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STORIA DEL DIRITTO ROMANO – Prof.

ssa Maria Miceli


Sbobinature A.A. 2019/20 I semestre

Testi consigliati:

- P. CERAMI, M. MICELI, Storicità del diritto. Strutture costituzionali, fonti, codici. Prospettive
romane e moderne, Giappichelli Editore, Torino, 2018, 1-485
- CERAMI-ORBINO-METRO-PURPURA, Roma e il Diritto. Percorsi costituzionali, produzione
normativa, assetti, memorie e tradizione del pensiero fondante dell’esperienza giuridica
occidentale, Jovene Editore, Napoli, 2010.
- CERAMI-DI CHIARA-MICELI, Profili processualistici dell’esperienza giuridica europea. Dall’esperienza
romana all’esperienza moderna, Giappichelli, Torino, 2003.
( Parte I, sez. I, p. 3-16; Parte II, sez. I, p. 75-106; Parte II, sez. I, p. 249-285)

- DE MARTINO, Storia della costituzione romana, I-VI, Napoli, 1990


- CERAMI-PURPURA, Profilo storico-giurisprudenziale del diritto pubblico romano, Giappichelli,
Torino, 2007.
- VACCA, Metodo casistico e sistema prudenziale, in Il Giurista europeo, Padova, 2005.
- GAROFALO, Fondamenti e svolgimenti della scienza giuridica, in Il Giurista europeo, Padova, 2005.
- SCHIAVONE, Ius. L’invenzione del diritto in occidente, Einaudi, 2007.
- ORESTANO, Introduzione allo studio del diritto romano, Il Mulino, Bologna, 1987.
- SANTALUCIA, Diritto e processo penale nell’antica Roma, Giuffre, 1998.

Lezione 1 – 30.09.19 I N T R O D U Z I O N E

La Storia Romana si definisce in un periodo che va dalla fondazione di Roma nell’VIII sec a.C. alla morte di
Giustiniano nel VI sec d.C.. La maggior parte del diritto romano ci perviene grazie al Corpus Iuris Civilis, una
grande opera redatta da Giustiniano che raccoglie Istituzioni, Leggi e avvicendamenti politici dell’Impero
Romano. L’Impero Romano fu l’impero più esteso della storia non solo dal punto di vista territoriale ma
anche dal punto di vista della sopravvivenza (ben quattordici secoli). Le istituzioni romane sono state
tramandate di generazione in generazione non per costrizione della forza politica corrente ma in virtù del
loro valore. Il processo nasce a Roma come forma di garanzia del sistema, in cui difesa e accusa hanno in
egual misura la possibilità di esprimersi liberamente sotto il giudizio di un soggetto terzo e imparziale. Il
diritto romano fonda la storicità del diritto come sensibilità fondamentale, crea la grammatica giuridica di
base e diffonde principi e regole comuni che vanno oltre i confini nazionali e che oggi sono strumento di
dialogo. Il diritto è un fenomeno di regolazione sociale, politico ed economico, quindi legato alla storicità
degli eventi e ai cambiamenti che avvengono in seno alla società non solo a causa di contingenze politiche.

Lezione 2 – 01.10.19

La storia di Roma viene tradizionalmente divisa in quattro periodi in base alle sue strutture costituzionali:

- Monarchia: nasce convenzionalmente nel 756-754 a.C, perdurata grazie al susseguirsi dei Sette Re
di Roma e si conclude con la cacciata dei Tarquini nel 509 a.C..
- Libera Res Publica: dal 509 a.C. al 27 a.C., particolare struttura politico-costituzionale che,
attraverso la Libertas politica, filosofica e culturale, assicurava ai soggetti che ne facevano parte una
libertà in senso garantistico e una libertà in senso pubblicistico: il cittadino libero in quanto tale
concorreva personalmente alla propria autodeterminazione, nonché all’autodeterminazione stessa
dell’identità comune poiché facente parte di una comunità attiva. Il massimo esponente della
difesa e la sopravvivenza della Libertas e della Repubblica fu Cicerone, vissuto nel I sec a.C. durante
l’acceso periodo delle guerre civili, che ne esprime il concetto attraverso una perifrasi essenziale
‘Bisogna essere schiavi delle leggi per essere liberi’.
- Principato: inizia con Augusto nel 27 a.C. e termina nel 235 d.C. con la dinastia dei Severi. A questo
periodo segue un cinquantennio di Anarchia militare in cui Roma è gestita dai capi degli eserciti,
nominati imperatori e quasi tutti morti assassinati.
- Dominato: caratterizzato dall’Impero in quanto struttura politica simile a quella del Principato, ma
con un potere molto più accentrato nelle mani di un unico capo politico, il Dominus et Deus, che è
in sé anche vertice religioso. Nasce nel 284 d.C. con la riforma di Diocleziano e si conclude con la
morte di Giustiniano nel 565 d.C..

Il Principato nasce come evoluzione della Libera Res Publica e viene instaurato da Ottaviano Augusto, uno
dei principali seguaci di Cesare, ucciso nel 44 a.C. da Bruto e Cassio. I due Cesaricidi successivamente in
tribunale esporranno il loro atto come atto politico garante della difesa dello Stato: prendendo posizione in
qualità di Senatori, e non di semplici cittadini, dichiareranno l’attentato all’Imperatore come un salvataggio
della Res Publica, un moto di liberazione da un attentatore dello Stato, appellandosi a una legge del Codice
Romano che dichiarava che chiunque avesse tentato di ripristinare il Regnum poteva essere condannato a
morte; l’azione, posta in questi termini, risulta quindi legittima. Cesare d'altronde oltre ad aver valicato il
Rubicone e ad aver dato inizio alle guerre civili, si era fatto nominare dittatore a vita, contrariamente a
quanto la Costituzione Romana diceva: nessuno infatti poteva stare al potere a vita, e ogni carica del
Cursus Honorum (il percorso politico) era rigorosamente limitata nel tempo e garantiva un’alternanza di
potere e un’effettiva democraticità. Il Principato di Augusto fu caratterizzato non dalla totale soppressione
della Res Publica ma dalla sovrapposizione a questo sistema di una nuova figura, il Princeps, soggetto che
coordinava l’attività politica del Regnum attraverso i magistrati (non vi è più un accentramento politico).

Lezione 3 – 02.10.19 P R E M E S S E

Dopo la caduta dell’Impero Romano si diffonde il buio periodo del medioevo e il diritto segue l’avvicendarsi
dei fenomeni socio-politici. Viene meno l’unitarietà politica. Cominciano a prodursi consuetudini locali
diverse e varie, il cui riferimento autoritativo fondamentale è il diritto romano del Corpus Iuris Civilis di
Giustiniano. L’opera contiene le Institutiones (opera didattica archetipo di un codice di diritto privato), i
Digesta (raccolta di frammenti di dei più eminenti giuristi della storia di Roma), il Codex (raccolta delle
costituzioni imperiali da Adriano allo stesso Giustiniano) e le Novellae Constitutiones (costituzioni emanate
da Giustiniano dopo la pubblicazione del Codex, fino alla sua morte). Il diritto dei Digesta rimane nell’ombra
durante il Medioevo e viene riscoperto nell’anno mille. A partire da questa riscoperta si diffonde in tutta
Europa il diritto romano elaborato scientificamente e diviene la base di formazione dei nuovi giuristi. Il
diritto si diffonde anche grazie a tre movimenti culturali-filosofici:

- Giusnaturalismo (Ius Naturalis), tra il ‘500 e il ‘600 il diritto si avvicina alla natura umana e si
diffonde la convinzione che l’uomo sia dotato di diritti fondamentali intoccabili. Si considera ora il
diritto romano come il diritto che più, durante la storia, si sia avvicinato ai bisogni dell’uomo.
- Razionalismo giuridico, nel ‘700 le regole giuridiche innate della natura umana vengono affiancate a
una componente scientifica ‘logico-stringente’ che durante tutto il secolo fonda il diritto moderno
(nell’epoca della Rivoluzione Francese la rivoluzione sociale investe anche l’ambito politico).
- Positivismo giuridico, nell’‘800 scandisce il diritto attraverso il fenomeno politico e si differenzia nei
vari profili nazionali presenti nell’area intercontinentale.

L’Italia dell’‘800, così come la maggior parte dell’Europa continentale, si afferma su un sistema legislativo-
codicistico, in cui la produzione del diritto è accentrata e gerarchicamente organizzata nelle mani dello
Stato, e la legge è un atto normativo di carattere astratto. Nell’Inghilterra dello stesso secolo invece, lo
Scisma Anglicano pone una prima separazione a livello religioso-sociale all’interno del paese stesso e nei
confronti dell’Europa, in un sistema pluralistico di tipo casistico-giurisprudenziale, in cui il diritto è
modellato a partire dal fenomeno concreto e non esiste una gerarchia delle fonti.

Derivate dal giusnaturalismo seicentesco vi sono tutte leggi appartenenti allo Ius Naturalis che prescindono
dal contesto storico-sociale e che sono universalmente valide e riconosciute. Il codice Napoleonico
emanato nel 1801 funziona da spinta verso gli altri stati europei alla redazione di un proprio testo
normativo. L’Italia si da un primo codice civile nel 1865 sul modello di quello francese, mentre la Germania
vi approderà solo nel 1901 (Bürgerliches Gesetzbuch, comunemente indicato con le iniziali BGB) sul
modello degli antichi Digesta (il Diritto nasce dallo spirito del popolo, ovvero dal diritto naturale, ma è
tuttavia un fenomeno razionale). Il codice tedesco funzionerà poi da modello per tutta l’Europa.

Lezione 4 – 07.10.19

Lo studio del diritto romano è caratterizzato da:

- Essenziale storicità del diritto, ovvero che la storia in ambito giuridico nasce dall’essenziale storicità
del fenomeno giuridico, che vede ogni provvedimento contestualizzato nelle proprie circostanze
socio-culturali nonché storiche.
- Determinato ruolo svolto nella formazione e sviluppo della Tradizione giuridica Occidentale
(Western Legal Tradition) nella duplice forma del Civil Law e del Common law, in quanto
fondamento della tradizione giuridica dei paesi dell’Europa Continentale e del mondo anglosassone
in virtù della sua intrinseca razionalità (Il diritto romano trova sua applicazione Non ratione imperii,
sed imperio rationis - “Non per costrizione di chi comanda, ma per la forza della sua razionalità”).
Nell’Europa continentale si sviluppa un sistema politico accentrato di tipo legislativo-codicistico:
l’aspetto più importante del diritto è la legge, cioè l’atto normativo prodotto dal legislatore, che
viene trasfuso nei codici scritti e utilizzato come punto di riferimento dagli interpreti; la potestà
legislativa è quindi pubblica, legata a una piccola sezione dei funzionari dello Stato. Nel mondo
inglese è invece casistico-giurisprudenziale: la produzione dell’ordinamento giuridico non si fonda
solo sulla legge o sul codice, e riconosce la produzione del diritto a più fonti, ai legislatori ma ad altri
soggetti, come ad esempio ai giudici.
Tradizione continentale (Europa) – Civil Law / diritto dogmatico e scientifico
Tradizione anglosassone e americana – Common Law / diritto pragmatico e flessibile
- Ruolo paradigmatico svolto nella formazione del diritto comune europeo e, dunque, dell’identità
giuridica europea, ovvero la creazione di principi e valori fondamentali universalmente
riconosciuti.

“Il giurista deve possedere e coltivare una profonda sensibilità storica, intesa come capacità di
comprensione delle principali dinamiche di creazione, sviluppo e trasformazione dei fenomeni giuridici in
relazione ai diversi e multiformi contesti storici in cui si radicano.”
Il diritto romano è polisemantico. Orestano, nell’introduzione al volume “Storicità del diritto – strutture
costituzionali, fonti, codici”, precisa che ne esistono almeno cinque accezioni:

- Diritto romano dei romani, quel diritto che fu prodotto durante il periodo di attività dell’impero
dall’VIII sec a.C. al VI sec d.C.;
- Tradizione romanistica, quel diritto studiato e applicato nel periodo immediatamente successivo
alla compilazione di Giustiniano, dal VI sec d.C. all’epoca moderna;
- Diritto comune europeo, diritto evoluto e diventato il fondamento della scuola giuridica europea;
- Pandettistica, diritto dogmatico, elaborato e scientifico, che è stato trasfuso nel tempo nei codici e
che è nato in Germania nella seconda metà dell’‘800;
- Romanistica.

Nel suo saggio “Ius - L’invenzione del diritto in Occidente”, Schiavone sostiene che proprio in Occidente sia
stata creata la funzione del Diritto (concepito come fenomeno scientifico e autonomo). Il Diritto romano
predispone le regole che disciplinano tutti gli aspetti della società.
Western Legal
DIRITTO Tradition
ROMANO
Identità Giuridica Valore Diritto Comune
Europea paradigmatico Europeo

Lezione 5 – 08.10.19

Il giurista Carl Schmitt, fondatore della corrente costituzionalistica del Novecento, da sostenitore del
nazismo passò ad essere promulgatore di pace e unità, prevedendo anzitempo la futura unione degli stati
europei ed extraeuropei sulla base della tradizione giuridica romana. Nel suo saggio “La coalizione della
scienza giuridica europea” («WISSENSCHAFT DES RÖMISCHEN RECHTS»), nel 1943-44, Schmitt riscopre la
comunità giuridica europea, unita non dalla condivisione di un diritto, ma dalla condivisione di una Scienza,
ovvero quell’architettura propria del diritto romano; invita poi gli Stati a quella che successivamente sarà
definita come Unione Europea. D'altronde in Europa, nel corso dei secoli, il Diritto Romano divenne fonte di
un vocabolario comune, si affermò come lingua veicolare della comunità giuridica e modello riconosciuto
del lavoro concettuale giuridico, nonché base del common law. All’interno di ogni paese tuttavia, il
fenomeno giuridico rimase un fenomeno essenzialmente storico, cioè identificato in relazione ad un preciso
contesto politico, sociale, economico e culturale, e pertanto con una configurazione più o meno flessibile.

Lezione 6 – 09.10.19

Il sistema giuridico attuale è caratterizzato da un pluralismo giuridico delle fonti di produzioni del diritto e
delle istituzioni, e dalla centralità dell’opera dell’interprete. Guido Alpa, uno dei più grandi privatisti italiani,
sostiene che il diritto romano sia stato fonte giuridica per il diritto dei paesi europei (Civil law) e di influenza
per i paesi anglosassoni (Common law), elemento di mediazione per gli ordinamenti interno ed esterni.

La Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) interpreta il diritto dell'UE per garantire che sia  applicato
allo stesso modo in tutti gli Stati membri e dirime le controversie giuridiche tra governi nazionali e
istituzioni sovrastatali. Fu istituita nel 1952 e ha sede in Lussemburgo, e si occupa di assicurare il rispetto
della legge. La corte è composta da un giudice per ciascun paese dell’Ue più 11 avvocati generali, mentre il
tribunale da 56 giudici.
La Corte Europea dei Diritti dell’uomo, o Corte di Strasburgo, è un organo giurisdizionale internazionale,
istituito nel 1959 attraverso la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali (CEDU - 1950), per assicurarne l'applicazione e il rispetto; vi aderiscono tutti i 47 membri
del Consiglio d'Europa. L’Italia, nei confronti di questa convenzione, ha operato una sottoscrizione ordinaria
di carattere internazionale. La mediazione qui avviene attraverso gli organi centrali, ovvero lo stato o la
corte costituzionale, in quanto il singolo giudice non può esserne esponente.

Lezione 7 – 14.10.19 (T E O R I A D E G L I O R D I N A M E N T I G I U R I D I C I)

La teoria degli ordinamenti giuridici fu elaborata agli inizi del ‘900 dal costituzionalista palermitano Santi
Romano. L’ordinamento giuridico viene definito come un modo per spiegare una realtà che ha tre elementi
caratteristici: pluralità dei soggetti che ne fanno parte, organizzazione della pluralità, pluralità di regole. È
una nozione pragmatica in grado di definire un contesto plurisoggettivo e organizzato che si dà delle regole,
che è composto da ordinamenti giuridici inferiori aventi una propria identità giuridica autonoma e quindi
un proprio metodo disciplinante.

L’ordinamento giuridico va letto alla luce di principi definiti nella Carta Costituzionale. Di recente Corte di
Giustizia e Corte Costituzionale, oltre ad allargare il potere dell’interprete, hanno vincolato l’ordinamento
giuridico anche al Diritto dell’UE e al diritto della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) –
l’adempimento a questi obblighi sovranazionali non corrisponde a una diminuzione di tutela ma anzi ad un
ampliamento. L’ordinamento giuridico italiano è di tipo tecnico-formale, quindi caratterizzato da una
gerarchia delle fonti, che si esprime come la direttiva indicata dalla norma – gerarchicamente – prevalente
(principio del primato); il sistema Europeo è invece basato sull’effettività del diritto e sulla sua reale validità
(di tipo casistico-giurisprudenziale), in cui il rapporto tra le fonti viene percepito in maniera assiologica -
sostanziale, ovvero sulla base valoriale del contenuto. (Sentenza 117/2009).

La Corte Costituzionale afferma che, nel valutare queste interrelazioni normative, va considerato che il
risultato nasce da una combinazione virtuosa tra tre soggetti: il Legislatore, che deve conformarsi ai principi
dei trattati, il Giudice comune, che deve leggere il suo diritto interno in conformità con quello esterno, la
Corte Costituzionale, che valuta il principio qualora norma interna e norma esterna siano troppo distanti.

Lezione 8 – 15.10.19 R I C A P I T O L A Z I O N E D E L L E L E Z I O N I P R E C E D E N T I

Lezione 9 – 16.10.19 O R I G I N E

I quattro periodi caratteristici dell’epoca romana (Regnum 754-509 a.C. – Libera Res Publica 509-27 a.C. –
Principato 27 a.C.- 235 d.C. – Cinquantennio di Anarchia Militare fino al 284 d.C. – Dominato 284-565 d.C.)
si differenziano per contesti sociali, economici e politici.

La Monarchia è la fase regia dell’epoca romana riguardo la quale sono pervenute fonti molto ridotte e
frammentarie, di difficile interpretazione nonché fortemente mescolate alla leggenda. La posizione
strategica tra le maggiori città del Mediterraneo favorì notevolmente l’ampliamento del primordiale nucleo
di Roma che nacque come un semplice villaggio di pastori e contadini. In questo periodo iniziano a formarsi
le prime istituzioni giuridiche sul modello etrusco, che attingeva alla struttura cittadina della polis greca
(città-stato). Le tradizione letteraria annalistica di Tito Livio e di Dionigi di Alicarnasso, vissuti 900 anni ca.
dopo la fondazione della città, e di Cicerone, forniscono le prime fonti interpretabili sulle origini di Roma.

Si affermano le prime fonti del diritto consuetudinario che prevalgono su quello legislativo; il diritto
consuetudinario era il Mos Maiorum, legge non scritta mista di giuridico e religioso, ventaglio di tradizioni,
usanze, costumi appartenenti agli antenati e mantenuti in vita nel tempo dalle nuove generazioni tramite la
trasposizione orale. Questa legge mista, prevalentemente religiosa, apparteneva a un sistema pragmatico,
basato sull’interpretazione del fatto singolo volta per volta.

Il Rex dell’epoca monarchica era dotato di un potere religioso e circondato da tre collegi sacerdotali
depositari delle prime forme di diritto giuridico e religioso, quindi di prassi e riti, che si occupavano di diritto
privato, istituzionale e internazionale. Aveva il compito di trarre gli auspici, ovvero di consultare l’autorità
divina attraverso le viscere degli animali o segni naturali; in base a questi avvenimenti la comunità
conformava il proprio comportamento. Accanto alla figura del Rex nascono il Consilium dei Patres, organo
consultativo da cui il sovrano attingeva per proclamare le sue leggi, e le prima forme di Assemblee Popolari,
in cui si riuniva il popolo romano sia per richieste che per approvazioni.

Nel 509 a.C. viene cacciato l’ultimo re etrusco e nasce il nuovo sistema istituzionale della Res Publica,
caratterizzata dall’avvento dei Consoli, in qualità di capi politici, e del Senato (organo derivato dal Concilium
dei Patres), dal civis “cittadino” attivo, dalla Libertas ovvero l’autodeterminazione politica, dal concetto in
nuce di democrazia, tratto dalla cultura greca. Si afferma la prima Lex Publica e l’attività della
Giurisprudenza di tipo casistico. Durante la crisi della Res Publica le guerre civili sono espressione della
caduta della democrazia e dell’affermarsi degli interessi individuali.

Nasce il Principato, sistema dal potere ibridamente accentrato nella figura del Princeps. Il primo Princeps
dell’epoca del Principato è Ottaviano Augusto, che al contrario di Cesare non accentra tutti i poteri in sé ma
ne coordina l’attività socio-politica. Le cariche che prima erano nominate dal popolo o da un’assemblea ora
vengono pronunciate in via diretta dal principe, che li presenta come pochi e intimi consiglieri imperiali, col
fine di mantenere l’accentramento politico. Il potere centrale con il tempo diventa sempre più forte fino ad
esautorare completamente le altre cariche, fino all’affermazione del Dominato.

Nel Dominato si parlerà di Dominus et Deus, capo assoluto della comunità politica e religiosa, nonché
sociale e culturale, l’unico soggetto in grado di produrre diritto. La società è organizzata in maniera
gerarchica e dipende interamente dall’imperatore.

Lezione 10 – 22.10.19 R E G N U M

Gli ordinamenti giuridici possono essere derivati (derivano da altri ordinamenti) o originali (che si sono
creati spontaneamente). Le tradizioni annalistiche riportano che Roma sia nata come ordinamento giuridico
derivato dalle comunità del Mediterraneo, e in particolare da Alba Longa, città di cui Roma era colonia,
oppure che sia stata fondata dagli Etruschi. Entrambe le teorie sono state ritenute infondate dato che gli
studi geo-storici affermano che Roma si sia formata originariamente dall’unione di piccoli gruppi inter-
parentali che abitavano nella zona del Lazio e che decisero di federarsi per scopi principalmente economici.

Il primo insediamento romano viene localizzato sulle tre cime del colle Palatino, era gestito da un capo
carismatico, il Rex Ductor e corrisponde, secondo gli studi, alla zona in cui operava il circuito processionale
di un collegio sacerdotale, i Luperci (dal latino Lupum Eiciam “scacciare il lupo”), che si occupava in termini
religiosi della difesa di questa porzione di territorio. L’unico Rex che caratterizza questa prima fase è
Romolo. Livio, durante l’età del Principato, riferisce nei suoi Annales che Romolo, prima di auto-assumere il
potere, consultò gli àuguri, che legittimarono religiosamente la sua carica; il rito e la sua sacralità sono
caratteristiche fondamentali dell’embrionale impero romano che però non sarebbe potuto nascere senza le
regole del diritto, inizialmente composto da prassi e consuetudini (Mos Maiorum). Dionigi di Alicarnasso
riporta che la suddivisione della comunità operata da Romolo prevedeva la suddivisione dei tre gruppi più
grandi e autonomi (tribù) in dieci rispettive Curiae (per un totale di trenta) che furono, a loro volta,
suddivise in altre dieci parti, ciascuna comandata da un proprio comandante, chiamato Decurio. Anche il
territorio fu suddiviso in trenta parti ed affidato alle trenta Curiae, in modo che vi fosse maggiore
uguaglianza e una certa autonomia.

Nella seconda fase si verifica l’unione tra popoli Latini e Sabini e l’entrata all’interno della dominazione
romana di molte tribù di struttura gentilizia (Gentes) stabili nella zona del Lazio in cui era sorto il primo
nucleo dell’impero. Si delinea una struttura federativa in cui il Rex, ora capo civile e religioso, viene
affiancato da un primo organo di assemblea, il Consilium dei Patres. Il Consilium era composto da tutti i capi
della Gentes, i Patres Gentium, ed era espressione del potere della Gentes stessa, inoltre legittimava il
potere del sovrano (Auspicia ad Patres regunt “il potere dei padri per governare”) e, nella frazione di tempo
che intercorreva tra la morte di un Rex e la salita del successivo (Inter-Regnum), deteneva il potere assoluto
e lo esercitava attraverso un Inter-Rex. Il Consilium sceglieva il nome di un soggetto che riscuoteva grande
consenso da parte della Gentes (Creatio – momento civile), veniva posto sotto analisi della divinità per
ricevere l’assenso divino (Inauguratio – momento religioso), e infine assume i poteri di fronte al popolo (L ex
Curiata de Imperio – momento militare). Alcune fonti sostengono che il Rex, una volta presentato, doveva
essere approvato dal popolo; in epoca recente gli storici però hanno confutato la tesi e sostenuto
unanimemente che la cerimonia della Lex Curiata de Imperio consisteva nell’autoproclamazione del
sovrano e nella presa in atto del popolo, in quanto in precedenza aveva ricevuto il benestare del Consilium.
Un altro organo di rappresentanza che prende forma in questo periodo è la Comitia Populi Curiata,
assemblea cui partecipavano i Cives romani suddivisi per Curiae, che aveva una funzione consultativa per il
Rex ed era base per la leva militare proporzionata.

L’influenza etrusca su Roma, durante il suo momento di dominazione (terza fase), contribuisce in maniera
fondamentale alla formazione di una prima struttura organizzata e unitaria assimilabile alla città-stato delle
poleis greche che però manteneva la figura del Rex in quanto capo militare. Gli Etruschi contribuiscono
all’ampliamento territoriale, culturale ed economico di Roma, nonché al miglioramento delle concezioni
giuridiche con l’introduzione di un modello costituzionale. La struttura gentilizia muta in un sistema
unitario incentrato sul Rex. Il Consilium dei Patres viene arricchito dai Reges Etruschi di nuovi soggetti in
base al criterio dell’anzianità, e muta il suo nome in Senato, da Senex “anziano”; l’anzianità e la saggezza
infatti diventano i criteri di accesso a questo organo, non più strettamente rappresentativo, ma
consultativo. Il popolo non viene più suddiviso nelle trenta Curiae ma in base al Censo; Servio Tullio crea la
Comitia Centurionae, base del futuro ordine repubblicano e organo di rappresentanza della sovranità
popolare che, come i Comitia Populi Curiata era base per la leva militare. L’obiettivo dei sovrani etruschi era
quello di limitare il potere della Gentes romana e aumentare quello dei soggetti dall’alto calibro che erano
venuti al loro seguito: il criterio censitario, a questo proposito, permette ai neo-stanziati più ricchi di
superare i nativi romani e di accedere alle strutture costituzionali di Roma.

Lezione 11 e 13 – 29.10.19 e 04.11.19 L I B E R A R E S P U B L I C A

La Libera Res Publica inizia nel 509 a.C. e si chiude nel 27 a.C. e si distingue in tre fasi: la fase del conflitto
Patrizio-Plebeo, attraverso il quale si creano le strutture costituzionali della Libera Res Publica basate sulla
Libertas, sulla Temporaneità, sull’Alternanza del Potere e sulla Sovranità Popolare; il momento di massima
ricchezza (l’apogeo) in cui l’assetto istituzionale con Magistrature, Senato e Assemblee Popolari si stabilizza
e si rafforza, dalla Lex Hortensia (287 a.C.) al 133 a.C. (sconfitta di Cartagine); la fase della crisi, con le
guerre civili e il conflitto tra Cesare e Pompeo, che si conclude con le Idi di Marzo nel 27 a.C..
Dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo nel 509 a.C., ultimo Rex etrusco, si votano a Roma la Lex
sull’Adfectatio Regni, ovvero la condanna a pena capitale per chiunque avesse ritentato di ricostituire il
Regnum, e, presumibilmente, la Lex Valeriae Horatiae de Provocatione, che istituiva l’organo della
Provocatio ad Populum, misura di tutela per il cittadino, che si dichiarava ingiustamente punito, per
contrastare l’esercizio repressivo della magistratura, dopo essere stato giudicato positivamente da
un’assemblea popolare. Si istituisce il processo, luogo di garanzia per colui che veniva condannato e che
aveva la possibilità di essere giudicato innocente o colpevole da un individuo terzo e neutrale.

Nel 509 a.C. risorgono le antiche Gentes che erano state esautorate e si instaura la Libera Res Publica,
governata da due soggetti in ordine di importanza, il Magister Populi, come capo della fanteria, e il
Magister Equitum, come capo della cavalleria (i primi erano stati nominati dal Rex prima della sua cacciata, i
successivi probabilmente venivano scelti per cooptazione – designazione dei membri già in carica).

Prima di giungere all’epoca di reale democrazia e libertà popolare, si passa per una fase di Dominatio
Patriciorum “Dominazione dei Patrizi”, in cui si tenta una restaurazione del potere dispotico da parte dei
Patrizi e durante la quale i Plebei si rivoltano, con l’obiettivo di ampliare la con-partecipazione della loro
classe sociale alla vita politica (Secessione dell’Aventino – 494 a.C.). Dopo essersi ritirati sull’Aventino, il
popolo plebeo prende consapevolezza dell’organicità e della necessità del suo ruolo nella società romana e,
guidati dal futuro Tribuno della Plebe Menenio Agrippa, decide di tornare a Roma con una propria
organizzazione interna (Concilia Plebis), pretendendo organi di rappresentanza inviolabili e sacri
“Sacrosancti”. Attraverso la presunta Lex Valeria Horatia de Tribunicia Potestate (509 a.C. o 449 a.C.) e la
Lex Sacrata del 494 a.C. (“Sacrata” poiché tutti i secessionisti plebei l’avevano giurata tramite
Sacramentum) vengono istituiti i Tribuni della Plebe, prime figure di rilevanza in opposizione al potere
patrizio, e prime figure di rappresentanza a tutela degli interessi della classe plebea. La Lex prevedeva
inoltre che chiunque avesse violato le figure dei Tribuni “Sacrosancti”, sarebbe potuto essere condannato
alla Sacertas, la consacrazione agli dèi, ovvero in pratica, la pena capitale.

Grazie al potere acquisito, i Plebei riuscirono ad ottenere una serie di interventi in loro favore:

- Leges Valeriae Horatiae (509 a.C. o 449 a.C.): de Provocatione; de Tribunicia Potestate; de
Plebiscitis, riconosce al plebiscito il valore di una legge pubblica in quanto qualsiasi deliberazione
adottata, prima dai Concilia Plebis, poi dai Plebisciti, infine dai Senatori, diventa vincolante ed
obbligatoria per l'intera cittadinanza.
- Lex Canuleia de Conubio (445 a.C.): viene ammessa la possibilità del matrimonio tra patrizi e plebei,
svolta sociale e politica in cui il potere auspicale viene allargato alla classe plebea che ora è in grado
di accedere alla Magistratura.
- Lex Licinia Sextia de Consule Plebeio (367 a.C.): ammette la classe plebea al consolato, in quanto
una delle due cariche è riservata all’estrazione plebea, e riserva in via esclusiva ai Patrizi la Pretura
e l’Edilità Urbe.

Tra il 445 a.C. e il 367 a.C. si avrà l’esperienza dei Tribuni Militum Consulari Potestate (Tribuni Militari con
Potestà Consolare), che permette all'ordine plebeo l'accesso alle più alte cariche del governo senza per
questo dover riformare la carica di console che la classe patrizia difendeva come riservata al suo ordine.

- Lex Ovinia (312 a.C.): l’accesso al Senato non è più regolato dai Consoli ma dalla Censura, organo
elettivo che innalza alla carica senatoria patrizi e plebei in egual misura, in base alla loro ricchezza. Il
Senato, inoltre, diventa un organo di indirizzo politico poiché chiamato a confermare o meno le
proposte avanzate dal potere legislativo (Auctoritas Senatus).
- Lex Ogulnia (300 a.C.): viene modificato il criterio d’accesso al collegio dei sacerdoti, consentendo ai
plebei di assumere questa carica.
- Leges Publiliae Philonis (339 a.C.): con lo stesso contenuto della Lex Valeria Horatia de Plebiscitis.
- Lex Hortensia de Plebiscitis (287 a.C.): l’efficacia generale della Lex Valeria Horatia de Plebiscitis
viene riconosciuta definitivamente sotto ratifica del Senato.

Nel 286 a.C. finisce il conflitto patrizio-plebeo, poiché i plebei hanno finalmente ottenuto la perfetta
equiparazione giuridica con i patrizi, e inizia il periodo dell’Apogeo, con la stabilizzazione delle strutture
politiche ed istituzionali e la laicizzazione del diritto.

Lezione 12 – 30.10.19 (COSTITUZIONE)

La Costituzione romana non era formalmente scritta e i passaggi storici tra una forma di governo all’altra
non vengono registrati in testi scritti costituzionali ma da artisti, poeti, avvocati che, nelle loro opere,
criticano e raccontano i cambiamenti cui vanno incontro. Cicerone riporta, a proposito, che la Costituzione
romana fosse la migliore non perché frutto della volontà del popolo ma perché frutto di un lavoro realizzato
in “seculis et aetatibus” da una pluralità di elementi. Vigevano a Roma leggi ordinarie e pressi istituzionali
suscettibili di modifica in base al potere in carica e all’equilibrio tra le classi sociali e gli organi costituzionali.
Il potere era con-partecipato dalle diverse classi sociali in modo da non degenerare.

Le Leggi delle XII Tavole d’altronde non possono essere considerate Costituzione perché non disegnano la
struttura costituzionale di Roma nella sua complessità né identificano i valori di fondo espressivi della
società del Lazio poiché manifestano prevalentemente il potere oligarchico dei patrizi. Tuttavia racchiudono
in nuce i principi della Temporalità, della Generalità e dell’Astrattezza.

Durante la lotta patrizio-plebea fu significativa da parte della classe plebea la richiesta di mettere per
iscritto leggi e diritti. A questo proposito viene istituito un primo Decemvirato Legislativo, nel 451 a.C.,
formato da una commissione di dieci patrizi, a cui viene affidato il compito di formare un documento scritto
sul modello del diritto studiato in Grecia. Nel 450 a.C. viene formato un secondo Decemvirato legislativo
composto sia da patrizi che da plebei, votato sia per emancipare la classe plebea sia per tentare per la
prima volta una commissione dal potere politico condiviso. I plebei del decemvirato, per svolgere il loro
compito, si vedono immunizzati del Veto Tribunizio e della Provocatio ad Populum, divenendo
impunemente autori di delitti e persecuzioni nei confronti di alcuni cittadini romani. A causa di questa
libertà degenerata il secondo decemvirato viene sciolto e il progetto di una Costituzione scritta fallisce;
tuttavia dagli studi effettuati emergono in nuce i futuri principi della Collegialità e dell’Elettività.

Lezione 14 e 15 – 05.11.19 e 06.11.19 Cariche pubbliche e organi istituzionali della Libera Res Publica

Dopo la fine del conflitto patrizio-plebeo nel 286 a.C., si sviluppano diverse nuove cariche pubbliche:

- Consolato: massima carica dotata di Imperium, potere onnicomprensivo derivato dal periodo
etrusco, e di Coercitio Maxima, potere di emanare provvedimenti e sanzioni (fino alla pena
capitale) nei confronti dei cittadini romani che avessero compiuto atti illeciti. Il nome del console,
prima dell’invenzione della datazione calendarizzata, dava il nome all’anno.
- Censura (443 a.C.): nasce come una magistratura minore finalizzata al Censimento, e si evolve nel
312 a.C. con il compito di scegliere i Senatori. Si occupava inoltre delle locazioni dell’Ager Publicus,
insieme delle porzioni di terra conquistate da Roma e assegnate ai privati.
- Pretura (367 a.C.): nasce con la Lex Licinia Sextia; è dotata di Imperium, valido durante il periodo di
assenza dei Consoli. Svolge una funziona giurisdizionale ‘Iuris Dictio’ ovvero di creazione del diritto.
Vengono istituite le cariche di Praetor Urbanus nel 367 a.C., che si occupava della giurisdizione tra i
cittadini romani, e successivamente di Praetor Peregrinus nel 242 a.C., che regolava le controversie
tra cittadini romani e stranieri, in seguito al crescente numero di conquiste.
- Edilità Curule (367 a.C.): magistratura giurisdizionale che si occupava dell’amministrazione della
città di Roma, dell’approvvigionamento, dei mercati.
- Dittatura: il Dictator è un magistrato straordinario pienamente inserito nell’ordine costituzionale
Repubblicano, nominato da uno dei due consoli, che si occupava di mansioni speciali per un tempo
limitato di sei mesi, come condurre l’esercito in battaglia, convocare comizi, tenere il potere in
assenza di entrambi i consoli. Era immune alla Provocatio ad Populum.

Durante il consolidarsi della struttura costituzionale, Roma inizia ad espandersi nella penisola italica
assegnando i primi territori conquistati alle quattro tribù urbane e alle trentuno tribù rustiche. Una volta
raggiunta una certa grandezza, i nuovi territori vengono ammessi a Roma con il sistema dei Municipia, città
conquistate che mantenevano un’autonomia politica e costituzionale ma i cui abitanti venivano riconosciuti
come Cives Romani. Nei nuovi territori veniva mandato un Pro-Magistrato, nominato dal Senato, che
successivamente assumeva il ruolo di Governatore Provinciale.

Le Magistrature del III secolo a.C. erano accomunate dai principi di Elettività dal popolo, della Collegialità,
della Pluralità, poiché espressioni di numerosi organi, della Temporaneità, dato il limite massimo di un anno
di carica e il divieto di assume due Magistrature consecutive (dovevano intercorrere dieci anni per
assumere la stessa Magistratura, e due per cambiare ad un’altra), dell’Onorarietà, dell’Immunità. Le
Magistrature si occupavano del governo delle città, e insieme al Senato e alle Assemblee Popolari, fondano
il sistema costituzionale romano.

Le Assemblee Popolari sono tre: i Comitia Curiata (Regnum), i Comitia Centuriata (Regnum), i Comitia
Tributa (Libera Res Publica). Le competenze principali delle assemblee comiziali sono di natura legislativa, in
pieno raccordo con Magistrature e Senato, di natura elettorale, in riferimento all’elezione dei Magistrati e
al rapporto tra il popolo e gli organi di potere, e di natura Giudiziaria, nel momento in cui il popolo viene
chiamato a giudicare sulla condotta dei cittadini messi a processo (Summa Potestas al popolo).

Il Senato, evoluzione storica del Consilium dei Patres, in Età Repubblicana è espressione della nomina regia
e principale organo consultivo (il parere non vincolante dato dal Senatus era comunque fortemente
rilevante all’interno degli equilibri dei poteri). I Senatori venivano nominati (Lectio Senatus) dai Censori in
un indiretto favore popolare e svolgevano la funzione dell’Interregnum, esclusivamente durante il periodo
di assenza dei Magistrati Supremi. Erano dotati anche di Auctoritas, potere di approvare ufficialmente la
Legge Pubblica e di renderla valida; il Senato regolava l’assegnazione dei territori alle Provincie e i rapporti
internazionali con le altre comunità politiche, inoltre si occupava della gestione dei fondi cittadini e della
ricchezza.

Lezione 16 – 18.11.19 C R I S I D E L L A L I B E R A R E S P U B L I C A

L’Imperium (potere esclusivo del Consolato nel periodo repubblicano) è un potere a connotazione militare,
cogente e coattivo. L’Auctoritas (propria del Senato), derivante dal verbo “Augere – accrescere”, si
configura come un potere di accrescimento e di indirizzo politico in relazione all’attività degli altri organi
istituzionali dello Stato. A rafforzamento del potere senatorio due leggi: la Lex Publiliae Philonis del 339 a.C.
stabilì che l’approvazione delle leggi da parte del Senato doveva avvenire sulla proposta magistratuale e
non dopo la votazione popolare (potere di bloccare o approvare in prima battuta le proposte legislative); la
Lex Ovinia del 312 a.C. affidò alla Censura la scelta degli Optimi, per moralità e competenza, tra gli ex
magistrati candidati senatori (il Senato diventa un organo elitario).

Polibio analizza il sistema romano definendolo il migliore e il più stabile: le Magistrature incarnano il potere
monarchico, il Senato il potere aristocratico, il Popolo il potere democratico. Il Sistema Costituzionale
Romano si fonda sulla Concordia Civium et Potestatum, equilibrio dinamico di pesi e contrappesi e circolo
di compartecipazione all’interno del quale ogni organo, individualmente insufficiente e limitato, trova la sua
legittimazione nel confronto e nella cooperazione con gli altri. Analogamente si trovano in equilibrio le
classi sociali. Nel 133 a.C. questo equilibrio dinamico entra in crisi con l’ascesa della classe della nobilitas e
con i cambiamenti in seno alle classi degli equites e dei populares.

Nel 133 a.C., Tiberio Gracco (Tribuno della plebe appartenente alla gens Sempronia, di ideologia populares)
per tentare una ricomposizione del ceto medio e una più equa distribuzione delle terre pubbliche e private,
propone al Senato la Rogatio agraria, riforma che prevedeva di impostare un limite di 500  iugera di terreno
pubblico al possesso di ogni cittadino romano, con l’aggiunta di 250 iugera  per ogni figlio, fino a un
massimo di 1000 iugera come possesso permanente garantito; tutto l'agro pubblico – conquistato –
eccedente veniva recuperato dallo stato che, per mezzo di una commissione di tre membri, ne ridistribuiva
parte ai cittadini e parte a confederati italici come concessione ereditaria e inalienabile. La rogatio, avversa
ai privilegi dei grandi proprietari terrieri, viene bloccata due volte dallo ius intercessionis di M. Ottavio,
Tribuno della plebe schierato dal lato della nobiltà senatoria; nel corso della terza adunanza, in virtù dei
propri poteri tribuni, Tiberio Gracco depone M. Ottavio, il cui operato era stato definito avverso agli
interessi del popolo e della Res Publica, e la Rogatio agraria viene approvata.

L’utilizzo, per la prima volta, del potere politico tra membri dello stesso organo rappresenta il primo passo
verso il degenerato uso del potere e dei provvedimenti normativi come strumenti di lotta politica. Alcuni
decenni più tardi (con Silla) nascono le liste di proscrizione, spietato metodo di epurazione politica
legittimato teoricamente dalla notificazione di determinati soggetti come hostes publici avversi allo Stato.

La crisi della Libera Res Publica, oltre alla questione agraria, è caratterizzata dalla questione della
cittadinanza e dalla questione dell’esercito. La gestione dei residenti nei numerosi territori conquistati
durante il periodo dell’apogeo della Libera Res Publica (differenziati in colonie, municipia, città federate e
province) inizia a complicarsi a causa della pretesa, soprattutto da parte dei peregrini provinciali e dei soci
italici, della cittadinanza. Questa necessità viene gestita da Caio Gracco tramite una Rogatio, che prevedeva
la concessione della piena cittadinanza ai latini e del diritto di voto a tutti gli italici. La nobilitas senatoria
reagisce isolando Gracco e ponendo l’intercessio alla rogatio tramite il tribuno M. L. Druso: se i peregrini
fossero diventati cives, si sarebbero potuti inserire nel sistema dei concili popolari, votando e sconvolgendo
la posizione di superiorità della nobilitas sui populares. Tuttavia, lotte popolari e prolungati atti di ribellione
costrinsero il Senato ad approvare successivamente la proposta con la conseguente concessione.

La questione dell’esercito riguarda la trasformazione dell’esercito cittadino in esercito professionale, con la


conseguente nascita di una potente clientela militare di base volontaria e retribuita: il console romano Gaio
Mario portò avanti un programma di riforme dell'esercito romano che si formalizzò con la possibilità di
accedere all'arruolamento, dalla classe sociale d’appartenenza. Successivamente inoltre, Silla scisse
l’imperium domi e l’imperium militiae.

Lezione 17 – 19.11.19 Misure di razionalizzazione per ovviare alla crisi della Libera Res Publica
Nella fase iniziale della crisi istituzionale della Libera Res Publica si susseguirono tre misure di
razionalizzazione, volte a stabilizzare il disordine e il diffuso malcontento: razionalizzazione democratica dei
Gracchi, basata su un rafforzamento del potere del popolo e dei Tribuni della plebe; razionalizzazione
aristocratica di Silla, con l’incremento del potere concesso al Senato nella sua duplice attività di
coordinamento e d’indirizzo dello Stato; razionalizzazione monarchica di Cesare, con l’accentramento
dell’imperium in un unico soggetto che coordinasse e indirizzasse l’attività degli organi istituzionali a esso
subordinati. Queste misure di emergenza fallirono fondamentalmente perché non si basavano su una
visione coordinata e d’insieme dello Stato ma solo sull’accrescimento di una determinata componente a
discapito delle altre: il tentativo democratico fu bloccato dal Senato e il tentativo senatorio dal popolo. La
manovra di Giulio Cesare, seppur arrestata sul nascere con le Idi di marzo del 44 a.C. (la violazione del
principio della temporaneità delle cariche e la restaurazione della monarchia portarono alla congiura),
riuscì in parte a sopravvivere con l’ascesa del princeps, organo individuale di indirizzo e controllo degli
organi istituzionali e di coordinamento del potere senatorio e del potere popolare.

Ottaviano e Antonio, attivi seguaci di Cesare, dopo la sua morte riescono ad arrivare al potere tramite la
creazione nel 43 a.C. del secondo triumvirato costituente, magistratura collegiale straordinaria legittimata
dal voto del popolo e con il compito di riformare la Res publica. In seguito a diverse e intrigate vicissitudini,
morto Emilio Lepido (terzo componente del triumvirato costituente), e sconfitti Antonio e l’esercito di
Cleopatra in Oriente, Ottaviano instaura il primo principato, governo autoritario fondato sull’azione di
coordinamento, indirizzo e controllo di un unico soggetto, superiore in auctoritas e pari per potestas
rispetto alle altre magistrature. Ad Augusto, nel 27 a.C., vengono attribuiti due poteri fondanti, principali
manifestazioni dell’auctoritas principis: Tibunicia Potestas (potere dei tribuni della plebe – potere di porre
lo ius intercessionis su tutte le attività politicamente rilevanti) e l’Imperium proconsulare maius et infinitus
(potere dei proconsoli provinciali – potere superiore a quello di tutti gli altri proconsoli, non limitato a una
sola provincia e non predeterminato nel tempo).

A cavallo tra la crisi della Libera res publica e la nascita del Principato, il sintagma Senatus Populusque
Romanus è espressione dell’ordinamento statale nel suo più compatto insieme.

Lezione 18 – 25.11.19 (FONTI DEL DIRITTO NELLA LIBERA RES PUBLICA)

In età repubblicana le principali fonti del diritto sono:

 Lex Publicae Populi Romani – deliberazione del popolo prodotta dal magistrato, approvata dal
popolo e ratificata dal senato;
 Senatus Consultus – deliberazione emessa dal Senato in risposta a questioni diritto poste da un
magistrato; non aveva valore normativo e vincolante per i cives e il destinatario, ma di
“precedente” quindi di indirizzo, per il futuro risolvimento di controversie simili;
 Editto – ordinanza propria di pretori ed edili curuli (magistrati cum Iurisdictio), con una forte
rilevanza giuridica, attraverso la quale i magistrati comunicavano al popolo l’obbligo di assurgere a
determinati comportamenti e di rispettare determinate condotte;
 Giurisprudenza – attività di interpretazione-creazione del diritto; i primi interpreti del diritto furono
i sacerdoti di età arcaica, intermediari tra l’autorità divina e la componente popolare e statale;
successivamente in età repubblicana, grazie alla Secessione dell’Aventino e alla richiesta di
ufficializzare in maniera scritta da parte dei plebei, l’attività di interpretazione del diritto inizia un
processo di laicizzazione, diventando prerogativa del patriziato e poi anche dell’ordinamento
plebeo (Lex Ogulnia del 300 a.C. – i plebei sono ammessi al rango sacerdotale);
 Mores Maiorum e prassi consuetudinaria – fonti del diritto meno ufficiali, magma di principi morali
affermatisi con l’uso che, nell’ambito della laicizzazione del diritto, funzionarono come una base
dalla quale attingere le norme ufficiali; si caratterizzavano per la Fides (fedeltà e onestà), la Pietas
(devozione e rispetto verso la famiglia, la patria e gli dei), la Majestas (dignità dello stato come
rappresentante del popolo), la Virtus (coraggio fisico e competenza politica e militare) e la Gravitas
(rispetto della tradizione e autocontrollo).

Lezione 18 – 25.11.19 P R I N C I P A T O

Nel 27 a.C. Augusto instaura il novus status rei del primo principato, inaugurando una politica di nuovi
organi imperiali, strutturalmente adiacenti agli istituti della passata res publica ma con poteri
specularmente opposti. Le magistrature ordinarie erano caratterizzate dai princìpi dell’elettività,
temporaneità, dell’onorarietà, della collegialità e della pluralità; le cariche imperiali al contrario vengono
assegnate a discrezione del principe, hanno durata tendenzialmente vitalizia (salva destituzione), sono
retribuite, sono prive di discrezionalità e gerarchicamente dipendenti dalle direttive del potere assoluto.

L’epoca del principato va dal 27 a.C. fino al 235 d.C., si divide in tre fasi storiche principali: la prima,
caratterizzata dalla graduale affermazione e assimilazione del potere assoluto del princeps in seno al
sistema istituzionale, dalla nascita con Ottaviano all’ascesa di Adriano (27 a.C. – 117 d.C.); la seconda,
caratterizzata dalla totale surrogazione del vecchio apparato repubblicano, sia in ambito costituzionale che
in ambito codicistico, fino alla morte di Commodo nel 192 d.C.; la terza, dominata dalla dinastia dei Severi e
caratterizzata dalla Costituzione di Caracalla (concessione della cittadinanza a tutti i soggetti dell’impero),
che si protrae fino alla fine della dinastia, con la morte di Alessandro Severo nel 235 d.C.. Prima che si
affermi il dispotismo del Dominato dioclezianeo, tra il 235 d.C. e il 284 d.C. si assiste a un periodo di feroce
anarchia militare, cinquantennio durante il quale vengono innalzati alla carica imperiale famosi comandanti
militari, legittimati al potere dal consenso dell’esercito.

Il principato è caratterizzato dall’auctoritas principis, potere che si manifesta attraverso la cura et tutela rei
publicae universa (attività di intervento, controllo e integrazione degli organi istituzionali limitati alla loro
funzione tecnica, con la parallela creazione di nuovi istituti, gerarchicamente sottoposti) e la cura legum et
morum (controllo e integrazione delle fonti del diritto con le Costitutioni imperiali).

Lezione 19 – 26.11.19 D O M I N A T O (E FONTI DEL DIRITTO)

Il Dominato inizia nel 184 d.C. con la riforma tetrarchica di Diocleziano, manovra che prevedeva la
suddivisione dell’Impero Romano in quattro prefetture, affidate a due imperatori maggiori e regnanti,
definiti “Augusti”, e a due imperatori minori e non regnanti, definiti “Cesari”; alla morte o all’abdicazione
dei due superiori sarebbero subentrati al loro posto, nominando a loro volta due inferiori. Il fine era quello
di gestire in maniera coordinata e organica l’enorme territorio dell’impero, attraverso un’approntata e
definita politica di successione, la cui mancanza nell’epoca del principato e del cinquantennio di anarchia
militare era stato uno dei principali elementi di disordine. Subordinati agli Augusti vi sono gli Officia
Palatina, i prefetti del pretorio, i capi delle diocesi, e i governatori provinciali; gli antichi istituti della libera
res publica che fino ad allora erano sopravvissuti, risultano totalmente privi di potere politico e svolgono
attività marginali alla gestio rei publicae.

Il dominato si divide in quattro fasi fondamentali: fase dioclezianea (284-324 d.C.) con la riforma
tetrarchica; fase costantiniana (324-379 d.C.) con l’affermazione della definitiva monarchia assoluta a base
teocratica e dinastica; periodo romano-cristiano (379-527 d.C.) con l’ascesa di Teodosio I, l’editto di
Tessalonica del 380 d.C. (che innalzò a religione dell’impero la religione cristiana) e la suddivisione
dell’impero in Occidente e Oriente nel 395 d.C. (a opera dei figli Arcadio e Onorio); fase giustinianea (527-
565 d.C.) con la restaurazione territoriale, politica, giuridica (Corpus Iuris Civilis) e religiosa dell’impero.
L’Impero Romano d’Occidente cade nel 476 d.C. sotto la pressione delle numerose popolazioni barbariche;
l’Impero d’Oriente invece sopravvive fino al 1453, anno della caduta di Costantinopoli a opera dei Turchi
Ottomani guidati da Maometto.

Durante l’impero di Teodosio II la codificazione acquisisce un’impronta concentrata e assolutistica: il


sistema casistico-giurisprudenziale, fondato sulla prassi consuetudinaria, sulla legittimazione popolare e
sull’attività dell’interprete, viene surrogato da un sistema codicistico-statuale, fondato sull’interpretazione
di codici e testi ufficiali in relazione alle diverse controversie (atti concreti), e sull’attività di produzione
dell’imperatore, unico legislator (vi è una scissione netta tra chi crea diritto e tra chi lo applica – imperatore
e interprete). Il Codice (Teodosiano – 438 d.C.) diventa la prima manifestazione concreta del potere del
legislatore, organizzato su una struttura organica e coerente che fissa i principi fondamentali dello Stato. Il
Codice presuppone un ordine gerarchico delle fonti di produzione del diritto, in relazione al quale esso
stesso occupa il vertice massimo (in caso di controversia, la disposizione imperiale prevale).

Il Corpus Iuris Civilis di Giustiniano, si compone nell’arco di meno di un decennio di diverse pubblicazioni:
un primo Codice, andato perduto (529 d.C.), i Digesta, frammenti delle opere dei giuristi classici maggiori
organizzati per materia e sottoposti talvolta a modificazioni o specificazioni (533 d.C.), un secondo Codice a
revisione del primo, contenente le Costituzioni imperiali emanate da Adriano in poi (534 d.C.),
contestualmente, l’opera didattica delle Institutiones, e dal 534 d.C. in poi singole costituzioni che verranno
riunite nelle Novellae. L’obiettivo di Giustiniano era quello di fondare una scienza del diritto, ovvero una
dottrina la cui valenza e organizzazione prescindesse dalla contingenza politica dell’epoca.

Lezione 20 – 27.11.19 R E P R E S S I O N E C R I M I N A L E

Il primo potere repressivo che si manifesta nella storia romana è la Coercitio (iur coercitionis), ovvero quella
facoltà propria dei magistrati cum imperium di reprimere qualsiasi forma di ribellione e di sedizione contro
l'ordine costituito. Come misura di garanzia per il cittadino, in contrasto alla repressione criminale, nel 509
a.C. si istituisce la Provocatio ad Populum, procedimento processuale instaurabile solo dopo l’inflizione
della coercitio, che permetteva al civis romano, accusato di un qualsiasi delitto, di sottoporsi all’analisi di un
soggetto terzo e imparziale – nel caso del processo comiziale, dell’assemblea popolare – chiamato ad
emettere un giudizio sulla base delle prove addotte in favore e in sfavore dell’accusato.

Una seconda tipologia di processo, che si afferma nel periodo della crisi della Res Publica (II secolo a.C.), è
quello delle Quaestiones Perpetuae, tribunali stabili relativi a determinate fattispecie criminose, archetipo
dell’equo processo. La prima Quaestio Perpetua viene istituita attraverso la Lex Capulnia de crimen
repetundarum nel 149 a.C., per contrastare il crimen repetundarum (reato di concussione – sottrazione
illecita di beni o denaro a danno della comunità o di singoli individui) commesso regolarmente dai
governatori provinciali. Prima di formalizzarsi in tribunali ufficiali, le Quaestiones Perpetuae nascono come
Quaestiones extra ordinem, commissioni investigative legate al senato, alle quali veniva affidato il compito
di indagare sulla commissione di determinati crimini (solo dopo che venivano commessi) e, in relazione alla
circostanza, di irrogare delle sanzioni ai soggetti colpevoli.

Un terzo tipo di processo di età imperiale è quello delle Cognitiones (Senatoria e Imperiale). La cognitio
senatoria si modella sulle Quaestiones Perpetuae e nasce per delega del principe in rapporto a determinate
fattispecie criminali; prevede la possibilità di graduare la pena e il concorso di causa di più persone per la
commissione di più reati. La cognitio imperiale invece è di stampo inquisitorio: al funzionario imperiale
viene affidato il compito di svolgere l’attività di organo inquirente, accusatore e giudicante

La differenza sostanziale tra sistema accusatorio e sistema inquisitorio (di età imperiale) è la coincidenza,
nel caso del secondo, tra organo giudicante e organo inquirente. Nel sistema accusatorio la prova diventa
elemento fondamentale per ricostruire la realtà storica: l’imparzialità del giudice si risolve nell’equidistanza
soggettiva tra le parti e sull’emissione di un giudizio basato unicamente sulle prove legittime acquisite
durante il processo. / Il processo, privato nella sua fase di giudizio dell’imparzialità, diviene il più spietato
strumento politico di repressione, con efficacia simile a quella delle liste di proscrizione. Il sistema
inquisitorio viene definito “scientifico” perché si fonda sulla ricerca di una verità assoluta ed esterna, cioè
non basata sul contraddittorio (valutazione di prove a favore e a sfavore dell’accusato).

Le caratteristiche dell’aequm iudicium moderno, evoluzione del sistema accusatorio delle Quaestiones
Perpetuae, sono: distinzione della funzione inquirente dalla funzione accusatoria (distinzione tra chi porta
avanti l’accusa e da chi giudica) a garanzia dell’imparzialità e della terzierà nei confronti dell’accusato e
dell’organo giudicante; la parità di status tra accusa e difesa (se l’accusa era rappresentata da un
funzionario di governo, quest’ultimo non poteva avvalersi della sua condizione di superiorità, ma veniva
considerato come un quivis civis); la garanzia del contraddittorio (momento fondamentale in cui venivano
discusse le prove); la pre-costituzione della fattispecie criminosa, dell’iter processuale da seguire e della
pena (in età repubblicana e imperiale erano condannate tutte le fattispecie previste dalla legge – principio
di legalità – ma potevano essere represse dal giudice anche determinate condotte considerate meritevoli di
condanna). Dal momento che il processo si instaurava sul crimen, in parallelo al rito ordinario della quaestio
perpetua, si instaura una seconda tipologia di quaestio, che consiste in un processo particolare nei casi di
fattispecie plurime e più complesse, a maggior impatto sociale, e caratterizzato dal concorso di colpa di più
soggetti (processo del doppio binario – maxiprocesso del 1986).

Lezione 21 – 02.12.19

La prova che presiedeva alla ricerca della verità era la prova retorica.

Lezione 22 – 03.12.19 N O Z I O N I P R O P E D E U T I C H E

La periodizzazione della storia romana avviene per date convenzionali, a sunto di graduali e scanditi
processi evolutivi. La storia romana è convenzionalmente suddivisa in Regnum (754-509 a.C.), Libera Res
Publica (509-27 a.C.), Principato (27 a.C.-(235 d.C.)284 d.C.) e Dominato (284-565 d.C.).

Ius è un termine polisemico di origine indo-europea (diritti soggettivi, potestà pubbliche magistratuali,
luogo del foro…) legato inscindibilmente al termine Diritto, elemento complesso e storicamente
determinato, base peculiare di ogni ordinamento giuridico. Il diritto può essere analizzato, in una visione
generale e complessiva, tramite un’attività di comparazione dei modelli delle diverse realtà giuridiche, sia
guardando alle esperienze passate in un determinato momento storico (tipologia sincronica) sia guardando
alle esperienze esterne nel corso della loro evoluzione (tipologia diacronica). I tre criteri principali di
comparazione e comprensione degli ordinamenti sono: condizionamento o meno di valori magico-religiosi;
concezione legislativo-statuale (Italia – accentramento del ruolo del legislatore e del diritto) o concezione
casistico-giurisprudenziale (Inghilterra centralizzazione dell’opera dell’interprete e dell’analisi del caso
concreto); qualità di ordine costituente/ordo ordinans/sistema aperto (possibilità di produrre norme
interne, distinte da un potere sovranazionale e non determinante in maniera assoluta) o di ordine
costituito/ordo ordinatus/sistema chiuso (le regole di produzione del diritto e le regole di funzionamento
degli organi costituzionali sono determinate a priori da un organo sovraordinato allo stesso ordine) – lo
Stato Romano rimane un sistema aperto fino alla Libera Res Publica, inizia ad autolimitarsi durante il
Principato, e giunge a una definitiva chiusura nell’epoca del Dominato, dove tutta la produzione e
l’interpretazione normativa è esclusiva prerogativa dell’imperatore.

Lo Stato è inteso nella duplice accezione di Stato-Istituzione (ente statale centro di imputazione di potestà
politiche) e di Stato-Persona (centro di imputazione di diritti e obblighi – astrazione dalla comunità dei
cittadini per lo svolgimento di uffici e potestà pubbliche). In età repubblicana, secondo la definizione
ciceroniana, la Res Publica (lo Stato) coincide con il Popolo, comunità politicamente e giuridicamente
organizzata volta all’utilitas communis e unita dal consensus iulis (“condivisione e rispetto delle regole
giuridiche fondamentali”). Durante il principato si crea una frattura tra il governo della società e la società
stessa, dal momento che l’imperatore diviene apparato distinto e distaccato dal popolo a lui subordinato: il
termine universitas, indica un ente astratto e collettivo formato da più soggetti, centro d’imputazione di
diritti e obblighi distinti e autonomi dai diritti e dagli obblighi dei soggetti che ne fanno parte.

Lezione 23 – 09.12.19

La prima analisi delle diverse forme di Stato proviene dalla filosofia Greca, in particolare da Platone e
Aristotele, e dalla scuola stoica, e individua, nelle coesistenza delle tre principali forme di Stato (Monarchia
- governo di uno solo, Aristocrazia - governo dei migliori, Democrazia - governo del popolo), una maggiore
stabilità costituzionale e una più debole esposizione alla degenerazione. La Costituzione Mista incarna un
maggiore equilibrio tra le parti sociali, le parti politiche, e di conseguenza anche tra gli organi costituzionali.
La costituzione romana della Libera Res Publica è la costituzione mista per eccellenza.

Secondo visione di Polibio, storico greco del II secolo a.C., la grandezza di Roma è dovuta soprattutto alla
sua struttura politico-costituzionale, costituitasi grazie all’ingegno di diverse personalità, nel corso dei
diversi secoli, e ripartita nella sua gestione nelle mani dei consoli (stampo monarchico), del senato (stampo
aristocratico) e del popolo (stampo democratico), organi singolarmente non autosufficienti. Secondo
visione di Cicerone invece, avvocato romano dell’epoca della crisi del I secolo a.C, non totalmente
imparziale per l’influenza aristocratica, la Res Publica è un Quartus Genus rei publicae, ovvero una forma di
governo totalmente a sé e diversa dalle precedenti formazioni: differisce da monarchia, da aristocrazia e da
democrazia fondamentalmente perché il potere non è esercitato da uno solo di questi organi ma da tutti,
seppur il popolo sia in possesso della summa potestas, ovvero il sommo potere legittimante, presupposto
storico della sovranità popolare. L’equilibrio tra gli organi costituzionali, tra i diversi elementi delle forme di
stato e delle forme di governo, e tra i diritti e i doveri spettanti ai cittadini, costituisce l’Aequa Libertas.
All’interno di questo Quartus Genus, l’uomo politico è artefice dell’equilibrio del governo.

La scuola stoica (Panezio di Rodi) individua nella politica un ruolo pubblico.

Lezione 24 – 10.12.19

Celso definisce il diritto come ars boni et aequi, ovvero tecnica scientifica e costitutiva tramite la quale
realizzare la giustizia e l’equilibrio (tra interessi privati e interessi pubblici). Secondo Ulpiano, nell’apertura
dei Digesta, il diritto privato è la materia che disciplina i rapporti tra i cittadini, mentre il diritto pubblico è la
materia che regola i rapporti fra Stato e cittadini e fra Stato e Stato; sono entrambe parti dello studium
iuris. Il diritto pubblico si compone di sacra (culti religiosi), sacerdotes (preposti alla cura dei riti religiosi) e
magistratus (preposti alla gestione laica della res publica, eletti dal popolo o nominati dall’imperatore),
mentre quello privato in ius naturale (connaturato alla natura umana), ius gentium (relativo ai rapporti tra
romani e altri popoli) e ius civile (proprio dei cives romani). Nel brano viene analizzata l’evoluzione della
norma in relazione ai diversi contesti socio-politici.

La Costitutio, prima di indicare un insieme di norme fondamentali proprie di un determinato assetto


politico (vertice della gerarchia delle fonti), in una visione corporalistica, indicava la struttura organizzativa
fondamentale della comunità.

I due modelli statali dai quali viene estrapolato nel corso del ‘700 il principio della separazione dei poteri,
da parte di Montesquieu, sono la res publica romana e l’ordinamento inglese. Due esperienze fondate sul
modello del governo misto, “dei pesi e dei contrappesi”, all’interno del quale la norma inizialmente non
disegna i rapporti costituzionali ma funziona da cornice: non è un impianto normativo ma un impianto
fondato sull’equilibrio dei poteri e su meccanismi di compartecipazione.

Lezione 25 e 26 – 16.12.19 e 17.12.19 P R O D U Z I O N E E I N T E R P R E T A Z I O N E D E L D I R I T T O

Per fonte del diritto si intende ogni atto giuridico avente forza di legge. La produzione del diritto è
un’attività fortemente condizionata dalla struttura organizzativa dell’ordinamento costituzionale e dal
contesto socio-politico. Laddove in un sistema aperto il sistema dei poteri è diviso e caratterizzato dal
pluralismo, la produzione del diritto è essa stessa pluralista (nel senso che è affidata a diversi organi) e non
ha una gerarchia (tutte le fonti sono poste sullo stesso piano di efficacia). In un sistema chiuso, come quello
dell’ordinamento romano nell’epoca del dominato, le fonti del diritto preesistenti sono depurate,
gerarchizzate e subordinate alla fonte superiore prodotta dall’Imperatore.

I principali modelli di produzione e interpretazione del diritto sono di tipo legislativo-codicistico, in cui il
diritto si risolve prevalentemente nella normatività e quindi in un testo legislativo prodotto dal legislatore e
consultabile e interpretabile dall’interprete (produzione e interpretazione sono attività differenziate, la
norma è accentrata e gerarchizzata), e di tipo casistico-giurisprudenziale, in cui il parametro fondamentale
è il caso, punto di partenza per la dinamica interpretazione degli interpreti e per la correlata produzione di
una norma ad hoc (le due attività sono inscindibili).

L’ordinamento romano nasce come sistema casistico-giurisprudenziale e si evolve verso un sistema


legislativo-codicistico. Durante la Res Publica producevano diritto, attraverso gli editti giurisdizionali, i
magistrati cum iurisdictio (pretori e edili curuli – magistrati che nella fase in iure del processo, con il
supporto del giurista, dovevano impostare i principi di diritto sui quali impostare il risolversi della
controversia), mentre i giudici lo applicavano (fase apud iudicem).

La svolta decisiva dell’attività per le attività di produzione e interpretazione del diritto, arriva durante il
secondo principato nel 130 d.C., con l’affidamento da parte dell’imperatore Adriano a Salvio Giuliano del
compito di redigere un editto immutabile, la cui applicazione era superiore a tutte le altre fonti del diritto. Il
testo dell’Editto Perpetuo viene approvato dal senato e prevede che eventuali correzioni vengano
approntate esclusivamente dal principe.

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