denominazione “età di Cesare”
può essere giustificata non solo perché nella figura e nella politica di Cesare culminò e trovò
sbocco la crisi della repubblica romana , ma anche perché egli fu esponente di rilievo della cultura
del suo tempo e anche perché grazie alla sua personalità s’incontrarono alcuni letterati importanti,
quali: Catullo che ostentò il distacco e il rifiuto dell’impegno politico; Cicerone che lo ebbe come
avversario politico; Varrone che combatté contro di lui durante la guerra civile; Sallustio che era
suo seguace.
L’età di Cesare si distinguere non solo per l’emergere di forti individualità nella vita politica e
culturale, ma anche per la ricchezza della documentazione relativa ai protagonisti. Inoltre, il fatto
che queste testimonianze ci provengano dai protagonisti stessi, conferisce alla ricostruzione
concretezza storica.

DAL PRIMO TRIUMVIRAATO ALLA GUERRA CIVILE


Grazie al primo triumvirato la carriera politica di Cesare ebbe una svolta decisiva. Era un accordo
privato che assicurava a ciascuno dei tre personaggi, il raggiungimento dei propri obiettivi e i mezzi
per sostenere l’opposizione della fazione conservatrice degli optimates, i cui principali esponenti
erano Marco Porcio Catone e Marco Tullio Cicerone, che aveva spento la congiura di Catilina.
Cesare chiese e ottenne il consolato per il 59 a.C. e anche il governo delle province delle Gallie per
la durata di 5 anni.
Come console, Cesare poté attuare vari punti del programma del triumvirato. Innanzitutto fece
approvare la sistemazione data da Pompeo all’Oriente, poi favorì l’interesse dei cavalieri sostenuti
da Crasso e infine fece approvare due leggi agrarie, grazie alle quali poté anche estendere le
concessioni di agro pubblico a proletari che non avevano partecipato alle guerre.
Il patto fra i triumviri fu rinnovato nell’incontro a Lucca, dove Crasso e Pompeo sarebbero stati
consoli per il 55 a.C., poi per 5 anni Crasso avuto il governo della Siria e Pompeo quello delle
province spagnole; a Cesare venne prorogato per altri 5 anni il proconsolato in Gallia. Egli ebbe la
possibilità di procedere a una serie di campagne militari, con cui sottomise al dominio romano
tutta la Gallia.
Intanto, a Roma i conflitti tra optimates e populares avevano generato una situazione di anarchia:
l’aristocratico Pulcro fece approvare molti plebisciti, tra i quali uno che costringeva Cicerone
all’esilio. I due triumviri presenti a Roma cercarono di arginare il potere acquisito dalle bande del
L’ETA’ DI CESARE
tribuno Clodio. Unendo le forze con quelle degli optimates, essi fecero richiamare dall’esilio
Cicerone ed eleggere tribuni della plebe ostili a Clodio.
Crasso muore nel 53 a.C. durante una campagna durante i Parti e nel 52 a.C. Clodio viene ucciso
dagli uomini di Milone. Dopo la sua morte, la città divenne un campo di battaglia. Allora il Senato si
rivolse a Pompeo, nominandolo console sine collega per quell’anno, carica inesistente dal punto di
vista costituzionale. Inoltre, fu autorizzato ad arruolare truppe per ristabilire l’ordine pubblico e in
breve tempo riportò la calma. Milone fu processato ed esiliato.
Cesare concluse la conquista della Gallia e fu in grado di contrapporre i suoi successi e conquiste
alle glorie che Pompeo aveva conseguito in Oriente. Egli voleva diventare console, ma per farlo
avrebbe dovuto presentarsi a Roma come privato cittadino, mentre Pompeo manteneva tutto il
potere. Cesare rifiutò di cedere alla volontà del Senato e marciò su Roma, mentre Pompeo ai
rifugiava in Oriente. A Tessaglia, l’esercito pompeiano fu sconfitto e Pompeo fuggì in Egitto, dove
fu ucciso a tradimento dal sovrano Tolomeo 13, che sperava così di guadagnarsi il favore di Cesare.

LA DITTATURA DI CESARE
Cesare, dopo la vittoria su Pompeo, tornò più volte a Roma per assolvere ai propri impegni di
governo e riuscì a far approvare molte leggi. Fu anche nominato dittatore a vita e mantenne anche
il titolo di imperator. Sul piano sociale, il programma di riforme fu moderato. Egli mirava a
ottenere il consenso tra i Romani, governando in accordo con la vecchia classe dirigente e
guadagnandosi così il favore del popolo.
Inoltre, ampliò il Senato e portò il numero dei membri da 600 a 900. Si occupò della fondazione di
colonie e della distribuzione di terre in gran parte di veterani dell’esercito ma anche a molti
proletari di Roma; così, fu avviato un processo di riassorbimento della plebe urbana
nell’agricoltura. Per ripristinare le finanze dello Stato, cercò di aumentare le entrate e diminuire le
spese. Concepì un vasto programma di opere pubbliche che prevedeva la costruzione di una
grande biblioteca.
Nel 46 a.C. in qualità di pontefice massimo, riformò il calendario e ne introdusse uno nuovo,
basato sull’anno solare.
Il 15 marzo del 44 a.C. Giulio Cesare fu pugnalato da un gruppo di congiurati. Così, si apriva un
nuovo periodo di sconvolgimenti politici e di guerre civili.

IL DISAGIO CULTURALE E LA DIFFUSIONE DELLA FILOSOFIA


Al mondo che era in trasformazione, si accompagna una profonda crisi culturale e spirituale. Si
assiste alla distruzione delle istituzioni repubblicane e al trionfo dell’anarchia. Però, emersero
grandi personalità e con loro prevalse l’individualismo.
D’altra parte la religione tradizionale non è in grado di arginare la crisi di valori. Infatti, la
concezione romana originaria, che considerava le divinità delle forze oscure, sopravviveva solo per
l’utilità pratico-politica, ma non poteva soddisfare le esigenze di una spiritualità affinata dalla
cultura. Molto scetticismo rappresentava la raffigurazione degli dei, infatti a Roma e in Grecia,
nessuna persona colta credeva nelle divinità dell’Olimpo, pensavano fossero invenzioni dei poeti.
L’ETA’ DI CESARE
Il disagio culturale e spirituale favorisce il diffondersi delle dottrine filosofiche greche (metà I
secolo): i Romani erano sempre più interessati e cercavano risposte ai loro dubbi esistenziali, e
soprattutto si avvicinavano al pensiero ellenico, frequentando le scuole filosofiche.
All’esigenza di stabilire un rapporto e un contatto con la divinità, rispondevano filosofie
misticheggianti come il neopitagorismo, che prometteva la salvezza e la felicità in un’altra vita
dopo la morte. A ciò, venivano incontro anche cult misterici e orgiastici di divinità orientali.

EPICUREISMO E STOICISMO
In questo periodo, la filosofia più importante era quella epicurea. Essa proponeva una concezione
materialistica e razionalistica e consigliava l’astensione dalle cariche pubbliche e una vita dedita
allo studio. Importanti furono due filosofi epicurei Sirone e Filodemo, intorno ai quali si formarono
circoli culturali.
Il successo che l’epicureismo incontrò a Roma è spiegato da Cicerone con l’attrattiva esercitata
dall’ideale del piacere, indicato da Epicuro come lo scopo della vita umana. L’epicureismo trova il
suo cantone nel poeta Lucrezio, l’unico che in quest’età si dedicò a una poesia impegnata ad
aiutare gli uomini a liberarsi dalle paure.
Molto importante fu l’altra dottrina filosofica, che si contrapponeva a quella di Epicuro, ovvero lo
stoicismo che offriva un’interpretazione della realtà, non meno coerente di quella epicurea.
Anch’esso poneva al centro l’uomo e la sua aspirazione alla felicità, che consisteva non alla felicità
ma alla virtù. Inoltre, la visione stoica non era individualistica come quella epicurea, ma affrontava
i problemi dell’uomo alla luce dei suoi doveri verso la società.
All’affermazione di Epicuro che le vicende cosmiche sono dominate dal caso, gli stoici propongono
una visione fatalistica e provvidenzialistica, cioè tutto ciò che accade è governato dal fato. La
divinità è presente al mondo e si identifica con la ragione.
Dunque, la visione stoica è più ottimistica di quella epicurea, mentre in campo morale si preoccupa
di proteggere l’uomo, prescrivendo al saggio quella “apatia” che corrisponde all’ideale epicureo
della “atarassia” (assenza di turbamenti): si tratta di una condizione di assoluto distacco da tutto
ciò che può arrecare apprensione. Lo stoicismo nella sua svalutazione della vita arriva al punto di
consigliare il suicidio come liberazione.
Tra i personaggi più illustri che aderiscono allo stoicismo spiccano Marco Giunio Bruto e Marco
Porcio Catone, il quale combatté dalla parte di Pompeo e si tolse la vita per non cadere nelle mani
di Cesare. Per questa azione egli fu considerano l’incarnazione del sapiente stoico. Infatti, non
mancano convergenze tra l’etica stoica e il mos maiorum: il distacco dai piaceri, il disprezzo della
morte erano virtù stoiche che trovavano corrispondenza nelle tradizioni morali di Roma.
L’ETA’ DI CESARE
I GENERI E LA PRODUZIONE LETTERARIA
Per quanto riguarda le ripercussioni dei drammatici avvenimenti storico-politici, è utile distinguere
i generi della prosa da quelli della poesia.

LA PROSA
Sappiamo che l’oratoria e la storiografia sono collegate all’attività politica. L’oratoria rispecchiava il
dibattito che si svolgeva nelle assemblee deliberative; la storiografia rifletteva sui fatti storico-
politici.
Nell’età di Cesare l’oratoria è rappresentata soprattutto da Cicerone. Invece, la storiografia trova
un prestigio in Giulia Cesare, mentre Sallustio svolse un’opera di vero e proprio storico, e, dopo la
morte del dittatore, cercò di capire i grandi rivolgimenti di cui era stato testimone.
Successivamente, a questi due generi se ne aggiunsero altri, rappresentati da Cicerone. Egli coltivò
varie forme di letteratura filosofica e soprattutto il dialogo di tipo platonico-aristotelico. Inoltre, la
pubblicazione delle sue lettere diede un forte impulso all’epistolografia latina. Sia la prosa
filosofica sia l’epistolografia ebbero molti esponenti, ma le loro opere non ci sono giunte.

LA POESIA
Diverso ci appare il quadro della poesia, perché questa si distacca dalla tradizione e prende le
distanze dalla vita pubblica e dalle vicende storico-politiche. Erano scomparsi i generi teatrali,
tranne il mimo. Nel I secolo il carattere aristocratico della poesia si accentua molto, ma si spezza
quel legame tra poesia e politica. Infatti, gli uomini politici sono sempre cultori di poesia e poeti,
considerandola un passatempo e uno svago. D’altra parte i veri e propri letterati rifiutano l’epica
storica e si volgono a generi meno impegnati ideologicamente e più consoni a un gusto artistico
raffinato.
Lucrezio e Catullo riflettono con la loro opera la crisi contemporanea; entrambi assumono
atteggiamenti anticonformisti e scelgono nuove vie. Lucrezio resta più legato al passato, ma scrive
un poema epico-didascalico d’argomento filosofico che si pone in contrasto con la visione
tradizionale della vita. Catullo, invece, porta fino in fondo quel ripiegamento sull’individuo, che già
con Lucilio aveva determinato l’affermarsi della poesia soggettiva. Catullo ci appare inserito
nell’ambiente culturale neoterico, che si stacca dalla tradizione letteraria romana per ispirarsi a
modelli ellenistici.
La letteratura è concepita come lusus, cioè gioco raffinato e elegante; ciò creò molte implicazioni
ideologiche, infatti significava rivendicare all’otium letterario un valore autonomo, trasferendo la
poesia nella sfera privata e individuale. La poesia divenne il luogo in cui lo scrittore poteva
esprimere idee, stati d’animo e sentimenti personali. E’ normale che i generi coltivati dai neoteroi
siano proprio quelli della poesia soggettiva e che fra i temi, il più importante sia l’amore.

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