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FLEXICURITY IN EUROPA

Analisi e confronto di diversi sistemi di sostegno al mercato del


lavoro

1. Introduzione

In Europa, in tutti i sistemi di protezione sociale sono emerse negli


ultimi 20 anni nuove domande di sostegno alla collettività. Infatti in
questo periodo il mercato del lavoro ha subito profonde trasformazioni;
contemporaneamente si è avuta una profonda ristrutturazione dei modi di
produzione e del funzionamento delle economie europee, a causa
dell’innovazione tecnologica, della globalizzazione dei mercati e della
terziarizzazione delle imprese. Tutti fenomeni visibili e ampiamente
descritti nella letteratura. Tutto ciò ha portato a “vistosi rivolgimenti nelle
strutture occupazionali del nostro continente”1.
Per descrivere brevemente i mutamenti in atto, si può dire che
l’occupazione di stampo fordista, (ovvero il posto di lavoro stabile e a
tempo determinato), si è andata trasformando e ha visto un costante
declino nelle sue unità. All’orario settimanale standard e a tempo pieno
sono subentrate nuove modalità di orario, l’ubicazione stessa del luogo di
lavoro non è detto resti sempre fissa. Si sono insomma formate nuove
tipologie non convenzionali di lavoro, legate alla flessibilità; si parla quindi
di lavoro a tempo parziale, interinale, temporaneo, atipico.
Contemporaneamente, negli anni ‘90, la disoccupazione ha
registrato un innalzamento, in particolare tra i giovani e gli
ultracinquantenni. Quest’ultimo fenomeno ha fatto sì che si verificasse un
incremento di domanda di intervento pubblico, in particolare di
prestazioni tradizionali di sostegno al reddito (gli ammortizzatori sociali,
in Italia).
Sorgono quindi domande relativamente alle tutele per le nuove
forme di occupazione flessibile e all’esigenza di sostenere i disoccupati;
1
Maurizio Ferrea, Le trappole del welfare, Firenze 1998, cit. p. 16.
1
tutti questi bisogni sono legati ai servizi per l’impiego e a quelli per la
mobilità.
Anche in Italia il mercato del lavoro sta diventando sempre più
complesso, come anche il quadro istituzionale di riferimento. Come primo
passo, nel 1998 il “Pacchetto Treu” ha favorito l’utilizzo di forme di lavoro
a termine e a tempo parziale. La Legge 14 febbraio 2003, n° 302, è basata
sul concetto che la flessibilità di ingresso nel mercato del lavoro è il
mezzo migliore per creare nuovi posti di lavoro. Lasciando da parte le
polemiche e le questioni ideologiche che essa ha sollevato, mi limito ad
osservare come tale legge abbia introdotto numerosi contratti di lavoro.3
Il tasso di disoccupazione, nei primi anni di attuazione di questi
provvedimenti, si è effettivamente abbassato e con il tempo la situazione
di chi entra nel mondo del lavoro con un contratto di questo tipo tende a
stabilizzarsi.4
Tuttavia, è in aumento un senso di insicurezza generalizzato, a
causa dell’effettiva instabilità derivata da queste nuove forme
contrattuali.5 Il nostro paese, alla peri dei Paesi dell’est, è caratterizzato
da un livello di sicurezza sociale molto basso e un livello di flessibilità
medio-alto. (Invece gli altri paesi dell’Europa meridionale, quali Spagna,
Grecia e Portogallo sono generalmente considerati come paesi a bassa
flessibilità e media sicurezza; in Spagna, ad esempio tra il 2006 e il 2007
è stato limitato l’uso dei contratti a tempo determinato, nel tentativo di
portarli verso un tempo indeterminato6).

2. Cos’è la flexicurity

2
Meglio nota come Legge Biagi, attuata poi dal Decreto Legislativo 10 Settembre 2003, n°
276.
3
Contratto di apprendistato, job sharing, lavoro a chiamata, contratto a progetto.
4
Michele De Gaspari, Crescono occupati (+1,4%) e disoccupati (7,1% sulla forza lavoro)
nel 1° trimestre 2008, “Il Sole 24 ore”, 19 giugno 2008.
Nel primo trimestre del 2008, ad esempio, si sono registrati 324 mila nuovi posti di lavoro,
grazie all’apporto dei lavoratori immigrati e soprattutto dei part-time, anche se in realtà,
dall’inizio del 2006, nel primo trimestre del 2008 il tasso di disoccupazione è salito al
7,1%, rispetto al 6,1% nella media del 2007 e al 6,8% del 2006.
5
Massimo Paci, Nuovi lavori, nuovo welfare, Bologna 2005, cit. p. 73.
6
Andrea Fontanesi, Marco Vittore Caniti, Flexicurity,: stato dell’arte e contesto europeo,
dal sito di Italia Lavoro, 2007, cit. p. 22.
2
Oggi, quindi, i tradizionali sistemi di welfare sono obsoleti, da un
punto di vista di mantenimento del reddito; tali schemi non possono più
essere basati solo su una logica risarcitoria, ovvero su indennizzi
monetari, soprattutto nel caso della disoccupazione.
A questo proposito, la flexicurity rappresenta la modalità ideale,
secondo l’Unione Europea, per portare avanti da un lato la crescita
economica e dall’altro una buona coesione sociale, concetti entrambi
sostenuti dalla Strategia di Lisbona.7 Non si tratta più di agire per
mantenere la sicurezza che un lavoro fisso può dare, ma di mettere le
persone nella condizione di poter avere la stessa sicurezza qualsiasi cosa
possa accadere, lavorativamente parlando.
Nelle intenzioni della Commissione europea, le politiche dei vari stati
dovrebbero essere indirizzate contemporaneamente ad ottenere la
“flessibilità nel mercato del lavoro, nell’organizzazione e nelle relazioni
all’interno dell’ambiente di lavoro stesso, e al contempo una sicurezza di
impiego e una sicurezza sociale.”8
Un approccio alle politiche pubbliche legato alla flexicurity dovrebbe
diventare una guida per le strategie degli Stati all’interno di un ampio
raggio di azioni. Secondo la Commissione europea, i quattro punti che
dovrebbero rappresentare le basi per questo progetto di miglioramento
sono:

• Lifelong learning (formazione continua): misure che


sostengano la formazione dei lavoratori, per assicurarne
l’adattabilità.
• Modalità contrattuali flessibili: accordi contrattuali flessibili,
sia per l’impresa che per i lavoratori.
• Politiche attive efficaci per il mercato del lavoro: create allo
scopo di facilitare i passaggi da un lavoro all’altro.

7
http://ec.europa.eu/growthandjobs/faqs/background/index_en.htm
8
Roberto Pedersini, Flexicurity and industrial relations, European Foundation for the
Improvement of Living and Working Conditions, 2008, cit. p. 2, propria traduzione
dall’originale.
3
• Sistemi moderni di sicurezza sociale: sistemi per creare
adeguati sostegni ai redditi.9

Nello stesso Libro Verde sul diritto del lavoro della Commissione
delle Comunità europee, del 22-11-2006, si ribadisce l’importanza delle
modalità sopracitate per creare un “mercato del lavoro flessibile ed
inclusivo”.
Per attuare questo sistema è necessario tenere conto il fatto che si
intrecciano piani e livelli d’azione diversi. Ad un primo livello ci sono
sicuramente gli stati membri. Gli Stati europei, infatti, stanno adottando
strategie diverse, e questo è dovuto alle differenti tradizioni storicamente
portate avanti per risolvere i conflitti sociali.10 Gli stati hanno già
sviluppato un proprio modello di welfare state e difficilmente è possibile
adattarli tutti ad un unico sistema per l’occupazione, il quale a sua volta è
stato creato in ambiente particolare, quello svedese, che si diversifica, ad
esempio da quello italiano, per quanto riguarda il tipo di orientamento e
di finalità delle politiche pubbliche.
Ad un secondo livello ci sono le compagnie e le imprese, le quali
devono fronteggiare un mercato sempre più globalizzato e competitivo,
caratterizzato da una domanda mutevole e diversificata. La flessibilità
che esse stanno adottando è di tipo numerico (contratti a tempo
determinato, straordinari, part-time), affiancata da una flessibilità
funzionale (rotazione del lavoro, appalti, salario flessibile e
remunerazione flessibile).11 Al terzo livello ci sono gli individui: la
flessibilità ha certamente un impatto molto forte sulle vite delle persone.
Riassumendo quest’ultimo paragrafo, la flexicurity, quindi, ha come
obiettivo anche beneficiare sia le aziende che i lavoratori e le loro
famiglie.

9
Isfol, Il punto su… Flessicurezza, dal sito dell’Isfol, 2007, cit. pp. 6-7.
10
R. Pedersini, Flexicurity and industrial relations, …, cit. p 4.
11
Emilio Reyneri, Sociologia del mercato del lavoro. Volume II. Le forme dell’occupazione,
Bologna 2005, cit. p. 76.
4
3. Modalità di adozione della flexicurity

I vari Stati devono ora partire dai principi di base della flexicurity,
che sono i quattro sopra elencati, e declinarli secondo le modalità più
adatte a sostenere i differenti modelli di mercato del lavoro, lavorando
per il benessere dei cittadini-lavoratori, ma tenendo presente le
conseguenze, e le opportunità, che possono derivare anche alle aziende-
imprese.
Un tratto comune delle politiche dei vari stati è che non perseguono
né la flessibilità né la sicurezza come unico obiettivo, ma lavorano per
svilupparle simultaneamente, anche se secondo gradi differenti.12 Le
azioni dei vari stati sono state, come si vedrà in seguito, rivolte
principalmente ad incentivare la partecipazione alle attività di formazione
e all’accettare offerte di lavoro, per combattere la disoccupazione di
lungo periodo evitando l’assistenza sociale. Però, per quanto non ci siano
stati grossi distaccamenti dal modello originale, non si è affermata
nemmeno la nascita di un modello comune. Piuttosto si può dire che c’è
una serie di componenti della flexicurity che sono state abbracciate più
diffusamente, “e che possono essere considerate come una forma di
convergenza”13. Un altro aspetto comune è la tendenza alla
decentralizzazione delle Politiche per il lavoro, anche in paesi come la
Francia, storicamente caratterizzati da una forte centralizzazione su
queste tematiche.
Non esiste il modello perfetto di regolazione sia di flessibilità che di
sicurezza. Per presentare l’importanza delle politiche attive, sono stati
scelti esempi di paesi ad elevato tasso di flessibilità (con i pro e i contro
delle soluzioni adottate) per capire come trovare stabilità anche nelle
situazioni più precarie. La Francia, invece, è maggiormente riuscita a
salvaguardare le tutele dei lavori a tempo con l’inserimento della
flessibilità.
Nel Nord Europa la spesa sociale è generalmente alta e distribuita
secondo schemi universali. Ciò significa che in Danimarca, Svezia,

12
R. Pedersini, Flexicurity and industrial relations, …, cit. p. 5, propria traduzione
dall’inglese.
13
Ibid., cit. p. 6.
5
Norvegia, Finlandia e Olanda quasi il 40% del Pil viene destinato alla
spesa sociale e che le forme di protezione vengono offerte a tutti i
cittadini (universalità),14 anche per le attività di formazione.
“Fino dalla prima metà degli anni Novanta, alcuni Stati dell’Unione
sfoggiano risultati molto migliori di altri, sia in termini economici sia in
termini sociali.”15 Se in termini economici, i paesi più vivaci degli ultimi
anni sono stati Danimarca, Finlandia e Svezia, ovvero paesi caratterizzati
da sistemi di welfare estesi e complessi (anche per quanto riguarda le
politiche sull’occupazione), le economie di Germania, Francia e Italia
hanno registrato risultati peggiori.16
Le spese per l’istruzione, come già accennato, sono più ampie
rispetto al resto dell’Europa e il modello del mercato del lavoro è
totalmente fondato sulla flexicurity. “Parlare della flexicurity danese
significa rendere conto delle riforme avvenute nel campo del mercato del
17
lavoro negli ultimi 25 anni” . Pur avendo dovuto tagliare sulla spesa
pubblica per rimettere in ordine i conti dello stato, il sistema ha
funzionato talmente bene che non si sono avute ripercussioni
sull’uguaglianza sociale.
Il mercato del lavoro danese è caratterizzato da un alto grado di
mobilità; infatti c’è un turn over molto elevato e la stessa forza lavoro
presenta una certa disponibilità al cambiamento18. ”La durata media del
rapporto di lavoro è di 8 anni”, questo anche a causa del livello medio di
protezione dell’impiego.
Sono poi gli uffici regionali del Public Employment Service che si
occupano di gestire i fondi statali, e che li adattano alle esigenze degli
individui e dei mercati locali, nell’attuazione dei programmi per la
creazione di impieghi. I programmi che il Servizio di Impiego deve portare
avanti sono il National Action Plan, redatto dal Ministero del lavoro, e i

14
Tito Boeri, Modelli di welfare e integrazione europea, in L’economia del welfare tra stato
e società, (a cura di) Gian Battista Bozzola, Pordenone 2002, cit. p. 24.
15
Anthony Giddens, L’Europa nell’età globale, Bari 2007, cit. p. 15.
16
“In realtà, sono molte le variabili da cui dipendono i buoni risultati conseguiti
dall’economia nazionale, ed è difficile ridurre tali successi alla combinazione di una
maggiore flessibilità del lavoro con un forte sistema di sicurezza sociale.” Cit. p. 38
17
Paolo Borioni, La flexicurity scandinava, inclusione e competizione, in Welfare
scandinavo, welfare italiano, (a cure di) Paolo Borioni, Roma 2005, cit. p. 52.
18
Il mercato del lavoro danese è caratterizzato oltre che da un’elevata flessibilità, anche
dall’apertura di molti posti di lavoro.
6
programmi regionali. All’interno del Nap, poi, sono specificati i piani per
determinati bacini di utenza, ad esempio i giovani, le donne o i disabili.
Il meccanismo di flexicurity, che ha ispirato l’Unione europea,
consente alle imprese, come nel Regno Unito, di licenziare facilmente i
dipendenti ma li protegge nel passaggio da un’occupazione all’altra
tramite vari tipi di indennizzi e un sostegno attivo alla ricerca di lavoro. A
questo viene quindi associato un alto livello nella formazione e nella
riqualificazione del personale. Le politiche attive del lavoro, poi, oltre che
un miglioramento delle qualificazioni, prevedono regole rigide sulla
disponibilità e sul diritto/dovere ad accettare le offerte di lavoro. Le
principali misure di politica attiva riguardano anche le agevolazioni
all’inserimento lavorativo dei disabili e il reinserimento dei soggetti
svantaggiati; oltre alla formazione professionale, sono previsti anche
incentivi fiscali alle assunzioni, interventi mirati alle diverse categorie
delle persone in cerca di lavoro, misure a sostegno della conciliazione dei
tempi e dell’invecchiamento attivo.
L’indennità di disoccupazione è di natura volontaria, ovvero si può
aderire ad una cassa assicurativa di categoria; 19 una condizione abilitante
al sussidio è la registrazione presso i centri per l’impiego20, il che
comporta la disponibilità ad accettare il lavoro offerto e i programmi di
formazione. Tale indennità può ammontare fino al 90% dell’ultimo
stipendio orario.21
In Austria, che è un sistema caratterizzato da posizioni mediane per
quanto riguarda flessibilità e sicurezza, come anche gli altri paesi
dell’Europa centrale quali Francia, Germania e Belgio, gli interventi più
recenti tendevano a rinforzare la sicurezza, garantendo protezioni
maggiori ai cosiddetti lavoratori atipici, che fino a poco tempo fa erano
meno regolamentati. Oltre a ciò, “in questo contesto si è registrata
un’importante innovazione nel 2003 allorché è entrato in vigore il nuovo
sistema d’indennità di licenziamento.”22 Se nel vecchio sistema

19
P. Borioni, La flexicurity scandinava, inclusione e competizione, …, cit., p. 52.
20
Tali centri sono detti arbejdsformidlingen, o AF.
21
Storicamente, le politiche per l’impiego dal 1994 erano composta da politiche attive e
passive, ovvero l’alternanza di sussidi e di misure attive. Nel tempo si è ridotto il periodo
di sussidio, da quatto a due anni.
22
A. Fontanesi, M. Caniti, Flexicurity,: stato dell’arte e contesto europeo, …, cit. p. 77.
7
l’indennità di licenziamento dipendeva dalla lunghezza del rapporto di
lavoro, e quindi nel passaggio da un lavoro all’altro venivano persi i diritti
accumulati, nel nuovo sistema il datore di lavoro deve versare un importo
fisso mensile su un conto individuale, intestato al lavoratore, al quale si
può attingere in caso di licenziamento. “Il nuovo sistema elimina gli effetti
scoraggianti per la mobilità e impedisce che i lavoratori perdano i diritti
acquisiti in caso di cessazione volontaria del rapporto di lavoro.”
In Germania, tra il 2000 e il 200423 è stato varato un pacchetto di
riforme in materia di lavoro, allo scopo di rendere più efficienti i servizi di
collocamento, di agevolare il lavoro delle agenzie specializzate nella
somministrazione del lavoro. L’aspetto più interessante è che queste
riforme hanno portato alla fusione tra le procedure di assistenza sociale e
di assistenza ai disoccupati;24 in questo modo, tutti i soggetti abili al
lavoro hanno la possibilità di reintegrarsi nel mercato del lavoro. “Queste
riforme sono state influenzate dalla filosofia dell’assistenza al lavoro.”25
Inoltre, elemento interessante per quanto riguarda la sicurezza sociale,
vengono regolati e tutelati anche i “mini-jobs”, cioè i lavori che
percepiscono fino a 400 euro mensili per meno di 16 ore la settimana,
allo scopo di far emergere il lavoro irregolare.
Per quanto riguarda le politiche attive per l’occupazione, sono le
agenzie locali per il lavoro che hanno la competenza per la loro
progettazione e realizzazione: le misure in materia di lavoro sono
indirizzate ad ottenere una maggiore attivazione dei soggetti in cerca di
occupazione. Viene fornita per un anno un’indennità di disoccupazione di
tipo assicurativo “a chi nei due anni precedenti sia stato soggetto
all’obbligo assicurativo per almeno 12 mesi”.26 Se trascorso questo
periodo il soggetto è ancora disoccupato può avere diritto ad un’indennità
di disoccupazione ulteriore.
Queste indennità, però, vengono sospese, nel caso la persona declini
l’offerta di lavoro o non partecipi ai programmi per la riqualificazione
23
Legge del 2000 sul contratto a termine e sul part-time e le quattro leggi “Hartz”, due del
2002 e due del 2003.
24
Infatti il tasso di disoccupazione è salito negli ultimi anni, e si mantengono elevate le
percentuali di disoccupazione di lungo periodo.
25
Andrea Fontanesi (a cura di), Le politiche del lavoro e i servizi per l’occupazione in
alcuni paesi europei, dal sito di Italia Lavoro, 2007, cit. p. 12.
26
Ibid., cit. p. 9.
8
professionale. E’ previsto anche un sussidio di reinserimento, dopo un
lungo periodo di disoccupazione e in caso di inizio di un nuovo lavoro. 27
Fulcro di questa riforma è la deregolamentazione del diritto del lavoro,
anche per “creare le condizioni per piccoli lavori di sussistenza, a cui
possono accedere anche persone non qualificate”, passando quindi per la
regolazione del sommerso.28 Il sindacato, però, pone giustamente in luce
gli aspetti negativi di questa deregolamentazione, ovvero il fatto che gli
operai interinali, obbligati ad accettare il lavoro fornito, ottengano salari
più bassi rispetto agli altri operai.
In Francia il sistema di protezione per la perdita involontaria di
lavoro prevede due indennità: un’assicurazione contro la disoccupazione
finanziato dai contributi (dei lavoratori e dei datori di lavoro) e un regime
di solidarietà finanziato dallo stato.29 In Francia vi sono due diverse
Agenzie che si occupano l’una di aiutare le persone disoccupate a trovare
un lavoro (incluse le attività di riqualificazione) e l’altra dei benefici
previdenziali e degli indennizzi.
I servizi pubblici per l’impiego “hanno come missione la definizione
delle Politiche dell’occupazione ai differenti livelli territoriali“30. Tali Servizi
dipendono dall’Agenzia Nazionale per l’impiego; da semplici uffici di
collocamento, si sono aggiunte negli ultimi 10 anni le altre funzioni della
politica attiva. Il loro modello organizzativo è tra i più efficienti in Europa.
I servizi dell’Agenzia Nazionale per l’impiego sono rivolti ad imprese e
lavoratori; la presa in carico delle domande non viene gestita
necessariamente nell’ufficio dove è stata inoltrata la domanda, ma in
quello che meglio risponde alle esigenze professionali dell’interessato.
Inoltre è presente un’agenzia, totalmente privata, rivolta
esclusivamente al reinserimento dei quadri e dei manager, l’Apec,
Agence pur l’Emploi Cadres. Infatti, sono presenti alcune agenzie,
specifiche per determinate problematiche, quali la formazione degli
adulti, il miglioramento delle condizioni di lavoro, l’inserimento delle
persone con handicap.
27
A. Fontanesi (a cura di), Le politiche del lavoro e i servizi per l’occupazione in alcuni
paesi europei, …, cit. p. 11.
28
Ibid. cit. p. 15.
29
Ibid., cit. p. 27.
30
Ibid. cit. p. 28.
9
Sono state prese significative misure per l’apprendimento lungo il
corso della vita31, a differenza della Germania, e con la legge di
modernizzazione sociale si è istituito il diritto a mettere in pratica le
conoscenze acquisite.
La Francia si segnala per un uso molto buono di Internet come
mezzo per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Nei sistemi anglo-sassoni la spesa sociale è generalmente bassa;
però “la caratteristica precipua del sistema anglosassone è quella di
essere volto a impedire che il cittadino cada in condizioni di povertà
estrema.”32 Una quota molto alta della spesa sociale viene destinata
all’assistenza di ultima istanza, ovvero i sussidi, per impedire le condizioni
di indigenza estrema. Solo di recente sono state introdotte le spese per la
formazione. E’ questa la differenza fondamentale tra questo sistema e i
paesi dell’area nordica e continentale.
Il livello di flessibilità per questo gruppo di paesi è molto alto ma il
livello di sicurezza è medio-basso.
Il Regno Unito, ad esempio, ha il mercato del lavoro meno
regolamentato dell’UE; per questo si è lavorato per incrementare la
flessibilità a favore dei lavoratori e per aumentare le politiche attive del
lavoro. Negli ultimi 10 anni, ad esempio, è stato incrementato il diritto ad
una maggior flessibilità nel caso di genitori con figli piccoli o di adulti che
debbano prendersi cura di anziani. Sono state rafforzate, ad esempio
alcune provvigioni per i congedi di paternità, anche se non è ancora stato
introdotto pienamente il diritto al congedo parentale pagato.
Il Regno Unito però è uno dei paesi con la percentuale più alta di
popolazione attiva e più bassa di disoccupazione. Dal 1997, infatti, gli
obiettivi del governo sono stati: la creazione di un mercato del lavoro
flessibile, (ma con standard minimi per tutti di sicurezza), delle politiche
33
attive del lavoro per prevenire la disoccupazione di lunga durata.
Dal 1997 è partito il programma cosiddetto New Deal, ovvero un
sistema che combina le misure di welfare con le politiche attive.
31
Legge sulla formazione professionale, maggio 2004.
32
T. Boeri, Modelli di welfare e integrazione europea, …, cit. p. 25.
33
Negli ultimi due anni inoltre, si è posta molta enfasi sull’educazione degli adulti, dopo
aver preso atto nel 2005 della scarsità degli investimenti nella formazione e nel supporto
alle abilità dei lavoratori.
10
Per quanto riguarda le politiche attive nel mercato del lavoro, si è
sempre posta molta enfasi sulla partecipazione della persona alla ricerca.
A proposito dell’intervento statale in per impedire le situazioni di
indigenza, sono presenti specifici programmi di supporto per la ricerca di
un lavoro, mirati anche a differenti gruppi di lavoratori (giovani, persone
con disabilità, over 50), il cui scopo è quello di fornire un supporto
individuale, attraverso la già citata assistenza nella ricerca di lavoro, e i
sussidi economici per la formazione e per il collocamento. 34 E’ tutto
basato sul beneficio di disoccupazione, il cosiddetto Jobseeker’s
35
Allowance ; questo beneficio è pagato dal governo alle persone che sono
disoccupate e che (requisito fondamentale) stanno cercando lavoro, per
coprire le spese necessarie per vivere. Questa sovvenzione è gestita dal
Dipartimento per il lavoro e le pensioni, normalmente attraverso i
cosiddetti Jobcentre Plus36.
I Jobcentre Plus, quindi, attuano una gestione integrata delle
politiche per l’occupazione e delle indennità di disoccupazione.
E’ il lavoro stesso che diventa una forma di welfare, per questo si
pone tanta enfasi nella ricerca attiva di lavoro e si aiutano i richiedenti
questo tipo di supporto a rimuovere la barriere che impediscono un
rientro stabile nel mondo del lavoro e soprattutto si punta sulla
responsabilizzazione di chi percepisce un sussidio di disoccupazione.
Questi paesi, pur con differenze e pur con gli aspetti negativi e di
maggior tensione che derivano da una deregolemantazione del mercato
del lavoro, puntano alle politiche attive; in Italia è la legge n. 247/07
quella che dovrebbe attuare un nuovo protocollo sul welfare. Gli obiettivi
da perseguire riguardano la creazione di strumenti di sostegno al reddito
e di reinserimento, validi per tutte le qualifiche professionali; coperture ai
fini previdenziali anche per i disoccupati; potenziamento dei servizi per

34
R. Pedersini, Flexicurity and industrial relations, …, cit. p. 39.
35
http://www.jobcentreplus.gov.uk/JCP/Customers/WorkingAgeBenefits/Dev_015272.xml.ht
ml
36
Sono le agenzie governative per il sostegno alla ricerca di impiego e si occupano anche
della sicurezza sociale per le persone in età lavorativa. Questo tipo di azione è nata
ufficialmente il 1 Aprile 2002 per unire in un’unica strutture i Servizi per l’impiego
(Employment Service)e l’Agenzia per i sussidi di disoccupazione (Benefits Agency). Un
altro tipo di supporto è l’Income Support, che viene invece dato a quelli che non si
qualificano per il Jobseeker's Allowance o che lavorano meno di 16 ore alla settimana; non
si basa quindi sui contributi pagati.
11
l’impiego, cercando di favorire anche l’inserimento dei giovani. Lo scoglio
principale è però il reperimento dei fondi per attuare queste procedure.37

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37
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lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale.
• http://www.italianieuropei.net/, fondazione di cultura politica.

• http://www.jobcentreplus.gov.uk/JCP/index.html, sito ufficiale dei


centri per l’impiego britannici.
• http://www.oecd.org/home/0,2987,en_2649_201185_1_1_1_1_1,00.
html, organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica.
• http://www.parlamento.it/leggi/

• www.isfol.it, sito dell’Isfol.

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