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Diritto dellinformazione e della comunicazione

CAP1 libert di manifestazione del pensiero


MODELLO COSTITUZIONALE: articolo 21 riguarda diritto allinformazione tramite mezzi di stampa, radio e
volantini; articolo 15 riguarda diritto alla comunicazione tramite telefono, telegrafo e corrispondenza epistolare. Le nuove tecnologie offuscano questa differenza a causa della progressiva affinit tra attivit di
comunicazione ( intesa come libert di pensiero nei confronti di soggetti individuati con segretezza ) ed informazione.
ARTICOLO 21 : Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con parola, scritto e ogni mezzo
Espressamente dedicato a disciplina della libert di manifestazione del pensiero e insieme della disciplina
costituzionale dei diritti fondamentali, esprime tentativo di combinare due diverse impostazioni: la libert
di manifestazione del pensiero come libert negativa (rapporto apparato repressivo dei poteri pubblici e
singolo titolare del diritto di libert) e la libert di manifestazione del pensiero come diritto di partecipazione ( dimensione attiva per una compiuta realizzazione del sistema democratico).
Oggetto specifico della libert di manifestazione del pensiero = diritto di comunicare al pubblico; esso prevede garanzie che coprono tutte le possibili comunicazioni e la disposizione muove su 3 principi:
1. divieto di autorizzazioni o censure: riguarda controllo amministrativo preventivo
2. divieto di ricorrere allistituto del sequestro: riguarda controllo successivo alla pubblicazione, fatta
eccezione per casi di violazione delle norme stabilite dalla legge per lindicazione dei responsabili
dello stampato (riserva di legge) e sulla base di un atto motivato dellautorit giudiziaria ( riserva di
giurisdizione)
3. obbligo di rendere noti mezzi di finanziamento dal legislatore verso imprese editrici
Introduzione limiti previsto dallultimo comma dellarticolo e si riferisce alla tutela del buon costume, inteso non solo come morale comune o etica sociale, bens grazie agli sviluppi della giurisprudenza
insieme di precetti che impongono un determinato comportamento nella vita sociale di relazione,
linosservanza dei quali comporta in particolare la violazione del pudore sessuale, della congiunta dignit
personale e del sentimento morale dei giovani. Si intendono perci osceni tutti quegli atti che secondo il
comune sentimento offendono il pudore. Oltre questo limite espresso alla manifestazione della libert di
pensiero, sembra che ce ne siano ulteriori:
1. limite dellonore e della reputazione: rispetto rimesso ad alcune fattispecie penali come ingiuria,
diffamazione, oltraggio e vilipendio; reato di diffamazione non lede il diritto di cronaca e pertanto
non punibile con verit del fatto descritto, utilit sociale della notizia, correttezza nellesposizione
della medesima
2. limite del regolare funzionamento della giustizia; esigenza di assicurare corretta informazione su
vicende giudiziarie e non comprometterne svolgimento a causa di fuga di notizie; viene ridotto il
segreto investigativo
3. limite di sicurezza dello Stato: puniscono rivelazioni di segreti di Stato ed collegabile allart. 52
difesa della Patria
4. limite del diritto alla riservatezza: un diritto della persona come onore e reputazione, riprende
criterio dellinteresse sociale alla conoscibilit di una certa notizia
I principi sanciti da questo articolo comportano rottura con tradizione fascista e prefascista sotto quattro
profili:
1. completa ed esclusiva riconduzione al Parlamento - -legislatore della disciplina della libert di manifestazione del pensiero (principio riserva di legge);
2. predeterminazione direttamente in Costituzione delle ragioni che sole possono giustificare introduzione di limiti al suo esercizio ( principio tassativit limiti allesercizio dei diritti)
3. riconduzione solo al giudice del potere di disporre in concreto applicazione dei limiti imposti dal legislatore ( principio riserva di giurisdizione)

4. inderogabilit dei suddetti principi, inderogabilit assicurata dallintervento del giudice di costituzionalit delle leggi
Manifestazione del pensiero effettiva con rispetto da parte di tutti dei principi costituzionali e funzionamento degli strumenti di garanzia a tal fine predisposti.

CAP2 stampa
La tutela della libert di stampa si afferma con gli stati liberali, in Inghilterra nella seconda met del 600 si
inizia a parlare di libert di pensiero, allaffermarsi del parlamento come organo fondamentale di formazione degli indirizzi politici questa sar inquadrata nelle immunit parlamentari. Con linizio del 700 si afferma la tutela della manifestazione del pensiero anche al di fuori delle aule, modelli che si definiscono
meglio in coincidenza della rivoluzione americana (giusnaturalista, che definisce tale libert come preesistente e non suscettibile di subire limitazioni a priori) e di quella francese poi (positivista, ancoraggio dei
diritti di libert alle leggi), le costituzioni europee si uniformeranno al modello positivista fracese.
Lart28 dello Statuto Albertino del 1848, divenuto poi Carta Costituzionale del Regno dItalia, riserva al legislatore la definizione dei limiti dellesercizio della libert, ancorandola alla nozione di abuso, ovvero di
verifica ex post senza alcun intervento preventivo. Lintrinseca debolezza di tale statuto, poi costituzione,
la flessibilit, che si traduce a una delega in bianco ai legislatori e alle maggioranze di governo.
LEditto sulla stampa (r.d. n695 1848) stabilisce il divieto di censura preventiva, definendo gli abusi dei
reati a mezzo stampa. Obbligo per ogni periodico di nominare un gerente responsabile che funge da centro
di imputazioni per eventuali reati. La nozione dabuso sottrae alla disciplina codicista i reati a mezzo stampa, configurandoli come una disciplina speciale, che riguarda sia la lesione di interessi pubblici (adesione a
forme di governo diverse, incitazione allodio) che privati (diffamazione, ingiuria detti libelli famosi), fattispecie la cui generalit li rendeva utilizzabili in chiave repressiva. Laccresciuta consapevolezza del nesso tra
stampa e politica, della sua natura funzionale ne determinano uno sviluppo restrittivo negli anni che seguono lunificazione, con le leggi di polizia del 1859/65/89 che introducono ostacoli di tipo amministrativo,
se da una parte si trasforma la licenza per lesercizio dellarte tipografica in mero obbligo di dare comunicazione allautorit pubblica dellinizio di ci, dallaltra si conferma la licenza di polizia per gli stampati, e si
introduce per la prima volta lipotesi legislativamente prevista di sequestro. I disegni di legge del governo
Pelloux aggraveranno le pene per i reati a mezzo stampa, conferendo ai giudici un potere di intervento preventivo di natura censoria, col divieto di distribuire prima di due ore dopo laver lasciato le copie di rito
presso lautorit giudiziaria. La sinistra si oppose con tecniche ostruzionistiche, per risposta il governo var
la stessa come decreto legge nel 1899, ma revocato nel 1900. Con lera giolittiana si allenta la tensione, la
legge n278 del 1906 prevede che il sequestro possa essere usato solo dopo avvenuto accertamento di un
reato a mezzo stampa. Ma con linizio delle ostilit belliche si ha una brusca battuta darresto, la legge n83
del 1915 vieta di pubblicare qualunque notizia a carattere militare, con la possibilit di procedere immediatamente al sequestro, sistema giustificato dalle necessit di sicurezza nazionale, ma che trover applicazione anche nel dopoguerra, recando in nuce quello che sarebbe di li a poco sfociato nel fascismo.
Consapevole delluso funzionale della stampa la disciplina si irrigidisce in chiave di difesa e rafforzamento
del potere costituito, al tradizionale ruolo repressivo dei poteri pubblici si affianca una trama sempre pi
fitta di controlli, con i provvedimenti normativi del 1923/24/25, che stabiliscono che il gerente debba essere un soggetto direttamente coinvolto nella gestione del periodico la cui nomina doveva essere sottoposta a
riconoscimento perfettizio. La legge del 1925 sostituisce la figura del garante a quella del direttore responsabile, e in sede dapprovazione del nuovo codice penale del 1930 si configura la responsabilit del direttore come responsabilit oggettiva per fatto altrui. Con r.d. n384 del 1928 vengono istituiti lAlbo e lOrdine
dei giornalisti, presentati come elementi per la valorizzazione della professione quando in realt era un
chiaro meccanismo di filtraggio. LAlbo si componeva di tre elenchi, 1) professionisti (esercitano da almeno
18mesi) 2) praticanti(esercitano da meno di 18 mesi o minori di 21anni) 3) pubblicisti (non svolgono la professione in via esclusiva), col divieto di iscrizione per chi avesse avuto una pena superiore a 5 anni o avesse
svolto pubblica attivit contraria agli interessi della nazione, con attestazione del Prefetto circa la propria
condotta politica. LAlbo doveva essere tenuto dallOrdine, che in realt non fu mai istituito e le cui funzioni
furono di fatto esercitate dal sindacato nazionale fascista dei giornalisti.

Mentre con lEditto si era scelta la strada della disciplina speciale, con il codice Zardanelli del 1889 si adotta
un compromesso. Col codice Rocco ogni ambiguit si dissolve, e lintero settore viene ricondotto nella disciplina codicista. Vi un arricchimento delle fattispecie criminose, dove lelemento della pubblicit essenziale (istigazione a commettere delitti) o aggravante (diffamazione,istigare allinsubordinazione).
Con il testo unico del 1926 listituto di sequestro diviene strumento amministrativo di censura preventiva, e
si estende la licenza di polizia per ogni mezzo diretto alla diffusione del pensiero. Con quello del 1931 si estende ai manifesti cinematografici, e viene meno il collegamento tra sequestro e accertamento di autorit
giudiziale di un eventuale responsabilit.
Fu il fascismo a muoversi per primo anche sul versante economico delle imprese con varie forme di finanziamento diretto occulto e protezionistico, con listituzione dellEnte nazionale cellulosa e carta con legge
n1453 del 1935, integrando il prezzo della carta per tutelare le imprese nazionali rispetto alla concorrenza
straniera, escludendo lobbligo di contribuzione dellEnte. Nasce nel 1937 il Ministero della Cultura popolare (Minculpop), e nel 1940 alle soglie dellentrata in guerra viene istituito lEnte stampa che garantisce il
coordinamento dei vari organi di informazione, dove lunica agenzia autorizzata a fornire linformazione
primaria alle testate era lAgenzia di stampa Stefani.
Anche dopo la caduta del fascismo perdura uno stato di guerra a causa delloccupazione straniera, con una
situazione di sovranit limitata. I dl n727 del 1943 che impone alle imprese che godevano di sovvenzioni
statali restrizioni circa i passaggi di propriet e n13 del 1944 che prevede lobbligo di previa autorizzazione
per la pubblicazione di quotidiani lo testimoniano, nonostante il loro contenuto illiberale sopravvissero a
lungo dopo la fine della guerra.
Si ha una svolta radicale con lavvio dei lavori dellAssemblea costituente, col d.l. n561 del 1946 che abolisce il sequestro preventivo ad opera delle autorit di pubblica sicurezza, e ne limita il ricorso ai soli casi di
sentenza di condanna irrevocabile, le competenze amministrative in materia di stampa vengono ricondotte
alla Presidenza del Consiglio. Come reazione allassetto della materia ereditato dal fascismo i costituenti si
orientano verso una disciplina essenzialmente garantista, investendo gli istituti che in passato il regime aveva usato per ricondurre lesercizio della libert di stampa ad una funzione di supporto, istituti di censura
dei quali si vieta espressamente lintroduzione, e il sequestro viene ancorato ai poteri del giudice, e i limiti di
esercizio della libert di stampa trovano il solo limite del buon costume (riferito alla sfera sessuale, con
conseguente identificazione tra pubblicazioni contrarie al buon costume e pubblicazioni oscene).
Legge n47 del 1948, solo leventuale violazione dellobbligo di registrazione e dellindicazione dei responsabili (editore/stampatore) pu giustificare un sequestro, oltre che gli stampati osceni. Viene abolita
lautorizzazione perfettizia ma permane lobbligo di registrazione delle testate giornalistiche, ma per evitare
che ci si trasformasse in un meccanismo di indebito controllo sulle imprese port i costituenti ad adottare
una formula testuale che sottolineasse, al di l di ogni possibile dubbio, il mero fine certificativo che la registrazione avrebbe dovuto assolvere. Con ci sparivano anche le norme fasciste sul direttore responsabile, la
cui figura resta per inalterata, che in caso di omissione di controllo prevede nei suoi confronti una riduzione di pena fino a 1/3 di quella prevista per lautore dello scritto. Viene istituito lobbligo di rettifica, fino ad
allora sconosciuto.
Con la sentenza del 1956 si revoca la licenza sullaffissione degli stampati, permanendo per lobbligo di
rispettare lindicazione degli spazi per affissione. Permangono per dubbi di costituzionalit per la sopravvivenza sui reati circa il vilipendio e altre fattispecie di reato che consentono un interpretazione delle norme in chiave repressiva, in contrasto con quanto definito nell art.21 Cost.
Legge n69 del 1963, completa riforma di Albo e Ordine. Le attivit del primo sono affidate al secondo, articolato in consigli regionali e al Ministero di Grazia e Giustizia, il quale vigila sulle attivit e pu emanare un
ordine di scioglimento ma motivato che deve essere accompagnato da un parere del consiglio nazionale. Ai
consigli regionali spetta la tenuta dellAlbo, per liscrizione bisogna aver compiuto 21 anni, essere iscritti
come praticanti, aver fatto 18 mesi di attivit, ma oltre ai requisiti positivi ci sono quelli negativi del non
aver riportato condanne penali che comportino linterdizione dai pubblici uffici, nellipotesi di radiazione si
riconosce allinteressato il diritto di richiedere la reiscrizione passati 5 anni, scompare ogni criterio selettivo
non ancorato al profilo professionale. I consigli regionali possono cancellare gli iscritti per inattivit dopo 3
anni.
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Motivo di critica rimase per lo stesso fattore delliscrizione obbligatoria allAlbo, a tali dubbi di costituzionalit la Corte rispose nel 1968 distinguendo tra la disciplina delluso del mezzo di informazione e disciplina
dellattivit professionale del giornalista, quindi liscrizione sarebbe stata lesiva dellart.21 solo nellipotesi
in cui vi fosse stato il divieto per soggetti diversi dai giornalisti iscritti di manifestare liberamente il proprio
pensiero per mezzo stampa, mentre si pu esercitare lattivit di pubblicista senza iscrizione fino a massimo
due anni. Va interpretata come funzione di garanzia dunque, ma restano perplessit per il mantenimento di
uno dei numerosi cordoni ombelicali col passato che funge anche come freno allattivit.
Diritti insopprimibili del giornalista sono il diritto di libert di informazione e di critica, non sussiste la diffamazione laddove 1)il fatto descritto sia vero 2)sussista un interesse sociale effettiva alla conoscenza del
fatto 3)lesposizione del fatto avvenga in modo corretto. Come doveri solo lobbligo di rettificare.
In relazione ai rapporti interni tra giornalisti e il diritto di critica si introducono le clausole di coscienza, che
consentono al giornalista che non condivida il mutamento di linea editoriale di sciogliere unilateralmente il
rapporto senza indennit, ma da sole non risolvono i problemi di tutela del singolo giornalista in posizione
di squilibrio rispetto alleditore/direttore, aspetto tanto pi grave se si considera la progressiva concentrazione degli assetti proprietari.
Era mancata per la ridefinizione del diritto di cronaca, con legge n801 del 1977 viene correttamente ricondotta la nozione del segreto penalmente tutelabile allunico interesse costituzionalmente rilevante della
sicurezza dello Stato, ma permane la contraddizione, tuttora insanata, di quanto disposto dallart.2 legge
n69 che obbliga i giornalisti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ci sia
richiesto dal carattere fiduciario di esse e il mancato adeguamento di opporre il segreto davanti al giudice,
disciplina che nella sua evoluzione del codice di procedura penale (1985,1913,1930,1988) vede la possibilit
di opporre il segreto al giudice solo a determinate categorie professionali, tra le quali non ci sono i giornalisti.
Legge n675 del 1996, in accordo alla direttiva 95/46/CE, ha come oggetto la raccolta e trattamento dei
dati personali di persone fisiche e giuridiche la cui tutela si realizza con tre strumenti 1) obbligo di consenso
per comunicazione dei dati 2) diritto di coloro che ne sono oggetto di controllo, rettifica e opposizione 3)
istituzione di una apposita Autorit di garanzia (il Garante). Si innesta una disciplina garantista riguardo i
dati sensibili per la raccolta e diffusione dei quali previsto consenso scritto, ma per non collidere con
lart.21 si fa eccezione al solo caso dei giornalisti, con i requisiti per della effettiva rilevanza sociale alla conoscenza degli stessi. Nel luglio 1998 viene adottato il codice deontologico che contiene disposizione privilegiate per i minori, in relazione ai quali il diritto alla riservatezza sempre primario rispetto a quello di cronaca. Il codice deontologico da intendersi applicato non solo ai giornalisti iscritti allAlbo ma a tutti coloro
esercitino anche solo occasionalmente lattivit pubblicistica, mentre le sanzioni disciplinari si applicano solo agli iscritti.
La libert di informazione viene interpretata nella duplice accezione di libert di manifestare il pensiero, e
diritto a essere informati correttamente, per cui qualunque fenomeno di carattere economico diretto a ridurre il numero di fonti, e quindi il pluralismo in misura inaccettabile per un ordinamento democratico doveva essere contrastato. Stretto legame tra lib.di inf. e democrazia. La situazione dei finanziamenti rimasta invariata per decenni, col perdurare dellintegrazione del prezzo della carta. Per molto tempo
lintervento a sostegno della stampa viene concepito come intervento di risulta, intervenendo
sullindustria della carta e solo di riflesso su quella delleditoria.
Solo con la legge n1063 del 1971 si assiste per la prima volta, allintroduzione di tre importanti integrazioni
al sostegno economico allora vigente, 1)contributi straordinarie alle imprese editrici 2)criteri selettivi per
lattribuzione dei contributi 3)da applicare in modo inversamente proporzionale al livello di carta usato, volto dunque a proteggere le imprese editoriali minori e tutelare il principio di pluralit.
Legge n172 del 1975, vi si trova lanticipazione di alcuni istituti sviluppati con la legge n416 del 1981, a cui
si accompagna un sempre maggiore potenziamento di contributi indiretti in favore della riconversione tecnologica delle imprese, con listituzione di due fondi speciali volti ad agevolare laccesso al credito per le
imprese coinvolte nellinnovazione, un fondo della Presidenza del Consiglio e uno centrale di garanzia isti-

tuito sempre dalla Pres.del.Cons, agevolazioni per tariffe telefoniche e postali. Sovvenzioni sono previste
inoltre per imprese editoriali 1)di particolare valore(un contributo fisso e uno variabile a seconda del settore) 2)giornali&riviste pubblicati allestero 3)pubblicazioni di valore culturale(settori piccoli), criteri volti a
salvare le imprese pi deboli a vantaggio del pluralismo, ma viene introdotto anche un criterio basato sul
costo medio di gestione della singola impresa per il calcolo dei contributi creando di fatto un sub-settore di
stampa assistita. Una linea che trova conferma con la legge n62 del 2001 con labolizione del prezzo amministrato, cos che il prezzo di giornali e quotidiani viene deciso da una apposita Commissione centrale, insieme al numero massimo di pagine degli stessi, questo per mantenere basso il prezzo e sottrarre alla logica
del mercato i quotidiani considerati maggior veicolo di informazione. Vengono inoltre dettate disposizioni
circa la distribuzione della risorsa pubblicitaria per evitare fenomeni di polarizzazione a favore di alcuni
mezzi (radio&tv) a discapito di altri, si introduce quindi un tetto massimo di introiti, e limiti quantitativi rapportati alle ore di programmazione oraria e giornaliera.
Muta il ruolo delle Regioni dopo la sentenza della Corte n348 del 1990, che segna un punto di svolta dato
che si abbandona lidea di informazione quale materia, per affermare invece la sua natura di precondizione
per il corretto esercizio di funzioni politiche da parte dei soggetti che ne sono istituzionalmente investiti.
Con legge n108 del 1999 si rivedono le regole di vendita su quotidiani e periodici, abbandonando il sistema di autorizzazione di punti fissi di vendita, attraverso la sperimentazione di altri possibili punti. Una prima
fase di sperimentazione punti espressamente indicati, con obbligo di parit di trattamento alle testate poste in vendita, mantenimento di prezzi uguali tra i punti, sotto la vigilanza dei Comuni. LAutorit garante ha
per mosso delle perplessit circa la rigidit del sistema autorizzatorio degli enti locali e le regole di concorrenza del mercato, proprio i risultati positivi della fase sperimentale avrebbero dovuto spingere il legislatore ad una pi coraggiosa liberalizzazione.
Le normative antitrust vengono introdotte con lo scopo di evitare fenomeni di concentrazione degli assetti
proprietari al fine di salvaguardare un livello accettabile di pluralismo delle fonti, ci manovrando la leva
del sostegno economico e fissando delle soglie massime oltre le quali non ci si pu spingere. Questo nel
tentativo di equilibrare due diritti entrambi costituzionalmente tutelati, quello alla libera iniziativa economica (art.41 Cost.) e della libera manifestazione del pensiero (art.21 Cost.). viene considerata posizione
dominante, la soglia che non v superata, quella di chi attraverso atti di cessione o trasferimento di partecipazioni azionarie, la cui tiratura abbia superato nellanno precedente il 20% della tiratura nazionale; o che
controlla un numero di testate superiore al 50% di quelle dellanno precedente.; o ancora di chi diventa titolare di collegamenti con societ che editano testate quotidiane, la cui tiratura nellanno precedente sia
superiore al 30% della tiratura nazionale. Sono limiti antioligopolisti per colpire soggetti anche giuridicamente distinti ma nei quali possibile rintracciare un centro di imputazione unitario. Sono considerate collegate le societ nelle quali si partecipa in misura superiore al decimo del loro capitale, o al ventesimo di
societ quotate in borsa. Sono previsti inoltre obblighi di trasparenza mantenendo contabilit separate per
ciascuna attivit intrapresa, simili obblighi si applicano anche alle societ pubblicitarie, questo a fronte della loro crucialit nella raccolta di finanziamenti.
Con la l.416 del 1981 veniva istituita la figura del Garante, una figura che doveva mantenere autonomia e
imparzialit sia rispetto al Governo che al settore delle Imprese, ma i dubbi circa i poteri da attribuire a tale
organismo ne definiscono una sostanziale ambiguit dal momento che di fatto si costituiva come un mero
destinatario di informazioni che gli provenivano, per espressi obblighi di legge, da altri organi pubblici. Il
perfezionamento dei suoi poteri viene con la legge n223 del 1990, viene trasferito dal Servizio delleditoria
al Garante la tenuta del Registro della stampa (e lesercizio dei relativi poteri istruttori ed ispettivi), ed
ampliamento di poteri sanzionatori sul profilo di revoca delle sovvenzioni, multe ma anche sul piano penale. Quella che appariva una timida constatazione dellart.21 di rendere note le fonti di finanziamento diviene in via di fatto lasse portate in materia di libert di stampa.

CAP3 radiotelevisione
La storia della radiotelevisione indicativa della sperimentazione dei rapporti tra pubblici poteri e societ.
Diversamente dal settore della stampa e dello spettacolo, in questo lo Stato assume non solo il ruolo di dettare limiti, ma soprattutto il ruolo di soggetto che assume il compito di soddisfare le esigenze individuali e
collettive legate alluso del mezzo. Problema centrale quello di definire nel quadro dei principi costituzionali la pi corretta e soddisfacente linea di demarcazione oltre cui non debbano spingersi i pubblici poteri.
Col dispiegarsi dei mezzi radiotelevisi si accentua la consapevolezza del ruolo dellinformazione, soprattutto
se operata con tali mezzi, nozione di diritto allinformazione. Grande importanza hanno gli organi di giustizia costituzionale in questa vicenda che non hanno impostato solo quadri generali per la disciplina, ma si
sono spinti a prefigurare nel dettaglio i contenuti minimi della legislazione ordinaria, sperimentando forme
di dialogo col legislatore di tipo costruttivo.
Vi sono tre fasi comuni nello sviluppo della disciplina radiotelevisiva nei paesi europei:
1) Il monopolio pubblico si instaura principalmente per ragioni di tipo tecniche legate al mezzo, al fine
di creare una razionale dislocazione degli impianti di trasmissione, con una progressiva sparizione
delle iniziative a carattere privato (Italia 1927) che vanno trasformandosi in imprese con maggioranza di capitale pubblico, in seguito ai processi di fusione e concentrazione delle emittenti private
a fronte degli ingenti costi di gestione, che in questo modo vedono eliminata ogni forma di concorrenza. LEsecutivo nomina gli organi direttivi degli enti, che finiscono per far capo a un Ministero di
settore. Tutto ci in coincidenza allaffinarsi delle tecniche di propaganda dei regimi totalitari.
2) La riforma del monopolio pubblico a causa dellaffermarsi di nuove regole nei rapporti tra Stato e
cittadini, per un periodo relativamente lungo la disciplina resta invariata, ma subentra una crisi del
monopolio a fronte delle disposizioni che i costituenti di allora avevano dedicato al tema pi generale della libert di informazione. A causa dellassenza nelle costituzioni degli anni 50 di una espressa disciplina del mezzo radiotelevisivo si svilupp un ampio dibattito scientifico e politico in
ordine alla estendibilit o meno a tale mezzo delle garanzie di ordine costituzionalmente gi previste, con la conseguente messa a punto di una quadro di principi costituzionali di riferimento che,
nei suoi tratti essenziali accomuna gli stati europei, con linquadramento di tale attivit nellambito
della libert di manifestazione del pensiero, in parallelo al riconoscimento della legittimit del ruolo dello Stato in questo settore sia per dettare le norme sia come diretto gestore.
Dalla fine degli anni 60 tutto si centrer nella ricerca dellequilibro tra il ruolo monopolistico dello
stato e lesigenza del pluralismo nellinformazione, soprattutto valorizzando il ruolo del Parlamento
(per mezzo delle nomine relative agli enti gestiti dallEsecutivo) e del coinvolgimento delle istituzioni Regionali nel principio di autonomia territoriale.
3) Con linizio degli anni 80 si avvia la fase del sistema misto. A causa delle innovazioni tecnologiche,
che rimuovo il limite oggettivo del mezzo che aveva giustificato il monopolio pubblico, la pressione del mondo imprenditoriale si fa pi forte, si sente un esigenza di equilibrio generale del sistema
di informazione. Per la prima volta, nel quadro dei sistemi europei, la legge inglese del 1954 affianca allente pubblico BBC un altro ente, ancheesso pubblico (ITA, poi IBA) con il compito di diffondere programmi prodotti da societ private.
La prima liberalizzazione avviene sulle trasmissioni via cavo, in ragioni della peculiarit del mezzo
tecnico, per poi estendersi alletere a livello locale ma poi nazionale una volta dimostrata la disponibilit di frequenze utilizzabili, entro un margine accettabile di reciproche interferenze per avviare
una pluralit di iniziative private. A livello locale le prime liberalizzazioni riguardano la radiofonia.
Nei vari paesi vengono creati organi ad hoc pi o meno dipendenti dal governo e dal parlamento,
mentre per le fonti di finanziamento vengono imposti dei tetti pubblicitari.
Questa spinta alla privatizzazione i accompagna allintroduzione di normative antitrust. In tutta
lEuropa il modello adottato quello delle soglie massime di concentrazione non superabili, il cui
limite la nozione statica del necessario tasso di pluralismo, definendo a priori dei tetti che non
possono tenere in considerazione levoluzione delle diverse situazioni di fatti.

Un vero intervento organico nella radiofonia si ha in Italia solo con lavvento del regime fascista, con
lintroduzione di alcuni istituti che avrebbero costituito i tratti essenziali dellassetto successivo. Con legge
n395 del 1910 si riserva allo Stato lo stabilimento ed esercizio di impianti, una riserva di aspetti tecnici. Il
successivo regolamento r.d. n227 del 1912 disciplina le condizioni generali del rapporto concessorio in esclusiva a due societ private, la Radiofono e la Societ italiana radioaudizioni circolari. Con una serie di interventi del 1924 si confermava la riserva allo Stato e si rilasciava una concessione in esclusiva a un'unica
societ, lUnione radiofonica italiana (URI), con particolari condizioni circa lassetto societario e il contenuto
dei programmi sui quali lEsecutivo doveva lasciare un visto governativo preventivo (censura). Il processo di
pubblicizzazione si compie con il r.d.l. n2207 dl 1927 convertito in legge n1350 del 1929, dove la concessionaria URI, divenuta di propriet della SIP assume il nome di Ente italiano per le audizioni radiofoniche
(EIAR) che verr successivamente ricondotta nellambito dei poteri dellIRI (Istituto per la ricostruzione industriale).
Le vicende del crollo del regime e della nascita della Repubblica non comportano per lungo tempo alcun
mutamento della disciplina del settore, nonostante lEIAR subisca le conseguenze della spaccatura del paese verificatasi con loccupazione tedesca prima e della Repubblica Sociale Italiana poi.
Con il d.l.c.p.s n478 del 1947 si conferma sostanzialmente il modello precedente, la vera novit il coinvolgimento del Parlamento nel settore, tramite listituzione di una commissione parlamentare di vigilanza
che doveva verificare limparzialit politica e lobbiettivit delle informazioni trasmesse dalla concessionaria. Un quadro normativo che riceve conferma con la nuova concessione del servizio alla RAI del 1952, stabilendo la natura imprenditoriale della concessionaria, di propriet pubblica della maggioranza assoluta
delle azioni della RAI, lobbligo di previa sottoposizione ad autorizzazione ministeriale del piano triennale
dei programmi che per non costituiva garanzia di inalterabilit del medesimo, e forme di finanziamento
miste confermando il doppio gettito di canone e pubblicit (non oltre il 5% delle ore complessive).
Lavvio delle trasmissioni televisive avvenuto nel 1954 costitu un forte elemento di accelerazione del dibattito. La Corte si pronuncia con la sent. n 59/1960 in tema della legittimit costituzionale del modello
pubblicistico rigettando tali dubbi muovendo una premessa di natura tecnica, ovvero che il mezzo si avvaleva di una risorsa oggettivamente limitata che non poteva a priori essere parificata agli altri mezzi, col conseguente rischio di formarsi dei monopoli privati, lo Stato in questo quadro era chiamato a garantire il tasso
pluralismo necessario dellinformazione, prevedendo laccesso al mezzo di tutte le correnti culturali e politiche. Posizione riconfermata dalla corte nel 1963 e 1965, ma si produce una decisiva accelerazione con le
due sentenze n 225 e 226 del 1974 che avviano una progressiva erosione dellarea di riserva allo Stato; la
225 dichiara costituzionalmente illegittima la riserva allo Stato di ritrasmissione di programmi di emittenti
estere e ne ammette lesercizio anche da soggetti privati, la 226 dichiara costituzionalmente illegittima anche la riserva allo Stato dei servizi via cavo, e consente lingresso alle iniziative private, con riferimento solo
locale, fatta salva la riserva su scala nazionale. Vengono altres stabiliti il necessario coinvolgimento del Paramento nel settore per limparzialit dellinformazione, e la predisposizione di limiti alla pubblicit per evitare la concentrazione a scapito di altri mezzi.
Da questo quadro prende vita la legge di riforma n103 del 1975, nella quale si stabilisce linserimento delle
Regioni nel sistema con la designazione di rose di candidati per la composizione del Consiglio di amministrazione, dando vita anche ai Comitati regionali per il servizio radiotelevisivo. Si stabilisce anche il diritto di
accesso a tutti i soggetti socialmente rilevanti con un tempo minimo del 5% in tv e 3% in radio sulle ore di
trasmissione complessive di ciascuna; si riconferma il doppio finanziamento con tetto del 5% per pubblicit.
Con la sentenza n202 del 1976 si ha una svolta nellitinerario logico sin l seguito dai giudici costituzionali,
la corte fa propria la tesi avanzata dai ricorrenti, volta a sostenere, almeno a livello locale, dellesistenza di
frequenze sufficienti a impedire la formazione di oligopoli privati, determinando lillegittimit parziale della
riserva statale allattivit radiotelevisiva cos come definita dalla legge, di qui lapertura a iniziative private
di radiotelevisione via etere a livello locale, analogamente a quanto prima predisposto via cavo, con la
premessa non esplicitata che di per s il moltiplicarsi dei soggetti operanti nel settore costituisca garanzia
sufficiente di pluralismo. Una conclusione che rende ambigua la nozione di attivit radiotelevisiva che peser a lungo.

Nel tempo si crea nel campo della pubblicit una spinta alla polarizzazione verso le imprese private di maggiore successo, configurando nellarco di un quinquennio le premesse per lultimo e definitivo attacco alla
riserva statale di radiotelevisione via etere anche su scala nazionale, questo con la sentenza n148 del
1981, in cui si assiste anche a un tentativo, poco convincente, di ricostruire un filo coerente di continuit tra
tutte le pi significative pronunce precedenti, lasciando intendere che le ragioni di riserva allo stato vanno
ricondotte allassenza di una normativa idonea a contrastare i fenomeni concentrazionistici in atto nelle
imprese private con gli effetti negativi sul tasso di pluralismo, per cui la maggiore disponibilit tecnologica
non pu considerarsi di per s sufficiente a garantire il pluralismo. Quindi allelemento di ordine tecnico la
Corte aggiunge un elemento di ordine economico. Il nuovo sistema misto si delinea come sistema a concorrenza generalizzata, senza aree o funzioni riservate.
Viene varata una disciplina transitoria col d.l. n807 del 1984 (che rimane legato al nome di Berlusconi
quale soggetto maggiormente interessato a che la vicenda apertasi con le iniziative dei giudici si concludesse in un nulla di fatto, per questo legislativamente sanzionato, per avere pi tempo per le sue strategie aziendali), convertita nella legge n10 del 1985 che consente, pur in mancanza ella richiesta normativa antitrust, il proseguimento dellattivit delle ormai costituite reti nazionali, come contropartita alle emittenti
privati vengono estesi alcuni obblighi previsti per le emittenti pubbliche, quali almeno il 25% di ore di trasmissione per film e opere di produzione nazionale o paesi della CEE, e una soglia pubblicitaria del 16% delle ore settimanali
Ci sono poi degli aspetti di incertezza che investono lorganizzazione interna della concessionaria pubblica,
secondo cui mentre la Commissione bicamerale si vede attribuire il potere di nomina di tutti e sedici i
membri del Consiglio damministrazione della RAI, si vede sottrarre alcune rilevanti competenze a favore
dello stesso Consiglio, trasferendovi allinterno una logica di schieramento tipica della sede parlamentare.
La sentenza n826 del 1988 costituisce uno dei tentativi pi arditi di condizionare non solo il contenuto
delloperato del legislatore, ma anche i tempi di varo della riforma, in cui viene stabilita lillegittimit del
mantenimento del principio di riserva allo Stato dellattivit radiotelevisiva via etere a livello nazionale, viene inoltre data una assoluzione condizionata a tale disciplina di legge, ritenuta in se incostituzionale, ma
provvisoriamente assolvibile in ragione della sua transitoriet. Si hanno quindi tre forme di pluralismo :
1)presenza attiva del maggior numero di fonti possibile(esterno) 2)pluralismo interno alle stesse in materia
di opinioni 3)concreta possibilit del cittadino di scegliere tra una molteplicit di fonti.
Altro contributo a sbloccare il dibattito viene dallapprovazione di una importante direttiva comunitaria,
adottata al fine di realizzare il coordinamento delle legislazioni nazionali in materia di esercizio dellattivit
radiotelevisiva, la direttiva del Consiglio del 3 ottobre 1989 n552 (89/552/CEE), la quale d disposizioni
dedicate circa laffermazione della libera circolazione delle trasmissioni televisive provenienti dagli stati
membri, e lobbligo di tutelare lindustria cinematografica vietando la trasmissione di opere prima che sia
trascorso un certo lasso di tempo dalla programmazione delle tesse nelle sale cinematografiche, e soprattutto si affronta il tema della pubblicit commerciale sotto quattro profili : 1)contenuti; si vieta ogni forma
di pubblicit delle sigarette e altri prodotti del tabacco e dei medicinali per i quali richiesta la ricetta medica 2)modalit; il messaggio pubblicitario deve essere riconoscibile, si vieta ogni forma di pubblicit subliminale e clandestina, con divieto assoluto di interruzioni per uffici religiosi. 3)indice massimo di affollamento; 18% quotidiano e 20%orario 4)sponsorizzazioni; distinzione tra programmi e pubblicit e necessaria riconoscibilit della sponsorizzazione, divieto di ogni forma di condizionamento da parte dello sponsor sui
contenuti dei programmi.
Legge 6 agosto 1990 n223, disciplina il sistema radiotelevisivo misto pubblico-privato, un impianto che
ruota attorno a cinque elementi portanti:
1)principi comuni : pluralismo, obbiettivit, trasparenza e imparzialit dellinformazione. indipendentemente dalla natura pubblica o privata del soggetto, locale o nazionale tali principi vanno applicati.
2) regime concessorio: intesa come individuazione dellorgano titolare del potere di rilasciare, sospendere o
revocare le concessioni e criteri per lesercizio di tali poteri, nonch dei requisiti della concessione. Questa

attivit di pianificazione delletere per incide molto sul numero complessivo delle emittenti teoricamente
attivabili, e quindi sul tasso di pluralismo esterno.
3)normativa antitrust: il cuore della legge e affronta tre aspetti fondamentali delle concentrazioni :
1. 1)rapporti tra le emittenti radiotelevisive; si stabilisce il numero massimo di concessioni rilasciabili a
uno stesso soggetto, distinguendo a livello locale e nazionale. Uno stesso soggetto non pu essere
titolare di un numero di concessioni (sia tv che radio) superiore al 25% delle frequenze nazionali, tv
3 e 1 sola per bacino di utenza, 7 per radio, alla titolarit della concessione equiparato il controllo.
2. Si abbandona lopzione zero ossia il divieto di incrocio tra i due settori di stampa e radiotelevisione per una linea pi flessibile. Nessuna concessione a livello nazionale pu essere rilasciata a chi
opera nel campo della stampa quotidiana con una tiratura superiore al 16% di quella nazionale.
3. Rapporti tra emittenti e concessionarie di pubblicit, ove esistano situazioni di controllo o collegamento tra titolari queste due, le ultime non possono raccogliere pubblicit per pi di 3 reti nazionali
4)disciplina della pubblicit radiotelevisiva; si affronta sotto cinque profili: 1)contenuto dei messaggi; recepisce la 552 del 1989. 2)modalit di trasmissione; i messaggi vanno trasmessi tra e non allinterno delle
trasmissioni, ma lart.20 che consente lintroduzione di una disciplina nazionale diversa consente il superamento del numero di interruzioni pubblicitarie indicato dalla normativa europea. 3)indici di affollamento
4) rapporti tra emittenti e imprese concessionarie di pubblicit 5)sponsorizzazioni; nozione assai pi ampia
non avendo il legislatore italiano recepito il divieto di inserire nei programmi sponsorizzati momenti promozionali, rendendo quasi indecifrabile la linea di demarcazione tra questo tipo di pubblicit e quella ordinaria (su cui il legislatore torner per eliminarla).
5)strumenti di garanzia: meccanismi di obblighi che fanno capo alla vigilanza del Garante, cui la legge attribuisce numerosi poteri di proposta e consultazione, regolamentari, di controllo e sanzione(nelle ipotesi pi
gravi pu chiedere la revoca della concessione)
A molti apparve per che questa legge non facesse altro che fotografare lo status quo del duopolio RAIFininvest, soprattutto in relazione delle 3 concessioni massime al singolo soggetto su scala nazionale.
La legge n249 del 1997 stabilisce che i soggetti che varchino la soglia del 20% di irradiazioni televisive o radiofoniche analogiche possano transitoriamente proseguire lesercizio delle reti eccedenti, a condizione che
le trasmissioni siano diffuse contemporaneamente su frequenze terrestri e via satellite/cavo e successivamente solo via satellite/cavo. Con la delibera n346 del 2001 lAutorit fissa il termine per il passaggio definitivo di una rete Mediaset sul satellite(31 dicembre 2003) e per la trasformazione di una rete RAI in canale
senza pubblicit. La Corte con sentenza n466 del 2002 dichiara lincostituzionalit della l.n249 perch
protrarrebbe lo status quo sine die, e fissa nel termine indicato dalla delibera dellAutorit il termine finale
ed improrogabile per la fine del regime transitorio.
La legge n122 del 1998 non tocca i tetti pubblicitari ma le modalit di inserimento, ponendo la distinzione
tra spot pubblicitari ed altre forme di pubblicit non meglio specificate, riproponendo il problema, pi
volte sottolineato dalla Corte, della distribuzione delle risorse economiche derivanti dalla pubblicit commerciale sullintero sistema dei media. La sponsorizzazione a contenuto promozionale diretto ha finito per
ritrovare una parziale legittimazione nel nuovo regolamento ministeriale in materia, ma viene successivamente rivisto alla luce della legge n483 del 1992, cos pur non accettando linserimento di un quartum genus di pubblicit televisiva, non si vietano del tutto quelle che si sono definite come sponsorizzazione a contenuto promozionale diretto, ma le assimila agli ordinari messaggi pubblicitari ai fini di calcolo degli indici di
affollamento giornaliero, un compromesso.
Con d.lgs n73 del 1991 si sostituisce la disciplina in materia di trasmissione via cavo, distinguendo tra attivit di installazione di rete e impianti ed attivit volta a distribuire programmi attraverso tali impianti. Il
primo ruolo riservato allo Stato, il secondo ai privati sotto concessione.
La legge n28 del 2000 disciplina la comunicazione politica, soprattutto televisiva, anche al di fuori dei periodi elettorali (lacuna della 90/223), distinguendo tre forme di comunicazione 1)confronto dialettico
2)messaggi autogestiti (unilaterali su singola opinione). Nei periodi non elettorali i secondi vengono tra-

smessi obbligatoriamente dalla concessionaria pubblica, imposta la durata (da 1 a 3min tv; da 30 a 90sec
rad), per le campagne elettorali ricalca la 90/223 ma scende nel dettaglio fino al comportamento del conduttore.
La legge n66 del 2001 delinea il quadro normativo per la transizione dellattivit radiotelevisiva
dallanalogico al digitale, con approvazione da parte dellAutorit di uno specifico piano di assegnazione
delle frequenze digitali (radio delibera n286 del 2002, tv delibera n43 del 2003). Si apre una prima fase di
sperimentazione che consente di accedere anche soggetti diversi da quelli gi operanti in analogico.
LAutorit provvede poi a stabilire obblighi e responsabilit per le due nuove figure (come per il cavo)
delloperatore di rete (che fornisce gli impianti) e del fornitore di contenuti o servizi che ricevono un autorizzazione di 12 anni rinnovabile. C una progressiva scomparsa delloperatore integrato, quale unico dominus del sistema, e compaiono due figure distinte. Un soggetto titolare di autorizzazione nazionale non pu
ottenerne a livello locale, e i titolari di pi autorizzazione devono tenere una contabilit separata per ciascuna.
Il servizio pubblico quindi diviso tra diritto interno (nazionale) ed esterno (comunitario), dove
questultimo ha acquisito sempre maggiore importanza fino a dettare le condizioni stesse della sua sopravvivenza, o legittimit comunitaria, sottraendo gli stati membri alle decisioni sovrane in ordine alla definizione dei loro rapporti con i cittadini. Questo ovviamente ha determinato delle resistenze che hanno portato
allaffermazione di un importante principio nellart.16 del Trattato di Amsterdam (firmato nel 1997, in vigore dal 1999) che riconosce il primato alle legislazioni nazionali. Il protocollo dunque fa salve e giustifica a
priori lesistenza di servizi pubblici radiotelevisi e si esclude un controllo comunitario circa i presupposti che
ne giustificano lesistenza. Quindi dove si situi il punto di equilibrio tra le esigenze legate alla libera concorrenza e le esigenze della missione del servizio pubblico spetta agli Stati stabilirlo, ma le decisioni a riguardo
possono essere censurate in sede comunitaria.
Ci che spinge soprattutto alla ridefinizione del servizio pubblico lavvio del digitale terrestre, in virt della moltiplicazione della capacit trasmissiva che questa tecnica consente, consentendo il pluralismo della
molteplicit di fonti, in questa ottica si parla di servizio universale, ovvero di una serie di obblighi generali
da far gravare su tutti o parte degli operatori. Ma un idea che appare poco convincente, in relazione ai
problemi sociali delleducazione alla tolleranza e allintegrazione, sono esigenze di carattere generale di cui
lo Stato si deve fare necessariamente carico, per soddisfare le quali il mezzo radiotelevisivo rappresenta
uno degli strumenti pi efficaci. Deve essere un attivit continuativa, e non episodica, assicurando a tutti
gli utenti dei servizi minimi. Per cui si deve sottrarre alla logica della concorrenza con i competitori privati,
diversamente non resterebbe che concludere che sia il nostro sistema politico-partitico che non pu rinunciarvi per ragioni interne legate alla propria sopravvivenza, che poco o nulla hanno a che fare con le nobili e
dichiarate finalit che gli si vorrebbe attribuire.
La terza legge di sistema, legge n3184 del 2 dicembre 2003, rinviata poi alle camere dal Capo dello Stato, si articola in cinque punti.
1) Principi generali: lattivit di informazione radiotelevisiva viene qualificata come servizio di interesse generale, indipendentemente dalla natura del soggetto che la svolge, per cui deve conformarsi ai
parametri di imparzialit e completezza. Tutela e promozione delle culture locali/regionali, si riserva a tali emittenti il 15% della comunicazione istituzionale.
2) Normativa antitrust: viene razionalizzata la disciplina formatasi con le stratificazioni successive, con
linserimento di un unico limite ex ante, con verifica ex post, rappresentato alla quota del 20% del
totale dei proventi ricavabili dal sistema integrato della comunicazione (SIC), limite che scende al
10% per le imprese i cui ricavi siano superiori al 40% del totale dello specifico mercato. Un soggetto
non pu diffondere pi del 20% dei programmi complessivi, e viene confermato lo status quo delle
attuali concessioni.
3) Codice della radiotelevisione pubblica: obbligo di assicurare sullintero territorio nazionale una programmazione dedicata alleducazione, informazione, promozione culturale in genere, su cui vigila
lAutorit la cui procedura di accertamento deve esercitarsi nel rispetto del contraddittorio. Riguardo al finanziamento vanno tenute contabilit separate per i gettiti del canone e le spese per la fornitura del servizio.
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4) Tecnica digitale: tutte le frequenze destinate alla radiodiffusione concorrono promiscuamente allo
svolgimento delattivit trasmissiva.
5) Disciplina transitoria per analogico->digitale
Il capo dello Stato in sede di promulgazione rinvi la legge al Parlamento per un nuovo esame a causa
1)delleccessiva lunghezza del periodo(12mesi) entro il quale lAutorit era chiamata ad effettuare la verifica delleffettivo ampliamento della programmazione offerta. 2)leccessiva ampiezza del SIC, tale da consentire la formazione di posizioni dominanti. 3)leccessiva concentrazione della risorsa pubblicitaria nei mezzi
radio&tv a scapito degli altri.

CAP4 telecomunicazioni
A quelli fin ora discussi, chiamati vecchi media si affiancano i nuovi media che sfruttano le tecnologie
anzich analogiche quelle digitali, i quali determinano la c.d. convergenza tecnologica, che consente
lutilizzo di uno stesso mezzo per trasmettere una pluralit di servizi, ragion per cui le discipline giuridiche
differenziate per mezzo oggi sono in via di superamento. Il nostro codice postale e delle telecomunicazione
in linea con tale impostazione, distinguendo tre categorie di servizi; telegrafia, telefonia, radiocomunicazioni. Mentre i primi due riguardano il filo, lultimo riguarda la capacit trasmissiva delle onde erziane
(letere), nelle quali si distingue radiodiffusione(radio&tv), radiotelegrafia e radiotelefonia, questo impianto
riflette una situazione nella quale c coincidenza tra un determinato mezzo e il servizio che esso consente
di trasmettere ed alla base dello sviluppo di discipline differenziate dei diversi mezzi trasmissivi.
Inoltre tale distinzione ha portato ad ancorare l singole discipline di settore a differenti principi costituzionali; lettura combinata di art.21 e art.41 per la radiotelevisione, art.15 e art.43 la telefonia, la convergenza
tecnologica ha mutato tutto questo portando da un diritto dei media a un diritto della convergenza.
Quattro innovazioni fondamentali, 1)applicazione dellinformatica alle telecomunicazioni, che costituisce il
valore aggiunto dei servizi 2)introduzione di nuovi mezzi di trasmissione dei segnali, cavo a fibra ottica e satellite a diffusione diretta 3)introduzione di nuove tecniche di trasmissione dei segnali per diffondere contemporaneamente segnali di natura diversa, sistema numerico-digitale 4)tecniche di codifica dei segnali che
influiscono sulla ricevibilit dello stesso, limitandola a particolari apparecchi.
Sul piano delle reti fisse la prima forma di convergenza fu data dalla rete ISDN (Integrated Services Digital
Network), una rete numerica che consente di trasmettere non solo fonia, ma anche dati e video a bassa
frequenza, e lintroduzione poi della rete intenret.
Per le reti mobili ha interessato il settore lintroduzione della TACS(telefonia mobile analogica) poi della telefonia mobile su sistema numerico digitale (GS;/DCS/DECT), ma pi di tutte lultima arrivata dellUMTS (Universal Mobile Telecommunication System)
Per la radiotelevisione invece si annovera il video on demand, ma ad oggi la piattaforma digitale terrestre
ad essere al centro dello sviluppo del settore.
Con d.p.r. n318 del 19 settembre 1997 si stabilisce in sede comunitaria la nuova definizione dei servizi di
telecomunicazione, dove non a caso si prescinde dal tipo di mezzo impiegato, vengono esclusi dal novero
dei servizi televisivi i servizi di comunicazione che forniscono informazioni specifiche o altri messaggi su richiesta individuale. C inoltre il tramonto dei monopoli e lavvio di un mercato di libera concorrenza, con
riconferma di esclusivit allo Stato dei servizi di telecomunicazione, riserva che trova fondamento
nellart.43 della Costituzione, facendo perno sulla dichiarazione di pubblica utilit degli impianti.
Il primo fronte di intervento stato rappresentato dai terminali (dir.88/310) e poi i servizi (dir. 90/388, Open Network Provision) che impongono leliminazione di diritti speciali o esclusivi, rendendo illegittimi a livello comunitario tutte le forme di monopolio. Scopo di tali direttive sono di assicurare, con lintroduzione
di una disciplina asimmetrica, una effettiva parit di tutti gli operatori e riequilibrare le posizioni , oggi formalmente parificate ma di fatto diseguali, degli ex monopolisti e dei nuovi operatori.
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Attenzione particolare stata data alla prestazione dei servizi, in ordine agli obblighi che gli Stati a seconda
dei casi sono autorizzati od obbligati ad imporre agli operatori, ci in relazione alla nozione di servizio universale, che costituisce linsieme minimo definito di servizi di una data qualit a disposizione di tutti gli utenti, indipendentemente dalla localizzazione geografica e offerto, in funzione delle specifiche condizioni
nazionali, ad un prezzo abbordabile.

Primo provvedimento importante in questa direzione la legge n58 del 1992, che afferma il principio di
separazione delle funzioni di controllo da quelle di gestione del servizio, prevedendo la concentrazione in
un gestore unico di tutti i servizi di telecomunicazioni, la Telecom Italia, rimangono cos in piedi molti elementi del vecchio modello, gli obblighi di registrazione, le concessioni e cos via.
Il processo si completa con il d.lgs. n55 del 1993 (recepisce la 90/387) e il d.lgs. n103 del 1995 (e regolamento dattuazione d.p.r. n420 del 1995, recepiscono la 90/388), un quadro che non prevede pi concessioni ma autorizzazioni generali e licenze.
Con il d.p.r. n318 del 1997 si predispone lobbligo di fornitura del servizio universale, la cui novit rappresentata dallaccoglimento di una nozione dinamica e non statica del servizio, si afferma che il contenuto del servizio universale pu evolvere sulla base del progresso tecnologico e degli sviluppi del marcato e la
relativa valutazione e la sua eventuale revisione sono effettuate almeno ogni due anni dal ministro delle
Comunicazioni, sentita lAutorit.
Con la legge n249 del 1997 vengono inoltre istituiti i Comitati Regionali per le comunicazioni (CORECOM),
e prevede inoltre che presso lautorit operi il Consiglio Nazionale degli utenti composto da esperti designati dalle associazioni rappresentative delle varie categorie degli utenti, a cui vengono conferiti poteri sia consultivi che di proposta nei confronti dellAutorit. Le nuove norme antitrust fissano regole e limiti suscettibili di trovare unapplicazione flessibile da parte dellAutorit, adatti a fronteggiarla mutevolezza delle condizioni di fatto nelle quali le attivit comunicative vengono esercitate.
La prospettiva di partecipazione ad un'unica piattaforma digitale ha destato le perplessit del Garante della
concorrenza, dato che ci pone i rischi di concentrazione non solo tecnologica ma anche commerciale, tale
da determinare una strozzatura inaccettabile nel settore della televisione a pagamento.
Con legge n78 del 1999 si introducono limiti di acquisizione di diritti di trasmissione codificata di eventi
sportivi nazionali, con particolare riferimento a quelli calcistici.
La prima serie di norme comunitarie fu caratterizzata da notevole rigidit al fine di porre le basi
dellapertura dei mercati e proseguire in seguito a una rettifica di tale impianto di norme, come esprime la
Review 99 (COM, 1999, 539) che indica come la comunit avrebbe proceduto per porre le basi per la futura
regolamentazione del settore.
Si arriva quindi al secondo pacchetto di direttive europee con la direttiva 2002/21/CE che istituisce il quadro normativo comune per le reti e servizi di comunicazione elettronica, in cui si traduce in termini normativi la convergenza nelle tecniche e nei mezzi cui si assistito, e si procede ad armonizzare le legislazioni nazionali in materia eliminando tutte le regolazioni ex ante ed introducendone di ex post flessibili. Si incide
inoltre sugli aspetti istituzionali dellintero sistema ridefinendo i ruoli delle Autorit Nazionali e i loro reciproci rapporti con la Commissione europea, organi che devono avere necessariamente il carattere di organismi tecnici, indipendenti con richiamo allimparzialit e alla trasparenza.
I problemi non attengono pi al rapporto tra legislatori ma al rapporto tra chi opera sul piano
dellamministrazione, assistendo a un progressivo appannarsi della linea di demarcazione tra attivit di regolazione, intesa come attivit normativa, e conseguente attivit amministrativa
In Italia il secondo pacchetto di normative comunitarie recepito con il d.lgs. n214 del 2003 (Codice delle
comunicazioni elettroniche) che per si discosta per alcuni aspetti di notevole rilevanza. Viene mantenuta la
distinzione tra telecomunicazione e radiotelevisione. Viene previsto che i titoli abilitativi in materia di reti

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ad uso pubblico, precedenti lentrata in vigore del Codice, restino validi fino alla loro scadenza naturale, che
in molti casi ultradecennale. Il Ministro di settore mantiene poteri rilevanti, contraddicendo la direttiva in
materia di separazione tra propriet e regolamentazione. La lacuna maggiore laver lasciato invariata la
disciplina della nomina dei membri dellAutorit nazionale di regolamentazione, la quale assume una coloritura politica ben lontana dalle caratteristiche di organismo tecnico cui si riferisce la direttiva.
Restano poi problemi rilevanti relativi alla comunicazione via internet per linquadramento costituzionale
delle diverse attivit ivi svolte, determinato dalle interferenze tra articolo 21 e 15 della Costituzione, ovvero stabilire quando si in presenza di corrispondenza privata o di manifestazione del libero pensiero, un discrimine che non sempre molto pacifico.

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