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Il regno di Romolo:
Romolo creò il Senato, un consiglio di 100 senatori che chiamò padri, mentre i loro
discendenti furono chiamati patrizi
A conclusione della guerra fra Romani e Sabini, Romolo divise il popolo in 30 curie e vennero
arruolate anche tre centurie di cavalieri
Curi era la capitale dei Sabini che vennero perciò chiamati Quiriti (da Curi)
Il regno di Tullio Ostilio, morto Numa si ebbe di nuovo l’interregno e poi il popolo fece re Tullio
Ostilio, più bellicoso di Romolo (Tullio… interpongo appello…), che regnò per 32 anni.
Il regno di Tarquinio Prisco, alla morte di Anco, allontana i suoi figli e si fa nominare re con
amplissimo consenso e nomina 100 senatori (detti delle minori genti). Raddoppia le centurie e regna per
32 anni
Leggi regie, vengono attribuite ai re, e sono espressione del potere di ordinanza mediante il quale il re
fissava, tenendo informato il popolo riunito in assemblea, precetti consuetudinari, che vennero raccolte
da Sesto Papirio (da cui: diritto civile papiriano)
REPUBBLICA – 71/1
La plebe e le sue istituzioni: la plebe, dopo la cacciata dei re, era in agitazione a causa dei debiti che la
affliggevano fece una prima secessione sul Monte Sacro (o l’Aventino) dai patrizi e vennero istituite due
magistrature della plebe:
1. Tribunato (tribuni della plebe), magistratura suprema della plebe, così chiamati perché il
popolo era diviso in tre parti (o perché eletti mediante il voto della tribù) che peraltro non
possono convocare i patrizi né portare davanti a loro alcuna questione ma il dittatore Quinto
Ortensio fa votare una legge che impone a tutti i romani di rispettare le norme approvate dalla
plebe su proposta dei tribuni e che si chiamano plebisciti.
Con potere consolare, è creato dal popolo in conseguenza del conflitto tra plebe stessa ed i
senatori, ma solo con tribuni patrizi (sebbene i patrizi inizialmente si estraniassero alla lotta
disperando di ottenere la carica dalla plebe eccitata), comanda l’esercito
A seconda del tipo di voto:
Comizi curiati, dato secondo la stirpe degli uomini
Comizi centuriati, dato secondo le sostanze e l’età
Comizi tributi, dato secondo le regioni e i luoghi
Caratteristiche:
hanno il diritto di veto
sono magistrati
sono intoccabili
Concili tributi, è l’assemblea della plebe e serve per fare i plebisciti (non vengono convocati i
patrizi)
3. Edilità (edili plebei), due edili, vennero aggiunti ai tribuni con il compito di assisterli per quanto
concerneva la documentazione, raccogliendo quanto veniva deliberato dal Senato e dalla plebe.
Poi gli venne affidata la supervisione del mercato (venendo così chiamati agoranòmoi, ovvero
sovrintendenti al mercato in greco)
Compiti:
aiutano i tribuni a conservare le deliberazioni (compito organizzativo)
sovrintendono il mercato
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LE XII TAVOLE – 99/1
Leggi Valerie Orazie, sono una vittoria della plebe sui patrizi. Tre leggi:
1. de plebiscitis, ammette il valore vincolante dei plebisciti della plebe per tutto il popolo
2. de provocatione, nessuno può creare una magistratura contro la quale non sia ammesso
appello
3. de tribonia potestatis, ammette l’inviolabilità dei tribuni
Plebiscito Canuleio, che consente nozze legittime tra patrizi e plebei, ammette i plebei al consolato
367 a.C. il patriziato fu costretto a cedere alla plebe l’ammissione al consolato e la creazione di
due nuove magistrature ottenute dai patrizi in cambio della predetta concessione ai plebei di uno de
due posti di console:
1. Pretura urbana, monocratica, istituita, secondo Pomponio, poiché i consoli erano presi dalle
guerre e nessuno in città amministrava la giustizia
2. Edilità curule, due magistrati, sebbene questi in seguito vennero scelti per un anno fra i
patrizi e un anno fra i plebei. Successivamente caddero le distinzioni
356 a.C., primo dittatore plebeo, Marcio Rutulo,
337 a.C., primo pretore urbano plebeo, Publilio Filone
300 a.C., parificazione degli ordini e ammissione dei plebei ai collegi sacerdotali
242 a.C., istituzione del pretore peregrino, a causa del grande afflusso di stranieri in città, il quale
amministrava la giustizia fra gli stranieri
Leggi comiziali, dalla rogatio o proposta del magistrato, alla votazione dell’assemblea
Leges datae (leggi date), sono come i decreti legislativi, leggi con le quali la plebe in assemblea
delega il magistrato in una data materia con campo d’azione ristretto
Equiparazione delle leggi ai plebisciti, avviene mediante tre leggi diverse:
1. una delle leggi Valerie – Orazie (de plebiscitis)
2. una delle leggi Publilio
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3. legge Ortensia del 287 a.C. con la quale si stabilisce che i plebisciti siano osservati come
leggi, e che plebisciti e legge differissero quanto a modalità di formazione ma fossero
identici quanto a efficacia (Pomponio)
La creazione del diritto attraverso l’attività giurisdizionale dei magistrati, programmata nei loro editti è
uno dei fenomeni più interessanti della storia giuridica romana. C’è il carattere dell’annualità dell’editto
pretorio, delle azioni fittizie, nel 67 a.C. la lex Cornelia, in forza della quali i pretori furono vincolati
all’osservanza del testo edittale da essi emanato
Viene definito diritto onorario appunto perché viene dalla carica (honos) del pretore e introdotto allo
scopo di migliorare, integrare e correggere il diritto civile (Papiniano)
Accanto alla dicotomia diritto civile-diritto onorario, si rinviene anche la dicotomia diritto civile-diritto
delle genti (che si riferisce a quella parte dell’ordinamento civilistico romano applicabile anche agli
stranieri. Nasce dal progressivo aprirsi di Roma ai traffici mediterranei e viene resa attraverso tre testi:
Istituzioni gaiane, viene resa accessibile la stipulazione, contratto verbale, anche agli stranieri
(sia pure in forme verbali diverse)
Istituzioni gaiane, si contrappone il diritto civile al diritto delle genti, descritto quest’ultimo
come fondato “sulla ragione naturale”
Istituzioni giustinianee, ribadisce la predetta contrapposizione vedendo il diritto delle genti
come separato dal diritto naturale (è l’istituto della schiavitù, ormai visto come contrario al
diritto naturale a causa dell’influenza della dottrina cristiana)
Era un felice connubio dei tre tradizionali tipi di governo secondo Polibio:
1. monarchico, il potere dei consoli, presiedono tutti gli affari pubblici, le operazioni belliche e
hanno il potere di fare ogni spesa sui fondi pubblici
2. aristocratica, il potere del senato, hanno autorità sul tesoro, controllano tutte le entrate e le
uscite, sono competenti per tutti crimini commessi in Italia che richiedono un’accusa pubblica
3. democratico, il potere del popolo, è l’unico padrone degli onori e delle pene, è competente in
molti casi punibili con ammenda ed hanno competenza assoluta nelle cause capitali. Possono
conferire le magistrature ai migliori, nei trattati è il popolo che ratifica o respinge ogni decisione
Vi è sinergia ed equilibrio fra gli organi costituzionali e, secondo Polibio, questo sistema di governo
diventa invincibile ed in grado di perseguire tutti gli obiettivi prefissati.
Dopo la metà del II secolo un diffuso malessere investe lo stato romano, pur giunto ad uno dei suoi
momenti di maggiore espansione territoriale e di maggiore floridezza economica. Le cause sono diverse
ma il moltiplicatore si trova nelle vicende umane e politiche dei due fratelli Gracchi, autori di un
tentativo di riforma agraria in ordine ai terreni pubblici posseduti dal ceto senatorio:
1. Tiberio, calmo e posato, grande oratore e ambizioso, parlava contro il genere degli schiavi
renitenti alla milizia e mai fedeli al padrone, propone la legge agraria attuata allo scopo di
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ricostruire la piccola proprietà contadina e ridimensionare il poteri del Senato (evidenziata
nel manuale dal racconto di Appiano), ucciso nel tempio del Campidoglio dopo averlo occupato,
insieme ad altri 300 a bastonate o colpi di pietra (Plutarco)
2. Caio, focoso e veemente che succede a Tiberio, dispone di una razione mensile di frumento per
il popolo conquistandolo immediatamente. Fece anche costruire grandi strade attraverso l’Italia
ingraziandosi gli appaltatori e lavoratori. Diede seguito alla legge agraria ma si inimicò il
Senato che lo fece uccidere e la sua casa venne devastata dal popolo. Dopo la sua morte la
situazione dei poveri peggiorò infine si abolì la legge agraria
La questione agraria, i romani sottomettevano a poco a poco con le guerre l’Italia, fondando città ed
affidando le terre ai coloni. Per il lavori agricoli si utilizzavano gli schiavi, che, grazie alla loro
prolificità e alla esclusione dal servizio militare davano molto guadagno, ed i ricchi comprando o
impossessandosene con la forza occupavano le terre loro vicine. Perciò si stabilì, su proposta dei tribuni,
la legge agraria: ovvero che nessuno potesse avere più di 500 iugeri, né pascolare più di 100 capi di
bestiame grosso e 500 capi di piccolo. Tuttavia nessuno si diede cura della legge
Anticamente a Roma i re erano scelti per il loro valore e quanto uno di essi moriva veniva scelto un
senatore che regnava per 5 giorni (chiamato interré) e le elezioni erano indette dai magistrati in
carica
Silla, autore dell’ultimo tentativo di rimettere in cammino la costituzione repubblicana, pur facendo
perno sul rinvigorimento dei poteri del Senato
82 a.C., Silla ottiene una “dittatura costituente”, facendo riesumare una magistratura caduta in
disuso da 400 anni a Roma chiamata dittatura. Silla consentì, nonostante la sua dittatura assoluta
(che poteva tenere quanto tempo voleva) all’elezione di consoli
79 a.C., Silla abbandona spontaneamente la dittatura. Silla, primo fra gli uomini, abbandonò un
siffatto potere, senza che nessuno lo costringesse e non in favore dei suoi figli…e dopo aver
desiderato diventare da privato a tiranno, abbia voluto divenire da tiranno a privato e ritirarsi a
vita agreste (Appiano)
Il periodo di Cesare è il più tragico della guerra civile ed il punto di maggior distacco dalla costituzione
repubblicana.
49 a.C., Giulio Cesare diviene dittatore ed inizia ad accumulare cariche
44 a.C., Giulio Cesare trasforma la dittatura, già divenuta da annuale a decennale in perpetua.
Con ciò l’evoluzione verso un regime monarchico si fa nettissima
Scipione, si arroga il titolo di imperator nel 48 a.C. e pretende dai repubblicani della sua provincia
tributi esosi per ogni cosa che avesse un nome
PRINCIPATO – 6/2
Lex de imperio vespasiani, è tramandata in una grande tavola bronzea ora conservata al Museo
Capitolino con la quale si istituzionalizza il potere del principe distinti in tre momenti:
1. Imperium, conferito dal Senato
2. Tribunicia potestas, ad opera dei concilia tributa
3. rimanenti poteri
Dalle parole attribuite a Vespasiano si fa più concreta l’idea di una successione dinastica, facendo
cadere il velo ideologico della scelta del migliore (… gli sarebbero succeduti i suoi figli o nessun
altro…)
All’imperatore Adriano spetta un posto particolare nella storia giuridica romana. In particolare:
Codificazione dell’editto pretorio
Complessità e coerenza dell’attività giuridica che si configura come una vera “politica del
diritto”
Consilium principis, 130 d.C.
Attua misure volte ad alleviare la condizioni degli schiavi ed emana provvedimenti
contrassegnati da spirito di equità e di tutela della moralità pubblica e privata fra le quali:
1. vietò che gli schiavi fossero uccisi dai padroni
2. rifiutò eredità lasciategli da sconosciuti
3. fece separare il bagni a seconda del sesso
4. dispose per i rinvenimento dei tesori
L’attività normativa del principe, nel campo delle fonti del diritto è la realtà più importante del periodo
classico (…quel che al principe piacque ha vigore di legge…), pur con il correttivo stabilizzante del
consilium principis, e finisce per contribuire all’evoluzione del diritto privato
Editti, un fondamentale reperto ci giunge in un grande marmo rinvenuto a Cirene nel 1926 che
conserva 5 editti indirizzati da Augusto ai Cirenei (uno riguarda la composizione degli organi
giudicanti) che documentano le forti ingerenze imperiali anche nelle province senatorie
Mandati, (prassi che nasce con Augusto) sono istruzioni fornite dall’imperatore ai governatori
provinciali e ai suoi funzionari, per mezzo di essi si dispone (generalmente nel campo del diritto
pubblico ma anche nel diritto privano e amministrativo
Decreti, sono decisioni prese dall’imperatore in sede giurisdizionale, come giudice di prima istanza
o di appello (in un testo famoso l’imperatore vieta ai creditori di farsi giustizia da soli)
Rescritti ed epistole, sono l’espressione più frequente del potere normativo imperiale e sono
risposte a quesiti fatti pervenire da privati (rescritti, per i quali uno dei problemi era l’estensione a
casi analoghi. Problema che si risolve interpretando la risposta dell’imperatore, se volta a dare un
valore trascendente al caso singolo; ed alla riserva di accertamento della verità) e da magistrati
provinciali (epistole)
L’ultima legislazione comiziale, destinata inevitabilmente a scomparire con il crescente potere del
principe, ebbe un ritmo intenso nel periodo augusteo in quanto appariva funzionale allo stesso
disegno augusteo. Fra queste quelle limitatrici delle manomissioni degli schiavi, sull’assetto della
famiglia, miranti a tutela la purezza della razza (senatoria in particolare) ed all’incremento
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demografico, per finire con la legge agraria dell’epoca di Nerva (96-98 d.C.) che chiude il lungo
ciclo della legislazione comiziale
La giurisprudenza protoclassica, ovvero quella che va da Augusto a Adriano, è dominata dal contrasto
tra la scuole dei:
1. Sabiniani, caposcuola Ateio Capitone, seguace di Ofilio, conservatore e legato al principe,
particolarmente sensibili allo ius gentium che venivano chiamati da Gaio i nostri maestri. I
Sabiniani hanno preso il nome da Massurio Sabino, seguace di Capitone
2. Proculiani, caposcuola Antistio Labeone che ascoltò tutti e fu allievo di Trebazio,
particolarmente sensibili allo ius civile. I Proculiani hanno preso il norme da Proculo, seguace di
Nerva. Fra essi si annovera anche Giuvenzio Celso, autore della famosissima definizione del
diritto “ars boni ed aequi” (arte del buono e del giusto)
Tale epoca, vede Paolo, Ulpiano e Papiniano legati all’imperatore (dinastia dei Severi) al punto che
alcuni studiosi parlano di “giurisprudenza burocratica” che porta i tre giuristi ad occupare la importante
carica di prefetto del pretorio. Viene citato anche Modestino. Ulpiano: “se non avranno avvocati, io
glieli assegnerò”(viene così definito il diritto alla difesa, n.m.)
Constitutio Antoniniana, 212 d.C., l’imperatore Antonino Caracalla concede la cittadinanza romana a
tutti (o quasi) gli abitanti dell’impero romano. Con esso infatti ha termine, sul piano del diritto pubblico,
la finzione di Roma come città-stato e si inaugura l’epoca dello stato territoriale. Soltanto nel XVII
secolo, attraverso la storia romana di Dione Cassio, vennero inquadrati i veri motivi fiscali (e non
religiosi o umanitari) della Constitutio Antoniniana
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DOMINATO
Il cinquantennio di anarchia militare e di crisi si conclude con l’ascesa al potere di Diocleziano (284-305
d.C.), forme e finzioni del Principato vengono abbandonate con il progressivo affermarsi dell’ideologia
della derivazione divina del potere imperiale (e non dalla nomina o consenso del Senato e
dell’assemblea popolare preceduti dall’acclamazione dell’esercito), dando luogo così al dominato (o,
monarchia assoluta)
Sistema tetrarchico:
1. Diocleziano, Augusto, che riserva a se stesso il titolo di Iovius, a significare la supremazia sul
collega Massimiano
2. Massimiano, Augusto, che ha il titolo di Herculius
3. Galerio, Cesare
4. Cloro, Cesare
I due Augusti hanno differente competenza territoriale. La figura dell’imperatore è oggetto dell’adoratio
Diocleziano aumenta le province, effettua numerosi interventi in campo economico, monetario e fiscale,
emette l’edictum de pretiis (un calmiere relativo alle merci che peraltro fallirà). Attua una politica
religiosa di persecuzioni anticristiane crudeli. Produce oltre 1.200 costituzioni pervenute a noi tramite
il Codice Giustinianeo e pur essendo un difensore della tradizione giuridica del passato contro gli
influssi delle province greco-orientali diffusi nelle province, si avventura nel campo delle innovazioni
Dopo l’abdicazione di Diocleziano e Massimiano e la morte di Cloro, dalle truppe stanziate in Britannia
viene acclamato (in contrasto con il sistema tetrarchico creato da Diocleziano) al rango di Augusto
Costantino (nato nel 272 da una donna di umili natali e regnante dal 307-337 d.C.). Costantino è
(secondo un cliché proposto dalla storiografia cristiana) “uomo pio ardentemente animato dalla fede e
incessantemente rivolto a perseguire il bene e la salvezza dei propri sottosti”
Massenzio (figlio di Massimiano, eliminato da Costantino nel 310 d.C.) viene scelto dai pretoriani, ma
sconfitto da Costantino nella battaglia del Ponte Milvio del 312 d.C., che, secondo la tradizione, segna
anche la conversione costantiniana al cristianesimo (e relativa visione di Costantino la notte prima
della battaglia dalla quale scaturisce la decisione di far incidere sugli scudi dei propri soldati il segno
della croce
Editto di Milano del 313 d.C., a seguito dell’incontro da Costantino e Licinio viene concessa la piena
libertà di culto in tutto il territorio dell’impero al cristianesimo e ad ogni altre religioni (n.m.: perciò
religio licita non solo quella cattolica)
323-324 d.C., scontro tra Costantino (che usa uno stendardo munito del monogramma di Cristo: XP,
ovvero le iniziali di Cristo in greco e gli appare in sogno la scritta “In hoc signo vinces”, “In questo
segno vincerai) e Licinio (che ha ripreso le persecuzioni anticristiane), che finisce sconfitto consacrando
il fallimento della tetrarchia e la concentrazione di tutto il potere nelle mani di Costantino
Edificazione di Costantinopoli nel 330 d.C. a cui segue una intensa attività di costruzione di chiese e di
aiuti al clero (famosa l’epistula nella quale Costantino accorda al clero l’immunità rispetto agli oneri,
sciogliendoli dagli impegni civili per consentirgli di dedicarsi al culto ed alla preghiera e
successivamente con una costituzione riconosce alla Chiesa la capacità di ricevere mortis causa
Costantino partecipa anche come vescovo laico al concilio di Nicea del 325 d.C. (che si conclude con la
condanne delle teorie ariane e l’affermazione di quel “credo” che avrebbe costituito il fondamento
teologico della religione cristiana: il figlio unigenito è generato non creato ed è della stessa sostanza del
Padre, consustanziale ed eterno”
Amministrazione periferica:
1. Prefetture, al vertice della struttura piramidale, istituite dal Costantino
2. Diocesi, istituite dal Costantino
3. Province
Con Costantino nasce il cesaropapismo, ovvero l’unificazione in una sola persona del potere politico e
di quello religioso. Il sistema del cesaropapismo si realizza quando il capo dello stato assume anche i
poteri di capo religioso, emanando norme che disciplinano l'organizzazione ecclesiastica e le forme del
culto
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Si abbandona inoltre quell’atteggiamento di fiducia del diritto classico dando inizio ad un’epoca dove il
linguaggio giuridico prende uno stile enfatico e ridondante, talvolta incoerente, frutto anche della scelta
dello strumento normativo della lex generalis (a disfavore dei rescritti)
Alla morte di Costantino, gli succedono Costanzo II a Oriente e Costante, padrone dell’Occidente, che
seguono una politica filo-cristiana. Morto Costante il potere passa a Costanzo II, e successivamente alla
morte di Costanzo II a Giuliano, nel 361 d.C. definito l’Apostata perché sostenitore del paganesimo,
che ripristina i riti e le cerimonie pagani, sopprime i privilegi concessi alla Chiesa da Costantino e dai
suoi successori senza tuttavia spingersi a perseguire i cristiani
Il trionfo della dottrina della consustanzialità e la consacrazione del cristianesimo come elemento
fondante l’impero vennero affermate con l’Editto di Tessalonica del 27.02.380 d.C. di Teodosio il
Grande il quale vieta i sacrifici e vengono chiusi i templi pagani
Questa epoca si caratterizza per la rigidità delle classi sociali a causa di pressanti esigenze di ordine
economico e dalla diminuzione della popolazione servile, dal diffondersi del colonato, una condizione
paraservile regolata da un vero e proprio asservimento alla terra dei coltivatori della terra (…i coloni
trasformarsi in servi e trasfigurarsi, come se avessero bevuto una pozione della maga Circe…)
DIRITTO E FONTI
Quando si parla di diritto romano si deve pensare ad una esperienza plurisecolare (13 secoli che partono
dalla fondazione di Roma ottavo sec. a.c. (753-754), fino alla morte di Giustiniano 565 d.c.) che giunge
ad uno stadio definitivo nel Corpus Iuris Civilis (così chiamato da Gotofredo), che è completamente
diverso da come era iniziato.
Due grandi opere del diritto romano:
1. Corpus Iuris Civilis, di Giustiniano
2. Istitutiones di Gaio, opera a carattere didattico
Quando si pensa al diritto bisogna pensare ad una linea in quanto esso è in continua evoluzione per
rispondere alla mutate esigenze della società (es. l’avvento di internet) e per risolvere pacificamente le
controversie fra le persone. La parte del diritto classico è quella più interessante.
In Oriente il diritto romano nella forma romano – bizantina sopravvive in Grecia sino al 1941 ed in
occidente le norme giustinianeo, mai perdute interamente, rifioriscono a Bologna con Irnerio e i
Glossatori che offrono all’Europa una comune base giuridica
Dal lavorio delle fonti romanistiche scaturiscono il Code Napolèon fino al codice italiano del 1942 e le
norme romano sono state vigenti in Germania sino al 1900, BGB (per riprendere la metafora di
Feuerbach, il diritto romano è il seme che imputridisce e rinasce)
PARTIZIONE TEMPORALE
1. diritto arcaico, dall’inizio sino alle leggi Licinie Sestie del 367 a.c. (da monarchia a repubblica) qui
il diritto si fonda sulle usanze (mores) garantite dalla interpretazione della classe sacerdotale (mores)
2. diritto preclassico, 367 a.c. sino ad Augusto, 27 a.c. (dalla repubblica al principato),
l’interpretazione del diritto si laicizza
3. diritto classico, da Augusto (e la sua silente rivoluzione che porta all’affermarsi del princeps,
ovvero primo, da cui principato, ed il potere normativo del Senato) fino alla fine delle dinastia dei
Severi, terzo secolo d.c. (parte molto importante). Si chiama così perché vi hanno vissuto alcuni dei
più importanti giuristi romani che noi studiamo, e sono i cd. giuristi severiani (sono coloro che
ricoprono la carica di prefetto del pretorio: Papiniano, Paolo e Ulpiano), veramente raffinati che
usavano il … cervello e che trovavano soluzioni eleganti (epitome = sinossi = riassunto, è una
caratteristica del tardo antico). In questo periodo c’è creatività, originalità, i giuristi miravano
all’eccellenza. E’ in questo periodo che vive Gaio l’autore delle Istitutiones. Alla fine di quel
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periodo Caracalla concede la Costitutio Antoniniana dando la cittadinanza a tutti gli abitanti
dell’impero
4. diritto postclassico, inizia la decadenza e si ha una volgarizzazione del diritto. L’imperatore da
princeps diviene dominus. Si isola tuttavia il diritto giustinianeo (527-565) che è migliore. In
oriente infatti si continua a studiare il diritto (Costantinopoli) sino a giungere al Corpus Iuris Civilis,
che comprende il cd. Digesto 533 (o, alla greca, Pandette), opera legislativa di Giustiniano. Il diritto
rinasce con la scuola bolognese con i glossatori intorno all’anno 1.000, Irnerio, Accursio, che hanno
interpretato il Digesto e da lì è nato il diritto comune: il codice civile italiano del 1865 ed è durato in
Germania sino al 1900 (B.G.B.) (a San Marino vige ancora il diritto romano)
IL SENATO
In epoca repubblicana è formato da ex magistrati che hanno svariate funzioni, un insieme indefinito di
interventi senza una funzione specifica. I senatori sono a vita salvo rimozione per cattivi costumi (a
differenza dei magistrati romani).
Con il principato si afferma il potere normativo del Senato con il senatoconsulto che passa da parere
preventivo dato al magistrato ad atto di normazione diretto
Questo potere perde autonomia con la oratio princips in senatu habita
Secondo l’elegante definizione di Celso il diritto è “ars boni et aequi”, tecne in greco: tecnica (o arte
nel libro di Storia del Diritto Romano) del buono e del giusto, non essendo legato a religione o economia
particolare, è esportabile. I giuristi romani tendono a non dare definizioni. I diritto romano è elastico,
tende cioè ad adattarsi secondo equità.
1. Mores, le usanze degli antichi, con essi nasce il diritto in forma orale sino alla legge delle XII tavole
emanata da un decemvirato nel 449 a.c. ed è la prima vera e propria codificazione (ci è giunto solo il
contenuto e rappresenta la cesura con la forma orale, anche nel diritto giustinianeo vengono citate ad
un millennio di distanza). La lex, ovvero la legge, non è la forma più utilizzata e con questa parola si
intende ciò che è approvato nell’ambito delle assemblee del popolo (non sono tanto numerose).
Successivamente si intenderà, in età postclassica, la norma imperiale
2. Lex, è la statuizione approvata dal popolo riunito nei comizi su proposta di un magistrato avente
facoltà di convocare l’assemblea. L’affermazione di Kirchmann “tre parole di rettifica del legislatore
ed intere biblioteche diventano carta straccia” non si adatta al mondo romano, lo scritto non
rappresenta l’esperienza primaria. La legge si pone tuttavia come strumento dell’adeguamento
determinato dal bisogno di parità della plebe
3. Legge delle XII tavole (verosimilmente di legno poi distrutte in un incendio), (Lex XII Tabularum)
che segna l’inserimento della legge scritta nell’ordinamento ed è un corpus legislativo ad opera di un
decemvirato ed emanate nel 449 a.c. il cui testo non ci è mai pervenuto (il passaggio del diritto da
pratica a scienza si definisce con la scrittura). Cicerone afferma che vale più di intere biblioteche di
filosofi. Sono il primo punto fermo del diritto romano, scritte in un latino aspro e insolito, realizzano
la raccolta e la modifica delle mores e affermano la mancipazione (alcune parti vengono riportate
nell’introduzione ad un corso romanistico)
4. Plebiscito, (Aquilia) sono deliberazioni della plebe convocata in assemblea su proposta del tribuno,
a partire dalla Lex Hortensia (286 a.c.) vincolano tutto il popolo
GIURISPRUDENZA
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Oggi la giurisprudenza è l’insieme delle decisioni degli organi giusdicenti ed è contrapposta alla
dottrina, ovvero all’opinione degli studiosi. Quella del giurista è una professione aristocratica, non
retribuita e formalmente motivata dall’interesse della civitas
Per i romani giurisprudenza (iurisprudentia) indica la categoria degli esperti di diritto e la loro opera di
elaborazione scientifica (iuris prudentes) e di consulenza e rappresenta il tessuto connettivo
dell’esperienza giuridica romana
FONTI DI COGNIZIONE
Indicano in mezzi che permettono di venirne a conoscenza. Fra le XII Tavole e la successiva raccolta
“ufficiale” di testi normativi passano circa 900 anni durante i quali i romani non avvertono l’esigenza di
raccolte organiche
1. Istitutiones di Gaio, di cui conosciamo solo il nome, praenomen, che non risulta abbia avuto lo ius
respondendi (che aveva il dono della chiarezza e che si pensa fosse un giurista che vivesse nelle
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province, diceva che l’allievo è destinato alla desistenza se la materia non viene spiegata in modo
semplice), è l’unica opera che giunge sino a noi senza il filtro operato dai giustinianei direttamente,
senza intermediazioni (è diritto classico puro) e sono state ritrovate nella biblioteca capitolare di
Verona, scopritore e un tedesco: Niebuhr. Gaio, isolato e sprovvisto di ius respondendi, esemplifica
la figura di giurista accademico, dedito all’attività didattica, di contro al giurista rivolto alla
pratica del responso
Ne sono giunte a noi gli 11/12 perciò si parla di integrità. Il testo ha una funzione didattica ed una
natura “civilistica” che tuttavia ha lasciato fuori istituti di creazione pretoria quali il pegno, l’ipoteca,
il deposito, la trattazione della dote
L’opera è divisa in quattro commentari (libri) a loro volta tripartiti, dal punto di vista
contenutistico:
1. persone, diritto delle persone
2. cose, ha a che fare con diritti reali, di obbligazione e successione. E’ la parte più
complessa
3. azioni, riguarda la parte processuale
Gaio ha scritto anche res cottidianae (nozioni di ogni giorno, ovvero cose quotidiane o aurea)
IL SISTEMA PRETORIO
Ius praetorium, diritto pretorio ovvero diritto onorario, deriva dall’attività del magistrato. Il pretore ha
un potere fondamentale che è quello di poter paralizzare gli effetti di diritto civile (dicotomia diritto
civile – diritto pretorio) quando questi effetti siano contrari all’equità e viene fatto emanando un editto
perpetuo (dal 130 d.C. che ridimensiona il ruolo del Pretore, riconducendo ogni attività normativa al
princeps nel quale il pretore emana quei principi, regole processuali, alle quali egli stesso si atterrà nella
amministrazione della giustizia. Egli perciò può disattendere la norma, riuscendo così a rendere il diritto
sempre al passo con i tempi e a risolvere situazione contrarie alla equità, esso non crea diritto, ma come
dice Papiniano, ha la facoltà di fare azioni o eccezioni al diritto civile.
Edictum perpetum (editto perpetuo) emanato all’inizio dell’anno dal Pretore, resta in vigore per tutto
l’anno. Nell’editto il Pretore espone i principi e le regole alla quali egli si atterrà nella amministrazione
della giustizia ed a partire dalla Lex Cornelia de edictis (legge Cornelia). Salvio Giuliano riceve
l’incarico da Adriano di cristallizzare l’editto
Edicto repentino, emanato durante l’anno di carica del Pretore
Decreta, apporta modifiche agli editti
Edictum tralaticium, editto che veniva tramandato da Pretore in Pretore
I CODICI
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L’idea di una codificazione nasce già con Cesare (mai realizzata). Il Codex è dapprima il tronco
d’albero, indi l’insieme delle tavolette lignee e infine l’insieme di fogli di pergamena cuciti a libro.
L’esigenza sorge a causa della confusione legislativa esistente e della necessità di ordine tramite la
sicurezza delle leggi
Codice Gregoriano (anno 292) codice privato al quale manca il sigillo dell’ufficialità, che
raccolse costituzioni, in prevalenza rescritti, di Adriano e Diocleziano
Codice Ermogeniano (anno 293-294) codice privato al quale manca il sigillo dell’ufficialità,
che comprendeva rescritti diocleziani
Codice Teodosiano (anno 438) contiene norme generali ed edittali consentendo però
ai giuristi di intervenire sul testo. Avrà grande fortuna, nato in Oriente ma colà tolto di mezzo
dalla compilazione giustinianea, prenderà il sopravvento in Occidente, successivamente alla
calata dei Longobardi (568) e verrà utilizzato dai barbari vincitori
1. Per i rescritti si rendono ufficiali i due codici Gregoriano e Ermogeniano (dandogli
ufficialità)
2. Per gli iura si risolve inserendo la legge delle citazioni (si citano i 5 giuristi e le opere
da questi giuristi citate in giudizio). Questa soluzione rende però irrisolta il problema
degli iura e incompleta la raccolta
IMPERATORE GIUSTINIANO
Giustiniano, ovvero Flavius Petrus Sabbatius Iustinianus, dominio 527 – 565. Si ha una rinascita del
diritto romano. Nasce nel 482 in un piccolo villaggio Tauresium (Skopie, Macedonia), è di origini umili,
il padre Sabbatius era di condizione molto modeste ma ebbe uno zio, Giustino, militare di carriera
nell’esercito bizantino poi divenuto imperatore, che volle far studiare Giustiniano
Nel 521 fu console, dopo aver ordinato l’uccisione nel 520 d.C. di un comandante militare, Vitaliano,
suo più pericoloso rivale
Diviene Augusto nel 527 d.C. e il primo agosto dello stesso anno, alla morte di Giustino, rimane l’unico
imperatore (sebbene a causa del decadimento fisico di Giustino, alcune fonti attribuiscono il regno di
Giustiniano a partire dal 518 d.C.). Muore nella notte fra il 14 ed il 15 novembre 565 mentre l’anno
prima era morto il grande generale Belisario (gli sopravvive solo Narsete, autore della riconquista
dell’Italia
Teodora, moglie di Giustiniano (…di ardente fede nomofisita: tesi che sostiene che Cristo era di natura
divina), sposata nel 524-5 d.C. e sua compagna sino alla morte di lei avvenuta nel 548 d.C., donna di
spettacolo (secondo altri modesta filatrice di lana mentre Procopio di Cesarea nei suoi Anecdota la
indica come una prostituta), importantissima e influente su Giustiniano che merita di essere ricordata
come la prima donna che ha influenzato il diritto (che per gli antichi è cosa da uomini) e per sposarla si
dovette abrogare la norma di Augusto che vietava il matrimonio tra attrici e senatori. La sua opinione è
stata determinante per matrimonio, adulterio e divorzio. Di lei si riporta la grande fermezza mostrata
durante i momenti drammatici della rivolta Nika del 532, dove si sarebbe appassionatamente
pronunciata per una resistenza ad oltranza (contro la decisione dello stesso Giustiniano e dei suoi
collaboratori) affermando che “per un imperatore nessun sepolcro è più degno del suo trono”
Attorno a Giustiniano vi sono anche altre importanti personalità, Cappadocia, Belisario e Narsete
(generali), e Triboninano (ministro della giustizia)
1. Interventi religiosi, che deve raggiungere l’unità religiosa nonostante la tesi di Ario (natura solo
umana di Cristo) e nomofisite (natura solo divina di Cristo), entrambe respinte dal concilio di Nicea
del 325 (affermata la natura sia umana che divina come l’ortodossia intendeva). Giustiniano prende
costantemente energiche misure contro i pagani e le sette ereticali più estreme
2. Intervento politico mediante il riassetto dello stato e le imprese militari (es. nel 538 (nel 554 nel
manuale) riconquista l’Italia). Si divide in due fasi:
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Prima fase, dal 527 al 540-1, ostilità contro i Persiani (chiuse nel 532-3 con la c.d. “pace
eterna”), la presa di Ravenna ad opera del generale Belisario (che aveva sottratto l’Africa ai
Vandali) e la guerra contro i Goti in Italia
Seconda fase, caratterizzata da una minor spinta espansionistica, tendente ad un
rafforzamento delle posizioni acquisite ed alla progressiva scomparsa dei suoi migliori
collaboratori
1. Novus Iustinianus Codex (529), con la costituzione Haec quae necessario (528) nomina una
commissione (di prevalenza burocratica) presieduta da Giovanni di Cappadocia. Uno degli scopi è
quello di amputare la “prolixitas litium”, ovvero ridurre la lunghezza delle cause sebbene emerga
chiaramente l’assenza di ogni tensione scientifica, intesa come rispetto delle dimensioni originarie
dei testi legislativi
I materiali:
I codici privati Gregoriano ed Ermogeniano
Raccolta ufficiale del Teodosiano
Le costituzioni emanate posteriormente comprese quelle dello stesso Giustiniano
Tuttavia la sua vita fu breve e a cinque anni di distanza venne sostituito dal Novus Codex e con la
Costitutio Cordi nobis del 534 (che introdusse il Novus Codex), si vietò ogni riferimento al Novus
Iustinianus Codex
3. DIGESTO (15.12.530-533): è una raccolta di iura che viene utilizzato dal giudice per il suo
convincimento. (Digesto, da digerere, ovvero ordinare; Pandette, ovvero pan decomai, comprendo
tutto). Con la costituzione Deo Auctore (che fa cadere le gerarchie della legge delle citazioni
mettendo tutti i giuristi sullo stesso piano e che dice che il digesto è legge ed ha la stessa forza
normativa delle costituzioni imperiali) viene programmata la più complessa ed ambiziosa delle
opere. Si istituisce una commissione presieduta da Triboniano (quaestor sacri palatii, ministro della
giustizia) più 16 collaboratori fra professori e avvocati. I commissari dalle opere dei giuristi aventi il
ius respondendi devono estrapolare dalla sapienza antica i materiali utili al presente ed esaminano
ben 2000 libri (sebbene solo 1625 hanno fornito materiali) estendendo il loro esame anche alle opere
dei giuristi che non ebbero lo ius respondendi (Gaio e i giuristi repubblicani). Gli interventi dei
commissari sui testi per adattarli alle necessità dei tempi, si chiamano “interpolazioni”. Un passo
del Digesto si indica attualmente con la lettera D. E’ legge ed ha la stessa forza normativa delle
costituzioni imperiali e sarà la base del diritto privato
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I commissari dimostrano così mancanza di pregiudizio e attenzione scientifica, sono 38/39 (forse 39
se si considerano Venuleio Saturnino e Claudio Saturnino) giuristi. I 5 della legge delle citazioni
contribuiscono per più di due terzi (un terzo solo Ulpiano)
Viene pubblicato con la costituzione bilingue Tanta Dédoken nel 533 nella quale si scorge un senso
più marcato dell’unitarietà dell’ordinamento giuridico, oltrepassando il problema dei rapporti fra
leges e iura e spaziando verso l’idea che lo Stato debba assumersi il compito del coordinamento del
sistema giuridico. Il manoscritto più noto, conservato presso la biblioteca Laurenziana di Firenze, va
sotto il nome di littera Florentina (o anche littera pisana)
È composto da:
9142 brani, ognuno con la inscriptio che indica l’autore, l’opera ed il libro da cui è
stato ricavato
50 libri
7 parti, è uno dei testi studiati all’università
Classicismo, di Giustiniano (in particolare evidenza nel Digesto), è il suo atteggiamento verso il
passato attuato mediante il ripristino del sistema normativo degli iura e la rinascita dello stile
giuridico. Tuttavia va rilevato come il Digesto, al contrario del Codice, delle Novelle e delle
Istituzioni, non è appare mai utilizzato in sede giudiziale e l’unico uso accertato è quello di opera
scolastica
4. Novus Codex (534), codex repetìta praelectiònis contiene le costituzioni imperiali da Adriano in poi
(c’è giunto un indice parziale, tramite un papiro di ossirinco, delle costituzioni tra le quali vi è anche
la legge delle citazioni), è in latino ed è suddiviso in 12 libri, le singole leges sono precedute da una
inscriptio recante il nome dell’imperatore emanante e il destinatario della costituzione. Sono
contenute materie sia privatistiche che diritto e processo penale, quanto diritto finanziario e diritto
amministrativo
Durante la redazione del Codice e del Digesto vi sono importanti pronunce imperiali:
Costitutiones Omnem, una sorta di riforma universitaria nella quale si stabiliscono i nuovi
programmi (es.: gli studenti del primo anno sono Iustiniani novi, del secondo sono edictales, del
terzo sono Papinianistae, del quinto sono prolytae)
Quinquaginta decisiones, soluzioni date da Giustiniano a questioni sorte nell’ambito della
giurisprudenza classica (50) e l’idea di una raccolta di iura, attuata poi nel Digesto, forse può
collegarsi ad esse
Costitutiones ad comodum, in vista della realizzazione del Digesto e per risolvere i problemi
che si sono presentati durante la sua redazione
LEGISLAZIONE NOVELLARE
VARIE FINALI
La parafrasi di Teofilo (membro della commissione del Digesto e coautore delle Istituzioni) è una
spiegazione delle Istituzioni di Giustiniano in lingua greca ascritta al diritto Bizantino. Nel diritto
bizantino della Parafrasi di Teofilo il possesso è definito come: tenere con l’intenzione (animo) di
esercitare la proprietà
Von Bluhme, grande studioso, nel 1820 si accorge che in ogni titolo si susseguono gruppi di opere (le
“masse”) al quale si deve la teoria delle masse di Bluhme:
1. massa sabiniana (giurista), diritto civile
2. massa edittale, di commento all’editto
3. massa papinianea, opere di casistica, ai quali vengono affidata anche l’appendice
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Egli ritiene che i compilatori si siano divisi in tre sottocommissioni, ognuna delle quali avrebbe
escerpito una massa
Hoffman criticò ferocemente la tesi di Bluhme e afferma vi fosse un pre – Digesto. Seppur criticata, la
tesi, ha trovato anche molti consensi
IMPERATORI ROMANI
fine