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DOMANDE E RISPOSTE POSSIBILI SOCIOLOGIA

1. LA SOCIETà DEI CONSUMI E LE VARIE TEORIE

Molte sono state le definizioni date per indicare la società dei consumi. Dapprima la sociologia e la
storiografia l’ha intesa come successore della rivoluzione industriale, essa coincide dunque con il
consumismo. La teoria produzionistica ha inteso la società dei consumi come effetto del mondo del
capitalismo. A questo approccio si sono contrapposti sociologi come McKendrik,Campbell e Jan DE
Vries, dando vita alla svolta antiproduzionistica. Le loro tesi Pur mostrandosi in maniera differente
hanno tutti un unico fine: far comprendere che la domanda si configuri come un fattore importante del
processo economico e culturale. Esse vogliono sottolineare che seppur in modo diverso, i desideri di
consumo hanno avuto un ruolo attivo e creativo nel dar forma alla modernità.
La teoria di McKendrick è definita CONSUMISTICA, proprio perché secondo l’autore, la nascita dei
consumi è legata al consumismo; tutto nasce dal consumo, anche l’industrializzazione.
In contrapposizione con la tesi di McKendrick, Campbell ne offre una un po’ più modernista. Secondo
lui, ciò che muove i desideri dei consumatori è un atteggiamento estetico di stampo romantico che porta
ad un’edonistica ricerca del nuovo. Il consumatore è un’edonista, ha continuamente sete di novità e
originalità; attacca i suoi sogni ad oggetti del desiderio, non appena ottenuti li stacca e ne fa esperienza e
dunque consuma. Il consumo dunque secondo questa visione, è una ricerca del piacere
dell’immaginazione che conduce l’immagine di un prodotto. Questa teoria però ha dei limiti, poiché
trascura i processi sociali che rendono più adatte certe fantasie a seconda di genere, razza,sessualità
ecc..In più Campbell si concentra solo sul consumo trascurando alcuni aspetti… Colui che invece ha
cercato di riconciliare lo studio del consumo con i processi produttivi è Jean De Vries. Nella sua teoria
scambista, sostiene che durante un periodo di crisi, le famiglie della fine del ‘600 più che aver
risparmiato, abbiano consumato di più. Secondo De vries dunque, la società dei consumi nasce dalla
necessità di partecipare agli scambi monetari. Il consumatore è visto come soggetto capace di scegliere
ed esprimere i propri gusti. Queste teorie seppur avendo obiettivi comuni, risultano comunque essere
limitanti.

2) DEMOCRATIZZAZIONE DEL LUSSO E DEMORALIZZAZIONE DEL LUSSO

La nascita della società dei consumi, secondo Sombart: lo sfruttamento delle colonie ha fatto crescere
il numero dei beni in circolazione e la frequenza del loro scambio. Secondo Sombart il lusso ha la
capacità di “creare i mercati” -> l’alta borghesia cerca di uniformarsi alla nobiltà attraverso il consumo
di beni di lusso. Si è verificata così un’ibridazione tra cultura alta e cultura bassa.
Demoralizzazione del lusso: il lusso perde la sua forza morale discriminante. Il fondatore dell’economia
liberale Adam Smith legge tutti i consumi, anche quelli lussuosi, in chiave mercantilistica come fattori di
sviluppo economico. Smith parla anche di beni che indicano una confortevolezza non ostentata come il
caffè o lo zucchero (primo lusso democratico) con il termine di decencies. Secondo Williams la nascita
dei grandi magazzini e la diffusione del sistema pubblicitario ha segnato il nostro modo di consumare,
nell’800 il tempo libero dei borghesi è interconesso al tempo dello shopping, si inizia a parlare di
consumatori. Nel periodo post-bellico nascono le bedroom cultures, i ragazzi esprimono la loro
personalità attraverso i beni che consumano e appaiono nelle loro camerette. Demoralizzazione dei
lussi, motorizzazione di massa

3) Effetto veblen/ Spiegare la teoria della classe agiata di Veblen Veblen


Nel suo la teoria della classe agiata, ha preso di mira l’impostazione economica neoclassica. Egli ha
infatti messo a punto il concetto di “consumo vistoso” per indicare quei fenomeni di consumo che
sfuggono alla logica della massimizzazione dell’utilità al minor costo. Il valore di alcuni beni sarebbe
determinato esclusivamente dalla loro capacità di rendere visibile una data posizione sociale. Il
consumo vistoso funge quindi da dispositivo di dimostrazione/riconoscimento di una posizione elevata.
Un oggetto costoso può essere ricercato proprio per il suo prezzo elevato, perché mostrandolo l’attore
sociale potrà visibilmente dimostrare la propria potenza pecuniaria. Veblen aveva in mente soprattutto
i cosiddetti nouveaux riches, un gruppo sociale che aveva il denaro per poter finanziare la propria
scalata ai circoli più esclusivi. Secondo Veblen nelle metropoli industriali il consumo vistoso finisce per
coinvolgere l’intera popolazione: i gruppi inferiori non avrebbero fatto altro che imitare quelli superiori,
acquistando non appena possibile le stesse merci; queste ultime avrebbero così perso il loro potere
distintivo e sarebbero state abbandonate dai gruppi superiori che avrebbero presto trovato nuovi
oggetti capaci di testimoniare il loro primato sociale e culturale. Mediante il meccanismo
dell’emulazione, concepita come lotta competitiva per lo status, si assiste alla progressiva diffusione di
sempre nuovi beni che fungono da segnaposti nel gioco della distinzione sociale e della riproduzione
delle gerarchie del gusto.

4) Effetto Diderot- McCracken


McCracken cerca di individuare la coerenza tra consumatori e la loro modalità di consumare e per
spiegarlo utilizza l’esempio dell’effetto Diderot. Racconta che come gli venne regalata una vestaglia di
lusso da un amico, si sentì obbligato a cambiare arredo dello studio all’altezza della sua vestaglia. Come
già Douglas e Isherwood e Baurdrillard, anche per lui i beni possono comunicare i propri significati solo
se in relazione ad altri beni (sistemi degli oggetti), altrimenti rimangono neutri. L’autore vuole
dimostrare come gli oggetti non hanno significato da soli, ma solo se vengono considerati in una logica
di sistemi.

5. MODA E PATINA
Simmel sostiene che il valore delle cose dipende dalla valutazione che ne dà il soggetto, anziché essere
fondato su un dato oggettivo e assoluto come le sue proprietà materiali intrinseche o la quantità di
lavoro che incorpora. La valutazione soggettiva è però a sua volta condizionata dal contesto storico e
culturale in cui ha luogo. Es.moda-> vestiti che sappiano segnalare agli altri la sua identità, sia come
appartenenza a un gruppo, sia come originalità e individualità. Questo fenomeno è il risultato di due
principi della logica sociale: • Il bisogno di COESIONE • Il bisogno di DIFFERENZIAZIONE. Seguendo la
moda ci affiliamo ad alcune persone e ci differenziamo da altre, ma allo stesso tempo possiamo godere
della sensazione di esprimere noi stessi in un linguaggio comune e quindi comprensibile anche ad altri.
Per Simmel inoltre la moda è anche metafora del fascino che le novità esercitano sul soggetto moderno
in generale, e sulla borghesia e le classi medie in particolare. McCracken ha sostenuto che mentre nelle
società tradizionali il principio guida per l’attribuzione di valore ai beni era dato dalla patina (ovvero
quell’aspetto che i beni acquistano a causa dell’usura nel corso di diverse generazioni), nella modernità
esso diviene la moda, intesa come ricerca del nuovo-> questo avviene perché i nobili divenuti cortigiani
non potevano più permettersi che gli oggetti diventassero vecchi, quindi il valore dei beni veniva
sempre più a coincidere con il loro apparire nuovi e moderni. Oggi a distanza di secoli ci accorgiamo che
moda e patina convivono

4. MARX MERCI COOME FETICCI


Teoria del feticismo: Secondo Marx, nelle società capitalistiche i consumatori non sanno più capire cosa
è davvero utile e cosa non lo è e finiscono per consumare merci la cui unica utilità è quella di arricchire
coloro che hanno organizzato la loro produzione e circolazione sfruttando manodopera a basso costo.
Poiché in un sistema capitalistico gli esseri umani sono alienati dai frutti del loro lavoro, non possono
rendersi conto che le merci incorporano una certa quantità di lavoro e che i loro prezzi sono il frutto di
un calcolo astratto del tempo di lavoro. Il valore di mercato non è altro che una relazione tra persone;
le merci allora diventano feticci, sembrano avere una vita propria, sono lontane, separate dai soggetti,
quasi magiche: sono solo l’ombra delle relazioni sociali di cui sono espressione.
La teoria critica della Scuola di Francoforte riprende, in forma nuova, le nozioni di alienazione e di
feticismo delle merci e analizza in particolare gli sviluppi di quella che definisce l’industria culturale. I
prodotti dell’industria culturale hanno 2 caratteristiche:
• Sono omogenei, sempre uguali sotto un’apparenza di varietà
• Sono prevedibili Horkheimer e Adorno sostengono che la cultura di consumo è l’esito di un mondo
sempre più “amministrato” in cui le persone non vengono considerate in quanto tali ma come elementi
funzionali al sistema.

6. BAUDRILLARD MERCI,VALORE,SEGNO
Il pessimismo culturale della teoria critica e della Scuola di Francoforte sfocia, sul primi anni ’70 nelle
prime teorizzazioni postmoderniste. Esse tendono ad enfatizzare il ruolo centrale acquisito dal
consumo e dalla dimensione simbolica dei beni. o. Il consumo non si riferisce più al miglioramento della
vita umana. Baudrillard, ha sostenuto che nelle società contemporanee la sfera del consumo trionfa su
quella della produzione. Egli ha cercato di rimuovere il concetto di produzione dalla posizione di fattore
funzionalmente prioritario assegnatogli dalla teoria marxista, tentando così di ovviare all’idea che gli
oggetti abbiano un valore d’uso originario e naturale, falsamente offuscato dal prezzo e dai significati
simbolici che vengono loro assegnati nelle società capitalistiche. Il valore di un oggetto è sempre
imprescindibilmente legato ai suoi significati, non esiste una valore d’uso puro, naturale e materiale. Le
società postindustriali sono però diverse da quelle precedenti perché in esse il significante è in grado di
fluttuare libero dagli oggetti. In quest’ottica il simbolico non esiste più: al suo posto vige un continuo
rimando tra segni differenti, tra immagini variopinte, che non simboleggiano più una realtà sociale,
bensì si riferiscono a se stesse, al punto da creare esse stesse la realtà. Egli sostiene che gli oggetti si
configurano come un vero e proprio “sistema”, formano un insieme organizzato di segni “globale,
arbitrario e coerente”.

7. HABITUS PER BOURDIEU


Nella visione di Bourdieu il consumatore opera in base a una logica distintiva ed ha incorporato tale
logica nel proprio gusto. A differenza di quanto affermato da Veblen, il consumatore non solo distingue
per distinguersi, ma anche non può fare a meno di distinguersi: egli viene a essere distinto, incluso o
escluso, in base alle proprie distinzioni. In opposizione all’approccio di Baudrillard, Bourdieu ha
proposto una teoria della pratica in cui l’azione umana può essere costruita come qualcosa di materiale
e concreto, qualcosa di diverso dalla rappresentazione o dallo scambio di segni e simboli. In
quest’ottica l’esperienza umana, deve essere intesa nei termini dell’imitazione e dell’incorporamento.
Egli mette a punto la nozione di habitus, che permette di concepire la corporeità come precedente alla
coscienza. L’insistenza di Bourdieu sull’incorporamento è importante per pensare in modo diverso
all’azione, incluso l’agire di consumo. L’habitus è iscritto nel corpo attraverso le esperienze passate, è
un meccanismo inconscio che determina l’atteggiamento degli attori nei confronti degli oggetti, di se
stessi e degli altri. A tale descrizione dell’habitus, Bourdieu giustappone una visione gerarchica e lineare
della struttura sociale e del rapporto che intercorrerebbe tra essa e la strutturazione dei gusti. Le
pratiche di consumo riflettono la genesi culturale dei gusti dal punto specifico entro lo spazio sociale
nel quale hanno origine. Il gusto si configura come un possibile luogo dell’operare di una forma di
“potere simbolico” tramite cui le classificazioni oggettive vengono a coincidere con quelle soggettive.
Pur complicando il proprio ritratto della stratificazione sociale, Bourdieu riconduce tutto il consumo a
una logica distintiva di riproduzione della posizione sociale degli attori individuata mediante la
generalizzazione e l’astrazione del modello delle differenze sociali in varie forme di capitale. I gusti sono
strutturati una tantum sulla base della relativa posizione sociale. Nell’ottica bourdieuiana, capitale
economico e capitale culturale giocano un ruolo fondamentale, convergendo o lottando per la
determinazione del gusto dominante, del cosiddetto “buon gusto”: sono dunque coloro che possiedono
un grado elevato di risorse economiche e culturali a configurarsi come gli arbitri del gusto.

8.DOUGLAS E ISHERWOOD
Mary Douglas insieme a Isherwood ha utilizzato l’approccio etnografico per studiare i consumi e hanno
compreso che gli oggetti sono un mezzo, attraverso cui le persone condividono significati e valori
all’interno di diverse culture. Nell’impostazione di Douglas l’enfasi è posta sul soggetto e sulla sua
identità. Ogni individuo mira, in competizione con gli altri, ad occupare una posizione dominante nella
creazione dei significati. I beni secondo questi autori, possono essere legati o per legare o per dividere,
per sottolineare alleanze o estraneità sociale. Il principale bersaglio critico di Douglas è quella certa
visione che vede il consumatore come un “essere incoerente e frammentato, confuso nei propri scopi e
appena responsabile delle proprie decisioni, del tutto in balia delle variazioni dei prezzi, da un lato, e
delle oscillazioni della moda dall’altro”. Nell’impostazione di Douglas l’enfasi è posta sul soggetto e
sulla sua identità. Il consumo è il vero e proprio “campo in cui viene combattuta la battaglia per definire
la cultura e darle forma”, riflette scelte fondamentali sul tipo di società in cui si vuole vivere e sul tipo di
persona che si vuole essere e ovviamente su ciò che non si accetta e non si vuole essere. Il consumo è
fondamentale perché permette una continua “riclassificazione” del mondo circostante e un ricorrente
confronto con gli altri.Le azioni del consumatore odierno impegnato nello shopping non sono
semplicemente determinate dal mercato o dalla moda. Il consumatore non è né reattivo né passivo ma
al contrario comunica a se stessi e agli altri la propria identità. Anche se i consumi “fanno parte di un
sistema di informazioni aperto, tale filosofia si colloca in uno dei 4 orientamenti culturali (cultural
biases) fondamentali che sono presenti in tutte le forme di organizzazione sociale. Questi orientamenti
corrispondono all’incrociarsi di due dimensioni dell’organizzazione sociale: • La struttura sociale (o
griglia): forte e gerarchica / debole e egualitaria; • I gruppi: fortemente integrati / deboli. I biases
rappresentano gli orientamenti prevalenti in società diverse; al gerarchico corrisponde l’economia
tradizionale, all’individualista corrisponde l’economia capitalista competitiva, all’autoritario la vita dei
contadini e all’isolato quello dei monaci dei conventi. In ciascuna società tali biases sono poi connessi a
diverse condizioni di vita strutturali. I limiti sull’analisi griglia/gruppo: ci si chiede cosa succede al
confine tra i diversi orientamenti culturali, se tali orientamenti siano individuali o sociali, come siano
connessi alle condizioni sociali strutturali e soprattutto se sono davvero universali. Douglas così come
Bordeau tende a sottovalutare la questione dei cambiamenti storici e culturali di lungo periodo.

9. APPROPRIAZIONE DELLE MERCI


Appropriazione delle merci: Uno degli obiettivi centrali della sociologia del consumo odierna è quello di
mettere a fuoco le strategie concrete, attive, fluide e diverse mediante le quali le persone trasformano
e fanno proprie le risorse che hanno trovato e acquistato sul mercato. McCracken ha tentato di fornire
un quadro culturalista che vede il consumo come parte di un processo di attribuzione dei significati. Vi
sono 2 stadi in questo processo: • La pubblicità e la moda trasferiscono i significati dal mondo sociale
alle cose; • I significati delle cose saranno poi rielaborati praticamente dai consumatori mediante una
serie di “attività rituali” (cioè di azioni imbevute di significati simbolici condivisi che fissano, a loro volta,
dei significati);
Egli ha individuato 4 principali tipi di rituali di consumo:
• Scambio: questi rituali sono spesso segnati dalla logica del dono che lega oggetti e soggetti diversi;
• Svestizione: svuotare il “dono” del valore che avevano attribuito ad esso;
• Possesso: implicano qualche forma di appropriazione simbolica e materiale degli oggetti e una
personalizzazione delle cose e dei loro significati;
• Mantenimento: aiutano a mantenere i significati personali degli oggetti nel tempo. Questi rituali
richiedono un lavoro e una certa dose di impegno da parte degli attori sociali. Gli oggetti rappresentano
così dei ponti tesi non solo verso gli altri, ma soprattutto verso gli ideali che normalmente ci sfuggono e
a cui non vogliamo rinunciare.

10.RETORICA ANTICONSUMISTICA

La retorica anticonsumistica è stata particolarmente influente nel secondo dopoguerra. Secondo tale
retorica il consumo, criticato nelle sua veste moderna come “consumismo” o “cultura di consumo”, ha
dato luogo a un impoverimento spirituale, per cui si ricorrerebbe ai beni materiali quali surrogati di
altre forme di soddisfazione, autorealizzazione e identificazione che avevano luogo nella sfera del
lavoro e della partecipazione politica. Come hanno sostenuto Bell e Lasch, la sfera del consumo sarebbe
organizzata secondo principi radicalmente opposti a quelli della produzione. Lasch in particolare,
riarticolando in modo pessimistico le osservazioni di Riesman sulla personalità eterodiretta, sostiene
che la disgregazione della sfera pubblica e la burocratizzazione del lavoro si sarebbero combinate a una
“cultura di consumo” che ha promosso un tipo di personalità ossessionata dai propri bisogni da
vendere agli altri. La formazione dell’identità non avverrebbe più in relazione agli ideali stabili e
sostenuti dalla famiglia tradizionale ma alla possibilità di presentare un’immagine di sé vendibile e
convincente -> sviluppo di personalità deboli e isolate che vanno alla continua ricerca di una
gratificazione negli oggetti e che sono destinate ad essere continuamente deluse. La voracità del
consumatore moderno lo spinga a lavorare in modo smodato e privi di senso, unicamente per
procurarsi i denari che occorrono per acquistare sempre nuove merci. La grande crescita della cultura
materiale viene quindi criticata come fonte di disorientamento e minaccia all’autenticità del soggetto
che si vuole forte e autonomo, capace di costituirsi a partire dalle sue opere e non dai suoi averi. Tale
crescita configurerebbe un processo inesorabile di “reificazione” in cui anche gli uomini diventano
oggetti misurabili proprio come le merci.
IN BREVE: La retorica anti-consumista è stata influente nel secondo dopoguerra, dove il consumo
criticato nella sua veste moderna come “consumismo” ha dato vita ad un impoverimento spirituale. La
cultura di consumo favorisce lo sviluppo di personalità deboli e isolate che vanno alla ricerca di una
gratificazione negli oggetti e che sono destinate ad essere continuamente deluse. La grande crescita
della cultura materiale si configurerebbe come un processo inesorabile di “reificazione” in cui anche gli
uomini diventano oggetti misurabili proprio come le merci

11. PUBBLICITà LASH E BORDO


Alla pubblicità viene dato da Lash & Bordo un ruolo propulsivo del mercato, di conseguenza alle tesi
critiche si sono opposte delle tesi liberiste che prendono il nome di retorica pro-consumista, che vede
la SDC come forza civilizzatrice che gratifica i desideri umani mediante una crescita dei consumi
personali, non pericolosa per lo stato né per l'individuo. Si è passati da una pubblicità commerciale di
tipo “referenziale” (focalizzata sul prodotto) a una “contestuale” (meno fatti e più messaggi evocativi),
in cui il prodotto viene raccontato in un contesto di vita più ampio. Adottando un approccio semiotico,
che deriva dal linguista svizzero De Saussure, Rolan Barthes ha mostrato che la pubblicità funziona
utilizzando la logica del “mito”: un particolare significante viene traslato per significare qualcosa di
diverso dal suo significato letterale. I messaggi pubblicitari sono persuasivi e sfruttano la capacità di
associazioni simboliche insite nel linguaggio verbale e visuale (es: la marca non è solo il nome di un
prodotto, è piuttosto un simbolo che può evocare una serie di significati che fungono da cornice
interpretativa e affettiva). Le associazioni simboliche ci dicono che le varie parti di un testo pubblicitario
funzionano tra di loro come un linguaggio, ma non ci spiegano perché i pubblicitari hanno scelto
proprio tali associazioni né come o perché i consumatori leggeranno le pubblicità. Per fare questo
bisogna considerare i contesti di produzione e di consumo dei messaggi pubblicitari. La pubblicità oggi
ha principalmente due funzioni: 1. Commerciale, vendere il prodotto 2. Ideologica, trasmettere idee
(riprodurre o eliminare differenze socioculturali) e (legittimare il consumo come attività sociale).
12.MERCIFICAZIONE DEMERCIFICAZIONE
Tra le retoriche critiche del consumo quella marxiana che condanna il processo di mercificazione è una
delle più influenti. La parola “mercificazione” denota una particolare costruzione sociale delle cose: è il
processo sociale mediante il quale le cose vengono prodotte, utilizzate e scambiate come merci. Un
dettaglio che però è sfuggito a Marx è che, oggi è sempre più evidente che il processo di
omogeneizzazione che accompagna la mercificazione è, a sua volta, inevitabilmente accompagnato dai
continui tentativi da parte dei soggetti che hanno acquisito un dato bene di renderlo singolare, di
demercificarlo per esempio mediante qualche forma di sacralizzazione o individualizzazione. Le merci
hanno una loro vita sociale, una “biografia” che include momenti di mercificazione e momenti di de-
mercificazione. Esempio di de-mercificazione può essere l’acquisto di un prodotto Ikea che incentivano
la costruzione “fai da te”: il “fai da te” non solo si traduce in una riduzione di costi ma è una vera e
propria espressione di de-mercificazione (l’attore attribuisce agli oggetti un valore diverso e nuovo,
personale). Altre pratiche di de-mercificazione sono: Scambio dei doni; Il collezionismo

13. CONSUMATORE SOVRANO


La teoria economica, nella versione marginalista o neoclassica, ha preso una strada diversa e ha
costruito i propri modelli di analisi considerando i consumatori, tutti i consumatori, come i sovrani del
mercato. Da ciascun consumatore partirebbero delle scelte che, sommandosi a quelle di altri
consumatori, creano una domanda alla quale la produzione non potrà fare a meno di rispondere.
Postulata la sovranità dei consumatori, la scienza economica dominante non si interroga molto sulle
ragioni delle loro scelte; l’interesse verte sulla possibilità di modellare i meccanismi che permettono
l’equilibrio del mercato. Le scelte del consumatore sono strumentalmente orientate alla
massimizzazione dell’utilità. La sovranità del consumatore è una sovranità a doppio taglio: l’edonismo e
la ricerca del piacere devono essere accompagnati da varie forme di distacco che sottolineano la
capacità dell’attore di guidare tale ricerca, di dosare i piaceri, di non diventare schiavo, di essere
riconoscibile come uno che può e sa scegliere autonomamente. Il culto dell’autonomia individuale e il
tema del controllo dei desideri sono cruciali nella sfera di consumo. Il tema della dipendenza può
essere invocato non solo rispetto all’alcool e alle droghe; ogni merce può essere descritta come
capacità di generare assuefazione. Il consumatore modello deve saper godere delle merci che ha scelto
e allo stesso tempo sapere che il suo sé più profondo può controllare i desideri associati ad essi. La
retorica egemonica di legittimazione del consumo si fonda sull’edonismo addomesticato, ovvero “i
consumatori possono perseguire il piacere ma il piacere deve venire sempre dopo di loro”(Sassatelli)
Nelle società contemporanee, il più potente mezzo che abbiamo a disposizione per garantire che ciò
che ci lega a un oggetto è davvero una scelta autonoma è, paradossalmente, la nostra capacità di
rinunciarci

14. Rivoluzione consumistica e perché siamo spinti da un incessante bisogno di consumare

Con la rivoluzione consumistica passiamo dal consumo al consumismo, Il consumismo si contrappone alla
società solido-moderna con una nuova società liquido-postmoderna, in cui la felicità non sta più nella
soddisfazione dei bisogni, ma nella costante crescita della quantità e dell’intensità dei desideri e ciò porta
ad un costante ed inesorabile upgrade dei beni di consumo in possesso.

15. Perche, secondo bauman, la società dei consumi promette felicità?

In questo contesto anche il concetto di «felicità» muta. Chiunque vuole ottenere la felicità, ma risulta
impossibile definirne un significato o un metodo assoluto per il suo raggiungimento: di fatto ciò dipende dal
contesto sociopolitico in cui ciascun popolo vive. Per questo motivo non si può stabilire se la moderna
rivoluzione del consumismo abbia reso le persone più o meno felici rispetto ad una società solidomoderna
o premoderna. Per chi vive in una società liquido-moderna, anzi il raggiungimento deve essere
irraggiungibile, devono rimanere insoddisfatti i desideri.

16. Stato sociale per bauman ( nel libro non dovrebbe essserci)

Uno stato è sociale quando promuove il principio dell’assicurazione collettiva contro le disgrazie individuali
e le loro conseguenze. È tale principio a ridefinire l’idea di “società” come esperienza di comunità sentita e
vissuta, sostituendo l’ordine dell’egoismo all’ordine dell’uguaglianza che ispira fiducia e solidarietà. E’ lo
stesso principio a elevare i membri della società allo status di cittadini, compartecipi oltre che azionisti,
attori e non solo beneficiari. L’applicazione di tale principio è in grado di proteggere uomini e donne dalla
piaga della povertà; la cosa più importante, è che può diventare una copiosa fonte di solidarietà, capace di
convertire la società in un bene comune, condiviso, posseduto dalla comunità, di cui prendersi cura insieme
poiché è improbabile che la salvezza arrivi da uno stato politico che non è, o che rifiuta di essere, uno stato
sociale. Lo scopo dello stato sociale è proteggere la società ed evitare il moltiplicarsi delle “vittime
collaterali” del consumismo, Il suo compito è salvare dall’erosione la solidarietà umana e dalla
disgregazione i sentimenti di responsabilità etica.

17. MCDONALDIZZAZIONE DI RITZER

Ritzer ne il mondo alla McDonald’s (1993), offre una lettura critica dei consumi in chiave di globalizzazione -
> sostiene che la “cultura di consumo” ha un effetto “disumanizzante” perché è l’ultima espressione
globalizzata del processo di razionalizzazione iniziato con la modernità. McDonald’s sarebbe il modello di un
processo di McDonaldizzazione che investe molte altre aziende: segnerebbe una nuova stagione
dell’organizzazione produttiva che si fonda sull’articolazione di 4 principi: • Efficienza: implica un’enfasi sul
risparmio del tempo e quindi sull’individuazione dei mezzi più rapidi ed economici per ottenere fini dati; •
Prevedibilità: ricerca della replicabilità e della standardizzazione dei prodotti che viene garantita grazie a
sempre più s controllo sulle fasi della produzione e della distribuzione; • Calcolabilità: esaltazione della
quantificazione e una sostituzione della qualità con la quantità; • Controllo tramite sostituzione del lavoro
umano con quello delle macchine. Ritzer nota che queste caratteristiche si sono diffuse ben oltre
McDonald’s e sono riscontrabili anche in altre catene (Hard Rock, The Body Shop, Benetton ecc...)

18. i 4 diritti del consumatore

Secondo questa logica, consumatori e (piccoli) produttori si sono alleati contro la standardizzazione e la
globalizzazione. La resistenza dei consumatori nei confronti delle grandi imprese multinazionali e della
standardizzazione si esprime anche mediante movimenti dal basso che organizzano non solo il boicottaggio
di particolari prodotti ma anche azioni di protesta di forte impatto simbolico. A partire dal secondo
dopoguerra in tutti i paesi occidentali si sono diffusi movimenti per la difesa dei consumatori che hanno
adottato un pacchetto di “diritti del consumatore”. Questo pacchetto è composto da 4 diritti: 1. Diritto alla
sicurezza -> a essere protetti da prodotti pericolosi 2. Diritto a essere informati -> a essere protetti da
pubblicità fuorvianti 3. Diritto di scegliere -> ovvero aver accesso a un vasto assortimento di prodotti che
competono per prezzo e qualità 4. Diritto a essere ascoltati -> riconoscimento dell’importanza del
consumatore nel processo economico.

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