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SCIENZA DELLE FINANZE

CAP.1
La scienza delle finanze è la branca dell'economia che studia l'attività finanziaria dello Stato
nell’economia di mercato.

Il ruolo economico dello Stato nei secoli


Con l’avvento del mercantilismo, tra il 1500 e il 1750, si portò avanti una linea di pensiero secondo
la quale la ricchezza degli stati dipendeva dalla quantità di metalli preziosi che erano al suo interno
e dal surplus commerciale (differenza fra esportazioni ed importazioni). Lo Stato, per essere forte,
doveva proteggere il commercio attraverso una tassazione molto contenuta ed aumentare il
surplus commerciale (aumentare le esportazioni e limitare le importazioni) attraverso una politica
protezionistica. Quindi i mercantilisti consideravano l’intervento dello stato indispensabile per la
promozione del commercio e dell'industria.

In reazione al mercantilismo che Adam Smith elaborò la sua teoria della mano invisibile, sostenendo
un ruolo limitato per lo Stato. Smith mostra come la concorrenza e la motivazione del profitto
potessero indurre i singoli individui a servire l'interesse offrendo beni desiderati dai consumatori.
Da queste idee si diffuse la politica del laissez faire, secondo la quale lo Stato non dovrebbe
interferire con il funzionamento del mercato, tentando di regolamentare o controllare l'impresa
privata.

Mentre Smith promuoveva la proprietà̀ privata del capitale e la libertà totale d'impresa, il filosofo-
sociologo Karl Marx, a causa della nascita di una profonda disuguaglianza tra classi, sosteneva il
controllo dei mezzi di produzione da parte dello Stato.

La Grande Depressione ( 24 ottobre del 1929 caduta della borsa di NY) è stato sicuramente l’evento
che ha modificato l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti dello Stato.
La funzione dello Stato come elemento stabilizzante per l’economia ebbe poi un ulteriore impeto
nel dopoguerra quando vennero approvati grandi programmi pubblici come: lo sviluppo di sistemi
di sicurezza sociale per la tutela degli anziani e dei disoccupati e dei poveri, il finanziamento pubblico
della spesa sanitaria e maggiori investimenti nell’istruzione. Negli anni 70’ e 80’ a causa delle fasi di
stagflazione (un aumento generale dei prezzi insieme a una mancanza di crescita dell'economia in
termini reali) seguite alla crisi petrolifera hanno messo in discussione la capacità dello Stato di
sanare i fallimenti del mercato quindi a partire dagli anni 80’ si è affermata in Europa una tendenza
verso la privatizzazione (la trasformazione di imprese pubbliche in società private). Il ruolo
economico dello Stato in Europa rimane comunque in generale più ampio che negli Stati Uniti basti
pensare che in Francia e in Italia fino a poco tempo fa lo Stato partecipava a una serie di attività
economiche (produzione di automobili, di energia elettrica e di aeroplani).

,
CAP.2
LE RAGIONI DELL’INTERVENTO
PUBBLICO E L’EFFICIENZA DI
MERCATO
Affrontando lo studio della scienza delle finanze è naturale cercare di ordinare e classificare le
funzioni che lo Stato deve assolvere. Nell’opera “The Theory of the Public Finance” del 1959, R.
Musgrave propone di articolare l’attività finanziaria dello Stato in tre fondamentali funzioni:
allocazione, redistribuzione e stabilizzazione.

Allocazione
La funzione allocativa attribuisce allo Stato il compito di perseguire la migliore allocazione delle
risorse, intervenendo opportunamente laddove si verificano casi di fallimento del sistema di mercato,
correggendo le condizioni di funzionamento dei mercati qualora la libera concorrenza non si realizzi
pienamente. I casi nei quali si possono manifestare fallimenti del mercato sono i seguenti:
1. insufficiente concorrenza;
2. esternalità;
3. beni pubblici;
4. informazione asimmetrica (assenza di informazione perfetta).

Redistribuzione
La funzione redistributiva attribuisce allo Stato il compito di riequilibrare una distribuzione dei
redditi (e/o della ricchezza) ritenuta iniqua, attraverso il bilancio pubblico. La redistribuzione delle
risorse implica dei trasferimenti (positivi o negativi) tra i soggetti: es. sussidi, pensioni sociali,
trasferimenti alle famiglie povere ecc. (ma anche negativi es. imposte). L’intervento dello Stato è, in
questo caso, guidato da ragioni di equità. La redistribuzione attraverso le imposte hanno effetti
distorsivi modificando le scelte degli agenti economici, e gli effetti distorsivi saranno tanto maggiori
quanto maggiore è il grado di redistribuzione. Per questa ragione vi è un trade-off tra equità ed
efficienza

Stabilizzazione

La funzione di stabilizzazione regola il livello di produzione più vicino possibile a quello di massimo
impiego, garantendo un tasso di disoccupazione a livelli ragionevoli e il controllo dell'inflazione.
Tale funzione può essere svolta utilizzando sia le spese, che le imposte. La funzione di stabilizzazione
dello Stato ha a che fare con possibili fallimenti macroeconomici (anziché microeconomici) del
sistema di mercato, come invece accade per la funzione allocativa o redistributiva. Essa è la
conseguenza del problema della disoccupazione di massa dei primi anni Trenta del Novecento
(Grande Depressione).
Impostazione tradizionale vs. Public Choice

Impostazione Public Choice


tradizionale
Cos’è? E’ una visione del E’ una visione del
funzionamento di una Società funzionamento di una Società
in cui lo Stato è visto come in cui l’economia pubblica,
uno degli attori della società, quando ha messo a fuoco il
accanto agli attori economici, concetto di bene pubblico, è
produttori e consumatori: un stata stimolata ad interessarsi
attore che ha proprie finalità e dei meccanismi di formazione
obiettivi. della volontà politica
Lo Stato è visto come un attraverso i quali è possibile
benevolente pater familias,
comprendere modi alternativi
che ha come finalità il
al mercato per spiegare la
perseguimento del bene
comune, in nome e per conto produzione, l’offerta e il
del popolo. finanziamento di beni
pubblici. Il politico non ha
preferenze e obiettivi distinti
da quelli dei cittadini.

Esempio: Perché La ragione è da ricercarsi nella Il governo adotta quelle


volontà dello Stato di politiche non perché ispirato
esistono strumenti perseguire finalità di equità; dal principio di uguaglianza
ma perché essendo la
di sostegno distribuzione del reddito
economico dei asimmetrica (il numero di
soggetti con un reddito
cittadini poveri, inferiore alla media è
che non sono in superiore rispetto a coloro
hanno un reddito maggiore
grado di procurarsi della media) e, considerando
che in un sistema democratico
mezzi di ogni testa ha un voto, è più
sostentamento? facile che si formino
maggioranze elettorali e
quindi governi in cui sono
rappresentati gli interessi dei
più poveri;
La Teoria Positiva e la Teoria Normativa
Quando gli economisti descrivono il sistema economico ed elaborano modelli per descrivere come
l’economia cambierà o quali effetti produrranno politiche diverse, essi sono impegnati in analisi di
economia positiva. Quando, invece, cercano di valutare politiche alternative, soppesando benefici e
costi, stanno dedicandosi all’economia normativa.

“L'economia positiva cerca di spiegare cos'è l'economia, mentre l'economia normativa cerca di
indicare come dovrebbe essere”

È evidente che la Scienza delle Finanze può considerarsi una scienza sia positiva che normativa:
quando, infatti l’operatore economico “Stato” vuole effettuare delle scelte di un approccio
normativo, deve necessariamente analizzare prima e conoscere il fenomeno.

Quindi, la teoria normativa presuppone la teoria positiva.

Concettualmente però, negli studi di Scienza delle Finanze, è necessario tenere distinti i due aspetti.
La teoria normativa è anche detta Economia del Benessere, dove assumono un rilievo particolare i
concetti di: EFFICIENZA e di EQUITA’.

All’Economia del Benessere si affianca e si distingue dalla teoria dell’Equilibrio Economico


Generale, che definisce l’ottimo sociale: la quantità di beni da produrre e la distribuzione degli
stessi che massimizza il benessere collettivo.

Entrambe definiscono l’ottimo sociale (la quantità di beni da produrre e la distribuzione degli stessi
che massimizza il benessere collettivo)

Con riferimento all’ottimo sociale, l’economia del benessere attribuisce particolare valore al
principio dell’efficienza, noto anche come principio di Pareto, secondo il quale non è possibile
modificare una data allocazione delle risorse tra gli individui in modo tale da migliorare la
situazione di qualcuno senza peggiorare allo stesso tempo quella di qualcun altro.

Principio dell’efficienza paretiana


Affinché ci sia efficienza paretiana bisogna considerare tre aspetti diversi di efficienza:

1. efficienza nello scambio


2. efficienza nella produzione
3. efficienza nella composizione del prodotto
Efficienza nello scambio

L’efficienza nello scambio presuppone che i beni prodotti devono essere destinati ai consumatori
che attribuiscono ai beni il valore più elevato

Concetti fondamentali:

• Retta di bilancio: ammontare di reddito che un individuo può spendere per l’acquisto di
vari beni.
• Curve di indifferenza: individuano le combinazioni di beni rispetto alle quali l’individuo è
indifferente (o le combinazioni che garantiscono al consumatore lo stesso livello di utilità̀ ).
• Saggio marginale di sostituzione: è la
quantità̀ di bene a cui si è disposti a
rinunciare per ottenere una unità aggiuntiva
di un altro bene mantenendo costante
l'utilità̀ .
La condizione per l’efficienza nello
scambio è che l’SMS sia lo stesso per tutti
gli individui.

Fino a quando i SMS sono diversi c’è margine


per poter fare scambi vantaggiosi per entrambi.
Ciò che non viene consumato dall’individuo A
(Robinson) è consumato da B (Venerdì).
Mediante un diagramma a scatola
rappresentiamo tutte le possibili allocazioni,
dove l’asse orizzontale rappresenta l’offerta
totale del bene 1 (le arance) e quello verticale

l’offerta totale del bene 2 (le mele). Il


consumo di Robinson è misurato dal
vertice in basso a sinistra mentre quello
di Venerdì in alto a destra. Così, in
corrispondenza dell’allocazione
contraddistinta dal punto E, Robinson
consuma una quantità di arance pari a
AO e una quantità di mele pari a OB,
mentre Venerdì consuma le quantità
residue (B’O’ di mele e A’O’ di arance).
Inseriamo le curve di indifferenza
osservando come quelle di Venerdì siano
rovesciate rispetto a quelle di Robinson.
Tenendo fisso il livello di utilità di
Robinson (Uc), osserviamo come l’efficienza paretiana si ottiene quando anche il livello di utilità
di Venerdì è massimo. Ci chiediamo quindi quale curva di indifferenza di Venerdì sia più elevata
considerando fissa quella di Robinson (quando la curva di indifferenza di Venerdì è tangente a
quella di Robinson) ® punto E
In questo punto (E), i SMS tra mele e arance di Robinson e Venerdì sono uguali in quanto le curve
di indifferenza hanno la medesima inclinazione.
In altre parole, quando le curve di indifferenza di Robinson e Venerdì sono tangenti non sarà
possibile migliorare la situazione di Robinson senza peggiorare quella di Venerdì e viceversa.

Generalizzando ad N individui e M beni:

Efficienza nella produzione


L’efficienza nella Produzione presuppone che date le risorse di cui dispone una collettività, la
produzione di un bene non deve poter essere aumentata se non diminuendo quella di un altro bene.

Diciamo infatti che una allocazione dei fattori nella produzione di M beni è Pareto efficiente, se non
è possibile, riallocando i fattori, aumentare la produzione di un bene senza diminuire la produzione
di almeno un altro bene.

Concetti fondamentali:
• Retta di isocosto:
rappresenta le diverse
combinazioni dei fattori
produttivi (input) che
costano all’impresa lo stesso
ammontare
• Curve di isoquanto:
individuano le diverse
combinazioni degli input che
consentono di produrre la
stessa quantità di output
• Saggio marginale di
sostituzione tecnica: è la
quantità̀ di un’unità di
capitale necessario per
compensare la riduzione di
un’unità di lavoro impiegata,
in modo da mantenere
costante il livello di
produzione

Supponiamo che vengano prodotti i due beni di cui abbiamo già discusso (mele e arance), da due
imprese diverse. L'obiettivo, in questo caso, è allocare una quantità data di fattori produttivi
(capitale K e lavoro L) in modo da garantire l'efficienza nella produzione. Rappresentiamo la
quantità disponibile dei due fattori tramite un diagramma a scatola, con la quantità totale di terra a
disposizione misurata a lungo l'asse verticale è quella di lavoro lungo l'asse orizzontale.
Misuriamo gli input utilizzati nella produzione di arance a partire dal vertice in basso a sinistra. Nel
punto E, nella produzione di arance, sono utilizzate la quantità OB di terra e la quantità OA di
lavoro. Ciò significa che le quantità rimanenti degli input sono impiegate nella produzione di mele.
Misuriamo quindi gli input della produzione di mele a partire dal vertice in alto a destra. Nel punto
E nella produzione di mele si impiegano la quantità O’B’ di terra e quella O’A’ di lavoro.

Introduciamo adesso gli isoquanti: Q0 rappresenta un tipico isoquanto riferito alla produzione di
arance mentre Q1 alla produzione di mele.
L'efficienza nella produzione richiede che per ogni dato livello dell'output di arance l’output di mele
sia il massimo possibile. Se l'output di arance viene fissato a un livello corrispondente alla
isoquanto Q0 è chiaro che l’output di mele risulta massimo in corrispondenza dell' isoquanto
relativo alla produzione di mele tangente a Q0 .
Poiché stiamo producendo la quantità Q0 di arance, produrre Q1 di mele significherebbe lasciare
inutilizzata una parte delle risorse produttive a disposizione. Soltanto nel punto E tutte le risorse
sono utilizzate in modo efficiente. Nel punto di tangenza, l'inclinazione dei due isoquanti è la stessa:
il saggio marginale di sostituzione della terra per il lavoro nella produzione di mele coincide con lo
stesso saggio nella produzione di arance.
Se i SMST sono diversi, è possibile spostare risorse produttive così da ottenere una maggiore
produzione

Efficienza nella composizione del prodotto

L’Efficienza nella composizione del prodotto prevede che i diversi beni prodotti devono
corrispondere effettivamente a quelli desiderati dai consumatori
Per scegliere la migliore combinazione del bene a (arance) e del bene b (mele) da produrre, è
necessario considerare sia le possibilità della tecnologia sia le preferenze dei consumatori.
Date le tecniche di produzione, si può determinare, per ogni livello di output di mele, la quantità
massima di arance che è possibile produrre. Ciò da luogo alla curva delle possibilità di produzione.
Data questa curva, si vuole raggiungere il livello di utilità più elevato possibile.

Il grafico mostra la curva delle opportunità produttive ossia tutte le combinazioni di bene 1 e bene 2
che si possono ottenere data una determinata tecnologia e determinate risorse. E’ inclinata
negativamente poiché non è possibile aumentare la quantità del bene 1 senza ridurre quella del bene
2 e viceversa.
L’utilità risulta massima nel punto di tangenza della curva di indifferenza con la curva delle
possibilità produttive.
L’inclinazione della curva delle possibilità di produzione è Il saggio marginale di trasformazione: il
costo opportunità di un aumento della quantità prodotta del bene 2 in termini della diminuzione
della quantità prodotta del bene 1.

La frontiera delle opportunità produttive rappresenta le combinazioni dei due beni che possono
essere prodotte allocando in modo efficiente il capitale ed il lavoro.
Nel punto di tangenza E le inclinazioni delle curve di indifferenza e della curva delle possibilità
produttive coincidono. Il saggio marginale di sostituzione tra mele e arance coincide con il saggio
marginale di trasformazione.
In concorrenza perfetta il saggio marginale di trasformazione sarà uguale al prezzo relativo delle
mele in termini di arance.

• Nel punto di tangenza, il saggio marginale di trasformazione è uguale al prezzo


relativo di un bene in termini dell’altro à MRT =P /P y,x x y
• A loro volta, in concorrenza perfetta, anche i saggi marginali di sostituzione dei consumatori
coincideranno col rapporto tra i prezzi dei due beni à SMS=Px/Py
• Quindi in equilibrio il saggio marginale di sostituzione (dei consumatori)
eguaglia il saggio marginale di trasformazione (delle imprese) ed entrambi sono
uguali al rapporto tra i prezzi. à SMS= MRT = P /P y,x x y
• Il prezzo fotografa perfettamente sia le possibilità produttive del sistema economico, sia i
gusti e le esigenze dei consumatori.
• Perciò in una situazione ideale di concorrenza perfetta, tutte le tre condizioni richieste dal
principio di efficienza paretiana risultano soddisfatte.
• Il mercato funziona perfettamente, nel senso che, con informazioni tanto accurate e data la
razionalità degli agenti (consumatori e imprese) porterà da sé alla soddisfazione dei bisogni
di tutti.
I Teoremi di Economia del Benessere
- Il primo teorema afferma che: ogni sistema economico di concorrenza è efficiente in senso
paretiano.

- Il secondo teorema afferma che: qualsiasi allocazione delle risorse Pareto- efficiente può
essere ottenuta tramite il meccanismo di concorrenza perfetta, purché vengano redistribuite
adeguatamente le risorse iniziali.

Il secondo teorema, quindi, afferma che un'allocazione efficiente delle risorse in senso paretiano,
caratterizzata al tempo stesso dalla distribuzione desiderata del reddito, può essere ottenuta
mediante un meccanismo di mercato decentralizzato.

CAP.3
I FALLIMENTI DEL MERCATO

Diritti di proprietà ed esecuzione dei contratti


Affinché il meccanismo di mercato possa funzionare è necessario, tuttavia, che vi sia un potere
pubblico che definisce diritti di proprietà e garantisce l'esecuzione dei contratti. I diritti di
proprietà sono importanti perché nel caso in cui non siano ben definiti, come nel regime comunista,
disincentivano i cittadini nel mantenimento o nel miglioramento delle proprietà. Garantire
l’esecuzione dei contratti invece è fondamentale per assicurare la veridicità e il rispetto
dell’impegno preso infatti se non vi fosse chi garantisce che il contratto verrà̀ fatto rispettare
nessuno sarebbe disposto a dare denaro in prestito.

Le attività dello Stato dirette a tutelare i cittadini e la proprietà, a garantire il rispetto dei
contratti e a definire i diritti di proprietà possono essere considerate come attività fondamentali
su cui poggia il funzionamento di tutte le economie di mercato

La “tragedia” dei beni comuni


I beni comuni sono caratterizzati da:
• un moderato livello di escludibilità, ovvero dalla difficoltà per un individuo di escluderne
un altro dalla fruizione dello stesso bene;

• un elevato livello di sottraibilità, dalla circostanza, cioè, che il loro consumo da parte di
una persona riduce le possibilità di consumo delle altre persone.

Tra i più noti esempi di beni comuni i testi di economia citano i pascoli, i boschi, le aree di pesca e
di caccia.
Il problema dello sfruttamento dei beni comuni (in inglese, commons) fu introdotto dall’economista
britannico William Foster Lloyd in un ciclo di lezioni poi pubblicate in un saggio dal titolo Two
Lectures on the Checks to Population (1833). Lloyd osserva come i pascoli aperti a tutti (cioè quelli
sui quali non grava alcun diritto di proprietà) si deteriorino molto di più e più rapidamente di quelli
posseduti da privati; ogni pastore, infatti, razionalmente mosso dal proprio interesse personale,
riceve un beneficio immediato portando al pascolo un capo ulteriore del proprio gregge, mentre i
costi del deterioramento causato dall’incremento del numero di animali nutriti viene distribuito fra
tutti i pastori che condividono la risorsa comune.

Il funzionamento del meccanismo della mano invisibile descritto da Adam Smith, secondo il quale
il perseguimento dell’interesse personale genererebbe indirettamente il benessere collettivo in
questo caso non è perseguibile. Secondo Hardin, in ogni società ci sono individui egoisti che
sfruttano la risorsa comune traendone il massimo beneficio personale (i cosiddetti free- riders)
senza curarsi di chi altruisticamente si preoccupa di preservarla.

Possibili soluzioni

1. La soluzione offerta da Hardin alla “tragedia” dei commons è, pertanto, quella del
Leviatano: prevedere un’autorità pubblica (lo Stato) che, attraverso divieti e
sanzioni, provveda alla loro salvaguardia.

2. Muovendo da questa riflessione, altri autori ipotizzano che il dilemma dello


sfruttamento del bene comune possa essere risolto per mezzo della privatizzazione
del bene, ovvero attraverso l’assegnazione di un diritto di proprietà privata, che
attribuisca al titolare l’uso esclusivo della risorsa e la facoltà di impiegare strumenti
coercitivi a tutela di un eventuale abuso da parte di terzi.

Sia l’ipotesi dello Stato, sia quella del mercato sembrano poco efficienti. La prima richiede che
l’autorità competente possieda informazioni precise e puntuali sullo stato del bene, elevate capacità
di monitoraggio dello stesso e la possibilità di sanzionare gli eventuali trasgressori, a fronte di
contenuti costi amministrativi. La seconda ipotesi (la privatizzazione) non esclude una gestione
irresponsabile del bene da parte del proprietario, che potrebbe deciderne la totale distruzione se le
aspettative di guadagno fossero maggiori rispetto a quelle garantite da una gestione responsabile
della risorsa.

3. Elinor Ostrom, premio Nobel per l’Economia nel 2009, avanza un’ulteriore
proposta: un’autogestione cooperativa delle risorse naturali comuni. Cioè un
accordo sulla base di precise regole di comportamento che i membri della comunità
conoscono e rispettano e/o istituzioni già consolidate sul territorio derivanti dal
diritto consuetudinario, cui la comunità affida la gestione del bene.

Per ammissione dell’autrice stessa, la soluzione comunitaria è realizzabile solo in presenza di un


adeguato livello di conoscenza personale, fiducia reciproca e capacità di comunicazione tra i
membri della comunità. Essa, inoltre, prevede il riconoscimento del diritto a organizzarsi, ovvero
l’assoluta non interferenza da parte di autorità esterne come lo Stato.
Fallimenti di mercato
Vi sono però importanti situazioni in cui il mercato non è Pareto-Efficiente: i Fallimenti di
Mercato. In queste situazioni vi è una giustificazione per l’intervento pubblico nell’economia.

È fondamentale identificare le diverse forme di fallimento del mercato per comprendere in quali
casi l’intervento pubblico può rivelarsi una soluzione appropriata.

Le cause di fallimento del mercato possono essere ricondotte a 6 categorie:

1. Beni pubblici
2. Esternalità
3. Mercati incompleti
4. Informazione imperfetta
5. Disoccupazione e altri problemi macroeconomici
6. Concorrenza imperfetta

Beni pubblici
Sono beni che il mercato privato non offre per nulla o in quantità insufficiente. I beni pubblici non
possono essere prodotti dai privati perché è impossibile stabilire un loro prezzo a causa del
comportamento opportunistico da parte degli individui (free riding). Il bene pubblico non è tale
perché prodotto dallo Stato, ma al contrario è prodotto dallo Stato perché è pubblico.

I beni pubblici puri presentano due proprietà fondamentali:

1. Non rivalità nel consumo: il consumo di un bene da parte di un individuo non modifica la
possibilità che un altro consumi quel bene. Formalmente il costo marginale derivante dalla
fruizione del bene da parte di un individuo addizionale e uguale a zero (il costo di un faro
non dipende dal numero di navi che vi passano accanto, difendere un paese di un mln di
abitanti...)

2. Non escludibilità: gli individui non possono negare gli uni agli altri l’opportunità di
consumare un bene. Se costruisco un faro in un canale per consentire una navigazione sicura
alle mie imbarcazioni mi è difficile, o impossibile impedire alle altre navi che entrano nel
canale di usufruire del faro

Il mercato o non offrirà o offrirà in quantità insufficiente un bene pubblico puro.


Le esternalità
I soggetti, effettuando le loro scelte di consumo o di produzione, provocano un danno (esternalità
negative o diseconomie esterne) o un vantaggio (esternalità positive o economie esterne) ad altri
soggetti

Esempio esternalità negativa: un impianto chimico che scarica i suoi prodotti in un vicino corso
d’acqua impone costi agli utilizzatori dell’acqua a valle. Questi ultimi possono dover spendere
somme considerevoli di denaro per depurare l’acqua al fine di poterla utilizzare.

Esempio esternalità positiva: se creo un meraviglioso giardino fiorito davanti alla mia casa i vicini
potranno beneficiare della possibilità di ammirarlo.

Mercati incompleti
Beni e servizi pubblici puri non sono i soli beni e servizi che i mercati privati non riesco a fornire in
misura adeguata.
Ogniqualvolta i mercati privati non offrono un bene o un servizio, pur essendo il suo costo di
produzione inferiore al prezzo che i consumatori sarebbero disposti a pagare, si ha un’insufficienza
del mercato che viene indicata come mercati incompleti.

Un esempio di mercato imperfetto, soggetto di una vasta ricerca teorica, è il mercato assicurativo.
Negli Stati Uniti, prima dell'introduzione negli anni ‘60 del programma Medicare (il programma
americano di assicurazione sanitaria per gli anziani) per molti anziani era difficile trovare
un'assicurazione sanitaria privata. Il settore pubblico ha assunto un ruolo attivo non solo nel
correggere le carenze dei mercati del rischio, ma anche nel contrastare gli effetti di imperfezioni del
mercato dei capitali.

Le ragioni per cui mercati delle assicurazioni e dei capitali sono imperfetti sono stato oggetto nel
corso degli ultimi 40 anni di una vasta ricerca teorica.
3 sono le spiegazioni che sono state avanzate:

1. Innovazione: vi sono anche innovazioni nel funzionamento dell'economia: creazione di


nuovi mercati, tra cui l'invenzione di nuovi strumenti finanziari e di nuovi tipi di polizze
assicurative. Tuttavia, c'è spesso un'offerta carente di innovazione, il che spiega perché vi
sia un importante ruolo pubblico nella ricerca.
2. Costi di transizione: È costoso far funzionare i mercati, garantire l'esecuzione dei contratti
e introdurre nuovi tipi di polizze assicurative. Una compagnia di assicurazione potrebbe non
essere propensa ad assumersi il rischio di disegnare un nuovo tipo di polizza se non è certa
che qualcuno poi l'acquisterà̀ .
3. Informazione asimmetrica: Una compagnia assicurativa è spesso meno informata sulla
natura del rischio rispetto a chi sottoscrive la polizza. Quando in una relazione contrattuale
le due parti non dispongono in egual misura di questo tipo di informazione c'è asimmetria
informativa.
Informazione imperfetta
Diverse attività pubbliche solo motivate dall’imperfetta informazione a disposizione dei
consumatori e dalla convinzione che il mercato, di per sé, fornisca poca informazione.
Rientrano in questa categoria le norme sulla trasparenza delle condizioni praticate dalle banche ai
loro clienti, quelle che impongono l'indicazione degli ingredienti di prodotti alimentari, farmaceutici
e così via.

Disoccupazione e altri problemi macroeconomici


I sintomi più ampiamente riconosciuti di fallimento del mercato sono forse gli episodi periodici di
elevata disoccupazione, sia da parte dei lavoratori sia degli impianti industriali, che hanno afflitto le
economie capitalistiche nel corso degli ultimi due secoli.
La maggior parte degli economisti considera elevati livelli di disoccupazione come prova che
qualcosa non funziona bene nel mercato.
Per alcuni economisti, l’elevata disoccupazione è, anzi, la prova più drammatica e convincente del
fallimento del mercato.

Concorrenza imperfetta
Perché il funzionamento dei mercati assicuri un risultato efficiente in senso paretiano, è necessario
che vi sia concorrenza perfetta: il numero di imprese deve essere abbastanza elevato da impedire a
ciascuna di influenzare il prezzo. Questo requisito implica infatti che il singolo agente economico
non sia in grado di modificare il prezzo, se così non fosse ci troveremo in presenza di monopolio.
Questa forma di mercato è caratterizzata dalla presenza di una sola impresa senza concorrenti che
risulta essere in grado di influenzare il prezzo del proprio prodotto. In concorrenza perfetta, le
imprese fissano l’output al livello Pareto- efficiente, in corrispondenza del quale il costo marginale
di produzione è uguale al prezzo(esogeno). I monopolisti hanno potere di mercato, cioè fanno
pagare prezzi più elevati per i propri prodotti, e gli acquirenti in regime di monopolio non avranno
altra alternativa che pagare il prezzo fissato dal monopolista. Il prezzo, quindi, è endogeno.
Il monopolio puro è raro, ma ciò non toglie che un piccolo numero di imprese potrebbe avere
“potere monopolistico” (o più in generale “potere di mercato”. Per potere di mercato si intende
quella situazione in cui l’azione di un determinato operatore economico, di solito un’impresa, può
influenzare la determinazione del prezzo di equilibrio.

P e Q non sono indipendenti


questo significa che il
monopolista non è in grado di
scegliere contemporaneamente
sia il prezzo di mercato che la
quantità di output da produrre.

Il monopolista sceglie la quantità


ottimale Q* sulla base della
condizione RM=CM
Il prezzo di equilibrio è determinato invece dalla curva di domanda del mercato

L’impresa concorrenziale sceglie la quantità ottimale Q* sulla base della condizione


P=CM

Il ricavo marginale esprime di quanto varia il ricavo totale al variare dell’output prodotto.

Se il monopolista si trova di fronte una curva di domanda lineare:

p(y)=a-by

La funzione del ricavo sarà:

RT(y)=p(y)y=ay-by2

La funzione del ricavo marginale sarà:

MR(y)=a-2by

Come si può notare, il ricavo marginale avrà la stessa intercetta verticale a della funzione di
domanda ma due volte più ripida

L’intersezione della curva del


ricavo marginale con il costo
marginale determina la quantità
(Qi) che massimizza il profitto
per il monopolista.

Il monopolio, tuttavia, genera un


equilibrio inefficiente:
il prezzo applicato (Pi) è
maggiore di quello applicato in
regime concorrenziale (Pc) e la
quantità di equilibrio (Qi) è
inferiore.

Questo genera una perdita di


benessere rappresentata dall’area
triangolare rossa.

Questa area misura la differenza tra i prezzi che i consumatori sarebbero disposti a pagare per le
unità aggiuntive e i prezzi a cui le imprese concorrenziali sarebbero disposte a produrla.

Il confronto tra queste due forme di mercato è fondamentale per capire il motivo per cui una
struttura monopolistica dei mercati non realizza un uso efficiente delle
risorse economiche
Dal confronto del punto di equilibrio C per la concorrenza con il punto A per il monopolista, si può
notare come emergano le seguenti conclusioni:

Pm>Pc=CM
Qm<Qc

La quantità prodotta in regime di monopolio è inferiore alla quantità prodotta in regime di


concorrenza (che corrisponde ad un profitto nullo). Da ciò deriva una perdita di benessere

Risultati
In un regime di monopolio, i consumatori stanno quindi peggio, rispetto al caso alternativo che
prevede un regime concorrenziale in quanto pagano un prezzo più elevato ed hanno a disposizione
una quantità inferiore di beni per il consumo.
Evidentemente il monopolista sta meglio in quanto ha la possibilità di avere extraprofitti, a
differenza dell’impresa concorrenziale che produce a profitto zero.

Conseguenze
1. Per i consumatori: un uso inefficiente delle risorse esistenti. Il livello efficiente di
produzione è quello in corrispondenza del quale la disponibilità a pagare un’unità
addizionale di output è uguale al costo necessario per produrla.

2. A livello collettivo: perdita netta di benessere sociale, nonostante le compensazioni.

Il monopolio non rappresenta una situazione pareto-efficiente perché esiste la possibilità di una
nuova allocazione delle risorse dell’economia cha avvantaggi sia il
monopolista che i consumatori.

Un esempio di monopolio
Quando la Microsoft progettò Windows chiese e ottenne un diritto esclusivo (copyright) su di esso.
Il copyright conferisce alla Microsoft un diritto esclusivo alla produzione e alla vendita di copie del
sistema operativo Windows. La Microsoft ha quindi il monopolio di Windows. In questo caso
Microsoft è un Price Maker. Sebbene il monopolista abbia potere di mercato, ossia abbia la capacità
di determinare il prezzo del bene che produce, le sue possibilità di profitto non sono illimitate. Dato
un certo prezzo, potrà vendere solo la quantità di output che il mercato è disposto ad acquistare: se
si fissa un prezzo molto elevato sarà in grado di vendere solo una piccola quantità di output. La
domanda dei consumatori pone un vincolo alla scelta di prezzo e della quantità da parte del
monopolista.

La politica della concorrenza si fonda sulla convinzione che le condizioni di monopolio non siano
auspicabili.Il monopolio, infatti, genera di consueto inefficienze. Ciò è corroborato dalla
circostanza, riscontrabile in molteplici casi, che il monopolista con una struttura dei costi
inefficiente non solo tende a fissare prezzi troppo elevati, ma anche ad innovare troppo poco poiché,
non essendo insidiato dalla concorrenza, ha ridotti incentivi ad investire in R&D per adottare le
tecnologie più efficienti.
Un’ impresa è monopolista quando è l’unico venditore di un prodotto per il quale non esistono
sostituti.
La causa fondamentale del monopolio sono le barriere all’entrata:

1. Controllo di una risorsa o input scarso: È il caso del monopolio di diamanti di un gruppo
di produttori di diamanti denominato De Beers, che detiene il 100% delle quote di mercato
ed è quindi in grado di poter esercitare potere di mercato.

2. Superiorità tecnologica: Vi è superiorità tecnologica quando un’unica impresa detiene il


diritto esclusivo di produrre un bene. (microsoft con windows)

3. Barriere create da interventi dello Stato: Ad esempio i Brevetti, cioè titoli giuridici che
conferisce all’autore di un’invenzione il monopolio temporaneo di sfruttamento
dell’invenzione stessa, ossia il diritto di escludere terzi dall’attuare l’invenzione e dal trarvi
profitto. Rappresenta un monopolio legale, limitato territorialmente e temporalmente.

4. Economie di scala: questo è il caso del monopolio naturale.

La struttura dei costi di produzione rende la singola impresa più efficiente di una
molteplicità di produttori. Più esattamente, un monopolio naturale tende a formarsi allorché
il costo di fornire una data quantità da parte di una sola impresa è inferiore alla somma dei
costi che potrebbero sopportare imprese di dimensioni minori, ciascuna delle quali
contribuisce solo parzialmente all’offerta complessiva. La situazione sopra descritta è nota
come sub additività dei costi

Si verifica generalmente quando i costi fissi sono molto elevati. Esempi tipici sono la
fornitura di servizi a rete: acqua, gas, elettricità, ma anche trasporti.

Costi medi decrescenti = condizione


solo sufficiente per l’esistenza del
monopolio.
Nella figura sono rappresentate la curva
del costo medio e la curva di domanda
per un monopolio naturale. Dato che il
costo medio di produzione diminuisce
all'aumentare della quantità prodotta è
efficiente avere una sola impresa.
La massima produzione sostenibile è Q1
che corrisponde all'intersezione della
curva di domanda con la curva di costo
medio. Se l’impresa fissasse il prezzo
uguale al costo marginale produrre in
perdita dato che il costo marginale è
inferiore al costo medio quando il costo
medio ha un andamento decrescente.
Rendimenti di scala crescenti
La presenza di RSC significa che se si aumenta l’input di tutti i fattori produttivi, ad esempio lavoro
e capitale, nella stessa proporzione, l’output aumenta in misura più che proporzionale. In un caso
del genere, l’efficienza economica richiede che il numero di imprese operanti nel settore sia
limitato. Un buon esempio è l’erogazione di acqua. Il costo maggiore in questo caso è rappresentato
dalla rete delle tubature idriche. Una volta installate le tubature,
i costi aggiuntivi associati all’erogazione di acqua a un individuo addizionale sono relativamente
insignificanti. Sarebbe chiaramente inefficiente avere due reti idriche, una a fianco all’altra, dove la
prima servisse un edificio e la seconda a quello accanto. Lo stesso discorso vale per l’elettricità, il
gas naturale, la fibra ottica.

Sub-additività dei costi


Una funzione di costo è subadditiva quando dato un certo livello produttivo il costo totale è
inferiore quando la produzione è collocata presso una sola impresa rispetto alla ripartizione della
stessa quantità presso due o più imprese

Costo delle imprese mono-prodotto:

Se C(y) rappresenta il costo dell’impresa di grandi dimensioni e C(yi) i costi delle


imprese più piccole, si avrà:

Quando, il costo di fornire una data quantità di output da parte di una sola impresa è inferiore alla
somma dei costi che potrebbero sopportare due o più imprese di dimensioni minori per fornire
complessivamente la stessa quantità.

Come deve intervenire lo stato?


In presenza di monopolio naturale non si devono attuare politiche per aumentare la concorrenza
perché l’offerta da parte di una sola impresa risulta la soluzione più efficiente.
L’intervento pubblico deve pertanto impedire l’entrata inefficiente e promuovere un’adeguata
offerta.

Il regolatore può adottare due soluzioni:

1. Il prezzo politico: fissare il prezzo pari al costo marginale (First Best)


• Si utilizzano forme di imposte in somma fissa a carico della fiscalità generale, per
loro natura sono non distorsive.

• Tali imposte coprono la perdita adcP*.

•Tale soluzione presenta tuttavia alcune difficoltà relative alla concreta applicabilità di un’imposta
di questo tipo, oltre che un problema di equità, in quanto tutti i contribuenti devono provvedere alla
copertura del disavanzo, mentre il servizio viene utilizzato solo da una parte di essi.

•Data l’impraticabilità della soluzione di first-best dell’imposta in somma fissa, sono state elaborate
alcune soluzioni di second-best.
2. Il prezzo pubblico: fissare il prezzo pari al costo medio totale (Second Best)

• Si fissa il prezzo in misura pari al costo medio (P=CM)


• Il livello di produzione ottima diventa pari a P=Costo medio. Così facendo, si garantisce la
copertura dei costi, generando tuttavia una perdita misurata dall’area in rosso
• Tale perdita risulta inferiore rispetto a quella che si sarebbe verificata nell’ipotesi di
monopolio privato (area in grigio)

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