L’economia studia l’allocazione di risorse scarse per soddisfare gli illimitati bisogni dell’uomo. È spesso descritta come la scienza della scelta vincolata. La microeconomia esamina il comportamento economico delle singole unità decisionali, come consumatori o aziende o gruppi di agenti economici, come nuclei familiari o industrie. Le analisi economiche vengono spesso condotte realizzando e analizzando modelli di un particolare problema. Dato che il mondo reale è intrinsecamente complesso, un modello economico rappresenta solo un’astrazione semplificata della realtà. Nell’analizzare qualsiasi modello è necessario comprendere quali variabili sono date (variabili esogene) e quali sono da determinare all’interno del modello (variabili endogene). Variabile esogena: una variabile il cui valore è considerato come dato nell’analisi di un sistema economico. Variabile endogena: una variabile il cui valore è determinato all’interno del modello economico in esame. Tre essenziali strumenti dell’analisi microeconomica sono: 1. L’ottimizzazione vincolata, che viene utilizzata da chi deve prendere decisioni per massimizzare o minimizzare una funzione obiettivo soggetta a vincoli; 2. L’analisi dell’equilibrio, usata per descrivere una condizione o uno stato che può continuare indefinitamente fino a quando non ci sia un cambiamento in una variabile esogena; 3. La statica comparata, usata per esaminare l’effetto che un cambiamento di qualche variabile esogena ha sui livelli di alcune variabili endogene di un modello economico, inclusi l’equilibrio e l’ottimizzazione vincolata. Funzione obiettivo: la funzione che un decisore cerca di massimizzare o minimizzare. Vincoli: le restrizioni o limiti imposti al decisore in un problema di ottimizzazione vincolata. In microeconomia, il termine marginale misura di quanto una variabile cambi come risultato dell’aggiunta di un’ulteriore unità a una variabile indipendente. La microeconomia fornisce strumenti che possiamo usare per esaminare questioni positive e normative. L’analisi positiva cerca di spiegare come funziona un sistema economico e di predire come cambieranno le variabili endogene al variare di quelle esogene. L’analisi normativa, in genere, si concentra su problemi legati al benessere sociale, esaminando ciò che può andare verso o contro il bene comune.
Capitolo 2: domanda e offerta
La curva di domanda di mercato illustra la quantità di beni che i consumatori sono disposti ad acquistare a differenti livelli di prezzo (pendenza negativa). La curva di offerta di mercato illustra la quantità di beni che i produttori sono disposti a offrire a differenti livelli di prezzo (pendenza positiva). Domanda derivata: domanda di un bene derivante dalla produzione e vendita di altri beni. Domanda diretta: domanda di un bene derivante dal desiderio dei compratori di consumare direttamente il bene stesso. Legge della domanda: la relazione inversa che lega prezzo e quantità domandata di un bene, quando tutti gli altri fattori che influenzano la domanda sono tenuti costanti. Legge dell’offerta: la relazione positiva fra prezzo e quantità offerta, quando tutti gli altri fattori che influenzano l’offerta sono tenuti costanti. L’equilibrio di mercato si raggiunge a un prezzo al quale la quantità offerta eguaglia la quantità domandata. A questo prezzo, la curva di offerta e la curva di domanda si intersecano. Equilibrio: il punto in corrispondenza del quale il prezzo di mercato non tende a variare fin tanto che le variabili esogene restano costanti. Eccesso di offerta: una situazione in cui la quantità offerta a un determinato prezzo supera la quantità domandata. Eccesso di domanda: una situazione in cui la quantità domandata a un determinato prezzo supera la quantità offerta. L’analisi di statica comparata sull’equilibrio di mercato consiste nel tracciare l’effetto di un cambiamento in una variabile esogena, come il reddito dei consumatori, il prezzo di altri beni o i prezzi dei fattori di produzione, sul prezzo e sulla quantità di equilibrio di mercato. L’elasticità della domanda rispetto al prezzo misura la sensibilità della quantità domandata rispetto al prezzo. È il cambiamento percentuale della quantità domandata sul cambiamento percentuale del prezzo. Elasticità della domanda al prezzo: una misura del tasso di variazione percentuale della quantità domandata rispetto al prezzo, a parità di tutti gli altri fattori che incidono sulla domanda. Elasticità dell’offerta rispetto al prezzo: la variazione percentuale della quantità offerta per ogni variazione percentuale del prezzo, mantenendo costanti tutti gli altri fattori da cui dipende l’offerta. Domanda perfettamente inelastica (o anelastica): l’elasticità della domanda al prezzo è uguale a 0. Domanda inelastica (o anelastica): l’elasticità della domanda al prezzo è tra 0 e 1. Domanda con elasticità unitaria: l’elasticità della domanda al prezzo è uguale a -1. Domanda elastica: l’elasticità della domanda al prezzo è tra -1 e -∞. Domanda perfettamente elastica: l’elasticità della domanda al prezzo è uguale a -∞. Le curve di domanda usate comunemente includono la curva di domanda a elasticità costante e la curva di domanda lineare. L’elasticità della domanda rispetto al prezzo è costante lungo una curva di domanda a elasticità costante, mentre varia lungo una curva di domanda lineare. Curva di domanda lineare: una curva di domanda del tipo Q=a – bP. Curva di domanda inversa: una funzione di domanda che esprime il prezzo in funzione della quantità. Curva di domanda con elasticità costante: una curva di domanda del tipo Q = aP-b, dove a e b sono costanti positive. Il termine -b rappresenta l’elasticità della domanda rispetto al prezzo lungo questa curva. La domanda di un prodotto tende a essere più elastica al prezzo quando sono disponibili delle buone alternative e quando il prodotto rappresenta una parte significativa della spesa totale dei consumatori. La domanda per un prodotto tende a essere meno elastica nel prezzo quando il prodotto ha pochi sostituti, quando rappresenta una piccola frazione della spesa totale dei consumatori e quando viene visto come una necessità. È importante distinguere tra elasticità della domanda rispetto al prezzo a livello di mercato ed elasticità della domanda rispetto al prezzo a livello di marchio. La domanda può essere inelastica nel prezzo a livello di mercato ma molto elastica a livello di marchio. Altri importanti tipi di elasticità sono: l’elasticità della domanda rispetto al reddito e l’elasticità incrociata della domanda rispetto al prezzo. Elasticità della domanda rispetto al reddito: il rapporto tra la variazione percentuale della quantità domandata e la variazione percentuale del reddito, mantenendo costante il prezzo e tutti gli altri fattori da cui dipende la domanda. Elasticità incrociata della domanda rispetto al prezzo: il rapporto tra la variazione percentuale della quantità domandata di un bene e la variazione percentuale del prezzo di un altro bene. Per molti prodotti, la domanda nel lungo periodo sembra essere più elastica nel prezzo rispetto alla domanda di breve periodo. Tuttavia, per i beni durevoli come gli aerei commerciali, la domanda nel lungo periodo sembra essere meno elastica nel prezzo rispetto alla domanda di breve periodo. Allo stesso modo, l’offerta nel lungo periodo per molti beni sembra essere più elastica al prezzo rispetto all’offerta nel breve periodo. Tuttavia, per i prodotti che possono essere riciclati, l’offerta nel lungo periodo può essere meno elastica nel prezzo rispetto all’offerta nel breve periodo. Curva di domanda di lungo periodo: la curva di domanda che fa riferimento al periodo di tempo nel quale il consumatore può adattare pienamente le proprie decisioni di acquisto a cambiamenti di prezzo. Curva di domanda di breve periodo: la curva di domanda che fa riferimento al periodo di tempo in cui il consumatore non può adattare pienamente le proprie abitudini d’acquisto a cambiamenti di prezzo. Curva di offerta di lungo periodo: la curva di offerta che fa riferimento al periodo di tempo in cui il venditore può adattare pienamente le proprie decisioni di offerta a cambiamenti di prezzo. Curva di offerta di breve periodo: la curva di offerta che fa riferimento al periodo di tempo in cui il venditore non può adattare pienamente le proprie decisioni di offerta a cambiamenti di prezzo. È possibile utilizzare semplici tecniche per tracciare agevolmente delle curve di domanda e di offerta adatte ai dati di mercato osservati. Se si hanno a disposizione il prezzo, la quantità e l’elasticità della domanda rispetto al prezzo è possibile tracciare la curva di domanda per i dati osservati. L’informazione sulle variazioni del prezzo, associata con la conoscenza che la curva di domanda si è spostata, può essere usata per identificare una curva di offerta stazionaria. Sapere, invece, che la curva di offerta si è spostata consente di identificare una curva di domanda stazionaria. Fattori di produzione: risorse come il lavoro e le materie prime utilizzate nella produzione di un bene. Beni sostituti: due prodotti correlati tali che se aumenta il prezzo di uno, aumenta la domanda per l’altro. Beni complementi: due prodotti correlati tali che se aumenta il prezzo di uno, diminuisce la domanda per l’altro. Beni durevoli: beni come le automobili o gli aeroplani che danno un servizio per un lungo periodo.
Parte 2: teoria del consumatore
Capitolo 3: le preferenze del consumatore e il concetto di utilità Le preferenze del consumatore rivelano come un consumatore ordina (pone a confronto la desiderabilità di) ciascuna coppia di panieri, ipotizzando che i panieri siano disponibili a costo zero. In quasi tutte le situazioni è ragionevole fare tre ipotesi sulle preferenze del consumatore. 1. Completezza: il consumatore è in grado di ordinare tutti i panieri. 2. Transitività: se il consumatore preferisce il paniere A al paniere B e il paniere B al paniere E, allora preferisce il paniere A al paniere E. 3. Monotonicità o non sazietà: avere una quantità maggiore di ciascun bene aumenta la soddisfazione del consumatore. Paniere: una combinazione di beni e servizi acquistabili da un consumatore. Ordinamento ordinale: ordinamento che indica se un consumatore preferisce un paniere a un altro, ma non fornisce informazioni di tipo quantitativo sull’intensità delle preferenze. Ordinamento cardinale: misura quantitativa dell’intensità della preferenza di un paniere rispetto a un altro. Una funzione di utilità misura il livello di soddisfazione che un consumatore trae da ogni paniere di beni. Le tre ipotesi sulle preferenze implicano che le preferenze possono essere rappresentate da una funzione di utilità. L’utilità marginale di un bene x (MUx) rappresenta il saggio a cui l’utilità totale varia all’aumentare del consumo del bene x. Principio dell’utilità marginale decrescente: tale principio dice che oltre un certo limite, all’aumentare del consumo di un bene, l’utilità marginale di quel bene inizia a diminuire. Una curva di indifferenza mostra un insieme di panieri di consumo che generano lo stesso livello di soddisfazione per il consumatore. Le curve di indifferenza non possono intersecarsi. Se al consumatore piace sia il bene x sia il bene y (cioè MU x e MUy sono entrambe positive), allora le curve di indifferenza avranno inclinazione negativa. Il saggio marginale di sostituzione tra il bene x e il bene y (MRSx, y) per ogni paniere è il tasso a cui il consumatore è disposto a cedere parte del bene y per avere una maggiore quantità del bene x, mantenendo costante il livello dell’utilità. In un grafico dove sia riportato sull’asse orizzontale il bene x e sull’asse verticale il bene y, MRS x, y per ciascun paniere è uguale alla pendenza della curva di indifferenza in quel punto cambiata di segno. Per gran parte dei beni ci aspetteremmo di osservare una diminuzione di MRS x, y: in questo caso le curve di indifferenza saranno convesse. Saggio marginale di sostituzione decrescente: una caratteristica delle preferenze del consumatore per la quale MRS di un bene per un altro cala quando aumenta il consumo del primo bene lungo la curva di indifferenza. Se due beni sono perfetti complementi il consumatore acquista i due beni in proporzioni fisse. Le curve di indifferenza avranno una forma a L. Perfetti sostituti: due beni per i quali MRS è costante e quindi le curve di indifferenza sono linee rette. Perfetti complementi: due beni che il consumatore vuole sempre consumare in proporzione fissa. Funzione di utilità di Cobb-Douglas: una funzione di utilità del tipo U=Axαyβ. Funzione di utilità quasi lineare: una funzione di utilità che è lineare in almeno uno dei beni consumati ma potrebbe essere non lineare negli altri beni. Se la funzione di utilità di un consumatore è quasi-lineare (lineare in y ma in generale non lineare in x), le curve di indifferenza saranno parallele. Per ogni valore di x, la pendenza di tutte le curve di indifferenza (e quindi MRSx, y) sarà la stessa.
Capitolo 4: la teoria della scelta del consumatore
Una linea di bilancio rappresenta l’insieme di tutti i panieri che un consumatore può acquistare spendendo tutto il suo reddito disponibile. La linea di bilancio si sposta verso l’alto in modo parallelo se il consumatore dispone di un reddito maggiore e ruota attorno all’intercetta dell’asse verticale se il prezzo del bene sull’asse orizzontale varia (tenendo costanti il reddito del consumatore e il prezzo del bene sull’asse verticale). Scelta ottima: la scelta di un consumatore riguardo a un paniere di beni che a) massimizza la sua soddisfazione (utilità) e b) gli consente di rimanere entro il suo vincolo di bilancio. Se il consumatore massimizza la sua utilità rimanendo entro il suo vincolo di bilancio (ovvero, scegliendo un paniere sulla linea di bilancio o al di sotto di essa) e se vi sono utilità marginali positive per tutti i beni, il paniere ottimo giace sulla linea di bilancio. Ottimo interno: un paniere ottimo in corrispondenza del quale il consumatore acquista quantità positive di tutti i beni. Quando un consumatore che massimizza la sua utilità acquista quantità positive di due beni, sceglierà le corrispondenti quantità dei due beni in modo tale che il rapporto tra le loro utilità marginali (ovvero il tasso marginale di sostituzione) uguaglia il rapporto tra i prezzi dei beni. Quando un consumatore che massimizza la sua utilità acquista quantità positive di due beni, le sceglierà in modo tale che l’utilità marginale per euro speso sia la stessa per ognuno dei due beni. Problema di minimizzazione della spesa: la scelta del consumatore di un paniere di beni che minimizza la spesa totale per raggiungere un determinato livello di utilità. Punto d’angolo: una soluzione al problema di scelta ottima del consumatore in cui uno dei due beni non viene consumato: in questo caso il paniere ottimo si trova su uno degli assi. Bene composito: il bene che rappresenta la spesa totale effettuata per tutti gli altri beni, a esclusione di quello considerato. Preferenze rivelate: metodo che consente di determinare come un consumatore classifichi i suoi panieri in ordine di preferenza, osservando come cambiano le scelte del consumatore in seguito a variazioni di prezzo dei beni o a variazioni di reddito.
Capitolo 5: la teoria della domanda
È possibile derivare la curva di domanda individuale di un consumatore per un bene dalle sue preferenze dal suo vincolo di bilancio. La curva di domanda di un consumatore mostra come la scelta ottima di un bene vari al variare del prezzo del bene. È anche possibile interpretare la curva di domanda come una rappresentazione della “disponibilità a pagare” del consumatore per quel bene. Curva prezzo-consumo: l’insieme dei panieri che massimizzano l’utilità del consumatore, al variare del prezzo di uno dei beni (mantenendo costanti il reddito e i prezzi degli altri beni). Curva reddito-consumo: l’insieme dei panieri che massimizzano l’utilità del consumatore, al variare del reddito (mantenendo costanti i prezzi). Curva di Engel: la curva che mette in relazione la quantità domandata di un bene con il livello del reddito, mantenendo costanti i prezzi di tutti i beni. Un bene è normale se il consumatore acquista di più di quel bene all’aumentare del suo reddito. Un bene è inferiore se il consumatore acquista di meno di quel bene all’aumentare del suo reddito. È possibile scomporre in due parti l’effetto di una variazione di prezzo di un bene sulla quantità domandata di quel bene: l’effetto sostituzione e l’effetto reddito. L’effetto sostituzione è la variazione nella quantità domandata di un bene in seguito alla variazione di prezzo, tenendo costanti tutti gli altri prezzi e il livello di utilità. Quando le curve di indifferenza sono convesse rispetto all’origine degli assi (tasso marginale di sostituzione decrescente), l’effetto sostituzione opererà in direzione opposta al cambiamento di prezzo. Se il prezzo del bene diminuisce, l’effetto sostituzione sarà positivo. Se il prezzo del bene aumenta, l’effetto sostituzione sarà negativo. L’effetto reddito è la variazione nella quantità domandata di un bene in seguito alla variazione nel potere d’acquisto del consumatore, mantenendo costanti tutti i prezzi. Se il bene è normale, l’effetto reddito rafforzerà l’effetto sostituzione. Se il bene è inferiore, l’effetto reddito opererà in direzione opposta rispetto all’effetto sostituzione. Se il bene è considerato dal consumatore così marcatamente inferiore che l’effetto reddito supera l’effetto sostituzione, la curva di domanda sarà inclinata positivamente su un certo intervallo di prezzo. Questo tipo di bene è detto bene di Giffen. Il surplus del consumatore è la differenza tra la somma massima che un consumatore è disposto a pagare per un bene e la somma che effettivamente deve pagare per acquistare quel bene. Senza effetti di reddito, il surplus del consumatore fornisce una misura monetaria del maggior benessere del consumatore in seguito all’acquisto del bene. Rappresentato su un grafico, il surplus del consumatore sarà l’area al di sotto della curva di domanda di un bene e al di sopra del prezzo di equilibrio di quel bene. Variazioni di surplus mostrano la variazione di benessere del consumatore al variare del prezzo del bene. Utilizzando diagrammi di scelta ottima, è possibile valutare l’impatto di un cambiamento di prezzo da due punti di vista: la variazione compensativa e la variazione equivalente. La variazione compensativa misura quanto denaro il consumatore è disposto a rinunciare dopo la riduzione del prezzo di un bene per avere lo stesso livello di benessere che aveva prima del cambiamento di prezzo. La variazione equivalente misura quanto denaro si dovrebbe dare a un consumatore prima della riduzione di prezzo di un bene perché questi abbia lo stesso livello di benessere che avrebbe dopo il cambiamento di prezzo. Se vi è un effetto reddito, la variazione equivalente e la variazione compensativa saranno diverse e queste due misure saranno altresì diverse dalla variazione di area (surplus del consumatore) al di sotto della curva di domanda. Se l’effetto reddito è trascurabile, la variazione equivalente e la variazione compensativa potrebbero essere simili e la variazione di area (surplus del consumatore) al di sotto della curva di domanda sarebbe una buona approssimazione (benché non una misura esatta) dell’impatto monetario del cambiamento di prezzo. Senza effetto reddito, la variazione compensativa e la variazione equivalente forniscono la stessa misura del valore monetario che un consumatore attribuisce al cambiamento di prezzo del bene. La variazione di area al di sotto della curva di domanda (surplus del consumatore) sarà uguale alla variazione compensativa e alla variazione equivalente. La curva di domanda di mercato di un bene è la somma orizzontale di tutte le domande individuali di mercato per quel bene (ipotizzando che non vi siano esternalità di rete). Esternalità di rete: una caratteristica della domanda che si realizza quando la quantità domandata di un bene da parte di un consumatore dipende dal numero di altri acquirenti di quel bene. L’effetto traino è un’esternalità positiva di rete. Grazie all’effetto traino, la domanda del consumatore per un determinato bene aumenta se aumenta il numero dei consumatori intenzionati ad acquistarlo. L’effetto snob è un’esternalità negativa di rete. A causa dell’effetto snob, la domanda dei consumatori per un determinato bene diminuisce se aumenta il numero dei consumatori intenzionati ad acquistarlo. Il modello di scelta ottima del consumatore permette anche di capire quanto un individuo scelga di lavorare. La felicità di un consumatore dipende dalla quantità di tempo che trascorre in attività ricreative, così come dalla quantità di beni e servizi che può acquistare. Deve dunque lavorare (ovvero rinunciare al divertimento) per guadagnare un reddito necessario per l’acquisto dei beni e servizi che desidera. Pertanto, quando sceglie la domanda di divertimento, egli determina anche la sua offerta di lavoro.
Parte 3: teoria della produzione dei costi
Capitolo 6: la teoria della produzione La funzione di produzione è la relazione che consente di determinare l’output massimo che un’impresa può produrre in ragione dei fattori o input disponibili. Input: risorse come il lavoro, i macchinari e gli impianti, le materie prime, che consentono, combinate, di realizzare prodotti finiti. Output: il volume o la quantità di bene o servizio prodotto da un’impresa. Funzione della domanda (tecnica) di lavoro: indica la quantità minima di lavoro necessaria per produrre un dato ammontare di output. Insieme di produzione: la combinazione di input e output realizzabile date le tecnologie e le conoscenze disponibili. Tecnologicamente inefficienti: lo sono le combinazioni per le quali l’impresa realizza un output inferiore rispetto a quanto potrebbe, impiegando adeguatamente il fattore (lavoro) disponibile. Tecnologicamente efficienti: lo sono le combinazioni per le quali l’impresa produce l’output massimo possibile in ragione dell’ammontare di fattore (lavoro) disponibile. Funzione del prodotto totale: una funzione di produzione con un solo input, che mostra quanto il prodotto totale dipenda dalla quantità di input impiegata. Una funzione di produzione di questo tipo è caratterizzata da tre aree o superfici nel piano: l’area del prodotto marginale crescente, quella del prodotto marginale decrescente e quella del prodotto totale decrescente. Prodotto marginale del lavoro: misura quanto varia il prodotto totale in ragione di una variazione (discreta o piccola o infinitesima) della quantità di lavoro impiegata dall’impresa. Prodotto (produttività) marginale del lavoro crescente: il tratto della funzione del prodotto totale al quale corrisponde un incremento più che proporzionale del prodotto per ogni unità in più di lavoro impiegata. Prodotto (produttività) marginale del lavoro decrescente: il tratto della funzione del prodotto totale al quale corrisponde un incremento meno che proporzionale del prodotto per ogni unità in più di lavoro impiegata. Prodotto totale del lavoro decrescente: il tratto della funzione al quale corrisponde una diminuzione dell’output totale per ogni unità in più di lavoro impiegata. Prodotto medio del lavoro: l’output che si ottiene, in media, da ogni unità (ora) di lavoro; rapporto tra prodotto totale e quantità di lavoro impiegata. La legge dei rendimenti decrescenti dice che, all’aumentare dell’impiego di un input (per esempio, il lavoro), date le quantità di tutti gli altri input, il prodotto marginale dell’input variabile (il lavoro, appunto) a un certo punto sarà destinato a diminuire. Solido del prodotto totale: una figura tridimensionale della funzione di produzione. Gli isoquanti consentono di rappresentare funzioni di produzione a più fattori in un grafico a due dimensioni. L’isoquanto mostra tutte le combinazioni di lavoro e capitale che consentono di produrre la medesima quantità; è una curva, quindi, che mostra le combinazioni per le quali l’output risulta costante. Per talune funzioni di produzione, gli isoquanti possono risultare crescenti o cambiare la loro curvatura nel piano. In questo caso si può parlare di aree di produzione inefficiente. Qui, almeno uno degli input è caratterizzato da un prodotto marginale negativo. Area inefficiente di produzione: la regione caratterizzata da isoquanti con pendenza positiva. L’area di produzione efficiente corrisponde agli isoquanti inclinati negativamente o decrescenti nel piano; è la regione caratterizzata da isoquanti con la tipica pendenza negativa. Il tasso marginale di sostituzione tecnica tra capitale e lavoro è il rapporto al quale la quantità di capitale può essere ridotta per ogni unità in più di lavoro, mantenendo costante l’output (il prodotto finale). Matematicamente, il tasso marginale di sostituzione del lavoro al capitale è pari al rapporto tra il prodotto marginale del lavoro e il prodotto marginale del capitale. Isoquanti convessi implicano un tasso marginale di sostituzione tecnica tra lavoro e capitale decrescente, cioè una sempre minore quantità di capitale può essere sacrificata per ogni unità aggiuntiva di lavoro (sempre muovendosi lungo l’isoquanto): il tasso marginale di sostituzione tecnica del lavoro al capitale diminuisce all’aumentare della quantità di lavoro impiegata lungo un medesimo isoquanto. Elasticità di sostituzione: una misura di quanto sia facile per un’impresa sostituire il lavoro al capitale e viceversa. Si ottiene dividendo la variazione percentuale del rapporto capitale-lavoro (K/L) con la variazione percentuale del tasso marginale di sostituzione tecnica lungo un isoquanto. Rapporto capitale-lavoro: è il rapporto tra quantità capitale e quantità lavoro. Tre importanti tipologie di funzione di produzione sono: lineare (perfetti sostituti), a proporzioni fisse (perfetti complementi) e Cobb-Douglas. Ciascuna è esempio della funzione di produzione a elasticità di sostituzione costante. Funzione di produzione lineare: una funzione di produzione del tipo Q = aL + bK dove a e b sono coefficienti positivi. Perfetti sostituti (nella produzione): input caratterizzati da un tasso marginale di sostituzione costante. Funzione di produzione a proporzioni fisse: una funzione di produzione dove gli input sono combinati in un rapporto costante tra di loro. Perfetti complementi (nella produzione): input impiegati in una funzione di produzione a proporzioni fisse. Funzione di produzione Cobb-Douglas: una funzione di produzione del tipo Q = Alα Kβ dove Q è l’output che deriva dall’impiego di L unità di lavoro e K unità di capitale e dove A, α e β sono costanti positive. Funzione di produzione a elasticità di sostituzione costante: una funzione di produzione che include quella lineare, a proporzioni fisse o Cobb-Douglas, come caso particolare. I rendimenti di scala consentono di determinare di quanto aumenta l’output quando tutti gli input sono aumentati di una determinata percentuale. Se, a un dato aumento percentuale degli input, l’output aumenta più che proporzionalmente, si hanno rendimenti di scala crescenti. Se, a un dato aumento percentuale degli input, l’output aumenta meno che proporzionalmente, si hanno rendimenti di scala decrescenti. Se, a un dato aumento percentuale degli input, l’output aumenta nella medesima percentuale, si hanno rendimenti di scala costanti. Progresso tecnologico: una variazione del processo produttivo che consente a un’impresa di ottenere un maggior output da una data combinazione di input o il medesimo output da minori quantità di input. Il progresso tecnologico può essere neutrale, a risparmio di lavoro o a risparmio di capitale. Ciò dipende dal fatto se il tasso marginale di sostituzione tecnica rimane costante, decresce o aumenta per un determinato rapporto capitale-lavoro. Progresso tecnologico neutrale: il progresso tecnologico che consente di diminuire le quantità di lavoro e di capitale per ottenere un dato output, senza che vari il tasso marginale di sostituzione tecnica tra i due fattori. Progresso tecnologico a risparmio di lavoro: il progresso tecnologico che determina un prodotto marginale crescente del capitale, rispetto al prodotto marginale del lavoro. Progresso tecnologico a risparmio di capitale: il progresso tecnologico che determina un prodotto marginale crescente del lavoro, rispetto al prodotto marginale del capitale.
Capitolo 7: costi e minimizzazione dei costi
Il costo opportunità di una decisione è il guadagno associato alla migliore tra le alternative non scelte. I costi opportunità devono essere verificati in ragione delle opportunità futuribili alle quali si potrebbe rinunciare. Per l’impresa il costo opportunità dell’uso di un input è il suo prezzo di mercato attuale. I costi espliciti corrispondono a una precisa uscita monetaria. I costi impliciti non comportano un’uscita monetaria. I costi contabili si riferiscono ai soli costi espliciti sostenuti in passato. I costi economici includono i costi espliciti e impliciti. I costi non recuperabili sono già stati sopportati e non possono essere recuperati. I costi recuperabili possono essere evitati se determinate scelte non vengono intraprese. Il problema di minimizzazione dei costi: si determina quale combinazione produttiva comporti i costi minimi per l’impresa che intende realizzare un certo livello produttivo. Il lungo periodo è un periodo di tempo sufficientemente lungo da consentire all’impresa di poter variare le quantità di tutti i suoi input. Il breve periodo è un periodo di tempo nel quale almeno un input è fisso e non può essere cambiato. Un isocosto rappresenta tutte le combinazioni di input che corrispondono a uno stesso costo totale. Se si misura il lavoro sull’asse orizzontale e su quello verticale si misura il capitale, la pendenza dell’isocosto è il rapporto, con il segno meno davanti, tra il prezzo del lavoro e quello del capitale. Nel caso di soluzione interna o non d’angolo al problema di minimizzazione dei costi di lungo periodo, l’impresa eguaglia il tasso marginale di sostituzione tecnica tra due fattori al loro prezzo relativo. Allo stesso modo il rapporto tra il prodotto marginale di un input e il suo prezzo è uguale allo stesso rapporto per gli altri input. Nel caso di una soluzione d’angolo, i rapporti fra prodotti marginali e prezzi dei fattori potrebbero non essere uguali. L’aumento del prezzo di un input determina che la sua quantità di impiego ottimale nell’ipotesi di minimizzazione dei costi diminuisca o rimanga inalterata. Non può derivare mai un aumento del suo impiego. Input normale: un input o fattore il cui impiego aumenta – nell’ipotesi di minimizzazione dei costi – quando l’impresa intende produrre un maggior output. Input inferiore: un input o fattore il cui impiego diminuisce – nell’ipotesi di minimizzazione dei costi – quando l’impresa intende produrre un maggior output. Il sentiero di espansione consente di verificare come variano le combinazioni di input che minimizzano i costi in ragione di variazioni nei livelli di output; è la linea che unisce tutte le combinazioni di ottimo degli input, al variare dell’output e invariati i prezzi degli input. La curva di domanda di un input mostra come la quantità ottimale (cioè quella che minimizza i costi) dello stesso varia al variare del suo prezzo. Curva di domanda di lavoro: una curva che mostra quanto lavoro domanda l’impresa che minimizza i costi al variare del prezzo del lavoro. Curva di domanda di capitale: una curva che mostra quanto capitale domanda l’impresa che minimizza i costi al variare del prezzo del capitale. L’elasticità della domanda di un input misura la variazione percentuale della quantità ottimamente impiegata al variare dell’1% del prezzo dell’input. Elasticità della domanda di lavoro al prezzo: la variazione percentuale della quantità di lavoro che minimizza i costi rispetto a una variazione dell’1% del prezzo del lavoro o salario. Elasticità della domanda di capitale al prezzo: la variazione percentuale della quantità di capitale che minimizza i costi rispetto a una variazione dell’1% del prezzo del capitale. Se l’elasticità di sostituzione tra gli input è modesta, l’elasticità della domanda di un input al prezzo è anch’essa modesta. Viceversa, se l’elasticità di sostituzione tra gli input è elevata, l’elasticità della domanda di un input al prezzo è anch’essa elevata. I costi variabili sono sensibili a variazioni dell’output. I costi fissi non variano al variare dei livelli di output. Tutti i costi variabili sono recuperabili. I costi fissi possono essere recuperabili o non recuperabili. La minimizzazione dei costi nel breve periodo implica di scegliere una combinazione di input quando almeno uno è fisso. Costo variabile totale: la somma della spesa per gli input variabili come il lavoro o le materie prime nell’ipotesi di minimizzazione dei costi di breve periodo. Costo fisso totale: il costo degli input fissi, che non varia al variare dell’output.
Capitolo 8: le curve di costo
La curva di costo totale di lungo periodo mostra come il livello minimo dei costi totali varia al variare della quantità prodotta (quantità di output), supposti costanti i prezzi degli input e scegliendo la combinazione di input che minimizza i costi. Un aumento dei prezzi degli input ruota verso l’alto la curva di costo totale di lungo periodo facendo perno sull’origine degli assi. Il costo medio di lungo periodo il costo totale di produzione per unità di output, pari al rapporto tra costo totale e quantità o volume di produzione. Il costo marginale di lungo periodo è il tasso al quale il costo totale di lungo periodo varia rispetto alla variazione dell’output. Il costo marginale di lungo periodo può essere inferiore, superiore o uguale al costo medio di lungo periodo. Questo se il costo medio di lungo periodo è decrescente, è crescente o rimane costante al crescere dell’output prodotto. Le economie di scala descrivono una situazione in cui il costo medio di lungo periodo decresce all’aumentare dell’output. Le economie di scala sono causate da proprietà tecniche dei processi produttivi, dalla specializzazione del lavoro e dalla indivisibilità degli input. Le diseconomie di scala corrispondono alla situazione nella quale il costo medio di lungo periodo cresce all’aumentare dell’output. Una delle principali fonti di diseconomie di scala è data dalle diseconomie manageriali. La scala minima efficiente (MES) è la più piccola quantità per la quale la curva di costo medio di lungo periodo raggiunge il suo minimo. In presenza di economie di scala i rendimenti di scala dei fattori produttivi sono crescenti; in corrispondenza di diseconomie di scala i rendimenti di scala sono decrescenti; in assenza di economie e diseconomie di scala, i rendimenti di scala sono costanti. L’elasticità dei costi totali rispetto alla quantità prodotta misura l’ampiezza delle economie di scala. Consiste nella variazione percentuale del costo totale per una variazione dell’1% della quantità prodotta. La curva di costo totale di breve periodo misura il costo totale minimo relativo alla produzione di un determinato output, quando almeno un input è fisso. Il costo totale di breve periodo è la somma di due componenti: costo totale variabile e costo totale fisso. Il costo totale di breve periodo è sempre maggiore del costo totale di lungo periodo, eccetto che per la quantità di output per la quale la dimensione del fattore fisso consente di minimizzare i costi. Il costo medio di breve periodo è la somma di costo variabile medio e costo fisso medio; è il costo totale per unità di output in presenza di uno o più fattori fissi. Il costo marginale di breve periodo è la variazione del costo totale di breve periodo rispetto alla quantità; è la pendenza del costo totale di breve periodo. La curva di costo medio di lungo periodo è l’inviluppo delle curve di costo medio di breve periodo. Curva del costo variabile totale: una curva che mostra la somma della spesa in input variabili, come il lavoro e le materie prime, in corrispondenza della combinazione di input che minimizza i costi nel breve periodo. Curva del costo totale fisso: una curva che mostra il costo degli input fissi e che non varia con la quantità prodotta. Costo variabile medio: il costo totale variabile per unità di prodotto. Costo fisso medio: il costo totale fisso per unità di prodotto.
Parte 4: concorrenza perfetta
Capitolo 9: la concorrenza perfetta I mercati perfettamente concorrenziali hanno quattro caratteristiche: l’industria è frammentata, le imprese producono beni indifferenziati, i consumatori sono perfettamente informati sui prezzi e tutte le imprese hanno uguale accesso alle risorse. Queste caratteristiche implicano che le imprese agiscono come price-taker, che l’output è venduto a un unico prezzo, e che vi è libertà di entrata nell’industria. Industria frammentata: un’industria in cui sono presenti molti acquirenti e venditori. Beni indifferenziati: beni e servizi percepiti come omogenei dai consumatori. Perfetta informazione sui prezzi: piena conoscenza, da parte dei consumatori, dei prezzi praticati da tutti i venditori. Uguale accesso alle risorse: condizione per la quale le imprese – quelle presenti e le potenziali entranti – hanno accesso alla medesima tecnologia e ai medesimi input produttivi. Price-taker: un venditore o un compratore che prende il prezzo del bene o servizio come dato quando deve decidere la quantità da domandare (acquirente) o da offrire (venditore). Legge del prezzo unico: in un’industria perfettamente concorrenziale, la proprietà in base alla quale tutte le transazioni tra acquirenti e venditori avvengono a un unico e comune prezzo di mercato. Libertà di entrata: caratteristica di un’industria in cui ciascun potenziale entrante ha accesso alla medesima tecnologia e agli stessi input produttivi delle imprese già insediate. La massimizzazione del profitto economico (e non del profitto contabile) è l’obiettivo dell’impresa. Il profitto economico è dato dalla differenza tra i ricavi dell’impresa e i suoi costi economici totali, inclusi tutti i costi opportunità. Il ricavo marginale è il ricavo aggiuntivo che un’impresa ottiene dalla vendita di un’unità addizionale, o il ricavo a cui essa rinuncia producendo un’unità in meno; è il saggio al quale varia il ricavo totale al variare dell’output. La curva del ricavo marginale di un’impresa price-taker è una linea orizzontale corrispondente al prezzo di mercato. Un’impresa price-taker massimizza il suo profitto producendo un livello di output in corrispondenza del quale il costo marginale uguaglia il prezzo di mercato, e la curva del costo marginale è inclinata positivamente. Costo fisso non recuperabile: un costo fisso che l’impresa non può evitare se sospende l’attività e produce una quantità nulla. Se tutti i costi fissi sono non recuperabili, un’impresa perfettamente concorrenziale produrrà una quantità positiva nel breve periodo solo se il prezzo di mercato eccede il costo medio variabile. Il prezzo di chiusura – il prezzo al di sotto del quale l’impresa produce un output pari a zero (sospende la produzione) – corrisponde al valore minimo del costo medio variabile. Costo fisso recuperabile: un costo fisso che deve essere sostenuto dall’impresa se produce un output positivo ma che non deve essere sostenuto se l’impresa non produce. Se alcuni costi fissi sono recuperabili, l’impresa produce un output positivo solo se il prezzo eccede i costi medi recuperabili. Il prezzo di chiusura corrisponde al valore minimo del costo medio recuperabile. Costo medio recuperabile: la somma del costo medio variabile e del costo medio fisso recuperabile. Curva di offerta di breve periodo: la curva di offerta che mostra come la scelta della quantità che massimizza il profitto dell’impresa varia al variare del prezzo di mercato, nell’ipotesi che l’impresa non possa modificare tutti i suoi fattori della produzione (per esempio, la quantità di capitale o di terra). Se i prezzi degli input non variano al variare della quantità prodotta nel mercato, la curva di offerta di mercato di breve periodo corrisponde alla somma delle curve di offerta individuali di breve periodo delle imprese. Il prezzo di equilibrio di breve periodo coincide con il punto in cui la curva di domanda di mercato eguaglia la curva di offerta di mercato di breve periodo. L’elasticità dell’offerta rispetto al prezzo misura la variazione percentuale della quantità offerta per ciascuna variazione percentuale del prezzo. Nel lungo periodo, le imprese perfettamente concorrenziali possono adeguare la dimensione del loro impianto e quindi massimizzare il profitto producendo una quantità in corrispondenza della quale il costo marginale di lungo periodo uguaglia il prezzo. Nel lungo periodo, la libertà di entrata porta il prezzo di mercato al punto minimo del costo medio di lungo periodo. Se le imprese hanno identiche curve di costo medio di lungo periodo a U, ciascuna impresa offre una quantità in corrispondenza della sua scala minima efficiente di produzione. Il numero delle imprese in equilibrio è tale che l’offerta totale di mercato coincide con la quantità domandata al prezzo di equilibrio. In un’industria a costi costanti, l’incremento dell’output del mercato conseguente all’ingresso di nuove imprese nell’industria non influenza il prezzo di mercato. La curva di offerta di mercato di lungo periodo è orizzontale. In un’industria a costi crescenti, l’incremento dell’output del mercato conseguente all’ingresso di nuove imprese nell’industria fa aumentare il prezzo degli input specifici dell’industria. La curva di offerta di mercato di lungo periodo è inclinata positivamente. Input specifici per l’industria: input che vengono utilizzati solo dalle imprese che operano in una specifica industria e non dalle altre presenti nel sistema economico. L’area compresa tra il prezzo e la curva di offerta di lungo periodo misura le rendite economiche degli input la cui offerta è scarsa e il cui prezzo è destinato a salire quando nuove imprese entrano nell’industria. Industria a costi decrescenti: un’industria nella quale incrementi nell’output portano alla diminuzione del prezzo di alcuni o tutti gli input. In un’industria a costi decrescenti, la curva di offerta di mercato di lungo periodo è inclinata negativamente. Rendita economica: il surplus economico che è attribuibile agli input molto produttivi la cui offerta è scarsa. La rendita economica imputabile a un input disponibile in quantità scarsa è la differenza tra la massima disponibilità dell’impresa a pagare per ottenere i servizi dell’input e il valore di riserva dell’input. Valore di riserva: il rendimento che il proprietario di un input potrebbe ottenere impiegando l’input nel migliore uso alternativo al di fuori dell’industria. Quando un’impresa si appropria della rendita economica dell’input, ottiene un profitto economico positivo. La concorrenza per aggiudicarsi l’input, tuttavia, eroderà il profitto economico. In questo caso, la rendita economica è positiva mentre il profitto economico è pari a zero. Nel breve periodo, il surplus del produttore a livello di mercato corrisponde all’area tra la curva di offerta di breve periodo e il prezzo di mercato. Esso equivale alla somma del surplus del produttore delle singole imprese che operano nel mercato. Per un’impresa con costi fissi non recuperabili, il surplus del produttore differisce dal profitto economico. In particolare, il surplus del produttore equivale alla differenza tra il ricavo totale e i costi totali recuperabili, mentre il profitto economico è pari alla differenza tra il ricavo totale e i costi totali. Se un’impresa non sostiene costi fissi non recuperabili, il surplus del produttore coincide con il profitto economico. Curva di offerta di mercato di breve periodo: la curva che mostra la quantità globalmente offerta da tutte le imprese del mercato per ogni livello del prezzo quando il numero dei produttori è fisso. Equilibrio perfettamente concorrenziale di breve periodo: il prezzo e la quantità di mercato in corrispondenza dei quali la quantità domandata uguaglia la quantità offerta nel breve periodo. Equilibrio perfettamente concorrenziale di lungo periodo: il prezzo e la quantità di mercato per i quali l’offerta uguaglia la domanda, le imprese operanti non hanno incentivo a uscire dall’industria, e le imprese potenziali non hanno incentivo a entrare nell’industria. Curva di offerta di mercato di lungo periodo: la curva che mostra la quantità totale di output offerta nel mercato a diversi livelli di prezzo, nell’ipotesi che siano stati realizzati tutti gli aggiustamenti necessari (dimensione degli impianti, nuove entrate). Capitolo 10: mercati concorrenziali - applicazioni Analisi di equilibrio parziale: un’analisi che studia la determinazione di prezzo e quantità di equilibrio in un singolo mercato, prendendo come dati i prezzi in tutti gli altri mercati. Analisi di equilibrio generale: un’analisi che determina i prezzi e le quantità di equilibrio in più di un mercato simultaneamente. Esternalità: l’effetto che l’azione di un soggetto ha sul benessere di altri consumatori o produttori, al di là degli effetti trasmessi dai cambiamenti nei prezzi. In un mercato concorrenziale ciascun produttore agisce nel proprio interesse, decidendo se rimanere nel mercato ed eventualmente quanto produrre per massimizzare il suo profitto. Analogamente, ciascun consumatore agisce nel proprio interesse, decidendo quanto acquistare per massimizzare la sua utilità. Sebbene non ci sia nessun pianificatore che dica a produttori e consumatori come comportarsi, la quantità scambiata in un mercato concorrenziale massimizza il beneficio economico netto (misurato come somma dei surplus). È come se ci fosse una “mano invisibile” in grado di guidare un mercato concorrenziale al livello efficiente di produzione e consumo. Gli interventi pubblici possono assumere diverse forme, come l’imposizione di tasse e sussidi, la regolamentazione di prezzi minimi e massimi, quote di produzione, programmi di sostegno ai prezzi, e quote e tariffe sulle importazioni. Per alcune tipologie di intervento pubblico (come tasse e sussidi) il mercato è in grado di raggiungere l’equilibrio. In altri casi (come per i prezzi massimi e minimi e le quote di produzione) ciò non è possibile. Quando l’equilibrio non viene raggiunto, occorre capire chi è presente nel mercato per calcolare i surplus del consumatore e del produttore. Quando viene imposta una tassa sul mercato, il prezzo pagato dai consumatori di norma aumenta di un ammontare inferiore al valore della tassa e il prezzo ricevuto dai produttori diminuisce di un ammontare inferiore al valore della tassa. L’incidenza della tassa misura gli effetti della tassa sul prezzo pagato dai consumatori rispetto a quello ricevuto dai produttori. Quando la domanda è relativamente inelastica e l’offerta è relativamente elastica, l’incidenza della tassa sarà maggiore per i consumatori che per i produttori. Nel caso opposto, l’incidenza della tassa sarà maggiore per i produttori che per i consumatori. Gli interventi pubblici in un mercato concorrenziale conducono di norma a una perdita di benessere sociale netta, o perdita secca, un tipo di inefficienza economica che sorge quando i consumatori e i produttori non si appropriano del beneficio netto potenziale. Perdita secca: la riduzione del beneficio economico netto risultante da un’inefficiente allocazione delle risorse. L’intervento pubblico nei mercati concorrenziali spesso redistribuisce reddito da una parte a un’altra del sistema economico. Se il Governo incassa le entrate derivanti dall’applicazione di tasse o tariffe, il ricavato entra a far parte del beneficio netto del sistema economico perché può essere redistribuito. Analogamente, i flussi in uscita fanno parte dei costi del programma. Una tassa porta a una perdita di benessere sociale netto, dal momento che il mercato produce meno del livello efficiente. Inoltre, una tassa riduce sia il surplus dei consumatori sia quello dei produttori. Quando il Governo paga un sussidio su ogni unità prodotta, il mercato produce una quantità maggiore rispetto al livello efficiente e si verifica una perdita secca. Un sussidio aumenta il surplus sia dei consumatori sia dei produttori, ma questi guadagni sono inferiori ai costi sostenuti dal Governo per finanziare il programma. Con l’imposizione di un prezzo massimo vincolante (un prezzo inferiore al prezzo di equilibrio nel libero mercato), la quantità scambiata nel mercato è inferiore a quella efficiente, dal momento che i produttori offrono meno. Nel mercato ci sarà un eccesso di domanda, e i consumatori che valutano di più il bene potrebbero non essere in grado di acquistarlo. Con l’imposizione di un prezzo minimo vincolante (un prezzo superiore al prezzo di equilibrio nel libero mercato), la quantità scambiata nel mercato è inferiore a quella efficiente, dal momento che i consumatori acquistano meno. Nel mercato ci sarà un eccesso di offerta, e i produttori con i costi minori potrebbero non essere coloro che offrono il bene. Una quota di produzione aumenta il prezzo che i consumatori pagano a causa della limitazione dell’output nel mercato. Sebbene ci si possa attendere un aumento del surplus dei produttori, in realtà ciò non sempre si verifica. Poiché il mercato non raggiunge l’equilibrio con l’applicazione di una quota di produzione, non c’è garanzia che i produttori presenti sul mercato siano coloro che hanno i costi minori. I programmi di limitazione delle superfici coltivate e di acquisti governativi sono stati spesso utilizzati per sostenere i prezzi nel settore agricolo. Possono essere programmi costosi per il Governo e introdurre, altresì, una perdita secca. I Governi possono ricorrere alle quote di importazione o alle tariffe per aumentare il surplus dei produttori nazionali. Si tratta di programmi che riducono il surplus dei consumatori e provocano una perdita di benessere sociale netto nel sistema economico.
Parte 5: mercati monopolistici
Capitolo 11: il monopolio Un mercato di monopolio è costituito da un unico venditore e da molteplici acquirenti. Per stabilire il suo prezzo di vendita, il monopolista deve prendere in considerazione la sua curva di domanda, inclinata negativamente. Maggiore sarà il prezzo che stabilisce, minori saranno le unità di prodotto vendute. Più basso sarà il prezzo, maggiori saranno le vendite. Un monopolista massimizza i suoi profitti producendo una quantità corrispondente al livello in cui i costi marginali eguagliano i ricavi marginali. Quando incrementa l’output, la corrispondente variazione del ricavo totale di un monopolista è scomponibile in due parti: un incremento nei ricavi (uguale al prezzo) corrispondente alla vendita delle unità marginali, e una riduzione nei ricavi corrispondente alla vendita delle unità inframarginali. Per valori di output positivi, i ricavi marginali del monopolista sono inferiori ai suoi ricavi medi, e la curva del ricavo marginale si trova al di sotto di quella della domanda. Ricavo medio: ricavo totale per unità di output (ovvero il rapporto tra ricavo totale e quantità). Un monopolista non ha una curva di offerta. La inverse elasticity pricing rule (IEPR) stabilisce che la differenza tra il prezzo di massimo profitto e il costo marginale, calcolata in percentuale del prezzo, è uguale all’inverso (negativo) dell’elasticità della domanda rispetto al prezzo. La IEPR implica che un monopolista con costi marginali positivi, quando massimizza il profitto, produce e vende unicamente nel tratto elastico della sua curva di domanda. Potere di mercato: la capacità di un agente economico di influenzare il prezzo di mercato di un bene. Indice di Lerner o del potere di mercato: una misura del potere monopolistico di un’impresa; il mark-up percentuale del prezzo sul costo marginale, (P-MC)/P. Quando un’impresa è in grado di controllare il prezzo di vendita dei suoi prodotti, si dice che ha potere di mercato. La IEPR può essere applicata a qualsiasi impresa che abbia potere di mercato, come, per esempio, un’impresa operante in un’industria con prodotti differenziati. Differenziazione di prodotto: una situazione in cui due o più prodotti possiedono attributi che li rendono diversi nella mente dei consumatori, e di conseguenza non perfettamente sostituibili. Se un aumento (spostamento verso destra) della domanda si traduce in un analogo spostamento della curva del ricavo marginale, si avrà un incremento della quantità di equilibrio. Il prezzo del monopolista potrà aumentare oppure diminuire. Un incremento (spostamento verso l’altro) del costo marginale aumenta sempre il prezzo di massimo profitto del monopolista e riduce la sua quantità ottima. Un’impresa che massimizza il profitto ed è dotata di più impianti dividerà la produzione tra gli impianti in modo che i loro costi marginali risultino uguali. Il monopolista multi- impianto eguaglia il ricavo marginale a una curva di costo marginale totale che viene individuata sommando orizzontalmente le curve di costo marginale relative ai vari impianti. Cartello: un gruppo di produttori che definisce in modo collusivo il prezzo e la quantità in un mercato. Un cartello massimizza i suoi profitti allo stesso modo di un monopolista multi-impianto. Perciò, per massimizzare il profitto complessivo, le quantità prodotte dalle singole imprese non saranno necessariamente uguali. Un’impresa che massimizza il profitto, e che vende lo stesso prodotto allo stesso prezzo su due distinti mercati, al fine di determinare il prezzo e la quantità dovrà inizialmente aggregare orizzontalmente le curve di domanda, quindi trovare l’output corrispondente al punto di intersezione tra costo e ricavo marginale relativo alla domanda aggregata. Il prezzo di vendita è pure determinato in base alla domanda aggregata. La regola del punto medio del monopolista: una regola che stabilisce che il prezzo ottimale del monopolista operante con costi marginali costanti e una curva di domanda lineare si trova a metà tra l’intercetta verticale della curva di domanda (ovvero il prezzo di riserva) e l’intercetta verticale della curva del costo marginale. In monopolio, la quantità prodotta è inferiore rispetto a quella di concorrenza perfetta. Questo implica che il monopolio dà origine a una perdita di benessere sociale. Le attività di rent-seeking (attività finalizzate a creare o mantenere il potere monopolistico di mercato) possono incrementare questa perdita di benessere sociale. Perdita di benessere sociale (perdita secca) dovuta al monopolio: la differenza tra il benessere sociale che si otterrebbe se il mercato fosse di concorrenza perfetta e il beneficio ottenuto nell’equilibrio di monopolio. Tra le possibili ragioni dell’esistenza di un mercato di monopolio, vi sono il monopolio naturale (in cui un unico produttore si trova ad avere costi totali inferiori rispetto a quelli che avrebbero più produttori) e l’esistenza di barriere all’entrata nel mercato, che non rendono profittevole l’ingresso di nuove imprese. Monopolio naturale: un mercato in cui, per qualsiasi livello rivelante di output dell’industria, il costo totale di una singola impresa che produce quell’output risulta minore della somma dei costi totali di due o più imprese che si dovessero dividere la medesima produzione. Barriere all’entrata: fattori che consentono a un’impresa già operante in un mercato di godere di profitti economici positivi e che al contempo rendono non profittevole l’ingresso a nuovi entranti. Barriere strutturali all’entrata: barriere all’entrata che si verificano quando le imprese operanti godono di vantaggi di costo o di domanda che non rendono profittevole l’ingresso nel mercato di nuovi entranti. Barriere legali all’entrata: barriere all’entrata che si verificano quando un’impresa già operante è legalmente protetta contro i potenziali concorrenti. Barriere strategiche all’entrata: barriere all’entrata che si verificano quando un’impresa già operante compie precise azioni per impedire l’ingresso nel mercato ai concorrenti. Un mercato di monopsonio è costituito da un unico acquirente e da molteplici venditori. Costo marginale del fattore lavoro: l’incremento dei costi totali dell’impresa derivante dall’impiego di unita addizionale di lavoro. Capitolo 12: discriminazione del prezzo e pubblicità Un’impresa che ha potere di mercato può influenzare il prezzo di mercato e catturare surplus (cioè incrementare i profitti). Per poter avere potere di mercato, non è necessario che un’impresa sia monopolista, ma occorre che la sua curva di domanda sia inclinata negativamente. Un modo attraverso il quale le imprese possono incrementare il proprio surplus è adottare la discriminazione del prezzo, che consiste nel vendere i propri prodotti a prezzi differenti. Ci sono tre tipi di discriminazione del prezzo: la discriminazione del prezzo di primo grado, la discriminazione del prezzo di secondo grado e la discriminazione del prezzo di terzo grado. Perché un’impresa possa discriminare, sono necessarie tre condizioni: l’impresa deve avere potere di mercato, deve avere informazioni sul prezzo di riserva dei consumatori o sull’elasticità della domanda che fronteggia, e deve essere in grado di impedire la rivendita dei beni. Attraverso la discriminazione del prezzo di primo grado, l’impresa cerca di vendere ogni unità di prodotto al prezzo di riserva cui i suoi clienti sono disposti ad acquistarla (ovvero al prezzo massimo che essi sono disposti a pagare per la singola unità). In questo caso, la curva del ricavo marginale corrisponde alla curva di domanda. La discriminazione del prezzo di primo grado consente all’impresa di appropriarsi di tutto il surplus. Con la discriminazione del prezzo di secondo grado, l’impresa offre ai consumatori sconti sulle quantità. Attraverso la vendita a blocchi, il consumatore paga un prezzo per le unità del primo blocco, e un prezzo diverso (generalmente inferiore) per le unità del secondo blocco. Attraverso la tariffa in due parti, i consumatori pagano una tariffa fissa (il costo di abbonamento) più un prezzo per unità consumata (il prezzo d’uso). Tariffa a blocchi: una forma di discriminazione del prezzo di secondo grado in cui i consumatori pagano un prezzo per le unità appartenenti al primo blocco acquistato (fino a una data quantità) e un prezzo diverso (generalmente inferiore) per ogni unità addizionale acquistata nel secondo blocco. Attraverso la discriminazione del prezzo di terzo grado, l’impresa identifica differenti gruppi di consumatori, o segmenti, in un mercato, e definisce prezzi di vendita del prodotto differenziati per i diversi segmenti, eguagliando il costo marginale al ricavo marginale, oppure attraverso la IEPR. Il prezzo è uniforme nel singolo segmento, ma differisce tra segmenti. Per praticare la discriminazione del prezzo di terzo grado, a volte le imprese selezionano i propri consumatori cercando di identificarne il prezzo di riserva e/o l’elasticità della domanda al prezzo. Attraverso la selezione, le imprese classificano i consumatori tramite caratteristiche individuabili (quali l’età e lo status) e che risultano strettamente collegate ad altre caratteristiche dei clienti che le imprese vorrebbero conoscere ma non sono in grado di osservare (come la disponibilità a pagare o l’elasticità della domanda rispetto al prezzo). Funzione di spesa non lineare: una funzione di spesa in cui la spesa media varia al variare delle unità acquistate. Versioning: una strategia che prevede la vendita di due o più versioni di un prodotto con differenti livelli di qualità a prezzi diversi. Strategia dei beni danneggiati: una strategia di versioning che prevede la creazione da parte dell’impresa di una versione del prodotto di qualità inferiore rispetto a quello originariamente venduto, attraverso un deliberato peggioramento. Le vendite abbinate (tying) consentono a un consumatore di acquistare un prodotto solo se d’accordo ad acquistarne anche un altro. Il tying consente spesso alle imprese di estendere il proprio potere di mercato dal bene principale a quello secondario. Le vendite a pacchetto (bundling) sono una forma di vendita abbinata che prevede che due o più beni vengano venduti in modo congiunto. I consumatori non possono acquistare i beni separatamente. Il bundling incrementa i profitti di un’impresa quando le domande dei suoi consumatori sono inversamente correlate. A volte può risultare ancora più profittevole per le imprese adottare una strategia di bundling misto, che prevede la possibilità di vendere i prodotti sia separatamente sia in unico pacchetto.
Parte 6: concorrenza imperfetta e comportamento strategico
Capitolo 13: teoria dei giochi e comportamento strategico La teoria dei giochi è il ramo della microeconomia relativo all’analisi delle decisioni ottimali in situazioni competitive, supponendo che tutti i decisori abbiano piena razionalità e che ognuno di essi cerchi di anticipare le azioni e le reazioni dei suoi rivali. Strategia: un piano di azioni che un giocatore potrebbe intraprendere in ogni possibile circostanza che egli si trovi ad affrontare. In un gioco si verifica un equilibrio di Nash quando ogni giocatore sceglie la strategia che gli conferisce il più alto payoff, date le strategie scelte dagli altri giocatori partecipanti al gioco. I giochi del dilemma del prigioniero mostrano il conflitto esistente tra interesse individuale e interesse collettivo. Nell’equilibrio di Nash di un gioco del dilemma del prigioniero, ogni giocatore sceglie una strategia “non cooperativa”, anche se sarebbe preferibile per l’interesse collettivo perseguire una strategia cooperativa. Strategia dominante: una strategia che risulta la migliore tra quelle a disposizione del giocatore, a prescindere da quale strategia l’altro giocatore adotterà. Strategia dominata: una strategia a fronte della quale ne esiste un’altra che offre sempre al giocatore un payoff maggiore, indipendentemente dalle scelte del rivale. Quando in un gioco entrambi i giocatori hanno una strategia dominante, queste strategie identificano l’equilibrio di Nash. Se solamente un giocatore ha una strategia dominante, l’equilibrio di Nash è individuato dalla migliore risposta dell’altro giocatore a questa strategia. Se nessun giocatore ha una strategia dominante, è spesso possibile trovare l’equilibrio di Nash eliminando le strategie dominate. In molti giochi, alcuni o tutti i giocatori possono non avere strategie né dominanti né dominate. Alcuni giochi, come il “gioco del pollo”, prevedono più equilibri di Nash. Per trovare l’equilibrio di Nash in un qualsiasi gioco, dapprima si deve trovare la migliore risposta del Giocatore 1 a ogni possibile strategia del Giocatore 2, poi si deve trovare la migliore risposta del Giocatore 2 a ogni possibile strategia del Giocatore 1, infine bisogna vedere dove queste migliori risposte si verificano insieme. Una strategia pura è una specifica scelta tra le possibili mosse di un gioco. In una strategia mista, un giocatore sceglie tra due o più strategie pure in base a probabilità prestabilite. Ogni gioco ha almeno un equilibrio di Nash in strategie miste. Nel gioco ripetuto del dilemma del prigioniero, in equilibrio i giocatori potrebbero giocare cooperativamente. La probabilità di un esito cooperativo è maggiore quando i giocatori sono pazienti, le loro interazioni sono frequenti, è facile individuare gli imbrogli e il guadagno derivante dal comportamento fraudolento è basso. Tit-for-tat: una strategia per la quale nel periodo corrente un giocatore si comporta nei confronti del rivale nello stesso modo in cui quest’ultimo si è comportato nel periodo precedente. Giochi sequenziali: giochi in cui un giocatore (colui che muove per primo) compie un’azione prima di un altro giocatore (colui che muove per secondo). Il secondo giocatore osserva l’azione del primo giocatore e quindi decide l’azione da intraprendere. L’analisi dei giochi sequenziali mostra che la possibilità di effettuare la prima mossa può avere un valore strategico. Albero del gioco: un diagramma che mostra le differenti strategie che ogni giocatore può scegliere e l’ordine in cui avvengono le decisioni. Induzione all’indietro: una procedura per risolvere un gioco sequenziale che prevede di iniziare dalla fine del gioco e di trovare la decisione ottimale per ogni giocatore in ciascun nodo decisionale. Una mossa strategica è un’azione che un giocatore effettua in uno stadio iniziale del gioco e che modifica il comportamento di tutti i giocatori nelle fasi successive del gioco in favore di colui che l’ha compiuta. Le mosse strategiche possono limitare la flessibilità del giocatore ma possono avere un valore strategico. Capitolo 14: struttura di mercato e concorrenza In un oligopolio con prodotti omogenei, poche grandi imprese vendono prodotti che sono virtualmente uguali in termini di attributi, performance, immagine e prezzo. In un mercato con un’impresa dominante, un solo produttore detiene un’elevata quota di mercato e compete con molte piccole imprese che offrono un prodotto indifferenziato (virtualmente identico). In un oligopolio con prodotti differenziati, poche imprese vendono prodotti che sono tra loro sostituti ma che differiscono per attributi, performance, packaging e immagine. In concorrenza monopolistica, molte piccole imprese offrono prodotti differenziati a un gran numero di consumatori. Duopolio: un mercato in cui esistono solo due imprese. Il rapporto di concentrazione delle prime quattro imprese (CR4) e l’indice di Herfindahl-Hirschman (HHI) sono due misure quantitative molto utilizzate per descrivere la struttura di un mercato. Nel modello di Cournot relativo a un oligopolio con prodotti omogenei, ogni impresa è quantity taker – cioè considera gli output delle imprese concorrenti come dati e quindi stabilisce il proprio output di massimo profitto. In un equilibrio di Cournot, l’output di ogni impresa costituisce la migliore risposta agli output fissati da tutti gli altri concorrenti, e nessuna impresa potrebbe dunque effettuare una scelta migliore. Il modello di Cournot si applica a imprese che prendono un’unica e definitiva decisione relativamente all’output da produrre. L’equilibrio di Cournot è un risultato naturale quando le imprese scelgono simultaneamente una quantità che considerano non modificabile e hanno piena fiducia nella razionalità dei rivali. Le imprese di un modello di Cournot hanno potere di mercato. Il prezzo di equilibrio di Cournot risulta inferiore rispetto a quello di monopolio ma superiore a quello perfettamente concorrenziale. Al crescere del numero di imprese nell’industria, l’equilibrio di Cournot prevede una crescita dell’output totale e una riduzione del prezzo di mercato. È possibile identificare l’equilibrio di Cournot utilizzando una versione modificata della Inverse Elasticity Pricing Rule (IEPR). Curva di domanda residuale: in un modello di Cournot, la curva che definisce la relazione tra il prezzo di mercato e l’output di un’impresa quando le imprese rivali mantengono fissa la loro produzione. Migliore risposta: la scelta dell’output che massimizza il profitto di un’impresa dati i livelli di output delle imprese rivali. Funzione di reazione: una curva che mostra la migliore risposta di un’impresa (ovvero la scelta di quantità o prezzo che massimizza il profitto) per ogni possibile azione di un’impresa rivale. Nel modello di Bertrand relativo a un oligopolio con prodotti omogenei, ogni impresa sceglie un prezzo per massimizzare il profitto, dati i prezzi stabiliti dai concorrenti. Se tutte le imprese hanno lo stesso costo marginale costante, il prezzo di equilibrio di Bertrand risulta uguale al costo marginale. L’equilibrio di Bertrand e quello di Cournot divergono a causa di due importanti aspetti. Primo, il modello di Cournot può essere visto come una forma di concorrenza di lungo periodo nella capacità produttiva, mentre quello di Bertrand come una forma di concorrenza di breve periodo nei prezzi. Secondo, i due modelli partono da differenti ipotesi circa le aspettative che ogni impresa ha sulle reazioni dei rivali alle proprie mosse competitive. Nel modello di oligopolio di Stackelberg, un’impresa (il leader) sceglie per prima la quantità da produrre. L’altra impresa (il follower) osserva tale output e quindi effettua la sua scelta produttiva. Nel modello di Stackelberg, il leader generalmente produce un output maggiore rispetto a quanto farebbe in un equilibrio di Cournot, mentre il follower produce di meno. Scegliendo per primo la quantità da produrre, il leader può influenzare la scelta sulla quantità del follower a proprio vantaggio. Di conseguenza, il leader guadagna un profitto maggiore rispetto all’equilibrio di Cournot. In un mercato con un’impresa dominante, quest’ultima prende in considerazione la curva di offerta della frangia competitiva per la fissazione del prezzo. Se l’offerta delle imprese marginali aumenta nel tempo, il prezzo dell’impresa dominante si ridurrà, e lo stesso potrebbe accadere alla sua quota di mercato. Per prevenire ciò, l’impresa dominante potrebbe adottare la strategia del prezzo limite. Prezzo limite: una strategia per la quale l’impresa dominante mantiene il suo prezzo al di sotto del livello che massimizza il profitto corrente al fine di ridurre il tasso di espansione della frangia competitiva. Due prodotti sono differenziati verticalmente quando i consumatori considerano uno di essi inequivocabilmente migliore o peggiore dell’altro. Due prodotti sono differenziai orizzontalmente quando alcuni consumatori considerano uno di essi come un sostituto imperfetto dell’altro, e quindi acquisteranno il primo anche se il suo prezzo dovesse essere maggiore di quello dell’altro. In un equilibrio di Bertrand con prodotti differenziati, i prezzi di equilibrio generalmente sono superiori al costo marginale. Quando la differenziazione orizzontale dei prodotti tra le imprese è significativa, la differenza tra i prezzi e i costi marginali può essere rilevante. In un mercato di concorrenza monopolistica, ogni impresa fronteggia una curva di domanda inclinata negativamente. In un equilibrio di breve periodo, le imprese scelgono il prezzo di massimo profitto dati i prezzi delle imprese concorrenti. In un equilibrio di lungo periodo, la libertà di entrata conduce i profitti economici delle imprese a zero. Sotto certe condizioni, l’ingresso di più imprese in un mercato di concorrenza monopolistica può comportare un equilibrio di lungo periodo in cui il prezzo è più alto di quello vigente prima dell’entrata delle nuove imprese.
Parte 7: altri temi
Capitolo 15: rischio e informazione Una lotteria è un qualunque evento il cui risultato è incerto. L’incertezza è descritta assegnando una probabilità a ciascun possibile risultato della lotteria. Ognuna di tali probabilità è compresa tra 0 e 1 e la loro somma è pari a 1. Probabilità: la possibilità che si realizzi un determinato esito della lotteria. Distribuzione di probabilità: una rappresentazione di tutti i possibili payoff di una lotteria e delle probabilità a essi associate. Alcune probabilità sono oggettive, perché derivano da leggi di natura (come la probabilità di 0,50 che al lancio di una moneta esca testa), mentre altre probabilità sono soggettive, in quanto riflettono le convinzioni dell’individuo (come la convinzione sulla probabilità che il valore di una certa azione aumenti o diminuisca). Il valore atteso di una lotteria è una misura del payoff medio che la lotteria genererà. La varianza di una lotteria è una misura della sua rischiosità, rappresentando lo scostamento medio tra i possibili esiti della lotteria e il suo valore atteso; la somma dei quadrati degli scostamenti dei possibili esiti della lotteria, ponderati per le rispettive probabilità. Deviazione standard: la radice quadrata della varianza. Utilità attesa: il valore atteso dei livelli di utilità che il decisore riceve dai payoff di una lotteria. Le funzioni di utilità possono essere usate per valutare le preferenze dei decisori tra alternative che hanno differenti gradi di rischio. I decisori possono essere avversi al rischio, neutrali al rischio o amanti del rischio. Un agente avverso al rischio preferisce qualcosa di certo a una lotteria con uguale valore atteso, valuta le lotterie sulla base della loro utilità attesa, e ha una funzione di utilità caratterizzata da un’utilità marginale decrescente. Un agente neutrale al rischio è indifferente tra qualcosa di certo e una lotteria con uguale valore atteso, valuta le lotterie sulla base della loro utilità attesa, e ha una funzione di utilità caratterizzata da un’utilità marginale costante. Un agente amante del rischio preferisce una lotteria a qualcosa di certo con uguale valore atteso, valuta le lotterie sulla base della loro utilità attesa, e ha una funzione di utilità caratterizzata da un’utilità marginale crescente. Una polizza assicurativa equa è una polizza in cui il prezzo dell’assicurazione è uguale al valore atteso del danno coperto. Un agente avverso al rischio preferirà sempre acquistare una polizza assicurativa equa che fornisce una copertura totale contro un danno. Informazione asimmetrica: una situazione nella quale una parte ha maggiori informazioni sulle proprie azioni e/o caratteristiche rispetto a un’altra parte. Le compagnie assicurative devono fronteggiare i rischi derivanti dall’informazione asimmetrica (per esempio, includendo nelle polizze una franchigia). L’informazione asimmetrica può presentarsi in due forme: azzardo morale (gli individui assicurati possono, all’insaputa della compagnia di assicurazione, assumere comportamenti che aumentano il rischio) e selezione avversa (un fenomeno per il quale un aumento del premio assicurativo aumenta la rischiosità complessiva dell’insieme di individui che acquistano la polizza). Le aste sono importanti in economia. Vi sono differenti tipi di asta, tra cui l’asta inglese, l’asta in busta chiusa al primo prezzo, l’asta in busta chiusa al secondo prezzo e l’asta olandese discendente. Le aste possono essere classificate anche a seconda che gli offerenti abbiano valori privati o valori comuni del bene in vendita. Asta inglese: un’asta in cui i partecipanti dichiarano le proprie offerte e ciascuno di essi può aumentarle fin quando non resta un solo giocatore con l’offerta più alta, il quale si aggiudica l’oggetto. Asta in busta chiusa al primo prezzo: un’asta in cui ogni partecipante fa un’offerta senza conoscere quella degli altri partecipanti. Colui che ha fatto l’offerta maggiore si aggiudica il bene e paga un prezzo uguale alla sua offerta. Asta in busta chiusa al secondo prezzo: un’asta in cui ogni partecipante fa un’offerta senza conoscere quella degli altri partecipanti. Colui che ha fatto l’offerta maggiore si aggiudica il bene e paga un prezzo uguale alla seconda offerta più alta. Asta olandese discendente: un’asta in cui il venditore di un bene annuncia un prezzo che viene poi ridotto finché un acquirente si dichiara disposto a comprare il bene a quel prezzo. Valori privati: una situazione nella quale ogni offerente ha una valutazione personale dell’oggetto in asta. Valori comuni: una situazione nella quale un bene posto all’asta ha lo stesso valore intrinseco per tutti gli acquirenti, ma nessuno di essi lo conosce esattamente. In un’asta in busta chiusa al primo prezzo con valori privati, la migliore strategia per l’offerente è dichiarare meno della sua massima disponibilità a pagare (di un ammontare che dipende dal numero dei partecipanti all’asta). In un’asta inglese con valori privati, la strategia dominante dell’offerente è continuare a rilanciare finché la più alta offerta è inferiore alla sua massima disponibilità a pagare. In un’asta in busta chiusa al secondo prezzo con valori privati, la strategia dominante dell’offerente è dichiarare la sua massima disponibilità a pagare. In ciascuna di queste tre tipologie di asta, l’offerente con la più alta disponibilità a pagare vince l’asta, e il ricavo del venditore è sempre minore della valutazione più alta tra tutti i partecipanti. Il teorema dell’equivalenza dei ricavi afferma che, in tutti i tipi di asta con valori privati in cui gli offerenti seguono la loro strategia dell’equilibrio di Nash, il ricavo del venditore sarà, in media, uguale alla seconda valutazione privata più alta tra tutti i partecipanti. Nelle aste con valori comuni gli offerenti devono temere la maledizione del venditore, un fenomeno per il quale il vincitore di un’asta a valori comuni potrebbe aver dichiarato un’offerta superiore al valore intrinseco dell’oggetto. La migliore strategia di offerta è diminuire la stima del valore del bene (di un ammontare che dipende dal numero di partecipanti all’asta). Dal punto di vista del venditore, la migliore tipologia di asta con valori comuni è l’asta inglese, che genera un ricavo medio più alto rispetto agli altri tipi di asta.
Capitolo 16: la teoria dell’equilibrio generale
L’analisi di equilibrio parziale studia la determinazione del prezzo e della quantità prodotta in un singolo mercato, considerando come dati i prezzi in tutti gli altri mercati. Invece, l’analisi di equilibrio generale studia la determinazione del prezzo e della produzione in più mercati contemporaneamente. Un evento esogeno che porta alla riduzione del prezzo di un bene tenderà altresì a far diminuire il prezzo dei beni sostituti. Dunque, i prezzi di beni sostituti saranno correlati positivamente. Al contrario, un evento esogeno che fa crescere il prezzo di un bene tenderà altresì a far aumentare il prezzo di beni complementari. Pertanto, i prezzi di beni complementari saranno correlati negativamente. In un equilibrio generale, la domanda dei prodotti finiti deriva dalla massimizzazione dell’utilità delle famiglie, mentre la domanda dei fattori della produzione deriva dalla minimizzazione dei costi delle imprese. L’offerta di prodotti finiti deriva dalla massimizzazione del profitto delle imprese, mentre l’offerta di fattori della produzione deriva dalla massimizzazione del profitto delle famiglie. In un equilibrio generale, i prezzi di tutti i beni sono determinati simultaneamente dalla condizione di uguaglianza tra domanda e offerta in ciascun mercato. Legge di Walras: la legge che afferma che in un equilibrio generale concorrenziale con N mercati, se l’offerta uguaglia la domanda nei primi N – 1 mercati, allora l’offerta uguaglierà la domanda anche nell’N-esimo mercato. La legge di Walras afferma che un equilibrio generale determina il prezzo dei beni e dei fattori produttivi relativamente al prezzo di uno dei beni o dei fattori, e non il livello assoluto di tutti i prezzi. Per identificare gli effetti che un’imposta su un particolare bene provoca sull’equilibrio generale, è necessario studiare l’impatto dell’imposta su tutti i mercati dell’economia, prendendo in considerazione le interdipendenze esistenti tra i vari mercati. Allocazione dei beni e dei fattori produttivi: una modalità di consumo dei beni e di utilizzo dei fattori produttivi che potrebbe affermarsi in un equilibrio generale in un’economia. Un’allocazione di beni e fattori produttivi è economicamente efficiente (ovvero, vi è efficienza allocativa) (Pareto efficiente) se non esiste un’altra allocazione realizzabile di beni e input tale da migliorare la situazione di alcuni individui senza danneggiare quella di altri. Al contrario, un’allocazione di beni e fattori è economicamente inefficiente (ovvero, vi è inefficienza allocativa) (Pareto inefficiente) se esiste una diversa allocazione possibile dei beni e degli input tale da migliorare la condizione di tutti i consumatori rispetto alla situazione iniziale. L’efficienza economica richiede l’efficienza nello scambio, l’efficienza nella produzione e l’efficienza nella produzione e l’efficienza nella sostituzione. Efficienza nello scambio: una caratteristica dell’allocazione delle risorse per la quale un ammontare fisso di beni di consumo non può essere riallocato tra i consumatori in un’economia senza peggiorare la condizione di alcuni di essi. Efficienza nella produzione: una caratteristica dell’allocazione delle risorse per la quale un ammontare fisso di fattori produttivi non può essere riallocato tra le imprese in un’economia senza ridurre il livello di output di almeno uno dei beni prodotti nell’economia. Efficienza nella sostituzione: una caratteristica dell’allocazione delle risorse per la quale, dato l’ammontare totale di capitale e lavoro disponibile in un’economia, non è possibile migliorare la situazione di tutti i consumatori producendo di più di un bene e meno di un altro. Tutte e tre le precedenti condizioni di efficienza sono soddisfatte in corrispondenza dell’equilibrio generale concorrenziale. Questo risultato è noto come “primo teorema fondamentale dell’economia del benessere”: l’allocazione dei beni e dei fattori che ha luogo in un equilibrio generale concorrenziale è economicamente efficiente. Ovvero, date le risorse disponibili nell’economia, non esiste un’altra allocazione realizzabile di beni e input che può migliorare simultaneamente la situazione di tutti i consumatori. Frontiera delle utilità possibili: una curva che unisce tutte le possibili combinazioni di utilità che possono sorgere in corrispondenza delle varie allocazioni economicamente efficienti di beni e di fattori produttivi in un’economia con soltanto due consumatori. Il “secondo teorema fondamentale dell’economia del benessere” afferma che qualsiasi allocazione economicamente efficiente di beni e di fattori produttivi può essere raggiunta come equilibrio generale competitivo mediante una opportuna distribuzione iniziale delle risorse scarse dell’economia. Il libero scambio tra due Paesi avvantaggia entrambi rispetto a una situazione di assenza di commercio. Un Paese gode di un vantaggio comparato rispetto a un altro nella produzione di un certo bene se il costo opportunità della produzione di un’unità addizionale di quel bene, espresso in termini di rinuncia alla produzione di unità dell’altro bene, è minore nel primo Paese rispetto al secondo. I Paesi realizzano i vantaggi derivanti dal libero scambio quando si specializzano nella produzione di quei beni per i quali possiedono un vantaggio comparato. Vantaggio assoluto: un Paese ha un vantaggio assoluto su un altro Paese nella produzione del bene x se la produzione di un’unità del bene x nel primo Paese richiede l’impiego di minori unità di una risorsa scarsa (per esempio, il lavoro) rispetto a quante ne richiede nel secondo Paese. Scatola di Edgeworth: un grafico che mostra tutte le possibili allocazioni di due beni prodotti in un’economia, data la disponibilità totale di ciascuno di essi. Curva dei contratti: una curva che mostra tutte le allocazioni di beni di una scatola di Edgeworth che sono economicamente efficienti. Scatola di Edgeworth per i fattori di produzione: un grafico che mostra tutte le possibili allocazioni di quantità fisse di lavoro e capitale tra i produttori di due diversi beni. Curva dei contratti dei fattori di produzione: una curva che mostra tutte le allocazioni di input di una scatola di Edgeworth per i fattori della produzione che sono economicamente efficienti. Frontiera delle possibilità produttive: una curva che mostra tutte le possibili combinazioni di beni di consumo che possono essere prodotte in un’economia data la quantità disponibile di input. Saggio marginale di trasformazione: il valore assoluto della pendenza della frontiera delle possibilità produttive.
Capitolo 17: esternalità e beni pubblici (online)
Capitolo 18: l’economia comportamentale La teoria classica dell’Homo Oeconomicus sostiene che un agente economico sia un soggetto razionale e autointeressato, conscio di quali siano le proprie preferenze e i propri vincoli, capace di calcolare con precisione le conseguenze di ogni sua singola scelta in ogni specifico contesto e di attuare la strategia che porta alla massimizzazione del proprio benessere monetario. Homo Oeconomicus: individuo che prende razionalmente le proprie decisioni con lo scopo di massimizzare il proprio benessere personale. Nel mondo reale può succedere che il comportamento degli esseri umani x, in alcune situazioni, differisca da quello predetto dalla teoria dell’Homo Oeconomicus perché: 1) le persone sono soggette sistematicamente a bias cognitivi e comportamentali; 2) la massimizzazione del payoff monetario non è l’unica cosa che conta per gli individui; 3) analizzare con precisione costi e benefici di opzioni alternative può essere troppo difficile. BIAS: distorsioni cognitive e comportamentali in base alle quali le scelte degli agenti economici si discostano da quelle razionali in maniera sistematica. I bias più ricorrenti sono: 1) avversione alle perdite; 2) distorsione verso lo status quo; 3) effetto dotazione; 4) ancoraggio; 5) contabilità mentale; 6) bias per il presente; 7) ottimismo ed eccesso di fiducia; 8) falso consenso. Avversione alle perdite: tendenza a considerare la disutilità che deriva da una perdita di una somma di denaro maggiore (in termini assoluti) dell’utilità che si otterrebbe guadagnando la stessa cifra. Distorsione verso lo status quo: la tendenza a non voler modificare la situazione attuale, lo status quo. Effetto dotazione: fenomeno in base al quale molto spesso le persone danno maggior valore a un oggetto semplicemente per il fatto di possederlo. Ancoraggio: tendenza ad ancorarsi a dei punti di riferimento (talvolta assolutamente estemporanei e non necessariamente rilevanti al fine di fare una scelta) ai quali sono applicati degli aggiustamenti per trovare la soluzione. Illusione dei costi sommersi: tendenza a valutare un investimento o un progetto non solo in base a costi e benefici marginali, ma anche in base all’investimento già fatto. Contabilità mentale: tendenza a considerare le proprie risorse monetarie presenti e future come allocate in conti ben separati (i “barattoli”) e non trasferibili. Bias per il presente: tendenza a cercare la gratificazione istantanea e attribuire un peso rilevante al presente. Eccesso di fiducia: tendenza a sopravvalutare le proprie capacità e a sottostimare i rischi. Falso consenso: tendenza a cercare e ad accettare con facilità fatti e prove che supportino il proprio punto di vista, mentre le prove contrarie sono vagliate con attenzione e perfino sospetto. Alcuni economisti hanno aggiunto alla funzione di utilità una componente sociale, in modo da arricchire il modello economico classico e proporre una figura di agente economico più realistica. Tra i principali modelli di preferenze sociali ricordiamo quelli di avversione alle disuguaglianze, di altruismo, di reciprocità e di conformità alle norme. Modelli di altruismo: modello economico in cui l’aggiunta della componente sociale si traduce nell’inserire nella funzione di utilità di un individuo il benessere monetario altrui. Modelli di avversione alla disuguaglianza: modello economico in cui l’utilità dell’individuo è influenzata, oltre che dalla propria ricchezza, anche dal guadagno monetario degli altri individui in relazione al proprio. Modelli di reciprocità o modelli di conformità alle norme: modello economico secondo cui gli individui si “comportano bene” o rispettano le regole solo se anche gli altri fanno lo stesso e (nella seconda tipologia di modelli) se pensano che gli altri si aspettino lo stesso comportamento da loro. Quando ottenere informazioni e analizzare dettagliatamente ogni possibile scelta diventa troppo difficile e costoso, gli individui si affidano a euristiche o regole del pollice apprese nel tempo e che danno risultati soddisfacenti anche se non ottimali. Euristiche: “regole del pollice” che gli individui hanno appreso nel tempo e che danno risultati soddisfacenti (anche se non ottimali) in quanto semplificano e velocizzano il processo decisionale. Gli economisti comportamentali tendono a prediligere l’economia sperimentale come metodologia di studio. Permette infatti di osservare il comportamento degli individui manipolando le variabili di interesse e tenendo costanti o sotto controllo ulteriori fattori che potrebbero influenzare le scelte dei soggetti. Gli esperimenti possono essere in laboratorio o su campo. I primi sono i più utilizzati in quanto permettono maggiormente di isolare le variabili di interesse, mentre i secondi vengono implementati per osservare il comportamento dei soggetti in un contesto meno controllato ma più realistico. Esperimenti in laboratorio: esperimenti in cui i soggetti sperimentali (solitamente studenti universitari) interagiscono attraverso un’interfaccia informatica che riproduce, in un ambiente controllato, lo scenario economico oggetto dello studio. Gioco del dittatore: gioco nel quale un giocatore (il dittatore) deve decidere come allocare una somma di denaro reale tra sé e un altro giocatore (il ricevente). Esperimenti su campo: esperimenti in cui lo scopo principale è quello di aggiungere realismo agli scenari senza però perdere eccessivamente il controllo sulle variabili di interesse. Gioco dell’ultimatum: gioco nel quale un giocatore propone come allocare una somma di denaro reale tra sé e un altro giocatore, il quale ha la possibilità di accettare o meno Anche la neuroeconomia, disciplina che combina tecniche di economia sperimentale con metodi di analisi neuroscientifica per identificare quali correlati neurali e quali aree del cervello si attivano durante i processi decisionali degli individui che agiscono in contesti economicamente rilevanti; ha contribuito ad avere una visione più realistica del processo decisionale degli agenti economici. In particolare, sottolinea come questo non sia caratterizzato esclusivamente da meccanismi razionali e controllati, ma anche da emozioni e istinto. Razionalità: caratteristica essenziale dell’Homo oeconomicus in base alla quale un agente economico compie tutte quelle scelte che massimizzano la propria utilità attesa. Nonostante il modello economico classico non fornisca una rappresentazione perfetta degli esseri umani, studiare microeconomia è comunque indispensabile. In primo luogo, perché il modello dell’Homo Oeconomicus è incompleto e non riesce a spiegare il comportamento umano in determinate circostanze, ma in molti casi spiega molto bene ciò che accade sui mercati e all’interno delle imprese. In secondo luogo, avere gli strumenti per conoscere quale potrebbe essere la nostra scelta ottima in un determinato contesto, potrebbe aiutarci a non cedere al potere dei bias. Riconoscere che siamo soggetti a bias ci può invece permettere di capire quando qualcuno li sta sfruttando a nostro svantaggio, ma anche come limitarli quando ci possono danneggiare o come utilizzarli quando costituiscono una risorsa. Le tecniche di nudge ne sono un esempio. Nudge: tecnica che prevede la progettazione di ambienti di scelta opportunatamente congegnati, per mettere gli individui nelle condizioni migliori di decidere preservando al contempo l’autonomia decisionale.