Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
LA GUERRA IN ORIENTE
Nel 67 a.C. Pompeo ottenne il conferimento di poteri proconsolari per combattere i pirati che
erano divenuti un serio problema, in quanto minacciavano la sicurezza del mediterraneo orientale.
Per debellarla era necessario un comando unificato, e nonostante l’opposizione del Senato, il
comando venne assegnato da un plebiscito a Pompeo, che annientò i pirati.
Nel 66 a.C. Pompeo, senza tornare a Roma, assunse il comando della guerra contro Mitridate, che
nel 73 a.C. aveva invaso i territori romani in Asia Minore. Egli fu sconfitto da Pompeo e fu costretto
a ritirarsi nei suoi possedimenti nella penisola di Crimea, dove morì suicida.
Pompeo attaccò la Siria ed estese il dominio di Roma anche su parte della Palestina. Procedette
alla sistemazione dei territori conquistati in Oriente senza attenersi alle direttive del Senato: in
Palestina i porti e alcune città, che erano importanti, vennero annessi alla provincia di Siria,
mentre i territori interni conservarono una nominale indipendenza.
L’ETA’ DI CESARE
Il Senato si rifiutò di ratificare le sue decisioni circa la sistemazione dei territori orientali, e gli negò
le terre da distribuire ai veterani. Pompeo non scelse la via dell’illegalità, ma sbarcò in Italia
congedò le sue truppe, e per vincere l’opposizione del Senato si unì con un accordo privato a due
uomini politici, Marco Licinio Crasso e Giulio Cesare, nel cosiddetto primo triumvirato.
LA DITTATURA DI CESARE
Cesare, dopo la vittoria su Pompeo, tornò più volte a Roma per assolvere ai propri impegni di
governo e riuscì a far approvare molte leggi. Fu anche nominato dittatore a vita e mantenne anche
il titolo di imperator. Sul piano sociale, il programma di riforme fu moderato. Egli mirava a
ottenere il consenso tra i Romani, governando in accordo con la vecchia classe dirigente e
guadagnandosi così il favore del popolo.
Inoltre, ampliò il Senato e portò il numero dei membri da 600 a 900. Si occupò della fondazione di
colonie e della distribuzione di terre in gran parte di veterani dell’esercito ma anche a molti
proletari di Roma; così, fu avviato un processo di riassorbimento della plebe urbana
nell’agricoltura. Per ripristinare le finanze dello Stato, cercò di aumentare le entrate e diminuire le
spese. Concepì un vasto programma di opere pubbliche che prevedeva la costruzione di una
grande biblioteca.
Nel 46 a.C. in qualità di pontefice massimo, riformò il calendario e ne introdusse uno nuovo,
basato sull’anno solare.
Il 15 marzo del 44 a.C. Giulio Cesare fu pugnalato da un gruppo di congiurati. Così, si apriva un
nuovo periodo di sconvolgimenti politici e di guerre civili.
EPICUREISMO E STOICISMO
In questo periodo, la filosofia più importante era quella epicurea. Essa proponeva una concezione
materialistica e razionalistica e consigliava l’astensione dalle cariche pubbliche e una vita dedita
allo studio. Importanti furono due filosofi epicurei Sirone e Filodemo, intorno ai quali si formarono
circoli culturali.
Il successo che l’epicureismo incontrò a Roma è spiegato da Cicerone con l’attrattiva esercitata
dall’ideale del piacere, indicato da Epicuro come lo scopo della vita umana. L’epicureismo trova il
suo cantone nel poeta Lucrezio, l’unico che in quest’età si dedicò a una poesia impegnata ad
aiutare gli uomini a liberarsi dalle paure.
Molto importante fu l’altra dottrina filosofica, che si contrapponeva a quella di Epicuro, ovvero lo
stoicismo che offriva un’interpretazione della realtà, non meno coerente di quella epicurea.
Anch’esso poneva al centro l’uomo e la sua aspirazione alla felicità, che consisteva non alla felicità
ma alla virtù. Inoltre, la visione stoica non era individualistica come quella epicurea, ma affrontava
i problemi dell’uomo alla luce dei suoi doveri verso la società.
All’affermazione di Epicuro che le vicende cosmiche sono dominate dal caso, gli stoici propongono
una visione fatalistica e provvidenzialistica, cioè tutto ciò che accade è governato dal fato. La
divinità è presente al mondo e si identifica con la ragione.
Dunque, la visione stoica è più ottimistica di quella epicurea, mentre in campo morale si preoccupa
di proteggere l’uomo, prescrivendo al saggio quella “apatia” che corrisponde all’ideale epicureo
della “atarassia” (assenza di turbamenti): si tratta di una condizione di assoluto distacco da tutto
ciò che può arrecare apprensione. Lo stoicismo nella sua svalutazione della vita arriva al punto di
consigliare il suicidio come liberazione.
Tra i personaggi più illustri che aderiscono allo stoicismo spiccano Marco Giunio Bruto e Marco
Porcio Catone, il quale combatté dalla parte di Pompeo e si tolse la vita per non cadere nelle mani
di Cesare. Per questa azione egli fu considerano l’incarnazione del sapiente stoico. Infatti, non
mancano convergenze tra l’etica stoica e il mos maiorum: il distacco dai piaceri, il disprezzo della
morte erano virtù stoiche che trovavano corrispondenza nelle tradizioni morali di Roma.
L’ETA’ DI CESARE
I GENERI E LA PRODUZIONE LETTERARIA
Per quanto riguarda le ripercussioni dei drammatici avvenimenti storico-politici, è utile distinguere
i generi della prosa da quelli della poesia.
LA PROSA
Sappiamo che l’oratoria e la storiografia sono collegate all’attività politica. L’oratoria rispecchiava il
dibattito che si svolgeva nelle assemblee deliberative; la storiografia rifletteva sui fatti storico-
politici.
Nell’età di Cesare l’oratoria è rappresentata soprattutto da Cicerone. Invece, la storiografia trova
un prestigio in Giulia Cesare, mentre Sallustio svolse un’opera di vero e proprio storico, e, dopo la
morte del dittatore, cercò di capire i grandi rivolgimenti di cui era stato testimone.
Successivamente, a questi due generi se ne aggiunsero altri, rappresentati da Cicerone. Egli coltivò
varie forme di letteratura filosofica e soprattutto il dialogo di tipo platonico-aristotelico. Inoltre, la
pubblicazione delle sue lettere diede un forte impulso all’epistolografia latina. Sia la prosa
filosofica sia l’epistolografia ebbero molti esponenti, ma le loro opere non ci sono giunte.
LA POESIA
Diverso ci appare il quadro della poesia, perché questa si distacca dalla tradizione e prende le
distanze dalla vita pubblica e dalle vicende storico-politiche. Erano scomparsi i generi teatrali,
tranne il mimo. Nel I secolo il carattere aristocratico della poesia si accentua molto, ma si spezza
quel legame tra poesia e politica. Infatti, gli uomini politici sono sempre cultori di poesia e poeti,
considerandola un passatempo e uno svago. D’altra parte i veri e propri letterati rifiutano l’epica
storica e si volgono a generi meno impegnati ideologicamente e più consoni a un gusto artistico
raffinato.
Lucrezio e Catullo riflettono con la loro opera la crisi contemporanea; entrambi assumono
atteggiamenti anticonformisti e scelgono nuove vie. Lucrezio resta più legato al passato, ma scrive
un poema epico-didascalico d’argomento filosofico che si pone in contrasto con la visione
tradizionale della vita. Catullo, invece, porta fino in fondo quel ripiegamento sull’individuo, che già
con Lucilio aveva determinato l’affermarsi della poesia soggettiva. Catullo ci appare inserito
nell’ambiente culturale neoterico, che si stacca dalla tradizione letteraria romana per ispirarsi a
modelli ellenistici.
La letteratura è concepita come lusus, cioè gioco raffinato e elegante; ciò creò molte implicazioni
ideologiche, infatti significava rivendicare all’otium letterario un valore autonomo, trasferendo la
poesia nella sfera privata e individuale. La poesia divenne il luogo in cui lo scrittore poteva
esprimere idee, stati d’animo e sentimenti personali. E’ normale che i generi coltivati dai neoteroi
siano proprio quelli della poesia soggettiva e che fra i temi, il più importante sia l’amore.