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Quaterni di Gruppe le, non comunicano tra di loro né scambiano esperienze, né mettono insieme risorse, perdendo in tal modo un possibile effetto moltiplicatore: parlo della Sanita ma penso sia un problema comune a molti contesti Quello che abbiamo pensato per il seminario di oggi & un percorso che possa passare dal macro, da un approccio pit teorico, che ci porter’ il prof, Burlando, ad un contesto micro e sul come usare le risorse in tempo di crisi. Mercedes. Gentile ragionera sulle politiche economiche del Comune di Torino e di come questo possa rappresentare una sorta di cerniera tra una teoria economica € i piccoli luoghi dove questa viene attivata. Marco Chiantore ci parler dell ’ado- lescenza come la crisi per eccellenza e di quanto essa sia una tisorsa tispetto al futuro essere adulto. Piera Mondo e Alice Mulasso ci parleranno delle applica- zioni nella quotidianita, nel privato-sociale ¢ nelle associazioni di professionisti Potremmo definire il filo conduttore di questa giomata attraverso la constata- zione che I oscillazione tra i limiti e il potere non rappresenta una contingenza di questo momento di crisi, ma un elemento costitutivo dell’uomo, della sua capa- cila di ben relazionarsi all ‘interno di qualsiasi gruppo, grande o piccolo che sia Lascio la parola al prof. Roberto Burlando. Le risorse nella crisi Prof. Roberto Burlando® Buon giomo a tutti, Durante la giomata seminariale di maggio sono emerse diverse connessioni tra economia e psicoanalisi, evidenziate gia allora da Sau- ra Fomnero cosi come poco fa nelle parole di Pellegrino. Uno dei temi cruciali mi pare senza dubbio quello della necesita di individuare un’ altemativa co- struttiva alle sensazioni opposte di onnipotenza ¢ di impotenza per affrontare in modo serio i gravi problemi che abbiamo di fronte, malgrado la sconsolante constatazione che di fatto la politica (in Italia in particolare, ma non solo) non pare assolutamente in grado di farlo, presa com’é da una deriva totalmente autoreferenziale. Pellegrino prima parlava delle risorse e dei tagli lineari che, a mio avviso, sono un disastro; una spending review fatta seriamente dovrebbe puntare in- nanzitutto a capire come sono spesi i soldi ricavati dalle imposte che come cittadini paghiamo e ad individuare gli sprechi e tagliare quelli, capendo dove si pud risparmiare senza danneggiare la qualita e quantita dei servizi pubblici essenziali forniti, e ancora appurare cosa @ ancora adeguato e cosa non lo 8 Intervento tegistrato ¢ trascritto, rivisto dal relatore, 158 Quadern ai Cruppoanalisi & e intervenire per miglioralo, individuare quali progetti possono essere pitt efficaci. II fatto che le risorse siano minori rispetto ad un tempo é un proble- ma significativo, anche se su questo fronte tra lotta all’evasione fiscale ed al malaffare dal lato delle spese si potrebbe fare davvero moltissimo, ma un vero migliore utilizzo di esse @ una via percorribile, non certo una cosa im- possibile. Se invece si affronta il problema solo o sopratrutto con tagli lineari - anziché nqualificando la spesa - ¢ di fatto non si fanno né investimenti né gli ammortamenti necessari a mantenere la qualité e quantita dei servizi, quel che si ottiene é che il tessuto strutturale sul quale costruiamo anche la nostra economia, oltre che la nostra societa e le nostre stesse vite, declina progres- sivamente. Considerazioni del genere si applicano sia ai casi di strade e reti ferroviarie che non sono mantenute e riparate, sia a quelli della “manutenzio- ne” del tessuto sociale (e di quello ecologico), che rischia di diventare sempre pit ostico, difficile da vivere e di ostacolo alle realizzazioni (personali, sociali ed economiche) a causa della presenza di maggiori ageressivita e problemati- citd diffuse, maggiore incidenza di malattio sia fisiche cho psichiche, minore sicurezza, Circa un anno fa feci un intervento all’ ASL di Biella sul tema dell” “Etica ed economia sanitaria”, e in quella sede parlammo anche di uno degli aspelti - purtoppo poco considerato qui da not in Italia, ma sui cui persino gli economisti americani di centro-desira hanno lavorato — pili preoccupanti per il futuro dell’ approccio, attualmente predominante, di “rigorismo finan- Ziario” miope: “quanto costa far soffrire un bambino edi bambini in gene- re?” Sappiamo tutti che in questo interrogativo c’é molto di pid che l’aspetto economico. ma per un momento concentriamoci su questo. Fare o lasciare (per mancanza di tutele, sempre pit ridotte) soffrire un bambino comporta ritrovarsi tra pochi anni un adolescente (e poi un adulto) problematico, poco adattato © con maggiori probabilitA violento (contro di sé 0 contro gli altri), meno abile e costruttivamente attivo nella societa di quel che avrebbe potuto essere altrimenti. Oggi per quell ipotetico bambino (ma sappiamo bene che @ cosi per molt bambini di cui potwemmo individuare nomi € cognomi € storie) non si sta facendo quel che si potrebbe, non si realizza neppure un’ adeguata manutenzione dei servizi che ne mantenga la funzionalita e tanto meno si fanno investimenti tesi a migliorarla effettivamente. Questo implica “condan- narsi” di fatto a costi estremamente pit elevati nel futuro. Ma, questa sembra essere I’amara constatazione, questi costi non saranno mai conteggiati, sem- plicemente registreremo un peggioramento drammatico della qualita della vita di tutti ei soliti noti potranno lamentarsi della decadenza dei costumi, senza assumersene alcuna responsabilita Un’analisi disincantata della situazione odierna evidenzia da un lato un 139 Quadern di Cruppeanalisi quadro “macro” (di natura non solo economica) caratterizzato dalle crisi che incombono nella loro drammaticita e da risposte ad esse che sono assoluta- mente inadeguate: la riduzione della spesa in una serie di settori che avrebbero bisogno almeno di manutenzione ordinaria, ma spesso anche di modificazioni strutturali (che non sono mai sul breve orizzonte a costo zero, il costo “na- scosto” di operazione definite a costo zero @ almeno il peggioramento della qualita), che poi possono comportare risparmio laddove é possibile, ¢ talvalta auche di miglioramenti in qualche ambito. Queste constatazioni fanno sentire impotenti, frustrati e magari anche arrabbiati, oltre che delusi. Dall’altro lato esistono, fortunatamente, degli ambiti “micro”, su cui ciascuno di noi pud agi- re ed intervenire direttamente. Farlo ¢ orientare la propria prospettiva di inter- vento al miglioramento é una condizione che mi pare essenziale per ciascuno, sia nella prospettiva individuale della ricerca di senso al proprio operare (ed anche esistere) che in quella gruppale e sociale: ma per queste 0 ticonosce di poterlo fare insieme ad altri e ancora in tutti gli ambiti, tanto da "vedere” che dal micro si riesce ad incidere sul macro, oppure la sensazione di impotenza, di cui parlava prima Pellegrino, emerge in tutta la sua pesantezza. Credo occorra aver presenti entrambe le dimensioni, micro e macro, ¢ cer- care di incidere su entrambe. La tentazione di concentrarsi esclusivamente su cid su cui si riesce direttamente a incidere é forte, ma “lasciar perdere” il livello macro - su cui intervenire é pitt difficile e che richiede la cooperazione con altri in iniziative e movimenti — credo sia esiziale ed é un errore che collet- tivamente abbiamo gid commesso per troppo tempo, coi risultati che vediamo intorno a noi. Ritengo che le attuali condizioni e le considerazioni precedenti possano aiutare a mettere a fuoco un/altra riflessione, che @ ancora controcorrente (ma non credo lo sara per molto) ed infatti la maggior parte dei miei colleghi economisti non Ja fa (ed anzi continua a sostenere la tesi opposta), relativa alle dimensioni delle iniziative delle aggregazioni sociali. Secondo la visione economica predominate le grandi dimensioni portano a risparmi sui costi di produzione, a poter approfittare di rilevanti sinergie ed a maggior efficienza. A me pare invece evidente che oltre certe dimensioni (e in molte situazioni at- tuali siamo gia ben oltre questi limiti) prevalgono piuttosto gli effetti negativi, di congestione e di complessita che comporta rendimenti decrescenti (anziché crescenti, come troppo facilmente si assume). Si trata di aspetti di cui ha detto prima Pellegrino: una maggiore inerzia, un’ autoreferenzialita sempre pid forte (che caratterizza spesso le tendenze espansive, a discapito della funzionalita rispetto agli obiettivi originari e generali). Si tratta di dinamiche che dovreb- bero essere riconosciute € limitate e che invece i tagli lineari favoriscono, per- 40 Quadern ai Cruppoanalisi ché soltanto attraverso le grandi dimensioni (anche improprie) si @:in grado di contrattare e “difendere” parte delle risorse che altrimenti verrebbero tagliate. Tl secondo aspetto positive di dimensioni pid. contenute é il loro offrire una maggior possibilita di partecipazione alla gestione (maggior democrazia) € dunque di consentire alle persone di “riconoscere” gli effetti del proprio impe- ‘gno per migliorarle. Questo é un nodo cruciale per consentire il passaggio dal nostro piccolo, dove l’intervento é difficile ma possibile, alle istanze macro, su cui molto spesso ci sentiamo impotent Nel suo intervento di maggio Saura ha evidenziato delle convergenze para- digmatiche tra la gruppoanalisi e l’economia. Ha fatto riferimento, ad esem- pio, a Imre Lakatos (allievo di Popper), il quale ha messo in evidenza nel confronto tra paradigmi scientifici diversi il ruolo cruciale di quella che ha definito la “cintura protettiva” e |’inconfrontabilita dei “core” (i noccioli duri) analitici. Ha citato anche Prigogine, premio Nobel per la chimica e sostenitore dell’ approccio sistemico, che ci ha insegnato a vedere alcuni dei limiti fon- damentale del paradigma doll’individualismo metodologico, in particolare il mancato riconoscimento del ruolo fondamentali delle “proprieta emergenti” dei sistemi e della irreversibilita del tempo. Senza questi, credo, non riuscia- mo a comprendere neppure gli elemend che nascono dalla gruppalita € che si sviluppano a livello sociale, nulla. Purtroppo gli economisti, come ricorda Hausman, sono da decenni tornati a ragionare all’intemo di una disciplina “erronea ¢ separata” dalle altre, che qualcuno ha quindi definito “autistica” In wn articolo recente P. Krugman (un economista premio Nobel) cita i casi di alcune dichiarazioni di manager che sono talmente autoreferenziali da non realizzare neppure che le loro pretese sono in conflitto con quel minimo di buon senso e di rispetto per gli altri che @ richiesto a chiunque voglia vivere in un modo decente in una societA umana e non pensi di poter essere onnipotente e imporre il proprio punto di vista. Sempre Saura ci ricordava i limiti, i problemi, causati agli esseri umani dal non disporre di un corredo isinwale che regoli il loro rapporto con P'ambiente circostante, e come invece abbiamo una specificita in termini di rappresen- tazioni mentali (le teorie). Noi ora ci troviamo in queste situazioni di crisi, di difficolta anche a causa di alcune teorizzazioni economiche (ora preva- lenti), che propugnano politiche restrittive (tra cui il vincolo del bilancio in pareggio), che favoriscono perd interessi precisi (sia di gruppi sociali che di Stati, non a caso la Germania é assai ferma nell imporre questa logica, che le offre maggiori possibilitd di espansione). Queste modalita di analisi e scelte sono imposte da una teoria economica assolutamente autistica. Gli USA, che pure sono stati fautori di quelle teorizzazioni, seguono una politica monetaria Quadern di Cruppeanalisi espansiva che nulla ha a che vedere con quella restrittiva europea e quando 1’Europa li accusa di essere eccessivamente “accomodanti” rispondono che se non si fa cosi mezza America chiude. Qui stiamo “chiudendo” mezza Italia e mezza Europa (la Grecia é gia stata “chiusa”, senza preoccuparci delle conse- guienze) perché utilizziamo una rappresentazione mentale (una teoria) che non considera una serie di effetti o li minimizza. In un piccolo libretto - che credo esprima uno dei livelli pit alti del pensiero liberale (e non riduttivamente li- berista) ed anche di quello economico — Amartya Sen ricorda come la liberta individuale (lo sviluppo delle “capacita” individuali di ciascuno) debbano rap- presentare I’ obiettivo primo che ogni societa democratica deve darsi. Certa- mente questa é ancora una visione minoritaria, sebbene Sen abbia ricevuto il Nobel per l’economia, ma che merita di essere tenuta in considerazione, che merita diffondere per farla conoscere in particolare alla politica, che in questo momento pare non avere pid prospettive se non la rappresentanza e difesa di interessi particolari e riduttivamente economici Credo occorra chiedersi tutti (visto che, come sosteneva uno psicaloga eco- nomico olandese, “l’economia é troppo importante per lasciarla agli econo- misti”) quale produzione di significati stiano producendo in questo periodo storico I’cconomia ¢ la politica, ¢ quali siano i loro valor di rifcrimento. Come sapete io insegno un corso intitolato “Economia ed Etica” ¢ la que- stione degli obiettivi dell’ economia, e delle attivita umane in genere mi pare cruciale. I filosofi morali, fin da prima di Aristotele, si sono interrogati su questa questione ed hanno proposto riflessioni diverse cercando di coglieme gli aspetti pit profondi e rilevanti. A me pare inconcepibile che ora ci si possa accontentare, come di fatto fa economia odierna, di avere come obiettivo e “senso” un concetto di efficienza che é riduttivo in tutte le dimensioni. L’ef- ficienza & oggi infatti ridotta al risparmio sui costi di produzione, senza pitt considerare né dei veri obiettivi e valori né dei vincoli etici, ecologici e/o solidaristici, umani. Francamente penso che non sia cosi, che questa sia ua deriva assurda di cui molti non si rendono neppure pid conto. Come ci inse gna Sen, individuare degli obiettivi veri e dei valori da perseguire é il punto fondamentale; lo sviluppo delle capacita (potenzialita) individuali € un valore molto generale ma nella sua generalita fomnisce una chiara indicazione, e in- dica che le risorse servono a raggiungere quegli obiettivi. Si pud poi cercare di stabilire se le risorse sono impiegate in modo efficace o meno nel rag- giungimento di quell obiettivo, ma questo non é dato dall “economia bensi dal contesto politico e culturale, dalla democrazia. Questa deriva viene, io credo, non da teorie fondate e riflessioni serie, ma da una ideologia (perché quella del libero mercato che si autoregola non @ altro che questo, non ha certo una Quadern ai Cruppoanalisi dignita maggiore), che é diventata predominante perché serve gli interessi di chi @ riuscito ad imporre il proprio potere (come ben ci ricorda L. Gallino). In Ttalia poi siamo al paradosso di avere sia un eccesso di regolamentazione (in certi ambiti, dove ne occorrerebbe meno) e uno di de-regolamentazione (dove invece le regole servirebbero): da noi avremmo bisogno sia di pitt Stato (serio) che di pitt mercato (ma davvero libero e di concorrenza, non controllato da oligopoli € potentati). Grazie. Dal taglia ¢ cuci al rammendo? Mercedes Gentile Dopo questi discorsi mi # venuta in mente la frase di una canzone di De Andrd, non so quanti dei presenti la ricordano: “dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i flor”. Desidcro partire da duc concetti fondamentali, quello di resifienza ¢ quello di negoziazione, La resilienza definisce la capacita delle singole persone di orientarsi e di navigare verso le risorse psicologiche, soctali, culturali e fisiche che sosten- gono il loro benessere e la loro capacita di negoziare a livello individuale e collettivo, La negoziazione rende possibile che queste risorse siano disponi- bili, vissute e condivise in modalita ritenute significative dal proprio contesto culturale di appartenenza. Questo lo dice Ungar nel 2011. La resilienza rap- presenta la capacita di vivere e svilupparsi positivamente in modo socialmente accettabile nonostante | ‘aver vissuto alcune forme di stress o di avversita che, normalmente, comportano un rischio maggiore di sviluppo di psicopatologia (Ruter 2000). Parteudy da questi coucetti Lo piopiiv peusato che vgui in dividuo che abbia subito dei taumi, oppure no, o si trovi in una situazione, come quella attuale, di forte crisi, ha il dovere di cambiare. Bisogna cambiare il modo di agire, il modo stereotipato di pensare, ad esempio, che per quel paziente ci sia solo quell’ aiuto predeterminato per il semplice fatto che per anni si @ fatto cosi. Credo che il cambiamento. l’adeguarsi stia alla base del nostro mestiere nel momento in cui ci troviamo di fronte ad una grave crisi come quella attuale To sono un funzionario del Commune di Torino, mi ocoupo essenzialmente di minori, che rappresentano il futuro. I tagli ci sono, @ innegabile, gia dal 2008, quando lavoravo ancora in circoserizione 5, Vallette — Lucento — Madonna di 9 Intervento tegistrato ¢ trascritto, rivisto dal relatore,

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