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6 temi specifici
1. Il sistema della moda in Italia->insieme sistema produttivo e consumatori (insieme
persone, gruppi organizzazioni, comportamenti connessi tra di loro reciproca
dipendenza tra produzione e consumo. La moda italiana è
conservatrice/saturazione semiotica/la moda non solo come industria che fa
fatturato, ma come industria culturale
2. Moda e arte->la moda produce arte?
3. La moda grassa->la moda occidentale è da sempre una moda per corpi
magri/identifica la magrezza con la bellezza, anche sacrificando il fatturato
4. Le città della moda-> Milano/Londra/N.Y./Parigi. Che legame c’è tra il luogo in cui si
crea e il prodotto che si crea?
5. La figura dello stilista->un modo particolare di fare fashion design. Lo stilismo è
nato negli anni 70 a Milano. (Armani, Ferrè, Valentino e Versace). Cosa ha
significato quel movimento?
6. Tendenze del sistema moda oggi e nel futuro
Lezione 1
Cos’è la sociologia?
Studia comportamento in quanto parte di una collettività, studia i gruppi sociali. il nostro comportamento
va visto all’interno di gruppi sociali, con cui condividiamo cose. (es. gusto)
Persone con traiettorie di vita simili hanno spesso gusti simili, dai gusti puoi risalire al passato di una
persona.
Guarda anche il comportamento dei singoli, ma studiando le dinamiche collettive che hanno portato a
determinate decisioni.
Il sociologo si chiede cosa ha spinto un gruppo di persone a fare una determinata cosa- >studiando sempre il
fenomeno sociale che li ha spinti.
noi non ci rendiamo conto degli eventi pregressi che ci hanno portato ad avere un determinato
gusto/interesse.
Costrizioni formali->leggi
Costrizioni informali->dettate dal comportamento di riflesso che tengono le persone, o dal nostro senso
sociale. (norme sociali)
es. linguaggio->ci sembra esprima individualità, in realtà è frutto di un accordo tra persone.
Ci sono comportamenti che hanno senso solo collettivamente->es. mascherina->protegge i deboli, che non
riempiono gli ospedali, garantendo così il corretto funzionamento di questo (effetto sistemico).
La moda nella sociologia è una norma sociale, come il linguaggio. Non si deve creare sorpresa, ma
intendersi, bisogna soddisfare le aspettative. Accordi taciti. Ci consente di interagire.
Il modo in cui ci vestiamo è dettato dalle aspettative degli altri, e questo ci consente di interagire con gli
altri in maniera fluida (es. è più facile rapinare una banca in giacca e cravatta).
Ci sono delle regole che condividiamo (es. in Italia la gonna segnala il genere femminile)
Le norme sociali sono prodotto dei comportamenti, e i comportamenti sono prodotto delle norme sociali (il
comportamento che interpreta la norma sociale in modo particolare può diventare norma).
Prima non abbiamo studi sociologici sulla moda, anche se la moda e l’abbigliamento sono sempre
stati fenomeni sociali fondamentali per le relazioni sociali, come il linguaggio e il potere. (fenomeni
strutturali delle relazioni sociali)
b. La moda si istituzionalizza->si può far risalire la nascita della moda alle corti
dell’Europa nord occidentali, dove si svilupperà poi la borghesia pre-capitalista (es.
Medici).la moda si istituzionalizza nel fine 800 con la nascita dell’haute couture
francese.
Lezione 2
Testo:
Introduzione alle principali teorie di sociologia della moda: fine 800-inizio 900
Passaggio alla società moderna: la rivoluzione industriale ne è un elemento cardine, il secondo evento è la
Rivoluzione francese e la rivoluzione americana. Perché? perché hanno reso visibile una trasformazione che
stava accadendo nella struttura sociale da secoli in Europa. Le società sono organizzate in strutture
gerarchiche, strati sociali, in Europa nelle società premoderne (l’Ancient regime) al vertice cera
l’aristocrazia, una classe sociale che basa il suo potere sul sangue e sulla proprietà(terriera), ha tutto
l’interesse nel conservare lo status quo e non vede utilità nel cambiamento. Il valore supremo non è il
lavoro, la scoperta, ma è la tradizione, l’ozio. La società in cui governano è una società con regole stabilite
che non mutano. La borghesia è subordinata a loro, non ha potere ne politico né economico. Fin dal XIV
secolo in certe zone del mondo (Italia e poi Europa) la borghesia ha iniziato ad accumulare grandi capitali
(ampliamento commerci). La borghesia grazie al lavoro, all’attività, accumula un capitale più ampio
dell’aristocrazia. Fino ad arrivare alla Rivoluzione francese, dove la borghesia prende il potere
sull’aristocrazia. Grande simbolo, i paesi iniziano a chiedere la democrazia.
Sono cambiati i valori che guidano la società nella vita e nelle relazioni tra di loro. Hanno perso importanza
quei diritti e poteri che uno ha dalla nascita ed hanno preso potere quelli che acquisisci nella vita.
Conseguenze:
In una società del genere, dove si è persa la stabilità, cosa garantisce la solidarietà sociale (esistenza
legami che impediscono di farci del male)?
Siamo passati da un tipo di solidarietà basato sulla conoscenza personale, ad uno basato sulla
complementarità funzionale. (solidarietà organica)
Non ci si ascolta perché ci si conosce, ma perché troviamo utile farlo (un prof insegna perché
pagato, uno studente ascolta perché gli serve per imparare).
Legami meno evidenti, basati su relazioni impersonali ma funzionali.
Non è un caso che la moda si istituzionalizzi nella società moderna, perché in quanto stile mutevole, in
quanto scelta di capi che verranno dismessi prima di non essere utilizzabili, ci sono ideali di mobilità, di
cambiamento, di ricerca del nuovo (cultura classe borgese, vita urbana-> posso vestirmi come voglio perché
le persone non sanno chi sono io). Mobilità sociale-> oggi sono un cameriere domani potrei essere un
avvocato. (non si è più legati al mestiere del padre). Anche se le persone ti conoscono, in questa società
oggi potrei essere diverso da ieri, quindi anche chi mi conosce domani potrebbe non conoscermi.
La filosofia non è interessata al senso della moda per i diversi gruppi sociali, ed ai dati empirici (che tu
individui usando strumenti per andare sul campo). La filosofia è più interessata a capire l’essenza ultima
dell’essere umano, non si chiede il ruolo della moda in Italia, ma negli esseri umani in generale in modo
razionale. La filosofia ha svalutato la moda, perché è futile, a prima vista, non ce né bisogno. Classificata
come curiosa ma inessenziale.
Per la sociologia non è così, non si chiede se è utile o no, sa che se c’è ha per forza una funzione.
L’IMITAZIONE-> come fanno persone a vivere in spazi condivisi in pace? Attraverso l’imitazione,
l’evoluzione della società è possibile nella misura in cui ci sono l’invenzione e l’imitazione.
L’invenzione è necessaria per l’evoluzione, ma anche l’imitazione, altrimenti diventerebbe un
fenomeno circoscritto (“ogni invenzione che non viene imitata è socialmente inesistente” pag.24)
Vale anche l’opposto, il principio delle profezie che si autoavverano, quando la collettività si
convince di una cosa reagisce come se questa cosa fosse vera, portando alla realizzazione.
Applicata alla moda, questa legge fa leggere la moda come una forma particolare di imitazione.
Tarde si rende conto che esistono due cose diverse:
Moda
Costume (abbigliamento storico)
La differenza fondamentale è che la moda è temporanea, mentre il costume dura nel tempo e nello
spazio.
Il costume è l’imitazione nel tempo, imito cose passate, prolungo ad oggi un modo di vestirsi che
era in vigore ieri
La moda è un’imitazione nello spazio, prolungo fino a qui un modo di vestirsi in vigore ora a Parigi.
Idea ripresa dallo psicologo John Carl Flugel, che definiva il costume come quel tipo di
abbigliamento che cambia lentamente nel tempo, ma varai molto nello spazio, mentre la moda
varia poco nello spazio, ma varia molto nel tempo.
Tarde indaga le caratteristiche della moda del suo tempo (pag. 25)
Uniformazione universale-> diffusione veloce e mondiale, invade tutti i campi-> una sorta di
globalizzazione, a fine 800 la moda supera i confini nazionali, si diffonde ovunque (guardando
all’Europa e agli USA). A fine 800 abbiamo migrazioni molto imponenti, tra l’Europa e il nord e sud
America (italiani, irlandesi, tedeschi) -> diffusione comunicazione nazionale, incremento trasporti->
primo fenomeno di globalizzazione. Omologazione dei consumi->tipicamente 900, vestiario sempre
più uguale. Oggi è probabile incontrare persone con il tuo stesso abito. L’ immaginario generale
sulla moda è sempre stato verso una omologazione totale (es. nei film sul futuro) -> cosa non vera
ancora.
Obsolescenza programmata-> riduzione qualità prodotti dovuta allo sviluppo industriale ed alla
competizione. Per risparmiare.
Democratizzazione moda-> la storia della moda è una storia di progressiva democratizzazione,
inizialmente era elitario. Dovuto ad industrializzazione prodotto (nel secondo dopo guerra, in
Europa, negli stati uniti prima), prima erano autoproduzione e dalla sarta locale. Fino a quel
momento era limitata a certi capi. La nascita del prêt-à-porter, e poi il fast-fashion hanno
contribuito. Non guarda tanto all’alta moda, ma all’ imitazione fatta dai piccoli artigiani. ->tensione
verso l’uguaglianza (vede il trend di unificazione delle classi).
La società moderna tende all’individualismo, non vedendo le persone legate ad un luogo, una
tradizione, un gruppo. Questa tendenza può essere vista come una tendenza alla perdita delle
disuguaglianze sociali. È un cortocircuito, non è detto accada, lo vediamo oggi, semplicemente sono
meno legate alla stratificazione delle classi sociali.
Per lui l’imitazione potrebbe portare all’abbattimento delle disuguaglianze.
Sonnambulismo->Tarde vede nella moda l’effetto narcotizzante-> il fatto che deleghiamo ad altri le
nostre scelte, seguire la moda significa non scegliere più come vestirsi. -> pensiamo di essere noi a
scegliere, in realtà è il sistema che ci sta dietro che sceglie.
dall’interno verso l’esterno-> vuol dire che la moda si diffonde prima di tutto a proposito delle
questioni intime, esistenziali delle persone, e successivamente nelle questioni esteriori, di
apparenza. Quando un gruppo sociale imita un gruppo sociale, intuiamo che ce stata già una
imitazione anche nei modi di vivere, nei valori.
dall’alto verso il basso-> la moda si diffonde dalle classi abbienti, alle classi inferiori. (trickle-down)
-> viene sempre attribuita a Simmel (massimo esponente), in realtà non è così, perché la teoria è
stata sostenuta da tanti anche prima di lui (il termine trickle-down è stato inventato dopo) -> la
moda nasce nell’élite, e poi si diffonde nelle classi meno abbienti.
inglese, influenza darwinista, interpreta società in termini evoluzionistici-> singole società come
singoli esseri viventi, che si evolvono in modo dettato da leggi di selezione naturale(progresso).
Regime militare-> tipi di società dove i comportamenti sono regolati dal potere centrale (Ancient
regime)
Regime industriale-> società basata sulle regole dell’economia, controllo sociale reciproco tra le
persone
La moda per Spencer è uno strumento di controllo sociale, nel regime militare l’abbigliamento era
controllato centralmente (da leggi suntuarie-> leggi che gli stati promulgavano e che dicevano
come potersi e non potersi vestire). Ancora oggi (non puoi entrare in chiesa con i pantaloni corti,
oppure l’obbligo della divisa scolastica). Un tempo il colore dell’abito determinava chi fossi (es.
medico avvocato, operaio).
Nel regime industriale, non ci sono leggi suntuarie, il controllo sociale è fatto dall’autorità
dell’opinione pubblica (controllo sociale informale), esercitato tutti i giorni reciprocamente, tramite
l’approvazione e la non approvazione. Vogliamo evitare di dispiacere gli altri, creando un
conformismo trasversale diffuso. -> uso abbigliamento libero ma soggetto a controllo sociale.
Si basa sempre sull’imitazione, ma ne esistono due forme:
Pag. 31-> Spencer non è convinto sostenitore della società moderna, ne vede i vantaggi, ma ne
vede anche le difficoltà, è molto più facile vivere in un regime militare, è meno rischioso.
La moda rispetto al costume è bella ma è complicata.
GEORG SIMMEL-> la moda nasce dall’equilibrio tra le due forze psicologiche dell’imitazione e della
distinzione
Imitazione e distinzione sono due tendenze fondamentali dell’animo umano per Simmel-> gli esseri
umani cercano di far parte del gruppo, di essere accettati, ma contemporaneamente abbiamo
bisogno di non scomparire nel gruppo, di mantenere un’identità, di essere riconosciuti. Abbiamo
bisogno di emergere dalla massa come delle individualità. CONTINUA RICERCA EQUILIBRIO.
La moda per Simmel viene fuori dal fatto che queste due tendenze, nel piano della società e delle
classi sociali si manifestano in maniera diversificata a seconda delle classi sociali.
Se siamo i privilegiati, quelli che stanno meglio, abbiamo un interesse particolare a mantenere la
nostra distinzione. Se siamo in una condizione svantaggiata vogliamo cercare di integrarci di più in
classi sociali meno svantaggiate di noi.
Nel piano individuale si è guidati da entrambi, mentre nelle classi sociali si è o più guidati da uno o
dall’ altro.
Nel campo della moda, le classi sociali che si percepiscono come svantaggiate, cercano di imitare le
classi privilegiate, mentre le classi privilegiate, cercano di distinguersi dalle classi inferiori che
provano ad imitarle. Per fare questo cambiano la moda. -> ciclo infinito. -> “la moda è moda di
classi” -> non è una questione individuale.
Pag. 33 “la moda non ha quasi mai motivazioni pratiche od estetiche” -> es. motivazioni pratiche->
freddo; motivazioni estetiche-> bello o brutto, elegante.
La moda non serve né a questo né a quello, perché la funzione reale è quella di governare le
dinamiche tra le classi sociali.
Simmel abitava a Berlino, città che ad inizio 900 brulicava di gente e mezzi, cosa che lo porta a
studiare la metropoli come luogo della vita moderna-> stimoli continui.
Distinzione tra uomo alla moda, fashion victim e il demodé-> persone alla moda e fashion victim ->
differenze? una persona alla moda governa la moda, ne padroneggia le leggi, la fashion victim è
vittima delle leggi della moda. Il demodé non segue la moda, spesso per scelta, scegliere di non
seguire la moda però è un altro modo di essere assoggettati alla moda.
La questione dell’ornamento-> Simmel osserva che l’ornamento è un modo per portare l’attenzione
degli altri sulla propria individualità. -> l’ornamento porta squilibrio verso la non eleganza.
Lezione 3
WILLIAM GRAHAM SUMMER: la moda è il dominio del gruppo sull’individuo (dipende un po’ da
Spencer)
Classifica tre modi diversi in cui ciascuno subordina i suoi comportamenti alle norme sociali:
1. Mores-> conformazione a norme sociali di portata generale, valori condivisi (perché
pensiamo che sia giusto fare così).
2. Folkways ->comportamenti che teniamo perché è una tradizione, un’usanza, un’abitudine
collettiva.
3. Moda-> comportamenti che teniamo perché ci conformiamo alla coercizione della massa (è
un tutti fanno così) -> se non si fa così si subisce una sanzione-> il sarcasmo e il ridicolo
(sanzione informale)
Nella società contemporanea gli uomini hanno applicato quella che Flugel ha definito la grande rinuncia
maschile alla moda-> tra diciottesimo e diciannovesimo secolo abbiamo un grande cambiamento nell’
moda maschile-> l’uomo dell’800 rinuncia alla moda:
La donna invece usa ancora ed estremizza l’uso degli abiti come valorizzazione della sua presenza in
pubblico. Fino a quel momento l’uomo e la donna erano al pari nella moda.
Perché è successo questo?
La borghesia prende il sopravvento-> se prima l’aristocrazia si basava sulla proprietà terriera e sul
non lavoro, ora la borghesia basa il suo potere e la sua ricchezza sul lavoro.
Ha bisogno di più comodità e della rappresentazione che se ne fa-> gli abiti del 700 facevano
vedere agli altri che non avevano bisogno di lavorare, mentre nell’800 gli abiti facevano vedere che
non si aveva tempo per la moda e che si doveva lavorare per mantenere il proprio prestigio.
La grande rinuncia maschile indica è il passaggio dall’Ancient Regime alla società moderna. - > non
è un cambio di stile, ma un cambio strutturale.
La cultura della classe agita prevede la divisione dei ruoli, l’uomo che deve dimostrare che lavora
con l’abbigliamento, mentre la donna deve dimostrare che non ha bisogno di lavorare, mostrando il
successo che ha avuto il marito sul lavoro (la donna trofeo).
È un’interpretazione maschilista? ignora l’interesse autentico che potrebbero aver avuto le donne
per la cura dell’aspetto e la moda?
Idea prof->Il fatto che alle donne piaceva la moda non dimostra che non ci fosse una dinamica
come quella descritta da Veblen (anche inconsciamente).
Simmel non ha l’idea della donna trofeo, però per lui la donna se ne interessa perché
essendo stata espulsa dalla sede dei poteri, ha sviluppato un interesse particolare per
ambiti diversi in cui si può realizzare (es. la moda).
1. Sciupio vistoso - > buttare ostentatamente la ricchezza (si vede nel fatto che una
quantità di denaro esorbitante viene spesa per vestirsi).
2. Consumo vistoso -> ostentato ricambio continuo delle cose di cui ti circondi per far
vedere la tua ricchezza.
3. Agiatezza vistosa
Il design nasce in questo stesso periodo, e secondo alcuni nasce con uno scopo preciso,
relativo a questo passaggio, dalla produzione artigianale a quella industriale. Le
caratteristiche estetiche degli oggetti prodotti nei due modi sono diverse.
L’estetica caratteristica dei prodotti industriali è basata sulla leggerezza (materiali poco
resistenti, poco solidi, per abbattere i costi e facilitare le lavorazioni), non fatto per durare
nei secoli.
Il design nasce come risposta al bisogno di trovare nei prodotti industriali un’estetica
analoga a quella dei prodotti artigianali. (design= decorazione prodotto industriale al fine di
qualificarlo come se fosse un prodotto unico).
Sombart inserisce la sua idea di moda all’interno di questo contesto. Le caratteristiche che
li vede del sistema capitalistico maturo aiutano a capire l’evoluzione della moda.
Identifica tre concetti:
1. Generalizzazione-> la moda si diffonde a macchia d’olio, facilità e stimola la
diffusione come forma di consumo e relazione sociale. -> in tre direzioni 1) ……
2) generalizzazione delle categorie merceologiche-> sempre più tipi di beni;
3) generalizzazione geografica-> tocca sempre più paesi diversi ed è sempre più
permeabile alle frontiere.
2. Accelerazione -> accelerazione del ritmo di cambiamento, le mode si susseguono
con un ritmo sempre più veloce
3. Obsolescenza programmata-> Sombart osserva che la moda non è più creata
dall’élite sociale, ma è il prodotto del lavoro del sistema industriale per produrre
profitto.
Per Sombart non è più effetto di una distinzione di classe, ma il prodotto dello sforzo dei capitalisti di
aumentare la produzione, mantenendo vivo il desiderio dei consumatori di rinnovarsi -> consumatori
schiavi dei produttori.
Vittima di una manipolazione dei segni (anni 60-> svolta semiotica-> studio dei segni) -> i
segni sono una parte essenziale della società umana
Guardando una lavagna con disegnata una casa, non vediamo pezzi di gesso, ma una casa->
gli esseri umani hanno la capacità di vedere delle cose in altro.
Noi non viviamo in un mondo di oggetti, ma in n mondo di significati.
Baudrillard dice che il consumatore di moda è vittima di una manipolazione sistematica dei
segni-> il sistema sociale produttivo del capitalismo industriale sfrutta la nostra capacità di
dar significato alle cose per mantenere lo status quo, per mantenere il sistema di privilegi
su cui è basato. È interessante perché contraddice l’idea della democratizzazione della
moda-> ci sembra che la moda si stia democratizzando, ma in realtà la moda serve a
mantenere la discriminazione sociale, le distinzioni di classe, perché se andiamo a vedere la
funzione degli oggetti di moda questi sono:
1. Certificazione destino sociale: da dove veniamo, di che classe sociale facciamo
parte. -> non si riesce a fingere, un conto è vestirsi come qualcun altro, un conto è
esserlo.
2. Palesa aspirazioni sociali
Autoinganno-> La moda fa credere che ci possa essere una mobilitazione sociale che di fatto non esiste. ->
non basta cancellare le descrizioni semiotiche, per cancellare quelle reali.
Se si pensa di vivere in un sistema egualitario, la tua tensione al superamento delle disuguaglianze cala. ->
la tua voglia di lottare contro il sistema scema -> la moda favorisce l’inerzia sociale, soddisfacendo in
apparenza il bisogno di cambiamento.
HERBERT BLUMER: la moda è anticipazione del gusto collettivo
Sociologo americano che fa parte della corrente del’ interazionismo simbolico (idea che le relazioni sociali
sono processi comunicativi-> l’idea che le interazioni tra le persone sono mediate dalla capacità di
significazione).
Applicati alla moda questi concetti portano Blumer a rifiutare l’idea di moda come moda di classe-> per lui è
il prodotto di una miriade di interazioni sociali in cui ciascuno produce significati in risposta ai significati
prodotti dagli altri. -> gusto collettivo
Ci sono dei professionisti che si sono specializzati a prevedere ciò che andrà di moda
Per lui la figura cardine del sistema moda è il buyer-> colui che dentro a tutte le proposte di moda seleziona
alcune cose, con il criterio di andare in contro ai potenziali clienti di domani-> prevedere il gusto collettivo
L’industria culturale (moda, testi, poster, cinema, musica) funziona normalmente come un processo
selettivo a più stadi-> la creatività è infinita, produce più prodotti di quelli che possono essere
effettivamente prodotti.
Francese, a metà tra sociologo e filosofo, ha scritto uno dei primi libri che va veramente a fondo nella
sociologia della moda, negli anni 80. (l’impero dell’effimero)
Punto di partenza-> idea che la moda nella società contemporanea (società post-moderna), non è un
aspetto della società, ma la dorma fondamentale della società. -> da fenomeno periferico a fenomeno
egemonico.
La stessa moda ha cambiato pelle-> moda matura contro moda dei cent’anni-> cos’è la moda dei cent’anni?
1857-> apertura atelier di Worth (inizio haute couture) /1957-> prima sfilata prêt-à-porter (fine haute
couture)
Moda matura-> moda contemporanea, moda individualista-> quella dei cent’anni era una moda di classe, la
moda matura è individualista, dove ciascuno fa le scelte non per soddisfare un’appartenenza di classe, ma
per soddisfare il proprio piacere personale (motivi edonistici).
Nel campo della moda? Individualizzazione radicale scelte. -> soli di fronte al mondo.
La società premoderna era focalizzata sul passato (come facevano i nostri padri? Qual è la tradizione?
La società moderna era focalizzata sul futuro (dove vogliamo andare? Qual è il progetto che abbiamo?
come possiamo realizzarlo?)
La società postmoderna è focalizzata sul presente, sul godimento (vivere senza un progetto e dei valori
accumulati nel tempo, vivere alla giornata)
La moda contemporanea è governata dal continuo cambiamento-> tanto è tutta apparenza,
teatralizzazione, non ci sono usanze da perdere, una cosa vale l’altra.
Desocializzazione del consumo-> le scelte del consumo non hanno più a che fare con le dinamiche sociali,
sono scelte individuali.
Tutto ciò sembra convergere verso l’egoismo, verso lo smembramento della società, ma in realtà rende
possibile una migliore convivenza.
2. L’idea dell’individuazione del consumo della moda si accompagna all’idea che gli abiti possano
essere un mezzo di comunicazione. La società moderna e caratterizzata da una crisi comunicativa
dettata dall’individualismo, siccome dell’altro ci interessa poco, mi interessa poco anche
comunicare. -> comunicazione come pura apparenza.
Lezione 4
La moda non sgocciola più dall’alto al basso, bensì è bottom up-> non riguarda più le classi sociali,
piuttosto l’appartenenza e la non appartenenza al mondo della moda.
Siccome l’abbigliamento + diventato uno strumento di identificazione di sé, il processo di diffusione
delle mode non è più un processo di classe, ma può partire da gruppi sociali marginali e poi
diffondersi. (es. Punk, hip hop)
Cambia il modo in cui vengono usati i vestiti-> diventano sempre più un mezzo di comunicazione,
man mano che la scelta diventa sempre più individualizzata l’abbigliamento diventa sempre più un
mezzo di comunicazione. Questo porta a vedere i singoli abiti e i look non più come testi chiusi (con
significato predeterminato, difficile da fraintendere o interpretare diversamente) ma come testi
aperti-> es. cilindro-> nell’800 indicava un borghese imprenditore, manager (testo chiuso) -> le t-
shirt sono un testo aperto, può indossarlo un imprenditore, un professore, un commerciante, un
operaio, uno studente.
Il linguaggio ci porta a parlare di corpo e di abito in maniera distinta-> questo modo di parlare va
bene nella vita quotidiana, ma nasconde una realtà fondamentale, il fatto che abito e corpo si
presuppongono reciprocamente (non c’è abito senza corpo e non c’è corpo senza abito), sono due
facce della stessa medaglia.
Il corpo vestito è chiamato “ibrido corporeo vestimentario” -> insieme di corpo e abito.
Costituisce l’importanza che viene data al corpo e alle sue forme nella moda
L’abito presuppone il corpo-> esistono in funzione ai corpi da abbigliare, anche gli accessori
si relazionano con l’intero corpo e non solo con la parte portante.
Originariamente significa che la vita umana è vita vestita, tutta l’esperienza di vita che facciamo è vita
vestita-> per quanto tempo si è stati nudi?
Il nudo è l’eccezione, ci si sveste->situazione eccezionale che necessita comprensione -> la nudità è una
situazione eccezionale che si giustifica in base a determinate circostanze, non è la naturalità della vita
Il corpo nudo è un prodotto culturale -> è un fatto che viene interpretato, perché dentro al corpo nudo noi
vediamo un significato.
Il corpo nudo non è naturale nell’uomo -> ci fa rivalutare l’idea contraria, perché la spontaneità ci fa vivere
vestiti.
Il corpo ha la caratteristica di essere rivestito, ad un corpo svestito manca qualcosa, e deve essere
giustificato da una situazione.
Corpo e abito si co-appartengono, come il sole e la terra, noi ne parliamo separatamente, ma se non ci
fosse il sole la terra non sarebbe così-> le cose e le persone vivono di relazioni. -> es. corpo e abito
Svestire un corpo significa cambiare quello che è-> cambiano i movimenti, le posture, …
Ciò che produce significato è sempre una coppia indivisibile di corpo e di abito sia per addizione che
per sottrazione.
L’idioma corporeo-vestimentario funziona similmente alla musica-> ci dice qualcosa perché è un
insieme di suoni e silenzi che dà il ritmo, dove i silenzi sono musica per via privativa, così il nudo è
espressione dell’idioma corporeo-vestimentario per sottrazione.
2. I corpi sono attualizzati dagli abiti-> il corpo nudo o è attualizzato dalla cornice (es. spiaggia di
nudisti) interpretativa oppure è un’astrazione.
L’abbigliamento come tecnica del corpo
Se pensiamo all’abbigliamento non come un’aggiunta ma come un qualcosa di essenziale, l’abito
non ricopre il corpo ma lo estende. -> si aggiunge il corpo, lo modifica, lo estende, contribuisce a
definirlo in un contesto sociale.
Abito e corpo si co-appartengono al cospetto di una collettività, nel nostro essere al cospetto di
altre persone. L’interazione con altri presuppone il corpo vestito, se non in circoscritte situazioni.
L’abbigliamento è una “tecnica del corpo” -> le tecniche del corpo sono modi di fare prodotti
socialmente. (es. nuotare-> com’è che esistono 4 modi di nuotare standardizzati? rana, delfino, stile
libero, dorso. Noi li sappiamo identificare, esiste un codice socialmente condiviso di come si muove
il corpo quando vuoi nuotare a stile libero. Noi abbiamo imparato a farlo.
Le tecniche del corpo sono tecniche (procedure codificate) che definiscono attività quotidiana che
svolgiamo con naturalezza. (es. il modo in cui camminiamo, che passiamo tutta la vita a
perfezionare) (differenza movimento tra uomo e donna) -> le tecniche del corpo non sono naturali,
ma tecniche naturalizzate (es. modelle in passerella)
L’abbigliamento è una tecnica del corpo perché essendone parte integrante, diventa nostro
attraverso un esercizio e delle tecniche.
Oggi si preferisce definirlo pratiche e non tecniche.
Noi siamo esseri capaci di produrre significati. Quando incontriamo un'altra persona entriamo in un
rapporto di significazione reciproca. L’ abbigliamento socializza il corpo, lo rende un testo leggibile,
significativo.
Senza abito non si comunica: se ogni comunicazione presuppone il corpo, presuppone l’ibrido
corporeo-vestimentario. Questo va riferito non ad ogni modificazione del corpo, ma su quelle che
fanno leva sulla comunicazione visiva.
È sbagliato trattare l’abito come una maschera, perché porta a separare corpo e abito.
Lezione 5
La pragmatica linguistica-> ci mostra una dimensione del linguaggio che le altre parti non sono in
grado di mostrare
Altre parti: fonetica (studio suoni), la sintassi (studio regole sintagmatiche), la semantica (si occupa
dei significati), la pragmatica (non considera la lingua non come un insieme di regole e codici, ma
come un’azione, e le frasi come atti comunicativi. Quando noi parliamo non stiamo solo articolando
suoni, dandogli significato, ma siamo facendo un’azione concreta verso le altre persone, come
quando agiamo fisicamente verso le altre persone. Insieme di comportamenti sociali, per ottenere
certi effetti dal modo circostante.
Prima la comunicazione era concepita diversamente-> c’è un emittente che produce un messaggio-
lo trasmette-c ’è un destinatario che lo interpreta (sistema idraulico) -> sbagliato, implica una sorta
di telepatia.
L’approccio drammaturgico
Lezione 6
Cosa vuol dire comunicare con gli abiti?
Si può comunicare senza essere fraintesi? ->
Non è possibile fissare negli abiti il loro significato, e non è possibile impedire agli altri di leggere
negli abiti che indossiamo un significato.
Il significato:
1. Non è iscritto nella materialità degli abiti,
2. Non è dato dalle intenzioni del designer,
3. Non è dato da chi indossa l’abito,
4. Si ha nell’interazione tra le persone
Il look clone-> caricatura mascolinità-> Elizabeth Wilson
Lezione 7
E la culturale? Tutto ciò che è prodotto dello spirito, della mente, ciò che ha che fare con i linguaggi di cui
l’uomo di e dotato, tutto ciò che comporta delle idee.
E l’industria culturale? Come si fa a produrre in serie le idee? -> le idee non vengono prodotte in serie, ma i
supporti in cui sono contenute (es. tot. copie di un libro).
Non è un’ovvietà che la moda sia un’industria culturale->fino a pochi decenni fa non era un’idea condivisa e
diffusa in Italia, la moda era considerata sotto il cappello del made in Italy, mettendola nella categoria dei
settori produttivi industriali al paro delle automobili, della farmaceutica. Era vista dal punto di vista della
produzione dei beni culturali, non della cultura.
Lo stilista vende indumenti o idee? -> in Italia e sempre prevalsa la convinzione che stesse vendendo
indumenti di altissima qualità, ma indumenti, non prodotti culturali. In Inghilterra da tempo la moda è stata
intesa principalmente come produzione culturale (es. Vivienne Westwood). Un esempio di questa
differenza e che in Italia non ci sono musei della moda, oppure se ci sono sono nati di recente, mentre in
Inghilterra da sempre sono presenti.
Quando è stato scritto il libro, 15 anni fa non era scontato in Italia parlare di industria culturale per la moda.
Industria culturale: espressione formulata per la prima volta da Horkheimer e Adorno, per parlare della
produzione culturale, ( fanno parte della scuola di Francoforte)-> quando sono in America si rendono conto
che la Germania era incentrata sulle tradizioni, mentre l America era molto più avanti sulla cultura di massa,
cinema e radio, e si mettono a studiare la produzione culturale in quel contesto, rendendosi conto che negli
stati uniti la produzione in serie del prodotto culturale era spinta all’estremo.
Notano impoverimento prodotti culturali, venendo dalla Germania in cui domina la musica classica, mentre
trovano in America il dominio del Jazz.
Erano abituati a musica unica riprodotta solo dal vivo, mentre il Jazz poteva essere riprodotto su disco->
impoverimento cultura = nascita cultura di massa-> cultura a disposizione di tutti.
Prodotto cultura di massa-> impoverito, banalizzato, standardizzato. -> se standardizzi i prodotti l’effetto è
che standardizzi le persone su livelli culturali bassi. -> funziona così anche per i prodotti materiali, non
culturali.
Industria culturale, e non cultura di massa, per non far pensare che sia prodotta dalle masse, perché così
non è, è prodotta dall’industria per le masse.
La ripetizione aggira il problema della novità., il problema della comprensione della novità.
L’esito dell’industria cultuale è apparentemente l’adeguamento dei prodotti culturali alle esigenze del
pubblico di massa, di fatto è l’adeguamento del pubblico alle esigenze dell’industria.
L’idea dell’industria culturale della scuola francofortese è stata messa in dubbio-> è davvero tutta
spazzatura? No, molte nuove forme di cultura sono nate proprio da questo, e di arricchimento della vita
delle persone sempre si parla (musica jazz, rock, fotografia, cinema, fumetto,).
Blumer descrive il funzionamento della moda così: non è vero che la moda è prodotta dall’industria,
imposta dall’industria ad un pubblico standardizzato perché è invece vero che l’industria deve fare sempre i
conti con il consumatore. Il buyer si occupa di mediare.
Risposta insoddisfacente:
industrie culturali=ibride
Processo industriale(manifattura)
Funzionamento diverso dalle altre industrie-> l industria di solito funziona attraverso un continuo processo
di innovazione implementare (io so già mentre faccio un oggetto come dovrà essere tra due anni) -> questo
non si può sapere nella industria culturale (es. nell’industria cinematografica), perché i gusti cambiano->
non si può procedere in maniera pianificata come l’industria manufatturiera. -> allora come fa a produrre
profitto?
Paul Hirsch->
Quello che noi vedremo domani nei cinema, oggi è in costruzione non in maniera pianificata, ma attraverso
una selezione operata step by step che poco alla volta sfrondano i prodotti culturali che arriveranno al
pubblico.
Lezione 8
Comunicazione: la moda ha funzione principalmente espressivo-comunicativa per chi ritiene che vestirsi
secondo le tendenze serva a interagire di volta in fine 800 e inizio 900 condividevano la tesi della
distinzione, mentre alla fine del 900 condividevano quella della comunicazione questo perché la moda è
cambiata.
Non dobbiamo farci ingannare dagli aspetti storici, che si differenziano nelle diverse epoche.
1) Idea che l’industria della moda ha gradualmente inglobato tratti culturali e subculturali,
sollecitando i consumatori i creatori di moda hanno sempre più saccheggiato la creatività delle
culture e subculture prendere ispirazione, fonti creatività. la moda diventa sempre di più un
contenitore che raccoglie tratti di culture e subculture i consumatori di moda a loro volta sono
sempre più attratti dalla dimensione culturale, da ciò che l’abito trasmette in termini di
appartenenze culturali.
Quando parliamo di culturale, parliamo del modo in cui le persone interpretano il loro stare al
mondo, la cultura e l’insieme dei significati che diamo al mondo che ci circonda, per questo le
culture sono variabili. Siamo in grado di dare significato alle cose, il mondo non è abitato da oggetti,
ma da significati. La nostra interpretazione dipende a sua volta dalla collettività e dall’ambiente in
cui abbiamo vissuto. La cultura è l’insieme delle interpretazioni del mondo tipiche
La cultura dominante è quel linseme di significati che vengono attribuiti più frequentemente in una
società, è quella condivisa da tutti. La cultura dominante non è totalizzante. Ciascuno la interpreta
in maniera personale, adattandola alle proprie esigenze e caratteristiche personali.
Abbiamo poi le subculture, riferite ad un certo gruppo sociale circoscritto, all’interno di una società.
(es. subcultura giovanile, subcultura religiosa,).
2) Sono mutate le forme di appartenenza sociale non sono più imposte da una generazione a
quella successiva, ma prodotte all’ interno dei gruppi e della generazione per via del
riconoscimento da parte di altri. Oggi non è più trasmesso dalla famiglia, ma dai coetanei, in modo
orizzontale. Non si manifesta più un’appartenenza di classe sociale, ma di generazione.
Non lo impariamo da qualcuno, ma lo sviluppiamo con qualcuno es. i bambini che si vestono
dall’armadio della mamma o del papà non per imitare, ma costruendo la propria identità e la
propria immagine di sé.
Questa opposizione tra comunicazione e distinzione è artefatta, questo passaggio da una moda
Simmeliana a una moda lipovetskiana non c’è, c’è un passaggio, ma non perché c’è un
ribaltamento, questi due aspetti coesistono.
Lezione 9
Moda e arte
La moda può farsi arte?
sì, se è vero che oggetti di case di moda sono esposti nei musei d’arte (come lo zaino di Prada al Moma)
quando è fatta da creativi diventa una forma d’arte
la moda può ispirarsi all’arte
In che misura questi mondi non sono completamente diversi? Cos’hanno in comune?
Bisogna storicizzare i concetti di arte e moda moda e arte non sono concetti astratti ma fenomeni sociali che
mutano nel tempo. Quello che erano la moda e l’arte 100 anni fa non sono quello che sono oggi. Dobbiamo chiederci
questa moda qui, è questa arte qui?
Quando parliamo di creatori di moda dobbiamo capire di chi stiamo parlano:
1. il sarto-artigiano (dal 400- all’800) artigiano che eseguiva con maestria il proprio compito sulla base delle
richieste della clientela.
2. Worth non prende più ordini, apre l’atelier, fa le sue creazioni e fa scegliere tra quelle è ancora un
artigiano, ma che lavora su creazioni proprie lui si presenta come un artista.
3. Pierre cardine conserva concettualmente l’idea d’arte e moda, ma viene traslata nella produzione
industriale in serie
4. Giorgio Armani&co prêt-à-porter di lusso non è considerato artista, perché non trasforma qualcosa di
artigianale in industriale, ma progettano direttamente per l’industria.
5. Fashion designer artista certi designer che vendono poco, non hanno un vero business li, gente come
martin margiela o ussein chalaia. Sono famosi per le loro creazioni, spesso difficilmente indossabili.
La relazione tra arte e moda può essere indagata su tre diversi terreni:
1. Oggetti creazione di moda e opere d’arte le creazioni di moda possono essere considerate delle
opre d’arte? Esistono stili “di moda nell’arte”? variabili: unicità o serialità oggetti, rarità,
museificazione, autorialità, inutilità pratica
2. I soggettici sono fashion designer che possono essere equiparati agli artisti, e a quali condizioni?
Ci sono artisti che si comportano come le celebrità del mondo della moda?
3. La sfera istituzionale che cosa rende simili e che cosa rende differenti i due campi istituzionali
della moda e dell’arte? non ci si deve chiedere se una certa creazione di moda + un’opera d’arte,
ma chiedersi se il mondo della moda presenta caratteristiche simili o uguali al mondo dell’arte, se
include dei soggetti che sono parte anche del mondo dell’arte. Ragionare non per soggetti e oggetti
ma per mondi ci si rende conto che esistono ampie sfere di sovrapposizione tra i due mondi,
molti soggetti appartengono ad un mondo e in parte anche all’altro.
Il mondo dell’arte è fatto di riviste, musei, gallerie, organizzazioni e associazioni degli artisti, premi e concorsi
d’arte, esposizioni d’arte.
La moda è fatta di riviste, showroom, musei del costume, camera della moda, premi e concorsi di moda, sfilate.
Organizzano la vita al loro interno ciascuna a modo suo, avendo anche valori differenti (conservazione nell’arte e
vestibilità- uso nella moda).
Bourdieu dice che i mondi dell’arte funzionano anche attraverso la lotta tra artisti la posta in gioco è il prestigio
Esiste una posta in gioco capitale simbolico
Il campo è quindi come un campo di forze dettato dalle posizioni occupate dagli agenti
L’asimmetria del campo lo rende un campo di lotta per le posizioni centrali
La risposta è complessa:
da un lato il sistema moda è molto lontano dai meccanismi dell’arte dall’altro lato però i confini tra arte e moda
i rapporti tra moda e arte possono produrre diversi effetti attraverso vari meccanismi, vari rapporti tra moda e arte:
cosa fa l’arte con la moda? Cosa fa la moda con l’arte? producono, usano e rappresentano pezzi dell’altro mondo
1. produce la moda produce arte quando risultati del mondo della moda trovano collocazione legittima nell’ arte (per
esempio quando sono museificati nei musei d’arte).
LEZIONE 10
La moda grassa
Il termine è offensivo solo se condividi lo stigma che l’essere grassi è una cosa negativa. usare degli eufemismi
significa accentuare la negatività di questa parola.
Questi vengono espressi dalla collettività pubblicamente, spesso sono impliciti (traspaggono dai comportamenti), e
interiorizzati dai singoli.
Divaricazione tra corpo reale ed ideale corporeo questa viene manifestata quotidianamente (trucco, parrucco,
dieta, vestiti, palestra) attraverso le modifiche al nostro corpo reale per cercare di renderlo simile all’ ideale corporeo.
Gli ideali variano a seconda delle società e anche all’ interno dei diversi contesti in una stessa società.
Nella moda abbiamo un ideale che antepone il valore della bellezza a tutto (nella medicina è la salute, nello sport è
quello legato alla prestazione) poche cose però sono mutevoli come l’ideale della bellezza, pochi giudizi sono fragili
come quello sulla bellezza
L’ideale di bellezza femminile è aleatorio perché è storicamente contingente perché cambia è diventato un mito
artefatto che si impone in particolare alle donne, perché viviamo in società patriarcali. l’ideale della bellezza è un
mito che diventa uno strumento di assoggettamento delle donne nella società patriarcale, per mantenere la
disuguaglianza.
1) non è comune a tutte le culture, ma solo ad alcune nelle maggior parte delle culture, infatti, è la
donna in carne ad essere considerata bella ad oggi si è diffuso anche nelle altre culture l’ideale di
magrezza
2) non è comune a tutte le epoche, ma solo ad alcune costituisce l’eccezione piuttosto che la regola
fissazione momentanea si vede per esempio nell’ arte.
3) Lo stesso ideale di magrezza non è costante, ma ha subito progressiva radicalizzazione negli ultimi 70
anni (progressivo dimagrimento)
La moda è fortemente implicata nell’ideale della magrezza (“la dittatura della magrezza”) il sistema della moda
privilegia i corpi magri, a scapito dei corpi grassi e reali non solo nell’immaginario mediatico, nelle fotografie che
produce, non solo sulle passerelle, non solo negli editoriali di moda, ma anche nella creazione, produzione e vendita
dei suoi prodotti. questo a scapito del guadagno da parte delle aziende, rinunciano a d una fetta del loro possibile
business da qui nasce il paradosso della moda da un lato la moda prende così sul serio l’ideale da rinunciare alla
produzione e vendita di capi per donne non magre, dall’altro lato nel mondo, in particolare quello ricco, i corpi da
vestire vanno progressivamente nella direzione opposta.
Come sappiamo che la popolazione sta ingrassando? Perché è tenuto sotto controllo dall’organizzazione mondiale
della sanità per ragioni mediche (l’aumento di peso causa anche l’aumento delle spese sanitarie).
L’indice di massa corporea è reso pubblico –> indice di massa corporea mette in relazione peso e altezza
C’è stata una forte crescita negli anni 70-80 si parlava di pandemia di obesità ora cresce ancora ma meno
velocemente
in percentuale rilevante
sta aumentando il proprio potere d’acquisto (il sovrappeso è più frequente nelle classi meno abbienti, ma il processo
di democratizzazione della moda sta gradualmente incorporando anche le classi meno privilegiate).
Non avendo accesso a capi che le soddisfano, non possono esprimersi a pieno e non possono comunicare
È contraddistinta da una dimensione di confinamento attraverso un’esclusione dai luoghi fisici (quanti negozi di
abbigliamento plus size ci sono in via Monte Napoleone?)
1) Produzione rinunciare a vendere alla popolazione sovrappeso significa rinunciare ad una fetta di profitto
i brand di moda non vendono taglie superiori alla 46 sono proprio politiche aziendali non producono
neanche linee secondare plus size.
2) Creazione i designer usano le modelle curvy per far parlare di sé nelle sfilate generalmente i corpi grassi
vengono vestiti con cose informi, stampe non piazzate, no spacchi, giacconi, pantaloni larghi. dissimulando
i corpi i fashion designer mirano ad entrare nel mercato dell’alta moda per questo non sono interessati
alla moda curvy i designer non imparano neanche a disegnare per i corpi plus size perché le scuole di
moda non insegnano a farlo. Non ci sono neanche manuali che insegnano a farlo (solo Zangrillo che
insegna a nascondere il corpo) lo sviluppo taglie automatico si può fare solo fino alla taglia 46, perché poi
le dimensioni sono troppo variabili si sviluppano modelli diversi per forme diverse (es. per pera, per
quadrato, …) poetica del nascondimento.
3) Distribuzione gli abiti plus size sono venduti in posti diversi rispetto a quelli di moda negozi multimarca,
zone periferiche, città di provincia, non nelle vie della moda dislocazione geografica la competizione non
è sul contenuto moda o l’identità di brand, ma sul servizio al cliente la forza di vendita di questi negozi è
data dall’esclusività territoriale. --> se sono vendute in negozi normali, sono spesso confinati in zone
specifiche nascoste.
4) Comunicazione nella comunicazione della moda non vedi mai pubblicità di brand plus size. il web ha
cambiato qualcosa (blog Fat-shion) ma non basta, bisogna vedere come se ne parla poi es. di solito era ti
insegno come dissimulare, non per valorizzare.
perché si rinuncia a progettare per i corpi plus size a scapito del profitto? -->per una pratica, una serie di idee, una
routine, una serie di abitudini.
Moda grassa= ossimoro non c’è moda grassa c’è abbigliamento plus size, perché il sistema moda non risponde ai
bisogni relazionali e comunicativi della fascia dei consumatori sovrappeso e obesi, per una serie di motivi: offerta
ridotta, offerta nascosta, modulata sulla poetica del nascondimento
C’è un mercato separato--> basso investimento estetico e semantico (poca pubblicità, distribuzione decentrata, poca
focalizzazione sull’identità del brand in favore del fatto che la misura è giusta).
Le spinte al cambiamento
Alcuni fenomeni:
Queste cose sono più specchietti per le allodole, perché in realtà è ancora la produzione è sempre produzione per
corpi magri.
Principali luoghi in cui si fa la moda? Milano, N.Y., Parigi e Londra la moda si fa in ambiti urbani/metropolitani
perché? - la moda è un’attività urbana per definizione, tutto il sistema, dalla produzione al consumo. Questo ci fa
capire cosa vuol dire che la moda è globalizzata il settore della moda ha vissuto una forte globalizzazione. le città
della moda sono però tutte collocate nella parte occidentale del mondo (principalmente la parte creativa). ci sono
dei luoghi privilegiati, non solo tra i paesi, ma anche tra i quartieri di una stessa città. la moda non solo è fatta per i
privilegiati, ma viene pensata, prodotta e diffusa praticamente in sole 4 città e poi venduta in tutto il mondo. Le
persone che lavorano in queste città sono globalizzate, ma il sistema assorbe principalmente la cultura di queste 4
città, sparpagliandola poi in tutto il mondo imperialismo culturale (capacità di imporre gusti, valori, credenze
attraverso lo sfruttamento del potere economico).
Perché questi 4 luoghi? Cosa contraddistingue una capitale della moda? Cos’hanno in comune? sono i luoghi in cui
si tengono le fashion week immancabili; quelle di interesse globale; quelle in cui hanno sede i brand più importanti;
presenza professionisti della moda; presenza sedi riviste; presenza scuole prestigiose.
1) La fashion week è un elemento essenziale nell’impedire che altre città diventino capitali della moda, perché i
buyer devono stare nella città in cui si tiene per una settimana (in totale due mesi all’anno in cui i buyer sono
fuori dalla loro sede di lavoro) questo pone un limite fisico alla possibilità che ci sia una nuova fashion
week di interesse mondiale. anche a Shangai c’è una fashion week, ma per diventare di interesse
mondiale dovrebbe sostituire una di quelle già presenti.
2) Le riviste le capitali della moda sono sede delle principali riviste di moda sta diventando sempre meno
rilevante perché le riviste stanno diventando sempre meno importanti, con l’arrivo dei social, dei blog, e della
progressiva presa di posizione dei brand nei social.
Le riviste mainstream vivono della pubblicità che le case di moda pagano questo non le rende
indipendenti, e le lega ai loro inserzionisti.
Questo è il motivo per il quale non esiste la critica di moda, o meglio non è così rilevante, perché non c’è il
luogo fisico in cui esercitare questa attività (ora nel web si), e poi perché la critica nell’arte e nella musica
viene fatta alle persone, che ha un potere limitato, nella si criticano invece brand potentissimi, anche se si fa
riferimento al designer.
3)i professionisti della moda stilisti, designer di tessuti, analisti di tendenze, fotografi, giornalisti, stylist,
agenzie di modelle, agenzie pubblicitarie, PR sede brand o uffici stile brand questo perché si crea un
ecosistema intorno a queste città.
5) presenza scuole prestigiose perché le scuole hanno bisogno di contatto con aziende e professionisti.
6) sono i luoghi primari di consumo della moda sono presenti le “vie della moda”.
1) ParigiDal 1856 apertura atelier Worth data simbolica, inizio moda moderna – >Parigi è in realtà
da sempre il centro propulsore della moda, LA capitale della moda
2) New York prima metà del XX secolo si è affermata con l’industrializzazione della moda sport
wear, moda per molti, taglio giovanile.
3) Londra anni Cinquanta era la capitale della sartoria maschile con Napoli, è diventata capitale della
moda con l’imporsi delle subculture giovanili.
4) Milano anni Settanta attraverso l’affermazione degli stilisti prêt-à-porter di lusso
interamente basato sulla produzione industriale, e sulla creazione degli stilisti. --> in termini di fatturato
Milano ha scalato la classifica in fretta. questo ha forse penalizzato la creatività per quello bisogna
andare a Parigi o a Londra.
Il contesto italiano:
anni Cinquanta Milano non è sempre stata l’incarnazione della moda in Italia
prima della Seconda guerra mondiale a Roma si sono affermati una serie di atelier e sartorie, che si sono sviluppate
anche attraverso il supporto del regime fascista.
Dopo la Seconda guerra mondiale Palazzo Pitti diventa la sede per le sfilate. cattura l’interesse dei buyer
americani.
Parallelamente c’è il Piano Marshall supporto finanziario degli USA al recupero e all’espansione industriale dopo la
Seconda guerra mondiale. in Italia viene applicata a varie settori, tra cui quello del tessile e dell’abbigliamento.
porta all’emancipazione dell’industria verso una produzione più ricercata.
Le aziende emancipate lasciano Firenze per Milano passaggio dall’haute Couture al prêt-à-porter.
Le specificità di Milano:
1) Milano rispetto alle altre città della moda ha molti meno abitanti. molto meno cosmopolita, tranne nella
settimana del design.
2) Milano è forte nella produzione e nella vendita, a Milano si viene per fare fatturato, ma è debole nella
comunicazione difficilmente i professionisti della comunicazione in Italia raggiungono la notorietà. perché l’unica
rivista internazionale in Italia è Vogue Italia.
3)forte frammentazione sistema produttivo i Italia esistono una miriade di aziende medio piccole che lavorano del
settore della moda, sia che lavorano per il loro marchio che per fornire i grandi marchi. Questo è tipico italiano, sia per
la frammentazione del settore non esistono grandi imprese, ma di piccole medie imprese divise in distretti
merceologici. Questa frammentazione fa si che i siano una miriade di soggetti interessati ai professionisti della moda
(designer, stylist, product manager, buyer, ecc.).
1)domanda di ricerca c’è una correlazione tra il luogo geografico e le caratteristiche della moda che vi viene
prodotta?
3) risposta preliminare: abbiamo degli indizi che questo accada? si, se guardiamo a certe caratteristiche dei fashion
designer storici notiamo che esse variano su base geografica non troviamo la risposta ma degli indizi che i fanno
dire che forse è così. prende però in considerazione solo i designer famosi, una piccola élite di cui si ha la biografia.
4)interpretazione teorica: nella moda esistono variabili geografiche per esempio: struttura dell’industria produttiva,
caratteristiche del sistema formativo, le culture di strada, il “mondo” della moda e le culture nazionali.
a Londra diversi corsi sono offerti dalle accademie d’arte, mentre a Milano no
1) l’origine storica della figura dello stilista e le ragioni del suo nome:
fine anni 60 creatori moda cominciano a chiamarsi stilisti (prima si chiamavano sarti o couturier). Perché?
Stilista in italiano è diverso da stylist in inglese la figura della stylist è sempre stata una figura dietro le
quinte (viene usato il femminile perché nelle professioni meno prestigiose si usa così). Cosa fa una stylist? Ce
ne sono tanti tipo editor (riviste di moda), celebrity stylist, quelli delle sfilate o affiancati al designer.
usano prodotti di moda già esistenti per costruire un immaginario. In cosa consiste il lavoro di una stylist?
Seleziona gli abiti, costruisce l’immaginario di moda che noi abbiamo in testa, sceglie la modella, a volte
sceglie il fotografo, sceglie la location, sceglie come comporre gli outfit e fa sì che fittino perfettamente,
suggerisce le pose, sceglie le foto.
La stylist non crea e progetta gli abiti, crea uno stile a partire dai prodotti che il sistema della moda gli
metteva a disposizione.
Si ha la percezione che i beni prodotti industrialmente siano di infima qualità ci si rende conto che fino a
quel momento gli oggetti erano personali, ci si rende conto che quel mondo li sta finendo. gli uomini di
marketing decidono di dare uno stile ai loro prodotti affinché siano riconoscibili.
Anni 50 la Rinascente, Armani inizia come vetrinista, poi diventa coordinatore dei buyer
Anni 60 Armani viene assunto come stylist dell’azienda di Cerruti. Cerruti lo presentava come il suo stilista (da qui
nasce il termine, come una italianizzazione del termine e stylist). Tutti gli stilisti sono creatori di moda che però
cominciano come consulenti moda di aziende di produzione in serie di abbigliamento, e si portano questo nel loro
bagaglio culturale.
Caratteristiche distintive:
1) modo di svolgere la professione: creare moda per la produzione in serie per la prima volta nella storia
della moda. Le competenze dello stilista sono diverse da quelle del couturier non è necessario che
padroneggi le tecniche della sartoria. Ma sviluppa le competenze del designer, progettista passare
dall’idea creativa alla sua realizzabilità sul piano industriale.
2) Rapporto col sistema produttivo: uscire dall’atelier ed entrare nella fabbrica il creatore di moda entra
in fabbrica, deve conoscere le macchine, quando progetta i capi pensa già al processo produttivo,
sperimenta l’uso di nuovi materiali con determinati macchinari. Era possibile perché in Italia esisteva un
sistema di produzione industriale nel campo dell’abbigliamento già ben collaudato.
3) Rapporto con il mercato: democratizzare la moda cambia il pubblico di riferimento. Non conosci più
personalmente i tuoi clienti. È un pubblico impersonale, non crei per una determinata persona, ma per
un target. L’attenzione si sposta dall’abito stesso alle situazioni di vita del consumatore, dalla perfezione
sartoriale al target, al tipo di persone e di vita a cui è diretto questo oggetto.
4) Oggetto del proprio lavoro creativo: creare uno stile, non delle mode produrre per un cliente che non
conosci ti porta a dover essere riconoscibile tu. L’interesse passa dalla moda stessa allo stile. Non è più
prioritario essere alla moda rispetto alle tendenze, quanto essere riconoscibile in quanto brand o stilista.
Bisogna costruire un’immagine riconoscibile, nella creazione e nella comunicazione.
tre aspetti meno noti ma ugualmente distintivi della figura dello stilista
1) etnocentrismo: la moda degli stilisti non ha ancora iniziato il processo di globalizzazione.
Non esisteva una clientela medio orientale, cinese, indiana nella moda era fatta da aziende italiane,
per l’Europa e il nord America. La moda era fondatamente Eurocentrica, era fondata sua una cultura
etnocentrica.
Prendeva ispirazione da altre culture, ma non preoccupandosi effettivamente di interfacciarsi con queste
culture (appropriazione culturale sfruttare per il profitto minoranze culturali).
2) Astrazione dal corpo: la moda degli stilisti esaspera la sottomissione dei corpi reali all’ideale corporeo
della moda. Con l’industrializzazione si è costretti ad astrarre il corpo, perché non si conosce il corpo che
si andrà a vestire. Per fare questo è stato inventato lo sviluppo taglie (anche se erano già state inventate
per l’esercito). Le taglie non sono però infinite, questo vuol dire che le taglie sono un sistema per
standardizzare gli abiti. Il capo viene prodotto e poi si chiede al corpo di entrarci dentro. Questo
processo ha prodotto la separazione del momento creativo da quello della prototipizzazione si fa un
lavoro puramente concettuale prima di proto-tipizzare il capo.
Questo ha portato alla dittatura della magrezza nella moda avendo invertito il rapporto tra abito e
corpo (chiediamo ai corpi di adattarsi agli abiti. Diventa una dittatura con il passaggio al prêt-à-porter,
anche se già prima si era sviluppata).
3) Agenzia di socializzazione alla moda: gli stilisti sono stati coloro che hanno “insegnato” ai nuovi
consumatori inesperti le regole del buon gusto e della moda. Abbandonato il lavoro di stylist lo stilista fa
il lavoro del designer, ma mantenendo comunque alcuni aspetti del lavoro precedente. Anni 70-80
forte democratizzazione moda nuovi strati sociali si affacciano al consumo di moda, periodo della
“Milano da bere” liberazione dei consumi, perché ci sono meno remore culturali e più soldi. Afflusso
nuovi strati sociali che si interessano alla moda come qualcosa che li riguarda questi nuovi arrivati non
hanno una tradizione, non hanno coltivato un gusto. Gli stilisti in quegli anni fanno gli “educatori” alla
moda. Hanno insegnato le regole della moda e del buon gusto ai nuovi arrivati attraverso la pubblicità
e il Total look i nuovi arrivati si trovano al sicuro in questo modo. In quel momento erano “arbitri del
gusto” come si definiscono oggi gli stylists.
Il pubblico ha bisogno di apprendere degli schemi di comportamento nasce così il potere dei brand e
della cura dell’immagine di brand. Nascono qui le fashion victim non sono capaci id padroneggiare la
moda, pensano di essere alla moda, ma subiscono.
Con gli stilisti nascono anche le licenze questo perché l’abito è quasi secondario, l’abito serve a far si
che il brand possa fare profitto in altro modo.
Sistema moda più ampio e fatto anche di consumatori, di comportamenti non di natura economica (es. post su
Instagram) sistema complesso dove la parte economica e produttiva non è l’unico fattore, come nel sistema
industriale della moda.
specificità del sistema moda italiano commistione dimensione produttiva e colturale della moda
1) Milano è la capitale del sistema tripolare della moda italiana (con Firenze e Roma).
2) Sistema frammentato in PMI (piccole, medie e microaziende), spesso anche artigianali, altamente
specializzate e molto flessibili le piccole aziende hanno lo svantaggio di avere una base economica molto
meno solida grosso vantaggio specializzazione e flessibilità livello altissimo, perché fanno poche cose
ma benissimo e sono flessibili perché essendo piccole possono avere la possibilità di cambiare a seconda
delle esigenze del mercato.--> c‘è spesso una combinazione dell’esperienza manufatturiera e di tipo creativo
spesso anche nella stessa persona.
3) “Struttura distrettuale” distretti specializzati es. Biella, Carpi, Prato, Como, ecc.--> zone geografiche
limitate in cui si sviluppano tecniche e attività particolari. --> il distratto è una cerchia sociale di persone
competenti in quella attività li. in Italia negli ultimi 200 anni il numero di distretti è calato, ma comunque
ancora oggi l’Italia si basa suq questo.
4) Produzioni di nicchia spesso di tipo artigianale di origine regionale, ma che si sono rinnovate, rimanendo
eccellenze a livello internazionale. caratteristica tipicamente italiana. Questo è possibile grazie a:
5) Delocalizzazione limitata i l settore del tessile è sempre stato ad alto impatto di manodopera e a basso
tasso tecnologico novecento si è cercato di abbattere i costi passando da manodopera a produzione
tecnologica. difficile, quindi per ridurre i costi si è delocalizzata la produzione in paesi in cui la manodopera
costa meno. in Inghilterra e Francia è stata radicale, mentre in Italia è stata limitata. --> inoltre
ultimamente c’è stata una rilocalizzazione di alcune produzioni che erano state delocalizzate, perché la
qualità non era la stessa perché non c’erano i distratti specializzati. In oltre la prossimità ha un vantaggio,
perché la rete integrata di aziende che vivono nello stesso sistema economico producono dei vantaggi sul
prodotto. --> tutto questo ha reso il sistema italiano attrattivo per brand stranieri, francesi e inglesi. --> anche
se il costo è maggiore di altri paesi ma minore di Francia e Inghilterra, la qualità è più alta tutto ciò ha
contribuito a creare il brand “Made in Italy”
Negli anni 90 c’è stato un processo di concentrazione della produzione della moda nei grandi conglomerati
del lusso (es. gruppo Kering) acquisizione azienda non brand, non hanno dismesso le aziende che stanno
dietro ai brand, ma hanno preso il “Know how” delle aziende che ci stanno dietro.
Dove si trovano la mmagior quantità dia addetti alla produzione del tessile.abbigliamento
India e cina