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Il termine significa “Stato del Benessere” e fu utilizzato per la prima volta nel 1870 da Wagner
uno studioso socialista di scienza delle finanze. L’omonimo termine inglese fu utilizzato la prima
volta nel 1941 dall’arcivescovo Temple ma il concetto di welfare state esisteva già prima. Infatti per
WS si intende un insieme di interventi e di misure adottate dallo Stato, dalle istituzioni
politiche per far fronte ai rischi della popolazione. Sono delle risposte alle difficoltà della
società. Il concetto di WS è strettamente legato alla modernizzazione ovvero la storia del WS
corre parallelamente alla storia della modernizzazione della società. Infatti con la modernizzazione
avvengono degli importanti cambiamenti all’interno della struttura della società e prendono piede
alcune caratteristiche tipiche delle società moderne:
Quindi il WS nasce come conseguenza della modernizzazione della società in quanto di fronte
ai cambiamenti che sono emersi c’è stata la necessità di creare il WS per affrontare i nuovi
rischi.
KARL POLANYI:
Antropologo,sociologo
1. La relazione che unisce i processi economici e i processi sociali nelle varie epoche storiche:
Polanyi crede che alla base del funzionamento della società ci sia la sfera economica,perciò
lui vuole trovare una chiave di lettura per spiegare come il sistema economico è collegato
con le altre sfere della società nelle diverse epoche storiche.
2. Il problema della nascita, dello sviluppo e della crisi di un tipo di società,quella del
capitalismo liberale(modernità),dominata dai mercati autoregolati:
Col capitalismo liberale Polanyi intende la società del 1800 in cui l’economia era dominata
dai mercati che erano liberi di autoregolarsi cioè funzionavano secondo il concetto
domanda-offerta senza ulteriori regole da parte dello stato.
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Polanyi è istituzionalista→ gli istituzionalisti hanno la convinzione che per affrontare il
tema dell’economia bisogna studiarla con tutto ciò che c’è intorno, non si possono isolare e
astrarre i processi economici,nella loro analisi, dalla società di riferimento. Quindi tener
conto del contesto storico , delle istituzioni sociali che influenzano l’economia tenendo
conto anche del comportamento umano.
Questo concetto si rifà al pensiero di Weber il quale parla dell’importanza dei valori,
della sfera sociale(nascita protestantesimo) nell’affermazione del capitalsimo.
Polanyi è interessato a capire quali sono le forme che danno vita alla relazione,all’integrazione tra
economia e società. Cioè lui cerca di comprendere il modo in cui si sviluppa questa integrazione tra
sistema economico e sistema sociale ed individua 3 forme di integrazione tra economia e società:
1. Reciprocità
2. Redistribuzione
3. Scambio(di mercato)
RECIPROCITA’
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REDISTRIBUZIONE
Implica l’esistenza di organizzazioni sociali più ampie e complesse, che abbiano un centro politico.
C’è un sistema sociale complesso con un centro politico che ha la funzione di far confluire verso di
se una certa quantità di risorse e di ridistribuirle alla popolazione per le esigenze. Quindi alcune
risorse vengono allocate verso il centro politico di una società che le organizza e le ridistribuisce (ad
es. i granai imperiali dell’antica Roma).
SCAMBIO(DI MERCATO)
L’allocazione delle risorse avviene attraverso il prezzo dei beni stabilito nell’interazione tra
domanda-offerta. Attraverso l’equilibrio tra domanda-offerta viene stabilito un prezzo. Le merci
vengono scambiate sulla base di un valore stabilito col prezzo.
Secondo Polanyi questa forma di regolazione è sempre esistita in tutte le società(tutti hanno sempre
scambiato merci) ma era secondario, non era la forma prevalente. Questa forma diventa dominante
soltanto in epoca moderna(1800).
I mercati diventano dominanti anche in ambiti che non erano mai stati toccati dalla logica del
mercato prima della modernizzazione:
Secondo Polanyi il fatto che lo scambio di mercato sia diventato la forma di integrazione dominante
NON è stato frutto di un cambiamento naturale bensì conseguenza di scelte politiche e
sociali(quindi prese da individui) le quali hanno portato ad un superamento della società
tradizionale.
Quindi la società capitalistico liberale si afferma definitivamente nel 1800 quando lo scambio di
mercato diventa la forma di integrazione dominante. La società capitalistico liberale è quindi una
società ad economia di mercato proprio perché il marcato domina ambiti che non aveva mai preso
in considerazione.
Ci sono,però,degli aspetti negativi dati da questa dominanza del mercato che appunto diventa
negativo quando lo scambio viene applicato alle MERCI FITTIZIE,ovvero:
• LA TERRA → è una risorsa naturale ed è un bene primario. Non dovrebbe essere privata a
nessuno. La terra viene trattata come un bene ma non lo è. Viene sfruttata per un guadagno e
non per il suo vero scopo arrivando a subire un deterioramento.
• LA MONETA→ non possiamo definirla una merce ma è uno strumento che permette lo
scambio e che permette l’interazione commerciale. Diventa pericolosa quando è trattata
come una merce in quanto la moneta va incontro a fluttuazioni→ inflazione(il valore della
moneta è minore cioè se con 1 euro oggi compro 1kg di pane,domani mi serviranno 2euro
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per comprare lo stesso kg di pane) e deflazione. Quindi il valore della moneta cambia e
quindi le persone possono non riuscire più ad acquistare beni di prima necessità.
• LAVORO→ il lavoro non rientra nella definizione di merce, non è prodotta da nessuno.
Quello che viene scambiato è l’essere umano,la persona. Il rischio è di sottoporre i lavoratori
all’andamento fluttuante del mercato,cioè una persona può vestirsi,mangiare,comprare una
casa solo se si vende la propria forza lavoro. Ma questa forza lavoro è influenzata
dall’andamento del mercato,infatti se i lavoratori sono in numero maggiore rispetto
all’offerta ovviamente molti lavoratori non troveranno lavoro. Questo per le persone è molto
rischioso, al contrario del mercato delle zucchine,ad esempio,in cui se un numero di merce
supera la domanda sarà smaltita. Questo con gli esseri umani non si può fare…si avranno
quindi,nei periodi di depressione economica molti individui che si troveranno disoccupati e
non avranno le possibilità di allocarsi le risorse primarie. In queste situazioni vengono
esistono dei sussidi che aiutano i cittadini con dei versamenti economici come il sussidio di
disoccupazione.
L’economia pre medievale era un’economia”senza mercato” cioè era presente lo scambio ma non
era dominante,aveva una posizione meno importante. La forma principale di allocazione delle
risorse era la reciprocità asimmetrica,ovvero l’economia si basava sulle corvèes → i signori
offrivano protezione militare contro eventuali saccheggiatori ai contadini e garantivano
l’amministrazione della giustizia nelle dispute tra contadini. Viceversa i contadini garantivano ai
signori i beni di prima necessità coltivando le terre di proprietà dei signori stessi(su 7 giorni,1
giorno doveva essere dedicato a lavorare le terre per garantire ai signori i beni di prima
necessità,cioè tutto ciò che veniva prodotto era di proprietà del signore locale).
• Scarsa formalizzazione dei diritti di proprietà→ non esisteva la proprietà privata della terra
che era di tutti,era un bene comune era della comunità. Quindi non c’era neanche il mercato
della terra
• Un’organizzazione del lavoro agricolo basato sulla servitù→ non esisteva un mercato del
lavoro,le persone si auto producevano quello di cui avevano bisogno e si garantivano
protezione prestavano la loro attività produttiva in uno scambio col signore locale
• Una funzione di protezione militare garantita localmente→ la protezione e la gestione
politica era garantita dai signori locali
A partire dal 13esimo sec(1200) si assiste ad un boom demografico inaspettato. Infatti in questo
periodo non ci sono state particolari situazione di guerre, non ci sono state pestilenze e tutto ciò
produce un aumento della crescita demografica soprattutto nella popolazione
europea(ITA,FRA,SPA,PORTOGALLO). Questa nuova condizione va a scalfire il perno
dell’economia medievale ovvero→ l’abbondanza della terra, non c’è più abbondanza delle risorse
materiali ma bisogna farsi bastare quello che c’è. La terra quindi inizia ad acquisire un’importanza
economica e inizia ad essere maggiormente sfruttata. Di conseguenza cresce la necessità di
colonizzare nuove terre(terre boschive spesso meno fertili,terre lontane)per sfamare la
popolazione,quindi entra in crisi la località.
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• Necessità di costruzione di nuovi manufatti che fossero più evoluti e quindi idonei alla
lavorazione di terreni fino ad allora incolti
• L’attività artigianale all’interno dei villaggi,la produzione di questi manufatti all’interno dei
villaggi. I manufatti iniziano ad essere scambiati all’interno del villaggio tra artigiani e
contadini. Questa è una rivoluzione in quanto prima colui che produceva manufatti li
utilizzava per se e non venivano scambiati
• L’ambito urbano prende importanza e inizia ad avere una produzione strategica nei processi
di sviluppo economico. Il centro urbano inizia ad affermarsi come luogo dell’innovazione
tecnica
• L’espansione delle attività commerciali portò all’affermazione di banche(finanziano le
attività produttive) e assicurazioni(garantiscono una protezione nei confronti delle attività
commerciali) che nascono per supportare l’attività artigianale e mercantile
Quindi è in questo periodo che nascono 2 istituzioni tipicamente moderne→le prime banche
nascono nel centro Italia(Monte dei Paschi di Siena). Le assicurazioni nascono a Palermo città
portuale.
• In questo periodo si arriva inoltre all’affermazione del diritto della proprietà privata,la
terra da bene comune diventa uso esclusivo di un proprietario che ne dispone per i propri
interessi. Il contesto in cui possiamo osservare questo passaggio in maniera più repentina è
quello inglese,in cui la privatizzazione delle terre ha un impatto sociale molto forte. In
Inghilterra,infatti, alla fine del 16esimo sec si inizia a manifestarsi il fenomeno delle
ENCLOSURES→ sono delle recinzioni,delle restrizioni. L’aristocrazia inizia a dire che i
terreni e i beni comuni non sono più della comunità ma sono di loro proprietà e li recintano.
I contadini che avevano utilizzato fino ad allora quelle terre per il loro sostentamento
vengono espulsi con atti violenti e costretti ad andare altrove o eventualmente vengono
costretti a lavorare in quelle terre non più per se stessi ma esclusivamente per il signore. Il
contadino riceverà solo un salario per il proprio lavoro con cui acquistare i beni di necessità.
• Le enclosures e tutto il processo di privatizzazione delle terre ha un impatto forte sia in
ambito sociale sia sull’economia in quanto porta all’affermazione del capitalismo.
• La terra inizia ad essere trattata come una merce,quindi la terra è vista come un investimento
redditizio e gli individui iniziano a sviluppare l’idea di sfruttamento delle risorse con
un’ottica di profitto personale→ cambio di mentalità(mentalità capitalista)
• Inizia inoltre il processo di accumulazione originaria di ricchezze e risorse che saranno
poi utili e necessari all’investimento nell’attività commerciale.
Quindi si arriva ad una mentalità e alla nascita dello spirito capitalista,in cui il profitto attraverso il
lavoro diventa un valore sociale.
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Conseguenze sociali delle enclosures:
• Il forte impatto sul piano sociale riguarda il soddisfacimento dei bisogni primari,infatti i loro
standard dei consumi alimentari peggiorò si ridussero ad una dieta di pane e formaggio che
non richiedevano di essere cucinati in quanto avendo tolto loro le terre non riuscivano più a
procurasi la legna per cucinare e altri prodotti alimentari come i legumi e le verdure. I
contadini si sostentavano con le terre e poi sono stati espropriati dalle terre con conseguenze
devastanti:vennero privati di loro bisogni primari dall’oggi al domani,non mangiavano
abbastanza e le loro case venivano distrutte. Si è assistito ad una devastazione delle
condizioni di vita ma anche del tessuto sociale,il villaggio,la comunità era il loro punto di
riferimento e di conseguenza vennero loro tolte anche le relazioni sociali.
• Inoltre i contadini iniziano ad aver bisogno di lavorare alle dipendenze di altri per potersi
accaparrare le risorse e perciò iniziano a dover vendere la loro forza lavoro e quindi
iniziarono a dipendere sempre di più alle condizioni del mercato del lavoro.
Quindi attraverso il fenomeno delle enclosures assistiamo alla nascita di una nuova classe sociale,il
proletariato rurale: la sua unica risorsa è la prole,dipendono dai figli. Le possibilità di
sopravvivenza delle persone dipendono da quante persone in famiglia possono lavorare. Più figli si
hanno più ciance ha la famiglia di sopravvivere.
In questa circostanza iniziano a manifestarsi per il proletariato rurale i rischi collegati alla
mercificazione e alla nascita di questo nuovo assetto economico. Iniziano a manifestarsi episodi di
povertà di massa e prendono piede i primi interventi di contrasto alla povertà(prime politiche
sociali). Povertà legata al mercato,legata alla fluttuazione delle condizioni del mercato. Prima di
questo periodo i rischi erano esclusivamente di carattere fisico(handicap) o legati a situazioni
naturali(pestilenze,carestie).
Quindi→la modernizzazione ha comportato nuovi rischi sociali ai quali c’è stata necessità di
intervenire.
Siccome l’Inghilterra fu il paese in cui il fenomeno della povertà di massa si manifestò prima che
altrove nel 1601 proprio il parlamento inglese approvò la POOR LAW la prima legge che sanciva
il diritto a vivere per tutti i cittadini cioè lo stato per la prima volta prende coscienza che
l’istituzione pubblica deve farsi carico dei bisogni primari dei cittadini e deve garantire il diritto alla
sopravvivenza a tutti i cittadini.
• Ad occuparsi dei poveri dovevano essere le parrocchie(la chiesa→ questo perché non
esisteva ancora un apparato amministrativo pubblico atto a prendersi cura dei poveri e
quindi lo Stato si appoggia alle parrocchie)alle quali venivano trasferite le risorse derivanti
dalle imposte locali(le tasse sui poveri che tutti i proprietari erano tenuti a pagare a seconda
della rendita della terra o delle case in loro possesso)→ottica redistributiva.
• Tutti coloro che si trovano in uno stato di indigenza erano tenuti(costretti→reclusione o
pena capitale)ad accettare l’internamento in apposite strutture residenziali(le poor houses)
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differenziate a seconda del tipo di disagio. Questa disponibilità era un prerequisito
necessario per accedere ai servizi offerti(avere pasto e alloggio). La povertà era vista come
una colpa da parte di coloro che si trovavano in una fase di indigenza e l’internamento è
necessario per un controllo su queste persone per evitare rischi di ordine pubblico. La
povertà come colpa mette in luce l’aspetto repressivo nei riguardi delle persone povere.
• Coloro che erano impossibilitati a lavorare ad esempio malati o anziani,potevano ricevere un
servizio domiciliare ed un eventuale sussidio in denaro oppure essere ricoverati in appositi
ospizi.
• La poor law non è arrivata tanto a conseguenza della sollecitazione dei più poveri che
vivevano in una situazione di indigenza quanto piuttosto come conseguenza della
sollecitazione delle classi sociali più elevate che vedono minacciata la loro condizione
dall’esistenza dei poveri che possono(e a volte lo hanno fatto esasperati dalla loro
condizione di indigenza)minacciare le loro ricchezze,il loro stato di benessere e la loro
incolumità. L’unico modo per risolvere il problema della povertà era individuato nella
responsabilizzazione degli individui attraverso l’impegno lavorativo.
Inoltre i poveri potevano ricevere assistenza esclusivamente dalla parrocchia presso la quale erano
residenti. Questo per evitare comportamenti opportunistici da parte dei cittadini poveri che
potrebbero spostarsi verso altre parrocchie per cercare condizioni migliori di sistemi parrocchiali di
sostegno più efficienti.
In Inghilterra ancora oggi chi vuole il sussidio di disoccupazione devono recarsi ogni giorno negli
uffici di collocamento e attendere un’opportunità lavorativa e accettarla immediatamente.
Da parte dei legislatori inglesi c’è una mancanza di comprensione della differenza di un vero e
proprio stato di indigenza determinato da una situazione individuale magari di handicap o cmq
problemi del singolo e quanto invece in questo problema pesa la mancanza di lavoro che può anche
non essere una scelta individuale→ quindi un problema sociale piuttosto che individuale.(mancanza
di differenziazione dei problemi).
Vengono istituite le workhouse che sostituiscono le poorhouse in cui appunto i poveri erano
costretti a lavorare(per i primi opifici che nascevano nel 1700)il tessuto produttivo inglese ha potuto
sfruttare la possibilità di avere una manodopera a bassissimo prezzo.
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LA SPEENHAMLAND LAW (1795)
Questa legge sancisce un principio nuovo che non era mai stato preso in considerazione da
nessun’altra legge per i poveri. La legge stabiliva che qualsiasi individuo anche con un lavoro
ma che il cui salario era inferiore ad una certa soglia calcolata in base al prezzo del
pane,aveva diritto a ricevere un’integrazione in modo tale da garantirgli un reddito minimo
assicurato in qualsiasi circostanza→ questa è una svolta importante perché per la prima volta viene
preso in considerazione che si può essere poveri anche con un’occupazione,svolgendo un lavoro
e quindi si ammette che il mercato può dare vita ad una condizione di povertà e difficoltà di
allocazione delle risorse→è una svolta importante perché si ammette che è il funzionamento del
mercato che può condurre a dei rischi e non c’è più una colpa individuale ma piuttosto una colpa
sociale.
Nel 1800 si assiste anche ad una pressione dal basso→ cioè le persone che fanno parte di questa
condizione di rischio iniziano a farsi sentire(rivoluzione francese). La pressione nasce dalla
crescente classe operaia(proletariato urbano) che prende coscienza delle proprie condizioni dentro
e fuori le fabbriche e inizia a mobilitarsi per chiedere il riconoscimento dei propri diritti sociali e
politici. La classe operaia iniziò,quindi,ad organizzarsi e mobilitarsi per richiedere il riconoscimento
dei propri diritti politici e sociali→la nascita di una coscienza di classe(Marx)è stata stimolata
dalla comune condivisione del forte stato di deprivazione economica che accomunava tutti i
lavoratori nelle città industriali.
Si deve a questa nuova prospettiva,quindi,l’approvazione delle prime misure di tutela del lavoro che
si diffusero in diversi paesi europei. In Gran Bretagna ad esempio nel 1847 venne approvata la
“legge delle 10 ore” con la quale veniva definito un primo limite alla durata della giornata
lavorativa.
• Alla fine dell’800 quindi assistiamo ad un periodo di importanti novità nella legislazione
sociale e lavorativa. E’in questo contesto che furono approvate,infatti,alcune importanti
riforme destinate ad incidere profondamente sullo sviluppo dei moderni Welfare State.
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I PRIMI INTERVENTI STRUTTURALI:LE ASSICURAZIONI PER I LAVORATORI
Sono delle forme di intervento. Si da per scontato che lavorare nella società moderna sia
rischioso,per le condizioni di salute(ci si può ammalare,si può morire)ma anche perché si può
perdere il lavoro. E’ una misura a scopo previdenziale(prevedere dei rischi e mettere in atto delle
misure per prevenirli),quindi la sicurezza ai lavoratori e alle loro famiglie incominciava a porsi
come problema di responsabilità collettiva.
La novità in questa assicurazione è stato il riconoscimento della responsabilità civile del datore di
lavoro.
La prima forma assicurativa venne introdotta in Germania(perché la pressione dal basso era più
forte,la classe operaia tedesca era particolarmente incisiva e combattiva)nel periodo compreso tra la
legislazione Bismarckiana e la grande guerra. Nel 1900 anche paesi: Belgio,Danimarca,Francia,
Irlanda,Svezia e Svizzera, istituzionalizzarono i sistemi assicurativi come principale meccanismo di
copertura dei rischi per i lavoratori.
Viene adottato per la prima volta in Germania all’inizio del 1900 facendo diventare l’assicurazione
volontaria ad assicurazione obbligatoria,cioè tutti i lavoratori dovevano sottoscriverla per poter
lavorare e quindi versare una parte del loro salario in termini previdenziali. Una parte del loro
stipendio verrà trattenuta per essere utilizzata nel momento di
bisogno(malattia,infortunio,disoccupazione).
L’assicurazione sociale continuò ad estendersi anche grazie alle esperienze del primo dopoguerra
durante il quale apparve chiaro che anche i ceti più abbienti non erano esenti da rischi di
impoverimento e disagio. Dopodiché un ulteriore sviluppo delle assicurazioni sociali prevedeva la
copertura anche per quei soggetti non attivi, come i pensionati,i superstiti e le casalinghe→ per
tutto ciò al principio di sostituzione del salario che vigeva fino ad allora venne integrato dal
principio di protezione minima in caso di bisogno. (innovazione più significativa in Svezia nel
1913 stabilito che tutti i cittadini con oltre 67 anni avevano diritto ad una pensione).
L’ultima ad essere introdotta è stata l’assicurazione contro la disoccupazione(le prime sono quelle
per malattia e infortuni,dopodiché si arriva a quelle per i soggetti non più attivi per limiti di età o
per situazioni contingenti legate all’impossibilità di lavorare) in quanto innanzitutto la
disoccupazione intesa come disoccupazione di massa era un fenomeno legato a periodi di grande
crisi economica,come ad esempio la grande depressione del crollo della borsa di Wall Street 1929.
Quindi grazie alle conseguenze di questa crisi si comprende che l’andamento congiunturale
dell’economia può causare disoccupazione di massa cioè non legata ad una sola classe
sociale,quella operaia che poteva essere quella più esposta ai rischi di disoccupazione, ma perdono
il lavoro anche i ceti medi e le classi impiegatizie e quindi doveva diventare un problema della
collettività siccome il rischio era un rischio esteso a tutti. Per questo motivo è stata l’assicurazione
introdotta per ultima proprio perché si è dovuti arrivare alla crisi del ’29 per comprendere la
necessità di un’assicurazione contro il rischio di disoccupazione che doveva essere estesa a tutti.
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CRESCITA DELL’INTERVENTO PUBBLICO TRA LE 2 GUERRE: (Tra gli anni ’20 e gli
anni ’40)
Nei paesi occidentali assistiamo ad una crescita molto importante delle politiche sociali,degli
interventi di protezione sociale. In questo periodo storico gli stati nazionali iniziano a destinare una
quota consistente dei loro investimenti,del PIL quindi della spesa sociale nei confronti delle
assicurazioni sociali(in quanto,come detto prima,si comprende che la povertà è un rischio che
riguarda tutta la società). E progressivamente le politiche sociali si allargano ad un numero sempre
più ampio di potenziali beneficiari e progressivamente si allargano anche i bisogni verso cui lo stato
interviene.
In questo periodo inizia ad affermarsi un modo diverso di intendere il WS,infatti alla base di questa
espansione ci sono 2 visioni ideologiche opposte del WS:
Quindi il maggior intervento dello Stato nella garanzia del benessere sociale come
completamento del processo di piena cittadinanza e di affermazione di principi
democratici.
In questo periodo si assiste alla fine del capitalismo autoregolato tipico dell’800→ si passa ad uno
Stato attivo che deve regolare e regolamentare il funzionamento dell’economia e della società.
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RISPOSTE DEMOCRATICHE
1. La repubblica di Weimer:
Germania prima del Nazismo. In questo periodo nell’atto costituente della repubblica di Weimer
vennero sanciti in un documento costituzionale,i diritti sociali e la piena legittimazione
dell’assistenza sociale intesa come strumento volto a garantire un elevato grado di sicurezza
materiale per tutta la popolazione. E’ molto importante perché per la prima volta i principi alla
base dell’intervento dello Stato nel garantire protezione e benessere ai propri cittadini
vennero scritti nero su bianco in un documento principale della costituzione.
Sempre in questo documento venne riconosciuto il diritto di partecipazione dei sindacati alla
definizione dei piani di intervento sociale. Quindi per la prima volta si afferma che siano i cittadini
stessi attraverso le loro rappresentanze a partecipare al processo di definizione delle modalità di
intervento nei confronti dei rischi sociali di garanzia del benessere.
Si tratta per la prima volta di un modello di intervento in cui la regolazione viene basata su un
pluralismo corporativo, cioè non più un élite politica che decide dall’alto verso il basso ma sono i
cittadini a decidere attraverso le rappresentanze.
E’ un modello politico che deve dare una risposta alla più grande crisi economica fino ad allora. Si
impongono nuove idee politiche in questo scenario economico e sociale che mettono in evidenza
come lo Stato non può più essere passivo nei confronti della regolazione economica,lo Stato deve
intervenire per garantire un certo equilibrio ai mercati→ garantire equilibri economici e finanziari.
Si mettono in atto una serie di interventi che hanno l’obiettivo di trasformare strutturalmente
l’intervento pubblico non più passivo sia in campo economico che sociale.
Con il New Deal inizia ad affermarsi un principio→ le politiche di protezione sociale non possono
essere più prese senza considerare l’intero contesto economico cioè politica sociale e politica
economica devono andare di pari passo (ad esempio la scelta di fare degli investimenti pubblici
nelle infrastrutture è sia una scelta economica ma anche sociale perché da possibilità di lavoro ai
cittadini). Quindi il New Deal è importante perché afferma il principio di una stretta
interdipendenza tra scelte di politica sociale e scelte economiche.
• Nel campo del lavoro→ vennero emanate leggi che legittimavano le pratiche sindacali(i
sindacati possono partecipare alla contrattazione collettiva)vengono emanate in questo
periodo le leggi sulle 40 ore settimanali e sul salario minimo
• Nel campo della sicurezza sociale→ il New Deal prevedeva l’implementazione del Social
Secutity Act il quale rappresentava un primo impianto di assicurazione obbligatoria contro i
rischi di invalidità,di vecchiaia,di vedovanza e di protezione dei familiari di defunti
Nel New Deal era previsto un intervento fortemente protettivo nei confronti dei cittadini con
l’idea di istituire un servizio sanitario nazionale pubblico. Cosa che però non venne mai,ancora
ad oggi,mai effettuato.
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I principi del New Deal non vennero però effettivamente realizzati perché ci saranno delle
resistenze di carattere ideologico dopo la seconda guerra mondiale però questi principi verranno
ripresi nei paesi europei alla fine della seconda guerra mondiale.
RISPOSTE TOTALITARIE
1. Il Nazismo:
I principi della partecipazione cooperativa alla definizione dei piani di intervento sanciti dalla
repubblica di Weimar vengono mantellati. I sindacati infatti non solo non possono partecipare ma
vengono messi fuori legge. Si ritorna ad un intervento dall’alto esclusivo di un’elite politica quella
nazista. Si passa dall’inclusione alla repressione infatti le strategie di intervento sono minacce e
violenza fino alla completa abolizione delle istituzioni democratiche.
La povertà di nuovo torna ad essere vista come una colpa e le misure di intervento in questo campo
erano l’internamento degli indigenti, le sanzioni fino ad arrivare all’eliminazione(fisica) dei
“superflui”(persone con problemi fisici e psicologici ad esempio).
Il nazismo rappresenta come le politiche sociali possono essere utilizzate come abuso e come ci
possa essere un uso degenerativo delle politiche sociali che vanno al di la del benessere sociale.
2. Il Fascismo:
• Lo Stato mantiene tutti quegli interventi di assistenza e di protezione sociale che hanno a
che fare con implicazioni di carattere economico e politico (assicurazione per i
lavoratori,malattia,infortunio,maternità).
• Alla Chiesa viene confermata la delega e le risorse della gestione delle attività più
tradizionali di assistenza agli anziani,ai disabili e ai soggetti marginali
Lo scopo della politica sociale del Fascismo era quello di creare un’opinione pubblica favorevole al
regime attraverso le politiche sociali che vengono regolamentate→ infatti è in questo periodo che
vengono creati i grandi istituti previdenziali operanti ancora oggi come INPS e INAIL.
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IL RAPPORTO BEVERIDGE
E’ un documento redatto da lord Beveridge,nel periodo tra il ’42 e il ’43, il quale viene incaricato
dal parlamento inglese di redigere un piano per sicurezza sociale in cui a partire da un’indagine sul
fabbisogno di protezione sociale venivano fatte delle proposte sulle esigenze dei cittadini.
Il piano per la sicurezza sociale redatto da Beveridge cambiava radicalmente il modo di affrontare i
rischi sociali. Cambia il modo di concepire i rischi e come affrontarli → nuovo modo di
concepire l’intervento dello stato.
L’idea importante è che la lotta alla povertà → povertà intesa come problema generale che include
in se il rischio sociale come la deprivazione economica e sociale,l’emarginazione,si presentava
come parte più ampia della politica. Ovvero nel rapporto Beveridge si afferma il principio secondo
cui i bisogni sociali sono strettamente interdipendenti tra loro non si può affrontare il problema
della povertà se non si affrontano altri problemi correlati come la malattia,l’ignoranza,la mancanza
di operosità,la negligenza. L’innovazione è data dall’integrazione delle politiche sociali ed una
politica economica che tende alla piena occupazione(i rischi sociali si affrontano anche grazie
all’intervento dello stato nell’economia,soprattutto nel mercato del lavoro). Lo stato non ha più
solo la funzione di garantire risorse nel momento del bisogno ma anche quella di prevenire il
crearsi del bisogno garantendo la piena occupazione.
In sostanza:
Inoltre:
• l’assicurazione dei lavoratori è estesa a tutti i cittadini quindi l’idea della protezione
preventiva che non si riferisce più solo a chi è attivo dal punto di vista lavorativo e che
possono versare i contributi ma a tutti gli appartenenti alla comunità.
• La presa in considerazione di situazioni specifiche come possono essere i bisogni delle
famiglie numerose come ad esempio degli assegni di sostegno per le situazioni familiari che
lo richiedono → questo è un principio già visto con la speenhamland law che però veniva
applicato solo ai lavoratori che non riuscivano ad arrivare ad un salario minimo. Qui invece
questo principio è esteso a tutti i cittadini
Dopo la seconda guerra mondiale cioè da metà anno’40 fino alla metà degli anni ’70 è il periodo
chiamato il 30ennio glorioso(golden age). E’ in questo periodo che assistiamo al consolidamento
e alla crescita del suo peso nella nostra società dello stato sociale. E’ un periodo di ricostruzione e
di ripresa.
Quindi si consolida l’impegno dello stato in alcuni settori cruciali dell’economia e della vita sociale.
Le politiche sociali sono politiche strutturali quindi diventano un elemento imprescindibile del
funzionamento dello stato moderno e diventano uno strumento attraverso cui lo stato opera in
funzione della costruzione del consenso politico e sociale. Da qui inizia ad affermarsi un
principio importante ovvero che non solo attraverso le politiche sociali si da una risposta ai bisogni
della popolazione ma attraverso queste politiche,se utilizzate opportunamente, si può ottenere
CONSENSO SOCIALE. Ad esempio se un gruppo si vedeva escluso da misure previdenziali e un
partito inizia a proporre un qualche intervento previdenziale per quella categoria sociale allora il
partito sarà legittimato a pensare di ottenere consenso politico da parte di quel gruppo. Pensare per
esempio che i dipendenti pubblici possano beneficiare di andare in pensione a 50 anni di età
significa per chi ha proposto,in quanto partito di governo,ottenere qualche milione di voti alle
elezioni.
Assistiamo a questo punto al superamento della visione paternalistica discrezionale che era
quella principale prima del rapporto Beveridge.
• Paternalistica→ in cui le classi dirigenti decisono che cosa concedere agli strati più
bisognosi della popolazione
• Discrezionale→ in base alle situazioni contingenti interviene
Lo stato dopo questa fase viene identificato con una redistribuzione delle risorse(tutti i cittadini
possono acquisire le risorse indipendentemente dal proprio reddito) ,garantendo a tutti i cittadini
benessere sociale→ quindi sanità pubblica,affermazione istruzione pubblica,regolamentazione
mercato del lavoro→ Quindi si assiste alla DEMERCIFICAZIONE in quanto questi servizi
non sono più merci che vanno pagate direttamente ma sono garantiti a tutti gli individui.
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GLI ANNI ‘60
Rappresentano il periodo di massima espansione del WS soprattutto dei paesi europei. Siamo
all’interno del 30ennio glorioso. Abbiamo degli indicatori che questi anni siano l’apice:
• guardando il PIL si nota che la quota di spesa sociale in questi anni è maggiore vengono
spese le quantità maggiori di soldi per le politiche sociali e per gli interventi sociali
• gli interventi diventano sempre più di tipo universalistico,quindi il WS non riguarda solo gli
strati più marginali della popolazione ma riguarda strati sempre più ampi,una quota sempre
più estesa di beneficiari degli aiuti del WS→ viene preso in considerazione anche il ceto
medio che inizia a beneficiare delle misure di sostegno e di protezione da parte dello stato.
Quindi si tratta di garantire al figlio dell’operaio come al figlio del dirigente un istruzione
pubblica,garantire al dirigente come all’operaio in caso di infortunio di potersi curare nello
stesso ospedale.
Vengono messi in evidenza alcuni limiti del WS che inizia ad essere un problema dal punto di vista
della sostenibilità economica e politica. Questo problema si manifesta in questo periodo in quanto
vengono a mancare alcuni elementi che ne avevano invece garantito l’espansione→ ci sono infatti
una serie di trasformazioni di carattere politico ed economico che mettono in crisi il WS:
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➔ Cosa cambia sostanzialmente negli anni ’70?:
• Le condizioni socioeconomiche dei paesi occidentali peggiorano anche per il fatto della
globalizzazione e della conseguente concorrenza dei paesi emergenti→ sud-est
asiatico,paesi dell’America latina.
• La globalizzazione porta ad una perdita della capacità di regolazione dei processi
economico-produttivi→ fino a che la produzione è sul territorio nazionale lo stato può
applicare una serie di tasse per garantire le politiche sociali. Nel momento in cui la
produzione diventa globale,però,si assiste al fenomeno delle delocalizzazioni dell’attività
produttiva,quindi i beni vengono prodotti in altri paesi in cui la forza lavoro costa
meno(Asia,est Europa). Quindi agli Stati nazionali viene meno quella parte della tassazione
dell’attività produttiva che permette la crescita del WS.
• Il problema dei costi,le politiche sociali creano una situazioni di dipendenza ai cittadini che
altrimenti dovrebbero accaparrarsi da soli le risorse e provvedere ai loro bisogni. Invece così
gli individui si adagiano sulle politiche sociali(trappola della povertà). Il WS crea cittadini
dipendenti dalle politiche sociali e i costi tendono sempre più a crescere→dipendenza dal
WS.
Questo porta al problema dell’inflazione cioè il costo di qualsiasi risorsa aumenta nel tempo
e il potere d’acquisto diminuisce. Qualcuno sostiene infatti che questo problema sia dovuto
anche dal WS e dal conseguente indebitamento dello Stato per garantire le politiche
sociali(chiedendo più soldi si ha più liquidità,un aumento della circolazione monetaria che
porta all’inflazione perché più moneta circola meno valore ha)
• L’efficienza delle politiche sociali, politiche che si sono mostrate inadeguate rispetto agli
obiettivi prefissati. Le disuguaglianze ad esempio non sono scomparse ma anzi forse sono
aumentate. Un esempio sono le politiche educative che non risolvono i problemi delle
disuguaglianze,infatti la possibilità data a tutti di studiare dovrebbe garantire a tutta la
popolazione le stesse opportunità ma non è così. Questa critica però non trova sostegno su
dati empirici,il WS non ha ampliato le disuguaglianze sociali.
La ristrutturazione del WS in questo periodo sarà orientata alle critiche ricevute. L’obiettivo da
raggiungere sarà quello di alleggerire il bilancio pubblico e ridurre i costi. Uno strumento
adottato per raggiungere quest’obiettivo è il decentramento amministrativo→ si tratta di una
politica di welfare volta a valorizzare le comunità locali diminuendo il peso sull’apparato del
WS. Se si vuole un WS che non sprechi le risorse e che metta in atto politiche efficaci bisogna
cercare di rispondere ai bisogni specifici della popolazione che variano da contesto a contesto
e quindi le politiche devono essere sempre di più politiche locali. In realtà questo decentramento
è positivo anche per la spesa sociale alleggerendo lo stato e caricando parte della spesa sugli
enti locali che non sempre sono enti pubblici ma lo Stato inizia a coinvolgere anche soggetti
privati nell’erogazione di servizi di WS(terzo settore ad esempio cooperative).
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LE POLITICHE SOCIALI
Sono gli elementi costitutivi del WS ed emergono dall’ottica della responsabilità collettiva.
Sono azioni concrete che i WS mettono in atto per dare delle risposte ai bisogni sociali. Il modo
in cui si esplicita questa risposta assume forme diverse → le politiche sociali.
Quindi le PS non sono altro che modi diversi di risposta ai bisogni sociali e quindi ogni
Stato avrà una sua particolare modalità di risposta ai bisogni della sua società.
Lo Stato deve essere garante del benessere sociale e deve perciò garantire l’equità sociale cioè
garantire un’eguaglianza tra i propri cittadini,garantire giustizia e imparzialità.
• Il modo in cui lo Stato attraverso le politiche4 sociali realizza questo principio di equità
sono 3:
In tutti i diversi paesi troveremo un diverso mix di queste 3 PS. I vari paesi occidentali si
distinguono tra di loro per la prevalenza di una di queste politiche→ i WS si diversificano in diversi
modelli in base all’uso prevalente di una politica piuttosto che un’altra ma ogni WS si compone da
diverso mix di queste politiche a seconda dell’obiettivo. Quindi la differenza tra i modelli di WS si
basano sulla prevalenza dell’uso di una politica rispetto alle altre. L’uso prevalente di una politica
sociale deriva anche dal contesto storico e sociale di un paese.
• Per WS intendiamo l’insieme degli interventi di politiche sociali che lo Stato mette in
atto per garantire benessere ed equità sociale. L’insieme delle politiche sociali adottate
da un paese per far fronte ai bisogni sociali.
L’idea alla base delle politiche universalistiche è che lo stato deve intervenire per assicurare una
copertura dei rischi sociali a tutti i propri cittadini indipendentemente della differenziazione che può
caratterizzarli(ricchi o poveri,uomini o donne,lavoratori o disoccupati,giovani o anziani). La
protezione vale per tutti i cittadini che appartengono a quella comunità.
Il ricorso prevalente a politiche universalistiche è tipico dei paesi del Nord Europa soprattutto i
paesi scandinavi(Finlandia,Svezia,Norvegia Danimarca). E’ un modello a forte garanzia di
benessere sociale e fortemente redistributivo.
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2. POLITICHE DI TIPO ASSICURATIVO-PREVIDENZIALE
Sono delle forme di intervento pubblico che sono basate sull’erogazione di prestazioni
standardizzate in forma automatica e imparziale sulla base di precisi diritti e doveri(pagamento di
contributi e di premi) individuali.
Sono meccanismi di protezione automatica e si attivano quando si passa dal rischio al bisogno ma
che prevedono anche un dovere da parte del soggetto che deve assicurarsi nei confronti di questi
rischi.
Sono soprattutto le assicurazioni previste per i lavoratori→ i lavoratori o il datore di lavoro deve
versare dei contributi che permettono l’attivazione di misure in caso di
bisogno(vecchiaia,malattia,infortunio).
L’accesso a queste misure è ampio ma cmq ristretto a chi ha versato i contributi(naspi solo per i
soggetti che hanno lavorato). Quindi un giovane che termina il proprio percorso formativo e che
risulta disoccupato non ha diritto a questa misura. Questo modello ha prodotto un sistema di
redistribuzione fortemente differenziato per genere e classi d’età(diseguaglianze sociali interne)→
di solito chi lavora(il percettore di reddito principale) è il soggetto maschio e adulto ed è quindi il
maggiore beneficiario di queste misure. Questo farà si che si avranno delle categorie più fragili
come i giovani che avendo una posizione più precaria nel mondo del lavoro non avranno accesso a
questo tipo di politica. Un’altra categoria svantaggiata sono le donne soprattutto per una diseguale
distribuzioni dei compiti di cura all’interno della famiglia,quindi si dedicano maggiormente nei
segmenti secondari come il lavoro part-time oppure il più delle scelgono di non lavorare.
All’interno dei sistemi assicurativi esistono delle importanti differenziazioni tra i vari paesi in base
ad alcuni aspetti:
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3. POLITICHE ASSISTENZIALI (modello residuale)
Vengono definite di assistenza sociale. Prevede l’erogazione di prestazioni e benefici in base alla
prova dei mezzi. Tale prova consiste nella verifica che il reddito degli individui,che fanno richiesta
a specifici servizi e prestazioni sociali,sia la di sotto di una certa soglia. I cittadini devono
dimostrare di non avere i mezzi e le risorse monetarie e relazionali per superare quella
situazione,di non farcela da soli e di aver bisogno di un supporto da parte dello Stato.
Nei paesi in cui prevale la logica assistenziale,lo Stato affida al mercato oppure alla famiglia,alle
reti sociali il compito di garantire protezione sociale e lo Stato interviene in maniera residuale
soltanto in quelle situazioni e per quel tipo di bisogni in cui l’individuo non è in grado di fare da
solo o non dispone a delle risorse relazionali e familiari che gli permettono di far fronte a quelle
situazioni. Lo Stato interviene solo in caso di estremo bisogno,di comprovata necessità e per i
soggetti in condizione di bisogno e che non hanno il supporto di una rete sociale. Le misure
assistenziale vadano a coprire quelle situazioni di rischio che sono caratterizzate da estrema
marginalità sociale.
Questa logica di intervento caratterizza i paesi dell’area Anglosassone(Regno Unito e Stati Uniti)i
quali hanno risentito della politica liberista. In questi paesi ad esempio la sanità non è pubblica ma è
garantita dal mercato, bisogna comprarsi un’assistenza sanitaria che copre le spese mediche. Per chi
non ce la fa a permettersi questa forma di assistenza lo Stato garantisce un’assistenza di base in caso
si estrema necessità per affrontare quel bisogno.
Il paese più generoso considerato come modello esemplare è il WS danese→ è quello che investe
di più e lo fa in un’ottica universalistica.
Quindi in questo caso l’efficacia delle politiche sociali non viene messa in discussione proprio
perché non viene creato un benessere e una protezione sociale per tutti i cittadini.
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LE POLITICHE SOCIALI IN ITALIA
IL WS ITALIANO
L’Italia rappresenta un caso emblematico per capire gli effetti del WS sia per quanto riguarda
l’efficacia e l’efficienza del sistema,sia per quanto riguarda la sua equità redistributiva.
20
LA PREVIDENZA SOCIALE IN ITALIA
Però quindi solo chi lavora ha diritto a misure di previdenza sociale come
infortunio,disoccupazione,malattia …
Chi non ha mai lavorato(o chi non lavora)non ha diritto a queste misure come ad esempio il sussidio
di disoccupazione→ la NASPI
Quindi i giovani in cerca di lavoro o chi ha lavorato per poco tempo non hanno accesso a queste
misure di sostegno al reddito e tutto ciò crea delle disuguaglianze.
• La causa di questa forte frammentazione del sistema previdenziale italiano e la sua non
equa distribuzione va individuata nella situazione politica e sociale che caratterizza il
nostro paese quando si sono poste le basi istituzionali del WS,quando sono state prese le
prime grandi decisioni nel periodo post-bellico. L’Italia del dopoguerra è un paese
caratterizzato da una situazione di scarso consenso politico in quanto reduce dal 20ennio
fascista, quindi da un lungo periodo di dittatura. In questo scenario l’Italia cerca con
difficoltà di costruire un consenso politico. Questo consenso politico viene ricercato sulla
base di privilegi garantiti ad alcuni gruppi sociali. I partiti politici hanno sfruttato i
meccanismi redistributivi a loro favore per garantirsi un consenso politico in un contesto
democratico ancora debole.
• In questo contesto ci sono stati alcuni gruppi di interessi che sono riusciti a fare delle
pressioni nei confronti dei partiti politici per ottenere dei vantaggi,dei benefici in cambio del
consenso politico elettorale. Di conseguenza non tutte le categorie ricevevano allo stesso
modo in base a ciò che gli veniva chiesto in termini di contributi e ancora oggi ci troviamo
con delle categorie che hanno storicamente dei vantaggi soprattutto in ambito
pensionistico(abbiamo visto che la maggior parte della spesa pubblica italiana viene speso in
pensioni)→ circolo vizioso.
Uno degli esempi più eclatanti è l’ampia diffusione di pensioni di invalidità soprattutto nella zona
del Mezzogiorno. Questo ci fa capire come la forte presenza di disoccupazione e lavoro irregolare
di quest’area abbia facilitato lo sviluppo di un mercato in cui i benefici pensionistici sono stati
scambiati con il sostegno elettorale.
21
L’ASSISTENZA SOCIALE IN ITALIA
E’un sistema che risente fortemente di quella che è la situazione storica del nostro paese,infatti è
un sistema ancora in gran parte derivato dalla legge Crispi del 1890 e dalla politica sociale
fascista.
In questo periodo infatti lo Stato decide di assegnare le misure di assistenza sociale soprattutto alle
associazioni assistenziali legate alla chiesa.
L’assistenza sociale in Italia non è mai stata gestita direttamente dallo Stato sociale ma delegata ad
altri enti(enti ecclesiastici) legittimati ad intervenire verso determinate categorie di persone in
condizione di bisogno(handicap,poveri,infanzia).
Quindi non c’è un disegno unico delle modalità di organizzazione dell’assistenza sociale ma una
frammentazione delle modalità e delle categorie assistenziali. Tale frammentazione è stata
aggravata a partire dagli anni ’70 con gli interventi assistenziali locali(comunali).
Ma al di là dell’ambito sanitario l’assistenza sociale è rimasta differenziata per categorie proprio per
la mancanza di un riferimento normativo unico ma delegato a più enti(chiesa ed enti locali→ i
comuni). La mancanza
In Italia sul piano dell’assistenza come su quello della previdenza sociale del contesto si assiste
ad una forte frammentazione degli interventi.
Perciò se da una parte il WS italiano è come quello di altri paesi con dominanza previdenziale e
residualità delle politiche assistenziali e universalistiche,dall’altra parte è caratterizzato da
un’etichetta→ la FRAMMENTAZIONE sia per l’aspetto previdenziale sia per l’aspetto
assistenziale.
22
LA RIFORMA DEL WS IN ITALIA AGLI INIZI DEGLI ANNI 2000
In questo periodo si verificano una serie di riforme che hanno cercato di scalfire la situazione del
WS così come la abbiamo descritta.
• Nell’ambito della previdenza sociale un obiettivo che si è sempre cercato di ottenere è stato
quello di alzare l’età pensionabile→obiettivo raggiunto con il governo Monti nel 2011
attraverso la legge Fornero(riforma del sistema pensionistico).
Governo che ha potuto farlo in quanto non era un governo partitico che doveva tornare a
chiedere il voto agli italiani e che quindi si sono bruciati il consenso politico.
• Nell’ambito dell’assistenza sociale le cose sono andate avanti in maniera più consistente a
partire dagli anni ’90 con una serie di leggi→ legge Bassanini. Ma la riforma definitiva
dell’assistenza sociale arriva nel 2000 con l’approvazione della legge n.328/00 che è
l’esito di numerose riforme. E’ la prima legge quadro sui servizi sociali in Italia.
Dall’unità d’Italia in poi l’Italia non aveva mai avuto una legge quadro per l’organizzazione
e la gestione dei servizi socio-assitenziali del nostro paese.
[ Per legge quadro si intende la legge più importante dopo quella costituzionale in
ordine di gerarchia. Sono leggi,quelle quadro,che ridefiniscono in maniera organica il
funzionamento di un intero sistema e ambito ]
La legge si pone l’obiettivo di ridefinire in maniera organica tutte le politiche sociali , di realizzare
un sistema integrato tra le diverse forme di assistenza sociale e di superare la frammentazione che
ha da sempre caratterizzato il funzionamento l’assistenza sociale del nostro paese→ con l’obiettivo
di promuovere il benessere di tutti cittadini attraverso un accesso omogeneo e universalistico
ai diritti sociali→non più categoriale e differenziata.
La legge prevede:
• Una ridefinizione dei ruoli e delle funzioni tra governo ed enti locali, processi chiamati di
SUSSIDIARIETA’ VERTICALE → questo termine definisce la divisione dei compiti tra
governo centrale e gli enti territoriali
• Definisce anche il principio della SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE→ si intende la
copartecipazione tra soggetti diversi,soggetti che non sono solo soggetti pubblici ma
possono essere sia pubblici che privati. Quindi la legge 328 apre la possibilità al fatto che i
servizi e le forme di assistenza di protezione sociale non siano più gestiti soltanto da enti
pubblici(governo,regioni,province,comuni) ma che ci sono altri soggetti che possono
compartecipare,con ruoli e funzioni ben precise definite dalle norme,quindi dallo Stato,alla
definizione,erogazione e prestazione dei servizi di assistenza sociale→ processo di
GOVERNANCE(compartecipazione tra ente pubblico ed ente privato ad esempio tra
comune e cooperative sociali o enti for profit). Questo è un passo molto importante perché è
cambiata la filosofia sottostante al WS,non siamo più di fronte ad un WS esclusivamente
pubblico in cui lo Stato è l’unico si occupa di garantire e di farsi carico della promozione del
benessere sociale ma lo Stato delega in parte questa funzione a enti e organizzazioni private.
23
Questi enti operano secondo una logica non profit spesso il terzo settore ma possono esserci
anche enti che operano con finalità di mercato(guadagno)→enti for profit.
Si entra quindi in un Welfare Mix in cui c’è questa copartecipazione di enti pubblici e privati. La
legge 328 affida questa funzione di compartecipazione tra enti pubblici e privati la programmazione
congiunta attraverso un piano che va definito a livello locale→ PIANO DI ZONA che sono
appunto il risultato della compartecipazione tra i due tipi di enti,pubblico e privato. La
programmazione principale dell’assistenza sociale si trasferisce dal livello centrale del Governo a
livello locale.
• Definire obiettivi a livello locale,le priorità e gli strumenti per la realizzazione degli
interventi sul territorio. Quindi non c’è più una decisione centralizzata che vale ovunque ma
sono i territori con le loro esigenze e i loro bisogni specifici che devono definire gli obiettivi
di protezioni sociale ed individuare gli strumenti per realizzare questi interventi
• Definire le forme di copartecipazione tra i diversi enti pubblici,ad esempio tra comuni e
azienda sanitaria locale(ASL) o tra comuni ed enti non-profit
• Trasferimento a livello locale della programmazione degli interventi. Può sembrare che
questa decisione non sia favorevole all’eliminazione della frammentazione(che è obiettivo
della legge328) ma in realtà viene stabilita,oltre a quella orizzontale,anche la sussidiarietà
verticale in cui vengono stabiliti i diversi compiti tra Governo centrale ed enti locali. Il
compito del Governo centrale stabiliti dalla legge 328 è quello di mettere nero su bianco
quali sono i livelli essenziali di assistenza che tutti i territori devono garantire→quindi c’è
un principio di unitarietà,lo Stato definisce questi livelli a cui tutti devono adeguarsi ma
poi delega agli enti locali il modo in cui attuare,come raggiungere questi livelli
essenziali a seconda delle esigenze del territorio.
Nei piani di zona si passa da una programmazione dell’assistenza socio sanitaria a livello centrale
ad una programmazione a livello territoriale→ logica di GOVERNANCE(governo),intendiamo
24
un’attività di gestione non affidata più soltanto all’ente pubblico ma una gestione delle politiche
sociali che vede la compartecipazione di soggetti pubblici e privati
• Superamento della logica assistenziale ripartiva in cui l’intervento doveva essere successivo
al manifestarsi del bisogno. Se attraverso i piano di zona si riesce a prevenire il disagio si fa
in modo che vengano risparmiano risorse e soprattutto che il disagio non si cronicizzi
• Le politiche sociali devono essere alle persone e non alle categorie. I destinatari devono
essere i singoli individui e non i gruppi,quindi prestazioni flessibili in base alle esigenze
specifiche di ciascuno
• Promozione degli interventi di attivazione,in cui la protezione deve essere garantita
attraverso l’erogazione di risorse ma anche attraverso la costruzione di un percorso di uscita
dalla condizione di bisogno→ reddito di cittadinanza
Quindi si esce dalla logica in cui la protezione non deve più avvenire esclusivamente
attraverso l’erogazione passiva di risorse come ad esempio un reddito
• Influenza di interessi particolaristici nella programmazione della spesa sociale(un ente locale
da la gestione di una RSA ad una cooperativa con finalità di profitto con conseguenze
negative)
• Mantenimento di posizioni privilegiate di alcuni gruppi sociali rispetto ad altri nel sistema
redistributivo
• Elevata frammentazione delle politiche e degli enti preposti alla redistribuzione
• Forti differenziazioni territoriali sia dei rischi sociali sia delle misure di intervento
assistenziale
• Scarsa generosità di molte misure di assistenza e sostegno
• Il carattere residuale di molti programmi di protezione sociale
Una delle cause istituzionali del perché la legge ha trovato soltanto una parziale applicazione nel
nostro WS è di carattere legislativo→ cioè la legge è stata approvata nel 2000,nel 2001 è
intervenuto un altro cambiamento normativo ovvero il Parlamento italiano ha modificato il titolo
quinto della Costituzione→ con questa riforma sono stati ridefiniti i compiti e le funzioni tra lo
Stato centrale e gli enti locali,soprattutto le regioni. In particolare questa riforma ha dato pieno,o
comunque ampissimo,potere decisionale nel campo socio sanitario alle regioni. Per questo motivo
ci troviamo con sistemi socio sanitari nettamente distinti nelle regioni italiane.
Questa riforma ha indebolito la legge 328 in quanto viene meno l’impatto normativo omologante
che la legge prevedeva.
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DAL WELFARE STATE AI SISTEMI DI WELFARE
Fino ad ora abbiamo ragionato sul WS come un modello orientato sostanzialmente a definire la
protezione sociale e il livello di benessere dei cittadini attraverso le politiche sociali. Ma bisogna
ragionare in maniera più ampia per riguardo l’analisi del WS che non può limitarsi
esclusivamente all’analisi delle politiche sociali,dobbiamo allargare la nostra visione sul
funzionamento del WS comprendendo in esso aspetti che includono anche le politiche sociali ma le
includono in un quadro più ampio delle misure in senso stretto.
La proposta analitica è di passare dal concetto di WS al concetto di sistema di WS in cui la parte più
importante del meccanismo di protezione sociale è ancora il WS ma non è l’unica parte a garantirla.
Questa esigenza nasce dal tentativo di studiarne l’adattamento rispetto alle trasformazioni sociali in
atto. Nel tentativo di spiegare il modo in cui operano questi meccanismi di protezione sociale una
linea di analisi,diventata la maggioritaria,è quella dell’analisi comparata dei diversi
modelli→quindi comprendere i cambiamenti attraverso la comparazione con modelli diversi,ad
esempio se vogliamo capire la direzione che sta prendendo il WS italiano abbiamo bisogno di
confrontarlo con quello che avviene in altri paesi.
Per poter comparare tra di loro i diversi modelli di Welfare abbiamo bisogno di modelli
teorici di riferimento che ci permettono di classificare i diversi modelli.
Lo Stato interviene con una logica di protezione ex-post rispetto ai rischi cioè lo Stato
utilizza prevalentemente misure di tipo assistenziale,quindi misure limitate nel tempo e si
attivano quando i tradizionali sistemi di soddisfacimento dei bisogni(famiglia,reti
parentali,il mercato)non riescono a far fronte ai bisogni dell’individuo. Lo Stato interviene
come residuo di quei rischi che il resto della società non è in grado di coprire.
➔ Il ruolo dello stato è quello di intervenire il meno possibile con una logica residuale
e lasciare liberi gli individui.
Titmus con questa classificazione aggiunge la differenziazione legato al ruolo che lo Stato decide
di assumere. Titmus assegna allo Stato,inteso come soggetto politico in grado di prendere
decisioni,qual è il ruolo che esso vuole avere nel processo di protezione sociale. Cambia quindi il
modo di concepire il ruolo dello Stato.
CRITCHE AL MODELLO
Il modello di Titmus diventa problematico quando lo si intende come un modello normativo→ lui ci
dice infatti che il modello dei 3 tipi di WS va inteso,non solo come analisi dello stato di fatto,ma la
sua analisi dice che tutti i paesi attraversano diverse fasi in cui passano da un modello all’altro.
Titmus era convinto che il modello residuale fosse il primo modello di intervento(poor law) nel
quale necessariamente tutti i paesi sarebbero passati per arrivare al secondo modello e poi infine a
quello universalista. Lui aveva una visione evoluzionistica,in cui il modello universalistico era un
obiettivo da raggiungere mentre quello residuale era considerato un modello obsoleto e destinato ad
essere superato nel tempo.
Questo modello evolutivo negli anni ’80 mostra i suoi limiti,infatti innanzitutto le differenze tra i
vari paesi,in questo periodo,sono ancora piuttosto marcate,quindi non c’è stato in tutti i paesi un
assetto universalistico finale. Inoltre alcuni paesi che erano arrivati verso l’assetto universalistico
iniziano a tornare indietro verso un modello che inizia ad essere residuale,questo avviene soprattutto
in Inghilterra.
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Il WS quindi è un pezzettino,forse il più importante,nella produzione complessiva del benessere ma
non è quello che esaurisce completamente il benessere complessivo perché a questo contribuiscono
tutte e 3 le sfere contemporaneamente→ lo Stato(con il WS),l’economia e le reti sociali.
Le differenze tra i vari paesi nei modelli di WS sono legate ai principi di regolazione che sono le
diverse forme di interdipendenza tra WS e sfera economica e sociale,quindi per capire questo
legame bisogna andare oltre le politiche sociali.
Questa divisioni di ruoli è presa dallo Stato che ha ha potere decisionale essendo la sfera politica.
Lo Stato infatti è colui che decide il diverso peso delle sfere della società. Quindi Le 3 sfere non
hanno tutte la stessa importanza, lo Stato ha autonomia decisionale e ha un'importanza maggiore
rispetto alle altre. Quindi un sistema di Welfare è dato dall'equilibrio di queste 3 sfere ma tra queste
non c'è una parità,non contano tutte allo stesso modo,lo Stato è di maggiore importanza perché è lui
che decide il peso di ognuna delle 3 sfere,compreso il peso da ritagliare per se stesso.
Ad esempio se in un paese si stabilisce che un bisogno primario,che deve essere garantito a tutti
indipendentemente dalle circostanze di ricchezza economica,è quello di avere una casa,allora si
devono mettono in atto le strategie per garantire a tutti un'abitazione→ in questo caso deve
intervenire lo Stato perché è considerato un bisogno primario ma in altri contesti in cui la casa non è
considerato un bisogno primario lo Stato non è chiamato ad intervenire per soddisfare questo
bisogno.
• Dal ruolo dello Stato nella produzione di benessere sociale all’interno dei sistemi di
welfare derivano,quindi,gli spazi d’azione per le altre istituzioni
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I REGIMI DI WELFARE SECONDO ESPING-ANDERSEN
Nella seconda metà degli anni '80 Esping-Andersen per primo ha colto l'importanza di considerare
questo principio teorico analitico→ e quindi i principi regolativi come punto di partenza per
spiegare le differenze tra i vari sistemi di Welfare.
Lui sostiene che il WS cioè la sfera pubblica d'azione va sempre inteso come una costruzione
storicamente definita,con lo scopo di strutturare il contratto sociale tra Stato e cittadini nella società
ad economia di mercato→ società contemporanea. Quindi il WS è uno degli strumenti,quello
fondamentale, che ha a disposizione lo Stato moderno per definire le relazioni sociali nella società
moderna. IL WS nasce e s sviluppa storicamente come uno strumento necessario al governo
per controllare la società contemporanea.
Inoltre Esping-Andersen sostiene che la somma del benessere sociale nella società moderna è il
risultato di come vengono combinati tra loro Stato,mercato e famiglia.
Secondo lui l'insieme di queste relazioni esistenti,in un paese, tra Stato,mercato e famiglia
finalizzate alla produzione di benessere sociale,costituiscono un REGIME DI WELFARE -->
questa definizione potrebbe essere usata come sinonimo di Sistema di Welfare in quanto la sostanza
è la stessa(non è un concetto diverso) ma Esping-Andersen con il termine Regime(riprende il
pensiero di Gramsci) e lo utilizza per sottolineare che l'equilibrio che si è instaurato tra le 3 sfere
della società(Stato,mercato e famiglia) tende a riprodursi nel tempo,quindi non a rimanere statico
ma ad evolvere in maniera coerente con l'equilibrio iniziale.
Quindi l'insieme delle relazioni che intercorrono tra lo Stato e le altre sfere della società,in un paese
tendono a riproporsi nel tempo costituendo un vero e proprio modo d'essere di quel Paese,modo
d'essere che lui chiama Regime di Welfare.
Esping-Andersen riprende l'analisi di Polanyi sostenendo che lo Stato,la famiglia e il mercato tutte
insieme producono benessere sociale ma danno una risposta ai bisogni sociali con principi
completamente diversi:
I diversi regimi di Welfare sono quindi caratterizzati dal diverso modo in cui le
Istituzioni(Stato,mercato e famiglia)socializzano i rischi→nei diversi contesti ci sarà un diverso
modo di affrontare lo stesso tipo bisogno a seconda dell’istituzione che sarà delegata a prendersene
carico più delle altre.
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Nei diversi regimi di welfare quindi non cambia solo il modo in cui si risponde ai problemi
sociali,di come vengono considerati gli stessi bisogni in base all’istituzione che se ne occupa ma
cambia proprio il ventaglio dei rischi considerati sociali cioè non tutte le situazioni di bisogno
sono considerate come un bisogno sociale. Quindi nei diversi regimi cambia il modo di definire
quali sono i bisogni sociali e anche la parte di società che è ritenuta in diritto di protezione.
Esping-Andersen condivide un’altra posizione con Polanyi,ovvero più lo Stato ha un ruolo più
importante nel soddisfacimento dei bisogni si diminuirà la dipendenza dei cittadini dal mercato.
Quindi tanto più lo Stato è generoso quanto più i cittadini saranno meno dipendenti dal mercato per
il soddisfacimento dei bisogni. Quindi il ruolo dello stato limita o amplia soprattutto l’azione del
mercato.
I diversi Regimi di Welfare possono essere distinti tra loro e classificati secondo il loro grado di
DEMERCIFICAZIONE che varia in base a quanto il Welfare riesce a garantire il diritto ad un
reddito,o ad altri servizi,indipendentemente dalla partecipazione al mercato del lavoro. Quindi più
uno Stato sarà generoso più in quel contesto si avrà un alto livello di demercificazione(i cittadini
dipendono meno dal mercato),invece se lo Stato avrà un ruolo più residuale sarà più basso il livello
di demercificazione in quanto i cittadini dovranno maggiormente ricorrere al mercato per il
soddisfacimento dei loro bisogni e per il loro benessere.
E’ caratterizzato dalla prevalenza del mercato come principale agenzia di socializzazione dei
rischi e quindi da un basso livello di demercificazione. Il ruolo del mercato è ampio mentre quello
dello Stato è ridotto.
Raramente l’azione dello Stato ha un carattere universale,i programmi di assistenza sociale non
sono a carattere universale.
Lo Stato ha un ruolo residuale e quando interviene,interviene con misure di tipo assistenziale solo
nelle situazioni in cui l’individuo non riesce a far fronte ai propri bisogni attraverso il mercato del
lavoro e interviene esclusivamente verso quelle persone esposte ad estrema vulnerabilità
comprovata→prova dei mezzi→film Ken Loach,Io Daniel Blake. In questo film appare la visione
secondo cui lo stato di indigenza,il bisogno è visto come colpa cioè la persona che chiede il
supporto dello Stato un po’ se l’è cercata e deve essere in grado di tirarsi fuori da questa
situazione,lo Stato aiuta ma il soggetto non deve ricadere nella stessa situazione. Questo per evitare
anche che i cittadini si adagino sugli aiuti dello Stato.
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2. IL REGIME DI WELFARE CONSERVATORE O CORPORATIVO
Si caratterizza per una maggiore importanza attribuita alla famiglia,alle associazioni intermedie e al
volontariato, nei processi di socializzazione dei rischi. Quindi ha come principale agenzia di
socializzazione dei rischi la società stessa con le reti sociali,le relazioni sociali.
Lo Stato interviene adottando una logica che si basa sul principio di tipo previdenziale,cioè nel
momento in cui lo Stato interviene parte dalla logica che i rischi non coperti dalla famiglia siano
distribuiti in maniera differenziata nella popolazione a seconda della posizione socio-economica. Si
ritiene quindi che i rischi sociali hanno una valenza specifica a seconda di quello che gli individui
fanno nella loro attività lavorativa cioè che sono distribuiti in maniera diversa tra la popolazione e
che quando lo Stato interviene,deve intervenire in maniera differenziata negli interventi e
nelle misure di sostegno.
• Quindi abbiamo un modello in cui gran parte dei bisogni e dei rischi sociali viene affrontata
attraverso le reti di reciprocità quindi famiglia e reti sociali come prima agenzia di
socializzazione dei rischi. Poi però c’è una parte di bisogni sociali che sono soprattutto
quelli connessi con lo svolgimento di un’attività lavorativa che invece si prende in carico
direttamente lo Stato adottando una logica di tipo previdenziale→quindi prevedendo che ci
sono delle situazioni di rischio differenziate e lo Stato è garante delle categorie lavorative in
base alla loro posizione. Questo determina che l’intervento dello Stato riproduce e
conserva le disuguaglianze già presenti nel mercato del lavoro→da qui modello
conservatore. Modello corporativo invece in quanto l’intervento dello Stato è differenziato
in base alle corporazioni.
Questo avviene in paesi come la Francia in cui le famiglie vengono supportate nei loro compiti di
cura attraverso l’erogazione di trasferimenti monetari cosa che avviene meno in Italia in cui lo
Stato manda avanti la famiglia non supportandola adeguatamente nel suo compito di agenzia di
welfare principale.
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3. REGIME DI WELFARE SOCIALDEMOCRATICO
L’agenzia principale di socializzazione dei rischi è lo Stato,il quale interviene con un ruolo
preponderante nella produzione di Welfare ed è quindi il modello in cui troviamo il più alto grado
di demercificazione.
La caratteristica di questo regime è lo sforzo attivo dello Stato nella demercificazione per diminuire
la dipendenza dei cittadini dal mercato,facendosi esso stesso garante del benessere sociale
complessivo.
1. Critica di Ferrera: Nella sua analisi emerge una posizione valutativa dei 3 modelli laddove
il modello socialdemocratico è idealizzato come miglior modello,quello più efficace ed
efficiente sia per l’azione dello Stato sia per gli effetti che questo comporta sul benessere
sociale→ simile alla critica che aveva ricevuto Titmus.
2. Critica più analitica: La costruzione del concetto di demercificazione ha dei limiti perché
si concentra su un solo aspetto della problematica,cioè Esping-Andersen sosteneva che
bisogna studiare i sistemi di Welfare studiando l’insieme delle interazioni e dell’equilibrio
che si crea tra Stato,mercato e famiglia ma poi concentrandosi sul concetto di
demercificazione come indicatore,si concentra solo sulla dimensione dell’interazione tra
Stato e mercato dando poco spazio alle relazioni che vengono a stabilirsi tra Stato e famiglia
ma anche tra mercato e famiglia. Questa critica è stata presa molto in considerazione da
Esping-Andersen il quale in un secondo modello aggiunge il concetto di
DEFAMILIZZAZIONE→il modo in cui l’intervento dello Stato costituisce un’opportunità
per la famiglia di non caricarsi eccessivamente dei compiti di welfare. Sono quelle politiche
sociali che sono in grado di ridurre la dipendenza degli individui dalla famiglia e dal
principio di reciprocità.
3. Critica che si sviluppa all’interno della teoria dell’embeddedness: se noi vogliamo capire
davvero come funzionano i regimi di WS e perché funzionano così dobbiamo
incastonarli,dobbiamo cercare di leggerli all’interno del complesso sistema di interazioni.
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Se vogliamo capire perché esistono modi differenti di affrontare la questione sociale bisogna
incastonarli nel contesto storico-sociale. Ogni specifico sistema di welfare è il risultato di
particolari circostanze storico-economiche. Questa teoria quindi suggerisce la necessità di
storicizzareuesta critcaQ l’origine di questi modelli,dobbiamo capire le differenze a partire
dall’analisi storico sociale del momento in cui questi modelli hanno iniziato a consolidarsi
all’interno della società→ questo passaggio avviene nella fase di industrializzazione e in
questo momento storico bisogna andare a cogliere le differenze sociali economiche e culturali
che caratterizzavano i paesi.
E’ caratterizzato dal dominio del mercato,questo perché la prevalenza dei principi di funzionamento
del mercato nella regolazione sociale è strettamente collegato ai processi di sviluppo industriale che
ha caratterizzato questi paesi. Il processo di modernizzazione è collegato al processo di
industrializzazione in tutto il contesto occidentale ma nei paesi anglosassoni è nata e si è affermata
prima la società ad economia di mercato. In questi paesi assistiamo ad una forte espansione della
produzione industriale e ad un sistema di allocazione delle risorse basato sul consumo privato.
• La popolazione locale è poco consistente,non c’è una popolazione molto estesa a causa del
clima rigido
• Sono in una posizione,dal punto di vista geografico e dell’economia mondiale,di tipo
periferico→non sono le economie più forti del mondo
La concomitanza di questi 2 aspetti ha determinato lo spazio per un’azione forte dello Stato,infatti
da una parte c’è una popolazione poco estesa e quindi una minore spesa sociale. Essendo la
popolazione contenuta,anche la spesa sociale è contenuta e proporzionata→ un conto è prevedere
uno Stato generoso per paesi con qualche milione di individui,un altro è prevedere una spesa
pubblica generosa per popolazioni di centinaia di milioni di cittadini. Quindi la consistenza
numerica della popolazione c’entra.
Uno stato che interviene in maniera fortemente regolativa nei processi di benessere sociale è uno
Stato che interviene in maniera fortemente regolativa anche nei confronti dei processi economici.
E’uno Stato che garantisce protezione a tutti i lavoratori ma anche ai datori di lavoro.
Tutto ciò è dovuto al fatto che rappresentano un’economia periferica e limitata nel peso specifico a
livello mondiale. Questo contesto ha favorito l’utilizzo delle politiche di tipo protezionistico del
loro sistema produttivo→sono politiche che proteggono il sistema produttivo ad esempio con dazi
doganali nei confronti dei principali prodotti industriali di questo paese e che quindi difendono gli
interessi sia dei lavoratosi sia dei datori di lavoro. Quindi uno Stato forte,pervasivo è stato un
vantaggio nella società.
Altri paesi con economie più forti,invece, hanno subito le pressioni internazionali degli altri Stati
che fanno pressione sul mettere il meno possibile dazi doganali
quindi se ho un’economia forte vuol dire che esporto tanto e sarò soggetto a subire le pressioni
degli altri Stati che comprano e che vogliono il minor numero possibile di dazi su quei
prodotti,mentre se ho un’economia più marginale e quindi esporto meno prodotti potrò permettermi
dazi doganali più alti e maggior protezionismo. Questo anche perché i prodotti di un mercato debole
pesano meno rispetto ai prodotti di paesi con economie forti. Se io sono un Paese forte e applico
dazi importanti comprometterò una grossa fetta di prodotti dal mercato mondiale.
Per acune ragioni che vedremo vengono esclusi i paesi della zona mediterranea che in parte hanno
caratteristiche uguali in parte differenti.
L’intervento dello Stato è più limitato rispetto al modello socialdemocratico ma più rilevante
rispetto a quello liberale.
Lo Stato quindi ha dovuto adattarsi a questo e mettere in atto fin dall’inizio risposte
differenziate in termini di protezione sociale di sostegno per tutte le categorie sociali
non solo per i lavoratori delle industrie ma anche soprattutto per i piccoli imprenditori per le
attività artigianali e per i contadini autonomi. Quindi ha dovuto creare un modello di
risposta sociale basato fortemente sulla logica corporativa.
Quindi è un modello fortemente residuale dove lo Stato interviene solo in caso di comprovato ed
estremo bisogno che la famiglia non riesce a supportare e quindi nei casi in cui la famiglia e la rete
sociale non è in grado di adempiere i suoi compiti di cura.
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RIASSUMENDO
Il benessere sociale in una società è il prodotto della co-partecipazione tra 3 diverse istituzioni→lo
Stato,il Mercato e la Famiglia. Ciascuna di queste istituzioni opera attraverso un proprio
meccanismo regolativo(la redistribuzione per lo Stato,lo scambio per il mercato e la reciprocità per
la famiglia),garantendo il soddisfacimento dei bisogni individuali e mettendo in atto le strategie di
intervento nei confronti dei rischi sociali. L’interazione e l’equilibrio che si viene a creare tra queste
3 sfere rappresentano gli elementi costitutivi dei sistemi di welfare.
I diversi sistemi di welfare sono stati classificati in base a diversi criteri analitici. Esping-Andersen
ha messo in evidenza,soprattutto,i processi di demercificazione e di defamilizzazione che
caratterizzano ciascun sistema. Altri autori hanno enfatizzato il ruolo del contesto storico
sociale,quale elemento discriminante dei diversi sistemi.
I criteri di classificazione più recenti enfatizzano il ruolo dei diversi attori pubblici e
privati,soprattutto del 3° settore, e i loro meccanismi regolativi(governance)per spiegare le
differenze tra i vari sistemi di welfare.
Con il termine non profit si intende quel settore costituito da organizzazioni senza scopo di
lucro,dedite alla programmazione e alla realizzazione di servizi sociali. Proprio l’assenza di scopo
di lucro permette di distinguere gli obiettivi di questi attori sociali,dagli interessi privati. Il settore
non profit,formato dal mondo del volontariato ,dalle cooperative sociali e imprese sociali,è definito
come TERZO SETTORE per sottolineare che si tratta di un ambito economico nettamente diverso
dal campo dell’azione dello Stato e del Mercato.
Nel tempo però la diffusione di numerose associazioni non profit di ispirazione laica ha contribuito
a modificare l’interpretazione del fenomeno,attribuendo a questo settore un ruolo centrale nella
produzione di welfare nella società contemporanea. Tra gli inizi degli anni ‘70 e la metà degli
anni’80 il terzo settore è andato incontro ad una crescita della sua rilevanza nel soddisfacimento dei
bisogni sociali,questo a causa della crisi del WS e della critica di uno Stato troppo dominante e
pervasivo.
Una parte della letteratura ha cercato di analizzare i diversi sistemi di welfare sulla base del mix
pubblico/privato che li caratterizza. Viene così proposta una classificazione dei diversi modelli di
integrazione tra settore pubblico e terzo settore all’interno dei sistemi di welfare:
1. Il modello della sussidiarietà: tipico della Germania,si caratterizza per una forte presenza
sia dello Stato sia del terzo settore nel campo dei servizi sociali di cura. Il finanziamento del
terzo settore è perlopiù pubblico e la sua presenza è legittimata anche nelle fasi di
programmazione dei servizi sociali→sussidiarietà attiva.
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2. Il modello della prevalenza del terzo settore: tipico dei paesi quali Spagna e Italia,si
caratterizza per il ruolo forte del terzo settore,che però non è sostenuto da finanziamenti
statali elevati→sussidiarietà passiva. La prevalenza del terzo settore si trova
prevalentemente nei servizi di cura per tradizione ecclesiastica.
3. Il modello della prevalenza dello Stato: è caratterizzato da un intervento statale
generalizzato nel settore dei servizi sociali e di cura al quale il terzo settore si affianca
soprattutto ad alcuni ambiti specifici di intervento→esemplificativo il caso della Norvegia
4. Il modello della prevalenza del mercato: è caratterizzato da una presenza ridotta dello
Stato in molti settori dei servizi di cura a fronte,invece,di un esteso mercato privato dei
servizi,affiancato del terzo settore. Questo modello è tipico dei paesi come il Regno Unito e
la Spagna in cui il mercato dei servizi è molto sviluppato.
Nei paesi,quindi,in cui il ruolo dello Stato è molto rilevante nella produzione dei servizi di
cura(paesi scandinavi),le famiglie e il terzo settore hanno un ruolo residuale nel processo di
produzione di welfare. Nei sistemi dove,invece,la responsabilità di cura ricadono soprattutto sulla
famiglia(come nel caso dei regimi corporativi o familistici),oppure nei regimi liberali,dove il ruolo
dello Stato è considerato residuale e i servizi sociali rispondono a criteri fortemente selettivi,la
gestione dei servizi fa affidamento su altre risorse.
Nei nuovi modelli di welfare si è passati da una logica di government ad una logica di governance.
• Per government intendiamo→ quando l’azione politica è gestita esclusivamente dagli attori
pubblici
• Per governance intendiamo→quando l’azione politica è il risultato di una regolazione
negoziata tra una pluralità di attori pubblici e privati
L’elemento di novità è rappresentato dal ruolo centrale che le nuove interazioni tra Stato e
società,fra attori privati e attori pubblici hanno assunto nella gestione degli interessi collettivi,
infatti si è passati da una regolazione di tipo gerarchico a una gestione più cooperativa e attenta agli
interessi dei diversi attori(stakeholders).
Il ruolo dei diversi attori,così come le differenti relazioni fra di loro determinano una serie di
modelli di governance:
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3. Il modello manageriale: introduce principi regolativi volti all’efficacia e all’efficienza nella
gestione degli interessi pubblici. Le relazioni tra attori politici e interessi dei fornitori di
servizi sono formali e burocratiche(contrattuali).
4. Il modello pluralista: caratterizzato da un’elevata competizione tra diversi interessi in
campo e il government ricopre il ruolo di mediatore. Gli attori chiave sono rappresentati
dall’insieme di politici e dei relativi interessi privati che formano blocchi competitivi e
alleanze per la definizione delle politiche.
5. Il modello partecipativo: si caratterizza per l’inclusione di ampia parte della società civile
nella definizione e nella gestione delle politiche. La logica di government è di tipo
democratico-inclusivo,finalizzata ad incoraggiare la partecipazione di individui ai processi
di governo
6. Il modello populista: si caratterizza,invece,per la mobilitazione del supporto popolare nella
definizione delle politiche. La logica che guida il governo è anche in questo caso di tipo
democratico-inclusivo ma finalizzata alla creazione del consenso attraverso la mobilitazione
collettiva.
I sistemi di welfare si sono sviluppati con logiche differenti per affrontare i rischi comuni collegati
ai processi di modernizzazione della società.
La società del XXI sec è attraversata da profondi cambiamenti che stanno profondamente
incidendo sui fattori e sulle dinamiche di rischi sociali,determinando quindi una “nuova
domanda”di welfare→l’esposizione al rischio che caratterizzano la nostra società sono diversi,la
società cambia,i bisogni sociali cambiano l’esposizione al rischio si trasforma e la domanda di
welfare(che la società pone nei confronti del welfare) quindi si modifica. Si modifica soprattutto in
2 ambiti principali in cui,quindi,vengono poste nuove domande nei confronti dei modelli di
welfare:
• La trasformazione delle nuove biografie lavorative, quindi tutte quelle trasformazioni che
avvengono nel mercato di lavoro
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• I processi di globalizzazione economica, la tendenza della nostra società a diventare globale
non solo in termini di comunicazione ma anche e soprattutto in termini di produzione
Queste sono 5 Aree di problematicità che pongono nuove sfide importanti sul funzionamento del
Welfare State e in particolare sull’equilibrio del sistema di Welfare.
La nostra società occidentale negli ultimi anni del 1900 ha assistito alla trasformazione delle
biografie lavorative che sono i percorsi standard entro cui si sviluppa l’esperienza professionale
delle persone.
Negli ultimi anni c’è stata una grande trasformazione che riguarda →
• Quindi mentre fino ai primi anni ’80 il modello lavorativo più diffuso era quello in cui una
persona sviluppava la propria biografia lavorativa in maniera stabile:
Ha un impatto rilevante perché tra i suoi effetti c’è anche quello dello spostamento del lavoro e del
capitale da un luogo all’altro dell’impresa(delocalizzazione)→ oggi le imprese sono sempre di più
imprese globali cioè hanno contemporaneamente una localizzazione in diversi territori nell’ambito
mondiale. Un impresa può produrre in un determinato paese(ad esempio in Cina perché il costo
della manodopera è minore)pagare le tasse in un altro paese(la sede legale di quell’impresa è
registrata in un paese che ha un regime fiscale più vantaggioso→ Irlanda,Olanda)e richiedere
contributi statali in un altro paese.
Questo cambiamento influisce negativamente in quanto l’ammontare delle risorse che derivano dal
mercato del lavoro e dai profitti delle imprese,che lo Stato nazionale potrebbe introiettare tramite il
sistema fiscale,sfugge proprio a causa della frammentazione dei processi produttivi.
• Aumento del benessere sociale della società ad economia di mercato dato dall’azione
redistributiva attuata dal WS che ha permesso di vivere meglio. Si assiste ad un
allungamento dell’aspettativa di vita ed è il WS l’artefice di questo processo ma deve anche
fare i conti con le conseguenze che questo produce.
Oggi si vive meglio,c’è meno rischio di ammalarsi e soprattutto c’è più possibilità di essere
curati(sanità) ma questo fa si che il tasso di fertilità sia al di sotto del tasso di sostituzione→
calcolato per permettere alla popolazione di rimanere costante nel corso del tempo ogni
donna dovrebbe fare 2,3 figli. In Italia questo tasso è dell’1,3.
Inoltre si ha un impatto importante anche sui servizi sanitari,infatti gli anziani hanno una
maggiore possibilità di ammalarsi e di aver bisogno di assistenza in caso di non
autosufficienza. Quindi cambiano anche le politiche sanitarie che devono adeguarsi al
numero elevato di anziani. Il WS perciò deve affrontare problemi e rischi diversi.
Un altro aspetto è quello dell’età pensionabile→ quei meccanismi che regolano l’età
pensionabile oggi sono basati su una società che non esiste più,infatti si basano sulla
stabilità della posizione lavorativa perché si entrava giovani nel mondo del lavoro,si
lavorava stabilmente e si versavano i contributi costantemente per anni nella stessa azienda.
Poi si andava in pensione a 60/65 anni quando l’aspettativa di vita però era di 70/75 anni e
quindi si usufruiva della pensione per 10/15 anni al massimo. Nella situazione attuale invece
si entra sempre più tardi nel mercato del lavoro,si entra sempre più in una situazione di
instabilità del lavoro e quindi prima di accumulare 40 anni di contributi complessivi versati
si avrà bisogno di più di 40 di vita. Quando poi entrerà in pensione a 55/60 anni,quella
persona usufruirà della pensione per più anni perché è aumentata l’aspettativa di vita.
A partire dagli anni ’60 sono avvenute le trasformazioni al femminile nel mercato del lavoro,è
cambiato il ruolo della donna nella nostra società benché permangono forti elementi di
diseguaglianza→non siamo una società paritaria.
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redistribuzione arrivava solo al capofamiglia che era l’unico a lavorare,dagli anni ’60 invece
destinatarie della redistribuzione sono anche le donne che diventano attive sul mercato del lavoro.
Questi cambiamenti sono accompagnati da una serie di trasformazioni nei modelli di convivenza
che vanno dall’aumento dell’instabilità coniugale alla diffusione delle convivenze more
uxorio,all’aumento delle nascite fuori dal matrimonio fino all’emergere delle “nuove famiglie”.
Possiamo affermare che il modello familiare che ha permesso un certo tipo di logica redistributiva
del WS tradizionale oggi non esiste più.
Questo crea ulteriori domande e sfide per il WS→ad esempio le coppie di fatto non sono
riconosciute come destinatari di alcune politiche sociali e quindi ci sono nuovi bisogni che
richiedono nuove risposte.
La famiglia è molto diversa rispetto al passato,è una famiglia più instabile che quindi perde anche la
sua funzione ammortizzatore sociale,di protezione sociale contro i rischi,funzione su cui si basa il
nostro WS di tipo familistico.
• Questi cambiamenti e le trasformazioni dei nuovi modelli familiari pongono delle domande
specifiche di nuove politiche sociali soprattutto in termini di esigenze di conciliazione tra
impegni individuali e impegni lavorativi.
• Quindi in una situazione in cui la partecipazione della donna nel mercato del lavoro è
sempre più importante,in cui entrambi i coniugi lavorano e in cui aumenta l’instabilità
familiare lo Stato ha una nuova richiesta ovvero deve permettere a tutti i cittadini,e non
solo al maschio adulto capofamiglia,di poter lavorare. Garantire le possibilità di lavorare a
tutti soprattutto alle donne senza che queste debbano rinunciare per adempiere ai diritti di
cura(badare ai figli piccoli o ai genitori o alle persone anziane). Quindi una nuova sfida per
il WS in questo senso è di permettere la conciliazione tra vita privata e attività
lavorativa alle donne e quindi l’intervento dello Stato riguarderà tutta una serie di
servizi di conciliazione e quindi prevederà diversi ambiti di intervento→servizi per
l’infanzia,servizi di assistenza per le persone anziane)
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L’IMPATTO DELL’IMMIGRAZIONE
Nel corso del tempo i flussi migratori sono cambiate radicalmente. Fino alla fine degli anni ’70 i
flussi migratori erano soprattutto flussi che riguardavano i paesi del
sud(Spagna,Portogallo,Italia)verso i paesi del centro-nord Europa ed erano flussi determinati da
specifici accordi cioè dalle richieste di questi paesi del centro-nord che necessitavano di
manodopera che non riuscivano a reperire→c’era una richiesta di forza lavoro→quindi era un
processo legale e i migranti arrivavano con un lavoro già garantito.
A partire dagli anni ’90 i flussi sono cambiati,infatti si è arrestato,o comunque molto diminuito,il
flusso dal sud Europa verso i paesi del nord. Gli stessi paesi dell’area mediterranea si sono
trasformati da paesi di migrazioni a paesi di immigrazione cioè destinatari dei flussi migratori.
Importante però è che oggi le migrazioni non avvengono sulla base di accordi tra paesi e quindi in
una situazione di assenza di regolamentazione normativa→i flussi migratori sono caratterizzati
da clandestinità.
Questa situazione impatta fortemente sui meccanismi di protezione sociale del WS in quanto gli
immigrati per la loro condizione di illegalità formale sono soggetti molto vulnerabili sul mercato
del lavoro,infatti non avendo un contratto di lavoro sono inoltre più esposti al rischio di
sfruttamento e di lavoro in condizione di non sicurezza e di non assicurazione della loro posizione
lavorativa→quindi non hanno accesso a sistemi previdenziali. Sono soggetti che non possono
rivolgersi direttamente ai servizi sociali pubblici infatti il modello di WS si basa su criteri
specifici,quindi lo Stato non può intervenire verso di loro perché il meccanismo di protezione
sociale è stato creato su specifici criteri di appartenenza come il pagamento dei contributi,il
diritto di cittadinanza,la residenza. Tutti requisiti che il migrante non può rivendicare e non può
avere accesso ai servizi sociali pubblici. Di queste persone se ne occupa il terzo settore,le istituzioni
che operano nel sistema di welfare quindi la parte del Welfare privato→cooperative sociali e
associazioni no profit e comunità etniche a cui appartengono(quindi non vengono destinate spese
sociali per i migranti).
Fino ad ora abbiamo esposto le problematicità legate ai migranti clandestini ma la situazione per
coloro che arrivano regolarmente o che sono riusciti a regolarizzare la loro posizione è comunque
sempre problematica. Infatti rappresentano la fascia della popolazione maggiorente esposta a rischi
di povertà,di esclusione e di disoccupazione. Le differenze etniche rappresentano un aspetto
centrale nei processi di disuguaglianza sociale. Agli immigrati sono destinate le posizioni
lavorative meno sicure e quelle meno retribuite.
• In questo ambito quindi la sfida del WS sta nel creare politiche sociali in grado di favorire la
convivenza sociale e il controllo dei conflitti attraverso la conciliazione della diversità
culturale→rendere la società più omogenea.
Tutti questi cambiamenti di cui abbiamo parlato sono generalmente comuni a tutti i paesi sebbene
con qualche differenza.
Il WS delle società occidentali sta reagendo rispetto a queste sfide con alcune risposte
comuni,vediamole:
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LE RISPOSTE DEL WELFARE STATE
Si è passati in una fase in cui si è presa coscienza del fatto che un WS che vuole essere
efficace rispetto all’emergere di una complessità sociale maggiore e ad un intensificarsi dei
bisogni sociali,deve dare delle risposte vicine ai cittadini. Quindi non più una logica
dall’alto verso il basso in cui le decisioni vengono prese congiuntamente e in maniera
omogenea dai governi centrali ma una riorganizzazione dei modelli di politica sociale
sempre più legate ai territori quindi alle esigenze specifiche
Si è sempre di più affermata l’idea che il WS moderno possa rispondere ai bisogni sociali
facendosi aiutare da qualcun altro ovvero la società ma anche il mercato. Lo Stato non è più
l’unico che si occupa di garantire benessere di tutti ma sempre di più delega qualcun altro a
far fronte ai nuovi bisogni sociali
L’obiettivo è quello di creare delle situazioni in cui le risorse e i servizi erogati non generino
una situazione da dipendenza da welfare. Lo Stato deve garantire un certo tipo di servizi ma
deve permettere anche alle persone di liberarsi dalla propria condizione di bisogno per
liberare,conseguentemente,anche lo Stato dal compito di doversi occupare di questi cittadini
L’affermazione di queste 3 direzioni di cambiamento prende piede in una cornice ideologica neo-
liberista che caratterizza tutti i paesi occidentali→l’idea secondo cui lo Stato che interviene troppo
nella redistribuzione,nei meccanismi regolativi vede scalfire la sua azione. Si afferma l’idea che lo
Stato deve sempre di più ritirarsi dalla regolazione economica ma anche sociale,deve ridursi in un
ruolo di garanzia della democrazia e della convivenza comune ma senza che questo comporti una
limitazione delle libertà individuali e della possibilità di successo.
Quindi queste 3 risposte possono avvenire in quadro in cui lo Stato è giustificato a ritirarsi dalla
regolazione sociale ed economica,in cui si afferma l’idea che lo Stato debba occuparsi il meno
possibile soprattutto dei processi economici e provvedere soltanto a quelle situazioni in cui i
meccanismi di demercificazione degenerano oltre un certo livello. Quindi siamo tornati ad una
concezione dello Stato di inizio ‘900 in cui prevaleva l’idea di uno Stato che lasciasse libero di
operare il mercato→i mercati erano deregolamentati.
Questi cambiamenti impongono un adattamento dei modelli di protezione sociale in quanto questi
modelli sono stati pensati e strutturati in un contesto sociale diverso da quello contemporaneo.
Questo adattamento però non è un adattamento facile anche e soprattutto in una situazione in cui
adattamento vuol dire limitazione delle possibilità di spesa e quindi della quantità e qualità dei
servizi offerti. L’adattamento trova,perciò,delle resistenze sociali e politiche a causa dei tagli alla
spesa pubblica e limitazioni all’accesso alle politiche sociali.
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Gli adattamenti che abbiamo visto fino ad ora sono comuni a tutti i paesi ma vediamo come si
declinano nel dettaglio queste direzioni di cambiamento e il modo in cui le troviamo
contestualizzate all’interno dei diversi modelli di WS.
• mettere insieme più competenze aumenta l’efficacia e l’efficienza delle politiche sociali
• coinvolgere gli attori privati soprattutto quelli operanti del 3° settore è un metodo utile per
garantire la partecipazione attiva della cittadinanza,per dar voce alla società stessa. Quindi
significa che la società stessa,attraverso le proprie organizzazioni e associazioni,è partecipe
alla definizione dei piani di intervento e di gestione dei bisogni.
• Questa citata fino ad ora è la retorica ufficiale che appunto sostiene che la sussidiarietà
aumenta l’efficacia dello Stato ma dall’altra parte c’è una retorica meno ufficiale e più
critica che afferma che il principio di sussidiarietà è una giustificazione del fatto che si è
deciso un ritiro progressivo dell’impegno dello Stato centrale nei problemi di garanzia della
protezione sociale→questo ritiro si identifica con la delega che lo Stato fa ai soggetti privati.
• Con queste politiche d’attivazione si ritorna un po’ alla logica del bisogno come colpa
Tutti questi cambiamenti avvengono all’interno di un contesto regolativo diverso da paese a paese e
quindi gli esiti delle nuove politiche sociali risultano molto divergenti. Un imput comune che
produce risultati diversi. Le differenze sono date dal fatto che i diversi paesi hanno avuto uno
sviluppo storico differenziato che ha dato luogo a diversi sistemi di welfare:
• Welfare liberale
Il processo di riforma del welfare hanno riguardato soprattutto le politiche del lavoro e
quelle assistenziali,in particolare nel Regno Unito. In questo contesto ha trovato piede la
riforma delle politiche di attivazione. Quindi il contesto liberale è quello che ha
maggiormente puntato sulla riforma del welfare in un’ottica di attivazione come ben emerge
dal film Io Daniel Blake.
Sul piano delle governance si assiste all’apertura significativa e ampia verso nuove
attori,in particolare soggetti privati for profit→grande innovazione perché non riguarda
solo il 3°settore(no profit) ma soprattutto aziende che operano nella produzione di servizi
sociali in una logica di mercato(for profit).
• Welfare sociolademocratico
Anche in questo contesto c’è un ampio ricorso alle politiche di attivazione ma seguendo un
principio universalistico(senza dimostrazione dello stato di bisogno). L’obiettivo è riuscire a
diminuire la dipendenza dal welfare soprattutto con l’intervento di piani di
riqualificazione,reinserimento studiati sulle esigenze dei singoli cittadini,quindi piani
individualizzati.
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La collaborazione con i soggetti privati, quindi, è parziale ed è limitata perlopiù ad un
coinvolgimento nell’erogazione dei servizi che lo Stato continua a finanziare in prima
persona.
• Welfare conservatore/corporativo
Molto spesso il ricorso a queste politiche viene fortemente utilizzato in una logica che ha
l’obiettivo di prevenire le pratiche opportunistiche nell’accesso ai servizi sociali.
A differenza del Regno Unito in cui abbiamo assistito ad una delega dello Stato soprattutto
al mercato nell’erogazione dei servizi sociali,e a differenza del modello socialdemocratico in
cui l’apertura ai soggetti privati è stata molto limitata,in questo modello c’è un’ampia
apertura della governance con il coinvolgimento soprattutto degli attori del
3°settore(cooperative).
• Welfare familistico
I paesi dell’Europa mediterranea sono stati i paesi che per ultimi si sono adattati ad una
logica di attivazione. In questi paesi infatti nell’area della previdenza e dell’assistenza
sociale le pratiche redistributive sono state utilizzate a scopo clientelare e quindi per
scambio di consenso politico in cambio di erogazione di risorse. Perciò le politiche di
attivazione comporterebbero la perdita di questo consenso politico.
L’Italia è stato il penultimo(ultimo la Grecia che non ha ancora politiche di questo tipo)
paese ad aderire a queste politiche,infatti è arrivata al reddito di inserimento e al reddito di
cittadinanza solamente 5/6 anni fa→abbondantemente in ritardo nei confronti degli altri
paesi,basta confrontarlo con la Francia che ha aderito 20/25 anni prima.
E comunque anche le politiche attive presenti in Italia non sono universalistiche ma seguono
una logica residuale,solo i soggetti che sono al di sotto di una soglia reddituale e
patrimoniale calcolata in base all’ISEE possono aver accesso a queste politiche→quindi
politiche che riguardano una fascia residuale della popolazione.
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IL WELFARE DEL FUTURO
La grande recessione
E' tutt'ora in corso un lungo processo di trasformazione dei sistemi di welfare. Ancora immersi in
questa fase di ristrutturazione,i sistemi di welfare si sono trovati a dover far fronte a un importante
mutamento di scenario che ne ha messo in discussione opportunità e prospettive→ la crisi
finanziaria del 2008. Iniziata negli Stati Uniti a causa dello scoppio di una bolla immobiliare,si è
poi diffusa nei sistemi economici Europei. In Italia è stato colpito dapprima il sistema bancario e
poi ed è poi seguita la recessione economica nel 2009 con conseguente crisi fiscale dello
Stato,accresciuta da un aumento del debito in alcuni paesi come Grecia,Irlanda e Portogallo. Dopo
il 2011 si è perciò diffusa una crisi monetaria che ha interessato l'euro.
In particolare è possibile distinguere 5 ripercussioni collegabili alla crisi che fanno chiarezza sulle
difficoltà che il sistema politico e il sistema di protezione sociale si sono trovati ad affrontare:
I paesi Europei sono stati esposti diversamente alle conseguenze del tracollo finanziario e hanno
messo in atto specifiche modalità di gestione della crisi. Quindi è più corretto parlare di una
“varietà di crisi” cioè una crisi che ha avuto origine nel collasso della finanza globale ma che poi
si è innestata diversamente nei paesi in base alle specifiche caratteristiche di ognuno.
Inoltre la crisi ha avuto un impatto maggiore,per quanto riguarda il mercato del lavoro,su quegli
strati della popolazione che già erano in una posizione di marginalità economica e occupazionale.
E' aumentato anche il numero di working poors ovvero quegli individui che pur lavorando non
hanno un reddito sufficiente a mantenere sé stessi o i propri familiari.
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In questo scenario il processo di riforma dei meccanismi di protezione sociale e redistribuzione si
sviluppa attraverso nuove tendenze:
Il mutato panorama dei rischi sociali ha modificato la segmentazione delle biografie e delle carriere
lavorative mettendo in crisi i sistemi di protezione basati su carriere lavorative stabili. In questo
senso il paradigma dell'investimento sociale propone un cambiamento di prospettiva nella logica
stessa degli interventi di Welfare→cioè invece di intervenire in un'ottica di compensazione in
caso di bisogno(disoccupazione,invecchiamento),le politiche sociali devono esercitare un'azione
preventiva e preparare gli individui a rispondere ai rischi. Quindi l'investimento dello Stato in
politiche sociali e servizi deve preparare il cittadino ad affrontare il nuovo panorama dei rischi
sociali mirando alla valorizzazione del capitale umano(1) e alla partecipazione al mercato del
lavoro(2) → da ciò ne deriva:
Quindi le politiche sociali in quest'ottica sono viste non tanto come un costo ma come un
investimento per la crescita economica. Il welfare è chiamato ad agire innanzitutto sull'offerta
di lavoro in una visione rivolta al futuro.
• Il welfare viene considerato con un ruolo positivo di promozione e stimolo e non come un
costo sociale. Quindi un welfare non solo pronto ad erogare trasferimenti e benefici passivi
ma uno Stato attivo.
Flow in quanto:
Stock in quanto:
Buffer in quanto:
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Nei paesi scandinavi,in quelli anglosassoni e continentali le politiche di investimento sono
progressivamente aumentate mentre nei paesi ,mediterranei e post-comunisti gli interventi
compensatori hanno mantenuto un peso maggiore nella spesa sociale.
In particolare:
• nel modello socialdemocratico→ impegno continuo verso politiche che interessano tutto il
corso di vita,privilegiando infanzia e giovani
• nel modello liberale→ le politiche di promozione del capitale umano riguardano
investimenti in istruzione,infanzia e condizione giovanile, ma il ruolo del mercato del lavoro
rimane preponderante
• nel modello corporativo→ prevale il principio assicurativo-previdenziale
• nel modello familistico→ l'impatto delle politiche di investimento è stato limitato per via
del permanere di logiche assicurative poco legate a misure di attivazione e anche per via
della frammentazione delle politiche sociali. Un esempio di ciò è il caso italiano del
mancato equilibrio tra servizi per l'infanzia e occupazione femminile e tra formazione e
mercato del lavoro.
Critiche al paradigma
La critica sostiene che l'investimento sociale rischierebbe di penalizzare ulteriormente coloro che si
trovano in una posizione svantaggiata,specialmente i più poveri. Le politiche di investimento
possono,quindi, produrre un indesiderato aumento delle disuguaglianze sociali cioè tendono a
beneficiare maggiormente i gruppi a reddito medio-alto che possono trarre beneficio da politiche di
conciliazione in quanto già occupati e ottenere migliori risultati dagli investimenti in
istruzione→effetto San Matteo.
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Queste politiche innovative,quindi, si caratterizzano per l’essere focalizzate sui bisogni e per lo
sviluppo di nuove relazioni sociali,come iniziative di partnership, tra attori sociali pubblici e
privati al fine di migliorare le condizioni di vita e il benessere della comunità e della società
nel suo insieme attraverso l’erogazione di servizi che migliorino la qualità della vita.
Per quanto riguarda le politiche abitative prendiamo in esempio le iniziative per elaborare nuove
soluzioni abitative per giovani e per offrire case in affitto a famiglie senza tetto a prezzi
sostenibili→tutto ciò con l’azione combinata di organizzazioni private,cooperative sociali e
amministrazioni locali.
▪ Nei paesi liberali→si affidano ad azioni innovative per ricostruire una rete di erogazione di
servizi sociali cercando di svilupparsi sull’asse locale-nazionale
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UN FUTURO DISEGUALE
Come abbiamo visto una strategia di investimento sociale richiede ingenti risorse da destinare
all’educazione,alle politiche attive del lavoro e di conciliazione,nonché un impegno continuo dello
Stato nel sostenere i più deboli e svantaggiati. Inoltre i risultati di crescita economica arriveranno
solo sul lungo periodo con l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro e con il progressivo aumento
dell’occupazione femminile.
Ciò che si nota,infine, è una differenziazione di percorsi basata sulla specificità dei diversi
contesti. Differenziazione sulla quale devono adattarsi i sistemi di welfare europei.
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