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ISTITUTO STATALE DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE "Giovanni Battista Cerletti"

Sede: Via XXVIII Aprile 20, 31015 Conegliano (TV)

Disciplina: Economia Argomento: Microeconomia


APPUNTI DEL DOCENTE prof. Pasquale Tutino

INDICE

Tratti epistemologici dell’Economia ........................................................................ pag. 1


 Etimi, definizioni e suddivisione dell’Economia ....... pag. 1
 Evoluzione del pensiero economico ........................... pag. 2
 Economia e sistemicità ............................................... pag. 4
Elementi di Microeconomia ...................................................................................... pag. 7
 Utilità, beni economici e bisogni ............................. pag. 7
 Il Mercato ................................................................. pag. 8
 Domanda e Offerta ................................................... pag. 9
- Rigidità ed elasticità ................... pag. 10
- Traslazione delle curve ............... pag. 11
 Marginalità nel consumo e nella produzione ........... pag. 12
Elementi di Economia aziendale ..........................................................................… pag. 15
 Descrizione dell’Impresa ................................................ pag. 15
- Classificazione delle imprese ........ pag. 16
 Descrizione dell’Azienda ................................................ pag. 19
- Capitali ............................................. pag. 19
- Risorse economiche aziendali .......... pag. 23
- Il fattore lavoro ................................ pag. 23
- Attività e integrazioni aziendali ...... pag. 27
 Relazione tecnica di descrizione aziendale ................. pag. 27
Imprese collettive ....................................................................................................... pag. 28
 Società di persone ..................................................................... pag. 29
 Società di capitali ..................................................................... pag. 30
 Società cooperative .................................................................. pag. 33
Classificazione delle aziende agrarie ....................................................................... pag. 34
 Varianti di azienda rurale ................................................................... pag. 34
 Classificazione europea delle aziende (Reg. 1242 del 2008) ............ pag. 36
Il Registro delle imprese ........................................................................................... pag. 41
Bilancio dell’Imprenditore ....................................................................................... pag. 44
 Bilanci, tempi d’esercizio, ricavi e costi ........................... pag. 44
 Tornaconto e marginalità d’impresa .................................. pag. 45
 Reddito netto dell’imprenditore ........................................ pag. 46
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APPUNTI DEL DOCENTE prof. Pasquale Tutino - per la disciplina ECONOMIA

~ ~ ~  TRATTI EPISTEMOLOGICI DELL’ECONOMIA  ~ ~ ~

Il termine economia deriva dal Greco oìkos (casa, abitazione) e nòmos (regola, gestione), da cui
l’etimo oìkos-nòmos, casa-gestione, col significato di disciplina dedita alla gestione della casa;
“casa” intesa come ambiente di vita o ambito territoriale, ecologico, amministrativo e sociale, con
tutti i processi di funzionamento e di evoluzione che lo distinguono.
Il pensiero che diede vita all’Economia attuale ebbe origine col medievale feudalesimo (1200 d.C.),
in una situazione in cui si dava eccessiva importanza al denaro (da strumento a Dio denaro) e
prevaleva la speculazione sull’ignoranza altrui. Sempre nel Medioevo, il vero via allo studio
economico fu dato dal Mercantilismo che, solo nella metà del ’700, cede il passo alla Fisiocrazia,
evolutasi nella Scuola classica di fine del ’700 /metà del ’800. Seguirono gli sviluppi che portarono
al Marxismo, alla Scuola neoclassica, al Keynesismo e al Monetarismo; tutto ciò diede vita
all’attuale Economia politica.
L’Economia politica studia problemi e fini economici dei singoli e della collettività, evitandone
contrasti e suggerendo linee guida tecniche per raggiungere il benessere di vita sociale del Paese,
utilizzando poche risorse per soddisfare molte esigenze; tutto gira esclusivamente attorno al reddito.
Noi affronteremo i vari pensieri che si sono susseguiti per dar vita all’Economia politica odierna.
La Politica economica si distingue dall’Economia politica poiché fa riferimento al complesso di
interventi adottati dall’operatore pubblico per indirizzare l’andamento economico del territorio
verso obiettivi desiderati e finalizzati al raggiungimento sì del “benessere economico” (legato al
reddito), ma anche del “benessere sociale” (concetto che ritroveremo in A. C. Pigou). In particolare,
la Politica economica si interessa dell’occupazione (il lavoro, enfatizzato da Smith e messo al
centro dell’Economia da Marx), redistribuzione del reddito (i sussidi, proposti da Keines), stabilità
della moneta in corso (inflazione\deflazione, previste da Friedman), interventi per migliorare il
Prodotto Interno Lordo nazionale e i rapporti economici internazionali (con multinazionali e stati).
In base all’ambito su cui si applica, l’Economia viene anche divisa in due parti: micro e macro.
La Microeconomia è una branca dell’Economica che studia il comportamento di singoli operatori,
agenti\sistemi, in numero limitato e che operano in condizioni di scarsità di risorse: quindi si
interessa di acquisto (domanda) e produzione (offerta) di beni nei singoli settori in un Paese.
Invece, la Macroeconomia studia i sistemi a livello aggregato (di più settori produttivi\servizi) e
che interessano ampie strutture collettive di un intero Paese, di un Continente od a livello mondiale;
ad esempio, si interessa di occupazione (lavoro in una Nazione), PIL e rapporti internazionali.
Adesso intraprenderemo un breve cammino che ci porterà ad analizzare l’evoluzione del pensiero
economico, passando da ognuna delle tappe più significative.
Volendo risalire alle origini, probabilmente le prime forme di economia si ebbero nel Mesolitico
(11000 anni fa), quando i clan (o famiglie) delle capanne riunite in villaggi, per sopravvivere,
dovevano gestire le risorse che l’ambiente di vita gli offriva. In tali condizioni, la famiglia (o il
clan) era un sistema economico, talvolta isolato, che si governava da sé: un sistema economico
autocratico (dal Gr. automatos-kratia, fa da sé-controllo), alla base del quale vi era il baratto.
Come ambito di studio, invece, l’Economia affronta una evoluzione di pensiero che parte
dall’antica Grecia, in cui Aristotele e Platone cercarono di capire i meccanismi dei problemi legati
alla ricchezza (gioielli, stoffe, monili e preziosi), alla proprietà (appartenenza, possesso, potere) di
beni e al loro scambio. Criteri, questi, che vennero presi ed applicati anche dai romani.

Microeconomia Anno Scolastico 2020\2021


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Feudalesimo
L’epoca feudale (1000-1300) mise fine al modello autocratico, basato sulla gestione familiare a se
stante, e venne rielaborato il pensiero greco-romano basato su ricchezza, proprietà e scambi. Alcuni
militi ebbero dal sovrano, come compenso delle conquiste, dei territori (feudi o tenimenti) in cui
poter comandare e produrre ricchezze. Questi feudatari crearono delle universitas urbs (futuri paesi
e centri abitati) per dare alloggio e protezione agli abitanti del tenimento, mentre loro risiedevano
nelle universitas studiorum. Le città divennero i comuni (dal Lat. cum-munis, con- ufficio\carica per
tutti), ovvero luoghi di vita in cui le persone locali istauravano rapporti sociali e scambi mercantili,
cioè un commercio urbano (dal Lat. cum-mercis urb-anus, con-mercanzia città-appartiene), poi
esteso oltre oceano (vedi import\export avviato dal colonialismo, Colombo ecc.). Ciò diede avvio a
forme di capitalismo commerciale e a sistemi bancari che enfatizzarono il denaro fino a renderlo
vitale. Per il denaro si ricorreva a illeciti e speculazioni disumane, per ciò San Tommaso d’Aquino
si batté per il giusto prezzo dei beni e per contrastare l’usura che dilagava.
Mercantilismo
Le politiche mercantiliste medievali (XV secolo) sostenevano che la ricchezza e l’autosufficienza di
un Paese erano date dall’accumulo dei metalli preziosi e, per farlo, bisognava scoraggiare le
importazioni e favorire l’export. Oro e argento erano indicatori della potenza economica di un Paese
(bullionismo), per cui, suggerivano di trattare le importazioni con il baratto e le esportazioni con
moneta aurea (maggior valore intrinseco). Così ebbe origine la politica interventista e protezionista,
che favoriva le esportazioni e scoraggiava le importazioni. Venne anche favorita la manodopera a
basso costo (salari miseri e sfruttamento minorile) per essere concorrenziali nell’export.
Fisiocrazia
Fondatore fu il medico francese Francois Quesnay, il quale, nel 1758 sostenne che alla base
dell’Economia di un Paese c’e l’Agricoltura, settore primario che produce ex-novo i beni primari.
Per lo sviluppo, bisognava affidarsi ai cicli naturali (difatti, in agricoltura, si imita la natura) poiché
gli unici che potevano attuare e mantenere le azioni più corrette e adeguate ai vari contesti.
Secondo il pensiero fisiocratico, soltanto la terra è fonte di prodotto netto, mentre la società doveva
essere distinta in tre classi sociali: Classe produttiva, comprendente i lavoratori che fanno fruttare la
terra; Classe dei proprietari, comprendente il sovrano, i possidenti e tutti quelli che riscuotono le
decime (una classe degna della massima considerazione per l’importanza che i fisiocratici davano all'elemento
naturale terra nella produzione); la Classe sterile, comprende invece tutti gli altri (es. artigiani), che
possono ottenere una remunerazione dal loro lavoro, ma non creano prodotto netto. Da quest’ultima
classe si dedusse il concetto di circolazione economica, base per il benessere collettivo del Paese.
Scuola classica
Adam Smith, sul finire dell’700, proclama l’homo economicus (Principio edonistico) come colui
che cerca di ottenere il massimo utile col minimo sacrificio. Da qui si propose il concetto oggettivo
di utilità, inteso come valore d’uso di un bene per soddisfare il desiderio di qualcuno.
Egli teorizzava il Principio liberista, secondo il quale l’uomo egoistico, nell’agire per il proprio
interesse, senza esserne consapevole, compie un vantaggio anche per la collettività.
Il fine dello sviluppo economico di un Paese si contrapponeva ai fisiocratici per dare più rilevanza
al lavoro (e non all’agricoltura), soprattutto quello specializzato, e all’innovazione tecnologica. Per
questo motivo, la Scuola classica è del parere che lo Stato deve solo garantire la Libera
concorrenza, cioè l’accesso ai mercati per chiunque (ciò fu visto come un liberismo capitalistico).
Smith distinse per la prima volta il capitale fisso (immobili, macchinari ecc.) dal capitale circolante
(energia, manodopera e tutto ciò che fosse necessario per l’acquisto di fattori che producono).

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Marxsismo
Karl Marx, nel 1886, criticò fortemente lo sfruttamento dei lavoratori (proletariato) da parte dei
capitalisti; il plusvalore ottenuto dai capitalisti imprenditori doveva essere suddiviso e reso al
proletariato, in modo da rovesciare il sistema capitalistico e realizzare una nuova società senza
classi sociali e senza proprietà privata esclusiva; a ciò si arrivò a partire dalla metà del ’900.

Scuola neoclassica
Nata in Inghilterra nella seconda metà dell’800 con Alfred Marshall, dava fiducia al Libero
mercato e all’Analisi marginalista dei fenomeni economici. Il concetto di marginalità, applicato al
consumo e alla produzione, dice che è la dose successiva di bene a indicare il massimo utile
ottenibile: nel consumare e nel produrre bisogna fermarsi quando la media degli incrementi unitari
di utilità o di produzione (cioè di ogni dose successiva di bene impiegato) accenna a diminuire.
Diversamente dalla Scuola classica, qui all’utilità veniva conferita una concezione soggettiva: il
valore dei beni nasce dal confronto tra la scarsità di risorse e utilità data ai beni dagli individui.
In questo stesso periodo, l’economista inglese Arthur Cecil Pigou, introduce un “nuovo pensiero
neoclassico” basato sul Benessere sociale, che si stacca dal Benessere economico. Egli dimostrò che
il massimo interesse individuale (ridurre i costi, anche a scapito dell’ambiente) non coincide col
massimo benessere sociale (legato alle esternalità), che si genera solo se lo Stato fa in modo da
incrementare il reddito individuale e ridistribuire il reddito dei più abbienti ai più poveri.

Economia keynesiana
Dal 1929, con il crollo di Wall Street, le idee liberiste neoclassiche ebbero dei limiti, per cui si
delineò un nuovo pensiero, quello dell’inglese Keynes, cioè dell’analisi di più mercati (aggregati
economici internazionali) per ottenere informazioni su consumo, risparmio e investimento.
Da qui nacque la Macroeconomia (distinta dalle precedenti linee di pensiero della Microeconomia),
in cui si evinse che per incrementare i consumi bisognava: investire nel pubblico (più lavoro dà
benessere e diffonde reddito), sussidi di disoccupazione (per dare spinta alla Domanda), tassazione
progressiva (per riequilibrare la ricchezza), bassi tassi d’interesse (per favorire gli investimenti).

Monetarismo
Lo statunitense Friedman, col Monetarismo, sosteneva che l’intervento statale non era risolutivo
per la ricchezza di una Nazione, poiché tardivo e impreciso, e che l’aumento dell’offerta di moneta
provoca l’inflazione (riduzione del potere d’acquisto della moneta). Quindi, uno Stato deve
stampare e mettere in circolo altra moneta solo se c’è realmente una crescita economica del Paese;
ci vuole maggiore occupazione e migliori condizioni di vita della maggior parte dei suoi cittadini.
Da queste ideologie, nacque il concetto liberista di stagflazione, promosso da Friedrich Von Hayek,
quale combinazione di stagnazione del lavoro ed inflazione della moneta che si sono verificati negli
anni ’70. Von Hayek propose di dare fiducia al libero mercato, opponendosi alle politiche
keynesiane indirizzate all’intervento dello Stato (che ha dato sviluppo e benessere generalizzato nel
dopoguerra: boom economico degli anni ’60), egli le riteneva sterili, infruttuose.

Ognuno di questi pensieri e politiche hanno contribuito a generare l’Economia che oggi studiamo e
che è conosciuta come disciplina (considerata da molti come Scienza) che studia il comportamento
umano, attraverso riferimenti matematici ed astratti, passando dall'analisi di fattori, processi e
sviluppi coinvolti (o che concorrono) nella produzione, gestione e consumo di beni economici
limitati, per soddisfare i bisogni degli individui che costituiscono la collettività.

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Si aggiunga che l’Economia dei mercati (ovvero il Marketing, che è un ramo dell’Economia
politica) è basata non solo su nozioni e studi scientifici (matematici, statistici e logici), ma anche sul
Sociologia, Psicologia, Biologia, Tecnologia e sulle scienze di settore (come l’Agronomia).
Proprio per il fatto di basarsi su molti approcci (astratti e sociologici), non si può chiamare a pieno
titolo “Scienza esatta”, anche se in alcuni ambiti lo è, in quanto utilizza anche metodi scientifici.
In questo contesto, beni, bisogni ed utilità rivestono un ruolo cardine nella materia di studio che,
però, è mutata nell’ultimo secolo da Economia classica, cioè quella dell’homo oeconomicus, per la
quale si cerca di ottenere la massima utilità col minimo sacrificio, sino all’affermarsi (già negli anni
’60) del pensiero ecologico, per il quale, l’Economia ha dovuto aprire i suoi orizzonti e farsi carico
di responsabilità inerenti l’ambiente naturale e la società antropica, diventando quella che, dai
primissimi anni del secondo millennio, si può definire Economia sostenibile.
Quando si parla di Sostenibilità, due riferimenti importanti sono la resistenza e la resilienza
dell’ambiente naturale quando viene sottoposto a una determinata azione antropica. In altri termini,
un’azione dell’uomo è sostenibile solo se l’ambiente riesce a mitigarla e non crea danni permanenti
o semipermanenti, proprio perché “ogni componente dell’ambiente è sistemico”.
Il nuovo concetto di sistemicità, nonostante non sia un argomento puramente economico, è ormai
presente, attivo e valido in tutti i settori\ambiti teorici ed operativi, quindi è bene chiarirlo.
Ricordo che “sistemico” è diverso da “sistematico”. Quest’ultimo, è sinonimo di schematizzato,
meccanico e regolare, nonché rigido, poiché si oppone ai cambiamenti anziché modificarsi per
adeguarsi; ciò implica che se il carico supera i limiti di resistenza, si hanno effetti irreversibili.
Sistemico, invece, deriva dal Greco syn-histanai, cioè insieme-porre, riunire parti in comunanza, è
sinonimo di “complesso\articolato” ed è inteso come una entità fisico-funzionale costituita da più
elementi (di varia natura e con delle caratteristiche proprie) interinfluenti ed interinfluenzabili, che
caratterizzano e distinguono il Sistema stesso di cui fanno parte.
Ad esempio, il “Sistema ISISS Cerletti” è costituito dagli elementi alunni, docenti, tecnici,
operatori, funzionari, dirigenti, edifici, laboratori, mobilio ecc., e differisce dal “Sistema ISISS
Sartor” di Castelfranco, nonostante appartengano alla stessa Pubblica Amministrazione (MIUR) e
siano di uguale natura costitutiva.
Un Sistema è un’entità funzionale dinamica, identificabile, interinfluente e mai totalmente isolabile!
Nell’esempio, le due scuole fanno parte della “Rete delle scuole agrarie del Veneto”, quindi indotti
ad interagire e adeguarsi. Inoltre, il “Sistema ISISS Cerletti” di Conegliano è costituito anche
dall’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente di Piavon di Oderzo, per cui, quest’ultimo,
si può considerare quello che viene definito un Sottosistema o Microsistema.
Dall’esempio, spero sia stato compreso che ogni Sistema, benché definibile e distinguibile per una
certa omogeneità o\e caratteristica che lo identifica, non è solo un semplice insieme di elementi e
non è totalmente isolabile nemmeno se si trovasse a svariati km da un altro Sistema; si pensi agli
effetti dell’esplosione delle centrali nucleari (come Cernobyl) su nazioni distanti come l’Italia.
Ogni Sistema o Macrosistema, così come gli elementi che lo costituiscono, può essere:
1. identificabile, per un dato carattere fisico o\e morfologico o\e etico-sociale o\e funzionale;
2. interattivo (influente e influenzabile), poiché funzionale, vivo ed interagente, quindi ogni
azione provoca un cambiamento (anche impercettibile). Si pensi poi che è quasi impossibile
trovare una forma di materia che non si possa modificare (con sollecitazioni di varia natura);
3. generalmente mai isolabile, infatti sono rarissimi i luoghi terrestri del tutto isolati dal resto.

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Lo stesso dicasi per più sistemi che si trovano a stretto contatto, vicini o\e confinanti. Infatti,
quando più sistemi sono intimamente interinfluenti, si possono considerare come “elementi” che, a
loro volta, costituiscono un “sistema di sistemi”, quindi un Macrosistema, cioè quella entità che
viene definita Ecosistema, dal Greco oikos–syn–histanai, cioè casa-insieme-porre, inteso come
elementi posti a vivere e ad interagire nello stesso ambiente o\e alle stesse condizioni.
Con lo stesso ragionamento, poi, si avranno più ecosistemi, che costituiscono il Macrosistema,
definito Ambiente e, più ambienti daranno un Macrosistema detto Paesaggio, così come più
paesaggi formano un Megasistema che in Ecologia è definito Bioma (macroregione o continente) e
più biomi danno luogo alla Ecosfera, corrispondente al nostro globo terrestre. Ovviamente, ognuno
di queste entità, di scala e complessità crescente (Micro-Macro-Megasistema), è rigorosamente
definibile dal punto di vista quanti-qualitativo, identificabile, interinfluente e mai isolabile.
Secondo questa concezione, dunque, quando si parla di sistemico il riferimento diventa olistico (dal
Greco hòlos, tutto intero), cioè di unità funzionale complessa, che guarda a 360° e va oltre la
semplice somma delle singole parti costituenti il sistema in esame. Se un qualsiasi elemento di un
qualsiasi sistema (così come anche un qualsiasi Sistema di un qualsiasi Macrosistema) viene
perturbato dal suo stato di equilibrio dinamico ordinario, la perturbazione si propagherà in modo da
condizionare\indurre al cambiamento dell’equilibrio dinamico ordinario di altri sistemi, prima
quelli vicini (con effetti immediati o\e di maggiore intensità) e, poi, quelli lontani (con effetti
differiti o\e via via di minore intensità).
Nonostante l’impronta sia di tipo astratto (utopico o\e ucronico, cioè senza un riferimento a spazio o\e tempo),
per il fatto di riferirsi alla “gestione della casa”, il significato di Economia assume anche un
carattere pragmatico (pratico), ragion per cui, non mancano relazioni ed applicazioni della teoria a
casi pratici, generalmente riferiti a quella che viene definita Impresa.

Perché è necessario trattare la sistematicità quando, invece, si parlerà di Economia agraria?

Ho voluto fare alcuni brevi richiami di Economia politica ed Ecologia sistemica poiché
l’evoluzione scientifico-tecnologica e l’interazione (sistemica) intersettoriale dell’ultimo millennio
hanno coinvolto e cambiato la “Economia classica”, cioè quella basata sulla concezione dell’homo
oeconomicus, secondo il quale ogni attività economico-finanziaria è finalizzata ad ottenere la
massima utilità con il minimo sacrificio.
Cambiamento, quest’ultimo, che ha reso l’Economia una materia più complessa, ma consapevole,
responsabile e compartecipe nel rispetto per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile, che è, per natura,
sistemico. Difatti, oggi si parla un po’ ovunque di Sostenibilità, proprio ad enfatizzare gli effetti
delle azioni che una qualsiasi entità sistemica può provocare; l’azione o l’elemento inserito\eliso o
modificato è sostenibile se rispetta e non stravolge gli equilibri ordinari di sistemi vicini e lontani.
Da qui, viene facile riferire e capire perché l’Economia attuale è molto complessa e perché ha un
ambito gestionale molto vasto, accludendo nel suo raggio d’azione settori produttivi, politiche
nazionali ed internazionali, scenari sociali, gestione territoriale, natura, etica, cultura ecc.. Quindi,
Economia non è solo Finanza, che invece è interessata alla sola gestione di ricchezze (capitali e
risorse) per il raggiungimento di obiettivi riguardanti un ambito\settore ristretto, non curante del
corretto funzionamento di tutti i processi interessati ed interinfluenti.
Questa concezione diventa ancor più valida quando si parla di Economia agraria (cioè che rivolge
un particolare riguardo al settore agrario), essendo quello agrario un settore Primario che coinvolge
e condiziona diversi ambiti (ecologici, tecnici, legali, etici, socio-culturali, commerciali ecc.).

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Per cui, l’Economia è una disciplina che studia esigenze, interazioni e funzionalità di singoli
elementi e processi sistemici, al fine di individuare soluzioni, strategie e comportamenti
sostenibili.
Si concretizza, dunque, l’adeguamento all’avanzamento tecnologico (meccanizzazione
dell’agricoltura, che darà origine all’Agroindustria), all’evoluzione scientifica ed alla tutela
dell'Ambiente, che impone il rispetto ecologico ed introduce l’Agricoltura biologica e l’Agricoltura
multifunzionale. Quindi, l’Economia non è più solo finalizzata all’ottenimento degli obiettivi del
singolo, ma anche a delineare il corretto\adeguato e flessibile "funzionamento della casa” (cioè il
"sistema-ambiente"), nel rispetto di ogni elemento ecosistemico e degli stakeholders (portatori
d’interesse), in qualsiasi azione (diretta e indiretta) operata dall'uomo e attiva sia nel breve, che nel
medio e lungo periodo.
Quindi, l’Economia è una scienza che studia i modi in cui gli individui gestiscono le limitate
risorse che hanno a disposizione per soddisfare i propri bisogni e per il benessere della
collettività e dell’ambiente.

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~ ~ ~  ELEMENTI DI MICROECONOMIA  ~ ~ ~

Nel corso di Economia che stiamo trattando, ci occuperemo di Microeconomia partendo proprio
dagli elementi fondamentali su cui si basa. L’analisi di fattori e processi economici parte dalla
produzione di beni che soddisfano il bisogno di consumarli per trarne utilità. Quindi, i concetti di
bene, bisogno e utilità sono elementi fondanti dell’Economia ed è necessario darne una citazione.
Utilità. Indica il grado di soddisfazione che un individuo attribuisce (o ne trae dall’utilizzo) ad un
determinato bene o\e servizio. Le proprietà più salienti che la caratterizzano sono la
soggettività1 (poiché cambia da individuo ad individuo), la spazialità (poiché cambia da un
posto\contesto all’altro) e la temporalità (poiché cambia nel tempo\epoca), mentre la sua
realizzazione è legata a delle condizioni, come le aspettative (scopo personale), l’entità
generante (bene\servizio\circostanza che la produce) e l’entità fruente (consumatore o
utilizzatore o figura fisica, giuridica, economica e amministrativa che la percepisce);
Beni economici. Distinti in materiali e immateriali (o servizi), primari e secondari, si definiscono
“economici” poiché hanno un ruolo fondamentale nell’Economia e costituiscono ricchezza
in grado di fornire utilità o\e produrre reddito (o flusso di nuova ricchezza, cioè utilità).
Costituiscono il mezzo con il quale è possibile soddisfare bisogni, quindi, si caratterizzano
dal fatto di essere entità oggettive1, limitati, relativamente accessibili e di fornire utilità;
Bisogni. Esprimono il desiderio di provare sensazioni gradevoli (o di cessare quelle spiacevoli) o\e
disporre di mezzi (beni\servizi\circostanze) che permettano di conseguirle. Caratteristica
sostanziale è la illimitatezza, poiché, alcuni bisogni possono essere soggettivi, altri
generalizzabili od oggettivi, ma di certo “non si finisce mai di desiderare qualcosa”. Mentre,
la loro realizzazione è legata a delle condizioni necessarie, e cioè che ci sia: un desiderio, un
bene idoneo a soddisfarlo e la possibilità economica o circostanza favorevole.

E’ intuibile che beni, bisogni ed utilità siano intimamente interconnessi e, anche se possono essere
molto variabili, spesso sono inseparabili.

Quando si parla di società, il riferimento è ad un’organizzazione in cui tutti i membri conseguono


obiettivi comuni ed ognuno svolge un ruolo per perseguirli: gli individui hanno mansioni diverse
che sono utili alla collettività e al funzionamento del sistema in cui si convive.
Gli agenti-cardine che fanno muovere l’Economia di un Paese svolgono un ruolo specifico ed
operano con una propria identità, per cui vengono definiti soggetti economici e si distinguono in:
 Famiglie (o consumatori), che avvertono i bisogni e domandano i beni per soddisfarli;
 Imprese (o produttori), che producono beni (o forniscono servizi) per soddisfare le richieste
(e quindi i bisogni) dei consumatori;
 Stato, che regola il sistema economico (cercando di equilibrare i rapporti tra famiglie,
imprese ed enti pubblici) al fine di ottenere il benessere della collettività. Allo stesso tempo
però, lo Stato svolge anche il ruolo di consumatore e produttore, poiché acquista i beni
prodotti dalle imprese, assume manodopera e fornisce servizi.

1
I concetti di oggettivo e soggettivo sono usati spesso in Economia ed Estimo. Per Soggettivo s’intende tutto ciò che è
legato o\e tipico di un singolo individuo, quindi, svanisce o perde significato se il soggetto viene a mancare. Oggettivo,
invece, non dipende da un singolo individuo, ma è legato all’oggetto, per cui è universalmente valido. Es. la stima
soggettiva cambia da persona a persona, quella oggettiva, che la faccia uno od un altro, rimane sempre la stessa.

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Per soddisfare i bisogni di singoli o gruppi di individui o della collettività, i beni economici possono
essere scambiati. Lo scambio di beni economici avviene in un luogo (fisico o virtuale) detto
Mercato, e consiste nell’accordo di un prezzo per un determinato bene economico, operata da parte
di un acquirente e un venditore.
Il Mercato (da merce, dal Gr. mer-izô, spartisco) è il luogo (fisico o virtuale) in cui si incontrano la
Domanda e l’Offerta di specifici beni economici. Vi possono essere diverse tipologie di Mercato,
un criterio è quello che si riferisce al territorio su cui insiste (che copre) e cioè:
Mercato Locale (ambito comunale o di quartiere);
Mercato Regionale e Provinciale (ambito o distretto);
Mercato Nazionale (riguarda un intero Paese);
Mercato Internazionale (interessa più paesi);
A parte quello Internazionale, i mercati locali e regionali possono essere non interinfluenti (isolati).
Altra distinzione qualitativa è fatta e in base al settore o\e alla tipologia di bene\servizio che viene
scambiato, ad esempio: M. Ortofrutticolo, M. Azionario, M. Immobiliare, M. Ittico ecc..
Nel Mercato azionario (la Borsa valori) vengono compravendute quote azionarie (parti del valore
di una Società) che permettono all’acquirente di accedere ad una percentuale sul guadagno della
Società stessa. Tuttavia, proprio per la sua astrattezza, nel Mercato azionario il riferimento allo
spazio (il luogo) dove si incontrano acquirente ed offerente perde di importanza; rimane però il
riferimento al Territorio di appartenenza (Borsa di: Milano, Francoforte, Londra, New York ecc.).
Quando lo scambio di beni\servizi avviene con altri beni\servizi si parla di Baratto, se invece
avviene con una valùta (moneta\denaro) si parla di Compravendita.
Ogni Mercato, poi, può avere diversi approcci nello scambio di beni\servizi, in base ai quali si
distinguono vari regimi di Mercato (dal Lat. règere, governare, condurre), tra i quali ricordiamo:
 Regime di Monopolio (dal Gr. mònos-pòlion, solo-vendita; dal verbo poleìn, vendere),
quando nel Mercato ci sono tanti acquirenti ed un solo offerente per quel determinato
bene\servizio. In Italia, ad es., vale per il Tabacco, che può vendere solo lo Stato ed è l’unico
a stabilirne il prezzo. Rapporto 1:molti (1 offerente e molti acquirenti);
 Regime di Monopolio bilaterale, quando nel Mercato c’è un acquirente ed un solo offerente
per quel determinato bene\servizio: es., aziende specializzate che, per contratto, forniscono
materie prime ad un solo cliente. Rapporto 1:1 (1 a 1: 1 offerente e 1 acquirente);
 Regime di Duopolio, quando nel Mercato ci sono tanti acquirenti e solo due offerenti per
quel determinato bene\servizio (in Italia, fino a qualche anno fa, valeva per le reti televisive
RAI e Mediaset, appartenenti rispettivamente allo Stato ed a Fininvest). Rapporto 2:molti;
 Regime di Oligopolio (dal Gr. oligos, poco), quando nel Mercato vi sono un numero limitato
di offerenti (in Italia, vale per la fornitura di energia, come i carburanti per veicoli a motore,
l’elettricità e il gas). Rapporto pochi:molti (5-15 offerenti e molti acquirenti);
 Regime di Libera concorrenza (o concorrenza perfetta), quando nel Mercato di un dato
bene\servizio possono entrare in gioco tanti offerenti, ognuno dei quali propone un prezzo a
sua discrezione, rimanendo però nei limiti fissati dall’Antitrust. Rapporto molti:molti.

Nell’ambito dei processi produttivi, i mercati rappresentano il fulcro sul quale ruota l’Economia
politica, con tutti i meccanismi che spiegano e regolano l’andamento di Domanda del consumatore
(dissipatore di utilità) ed Offerta del venditore (generatore o fornitore di utilità). Obiettivo condiviso
dalle due parti è quello di “trovare un Prezzo di Mercato”, cioè concordare un valore da attribuire
all’unità di un dato bene, per realizzare lo scambio di beni, quindi il flusso di ricchezza\utilità.

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Ricordo che il valore di un bene è funzione dell’utilità che fornisce ad un determinato soggetto (per
il Principio secondo il quale il valore di un bene è proporzionato all’utilità che esso fornisce) e
della sua riproducibilità o reperibilità (quantità disponibile o rarità) nel Mercato (per il Principio
secondo il quale più un bene è facilmente riproducibile o reperibile, più basso sarà il suo valore).
É bene precisare che:
 tutti questi concetti sono teorici e riferiti all’ambito dell’Economia dei mercati;
 le qualità di un bene (a differenza della quantità) ne costituiscono le proprietà (cioè aspetti
descrittivi) caratterizzanti il bene stesso;
 tutto trova origine nel baratto e si concretizza nello scambio di ricchezza (che dà utilità).
Tali concetti hanno anche una semantica (significato) economica, secondo la quale si possono
definire Domanda ed Offerta come segue:
● La Domanda è quell’indice che esprime la disponibilità a pagare (cioè a privarsi di
ricchezza), per avere una precisa quantità di bene\servizio\circostanza che dia utilità. Gli
economisti hanno studiato il comportamento di diversi consumatori osservando la loro
risposta, in termini di quantità acquistata, al variare del prezzo di un bene; ne è risultato
che il consumatore decide una quantità diversa per ogni prezzo propostogli.
Rappresentando il tutto in un sistema di assi cartesiano e unendo i punti di incontro tra le
ordinate (il Prezzo in €) e le ascisse (la quantità in kg, cm, m2, dm3 ecc.) di ogni sua scelta
(combinazione Prezzo↔Quantità), ne viene che ogni consumatore ha una curva personale
che ne identifica e descrive il suo comportamento.

● L’Offerta è quell’indice che esprime la disponibilità a cedere\fornire una quantità di un


determinato bene\servizio\circostanza (e quindi a privarsi di utilità), in cambio di una
determinata somma di denaro (cioè flusso di nuova ricchezza, ovvero il reddito). Anche
qui, gli economisti hanno condotto degli studi sul comportamento dell’offerente, lo hanno
rappresentato in un sistema di assi cartesiano, ottenendo la seguente curva.

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Tuttavia, oltre all’aspetto qualitativo, lo scambio di beni economici è influenzato anche dalla
quantità (disponibilità) di un determinato bene nel Mercato specifico. Nel concreto, questi concetti
si riferiscono alle due rispettive figure di Consumatore ed Offerente, i quali poi, possono avere
diversa sensibilità alle variazioni di quantità o\e utilità o\e ricchezza traibili dal bene\denaro; di
conseguenza, configurano la disponibilità a pagare\cedere più o meno fermamente beni\denaro.
In altre parole, ci sono consumatori che avvertono molto le oscillazioni della quantità disponibile
di un bene sul Mercato ed altri che ne sono indifferenti; così come ci sono anche offerenti che
risentono molto delle oscillazioni della disponibilità a pagare del consumatore per avere il bene ed
altri ne sono indifferenti, perché danno più peso ai costi di produzione o all’unicità del bene.
Da ciò scaturiscono i termini di:
 rigidità, esprime elevata sensibilità alle variazioni delle quantità di bene (utilità) e scarso
attaccamento alle variazioni del fattore denaro (ricchezza circolante). Infatti, anche grandi
variazioni di denaro (prezzo) provocano piccole variazioni della quantità di bene desiderata;
 elasticità, esprime elevata sensibilità alle variazioni del fattore denaro (ricchezza circolante)
e scarso attaccamento alla quantità di bene (utilità). Per cui, anche piccole variazioni di
denaro (prezzo) provocano grandi variazioni della quantità di bene desiderata.

Sulla rigidità e l’elasticità di consumatore ed offerente si distinguono quattro casi:


Domanda elastica, quando anche grandi variazioni della quantità offerta del bene generano
esigue o blande variazioni della disponibilità a pagare (€) per averlo. Ovvero, se il prezzo
(€) del bene varia anche di poco, la quantità domandata varierà di molto, perché il
consumatore desidera fortemente risparmiare e ottenere la massima quantità possibile;
Domanda rigida, quando il consumatore è molto attaccato al bene e bastano piccole
variazioni di quantità per suscitare forti variazioni della disponibilità a pagare (€) per averlo.
Ovvero, anche se il prezzo (€) del bene varia di molto, la quantità domandata varia di poco,
perché il consumatore desidera fortemente rimanere intorno ad una determinata quantità.
Offerta rigida, quando anche grandi variazioni del valore (€) di quel bene, generano esigue
o blande variazioni della disponibilità a cederlo (Quantità offerta). Ovvero, se il prezzo (€)
del bene varia anche di molto, la quantità offerta varierà di poco, perché l’offerente desidera
fortemente cedere una determinata quantità di bene, che varia solo se il prezzo varia molto;
Offerta elastica, quando anche piccole variazioni del valore (€) di quel bene, scaturiscono
cospicue variazioni della disponibilità a cederlo (Quantità offerta). Ovvero, se il prezzo (€)
del bene varia anche di poco, la quantità offerta varierà di molto, perché l’offerente desidera
fortemente guadagnare e lo può fare solo cedendo la massima quantità possibile di bene.

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Ogni curva esprime il comportamento di un consumatore\offerente, che può cambiare da individuo


a individuo (soggettività) e da situazione a situazione (contesto), anche con lo stesso individuo.
Eventuali cambiamenti possono essere rappresentati graficamente con la rotazione2 della curva
(rigida = più inclinata o pendente3; elastica = meno inclinata o tendente all’orizzontale) e con la
traslazione4 della curva. In altri termini, la traslazione di una curva ci dice che sono cambiate le
condizioni economico-finanziarie, cioè ci permette di sapere se e quanto:
 il budget o\e l’utilità fornita dal bene sono cambiate per il consumatore;
 la qualità o\e quantità di bene ed i costi o\e investimenti sono cambiati per l’offerente.
Per formulare il comportamento rigido od elastico di un consumatore o di un offerente si fa
riferimento al Coefficiente di elasticità (Ce), che mette in rapporto la Variazione relativa della
quantità (∆Q) e la Variazione relativa del prezzo (∆P) del bene in esame.
𝜕𝑄 𝑄𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 −𝑄𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 𝜕𝑃 𝑃𝑓𝑖𝑛𝑖𝑎𝑙𝑒 −𝑃𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒
∆𝑄 = = ∆𝑃 = =
𝑄𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑄𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑃𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑃𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒

In entrambi i casi, il risultato è un numero puro, per cui si esprime in %. Quindi, il Ce sarà dato da:
𝑄𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 − 𝑄𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒
∆𝑄 𝑄𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑄𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 − 𝑄𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑃𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝜕𝑄 − 𝑃𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒
𝐶𝑒 = = = ∗ =
∆𝑃 𝑃𝑓𝑖𝑛𝑖𝑎𝑙𝑒 − 𝑃 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑄𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑃𝑓𝑖𝑛𝑖𝑎𝑙𝑒 − 𝑃𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑄𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 − 𝜕𝑃
𝑃𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒
Se il Ce ha un valore pari ad 1 (ovvero ∆Q = ∆P), vuol dire che Quantità e Prezzo si bilanciano,
invece se inferiore ad 1, allora Q varia poco rispetto a P, quindi il consumatore è irrigidito (fissato,
fermo, bloccato) su una determinata quantità, anche se vi sono grandi variazioni di prezzo; mentre,
se il Ce ha un valore maggiore di 1, la domanda è elastica poiché il consumatore varia di molto le
sue scelte quantitative, anche con piccole variazioni del prezzo del bene.
Se, in un Mercato con regime di concorrenza perfetta e per una ben precisa quantità di bene, la
disponibilità a pagare (€) del consumatore coincide con la disponibilità a cedere dell’offerente,
nel grafico, le curve di Domanda ed Offerta si intersecano in un punto preciso, cioè il punto di
equilibrio tra Domanda ed Offerta. Matematicamente, è la somma di denaro necessaria per la
compravendita di una quantità di bene (somma € / quantità di bene) e, dal rapporto, deriva il Prezzo
di equilibrio, ossia la quantità di denaro necessario per l’acquisto dell’unità di un determinato bene.

Prezzo  X€ / 1kg ; X€ / 1m ecc.


2
La rotazione di una linea (in questo caso curva) o una figura o un solido vuol dire cambiare le coordinate di tutti i punti che
costruiscono tale linea o figura o solido, tranne quelle del punto (o asse) di rotazione; il verso di rotazione, poi, determinerà
una inclinazione più o meno accentuata della linea o figura o solido, rispetto a prima d’essere rotato.
3
La pendenza di una curva si esprime in %, poiché indica di quanti cm si alza in verticale per ogni 100cm percorsi in
orizzontale (30% indica 30m in verticale ogni 100m percorsi in orizzontale) e si prende la tangente* media (che segna il trend,
cioè l’andamento) dei punti della curva più rappresentativa, costruita sulle tangenti dei singoli punti di Domanda.
*
Una tangente è una retta che ha in comune un punto di una circonferenza e passa perpendicolarmente al suo raggio.
4
Traslare una linea (in questo caso curva) o una figura o un solido vuol dire cambiare le coordinate di tutti i punti che
costruiscono tale linea o figura o solido; ovviamente, la traslazione può avvenire in verticale o\e in orizzontale.

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Dunque, consumatore (Domanda) ed offerente (Offerta), costituiscono i poli opposti in cui, da una
parte si crea o si trasforma nuova utilità, mentre, dall’altra parte, viene dissipata\ridotta o distrutta.
Se è vero che, come ho già detto, i beni producono utilità e sono limitati, che i bisogni vengono
appagati traendo utilità e sono illimitati, è anche vero che può succedere di sentirsi soddisfatti.
A questo punto, per la parte che consuma (che genera la Domanda), possono sorgere dei dubbi:
 Quanto bene (utilità) occorre per soddisfare in modo conveniente un mio bisogno?
 Fino a che punto mi devo spingere nel consumo di un bene per ottenere la massima utilità?

Invece, la parte che offre (che genera l’Offerta), potrebbe chiedersi:


 Quanto bisogna lavorare (o\e impiegare capitali) per rendere massimi i proventi?
 Fino a che punto spingersi nella produzione di un bene?

Oppure, in entrambi i casi (sia nel consumo che nella produzione), potrebbero chiedersi:
 Quando devo dire “Basta, conviene fermarmi adesso!”?

Intanto, offerta e consumo, anche se interessati allo stesso ambito (beni\servizi), non si devono
confondere poiché, nel “sistema bisogniutilità”, tendono verso direzioni opposte; difatti, il primo
crea\fornisce e il secondo distrugge\consuma utilità (che è fornita dalla ricchezza).
Si pensi ad un consumatore che acquista del pane (bene), nel consumarlo, egli trae inizialmente
massima utilità e, via via che ne mangia un boccone dietro l’altro, la sensazione di fame gli si andrà
sempre più placando, fino al punto in cui non sentirà più il bisogno di mangiarne ancora. A quel
punto, se mangiasse ancora un altro boccone di pane trarrebbe poca utilità, anzi, potrebbe anche
fargli male la pancia (per eccessivo uso del bene), cioè trarne disutilità, detta anche utilità negativa.
Ad ogni modo, anche se non gli dà disutilità (cioè lo mangiasse senza avere mal di pancia), lo stesso
ultimo boccone di pane gli darebbe utilità zero (perché è già apposto, è già sazio). Se invece lo
conservasse per un altro pasto (cena), gli darebbe il massimo di utilità poiché il primo boccone.
Dagli studi economici è emerso che, in realtà, non conviene aspettare di sentirsi sazi (massimo utile
percepito), ma converrebbe di più fermarsi ancor prima di “quel massimo possibile” nell’uso di
beni, cosa che invece ci farebbe sentire appagati. Tale affermazione trova riscontro nel pensiero
marginalista e può essere spiegato anche con l’esempio fisiologico appena riportato su i bocconi di
pane. Difatti, quando si avverte la sensazione di sazietà, in realtà, il nostro corpo ci sta avvertendo
che siamo già oltre il limite fisiologico di nutrimento; motivo per il quale, i medici consigliano di
alzarci da tavola ancora con quel “pizzico di voglia di mangiare ancora”.
Dunque, sospendere l’uso del bene al momento giusto, vuol dire fermarsi quando siamo
“fisiologicamente apposto”, cioè quando ci troviamo al margine della sazietà (da cui Marginalità).
Ciò permette si risparmiare, per esempio, gli ultimi tre bocconi di pane del pasto che darebbero
“utilità 5”, per consumarli all’inizio del prossimo pasto traendone “utilità 10” e, ai pasti successivi,
risparmiarne altri tre per pasto, ottenendo altri bocconi di pane in più che contribuiscono a creare un
nuovo pasto intero (risparmio) e cosi via.
Quindi, se il consumatore riuscisse ad individuare esattamente “quel punto marginale” (che è giusto
prima del massimo a cui potrebbe spingersi) ed a fermarsi, cioè evitare di utilizzare ancora altra
risorsa (beni economici), si comporterebbe come un perfetto homo oeconomicus, traendo la
massima utilità anche dalle ultime dosi di bene consumato o servizio fruito.
Quindi, definiamo utilità marginale del consumatore l’utilità massima che egli può trarre da quella
ultima “dose” di bene che consuma o utilizza, rispetto ai propri bisogni e al contesto vissuto.

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Nell’esempio di questo grafico, al consumatore converrà fermarsi alla 3a dose di bene impiegato (o
a a a
comunque non oltre la 4a dose), poiché già alla 4 o 5 dose otterrebbe una utilità esigua; alla 6 dose, poi,
non trarrebbe alcuna utilità e dalla 7a dose in poi trarrebbe addirittura disutilità.
Difatti, se il consumatore reimpiegasse la 4a o\e la 5a dose in un altro ciclo (il pasto successivo),
esse probabilmente gli darebbero la stessa utilità della 1a e 2a dose, cioè circa il doppio di utilità.
In altre parole, il principio dell’Utilità marginale (o Marginalità nel consumo) ci dice che, per trarre
la massima utilità da un bene\servizio bisogna far riferimento alla massima utilità trai bilie da ogni
singola e successiva dose di bene\serizio. Il punto marginale sarà dato dall’ultima dose di bene che
fornisce una utilità media più alta delle dosi a questa precedente e successiva.

Nella figura alla tua destra abbiamo il confronto tra le due curve che raffigurano l’andamento della
Utilità totale (U), estrapolata dagli studi dell’Economia classica di Smith, e l’Utilità marginale
(UM), frutto degli studi dell’Economia neoclassica di Marshall. Infatti, secondo Smith,
all’aumentare delle dosi di bene l’utilità ricavata cresce fino ad un massimo, dato dalla sommatoria
delle utilità tratte dalle singole dosi di bene (vedi curva Utot). Di contro, Marshall puntualizza che
l’utilità tratta dalle singole dosi di bene è decrescente man mano che si susseguono le dosi di bene
consumato (vedi curva UM).

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Allo stesso modo, poi, possiamo trattare la produzione\fornitura di nuova utilità (cioè il caso delle
aziende produttrici), dove però si parlerà di impiego di dosi successive dei fattori della produzione,
fino ad individuare quella ultima dose che darà al produttore il massimo profitto con i minimi costi.
Se sono chiari questi concetti, possiamo passare ad enunciare la cosiddetta Legge della produttività
marginale decrescente, secondo la quale, “quantità addizionali di uno dei fattori di produzione,
danno luogo ad incrementi sempre più piccoli del prodotto se l’impiego degli altri fattori è
costante”. In altri termini, se l’Imprenditore di una azienda produttrice di mele decidesse di
aumentare la quantità di fertilizzante da 100kg/ha (punto 2) a 120 kg/ha (punto 3 nella curva che
segue), andrebbe ad incrementare i costi (linea rossa), ma non avrebbe lo stesso incremento in
termini di profitto (curva tratteggiata) che, a un certo punto, rimarrà quasi parallela (non
incrementa) a quella dei costi. Se continuasse a mettere fertilizzante, i costi supererebbero i profitti.

Secondo questa legge ed in riferimento a questo grafico, converrà impiegare n° 2 unità di fattore
(punto di marginalità produttiva) e non n°3 (punto di massima produzione), poiché la convenienza
(profitto) è data dalla massima (ma sostenibile) differenza tra prodotti e costi di produzione.
Questa concezione, meramente economica, costituisce la “linea guida” di ogni imprenditore che
punti esclusivamente a massimizzare i propri profitti e ad ampliare la propria azienda, per arrivare a
realizzare la cosiddetta Economia di scala.
Per Economia di scala s’intende la gestione economica di aziende di grandi dimensioni,
caratterizzate da processi produttivi che hanno una struttura tale da permettere l’abbattimento dei
costi di produzione. Ciò avviene attraverso l’incremento (n°) o\e l’ampliamento (m2, CV, kW ecc.)
dei fattori della produzione (come macchinari, mezzi, superficie coltivabile, fabbricati ecc.) poiché,
così facendo, i costi vengono destinati o\e distribuiti ad un maggior numero prodotti (maggiori
produzioni dovute all’ampliamento dell’azienda), che avranno un minor costo medio unitario di
produzione rispetto alle aziende medio-piccole che, per questo motivo, si troveranno svantaggiate.
Quella che ho illustrato, però, è l’Economia politica classica, cioè “tradizionale”, che si studiava un
secolo fa e che l’uomo ha operato da sempre, ma, come diceva un docente dell’Università di
Firenze, “il Tempo è mutevole” e, con il “Tempo” son cambiati (e cambiano) anche usi, costumi e
consuetudini. Non si dimentichi, poi, l’industrializzazione degli anni ’50, che ha portato nuovi ritmi
produttivi e nuove esigenze, condizionando tutti i settori, soprattutto l’Agricoltura (con nuovi sesti
d’impianto, trattamenti, strumenti ecc.), così come l’innovazione scientifico-tecnologica (con nuove
tecniche, cultivar, cure, produzioni ecc.).

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~ ~ ~  ELEMENTI DI ECONOMIA AZIENDALE  ~ ~ ~


Come anticipato, l’Economia aziendale è una parte della materia di studio Economia politica, la
quale, come abbiamo visto, si può dividere in due parti, la Microeconomia e la Macroeconomia.
In questa parte, noi ci occuperemo della singola entità microeconomica, la più elementare, unitaria,
funzionale, operativa ed interattiva che c’è in ambito economico: l’Impresa.

DESCRIZIONE DELL’IMPRESA
Intanto, iniziamo a descrivere l’Impresa come una entità giuridico-economica soggettiva1 costituita
dai fattori della produzione, ossia da organizzazione, capitali e lavoro.
Si possono distinguere due tipologie di imprese: I. individuali, in cui il titolare è un’unica persona e
si chiama Imprenditore, e I. collettive, in cui non c’è un solo titolare, ma più soci, da cui Società.
Per ora parleremo delle I. individuali, il cui fattore organizzazione è onorato dall’Imprenditore
che, secondo l’art. 2082 del Cod. Civile, è chi esercita professionalmente una attività economica
organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. In realtà però,
l’imprenditore assolve ad almeno 4 funzioni, ovvero, l’imprenditore è al tempo stesso:
 Rappresentante giuridico dell’Impresa;
 Responsabile dei rischi giuridici ed economico-finanziari implicati;
 Gravato dall’onere dell’ordinamento di tutti i fattori della produzione;
 Garante dell’esplicabilità del normale esercizio dei fattori della produzione (o
regolare svolgimento dei processi produttivi), con le figure/risorse coinvolte.
Proprio per questi aspetti e per aver adempito alle mansioni di sua pertinenza, ossia per aver svolto
appieno il ruolo di “Rappresentante, Responsabile, Gravato da oneri e Garante”, all’imprenditore
spetta un compenso che viene definito profitto o Tornaconto; i rimanenti due fattori, ossia i capitali
ed il lavoro, costituiscono l’Azienda (che tratteremo dopo).
Quando l’Imprenditore adempie alle sole funzioni che competono al ruolo da lui ricoperto, ossia
quando è solo “Rappresentate-Responsabile-Gravato-Garante”, allora è definito Imprenditore puro
e costituisce (od ha titolo di) persona giuridica (a differenza della posizione sociale, che viene
attribuita a persone fisiche, come il Sig. o la Sig.ra).
Ma nel concreto, cioè nella realtà italiana, questo tipo di imprenditore è poco rappresentativo.
Difatti, è di gran lunga più frequente l’Imprenditore che svolge anche altre mansioni (anche se non
dichiarate\regolarizzate o considerate esigue o di poco conto) all’interno della sua Impresa, quindi,
nel momento in cui si prodiga ad esercitare (operare\corroborare) anche uno solo degli altri fattori
produttivi (cosa che avviene con più frequenza nella realtà), viene definito Imprenditore concreto.
Quando si parla di Impresa individuale, c’è sempre un imprenditore titolare che la rappresenta, ma
in una singola impresa ci possono essere una o più aziende operanti nello stesso o\e in diversi
comparti produttivi; per cui, se si parla d’Imprenditore, ci si riferisce all’impresa di cui è titolare.
Il nostro ordinamento, in base all’attività che viene svolta, distingue i seguenti due differenti tipi di:
 Imprenditore commerciale: deve essere inserito nel Registro delle imprese alla Camera di
commercio, mantenere i registri fiscali ed i documenti contabili per almeno 10 anni e può
operare attività come: trasformazione industriale, trasporto, commercio, servizi ecc.;
 Imprenditore agricolo: deve essere iscritto all’INPS, mantenere registri e documenti solo se
versano l’IVA al fisco, essere iscritta al Registro delle imprese solo se non è Coltivatore
diretto ed opera attività come: coltivazione agricola della terra, selvicoltura nei boschi,
allevamento di animali e attività miste (od connesse alle precedenti).

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Di imprese ve ne sono di diverse tipologie e sono nomenclate in base alla loro forma di conduzione.
Il primo criterio di classificazione impiegato in Economia aziendale fa riferimento alla proprietà
dei capitali costituenti l’azienda, ossia, quando l’Imprenditore, oltre ad onorare le mansioni spettanti
allo Imprenditore puro, è anche proprietario dei capitali (terra, fabbricati, macchine ecc.), in questo
caso, verrà definita Impresa capitalistica (o Impresa parzialmente capitalistica).
Mentre, se l’imprenditore non è proprietario dei capitali, si parlerà di Impresa non capitalistica,
detta anche Impresa in affittanza (o Impresa parzialmente in affittanza).
Sia nell’Impresa capitalistica che in quella in affittanza, l’Imprenditore si avvale di lavoratori
aziendali subordinati (ingaggiati: assunti a t. indeterminato) o esterni (avventizi: a t. determinato).

Il secondo criterio si riferisce all’altro fattore aziendale, cioè il lavoro, poiché, come si è detto, è
parte costituente dell’azienda, ma può essere apportato (anche in parte) dall’Imprenditore concreto.
Per cui, alle imprese capitalistica ed in affittanza si andranno ad aggiungere anche i due casi di
Impresa capitalistica conduttrice (che nel caso agrario diventa I. capitalistica coltivatrice) e di
Impresa conduttrice in affittanza (nel caso agrario diventa I. coltivatrice in affittanza); in entrambi
i casi, l’Imprenditore apporta all’azienda lavoro (intellettuale o\e manuale) proprio o\e famigliare.

Ma la distinzione delle imprese più immediata, fatta sempre in base al fattore lavoro, si riferisce alle
dimensioni aziendali, per le quali, si usa distinguerle in: piccole, medie e grandi imprese.
Secondo l’art. 2083 del Codice Civile, sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli
artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata
prevalentemente con il lavoro proprio o dei componenti della famiglia.
Nello specifico, si dicono piccole le imprese con aziende costituite da fattori della produzione in
quantità e qualità tali da garantire occupazione lavorativa e sostentamento economico ad una
famiglia; a tal riguardo, spesso in campo rurale si fa riferimento alla muc (minima unità colturale).
La muc è la superficie minima (un terreno con una coltura di media produttività) e indispensabile
per il sostentamento di una famiglia media, in un dato luogo.
Per l’elevata variabilità del nostro Paese, la muc è difficilmente quantificabile in modo univoco e a
livello nazionale, poiché varia in base a: produttività specifica della coltura, fertilità del terreno,
caratteristica della zona climatica, del mercato locale, dalla commerciabilità dei singoli prodotti, dai
servizi, dal carovita della zona, nonché da numero ed età dei componenti medi dei nuclei familiari.
Per la difficoltà a quantificare una muc, in generale, un’impresa viene definita piccola quando
l’azienda fornisce lavoro per un massimo di n°2 ULU (Unità Lavorative Uomo: ogni ULU
corrisponde a n°8 ore\giorno di un lavoratore). Quindi, per essere classificata come piccola
impresa, essa non dovrà superare n°16 ore lavorative al giorno, per un totale di 3600 ore all’anno,
svolte in n°225 giorni lavorativi (ne rimangono n°135 gg, di cui: 32gg+4gg feriali e 99gg festivi).
La legislazione italiana (art.2083 C.C.; L. 9/1963; L. 203/1982), anche per riservare agevolazioni
fiscali, distingue una classe di piccole imprese definite Impresa a conduzione famigliare, in cui
l’imprenditore è identificato come Coltivatore diretto ed apporta almeno 1/3 del lavoro necessario
alla conduzione dell’azienda, personalmente o\e con l’aiuto dei suoi familiari. Per godere dei diritti
previdenziali e assistenziali5, l’impresa deve essere registrata come tale all’INPS (Istituto Nazionale
per la Previdenza Sociale), con un impiego di almeno n°104 giornate di lavoro annue svolte da uno
o più persone della famiglia; anche usufruendo dell’aiuto (e non sfruttamento) di giovani e anziani.
5
Tramite istituti e organismi autorizzati, lo Stato assicura ai cittadini la possibilità di far fronte a particolari situazioni di
necessità come: infortunio, malattia, invalidità, disoccupazione involontaria per interruzione o cassa integrazione ecc..
Per i lavoratori è un diritto avere una tutela in tal senso e, per il datore di lavoro, è un obbligo garantirla al lavoratore.

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APPUNTI DEL DOCENTE prof. Pasquale Tutino - per la disciplina ECONOMIA

Tra i diritti previdenziali ed assistenziali che spettano al coltivatore diretto, vi sono: agevolazioni
fiscali (esenzione versamento Tributi: IVA, IMU ed acquisto terreni), crediti\prestiti agevolati,
indennità di esproprio maggiorata, contratti a condizioni favorevoli e la prelazione agraria6.
Se l’Impresa rimane sempre entro le n°2ULU, ma non raggiunge i valori suddetti (cioè 1/3 del
lavoro necessario o\e le n°104 gg/anno, anche con l’aiuto dei familiari), viene classificato come
Coltivatore a tempo parziale e non usufruisce delle agevolazioni fiscali e della prelazione agraria.
Quando però, rientrando sempre nelle n°2ULU/anno, l’Imprenditore trae guadagni extra-aziendali,
ma il lavoro da lui apportato in azienda (ed il ricavo ottenuto) è pari o superiore ai 2/3 di tutte le sue
attività lavorative (extra-aziendali incluse) verrà definita Impresa condotta a titolo principale.
Ciò vuol dire che l’Imprenditore a titolo principale potrà svolgere al massimo 1/3 del suo lavoro (e
ottenere massimo 1/3 dei ricavi) in attività che non hanno nulla a che fare con la sua piccola
impresa. Questo limite è ampliato dalla legge ad 1/2 per le zone agricole montane e svantaggiate7.
L’Imprenditore a titolo principale deve registrare la sua impresa all’INPS, anche perché usufruisce
di sussidi previdenziali\assistenziali per l’attuazione di un Piano di miglioramento aziendale.
Se, invece, l’impresa non supera le n°2ULU, ma non rientra tra le tre tipologie di piccola impresa
appena citate, viene definita comunque piccola impresa di settore e, per il settore agrario, il titolare
è detto Imprenditore agricolo professionale. Egli, però, deve avere conoscenze e competenze
professionali8 nell’ambito dell’attività aziendale ed apportare almeno il 50% di lavoro necessario e
ricavare almeno il 50% del suo reddito complessivo; ridotto al 25% per zone agricole montane e
svantaggiate. L’Imprenditore agricolo professionale non usufruisce delle agevolazioni fiscali del
coltivatore diretto, né di sussidi spettanti all’Impresa agricola a titolo principale per miglioramenti.

Quando un’impresa supera il numero di 2ULU, si parla di medie o grandi imprese. In questo caso,
l’Imprenditore si avvale del lavoro di altre persone dipendenti (salariati o\e stipendiati) o esterni
all’azienda e il numero di Unità Lavorativa Uomo è compreso, rispettivamente, tra n°3 e n°6 ULU
per la media impresa e maggiori a n°6 ULU per la grande impresa.

Tuttavia, il 6 maggio 2003, la Commissione Europea ha modificato i criteri ed i parametri utilizzati


per definire la dimensione delle piccole e medie imprese (P.M.I.), attraverso la Raccomandazione
2003/361/CE, che ha sostituito la precedente Raccomandazione 96/280/CE.
Successivamente, con l'articolo 2 del Regolamento CE n. 364/2004 del 25 febbraio 2004, in tema di
aiuti di Stato a favore delle imprese, la nuova definizione dimensionale di impresa viene applicata
in tutti gli Stati membri e a partire dal 1° gennaio 2005, pertanto le nuove definizioni si applicano
con attinenza alle domande di agevolazione presentate a partire dal 1° gennaio 2005.
Quindi l’allora Ministero delle attività produttive ha attuato un decreto che recepisce la nuova
disciplina europea, fornendo alle imprese i necessari chiarimenti in ordine alle modalità applicative
delle nuove disposizioni comunitarie, anche (o soprattutto) per usufruire dei contributi.

6
La prelazione agraria è un diritto spettante al coltivatore diretto in caso di affitto (o compravendita) di terreni agricoli:
precedenza nell’affitto (acquisto) che ha il coltivatore diretto già in affitto (confinante) su un terreno allo stesso prezzo.
7
Secondo l’art. 18 del Reg. CE 1999/1257, sono zone montane quelle caratterizzate da avversità climatiche o\e da
limitazioni alla meccanizzazione o\e dal maggior costo del lavoro, mentre le zone svantaggiate sono quelle poco fertili o
poco produttive o poco idonee alla coltivazione o\e minacciate dallo spopolamento demografico.
8
I requisiti richiesti per la Qualifica di Imprenditore agricolo professionale possono essere uno tra i seguenti: titolo di
studio attinente all’ambito d’esercizio (nel nostro caso agricola); frequenza di corsi di formazione complementari
riconosciuti; esercizio dell’attività (ne nostro caso agricola) per almeno tre anni.

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APPUNTI DEL DOCENTE prof. Pasquale Tutino - per la disciplina ECONOMIA

Il Decreto ministeriale riprende le indicazioni fornite dalla Commissione europea, adeguando la


normativa nazionale alle novità riportate nella Raccomandazione 2003/361/CE; che non distingue
parametri economici per dimensionare aziende di vari settori produttivi e finalizza la
determinazione della dimensione aziendale alla concessione di aiuti alle attività produttive.
Le categorie delle piccole e medie imprese definiti nella Raccomandazione e recepiti nello schema
di decreto del Ministero delle Attività Produttive sono le seguenti:

 microimpresa, impresa di piccole dimensioni economiche, che ha le seguenti caratteristiche:


a) meno di 10 occupati9;
b) un fatturato annuo10, oppure un totale di bilancio annuo11, non superiore a
2000000 € (due milioni di euro);

 piccola impresa, impresa di dimensioni economiche intermedie, che presenta:


a) meno di 50 occupati9;
b) un fatturato annuo10, oppure un totale di bilancio annuo11, non superiore a
10000000 € (dieci milioni di euro);

 media impresa, impresa di dimensioni economiche intermedie, che presenta:


a) meno di 250 occupati9;
b) un fatturato annuo10 non superiore a 50000000 € (cinquanta milioni di €),
oppure un totale bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.

Nelle tre tipologie i due requisiti a) e b) sono cumulativi, nel senso che entrambi devono sussistere.
Aldilà di quanto precisato dalla Raccomandazione europea e dal decreto ministeriale, le imprese
possono essere identificabili, in base alla loro indipendenza, come:

 imprese autonome, svolgono il proprio ciclo produttivo senza l’apporto di lavoro, capitali e
sottoprodotti di altre imprese;
 imprese associate, sono similari tra loro ed operano insieme e con la stessa denominazione
per la realizzazione di prodotti o\e la fornitura di servizi;
 imprese collegate, sono legate da complementarietà (funzionalità reciproca) o
strumentalità (l’una opera grazie all’altra), dando vita a complessi
economici (gruppi o trust) volti a rafforzare l’efficienza produttiva.

L'appartenenza di una impresa all'una o all'altra di queste tipologie è definita dall'esistenza o meno
di peculiari rapporti/relazioni/influenze tra imprese, riscontrabili attraverso precise ipotesi e atte a
meglio definirne la sua complessiva collocazione dimensionale.

9
Per occupati si intendono i dipendenti delle imprese a tempo determinato ed a tempo indeterminato iscritti nel Libro
matricola dell'impresa e legati all’impresa da forme contrattuali che prevedono il vincolo di dipendenza lavorativa, con
eccezione dei posti in cassa integrazione straordinaria. Il loro numero corrisponde al numero di ULA (Unità Lavorative
Anno), quindi, al numero medio mensile di dipendenti occupati a tempo pieno durante un anno; quindi i lavoratori a
tempo parziale e quelli stagionali costituiscono frazioni di ULA. Per determinare le ULA si fa riferimento all'ultimo
anno di esercizio contabile chiuso e approvato prima della data di presentazione della domanda di agevolazione.
10
Corrispondente alla voce A.1 del conto economico redatto secondo la vigente norma del Codice Civile.
11
Corrispondente al totale dell'attivo patrimoniale.

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DESCRIZIONE DELL’AZIENDA
Tornando alla costituzione dell’Impresa, al suo interno abbiamo distinto i fattori della produzione
nell’organizzazione (onorata dall’Imprenditore), i capitali ed il lavoro.
I due fattori della produzione capitali e lavoro vanno a costituire la cosiddetta Azienda, che è stata
definita dall’economista Arrigo Serpieri come la combinazione elementare dei fattori della
produzione. In altre parole, l’Azienda è l’unità produttiva in cui sono razionalmente combinati
dall’Imprenditore gli elementi che compongono i fattori necessari per produrre beni\fornire servizi.
Capitali e lavoro costituiscono l’Azienda, cioè una entità economico-produttiva oggettiva1.
Dal punto di vista organizzativo, l’azienda è una unità produttiva, in cui, i fattori della produzione
che la costituiscono sono combinati in modo da renderla autopoietica, cioè in modo che si perpetui
(si rigenera) autonomamente, garantendo così lo svolgimento del ciclo produttivo.
Mentre, dal punto di vista funzionale, l’azienda è una unità economica che permette di mantenere in
esercizio i capitali ed il lavoro, sostenendo i costi di produzione, nonché, fornire anche un profitto
all’Imprenditore, che si chiama Tornaconto ( T ).
Come già anticipato, ogni impresa individuale ha un imprenditore che organizza i fattori della
produzione, ma può avere più aziende che afferiscono a settori o comparti o segmenti differenti.
Di aziende, ce ne sono di tipologie differenti, distinte soprattutto in base al reddito e al settore o
ambito di attività. Quindi bisogna scegliere il settore e poi cercare di identificare e studiare la
struttura di una azienda. Stringendo l’obbiettivo sul settore che ci interessa, possiamo dire che anche
quella agraria è una Azienda, per cui, anch’essa è costituita da:
 capitali (Capitale fondiario e Capitale d’esercizio);
 risorse (r. umane, contributi, contoterzi, relazioni con privati ed enti pubblici, contesto ecc.);
 attività (funzioni, ruoli, pianificazione, processi o cicli propri dell’azienda).

Breve richiamo alla sistemicità


Tali fattori della produzione vengono organizzati\combinati da una figura giuridica soggettiva
(l’Imprenditore), al fine di produrre nuova\altra utilità (in termini di nuovi beni o\e servizi), rispondere alle
aspettative dell’imprenditore, alle esigenze della collettività e adeguarsi alle normative di legge,
all’andamento dei mercati e alle tendenze di sviluppo economico e tecnologico.

 I CAPITALI
In Economia, per capitale (dal Lat. caput-pits, capo, fondamentale, essenziale) s’intende quel bene o
insieme di beni destinati a impieghi produttivi per ottenere nuovi prodotti.
Per realizzare un ciclo produttivo, l’azienda si avvale anche di capitali, che si distinguono per
natura, caratteristiche tecnico-economiche e funzionalità.
In base alla natura, si possono distinguere i capitali fissi, come gli immobili, dai capitali circolanti,
come il denaro. Invece, funzionale è il capitale d’esercizio, come i macchinari e gli attrezzi.
In definitiva, i capitali sono beni economici necessari per esercitare le attività produttive aziendali,
per cui, si possono distinguere i capitali:
 a consumo, utilizzabili (o danno utilità) una sola volta;
 a fecondità semplice o limitata, forniscono utilità per un numero limitato di volte (poche);
 a fecondità ripetuta, utilizzabili per più cicli produttivi, ma non oltre i 75 anni;
 a fecondità illimitata, forniscono utilità per un numero di anni che supera gli anni di vita
medio-massima di un uomo (cioè 80-100 anni), fino all’infinito.
Dal punto di vista tecnico-economico, i capitali vengono distinti in tue tipologie: Capitale fondiario
e Capitale di esercizio.
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Il Capitale fondiario è a fecondità illimitata ed è costituito dalla terra nuda e dagli eventuali
capitali in essa stabilmente investiti. Nel settore agrario si parla di “fondi rustici”, cioè i terreni
coltivati/coltivabili, con le loro pertinenze12 ed i fabbricati ad uso agricolo, forestale e zootecnico.
Un esempio di capitale fondiario può essere un terreno coltivabile, su cui è stato costruito un
ricovero attrezzi (o una stalla) e realizzato un impianto irriguo fisso; ebbene, la terra, il ricovero
attrezzi e l’impianto irriguo compongono un unico Capitale fondiario.
Quindi, per descrivere il Capitale fondiario bisogna riportare tutte le caratteristiche della terra nuda
e dei capitali in essa fissati, cioè bisogna riportare nel dettaglio:
 ubicazione: latitudine, longitudine, riferimenti catastali, Provincia, Comune, via,
strutture vicine e immobili confinanti;
 caratteristiche edafiche: superficie, pendenza, esposizione, tessitura, fertilità ecc.;
 clima: piovosità, temperature medie, vento, intensità luminosa ecc.;
 miglioramenti fondiari: fabbricati, strade, impianti, opere e sistemazioni
idrauliche, piantagioni ecc..

Ogni Capitale fondiario fornisce al suo proprietario un compenso, senza che egli abbia esercitato
attività o si sia prodigato in un lavoro, ma solo per il fatto di esserne proprietario (senza che abbia
mosso un dito); proprio per questo, il suo compenso viene definito rendita.
La rendita è tipica dei beni immobili ma, nel caso di fabbricati corrisponde alla rendita catastale
(RC: che coincide con il canone di affitto), invece, per i fondi rustici (terra nuda ed eventuali
capitali in essa stabilmente investiti) si identifica col Beneficio fondiario (Bf ).
Dunque, il Beneficio fondiario è il compenso annuo spettante al proprietario di un bene che dà
utilità perpetuamente e illimitatamente, esso è costituito dalla Rendita di parte padronale “Rpp”
(fornita dal Canone di affitto “Ca” e dagli interessi “ICa” da esso generati) alla quale, però, vanno
detratte le Spese di parte padronale “Spp”, come i Tributi (IMu, TaSI, che non si paga per i terreni
agricoli e incolti), nonché Quote varie sull’immobile (di reintegrazione, di ammortamento, di
assicurazione, di manutenzione). In definitiva, il Beneficio fondiario si può calcolare come segue:
Bf = Rpp - Spp = (Ca + ICa) – ( Tr + Qv)

Il Capitale di esercizio (o agrario) è l’insieme dei beni materiali con cui si svolgono le attività
produttive necessarie per produrre beni o\e fornire servizi; esso viene distinto in capitali di scorta e
capitale circolante.
I capitali di scorta sono a fecondità ripetuta e si distinguono in scorte vive e scorte morte.
Le scorte vive sono tutti quei beni fatti di materia vivente e, soprattutto, in grado di riprodursi, come
il bestiame (bòvidi, sùidi, ovi-caprìni, avìcoli ecc.) e le propaggini vegetali (talee, barbatelle ecc.).
Solitamente, le scorte vive vengono costituite con l’acquisto di un nucleo iniziale che, col passare
del tempo, invecchia e viene sostituita\rimpiazzata con altri acquisti che vanno a costituire la
Rimonta esterna; la spesa per l’acquisto di altri animali sostitutivi è periodica, percentuale e detta
Quota di rimonta. Invece si parla di Rimonta interna quando si hanno femmine in grado di
riprodursi (fattrici) e il materiale per l’inseminazione, che può essere artificiale, quando il seme che
viene acquistato, oppure naturale, effettuata tramite i maschi (stalloni) dell’azienda stessa.

12
Le pertinenze di un bene immobile sono tutto ciò che è legato all’immobile stesso e fa aumentare l’utilità che il fondo
stesso è in grado di dare: piazzali, strade, parcheggi, slarghi ecc..

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Per quantificare le scorte vive si usano dei parametri speciali come:


 UBA, ovvero Unità Bovino Adulto, corrispondente ad un bovino o equino adulto di 600kg.
Considerando che un capo ovi-caprino consuma per circa 90kg (peso nominale), n°1 capo
ovi-caprino equivale a 0,15UBA, quindi 1UBA = 6,7 capi ovi-caprini;
 UF, ovvero Unità Foraggera, corrispondente all’energia fornita da 1kg di orzo (alimento
concentrato di riferimento), cioè circa 14000kJoule (corrispondenti a circa 3350kcal);
 UFL, ovvero Unità Foraggera Latte, utilizzata per dosare le razioni alle fattrici in lattazione.
Oltre ai costi per l’alimentazione, spesso le scorte vive implicano costi per le cure sanitarie.
Le scorte morte sono capitali inanimati, fissi o mobili a logorio parziale, costituiti dal parco
macchine, degli attrezzi e dagli strumenti a fecondità ripetuta.
Tuttavia, questo tipo di capitali potrebbe durare per molti anni o rompersi prima del previsto o non
essere più utili nonostante siano ancora funzionanti. Per questo motivo, i capitali di scorta morta
prima o poi devono essere sostituiti poiché vanno in contro ad una vecchiaia, detta vetustà, che può
essere tecnica od economica: la vetustà tecnica è quando il capitale non è più funzionante (si rompe
o si guasta e non più essere più messo in esercizio), la vetustà economica si verifica quando il
capitale non è più funzionale (funziona, ma non è più adeguato a svolgere le nuove mansioni
richieste; è molto dipendente dal progresso scientifico e tecnologico).
Quindi anche le scorte morte hanno una vita tecnico-economica limitata e, prima o poi, dovranno
essere sostituiti e, per evitare sorprese inaspettate ed i problemi economico-finanziari che ne
derivano, bisogna pensarci prima che i capitali diventino vetusti. A differenza delle scorte vive, qui
si parla di Quota di reintegrazione13 dei capitali di scorta morta; inoltre, il loro esercizio implica
costi, sostenuti tramite Quote di manutenzione e di assicurazione.
Nel caso delle scorte vive, la vetustà tecnica è ad es. quando la vacca non produce più latte (fine
carriera produttiva), invece la vetustà economica corrisponde alla produttività marginale, ovvero
quando è più conveniente dare 14000kJ/gg a una vacca dal latte giovane che produce 25l/gg e
mandare in pensione la vacca che produce sempre, ma 18l/gg.

Il capitale circolante è a fecondità semplice o a consumo impiegato o investito o preservato. Si


distingue in capitale di anticipazione e capitale di reimpiego.
Il capitale di anticipazione è costituito dai beni di flusso (come il denaro) che vengono anticipati
dall’imprenditore per permettere lo svolgimento dei cicli produttivi, anche prima di essere avviati.
I capitali di reimpiego sono beni di consumo prodotti dall’azienda stessa che, invece di venderli per
trarne ricavo immediato, li impiega nel ciclo produttivo, per produrre anche in comparti diversi. Il
più delle volte, sono prodotti secondari, ovvero quelli che non interessano la finalità produttiva
principale per la quale è stata costituita l’azienda, organizzati ed esercitati i fattori della produzione.
Ad esempio, reimpiego è la paglia prodotta da un seminativo che, invece di venderla, viene
reimpiegata nell’alimentazione degli animali dell’azienda; così come il letame da loro prodotto che,
invece di venderlo e percepire dei ricavi, viene impiegato sui terreni come fertilizzante.
Quindi, formulando quanto detto, si ha:
Capitale circolante = Capitale di anticipazione + Reimpieghi
Capitale di anticipazione = Quote + Tributi + Spese varie + Retribuzioni
Quindi, Capitale circolante = Quote + Tributi + Spese varie + Retribuzioni + Reimpieghi

13
La parola reintegra, fa riferimento all’intero, cioè rendere nuovamente integro, intero, sano, funzionante e funzionale,
come se, con il tempo e l’usura, il capitale si fosse rotto o frammentato, per cui bisognerà ricostituirlo, re-integrarlo.

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Nello specifico, le Quote sono delle somme di denaro che l’azienda sborsa, con alta probabilità e
periodicamente, per far si che i capitali rimangano funzionanti e funzionali. Vengono distinte in:
 Quote di manutenzione, costituite dalle spese necessarie a mantenere funzionante un bene;
 Quote di ammortamento, sono somme di denaro versate, in un periodo più o meno lungo,
per restituire un capitale acquisito in prestito, con i rispettivi interessi;
 Quote di reintegrazione, sono somme di denaro versate, in un periodo più o meno lungo, per
sostituire un capitale che si presume diventerà economicamente o\e tecnicamente vecchio,
con un’altro funzionante e funzionale;
 Quote di assicurazione, sono somme di denaro versate ogni anno avere la garanzia di un
rimborso nel caso in cui un capitale sia danneggiato o non più funzionante.

I Tributi (dal Lat. tribùtum, deriva da tribùere, dare\distribuire per tribù) invece, sono oneri che i
cittadini devono versare per obbligo di Legge allo Stato o\e ad enti pubblici e si distinguono in:
 Imposte, sono versati allo Stato da tutti (cittadini e imprese) per finanziare servizi generici e
di pubblica utilità (es. marca da bollo, IVA, IRPEF ecc.);
 Tasse, vengono versati in tutto il territorio nazionale da chi richiede un determinato servizio
(es. le tasse automobilistiche o quelle scolastiche);
 Contributi, vengono versati solo da chi possiede determinate caratteristiche e può accedere
ad un determinato servizio, spesso anche in un dato luogo (es. i contributi versati al
Consorzio di bonifica). La parte versata dal singolo (o residente) è inferiore al valore del
servizio di cui usufruisce e, la parte che manca, è sostenuta dalla collettività con le Imposte.

Le Spese varie corrispondono a tutti quei costi espliciti, cioè documentabili e contabilizzabili, che
sono stati sostenuti per acquistare materiale di consumo necessario per garantire all’azienda il
normale svolgimento delle attività; altri sono invece i costi impliciti, che sono strettamente legati al
ruolo e alla figura professionale, per cui non si possono quantificare. Alle Spese varie appartengono
le somme sborsate per pagare: carburanti, olii, concimi, contenitori e imballaggi, materiale di
cancelleria, antiparassitari ecc..
Il merito alle retribuzioni, riferendoci ai corrispettivi spettanti al fattore economico Lavoro, lo
affrontiamo nel prossimo paragrafo “Risorse economiche”.

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 RISORSE ECONOMICHE AZIENDALI


Per risorse economiche s’intende qualsiasi fonte o mezzo in grado di fornire utilità in situazioni di
necessità o\e di routine; possono essere distinte in risorse naturali, risorse antropiche e immateriali
a seconda che siano, rispettivamente, generate dalla natura, dall’uomo o che non siano tangibili.
Tra le risorse che entrano in gioco in una azienda, alcune possono essere:
 contributi finanziari (statali o\e comunitari);
 contoterzisti e risorse umane esterne disponibili a fornire un servizio all’azienda;
 particolari relazioni con privati ed enti pubblici (patti, contratti, conoscenze, fidelizzazione);
 contesto sociale ed economico (mode, usanze, consuetudini, fidelizzazione);
 capitali di riserva;
 risorse umane interne;
Ognuna delle risorse elencate può decidere le sorti di una azienda, nel senso che può essere
insignificante per tutto il ciclo produttivo, oppure può generare extraprofitti e vantaggi commerciali.
Ultimi in elenco, ma non per importanza, le risorse economiche su cui ci soffermeremo in questa
sede sono capitali di riserva e le risorse umane interne.
I capitali di riserva sono frutto del profitto generato delle attività aziendali, non investito per
l’ampliamento o\e il miglioramento dell’azienda, ma tenuto a disposizione della stessa per eventuali
imprevisti\urgenze finanziarie o\e in vista di futuri investimenti o piani di miglioramento.
Talvolta, soprattutto le grandi imprese, preferiscono far fruttare questi capitali di riserva nel
Mercato azionario, investendoli in titoli di credito come azioni, obbligazioni, certificati e buoni
fruttiferi; in questi casi, i capitali di riserva forniscono un extraprofitto (se aumentano la quotazione)
o una perdita (se diminuiscono la loro quotazione). In caso di extraprofitto o semplicemente
lasciandolo in conto corrente bancario, il capitale di riserva genera un guadagno detto Interesse (I)
e definito come il prezzo d’uso del capitale.
Le risorse umane interne sono costituite dal personale che lavora in azienda, quindi va a costituire
il fattore economico Lavoro. Il Lavoro è costituito da attività in cui vengono esercitate le
competenze dei singoli individui per attivare e svolgere le attività del processo produttivo.
Il personale interno all’azienda può essere assunto in servizio con un contratto di lavoro, nel
rispetto delle norme di legge e delle garanzie sindacali stabilite in un CCNL (Contratto Collettivo
Nazionale del Lavoro). Le associazioni di una categoria\comparto di lavoratori (i sindacati) si
riuniscono con il Governo per stipulare e sottoscrivere un CCNL (triennale) o la sua integrazione.
Attraverso il contratto, un datore di lavoro può instaurare con il dipendente un rapporto di lavoro
di tipo subordinato, cioè continuativo e abituale, finalizzato al guadagno e alla realizzazione dei fini
aziendali (o dell’Ente), oppure un rapporto di lavoro parasubordinato (o avventizio\occasionale).
I lavoratori subordinati hanno diritto a:
 tredicesima (o tredicesima e quattordicesima) mensilità, che si aggiunge ai 12 stipendi;
 permessi retribuiti, ovvero giorni (o parti del giorno) in cui il lavoratore non svolge
servizio e viene retribuito comunque e sono a discrezione dello stesso lavoratore;
 ratei per ferie e per malattia, ovvero giorni in cui il lavoratore non lavora e viene retribuito
comunque, ma sono a discrezione del datore di lavoro o del medico di famiglia\dell’ULSS;
 TFR, ovvero Trattamento di Fine Rapporto previsto del contratto di lavoro (corrisponde a
poco meno di una mensilità stipendiale per ogni anno di servizio prestato);
 scatti di anzianità di servizio, cioè l’aumento dello stipendio al superamento di 9, 14, 25…
(ecc.) anni di servizio prestato ininterrottamente o ricostruito sulle interruzioni di lavoro;
 versamento di contributi per la pensione;
 versamento di contributi per la previdenza e l’assistenziali sul lavoro.

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I lavoratori subordinati possono concordare con il datore di lavoro uno dei due tipi di:
1. Contratto a tempo determinato, quando il rapporto di lavoro ha una data di inizio ed una data di
fine; solitamente il periodo è inferiore o uguale ai 12 mesi e sono detti anche lavoratori precari;
2. Contratto a tempo indeterminato, quando il rapporto di lavoro ha una data di inizio, ma non una
data di fine; sono detti anche lavoratori fissi o impiegati o ingaggiati o di ruolo.
Una formu particolare (o variante) è il lavoro a tempo parziale, conosciuto come lavoro part-time, e
può essere esercitato con contratto sia a tempo determinato che a tempo indeterminato.
Secondo l’art. 2095 del Codice Civile, le categorie di lavoratori subordinati si suddividono in:
 Dirigenti: ricoprono ruoli all'interno dell'impresa caratterizzati da elevato livello di
professionalità, responsabilità, autonomia e potere decisionale;
 Quadri: pur non appartenendo alla categoria dei dirigenti svolgono, con carattere
continuativo, funzioni di supervisione per il raggiungimento degli obiettivi dell'impresa,
come il coordinamento e il controllo delle attività. Hanno un’autonoma responsabilità delle
funzioni che vengono loro affidate e dipendono direttamente e solo dai dirigenti;
 Impiegati: svolgono attività amministrative, tecniche ecc., con funzioni di collaborazione
all'impresa. Possono essere di concetto (hanno facoltà di iniziativa e di discrezionalità) o
d'ordine (han facoltà di iniziativa limitata nelle modalità di esecuzione delle operazioni
impartite da altri);
 Operai: collaborano nell'impresa svolgendo mansioni di tipo prevalentemente manuale,
poiché oggi, con i nuovi contesti tecnologici, si richiede comunque impegno intellettuale
(impiego di software e procedure). Si distinguono in: specializzati, qualificati e comuni.

A queste categorie, di origine legale, se ne aggiungono due, individuate dalla contrattazione


collettiva nazionale (CCNL), e sono:
 Funzionari: sono figure, intermedie tra le impiegatizie e le dirigenziali, che svolgono
prevalentemente funzioni amministrative, ma non hanno la stessa importanza di
coordinamento e controllo dei quadri. Esercitano, singolarmente o congiuntamente, funzioni
che comportano un potere di rappresentanza di un ente o di una collettività di diritto
pubblico. Solitamente, il Funzionario ricopre un pubblico ufficio, esercitando un'attività
riferibile all’Ente stesso. Tipici sono i contratti CCNL del settore delle assicurazioni;
 Intermedi: massima categoria degli operai, svolgono mansioni di fiducia e responsabilità,
oppure guidano e controllano gruppi di operai. Es. capo officina, capo cantiere ecc..

In base al tipo di attività svolta dal lavoratore, possiamo distinguere le seguenti figure lavorative:
 Lavoratore manuale, chi opera prestando prevalentemente le proprie abilità fisiche, può
essere ingaggiato o avventizio e percepisce una retribuzione detta Salario, solitamente
calcolata su base oraria. Le mansioni che possono ricoprire i lavoratori manuali sono:
 Operaio comune, fa solo attività manuali\fisiche generiche (8,73€/h *lordi);
 O. qualificato, ha la Qualifica e fa attività manuali\fisiche specifiche (9,73€/h *);
 O. specializzato, è qualificato ed ha seguito corsi di specializzazione (10,52€/h *);
 Caposquadra, oltre a svolgere le attività dell’O. specializzato, coordina le attività
degli operai di un cantiere (11,15€/h *).
Un Operaio comune con 10 anni di servizio, ha un salario di 1140€/mese, aumentato di circa
60€ per ogni livello successivo (O. qual. 1300€, O.sp. 1450€, O.cap. 1520€). Ma, se
aggiungiamo i contributi pensionistici versati, l’assicurazione ecc., il costo per l’impresa è di:
23,9€/h per l’O. com., 26,48€/h per l’O. qual., 28,6€/h per l’O. sp. e 30€/h per il caposquadra.

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 Lavoratore intellettuale, chi presta prevalentemente le proprie abilità cognitive, può essere
impiegato o precario e percepisce una retribuzione detta Stipendio (od Emolumento), che
viene calcolata su base mensile. In questi casi si possono distinguere differenti ruoli:
 Direttivo, ha dovere esecutivo, che attua applicando le norme di legge ed eseguendo le
linee-guida (voleri, finalità, target, traguardi) formalizzate dal datore di lavoro,
che può essere l’Imprenditore o l’Assemblea dei soci o un Ente pubblico;
 Amministrativo, ha dovere d’archivio o\e contabile o\e di documentazione, onorati dai
impiegati che inseriscono dati, aggiornano registri, tengono la contabilità,
gestiscono e rilasciano documenti; attività quasi del tutto computerizzata;
 Istruzione, ha il dovere di generare progresso e benessere collettivo, attraverso gli ambiti
formativo ed educativo, operati unitariamente o separatamente. Nello specifico,
la Formazione trasmette nozioni, costruisce abilità ed aggiorna l’utenza per dar
forma a figure professionali con specifiche competenze. Invece l’Educazione
(dal Lat. edùcere, condurre fuori) ha l’obiettivo di far uscire da ogni individuo il
meglio di sé, nel comportarsi e relazionarsi in contesti formali e informali;
 Sorveglianza, ha dovere di controllo, ossia verifica la corretta esecuzione della operatività
(Ispettore o Quadro), dà ordine e sicurezza pubblica (Agente di Polizia).

Da CCNL (Contratto Collettivo Nazionale dl Lavoro), il numero massimo di ore lavorative per
individuo è di 8 ore al giorno (ovvero 1ULU, unità lavorativa uomo), per un totale di 40 ore
settimanali (cioè n.5 giorni lavorativi a settimana), e che ha diritto a n°63 giorni festivi, costituite
da n°52 domeniche e n°11 giorni relativi alle seguenti feste comandate:
 Capodanno: 1 gennaio
 Epifania: 6 gennaio
 Lunedì di Pasqua: il giorno dopo la Domenica di Pasqua
 Anniversario della Liberazione nazi-fascista: 25 aprile
 Festa del lavoro: 1° maggio
 Festa della Repubblica Italiana: 2 giugno
 Ferragosto o Assunzione: 15 agosto
 Ognissanti o Tutti i Santi: 1° novembre
 Immacolata Concezione: 8 dicembre
 Santo Natale e Santo Stefano: 25 e 26 dicembre

Vi sono poi n°36 giorni feriali (32+4 giorni liberi retribuiti, in cui l’azienda è attiva), per un totale
di n°99 giorni festivi e feriali, a cui si aggiungono n°41 giorni liberi della settimana (i rimanenti
n°11 giorni coincidono con giorni festivi). Complessivamente, si hanno n°140 giorni non
lavorativi all’anno (52+11+36+41); non tutti usufruiscono di festivi come Santo patrono e ponti.
Considerando che l’anno civile è composto da n°365 giorni, rimangono n°225 giorni lavorativi
(minimo), per n°8 ore al giorno, ne deriva che un operaio lavora almeno 1800 ore all’anno.
Ovviamente, per ogni categoria di lavoratore il numero e la distribuzione delle ore e dei giorni
lavorativi, nonché dei giorni festivi e feriali, cambia in base al CCNL14 della rispettiva categoria,
che è stato sottoscritto dalle parti ed è in vigore (hanno durata pluriennale e vengono rinnovati).

14
Il CCNL viene stipulato ogni 3 anni a livello nazionale tra i rappresentanti dei lavoratori dipendenti (associazioni di
categoria; sindacati; parti sociali) e dei loro datori di lavoro (Governo; associazioni o\e sindacati dei datori di lavoro).

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L’art. 2222 del Codice Civile prevede altre forme molto più semplici di lavoro e vincolano
dipendente e datore di lavoro solo ad una collaborazione o prestazione d’opera occasionale, che
non prevede tredicesima mensilità, ratei di ferie, permessi retribuiti, TFR e scatti di anzianità di
servizio, bensì solo a:
 versamento di contributi per la pensione;
 versamento di contributi per la previdenza e l’assistenziali sul lavoro.
Proprio per il fatto di non godere dei diritti dei lavoratori subordinati, questi sono identificati come
lavoratori parasubordinati, detti anche avventizi od a chiamata, con i quali vengono stipulati
contratti all’abbisogna, in base a necessità aziendali o per completare un lavoro, e sono:
 Lettera d’incarico per attività lavorative di tipo accessorio; se non superano 7500€
all’anno, possono non essere dichiarati al fisco e non pagare le imposte.
 CPO, ovvero Contratto di prestazione occasionale, inserito dalla Legge n. 49 del
2017 in sostituzione dei buoni lavoro (detti voucher), riguarda lavoratori autonomi,
professionisti, imprenditori, associazioni, fondazioni e altri enti di natura privata,
imprese del settore agricolo e la pubblica amministrazione. Il datore di lavoro deve
registrare se stesso e il lavoratore all’INPS attraverso un’app on-line detta PrestO
(https://serviziweb2.inps.it/PassiWeb/jsp/login.jsp?uri=https%3a%2f%2fservizi2.inps.it%2fservizi%2
flacc%2fdefault.aspx&S=S), e versare la “provvista” attraverso “Modello F24” o tramite
pagamento elettronico (https://serviziweb2.inps.it/PortalePagamenti/caricaPagina.do), nonché
comunicare l’avvenuto svolgimento della prestazione lavorativa; al pagamento del
lavoratore provvederà l’INPS il 15 del mese successivo;
 Libretto di famiglia, è gestito come i CPO, ma è destinato alle persone fisiche che
non esercitino a titolo d’impresa o di libera professione, per cui riguarda persone
fisiche che assumono per: piccoli lavori domestici, di giardinaggio, pulizia e
manutenzione; assistenza domiciliare a bambini e persone anziane o ammalate o
disabili; servizio di baby sitting; insegnamento privato supplementare. Il pagamento
avviene attraverso “titoli” da massimo 10€ (lordo stato, ovvero 7,5€ netti) per ogni
ora di lavoro;
 Co.Co.Co., ovvero contratto di Collaborazione Coordinata e Continuativa;
 Co.Co.Pro., ovvero contratto di Collaborazione Coordinata a Progetto;
 Partenariato, consiste in contratti stipulati, solitamente tra enti pubblici e privati
(società o professionisti) con specifiche competenze valutate tramite presentazione di
un curriculum vitae, attraverso un bando che prevede una selezione, detta Procedura
comparativa, svolta da una Commissione d’esame nominata dall’Ente pubblico.

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 ATTIVITÀ ECONOMICHE
Riguardano tutte quelle attività intra ed extraziendali finalizzate allo sviluppo dell’azienda, come:
piani di miglioramento, processi produttivi particolari, funzioni e ruoli dell’azienda nel territorio in
cui opera, attività svolte in altri settori o con altre funzioni, ma con capitali e risorse dell’azienda.
Questi, però, sono argomenti di Marketing, dei quali se ne parlerà meglio nei prossimi anni.
In questa parte, in breve, ci limiteremo a delineare il rapporto che si può instaurare tra più aziende.
Come già anticipato nella classificazione delle imprese (pagina 18), le imprese possono operare in
autonomia o in associazione o in collegamento. Inoltre, un’impresa può essere costituita da una o
più aziende, con cui opera per la realizzazione di un unico prodotto o servizio.
Solitamente, una media o grande impresa acclude due o più aziende, mentre nelle piccole imprese e
nelle microimprese l’azienda è unica, per cui non è raro trovare imprese che associate o collegate.
Quando due o più aziende svolgono processi produttivi per proprio conto per generare
prodotti\servizi aziendali interrelati con le altre aziende operanti nello stesso settore economico,
allora si ha Integrazione (o ciclo produttivo) orizzontale.
Mentre, se due o più aziende (o comparti aziendali) afferenti a imprese di settori economici
differenti, operano (anche ognuna per proprio conto) processi produttivi (anche nello stesso stadio)
per dare prodotti\servizi intermedi necessari alla realizzazione di un unico prodotto\servizio finale,
allora si parla di Integrazione (o ciclo produttivo) Verticale.
Per fare un esempio, una Integrazione orizzontale potrebbe essere quella tra viticoltori, i quali
forniscono uva alle cantine (che trasformano l’uva in vino o\e imbottigliano o\e commerciano) o al mercato.
Invece, una Integrazione verticale potrebbe essere quella della filiera foresta-legno, che utilizza
boschi (da cui ricava legname), esercita segherie (da cui ricava semilavorati), adopera fabbriche del mobile
(con cui realizza mobili finiti) e commercia prodotti finiti (mobilio) a negozi o all’ingrosso.

 RELAZIONE TECNICA DI DESCRIZIONE AZIENDALE


Una Relazione tecnica è un documento che restituisce il lavoro richiesto da un committente ad un tecnico, è
individuale e, indicativamente, è strutturata nelle seguenti parti:
 Frontespizio (una pagina):
In cui compaiono intestazione, titolo, nomi e immagini evocativi dei contenuti del documento;
 Indice (una pagina):
Riportare, in elenco puntato, il titolo di ogni paragrafo e la rispettiva pagina;
 Abstract (circa mezza pagina):
Riassumere in Inglese tutto il contenuto del documento;
 Introduzione (circa 1-2 pagine):
Descrivere in breve il motivo del lavoro e della scelta, aggiunge quindi informazioni storiche
sull’azienda e sul settore economico in cui opera;
 Corpo del testo: descrizione tecnica dell’azienda (minimo 3, massimo 5 pagine):
o Ubicazione (sedi principale e operativa, clima, suolo, esposizione, ambiente circostante);
o Identità giuridico-economica dell’ente ospitante (ragione sociale, dimensione economica,
orientamento tecnico-economico, forma di conduzione e eventuali altre attività lucrative);
o Ripartizione della superficie aziendale (quanti ettari… ? destinati a cosa…?);
o Descrizione del capitale fondiario (terreni, fabbricati, impianti fissi);
o Descrizione del capitale d’esercizio (scorte vive e morte, cap. anticipazione, reimpieghi);
o Descrizione del fattore Lavoro (quantità e qualità del personale, tipo di contratti ecc.);
 Conclusioni (circa 1-2 pagine):
o Considerazioni personali sul lavoro svolto e sull’azienda descritta.

La Relazione va redatta in stile Time News Roman (od Arial ), carattere 12 (od 11), interlinea 1,5.

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~ ~ ~  IMPRESE COLLETTIVE  ~ ~ ~

Abbiamo affrontato l’impresa individuale, cioè quella entità giuridico-economica e produttiva


condotta da una sola persona detta imprenditore, che risponde illimitatamente di tutti i fattori della
produzione implicati.
Ogni impresa individuale deve avere un nome identificativo, indicato col termine Ditta, e deve
essere intestato a un titolare (l’imprenditore): ad es. Azienda agricola “El zappin” di Mario Rossi,
in cui si distingue il tipo di azienda, il nome della ditta e il titolare (art.2563 del C.C.).
Abbiamo anche detto che ci possono essere delle forme d’impresa collettiva, in cui entrano in gioco
più figure imprenditoriali solitamente chiamati soci, che vanno a costituire società e cooperative.
Le società sono imprese collettive che, in base alla loro struttura giuridica ed organizzativa, si
distinguono in due tipi: società con personalità fisica (s. di persone) e società con personalità
giuridica (s. di capitali e s. cooperative).

Prima di affrontare in modo un po’ più approfondito le società, è bene chiarire alcuni concetti
collegati alle attività economico-produttive, cioè quelli di: persona fisica, persona giuridica, ruolo
sociale, ragione sociale e titolo della professione.
Per Persona fisica s’intende una persona viva (nonché le associazioni in cui ognuno rappresenta se
stesso), alla quale sono riconosciuti dalla legge diritti e doveri; di fatto, ogni persona nata e vivente
ha diritti e doveri propri nei confronti dello Stato e dei suoi cittadini.
La Persona giuridica, invece, è un entità unitaria che rappresenta una pluralità di individui o\e un
complesso di beni, ed agisce con la gestione attraverso propri organi per determinati scopi leciti;
quindi, è anche garante dei diritti-doveri di più persone fisiche.
Mettere davanti al nome proprio di persona delle iniziali come dott., Sig., ing., dr., avv. ecc., vuol
dire citare il titolo di studio conseguito o\e il ruolo di una persona nel sociale (posizione sociale).
Per ruolo sociale s'intende l'insieme dei modelli di comportamento attesi della collettività (obblighi,
usi, costumi, consuetudini, modalità, correttezza, chiarezza) nei confronti di un individuo che
svolge determinate mansioni per la società (avv., ing., geom., agr. ecc.); ad es. ing. non indica solo
una persona che si è laureato in Ingegneria, ma che ha anche superato un esame di Stato abilitante
per svolgere la libera professione di Ingegnere.
Invece, con la posizione sociale, un individuo ricopre una determinata posizione all'interno della
società; per cui può essere indicato con Sig. (Signor) o Sig.ra (Signora).
Spesso, ruolo e posizione sociale si associano al concetto di status, legato al sussistere di credenze e
di aspettative che riguardano il ruolo o\e la posizione sociale, in quanto, anche una semplice
posizione sociale, comporta sia degli obblighi\funzioni (ruolo) che dei benefici (status: situazione
socio-economica); ad esempio, lo status di professore (prof.) impone il ruolo di docente, educatore,
collega, membro delle riunioni, ecc. così da uno status di Sig.ra ci si aspetta atteggiamenti
femminili o\e materni.
Qualsiasi persona laureata può anteporre al proprio nome il titolo dott. (dottore), se poi ha anche
svolto degli studi triennali con tesi di Dottorato di ricerca, allora può anteporre dr. (doctor) e
specificare il settore o ramo di studi in cui ha svolto il dottorato (Ch.dr., cioè Chemestry doctor).
Se invece troviamo sigle come snc, srl, coop, spa ecc., allora si parla di ragione sociale (o
denominazione sociale) e identifica lo status di un’impresa collettiva, cioè di una società di persone
o di una società di capitali o di una cooperativa.
Fatte le dovute premesse, possiamo approfondire le varie forme di impresa collettiva: le società.

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Società di persone
Le società di persone hanno personalità fisica e sono composte da due o più soci che rispondono
illimitatamente sulle responsabilità giuridico-economiche inerenti le attività societarie.
Per quello che riguarda il settore agrario, esistono tre forme societarie:

1. Società Semplice (s.s.)


È indicata in forma abbreviata con la ragione sociale “s.s.”, viene costituita con scrittura
privata autenticata (o con atto pubblico a ministero di notaio) e deve essere registrata entro il
termine di venti giorni presso l'Ufficio del Registro, nonché iscritta presso il Registro delle
Imprese della Camera di commercio della provincia in cui la società ha la propria sede.
Il suo oggetto sociale è limitato alle attività agricole, non potendo svolgere alcuna attività
commerciale; infatti, sono tipicamente a conduzione familiare e non possiedono Partita IVA,
per cui non possono rilasciare fatture, scontrini e ricevute fiscali ai clienti\acquirenti.
La partecipazione del socio di s.s. è rappresentata da una quota attribuita in maniera
proporzionale alla parte di capitale da ciascun socio sottoscritta. Il capitale sociale, infatti, si
forma mediante conferimento in denaro (crediti) o in natura (beni) che ciascun socio, all'atto
della costituzione, versa nella società; il legislatore prevede, inoltre, che il socio possa
partecipare in società prestando la propria attività lavorativa, diventando socio d'opera. Non
è stabilito, a differenza delle società di capitali, una misura minima per il capitale sociale e,
ogni socio, risponde illimitatamente per le obbligazioni sociali assunte dalla società, ma è
possibile anche il patto contrario, cioè limitare detta responsabilità ai soli soci che hanno
agito in nome e per conto della società e ne abbiano la rappresentanza.

2. Società in nome collettivo (s.n.c.)


La società in nome collettivo, indicata in forma abbreviata con la ragione sociale “s.n.c”,
deve essere costituita come per la s.s. ma, potendo svolgere attività commerciali, può avere
Partita IVA (data dall’Agenzia delle entrate) e rilasciare fattura, scontrini e ricevute fiscali.
La partecipazione del socio nella s.n.c. è rappresentata da una quota attribuita in maniera
proporzionale alla parte di capitale sottoscritta (approvata, investita) da ciascun socio.
Anche nelle s.n.c., il capitale sociale può essere conferito in denaro od in natura da ciascun
socio, che può partecipare anche come socio d'opera; non è stabilita una misura minima. A
differenza delle s.s., ogni socio risponde illimitatamente per le obbligazioni sociali, anche se
ciascuno di essi partecipa a perdite ed utili in misura proporzionale al capitale sottoscritto.

3. Società in Accomandita Semplice (s.a.s.)


Nella società in accomandita semplice, indicata con la ragione sociale “s.a.s.”, vi sono due
tipologie di soci: gli accomandatari e gli accomandanti. Il socio accomandante risponde
per le obbligazioni sociali limitatamente a quanto egli ha conferito e non ha potere di
amministrazione e di rappresentanza, salvo che per alcuni atti in forza di un'eventuale
procura (delega, mandato, incarico). Il socio accomandatario, di contro, ha il potere di
compiere atti di amministrazione, di rappresentanza societaria e di mediazione per far
assumere obblighi ed acquisire diritti alla società. La s.a.s. è costituita da uno o più soci
accomandanti e da uno o più soci accomandatari, viene costituita come la s.n.c., ma come
titolare o rappresentante deve figurare uno dei soci accomandatari.

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Società di capitali
Le società di capitali hanno personalità giuridica, ovvero hanno “capacità capitale”, ma sono
composte da soci che rispondono in modo limitato alla quantità di capitale sottoscritta (di solito a
partire da una quantità minima stabilita) e sono gestite da organi che rispondono illimitatamente
sulle responsabilità giuridico-amministrative delle attività societarie; in altre parole, tali organi
curano i diritti e i doveri di più persone fisiche.
Una società di capitali deve avere i seguenti tre organi:
• Assemblea ordinaria dei soci (As)
È un organo normativo che detta lo statuto, regole e linee-guida della società.
In particolare, ha il compito di approvare i regolamenti interni (es. lo Statuto societario), il
Bilancio consuntivo e, sentito il Collegio sindacale (nel caso in cui esso sia stato nominato),
l’Assemblea dei soci conferisce gli incarichi di controllo contabili e li revoca. Inoltre,
provvede alla nomina dell’Amministratore delegato (ha la Delega dell’As ad amministrare),
determinando la durata del suo mandato (incarico), il numero di amministratori e i loro
compensi. Infine, delibera sui Piani di crisi (in base delle previsioni di specifici regolamenti
interni) e l’eventuale distribuzione del dividendo (o, per le cooperative, di ristorni) ai soci;
• Consiglio di amministrazione
Organo esecutivo che opera i dettami stabiliti dall’Assemblea.
Il Consiglio nomina un direttore (a cui conferisce procure speciali e generali), cura
l’esecuzione delle deliberazioni dell’Assemblea dei soci, assume\licenzia i dipendenti e
determina la retribuzione del direttore. È l’organo deputato a stilare le relazioni degli
amministratori sulla gestione aziendale (che verrà allegata ai bilanci consuntivi approvati
dall’Assemblea dei soci);
• Collegio sindacale
Organo di vigilanza della società, formato dai sindaci dei comuni confinanti alla sede legale.
Ha il compito di vigilare sull’attività degli amministratori e controllare che la gestione e
l’amministrazione della società si svolgano nel rispetto della legge e dell'atto costitutivo.
Controlla il bilancio annuale e che vengano rispettate le leggi, i diritti dei lavoratori e i
doveri della società verso l’ambiente.
Per quello che riguarda il settore agrario, esistono tre forme di società di capitali:
 Società a responsabilità limitata (la cui ragione sociale è indicata con srl);
 Società per azioni (la cui ragione sociale è indicata con spa);
 Società in accomandita per azioni (la cui ragione sociale è indicata con sapa).

E adesso andiamo a capire meglio cosa distingue queste tre tipologie societarie.
1. Società a Responsabilità Limitata (s.r.l.)
La società a responsabilità limitata, indicata in forma abbreviata quale “s.r.l.”, è una società
di capitali in cui i soci rispondono, per le obbligazioni sociali, nei limiti della quota di
capitale da ciascuno di essi sottoscritta. La partecipazione dei soci è rappresentata, a
differenza delle altre società di capitali, da quote. La s.r.l. si costituisce per atto pubblico a
ministero di notaio e si compone di un unico documento distinto in: un atto costitutivo vero
e proprio ed uno statuto che regolamenta il funzionamento della società. L’atto costitutivo
della s.r.l. deve contenere dei requisiti minimi, essenziali per la nascita della società,
identificati dal legislatore nei seguenti elementi:

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 denominazione, ovvero cognome e nome, la data e il luogo di nascita (o di


costituzione), il domicilio (o la sede), la cittadinanza di ciascun socio;
 ragione sociale, cioè la denominazione contenente l'indicazione s.r.l.;
 il Comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie;
 attività che costituisce l'oggetto sociale (agraria, industriale, commerciale ecc.);
 ammontare del capitale sociale, non inferiore a 10 000€, sottoscritto e di quello versato;
 quote, ovvero i conferimenti di ciascun socio e il valore attribuito ai crediti ed ai beni;
 norme sociali relative al funzionamento della società, indicando quelle concernenti
l'amministrazione, la rappresentanza ecc.;
 amministratori, ovvero le persone a cui è affidata l'amministrazione e gli eventuali
soggetti incaricati del controllo contabile;
 importo globale, anche approssimativo, delle spese per la costituzione che vengono
poste a carico della società.

2. Società Per Azioni (s.p.a.)


La società per azioni, indicata con la ragione sociale “s.p.a.”, la sua caratteristica principale
è data dal fatto che la partecipazione sociale è rappresentata da azioni e che ogni socio, detto
azionista, risponde illimitatamente; solo alcuni tipi di azionisti rispondono limitatamente a
quanto conferito senza il rischio di esporre i propri beni, ovvero integrare il capitale versato
per il pagamento dei debiti sociali. Essa deve essere costituita con atto pubblico a ministero
di notaio al quale è demandato un controllo omologatorio, prima dell’esclusiva competenza
del Tribunale, composto dall'atto costitutivo e dallo statuto regolamentativo. L'atto
costituivo della società per azioni deve contenere:

 denominazione, ovvero cognome e nome, data e luogo di nascita (o di costituzione),


domicilio (o sede), cittadinanza dei soci e degli eventuali promotori, nonché il numero
delle azioni assegnate a ciascuno di essi;
 individuazione, ovvero il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi
secondarie o succursali;
 ragione sociale (s.p.a.) e le attività che configurano l'oggetto sociale;
 ammontare del capitale sociale sottoscritto e di quello versato;
 numero e l'eventuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità
di emissione e circolazione, nonché il valore attribuito a crediti e beni conferiti;
 norme sui dividendi, secondo le quali gli utili devono essere ripartiti agli azionisti;
 benefici accordati ad eventuali promotori o ai soci fondatori;
 sistema di amministrazione adottato, con il numero degli amministratori e i loro poteri,
indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della società;
 numero dei componenti il collegio sindacale;
 nomina dei primi amministratori e sindaci e, quando previsto, del soggetto al quale è
demandato il controllo contabile;
 importo globale anche approssimativo, delle spese per la costituzione che vengono
poste a carico della società;
 durata della società, ovvero se la società è costituita a tempo indeterminato, il periodo
di tempo, comunque non superiore ad un anno, decorso il quale il socio potrà recedere.

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Ogni anno, alla chiusura dell’anno di esercizio, la società stila un conto complessivo (Bilancio) e, se
è pari a zero, la situazione della società si dice ordinaria, mentre se è in surplus (guadagno), viene
ripartita ai soci una parte commisurata al capitale investito od alle obbligazioni societarie possedute,
ovvero viene distribuito il dividendo. Invece, nel caso in cui i costi si rivelano maggiori dei ricavi,
per quell’anno la società risulta in deficit, per cui ai soci non spetta alcun dividendo oppure, nel
caso di spa sull’orlo del fallimento, ogni socio ordinario può essere tenuto a reintegrare il capitale
investito versando altro capitale aggiuntivo, mantenendo lo stesso numero di azioni iniziali.
Gli azionisti si distinguono, in base al tipo di azioni che comprano, in:
 ordinari, percepiscono il dividendo e hanno diritto di voto in tutte le Assemblee dei soci;
 privilegiati, hanno precedenza nel percepire il dividendo e partecipano solo alle Assemblee
dei soci straordinarie;
 a risparmio, non partecipano alle assemblee dei soci, hanno precedenza nel riscuotere il
dividendo e, se la società per quell’anno fosse in deficit, mantengono il credito per l’anno
successivo.

3. Società in Accomandita Per Azioni (s.a.p.a.)


La società in accomandita per azioni, indicata in forma abbreviata quale “s.a.p.a.”, ha
caratteristiche simili alla s.p.a., dalla quale mutua numerose norme e regole, ma si
differenzia da questa perché costituita da due categorie di soci: gli azionisti accomandanti,
che rispondono limitatamente al capitale conferito, e gli azionisti accomandatari che
rispondono illimitatamente per le obbligazioni sociali. Infatti, la partecipazione di ciascun
socio al capitale è rappresentata da azioni e questo distingue la s.a.p.a. dalla s.a.s..

In definitiva, l’atto costitutivo delle società di capitali deve contenere almeno:


• La ditta, ovvero la denominazione della società ed il nominativo del\dei rappresentante\i;
• la ragione sociale, cioè la ragione giuridica per la quale è stata costituita la società;
• l’individuazione delle località in cui si trovano le sedi della società;
• il capitale sociale, ovvero l’ammontare del valore di tutto il patrimonio della società;
• l’oggetto sociale, cioè l’orientamento tecnico-economico che indica di cosa si occupa;
• i soci\azionisti che ne fanno parte e le rispettive quote\azioni versate\acquistate;
• tipo di amministrazione che gestisce le attività giuridiche ed economiche;
• accordi particolari.

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APPUNTI DEL DOCENTE prof. Pasquale Tutino - per la disciplina ECONOMIA

Società cooperative
Le società cooperative sono una particolare forme di impresa collettiva con personalità giuridica.
Esse rappresentano società a capitale variabile con scopo mutualistico, dedite alla produzione di
beni o servizi, in cui l’obiettivo comune non è il profitto, bensì il vantaggio reciproco che i soci
conseguono nello svolgere la propria attività insieme, ovvero invece che con terzi, direttamente con
la società (art. 2511 del C.C.). Possono essere dotati degli organi già visti nelle società di capitali:
 Assemblea dei soci;
 Consiglio di amministrazione;
 Collegio sindacale.
L’obiettivo delle società cooperative è quello di creare per i soci condizioni più favorevoli di quelle
che abitualmente si trovano sul mercato, generando situazioni\possibilità di:
 sviluppo (ammodernamento) tecnologico e metodologico nell’esercizio aziendale;
 crescita (ampliamento) aziendale, con aumento di capitali e delle risorse aziendali.

Partendo dal presupposto che non ci può essere crescita senza sviluppo – e che ciò vale anche per
qualsiasi forma di impresa (individuale o collettiva) – sia lo sviluppo che la crescita sono finalizzate
a realizzare economie di scala.
L’economia di scala consiste nell’impiego di grandi quantità di capitali (costituiti con le quote-parti
di tanti soci) in modo adeguato e finalizzato a favorire un esercizio aziendale con bassi costi di
produzione e conseguente abbassamento dei prezzi; ciò permette di rendere l’azienda
concorrenziale\competitiva, cioè con prezzi più bassi di quelli proposti dalla concorrenza.
Una società cooperativa si costituisce in maniera analoga alla società per azioni. È infatti prevista
la stipulazione dell’atto costitutivo e dello statuto per atto pubblico (con atto notarile ed il contenuto
previsto dall’art. 2521 del C.C.), con iscrizione al Registro delle imprese, ma il numero dei soci
non può essere inferiore a 9 (nove).

Le condizioni necessarie che distinguono le società cooperative sono:


 Essere aperta all’iscrizione di qualsiasi socio, purché rientri entro i criteri stabiliti dallo
Statuto, nonché, una volta inscritto, partecipi ai contributi necessari e vi sia un sostituto nel
momento in cui egli voglia uscire dalla cooperativa;
 Essere mutualistica, in quanto tutti i membri devono trarre vantaggi reciproci dalla
cooperazione, in modo più equo possibile, in quanto non devono sussistere vantaggi per il
singolo rispetto agli altri. Difatti, i singoli soci, investendo quantità contenute di capitale,
riescono ad ottenere benefici che hanno un valore molto maggiore dei costi sostenuti;
inoltre, attuando una economia di scala, possono essere più concorrenziali ed accedere a
mercati inaccessibili dai singoli separatamente;
 Non essere lucrativa, poiché tutte le attività ed i capitali devono essere finalizzati alla
crescita cooperativa e al benessere collettivo e non per il mero guadagno monetario.

Nell’art. 2512 del C.C. si è introdotto anche il nuovo concetto di società cooperative a mutualità
prevalente, dove si riconosce lo status di cooperativa non solo a quelle che operano con i propri
soci, ma anche a quelle che operano con i terzi; i ricavati, ovviamente, vanno distribuiti ai soci.

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~ ~ ~  CLASSIFICAZIONE DELLE AZIENDE AGRARIE  ~ ~ ~

L’impresa è formata dai fattori della produzione che, in caso di imprese individuali, si possono
racchiudere nell’Imprenditore e nell’Azienda. Se, in base alle sue capacità ed al risultato del suo
operato, l’Imprenditore può distinguersi in extramarginale, intramarginale e ordinario, anche per le
aziende possiamo fare delle classificazioni basate sulle attività che svolge ed sulle caratteristiche
tecnico-economiche proprie.
Un metodo per classificare le aziende agrarie si riconduce alle dimensioni, riferendosi in particolar
modo alle piccole aziende a conduzione familiare, tra cui distinguiamo:

 Azienda familiare (o autonoma).


È quella che identifica l’Impresa a conduzione diretta (quindi che dà lavoro e reddito ad una
famiglia) ed in cui i prodotti (P) sono prima di tutto destinati al sostentamento (autopoiesi)
dei fattori della produzione, che però si confondono per buona parte con la figura
dell’Imprenditore stesso (Coltivatore diretto) o\e della propria famiglia. Lo statuto di queste
piccole aziende è prettamente ordinario, cioè esse hanno come obiettivo precipuo il
sostentamento vitale dei fattori della produzione, cioè il mantenimento dei capitali e delle
risorse (tra cui anche le persone della famiglia, cioè cibo). È come dire che “si lavora per
vivere”. Tuttavia, non si scartano e non mancano i casi e le opportunità di surplus che diano
possibilità di supervalenze, ossia di sviluppo e di ampliamento economico;

 Azienda parcellare (o part time).


Vi appartengono quelle aziende che, per le loro caratteristiche tecnico-economiche o muc,
non riescono a fornire lavoro e reddito ad almeno n°2 Unità Lavorative Uomo (cioè ad una
famiglia). Quindi, il conduttore ed i suoi famigliari sono costretti ad impiegare la propria
forza-lavoro per svolgere altre attività non implicate con l’azienda stessa che, in tal modo,
non assorbe totalmente la propria forza-lavoro.

Questi concetti di Economia aziendale valgono, in generale, per qualsiasi tipo di impresa, ma a noi
interessa il settore agrario, quindi andremo a trattare nello specifico l’Azienda rurale.
In merito alla tipologia ed alle modalità esecutive del processo produttivo, può essere fatta una
distinzione che, non più legata al profitto ed alla mera attività lavorativa, si riferisce alla qualità del
prodotto e del servizio realizzati dal processo produttivo; cioè come viene svolto il processo
produttivo. Tra le varie aziende presenti nel contesto economico agrario italiano e che operano con
metodi agro-silvo-pastorali, si possono distinguere le seguenti 6 varianti aziendali:

 Azienda agroindustriale.
E’ molto diffusa e trova le sue origini nell’epoca dell’industrializzazione degli anni ’50; una
industrializzazione che ha coinvolto e stravolto la vecchia realtà rurale (o ruralità
contadina), per dare vita alla realtà agroindustriale.
In essa viene attuata un’agricoltura intensiva, dove si tende a sfruttare al massimo i
capitali, dove si usano metodi e mezzi catalizzatori (acceleratori), dove si impiega qualsiasi
stratagemma tecnologico e farmacologico, pur di ottenere grandi quantità di prodotto col
minor impiego possibile di capitali; anche a costo di ridurne drasticamente la qualità.
L’obiettivo è quello di abbattere i costi di produzione, per ottenere un prodotto più
accessibile a tutti e garantirsi una posizione concorrenziale nei mercati;

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 Azienda biologica (agricola, zootecnica od agrozootecnica).


Sempre più crescenti nel territorio nazionale, operano cicli produttivi avulsi dell’impiego di
prodotti fitosanitari, utilizzando strumenti e metodi naturali (come quelli della
Bioagricoltura, con varianti ed esasperazioni come quelli operati dall’Agricoltura
biodinamica), per ottenere prodotti biologici. Questo tipo di conduzione trova motivazione
nello statuto aziendale (disposizioni dell’Imprenditore) o\e come risposta all’ormai crescente
domanda sul mercato di prodotti sani. C’è una maggiore esigenza del consumatore sulla
qualità dei prodotti, mossa dalla sempre più diffusa istruzione e presa di coscienza sugli
effetti dei prodotti alimentari trattati con sostanze chimiche concimanti e fitosanitari;
 Azienda agricola convenzionale (agricola, zootecnica od agrozootecnica).
Rappresentano la maggior parte delle aziende del comparto rurale, applicano le consuete
tecniche (agricoltura integrata) colturali e di allevamento, cercando di ottenere il massimo
profitto e produzioni con il miglior compromesso qualità-quantità-costi, raramente
puntano allo sviluppo qualitativo aziendale, bensì a quello quantitativo, per poter operare
economie di scala. Tuttavia, per le condizioni e gli incentivi promossi a livello europeo e
nazionale, anche queste aziende si stanno sempre più responsabilizzando nei confronti
dell’ambiente naturale e della società, con adeguamenti gestionali per ottenere certificazioni
ambientali o\e contributi statali\europei o\e nuovi utenti più sensibili alle nuove tendenze
ambientali. Per queste tendenze, parla di agricoltura integrata avanzata;
 Azienda agrituristica (agricola, zootecnica od agrozootecnica, turistico-venatoria).
Incentivati con finanziamenti europei, si sono sviluppate a partire dagli anni ’90, per
rivalutare gli usi-costumi e consuetudini locali e portare il turismo (cioè lavoro per le
popolazioni locali) proprio in contesti economici marginali, come le aziende a conduzione
famigliare, od extramarginali, e le aziende in zone economicamente svantaggiate.
Nell’Azienda agrituristica, la filosofia è quella di condividere con il visitatore il vissuto
quotidiano di una realtà rurale e non tanto (o non solo) un’azienda agro-zootecnica. Il
visitatore, dal canto suo, cerca di soddisfare il desiderio di conoscere ed assaporare
ambienti di nicchia o\e tipici, nonché dei prodotti derivati da attività tradizionali o\e locali.
Difatti, dagli anni ’90, è sempre più crescente la domanda di prodotti tipici, con sapori, odori
ed ambienti genuini che evocano culture ed attività locali passate. Altra variante ancora non
ben identificabile o che si confonde con le aziende ad agricoltura integrata avanzata, è
quella dell’Azienda locale, che nasce per saturare la crescente domanda di prodotti a km
zero, cioè che danno al consumatore più garanzia che sia stato prodotto nel raggio di 12km;
 Azienda forestale
Svolge la coltivazione del bosco, sia in zone montane (abetine, peccete, faggete, carpineti,
querceti, castagneti ecc.) che di pianura (pioppeti), con metodologie differenti e legate
soprattutto alla tipologia di assortimento da ottenere: la fustaia per legname da opera (tondo
da sega: lunghezze nominali dai 3m ai 5m e diametri nominali dai 40cm a 100cm), ceduo per
paleria o legna da ardere e la SRF (Short Rotation Forestry: pioppeti a ciclo triennale) per
cellulosa e fascime. Anche nel caso della coltivazione del bosco vi possono essere attività
poco rispettose della natura, come quella di percepire il bosco come una miniera da cui
cavare legna e legname, senza curarsi degli effetti sulla rinnovazione, sull’erosione e sul
popolamento degli animali; anche per questo esiste una certificazione di gestione
responsabile (FSC) e sostenibile (PEFC) del bosco. In tal caso, il miglior modo di gestire
un bosco è quello della fustaia disetanea o naturale con tagli saltuari o selettivi.

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 Azienda vivaistica e florovivaistica.


È una sorta di azienda industriale in cui si sfrutta poco spazio e s'impiega tanto capitale
d’esercizio, per ottenere un profitto cospicuo. Consiste nell’impiego degli stessi tipi di
capitali, risorse, metodi e tecniche dell’Agricoltura, per produrre materiale propagativo
destinato all’ambito agrario, forestale, ornamentale ed al verde urbano. Potrebbero essere
considerate aziende agroindustriali, ma ciò non è possibile poiché, rispetto alle coltivazioni
agrarie, sono di gran lunga superiori i capitali investiti per unità di superficie vivaistica.
Inoltre, sebbene capitale fondiario, metodi, tecniche e tecnologie impiegate siano ormai
industrializzate, non sempre vengono utilizzati prodotti fitosanitari in maniera massiccia, se
non per preservare o conservare il materiale propagativo vegetale nello stretto necessario.
Per la diffusione del pensiero ecologista, spesso si ricorre all’uso di ormoni impiegati
frequentemente in Agricoltura nella lotta biologica (con antagonisti), ma, di certo,
l’obiettivo principale è quello si mantenere tanto prodotto vendibile a tutti i costi.

Che una Azienda sia Agroindustriale o Agrituristica o Biologica, l’impresa è sempre una e deve
avere un solo imprenditore, altrimenti si parlerebbe di Società o di Cooperativa od altre forme
associative. Ogni singola impresa può inglobare un numero maggiore di una sola unità di
produzione (cioè un’impresa può avere più di una azienda), quindi può essere costituita da un
Imprenditore e da più aziende, ma non può esserci la situazione opposta in cui più imprenditori
organizzano una sola azienda (se no si parlerebbe di Società\Cooperativa ecc.).

~ ~ ~  ***  ~ ~ ~

La classificazione delle aziende agricole fin qui trattata si basa sul modo con cui le aziende operano
le attività agro-silvo-pastorali ed ha una impronta eminentemente tecnica.
Tuttavia, dal 1 gennaio 2010, viene applicata la Classificazione europea delle aziende agricole.
Infatti, con il Regolamento europeo n. 1242/2008 della Commissione Europea, viene istituita una
tipologia comunitaria per classificare le aziende agricole, finalizzata ad agevolare l’analisi dei
risultati economici e delle caratteristiche strutturali delle aziende, nonché distinguere altre attività,
cioè diverse dalle agro-silvo-pastorali previste, che apportano comunque introiti all’impresa.
La tipologia comunitaria del Regolamento 1242/2008 è strutturata in modo da permettere la
costituzione di gruppi omogenei di aziende, con dei criteri di aggregazione, nonché il confronto
della situazione economica e l’identificazione tecnica delle aziende, in modo uniforme per tutti i
paesi dell’Unione Europea.
Tale classificazione identifica ogni azienda in base a tre criteri, ovvero la DE (Dimensione
Economica), l'O.T-E (Orientamento Tecnico-Economico) e la rilevanza delle AAL (Altre
Attività Lucrative); quest’ultime direttamente collegate all’uso dei capitali dell'azienda, ma per
attività non previste dallo statuto dell’azienda stessa.
La DE viene stabilita in base a n°14 livelli economici, i quali vengono riferiti alla Produzione
Standard (PS, ovvero la PLV aziendale) dei precedenti n°5 anni. In pratica, si va a calcolare la PLV
media totale (ottenuta dalle PLV parziali) degli ultimi cinque anni (ottenuta per zona, superficie e
tipologia aziendale), portata al 3° anno precedente, da cui si ricava il reddito unitario medio annuo,
che servirà per ottenere la PS e collocare l’azienda in una delle 14° fasce di livello economico che
vanno da 2000€ fino a oltre 3000000€.

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CLASSI FASCE DI FATTURATO IN €


I meno di 2.000€
II da 2.000€ a meno di 4.000€
III da 4.000€ a meno di 8.000€
IV da 8.000€ a meno di 15.000€
V da 15.000€ a meno di 25.000€
VI da 25.000€ a meno di 50.000€
VII da 50.000€ a meno di 100.000€
VIII da 100.000€ a meno di 250.000€
IX da 250.000€ a meno di 500.000€
X da 500.000€ a meno di 750.000€
XI da 750.000€ a meno di 1.000.000€
XII da 1.000.000€ a meno di 1.500.000€
XIII da 1.500.000€ a meno di 3.000.000€
XIV pari o superiori a 3.000.000€

In merito alle O.T-E, le aziende vengono classificate in base a riferimenti tecnici sulle attività
produttive. A tal proposito, vengono distinte tre specialità (gruppi) di produzioni:
 Produzioni vegetali, in cui le materie prime o\e i prodotti derivano da organismi vegetali;
 Produzioni animali, in cui le materie prime o\e i prodotti derivano da organismi animali;
 Produzioni miste, in cui materie prime o\e prodotti originano da vegetali e animali;.
Poi, ognuna di queste, viene suddivisa in tre ordini gerarchici: Generali, Principali e Particolari.

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Un esempio potrebbe essere un’azienda che coltiva Mais, la quale viene classificata come segue:
O.T-E Generale: 1. Azienda specializzata nei seminativi;
O.T-E Principale: 15. Azienda specializzata nella coltivazione di cereali;
O.T-E Particolare: 151. Azienda specializzata nei cereali (Mais).
Per cui, l’azienda in questione si identifica con il codice 151, ovvero Prod. vegetali→1→15→151.
Altro esempio potrebbe essere un’azienda che alleva polli e bovini da carne, la quale viene
classificata come segue:
O.T-E Generale: 7. Azienda con poliallevamento;
O.T-E Principale: 74. Azienda con poliallevameno ad orientamento granivori;
O.T-E Particolare: 742. Azienda con poliallevamento: granivori ed erbivori non da latte.
Per cui, l’azienda in questione può essere identificata con 742, Aziende miste→7→74→742.

Le AAL costituiscono tutte le attività svolte con i capitali e le risorse aziendali, ma che non hanno
nulla a che fare con l’O.T-E deciso dallo statuto aziendale, anche se portano comunque reddito
all’azienda. Ad esempio, un’azienda viticola che ha una trattrice di proprietà e, nel periodo in cui la
trattrice non viene utilizzata nel vigneto o per lavori aziendali, l’imprenditore la usa per coltivare i
terreni di altre aziende, facendo così un lavoro da contoterzista e portando altri guadagni
all’impresa, anche se non è previsto nello statuto dell’azienda viticola.

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~ ~ ~  IL REGISTRO DELLE IMPRESE  ~ ~ ~

Una impresa nasce con un Atto costitutivo stipulato e firmato davanti a un Notaio ma, per poter
esercitare le attività economico-produttive, l’imprenditore (o l’Amministratore delegato) deve
denunciarne la nascita presso la Camera di commercio del territorio a cui afferisce (nel nostro caso
è la Camera di commercio di Treviso-Belluno), dichiarando le caratteristiche giuridiche ed
economiche dell’impresa stessa.
Spesso, però, le imprese (individuali o collettive) vengono costituite troppo frettolosamente, ossia
non considerando tutti gli aspetti (giuridici, economici, commerciali, geografici, culturali, logistici,
etici, ecologici, climatici ecc.), per cui si corre il rischio di condurre una impresa che arranca o
destinata al fallimento. Quindi, prima di decidere e firmare davanti a un notaio la costituzione di
una impresa, sarebbe opportuno utilizzare uno strumento preventivo, come un Piano di mercato
(Business plan o\e Market plan), che prevede la ricerca, l’analisi e l’elaborazione di dati utili per
trarre conclusioni alternative e conseguenti decisioni attuative. In tal senso, un simulatore digitale,
semplice, veloce e improntato al Business plan e il Business model canvas (disponibile sul web).
Stipulato l’Atto costitutivo, si passa alla registrazione dell’impresa al Registro delle imprese.
Il Registro delle imprese è una sorta di anagrafe nazionale, dove vengono inserite tutte le imprese
(individuali e collettive; di prim’ordine e artigianali), cioè un database nazionale che contiene tutti
i dati giuridico-economici inseriti al momento della sua registrazione.
L’iscrizione al Registro delle imprese deve essere fatta compilando un apposito modulo on-line.
Il primo passo è depositare il nome giuridico della società da registrare, con la ragione sociale.
Altro passo è quello di depositare un recapito elettronico (telematico) ed avere delle credenziali di
accesso al servizio, infatti tutte le imprese da registrare devono avere almeno:
- PEC (Posta Elettronica Certificata), fornita e gestita da un ente accreditato (riconosciuto) dal
Governo (Ministero), che la fornisce tramite una procedura formale di riconoscimento;
- Firma digitale, rilasciata dall’Ufficio del Registro delle imprese e può essere un codice personale
o una pendrive (ovvero una “chiavetta USB”) o una Carta Nazionale dei Servizi
(tessera in materiale plastico 8,5cm x 5,4cm) contenenti un microchip che
racchiude un certificato digitale di autenticazione personale;
- Conto Corrente, bancario o postale, con il relativo codice identificativo (IBAN).
La PEC è stata voluta dal legislatore per ridurre i tempi di trasferimento dati, documenti e
comunicazioni, nonché i costi (ecologici, finanziari e amministrativi) sulla carta. Altro obiettivo è
quello di avere, in tempo reale, la conferma di avvenuta ricezione di comunicati dal valore
giuridico, amministrativo, economico e tecnico, per cui l’impresa (individuale o collettiva) ha
l’obbligo di tenere sotto controllo la PEC; pena la sanzione amministrativa.
Per l’iscrizione al Registro delle imprese viene utilizzato il Programma Starweb, che ha
soppiantato il Programma Fedra perché più stabile e performante. Il Programma Fedra si basava
sul fatto che l’utente (l’impresa) sapesse già procedure e moduli da compilare, invece Starweb è
utilizzabile anche da chi non ha dimestichezza, poiché si segue una procedura guidata intuitiva.
L’Ufficio del Registro delle imprese, con i dati a disposizione, può tracciare una specie di “Carta
d’identità dell’impresa”, con cui ne certifica la costituzione giuridica e tecnico-economica.

Tutti i dati di ogni impresa registrata sono resi disponibili on-line e in tempo reale, sul sito web
http://www.registroimprese.it, e visibili da qualsiasi parte d’Italia. In sostanza, una volta che

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l’impresa viene registrata, chiunque può ottenere informazioni su di essa, richiedendo un


documento che riporta in modo schematico e completo tutte le informazioni giuridico-economiche;
tali documenti sono detti visure.
Una Visura societaria è un documento rilasciato dall’Ufficio del Registro delle imprese in cui si
riportano tutte le informazioni dell’impresa iscritta al Registro delle imprese; viene rilasciata anche
la versione in Inglese. Essendo un Registro pubblico, su richiesta scritta e presentata
dall’interessato, la visura sull’impresa indagata può essere rilasciata, previa pagamento di:
 3,5 € per visure ordinarie e per visure d’impresa in lingua Inglese;
 4,5 € per la visura storica dell’Impresa;
 6 € per il Fascicolo dell’Impresa (cartella\dossier completo);
 7 € per il Fascicolo storico dell’Impresa;

La visura è un certificato a tutti gli effetti e riporta informazioni societarie suddivide in due parati:
Dati anagrafici ed Attività esercitate. I dati anagrafici fondamentali sono:
 N° di Registro della impresa;
 PEC, Codice fiscale, Partita IVA e ragione sociale;
 capitale sociale, ovvero l’ammontare del capitale messo dai soci;
 i soci, le quote versate da ognuno e la responsabilità sul capitale conferito;
 il socio intestatario e l’Amministratore delegato, deciso dal Consiglio di amministrazione su
proposta dell’Assemblea dei soci, può anche non essere il socio di maggioranza.
Le informazioni inerenti le Attività esercitate sono:
Il Codice ATECO (ATtività ECOnomiche) e costituito da tre numeri separati da un punto, ad es.
68.20.01, a cui è associata una descrizione. Ad esempio, il codice 68.20.01 identifica
un’attività di Locazione immobile di beni propri o in leasing – affitto. Tale codice (e
rispettiva descrizione) costituisce l’oggetto sociale, consente al sistema informatico
di elaborare degli elenchi ordinati e organizzati per settore produttivo (OTE:
Orientamento Tecnico-Economico), finalizzato ad identificare l’ordinamento
economico-produttivo, ovvero l’attività aziendale che svolge l’impresa.
Il Numero REA (Repertorio delle notizie Economiche e Amministrative) è un codice formato da n.2
lettere identificanti la provincia di appartenenza e n.6 cifre (ad esempio TV 407410),
con il quale la Camera di Commercio acquisisce e utilizza notizie economiche,
statistiche ed amministrative, anche non previste all’iscrizione al Registro Imprese.
Per ottenere una visura di una qualsiasi impresa presente nel territorio italiano o risolvere una
qualsiasi pratica amministrativa (come anche la stessa iscrizione al Registro delle imprese), basta
registrarsi e fare una semplice ricerca sul sito http://www.registroimprese.it inserendo il nome della
ditta e selezionando la Provincia in cui risulta registrata. Per il resto, ovvero la registrazione, una
Pratica, le visure societarie, i fascicoli e presentare i Bilanci, è necessario presentare una semplice
domanda on-line all’Ufficio Registro imprese, premunendosi di PEC, Firma digitale e IBAN.
L’impresa può operare la propria attività dal momento in cui avviene l’iscrizione e non prima!
Alcune attività, come le imprese agricole, possono iniziare la propria attività e iscriversi al Registro
entro 30 giorni; altre attività possono inviare una autocertificazione CIA (Certificazione di Inizio
Attività) al SUAP (Sportello Unico Attività Produttive), in cui si dichiara di avere tutto ciò che
serve per l’inizio attività.

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Le startup innovative sono società che nascono e producono un servizio innovativo e ad alto valore
tecnologico. Una startup innovativa può usufruire di agevolazioni fiscali e può essere creata
digitalmente, con firma digitale, sul sito startup.infocamere.it , su cui si trova anche la recente
normativa. Una volta inserita sul sito, la startup innovativa passa ad un accertamento svolto dalla
Camera di commercio, che appura l’esistenza di attività innovative e che durino per almeno 5 anni.

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~ ~ ~  BILANCIO DELL’IMPRENDITORE  ~ ~ ~

Il Bilancio è un prospetto finanziario contabile che serve all’impresa per gestire l’azienda, ovvero
conoscere o\e ipotizzare il proprio stato di profitto e poter apportare gli opportuni cambiamenti.
Il Bilancio è un documento costruito attraverso procedure e calcoli, utilizzando dati e informazioni
che riguardano le entrate (+) e le uscite (-) verificatesi o che si potranno verificare in una azienda.
Quindi, un Bilancio può riguardare il futuro, e in tal caso viene detto Bilancio preventivo, oppure
elaborare dati che riguardano fatti già avvenuti, diventando così un Bilancio consuntivo.
In ambito economico, l’anno è solitamente conteggiato in 360 giorni, detto anno commerciale e
distinto dall’anno civile che è di 365 giorni. Nelle attività produttive di una qualsiasi azienda, per
elaborare un Bilancio aziendale vengono presi i dati che riguardano l’anno di esercizio che,
solitamente, ha inizio il Primo gennaio e finisce il 31 dicembre di ogni anno. Tuttavia, in base alle
caratteristiche dell’attività o\e alle necessità aziendali, l’anno di esercizio, sempre di 12 mesi, può
essere fatto “slittare” per ragioni di tipo tecnico-amministrativo. Infatti in agricoltura possiamo
trovare l’annata agraria, che ha inizio l’11 novembre e termina il 10 novembre, perché in questo
periodo le colture più comuni (frumento, vite ecc.) danno i frutti o\e iniziano il ciclo biologico.
Tornando alle uscite, abbiamo visto che l’azienda è una entità “viva” (poiché esplicante attività) e
produttiva (poiché costituita da fattori), che si automantiene restituendo un compenso a tutti i fattori
della produzione. Sulle entrate, sappiamo che l’azienda fornisce anche un profitto (o Tornaconto)
all’Imprenditore che invece, come imprenditore puro, ha solo il compito di organizzare i fattori
della produzione e dare disposizioni alla Direzione.
Ovviamente, ci saranno imprenditori “bravi”, che sanno organizzare i fattori della produzione in
modo che l’azienda funzioni meglio, i quali prenderanno un extraprofitto, quelli “meno bravi”, che
non sanno organizzare bene i fattori della produzione, per cui risultano “concorrenti perdenti” e
vanno in deficit (perdita per l’Impresa; ne risente anche l’Azienda). In fine, ci sono gli imprenditori
“neutri”, che non guadagnano, non perdono, ma garantiscono all’Azienda lo svolgimento del ciclo
produttivo; quindi fanno in modo che sia garantito il compenso a tutti i fattori della produzione.
Ma come si fa a calcolare il profitto dell’Imprenditore puro ?
Nel bilancio di ogni azienda rientrano i costi di produzione necessari per produrre prodotti e
venderli, in altri termini, un’azienda ha dei costi di produzione ed una produzione vendibile.
In merito alla produzione, abbiamo già detto che ci sono dei cicli produttivi, che hanno dei costi e
che spesso alcuni prodotti (paglia, letame ecc.) possono essere reimpiegati e reimmessi nel ciclo
produttivo invece di venderli. Quindi, la PLT (Produzione Lorda Totale) comprende tutti i prodotti
generati dall’azienda e comprendono sia i costi di produzione che i beni reimpiegati.
Inoltre, non è detto che i prodotti siano stati venduti, ma di certo si può dire che sono vendibili e che
nei beni prodotti c’è il costo necessario per produrli. Per cui, si parla di PLV (Produzione Lorda
Vendibile) per indicare il valore dei prodotti principali e dei prodotti secondari15 realizzati,
comprensivi dei costi di produzione, ma non dei reimpieghi, che vanno detratti come segue:

PLV = PLT – reimpieghi = [Produzione Vendibile + Costi di produzione] – reimpieghi

Invece, per quanto riguarda i costi di produzione “K”, compariranno le seguenti n°6 voci di costo:

K = Beneficio fondiario + Retribuzioni + Interessi + Quote + Tributi + Spese varie


15
Spesso considerati come scarti, sono originati da un ciclo produttivo ordinato e svolto per ottenere uno o più prodotti
principali, che hanno caratteristiche diverse dal prodotto secondario; quest’ultimo può dare comunque un guadagno.

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Se alla PLV togliamo i costi di produzione, otteniamo un bilancio aziendale poiché ai ricavi
togliamo i costi di produzione per ottenere il profitto, cioè il Tornaconto “T ” dell’Imprenditore.
Ma potrebbe capitare che i costi sono maggiori dei ricavi, per cui l’imprenditore avrebbe una
perdita, cioè un tornaconto negativo “- T ”, per cui: ± T = PLV – K
± T = PLV – [Beneficio fondiario + Retribuzioni + Interessi + Quote + Tributi + Spese varie]

Questa, costituisce la formula base del Bilancio aziendale, detta anche Formula del Tornaconto.
In base ai risultati di Bilancio ed al concetto di marginalità evoluto dalla Scuola Neoclassica, si
possono distinguere differenti realtà aziendali secondo la loro redditività, ovvero in merito alla PLV
con cui ottenere ricavi (R) ed ai rispettivi costi sostenuti (K) e necessari per realizzare il ciclo
produttivo. Secondo questo criterio, possiamo distinguere diversi modelli d’impresa, cioè:
 Impresa marginale (Imprenditore ordinario), in cui R = K.
In questo caso l’Imprenditore ha solo il merito di aver svolto sufficientemente il ruolo di
imprenditore concreto. Difatti, non percepisce alcun compenso, in quanto ha fatto solo il
minimo necessario per riuscire a perpetuare il processo produttivo (senza mandare tutto in
deficit) e garantire che i fattori produttivi dell’azienda non risentano di “contraccolpi
economico-finanziari”. Tuttavia, il suo Tornaconto è nullo e, proprio in merito a ciò, questo
Imprenditore viene considerato il più rappresentativo della sua tipologia e nella zona in cui
opera, poiché, per il Principio dell’Ordinarietà, un’Impresa (o\e Imprenditore) è detta
ordinaria quando la redditività della sua azienda è media e continuativa (rispetto alle altre
dello stesso settore e della stessa zona), ma il Tornaconto, nel lungo periodo, è nullo (T = 0),
proprio per evitare di inficiare (con la bravura o incapacità dell’Imprenditore ad organizzare
i fattori) il valore, la funzionalità e la produttività dei fattori della produzione;
 Impresa extramarginale (Imprenditore meno capace della norma), in cui R < K.
Poiché il bilancio aziendale risulta in deficit, sono compromessi i compensi sia dei fattori
della produzione che dell’Imprenditore, che non è riuscito a mantenere nemmeno il livello
dell’ordinarietà sancito (o stabilito) con l’imprenditore concreto, vuoi per la sua incapacità
ad organizzare i fattori, vuoi per contingenze contestuali esterne e da lui non dipendenti;
 Impresa intramarginale (Imprenditore più capace della norma), in cui R > K.
E’ il caso in cui l’Imprenditore, per capacità proprie (organizzazione ottimale dell’azienda)
o\e contingenze contestuali (mercato, vicissitudini delle economie locali e non), si spinge
oltre il livello minimo dell’imprenditore concreto, conseguendo, non solo autopoiesi dei
fattori della produzione, ma anche un surplus (guadagno) per se stesso (T > 0). Dunque,
l’Impresa si posiziona ad un livello maggiore di quello ordinario, generando maggiori
proventi che non derivano dai fattori della produzione, ma dalla bravura\capacità
dell’Imprenditore. Tali supervalenze, se gestiti in maniera proficua, contribuiscono allo
sviluppo tecnico-economico dell’azienda, per appostarsi “sopralamendia” ed essere
considerata d’avanguardia o pilota.

Bisogna dire, però, che quelle appena trattate, sono delle classi aziendali distinte con criteri
economici ormai vetusti. Infatti, nel campo dell’Estimo16 ormai si operano sempre più gli standard
di valutazione internazionali (IVS: International Valuation Standard), dove non si parla più di
“ordinarietà” (T = 0), ma di aziende-target, che realizzano massimi profitti. Ciò vale anche per le
economie politiche internazionali (Macroeconomia): quando si parla si Spread, s’intende la
differenza (in punti percentuali) di valore tra i titoli statali decennali di una Nazione e quelli della
Nazione migliore (cioè che ha una economia trainante); nel caso dell’Europa è la Germania. Quindi,
il riferimento all’Azienda ordinaria è destinato a sparire.

16
L’Estimo è una branca dell’Economia e studia criteri, metodi e procedimenti per valutare beni, servizi ed utilità.

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Abbiamo visto che il profitto dell’imprenditore è dato dalla differenza tra i ricavi delle vendite e i
costi di produzione. Ma, se questo ragionamento può andar bene per l’imprenditore puro, lo stesso
non si può dire per quello concreto. Infatti, quest’ultimo può prodigarsi a svolgere attività lavorative
che vanno oltre il suo ruolo di imprenditore concreto, prendendo il posto (in tutto o in parte) di un
lavoratore, compresa la retribuzione ad esso spettante (salario o\e stipendio), cioè quello che va a
formare il Reddito da lavoro (differente dal R. da capitale, che è di altro fattore produttivo).
Il Reddito è flusso di nuova ricchezza generato dall’esercizio dei fattori della produzione in un arco
di tempo che, se non è specificato, è pari ad un anno; se copre più anni si parla di Reddito periodico.
Il Reddito netto (Rn) è un Reddito al netto dei costi di produzione, quindi è dato dalla differenza tra
i ricavi (E: entrate) ed i costi (U: uscite), da cui la formula: Rn = Ricavi – Costi = E – U.
In una situazione in cui l’imprenditore è concreto, egli non percepirà più solo il surplus pari al
Tornaconto, ma si tratterrà tutte per sé anche le retribuzioni che spetterebbero al dipendente da lui
sostituito; in altre parole, percepirà anche un Reddito, che si confonderà con il Tornaconto.
Per ricavare il reddito, ipotizziamo che l’imprenditore, oltre ad essere concreto, sia anche ordinario
(marginale), per cui: ± T = E – K = [PLT – reimpieghi] – K = PLV – K = 0
± T = 0 = PLV – [Beneficio fondiario + Retribuzioni + Interessi + Quote + Tributi + Spese varie]
Nel caso l’imprenditore ordinario e concreto svolga anche lavoro manuale, percepirà un:
Reddito netto = ± T + Salari = PLV – [Bf + Stipendi + I + Qv + Tr + Spv]
Mentre, se svolgesse anche tutti i lavori intellettuali, si otterrebbe:
Reddito netto = ± T + Retribuzioni = PLV – [Bf + I + Qv + Tr + Spv]
Potrebbe capitare, però, che si tratti di un imprenditore capitalista, per cui percepirà anche gli
interessi sul capitale di esercizio; in questo caso, egli percepirà il seguente:
Reddito netto = ± T + Retribuzioni + Interessi = PLV – [Bf + Qv + Tr + Spv]
E ancora, se fosse anche proprietario del capitali fondiario, egli percepirebbe il seguente:
Reddito netto = ± T + Retribuzioni + Interessi + Beneficio fondiario = PLV – [Qv + Tr + Spv]
Potrebbe essere anche un imprenditore che produce molte o tutte le materie prime, quindi andrebbe
ad abbattere le Spese varie (Spv), ma in tal caso non si tratterebbe di una componente passiva che
diventa attiva per aggiungersi al reddito, bensì di reimpieghi che fanno aumentare la PLV. Per cui,
oltre questo livello, l’imprenditore non può spingersi, motivo per il quale, si può scrivere che:
Reddito netto massimo dell’imprenditore = PLV – [Qv + Tr + Spv]
Un imprenditore impiega i fattori della produzione per ottenere un Tornaconto o\e un Reddito netto.
Quindi, si può pensare che, più grande è una azienda (più capitale fondiario o\e più capitali di
esercizio ecc.) e maggiore saranno i guadagni. Ma, come sappiamo, per la stessa quantità di fattore
produttivo (es. 10ha di vigneto) vi possono essere imprenditori intramarginali, che fanno fruttare
tanto un capitale, e imprenditori extramarginali che vanno in deficit gestendo fattori molto simili.
In questi casi, oltre a ricavare il guadagno totale su 10ha di vigneto, possiamo essere più precisi e
trovare la quantità di guadagno conseguita dall’imprenditore per unità di capitale impiegato.
In altre parole, si parla di quanto guadagna (€) un imprenditore su ogni ettaro (h) coltivato e,
quando il guadagno netto (€) è riferito ad un’unità di misura, si parla di Rendimento (€/ha).
Il Rendimento indica l’utile generato dall’unità di un fattore della produzione impiegato.
Ovviamente, il riferimento più usato per quantificare l’utile è la valùta (€, $, £), mentre la grandezza
con cui si dimensiona l’unità può variare in funzione della tipologia del fattore produttivo, per cui si
avrà: €/ha per un terreno, €/kg*ha per un fertilizzante ecc.. Tuttavia, il rendimento può essere
impiegato anche con altri riferimenti, come Litri/kg di fieno nella produzione di latte.

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Esempio di calcolo del Reddito netto dell’Imprenditore

In una impresa agricola l’imprenditore è concreto solo per il lavoro intellettuale e proprietario del
capitale fondiario, per cui egli non percepirà solo il surplus pari al Tornaconto, ma terrà tutte per sé
anche le retribuzioni che spetterebbero al dipendente impiegato (da lui sostituito) e il Beneficio
fondiario corrispondente al canone di affitto che avrebbe dovuto pagare in affittanza; in altre parole,
percepirà anche un Reddito (Stipendio + Beneficio fondiario), che si confonde con il Tornaconto.
In questo caso, il Reddito netto (Rn) è quello di un imprenditore concreto che svolge tutto il lavoro
intellettuale necessario, ossia che percepisce lo Stipendio (St), ed è proprietario di tutto il capitale
fondiario (terra nuda + capitali stabilmente investiti).
Per cui, dalla formula del Tornaconto, si ha:
± T = PLV – [Beneficio fondiario + Retribuzioni + Interessi + Quote + Tributi + Spese varie]

Che, nel caso specifico, diventa:


± T + Beneficio fondiario + Stipendio = PLV – [ Salari+Interessi+Quote+Tributi+Spese varie]
Da cui: Rn = ± T + Beneficio fondiario + Stipendio
Quindi: Rn = PLV – [ Salari+Interessi+Quote+Tributi+Spese varie]

Volendo simularne il calcolo, ipotizziamo di avere una PLV di 500000€, n°4 operai comuni e di
quantificare a forfait con una percentuale le altre voci di costo, ottenendo i seguenti valori:
PLV = 500000€/anno
Interessi = 10% della PLV= 500000€ * 0,1 = 50000€/anno
Quote = 5% della PLV = 500000€ * 0,05 = 25000€/anno
Tributi = 15% della PLV = 500000€ * 0,15 = 75000€/anno
Spese varie = 20% della PLV = 500000€ * 0,2 = 100000€/anno
Salari = [(8,73€/h * 8h * 225gg) + (13amensilità, 14amensilità e 15amensilità)] * 4 operai =
= [(70€/gg * 225gg) + (70€/gg*225gg * 3mesi / 12mesi)] * 4 =
= [15750€ + 3938€] * 4 operai = 78750€/anno

Adesso, sostituendoli nella formula de Reddito netto si avrà:


Reddito netto = Rn = PLV – [ Salari+Interessi+Quote+Tributi+Spese varie] =
Rn = 500000€ – [78750€+50000€+25000€+75000€+100000€] = 500000€ – 328750€ = 171250€

Quindi, il Reddito netto dell’imprenditore per quell’anno trascorso è di 171250€

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