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POLITICA ECONOMICA
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Introduzione alla politica economica”
Indice
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto
da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale,
ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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Giovanni Cannata “Introduzione alla politica economica”
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Giovanni Cannata “Introduzione alla politica economica”
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Giovanni Cannata “Introduzione alla politica economica”
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Giovanni Cannata “Introduzione alla politica economica”
il tenore di vita;
la crescita del reddito;
la distribuzione del reddito;
la stabilita dei prezzi;
la piena occupazione;
l’equilibrio della bilancia dei pagamenti;
la qualità ambientale;
lo sviluppo equo e sostenibile dal punto di vista
ambientale economico e sociale.
Gli strumenti di politica economica sono variegati e distinguibili
in macro e microeconomici:
Macroeconomici
Politica di bilancio
Politica fiscale
Politica monetaria
Microeconomici
Regolamentazioni
Interventi su famiglie e singole categorie
Strumenti di concorrenza
Strumenti di sicurezza sociale
Incentivi e sussidi alle imprese
ed altri che possono essere dettati dall’esperienza e dalle
condizioni generali dell’economia.
Ovviamente una politica economica è tanto più efficace quanto
più sa utilizzare, anche contemporaneamente, pluralità di strumenti
finalizzati al raggiungimento di determinati obiettivi.
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Giovanni Cannata “Introduzione alla politica economica”
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Giovanni Cannata “Introduzione alla politica economica”
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ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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CHE COS'È LA POLITICA
ECONOMICA?
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Indice
Pag. 2 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 3 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 4 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 5 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 6 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 7 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 8 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 9 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 10 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 11 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 12 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 13 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 14 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
casi particolari di una teoria più generale. Tali schemi teorici hanno
però lasciato inalterata la diatriba tra gli economisti delle opposte
scuole.
In questo testo si cercherà, per quello che è possibile, di essere
il più possibile lontano da un approccio ideologico.
Un'osservazione. Esistono due ordini di ragione per cui per le
discipline politico economiche è più facile l'affermazione di scuole di
pensiero ideologiche che per le discipline naturali:
- la prima ragione, come abbiamo visto, è che per le discipline
umane non può essere utilizzato in modo rigoroso il metodo
sperimentale, tipico delle scienze naturali e gli economisti non hanno
effettuato una scelta epistemologica coerente con la natura dei
fenomeni umani studiati,
- la seconda è che le stesse teorie economiche influenzano la
politica, per cui la pressione della politica e in genere dei gruppi di
potere economici sugli studiosi di economia e sui risultati dei loro
lavori, è molto più forte che nelle discipline naturali.
In altre parole lo studioso di economia si trova egli stesso di
fronte ad un processo di massimizzazione e deve scegliere se
massimizzare la propria carriera, adeguandosi ai gruppi di potere che
dominano la scena in un determinato periodo, oppure se proclamare i
risultati della ricerca economica, che lui ritiene veri, a scapito della
propria condizione economico sociale.
Essendo anche l'economista un animale sociale, egli dovrà
decidere se sia più utile per lui affermare i risultati raggiunti con i
propri studi oppure rimanere conformista.
Pag. 15 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
economia di mercato
economia pianificata
economia mista.
Pag. 16 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 17 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 18 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 19 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 20 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 21 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 22 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 23 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 24 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 25 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 26 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 27 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 28 di 29
Salvatore Della Corte “Che cos'è la Politica economica?”
Pag. 29 di 29
STATO E MERCATO
NELLE TEORIE DELLA
POLITICA ECONOMICA
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Indice
1. IL MERCANTILISMO ---------------------------------------------------------------------------- 3
2. LA FISIOCRAZIA ---------------------------------------------------------------------------------- 5
3. LA SCUOLA CLASSICA INGLESE ----------------------------------------------------------- 7
4. LA SCUOLA STORICA TEDESCA ----------------------------------------------------------- 12
5. IL MARXISMO ------------------------------------------------------------------------------------ 14
6. LA SCUOLA NEOCLASSICA INGLESE ---------------------------------------------------- 18
7. PENSIERO SOCIALE CRISTIANO ---------------------------------------------------------- 22
8. LA SCUOLA KEYNESIANA -------------------------------------------------------------------- 25
9. LA SCUOLA MONETARISTA ----------------------------------------------------------------- 27
10. L’ATTUALE CRISI ECONOMICA MONDIALE -------------------------------------- 28
Pag. 2 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
1. IL MERCANTILISMO
Pag. 3 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 4 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
2. LA FISIOCRAZIA
Pag. 5 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 6 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 7 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 8 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 9 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
il libero scambio;
Il laissez-faire;
Pag. 10 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 11 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 12 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
funzione dei costi: questi ultimi sono funzione del processo produttivo
impiegato.
La teoria delle forze produttive di List integra la teoria dei
valori di scambio e la tradizionale teoria della produzione. Essa studia
in quale modo un operatore economico raggiunga la capacità di
produrre beni o servizi in modo continuato; analizza, inoltre,
l'influenza sull'azione economica dell'imprenditore e del consumatore
del sistema "politico amministrativo" in cui operano. Il termine
"politico amministrativo" è qui usato nel senso più ampio possibile: si
ritiene cioè che il sistema amministrativo di trasferimento culturale
delle conoscenze tecniche e scientifiche, il funzionamento finanziario
dello Stato, il modo di condurre le sue relazioni internazionali,
l'ordine pubblico, l'amministrazione e la legislazione commerciale,
l'efficienza amministrativa dell'apparato giudiziario dello Stato, la
politica infrastrutturale dello Stato, tutti questi aspetti della vita
amministrativa dello Stato siano legati da leggi economiche con
l'azione dell'operatore economico, ne influenzino le scelte: in altre
parole tutto quanto citato in precedenza è argomento della funzione di
utilità dell'operatore economico.
L'operatore economico massimizzante si rende conto del peso di
questi vincoli politico amministrativi e concentra gran parte delle sue
energie per modificarli a proprio vantaggio.
La teoria delle forze produttive, anche se partendo da premesse
completamente diverse, porta alle stesse conclusioni dei mercantilisti:
l'intervento dello Stato in economia è necessario per assicurare il
benessere nazionale; i dazi e il protezionismo possono essere necessari
in determinati momenti storici per tutelare l'interesse nazionale.
Pag. 13 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
5. IL MARXISMO
Pag. 14 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 15 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 16 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 17 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 18 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 19 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 20 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 21 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 22 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 23 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 24 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
8. LA SCUOLA KEYNESIANA
Pag. 25 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 26 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
9. LA SCUOLA MONETARISTA
Pag. 27 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 28 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 29 di 30
Salvatore Della Corte “Stato e mercato nelle teorie della
politica economica”
Pag. 30 di 30
LE FUNZIONI DELLA
POLITICA ECONOMICA
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Le funzioni della politica economica”
Indice
Pag. 2 di 8
Giovanni Cannata “Le funzioni della politica economica”
Pag. 3 di 8
Giovanni Cannata “Le funzioni della politica economica”
Pag. 4 di 8
Giovanni Cannata “Le funzioni della politica economica”
Pag. 5 di 8
Giovanni Cannata “Le funzioni della politica economica”
Pag. 6 di 8
Giovanni Cannata “Le funzioni della politica economica”
Pag. 7 di 8
Giovanni Cannata “Le funzioni della politica economica”
4. LA REDISTRIBUZIONE
Pag. 8 di 8
LA VALUTAZIONE DELLA
POLITICA ECONOMICA
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La valutazione della politica economica”
Indice
Pag. 2 di 8
Giovanni Cannata “La valutazione della politica economica”
Pag. 3 di 8
Giovanni Cannata “La valutazione della politica economica”
Pag. 4 di 8
Giovanni Cannata “La valutazione della politica economica”
Pag. 5 di 8
Giovanni Cannata “La valutazione della politica economica”
Pag. 6 di 8
Giovanni Cannata “La valutazione della politica economica”
Pag. 7 di 8
Giovanni Cannata “La valutazione della politica economica”
Pag. 8 di 8
PROBLEMI E LIMITI
DELLA POLITICA
ECONOMICA
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Problemi e limiti della politica economica”
Indice
Pag. 2 di 11
Giovanni Cannata “Problemi e limiti della politica economica”
Pag. 3 di 11
Giovanni Cannata “Problemi e limiti della politica economica”
Pag. 4 di 11
Giovanni Cannata “Problemi e limiti della politica economica”
Pag. 5 di 11
Giovanni Cannata “Problemi e limiti della politica economica”
Pag. 6 di 11
Giovanni Cannata “Problemi e limiti della politica economica”
Pag. 7 di 11
Giovanni Cannata “Problemi e limiti della politica economica”
Pag. 8 di 11
Giovanni Cannata “Problemi e limiti della politica economica”
Pag. 9 di 11
Giovanni Cannata “Problemi e limiti della politica economica”
Pag. 10 di 11
Giovanni Cannata “Problemi e limiti della politica economica”
Pag. 11 di 11
IL RUOLO
DELL’INFORMAZIONE
NELLA POLITICA
ECONOMICA
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Il ruolo dell’informazione nella
politica economica”
Indice
Pag. 2 di 12
Giovanni Cannata “Il ruolo dell’informazione nella
politica economica”
1. L’ASIMMETRIA INFORMATIVA
Pag. 3 di 12
Giovanni Cannata “Il ruolo dell’informazione nella
politica economica”
Pag. 4 di 12
Giovanni Cannata “Il ruolo dell’informazione nella
politica economica”
Pag. 5 di 12
Giovanni Cannata “Il ruolo dell’informazione nella
politica economica”
Pag. 6 di 12
Giovanni Cannata “Il ruolo dell’informazione nella
politica economica”
Pag. 7 di 12
Giovanni Cannata “Il ruolo dell’informazione nella
politica economica”
Pag. 8 di 12
Giovanni Cannata “Il ruolo dell’informazione nella
politica economica”
Pag. 9 di 12
Giovanni Cannata “Il ruolo dell’informazione nella
politica economica”
Non si può concordare sul fatto che sia la decisione politica sia
quella tecnocratica rappresentano modi di governare imperfetti e
pertanto sull’esigenza di definire i criteri in base ai quali valutare
l’opportunità di delegare certe decisioni ad organi di natura
tecnocratica, nel quadro di un mandato definito dal legislatore e di cui
lo stesso deve mantenere il controllo. La modellazione teorica dei
comportamenti del tecnocrate e del politico permette di cogliere alcuni
insegnamenti generali che devono essere completati sul piano della
valutazione.
La decisione tecnocratica si giustifica quando:
La materia è molto tecnica;
Sussiste un rischio di incoerenza temporale;
Pag. 10 di 12
Giovanni Cannata “Il ruolo dell’informazione nella
politica economica”
Pag. 11 di 12
Giovanni Cannata “Il ruolo dell’informazione nella
politica economica”
Pag. 12 di 12
LE INTERDIPENDENZE
NELLA POLITICA
ECONOMICA
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Le interdipendenze nella politica economica”
Indice
1. LE INTERDIPENDENZE ------------------------------------------------------------------------- 3
2. LA NECESSITÀ DI UN COORDINAMENTO INTERNAZIONALE DELLE
POLITICHE ------------------------------------------------------------------------------------------ 5
3. ISTITUZIONI PER LA GOVERNANCE MONDIALE ----------------------------------- 10
4. FORME DI FEDERALISMO INTERGOVERNATIVO ---------------------------------- 11
5. L’UNIONE EUROPEA E LA POLITICA ECONOMICA -------------------------------- 13
Pag. 2 di 15
Giovanni Cannata “Le interdipendenze nella politica economica”
1. LE INTERDIPENDENZE
Pag. 3 di 15
Giovanni Cannata “Le interdipendenze nella politica economica”
Pag. 4 di 15
Giovanni Cannata “Le interdipendenze nella politica economica”
2. LA NECESSITÀ DI UN COORDINAMENTO
INTERNAZIONALE DELLE POLITICHE
Pag. 5 di 15
Giovanni Cannata “Le interdipendenze nella politica economica”
Pag. 6 di 15
Giovanni Cannata “Le interdipendenze nella politica economica”
Pag. 7 di 15
Giovanni Cannata “Le interdipendenze nella politica economica”
Pag. 8 di 15
Giovanni Cannata “Le interdipendenze nella politica economica”
Pag. 9 di 15
Giovanni Cannata “Le interdipendenze nella politica economica”
Pag. 10 di 15
Giovanni Cannata “Le interdipendenze nella politica economica”
4. FORME DI FEDERALISMO
INTERGOVERNATIVO
Pag. 11 di 15
Giovanni Cannata “Le interdipendenze nella politica economica”
Pag. 12 di 15
Giovanni Cannata “Le interdipendenze nella politica economica”
Pag. 13 di 15
Giovanni Cannata “Le interdipendenze nella politica economica”
Pag. 14 di 15
Giovanni Cannata “Le interdipendenze nella politica economica”
Pag. 15 di 15
LA POLITICA DI BILANCIO
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La politica di bilancio”
Indice
Pag. 2 di 12
Giovanni Cannata “La politica di bilancio”
Pag. 3 di 12
Giovanni Cannata “La politica di bilancio”
Pag. 4 di 12
Giovanni Cannata “La politica di bilancio”
Pag. 5 di 12
Giovanni Cannata “La politica di bilancio”
Pag. 6 di 12
Giovanni Cannata “La politica di bilancio”
Pag. 7 di 12
Giovanni Cannata “La politica di bilancio”
3. IL DEBITO FINANZIARIO
Pag. 8 di 12
Giovanni Cannata “La politica di bilancio”
Pag. 9 di 12
Giovanni Cannata “La politica di bilancio”
Pag. 10 di 12
Giovanni Cannata “La politica di bilancio”
Pag. 11 di 12
Giovanni Cannata “La politica di bilancio”
Pag. 12 di 12
APPROCCI ALLA POLITICA
DI BILANCIO
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Approcci alla politica di bilancio”
Indice
Pag. 2 di 10
Giovanni Cannata “Approcci alla politica di bilancio”
1. L’APPROCCIO KEYNESIANO
Pag. 3 di 10
Giovanni Cannata “Approcci alla politica di bilancio”
Pag. 4 di 10
Giovanni Cannata “Approcci alla politica di bilancio”
Pag. 5 di 10
Giovanni Cannata “Approcci alla politica di bilancio”
Pag. 6 di 10
Giovanni Cannata “Approcci alla politica di bilancio”
Pag. 7 di 10
Giovanni Cannata “Approcci alla politica di bilancio”
Pag. 8 di 10
Giovanni Cannata “Approcci alla politica di bilancio”
Pag. 9 di 10
Giovanni Cannata “Approcci alla politica di bilancio”
Pag. 10 di 10
POLITICA DEL BILANCIO
PUBBLICO. QUADRO
TEORICO (PARTE PRIMA)
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Indice
Pag. 2 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
1Il lettore stia attento. In genere gli economisti sono soliti porre la variabile
indipendente sulle ordinate e sulle ascisse la variabile dipendente. In
matematica si fa il contrario. Noi seguiamo la regola economica per rispetto
dello studente, in modo che ritrovi gli stessi schemi su altri testi.
Pag. 3 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Figura 1
S (+ i) = I ( - i ) [2]
dove
S = save, in italiano risparmio
i = interest rate (tasso di interesse)
I = investimento
La formula precedente dice che al crescere del tasso di interesse
aumenta la disponibilità degli operatori a risparmiare, ma diminuisce
quella degli operatori a richiedere denaro in prestito.
Esiste però sempre un punto in cui domanda ed offerta si
equilibrano e quel punto determina il tasso di interesse di equilibrio.
Pag. 4 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
In termini grafici
Figura 2
Pag. 5 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Figura 3
PQ = v M
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
P=vM
Pag. 7 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Pag. 8 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Pag. 9 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Pag. 10 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Pag. 11 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Pag. 12 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Figura 4
Pag. 13 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
aggiuntivi rispetto a quelli privati (la curva più a destra è data dalla
somma dei due tipi di investimento). Pertanto i nuovi punti di
equilibrio gli investimenti e i risparmi sono a destra di quelli
precedenti, in cui avevamo considerato soltanto l'investimento
privato.
Figura 5
Pag. 14 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Figura 6
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Pag. 16 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Figura 8
Pag. 17 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
3. LA FINANZA KEYNESIANA
Pag. 18 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Figura 9
Pag. 19 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Figura 11
Pag. 20 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Figura 12
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Δ Y = 1/(1 – c) · ΔI [4]
Figura 13
Pag. 22 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Pag. 23 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Pag. 24 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Fig. 14
Pag. 25 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Pag. 26 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Pag. 27 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Pag. 28 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Pag. 29 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
Y=C+I+G [5]
Pag. 30 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
C = c (Y – T) [6]
Y = c (Y – T) + I + G [7]
da cui
Y = (I + G – c T) / (1 - c) [8]
ΔY = (ΔI + ΔG – Δ c T) / (1 - c) [9]
Quello che lo studente deve tenere bene a mente è che nella
realtà economica, le variabili della [9] non sono indipendenti tra di
loro o, per lo meno non è detto che lo siano.
Quando abbiamo parlato della tesi di Ricardo di uno
spiazzamento totale o parziale, abbiamo inteso dire che l'incremento
di ΔG comportava una totale o parziale diminuzione di ΔI.
Per un momento, però, dimentichiamo quali conseguenze
l'incremento di G può determinare sugli investimenti privati e
ipotizziamo che essi siano pari a 0 in modo da poter studiare le
diverse conseguenze sul reddito di una diminuzione delle tasse o di un
incremento della spesa. Se ipotizziamo che ΔI = 0, allora la [9]
diventa:
Pag. 31 di 32
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte prima)”
ΔY = ΔG / (1 – C) – Δ c T / (1 - c) [9]
Pag. 32 di 32
POLITICA DEL BILANCIO
PUBBLICO. QUADRO
TEORICO (PARTE
SECONDA)
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
Indice
Pag. 2 di 26
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
Pag. 3 di 26
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
Figura 1
Pag. 4 di 26
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
ΔY = (ΔI + ΔG – Δ c T) / (1 - c) [1]
Pag. 5 di 26
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
Figura 2
Pag. 6 di 26
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
Figura 3
Pag. 7 di 26
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
Figura 4
Pag. 8 di 26
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
Pag. 9 di 26
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
Pag. 10 di 26
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
Figura 5
Pag. 11 di 26
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
Pag. 12 di 26
Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
3. LE CONDIZIONI DI SOSTENIBILITÀ
FINANZIARIA DEL DEBITO PUBBLICO
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
Figura 7
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
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Quadro teorico (parte seconda)”
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
può dire che la vendita allo scoperto sia una vendita in cui si
cerca, come in tutte le vendite, di guadagnare acquistando al
prezzo più basso possibile e di vendere al prezzo più alto
possibile, ma si vende qualcosa prima di averla acquistata,
perché si prevede che, tra qualche ora o qualche giorno, il
prezzo di acquisto sarà più basso di quello a cui oggi si vende il
titolo. La vendita è resa possibile dalle regole del gioco, che
consentono sui mercati delle Borse valori, di poter vendere
qualcosa preso in prestito da un altro operatore, purché entro
un termine fissato, si restituisca al prestatore il titolo che si è
ricevuto in prestito. Ovviamente c'è un guadagno solo se la
previsione dello speculatore è esatta, cioè se il corso del titolo è
ribassista. Ed è qui che interviene la Banca Centrale. Gli
speculatori sanno che se, al contrario di quanto previsto, il
prezzo dei titoli aumenta durante il tempo del prestito, il
rendimento dell'operazione sarà risultato in perdita. Per queste
ragioni gli speculatori non si permettono mai di tentare
speculazioni al ribasso contro titoli del debito, quando sanno
che dovranno vedersela con una Banca Centrale in grado di
assorbire tutte le vendite effettuate dagli speculatori . La
Banca Centrale ha la forza di acquistare tutti i titoli che vuole e
far perdere molti soldi agli speculatori. Facciamo un esempio:
milioni di titoli del debito giapponese vengono venduti sul
mercato finanziario in un attacco speculativo (ma con un
contratto che lo obbliga a restituire entro una certa data la
stessa azione) dal fornitore del titolo allo speculatore, che
subito la vende al prezzo sul mercato di 1000 yen; se non c'è
una Banca Centrale ad assorbire l'attacco con equivalenti
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
4. LE CONDIZIONI DI SOSTENIBILITÀ
OGGETTIVE DEL DEBITO PUBBLICO
G2 = i D [2]
cioè Δ D/ D = i [4]
Il tasso di crescita del debito dipenderà dal tasso di interesse.
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Salvatore Della Corte “Politica del Bilancio Pubblico.
Quadro teorico (parte seconda)”
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LA POLITICA DEL
BILANCIO PUBBLICO.
PROBLEMI DI
INTERVENTO
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
Indice
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
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Problemi di intervento”
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
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Problemi di intervento”
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
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Problemi di intervento”
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Problemi di intervento”
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Problemi di intervento”
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Problemi di intervento”
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
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Salvatore Della Corte “La Politica del Bilancio Pubblico.
Problemi di intervento”
Δ y/ y = i [1]
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Problemi di intervento”
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Problemi di intervento”
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Problemi di intervento”
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Problemi di intervento”
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Problemi di intervento”
6. CONCLUSIONI
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PRINCIPI DELLA
POLITICA DI BILANCIO
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Principi della politica di bilancio”
Indice
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Giovanni Cannata “Principi della politica di bilancio”
1. LEZIONI DALL’ESPERIENZA
Pag. 3 di 10
Giovanni Cannata “Principi della politica di bilancio”
Pag. 4 di 10
Giovanni Cannata “Principi della politica di bilancio”
Pag. 5 di 10
Giovanni Cannata “Principi della politica di bilancio”
Pag. 6 di 10
Giovanni Cannata “Principi della politica di bilancio”
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Giovanni Cannata “Principi della politica di bilancio”
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Giovanni Cannata “Principi della politica di bilancio”
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Giovanni Cannata “Principi della politica di bilancio”
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GLI OPERATORI E IL
SISTEMA POLITICO
ECONOMICO IN ITALIA
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
Indice
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
1. GLI OPERATORI
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
3. LA COMPETITIVITÀ DELL'ITALIA
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
4. LE IMPRESE
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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economico in Italia”
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Salvatore Della Corte “Gli operatori e il sistema politico
economico in Italia”
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LA POLITICA MONETARIA
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La politica monetaria”
Indice
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Giovanni Cannata “La politica monetaria”
1. LA POLITICA MONETARIA
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Giovanni Cannata “La politica monetaria”
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Giovanni Cannata “La politica monetaria”
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Giovanni Cannata “La politica monetaria”
3. LA LIQUIDITÀ
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Giovanni Cannata “La politica monetaria”
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Giovanni Cannata “La politica monetaria”
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Giovanni Cannata “La politica monetaria”
Una banca può accedere alla liquidità sia dalla banca centrale
sia dal mercato interbancario. Allo stesso modo può cedere liquidità
sia ad altre banche sia alla banca centrale al tasso del marginal
deposit facility concorrendo in questo modo alla movimentazione del
mercato interbancario.
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Giovanni Cannata “La politica monetaria”
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Giovanni Cannata “La politica monetaria”
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LA MONETA
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “La moneta”
Indice
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
Formalmente:
D=B+Z (1)
in cui:
D = depositi totali
B = depositi originari
Z = depositi indotti
Z=zD (2)
in cui z = 1 – q
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Salvatore Della Corte “La moneta”
indotti sono pari ai crediti concessi dalle banche. Questi, a loro volta
sono una frazione di quelli totali D. Precisamente sono la frazione una
volta trattenuta di volta in volta la percentuale di riserva
obbligatoria.
D=B+zD (3)
da cui
D–zD =B (4)
e quindi
D (1 – z) = B (5)
D = B 1/ (1-z) (6)
ricordando che (1 – z) = q
D = B • 1/q
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
politiche con le quali i cittadini vengono privati di una parte del loro
potere d'acquisto, senza che questa grave decisione sia assunta in
modo trasparente e, nelle democrazie, tramite il voto del Parlamento,
come avviene quando vengono aumentate le imposte.
Senza dubbio l'opinione pubblica prevalente condanna
l'inflazione
Secondo la scuola neoclassica l'inflazione è associata sempre ad
una espansione eccessiva della quantità di moneta.
Ai tempi in cui la moneta era metallica Smith scriveva "in ogni
paese del mondo l'avarizia e l'ingiustizia dei principi e degli stati
sovrani, abusando della fiducia dei loro sudditi, hanno gradatamente
diminuito la quantità reale di metallo contenuto originariamente
nelle loro monete".
Il filosofo John Locke affermava che il valore intrinseco (in
termine di metallo prezioso) della moneta era fissato dal generale
consenso e doveva essere garantito dallo Stato. La cosiddetta
tosatura della moneta era- né più, né meno - una frode dello Stato a
danno dei cittadini. Ora che abbiamo studiato una serie di
espressioni tecniche, proprie degli economisti, diremmo che l'obiettivo
dello Stato, in tema di moneta, era, per Locke, garantire la stabilità
del suo valore intrinseco, in termine della merce (metallo prezioso)
che la costituiva.
Con il diffondersi delle banconote, la tosatura è divenuta più
facile perché per attuarla, è sufficiente che lo Stato stampi più
moneta, ma si tratta comunque di una frode dello Stato nei confronti
dei suoi cittadini e avviene storicamente, secondo questa
interpretazione, per le tendenze ad incrementare la spesa dei governi.
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
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Salvatore Della Corte “La moneta”
l'inflazione da domanda;
l'inflazione da costo.
L'inflazione da domanda è dovuta ad una crescita dei prezzi
provocata da una espansione del potere d'acquisto indotta o da
politiche monetarie, o da politiche fiscali. L'inflazione da costi è
quando l'aumento dei prezzi è provocato da un aumento dei costi
fondamentali per la nostra economia. Nel caso specifico un aumento
del prezzo del petrolio, che è la base energetica della nostra economia,
determina impennate inflazionistiche.
Possiamo anche iniziare a comprendere il diverso giudizio che
le scuole economiche danno dell'inflazione.
Se un economista, come nel caso di Shumpeter, è convinto che
siano gli imprenditori e l'innovazione il motore dello sviluppo e che
siano questi fattori a generare posti di lavoro, egli vedrà parzialmente
in modo positivo l'inflazione, almeno nella misura in cui essa di fatto
aumenta i redditi degli industriali e diminuisce le rendite e la
ricchezza dei creditori.
Se un economista, come nel caso di Keynes, ha davanti a sé la
vista milioni di uomini senza lavoro, e ritiene prioritaria la lotta alla
disoccupazione, pur essendo contrario in linea di principio
all'inflazione, è disponibile a correre qualche rischio.
Se invece un economista si sofferma sui diritti dei vari agenti
economici e sulla trasparenza delle decisioni fiscali e politiche, non
può che solennemente condannare l'inflazione.
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LE TEORIE DELLA
MONETA
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Le teorie della moneta”
Indice
Pag. 2 di 10
Giovanni Cannata “Le teorie della moneta”
Pag. 3 di 10
Giovanni Cannata “Le teorie della moneta”
Pag. 4 di 10
Giovanni Cannata “Le teorie della moneta”
Pag. 5 di 10
Giovanni Cannata “Le teorie della moneta”
Pag. 6 di 10
Giovanni Cannata “Le teorie della moneta”
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Giovanni Cannata “Le teorie della moneta”
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Giovanni Cannata “Le teorie della moneta”
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Giovanni Cannata “Le teorie della moneta”
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LA POLITICA MONETARIA.
QUADRO TEORICO:
INTRODUZIONE
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Indice
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Pag. 3 di 41
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Scriviamo ora:
ovvero
MV = p1 q1 + p2 q2 + p3 q3 + ….............. + pn qn
da cui
MV = PQ [1]
Pag. 4 di 41
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
la formula è la seguente
MV + M'V' = PQ [2]
Pag. 5 di 41
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
In termini formali:
P = MV / Q [3]
e quindi
P=aM [4]
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Q=aM [5]
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Pag. 8 di 41
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Pag. 11 di 41
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Pag. 12 di 41
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
M= k PQ [6]
K = M / PQ [7]
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
P = M / KQ
P = MV / Q
Y=vM [8]
2 Il lettore stia attento. In genere gli economisti sono soliti porre la variabile
indipendente sulle ordinate e sulle ascisse la variabile dipendente. In
matematica si fa il contrario. Noi seguiamo la regola economica per rispetta
dello studente, in modo che ritrovi gli stessi schemi su altri testi.
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Figura 1
S (+ i) = I ( - i ) [9]
dove
S = save, in italiano risparmio
i = interest rate (tasso di interesse)
I = investimento
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Figura 2
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Figura 3
PQ = v M
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
P=vM
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Pag. 21 di 41
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
il movente transazionale
il movente precauzionale,
il movente speculativo.
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Pag. 24 di 41
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
R/p = i
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
M1 = k (+ Y) [11]
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Figura 4
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Figura 5
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teorico: introduzione”
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teorico: introduzione”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Figura 6
Figura 7
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Figura 8
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
In termini formali:
Y=C+I [13]
C=cY [14]
Y=cY+I [15]
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
I=Y–cY
I = Y · (1 - c)
Y = 1/ (1 – c) · I [16]
Δ Y = 1/(1 – c) · ΔI [17]
Pag. 35 di 41
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Δ Y = 1/(1 – 0,50) · 1
Δ Y = 1/0,50 · 1
ΔY=2·1=2
Δ Y = 1/(1 – 0,80) · 1
Δ Y = 1/0,20 · 1
ΔY=5·1=5
Pag. 36 di 41
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Δ Y = 1/(1 – c) · ΔS [17]
infatti
S=Y–C
C=cY
quindi
S=Y–cY
S = Y (1 – c)
Y = S 1/(1 – c) [18]
Pag. 37 di 41
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Figura 9
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Figura 10
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro
teorico: introduzione”
Figura 11
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LA POLITICA MONETARIA.
QUADRO TEORICO
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Indice
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 1
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
In termini grafici
Figura 2
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Pag. 6 di 31
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 3
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 4
Pag. 8 di 31
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 6
Δ Y = 1/(1 – c) · ΔI [3]
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è
coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche
parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n.
633)
Pag. 9 di 31
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 7
Pag. 10 di 31
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 8
Pag. 11 di 31
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 9
Pag. 12 di 31
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
2. LO SCHEMA IS - LM
Pag. 13 di 31
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Pag. 14 di 31
Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Possiamo scrivere:
S = S (+Y, +i) [4]
I = I (-i) [5]
S=I [6]
Graficamente, dal momento che possiamo rappresentare su di
un piano unicamente due variabili, porremo sull'asse delle ordinate il
tasso di interesse e il risparmio e l'investimento sull'asse delle ascisse.
Questa volta disegneremo una curva del risparmio per ogni
determinato livello di reddito. Ogni curva del risparmio avrà
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 10
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 11
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
L = L (+Y, - i) [7]
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 12
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 13
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 14
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 15
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
precedenti (E1', E2', E3' …..) tutti con redditi più alti e tassi di
interesse più bassi.
Se trasponiamo questi risultati sulla sistema delle curve IS
LM, la nuova curva LM' sarà a destra della precedente.
Figura 16
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 17
Figura 18
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 19
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 20
Figura 21
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
Figura 20
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria. Quadro teorico”
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POLITICA MONETARIA E
RELAZIONI
INTERNAZIONALI
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Politica monetaria e relazioni
internazionali”
Indice
Pag. 2 di 7
Giovanni Cannata “Politica monetaria e relazioni
internazionali”
Pag. 3 di 7
Giovanni Cannata “Politica monetaria e relazioni
internazionali”
Pag. 4 di 7
Giovanni Cannata “Politica monetaria e relazioni
internazionali”
2. LA STABILITÀ FINANZIARIA
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Giovanni Cannata “Politica monetaria e relazioni
internazionali”
Pag. 6 di 7
Giovanni Cannata “Politica monetaria e relazioni
internazionali”
Pag. 7 di 7
LA POLITICA MONETARIA:
LE ISTITUZIONI
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La politica monetaria: le istituzioni”
Indice
Pag. 2 di 8
Giovanni Cannata “La politica monetaria: le istituzioni”
Pag. 3 di 8
Giovanni Cannata “La politica monetaria: le istituzioni”
Pag. 4 di 8
Giovanni Cannata “La politica monetaria: le istituzioni”
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Giovanni Cannata “La politica monetaria: le istituzioni”
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Giovanni Cannata “La politica monetaria: le istituzioni”
della Banca centrale come nel caso della (14 anni), della BCE (8
anni).
Possono anche essere adottati i contratti incentivanti per i
governatori ai quali possono essere imposte regole di trasparenza
(fare ciò che si dice e dire ciò che si fa)
In generale si richiese alle banche centrali una responsabilità
ovvero una rendicontazione, con una relazione annuale e tecniche
differenziate.
Tendenze più recenti hanno portato alla messa a punto di
procedure di collegialità, con la creazione di comitati di politica
monetaria nei quali le decisioni adeguate vengono assunte
pluralisticamente piuttosto che decisioni singole.
Ovviamente si pongono problemi in ordine alla numerosità
della composizione di questi organismi ed ai poteri ed alle forme
decisionali attribuite ai componenti secondo regole differenti. Aspetti
critici sono quelli delle responsabilità delle decisioni e dei meccanismi
di trasparenza. Altro tema centrale è quello del coordinamento
dell’azione delle banche con il governo.
Il coordinamento e l’interlocuzione con il governo varia da
Paese a Paese: negli USA esiste uno stretto rapporto di lavoro tra
FED e Tesoro mentre nell’Eurozona il commissario affari economici e
il Presidente eurogruppo possono assistere al Governing Council ed il
Presidente della BCE può partecipare all’Eurogruppo.
Va ricordato da ultimo che le Banche centrali sono responsabili
della prevenzione e della risoluzione delle crisi finanziarie.
L’attività di prevenzione concerne il controllo delle istituzioni
finanziarie ma non va confuso con il controllo dei mercati che compete
ad altri soggetti istituzionali come accade in Italia ove la vigilanza
Pag. 7 di 8
Giovanni Cannata “La politica monetaria: le istituzioni”
sulle banche spetta alla Banca d’Italia mentre sui mercati alla
CONSOB.
Nell’Unione Europea l’azione di vigilanza è demandata a livello
di Stato membro anche se esiste un coordinamento delle agenzie
operanti a livello europeo come l’autorità bancaria europea, l’autorità
europea delle assicurazioni, l’autorità europea degli strumenti
finanziari e dei mercati.
Nell’Eurozona il controllo bancario ha luogo sulla base di regole
di buon comportamento e la diffusione delle informazioni relative.
Il cosiddetto Comitato di Basilea ha fissato, in sede
internazionale, esigenze di coordinamento delle procedure. Il controllo
bancario e il tasso di adeguata capitalizzazione (capital adequacy
ratio), è stato previsto dagli accordi di Basilea. Inoltre è stata
predisposta una definizione di un livello del rapporto tra fondi propri
delle banche e ammontare dei prestiti concessi ponderati con il rischio
di controparte .
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LE SCELTE PER
L’INFLAZIONE
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Le scelte per l’inflazione”
Indice
Pag. 2 di 10
Giovanni Cannata “Le scelte per l’inflazione”
Pag. 3 di 10
Giovanni Cannata “Le scelte per l’inflazione”
Pag. 4 di 10
Giovanni Cannata “Le scelte per l’inflazione”
Pag. 5 di 10
Giovanni Cannata “Le scelte per l’inflazione”
Pag. 6 di 10
Giovanni Cannata “Le scelte per l’inflazione”
Pag. 7 di 10
Giovanni Cannata “Le scelte per l’inflazione”
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Giovanni Cannata “Le scelte per l’inflazione”
4. L’EUROZONA
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Giovanni Cannata “Le scelte per l’inflazione”
Pag. 10 di 10
LA POLITICA MONETARIA:
ASPETTI OPERATIVI
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
Indice
1. INTRODUZIONE ----------------------------------------------------------------------------------- 3
2. UNA POLITICA MONETARIA CHE PERSEGUE L'OBIETTIVO DELLA
STABILITÀ DEI PREZZI ----------------------------------------------------------------------- 13
3. UNA POLITICA MONETARIA CHE PERSEGUE L'OBIETTIVO DELLA PIENA
OCCUPAZIONE ----------------------------------------------------------------------------------- 27
4. EFFICACIA DELLA POLITICA MONETARIA ------------------------------------------- 34
Pag. 2 di 36
Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
1. INTRODUZIONE
Pag. 3 di 36
Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
Pag. 4 di 36
Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
Dal momento che non può esistere una politica monetaria seria,
che non sia inserita nell'ambito di una più generale politica
economica, l'attuale sistema europeo è molto deficitario dal punto di
vista della politica economica.
Diversa è invece la situazione negli Stati Uniti d'America, in
Gran Bretagna, in Giappone e in tutti quelle nazioni che possiedono
una sovranità monetaria e le Banche Centrali agiscono in stretto
contatto con le autorità democraticamente elette per stabilire la
politica economica del Paese.
In questi Paesi, le banche centrali, nel decidere la quantità di
moneta da creare, normalmente si adeguano agli indirizzi di politica
monetaria che dà loro il Governo e che sono coerenti con le politiche
del lavoro e di finanza pubblica attuate.
Vista la questione del soggetto titolare di decidere la politica
monetaria di un Paese, la seconda grande questione riguarda gli
strumenti utilizzabili dalla banca centrale.
Attualmente l'attività della Banca Centrale europea è molto
limitata.
Essa opera essenzialmente:
a) operazioni sul mercato aperto di breve termine;
b) operazioni su richiesta del sistema bancario per la gestione
giornaliera della liquidità;
c) modifica del coefficiente della riserva obbligatoria.
Ovviamente è impensabile che una Banca centrale, per le
ragioni che andiamo ad approfondire in questa lezione, possa
governare il sistema monetario e finanziario, definito da taluni
economisti istituzionalmente instabile con questi strumenti.
Pag. 5 di 36
Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
Figura 1
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
D = B · 1/q [1]
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
D = 10 · 1/0,05 = 10 · 20 = 200
Come si vede dall'esempio precedente la manovra della riserva
bancaria è efficacissima e determina immediate e notevoli
ripercussioni sul sistema bancario.
In questo caso non esistono i limiti che abbiamo individuato nel
caso della manovra del tasso di riferimento.
Le banche devono immediatamente aderire al nuovo vincolo e
gli operatori vedranno ridotta la disponibilità di finanziamenti, non
peggiorate le condizioni economiche degli stessi.
Nel caso di un'inflazione in corso, la manovra della riserva
obbligatoria è senza dubbio efficace e vincente.
In termini grafici essa può essere rappresentata come una
riduzione consistente e immediata della quantità di moneta in
circolazione e nello schema IS – LM come uno spostamento a sinistra
della LM.
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
Figura 4
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
Figura 5
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
D = B · 1/q [1]
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “La politica monetaria: aspetti operativi”
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LA POLITICA DEL
COMMERCIO
INTERNAZIONALE
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Indice
Pag. 2 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 3 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 4 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 5 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 6 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 7 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 8 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 9 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Strumenti protezionistici
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Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 11 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
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Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 13 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 14 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 15 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 16 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
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Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
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Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 19 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
le istituzioni:
◦ il livello di corruzione;
◦ le vie di comunicazione;
◦ il tasso di inflazione;
la salute della popolazione:
◦ la speranza di vita,
la scolarità primaria ossia l’alfabetizzazione;
l’istruzione media e superiore:
◦ degli apprendistati;
◦ dei tirocini;
l’efficienza del mercato:
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Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
◦ le distorsioni,
◦ la competizione interna,
◦ la bilancia commerciale,
◦ la flessibilità;
il livello tecnologico:
◦ la posizione mondiale,
◦ i vantaggi competitivi
l’innovazione:
◦ la capacità di innovare.
Tutti gli indici sopraddetti indicano la difficoltà oggettiva che
comporta avviare un'azienda in una nazione, piuttosto che in un'altra.
Ma c'è un indice, calcolato dalla Banca Mondiale, che dice,
quanta parte dei profitti commerciali di un'azienda sono sottratti da
un Stato piuttosto che da un altro.
Questo è diventato l'indice più importante per la politica
industriale e commerciale internazionale di un Paese all'interno di un
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Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
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Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
In termini formali:
n
Aspettativa matematica condizionata = E (X/I) = Σ Pi Xi / I
i=l
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Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
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Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 25 di 30
Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
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Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
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Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
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Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
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Salvatore Della Corte “La Politica del commercio internazionale”
Pag. 30 di 30
LA BILANCIA DEI
PAGAMENTI
Giovanni Cannata
Giovanni Cannato “La bilancia dei pagamenti”
Indice
Pag. 2 di 8
Giovanni Cannato “La bilancia dei pagamenti”
Pag. 3 di 8
Giovanni Cannato “La bilancia dei pagamenti”
consegne differite per le quali gli operatori indicano la data del tasso
di cambio da applicare allo scambio.
Gli strumenti finanziari derivati del tasso di cambio sono:
Swap scambio di valute (flussi monetari in entrata e
uscita) per un periodo di tempo prefissato quando avrà
luogo l’operazione inversa
Opzioni acquisto o vendita alle quali corrisponde il
diritto di acquistare o vendere valuta estera in una data
fissata o entro una certa data ad un prezzo prefissato.
Questi strumenti derivati possono essere impiegati per coprirsi
da un rischio di cambio, per mera speculazione o per arbitraggio in
attesa di condizioni più favorevoli.
La realizzazione dell’euro ha ridotto la dimensione del mercato
il mercato dei cambi in quanto molte valute dei paesi europei
partecipi del mercato mondiale sono scomparse.
Il mercato dei cambi è stato caratterizzato da un’ampia
evoluzione in relazione allo sviluppo del commercio internazionale,
alla liberalizzazione del mercato dei capitali, alla crescente
sofisticazione delle tecniche di gestione del rischio.
Il dollaro continua ad assolvere il ruolo di moneta veicolare per
le transazioni commerciali e in generali per la transazioni valutarie
anche se il dominio del dollaro non è il dominio di New York come
piazza finanziaria. L’euro come altre monete di economie emergenti
potrà sovvertire questo ruolo.
Pag. 4 di 8
Giovanni Cannato “La bilancia dei pagamenti”
Pag. 5 di 8
Giovanni Cannato “La bilancia dei pagamenti”
Pag. 6 di 8
Giovanni Cannato “La bilancia dei pagamenti”
3. IL TASSO DI CAMBIO
Pag. 7 di 8
Giovanni Cannato “La bilancia dei pagamenti”
Pag. 8 di 8
LA BILANCIA DEI
PAGAMENTI E LE
RELAZIONI ECONOMICHE
INTERNAZIONALI
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Indice
Pag. 2 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 3 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 4 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
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Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
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Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
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Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
E' evidente che, fatta eccezione per il solo Paese che possiede la
cosiddetta moneta di riserva, (vedremo dopo cos'è), gli squilibri della
bilancia dei pagamenti dovrebbero avere esclusivamente carattere
temporaneo, sia in caso di surplus che di deficit.
Ipotizziamo che un Paese registri un deficit della bilancia dei
pagamenti: quel paese può sì saldare il deficit della propria bilancia
mediante pagamenti effettuati con le sue riserve internazionali, ma
queste riserve non sono illimitate.
Se il deficit nei confronti dell'estero fosse persistente, la banca
centrale del Paese tenderebbe presto ad esaurirle. È vero che il paese
deficitario può far fronte al deficit grazie al credito concesso dagli altri
paesi, ma il credito che l'estero è disposto a concedere deve ritenersi
illimitato.
Se il surplus nei confronti dell'estero fosse persistente, la banca
centrale del Paese tenderebbe invece ad accumulare un livello molto
alto di riserve valutarie.
Gli squilibri valutari dovrebbero pertanto essere
tendenzialmente temporanei perché, dal punto di vista del paese
deficitario, l'eccesso delle importazioni sulle esportazioni rappresenta
un afflusso netto di beni prodotti da collettività estere, mentre, per un
Paese in surplus, l'eccesso delle esportazioni sulle importazioni
costituisce una sottrazione netta dei beni all'uso della propria
collettività, senza contropartita in un equivalente valore di beni
provenienti dall'estero.
I processi di riequilibrio delle bilance possono essere automatici
o deliberati.
Pag. 8 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 9 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
3. LE RELAZIONI ECONOMICHE
INTERNAZIONALI AL TEMPO DEL SISTEMA
AUREO
Pag. 10 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 11 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 12 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 13 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 14 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 15 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 16 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 17 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 18 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 19 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 20 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 21 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 22 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 23 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 24 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 25 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 26 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 27 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 28 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 29 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 30 di 31
Salvatore Della Corte “La bilancia dei pagamenti e le relazioni
economiche internazionali”
Pag. 31 di 31
L’EQUILIBRIO DEL TASSO
DI CAMBIO
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “L’equilibrio del tasso di cambio”
Indice
Pag. 2 di 9
Giovanni Cannata “L’equilibrio del tasso di cambio”
Pag. 3 di 9
Giovanni Cannata “L’equilibrio del tasso di cambio”
Pag. 4 di 9
Giovanni Cannata “L’equilibrio del tasso di cambio”
uguagliano nei due settori tenuto conto della variabilità del lavoro
all’interno dello stesso stato. Tenuto conto del fatto che i prezzi
dipendono positivamente dal rapporto esistente tra salari e
produttività e quelli dei beni commerciabili sono uguali in relazione al
commercio internazionale, i salari relativi rispecchieranno il
vantaggio dei produttività nel settore dei beni commerciali e il prezzo
dei beni non commerciabili sarà maggiore laddove sia presente
maggiore produttività.
La produttività dei beni commerciabili è maggiore nei paesi
sviluppati. Nei paesi in via di sviluppo per identicità del prezzo i
salari debbono essere più bassi, i salari bassi si ripercuotono sui
settori non commerciabili con mobilità dei lavoratori. Si innesca un
circuito che alla fine si ripercuote sul livello dei prezzi nel paese meno
sviluppato.
Pag. 5 di 9
Giovanni Cannata “L’equilibrio del tasso di cambio”
Y = C + I + G + ( X - M/Q ) in cui:
Pag. 6 di 9
Giovanni Cannata “L’equilibrio del tasso di cambio”
Pag. 7 di 9
Giovanni Cannata “L’equilibrio del tasso di cambio”
Pag. 8 di 9
Giovanni Cannata “L’equilibrio del tasso di cambio”
Pag. 9 di 9
LA SCELTA DEL REGIME
VALUTARIO
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La scelta del regime valutario”
Indice
Pag. 2 di 10
Giovanni Cannata “La scelta del regime valutario”
Pag. 3 di 10
Giovanni Cannata “La scelta del regime valutario”
Pag. 4 di 10
Giovanni Cannata “La scelta del regime valutario”
Pag. 5 di 10
Giovanni Cannata “La scelta del regime valutario”
Pag. 6 di 10
Giovanni Cannata “La scelta del regime valutario”
Pag. 7 di 10
Giovanni Cannata “La scelta del regime valutario”
Pag. 8 di 10
Giovanni Cannata “La scelta del regime valutario”
4. LE CRISI VALUTARIE
Pag. 9 di 10
Giovanni Cannata “La scelta del regime valutario”
Pag. 10 di 10
IL SISTEMA MONETARIO
INTERNAZIONALE
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Il sistema monetario internazionale”
Indice
1. I FONDAMENTALI -------------------------------------------------------------------------------- 3
2. L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA -------------------------------------------------------------- 4
3. IL GOLD STANDARD----------------------------------------------------------------------------- 6
4. IL PERIODO TRA LE DUE GUERRE -------------------------------------------------------- 7
5. GLI ACCORDI DI BRETTON WOODS------------------------------------------------------- 8
6. TRA LA CRISI DEI CAMBI FISSI E LO SME --------------------------------------------- 10
Pag. 2 di 10
Giovanni Cannata “Il sistema monetario internazionale”
1. I FONDAMENTALI
Pag. 3 di 10
Giovanni Cannata “Il sistema monetario internazionale”
Pag. 4 di 10
Giovanni Cannata “Il sistema monetario internazionale”
crisi messicana del 1995, quella del sud est asiatico del
1997-98 ed infine la crisi argentina.
Pag. 5 di 10
Giovanni Cannata “Il sistema monetario internazionale”
3. IL GOLD STANDARD
Pag. 6 di 10
Giovanni Cannata “Il sistema monetario internazionale”
Pag. 7 di 10
Giovanni Cannata “Il sistema monetario internazionale”
Pag. 8 di 10
Giovanni Cannata “Il sistema monetario internazionale”
Pag. 9 di 10
Giovanni Cannata “Il sistema monetario internazionale”
Pag. 10 di 10
IL SISTEMA MONETARIO
EUROPEO
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Il sistema monetario europeo”
Indice
Pag. 2 di 7
Giovanni Cannata “Il sistema monetario europeo”
Pag. 3 di 7
Giovanni Cannata “Il sistema monetario europeo”
Pag. 4 di 7
Giovanni Cannata “Il sistema monetario europeo”
Pag. 5 di 7
Giovanni Cannata “Il sistema monetario europeo”
3. L’EURO
Pag. 6 di 7
Giovanni Cannata “Il sistema monetario europeo”
Pag. 7 di 7
CRESCITA E SVILUPPO
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Crescita e sviluppo”
Indice
Pag. 2 di 11
Giovanni Cannata “Crescita e sviluppo”
Pag. 3 di 11
Giovanni Cannata “Crescita e sviluppo”
Pag. 4 di 11
Giovanni Cannata “Crescita e sviluppo”
Pag. 5 di 11
Giovanni Cannata “Crescita e sviluppo”
Pag. 6 di 11
Giovanni Cannata “Crescita e sviluppo”
Pag. 7 di 11
Giovanni Cannata “Crescita e sviluppo”
Pag. 8 di 11
Giovanni Cannata “Crescita e sviluppo”
Pag. 9 di 11
Giovanni Cannata “Crescita e sviluppo”
4. LA PRODUTTIVITÀ
Pag. 10 di 11
Giovanni Cannata “Crescita e sviluppo”
Pag. 11 di 11
LA CRESCITA E
L’ACCUMULAZIONE DEL
CAPITALE
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La crescita e l’accumulazione del capitale”
Indice
Pag. 2 di 9
Giovanni Cannata “La crescita e l’accumulazione del capitale”
Pag. 3 di 9
Giovanni Cannata “La crescita e l’accumulazione del capitale”
Pag. 4 di 9
Giovanni Cannata “La crescita e l’accumulazione del capitale”
Pag. 5 di 9
Giovanni Cannata “La crescita e l’accumulazione del capitale”
Pag. 6 di 9
Giovanni Cannata “La crescita e l’accumulazione del capitale”
Pag. 7 di 9
Giovanni Cannata “La crescita e l’accumulazione del capitale”
Pag. 8 di 9
Giovanni Cannata “La crescita e l’accumulazione del capitale”
Pag. 9 di 9
ALTRI APPROCCI ALLE
POLITICHE DELLA
CRESCITA
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Altri approcci alle politiche della crescita”
Indice
Pag. 2 di 8
Giovanni Cannata “Altri approcci alle politiche della crescita”
Pag. 3 di 8
Giovanni Cannata “Altri approcci alle politiche della crescita”
Pag. 4 di 8
Giovanni Cannata “Altri approcci alle politiche della crescita”
Pag. 5 di 8
Giovanni Cannata “Altri approcci alle politiche della crescita”
Pag. 6 di 8
Giovanni Cannata “Altri approcci alle politiche della crescita”
Pag. 7 di 8
Giovanni Cannata “Altri approcci alle politiche della crescita”
Pag. 8 di 8
LE POLITICHE PER LA
CRESCITA
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita”
Indice
Pag. 2 di 7
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita”
1. ENUNCIAZIONE DI OBIETTIVI
Pag. 3 di 7
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita”
Pag. 4 di 7
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita”
Pag. 5 di 7
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita”
Pag. 6 di 7
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita”
Pag. 7 di 7
LE POLITICHE PER LA
CRESCITA: LE DOTAZIONI
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita: le dotazioni”
Indice
Pag. 2 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita: le dotazioni”
Pag. 3 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita: le dotazioni”
Pag. 4 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita: le dotazioni”
Pag. 5 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita: le dotazioni”
2. IL CAPITALE INFRASTRUTTURALE
MATERIALE
Pag. 6 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita: le dotazioni”
Pag. 7 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita: le dotazioni”
3. IL LAVORO
Pag. 8 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita: le dotazioni”
Pag. 9 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita: le dotazioni”
5. I MERCATI FINANZIARI
Pag. 10 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita: le dotazioni”
Pag. 11 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche per la crescita: le dotazioni”
Pag. 12 di 12
GLI SQUILIBRI
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Gli squilibri”
Indice
Pag. 2 di 8
Giovanni Cannata “Gli squilibri”
Pag. 3 di 8
Giovanni Cannata “Gli squilibri”
Pag. 4 di 8
Giovanni Cannata “Gli squilibri”
Pag. 5 di 8
Giovanni Cannata “Gli squilibri”
Pag. 6 di 8
Giovanni Cannata “Gli squilibri”
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Giovanni Cannata “Gli squilibri”
Pag. 8 di 8
LA POLITICA TRIBUTARIA
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La politica tributaria”
Indice
Pag. 2 di 12
Giovanni Cannata “La politica tributaria”
1. CONCETTI INTRODUTTIVI
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Giovanni Cannata “La politica tributaria”
Pag. 4 di 12
Giovanni Cannata “La politica tributaria”
Pag. 5 di 12
Giovanni Cannata “La politica tributaria”
Pag. 6 di 12
Giovanni Cannata “La politica tributaria”
Pag. 7 di 12
Giovanni Cannata “La politica tributaria”
2. TIPOLOGIE DI IMPOSTA
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Giovanni Cannata “La politica tributaria”
Pag. 9 di 12
Giovanni Cannata “La politica tributaria”
Pag. 10 di 12
Giovanni Cannata “La politica tributaria”
Pag. 11 di 12
Giovanni Cannata “La politica tributaria”
Pag. 12 di 12
LA TASSAZIONE
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La tassazione”
Indice
Pag. 2 di 9
Giovanni Cannata “La tassazione”
Pag. 3 di 9
Giovanni Cannata “La tassazione”
Pag. 4 di 9
Giovanni Cannata “La tassazione”
Pag. 5 di 9
Giovanni Cannata “La tassazione”
Pag. 6 di 9
Giovanni Cannata “La tassazione”
Pag. 7 di 9
Giovanni Cannata “La tassazione”
Pag. 8 di 9
Giovanni Cannata “La tassazione”
Pag. 9 di 9
LA TASSAZIONE COME
STRUMENTO DI
CORREZIONE
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La tassazione come strumento
di correzione”
Indice
Pag. 2 di 10
Giovanni Cannata “La tassazione come strumento
di correzione”
Pag. 3 di 10
Giovanni Cannata “La tassazione come strumento
di correzione”
Pag. 4 di 10
Giovanni Cannata “La tassazione come strumento
di correzione”
Pag. 5 di 10
Giovanni Cannata “La tassazione come strumento
di correzione”
Pag. 6 di 10
Giovanni Cannata “La tassazione come strumento
di correzione”
Pag. 7 di 10
Giovanni Cannata “La tassazione come strumento
di correzione”
Pag. 8 di 10
Giovanni Cannata “La tassazione come strumento
di correzione”
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Giovanni Cannata “La tassazione come strumento
di correzione”
Pag. 10 di 10
LE POLITICHE FISCALI
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Le politiche fiscali”
Indice
1. L’EFFICIENZA ------------------------------------------------------------------------------------- 3
2. L’EQUITA’ ------------------------------------------------------------------------------------------- 6
3. LA CORREZIONE DELLE INSUFFICIENZE DEI MERCATI ------------------------- 8
4. LE IMPOSTE PIGOUVIANE ------------------------------------------------------------------- 10
5. LA CONCORRENZA FISCALE --------------------------------------------------------------- 12
Pag. 2 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche fiscali”
1. L’EFFICIENZA
Pag. 3 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche fiscali”
Pag. 4 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche fiscali”
Pag. 5 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche fiscali”
2. L’EQUITA’
Pag. 6 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche fiscali”
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Giovanni Cannata “Le politiche fiscali”
Pag. 8 di 12
Giovanni Cannata “Le politiche fiscali”
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Giovanni Cannata “Le politiche fiscali”
4. LE IMPOSTE PIGOUVIANE
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Giovanni Cannata “Le politiche fiscali”
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Giovanni Cannata “Le politiche fiscali”
5. LA CONCORRENZA FISCALE
Pag. 12 di 12
LE POLITICHE
OCCUPAZIONALI: LA
TEORIA NEOCLASSICA E
QUELLA KEYNESIANA
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Indice
1. INTRODUZIONE ---------------------------------------------------------------------------------- 3
2. LA RELAZIONE TRA SALARIO REALE E OCCUPAZIONE NELLA TEORIA
NEOCLASSICA ------------------------------------------------------------------------------------ 5
3. LA RELAZIONE NELLA TEORIA KEYNESIANA -------------------------------------- 18
4. CONCLUSIONI------------------------------------------------------------------------------------ 31
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
1. INTRODUZIONE
Pag. 3 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 4 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Figura 1
Pag. 5 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 6 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 7 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 8 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 9 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Figura 2
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Figura 3
Pag. 11 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 12 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 13 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 14 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 15 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Figura 4
Pag. 16 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 17 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 18 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 19 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 20 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Graficamente:
Figura 5
Pag. 21 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 22 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 23 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
11P. DAVIDSON, The Marginal Product Curve is not the Demand Curve
for Labor and Lucas' Labor Supply function is not the Supply Curve for
Labor in the real world, Journal of Post keynesian Economics - 1983 - pag.
106.
Pag. 24 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Figura 6
Pag. 25 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 27 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 28 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 29 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 30 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
4. CONCLUSIONI
Pag. 31 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 32 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 33 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 34 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 35 di 36
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: la teoria neoclassica
e quella Keynesiana”
Pag. 36 di 36
LE POLITICHE
DELL’OCCUPAZIONE
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Le politiche dell’occupazione”
Indice
Pag. 2 di 14
Giovanni Cannata “Le politiche dell’occupazione”
Pag. 3 di 14
Giovanni Cannata “Le politiche dell’occupazione”
Pag. 4 di 14
Giovanni Cannata “Le politiche dell’occupazione”
Pag. 5 di 14
Giovanni Cannata “Le politiche dell’occupazione”
Pag. 6 di 14
Giovanni Cannata “Le politiche dell’occupazione”
Pag. 7 di 14
Giovanni Cannata “Le politiche dell’occupazione”
2. IL SALARIO
Pag. 8 di 14
Giovanni Cannata “Le politiche dell’occupazione”
Pag. 9 di 14
Giovanni Cannata “Le politiche dell’occupazione”
Pag. 10 di 14
Giovanni Cannata “Le politiche dell’occupazione”
Pag. 11 di 14
Giovanni Cannata “Le politiche dell’occupazione”
Pag. 12 di 14
Giovanni Cannata “Le politiche dell’occupazione”
Pag. 13 di 14
Giovanni Cannata “Le politiche dell’occupazione”
Pag. 14 di 14
LE POLITICHE
OCCUPAZIONALI: IL
DIBATTITO INTORNO
ALLA CURVA DI PHILLIPS
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
Indice
1. LA CURVA DI PHILLIPS------------------------------------------------------------------------ 3
2. IL TRADE-OFF TRA INFLAZIONE E DISOCCUPAZIONE -------------------------- 15
3. LA POSIZIONE DEI MONETARISTI. LE CRITICHE DI MILTON FRIEDMAN AL
TRADE OFF INFLAZIONE – DISOCCUPAZIONE ---------------------------------------- 19
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
1. LA CURVA DI PHILLIPS
Pag. 3 di 33
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
Pag. 4 di 33
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
Pag. 5 di 33
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
Pag. 6 di 33
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
Pag. 7 di 33
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
Pag. 9 di 33
Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
Figura 1
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
Figura 2
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
Figura 4
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
Figura 5
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
Figura 6
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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Salvatore Della Corte “Le politiche occupazionali: il dibattito intorno
alla curva di Phillips”
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LE ASPETTATIVE
RAZIONALI E LA NUOVA
MACROECONOMIA
CLASSICA
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
Indice
Pag. 2 di 29
Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
1. LE ASPETTATIVE RAZIONALI
Pag. 3 di 29
Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
Pag. 4 di 29
Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
In termini formali:
n
Aspettativa matematica condizionata = E (X/I) = Σ Pi Xi / I
i=l
dove I rappresenta l'insieme di informazioni utilizzato da cui
dipende la distribuzione di probabilità.
Una prima proprietà dell'aspettativa matematica condizionata
afferma che, sulla base dell'informazione utilizzata nel periodo
corrente, gli agenti non hanno alcun elemento per prevedere come in
futuro varieranno le loro aspettative circa i valori della variabile
oggetto della previsione. Di conseguenza l'aspettativa razionale
formulata al tempo t costituisce la miglior stima del valore futuro di
una variabile al tempo t + i + J. Se, infatti, gli agenti conoscessero, al
tempo t, come varieranno le loro aspettative al tempo t + i del valore
della variabile al tempo t + i + J, e non usassero tale informazione,
commetterebbero un errore consapevole di previsione, escluso
dall'ipotesi di un uso efficiente dell'informazione. Tale proprietà
significa che l'ipotesi delle aspettative razionali è una teoria che
concerne la formazione delle aspettative correnti, ma non costituisce
una teoria delle future revisioni delle aspettative. In termini formali:
E {[E (X t + i +j/ I] / I t} = E (X t+i+j/ I t)
Una seconda proprietà afferma che nessun sottoinsieme
dell'insieme di informazioni utilizzato può essere usato per migliorare
la previsione. Tale proprietà esclude che i soli trascorsi valori della
variabile oggetto della previsione, e quindi ipotesi di formazione delle
aspettative di tipo estrapolativo, possano fornire migliori previsioni di
quelle ricavate dall'applicazione dell'ipotesi delle aspettative
razionali.
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
In termini formali:
E { [X t+i - E (X t+i)/I t]/S t = O
dove S è il sottoinsieme usato per formulare l'aspettativa del
possibile errore di previsione.
Una terza proprietà afferma che l'aspettativa matematica
condizionata degli errori di previsione è uguale a zero. Tale proprietà
rende particolarmente esplicita l'identificazione tra previsione
razionale e certezza e rileva che l'ipotesi delle aspettative razionali è
l'ipotesi che minimizza l'errore di previsione.
In termini formali:
E (u t + i /It) = 0
dove il simbolo u rappresenta l'errore di previsione.
Una quarta proprietà afferma che gli errori di previsione non
sono serialmente correlati.
In termini formali:
E (X t+i / I t) = E (X t+i / I t Ut-i ... U t-n)
Si assume inoltre che gli errori di previsione abbiano media
zero e una varianza costante e finita. Tali proprietà implicano che le
previsioni ottenute applicando l'ipotesi delle aspettative razionali
sono in media sempre corrette e che gli errori di previsione compiuti
non possono essere utilizzati come informazione per migliorare le
previsioni future.
Muth ricava la convinzione che le aspettative degli operatori
economici corrispondono alle previsioni della teoria economica: le
previsioni degli operatori economici sono cioè le stesse della teoria
economica rilevante. L'ipotesi delle aspettative razionali può dunque
esprimersi nel seguente modo: le aspettative degli operatori
economici tendono a essere distribuite, per uno stesso insieme di
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
Invece, nel caso che stiamo illustrando, essi si basano sui prezzi
relativi, solo che non sono adeguatamente informati sull'andamento
di questi ultimi.
Infine l'ipotesi del tasso naturale, se correttamente formulata,
non comporta implicazioni ne1 confronti di qualsiasi equazione che
sia espressione della relazione empirica tra livelli della
disoccupazione e della produzione. Friedman ha considerato molto
seriamente la critica mossa dalla scuola delle aspettative razionali e
ha concordato con essa che le previsioni sul livello futuro dei prezzi
non si baseranno esclusivamente sull'andamento passato dei prezzi
perché questo equivarrebbe ad affermare non solo che gli operatori
sono sempre in ritardo rispetto ai prezzi attuali, ma anche che
persisterebbero in modo indefinito in questo ritardo . Ma quello che
più preme a Friedman è che la teoria delle aspettative razionali
permette di interpretare in modo diverso le stime empiriche della
curva di Phillips. Negli ultimi anni, infatti, sono stati molti gli studi
statistici che hanno cercato di determinare la pendenza della curva di
Phillips di lungo periodo: verificare cioè se essa sia o meno verticale.
La maggior parte delle verifiche empiriche è stata intrapresa
sulla base della seguente equazione:
1/P dP/dt = a + b (1/P dP/dt)* + f (U)
dove (1/P dP/dt)* rappresenta il tasso anticipato di variazione
dei prezzi; il lato sinistro rappresenta il tasso di variazione dei prezzi;
U è la disoccupazione.
La domanda che a questo punto gli statistici si sono posti
riguarda il valore di b, il quale rappresenta il coefficiente del tasso
corrente, cioè la variazione percentuale del tasso corrente di
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
Figura 1
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
P et, n = h Pt, n ( 1 - h) P et
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
Figura
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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Salvatore Della Corte “Le aspettative razionali e la nuova
macroeconomia classica”
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“DALLA NUOVA MACROECONOMIA
CLASSICA AL NUOVO KEYNESIANESIMO”
Indice
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Università Telematica Pegaso Dalla nuova macroeconomia classica
al nuovo keynesianesimo
dagli economisti, anche da quelli di matrice Keynesiana, non sempre lo stesso successo ha ottenuto
Questo soprattutto perché le motivazioni per l'adozione di tale politica sono parse meno
convincenti. C'è infatti una parte della scuola Keynesiana la quale ha accettato l'esistenza del tasso
naturale di disoccupazione di lungo periodo, ma che ritiene vi sia ancora un ruolo per la politica
monetaria anticiclica nel breve periodo. Secondo tale scuola l'autorità monetaria deve far crescere
l'offerta di moneta a un tasso inferiore a quello programmato di lungo periodo quando l'economia è
in espansione, mentre la deve far crescere a un tasso superiore rispetto a quello programmato di
causa dell'adozione dell'ipotesi delle aspettative adattive, di fornire un'argomentazione valida alla
critica verso questo tipo di attivismo. Infatti se gli agenti adottano aspettative adattive, una politica
anticiclica di breve periodo su di un trend programmato e previsto di lungo periodo permette una
perfetta stabilizzazione del sistema. Supponiamo infatti, che l'economia si trovi in un punto di
equilibrio al di sotto del tasso naturale di occupazione e che abbia raggiunto tale punto in seguito ad
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Università Telematica Pegaso Dalla nuova macroeconomia classica
al nuovo keynesianesimo
una contrazione del tasso di crescita della domanda monetaria non dipendente da alcuna contrazione
essere inferiore a quella prevista. Poiché in base all'ipotesi delle aspettative adattive il processo di
revisione delle aspettative dipende dai valori passati dell'inflazione, il riequilibrio dell'economia può
risultare anche molto lungo. Se il riequilibrio è molto lento una politica monetaria espansiva di
breve periodo può ricondurre velocemente il sistema economico fuori dalla recessione. L'aumento
del tasso di tasso di crescita dell'offerta di moneta comporta un aumento del consumo che stimola la
produzione, quindi l'occupazione e rimuove le aspettative pessimistiche presenti nel mercato in quel
momento. Ancora una volta è solo l'introduzione delle ipotesi razionali che consente di rigettare
Nel contesto teorico della nuova macroeconomia neoclassica la politica anticiclica, essendo
Quando verrà correttamente prevista non potrà più generare alcun effetto reale. Per tornare
domanda globale, ma, nel caso di aspettative razionali che abbiano previsto la politica monetaria
politica monetaria espansiva sarà quello di far aumentare unicamente il livello dei prezzi per tutto
l'ammontare dell'incremento del tasso d'offerta monetaria. L'ipotesi delle aspettative razionali
permette in sostanza di rigettare anche l'utilità di una politica sistematica anticiclica di breve
periodo.
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al nuovo keynesianesimo
Le politiche di controllo della domanda in questo contesto non solo, come avevamo visto,
non riescono ad aumentare il livello del reddito reale nel lungo periodo, ma non riescono neanche a
della politica discrezionale della domanda quale principale strumento di governo dell'economia.
Occorre mettere in evidenza che, come per ogni altra teoria economica, anche i risultati della
nuova macroeconomia classica dipendono dal contesto storico in cui gli studiosi si trovano ad
Quando una teoria economica si mostra incapace di dare un'esauriente spiegazione dei
fenomeni che si manifestano in un dato momento, questa incapacità non dimostra la falsità assoluta
delle affermazioni di quel determinato autore o gruppo di autori. Sempre, quando una teoria è
incapace di aderire o comunque di spiegare il mondo reale, questo accade perché sono intervenuti
nuovi fattori socioeconomici che in precedenza non esistevano. In fondo la differenza consiste nel
quadro di riferimento. Il caso dell'uso della politica della domanda espansiva è 1n questo senso
eloquente. Per quanto controversi possano essere i giudizi su Keynes, è stato senza dubbio opera di
un genio l'osservazione degli effetti reali che essa poteva avere. Con il tempo però l'uso stesso di
quella politica economica ha generato delle reazioni nel sistema economico che solo dopo un lungo
travaglio sono state osservate e descritte analiticamente. Quello che intendiamo affermare è che la
ricerca è questa finestra aperta sulla realtà, questa instancabile osservazione di quello che accade.
Quello che di più valido va rintracciato nella nuova macroeconomia neoclassica, non è il suo
impianto analitico, per quanto affinato esso sia, ma proprio il fatto di saper rendere ragione, di saper
dare una spiegazione del progressivo esaurirsi dell'efficacia di un modo di gestione delle economie,
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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che, se pur fruttuoso per un certo periodo, non appare ora in grado di fornire gli stessi risultati del
passato.
Nell'articolo "Econometric Policy Evaluation" Lucas muove la critica più radicale alla
pretesa generale superiorità della politica discrezionale di gestione della domanda e mette
sillogismo: dato che la struttura di un modello econometrico consiste nella regola della decisione
ottimale degli agenti economici, e dal momento che la regola di decisione ottimale varia
sistematicamente con le variazioni nella struttura delle serie dipendenti dalla politica economica, ne
segue che ogni variazione di politica economica modificherà la struttura dei modelli econometrici.
Per le questioni di previsione di breve periodo abbiamo visto che questa conclusione ha un
significato soltanto occasionale. Al contrario, per gli aspetti coinvolgenti una valutazione della
politica economica, la conclusione precedente è fondamentale; essa implica infatti che paragoni
macroeconometrici non sono validi, fatta eccezione che nel periodo campione o nella previsione ex
conseguenze di decisioni di politica economica arbitrarie e non annunciate, proclamata dalla teoria
della politica economica di derivazione keynesiana, appare essere al di sopra della capacità non solo
dei modelli econometrici della corrente generazione ma anche dei modelli econometrici concepibili
in futuro"1.
1
LUCAS, Econometrie Policy Evaluation, in Business-Cycle Theory, pag. 126.
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In altre parole, non si possono più giudicare gli effetti delle diverse politiche economiche
come un dato indipendente dalle decisioni discrezionali di politica economica. E' impossibile, cioè,
assumere che gli operatori economici non tengano conto, nella formazione della loro funzione di
utilità, degli interventi discrezionali di politica economica. Al contrario gli agenti economici
decideranno i loro comportamenti anche alla luce delle politiche economiche adottate, e ciò può
indurli a modificare le loro reazioni. Ciò può annullare o comunque rendere incerti i risultati sperati
Nei modelli econometrici, invece, la presunta capacità di prevedere le reazioni del sistema
economico di fronte a scelte discrezionali alternative delle autorità di politica economica risiede
alternative stesse.
comportamenti dei soggetti variano in relazione a quello delle autorità di politica economica.
Questo equivale ad affermare l'inutilità di simulare gli esiti di alternative politiche economiche sulla
base di un modello econometrico ottenuto mediante le stime della storia trascorsa dell'economia.
Nella realtà le autorità di politica economica, secondo Lucas, non si trovano di fronte ad un solo
ciascuno dei quali è legato alla particolare politica economica attuata. L'unico ambito in cui è
possibile inserire la valutazione delle politiche economiche è quello in cui si confrontano gli esiti di
politiche alternative tenendo contemporaneamente conto degli effetti che esse provocano sul
funzionamento del sistema economico. Per Lucas però, allo stato attuale delle conoscenze
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dell'affinamento ulteriore dei modelli econometrici correnti è una parziale ammissione di ignoranza:
Il confronto tra politiche monetarie alternative, allo stato attuale del sapere, si presenta come
Un primo regime è quello di una politica monetaria sistematica anticiclica. Una politica
sistematica anticiclica, avverte Lucas, qualora sia conosciuta dagli operatori economici non ha,
invece, la capacità di produrre gli effetti sperati. Effetti che sono riscontrabili in un modello
econometrico basato sulla storia economica passata, ma non in un modello in cui le aspettative
razionali modificano le reazioni degli agenti. L'unico esito di questa politica economica finisce con
non sistematico. Quest'ultimo tipo di condotta delle autorità di politica economica ha l'effetto di
ridurre l'efficienza del sistema dei prezzi relativi come strumento per la migliore allocazione
possibile delle risorse. Una politica economica di questo tipo condurrà presto l'economia in un
Un terzo regime è quello di una politica monetaria che preveda un tasso di crescita costante.
Solo una politica monetaria che preveda un tasso di crescita costante dell'offerta di moneta è allora
Secondo Lucas dunque una gestione della domanda globale di tipo Keynesiana
(discrezionale o anticiclica) non solo non accresce nel lungo periodo la produzione reale e
l'occupazione, ma non è neanche capace di rendere stabile l'andamento del reddito reale.
Ricorderemo però che le affermazioni di Lucas sono valide solamente perché le economie
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hanno subito profondissime trasformazioni dagli ani della "Teoria generale". In particolare
è stata proprio l'attuazione di politiche espansive della domanda che ha provocato tutta una serie di
reazioni da parte degli agenti economici che hanno comportato una trasformazione del
neoclassica non è, come qualche critico afferma, una riedizione aggiornata della teoria classica.
Questa teoria nasce invece come conseguenza dell'introduzione delle aspettative razionali all'interno
della discussione di politica economica che nasce con la curva di Phillips (meglio di Fisher).
Questa scuola si situa, per molti aspetti in una zona diversa da quella classica. Non
rappresenta la rinascita della legge di Say, ma prende le mosse dall'osservazione empirica del
fallimento dei propositi della politica Keynesiana. Ciò è testimoniato dal fatto che la regola di
politica monetaria proposta dalla nuova macroeconomia classica è identica a quella monetarista.
Questo fatto testimonia che, anche nelle sue versioni più estreme, il pensiero macroeconomico ha
questa scuola è impedire che le politiche espansive della domanda finiscano con il generare sfiducia
negli operatori economici e riducano l'efficienza del sistema dei prezzi relativi.
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La nuova macroeconomia classica si pone al termine del lungo dibattito iniziato con
Phillips. In molte sue parti questa teoria economica è capace di una esauriente della corrente
situazione economica, ma c'è un punto di questa scuola, che non sembra convincente: l'ipotesi che
l'insieme dei comportamenti razionali e massimizzanti conduca alla perfetta flessibilità dei prezzi. A
molti economisti l'ipotesi della perfetta flessibilità dei prezzi sembra un'assunzione ad hoc. Essa è
l'equilibrio continuo. In realtà ci sembra che l'ipotesi della vischiosità dei prezzi, soprattutto nel
mercato del lavoro, e per molti beni, è il risultato logico del desiderio di minimizzare i costi
derivanti dalle transazioni di prodotti eterogenei. La forma contrattuale dello scambio, implicita o
esplicita, cioè l'impegno delle parti di vendere e acquistare forza - lavoro per un periodo di tempo
determinato a un prezzo fissato anticipatamente, allontana il funzionamento del mercato del lavoro
Lucas sembra cadere in una semplificazione opposta a quella che si può ricavare dalla lettura
della Teoria Generale. L'osservazione della realtà smentisce questa semplificazione come quella
opposta, che tutti i mercati siano a prezzo fisso. La verità sta nel mezzo. Come dice Hicks nelle
moderne economie è certo il fatto che vi siano almeno due tipi di mercato. Vi sono i mercati in cui i
prezzi sono fissati dai produttori; e per questi, che comprendono una larga parte dei mercati dei
"Ma vi sono altri mercati, a prezzo flessibile, o speculativo, nei quali i prezzi sono ancora
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economico, di semplificare assumendo l'esistenza di uno solo di questi mercati. Così si può
ipotizzare che tutti i mercati stano a prezzo fisso e derivarne una teoria del prezzo fisso, o ipotizzare
mercato del lavoro non sia un mercato a prezzo flessibile come ipotizzato da Lucas, e che questa
ipotesi, quella della vischiosità del salario, non contraddica l'ipotesi del comportamento razionale
degli operatori economici. Frequentissime contrattazioni del prezzo della forza lavoro possono
risultare spiacevoli e onerose, sia per la perdita di tempo che per la possibilità che diano luogo a
continui contrasti a causa delle difficoltà di reperire tutte le informazioni necessarie all'esatta
determinazione del salario. Inoltre lo scambio della forza - lavoro ha aspetti del tutto peculiari, in
grado essi soli di spiegare l'osservata vischiosità salariale. Da un lato una esigenza primaria dei
lavoratori è quella di garantirsi il posto di lavoro anche per il futuro, al fine di evitare il rischio di
trovarsi improvvisamente disoccupati. Dall'altro lato i datori di lavoro sono interessati a non perdere
i propri lavoratori, in quanto essi giungono a possedere una particolare esperienza e quella
particolare specializzazione tipica di ogni specifico processo lavorativo. Non sarebbe, dunque,
ragionevole per i datori di lavoro sostituire continuamente lavoratori già esperti con nuovi lavoratori
E' conveniente, e quindi coerente con la massimizzazione delle utilità, sia per i lavoratori
che per gli imprenditori stipulare contratti di lungo periodo che prevedano lo scambio della forza -
2
HICKS, La crisi nell'economia Keynesiana, pag. 33
3
MALINVAUD, Teoria della disoccupazione, a cura di Impicciatore, 1987.
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comportamento razionale.
Per quanto riguarda i prezzi la loro vischiosità dipende sostanzialmente dalla presenza di
costi di transazione. L'atto di scambio genera infatti costi. Ad esempio, nelle borse valori in cui la
flessibilità dei prezzi porta quotidianamente alla uguaglianza tra la domanda e l'offerta di titoli, i
costi sono rappresentati dalle remunerazioni dei mediatori, la cui presenza consente al mercato di
funzionare.
Gli scambi dei beni di consumo hanno per oggetto beni eterogenei, beni che devono essere
disponibili nei luoghi e nei tempi desiderati dai possibili compratori. Nel caso di questi beni una
struttura degli scambi simile a quella operante nella borsa valori, e in grado di assicurare
l'immediata flessibilità dei prezzi, genererebbe costi elevatissimi. Per i venditori sarebbe difficile far
conoscere quotidianamente i livelli dei prezzi in grado di eliminare l'eccesso di offerta. Gli
La fissazione dei prezzi per periodi più o meno lunghi, oltre che essere la migliore strategia
per conquistare permanentemente la clientela, appare essere la razionale e naturale conseguenza dei
problemi che sorgono negli scambi dei beni eterogenei in luoghi e tempi diversi. Tale pratica
consente di minimizzare i costi derivanti da tali tipi di transazioni. Anche la vischiosità dei prezzi è,
allora, il risultato logico del comportamento razionale che porta a minimizzare i costi delle
Il punto più debole di tutta la costruzione di Lucas è rappresentato dalla sua convinzione
che, anche quando l'economia si trovi al di sotto del livello del tasso naturale di disoccupazione
storicamente determinato non sia adottabile una politica espansiva della domanda globale. Se, come
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giustamente ha osservato Lucas, i modelli econometrici non sono in grado attualmente di fornire
una indicazione certa degli effetti di una politica espansiva della domanda globale, ne segue che
anche la certezza dell'inefficacia di una politica monetaria anticiclica di breve periodo all'intorno di
Anzi, qualora si introduca l'ipotesi della vischiosità dei prezzi e la si riconosca coerente con
il comportamento razionale degli agenti, è possibile che l'economia conosca fasi temporanee di
disequilibrio. Gli agenti, cioè, possono trovarsi, pur elaborando in modo efficiente l'informazione
Se i salari monetari sono fissati per un certo periodo di tempo, e con essi è fissato il livello
dei prezzi, una riduzione della domanda globale, anziché contribuire a ridurre salari e prezzi, può
determinare una contrazione delle quantità domandate e prodotte e quindi una riduzione della
domanda di lavoro. L'economia si può trovare così costretta a operare lungo un sentiero di scambi a
In altre parole, quando un aumento della disoccupazione non dipende da inefficienze del
mercato del lavoro ma da una diminuzione imprevista della domanda globale e i prezzi e i salari si
mostrano vischiosi verso il basso, una politica espansiva della domanda aggregata riconduce
l'inefficienza di un uso totalmente arbitrario della politica economica, ma il suo più grande limite è
Il merito dei nuovi macroeconomisti classici è quello di aver saputo individuare che esiste
disoccupazione che dipende da motivi strutturali e istituzionali. Lucas e gli studiosi di questa scuola
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hanno saputo mettere in evidenza l'esigenza che la politica economica potrà rimuovere le difficoltà
presenti solo adottando strumenti nuovi, capaci di agire innanzitutto sul sistema dei prezzi relativi,
non siano flessibili sui mercati e che su di essi esistano persistentemente disequilibri.
Nella realtà, ad avviso di Malinvaud, nei mercati non avvengono soltanto scambi ma anche
tentativi di scambi. Si possono cioè interpretare le posizioni degli agenti economici come puri
tentativi che possono essere repressi dalle condizioni del mercato stesso.
contemporaneamente sul mercato dei beni e del lavoro, ed individua tre diversi tipi di
disoccupazione:
quando contemporaneamente sul mercato dei beni e su quello del lavoro sono razionate le
quando sul mercato dei beni sono razionati 1 compratori, cioè la domanda di beni eccede
l'offerta, e su quello del lavoro sono razionati 1 lavoratori abbiamo disoccupazione classica;
quando la domanda eccede l'offerta tanto sul mercato dei beni che sul mercato del lavoro,
cui i prezzi sono troppo alti rispetto ai saggi salariali dei consumatori, dato il volume della domanda
autonoma. In altre parole il livello del salario reale presente nell'economia è inferiore a quello che
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La disoccupazione classica, d'altra parte, si verifica quando i salari reali sono troppo alti,
sicché le imprese non trovano convenienza ad utilizzare tutta la propria forza lavoro.
Si verifica, infine, inflazione repressa quando tanto i prezzi che i salari sono così bassi che le
scorte monetarie individuali hanno un grande potere di acquisto, e quando gli individui scelgono il
tempo libero fino ad un limite tale che la domanda dei beni può non essere completamente
soddisfatta.
Distinguendo questi tre casi, Malinvaud supera il tradizionale dibattito tra le scuole
economiche.
Nella teoria neoclassica la disoccupazione dipende sempre da un livello troppo alto dei salari
reali; nella teoria keynesiana la disoccupazione dipende sempre da una carenza del reddito
spendibile della collettività. Malinvaud afferma che, secondo le situazioni di disequilibrio presenti
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ade affronta la situazione economica di quegli anni e propone una serie di consigli di politica
economica. Il punto di partenza delle sue considerazioni è che lo stato presente della situazione
economica mina alle basi la struttura della società liberale. A suo avviso, tanto una accentuata e
perdurante disoccupazione, quanto una inflazione in rapida ascesa costituiscono un pericolo non
La tesi di Meade è che la stagflazione sia causata fondamentalmente dalla compresenza dei
complessiva, attraverso politiche di bilancio e monetaria, spinta a qualsiasi livello necessario per
l'accresciuta capacità e volontà dei sindacati ad aspirare a determinati incrementi del livello
reale degli standard di vita anche se questi eccedono gli incrementi disponibili della produzione
reale;
4
MEADE J.E., La stagflazione: il peggiore dei mali, in La stagflazione, a cura di Mauro Marconi, Il
Mulino, Bologna 1985.
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E' immediato notare che, a differenza che nel quadro di riferimento della nuova
macroeconomia classica e del monetarismo, lo stato attuale dell'economia non viene fatto dipendere
esclusivamente dalle politiche espansive della domanda attuate dai governi di tutto il mondo. Esiste
anche un ruolo della distribuzione del reddito, della latente lotta tra gli imprenditori e i lavoratori
crescita della produttività maggiore. Molti fattori sono stati indicati come causa di questa
incapacità:
Meade non è però convinto che il recupero della competitività da solo possa produrre la
scomparsa totale e permanente delle condizioni inflazionistiche e recessive. Tanto è vero che, anche
quel paesi che hanno sperimentato livelli più alti del tasso di crescita della produttività, attraversano
attualmente condizioni analoghe a quelle della Gran Bretagna. Il vero problema è un altro.
Dice Meade: "Fino a quando gli accordi istituzionali saranno tali da permettere a singoli
gruppi di avanzare separatamente richieste che complessivamente superano le risorse reali, gli
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appetiti potranno crescere con la stessa rapidità dell'offerta, così che la domanda complessiva
l'inadeguatezza dello schema teorico tradizionale della politica economica sintetizzato dal trade-off
della curva di Phillips. Infatti se vengono avanzate e soddisfatte richieste di incrementi dei redditi
monetari superiori agli incrementi della produzione reale disponibile per il consumo, è certo che il
domanda sufficiente per acquistare l'intera produzione disponibile a prezzi che coprono i costi, i
La conseguente crescita del costo della vita renderà inutili i tentativi di ottenere aumenti
troppo ambiziosi dei redditi reali e questa frustrazione porterà a nuovi tentativi di ottenere aumenti
dei redditi monetari. E' evidente che questo meccanismo porterà soltanto ad un incremento
presenza di stagflazione, sentirsi dare consigli molto contrastanti. Per coloro che sono abituati a
pensare in termini keynesiani, l'errore fondamentale è che si sta accettando la recessione mondiale
attuale.
Secondo questi economisti occorre infatti attuare una politica monetaria e di bilancio
espansiva per stimolare la spesa monetaria in beni e servizi allo scopo di creare posti di lavoro e di
ridurre la disoccupazione.
5
MEADE, op. cit., in La stagflazione, pag. 295.
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Altre scuole di pensiero economico raccomandano invece politiche restrittive per diminuire
la spesa monetaria, allo scopo di tenere bassi i prezzi e di combattere l'inflazione. Il contrasto di
opinioni non si limita alla sola politica economica interna, ma coinvolge le implicazioni di carattere
internazionale: esistono paesi con diversi ordini di priorità fra gli obiettivi oppure che
Questa politica espansiva della domanda globale attuata in Germania, avrebbe senza dubbio
ridotto la disoccupazione sia in Germania che in Gran Bretagna e, nello stesso tempo avrebbe
Ma i tedeschi sono stati riluttanti in quegli anni ad espandere la loro domanda globale e lo
sono ancor più dopo che l'unificazione con l'ex Repubblica Democratica Tedesca ha inevitabilmente
comportato un aumento dei livelli dell'inflazione e della disoccupazione. E lo sono ancor più oggi,
in cui si ritrovano a finanziare in modo consistente le economie più deboli dei Paesi europei nel
Secondo Meacle il modo migliore per sfuggire al dilemma posto dalla stagflazione è dato
Innanzitutto, e per questo aspetto Meade concorda con le conclusioni di politica economica
monetarista, occorre liberarsi, secondo Meade dall'idea che, qualsiasi cosa possa accadere al tasso
di crescita dei salari monetari, chi spende avrà sempre moneta sufficiente per coprire il risultante
costo edi produzione, indipendentemente dalla velocità a cui i prezzi crescono. Occorre imporre
industrializzati.
Dice Meade: "Si suggerisce che le politiche monetarie e di bilancio dovrebbero essere
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a titolo di esempio, un tasso di crescita del 5% annuo - della spesa monetaria complessiva in beni e
servizi, e quindi della domanda totale di lavoro necessaria per produrre quei beni e servizi. 6
In secondo luogo, sullo sfondo di questa crescita costante del 5% annuo della domanda
monetaria di beni, sarebbe necessario trovare un metodo nuovo per la fissazione del
In altre parole, secondo Meade, accanto al fallimento di lungo periodo di una politica
monetaria espansiva, per spiegare le condizioni che hanno condotto alla stagflazione, occorre porre
E' evidente, dice Meade, che proprio a causa dell'esistenza di certe istituzioni, quali i grandi
sindacati monopolistici,i lavoratori sono lasciati rincorrere un salario reale che non è quello
Una soluzione appropriata potrebbe essere, a suo avviso, una qualche regola
sullafissazione dei salari che limiti gli incrementi salariali in ciascun settore dell'economia ogni
Dice Meade: "in qualsiasi settore commercio, industria o regione - in cui ci sia stata una
scarsità di offerta di lavoro rispetto alla domanda, è necessaria una crescita e non una caduta del
saggio di salario per attrarre lavoratori, e quindi, per incrementare l'occupazione in quel settore.
Poiché il sistema opererebbe su di uno sfondo in cui in media la domanda di lavoro in termini
monetari per tutti settori dell'economia si espande ad un tasso costante, si avrà che prima o poi ci
sarebbe in ogni specifico settore la necessità, causata dalla concorrenza, di aumentare i saggi di
salario per trattenere la propria forza lavoro. In ogni settore in cui il lavoro sia stato particolarmente
6
MEADE, op. cit., pag. 298.
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scarso, i salari dovrebbero crescere più velocemente di questa media. In ogni settore in cui persiste
un eccesso di offerta di lavoro, qualsiasi crescita dei salari dovrebbe essere evitata o moderata allo
impedire quella che nello schema originario di Phillips veniva definita "trazione della domanda"8 e
che Hicks definiva "la concorrenza tra gli imprenditori per accaparrarsi la manodopera più
qualificata"9 . Occorre contribuire, cioè, al movimento dei lavoratori dai settori con alta offerta ai
settori con bassa offerta. Questo obiettivo è raggiungibile mediante lo strumento degli incrementi
salariali relativi.
complessiva fosse del 5% annuo il livello dei prezzi non crescerebbe più del 3% annuo.
livello della spesa monetaria complessiva su un sentiero di crescita costante del 5% annuo fa
7
MEADE, op. cit., pag. 298.
8
PHILLIPS, La relazione tra disoccupazione e tasso di variazione di saggi salariali monetari nel Regno
Unito: 1861-1957, in Problemi di macroeconomia, a cura di M.G. Mtiller, vol. II: Consumi,
investimenti, salari. Etas/Kompass, Milano, 1968 p. 228- 247.
9
HICKS F.A., Piena occupazione ad ogni costo, in Institute of Economie Affairs, Londra, 1975.
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Si limita a dire "la tesi principale di questo saggio è che il modo migliore per giungere al
controllo della spesa interna in beni e servizi è di apportare frequenti e sollecite variazioni ad alcune
aliquote fiscali.
In questo caso i tassi d'interesse, come stabiliti dalla politica monetaria, possono essere usati
in primo luogo per influenzare il flusso dei fondi di capitale in entrata o in uscita dal paese e quindi
per modificare il conto capitale della bilancia dei pagamenti, mentre il tasso di cambio estero
Approfondiremo meglio queste indicazioni, quando avremo spiegato il tasso di cambio delle
Quello che importa qui sottolineare è che Meade suggerisce dunque di usare le politiche di
controllo della domanda (attraverso la politica monetaria, la politica fiscale e la politica sui tassi di
cambio) per mantenere un tasso costante di crescita della spesa monetaria complessiva sui prodotti
dell'industria e, su questo sfondo, di usare le regole e le politiche di fissazione dei salari per
E' facile osservare che questa poli tic a è una politica Keynesiana.
Negli anni '30 Keynes aveva sostenuto che tagliare i salari monetari avrebbe avuto un effetto
limitato sulle espansioni della occupazione, poiché l'effetto principale sarebbe stato soprattutto di
ridurre il livello assoluto dei più importanti prezzi, dei costi monetari, dei redditi monetari e della
spesa monetaria, lasciando quasi invariati i livelli della produzione reale della disoccupazione.
Nell'ottava lezione del nostro corso abbiamo messo in evidenza che una diminuzione del
10
MEADE, op. cit., pag. 300.
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incremento del consumo, non ha gli effetti attesi dai singoli imprenditori, ma comporta soltanto una
E' una questione completamente differente ma del tutto coerente con l'analisi keynesiana e
con l'interpretazione che di essa abbiamo dato, suggerire che il saggio di salario monetario potrebbe
essere usato per influenzare il livello dell'occupazione nei casi in cui la domanda di moneta sia
In altre parole, una politica espansiva della domanda globale con un tasso di crescita
costante consente che la generale riduzione del salario reale sia accompagnata da una elevata
In questo caso la diminuzione del salario reale è capace di generare un aumento del reddito
Meade sostiene che, all'interno della scuola di pensiero economico keynesiano, si affrontano
due strategie.
La prima utilizza le politiche di controllo della domanda per mantenere la piena occupazione
e le politiche di fissazione dei salari per controllare l'inflazione. Questa strategia può essere
Dice Meade: "I vantaggi della piena occupazione sono gli stessi sia se la si raggiunge
attraverso l'espansione della domanda monetaria spinta fino al punto necessario a coprire i costi
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monetari dati, sia se la si raggiunge attraverso un vincolo sui costi monetari al punto necessario ad
Inoltre, secondo Meade, esiste una ragione sostanziale per cui la strategia del nuovo
L'utilizzo di una politica di fissazione dei salari e di una politica dei redditi come l'unico, o
controllo centralizzato di una ampia gamma di particolari saggi salariali e questo non è sempre
realisticamente attuabile.
11
MEADE, op. cit., pag. 302.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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4 Keynes e i monetaristi
Ci si può tuttavia chiedere, e a ragione, dice Meade, in che cosa questa strategia di politica
problemi legati all'occupazione devono essere risolti dalle libere contrattazioni delle parti,
Meade distingue la sua proposta, quella del nuovo keynesianesimo, da quella monetarista
in primo luogo, Meade non sostiene che la politica finanziaria debba essere diretta
esclusivamente al controllo della quantità di moneta, ma sostiene che debba essere orientata al
crescita.
In terzo luogo Meade ritiene necessaria una riforma delle regole per la fissazione dei salari.
Le due proposte - che le politiche finanziarie debbano essere concepite per mantenere una
crescita costante del cinque per cento annuo della domanda monetaria totale di beni, e che i saggi
salariali, sullo sfondo di una crescita costante della domanda di lavoro, debbano essere determinati
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Il punto vero di distacco di Meade dalle indicazioni della scuola monetarista ci sembra
essere il richiamo all'uso della politica fiscale quale strumento principale di controllo della
domanda globale.
Viene spontaneo domandarsi, allora, se la politica fiscale possa essere realmente uno
I rilievi mossi dalla scuola di politica economica della Pubblic Choice, che approfondiremo
Nel sistema parlamentare, la politica fiscale risponde a tutta una serie di esigenze di carattere
Sembra così difficile un utilizzo della politica fiscale, come studieremo meglio in seguito,
Del resto limiti nel controllo della domanda globale sono evidenti anche nella politica
monetaria, data l'esistenza di uno sfasamento temporale tra le manovre dell'autorità monetaria e i
Ma mentre i limiti della politica monetaria nel controllo della domanda globale sembrano
essere superabili se si adotta una politica di incremento costante della quantità di moneta, meno
superabili sembrano i limiti di carattere istituzionale e politico propri della politica fiscale.
Tutta una serie di studi, che approfondiremo in seguito, hanno dimostrato il ruolo che
12
Tra i contributi principali BUCHANAN J.M. e TULLOCK, The calcolus of consent, Università of
Michigan P r e s a , 1962.
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Al momento attuale sembra più difficile rimuovere le cause dell'inefficacia della politica
fiscale nel controllo della domanda che non quelle della poli tic a monetaria.13
13
Più in generale vedi: BUCHANAN,The limita of liberty betaina A n a r c h y a n d Leviatano,
Chicago 1975.
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5 NAIRU e FERU
Meade prosegue il suo discorso con una analisi del mercato del lavoro molto vicina
Molti, dice Meade sono gli elementi che in un dato momento possono influenzare il livello
Tra questi, due importanti fattori sono: il tasso corrente di inflazione e il livello generale
Più è elevato il tasso d'inflazione, maggiori saranno le rivendicazioni monetarie avanzate per
Più è elevato il live11o generale della domanda corrente di lavoro, più i salari sono
Occorre ricordare che negli anni in cui scrive Meade, l'inflazione era sostenuta.
Supponiamo che il tasso corrente d'inflazione sia, dice Meade, del dieci per cento annuo e
che il tasso di crescita della produttività per unità di lavoro sia del due per cento annuo.
Se, in tali circostanze, i salari monetari aumentassero fino a circa il dodici per cento annuo,
Si avrebbe, quindi, un certo livello di domanda di lavoro, la quale, con il costo della vita al
dieci per cento, darebbe luogo ad una crescita delle remunerazioni di circa il dodici per cento.
ciò darebbe luogo ad una crescita delle remunerazioni superiore al dodici per cento.
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rapidamente.
d'inflazione inferiore.
Anche Meade riconosce l'esistenza di quello che in termini monetaristi viene definito tasso
naturale di disoccupazione.
La tesi di Meade è però che il tasso di disoccupazione del NAIRU non sia determinato
soltanto da cause microeconomiche e strutturali, ma, e questa è la vera novità del pensiero di
Meade, dal tipo di istituzione presenti nel mercato del lavoro, cioè dalle regole per la fissazione dei
Esiste una regola per la quale l'obiettivo primario di ogni rivendicazione salariale è
l'ottenimento del salario reale più elevato possibile per i lavoratori che sono al momento occupati:
questa regola non tiene conto di coloro che si trovano disoccupati e l'unico suo interesse è quello di
Esiste però un'altra regola di fissazione dei salari monetari: quella il cui scopo principale
nell'impresa in questione.
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E' evidente che in genere il comportamento dei sindacati, e questo è vero sicuramente per
l'Italia, prima della crisi strutturale del 2008, debba essere annoverato nella prima piuttosto che
La grave situazione attuale sta modificando il comportamento del sindacato, sempre più
E' vero che si tratta di una strategia volta a difendere il lavoro di chi già è occupato, ma in
ogni caso, si accettano riduzioni di salario reale pur di non diminuire gli occupati.
Meade ritiene che "la mancanza d'interesse per l'occupazione di persone che non sono
ancora occupate nell'azienda è illustrata chiaramente dal modo corrente di vedere il problema degli
lavoratori, probabilmente si faranno tentativi per raggiungere tale obiettivo non sostituendo i
anticipato volontario"14
scaricano sul sistema previdenziale gli squilibri del mercato del lavoro.
E' l'aumento dei prepensionamenti ha rischiato in Italia di far superare agli enti preposti di
far saltare la sostenibilità del sistema fino alle importanti misure di contenimento dei
Per tornare alle politiche occupazionali, in sostanza, secondo Meade, in una economia in cui
i sindacati adottino la prima regola nelle contrattazioni salariali, il livello di disoccupazione naturale
14
MEADE, op. cit., pag. 307.
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All'opposto, se i sindacati nei settori organizzati del mercato del lavoro adottassero una
regola per la fissazione dei salari interamente orientata a stabilire livelli del saggio di salario tali da
incentivare in ciascun caso il massimo livello di occupazione nel settore medesimo, la percentuale
di disoccupazione compatibile con un tasso costante d'inflazione, sarebbe molto più bassa.
In altre parole il livello del tasso naturale di disoccupazione viene a dipendere in modo
costante della domanda globale, garantisce che lavoratori ottengano il salario reale di equilibrio
fosse del dieci per cento ed il tasso di crescita della produttività del due per cento, rivendicazioni
salariali del dodici per cento sarebbero appropriate per contenere il tasso d'inflazione al suo valore
attuale del dieci per cento. Se gli accordi per la fissazione dei salari tendessero in ciascun settore
alla massimizzazione del livello di vita degli occupati nello stesso settore, potrebbe essere
necessario un tasso di disoccupazione del quindici per cento per impedire rivendicazioni salariali
superiori al dodici per cento. Ma se in ogni settore i salari fossero stabiliti in modo tale da
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massimizzare l'occupazione, soltanto una percentuale di disoccupazione del cinque per cento
potrebbe essere compatibile con rivendicazioni salariali non superiori al dodici per cento"15
Anche Meade, dunque, distingue, come i monetaristi, i motivi monetari della disoccupazione
da quelli reali.
Tra i motivi reali della disoccupazione individua il tipo di regola di contrattazione adottata
dai sindacati.
Meade definisce piena occupazione quel livello di occupazione che si avrebbe se, dato un
tasso di crescita costante della domanda monetaria complessiva per i servizi del lavoro, in ogni
Gli alti tassi di disoccupazione osservati, allora, sono la conseguenza del comportamento
15
MEADE, op. cit., pag. 309.
16
MEADE, op. cit., pag. 309.
17
Vedi pure FLAUAGAN R., SOSKICE D., ULMAN L., La questione salariale a partire dagli anni '70,
o p . 315-322, in L a stagflazione, a cura dì Mauro Marconi, Il Mulino, 1985.
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6 Conclusioni
l'influenza del comportamento del sindacato sul livello del tasso naturale di disoccupazione, ci
Se è vero, come avevamo riconosciuto in una precedente lezione, che la sola diminuzione o
contenimento della crescita del salario reale può essere insufficiente per determinare un incremento
del livello di occupazione, la stessa manovra non su manifesterà ugualmente insufficiente in una
economia nella quale si assista nel tempo ad un sentiero costante di crescita del flusso della spesa
monetaria.
Ma riformare il sistema che regola la fissazione dei salari in modo che la sua funzione
principale diventi quella di incentivare l'occupazione, impedisce di usare allo stesso tempo il saggio
di salario come strumento principale per ottenere una distribuzione del reddito socialmente
desiderabile.
Questo risultato può essere ottenuto in altri modi; sul piano dell'efficienza economica è utile
che i profitti di tipo monopolistico in eccesso siano annullati. Esistono, a questo scopo, molte
misure appropriate. Si possono adottare delle misure per impedire pratiche commerciali restrittive e
anche attraverso la libera importazione di prodotti esteri competitivi. Nei casi in cm sia inevitabile
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la presenza di aziende monopolistiche su larga scala, alcune forme di controllo sui prezzi possono
essere appropriate allo scopo di mantenere i prezzi di vendita in linea con costi. Interventi di questa
natura sono molto opportuni. Le forze sociali che volessero ottenere una redistribuzione del reddito
Oltre alla fissazione dei salari esiste un numeroso ms1eme di misure che può e dovrebbe
essere utilizzato per influenzare la distribuzione del reddito e della proprietà tra gli individui e le
famiglie. Si dovrebbero eliminare gli ostacoli agli spostamenti di persone da lavori mal retribuiti a
lavori ben retribuiti. Si dovrebbero adottare misure fiscali per attenuare la disuguaglianza dei redditi
al netto della tassazione e per incentivare una più ampia distribuzione della proprietà. I sussidi e i
servizi sociali, come l'istruzione e la sanità, dovrebbero essere migliorati. Ci sono grandi vantaggi
nell'utilizzare misure fiscali e simili piuttosto che la fissazione dei salari come mezzo principale per
influenzare la distribuzione del reddito e della ricchezza e per trattare i problemi inerenti alla
povertà. Ciò permette di far svolgere al processo di determinazione dei salari la sua naturale e
significativa funzione, di incentivare cioè l'occupazione nei singoli settori dell'economia. Questa
posizione è sicuramente compatibile con la fissazione dei salari m1111m1 per impedire lo
sfruttamento dei lavoratori mal retribuiti da parte dei datori di lavoro monopolistici.
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IL SALARIO E
L’EVOLUZIONE DEL
MERCATO DEL LAVORO
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Il salario e l’evoluzione del mercato
del lavoro”
Indice
1. IL SALARIO ----------------------------------------------------------------------------------------- 3
2. IL SALARIO E IL LIVELLO DI OCCUPAZIONE ----------------------------------------- 5
3. LE TIPOLOGIE DI DISOCCUPAZIONE ----------------------------------------------------- 7
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Giovanni Cannata “Il salario e l’evoluzione del mercato
del lavoro”
1. IL SALARIO
Pag. 3 di 8
Giovanni Cannata “Il salario e l’evoluzione del mercato
del lavoro”
Pag. 4 di 8
Giovanni Cannata “Il salario e l’evoluzione del mercato
del lavoro”
Pag. 5 di 8
Giovanni Cannata “Il salario e l’evoluzione del mercato
del lavoro”
Pag. 6 di 8
Giovanni Cannata “Il salario e l’evoluzione del mercato
del lavoro”
3. LE TIPOLOGIE DI DISOCCUPAZIONE
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Giovanni Cannata “Il salario e l’evoluzione del mercato
del lavoro”
agenzie del lavoro, contrazione del cuneo fiscale, riduzione dei salari
minimi, erogazione di sussidi di disoccupazione.
Nella teoria come nella prassi si fa distinzione tra piena
occupazione ed equilibrio del mercato di lavoro come condizione di
normalità.
Nella piena occupazione di tutta la forza lavoro in età
lavorativa si può avere disoccupazione frizionale.
Con questo termine si fa riferimento a quelle quantità di
disoccupazione che dipendono solo dall’efficienza del mercato del
lavoro, dal suo adattamento, al mutare delle circostanze, da
condizioni meramente transitorie di adattamento che in una certa
misura esisteranno sempre, anche nel migliore dei mercati.
Il tasso di disoccupazione di equilibrio è quello che si realizza in
assenza di shock dell’economia e fa riferimento a condizioni normali
dell’economia ma a disoccupazione di particolari categorie pur in
presenza di disponibilità di altre o a fattori particolari.
Pag. 8 di 8
LA DISOCCUPAZIONE DI
EQUILIBRIO
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La disoccupazione di equilibrio”
Indice
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Giovanni Cannata “La disoccupazione di equilibrio”
1. CONCETTI INTRODUTTIVI
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Giovanni Cannata “La disoccupazione di equilibrio”
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Giovanni Cannata “La disoccupazione di equilibrio”
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Giovanni Cannata “La disoccupazione di equilibrio”
dei salari nominali ma il salario reale. Tenuto conto del fatto che il
livello dei prezzi non è conosciuto al momento del contratto di lavoro,
il salario nominale viene fissato sulla base dei prezzi attesi.
Può essere utile esaminare separatamente la determinazione
dei salari (WS) e quella dei prezzi (PS).
Per quanto riguarda la determinazione dei salari, il salrio
nominale dipende direttamente dal livello dei prezzi atteso,
indirettamente dal tasso di disoccupazione, direttamente dalla
protezione dei lavoratori, quali il salrio minimo, i sussidi di
disoccupazione, i costi di licenziamento.
Nella determinazione dei salari si tiene conto di una relazione
negativa tra salario reale e tasso di disoccupazione e un relazione
positiva tra salario reale e protezione dei lavoratori.
Relativamente ai prezzi dei beni (PS) essi dipendono dai costi di
produzione in cui il lavoro è l’unico fattore produttivo, la produzione è
funzione dell’occupazione e della produttività e il prezzo di vendita dei
beni è un ricarico sul costo marginale.
L’approfondimento della teoria mette in luce che il salrio reale
riferito alle imprese aumenta all’aumentare della produttività mentre
diminuisce se il ricarico delle imprese cresce. La disoccupazione di
breve periodo non coincide con il livello di equilibrio per la presenza di
rigidità nominali (lento e graduale aggiustamento di salari e prezzi).
Nel caso di shock di offerta inflazione e disoccupazione si
muovono nella stessa direzione.
Il modello WS-PS fornisce una spiegazione della disoccupazione
fondata sul rilievo della contrattazione collettiva e dei sindacati
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Giovanni Cannata “La disoccupazione di equilibrio”
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Giovanni Cannata “La disoccupazione di equilibrio”
2. I MODELLI DI MATCHING
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Giovanni Cannata “La disoccupazione di equilibrio”
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LE POLITICHE PER
L’OCCUPAZIONE
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Le politiche per l’occupazione”
Indice
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Giovanni Cannata “Le politiche per l’occupazione”
Pag. 3 di 8
Giovanni Cannata “Le politiche per l’occupazione”
Pag. 4 di 8
Giovanni Cannata “Le politiche per l’occupazione”
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Giovanni Cannata “Le politiche per l’occupazione”
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Giovanni Cannata “Le politiche per l’occupazione”
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Giovanni Cannata “Le politiche per l’occupazione”
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L’OFFERTA DI LAVORO
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “L’offerta di lavoro”
Indice
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Giovanni Cannata “L’offerta di lavoro”
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Giovanni Cannata “L’offerta di lavoro”
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Giovanni Cannata “L’offerta di lavoro”
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Giovanni Cannata “L’offerta di lavoro”
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Giovanni Cannata “L’offerta di lavoro”
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Giovanni Cannata “L’offerta di lavoro”
Modello flessibilità
Protezione del lavoro debole
Sussidi bassi
Collocamento debole
Modello sicurezza
Protezione del lavoro forte
Sussidi variabili e di lunga durata
Collocamento debole
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Giovanni Cannata “L’offerta di lavoro”
Modello flexsecurity
Protezione del lavoro debole
Sussidi alti di lunga durata
Collocamento forte
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LE POLITICHE DEL
LAVORO. ASPETTI
OPERATIVI
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
Indice
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
Disponeva inoltre:
che l'organizzazione del lavoro operaio dovesse essere decisa
da specialisti e gli operai dovessero unicamente eseguire il
lavoro sulla base delle indicazioni ricevute;
che era fondamentale studiare, nel lavoro dell'operaio, tutti i
tempi necessari ed eliminare, quindi, i movimenti falsi, inutili
e combattere, in questo modo, la pigrizia;
Sulla base di queste premesse, secondo Taylor gli operai
specializzati non rivestivano più alcun valore aggiunto, in quanto la
scomposizione del lavoro permetteva a qualsiasi operaio comune di
essere in grado di svolgere adeguatamente la mansione semplificata
predisposta dagli ingegneri, anche se tale mansione poteva risultare
ripetitiva e monotona.
L'operaio non aveva in questo modo più alcun contatto con il
prodotto finito, né con la produzione nel suo complesso, poiché egli
lavorava solo su una piccolissima parte di questo prodotto. La sua
attività era solo una piccola parte del processo necessario a costruire
il prodotto.
Dalle idee di Taylor venne introdotta nel mondo del lavoro la
catena di montaggio, che portò con sé la parcellizzazione,
frantumazione e la rigida divisione del lavoro di fabbrica.
Uno dei primi utilizzatori della catena di montaggio fu Henry
Ford.
Inizialmente l'introduzione del taylorismo parve dunque
incrementare la produttività in modo profondo.
Negli stessi anni, anche nell'Unione Sovietica accadeva
qualcosa che porterà all'adozione di un modello di produzione analogo
al taylorismo. Si tratta di una storia profondamente interessante per
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
Come si vede, nel corso degli ultimi anni, è via via venuto meno
il vincolo che il riposo settimanale avvenga in un giorno prestabilito
della settimana per la maggior parte dei cittadini lavoratori, anche
occupati in attività di commercio al dettaglio e, in genere nella grande
distribuzione. Il lavoro domenicale viene retribuito più di quello
feriale, ma non è possibile rifiutarsi di lavorare per il lavoratore. Il
maggior stipendio discende dalla constatazione che la norma
legislativa, nello stabilire che il lavoratore ha diritto a un giorno di
riposo «di regola in coincidenza con la domenica», ha implicitamente
attribuito alla domenica una valenza superiore agli altri giorni della
settimana da dedicare al riposo, alle attività ricreative per sé e la
famiglia, conseguentemente è sempre stato riconosciuto al prestatore
di lavoro, che per esigenze aziendali a lavorato di domenica, una
maggiorazione retributiva (Cass. n. 11611/2000, n. 11627/2000, n.
12852/2001, n. 18708/2007).
Mentre è apprezzabile che sia stato introdotto il riposo
sabbatico per i lavoratori ebrei con l' art. 4, L. 8 marzo 1989, n. 101 e
agli appartenenti alle Chiese cristiane avventiste (Art. 17L. 22
novembre 1988, n. 516), perché in questo modo essi possono godere
del riposo settimanale con la propria comunità, è del tutto discutibile
che i lavoratori della grande distribuzione commerciale siano stati
privati del diritto al riposo domenicale.
L'introduzione del riposo nel rispetto del giorno sacro per quei
gruppi di cittadini con una determinata religione serve a consentire a
quelle comunità di potersi riunire nel giorno più importante per le
loro famiglie con gli altri membri delle rispettive comunità religiose,
ed è un dovere per uno Stato veramente laico, differenziare il giorno
del riposo tenendo conto dei diversi credi religiosi.
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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Salvatore Della Corte “Le politiche del lavoro. Aspetti operativi”
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LA POLITICA ECONOMICA
NEL BREVE PERIODO
SECONDO IL MODELLO
MUNDELL – FLEMING
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “La politica economica nel breve periodo
secondo il modello Mundell - Fleming”
Indice
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Salvatore Della Corte “La politica economica nel breve periodo
secondo il modello Mundell - Fleming”
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Salvatore Della Corte “La politica economica nel breve periodo
secondo il modello Mundell - Fleming”
interessi pagati sul bilancio dello Stato che si indebita. Anche questa
è un ipotesi plausibile solo nel breve termine.
Il secondo problema è che il modello può applicarsi unicamente
alle economie di Nazioni non in grado di influenzare le variabili
internazionali quali: il reddito estero; i prezzi internazionali delle
merci; il tasso di interesse medio mondiale.
E' evidente che soprattutto il verificarsi della seconda e della
terza condizione siano sempre meno frequenti, dati i recenti processi
di cartelli tra i produttori di materie prime (primo fra tutti l'OPEC) e i
fenomeni di regionalizzazione e la riduzione del numero delle valute
internazionali.
Inoltre oggi la maggior parte del commercio internazionale
avviene tra tre grandi aree geografiche, caratterizzata ciascuna da
centinaia di milioni di abitanti: area euro, area USA, paesi BRICS
effettuano la maggior parte del commercio internazionale.
Come si vede esistono molti limiti in questo modello. Tuttavia
resta necessario studiarlo essenzialmente per due ragioni:
occorre assolutamente integrare il modello IS – LM, che si
riferisce ad un'economia chiusa, considerando anche
l'equilibrio con l'esterno;
nonostante tutte le ipotesi di comodo del modello, esso rimane
uno strumento dell'armamentario del tecnico di politica
economica utilizzabile almeno nel breve termine e ci fornisce
alcune indicazioni utili sulle politiche macroeconomiche più
idonee in determinate situazioni internazionali.
La questione di raggiungere tanto l'equilibrio interno che quello
esterno si presenta in termini diversi a seconda: delle norme vigenti a
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Salvatore Della Corte “La politica economica nel breve periodo
secondo il modello Mundell - Fleming”
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Salvatore Della Corte “La politica economica nel breve periodo
secondo il modello Mundell - Fleming”
Abbiamo scritto:
I = I (-i) [2]
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Salvatore Della Corte “La politica economica nel breve periodo
secondo il modello Mundell - Fleming”
in cui:
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Salvatore Della Corte “La politica economica nel breve periodo
secondo il modello Mundell - Fleming”
L = L (+Y, - i) [4]
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Salvatore Della Corte “La politica economica nel breve periodo
secondo il modello Mundell - Fleming”
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secondo il modello Mundell - Fleming”
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secondo il modello Mundell - Fleming”
F = f (i – iw) [5]
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(X – M) + F = 0 [6]
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secondo il modello Mundell - Fleming”
f (i – iw) = - X + mY [8]
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secondo il modello Mundell - Fleming”
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4. CONCLUSIONI
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secondo il modello Mundell - Fleming”
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LE POLITICHE
ECONOMICHE
INTERNAZIONALI
(VALUTARIE E
COMMERCIALI) DAL 1914
AL 1939
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “Le politiche economiche internazionali (valutarie e
commerciali) dal 1914 al 1939”
Indice
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Salvatore Della Corte “Le politiche economiche internazionali (valutarie e
commerciali) dal 1914 al 1939”
1. LE RELAZIONI ECONOMICHE
INTERNAZIONALI DURANTE LE DUE GUERRE
MONDIALI
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commerciali) dal 1914 al 1939”
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commerciali) dal 1914 al 1939”
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commerciali) dal 1914 al 1939”
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dP / P - dPm / Pm = dE / E [2]
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ἑx + ἑm > 1 [1]
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commerciali) dal 1914 al 1939”
che operano nel settore import export. Come sappiamo dalla teoria
delle aspettative razionali l'aspettativa è fondamentale nelle scelte
economiche degli operatori secondo la formula più volta utilizzata.
L'aspettativa matematica condizionata non è altro che
l'aspettativa matematica soggetta a un ben specificato insieme di
informazioni.
In termini formali:
n
Aspettativa matematica condizionata = E (X/I) = Σ Pi Xi / I
i=l
dove I rappresenta l'insieme di informazioni utilizzato da cui
dipende la distribuzione di probabilità.
È evidente che la completa flessibilità dei cambi ingenera negli
operatori internazionali una completa incertezza nei confronti dei
futuri cambi e, in ultima analisi della convenienza del commercio
internazionale.
Gli operatori possono coprirsi sui mercati dei cambi con
operazioni a termine, cioè possono fissare oggi un prezzo d'acquisto
della valuta che decideranno di acquistare o meno in una certa data
futura, ma si tratta di operazione costose e talvolta rischiose, la cui
rischiosità aumenta all'aumentare dell'instabilità politica
internazionale.
E' esattamente il quadro che si delineò, come abbiamo visto
durante le due guerre mondiali, in cui i continui interventi degli Stati
nazionali, anche sul livello dei cambi e il complesso delle politiche
economiche mercantiliste e protezioniste portò all'autarchia.
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LE RELAZIONI E LE
POLITICHE ECONOMICHE
INTERNAZIONALI DALLA
FINE DELLA GUERRA AL
PIANO MARSHALL
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dalla fine della guerra al piano
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prima nel sistema della sterlina e poi con i cambi flessibili, era
potenzialmente capace di frenare l'espansione delle economie più
forti. Per questo ricorse all'esempio della Banca e passò buona parte
della spiegazione della sua proposta a riferire come, grazie alla
gestione multilaterale di debiti e crediti operata dall’ICU, un paese
sarebbe stato in grado di accumulare un surplus di bancor, nei limiti
stabiliti dall’istituzione, senza vedere la propria domanda di export
diminuire, con meccanismi di riequilibrio automatico o volontari.
Cercò, vanamente, di spiegare alle nazioni più forti del
momento, in particolare alla delegazione USA, che, in assenza
dell'ICU, i paesi debitori avrebbero prima o poi esaurito i mezzi di
pagamento delle loro importazioni.
Questa circostanza avrebbe prima o poi ridotto la domanda di
beni dalle nazioni creditrici e si sarebbe ripercossa sulle economie in
surplus, destando uno squilibrio nel commercio internazionale.
Keynes non lo scrisse, ma è evidente che un sistema del genere
potrebbe anche arrivare ad avere un moltiplicatore dei depositi dei
surplus depositati al suo interno, almeno questa è la mia particolare
interpretazione.
Questa circostanza avrebbe consentito di aggiustare i deficit
delle bilance di pagamenti di alcuni Paesi per mezzo di crediti a tasso
zero, senza la necessità di politiche depressive e con maggiore
sostenibilità politica.
Ancora una volta, come era accaduto a Versailles, Keynes uscì
sconfitto dalla conferenza, che vide invece l'affermazione del piano
presentato da White e dalla delegazione statunitense, che propose il
nuovo ordine finanziario mondiale che è stato vigente fino al 1971.
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dollaro con l'oro era il reciproco del prezzo dell'oro, fissato dal Governo
degli Stati Uniti a 35 dollari per oncia nel 1934.
Il dollaro divenne la valuta utilizzata per gli scambi
internazionali e non l'oro, la cui convertibilità era limitata alle sole
banche centrali, le quali preferirono avere riserve fruttifere in dollari,
che infruttifere in oro.
Nel sistema del dollaro ciascun operatore poteva chiedere
dollari in cambio della divisa nazionale, ma nessun operatore poteva
chiedere oro alle Banche centrali e unicamente le banche centrali
potevano chiedere agli USA di convertire in oro le riserve valutarie di
dollari detenute.
Il governo di una Nazione aderente al sistema, se avesse
dimostrato che nella sua economia si fossero determinate modifiche
strutturali, avrebbe potuto mutare la parità della propria moneta nei
confronti del dollaro, al fine di riportare in equilibrio la propria
valuta.
Il sistema di Bretton Woods era profondamente diverso sia dal
sistema dei cambi flessibili, sia dal sistema della sterlina:
era profondamente diverso dal sistema dei cambi flessibili,
perché in questo sistema le monete delle diverse nazioni sono
libere di svalutarsi o rivalutarsi ogni giorno sul mercato dei
cambi, senza alcun intervento della Banca centrale emittente e
sulla sola base della domande e dell'offerta di valuta;
era profondamente diverso dal gold standard perché il divieto
stabilito agli operatori di poter convertire i dollari in oro, non
rendevano possibili i meccanismi tipici del sistema aureo (o
della sterlina);
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capitalismo;
spirito imprenditoriale;
recupero di efficienza;
esperienza tecnica;
tutela della concorrenza,
cooperazione economica.
Il piano terminò nel 1951.
I principali risultati sono stati:
per l'Europa il raggiungimento da parte dei Paesi che
ricevettero gli aiuti del livello di produzione prebellico;
per gli Stati Uniti:
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Y=C+I+G+X-M [1]
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ΔY = ΔC + ΔI + ΔX - ΔM [2]
quindi
ΔY = (c – m) ΔY + ΔI + ΔX [4]
da cui
ΔY = (c – m) ΔY + ΔI + ΔX [5]
ΔY – c ΔY + m ΔY = ΔI + ΔX [6]
ΔY (1 - c + m) = ΔI + ΔX [7]
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LE RELAZIONI E LE
POLITICHE ECONOMICHE
INTERNAZIONALI DAL
PIANO MARSHALL AL 1975
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Indice
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1. LE RELAZIONI ECONOMICHE
INTERNAZIONALI DALLA FINE DELLA
SECONDA GUERRA MONDIALE ALLA FINE DEL
1960. LA GUERRA FREDDA E IL SIGNORAGGIO
MONETARIO INTERNAZIONALE
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del trade off. Qui lo scambio per le autorità monetarie non è tra
inflazione e occupazione, ma tra signoraggio e inflazione.
Trattandosi di un monopolio di un bene il cui costo di
produzione è irrisorio, il problema si presenta come una curva di
Laffer, ovvero si rappresenta dal punto di vista teorico graficamente
con una funzione concava. Una funzione concava è una funzione a
valori reali, il cui grafico giace al di sopra del segmento congiungendo
due punti qualsiasi del grafico.
Se poniamo sull'asse delle ascisse l'inflazione e sull'asse delle
ordinate il signoraggio, il problema si presenta come quello di
ottenere il massimo signoraggio possibile senza scatenare un processo
iperinflazionistico.
Nella figura 1 spieghiamo graficamente il problema.
Ovviamente questa rappresentazione riguarda un Paese che non
possieda la moneta di riserva internazionale. Questo passaggio ci farà
comprendere la differenza con il caso del Paese con la moneta di
riserva e delle ragioni che hanno portato ad adottare il Dollar
Standard.
Fig. 1
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1La tabella è riportata in Jeffrey D. Sachs, Felipe B. Larrain, Macroeconomics in the Global
Economy, Prentice-Hall, 1993, (Part III, Monetary Economics, chapter 11, Inflation: Fiscal
and Monetary Aspects, section 2, The Inflation Tax and Seigniorage, pag. 341)
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2. LE RELAZIONI ECONOMICHE
INTERNAZIONALI DAL 1960 AL 1975: DAL
GOLD EXCHANGE STANDARD AL DOLLAR
STANDARD, PASSANDO PER I DIRITTI
SPECIALI DI PRELIEVO DEL FMI
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1 + i = Et / Ep (1 + im) [4]
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Δy = i [5]
L'idea di compensare un eventuale disavanzo delle partite
correnti con un afflusso netto di capitali, attratti da un aumento del
tasso d'interesse medio applicato in un Paese rispetto a quello medio
applicato nel resto del mondo, deve essere considerata molto
criticamente per le seguenti ragioni:
L'indebitamento verso l'estero che ne deriva comporta una
perdita di indipendenza valutaria o politica dei cittadini del Paese: in
qualsiasi momento i capitali attratti possono con la stessa velocità
allontanarsi o, in alternativa portare i tassi di interesse a livelli
elevati o addirittura insostenibili.
Inoltre si genera un onere che non rientra nell'economia del
Paese. E' molto diverso il caso in cui gli interessi sul debito sono
pagati a residenti o a non residenti E' evidente che nel primo caso essi
comportano delle rendite finanziarie per i cittadini che possono o
spenderli o risparmiarli. Nel primo caso aumentano i consumi interni,
nel secondo il risparmio. In ogni caso ne beneficia l'economica del
Paese. Quando invece gli interessi sono pagati a non residenti esiste
un afflusso di capitali in fuoriuscita dal Paese. In altri termini gli
esborsi per interessi vengono registrati al passivo nel conto dei redditi
da capitale delle partite correnti e devono quindi essere compensati
da un attivo delle altre voci della bilancia dei pagamenti.
I rialzi del tasso d'interesse diminuiscono gli investimenti sul
territorio del Paese che li adotta. Ne risulta danneggiato
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LE RELAZIONI E LE
POLITICHE ECONOMICHE
INTERNAZIONALI DAL
1975 AD OGGI
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1. LE RELAZIONI ECONOMICHE
INTERNAZIONALI NEL BLOCCO SOVIETICO : IL
CROLLO DELL'ECONOMIA PIANIFICATA DI
FRONTE ALL'ECONOMIA DI MERCATO
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2. LE RELAZIONI ECONOMICHE
INTERNAZIONALI NEL BLOCCO OCCIDENTALE
FINO AL CROLLO DEL MURO DI BERLINO. LA
FINANZIARIZZAZIONE DELL'ECONOMIA E LO
SME
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◦ deregulation;
politica monetaria restrittiva.
La politica monetaria restrittiva, introdotta dalle autorità
statunitensi aveva due obiettivi:
obiettivo interno era quello di ridurre il tasso di inflazione.
obiettivo esterno: rivalutare il dollaro.
La conseguenza è una forte ascesa dei tassi di interesse, che,
agli inizi degli anni Ottanta, hanno raggiunto livelli senza precedenti.
L'innalzamento dei tassi di interesse americani ha determinato
un enorme richiesta di obbligazioni del tesoro americano; l'aumento
della domanda di titoli denominati in dollari, ha aumentato la
domanda di dollari e, di conseguenza, un forte apprezzamento del
dollaro sui mercati valutari.
Con la rivalutazione del dollaro e l'aumento dei tassi di
interesse, le Nazioni del terzo mondo, indebitate in dollari si
trovarono in forte difficoltà, sia per la rivalutazione del dollaro, che
per l'aumento dei tassi di interesse.
Il debito, contratto in dollari, aumentò enormemente a causa
della rivalutazione del dollaro in termini delle valute nazionali dei
Paesi indebitati.
Ancora una volta, la preoccupazione manifestata da Keynes, di
non ripetere l'errore del Gold Standard, di far coincidere la moneta
internazionale con la moneta nazionale dell'economia capitalista
egemone, si mostrò una preoccupazione fondata.
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3. LE RELAZIONI ECONOMICHE
INTERNAZIONALI IN SEGUITO
ALL'UNIFICAZIONE TEDESCA : IL RITORNO
DELLA TENTAZIONE TEDESCA ALL'EGEMONIA
IN EUROPA E ALLA POLITICA MERCANTILISTA
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internazionali dal 1975 ad oggi”
costo del lavoro industriale sul prodotto è sceso unicamente dal 68%
al 66% e in Francia, grazie anche alla legge sulla riduzione dell'orario
del lavoro, non è variato affatto ed è rimasto costante al 68%.
Occorre pertanto riconoscere che i tedeschi hanno compreso per
primi che, caduto il muro di Berlino (e con esso il comunismo), non
c’era più bisogno di lasciare alti i salari degli operai.
Così oggi in Germania, il costo del lavoro corre velocemente
verso i livelli giapponesi, dove il costo del lavoro industriale è pari al
50% del prodotto.
I bassi salari tedeschi sono al tempo stesso parte della ragione
del successo commerciale tedesco e della mancata trasmissione
dell'avanzo commerciale al resto dell'area euro.
E' chiaro dunque da quanto detto sopra che si può leggere la
crisi dei debiti sovrani sia come una crisi che dipende dalla mancanza
di competitività e dall'irresponsabilità fiscale dei Paesi del Sud
Europa, come abbiamo dimostrato nella lezione 16, sia come una crisi
collegata alla diversa produttività del lavoro e ai differenziali
salariali, che, data l'adesione alla moneta unica, non possono essere
compensati da aggiustamenti nei tassi valutari reali, non esistendo
più divise nazionali diverse.
Le due letture non sono incompatibili, anzi, la maggior parte
degli analisti ritiene che la crisi dei debiti sovrani europei dipenda da
entrambe le questioni.
Quello che deve essere chiaro è che le attuali regole europee
sono molto severe in merito all'irresponsabilità fiscale, ma non
prevedono regole di comportamento e penali per i consistenti e
ripetuti surplus della bilancia dei pagamenti della Germania.
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Salvatore Della Corte “Le relazioni e le politiche economiche
internazionali dal 1975 ad oggi”
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Salvatore Della Corte “Le relazioni e le politiche economiche
internazionali dal 1975 ad oggi”
4. LE RELAZIONI ECONOMICHE
INTERNAZIONALI IN SEGUITO ALL'ADESIONE
DELLA CINA AL SOCIALISMO DI MERCATO E
ALL'ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL
COMMERCIO
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Salvatore Della Corte “Le relazioni e le politiche economiche
internazionali dal 1975 ad oggi”
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Salvatore Della Corte “Le relazioni e le politiche economiche
internazionali dal 1975 ad oggi”
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Salvatore Della Corte “Le relazioni e le politiche economiche
internazionali dal 1975 ad oggi”
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LA POLITICA ECONOMICA
E LA QUESTIONE
DEMOGRAFICA ED
ECOLOGICA
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
Indice
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
Pag. 3 di 26
Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
Pag. 4 di 26
Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
Fig. 1
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
Fig. 2
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
Pag. 8 di 26
Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
2. ESTER BOSERUP
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
Da = f P
Oa = t * (C, L, T)
Da ≤ Oa
in cui P è il livello della popolazione;
Da è la domanda complessiva di generi alimentari;
Oa è l'offerta complessiva di generi alimentari;
t è la tecnologia utilizzata per produrre i generi alimentari;
C è il capitale utilizzato (semi, attrezzature agricole, animali,
macchine, etc.)
L è il lavoro utilizzato;
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
Fig. 3
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
Fig. 4
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
Fig. 5
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
4. L'IMPRONTA ECOLOGICA
Come si calcola?
Si considera l'utilizzo di sei categorie principali di territorio:
terreno per l'energia: si calcola cioè la superficie di terra
necessaria per assorbire l'anidride carbonica prodotta dall'utilizzo di
combustibili fossili;
terreno agricolo: si calcola la superficie arabile utilizzata per la
produzione di alimenti per consumo umano e animale ed altri beni
necessari all'esistenza umana;
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
Fig. 6
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
Mondo 11,78 0
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
5. CONCLUSIONI
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Salvatore Della Corte “La politica economica e la questione
demografica ed ecologica”
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ECONOMIA E QUESTIONE
AMBIENTALE
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
Indice
Pag. 2 di 16
Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
Pag. 3 di 16
Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
Pag. 4 di 16
Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
2. I FATTORI DI INTERAZIONE
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Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
Pag. 6 di 16
Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
Pag. 7 di 16
Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
Pag. 8 di 16
Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
Pag. 9 di 16
Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
Pag. 10 di 16
Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
Pag. 11 di 16
Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
6. LA SOSTENIBILITÀ E IL CAPITALE
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Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
7. DEFINIZIONI DI SOSTENIBILITÀ
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Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
Pag. 14 di 16
Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
Pag. 15 di 16
Giovanni Cannata “Economia e questione ambientale”
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LA POLITICA ECONOMICA
PER L’AMBIENTE
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La politica economica per l’ambiente”
Indice
Pag. 2 di 13
Giovanni Cannata “La politica economica per l’ambiente”
Pag. 3 di 13
Giovanni Cannata “La politica economica per l’ambiente”
Pag. 4 di 13
Giovanni Cannata “La politica economica per l’ambiente”
2. LA TASSAZIONE AMBIENTALE
Pag. 5 di 13
Giovanni Cannata “La politica economica per l’ambiente”
Pag. 6 di 13
Giovanni Cannata “La politica economica per l’ambiente”
Pag. 7 di 13
Giovanni Cannata “La politica economica per l’ambiente”
Pag. 8 di 13
Giovanni Cannata “La politica economica per l’ambiente”
Pag. 9 di 13
Giovanni Cannata “La politica economica per l’ambiente”
4. I PERMESSI DI INQUINAMENTO
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Giovanni Cannata “La politica economica per l’ambiente”
sia per gli inquinatori con alti costi di abbattimento sia per quelli con
costi bassi.
Gli inquinatori con alti costi di abbattimento trovano
conveniente acquistare permessi dal momento che il loro prezzo è
inferiore ai costi che dovrebbero sopportare per abbattere
autarchicamente le emissioni inquinanti.
Gli inquinatori con bassi costi di abbattimento trovano
conveniente cedere permessi ricevendo un corrispettivo superiore al
costo che devono sostenere per abbattere le proprie emissioni.
La letteratura ha classificato tre diversi sistemi di permessi:
il sistema dei permessi basato sui punti ricettori
(ambient permit system) APS;
il sistema di permessi di emissione (emission permit
system) EPS;
il sistema di controbilanciamento dell’inquinamento
(pollution offset system) POS.
Il sistema dei permessi basato sui punti ricettori APS utilizza
permessi definiti sulla base dell’esposizione in corrispondenza del
punto ricettore (punto in cui viene ricevuto l’inquinamento).
Gli Standard di qualità potrebbero variare secondo il punto
ricettore, nel senso che non c’è alcun bisogno che ogni punto ricettore
abbia lo stesso Standard di qualità ambientale. I permessi devono
essere ottenuti sul mercato come permessi in corrispondenza del
punto ricettore, con la conseguenza che lo scambio non avverrà sulla
base di uno a uno, ma bisognerà scambiare i permessi sulla base del
numero di permessi richiesto per permettere un dato livello di
concentrazione dell’inquinamento in corrispondenza del punto
ricettore.
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Giovanni Cannata “La politica economica per l’ambiente”
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Giovanni Cannata “La politica economica per l’ambiente”
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POLITICA ECONOMICA
PER AGRICOLTURA
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Politica economica per agricoltura”
Indice
Pag. 2 di 10
Giovanni Cannata “Politica economica per agricoltura”
Pag. 3 di 10
Giovanni Cannata “Politica economica per agricoltura”
Pag. 4 di 10
Giovanni Cannata “Politica economica per agricoltura”
2. GLI INTERVENTI
Pag. 5 di 10
Giovanni Cannata “Politica economica per agricoltura”
Pag. 6 di 10
Giovanni Cannata “Politica economica per agricoltura”
Pag. 7 di 10
Giovanni Cannata “Politica economica per agricoltura”
Pag. 8 di 10
Giovanni Cannata “Politica economica per agricoltura”
Pag. 9 di 10
Giovanni Cannata “Politica economica per agricoltura”
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LA POLITICA AGRICOLA
COMUNE
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La politica agricola comune”
Indice
Pag. 2 di 12
Giovanni Cannata “La politica agricola comune”
Pag. 3 di 12
Giovanni Cannata “La politica agricola comune”
Pag. 4 di 12
Giovanni Cannata “La politica agricola comune”
Pag. 5 di 12
Giovanni Cannata “La politica agricola comune”
Pag. 6 di 12
Giovanni Cannata “La politica agricola comune”
Pag. 7 di 12
Giovanni Cannata “La politica agricola comune”
Pag. 8 di 12
Giovanni Cannata “La politica agricola comune”
Pag. 9 di 12
Giovanni Cannata “La politica agricola comune”
Pag. 10 di 12
Giovanni Cannata “La politica agricola comune”
6. AGENDA 2000
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Giovanni Cannata “La politica agricola comune”
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LA POLITICA AGRICOLA
COMUNE DOPO IL 2000
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La politica agricola comune dopo il 2000”
Indice
Pag. 2 di 12
Giovanni Cannata “La politica agricola comune dopo il 2000”
1. AGENDA 2000
Pag. 3 di 12
Giovanni Cannata “La politica agricola comune dopo il 2000”
Pag. 4 di 12
Giovanni Cannata “La politica agricola comune dopo il 2000”
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Giovanni Cannata “La politica agricola comune dopo il 2000”
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Giovanni Cannata “La politica agricola comune dopo il 2000”
Pag. 7 di 12
Giovanni Cannata “La politica agricola comune dopo il 2000”
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Giovanni Cannata “La politica agricola comune dopo il 2000”
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Giovanni Cannata “La politica agricola comune dopo il 2000”
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Giovanni Cannata “La politica agricola comune dopo il 2000”
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Giovanni Cannata “La politica agricola comune dopo il 2000”
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LA POLITICA EUROPEA DI
SVILUPPO RURALE
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La politica europea di sviluppo rurale”
Indice
1. I FONDAMENTALI -------------------------------------------------------------------------------- 3
2. IL FINANZIAMENTO ----------------------------------------------------------------------------- 6
3. I PSR IN ITALIA ------------------------------------------------------------------------------------ 8
4. LA RETE RURALE EUROPEA ----------------------------------------------------------------- 9
Pag. 2 di 10
Giovanni Cannata “La politica europea di sviluppo rurale”
1. I FONDAMENTALI
Pag. 3 di 10
Giovanni Cannata “La politica europea di sviluppo rurale”
Pag. 4 di 10
Giovanni Cannata “La politica europea di sviluppo rurale”
Pag. 5 di 10
Giovanni Cannata “La politica europea di sviluppo rurale”
2. IL FINANZIAMENTO
Pag. 6 di 10
Giovanni Cannata “La politica europea di sviluppo rurale”
Pag. 7 di 10
Giovanni Cannata “La politica europea di sviluppo rurale”
3. I PSR IN ITALIA
Pag. 8 di 10
Giovanni Cannata “La politica europea di sviluppo rurale”
Pag. 9 di 10
Giovanni Cannata “La politica europea di sviluppo rurale”
Pag. 10 di 10
POLITICHE DELLA
SICUREZZA ALIMENTARE
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Politiche della sicurezza alimentare”
Indice
Pag. 2 di 13
Giovanni Cannata “Politiche della sicurezza alimentare”
1. LA SICUREZZA ALIMENTARE
Pag. 3 di 13
Giovanni Cannata “Politiche della sicurezza alimentare”
Pag. 4 di 13
Giovanni Cannata “Politiche della sicurezza alimentare”
Pag. 5 di 13
Giovanni Cannata “Politiche della sicurezza alimentare”
Pag. 6 di 13
Giovanni Cannata “Politiche della sicurezza alimentare”
Pag. 7 di 13
Giovanni Cannata “Politiche della sicurezza alimentare”
Pag. 8 di 13
Giovanni Cannata “Politiche della sicurezza alimentare”
Pag. 9 di 13
Giovanni Cannata “Politiche della sicurezza alimentare”
Pag. 10 di 13
Giovanni Cannata “Politiche della sicurezza alimentare”
Pag. 11 di 13
Giovanni Cannata “Politiche della sicurezza alimentare”
Pag. 12 di 13
Giovanni Cannata “Politiche della sicurezza alimentare”
Pag. 13 di 13
LA POLITICA ECONOMICA
E L’INNOVAZIONE
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La politica economica e l’innovazione”
Indice
Pag. 2 di 15
Giovanni Cannata “La politica economica e l’innovazione”
Pag. 3 di 15
Giovanni Cannata “La politica economica e l’innovazione”
Pag. 4 di 15
Giovanni Cannata “La politica economica e l’innovazione”
Pag. 5 di 15
Giovanni Cannata “La politica economica e l’innovazione”
Pag. 6 di 15
Giovanni Cannata “La politica economica e l’innovazione”
2. I SOGGETTI DELL’INNOVAZIONE
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Giovanni Cannata “La politica economica e l’innovazione”
Pag. 8 di 15
Giovanni Cannata “La politica economica e l’innovazione”
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Giovanni Cannata “La politica economica e l’innovazione”
4. I PRINCIPALI STRUMENTI
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Giovanni Cannata “La politica economica e l’innovazione”
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Giovanni Cannata “La politica economica e l’innovazione”
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Giovanni Cannata “La politica economica e l’innovazione”
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Giovanni Cannata “La politica economica e l’innovazione”
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Giovanni Cannata “La politica economica e l’innovazione”
Pag. 15 di 15
LA POLITICA ECONOMICA
EUROPEA
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La politica economica europea”
Indice
1. I FONDAMENTALI -------------------------------------------------------------------------------- 3
2. I LIMITI DEL MODELLO DI SVILUPPO --------------------------------------------------- 4
3. GLI IMPEGNI DEGLI STATI MEMBRI ----------------------------------------------------- 6
4. GLI ORIENTAMENTI DI MASSIMA PER LE POLITICHE ECONOMICHE ------ 8
5. IL PATTO DI STABILITÀ E DI CRESCITA ------------------------------------------------ 9
Pag. 2 di 10
Giovanni Cannata “La politica economica europea”
1. I FONDAMENTALI
Pag. 3 di 10
Giovanni Cannata “La politica economica europea”
Pag. 4 di 10
Giovanni Cannata “La politica economica europea”
Pag. 5 di 10
Giovanni Cannata “La politica economica europea”
Pag. 6 di 10
Giovanni Cannata “La politica economica europea”
Pag. 7 di 10
Giovanni Cannata “La politica economica europea”
Pag. 8 di 10
Giovanni Cannata “La politica economica europea”
Pag. 9 di 10
Giovanni Cannata “La politica economica europea”
Pag. 10 di 10
COMMERCIO
INTERNAZIONALE
ISTITUZIONI E ACCORDI
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Commercio internazionale istituzioni e accordi”
Indice
Pag. 2 di 12
Giovanni Cannata “Commercio internazionale istituzioni e accordi”
Pag. 3 di 12
Giovanni Cannata “Commercio internazionale istituzioni e accordi”
Pag. 4 di 12
Giovanni Cannata “Commercio internazionale istituzioni e accordi”
Pag. 5 di 12
Giovanni Cannata “Commercio internazionale istituzioni e accordi”
Pag. 6 di 12
Giovanni Cannata “Commercio internazionale istituzioni e accordi”
Pag. 7 di 12
Giovanni Cannata “Commercio internazionale istituzioni e accordi”
Pag. 8 di 12
Giovanni Cannata “Commercio internazionale istituzioni e accordi”
Pag. 9 di 12
Giovanni Cannata “Commercio internazionale istituzioni e accordi”
Pag. 10 di 12
Giovanni Cannata “Commercio internazionale istituzioni e accordi”
Pag. 11 di 12
Giovanni Cannata “Commercio internazionale istituzioni e accordi”
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ANALISI COMPARATA DEI
PRINCIPALI SISTEMI
CAPITALISTICI
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Indice
Pag. 2 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Pag. 3 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Pag. 4 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Pag. 5 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Pag. 6 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Pag. 7 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Pag. 8 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Pag. 9 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Pag. 10 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
6 Si leggano PIORE, MJ., SABEL, C.F. (1983) Italian small business development:
lessons forU.S.industrial policy in ZYSMAN J., TYSON L., (a cura di) American Industry
in International Competition, Cornell U.P., Ithaca, pp. 391-421.
FIORENZA BELUSSI, Apprendimento e path-dependency: la STEFANEL. I in
Nuovi modelli d'impresa, gerarchie organizzative ed imprese rete, a cura di
FIORENZA BELUSSI, Franco Angeli, op. cit. La flessibilità si fa gerarchia; in
Nuovi modelli d'impresa gerarchie organizzative ed imprese rete, a cura di
FIORENZA BELUSSI, Franco Angeli, op. cit.
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Pag. 12 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
7AKERLOF, O. 1970. "The :Market for Lemons. Quality, Uncertainty and the market
Mechanism” Quaterly of Economics n. 89 pag. 488 - 500
Pag. 13 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Pag. 14 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Pag. 15 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
3. IL CAPITALISMO TEDESCO
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Pag. 18 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Pag. 26 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Pag. 27 di 38
Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
◦ la flessibilità produttiva;
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
5. CONCLUSIONI
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
Dei limiti della seconda strada, tutti dovuti alle leggi del
consenso democratico, e dei danni derivati dall'averla seguita in modo
molto sbagliato, diremo nelle prossime.
Il punto è il seguente: sia che un economista abbia una
formazione più vicina ai classici e neoclassici inglesi, sia che egli
abbia una formazione più vicina alle concezioni keynesiane, il
problema di consentire che tutto il risparmio si trasformi in
investimento (per esprimersi in termini neoclassici) ovvero che gli
investimenti in capitale fisico raggiungano il massimo livello possibile
(per esprimersi in termini keynesiani) è il vero punto centrale per
creare occupazione e reddito.
Ma, se le cose stanno così, le esperienze tedesca e giapponese ci
insegnano molto, perché esse ci dimostrano che esistono soluzioni
istituzionali al problema.
A ben rifletterci tanto il il Keiretsu giapponese che l'
auftichtsrat tedesco non servono solo agli investitori per effettuare un
efficiente controllo sui capitali investiti e prevenire e affrontare le
crisi industriali molto più efficiente dei mercati secondari
anglosassoni e delle procedure fallimentari occidentali.
Il punto fondamentale è che istituzionalmente essi risolvono in
un gioco cooperativo il problema di consentire che tutto il risparmio si
trasformi in investimento abbattendo, con il metodo delle deleghe di
voto nel caso dell'auftichtsrat tedesco e con il President's club nel caso
del keiretsu giapponese, due problemi tipici dei meccanismi
anglosassoni:
le asimmetrie informative tra managment aziendale e mercati
finanziari;
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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Salvatore Della Corte “Analisi comparata dei principali
sistemi capitalistici”
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IL CICLO ECONOMICO E
LA POLITICA ECONOMICA
DI LUNGO PERIODO
Salvatore Della Corte
Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
Indice
Pag. 2 di 34
Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
Pag. 3 di 34
Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
Fig. 1
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
Pag. 6 di 34
Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
Pag. 9 di 34
Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
Pag. 10 di 34
Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
Fig. 2
EMT > EMT t-1 → EMK > i → ΔI > ΔS a condizione che C = 1/q D
[3]
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
Fig. 3
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
Y = 1/(1-c) I [6]
ΔI = α ΔY [7]
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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Salvatore Della Corte “Il ciclo economico e la politica economica
di lungo periodo”
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LA POLITICA REGIONALE
UE
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La politica regionale UE”
Indice
1. LE MOTIVAZIONI -------------------------------------------------------------------------------- 3
2. BREVE CRONISTORIA DELLA POLITICA REGIONALE UE ------------------------ 5
3. LO STATO ATTUALE ---------------------------------------------------------------------------- 9
4. FONDO PER LO SVILUPPO E LA COESIONE (FSC GIÀ FAS) ---------------------- 12
5. LA COOPERAZIONE TERRITORIALE EUROPEA ------------------------------------- 15
6. L’ACCORDO DI PARTENARIATO ---------------------------------------------------------- 17
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Giovanni Cannata “La politica regionale UE”
1. LE MOTIVAZIONI
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Giovanni Cannata “La politica regionale UE”
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3. LO STATO ATTUALE
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Giovanni Cannata “La politica regionale UE”
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Giovanni Cannata “La politica regionale UE”
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Giovanni Cannata “La politica regionale UE”
6. L’ACCORDO DI PARTENARIATO
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Legalità
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Giovanni Cannata “La politica regionale UE”
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LA POLITICA REGIONALE
UE 2014-2020
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “La politica regionale UE 2014-2020”
Indice
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Giovanni Cannata “La politica regionale UE 2014-2020”
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Giovanni Cannata “La politica regionale UE 2014-2020”
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Giovanni Cannata “La politica regionale UE 2014-2020”
4. IL FESR
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5. IL FSE
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Giovanni Cannata “La politica regionale UE 2014-2020”
6. IL FONDO DI COESIONE
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IL BENESSERE EQUO E
SOSTENIBILE: NUOVO
OBIETTIVO DELLA
POLITICA ECONOMICA
Giovanni Cannata
Giovanni Cannata “Il Benessere equo e sostenibile: nuovo
obiettivo della politica economica”
Indice
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Giovanni Cannata “Il Benessere equo e sostenibile: nuovo
obiettivo della politica economica”
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Giovanni Cannata “Il Benessere equo e sostenibile: nuovo
obiettivo della politica economica”
evidenziato che occorre tener conto che rientrano nel PIL anche i costi
per la difesa da danni alle persone, quali le spese per la depurazione,
per gli incidenti, ecc.) oltre che le spese sostenute per riparare danni
provocati dallo sviluppo quali inquinamento, malattie, ecc.
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Giovanni Cannata “Il Benessere equo e sostenibile: nuovo
obiettivo della politica economica”
La differenza con il PIL sta nel fatto che lo stesso non considera
tutte quelle attività che pur non registrando flussi finanziari
contribuiscono ad accrescere il benessere di una società (casalinghe,
volontariato, ecc)
Alla luce della insufficienza del PIL come indicatore dello
sviluppo delle economie. L’United Nation Development Programme
UNDP delle Nazioni Unite ha proposto l’ISU la costituzione
dell’Indice di Sviluppo Umano (HDI)
L’ISU è composto di tre indicatori che misurano per ogni paese
la speranza di vita alla nascita, l’alfabetizzazione della popolazione
espressa come anni medi di istruzione, il reddito nazionale lordo.
Un altro indicatore il GPI (Genuine Progres Indicator o
Indicatore di Progresso Autentico) è stato messo a punto da alcune
organizzazioni calcolandolo come differenziale tra spese positive e cioè
quelle che aumentano il benessere con la disponibilità di beni e servizi
e spese negative quali i costi dell’inquinamento, della criminalità,
degli incidenti stradali.
Con un’iniziativa originale proposto dal re del Buthan viene
costruito il GNH (Gross National Happiness ovvero l’Indice della
Felicità Interna Lorda) che vuol tener conto dei bisogni di natura
materiale, spirituale ed emozionale dell’uomo e prende in
considerazione nove domini quali il tenore di vita, la salute,
l’istruzione, l’uso del tempo, il buon governo, la diversità ecologica, il
benessere psicologico, la vitalità della collettività, la diversità
culturale.
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obiettivo della politica economica”
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obiettivo della politica economica”
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obiettivo della politica economica”
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