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Capitolo 1

Dalla cultura greca abbiamo ereditato la terminologia che gli stessi Greci hanno usato per
descrivere i propri assetti politici quali ‘tirannia’, ‘democrazia’ ‘politica’. Essi erano ben
consapevoli che le polis greche, città-stato dell’antica Grecia, rappresentavano una forma di
governo insolita. Le origini delle polis sono tuttora avvolte nel mistero, si sono sviluppate
intorno al 600 a.C. fino alla conquista da parte del mondo greco da parte di Filippo II di
Macedonia e del figlio Alessandro Magno nel IV secolo. Le città portarono avanti alcuni
tentativi di autogoverno, si è trattato di un infelice tentativo, le città greche hanno perso la
totale libertà di azione in campo militare e nei rapporti tra Stati.
I pensatori greci hanno governato se stessi in maniera diversa dai persiani, il loro
rappresentava infatti un governo politico. La politica, hanno pensato, può esistere solo
all’interno di una città-stato autogovernata e sotto un principio stabilito dalla legge. In Persia
il concetto di politica non poteva esistere perché il Re era un padrone di schiavi, non un
sovrano di cittadini. La questione è analizzata da Erodoto, padre della storiografia. I cittadini
ateniesi erano uomini liberi, non sudditi o schiavi, erano auto-disciplinati. Gli uomini liberi
non vengono frustati per andare in battaglia. Fondamentale è l’indipendenza, su ciò si basa il
principio secondo cui i suoi membri attivi sono anche cittadini.
NB: La democrazia (idea secondo cui a governare sarebbero dovuti essere in ‘molti’) era
lontana dalla concezione politica dei greci. Gli Spartani hanno vissuto sotto un sistema
basato su un misto di elementi monarchici, aristocratici e democratici, ma erano socialmente
repressivi, ossessivamente religiosi e dipendenti dal lavoro manuale degli iloti, abitanti delle
zone limitrofe resi schiavi. Ad Atene solo una parte della popolazione era politicamente
attiva, stranieri, schiavi e donne venivano esclusi.
Il pensiero politico è nato ad Atene, perché gli Ateniesi erano un popolo di negoziatori. Per
i Greci la politica era una conquista, molti tra cui Platona la considerano un risultato
imperfetto.

1.2 nascita della polis


Le origini della polis risultano oscure per gli ateniesi siccome avevano una conoscenza
frammentaria della storia delle proprie istituzioni e non hanno tenuto inoltre conto della linea
di confine tra storia reale e mito.
Riguardo alle motivazioni che hanno portato alla nascita della polis, ve ne sono due:
-ragione militare, un gruppo sparso di persone si riunisce in città per vivere sotto la
protezione fornita dalle fortificazioni
-ragione politica, gruppo di persone ha accettato di vivere sotto un’unica autorità con o
senza il riparo delle mura cittadine
Non esisteva alcuno schema uniforme di organizzazione politica.
La suddivisione della collettività in ricchi e poveri era in ogni società, inclusa Atene, le
principali famiglie rappresentavano anche la classe dominante. Nonostante ciò la lotta di
classe era un pericolo costante. In molte città i Tiranni sono riusciti a salire al potere
offrendo protezione ai cittadini più poveri contro i ricchi e viceversa. ‘Tiranno’ significa solo
che quella persona è salita al potere in maniera incostituzionale e che governava in veste di
un unico sovrano.
1.3 democrazia ateniese
La sostituzione della tirannide con una democrazia sempre più radicale (cioè aperta alle classi
inferiori) fu il risultato ottenuto dagli Spartani in maniera del tutto involontaria. La politica di
Sparta consisteva nel far nascere oligarchie amichevoli in altre città-stato della grecia. La
democrazia ateniese aveva resistito come struttura di stato indipendente. A partire dal 508 in
poi la politica ateniese era stata dominata da Clistene, le cui riforme sono state rivolte alla
preparazione militare e al mantenimento della pace sociale attraverso l’apertura della vita
politica anche alle classi più povere.
La società ateniese si poggiava sulla schiavitù e la sua moralità politica si reggeva su due forti
contrasti: libero o servo, ateniese o estraneo. La cittadinanza ad Atene si otteneva per
discendenza, per uno straniero era quasi impossibile ottenerla. Il fatto di essere così esclusive
ha rappresentato una debolezza per la città. Queste contrapposizioni erano estese anche al
contrasto tra donne e uomini.
La chiave della democrazia ateniese era rappresentata dall’Assemblea o ecclesia. Era
un’assemblea legislativa, magistratura e organo esecutivo le cui decisioni erano inappellabili
eccetto che attraverso un ulteriore riunione assembleare. La sua partecipazione era di 40.000
persona, ma operava attraverso entità più piccole, corti composte da 500 membri e, in
particolare, attraverso i 500 membri del consiglio direttivo, boulé che rappresentava
l’amministrazione ateniese per un anno e il pritaneo, corpo composto da 30 membri che, a
turni di un mese, rappresentano il comitato di gestione della boulé. Entrambi i collegi sono
scelti attraverso un sorteggio che avviene dopo un esame di requisiti di ammissibilità. Nei
secoli successivi sono esperimenti con nuove corti il cui effetto è quello di dare potere
all’Assemblea togliendolo alle istituzioni aristocratiche.
Clistene razionalizza il confetto di cittadinanza, di appartenenza all’assemblea e determinò su
base regolare i contributi finanziari relativi alla flotta e all'esercito. Egli risolse i problemi di
conflitto interno organizzando i cittadini in dieci tribù divise geograficamente in classi o per
parentela e stabilendo i diritti dei loro membri. Le varie unità geografiche erano rappresentate
dai demi, o villaggi. Ogni tribù indicava 50 membri che avrebbero fatto parte della boulé e
non avrebbero potuto svolgere quella mansione per più di un anno alla volta, con il tempo si
stabilì che si poteva ricoprire quell’incarico solo due volte nella vita. Le tribù avevano il
compito di nominare gli strategoi, o generali. Erano cariche elettivi ricopribili più volte. Lo
strategos più famoso era Pericle, rieletto due volte.
L’atteggiamento di Pericle di fronte all’Assemblea era quello di demagogo, inteso come
leader della gente comune.
La creazione di Clistene differiva dalla moderna democrazia non solo perché era diretta
anziché rappresentativa. Non era una democrazia liberale, non c'erano limiti costituzionali a
ciò che l’assemblea poteva fare, né confini tra vita pubblica e privata. Gli Ateniesi
consideravano il sorteggio come modo più egualitario per distribuire il potere. Il concetto di
uguaglianza era politico: le famiglie nobili avevano superiorità sociale. Il potere
all’Assemblea era concreto, la sua sovranità assoluta.

1.4 glorie e fallimenti della democrazia


Il V secolo è dominato da due grandi guerre: le Guerre Persiane, un trionfo collettivo greco
e la Guerra del Peloponneso, un disastro ateniese. La disfatta guidata da Filippo II di
Macedonia pose fine alla democrazia ad Atene.
Erodoto è cronista delle Guerre Persiane, Tucidide della Guerra del Peloponneso. I loro
racconti non sono imparziali, avevano simpatie per l'aristocrazia e pensavano che le
democrazie fossero vulnerabili al dissenso, incostanza e sotterfugi.
Erodoto ha scritto “le Storie” con l’intento di spiegare il motivo per cui Greci e Persiani erano
condannati a farsi la guerra. Egli restava dell’idea che il conflitto tra Atene e Persia era
inevitabile. Per lui le autocrazie e democrazie non sono in grado di vivere a fianco con
tranquillità. L’ingombrante presenza dei governi democratici è di ispirazione per i popoli
sottomessi che pretendono di ottenere libertà. I regimi oppressivi sono tentati di espandere i
propri confini per impedire che i vicini democratici minaccino la loro sopravvivenza.

1.5 Tucidide
È un aristocratico e generale esiliati dall’Assemblea. Ci sono tre passaggi fondamentali:
-orazione funebre, Pericle elogia i morti ateniesi e difende il sistema democratico. Gli
Spartani temono di muovere guerra contro Atene per le loro abilità.
vi è immagine di democrazia partecipativa e di società in cui l’impegno politico era
universale.
Due momenti importanti:
-perorazione delle virtù ateniesi per il valore mostrato in battaglia
-Pericle si rivolge alle donne dicendo che il loro unico ruolo possibile era piangere gli eroi
morti, ciò è poco democratico
-massacro e riduzione in schiavitù degli abitanti dell’isola di Milo, Atene attacca con
ferocia Milo, Atene si mostra democratica e malvagia
Dialogo dei Meli, vedi appunti
-spedizione contro Siracusa, ateniesi disinformati sulle dimensioni e risorse della Sicilia la
attaccano per indebolire le capacità delle colonie greche, provocando la loro stessa sconfitta
Tucidide pensò che gli Ateniesi fossero dipendenti dalla guerra. La motivazione consiste nel
fatto che le antiche guerre fossero molto redditizie, i saccheggi rendevano più
dell’agricoltura. Egli pensava che l’aggressività delle democrazia fosse un tratto universale.

1.9 processo di Socrate


Nel 404, alla fine della guerra, si instaurò una breve ma violenta oligarchia, capeggiata de
Crizia e Teramene. Teramene era un moderato che si era messo in luce nell'oligarchia del 411
e che aveva fatto molto per garantire un ritorno alla democrazia senza spargimenti di sangue.
Crizia invece era un estremista. I Trenta Tiranni uccisero gli oppositori senza un processo
formale. Il regime instaurato da Trasibulo durò fino a Filippo il Macedone. Uno dei suoi atti
consiste nel processare Socrate per empietà. Tale processo è stato classificato come uno dei
capi d’accusa a carico della democrazia ateniese.
Con il processo di Socrate ha inizio la storia del pensiero politico occidentale. La morte
di Socrate avvia la carriera filosofica di Platone.
Socrate venne condannato a morte nel 399 con l'accusa di empietà, che si basava in sostanza
sul fatto che egli avesse negato l'esistenza degli dei e avesse corrotto dei giovani.
Non scrisse nulla, dal momento che disapprovava la scrittura, perciò oggi abbiamo solo i
resoconti dei suoi memorialisti su cui basarci. Egli sembrerebbe aver affermato che gli dei
non potevano essere come gli esseri umani li rappresentavano: gli dei erano tutti onniscienti e
immensamente saggi, ma i poeti li descrivevano come adulteri, assassini, veloci nell'adirarsi
ma lenti nel perdonare, vanitosi, sentimentali e sciocchi. L'Iliade di Omero era l'ovvio
obiettivo di questa critica.
È possibile anche che dietro il processo ci fossero degli interessi politici. L'amicizia di
Socrate con gli oppositori della democrazia, sia nel recente passato che in precedenza nel
caso di Alcibiade, gli aveva infatti alienato i suoi concittadini, che però non volevano la sua
morte. Durante il processo, a Socrate venne offerta la possibilità di smettere di insegnare, ma
non accettò.
Anche dopo la condanna a morte gli venne suggerito di lasciare la città e andare in esilio, ma
la sua risposta fu un'ulteriore fonte di stupore. Egli insistette ricordando di essere un
Ateniese, un cittadino, un membro rispettoso delle leggi della società e che non rispettare le
leggi che lo avevano protetto per tutta la vita per lui sarebbe stato peggio che bere della cicuta
e morire.

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