Sei sulla pagina 1di 48

Lezioni introduttive di Economia politica Corso di laurea in Giurisprudenza Universit

degli Studi di Trieste a.a. 2012-13


Prof. Gianluigi Gallenti1

Obiettivi del corso: perch un corso di economia politica a giurisprudenza.


Linsegnamento di Economia politica nel corso di laurea in Giurisprudenza ha come obiettivo quello di
fornire una prima panoramica degli studi economici con particolare attenzione ad una formazione culturale
generale e ai collegamenti con argomenti di interesse giuridico. Durante il corso lo studente potr
apprendere, nei limiti oggettivi derivanti dal fatto che si tratta di un corso introduttivo, alcuni concetti utili
per la lettura ed una prima comprensione dei diversi avvenimenti di attualit economico-politica quali
quelli connessi fenomeni come linflazione, la disoccupazione, la crescita economica, le forme di mercato e
le cosiddette liberalizzazioni, la competitivit delle imprese, il sistema monetario e via dicendo. Nello stesso
tempo saranno messi in evidenza alcuni temi di interesse giuridico riconducibili soprattutto allambito del
diritto commerciale, del diritto del lavoro e del diritto tributario in primo luogo, ma anche del diritto
pubblico e del diritto delleconomia, del diritto comunitario ed internazionale. Tra questi i concetti di costo,
ricavo e profitto di unimpresa, di tasso di interesse, di potere di mercato di unimpresa, nonch le misure
di politica economica quali tassazioni ed incentivi ed i loro effetti sui mercati, la regolamentazione della
concorrenza e le politiche antimonopolistiche e il ruolo delle istituzioni di vigilanza e, pi in generale,
lintervento dello stato nelleconomia, ma anche, in un approccio ancora pi generale, il ruolo assunto dalle
diverse istituzioni nel funzionamento dei mercati (World Trade Organization, International Monetary Fund,
Banca Centrale Europea,).
Ed ancora la diffusione negli ultimi anni, in Italia, ma ancor pi allestero, di corsi di studio, anche postlaurea (dottorati e master nellaccezione italiana del termine), in Economia e diritto o in Economics and
Law, testimonia la necessit di avvicinare gli studi economici e quelli giuridici per aumentare il grado di
conoscenza interdisciplinare. Non pare superfluo ricordare come sia tradizione dei corsi di laurea economici
includere diversi esami giuridici nei piani di studio.
In sintesi possiamo affermare che una conoscenza di base della disciplina economica consente ad uno
studente di giurisprudenza di leggere alcuni fatti in unottica diversa e complementare da quella normativa
tipica degli insegnamenti giuridici.2

Oggetto dello studio: la disciplina economica


Lo studio della disciplina denominata Economia politica (termine questo come vedremo piuttosto
tradizionale, ma non neutro nel significato) prevede, come tutte le discipline, un percorso formale di
definizione di concetti, conoscenza di teorie ed approcci, e metodi di analisi. quindi bene evidenziare che
in questo corso introduttivo si affronteranno una serie di tematiche anche piuttosto ampie, rientranti
usualmente nei corsi di laurea economici nei tradizionali insegnamenti di microeconomia e macroeconomia
1

Il presente testo ha alcune parti originali mentre altre sono tratte dai testi citati, sintetizzando la versione originale,
estraendone singole parti o riproducendo fedelmente (anche con scannerizzazione) alcuni capitoli; ci nel rispetto
della normativa di legge vigente relativa alla riproduzione di testi a fini didattici. Per tale motivo il presente
documento pu essere utilizzato esclusivamente dagli studenti del corso ai soli fini della preparazione dellesame e
non pu essere n utilizzato ad altri fini, n riprodotto in dispense o altri documenti, n divulgato a terzi.
2
Una serie di contributi interessanti sul tema sono quelli raccolti nel volume Economia per il diritto (a cura di) P.
Ciocca, I. Musu, Bollati Boringhieri, Torino, 2006.

(i cui argomenti sono qui compattati in un insegnamento unico), quindi linsegnamento non ha alcuna
pretesa di sviluppare unanalisi approfondita dei temi trattati, ma di studiarli in modo metodologicamente
rigoroso e conforme agli standard di corsi analoghi anche di tipo economico. Pur nel rispetto del rigore
metodologico sar utilizzata una strumentazione analitica che limiter al massimo limpiego di trattazioni
matematiche - utilizzer al pi qualche grafico di semplice comprensione - come consuetudine e necessit
di tutti gli insegnamenti economici inseriti nei piani di studio di lauree dellarea giuridica, di scienze
politiche e di scienze della formazione.
Possiamo ancora osservare che praticamente nessuno si accosta allo studio delleconomia completamente
a digiuno, in quanto gran parte della nostra esperienza quotidiana ha a che fare con questioni economiche:
acquistare beni al supermercato, depositare risparmi in banca, cercare un lavoro, ricevere una borsa di
studio, discutere sulle politiche economiche di un governo.
Questa familiarit quotidiana con questioni economiche che, direttamente o indirettamente, riguardano
tutti noi pu essere allo stesso tempo un vantaggio e uno svantaggio per affrontare lo studio sistematico
delleconomia politica. Da un lato appare un vantaggio perch lacquisizione di conoscenze in campo
economico viene percepito da chi affronta tali studi come un obiettivo utile ai fini alla comprensione ed alla
soluzione di problemi di proprio interesse. Nello stesso tempo per pu essere uno svantaggio nella misura
in cui ci si aspetti di trovare nello studio economico delle soluzioni semplici, oggettive, operative ovvero
basate sulla pratica e non su una impostazione scientifica rigorosa.
Infatti, per parecchi problemi economici non sempre esiste una soluzione facile ed immediata; inoltre
spesso per lo stesso problema economisti diversi propongono soluzioni differenti. Ovvero esiste una
pluralit di punti di vista degli studiosi su molte questioni economiche, pluralit che discende dalla diversit
di opinioni sulla natura dei fenomeni economici, su come indagarli, sulle possibili soluzioni dei problemi
connessi e sulle soluzioni preferibili da adottare. Lanalisi economica un metodo o un insieme di metodo e
non un insieme di verit assolute3.
Queste diversit di vedute coinvolgono, in una certa misura, anche la definizione della disciplina stessa.
Infatti se sembra intuitivo il concetto di fatto economico o di problema economico quello di scienza
economica meno agevole da definire, tanto che il dibattito aperto e sussistono diversi approcci che si
sono peraltro evoluti nel tempo.
Vale la pena premettere che dare una definizione della disciplina, implica definire il suo campo di indagine,
quindi anche i relativi obiettivi (di cosa si occupa e perch), e indirettamente, in parte, anche determinare
gli strumenti di analisi. Iniziare con il dare una definizione della scienza economica una scelta che
presenta per dei risvolti, scientificamente e didatticamente, insidiosi, soprattutto perch economisti e
filosofi della scienza economica hanno fornito parecchie definizione diverse della disciplina economica.
In prima approssimazione, senza sposare alcuna tesi precostituita, si pu per affermare che la scienza
economica si occupa dello studio del sistema economico.
A sua volta il sistema economico pu essere definito, in primo luogo, come linsieme di individui che tra
loro si organizzano per risolvere i problemi della produzione e dello scambio dei beni atti a soddisfare i
bisogni umani. Quindi il sistema economico assolve, innanzitutto, alla funzione dellallocazione delle sue
risorse, scarse, tra i possibili usi alternativi.
Occorre precisare che una risorsa scarsa quando:

Si veda, oltre alla breve introduzione qui svolta sullevoluzione delle idee economiche anche il testo dellEssenziale di
economia, P. Krugman, R. Wells, K. Graddy, 2 ed., Zanichelli ed, nel cap. 2 Quando e perch gli economisti sono in
disaccordo, a pag. 36.

a) disponibile in quantit limitata


b) esiste una pluralit di impieghi alternativi per essa
c) esiste una pluralit di fini desiderabili che quella risorsa concorre a raggiungere
Se un bene non limitato, allora non una merce, ma un bene libero (come l'aria). Se una risorse fosse
solamente limitata, ma senza una pluralit di impieghi alternativi, non si porrebbe alcun problema di scelta
nella sua allocazione. Se invece non fosse utile a conseguire un fine non sarebbe desiderabile il suo utilizzo
e quindi anche in questo caso non si porrebbe un problema allocativo.
Oltre allallocazione delle risorse per la produzione e successivo scambio di beni, il sistema economico
determina la distribuzione di ci che viene prodotto con le risorse disponibili, ovvero lallocazione del
prodotto. In altri termini il sistema economico provvede a determinare quello che ricevono tutti coloro i
quali hanno partecipato, a vario titolo, allattivit produttiva (lavoratori, imprenditori, ) e ci che ricevono
coloro che non vi partecipano (ammalati, anziani,).
Infine, il sistema economico assicura la propria permanenza nel tempo, o a dimensioni immutate oppure
espandendosi; in altri termini un sistema economico determina il tipo e il ritmo dellaccumulazione della
sua ricchezza.
Quindi loggetto dello studio delleconomia politica pu essere individuato nellallocazione delle risorse ovvero la produzione, lo scambio e la distribuzione del prodotto tra i vari soggetti - e nellaccumulazione
delle risorse e il loro utilizzo per lo sviluppo del sistema stesso.
Cerchiamo ora di illustrare quali definizioni sono state date della scienza economica: le diverse definizioni
esistenti ruotano sostanzialmente intorno a due definizioni di base una formale, laltra sostanziale.
Una definizione formale delleconomia, spesso utilizzata, quella data nel 1932 da Lionel Robbins nel suo
celebre Saggio sulla natura e sul significato della scienza economica4, ove definisce la scienza economica
come la scienza che studia il comportamento umano come relazione tra fini e mezzi scarsi suscettibili di usi
alternativi.
La definizione sostanziale alla quale si fa solitamente riferimento invece quella che, considera leconomia
come la scienza della produzione, dello scambio, della distribuzione e del consumo di quei beni e servizi che
contribuiscono al benessere materiale. Tale definizione, gi implicita nella Repubblica di Platone, stata
accolta dagli studiosi di economia fino alla prima met dell800.
Va infatti ricordato che la parola Economia deriva dal greco: oikos = casa + nomos = legge, norma; quindi
significa "governo della casa". Potremmo quindi dire che l'economia nasce nel mondo antico, anche se le
riflessioni elaborate nellantichit (Aristotele, Platone) e fino al periodo della Scolastica (databile dal 1000
fino agli inizi del 1600), oltre ad essere poco frequenti, rientravano nella filosofia morale e per certi aspetti
nella filosofia del diritto. Tali riflessioni riguardavano, infatti, temi di grande importanza morale come la
questione della liceit della propriet privata, del guadagno commerciale e del giusto prezzo dei beni,
dellesigere un interesse sui prestiti, con lo scopo principale, appunto, non tanto di comprendere il
funzionamento del sistema economico quanto piuttosto di fornire prescrizioni morali su come luomo
retto o il fedele dovevano comportarsi.
Successivamente il mercantilismo riprese, in parte, l'idea aristotelica dell' oikosnomos, dove per la casa
lo Stato, quindi lo Stato stesso unazienda che assume un ruolo dirigistico dell'economia, e quindi

Economics is the science which studies human behaviour as a relationship between ends and scarce means which
have alternative uses; Robbins L., Essay on the Nature and Significance of Economic Science, Macmillan, London,
1945, pag. 16.

l'economia una forma dell'amministrazione politica di uno stato. Da l nasce il termine "Economia
politica".
Entrambe le definizioni summenzionate sono state oggetto di critiche in quanto ritenute, per un verso,
troppo ristrette e troppo ampie.
Va, inoltre, osservato che per i primi autori la scienza economica era una scienza sociale; il loro lobiettivo
era quello di indirizzare la politica (mercantilisti, fisiocratici5), di comprendere la natura dei processi di
produzione e di distribuzione del reddito e quindi di individuare le politiche pi consone a favorire lo
sviluppo economico (Smith, Maltus, Ricardo,), di comprendere lorganizzazione della societ e di proporre
modelli politici (Marx). Per tali radici storiche si fa riferimento alla scienza economica utilizzando il termine
di Economia politica, tuttora utilizzato molto spesso, nei corsi di laurea e nella manualistica soprattutto
italiana (assai meno in quella anglosassone), per individuare nel suo insieme gli studi di microeconomia e
macroeconomia.
A partire dalla fine del XIX secolo, con la cosiddetta rivoluzione marginalista, si tent invece di pervenire
ad una separazione tra economia e politica. Lon Walras, in particolare, propose una distinzione tra:
economia politica pura (determinazione dei prezzi), economia politica sociale (distribuzione della ricchezza)
ed economia politica applicata (teoria della produzione agricola, industriale e commerciale) e cerc assieme
ad altri componenti della scuola marginalista (o neoclassica) di dare alla prima lo stesso impianto oggettivo
e rigoroso delle scienze naturali (in primis la fisica). Permane ancor oggi una distinzione, spesso utilizzata,
tra economisti teorici (o economisti generali) ed economisti applicati, ovvero economisti che si occupano
dellanalisi economica in specifici ambiti o settori produttivi, ovvero di discipline quali leconomia
industriale, leconomia agraria, leconomia dei trasporti, leconomia del turismo,.
A fine 800 venne anche proposta la distinzione tra economia positiva (analisi e descrizione del
funzionamento di un sistema economico come ), economia normativa (valutazione di ci che
desiderabile, dei suoi costi e benefici) e arte economica (l'individuazione di azioni atte ad ottenere ci che
appare desiderabile). Ancor oggi spesso si definisce lEconomia politica come economia positiva e la politica
economica, ci la disciplina che studia ladozione e gli effetti delle diverse misure di politica economica,
come economia normativa.
Negli stessi anni, Alfred Marshall inizi ad usare il termine economics insieme e in alternativa a political
economy. Nel XX secolo il notevole sviluppo della matematica e della fisica e, in particolare, la loro
assiomatizzazione sempre pi estesa, suggerirono l'adozione di un approccio assiomatico anche per
l'economia, nel tentativo di dare ad essa pieno status di "scienza". Nel 1932 Lionel Robbins propose la
definizione di economia sopra citata e, inoltre, afferm che l'economia pu essere scienza se le sue
proposizioni sono dedotte da un insieme di postulati tratti da fatti incontestabili basati sull'esperienza,
quindi una verifica empirica della teoria, ovvero una validazione.
Il dibattito risulta ancora aperto e tende ad acuirsi in concomitanza di situazioni che, a torto o a ragione,
mettono in discussione la capacit predittiva dei modelli economici (es crisi economiche non previste o
previste da pochi economisti) e degli economisti, o che implicano soluzioni socialmente poco desiderabili
(es: misure restrittive della spesa pubblica e sociale) ed evidenziano un confine non ben tracciato tra ruolo
della scienza economia e ruolo della politica. In tali situazioni viene messo in discussione il mainstream
ovvero il pensiero dominante, che potremmo definire ortodosso, nella scienza economica, in ambito
accademico e non, sostanzialmente di tipo neoclassico, ovvero una visione positivistica della scienza
economia. Le critiche si concentrano sulluso eccessivo di modelli matematici in una scienza sociale e sulla
5

Si veda oltre per questi riferimenti specifici alle correnti del pensiero economico e ai diversi autori la sintesi di storia
del pensiero economico contenuta nel presente documento.

non verifica di alcune ipotesi forti sulle quali poggiano i diversi modelli. Secondo tali critiche lo sviluppo
dellimpiego della modellistica matematica nella teoria economica ha conferito gradualmente maggiore
importanza alla capacit predittiva di una teoria mentre stata dedicata minore attenzione alla verifica del
realismo delle ipotesi su cui tale teoria si basa. Il tema cruciale del dibattito per soprattutto di carattere
epistemologico o, se vogliamo, di filosofia della scienza. Leconomia, diversamente da altre scienze esatte,
deve inevitabilmente interrogarsi sul tipo di razionalit che muove il consumatore, limprenditore o il
risparmiatore, mentre, ad esempio, la fisica pu ignorare la psicologia di un elettrone. Proprio per
comprendere il senso di questo dibattito e i limiti degli approcci opportuno premettere allo studio di un
manuale anche una breve sintesi dello sviluppo nel tempo delle idee economiche.

Levoluzione delle idee in economia politica: una breve panoramica6


Di seguito viene presentata, attraverso una rapida carrellata, una panoramica delle principali scuole di
pensiero e dei relativi autori, soprattutto di epoca moderna (dal 1700 in poi). Tale trattazione non ha la
presunzione n il fine di fornire una sintesi della storia del pensiero economico, ma piuttosto lo scopo di
mettere in evidenza il legame tra le vicende socio-economiche e i mutamenti culturali e la nascita, sviluppo
ed affermazione delle principali teorie economiche, mettendo in luce, in tal modo, loggetto e il metodo di
indagine degli economisti del passato e quanto del loro pensiero si stratificato come contributo alla
conoscenza dei fatti economici. Tali lasciti sono poi rintracciabili nei pi diffusi manuali di economia
politica e consentono un avvicinamento graduale ai (diversi) modi di pensare da economisti ed ai concetti
e metodi principalmente utilizzati dalla teoria economica (o dalle teorie economiche).
Un ulteriore motivo per il quale questo approccio pu risultare funzionale risiede nel fatto che lo studente,
per il pregresso percorso formativo, ha sicuramente familiarit con lo studio della storia e talvolta della
filosofia, quindi presentare progressivamente le diverse problematiche, teorie e filoni di pensiero
delleconomia politica nellambito di una trattazione dellevoluzione storica del pensiero economico
dovrebbe facilitare lapproccio alla disciplina.
per lecito chiedersi preliminarmente, e pi in generale, se ha senso affrontare uno studio della "storia
del pensiero economico" o se un esercizio fine a se stesso.
Mentre non ha senso studiare la storia delle scienze empiriche (ho a senso come finalit a s stante)
perch, in queste scienze le teorie del passato sono quelle che si sono di-mostrate errate, nella storia della
filosofia invece appare a tutti necessario ricostruiscono le diverse tradizioni di pensiero e le diverse
impostazioni delle scuole di pensiero.
L'economia una scienza in parte empirica e in parte una disciplina simile alla filosofia, quindi
caratterizzata dallo sviluppo di un insieme di tradizioni, cio linee di pensiero, dindagine. Mentre la fisica
una scienza, nel senso di un corpo teorico unitario (salvo teorie contrastanti, per cos dire, in corso di
validazione), l'economia un insieme di tradizioni anche divergenti e contrastanti. L'economia, infatti, non
si basa solo sulle conoscenze empiriche, perch non detto che un esperimento di carattere economico
oggi fornisca gli stessi risultati di quello effettuato in un'altra epoca, ed anche in un altro contesto sociale.
Pertanto l'economia politica se per un verso ha le caratteristiche, o cerca di averle di una scienza
positivistica, basata sullempirismo, nel contempo ha anche i connotati di una scienza della realt politicosociale, ovvero una scienza che d importanza sia agli aspetti empirici che alla "cultura storica".

Ampie parti di questo capitolo, come anche alcune parti del testo precedente, sono tratte da Economia politica, di T.
Cozzi, S. Zamagni, Il Mulino, Bologna, 3 edizione, cap. 1, manuale al quale si fa riferimento per eventuali
approfondimenti.

Per altro verso pur essendo le questioni economiche antiche quanto le societ umane, e pur ritrovando fin
dal pensiero antico greco e romano riferimenti al discorso economico, solo a partire dal 1600 inizia
l'economia politica inizia ad assumere progressivamente un carattere di scienza autonoma, beneficiando
anche di quella rivoluzione scientifica che ebbe tra i suoi capostipiti proprio Galileo e che poi ha portato al
positivismo. Infatti, si ritiene convenzionalmente che l'economia politica, pur avendo appunto origine in
correnti di pensiero dei secoli XVII e XVIII, ha la sua data di nascita ufficiale nel 1776, anno di pubblicazione
della Ricchezza delle nazioni di Adam Smith, quindi in epoca relativamente recente.

Il pensiero antico
Il primo a parlare di Economia fu Aristotele nel IV secolo a.C., il quale scrisse il Trattato sull'Economia,
riguardante l'uso delle risorse domestiche, ove la casa viene vista come un'azienda, una realt produttiva in
cui si compenetrano la realt lavorativa e quella privata, sulla base di un'idea patriarcale di famiglia
allargata, che comprende anche schiavi e armenti.
Questa definizione non molto diversa da quella comunemente data oggigiorno alleconomia, ovvero la
buona organizzazione, l'uso efficiente delle risorse a disposizione, dato che leconomia ha a che fare con la
scarsit, cio con la necessit di non sprecare le risorse scarse a disposizione.
Bisogna dire, per, che questa definizione non tiene in considerazione altri aspetti quali lo scambio
monetario, il mercato, il contratto che vengono affrontato da Aristotele in altre opere, poich vengono
considerati del tutto distaccati dal governo della casa, in quanto sfuggono alla logica gerarchica
dell'organizzazione della casa, ma si basano sul consenso tra i contraenti. Per scambio si intende il
passaggio di mano di beni (baratto) o di beni con denaro, in cui possiamo presupporre che ci sia un giudizio
consensuale di equivalenza delle cose scambiate, un principio di giustizia, di carattere etico, che consente di
distinguere lo scambio dal furto (cosa che con un giudizio unicamente scientifico non possibile fare). Nello
scambio conta l'equivalenza in valore delle cose scambiate, non l'uguaglianza. Aristotele parla anche della
moneta, definendola come "cosa normativa", cio un oggetto (cosa) di scambio basato sulla giustizia. La
moneta nasce perch la gente ha bisogno di esprimere in forma di quantit il principio di equivalenza. una
moneta-merce caricata di un compito normativo, misurativi dell'equivalenza che si realizza nello scambio.
La moneta quindi una "cosa legale", caricata di un compito di giustizia.
In Aristotele troviamo importanti applicazioni di questo principio di giustizia commutativa (nello scambio),
tra cui lidea che il sistema concorrenziale sia pi vicino a garantire la giustizia commutativa rispetto al
monopolio. Infatti la libert di scambio, in cui nessuno ha un potere superiore a un altro, migliore per
garantire la giustizia commutativa, mentre il crea disequilibrio e non parit tra gli agenti ed quindi
condannabile. Come conseguenza di questo, Aristotele afferma che il pagamento di un interesse su un
prestito una forma di rapina, non giusto, perch il denaro una merce che non ha altro uso che
facilitare lo scambio, passando di mano in mano, e di conseguenza non giusto far pagare proprio questo
passaggio di mano.
Il pensiero di Aristotele importante perch per primo mostra la connessione tra economia ed etica,
differenziandola dalla neutralit della scienza rispetto ai valori. Per Aristotele lo scopo della vita umana il
raggiungimento della felicit e l'economia uno dei tanti strumenti per raggiungerla.

Il pensiero medievale e la scolastica (1000-1500 d.c.).


Nel Medioevo si ha una ripresa di Aristotele, soprattutto con gli Scolastici, che giungono al concetto del
Giusto Prezzo, secondo il quale il prezzo di vendita deve coprire i costi diretti di produzione ed assicurare
allartigiano una remunerazione del suo lavoro tale da consentirgli di vivere adeguatamente.
Con la scolastica, il cui maggiore rappresentante San Tommaso, nasce il Giusnaturalismo, secondo il quale
esistono dei principi di giustizia naturale, che si possono cogliere anche solo studiando la natura umana. Lo
studio della natura umana permette di individuare dei criteri di giustizia. Lo studio dell'economia ci dice
quando e a quali condizioni c' giustizia commutativa.
Nel pensiero medioevale permane, inoltre, la condanna dell'interesse e del monopolio ed il discorso
economico rimane condizionato dalla filosofia morale.

Il mercantilismo
Il secolo XVI rappresenta uno spartiacque tra il declinante sistema feudale e la nascita di quello
capitalistico. Infatti dal XVI secolo iniziano a manifestarsi mutamenti economici e sociali significativi nella
societ europea, tra cui, di particolare importanza, lo sviluppo dei moderni stati nazionali, la nascita di una
classe lavoratrice privata del controllo sul processo produttivo, con lo sviluppo del lavoro a domicilio e delle
prime imprese manifatturiere, il processo di progressiva recinzione delle terre e la scomparsa e
privatizzazione delle propriet comuni feudali iniziata in Inghilterra (ivi noto come enclosures, ma presente
anche in altri Paesi), lincremento demografico, e un ingente flusso di metalli preziosi (oro e argento) dalle
Americhe che determiner un lungo periodo inflazionistico.
Parallelamente si manifesta un risveglio culturale e scientifico, ovvero la cosiddetta rivoluzione scientifica
che vede tra i suoi protagonisti pi noti Copernico, Keplero , Galileo e Newton che avr influenza affinch il
discorso economico si affermi come discorso scientifico autonomo.
In questo contesto storico, economico e culturale si sviluppa il mercantilismo, termine riferibile ad un
complesso di principi politico-economici che furono dominanti, con poche eccezioni, nei Paesi dellEuropa
occidentale, dal XVI sec. fino alla met circa del XVIII.
Il mercantilismo rappresenta da un lato, pi che una vera e propria scuola di pensiero, una corrente
culturale la quale, con degli scritti a carattere empirico, mira, quale suo scopo fondamentale, ad individuare
i modi per sostenere e accrescere lo sviluppo di una nazione. Per altro verso il mercantilismo rappresenta
un orientamento di teoria della politica economica basato sul presupposto che lobiettivo ultimo della
politica economica la potenza dello Stato.
Il termine, usato probabilmente per la prima volta dai fisiocrati, si poi diffuso per opera di Adam Smith,
che si riferisce con il termine teoria mercantilista a quelle prassi di politica economica dei secoli XVI-XVIII
in cui si formarono i grandi Stati nazionali (Francia, Regno Unito, Spagna), delle quali mise in luce,
esclusivamente ed in modo critico, la politica indirizzata ad aumentare, entro lo Stato, la disponibilit di
moneta e il protezionismo tendente a rendere la bilancia commerciale attiva.
In realt il mercantilismo stato qualcosa di pi complesso e organico e pu essere riferito ai sistemi di
politica economica delle grandi monarchie assolute, che con il loro intervento nelleconomia miravano a
dare pi solide basi allunit statale ed a fare dellincremento della ricchezza nazionale lo strumento per
accrescere la forza dello Stato nei suoi rapporti con lestero.
Il mercantilismo come dottrina non ebbe per una trattazione sistematica ed in ci appare una delle ragioni
della sua sconfitta nei confronti del liberismo. Gli scrittori mercantilisti si occuparono, infatti, di problemi

singoli, soprattutto monetari e commerciali, e sempre da un punto di vista essenzialmente pratico, anche
quando le loro indagini sembrano preludere a un pensiero scientifico7. Di rado tali autori, sparsi nei diversi
Paesi, si incontrarono direttamente, tuttavia, per quasi due secoli, essi mostrarono un pensiero fortemente
omogeneo, a causa dellapproccio empirico, riflettendo su realt simili e condividendo gli stessi obiettivi di
sviluppo. Secondo il pensiero mercantilista lo studio economico deve scoprire quali sono le cause
dell'arricchimento delle nazioni.
Un elemento centrale ed innovativo del pensiero mercantilista lenfasi posta sullo scambio come fonte
della creazione di ricchezza e, in modo specifico, del profitto che viene ottenuto dal mercante-capitalista
proprio a seguito del commercio da egli operato sul mercato. Il mercante svincolata la propria condotta
dalla morale, opera nel mondo secondo criteri razionali e consapevoli, e svolge la sua funzione economica
vendendo la merce ad un prezzo tale da coprire il costo di acquisto del prodotto, le spese di trasporto,
conservazione e vendita, e realizzando anche un sovrappi rispetto al totale degli esborsi che rappresenta il
suo profitto.
Viene in tal modo abbandonato il concetto medioevale di giusto prezzo e lanalisi si sposta dai costi di
produzione, e quindi dallofferta, ai meccanismi di formazione del prezzo sul mercato, con particolare
attenzione al ruolo della domanda.
Il valore naturale delle merci quindi semplicemente il loro prezzo di mercato8, determinato dalle forze di
domanda e di offerta, e il valore duso ovvero la capacit di un bene di soddisfare i bisogni il fattore
che pi di ogni altro determina la domanda e quindi influenza il prezzo di mercato.
In questottica le grandi compagnie commerciali cercano di ottenere lappoggio dello Stato per assicurarsi
posizioni di monopolio nei traffici al fine di evitare, causa la concorrenza sul mercato, la correlata riduzione
dei prezzi che avrebbe come conseguenza la caduta dei profitti.
L'attivit del mercante si esplica in societ fondate economicamente ancora su un sistema
prevalentemente agricolo e con un sistema manifatturiero industriale ancora nelle sue fasi iniziali, ma in cui
c' una stretta connessione tra attivit economica ed i nuovi stati nazionali. Quindi i mercanti operano
accrescendo la ricchezza e il prestigio propri e dello Stato, mentre quest'ultimo garantisce la stabilit,
l'ordine pubblico, l'allargamento del mercato attraverso la politica di conquiste coloniali. L'economia
dunque finalizzata all'interesse dello Stato, il quale a sua volta rappresenta un mezzo a disposizione
dell'economia mercantile, grazie alle politiche di crescita economica e di espansione promosse ed alla
capacit del mercante di inserirsi in questo contesto.
Come indirizzo di politica economica il mercantilismo ha avuto invece, come si detto, importanza assai
maggiore e, attraverso successive evoluzioni, ha dominato tutta let moderna. Grande per la variet di
mezzi cui si fatto ricorso nei vari paesi e nei vari periodi per realizzare lo stesso fine, che vedeva quale
indicatore della ricchezza e potenza economica dello Stato lattivo della bilancia del commercio (ovvero la
differenza fra valore delle merci esportate e valore delle merci importate); pertanto la politica economica
deve mirare a realizzare lattivo permanente della bilancia del commercio. La ratio di tale presupposto da
rinvenirsi nelle specificit del contesto storico-istituzionale.
Gli autori mercantilisti che, peraltro, non erano economisti nellaccezione corrente del termine, bens
mercanti, banchieri, letterati scrivono nella fase di consolidamento dello Stato nazionale. Il principale

I principali furono inglesi N. Barbon, J. Child, C. Davenant G., Malynes, E. Misselden, T. Mun, T. Starkey, J. Steuart, W.
Temple, in Italia M.A. de Santis, in Francia R. Cantillon. Qualche spunto di mercantilismo si trova per anche in altri
scrittori, frammisto ad altre idee pi organiche: A. Serra, G. Botero, A. Genovesi, J. Bodin, W. Petty, J. Locke ed altri.
8
Concetto introdotto da Nicholas Barbon in A Discourse on Trade.

problema - economico e politico - del tempo lacquisizione di risorse (il tesoro del sovrano) per il
consolidamento e lespansione dello Stato, soprattutto mediante i conflitti.
Un attivo della bilancia del commercio, in questo contesto, garantendo al sovrano moneta per finanziare le
guerre, pu ragionevolmente costituire il fine ultimo della politica economica.
La variet di mezzi e situazione ha dato aspetti diversi alle singole politiche mercantilistiche; cos dietro gli
aspetti di uniformit del mercantilismo, furono attuate differenti politiche a seconda della specializzazione
economica naturale (agricola, manifatturiera, commerciale) e all'idea di ricchezza (oro, popolazione,
bilancia commerciale).
Obiettivo comune agli indirizzi di politica economica mercantilista , in primo luogo, quello di aumentare la
produzione e, connesso con il primo, quello di impiegare in modo produttivo le grandi masse di poveri e di
mendicanti, generati dalla privatizzazione delle terre comuni feudali.
I mercantilisti chiedevano quindi allo Stato di incoraggiare o impiantare in proprio le manifatture
(soprattutto di lana, seta, canapa e cotone, ma anche di strumenti e oggetti di cuoio, legno, metalli) con il
fine di sostituzione delle importazioni con la produzione nazionale9. Per accrescere la produzione, i
mercantilisti chiedevano anche di favorire laumento della popolazione, di attrarre i migliori artigiani
dallestero, per carpire i loro segreti, e di costruire infrastrutture (ponti, porti, strade, canali, rendere
navigabili i fiumi).
Alcuni elementi propri della politica mercantilistica si possono gi ritrovare nella prassi dei maggiori Comuni
medievali, specialmente italiani, in cui lintervento del potere pubblico in materia industriale, commerciale
e monetaria aveva assunto sempre maggiore importanza, ma fu soprattutto la trasformazione del potere
sovrano da feudale in assoluto che determin il sorgere di nuove funzioni e conseguentemente di nuove
esigenze finanziarie. La creazione di una burocrazia professionale stipendiata al centro e alla periferia, di
rappresentanze diplomatiche allestero e di un esercito permanente, la necessit di rinnovare le opere di
difesa e di provvedere a qualche opera e servizio pubblico di interesse generale imponevano grandi spese
che le rendite patrimoniali della Corona e i donativi dei parlamenti erano insufficienti a fronteggiare; di qui
il bisogno di nuove fonti di entrata che spinse i governi a interessarsi dei problemi economici nazionali. Il
commercio la sorgente delle finanze e le finanze sono il nerbo vitale della guerra scriveva Colbert nel
1666, riassumendo lessenza della politica mercantilistica che subordina leconomia alle finalit dello Stato
e che torna ad affermarsi tutte le volte che si sente la necessit di cementare la coesione e lindipendenza
nazionale, tanto vero che si parlato di ritorno al mercantilismo o di neomercantilismo anche nel
Novecento, dopo la Prima guerra mondiale.

Pi precisamente lo sviluppo del sistema mercantilistico viene suddiviso in tre fasi storiche:

la prima, precedente alla scoperta dellAmerica, caratterizzata da divieti di esportazione della moneta e dei
metalli preziosi;
la seconda detta della bilancia dei contratti, in cui si cercava di incrementare la disponibilit di metalli
preziosi attraverso lobbligo imposto ai mercanti di riportare in moneta nel paese parte almeno del prezzo
ricavato allestero;
la terza che, attraverso dazi allimportazione, premi allesportazione e divieti alluscita delle materie prime,
mirava a creare una bilancia del commercio favorevole.
9

Lintento spiegato con chiarezza il primo scritto organico del pensiero mercantilista, A dialogue between Pole and
Lupset (1529-32) di T. Starkey, e come fu ripetuto fino allultimo trattato di questa corrente, Inquiry into the principles
of political economy (1767) di J. Steuart.

Perduto un po alla volta di vista il fine originario di accrescere il saldo attivo in moneta, durante il XVII sec.
il mercantilismo and poi sempre pi trasformandosi in un sistema tendente a sviluppare le industrie
nazionali e a proteggerle dalla concorrenza estera. Ed soprattutto in questo periodo che il mercantilismo
raggiunse il suo culmine nellInghilterra di O. Cromwell e nella Francia di J.-B. Colbert, dove si trasform in
un vero sistema protettore dellindustria nazionale e fu detto anche colbertismo, fenomeno che ha
rappresentato lespressione pi compiuta, sul piano politico, del pensiero mercantilista.
Intatti, J.B. Colbert, ministro delle finanze sotto Luigi XIV (dal 1663 al 1683), elabor il progetto di
ricondurre ogni momento dellattivit economica sotto il controllo statale.
Il sistema mercantilistico si complet con la creazione delle grandi compagnie commerciali, con
lincremento della marina mercantile, con la politica coloniale, con misure di politica demografica
indirizzate a favorire laumento della popolazione, con provvedimenti miranti a realizzare o ad accentuare
la formazione di un unico mercato nazionale, con una sempre pi stretta disciplina della produzione, con la
concessione a privati di esenzioni fiscali, privilegi e monopoli e con la creazione di industrie di Stato.
Non tutti i provvedimenti raggiungevano i loro obiettivi, ma la potenza dei grandi Stati in complesso
cresceva e ci confermava per i pi la bont del sistema, anche se gi alcune voci si levavano a denunciarne
i difetti in nome degli interessi dellagricoltura e soprattutto in nome della libert.
Si noti che il mercantilismo riprende, in parte, l'idea aristotelica dell'oikosnomos, dove per la casa lo
Stato, quindi lo Stato stesso unazienda che assume un ruolo dirigistico dell'economia, e quindi
l'economia una forma dell'amministrazione politica di uno stato. Da l deriva il termine di "Economia
politica".

In sintesi potremmo dire che con il mercantilismo:


si supera il concetto di giusto prezzo
si sposta lattenzione dal processo produttivo allo scambio e quindi il valore naturale delle merci
corrisponde al loro valore di mercato
domanda e offerta sono le forze che determinano il prezzo di mercato
la domanda influenzata dal valore duso dei beni ovvero dalla loro capacit di soddisfare i bisogni
la concorrenza fa diminuire i prezzi e quindi le compagnie commerciali cercano di ottenere
condizioni di monopolio (o oligopolio) sui mercati
Con la trattazione del pensiero economico dallantichit fino al mercantilismo abbiamo introdotto
a) i concetti beni di produzione o fattori produttivi e beni di consumo: i primi utilizzati nel processo
produttivo per lottenimento di altri beni, i secondi acquistati per la soddisfazione dei propri
bisogni
b) le remunerazione dei fattori produttivi:
rendita per la terra
salari (stipendi) per lattivit lavorativa (manuale o direttiva)
interesse sul capitale monetario prestato
profitto per limprenditore (che per i mercantilisti un imprenditore-mercante)
c) il concetto di monopolio (mercato con una sola impresa produttrice) e oligopolio (poche imprese
produttrici) contrapposto ad un mercato concorrenziale (ove operano molte imprese)
Sul funzionamento del mercato si veda al riguardo i capitoli 3 4 dellEssenziale di economia, P. Krugman, R.
Wells, K. Graddy, 2 ed., Zanichelli ed., oltre al glossario per i termini introdotti o non noti.

Il pensiero fisiocratico
La prospettiva di studio mercantilista diventa con il tempo sempre pi inadeguata rispetto le mutate
situazioni economiche. In primo luogo, nonostante gli sforzi delle grandi compagnie commerciali di
conservare le loro posizioni di monopolio, la diffusione dei commerci, quindi lampliamento dei mercati, e
la conseguente crescita della concorrenza riducono progressivamente i differenziali di prezzo tra diverse
aree geografiche, determinando la contrazione dei margini di profitto di tali operatori economici. La
diminuzione dei profitti incentiva i mercanti ad estendere il loro controllo sul processo di produzione oltre
che su quello commerciale attraverso lintroduzione di un sistema di produzione a domicilio. Nel contempo
in molte delle vecchie corporazioni di arti e mestieri, i maestri di bottega si era trasformati in datori di
lavoro, cio piccoli imprenditori capitalisti, che iniziavano ad operare anche nellarea del commercio,
entrando in conflitto con i vecchi mercanti.
Questi mutamenti si accompagnano ad una radicale revisione del modo tradizionale di concepire i fatti
economici con il progressivo abbandono della vecchia visione paternalistica dello Stato e del suo intervento
in economia, e laffermarsi di una nuova visione delluomo e della societ. La gran parte dei nuovi
imprenditori-capitalisti reclama maggior libert di azione e di movimento, e vuole liberarsi anche dei vincoli
morali ancora esistenti. Ci anche il riflesso della diffusione delle idee filosofiche dellindividualismo
(T. Hobbes), e della teologia protestante nata dalla Riforma, che liberano il comportamento egoistico dalla
condanna religiosa e gli assicurano, in positivo, una legittimazione etica.
Contemporaneamente si va facendo strada lidea che i prezzi e i profitti, anzich determinati in primo luogo
dalle forze della domanda e dellofferta, riflettono piuttosto le condizioni di produzione , in particolare, in
tale sfera che va ricercata lorigine del profitto. Con la creazione di una nuova forza-lavoro libera, cio di un
numero crescente di lavoratori costretti dalle circostanze a vendere sul mercato i propri servizi senza pi
controllo sui mezzi di produzione, appare chiaro che nella gestione del processo lavorativo che si trova la
chiave di generazione dei profitti. Inizia a svilupparsi cos il fenomeno della divisione e specializzazione del
lavoro che determina un incremento di produttivit.
La scuola di pensiero che, soppiantando il mercantilismo, si fa carico di offrire una sistemazione organica
alle nuove idee economiche quella fisiocratica, che fa capo ad un gruppo di riformatori sociali francesi
allievi di F. Quesany (1694-1774), medico di corte di Luigi XV e autore del famoso Tableu Economique
[Tavola economica], pubblicato in sole tre copie, a Versailles nel 1758.
La fisiocrazia fu una vera e propria scuola di pensiero, sviluppatasi in Francia nel Settecento, infatti i
fisiocrati (che si autodefinivano les conomistes), a differenza dei mercantilisti, condivisero i principi di
fondo di metodo e di analisi, utilizzarono le medesime categorie interpretative. Il termine fisiocrazia si pu
tradurre come potere della natura (dal greco fsis=natura e cratin=dominare), a indicare una delle loro
idee-guida, ovvero lesclusiva produttivit dellagricoltura. I fisiocrati, in altri termini, ritengono che solo il
settore agricolo sia in grado, per ragioni esclusivamente naturali, di generare uneccedenza di produzione
prodotto netto - rispetto ai costi, e che gli altri settori produttivi non facciano altro che trasformare la
ricchezza creata in agricoltura: in tal senso, essi sono sterili.
Va qui sottolineato il nuovo concetto di ricchezza non pi corrispondente allo stock accumulato di metalli
preziosi (come avveniva per i mercantilisti), ma il prodotto netto ovvero una variabile di flusso.

Inoltre, la nozione di lavoro produttivo e lavoro improduttivo a seconda della sua capacit di generare
sovrappi diventer una pietra miliare dellanalisi economica dell800. E stato rilevato che questa idea
che sar appunto poi alla base della distinzione classica fra lavoro produttivo e lavoro improduttivo deriva
dallosservazione che il sovrappi in agricoltura la pi semplice e la pi evidente forma di eccedenza, e
che il sovrappi pu per contro generarsi anche nel settore industriale, come verr mostrato dagli
economisti classici. Lintuizione dei fisiocrati pu essere anche giustificata dalla constatazione che, in
agricoltura, lautoriproduzione pu avvenire anche senza lintervento del lavoro umano.
Si ritiene, inoltre, che il sistema economico sia in grado di autoregolarsi, in base a un principio di ordine
naturale. Lordine naturale della specie umana chiarisce Quesnay analogo a quello che governa la
natura; esso preesiste agli ordinamenti positivi che gli uomini possono darsi ed da ritenersi il migliore
possibile. Tale ordine naturale impone la legittimazione e la tutela della propriet privata; da qui la
proposta liberista dei fisiocrati di ridurre al minimo lintervento dello Stato nelleconomia (laissez faire).
Innovativa risulta anche la descrizione del sistema economico sulla base di unidea di muta interdipendenza
tra i vari processi produttivi, con la rappresentazione degli scambi tra questi attraverso i flussi circolari di
moneta e merci; su tale base concettuali si afferma che il tesoreggiamento pu determinare crisi
economiche.
Tutti questi punti sono nitidamente sviluppati da Quesnay nella sua opera, il Tableau Economique, che
rappresentabile con il seguente esempio:

Si noti che i valori riportati nel Tableau sono valori monetari, sicch si immagina che la classe produttiva,
disponendo di 5 miliardi allavvio del processo produttivo, trasferisce a se stessa 2 miliardi per la
reintegrazione del processo produttivo, che acquisti attrezzi per il valore di 1 miliardo dagli artigiani e che
produca un sovrappi (appropriato dai proprietari) pari a 2 miliardi. I consumi di beni alimentari da parte
della classe sterile e dalla classe dei proprietari (rispettivamente 2 e 1 miliardo), nonch lacquisto di beni
manufatti da parte della classe dei proprietari (1 miliardo) garantiscono che la posizione finale, in termini di
reddito monetario, per ciascun macro-operatore sia uguale alla sua posizione finale.
Il modello mostra come il prodotto annuo possa ripartirsi attraverso la circolazione in maniera tale da
rendere possibile la sua riproduzione. Tale sistema economico caratterizzato da una doppia circolarit. La
prima quella interna al sistema e riguarda la circolazione dei beni prodotti annualmente, ossia la
distribuzione del reddito tra la diverse classi sociali. Attraverso questo processo circolare, tutte le classi
sociali sono in grado di riprodursi inalterate ritrovandosi alla fine di ogni periodo produttivo nelle condizioni
di partenza. Ci permette al sistema di riavviarsi, essendo state ripristinate le condizioni che lo hanno
permesso in precedenza. La prima circolarit (la circolazione dei beni, cio la distribuzione del reddito)
permette quindi la seconda, che consiste nella possibilit di riprodurre il processo produttivo e con esso

tutti i rapporti economici e sociali che vigono allinterno e tra le diverse classi. per questo che possiamo
parlare di un modello di riproduzione economica e sociale.
Le ipotesi sottostanti allo schema sono le seguenti:
a) Lesclusiva produttivit della terra. La ricchezza data sempre e solo dalla creazione di nuovi beni e
non dalla loro trasformazione. Ci vuol dire che solo lagricoltura in grado di essere produttiva; essa
sola infatti in grado di produrre pi di quanto serva per la sua stessa riproduzione, mentre i manifatturieri
producono quel tanto che serve a sostentarsi, nelle condizioni di vita socialmente accettate per la loro
classe sociale.
b) Le anticipazioni. Il processo produttivo pu essere avviato solo grazie al capitale investito in anticipo in
agricoltura; lammontare del prodotto netto dipende dallentit e dalla composizione di tali anticipazioni.
Quesnay distingue tre tipi di anticipazioni: anticipazioni primitive, ossia quelle che hanno reso le terre
coltivabili (bestiame, edifici, attrezzi); anticipazioni fondiarie, che dotano i terreni delle strutture necessarie
alla coltura (opere idrauliche, recinzioni, opere di miglioramento dei fondi); anticipazioni annuali, cio
quelle spese sostenute annualmente per il lavoro della coltura (salari dei lavoratori, sementi). Tutte e tre le
anticipazioni richiedono adeguati reintegri per ogni periodo di produzione.
c) Lesistenza di tre classi sociali. Una sola la classe produttiva, quella degli agricoltori. La classe detta
sterile quella composta da cittadini occupati in servizi e lavori diversi da quelli dellagricoltura. Nellultima
classe, quella dei proprietari terrieri, sono inclusi il sovrano, la sua corte e i percettori di decima. Questa
classe si appropria, tramite la rendita fondiaria, dellintero prodotto netto.

In sintesi potremmo dire che con la breve trattazione del pensiero dei fisiocratici abbiamo introdotto:
il concetto di grandezza di stock e di grandezza di flusso
Concettualmente, le variabili di stock sono grandezze economiche che non sono riferite ad un
preciso istante temporale. Il capitale d'impresa, la popolazione di un paese, l'ammontare del
debito pubblico non hanno, per definizione, una dimensione temporale.
I flussi si riferiscono invece a quelli variabili che hanno una dimensione quantit/tempo o
valore/tempo e che pertanto vanno misurate con riferimento ad un certo momento: casi tipici
sono il reddito o il volume d'affari, i quali sono misurati in relazione ad un certo lasso temporale
(un mese, un anno ecc.) ma rappresenta un flusso anche la variazione dello stock di capitale
nell'arco di un anno.
Il concetto secondo il quale lordine naturale impone la legittimazione e la tutela della propriet
privata; da qui la proposta liberista dei fisiocrati di ridurre al minimo lintervento dello Stato
nelleconomia (laissez faire).
il concetto di interdipendenza tra i vari processi di un sistema economico e tra gruppi sociali, o
classi sociali o grandi aggregati macroeconomici
il concetto di lavoro produttivo e improduttivo (sterile)
Sul concetto di un sistema economico interdipendente si veda anche il diagramma di flusso circolare del
reddito a pagina 33 dellEssenziale di economia, P. Krugman, R. Wells, K. Graddy, 2 ed., Zanichelli ed.

Leconomia politica classica: caratteri generali


Per economia politica classica si intende, in questa sede, la tradizione di pensiero economico che intercorre
fra la pubblicazione della Ricchezza delle nazioni di Adam Smith (1776) e la c.d. rivoluzione marginalista
degli anni settanta dellOttocento.
Il pensiero economico classico si sviluppa a partire dalla prima rivoluzione industriale, caratterizzata, in
particolare dallavvento dellorganizzazione di fabbrica e dalla crescita della produzione industriale
(industria tessile in primis), dallurbanizzazione (a partire dal 1850, la popolazione urbana inglese supera
quella rurale), dalla nascita di un nuovo soggetto sociale il proletariato.

Adam Smith e leconomia di mercato


Adam Smith (1723-1790), professore di Filosofia Morale allUniversit di Glasgow, stato spesso
considerato il fondatore della scienza economica. Autore di numerose opere in ambiti disciplinari diversi
(retorica, filosofia, astrologia), il suo contributo alleconomia politica si deduce soprattutto da due opere: la
Teoria dei sentimenti morali (1759) e, soprattutto nel trattato, lIndagine sulla natura e le cause della
ricchezza delle nazioni (1776), ove Smith si interroga sui temi del valore, della distribuzione del reddito e
dello sviluppo economico. Smith spiega come il perseguimento da parte degli individui dellinteresse
personale in uneconomia di scambio garantisca larmonia sociale. Non dalla benevolenza del macellaio,
del produttore di birra, del fornai che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dal riguardo che essi prestano ai
loro interessi.
La Ricchezza delle nazioni inizia con unanalisi delle cause dei miglioramenti del potere produttivo del
lavoro, miglioramenti che vengono indicati come la fonte principale della ricchezza materiale. Quindi
allorigine degli aumenti di ricchezza, ovvero dello sviluppo economico, c la divisione del lavoro, cio il
processo mediante il quale un particolare compito produttivo viene suddiviso in un certo numero di compiti
separati, ognuno realizzato da individui diversi. La divisione del lavoro divisione sociale o divisione tecnica
del lavoro: la prima attiene alla separazione delle funzioni fra le diverse classi sociali; la seconda attiene alla
suddivisione delle mansioni allinterno dellunit produttiva. Con particolare riferimento a questultima,
Smith ritiene che la divisione del lavoro accresce la produttivit e che essa limitata dallampiezza del
mercato.
Ricorrendo allesempio della fabbrica degli spilli, Smith rileva che la divisione del lavoro accresce la
produttivit per tre ragioni:
1. aumenta il grado di specializzazione;
2. consente un risparmio di tempo;
3. incentiva le innovazioni dal basso, dal momento che rendendo il lavoro ripetitivo incentiva
gli operai a escogitare metodi di produzione e sistemi organizzativi pi efficienti.
Il processo di sviluppo , dunque, trainato dallaumento del grado di divisione del lavoro, a sua volta
dipendente dallampiezza del mercato (e, dunque, dalla domanda). A sua volta il mercato risulter tanto pi
esteso quanto pi sviluppati sono i sistemi di trasporto e comunicazione, quanto pi diffusi sono gli
strumenti creditizi e monetari che facilitano la commercializzazione dei prodotti e quanto pi intensa la
crescita del volume di produzione.
Pertanto, secondo Smith, nella societ capitalistica operante un meccanismo cumulativo ove, laumento
del grado di divisione del lavoro accresce la produttivit, con conseguente riduzione dei costi di produzione
ed aumento dei profitti, degli investimenti e dei salari, quindi anche della domanda, con ulteriore stimolo
alla produzione, in un circolo virtuoso di sviluppo potenzialmente illimitato.

Ma come si fa a provare che uneconomia, nella quale individui razionali e mutuamente disinteressati che
interagiscono tra loro solo per mezzo di scambi volontari, realizza unorganizzazione della produzione e
della distribuzione della ricchezza che efficiente e mutuamente benefica?
Smith ricorrere poi alla famosa metafora della mano invisibile del mercato per spiegare come, grazie al
libero mercato la ricerca egoistica del proprio interesse gioverebbe tendenzialmente all'interesse dell'intera
societ e mirerebbe a trasformare quelli che costituiscono "vizi privati" in "pubbliche virt".
Sul mercato, gli individui stabiliscono, in maniera non intenzionale, ordinati rapporti di scambio tra merci,
rapporti che altro non sono che i prezzi relativi delle merci. Il meccanismo di formazione dei prezzi risulta
quindi un elemento centrale nella spiegazione del funzionamento di uneconomia di mercato; a tal fine
Smith sviluppa una teoria del valore.
Alcuni autori mercantilisti e settecenteschi avevano suggerito lidea che il valore di una merce dipende dalla
gratificazione che essa arreca a chi la consuma (la c.d. teoria soggettivistica del valore). Smith confuta
questo argomento ricorrendo al c.d. paradosso dellacqua e dei diamanti: se fosse cio vero che il valore
dipende dallutilit della merce, non si capirebbe perch i diamanti che hanno un basso valore duso
hanno un elevato valore di scambio (prezzo), mentre lacqua che ha un valore duso molto elevato ha un
basso (o nullo) valore di scambio. Lorigine del valore va dunque cercata altrove. Il valore, per Smith, ha un
fondamento oggettivo. In uneconomia pre-capitalistica, il valore di una merce interamente spiegabile
con la quantit di lavoro che si reso necessario per produrla (teoria del valore-lavoro contenuto). In
uneconomia capitalistica, laddove, cio, esiste il profitto, il valore di una merce dato dalla somma di
salari, profitti e rendite ai loro saggi naturali di lungo periodo; sicch il valore di una merce dato dalla
quantit di lavoro che essa in grado di acquistare sul mercato.
Con la sua teoria dei prezzi pari al costo di produzione, Smith non intende spiegare le effettive fluttuazioni
dei prezzi che si realizzano quotidianamente nei mercati, infatti distingue nettamente tra prezzo di mercato
e prezzo naturale.
I saggi naturali di salario, profitto e rendita corrispondono ai loro valori normali, ed esiste
conseguentemente un prezzo naturale che li incorpora. Il prezzo di mercato pu essere temporaneamente
(nel breve periodo) diverso dal prezzo naturale, ma in base al c.d. principio di gravitazione vi una
tendenza spontanea alleguaglianza (nel lungo periodo).
Ci accade in ragione della dinamica demografica. In particolare, se il salario di mercato supera quello
naturale i lavoratori reagiscono aumentando le dimensioni delle proprie famiglie. In un contesto
istituzionale nel quale non sussiste il divieto del lavoro minorile, laumento della popolazione si traduce, gi
nel breve-medio termine, in un aumento dellofferta di lavoro che determina una riduzione del salario,
ferma restando la domanda di lavoro. Se viceversa il salario di mercato risulta inferiore a quello naturale,
lofferta di lavoro si riduce per laumento dei tassi di mortalit e la riduzione dei tassi di natalit,
determinando un aumento del salario. Nel lungo periodo, le oscillazioni dellofferta di lavoro
comporteranno leguaglianza fra salario di mercato e salario naturale.
Si osservi come, in questo schema, la riproduzione della forza lavoro concepita come finalizzata ad
accrescere i redditi delle famiglie operaie (la riproduzione come investimento). Ci a ragione di una
duplice constatazione: i) in assenza di divieto del lavoro minorile, un figlio addizionale comporta un reddito
addizionale fin nel breve-medio termine; ii) in assenza di un sistema pensionistico, un figlio comporta la
possibilit per i genitori di far fronte alle spese che si troveranno a sostenere una volta smesso di lavorare.
Smith aggiunge che laumento dei salari accresce il rendimento dei lavoratori, a ragione del miglior
standard nutritivo e della gratificazione ricevuta (la c.d. teoria degli alti salari), e ritiene che laumento dei
salari sia un esito spontaneo del processo di crescita economica.

Ne deriva una teoria della distribuzione del reddito nella quale il saggio naturale del salario equivale al
salario di sussistenza, non definito su basi biologiche, ma come una grandezza socialmente e storicamente
determinata.

In sintesi potremmo dire che con la breve trattazione del pensiero di Adam Smith abbiamo introdotto:
una prima idea del concetto di sviluppo economico, ovvero di crescita economica (appunto natura
e cause della ricchezza delle nazioni) che poggia sullo sviluppo (ampliamento) dei mercati e sulla
divisione del lavoro
il concetto di divisione e specializzazione del lavoro
il concetto dei benefici creati dal mercato e dallo scambio (surplus dei produttori e rendita dei
consumatori)
una prima idea di efficienza economica: la produzione si dirige verso le merci desiderate dai
consumatori e i metodi produttivi sono quelli tecnicamente ed economicamente pi efficienti tali
da produrre a costi sempre pi bassi e quindi con abbassamento dei prezzi
lallocazione efficiente delle risorse garantita dal mercato (la cd mano invisibile)
Ancor oggi, nel dibattito politico-economico, il convincimento nella capacit allocativa del libero mercato
viene molto spesso invocato ricordando i contributi di Smith piuttosto che dei suoi successori.
I concetti richiamati si ritrovano nei capitoli 1-4 dellEssenziale di economia, P. Krugman, R. Wells, K.
Graddy, 2 ed., Zanichelli ed.

Il periodo storico successivo, tra la fine del 700 e linizio dell800, caratterizzato da un lato da una crescita
continua della produzione industriale, ma anche di quella agricola, e quindi della ricchezza, ma anche da
una diffusa condizione di povert della classe dei lavoratori. La vita economico-sociale dei primi decenni
della rivoluzione industriale quindi contraddistinta da due rilevanti conflitti di classe.
Il primo conflitto vede coinvolge la classe lavoratrice nei confronti della classe imprenditoriale e politica e
deriva dal costo sociale dellindustrializzazione. La rivoluzione industriale, con la diffusione del sistema di
fabbrica, ovvero la divisione del lavoro e luso sempre pi articolato di macchinari, determina un aumento
della capacit produttiva del sistema economico senza precedenti nella storia. Ci reso possibile dalla
destinazione di una percentuale accresciuta della capacit produttiva alla produzione di beni strumentali di
produzione, il che consente una rapida accumulazione di capitale. Un processo che si riverbera
negativamente sulla produzione di beni di consumo, che aumentano proporzionalmente in percentuale
relativamente minore, e quindi sul livello medio di vita della classe operaia, che vede anche modificarsi le
tradizionali modalit di vita e di lavoro, con il rovesciamento del rapporto tra uomo e macchina allinterno
del processo produttivo, ove luomo posto ora al servizio della macchina.
Tale situazione determina lotte operaie anche violente, con la rapida diffusione in Inghilterra dalla fine del
1700, di organizzazioni operaie, tanto che, anche sulla stregua del ricordo ancora vivo nella memoria della
recente rivoluzione francese, il parlamento approva nel 1799 il Combination Act che viene di fatto a portare
fuori legge qualsiasi organizzazione operaia.
Il secondo conflitto coinvolge proprietari fondiari da una parte ed imprenditori industriali dallaltra e si
estrinseca nel confronto politico per la maggioranza parlamentare, ma ha sullo sfondo e per reale oggetto
di contesa il modello di sviluppo economico dellInghilterra ovvero se questa debba continuare ad essere

caratterizzata soprattutto da un prevalente settore agricolo o debba accelerare il ritmo del suo sviluppo
industriale. Le Guerre Napoleoniche che coinvolgono il Paese determinano la riduzione drastica delle
importazioni di derrate alimentari, con conseguente incremento dei prezzi dei cereali, in particolare del
grano. Nel contempo i prezzi dei manufatti non si incrementano della stessa percentuale e cos anche i
salari degli operai non aumentano nella stessa misura dei prezzi agricoli e quindi dei beni alimentari di
prima necessit.
Nel 1815 i proprietari fondiari riescono a far approvare dal parlamento inglese alcune modifiche alle leggi
sul grano (Corn laws), aumentando il protezionismo grazie a tariffe doganali cos alte che il grano che
potrebbe essere importato a prezzi molto pi bassi di quelli prevalenti allinterno del Paese, non entra di
fatto sul mercato inglese. I prezzi interni, mantenuti artificialmente elevati da queste barriere tariffarie,
determinano elevate rendite fondiarie.
Queste misure vedono lopposizione degli industriali che subiscono un duplice danno: da lato gli elevati
prezzi dei beni agricoli implicano un incremento dei salari di sussistenza dei lavoratori dellindustria con
conseguente riduzione dei margini di profitto; nel contempo il protezionismo economico, ed le reciproche
barriere tariffarie, impediscono allindustria manifatturiera inglese, maggiormente efficiente e quindi
maggiormente produttiva rispetto a quella degli altri concorrenti europei, di espandersi sui mercati esteri in
misura adeguata.
La pressione politica della borghesia e la forza di persuasione del liberismo, sugli ambienti politici e
culturali, conduce alla completa abolizione nel 1846 delle leggi sul grano.

Malthus, Ricardo, Mill e Marx fornirono risposte diverse ai problemi sopra indicati che riguardavano
lInghilterra, ma in misura diversa anche altri paesi europei.

Malthus e il punto di vista dei proprietari fondiari


Gli scritti di Malthus riprendono da vicino i temi dei due tipi di conflitti di classe che contraddistinguono la
sua epoca. Nel 1798 Malthus pubblica i Saggi sul principio della popolazione (Essay on the principle of
population as it affects the future improvement of society) che fu rielaborato completamente con tesi molto
pi sviluppate nel 1803, testo nel quale affronta il tema della protesta operaia ed il problema della
redistribuzione del reddito invocata anche dagli intellettuali radicali dellepoca.
Nel 1810 inizia una fitta corrispondenza con David Ricardo con il quale pur scontrandosi sulle tematiche
economiche diviene un grande amico.
Dal 1814, i sui interessi scientifici si rivolgono in via prioritaria al conflitto tra capitalisti industriali e
proprietari terrieri, e nel 1820 d alle stampe i Principi di economia politica (Principles of political
economy considered with the view to their practical application), lavoro che riunisce i suoi scritti teorici
dellepoca. Con il primo contributo Malthus prender posizione a favore delle classi abbienti e con il
secondo difender gli interessi dei proprietari terrieri.
Riguardo al conflitto tra classe operaia e capitalisti industriali, va osservato che differenti studiosi ed
intellettuali cominciarono a percepire nel progredire congiunto della ricchezza e povert alcune
contraddizioni della industrializzazione. Parte di queste critiche erano rivolge allassetto istituzionale
esistente, che, soprattutto per effetto della propriet privata determinava laumento della povert; in
questa visione la povert poteva essere sconfitta se lassetto istituzionale esistente fosse sostituito da un

assetto basato su una distribuzione egualitaria della ricchezza, superando in tal modo gli ostacoli di natura
sociale al miglioramento delle condizioni di vita della classe dei lavoratori10. Questa posizione non era
condivisa da Malthus, che riteneva diversamente che si lindustrializzazione aumentava la ricchezza e anche
la povert, ma non che ci fosse conseguenza prima dellordine istituzionale e sociale esistente, se non in
modo marginale. Malthus individu invece la causa della miseria nella scarsit delle risorse naturali rispetto
ai bisogni della popolazione.
Tutto il ragionamento di Malthus che viene di fatto costruito:
a) attraverso una analisi di dati empirici sullo sviluppo demografico dellInghilterra e dellAmerica,
b) attraverso la comparazione tra dinamica demografica e dinamica della produzione di sussistenze e
c) attraverso la teorizzazione di freni allaumento della popolazione.
Negli anni della prima pubblicazione dell Saggi sul principio della popolazione Malthus assistette ad un
aumento demografico significativo nel suo paese e differenti sono i motivi:
a) in quegli anni fu emanata la Poor Law con lintento di sollevare attraverso vari tipi di aiuti
assistenziali le condizioni di miseria della classe pi povere,
b) la scoperta del vaccino contro il vaiolo di Jenner aveva considerevolmente ridotto lincidenza della
mortalit infantile sul numero totale delle nascite e infine
c) la rivoluzione agraria di quegli anni rendeva disponibili una quantit notevole di prodotti
alimentari riducendo di molto i pericoli e i periodi di carestie11.
Mettendo a confronto i dati americani con quelli inglesi Malthus arriva ad una generalizzazione che
rappresenta lidea base dei Saggi sul principio della popolazione, ovvero che sussiste un divario tra il tasso
di crescita della popolazione - che ha la tendenza a raddoppiarsi ogni venticinque anni, aumentando
secondo una progressione geometrica e quello della produzione alimentare - che invece cresce secondo
una progressione aritmetica12. Di conseguenza anche se allinizio di un dato periodo la popolazione avesse
scorte alimentari adeguate prima o poi si avvierebbe ad una situazione insostenibile. Di qui una serie di
suggerimenti di politica economica atti a porre un freno allaumento della popolazione.
Utilizzando un esempio possiamo illustrare la teoria di Malthus. Ipotizziamo che la popolazione raddoppia
ogni 25 anni e cresce in progressione geometrica e supponiamo che la popolazione nel 2000 in uno stato sia
di 50.000.000 di abitanti; allora avremo questo ipotetico andamento demografico:
ANNI
2000
2025
2050
2075
2100
2125
2150

10

POPOLAZIONE
50.000.000
100.000.000
200.000.000
400.000.000
800.000.000
1.600.000.000
3.200.000.000

Tra questi studiosi spicca William Godwin che nel 1793 pubblica la sua Political Justice che sar oggetto di critica nel
suo Essay proprio da Malthus.
11
Tra il 1750 e il 1801 la popolazione inglese pass da 6.140.000 a 9.150.000 con un aumento quasi del 50% in un arco
di 50 anni. Ancora pi consistente fu invece laumento demografico americano che pass da 1.200.000 nel 1750 a
3.930.000 nel 1790 triplicandosi in un arco di 40 anni.
12
La progressione geometrica una serie di numeri con la propriet di crescere secondo un rapporto costante,
mentre la progressione aritmetica una serie di numeri con la propriet di crescere secondo un incremento costante.

Supponiamo ora che nello stato considerato i beni di sussistenza nel 2000 siano di 50.000.000 quintali di
beni alimentari di sussistenza (es. grano)e che questi siano sufficienti a tenere in vita una popolazione di
50.000.000 abitanti questo significa che un quintali di alimenti sufficiente allindividuo per vivere
nellarco di 25 anni. Supponiamo inoltre che ogni 25 anni le sussistenze aumentino sempre di 50.000.000
quintali rispetto il periodo precedente. Date queste ipotesi landamento della produzione di sussistenze
sarebbe il seguente:
ANNI
2000
2025
2050
2075
2100
2125
2150

BENI ALIMENTARI DI
SUSSISTENZA (q.li)
50.000.000
100.000.000
150.000.000
200.000.000
250.000.000
300.000.000
350.000.000

Come si vede chiaramente gi nel terzo periodo (2050) i beni di sussistenza non sarebbero sufficienti a
sfamare la popolazione, come evidenziato anche dalla rappresentazione grafica sottostante.

Malthus ritiene per che il fenomeno su descritto e sintetizzato con un esempio solo potenziale nel senso
che la popolazione di fatto non crescer mai al di sopra delle sussistenze e questo per la presenza di alcuni
freni. Malthus quindi dopo aver descritto un possibile scenario di miseria propone una teoria dei freni
allaumento della popolazione. Egli individua due freni che agiscono diversamente a seconda della classe
sociale ad essi corrispondenti. In particolare si riconosce lesistenza del freno preventivo delle classi agiate e
del freno successivo delle classi pi povere. Secondo Malthus nelle classi agiate il controllo delle nascite
preventivo perch esso scelto liberamente dagli individui della stessa classe al fine di impedire che il
tenore di vita degli stessi possa essere ridotto da una eccessiva prolificazione.
Diverso invece il meccanismo del freno successivo operante nelle classi pi povere. Secondo Malthus il
controllo della popolazione allinterno di queste classi non avviene per libera scelta dei loro membri ma per
necessit e a seguito della miseria che viene a diffondersi. Questo freno si pu cos descrivere:
allaumentare della popolazione, lofferta del lavoro aumenta e il suo prezzo il salario diminuisce.
Allaumentare della popolazione, inoltre, la domanda di beni di sussistenza aumenta. Allo stesso tempo se
le sussistenze non aumentano ad un ritmo sufficiente a soddisfare lintera popolazione, allora queste

saranno offerte sul mercato per quantit insufficienti a soddisfare la domanda. Leccesso di domanda
sullofferta ne far salire i prezzi. Il salario reale cos diminuisce, e quindi le quantit di beni di sussistenza
che ogni lavoratore pu ottenere in cambio del proprio salario si riducono. Il lavoratore sar cos costretto a
lavorare di pi per ottenere un salario sufficiente al proprio sostentamento e della propria famiglia.
Lesiguit del reddito percepito, la necessit di lavorare pi e duramente, limpossibilit di avere beni a
sufficienza per la propria famiglia faranno si che il tasso di mortalit aumenti e il tasso di natalit
diminuisca. Leffetto che la popolazione diminuisce.
Vi per da aggiungere che questo meccanismo di controllo non perpetuo, infatti, poich il costo del
lavoro ora basso e la domanda di prodotti di sussistenza alta, gli agricoltori aumenteranno la produzione
di beni di sussistenza con messe a coltura di nuove terre o intensificando la coltivazione di quelle gi
esistenti. Leffetto ora cambia nel senso data la popolazione i beni di sussistenza aumentano, il prezzo degli
stessi scende e il salario reale aumenta. La classi pi povere hanno ora la possibilit di consumare di pi,
lavorare di meno, formare famiglie e la popolazione torna di nuovo ad aumentare.
Attraverso il meccanismo del freno preventivo e del freno successivo Malthus sosteneva che la popolazione
riesce autonomamente a mantenere un equilibrio con in beni di sussistenza esistenti e che tutti i tentativi
di sollevare il tenore di vita delle classi pi povere, attraverso ad esempio una distribuzione equa del
reddito o attraverso la beneficenza, svantaggiano le stesse in quanto intensificano laumento della
popolazione non supportato da un aumento equilibrato dei beni di sussistenza. Attraverso questa teoria
Malthus faceva notare come la miseria non quindi conseguenza del funzionamento delle istituzioni ma
dellinsufficienza dei beni di sussistenza rispetto alle necessit.
Differentemente da Smith, Malthus non ammette cos che le risorse possano aumentare allaumentare
della popolazione ma che invece la popolazione aumenta allaumentare della risorse, quindi la miseria
una condizione inevitabile legata alla scarsit delle risorse alla produttivit marginale decrescente delle
terre, anche in ipotesi di progresso tecnico.

Si osservi che dallo schema di Malthus si possono trarre le seguenti considerazioni, rilevanti anche per
gli indirizzi della politica economica:
a) i salari si attestano nel lungo periodo ad un livello di sussistenza (anche se il concetto non
assoluto ma relativo)
b) un aumento del reddito dei lavoratori, dovuto ad es. ad un aumento dei loro sussidi, accresce la
divergenza fra tasso di crescita della popolazione (giacch lo aumenta) e tasso di crescita delle
risorse naturali, rendendo nel lungo periodo gli stessi lavoratori pi poveri
c) viene suggerita lidea che tanto maggiore la scarsit di risorse, tanto pi gli agenti economici
sono indotti a farne uso efficiente
d) La teoria malthusiana si fa assertrice di un energico controllo delle nascite e auspica il ricorso a
strumenti tesi a disincentivare la natalit, al fine di evitare il deterioramento dell'ecosistema
terrestre e l'erosione delle risorse naturali non rinnovabili
e) Malthus considerava dannosa la politica assistenziale dell'Inghilterra nei confronti dei poveri:
questa non faceva altro che aumentare lo sviluppo demografico, foriero di una dannosa
sovrappopolazione
Va per rilevato che lintroduzione del progresso tecnico in agricoltura, fenomeno che Malthus non
considera esplicitamente, cambia (e ha storicamente cambiato) radicalmente le conclusioni alle quali
Malthus giunge, dal momento che accresce il tasso di crescita dei beni di sussistenza senza modificare il
tasso di crescita della popolazione. Pi in generale il malthusianesimo non contemplava l'incremento della
capacit inventiva e tecnologica dell'essere umano.
Occorre infine ricordare che le tesi di Malthus sulla popolazione non furono esenti da critiche gi da parte
dei contemporanei. In una prima fase, le critiche ebbero fondamentalmente una duplice natura:
a) sul piano filosofico, venne rilevato che limpostazione matlhusiana contraddiceva i precetti
cristiani (in particolare, il crescete e moltiplicatevi);
b) sul piano empirico, venne messo in evidenza che i dati con i quali Malthus intendeva sostenere le
proprie tesi erano poco significativi, e da parte di alcuni biologi fu sottolineato il fatto che molti
prodotti naturali tendono a riprodursi pi velocemente della riproduzione umana. In una seconda
fase, in particolare a partire dalla fine dellOttocento (e prescindendo, al momento, dalla critica di
Marx), fu fatto osservare che fra reddito dei lavoratori e tasso di natalit sussiste semmai una
relazione inversa.
Occorre tuttavia chiarire che il radicale mutamento nel corso dellOttocento in merito alla riproduzione fu
anche dovuto (oltre ovviamente a fattori culturali) ai provvedimenti legislativi a favore del lavoro che
intervennero in quella fase: in particolare, il divieto del lavoro minorile e laccesso al sistema pensionistico.
Due provvedimenti che contribuirono a una ridefinizione della funzione economica della riproduzione, dal
momento che il figlio non poteva essere pi visto n come fonte immediata e aggiuntiva di reddito n
come assicurazione contro la vecchiaia.
L'idea di Malthus della Lotta per la sopravvivenza dell'uomo ebbe una influenza decisiva sia su Charles
Darwin che su Alfred Russel Wallace per la formulazione della loro teoria evoluzionista; teoria che venne
ripresa ed estesa a vari contesti psicologici, sociali e morali da Herbert Spencer.
Con il termine "Malthusianesimo" o "Neo-Malthusianesimo" (termine associato a un risveglio della teoria
malthusiana in coincidenza con il dibattito portato dalla convocazione, su impulso dell'ONU, della
Conferenza Internazionale sulla Popolazione e lo Sviluppo a Bucarest nel 1974) vengono oggi indicate
quelle teorie che, ispirandosi a Malthus, attribuiscono la povert allo squilibrio tra la crescita della
popolazione e lo sviluppo delle risorse.
Similmente le tematiche relative ai limiti dello sviluppo, secondo il tradizionale modello di crescita
economica misurata dallaumento del PIL con associati aumenti dei consumi, oggi quanto mai attuali (si
vedano ad esempio le teorie sulla decrescita), vengono spesso associate alle teorie Malthusiane o lette ed
interpretate alla luce di queste.

SAY: la legge degli sbocchi.


Jean Baptiste Say (1767-1832) nacque a Lione nel 1767; i suoi obiettivi e sulla sua metodologia di ricerca in
campo economico risentiranno dellinfluenza filosofica francese dei suoi tempi, dello studio delleconomia
fisiocratica e smithiana, cos come dellesperienza di osservatore della prima rivoluzione industriale inglese.
Due sono infatti i principali temi di indagine economica sui quali Say fu profondamente interessato: a) lo
studio dei modi per migliorare le condizioni di vita del popolo, b) lanalisi delle condizioni di equilibrio di un
sistema economico regolato da transazioni di moneta.
Vi sono tre aspetti del pensiero economico di Say che vengono ricordati in modo particolare: a) la teoria del
valore, b) la teoria della distribuzione e c) la legge degli sbocchi.
Per i limitati fini di questa introduzione ricorderemo solo la legge degli sbocchi, in quanto rimarr un
caposaldo importante della teoria economica fino alle critiche mosse da Keynes.
La legge degli sbocchi. In entrambe le edizioni del suo Trattato di economia politica, Say argomenta sugli
sbocchi delle merci. Il suo obiettivo quello di dimostrare come la produzione globale di merci trovi
sempre un corrispondente sbocco sul mercato; di conseguenza nessun sistema economico pu produrre in
eccesso, e se sovrapproduzioni vi sono, queste vanno intese esclusivamente come fluttuazioni imputabili a
eccessi di produzione temporanei e settoriali. In altre parole, le crisi, se vi sono, sono solo temporanee e
settoriali.
Per cercare di comprendere la legge degli sbocchi anche nota come legge di Say - occorre
preliminarmente considerare che il comportamento individuale tenuto implicitamente in conto da Say il
comportamento razionale stando al quale ogni soggetto persegue il massimo della propria soddisfazione
nel limite del reddito a disposizione. Se ogni individuo persegue la massima soddisfazione, e poich
lindividuo soddisfatto se acquista beni per il consumo presente o futuro, allora ogni soggetto non pu
fare altro che spendere tutto il reddito a disposizione. Al termine degli scambi si sono pagati i prodotti con
i prodotti, ovvero la spesa totale di tutti gli operatori, non potendo essere n superiore n inferiore agli
incassi totali, sar esattamente uguale ad essi. In altri termini, poich tutto il reddito speso, il totale degli
incassi per la vendita di beni esattamente uguale al totale delle spese per lacquisto di essi. Se per un
soggetto, la spesa supera gli incassi, possiamo essere certi che per almeno un altro soggetto la spesa sar
inferiore agli incassi nella stessa misura; in quanto qualcuno ha acquistato merci prendendo a prestito
denaro da altri che hanno per cos rinunciato al consumo.
La produzione di un bene non si esaurisce solo nella materialit dello stesso ma anche nella erogazione di
redditi a favore dei partecipanti alla produzione per un valore complessivo pari al valore dello stesso bene.
In altre parole il valore del bene sar uguale alla somma dei salari, profitti, rendite e interessi. La
produzione quindi genera un reddito esattamente uguale al suo valore. Ora, poich si ipotizza che ogni
individuo soddisfatto se e solo se consuma il suo reddito nellacquisto di beni, allora tutte la classi sociali
spenderanno il proprio reddito e, di conseguenza, se tutte le classi sociali spendono quanto hanno
percepito, allora la domanda globale esattamente uguale allofferta corrispondente.
Qualunque livello di produzione (offerta) trova sempre il suo sbocco sul mercato (domanda) poich lofferta
genera sempre un reddito globale di uguale valore il quale non pu che essere speso (domanda).

Da qui la legge di Say che sinteticamente afferma che lofferta crea la propria domanda.
Say quindi era convinto quindi che il mercato lasciato a se stesso tende a raggiungere l'equilibrio di piena
occupazione.

In sintesi potremmo dire che David Ricardo ci ha lasciato in eredit:


il concetto di rendita differenziale, ovvero marginale, introducendo il concetto di rendimento al
margine, ripreso poi dai marginalisti
una prima teoria del commercio internazionale, che sar alla base delle successive teorie che si
svilupperanno successivamente; quindi unargomentazione a favore della liberalizzazione degli
scambi. Ancor oggi per richiamare le teorie a supporto del libero commercio internazionale si fa
riferimento soprattutto a questo teorema ricardiano dei vantaggi comparati.
Una prima formulazione di un modello economico, ovvero di una schematizzazione, tramite
anche una esemplificazione numerica, che rappresenti il funzionamento di un sistema pi
complesso

La rendita differenziale di Ricardo pu essere rappresentata attraverso il seguente esempio:


Terreni coltivati
Terreno A (TA)
Terreno B (TB)
Terreno C (TC)
Terreno D (TD)
Produzione in
quintali di grano

10 quintali di grano

7 quintali di grano

5 quintali di grano

3 quintali di grano

Rendita differenziale
(marginale)

se si coltiva TB rendita - 3
se si coltiva TC rendita - 5
se si coltiva TD rendita - 7

se si coltiva TC rendita - 2
se si coltiva TD rendita - 4

se si coltiva TD rendita 2

rendita - 0 fino a che


non si mette a cultura
altro terreno meno
fertile

RENDITA DIFFERENZIALE: collegata al diverso grado di fertilit dei terreni: i terreni pi fertili, producono
di pi e quindi il proprietario pu chiedere una rendita maggiore. Questa rendita in quanto differenziale
aumenta in relazione alla messa a coltura di terreni meno fertili, cio pi si coltivano terreni poco fertili,
pi aumenta la rendita del proprietario di quelli fertili.
La rendita differenziale sar pertanto la differenza tra la produzione del dato campo e la produzione del
campo meno fertile. Infatti il terreno D non avr rendita differenziale poich il campo meno fertile (3 -3 =
0).
Questa analisi evidenzia come l'incremento della popolazione e quindi la messa a coltura di nuovi campi
vadano a beneficio dei proprietari terreni ( e in misura maggiore per quelle dei terreni pi fertili e
produttivi).
In altri termini:
terreni
TA
TB
TC
TD
produzioni (q.li)
10
7
5
3
terreni messi a coltura
TA
TA e TB
TA, TB e TC
TA, TB, TC e TD

0
3
5
7

rendita differenziale
0
0
0
0
2
0
4
2

0
0
0
0

Si tenga presente che la teoria della rendita di Ricardo non fu costruita con un fine a s stessa; per Ricardo
infatti questa teoria poteva fornire utili suggerimenti di politica economica. In particolare ricorrendo alla
teoria della rendita Ricardo giustificava i vantaggi che la Nazione poteva ottenere attraverso leliminazione
delle restrizioni legali allimportazioni del grano che determinava pi disponibilit di viveri, meno
anticipazioni di capitale, pi profitti, pi sviluppo.
Per quanto riguarda la teoria dei costi comparati si veda la trattazione alle pagine 23-32 del dellEssenziale
di economia, P. Krugman, R. Wells, K. Graddy, 2 ed., Zanichelli ed.

Prima di affrontare Il pensiero di J.S. Mill, Marx e quindi dei marginalisti o neoclassici, vale la pena
sottolineare alcuni aspetti del pensiero di Ricardo e dei classici in generale. In primo luogo il fenomeno
distributivo caratterizzato dalla presenza di fenomeni antagonistici: antagonismo tra profitti e salari, tra
profitti e rendite. In secondo luogo i classici concepiscono una teoria residuale della distribuzione dato che
i diversi fattori produttivi (terra, capitale, lavoro) non sono posti tutti sullo stesso piano dato che tra essi
sussistono rilevanti differenze di natura politica e sociale, quindi un diverso ruolo nello sviluppo
economico, problema al centro dellanalisi degli economisti classici. Tutti questi elementi evidenziano i
profili di una scienza economica intesa come scienza sociale.
Con il pensiero neoclassico (marginalista) la logica dei classici della riproducibilit dei beni, centrale nello
sviluppo economico, verr sostituita dalla logica della scarsit e il focus dellanalisi verr spostato dallo
studio dello sviluppo, delle sue cause e della possibilit di accelerarlo, a quello dellottima distribuzione di
risorse scarse tra impieghi alternativi. La spiegazione ricardiana della rendita come prezzo di scarsit
costituir il punto di partenza dellanalisi marginalista che estender questo principio fino a farlo diventare
il principio regolatore della distribuzione del reddito fra tutti i fattori produttivi.

Il pensiero di J. S. Mill ci lascia in eredit il concetto di utilit che sar ripresa dai marginalisti.

Marx ci lascia in eredit


un approccio alleconomia non solo come scienza sociale, ma inclusa in una visione pi generale della
societ, quindi uneredit politica testimoniata dalle economie pianificate attuate nei vari paesi
socialisti, fino a pochi decenni or sono.
La teoria di Marx stata lunica che, pur avendo in comune con i classici alcuni punti di partenza,
riuscita a sviluppare un modello totalmente alternativo a quello capitalista e liberista.
Lanalisi di Marx ci lascia come eredit anche il dibattito, tuttora in corso, e sostenuto da alcuni
osservatori, seppure non maggioritari, sulla possibile fine del capitalismo; tesi riemerse in occasione
della recente crisi economica, oltre che al dibattito sulle crisi cicliche di sovraproduzione.
Va anche osservato che nessuna economia moderna completamente di libero mercato o pianificata
(salvo rari casi), ma ci troviamo di fronte a quelle che sono definite economie miste, ovvero liberiste con
intervento dello Stato nelleconomia o, pi raramente, pianificate con spazi di libero mercato.

Economia di mercato
Riconoscimento dei diritti di propriet
Scambio volontario
Prezzi come strumento di attuazione delle scelte
Variazioni dei prezzi come segnali attraverso i quali sia i consumatori sia le imprese adeguano il
loro comportamento alle mutate esigenze del mercato
VANTAGGI
aggiustamenti automatici
efficienza nellallocazione delle risorse attraverso il principio della mano invisibile (A. Smith,)
SVANTAGGI
poche grandi imprese possono godere di un notevole potere di mercato
alcuni beni socialmente desiderabili possono non essere prodotti in quantit sufficiente e
viceversa per i beni non socialmente desiderabili
instabilit macroeconomiche
affermazione di valori materialistici

Economia pianificata
Lo stato pianifica lallocazione delle risorse tra consumo e investimento.
Lo stato pianifica loutput, la tecnologia e gli input utilizzati per ciascuna industria.
Lo stato pianifica la distribuzione delloutput tra i consumatori.
VANTAGGI
bassi livelli di disoccupazione
distribuzione pi equa (=egualitaria) del reddito nazionale
SVANTAGGI
burocrazia
uso inefficiente delle risorse
difficolt a definire incentivi per lavoratori e manager
riduzione della libert individuale

Economia mista
Costituisce una risposta ai problemi posti sia dalle economie totalmente pianificate che da quelle
di libero mercato
Lo stato controlla
i prezzi relativi
i redditi relativi
la struttura della produzione e del consumo

Scuola marginalista o neoclassica


Con il marginalismo si assiste ad un'evoluzione fondamentale, in particolar modo nell'ambito della teoria
del valore: in sostanza nell'impostazione classica e marxista, ad esempio, la quantit di lavoro che
definisce il valore di un prodotto; invece in base all'impostazione marginalista il valore del prodotto riflette
il grado di soddisfazione soggettiva che i consumatori attribuiscono ai diversi prodotti. La soddisfazione, o
"utilit", tender a diminuire con il consumo di ogni unit aggiuntiva dello stesso bene; ne segue una
la teoria della remunerazione dei fattori produttivi in base alla loro produttivit marginale.
La teoria del valore sostenuta dai marginalisti fondata su fattori esclusivamente soggettivi, basati su
calcoli di convenienza dei singoli individui: il valore di un prodotto definito sulla base "dell'importanza
che il consumatore attribuisce al prodotto stesso" e cio, pi il prodotto desiderato, pi capace di
soddisfare un bisogno e pi vale.
La metodologia marginalista, a differenza di quella classica che ritiene fondamentale lo studio
della crescita economica, incentra la sua analisi sull'equilibrio economico e sulla ricerca di metodologie di
allocazione delle risorse in modo efficiente. Grazie alla maggior professionalizzazione rappresentata dalla
scuola marginalista, e grazie all'adozione di strumenti matematici come il calcolo infinitesimale, fu
possibile definire in modo accurato e formale il concetto di utilit marginale, concetto cardine della teoria
marginalista.
La scuola neoclassica o marginalista si concentra soprattutto nello studio dell'allocazione efficiente delle
risorse all'interno di un mercato a concorrenza perfetta e cio all'interno di un mercato in cui vi
un'ottima diffusione di informazioni (necessarie affinch gli operatori decidano in modo consapevole); i
fattori produttivi hanno la caratteristica della mobilit, nel senso che possono essere facilmente spostati; il
mercato caratterizzato dalla presenza di un elevato numero sia di venditori che di compratori in modo
tale da evitare situazioni di oligopolio e monopolio. Lo studio appunto, basato sull'adozione di leggi
matematiche, si concentra sull'"efficienza", non considerando aspetti di tipo equitativo o etico. Per la
scuola marginalista non importante capire se si arriva ad un punto di equilibrio "equo", ma importante
capire come si arrivi ad un punto di equilibrio efficiente, in un punto dal quale non ci si pu spostare per
migliorare le proprie condizioni senza che si peggiorino quelle degli altri operatori del mercato.
Ci che maggiormente caratterizza la scuola di pensiero lo studio dell'economia attraverso un metodo di
tipo deduttivo-normativo, attraverso un metodo che prescinde dal considerare aspetti di tipo istituzionale,
ma esaminando solo il comportamento razionale del soggetto economico.
Ben presto ci si rese conto che un approccio eccessivamente relativista non era idoneo a spiegare i
fenomeni, e il marginalismo fu accettato e si diffuse notevolmente, anche in quanto espressione della
professionalizzazione della disciplina economica.

In sintesi lapproccio marginalista della microeconomia ci lascia in eredit:


un approccio positivistico agli studi economici con lassimilazione della scienza economica alle
scienze naturali, la fisica in particolare
un modello teorico di tipo generale ed asettico, avulso dal contesto storico e sociale
la focalizzazione dellinteresse scientifico sul momento allocativo e di scambio sul mercato
(problema della scarsit) rispetto alla questione dellaccumulazione e crescita del sistema
(problema dello sviluppo economico)
i concetti di raggiungimento dellottimo al margine; e le connesse funzioni di utilit marginale,
prodotto marginale, costo marginale, ricavo marginale,
un approccio modellizzabile con lausilio di formulazioni matematiche
un approccio alla microeconomia che risulta ancora oggi quello maggiormente diffuso

In sintesi la teoria keynesiana ci lascia in eredit:


un approccio nuovo agli studi macroeconomici
una teoria che ha spostato l'attenzione dell'economia dalla produzione di beni alla domanda,
osservando come in talune circostanze la domanda aggregata insufficiente a garantire la piena
occupazione (in antitesi alla legge di Say)
la conseguente necessit di un intervento da parte dello Stato per incrementare la domanda
globale, che a sua volta determina un aumento dei consumi, degli investimenti e dell'occupazione
la legge della domanda effettiva
il moltiplicatore keynesiano
il concetto della preferenza per la liquidit nella domanda di moneta

Monetarismo ed economia dellofferta


In antitesi alla scuola Keynesiana si successivamente sviluppato un pensiero che potremmo definire neoliberista che fa riferimento al monetarismo e alleconomia dellofferta.

Oggi il monetarismo associato principalmente all'opera di Milton Friedman e alla cosiddetta Scuola di
Chicago. Negli anni sessanta Milton Friedman e Anna Schwartz pubblicarono un importante lavoro,
Monetary History of the United States 1867-1960, dove sostenevano che "l'inflazione sempre e dovunque
un fenomeno monetario". Il libro avr molte ripercussioni, influenzando il pensiero politico ed economico
prima negli Stati Uniti e poi nel mondo. In questo periodo Milton Friedman e Edmund Phelps elaborarono
uno dei punti fondamentale del monetarismo, ossia il concetto economico del tasso naturale di
disoccupazione.
Il lavoro successivo di David Laidler tra gli anni sessanta e gli anni settanta corrobor l'ipotesi di fondo del
monetarismo, cio che la domanda di moneta sia una funzione stabile di parametri economici conosciuti,
aiutandolo cos ad ottenere il successo che poi avr.
Il monetarismo designa quindi un insieme di vedute sulle relazioni tra politica monetaria e reddito
nazionale, ponendo l'attenzione sugli effetti macroeconomici del governo dell'offerta di moneta da parte
delle banche centrali.
Sebbene molti monetaristi sostengano che sia l'azione governativa ad essere all'origine dell'inflazione,
pochi di loro incoraggiano comunque un ritorno alla parit aurea. Friedman, per esempio, considerava la
parit aurea come irrealistica. L'ex governatore della FED (Federal Reserve), Alan Greenspan,
generalmente considerato di orientamento monetarista. La Banca centrale europea basa ufficialmente la
sua politica su teorie monetariste, perseguendo l'obiettivo della stabilit dei prezzi (lotta all'inflazione)
attraverso la regolazione dell'offerta di danaro.
Critici del monetarismo sono i neo-Keynesiani, i quali sostenengono che la domanda di denaro
intrinsecamente collegata all'offerta, e diversi economisti conservatori, che sostengono invece
l'impossibilit di predire la domanda di denaro. Joseph Stiglitz ha teorizzato che la relazione tra l'inflazione

e l'offerta di moneta sia debole per l'inflazione ordinaria, mentre tassi elevati di inflazione sono un effetto
della spesa pubblica in una situazione in cui la crescita del prodotto interno lordo non riesca ad assorbirla.
Le dispute intorno al ruolo della politica monetaria della politica monetaria nella liberalizzazione degli
scambi, degli investimenti internazionali, e nella politica delle banche centrali, rimangono al centro degli
studi e delle discussioni, prova che la teoria monetarista resta un'area fondamentale di studio della
economia del mercato.

La teoria dellofferta enfatizza il ruolo dell'offerta (supply-side) nello stimolare la crescita economica, in
contrapposizione alle teorie keynesiane che si focalizzano sulla domanda aggregata di beni e servizi,
sostenendo che compito dello stato intervenire con misure di sostegno alla domanda qualora la domanda
aggregata sia insufficiente a garantire il pieno impiego o comunque il raggiungimento degli obiettivi di
politica economica prestabiliti.
Il sostegno all'offerta deve avvenire, secondo Martin Feldstein e altri sostenitori della teoria, attraverso
l'effetto-incentivo di una minore tassazione. La minore tassazione, stimolando il risparmio e gli
investimenti, e influendo sulle scelte individuali riguardanti, ad esempio, il lavoro, stimolerebbe una
maggiore crescita, capace secondo i sostenitori pi radicali della teoria di far crescere le entrate fiscali
nonostante la diminuzione delle aliquote. Inoltre la supply-side causerebbe effetti positivi sul tasso di
inflazione grazie allo stimolo dell'offerta.
La curva di Laffer ben rappresenta il pensiero dei sostenitori della supply-side, affermando che esiste un
livello di tassazione oltre il quale prevalgono i disincentivi a produrre e lavorare di pi. Una diminuzione
delle imposte invece incentiverebbe gli individui a lavorare e produrre di pi. L'effetto di una maggiore
offerta di lavoro e per questa via una minore pressione fiscale avrebbe provocato un aumento delle entrate
fiscali.
Lidea che una minore pressione fiscale faccia aumentare l'offerta di lavoro stata criticata sostenendo che
se vero che si rende pi desiderabile il lavoro rispetto al tempo libero (effetto sostituzione), anche vero
che una minore imposizione fiscale fa aumentare il reddito disponibile a parit di lavoro (effetto reddito).
quindi possibile che, a parit di reddito, la quantit offerta di lavoro diminuisca.
La supply-side economics stata considerata una sorta di rielaborazione della legge di Say, poich si
sosteneva che la domanda sarebbe stata stimolata da misure destinate ad aumentare l'offerta.
I critici hanno affermato che non vi sono mai state evidenze empiriche che avvalorassero la tesi secondo la
quale una diminuzione delle imposte, stimolando l'offerta, potesse far crescere l'attivit economica al
punto tale da compensare il minor introito fiscale. Inoltre hanno criticato l'idea che gli stimoli all'offerta
potessero agire positivamente sulla domanda.

Successivamente si sono sviluppati altri filoni di studio della teoria economica quali: la teoria delle
aspettative, i costi di transazione, il neo-istituzionalismo, la scuola neo-keynesiana, leconomia
dellinformazione, la teoria delloligopolio che in questa sede non saranno approfonditi.

Potrebbero piacerti anche