INTRODUZIONE
relativo non si può fare a meno di pensare a quanto questo sia legato alle
L’analisi delle politiche del lavoro, all’interno del più ampio dibattito
di natura «sociale»: problemi ed obiettivi che hanno a che fare, in senso lato,
dirette a definire quelle regole e gli standard per distribuire al meglio alcune
«garantite» dallo Stato. All’interno dello Stato moderno queste regole sono
quelle di diritto del lavoro, vi sono una pluralità di attori pubblici e non
pubblici.
I
Introduzione
attingono i redditi, alla sfera della famiglia e a quella delle c.d. associazioni
dalle posizioni che si occupano nel campo del lavoro, all’interno delle reti
regolarizzare posizioni che nel tempo si erano andate sempre più delineando
come posizioni impari di forza e oggetto ponendo il cittadino non più come
più assunto posizioni rilevanti per garantire la tutela dei principali rischi e
è intervenuto più volte per attuare quelle «politiche del lavoro» rivolte alla
II
Introduzione
sono:
lavoro tra datore e lavoratori; per fornire le norme sulla sicurezza e sulla
salute sul posto di lavoro oltre che per evitare qualsiasi tipo di
di tutela del reddito dei disoccupati. Tali misure si basano su tre pilastri
III
Introduzione
sono mostrati, purtroppo, carenti negli anni e nel nostro Stato, a differenza
della stragrande maggioranza degli Stati aderenti alla U.E., non ci sono delle
anni per garantire alle famiglie, importanti cardini del mercato interno, un
Dal punto di vista storico questi edifici di indirizzo sono nati in periodi
diversi. Mentre le indennità assicurative sono state prese a cura tra i primi
dieci anni del ‘900 e gli anni ’50 con una prima fase di finanziamento
pubblico a fondi sindacali volontari, dopo le crisi degli anni ’30 e del
secondo dopoguerra molti Paesi furono spinti a creare delle forme di tutela
IV
Introduzione
facile ha portato a una profonda crisi dei mercati alimentata anche dalla
assicurare prezzi più bassi dovuti ad una manodopera a più basso costo.
Sebbene la Costituzione italiana fonda sul lavoro e sulla tutela dei lavoratori
molto del suo impianto, gli operatori hanno saputo spostare sul mercato del
lavoro e sul costo di esercizio della manodopera molte delle cause della crisi
lavoratori.
Nel nostro Paese, il dibattito sulla flessibilità del lavoro, o come sarebbe
V
Introduzione
rappresentato dalla riforma sul mercato del lavoro lanciata con il Jobs Act1
non solo a livello pratico, ma anche in relazione al contesto sociale nel quale
1
Il nome deriva dall’acronimo di “Jumpstart Our Business Startups Act” : una legge
statunitense promulgata nel 2012 sotto la Presidenza di Barack Obama a favore delle
medie imprese per aiutarle nel momento di crisi. Il provvedimento in Italia ha assunto una
forma diversa in quanto sembra quasi il biglietto da visita che l’attuale Premier Renzi ha
voluto portare in eredità quando durante la Presidenza del Consiglio di Letta si era speso
come avere la soluzione per l’annosa questione della regolamentazione del Lavoro anche
e soprattutto in forza della crisi che si sarebbe aperta a breve con il riconoscimento di
anticostituzionalità della Legge Fornero così invisa alla popolazione. In realtà non esiste
una legge o una norma che rechi questo nome ma essa rappresenta un insieme di decreti
legislativi varati tra il 2014 e il 2015. Il Jobs Act prevede un contratto unico a tutele
crescenti ma non solo. Una serie di semplificazioni normative sulle regole esistenti e di
riforme delle rappresentazioni sindacali dovrebbero, in pratica, consentire una più facile
applicazione del decreto che ha ricevuto molte critiche proprio da queste ultime per
l’abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Quindi vale la pena precisare che “Il
contratto di lavoro a tutele crescenti” è solo una parte del complesso di riforme che
l’attuale Governo sta attuando in realizzazione del disegno europeo di flexecurity e con il
plauso della BCE e degli investitori di mercato.
VI
Introduzione
nazione. Per queste ragioni, distinguere il vero dal falso ovvero il flessibile
in qualunque altra scienza sociale che non voglia rinunciare a definirsi tale.
crescenti e proprio per questa ragione in questo lavoro di tesi, dopo aver
materia del diritto del lavoro nel periodo di crisi per finire nel terzo capitolo
VII
CAPITOLO PRIMO
CAPITOLO PRIMO
IL DIRITTO DEL LAVORO DALLE ORIGINI ALLO STATUTO DEI LAVORATORI
SOMMARIO:
1.1.Cenni introduttivi - 1.2. Le origini del Diritto del Lavoro: la tutela del lavoratore.
- 1.3. Il Corporativismo Fascista - 1.4. La questione dell’art. 39 della Costituzione
Repubblicana. - 1.5. Dalla Costituzione alla Legge 20 maggio 1970 n. 300
Il diritto del lavoro è strumento con cui il legislatore, e con esso la politica
suo connaturale muoversi all’interno dei mercati sempre più soggetto e non
degli ultimi anni vista la rispondenza più ad esigenze esterne allo Stato e più
prognostica del dato reale il più accurata e non ideologica possibile, per
-1-
CAPITOLO PRIMO
numerose altre branche del diritto ma quel che rende speciale il diritto del
Non si può ignorare come l’approccio legislativo sia così mutato negli
economico e sociologico una anche per il dato storico in modo da avere ben
della normativa.
diritto del lavoro è necessariamente una indagine della ratio, dello scopo
profondo dello stesso diritto del lavoro concepito oggi come un diritto che
-2-
CAPITOLO PRIMO
perenne in forme più a passo coi tempi e sempre in nome di quella flexicurity
che in altri Paesi europei funziona bene per dare impulso all’occupazione.
Senza entrare nel merito e senza, per ora, precisarne i motivi, si può, secondo
1
Atti del convegno “Verso fondata sul lavoro. Lavoro e ricerca: nuovi studi per un lavoro
che cambia”, 21 giugno 2012, Comune di Milano, Viale D’Annunzio 15
-3-
CAPITOLO PRIMO
Poletti e i vari decreti legislativi seguiti tra i quali gli ultimi 150 e 151 del 14
concreto mezzo per accedere, senza il contrasto dell’art. 18 dello Statuto dei
costo del lavoro che è stato ritenuto responsabile principale della crisi al
-4-
CAPITOLO PRIMO
ello Stato con la prima industrializzazione a cavallo del ‘500 e del ‘600,
riconoscono nella Poor Law inglese come risposta ai problemi sociali portati
dell’urbanizzazione e dell’emigrazione.
alle esigenze di vedove, orfani e di tutti quelli che per vari motivi mancano
diretto dello Stato. Gli Stati interessati a questo cambiamento radicale nel
modo di intendere la Società furono quelli che potevano contare sui sovrani
Società. L’acuirsi del conflitto sociale tra proletariato e borghesia della fine
-5-
CAPITOLO PRIMO
dell’Ottocento fa il resto. Questo vale per l’Europa e per tutti quegli Stati
competenza di questi Stati ma non poteva valere per l’Italia che era ancora
tutt’altro che illuminati. In questo risiede anche il naturale ritardo dello Stato
In Italia, quindi, il diritto del lavoro ha avuto una nascita tardiva rispetto
a tutti gli altri Paesi e fino alla Costituzione Repubblicana, in realtà in molte
parti incentrata proprio sul lavoro, si potevano trovare solo piccoli accenni
piani, alla parte più debole del rapporto di lavoro, che nel contratto classico
è costituita dal lavoratore nei confronti del datore, o ad altri soggetti ritenuti
meritevoli di protezione.
alla contrattazione collettiva, allo sciopero e alla serrata. Il diritto del lavoro
-6-
CAPITOLO PRIMO
sociali obbligatorie.
Le prime concretizzazioni del diritto del lavoro si ebbero, come detto, nel
industriale, Rivoluzione che avvenne in Gran Bretagna già verso la metà del
‘700 e che poi interessò, con notevoli scarti di tempo, gli altri paesi europei,
la maggior parte del mercato del lavoro all’interno degli opifici o nelle
creo una classe nuova di soggetti, il proletariato, che aveva come unica
regolasse, però, questo tipo di rapporto si tradusse quasi sempre in una sorta
-7-
CAPITOLO PRIMO
lavori delle c.d. mezze forze, cioè di donne e bambini anche in tenera età. In
fascio unitario avevano più forza per imporre condizioni più eque nel lavoro
con l’uso della forza. L’obiettivo dei lavoratori era raggiungere un contratto
era comunque non diffusa e gli episodi di lotta, di norma, erano occasionali
-8-
CAPITOLO PRIMO
risultato raggiunto.
non consentiva di avere contratti collettivi dello stesso tipo persino in una
stessa impresa ( basta considerare che, per esempio, nei cantieri navali, che
problema, ognora presente con varia intensità, dei rapporti tra sindacalismo
varietà delle sue scuole, spesso molto divergenti e poi confluenti nella
2
PERA,G. Diritto del Lavoro ED. GIUFFRÈ
-9-
CAPITOLO PRIMO
nel 1891), dei postulati della scuola cristiano-sociale, per superare gli
alla gestione di impresa. Nel primo decennio dopo l’unità, nel primo
- 10 -
CAPITOLO PRIMO
stesse mani).
forma liberale dello Stato in cui si riteneva che fosse compito di questi solo
quindi i contrasti derivanti dalla lotta sociale erano visti come motivi di
pensare gli stessi sindacati come illegali. Questo era il risultato del suffragio
limitato da censo e cultura che vedeva partecipare alla vita politica solo una
sconfinavano nel diritto penale. Le norme furono dettate da vari testi unici
ancor oggi il diritto del lavoro, appunto in ragione delle finalità di tutela
perseguite.
- 11 -
CAPITOLO PRIMO
cominciò a pensare che la loro presenza poteva essere un buon viatico per
che esso produceva. Giuristi ritenevano da un lato che lo sciopero, pur non
risolutoria.
sindacalismo avvenne nel 1889 col nuovo codice penale ZANARDELLI nel
Concretamente questo però non ebbe risultanze in quanto a seguito dei moti
in Sicilia del 1892 e della Lunigiana del 1894 e di Milano nel 1898 lo Stato,
- 12 -
CAPITOLO PRIMO
3
In Italia i Probiviri per la conciliazione delle controversie sorte tra imprenditori, operai ed
apprendisti nell’esercizio delle industrie furono istituiti con la Legge n. 295 del 15
giugno 1893.
4
Anche in quella società ai primordi del lavoro industriale in Italia era prevista una forma
di lavoro atipico che è l’obiettivo principale dello studio di questa Tesi. La modifica
profonda del sistema economico e sociale esistente, fino a quel momento fondato
prettamente su attività agricole e di allevamento di una società prettamente rurale
comportò una attenzione diversa verso la società operaia che si andava formando e si
sviluppò, così, la consuetudine di consentire al datore di lavoro, dotato di potere sovrano
sui propri dipendenti, di introdurre nel contratto di lavoro sottoscritto con gli operai di
volta in volta assunti, un periodo di prova colto a saggiarne le capacità e le energie
lavorative.
5
Pera G. op. cit.
- 13 -
CAPITOLO PRIMO
all’epoca il lavoro subordinato era regolamentato solo sulla base del nostro
codice civile del 1865 e quindi rientrava nello schema della locatio
scolarizzazione, era vigente nel panorama degli istituti lavorativi, l’uso del
ha per oggetto cose e opere” (art. 1568 cod. civ. 1865) e tenendo fede
all’ambiente liberale del tardo ottocento in cui il diritto del lavoro era
concepito come parte del diritto civile così recante di una disciplina che
6
L’art. 1570 del codice civile del 1865 definiva la locazione delle opere come contratto per
cui una delle parti si obbligava a fare per l’altra una cosa mediante la pattuita mercede.
7
Tale disposizione era poi ulteriormente precisata dall’art. 1627, il quale specificava come
“vi sono tre principali specie di locazione di opere e d’industria: 1- quella per cui le
persone obbligano la propria opera all’altrui servizio; 2- quella de’ vetturini sì per
terra come per acqua, che s’incaricano del trasporto delle persone o delle cose; 3-
quella degli imprenditori di opere ad appalto o cottimo”.
- 14 -
CAPITOLO PRIMO
scritta nell’art. 1628 e dal divieto ad una tipologia di lavoro che oggi
La ratio della norma era contestuale al periodo storico in cui viene scritta
quando era ancora ben vivo il ricordo della servitù inconciliabile con il
totale di stampo liberale per dettare una prima disciplina di tutela che
che andava a normalizzare una situazione che si era andata creando nel
8
La lettera della legge era infatti chiarissima nel sancire che “nessuno può obbligare la
propria opera all’altrui servizio che a tempo, o per una determinata impresa” (art. 1628
cod. civ. 1865).
- 15 -
CAPITOLO PRIMO
era però già iniziato e si consoliderà, poi, nel corso del secondo decennio del
matrice fascista.
cominciarono a porre le basi di un nuovo diritto tanto che a partire dal 1904
parti sociali, allo studio e alla promozione della causa del lavoro.
operaio come già in Germania accadeva per le leggi sul lavoro industriale
nelle quali si era riservata una sezione speciale agli impiegati e agli agenti
tecnici9.
9
Indicazioni si possono trovare in I.MODICA, “Il contratto di lavoro nella scienza del diritto
civile e nella legislazione. Studio storico-critico-comparato”, Reber, Palermo 1897, p.
169 ss. È una delle prime monografie della materia con ampiezza nella trattazione e con
approccio storico-sociale corroborato da riferimenti enciclopedici cui non fa riscontro
un’attenta e rigorosa trattazione giuridica.
- 16 -
CAPITOLO PRIMO
anonime, che si erano sviluppate in quegli anni nel settore dei servizi,
questo punto non c’erano grosse differenze tra tale disciplina e quella che si
10
ALESSANDRO GARILLI, “«Il contratto di lavoro» e il rapporto di impiego privato nella
teoria di L. Barassi”, in “La Nascita del diritto del Lavoro - «il contratto di lavoro» di
Lodovico Barassi cent’anni dopo” a cura di Mario Napoli, V&P Università.
11
BARASSI, “Il contratto di lavoro”, II, p.830 ss.
- 17 -
CAPITOLO PRIMO
Dalla Legge venivano esclusi gli impiegati dello Stato, dei Comuni e
delle Province visto la natura del loro rapporto di Lavoro misto tra il Diritto
12
Decreto Luogoten. n. 112 del 9 Febbraio 1919 abrogato poi dalla Legge 1825 del 13
Novembre 1924.
- 18 -
CAPITOLO PRIMO
condivisa anche dalla Carta del Lavoro degli anni 1926 e 1927.
Il principio formale della parità tra i contraenti (e della loro piena libertà
tenere conto della disparità sostanziale tra le parti nel contratto di lavoro sia
Nel regime corporativo allora vigente, questa peculiarità non venne fatta
della realtà diversa dell’impresa che deve ritenersi dotata di propri interessi
Ciò che capita è che, mentre in Germania tale interpretazione porterà nei
in Italia questa lettura verrà fagocitata dal Regime fascista che assoggetta la
- 19 -
CAPITOLO PRIMO
conflitto (lo sciopero ridiviene reato con l’approvazione del c.d. “Codice
- 20 -
CAPITOLO PRIMO
corporativismo nel ritenere che questo movimento - nato da una costola del
élite - abbia poi col tempo recepito una serie di spinte riformistiche
- 21 -
CAPITOLO PRIMO
canto, tra i corporativisti della prima ora vi è perfino chi ha ritenuto che il
esso una sorta di mitico strumento di salvezza della nazione, “la speranza
miseria nazionale”13.
forma più pura, rispetto ad un regime totalitario, che non ammetteva che un
13
Così ebbe a definirlo uno studioso francese, L. ROSENSTOCK FRANCK in un saggio
su Le corporatisme italien, in AA.VV., Le corporatisme, Paris, s.d., p. 128, citato in C.
VALLAURI, Le radici del corporativismo, Bulzoni, Roma, 1971, 178. Dello stesso
autore, si vedano anche Les rèalisations pratiques et les doctrines du syndacalisme,
Paris, 1933, e Economie corporative fasciste en doctrine et en fait, Paris, 1934.
14
Cfr., ad esempio, A. MULLER, La politique corporative, Bruxelles, 1935, secondo cui
un regime corporativo è incompatibile con ogni forma di governo centralizzato ed
avverso all’autonomia sindacale. Anche Luigi Sturzo colse questa contraddizione:
“Possiamo noi ripresentare il problema della libertà e organicità della società (nei suoi
aspetti economici e politici) come corporativismo? La libertà crea il sindacalismo libero,
l’assolutismo forma le pseudo-corporazioni moderne. Perché allora insistere sopra una
parola, corporativismo, che ci richiama o alla organizzazione medioevale ovvero a
quella mussoliniana o dolfussiana?” (L. STURZO, Unioni - Sindacati - Corporazioni,
in A. CANALETTI GAUDENTI e S. DE SIMONE (a cura di), Verso il corporativismo
democratico, Cacucci, Bari, 1951, p. 43.
- 22 -
CAPITOLO PRIMO
due movimenti che avevano in comune gli obiettivi di fondo della pace
economica.
- 23 -
CAPITOLO PRIMO
costituisce ancora una tessera dai contorni poco chiari, che ostacola una
discontinua da parte degli studiosi nel corso della storia e così mentre è più
praticamente ignorato dal dibattito politico e culturale per essere ripreso solo
15
In tema si trovano in letteratura: L. Salvatorelli, G. Mira, Storia d’Italia nel periodo
fascista, Torino, Einaudi, 1957. F. Chabod, L’Italia contemporanea (1918-1948),
Torino, Einaudi, 1961. A. Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario, Torino,
Einaudi, 1965. E. Santarelli, Storia del fascismo, Roma, Editori Riuniti, 1973. Le radici
del corporativismo, Roma, Bulzoni, 1971. N. Tranfaglia, Dallo Stato liberale al regime
fascista. Problemi e ricerche, Milano, Feltrinelli, 1973. P. Ungari, Alfredo Rocco e
l’ideologia del fascismo, Brescia, Morcelliana, 1963. S. Cassese, La formazione dello
Stato amministrativo, Milano, Giuffrè, 1974. S. Lanaro, Nazione e lavoro. Saggio sulla
cultura borghese in Italia 1870-1925, Venezia, Marsilio, 1979.
- 24 -
CAPITOLO PRIMO
cultura politica dell’Italia liberale e della crisi di fine secolo esacerbata dalla
guerra16 e con lo sfondo della nuova pressione delle masse sul sistema
vuoto pronto ad essere riempito di volta in volta dei contenuti ad esso più
16
La tesi che pone l’origine del fascismo nella guerra del ‘15-’18 è stata sostenuta già negli
anni Venti. Cfr. Luigi Salvatorelli, Nazionalfascismo, Torino, Gobetti, 1923; Angelo
Tasca, La naissance du fascism. L’Italie de 1918 a 1922, Paris, 1938 (trad.it. Id., Nascita
e avvento del fascismo. l’Italia dal 1918 al 1922, Firenze, La Nuova Italia, 1950).
Federico Chabod, L’Italia contemporanea (1918-1948), Torino, Einaudi, 1961. Gaetano
Salvemini, The Fascist Dictatorship in Italy, London, 1928 (trad.it. in Id., Scritti sul
fascismo, I, a cura di R. Vivarelli, Milano, Feltrinelli, 1961).
- 25 -
CAPITOLO PRIMO
teoria.
del regime.
Il grande divario tra il «mito» dello Stato nuovo, mito di cui il fascismo
17
Ma ancora oltre se si guarda al giudizio che Norberto Bobbio, nel 1973, dava della cultura
fascista: «Una cultura fascista nel duplice senso di una cultura fatta da fascisti dichiarati
o a contenuto fascista non è mai realmente esistita, o almeno non riuscì mai, per quanti
sforzi venissero compiuti, a prendere forma in iniziative o imprese durature e
storicamente rilevanti». In G. Quazza (a cura di), Fascismo e società italiana, Torino,
Einaudi, 1973, cit. p. 220.
- 26 -
CAPITOLO PRIMO
l’altra e la difficoltà maggiore sta probabilmente nel fatto che il tema del
che riesca a coniugare in maniera efficace i due livelli di analisi, il più delle
statali.18
come reazione alla crisi dello Stato e delle istituzioni liberali nel tentativo di
programmatica nel periodo che va dalla metà degli anni Venti ai primi degli
18
Zanni Rosiello (a cura di), Gli apparati statali dall’Unità al fascismo, Il Mulino, Bologna,
1976.
- 27 -
CAPITOLO PRIMO
anni Trenta. Già prima dell’avvento del fascismo e prima dello scoppio della
guerra si parlava di una crisi delle istituzioni liberali19 che vedevano nella
Come già detto il pensiero maturato negli anni a cavallo del secolo di
interessi cominciò a farsi strada e a più riprese, durante quegli anni, verrà
19
G. Gozzi, Rappresentanza politica e rappresentanza degli interessi nella riflessione
giuridica e politica fra Ottocento e Novecento, in A. Mazzacane (a cura di), I giuristi e
la crisi dello Stato liberale in Italia fra Otto e Novecento, Napoli, Liguori, 1986. C.
Pavone - M. Salvati, Suffragio, rappresentanza, liberaldemocrazia, in «Rivista di storia
contemporanea», XV, n. 2, aprile 1986; F. Tessitore, Crisi e trasformazione dello Stato.
Ricerche sul pensiero giuspubblicistico italiano fra Otto e Novecento, Milano 1988.
20
Gli anni che vanno dal 1880 al 1895 videro in Italia, come in Europa, la produzione di
una copiosa letteratura antiparlamentaristica. R. Bonghi, La decadenza del regime
parlamentare, in «Nuova Antologia», 1 giugno 1884. M. Minghetti, I partiti politici,
Bologna, Zanichelli, 1881. F. Persico, Princìpi di diritto amministrativo, Napoli,
Marghieri, 1890. Del 1897 è anche il famosissimo motto di Sonnino “torniamo allo
Statuto!” apparso sulla «Nuova Antologia» (1 gennaio 1897).
- 28 -
CAPITOLO PRIMO
del Novecento, dal disagio che suscitava un’idea in aperto contrasto con i
dell’antico regime.
sfera del lavoro e sociale. Negli anni a ridosso dell’avvento del fascismo si
mettevano in discussione anche la forma dello Stato che vedeva venir meno
- 29 -
CAPITOLO PRIMO
moderno.
di questi gruppi.
opposta dei gruppi che invece tendono a resistere all’azione accentratrice per
- 30 -
CAPITOLO PRIMO
risorse, che implicava una sostanziale negazione del ruolo della politica
ideologica.21
Si può affermare senza temere smentite che esiste un evidente nesso tra
crisi dello Stato e corporativismo ma non si può dire allo stesso modo che
correnti di pensiero che nulla avevano in comune tra loro: il pensiero sociale
21
È nei termini di un compromesso tra le istanze politiche del regime e gli schemi teorici
dell’economia liberale che il corporativismo venne inteso da quegli studiosi che
vengono talvolta definiti “corporativisti formali”, ad indicare che la loro accoglienza
della ideologia corporativa non si spingeva molto al di là dell’adesione ufficiale
sollecitata dal regime. Ad essi si contrapponevano altri studiosi, che rifiutavano il
postulato economicistico, a loro volta descritti come “corporativisti integrali”. Ma la
distinzione tra corporativisti formali ed integrali non sembra poter rappresentare
storicamente un punto fermo. In tema di purismo ed anti-purismo, per esempio, questi
autori avevano idee molto diverse. Sul concetto di corporativismo integrale, cfr. M.
MANOILESCO, Le siècle du corporatisme. Doctrine du corporatisme intégral et pur,
Librairie Félix Alcan, Paris, 1934.
- 31 -
CAPITOLO PRIMO
radici remote di un tale singolare incontro possono essere rintracciate già nel
dall’atomismo democratico.23
22
«Se è soprattutto negli ultimi decenni dell’Ottocento che la nebulosa delle ideologie
antiliberali e antidemocratiche ha preso forma, dando vita a un corpus dottrinario cui
il nuovo secolo non avrebbe avuto che da attingere, è sull’arco lungo dell’età post-
rivoluzionaria che si sono enucleate le categorie analitiche con le quali la democrazia
è stata sottoposta al vaglio di una critica sempre più orientata a valutarla in chiave di
esperienza anomala o patologica». (M. Donzelli – R. Pozzi (a cura di), Introduzione, in
Id., Patologie della politica. Crisi e critica della democrazia tra Otto e Novecento,
Roma, Donzelli, 2003, p. 4).
23
M.H. Elbow, French Corporative Theory, 1789-1948. A Chapter in the History of Ideas,
Columbia University Press, New York, 1953. Per la Germania si vedano R.H. Bowen,
German Theories of the Corporative State. With special reference to the period 1870-
1919, New York, Whittlesey House, 1947 e W. Reutter, Korporatismustheorien. Kritik,
Vergleich, Perspektiven, Peter Lang, Frankfurt am Main – Bern – New York – Paris,
1991.
- 32 -
CAPITOLO PRIMO
pensato lo Stato e le sue relazioni con la società e vennero così portati alla
Con la crisi del liberalismo si apre, negli anni Venti del Novecento la
«Essa risale ai primi anni del secolo XX, e già nel 1910 uno dei più
eminenti cultori italiani del diritto pubblico, il prof. Santi Romano, ne
- 33 -
CAPITOLO PRIMO
caso isolato. Il discorso romaniano sulla crisi dello Stato rappresentò, difatti,
tenuta all’Università di Ferrara nel 1922, trattando il tema del rapporto tra
Stato e sindacati, tema che «da più di un decennio» era «il problema centrale
politico e giuridico»25, citava gli studi di Santi Romano a sostegno delle sue
tesi sulla necessità di integrazione dei sindacati nel sistema dello Stato.
24
A. Rocco, Crisi dello Stato e sindacati (1920), in Scritti e discorsi politici, Milano, 1938,
II, p. 631
25
Sergio Panunzio, Stato e sindacati, in Id., Il fondamento giuridico del fascismo, Bonacci,
Roma, p.139.
- 34 -
CAPITOLO PRIMO
cercato nella dinamica sociale le cause della crisi dello Stato moderno e che,
la concezione dello Stato come suprema e «compiuta sintesi delle varie forze
sociali», come «unità autonoma» degli svariati elementi della società, come
concezione astratta dello Stato, nel bisogno di una più compatta ed organica
compagine sociale su cui edificare l’edificio statale che nel disegno liberale
essere fondato sul «diritto» di ogni cittadino dando così forma ad un concetto
stessa che così viene intesa come istanza sintetica del potere sovrano.
- 35 -
CAPITOLO PRIMO
Sia la dottrina giuridica che la prassi politica avevano generato così, nel
Tra sovranità e libertà, tra Stato e società, si finiva per creare una
sia dal sociale che dal politico. Il distacco che si era creato tra governanti e
26
Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando, in «Nuovi Studi di diritto economia e politica»,
anno II, 1928.
- 36 -
CAPITOLO PRIMO
configurare il voto come una funzione pubblica più che come diritto
società come una elargizione di sovranità da parte dello Stato che ne avrebbe
vuoto e incapace di configurarsi come una relazione dialettica tra i due poli.
pressioni esercitate dalle nuove classi sociali che si affacciavano per la prima
- 37 -
CAPITOLO PRIMO
della sovranità dello Stato e così non riuscì a cogliere la portata della nuova
alla crisi.
Furono queste forse le ragioni per le quali gran parte della cultura
dell’ordine costituzionale.
col distinguersi per una visione più realistica del mondo economico. Si
era distorta dall’azione interessata dei produttori. Convenivano sul fatto che
- 38 -
CAPITOLO PRIMO
economico che teorizzava la regola pratica del “lasciar fare”, e solo pochi
non si presentava come una semplice formula tecnica finalizzata alla ricerca
strumento per assicurare una reale partecipazione dei lavoratori alla gestione
- 39 -
CAPITOLO PRIMO
sindacalismo classista.27
27
Dopo lo scioglimento nel 1927 della C.G.L., Rinaldo Rigola - di cui si ricorda una Storia
del movimento operaio italiano, edita a Milano nel 1947 - costituì con altri vecchi
militanti sindacalisti (Maglione, Reina, ecc.) l’Associazione nazionale per lo studio dei
problemi del lavoro, che finì poi col confluire nel movimento corporativo fascista.
28
P. BINI, Il salario “corporativo” negli studi tra le due guerre, in R. FAUCCI (a cura di),
Gli italiani e Bentham: dalla “felicità pubblica” all’economia del benessere, Angeli,
Milano, 1982, vol. 2°, pp. 253-83; F. PERILLO, Introduzione al secondo volume
dell’antologia a cura di A. MANCINI, F. PERILLO e E. ZAGARI, La teoria economica
del corporativismo, Ediz. Scientifiche Italiane, Napoli, 1982. Tra gli scritti più
significativi dei corporativisti sul salario corporativo possono ricordarsi quelli di G.
ARIAS, Il salario corporativo, Modena, 1929; F. CARLI, Applicazione della teoria del
valore al salario corporativo, “Archivio di studi corporativi”, 1930, n. 2; N.M. FOVEL,
Interpretazione economica del salario corporativo, “L’economia italiana”, ottobre
1931; U. SPIRITO, Il problema del salario, “Critica fascista”, 1° ottobre 1932; C. E.
FERRI, La remunerazione corporativa dell’operaio, “Economia”, ottobre 1937, e Il
sistema della remunerazione corporativa integrale, ibidem, maggio 1938.
- 40 -
CAPITOLO PRIMO
monopolio bilaterale nel mercato del lavoro con una pretesa riduzione della
che avrebbe assicurato l’uguaglianza dei vantaggi e dei costi per le due parti
29
F. CARLI, Applicazione della teoria del valore al salario corporativo, cit., p. 321. Carli
aggiungeva che l’equilibrio non andava inteso in senso statico e meccanico, ma in senso
“dinamico ed etico”. Il salario di equilibrio era quello che, secondo la XII disposizione
della Carta del Lavoro doveva “rispondere alle esigenze normali di vita, alle possibilità
della produzione e al rendimento del lavoro”
30
Nell’intento di evitare abusi di potere monopsonistico o monopolistico sul mercato del
lavoro, la legislazione fascista aveva previsto una disciplina pubblicistica molto rigida
di tale mercato, in deciso contrasto con il principio dell’autonomia contrattuale dei
singoli soggetti economici. Agli accordi corporativi era attribuita per legge efficacia
erga omnes; erano vietati sia lo sciopero sia la serrata, e le controversie in materia di
lavoro dovevano essere risolte da un intervento arbitrale.
- 41 -
CAPITOLO PRIMO
di lavoro da quella dei prodotti e ideato una curva di offerta di lavoro dalle
non può considerarsi un’invenzione fascista. Quello dei fascisti è stato solo
organismo creato poco più di un anno prima (la Confederazione italiana dei
- 42 -
CAPITOLO PRIMO
Gentile e di cui erano membri anche tre economisti teorici: Arias, Gini e
quella sede, riuscì poi a far approvare dal Gran Consiglio del Fascismo
- 43 -
CAPITOLO PRIMO
Nel luglio del 1926 venne infine creato il Ministero delle Corporazioni,
che fu però reso funzionale solo nel 1929, dopo lo scioglimento del
tardi, a metà degli anni ‘30, che le corporazioni ebbero attuazione pratica.
- 44 -
CAPITOLO PRIMO
Consiglio nazionale nella Camera dei fasci e delle corporazioni, che sostituì
nel senso che non poteva essere «riconosciuta legalmente per ciascuna
vincolanti per tutti gli appartenenti alla categoria (art. 10) e non derogabili
31
SCOGNAMIGLIO, Diritto del Lavoro, Cacucci Editore, Bari, 1972, p. 212 ss.
- 45 -
CAPITOLO PRIMO
del Lavoro del 1927 parla di libertà sindacale, ma di fatto essi non vennero
mai organizzati, non solo per timore del regime fascista, ma anche perché
coesa della società nel senso del corporativismo e, quindi, l’interesse dei
sciopero.
aprile 1927 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 1927,
riconosciute dalla legge nei confronti di tutti i lavoratori stabilendo che “il
diritto di (…) stipulare contratti collettivi di lavoro obbligatori per tutti gli
- 46 -
CAPITOLO PRIMO
preordinata alla protezione della parte più debole del rapporto di lavoro
dell’economia nazionale.
non esistendo tra le stesse nessuna antitesi di finalità che è propria del
rapporto contrattuale.
- 47 -
CAPITOLO PRIMO
ad essere validi non solo perché non furono oggetto di successiva modifica
i lavoratori.
- 48 -
CAPITOLO PRIMO
vita.
ferma l’efficacia erga omnes che era stata attribuita loro dall’ordinamento
32
F. SANTORO-PASSARELLI, Contratto collettivo e norma corporativa, in Foro it.,
1949, I, p. 1069.
- 49 -
CAPITOLO PRIMO
regolati dalla disciplina dei contratti e per i quali era stato coniato il termine
lavoratori che fu, in seno alla costituente, uno dei punti cardine da cui
muoversi per scrivere la Legge dello Stato, proprio per evitare che la crisi
del modello liberale si riproponesse con più forza nelle questioni sociali e
Repubblica fondata sul lavoro ha forse proprio nella tutela del lavoro e della
contrattazione il suo punto più debole tanto che il legislatore solo negli
ultimi tre anni è dovuto intervenire ben quattro volte per regolamentare il
- 50 -
CAPITOLO PRIMO
in essere atti con efficacia normativa extra ordinem rispetto ai principi del
diritto privato e quindi di un atto in grado di incidere sulla sfera giuridica dei
Il punto fondamentale, come la dottrina non tardò a far notare, era che il
parte.
elementi ereditati dal periodo corporativo dei commi 3° e 4°. Timori sulla
- 51 -
CAPITOLO PRIMO
sarebbe stata necessaria una precisa determinazione del numero degli iscritti
iscritti medesimi da parte dei singoli sindacati. Tali proposte non raccolsero
di un acceso contrasto nei riguardi della seconda parte dell’art. 39, che
33
Così ROMAGNOLI, Storia del Diritto Sindacale, in Digesto it. Disc. priv. sez. comm.
Utet, Torino, 1989, p.655.
- 52 -
CAPITOLO PRIMO
nella seconda parte dell’art. 39, minata la loro libertà visto che la
La dottrina, preso atto della mancata attuazione della seconda parte della
34
F. SANTORO-PASSARELLI, Esperienze e prospettive giuridiche dei rapporti tra i
sindacati e lo Stato, in Riv. Dir. Lav., 1956, I, p. 1 ss. (nonché in Saggi di diritto civile,
I, pag. 139 ss.). Nello stesso senso M. PERSIANI, I soggetti del contratto collettivo con
efficacia generale, in Dir. Lav., 1958, I, p. 97 ss.
- 53 -
CAPITOLO PRIMO
preso atto del fatto che il contratto collettivo doveva essere ricondotto ad una
superiori e quindi destinati a prevalere sui singoli e sugli interessi dei singoli
collettiva, visto che alla base della volontà vi è l’interesse di una pluralità di
individuale.
dall’interesse generale”.35
35
F. SANTORO-PASSARELLI, Autonomia collettiva, giurisdizione, diritto di sciopero, in
Saggi di diritto civile, p. 178
- 54 -
CAPITOLO PRIMO
la riassume”36.
mandato, era destinata a cedere nel momento in cui si realizzò che le norme
36
Così GIUGNI, La funzione giuridica del contratto collettivo di lavoro, in AA.VV., Il
contratto collettivo di lavoro, Milano, Giuffrè, 1968, p. 30
37
Così ora CARINCI, DE LUCA TAMAJO, TOSI, TREU, Diritto del lavoro, I, Il diritto
sindacale, Torino, Utet, III ed. 1994.
- 55 -
CAPITOLO PRIMO
posizione dottrinali.
- 56 -
CAPITOLO PRIMO
collante dell’intero sistema che si pone in alternativa, non tanto alla norma
fa perno solo sul primo comma dell’art. 39 che è ritenuto possedere enormi
vincolatività.
“senza norme” ma anche “senza lacune” proprio in virtù del fatto che,
ottenuto i collegamenti necessari col legislatore che, anche coi suoi silenzi,
- 57 -
CAPITOLO PRIMO
suoi negozi un rilievo ed una tutela eccezionale rispetto a qualsiasi altro atto
si autonomia negoziale.
come il disegno di legge elaborato nel 1951 dal Ministro del Lavoro
1960 con proposte per l’attuazione degli artt. 39 e 40 Cost. rimasto lettera
morta.
attuativa.
- 58 -
CAPITOLO PRIMO
decise di seguire via analoga ad altri Stati europei e con la L. 14 luglio 1959,
- 59 -
CAPITOLO PRIMO
applicazioni. [..]
può rinunziarvi.
regolano.
’46) causata non solo dalla forza lavoro non impiegata più in campo militare
- 60 -
CAPITOLO PRIMO
aziende per dare adito all’abbandono del regime corporativo del lavoro;
inoltre ricordato che lo Stato decise di non intervenire più in caso di squilibri
del sistema economico produttivo e ciò, unito alla crisi inflattiva del ’47 e
alla scelta di una strategia politica liberista, produsse una grave crisi del
Democristiano).
esteri. Nel dibattito politico questa sembra l’unica strada percorribile, sia
- 61 -
CAPITOLO PRIMO
fenomeno inflazionistico.
Tutto questo si esplicita negli anni con molteplici accordi, sia di carattere
nazionale che internazionale. Si ricordano tra gli altri gli interventi della
internazionale.
Italia con forti cambiamenti sia nel tessuto sociale che nella struttura
lavorativa.
non erano state sconfitte dei sindacati ma frutto di accordi fatti che
- 62 -
CAPITOLO PRIMO
rapporti con la classe operaia e con il sindacato scatenando così una lotta
massa dei partiti si sviluppa grazie al ruolo dei sindacati da essi diretti
conquiste del movimento sindacale di classe che durerà fino agli anni ’70 e
irreversibile.
Il 1950 diventa così teatro della nascita degli altri due sindacati
confederati dalla scissione avvenuta all’interno della CGIL dopo che si era
- 63 -
CAPITOLO PRIMO
sulla base dei ricatti salariali. La politica liberista non fece che aumentare i
riduzione del 10% sui dazi doganali e l’abolizione dei contingenti, grazie
nazione e che mutarono le condizioni del lavoro in Italia. Molto del successo
grande lotta per il salario e per la flessibilità in uscita visto che i pensionati
- 64 -
CAPITOLO PRIMO
potevano spostarsi dai loro paesi di origine per il posto sicuro in fabbrica.
meridionale che lasciò molte famiglie in una povertà tale che molti furono
disposti a lasciare tutto per immergersi nel profondo nord per un salario che
Il “boom” degli anni ’50 trovò, come una cambiale in scadenza, il suo
sconto a partire dal 1963 quando si scatenarono le grandi lotte sindacali che
38
In verità lo stato cercò di intervenire per regolarizzare la situazione istituendo la Cassa
del Mezzogiorno e proponendo una nuova riforma in campo agrario ma per una serie di
motivi questi provvedimenti non andarono a buon fine e anzi negli anni ’60
contribuiranno ad aggravare lo scontro sociale.
- 65 -
CAPITOLO PRIMO
allo scopo di sottrarsi alle norme di tutela del lavoro a tempo indeterminato
la legge del 1963 sul divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa
matrimonio.
una modifica sostanziale della classe operaia che, arricchita dalla massa
guerriglia urbana.
- 66 -
CAPITOLO PRIMO
lavoro, che già aveva ottenuto dei risultati con gli impegni firmati per la
- 67 -
CAPITOLO SECONDO
CAPITOLO SECONDO
LA FLESSIBILITÀ E I CAMBIAMENTI NELLA DISCIPLINA DEL LAVORO
SOMMARIO:
2.1.Introduzione - 2.2. Flessibilità o precarietà!? Il “Pacchetto Treu” - 2.3. La
“riforma Biagi” e lo staff leasing
2.1. Introduzione
influenza anche la società per buona parte del ‘900. L’applicazione di questo
illimitato e, allo stesso tempo, con una forza lavoro che può essere impiegata
illimitatamente e incondizionatamente.
39
M. Pedaci, Introduzione, in Flessibilità del lavoro ed equilibri precari. La transizione al
post-fordismo nelle storie di lavoratori parasubordinati Ediesse, Roma 2010, p. 9.
- 68 -
CAPITOLO SECONDO
alla diminuzione di costi unitari. Ciò significa che ogni problema viene
dei costi fissi e diminuendo i costi variabili unitari con una semplice
precedenza.
Un modello del genere poteva reggere solo fino a che il progresso era
crescita sociale della popolazione che comincia a comprare non solo per
- 69 -
CAPITOLO SECONDO
scala mondiale, che si traduce non solo in una produzione a costi più bassi
lavoratori sono costretti a lavorare con bassissimi salari, diritti violati e senza
Settanta gli anni delle «lotte senza compromessi» che hanno portato ad un
imprese hanno dovuto introdurre delle modifiche funzione del forte sviluppo
40
M. Pedaci, Flessibilità del lavoro ed equilibri precari. La transizione al post-fordismo
nelle storie di lavoratori parasubordinati Ediesse, Roma 2010, p. 33.
- 70 -
CAPITOLO SECONDO
termini di spazio con la riduzione della sua dimensione visto che con
l’outsourcing gran parte delle strutture utili alla produzione viene effettuata
fuori dal perimetro della fabbrica demandandola ad altre imprese che sono
entrata che in uscita. Per dare vita al processo c’è però ancora qualche norma
Le forme flessibili del lavoro in realtà erano già da tempo state introdotte
allora, come spesso capitava negli ultimi tempi, questi tipi di lavoro
- 71 -
CAPITOLO SECONDO
produzione facendolo operare come gli altri tipi di operai e questo al fine di
scavalcare quelle tutele nei confronti dei contratti lavorativi e porre gli stessi
contratti nello spettacolo e per i lavori stagionali specie nel settore agricolo
nella direzione di tutela del lavoro fu fatto con lo Statuto dei Lavoratori
contenuto nella Legge 300 del 1970. Di questa legge ciò che è divenuto negli
anni il pomo della discordia da chi combatte per le tutele sui posti di lavoro
- 72 -
CAPITOLO SECONDO
Come può vedersi dal testo questo si configurava come una vera e propria
piccole aziende in quanto questo è valido solo per le aziende con un numero
41
Questa è la versione originaria dell’art. 18 così come contenuta nella L. 300/70 prima
della modifica intervenuta con la L. 28 giugno 2012 n.92
- 73 -
CAPITOLO SECONDO
Dalla seconda metà degli anni ’70 all’inizio degli anni ’90 cominciano i
periodi di crisi economica ciclici che portano a profonde modifiche nel modo
di pensare il lavoro. La crisi, già menzionata, del petrolio del 1973 e la fine
degli accordi di Bretton Woods ha ripercussioni così forti sul mercato che
aumentarono quasi per niente nel settore privato e nel settore pubblico la
La legge che più di ogni altra diede però inizio al lungo percorso verso la
- 74 -
CAPITOLO SECONDO
- 75 -
CAPITOLO SECONDO
- 76 -
CAPITOLO SECONDO
Fra le tante novità introdotte dalla legge compare per la prima volta il
lavoro “part-time” da effettuarsi per una durata di tempo parziale con orari
alla settimana, al mese o all’anno in deroga a quanto sancito per legge nei
precedenti disegni.
sociali che nel luglio 1993 siglano il c.d. “Protocollo Ciampi”43 (Protocollo
42
http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1984-12-19;863
43
http://www.cgil.it/Archivio/Storia/Documenti/12.%20Il%20Protocollo%20Ciampi%20d
el%20luglio%201993.pdf
- 77 -
CAPITOLO SECONDO
comunitari più virtuosi e finalizzato alla riduzione del debito pubblico e del
deficit dello Stato e della stabilità valutaria. L’Europa, prima ancora che
fosse formata la U.E. “chiedeva” e a pagare era come sempre il lavoro nelle
crisi, come già capitato in passato con la politica dei licenziamenti in epoca
retribuzioni. Negli anni questa pratica si è mostrata spesso, e non ultimo nel
si sono trovati in realtà con una continua e perenne diminuzione del potere
- 78 -
CAPITOLO SECONDO
anche perché i calcoli vengono effettuati sulla base di panieri obsoleti ancora
concertazione con le Agenzie territoriali del Lavoro e con gli anti locali.
per i disoccupati di lungo corso oltre i 35 anni per i quali si pensa ai lavori
previsto dalla L. 355/95 o c.d. Riforma Dini (dal nome dell’allora Ministro
trattamento, oltre alla creazione degli ulteriori due pilastri dati dai fondi
44
http://www.riminimpiego.it/data/Norme/451/indice451.htm
- 79 -
CAPITOLO SECONDO
lavoratore viene inteso in tutto e per tutto come forma capitale della
La riforma era stata intesa per garantire la tutela prevista dall’art. 38 Cost.
45
http://www.altalex.com/documents/news/2009/10/05/la-riforma-delle-pensioni-e-i-
tempi-del-capitale-umano
- 80 -
CAPITOLO SECONDO
“pacchetto Treu” che ha reso possibile nel nostro Paese il ricorso al c.d.
finora ritenuta assolutamente illecita, sia sul piano penale, sia sul piano
46
http://www.camera.it/parlam/leggi/96608l.htm
47
Liso, Lavoro interinale in Legge Treu: atti del convegno, in Dir. Prat. Lav. 50/1997
- 81 -
CAPITOLO SECONDO
attentato alla solidità delle garanzie poste a sostegno dei lavoratori, ossia
lavoro che però rimase lettera morta, essendo le parti sociali maggiormente
- 82 -
CAPITOLO SECONDO
nostro ordinamento.
la “portata storica della deroga, sia pur transitoria, alla L.1369/60” e a meglio
Tra i principali elementi della proposta contenuta nel decreto vi era, senza
- 83 -
CAPITOLO SECONDO
immediate reazioni nelle parti sociali, peraltro impegnate da tempo sul fronte
settembre 1996 si giunse alla Legge 24 giugno 1997 n.196 nota ai più come
pacchetto Treu, dal nome del Ministro del Lavoro Tiziano Treu.
professionale etc.
- 84 -
CAPITOLO SECONDO
natura di “legge concertata” con le parti sociali viste come le più idonee ad
la codificazione:
- 85 -
CAPITOLO SECONDO
concordate.
dettagliatamente regolamentata.
- 86 -
CAPITOLO SECONDO
con varie sentenze della Corte di Cassazione che ha concluso con sent. n.
5232 del 9 aprile 2001 che « l’espressa previsione (art.10, l.196/97) secondo
parte di soggetti diversi da quelli indicati all’art 2, l.196/97, ovvero che violi
lavoratore)».
- 87 -
CAPITOLO SECONDO
Nonostante i ritocchi verso l’alto predisposti dal Governo Prodi negli anni
successivi, i contributi dei co.co.co. rimasero sempre più bassi di quelli dei
co.co.co. (sebbene portato al 18%, dopo il 12% voluto dalla Riforma Dini,
ma comunque sempre molto più basso del classico 33% dei lavoratori
povertà.
- 88 -
CAPITOLO SECONDO
anni dal Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia. Proposte per una
Il Libro consta di due parti: nella prima, si fa un’analisi del mercato del
coesione sociale».48
48
http://www.uil.it/politiche_lavoro/librobianco.pdf
- 89 -
CAPITOLO SECONDO
Nel Libro si evidenzia come uno dei problemi principali del basso tasso
che è strutturalmente lontano dagli standard europei sia per quanto riguarda
dettano anche delle regole per superare questo problema attraverso il dialogo
metodologia nei rapporti tra istituzioni e parti sociali anche a livello interno
monitorabili”.
strenuamente. Biagi non si ferma solo a questo ma si spinge oltre nel cercare
- 90 -
CAPITOLO SECONDO
della crisi perdurante nel mondo del lavoro per l’aver applicato norme non
l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e dall’altro delle misure sulla
rispondenti alle esigenze del mercato superando quella rigidità presente nelle
norme ormai antiquate e stabilite agli inizi degli anni ’70 quando la
educativa dei giovani che si presentavano con un gap rispetto alla media
europea nel numero di laureati nella fascia di età plausibile per l’accesso al
lavoro.
La pubblicità per il lavoro flessibile non finisce comunque qui visto che
- 91 -
CAPITOLO SECONDO
lavoro al pari del liberismo economico cui l’Europa si rivolge ben conscio
che la forza lavoro è diventata, con il cambiamento della maggior parte delle
comunitarie.
che, tra l’altro, configurandosi come atto di diritto privato non ha nemmeno
bisogno di una legge quadro che lo regolamenti stabilendosi sulle norme dei
Il richiamo alla flessibilità non poteva non tener conto della difficoltà
dell’entrata nel mondo del lavoro per i giovani che terminano gli studi.
lavorativo49.
49
Ancora oggi, alla luce del Jobs Act che sembra mirare, anche per le ultime dichiarazioni
del Ministro Poletti, più verso la numerosità dell’impiego che alla alta specializzazione
dello stesso, insistono dei meccanismi farraginosi che bloccano la crescita e l’impiego
giovanile.
- 92 -
CAPITOLO SECONDO
giovane all’impresa.
reddito.
tenendo conto del nuovo assetto del mondo lavorativo. Tra le varie riforme
- 93 -
CAPITOLO SECONDO
modelli di lavoro previsti dal Libro Bianco: stage, lavoro a progetto, part-
time; sono tutt’altro che lavori edificanti per la gratificazione personale per
Come già accadde per la introduzione nel nostro ordinamento del lavoro
garanzie poste a sostegno dei lavoratori tanto che il d.lgs. 276/2003 attuativo
della legge delega 30/2003 ha impiegato ben 14 mesi per essere approvato
in Parlamento.
relativi alla presenza, nel testo originario, di norme che modificavano l’art
50
«Il Governo ritiene che alla nozione di sicurezza data dall’inamovibilità del singolo
rispetto al proprio posto di lavoro occorra sostituire un concetto di sicurezza conferito
dalla possibilità di scelta effettiva del mercato del lavoro. […] Occorre dunque
incentivare convenientemente il ricorso al contratto di lavoro a tempo indeterminato,
così da incrementarne l’uso, evitando, nel contempo, che si diffondano forme di
flessibilità in entrata per aggirare i vincoli o comunque le tutele predisposte per la
flessibilità in uscita» Libro Bianco p. 63
51
D. lgs 276/2003 pubblicato sulla G.U. n°235 del 9 ottobre 2003
- 94 -
CAPITOLO SECONDO
La svolta decisiva si è avuta nel luglio del 2003, soltanto dopo lo stralcio
(il quale ha tra l’altro segnato la rottura della Triplice, con la CGIL da un
cui ha fatto seguito appunto, nel settembre dello stesso anno, l’adozione del
d.lgs. 276/2003.
giovani nel mondo del lavoro (con un riguardo particolare per le donne e per
un processo ancora in itinere che continua a creare crisi nel mondo del
lavoro.
- 95 -
CAPITOLO SECONDO
caso, alle agenzie per il lavoro è vietato, nel modo più assoluto, di percepire
Una delle novità enormi previste dal disegno era la Bcnl (Borsa continua
modelli e i tipi contrattuali, creando una lunga lista di contratti atipici il cui
unico risultato è stato quello di alleggerire il costo del lavoro delle imprese.
52
D.lgs 276/2003 in attuazione della lg. 30/2003, art. 1, comma 1.
- 96 -
CAPITOLO SECONDO
lavoratori.
lavoro temporaneo, in forza del quale l’impresa fornitrice pone uno o più
di personale, si pone a monte del rapporto trilatero che si attua tra impresa
- 97 -
CAPITOLO SECONDO
realtà in quanto, mentre tra P.A. e agenzia di lavoro sorge un mero rapporto
di fornitura, tra P.A. e lavoratore intercorre un rapporto di fatto dato che, per
contrattualmente alla sola agenzia fornitrice e non alla P.A. va poi rilevato
- 98 -
CAPITOLO SECONDO
a lavoratori della fattispecie per opera delle Regioni e quindi non è affatto
raro avere impiegati delle P.A. che lavorano fianco a fianco con LSU (ad
legge prevede per il contratto a tempo determinato che sia ammessa a fronte
- 99 -
CAPITOLO SECONDO
stabilite dallo Statuto dei Lavoratori anche per i lavoratori atipici per i quali
identiche mansioni.
meno atipico nella stessa misura del lavoro che prevede che in caso di
- 100 -
CAPITOLO SECONDO
In questo e altre cose del genere risiede il fallimento della Riforma Biagi
Ancora il 267/03 prevede il lavoro ripartito tra due o più lavoratori e con
obbligazione lavorativa» e, nel caso in cui uno dei due decida di dimettersi
c’è stata una ulteriore riforma per mano del Ministro Sacconi.
- 101 -
CAPITOLO SECONDO
Ci sono poi, nella Legge Biagi, dei contratti di portata minore, sia per la
frequenza con la quale vengono impiegati, sia per la portata di novità che
di persone con durata non inferiore ai nove mesi e al massimo per diciotto
devono essere menzionate le eventuali misure per la tutela della salute e della
- 102 -
CAPITOLO SECONDO
essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e deve
tenere conto del compenso previsto per un lavoratore autonomo che svolga
voucher lavoro.
dei livelli di protezione del lavoro con riduzione delle garanzie per gli
- 103 -
CAPITOLO SECONDO
effettiva prova dei mezzi. Mentre questo sistema funziona in Paesi del nord
europeo qui sembra che le misure atte alla flessibilità creino sempre più
lavoratori e il Jobs Act non sembra che possa rimediare ad una politica del
lavoro spesso molto più attenta al prestigio fittizio che ne può derivare in
Europa che al reale bisogno del Paese. Le discussioni che si sono avute negli
Governo, anche con gli ultimi interventi a favore delle Banche in aperto
conflitto con i risparmiatori che si sono visti sottrarre i pochi risparmi che
avevano depositato verso quegli stessi istituti bancari, non sembra voglia
- 104 -
CAPITOLO SECONDO
regole in gioco. Un modello virtuoso di flexicurity non può non tener conto
- 105 -
CAPITOLO TERZO
CAPITOLO TERZO
LA FLEXICURITY E LE RICHIESTE EUROPEE: IL “JOBS ACT”
SOMMARIO:
3.1. Introduzione - 3.2. La lettera all’Italia e la Riforma Fornero - 3.3. Il rapporto
tra lavoro autonomo e contratto a tutele crescenti nella recente riforma del
mercato del lavoro - 3.4. Il licenziamento discriminatorio e nullo nel Jobs Act -
3.5. La dicotomia dei rapporti di lavoro causata dal d. lgs 23/2015 - 3.6. . Profili
di costituzionalità per il d. lgs. 23/2015
3.1. Introduzione
fra le richieste che vengono dalla società. Nella storia e nella prassi si è
diventa quasi impossibile visto che le parti in gioco sono contrapposte dal
- 106 -
CAPITOLO TERZO
natura vuole trarre il massimo profitto dal suo esercizio, e all’altro capo il
lavoratore subordinato, che dal suo canto vorrebbe riconosciute quelle tutele
fordista. Come spesso accade nel nostro Paese, l’urgenza di voler dare una
temi. Si sono così portate avanti negli ultimi anni, battaglie ideologiche
sembra essere diventato l’unico tassello per risolvere un problema ben più
ci permette di individuare con una certa sicurezza quali sono i fattori in gioco
in questa trasformazione.
- 107 -
CAPITOLO TERZO
periodi di crisi, che coinvolgono il nostro Paese nel quadro globale della crisi
maestranze nel mondo del lavoro, si sono susseguite una serie di misure per
installarsi gli ultimi processi legislativi costituiti dalla riforma Fornero (L.
92/2012), dalla Legge Poletti e quel complesso di misure sul mercato del
risposta alla crisi profonda del sistema produttivo italiano. Non è dato dire
quali siano state e siano le reali intenzioni del legislatore nel porre in essere
creando non pochi problemi di ordine sociale che spesso sfociano in veri e
propri scontri. Certamente necessita aver cura del fatto che detti
- 108 -
CAPITOLO TERZO
ottemperanza alla richiesta proveniente dal mercato entrato in crisi dopo l’11
risposta alla lettera della BCE sui conti italiani e sulle politiche del lavoro
derivanti anche dal rapporto che ha l’Italia col resto d’Europa. Riforme nel
nascita della U.E. ad oggi, i Governi hanno dovuto per forza tener conto,
richiede per tenere l’Italia all’interno dei quadri economici di sviluppo del
continente.
arginare una situazione ormai drammatica. I dati più recenti sulla situazione
mirati a favorire l’ingresso nel mercato del lavoro soprattutto dei giovani.
- 109 -
CAPITOLO TERZO
hanno avuto ad oggetto anzitutto la riduzione dei vincoli facendo ricorso alle
additata (non solo) da una parte della dottrina lavoristica come il principale
Tutte queste indicazioni sono state accolte nel nostro ordinamento; prima
con interventi mirati verso alcuni istituti specifici (riforma Fornero), poi con
- 110 -
CAPITOLO TERZO
Non c’è dubbio, infatti, che il c.d. Jobs Act persegua un disegno di
coloro che sono in cerca di occupazione” (così recita l’incipit del comma 7
all’altro.
Non c’è dubbio che, se un risultato hanno ottenuto, gli interventi seguiti
- 111 -
CAPITOLO TERZO
che si sta facendo, sta dissuadendo, infatti, tanti giovani dal ricorrere alle
mercato del lavoro. Ulteriori indagini sociologiche hanno mostrato poi che
mercato del lavoro. Praticamente chi si affaccerà tra 20-30 anni sul mercato
del lavoro non potrà più contare sul sostegno della famiglia come fanno i
quindi, una qualsiasi riforma in campo del Lavoro non può prescindere da
- 112 -
CAPITOLO TERZO
dal mercato del lavoro anche e soprattutto per causa degli ultimi
Da più parti si levano critiche alla riforma strutturale del Diritto del
Lavoro messa in atto dal Governo Renzi e quindi ormai il mondo del lavoro
(i) La tesi dei critici della riforma afferma, in sostanza, che il Jobs
- 113 -
CAPITOLO TERZO
(ii) La tesi dei fautori della riforma afferma, invece, che il Jobs Act,
l’occupazione.
Come troppo spesso accade, le posizioni che si sono fatte più sentire sono
quelle più estremiste: su un fronte quelle di coloro che vedono il Jobs Act
come nient’altro che un attentato alle conquiste dei lavoratori e che perciò
di coloro che vedono il Jobs Act come l’occasione per abbattere quel totem,
e per dare una decisiva sforbiciata, in chiave liberista, alla miriade di vincoli
funzionare. Come pure troppo spesso accade, queste due posizioni speculari
- 114 -
CAPITOLO TERZO
Paese nel corso del 2011 è stato destinatario di severi richiami da parte della
riforma del mercato del lavoro, da tutti considerata necessaria per contrastare
la crescente disoccupazione.
superare due voti di fiducia per essere presentato alla Commissione europea
richiedente.
- 115 -
CAPITOLO TERZO
disoccupazione”.
- 116 -
CAPITOLO TERZO
insufficienti.
sviluppo”).
• flessibilità in entrata;
• flessibilità in uscita;
• ammortizzatori sociali;
favorita dall’ordinamento.
determinato.
In particolare:
- 117 -
CAPITOLO TERZO
canale privilegiato per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
con un numero di dipendenti inferiore a 10, mentre i datori di lavoro che non
- 118 -
CAPITOLO TERZO
lavoro, veniva però previsto che i datori di lavoro che occupassero almeno
non fosse stato confermato nessun apprendista nei 36 mesi precedenti, era
contratti atipici.
- 119 -
CAPITOLO TERZO
committente;
- 120 -
CAPITOLO TERZO
consecutivi;
- 121 -
CAPITOLO TERZO
regime di tutela.
i seguenti requisiti:
esperienze lavorative;
non dessero luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi
superiori a 2.000 euro per committente, nel rispetto della soglia annua di
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CAPITOLO TERZO
53
http://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/10/30/statuto-dei-
lavoratori#titolo2 al momento della scrittura di questa tesi l’art. 18, così come
modificato, resta ancora valido a meno di operazioni di restailing da parte del Governo.
- 123 -
CAPITOLO TERZO
soggettivo.
giustizia del lavoro all’interno della generale crisi della giustizia nel nostro
Paese, gli interventi legislativi di certo non hanno portato benefici rilevanti
volti a favorire una qualche deflazione del contenzioso anche per via
54
In tema, vedi A. Ichino, P. Pinotti, La roulette russa delle cause in tema di licenziamento,
in www.pietroichino.it/?p=19925, e a seguire le pertinenti repliche di alcuni giudici del
lavoro.
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CAPITOLO TERZO
abbreviati come dovevano, e devono ancora oggi con il Jobs Act, essere gli
che ha visto troppe volte i giudici del lavoro insensibili alle ragioni
giudizio.
sommaria valesse solo nelle ipotesi regolate dall’art. 18 e che solo ad esse si
Il giudice del lavoro deve essere «un giudice a cui oggi più di ieri si
indipendenza di giudizio: con buona pace di chi non si rende conto che una
posto che nessuno potrà mai sostenere di non volerla e non può fare a meno
ancora valido.
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CAPITOLO TERZO
fino a quel momento nel nostro sistema (almeno per i datori di lavoro di
tutela dei diritti dei lavoratori nei luoghi di lavoro e finanche il ruolo del
sindacato.
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CAPITOLO TERZO
“forma comune” dei rapporti di lavoro. Alla base di una simile posizione c’è
unanimità di vedute (neppure tra gli economisti) sul legame tra la rigidità
anno, una volta esauritisi gli incentivi previsti dalla legge di stabilità e
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In nome di questo presunto timore si riconosce al lavoratore meno tutele “reali” contro
l’ingiusto licenziamento in quanto si lascia una posizione di Dominus, nel contratto di
lavoro, all’impresa che può decidere di mettere fine ad un rapporto di lavoro a propria
convenienza pagando una semplice buonuscita. Una disciplina del genere sul
licenziamento, anche secondo la dottrina, potrebbe dar luogo ad una serie di
licenziamenti illegittimi derivanti da ragioni non definite. In un Paese come il nostro, in
cui le assunzioni di favore, in particolare per la politica o per atti compromissori, questa
misura andrà ad aggravare ancor di più la situazione anche ed in virtù del fatto che il
giudice che dovesse valutare la controversia non avrebbe i necessari meriti per
comprende a fondo le ragioni del licenziamento. In accordo l’imprenditore potrebbe
evitare il dibattimento riconoscendo in automatico l’indennizzo per evitare che si
scoprano proprie strategie losche nel mercato.
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CAPITOLO TERZO
collettiva, anche di livello aziendale. Ciò rimane vero anche se si guarda alle
rapporti di lavoro. Stesse osservazioni possono valere per l’art. 48 che ai fini
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CAPITOLO TERZO
subordinato.
Per dare inizio al Jobs Act è stato utilizzato lo strumento del decreto
cinque articoli suddivisi in due capi, contiene, inoltre, anche interventi diretti
carico contributivo dei datori di lavoro che ne hanno fatto, o ne faranno, uso.
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CAPITOLO TERZO
rapporto di lavoro instaurato tra le parti e per una durata massima di 12 mesi
di uno dei casi sopra visti. La disciplina limitativa in questione non trovava
- 130 -
CAPITOLO TERZO
tali contratti (non più per una sola volta, ma) fino a 8 volte entro il limite
scritto.
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CAPITOLO TERZO
pubblica.
riguardano:
- 132 -
CAPITOLO TERZO
acquisizione;
- 133 -
CAPITOLO TERZO
che solo per queste fattispecie (e per l’insussistenza del fatto materiale nei
analisi della nuova disciplina riguardante la riforma strutturale del diritto del
Lavoro.
Dal confronto tra l’art. 2 comma 1 del decreto delegato col primo comma
dell’art. 18 Stat. Lav. Già affiorano delle piccole differenze almeno nella
terminologia con due eliminazioni e due aggiunte che pongono dei dubbi
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CAPITOLO TERZO
termine da parte del legislatore visto che il termine “pronuncia” può adattarsi
della legge n. 92 del 2012”, cioè il rito Fornero, bensì il previgente rito del
lavoro, in cui il giudice, a norma dell’art. 429 c.p.c., pronuncia una sentenza.
anche essere l’implicita ammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. per
tra rito Fornero e ricorso ex art. 700 c.p.c. ha occupato per lungo tempo i
che, già trent’anni prima della Riforma Fornero, erano stati sollevati dubbi
56
In merito si possono vedere le linee guida adottate dal Trib. di Firenze il 17/10/2012 che
ammette incompatibilità tra rito Fornero e azione ex art. 700 c.p.c. o anche quella del
Tribunale di S. Maria Capua Vetere del 12/2/2013
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CAPITOLO TERZO
sulla compatibilità tra rito del lavoro e procedimenti cautelari dalla dottrina
perfettamente coincidente.
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CAPITOLO TERZO
nullità per il resto non è che uno snellimento del testo visto che in ogni caso
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CAPITOLO TERZO
può trovarsi nel secondo comma dell’art. 1418 c.c. che sancisce la “nullità
del contratto” anche nelle ipotesi di “illiceità dei motivi nel caso indicato
- 138 -
CAPITOLO TERZO
comma 3 della L. 66/99 e cioè sia quando il lavoratore divenga inabile allo
estendere a questa ipotesi la tutela più forte, che, oltre alla reintegrazione nel
novità rispetto all’assetto previsto dall’art. 18 St. lav., che inserisce “l’ipotesi
57
http://csdle.lex.unict.it/Archive/.../20150127-121048_marazza_n236-2015itpdf.pdf
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CAPITOLO TERZO
intimato in violazione dell’art. 2110, co. 2, cc. Per presunto superamento del
dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 7 marzo 2015” e quindi
ex novo.
1 e 2 comma sia nel decreto che nello statuto ma, mentre l’art. 18 prevede
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CAPITOLO TERZO
comunque nullo si applica “quale che sia il numero dei dipendenti occupati
dal datore di lavoro” mentre le altre tutele previste dai commi successivi
decreto all’art. 9 co. 2 si cita: “ai datori di lavoro non imprenditori, che
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CAPITOLO TERZO
generalizzare le tutele.
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CAPITOLO TERZO
essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della
della disciplina.
58
Per la sintesi sui licenziamenti si rimanda alle slides in appendice.
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CAPITOLO TERZO
L’entrata in vigore del d. lgs. ha causato una situazione rara nel panorama
del lavoro in Italia. Il fatto che, per effetto del fatto che il decreto ha validità
per tutti coloro che sono stati assunti dopo la data del 7 marzo 2015 con
per coloro che sono stati assunti prima di questa data e fino a risoluzione del
di lavoro. Nei fatti può capitare che due lavoratori della stessa azienda, con
Per coloro i quali erano già assunti prima del Jobs Act (o meglio
o perché tale fatto rientra nelle condotte punibili con una sanzione
mensilità;
- 144 -
CAPITOLO TERZO
Per coloro che invece sono, e saranno, assunti dopo l’entrata in vigore del
una indennità risarcitoria di un importo pari ad una mensilità per ogni anno
(articolo 4).
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CAPITOLO TERZO
normale uscita dal mercato del lavoro delle risorse che potranno e vorranno,
Questo comporta che gli effetti del Jobs Act sono lungi dall’essere
effetti.
risulti invasivo in quanto ha rielaborato l’istituto dell’art. 410 c.p.c. che anni
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CAPITOLO TERZO
Il Jobs Act nei decreti attuativi ha previsto anche modifiche alle misure a
essenziali.
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CAPITOLO TERZO
b) il lavoratore deve poter far valere, nei quattro anni precedenti l’inizio
Naspi per tutto il periodo ammesso senza poi rientrare nel mercato del
involontariamente l’occupazione.
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CAPITOLO TERZO
approvato dal Consiglio dei Ministri senza tener nemmeno conto dei rilievi
contrattuale molto diverso da quello che poteva immaginarsi alla luce delle
a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, con tutele crescenti per i
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CAPITOLO TERZO
lavoro subordinato.
della misura delle indennità risarcitorie che in taluni casi saranno irrisorie.
59
http://www.ripensarelasinistra.it/wp-content/uploads/2014/02/Itinerario-regresssivo.pdf
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CAPITOLO TERZO
dell’indennità supplementare.
con le parti sociali e sembra, come da più parti sottolineati, il frutto del solo
colloquio con Confindustria, che pare la reale autrice del decreto in ogni sua
che è stata l’unica vera politica comune del lavoro negli anni della grande
crisi europea. Il Jobs Act sembra alla fine fare seguito a quella famosa lettera
della BCE del 5 agosto del 2011 che nelle prescrizioni di policy non era
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CAPITOLO TERZO
una nuova costituzione materiale del lavoro, nella quale l’art. 4 comporta la
come unica condizione per rendere il mercato del lavoro più efficiente e più
aver per forza fatto conto di indebolire sostanzialmente il campo delle tutele
indebolimento delle tutele personali in ogni campo. Il Jobs Act, nel suo
lavoro.
60
Stefano Giubboni “Profili costituzionali del contratto a tutele crescenti” in
www.costituzionalismo.it
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CAPITOLO TERZO
dell’art. 76 Cost.
forza nelle piccole imprese che superino, con assunzioni con contratto a
18 dello Statuto. Il travisamento della delega sta nel fatto che, sebbene con
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CAPITOLO TERZO
diversa via oggi risulta parimenti sbarrata dalla configurazione del contratto
L.183/2014).
indeterminato sia ex tunc che ex nunc (art. 5 co. 3,4 d. lgs. 368/2001), ciò
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CAPITOLO TERZO
Prospettano poi questioni di difformità più sottili alla delega anche le altre
costituzionali.
valutazione della misura della sanzione e sul reintegro o meno del lavoratore
sistema disciplinare (art. 2106 cod. civ.), e che per gli stessi lavoratori
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CAPITOLO TERZO
obblighi contrattuali (art. 3, legge n. 604 del 1966) o di giusta causa (art.
rilievo (in contrasto, oltre che con l’art. 3, con l’art. 39, comma 1, Cost.) le
nei luoghi di lavoro, con una strutturale divaricazione delle tutele contro il
Una tale lacerazione dei principi fondativi del diritto del lavoro giunge
ad esiti che appaiono ingestibili persino sul piano pratico nel caso del
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CAPITOLO TERZO
Statuto come riformato dalla legge Fornero, relegando i secondi alla ridotta
rilievo. L’unico interesse realmente protetto finisce per essere quello del
mettendo fuori gioco una volta per tutte la discrezionalità valutativa del
giudice.
Sotto tale profilo, la tensione con i principi costituzionali non sta tanto
nel sostanziale abbandono della tutela reintegratoria quanto in una tutela che,
anche ove possa legittimamente esaurirsi tutta dentro una logica puramente
La lotta per il diritto, per la riconquista di un diritto del lavoro nel quale
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CAPITOLO TERZO
non potrà tuttavia essere affidata soltanto alla dialettica giudiziaria e al pur
inevitabile vaglio di costituzionalità del Jobs Act. Gli istituti della solidarietà
sarà anzitutto compito del lavoro organizzato e del sindacato saper ritrovare,
perduta.
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