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Ebbe un ruolo fondamentale nella transizione del sistema di governo dalla forma
repubblicana a quella imperiale. Fu dittatore (dictator) di Roma alla fine del 49
a.C., nel 47 a.C., nel 46 a.C. con carica decennale e dal 44 a.C. come dittatore
perpetuo, e per questo ritenuto da Svetonio il primo dei dodici Cesari, in seguito
sinonimo di imperatore romano.[6] Con la conquista della Gallia estese il dominio
della res publica romana fino all'oceano Atlantico e al Reno; portò gli eserciti
romani a invadere per la prima volta la Britannia e la Germania e a combattere in
Spagna, Grecia, Egitto, Ponto e Africa.
Il primo triumvirato, l'accordo privato per la spartizione del potere con Gneo
Pompeo Magno e Marco Licinio Crasso, segnò l'inizio della sua ascesa. In base
all'accordo, Cesare sarebbe stato eletto console con l'appoggio politico di Pompeo
e finanziario di Crasso; in cambio, una volta console, avrebbe ratificato i
provvedimenti presi in Oriente da Pompeo, avrebbe concesso le terre ai suoi
veterani, e avrebbe avviato delle riforme a favore del ceto equestre per Crasso.
Con il rinnovo del triumvirato, a Lucca nel 56 a.C., fu riconfermato proconsole in
Gallia Cisalpina (e Illirycum settentrionale), Gallia Narbonense e Gallia Comata.
Dopo la morte di Crasso, caduto contro i Parti (Carre, 53 a.C.), Cesare si scontrò
con Pompeo e la fazione degli optimates per il controllo dello Stato. Nel 49 a.C.,
di ritorno dalla Gallia, guidò le sue legioni attraverso il Rubicone (in cui Lucio
Cornelio Silla stabilì il nuovo confine al nord del pomerio della città nell'81
a.C.) pronunciando le celebri parole «Alea iacta est», e scatenò la guerra civile,
con la quale divenne capo indiscusso di Roma: sconfisse Pompeo a Farsalo (48 a.C.)
e successivamente gli altri optimates, tra cui Catone l'Uticense, in Africa e in
Spagna.