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In queste dispense sono stati riportati e organizzati gli appunti, presi a le-
zione, del corso tenuto dalla Prof.ssa Annalisa Marzuoli del Dipartimento
di Matematica dell’Università di Pavia. Gli autori hanno ritenuto e spera-
to che le presenti dispense potessero essere un valido sostegno per riuscire
a seguire meglio le spiegazioni della professoressa e un aiuto allo studio di
una materia che richiede, per sua stessa natura, un salto di astrazione ri-
spetto ai concetti della meccanica a cui si è intuitivamente abituati e che
quindi può indurre ad una iniziale difficoltà nella comprensione dei concet-
ti trattati. Ringraziamo la Prof.ssa Marzuoli e l’attuale esercitatore Dott.
Giuseppe Bozzi per le pronte correzioni ed invitiamo a segnalare i restanti
errori e mancanze ad uno dei due indirizzi e-mail riky.amici@gmail.com e
sal.diec96@gmail.com per poter procedere ad una immediata correzione.
Dicembre 2017
Indice
Prefazione 3
Perché studiare Meccanica Analitica . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
4 Leggi di conservazione 27
4.1 Momento coniugato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
4.2 Conservazione hamiltoniana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
4.3 Applicazione del formalismo lagrangiano . . . . . . . . . . . . 31
4.4 Simmetrie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
4.5 Trasformazioni infinitesime e teorema di Noether . . . . . . . 33
1
5 Oscillazioni 36
5.1 Equilibrio stabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
5.2 Metodo della soluzione di prova . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
5.3 Modi normali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
7 Corpo Rigido 49
7.1 Cinematica del corpo rigido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
7.1.1 Rotazioni infinitesime . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
7.1.2 Asse di istantanea rotazione . . . . . . . . . . . . . . . 56
7.2 Dinamica del corpo rigido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
7.2.1 Momento angolare ed energia cinetica . . . . . . . . . 58
7.2.2 Angoli di Eulero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
7.3 Cinematica e dinamica relative . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
7.4 Dinamica di alcuni sistemi rigidi notevoli . . . . . . . . . . . 64
7.4.1 Equazioni di Eulero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
7.4.2 Cenni alla risoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
7.4.3 Trottole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
8 Formalismo hamiltoniano 70
8.1 Principio di Hamilton nello spazio delle configurazioni . . . . 70
8.2 Equazioni di Hamilton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71
8.2.1 Da formalismo Lagrangiano . . . . . . . . . . . . . . . 72
8.2.2 Da Principio Variazionale . . . . . . . . . . . . . . . . 73
8.3 Trasformazioni canoniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
8.3.1 Criterio di Lie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
8.4 Parentesi di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
8.5 Teorema di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
8.6 Teorema di Liouville . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
8.7 Trasformazioni canoniche infinitesime . . . . . . . . . . . . . 83
8.7.1 Teorema di Noether hamiltoniano . . . . . . . . . . . 83
8.8 Simmetrie: esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84
8.9 Momento angolare e parentesi di Poisson . . . . . . . . . . . . 86
8.10 Campo di forze centrali: approfondimento . . . . . . . . . . . 87
8.10.1 Orbite chiuse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
8.10.2 Costanti del moto nel problema dei due corpi . . . . . 88
8.11 Struttura algebrica dei momenti angolari . . . . . . . . . . . . 89
2
Prefazione
3
analitici è chiaro perché è possibile estenderli oltre i confini della Meccanica
Classica.
4
Capitolo 1
Equazione fondamentale
della dinamica nella forma di
Lagrange
Un punto materiale libero, ovvero non soggetto a vincoli, può essere descritto
in R se il moto è unidimensionale o in R3 se è nello spazio. Analizzeremo
separatamente i due casi e utilizzeremo come convenzione i simboli ~r e m per
indicare rispettivamente il vettore posizione del punto e la sua massa; infine
supponiamo che il punto sia soggetto ad un campo di forze conservativo.
5
la quale è un’equazione differenziale lineare ordinaria del secondo ordine,
per opportune funzioni F (x), che ammette unica soluzione a partire da
condizioni iniziali definite: in questo caso si avrà bisogno di due condizioni
iniziali poiché l’equazione differenziale è del secondo ordine
t ∈ [0, +∞)
x(0) = x0 (1.4)
ẋ(0) = ẋ
0
∂L ∂ 1
= mv 2 − V (x) = mv . (1.6)
∂v ∂v 2
∂L ∂ 1 ∂V (x) dV
= mv 2 − V (x) = − =− . (1.7)
∂x ∂x 2 ∂x dx
d ∂L ∂L
− =0 (1.8)
dt ∂ ẋ ∂x
def
dove la lagrangiana è L = 21 mẋ2 − V (x).
6
1.2 Moto spaziale
Prendiamo ora in analisi lo spazio fisico, cioè lo spazio euclideo R3 , ed intro-
duciamo una terna inerziale cartesiana ortogonale Σ di origine O. Definiamo
il vettore posizione di un punto P come il vettore che congiunge l’origine O
e il punto stesso, cioè ~r = x~i + y~j + z~k; se questo punto si muove nello spazio
le varie coordinate saranno funzioni del tempo: ~r(t) = x(t)~i + y(t)~j + z(t)~k.
L’equazione di Newton che descrive il moto di un punto materiale di massa
m soggetto ad una risultante delle forza F diventa quindi
d2~r
m = m~r¨ = F~ (r) ; (1.9)
dt2
ove la forza dipende solo dal modulo del vettore posizione del punto e non
dal tempo, dato che, nella nostra prima analisi, prendiamo in considerazione
solo forze conservative, mentre una forza del tipo F~ = F~ (t) sarebbe una
forza impulsiva. Si potrebbe obiettare che, essendo ~r(t) dipendente dal
tempo, allora anche F~ (r) dovrebbe esserlo, ma in realtà non è così poiché ~r
è funzione di t solo durante un movimento, mentre la variabile su cui opera
F~ è la soluzione dell’equazione fondamentale.
Proseguiamo il discorso in modo analogo al caso di moto unidimensionale
cioè definendo un potenziale V , che esiste siccome F~ è conservativa. Detta
V : R3 → R con V = V (x, y, z) definita a meno di una costante, introdu-
ciamo la funzione forza F : R3 → R3 definita come F~ (x, y, z) = −∇V ~ =
def
~
−grad V , dove l’operatore nabla ∇ è definito come
~ = ∂ ~i + ∂ ~j + ∂ ~k .
∇ (1.10)
∂x ∂y ∂z
Tale operatore, se applicato alla funzione scalare f , restituisce il suo gra-
diente e se viene moltiplicato scalarmente o vettorialmente con una funzione
~ · f~ è la divergenza di f mentre ∇
f vettoriale, dà oggetti diversi: ∇ ~ × f~ è il
rotore di f~.
Proiettando l’equazione di Newton sui tre assi della terna Σ otteniamo
tre equazioni scalari:
∂V (x, y, z)
mẍ = Fx (x, y, z) = −
∂x
∂V (x, y, z)
mÿ = Fy (x, y, z) = − (1.11)
∂y
∂V (x, y, z)
mz̈ = Fz (x, y, z) = −
∂z
d~r
Ricordando ora che m = m~r˙ = p~ è la quantità di moto, possiamo scrivere
dt
l’equazione di Newton nella forma
d~
p ~ .
= −∇V (1.12)
dt
7
Verifichiamo ora che è sufficiente conoscere l’energia cinetica T del punto
materiale per poter scrivere il primo membro della (1.12).
1 1
T = m(~ṙ · ~ṙ) = m(ẋ2 + ẏ 2 + ż 2 ) e vediamo che
2 2
∂T
= mẋ = px
∂ ẋ
∂T
= mẏ = p
y (1.13)
∂ ẏ
∂T
= mż = pz
∂ ż
mentre le derivate parziali di T rispetto alle variabili x, y, z, valgono sempre
0. Ricordando che ∂∂V
x˙i = 0, le tre equazioni scalari (1.11) diventano quindi
d ∂T ∂V d ∂(T − V ) ∂(T − V )
=− =⇒ = , (1.14)
dt ∂ ẋi ∂xi dt ∂ ẋi ∂xi
con i = 1, 2, 3.
d ∂L ∂L
Abbiamo quindi ritrovato l’equazione di Lagrange − = 0 per
dt ∂ ẋi ∂xi
ogni componente della terna Σ e il guadagno nello scrivere l’equazione di
Newton in questa forma è che abbiamo necessità di conoscere la sola lagran-
giana del punto materiale per poter risolvere il suo moto. Non è possibile
scrivere le leggi del moto sui diversi assi in una singola equazione vettoriale;
perciò la forma in cui deve essere presentato lo studio del moto di un sistema
è
d ∂L ∂L
− =0
dt ∂ ẋ ∂x
d ∂L
∂L
− =0 (1.15)
dt ∂ ẏ ∂y
d ∂L ∂L
− =0
dt ∂ ż ∂z
Introduciamo una notazione nuova per le coordinate, e che assumerà un
significato ben preciso solo nel prossimo capitolo. In ambito lagrangiano
rinominiamo (x, y, z) = (q1 , q2 , q3 ) e (ẋ, ẏ, ż) = (q˙1 , q˙2 , q˙3 ), e scriviamo le
precedenti equazioni in forma più compatta.
d ∂L ∂L
− =0, (1.16)
dt ∂ q̇i ∂qi
8
Capitolo 2
Cinematica di sistemi
vincolati
d~v
F~ (a) = −mg~k, = 0 =⇒ 0 = −mg~k .
dt
9
L’assurdo è evidente dal momento che m 6= 0 e g 6= 0: questo vuol dire che
deve esistere una forza ψ~ = mg~k tale che la risultante di tutte le forze agenti
su P sia nulla. Si presenta adesso un nuovo problema, perché affermando
l’esistenza di tale forza ψ~ agente su P si sta implicitamente dicendo che il
punto è sì fermo, ma libero nel senso della definizone data in precedenza. Si
può uscire da questa difficoltà postulando che la forza attiva agisca su P ,
mentre la reazione vincolare sia applicata nel punto geometrico appartenente
al piano su cui P è appoggiato; questo vuol dire che i punti di applicazione
delle due forze sono gli stessi dal punto di vista geometrico (siccome il punto
ha dimensione nulla), ma diversi dal punto di vista fisico.
∂Xi
10
(derivate parziali di fα calcolate rispetto alle componenti Xi ) con α =
1, . . . , k e i = 1, . . . , 3N , ha rango massimo grazie all’indipendenza delle
relazioni vincolari. Indichiamo ora la n-upla (q1 , . . . , qn ) delle coordinate
indipendenti, ove la scelta della lettera "q" è fatta per sottolinare la differen-
za che esiste con le generiche componenti Xi , e osserviamo che in presenza
di un vincolo olonomo possiamo parametrizzare i movimenti dell’i-esimo
punto del sistema grazie al vettore posizione ~ri = ~ri (q1 , . . . , qn ; t) che può
eventualmente dipendere dal tempo.
I vincoli olonomi svolgeranno un ruolo fondamentale nella nostra trat-
tazione futura, ma è altresì importante accennare ad altri tipi di vincolo.
Diciamo vincoli anolonomi quelli che possono essere tradotti da una di-
sequazione del tipo f (x, y, z) ≥ 0 e vincoli differenziali quelli descritti da
f (x, y, z, dx, dy, dz) = 0 dove le ultime tre componenti sono quelle del vetto-
re d~ri = ~ri (t+dt)−~ri (t); vincoli di questo tipo dipendono quindi anche dalle
derivate della funzione posizione ed osserviamo che se tali relazioni fossero
integrabili, essi diventerebbero vincoli olonomi.
Un secondo tipo di classificazione di vincoli può invece essere quella che
differenzia vincoli scleronomi (fissi) e reonomi (mobili), mentre una terza
è quella che cataloga vincoli lisci (con ψ diretta lungo la direzione della
componente cinematica vincolata) e scabri (che presentano attrito).
11
z
o
y
P
R2
x
7−→ ~r
(x,y)
R2
12
siccome vi è un teorema della geometria differenziale, il quale assicura che
bastano due aperti per ricoprire l’intera sfera.
Fuori da questo lungo esempio è possibile estendere il discorso ad una
qualunque superficie Σ ⊂ R3 i cui punti saranno identificati dalla mappa di
immersione che permette di definire ~r = ~r(q1 , q2 ). Attenzione: il significato
geometrico di (q1 , q2 ) è più profondo che di semplici componenti di un vettore
in R2 come invece siamo abituati a pensare, infatti le coordinate necessarie
ad individuare un punto sulla calotta sferica sono due, e il vettore posizione
~r dato dalla mappa di immersione opera solo su queste due coordinate e non
sulle tre dello spazio fisico. Tali oggetti sono le informazioni attraverso cui è
possibile identificare un punto nello spazio, ma non necessariamente hanno
il significato fisico di distanza da un’origine: per descrivere un punto, infatti,
possiamo specificare quanto esso sia lontano dall’origine e quale angolo vi sia
tra la sua distanza da O e un asse coordinato (si sta alludendo alle coordiante
polari).
Lo spazio in cui vivono le qi con i = 1, . . . , n, come accennato in apertura, è
in generale lo spazio delle configurazioni C n ed è una varietà differenziabile di
dimensione n. Una varietà differenziabile M n è Rn se e solo se ammette un
sistema di coordinate globali (come ad esempio (x, y, z)). In quanto tale, lo
spazio delle configurazioni ha bisogno che siano definiti i suoi assi coordinati.
Mantendo due componenti per semplicità, diciamo vettori coordinati
∂~r
∂q
1
(2.1)
∂~r
∂q2
∂~r
∂q2
∂~r
∂q1
0
−20
−40 5
−4 0
−2 0 2 4 −5
13
Ritornando un istante al significato intuitivo e cartesiano di assi coordi-
∂~r
nati a cui siamo abituati, osserviamo che la definizione sopra espressa di ∂q 1
diventa ~i nel momento in cui intendiamo q1 = x.
14
Considerando ora n coordiante generalizzate ed N punti materiali abbiamo
la formula generale della velocità del punto
n
d~
ri X ∂ r~i
= q˙j con i = 1, . . . , N (2.3)
dt j=1
∂qj
∂~r
Affermiamo quindi che un vincolo è scleronomo o fisso se e solo se = 0.
∂t
Siamo ora pronti per calcolare l’energia cinetica T :
N
1X
T = mi (r~˙i · r~˙i ) = (2.5)
2 i=1
!
N n n n
!
1X ∂ r~i ∂ r~i ∂ r~i ∂ r~i ∂ r~i ∂ r~i
X X X
= mi +2 q˙j + q˙j · q˙k
2 i=1 ∂t ∂t j=1
∂qj ∂t j=1
∂qj k=1
∂qk
15
Sviluppiamo le opportune moltiplicazioni distribuendo le parentesi e intro-
duciamo le funzioni A, B, C in modo da ottenere infine
X X
T = A(q, t) + Bj (q, t) · q˙j + Cj,k (q, t) · q˙j · q˙k (2.6)
j j,k
16
Capitolo 3
Studiamo ora la dinamica dei sistemi vincolati analizzata dal punto di vi-
sta lagrangiano. Partiremo dal caso particolare della statica introducendo
alcune grandezze (es. spostamenti virtuali) che nel formalismo newtoniano
non sono presenti. Il passaggio alla dinamica vera e propria avverrà grazie
alla formulazione del Principio dei lavori virtuali che ci permetterà, attra-
verso il Principio di D’Alembert, di scrivere le fondamentali equazioni di
Eulero-Lagrange. È importante sottolineare che i principi enunciati in que-
sto capitolo non sono indipendenti dal secondo principio della dinamica di
Newton.
17
questa vale ∀α = 1, . . . , k e ∀t.
Moltiplicando formalmente per dt la (3.2) otteniamo
N
X ∂fα ∂fα
d~ri + dt = 0 con α = 1, . . . , k. (3.3)
i=1
∂~ri ∂t
Risolviamo la (3.3) per trovare {d~ri ≡ ~vi dt}i=1,...,N che sono le soluzioni
delle equazioni di vincolo, ovvero gli spostamenti infinitesimi compatibili
con i vincoli, che avvengono in dt a velocità ~vi . Si possono trovare due
insiemi di spostamenti possibili {d~ri } e {d~ri0 } tali che verifichino d~ri = ~vi dt e
d~ri0 = ~vi0 dt (d~ri e d~ri0 differiscono per infinitesimi di ordine ≥ 2). Sottraendo
∀α le due equazioni trovate otteniamo
N N
∂fα ∂fα 0 ∂fα
ri 0 ) = 0
X X
ri −
d~ 0 d~
ri = (d~ri − d~
i=1
∂ r~i ∂ r~i i=1
∂~
ri
18
Definizione 3.2. I vincoli che esercitano forze vincolari ψ~i e che soddisfano
N
~i · δ~ri = 0 ;
X
δW = ψ (3.8)
i=1
condizione verificata tipicamente dai corpi rigidi sia per traslazioni che per
rotazioni dello stesso, ma siccome ψ ~ij + ψ
~ji = 0 per il principio di azione e
reazione e δ~ri = δ~rj = δ~r, abbiamo che
~ij + ψ
δW = (ψ ~ji )δ~r = 0 ∀(i, j) ∈ corpo.
1
Precisiamo che il differenziale δ presente nella (3.8) non è un differenziale esatto.
19
Diamo ora un’osservazione importante che vale per tutti i tipi di vincolo
che abbiamo considerato.
Osservazione 3.1. Come si può osservare dal caso del vincolo di rigidità
i lavori virtuali compiuti dalle singole reazioni vincolari sono in genere non
nulli; questo fatto è estendibile ad un’ampia gamma di vincoli. Quello che
ci interessa, come vedremo nei paragrafi successivi, affinché possa essere
applicato il formalismo lagrangiano, è che si annulli il lavoro virtuale totale.
=⇒
ϕ
C1 R
C10 C ≡ C0 x
20
poiché δ~rc = 0 ∀t: infatti se ogni d~ri0 = 0 (condizione di puro rotolamento)
allora la differenza tra due oggetti nulli sarà ancora nulla. La suddetta
condizione di puro rotolamento infine può essere espressa dicendo che la
velocità del punto di contatto è istante per istante nulla:
d~rc
= ~vc (t) = 0 ∀t.
dt
21
che viene detta j-esima forza generalizzata: la possiamo vedere come la
proiezione delle forze sulla j-esima coordinata generalizzata.
Dalla (3.9) si evince che il sistema è in equilibrio se e solo se Qj = 0 ∀j.
Vediamo ora un’importante notazione che ha poco a che fare con l’ar-
gomento in questione, ma che verrà utilizzata in tutto il testo: la notazione
di Einstein per le sommatorie. La convenzione è la seguente: ogni volta
P
che un indice viene ripetuto due volte sotto una sommatoria, il simbolo
viene omesso. Tutte le volte che sono presenti due indici e non è presente
la sommatoria verrà specificato. Riscriviamo l’equazione precedente con la
notazione appena adottata
(a) (a) ∂~
ri
0 = F~i · δ~ri = F~i · δqj = Qj δqj ,
∂qj
∂V ∂V
0 = δW (a) = − δqj ⇒ = 0 ∀j ;
∂qj ∂qj
22
3.3.1 Principio di D’Alembert
Un sistema meccanico formato da N punti materiali è come se fosse in
~ da cui si sottrae p~˙i ; dove p~i def
equilibrio sotto l’azione di (F~i + ψ) = mi~vi (in
questo caso non è sottointesa nessuna sommatoria). Questo è giustificato
dal fatto che, grazie al secondo principio della dinamica
(a)
p~˙i = F~i + ψ~i ,
i=1
23
Inoltre noi sappiamo che
∂~vi ∂~ri
= .
∂ q̇j ∂qj
d ∂~vi ∂~vi d ∂ 1 ∂ 1
mi~vi · − mi~vi · δqj = mi vi2 − mi vi2 δqj .
dt ∂ q̇j ∂qj dt ∂ q̇j 2 ∂qj 2
d ∂T ∂T
− − Qj δqj = 0 ,
dt ∂ q̇j ∂qj
ma sappiamo che {δqj } sono tra di loro indipendenti e allora valgono (∀j)
le equazioni
d ∂T ∂T
− = Qj ; (3.12)
dt ∂ q̇j ∂qj
che vengono dette equazioni di Eulero-Lagrange.
d ∂(T − V ) ∂(T − V )
− =0.
dt ∂ q̇j ∂qj
24
Prendiamo nello spazio delle configurazioni C n le coordinate generalizzate
(q̄1 , . . . , q̄n ); perciò la lagrangiana sarà della forma
d ∂ L̄ ∂ L̄
− =0. (3.13)
dt ∂ q̄˙j ∂ q̄j
qk = qk (q̄1 , . . . , q̄n ; t)
∂qk
det 6= 0 .
∂ q̄j
Sappiamo che la lagrangiana è una funzione scalare e perciò il suo valore non
può dipendere dalla scelta delle coordinate in cui la esprimiamo (uguaglianza
in valore):
˙ t) = L(q(q̄, t), q̇(q̄, q̄,
L̄(q̄, q̄, ˙ t), t) ∀t .
∂ L̄ ∂L ∂ q̇k ∂L ∂qk
= = ;
∂ q̄˙j ∂ q̇k ∂ q̄˙j ∂ q̇k ∂ q̄j
d ∂L ∂L ∂qk
−
P
= 0 (ricordiamo che k è sottintesa) ;
dt ∂ q̇k ∂qk ∂ q̄j
25
∂qk
siccome la matrice è non singolare, allora tutte le derivate sono
∂ q̄j
linearmente indipendenti e perciò
d ∂L ∂L
− =0 ∀k .
dt ∂ q̇k ∂qk
26
Capitolo 4
Leggi di conservazione
27
z d~ri z
i P
~n
dϕ
~ri
~r
θ
o o
y y
x x
N
mi~r˙j ~n = p~ · ~n = pj :
X
=
i=1
il momento coniugato alla coordinata lungo la quale avviene la traslazione è
dunque il prodotto scalare tra la quantità di moto totale p~ e il versore della
∂V
traslazione ~n. Ricordiamo che ∂q j
= −Qj e che
∂T ∂ 1X d ∂~ri d~n
mi~r˙i~r˙i = mi~r˙i mi~r˙i
X X
= = =0
∂qj ∂qj 2 i i
dt ∂qj i
dt
28
siccome ~n è costante nel tempo.
Ricomponendo le varie derivate ed inserendole nell’equazione di Lagrange
otteniamo
N N
d (a) ∂~
ri (a)
F~i F~i · ~n ,
X X
p · ~n) = Qj =
(~ =
dt i=1
∂qj i=1
ritrovando così un notevole risultato presente anche nel formalismo newto-
niano:
p · ~n)
d(~
= R(ext) · ~n (4.2)
dt
P (a)
in cui osserviamo che i F~i sono forze attive che si compensano tra di loro
se interne, lasciando solo una risultante esterna.
Ricapitolando, se L è ciclica, ovvero non dipende da una qj , e tale qj è di
dp ∂V
traslazione allora dtj = − ∂qj
= 0, quindi pj si conserva.
29
e quindi ricomponendo tutte le derivate otteniamo una relazione simile a
quella ricavata per le traslazioni e anch’essa riscontrabile nel formalismo
newtoniano,
~ (tot) )
d(~n · L ~ (ext) ,
= ~n · M (4.3)
dt
dove M~ (ext) è la risultante del momento delle forze esterne.
30
dove si è usato il teorema di Eulero nel secondo passaggio siccome T è una
funzione omogenea del secondo ordine, mentre E è l’energia meccanica totale
del sistema.
Come è stato detto sopra, quando la lagrangiana non dipende esplicita-
mente dal tempo, l’hamiltoniana si conserva. Solo nelle ipotesi aggiuntive
espresse precedentemente, H = E e quindi anche E si conserva, ma esistono
casi in cui si conserva H e non E.
~
dL d~r d~v
= × (m~v ) + ~r × m = ~v × (m~v ) + ~r × (m~a) = 0 .
dt dt dt
~0
L
~r0
~v0
31
il potenziale ordinario, sussiste la corrispondenza H = E. Notiamo anche
che non c’è dipendenza da θ (solo da θ̇), perciò tale coordinata è ciclica; per
quanto visto nelle sezioni precedenti, allora, pθ = ∂L∂ θ̇
= mρ2 θ̇ = Lz è una
costante del moto. A questo punto si può osservare che esistono dunque due
modi per mostrare che il moto è planare: il primo si basa sul fatto che se
il momento angolare si conserva allora esso sarà diretto ortogonalmente al
piano in cui si svolge il moto; con il secondo modo basta osservare che θ
è una coordinata di rotazione e che quindi pθ è la componente di L ~ lungo
l’asse perpendicolare al piano.
4.4 Simmetrie
Introduciamo ora l’importante nozione di simmetria alla quale, grazie al
teorema di Noether, potremo far corrispondere una costante del moto e
quindi facilitare la risoluzione delle equazioni del moto di un sistema di
punti.
Definizione 4.4 (simmetria). Un sistema meccanico possiede una sim-
metria se è invariante rispetto una classe di trasformazioni che formano un
gruppo.
Ricordiamo che un gruppo è un insieme non vuoto con una operazione
binaria (come somma o prodotto), la proprietà associativa, l’elemento neutro
e l’inverso.
Sappiamo che la L è invariante in valore, perciò applicando un cambia-
mento di coordinate abbiamo l’uguaglianza
L0 (q 0 , q̇ 0 , t) = L(q(q 0 , t), q̇(q 0 , q̇ 0 , t), t) .
L’invarianza per simmetria è invece qualcosa di più specifico, ossia una pro-
prietà che mantenga la stessa forma funzionale della vecchia lagrangiana
e, siccome la struttura delle equazioni di Lagrange viene mantenuta, come
già dimostrato nel paragrafo 3.3.2, l’invarianza per simmetria conduce ad
equazioni del moto identiche con l’unica differenza delle coordinate genera-
lizzate scelte; nel caso in cui la lagrangiana fosse già invariante si avrebbe
l’uguaglianza L0 (q 0 , q̇ 0 , t) = L(q 0 , q̇ 0 , t), cioè le due lagrangiane sono la stessa
funzione. Tuttavia questo è un caso troppo restrittivo in una trattazione
generale come vorremmo studiare e a dimostrazione di ciò proponiamo un
controesempio.
Supponiamo che il punto materiale non sia soggetto a forze quindi la sua
lagrangiana sarà uguale all’energia cinetica T e scriviamo tale espressione in
coordinate cartesiane e polari: T = 21 m(ẋ2 + ẏ 2 ) = 12 m(ρ̇2 + ρ2 θ̇2 ). Le leggi
del moto, nei due casi, saranno
( (
mẍ = 0 mρ̈ = 0
=⇒ (4.6)
mÿ = 0 mρ2 θ̈ = 0
32
che danno quindi lo stesso risultato, ovviamente, ma non sono identiche in
forma.
∂L0 ∂L ∂Λ
0 = 0+ 0 ,
∂ q̇l ∂ q̇l ∂ql
d ∂L0 d ∂L ∂2Λ 0 ∂2Λ
= + q̇ k +
dt ∂ q̇l0 dt ∂ q̇l0 ∂ql0 ∂qk0 ∂ql0 ∂t
Ricomponendo l’equazione abbiamo che
d ∂L0 ∂L0 d ∂L ∂L
− = − =0.
dt ∂ q̇l0 0
∂ql dt ∂ q̇l0 ∂ql0
33
che esista un certo α0 tale che qk0 (q1 , . . . , qn ; α0 ; t) = qk , ossia a cui corri-
sponda la trasformazione identità; queste funzioni formano un gruppo per
successiva applicazione:
qk0 = qk0 (q; α1 ; t)
qk00 = qk00 (q 0 ; α2 ; t) = qk00 (q; α1 + α2 ; t) .
In particolare una variazione infinitsima del parametro è α = α0 + δα a cui
corrisponde la trasformazione qk0 = qk + δqk ∀k = 1, . . . , n e dove il termine
∂qk
δqk = δα = qk0 − qk è un incremento virtuale. Osserviamo che è stato
∂α
usato il termine δ e non d nell’incremento, siccome nella nostra trattazione
il tempo è considerato alla stregua di un parametro e quindi è di interesse
osservare solo la variazione δqk .
Supponiamo ora che la trasformazione sia di simmetria, quindi grazie
alla (4.7) possiamo scrivere l’uguaglianza
dΛ(q + δq, t)
L(q, q̇, t) = L(q + δq, q̇ + δ q̇, t) + . (4.8)
dt
Non devono preoccupare le notazioni leggermente diverse: infatti grazie al-
l’invarianza in valore della lagrangiana, L0 (q 0 , q̇ 0 , t) = L(q 0 (q, t), q̇ 0 (q, q̇, t), t) =
L(q, q̇, t) motiva il membro a sinistra, la trasformazione q 0 = q + δq motiva
quello a destra.
Sviluppiamo al primo ordine l’equazione ed otteniamo
∂L ∂L d ∂Λ ∂Λ
L(q, q̇, t)+ δqk + δ q̇k + Λ(q, t)+ δqk −L(q, q̇, t) = 0 δqk = δΛ .
∂qk ∂ q̇k dt ∂qk ∂qk
Osserviamo che il termine
d
(Λ(q, t)) = 0
dt
perchè il tempo è congelato e sfruttando il teorema di Leibnitz abbiamo che
∂L d ∂L d ∂L
δ q̇k = δqk − δqk ,
∂ q̇k dt ∂ q̇k dt ∂ q̇k
e sostituendo nell’equazione e riordinando, otteniamo:
∂L d ∂L d ∂L
− δqk + δqk + δΛ = 0 .
∂qk dt ∂ q̇k dt ∂ q̇k
Siccome valgono le equazioni di Lagrange, la prima parentesi è nulla, quindi
dal calcolo è stata ricavata una costante del moto, siccome
d ∂L
δqk + δΛ = 0 (4.9)
dt ∂ q̇k
Tale equazione è espressione del cosiddetto
34
Teorema 4.1 (di Noether). Ad ogni simmetria corrisponde una costante
del moto.
35
Capitolo 5
Oscillazioni
∂V (q1 , . . . , qn ) ∂V
dV = 0 = dqk ⇐⇒ =0 ∀k .
∂qk ∂qk
Supponiamo che esista una soluzione di (5.1) e denotiamola con Γ = (q01 , . . . , q0n ),
∂V
che quindi soddisfa l’equazione = 0 ∀k.
∂qk Γ
Introduciamo ora una nuova grandezza fisica, gli scostamenti, di cui fa-
remo uso nella nostra trattazione circa l’equilibrio dei sistemi. Facendo una
def
shift delle coordinate diciamo qj → ηj = qj − q0j , ossia pratichiamo una va-
riazione delle coordinate generalizzate intorno alla posizione di equilibrio Γ.
A questo punto possiamo enunciare la definizione di configurazione stabile:
36
Definizione 5.2 (Equilibrio stabile). Γ è una configurazione di equilibrio
stabile se, comunque fissato ε > 0, ∃δ > 0 tale che per ogni scelta dei
dati iniziali ηk (0) ed η̇k (0) tali che |ηk (0)| < δ e |η̇k (0)| < δ, succeda che
|ηk (t)| < ε e |η̇k (t)| < ε ∀t.
1 ∂ 2 V
∂V
V (q01 +η1 , . . . , q0n +ηn ) = V (q01 , . . . , q0n )+ η j + ηj ηk +O(η 3 ) ,
∂qj Γ 2 ∂qj ∂qk Γ
37
la notazione:
d ∂L? ∂L? d ∂T ? ∂V ?
− =0= + . (5.3)
dt ∂ q̇ηi ∂qηi dt ∂ η̇i ∂ηi
∂V ? 1 ∂ 1 ∂ηj ∂ηk 1
= (Vjk ηj ηk ) = Vjk ηk + Vjk ηj = (Vik ηk + Vji ηj ) ,
∂ηi 2 ∂ηi 2 ∂ηi ∂ηi 2
grazie al fatto che la derivata parziale di ηj rispetto ηi è il delta di Kroneckher
δji . Siccome sono sottointese le sommatorie per j e per k è lecito scambiare
gli indici della matrice Vji e cambiare il pedice j con k, ottenendo così
1 1
(Vik ηk + Vij ηj ) = (Vik ηk + Vik ηk ) = Vik ηk .
2 2
Facciamo ora gli stessi passaggi per T ? e otteniamo che
d ∂T ?
= Tik η̈k .
dt ∂ η̇i
Ricomponendo l’equazione (5.3) troviamo
n
X
Tik η̈k + Vik ηk = 0 . (5.4)
k=1
38
sia uguale a 0.
Supponiamo ora che le soluzioni, ovvero tutti i possibili valori dell’incognita
ω 2 , siano n e che le radici, cioè le soluzioni stesse, del polinomio siano tutte
2 , ω 2 , . . . , ω 2 , dette frequenze di vibrazione libera o frequenze
distinte: ω(1) (2) (n)
di risonanza. A questo punto sostituiamo ogni radice nell’equazione (5.5)
per riuscire ad ottenere l’autovettore aj corrispondente alla frequenza ω(j) .
Analizziamo ora un caso particolare.
Supponiamo che
n
1X
T? = (η̇i )2 ,
2 i=1
ovvero che Tjk = δjk , argomenti della matrice identità: con tale ipotesi
risulta che l’equazione (5.5) si riduce a
n
X
Vkj aj = ω 2 ak
j=1
V~a = ω 2~a .
V~a = λT~a
39
ove Ck ∈ C e di cui siamo interessati solo alla parte reale che descrive il
moto effettivo dell’oscillatore:
n
X
Re(ηj (t)) = fk ajk cos (ω(k) t + Φ(k) ) (5.8)
k=1
40
Capitolo 6
41
z
P2
C.M.
R2
R P1
R1
o
y
def
Definiamo quindi ~r1 = R ~1 − R~ e ~r2 def
=R ~2 − R
~ le distanze dei due punti
def
dal centro di massa e ~r = ~r1 − ~r2 . L’energia cinetica del sistema è:
!
1 1 1 1 ṙ12 m21
T = m1 ṙ12 + m2 ṙ22 = m1 ṙ12 + m2
2 2 2 2 m22
~r1 m1 + ~r2 m2
ove abbiamo sfruttato il fatto che ~rCM = = 0 nel sistema di
m1 + m2
~r˙1 m1
riferimento del centro di massa stesso e che ~r˙2 = − . Raccogliamo i
m2
termini comuni dei due addendi nel calcolo dell’energia cinetica e inseriamo
l’identità
m1 m2 + m1
~r = ~r1 − ~r2 = ~r1 + ~r1 = ~r1
m2 m2
così da ottenere
!
1 m1 1 m22 m1 + m2 1
m1 ṙ12 1 + = m1 ṙ2 = µṙ2
2 m2 2 (m1 + m2 )2 m2 2
m1 m2
ove abbiamo posto µ = quantità detta massa ridotta che è proprio
m1 + m2
il termine di massa che cercavamo.
La lagrangiana del sistema risulta essere L = 21 µṙ2 − V (r) e siccome siamo
in un campo di forze centrali sappiamo che si conserva il momento angolare
~ = ~r × µ~r˙ : possiamo ulteriormente ridurre i gradi del sistema a 2, poiché
L
questa proprietà restringe il moto in un piano. Sfruttando le coordinate
polari (ρ, ϕ) si ha
1
L = µ ρ̇2 + ρ2 ϕ̇2 − V (ρ) . (6.1)
2
Infine supponiamo che L ~ 6= 0 in modo da evitare il caso degenere.
Come abbiamo già avuto modo di osservare nel paragrafo 4.3 nel caso di
42
forze centrali l’hamiltoniana si conserva, coincide con l’energia totale e vale
1 2 1 2 2
µρ̇ + µρ ϕ̇ + V (ρ) = E
2 2
def
e ricordando che il momento angolare resta costante, l = µρ2 ϕ̇, così da avere
per costruzione
1 l2 1
E = µρ̇2 + 2
+ V (ρ) = µρ̇2 + Ṽ (ρ)
2 2µρ 2
Ṽ (ρ)
E1
ρ2 ρ4 ρ3 ρ
E2
Un corpo con una certa energia cinetica T può muoversi in diversi modi
a seconda della sua energia E perché l’energia potenziale efficace, a seconda
dei valori che assumerà, determinerà qualitativamente il moto radiale:
43
• Se E corrisponde al minimo di Ṽ la distanza dal centro di forza è
costantemente ρ4 ossia il moto deve compiere orbite circolari1 .
µ
ρ
Figura 6.3
44
ove si è usato il simbolo di derivata totale perchè il potenziale dipende solo
da ρ nell’ipotesi di potenziale kepleriano. Sfruttando la definizione di l e
riordinando otteniamo
!
d l2 k dṼ
µρ̈ = − − =− . (6.2)
dρ 2µρ2 ρ dρ
d ˜
Il secondo membro di (6.2), ossia − V (ρ) può essere riscritto in termini di
dρ
u e diventa
!
d d ˜ d l2 2 l2 3
− V ˜(ρ) = u2 V (u) = u2 u − ku = u − ku2
dρ du du 2µ µ
e ricomponendo i due membri otteniamo l’uguaglianza
l2 2 d2 u l2 3 d2 u kµ
− u = u − ku2 ⇒ +u= 2 , (6.3)
µ dϕ2 µ dϕ 2 l
in cui riconosciamo un’equazione differenziale del secondo ordine, lineare,
non omogenea e a coefficienti costanti per la funzione u(ϕ), facilmente riso-
lubile coi metodi dell’analisi. La soluzione generale dell’equazione omogenea
associata è
d2 u e
+u=0 ⇒ u(o) (ϕ) = cos (ϕ − ϕ0 ) ,
dϕ2 p
l2 def
ove l’eccentricità e ≥ 0 dipende dalle condizioni iniziali e p = , mentre la
kµ
kµ 1
soluzione particolare invece risulta essere più semplicemente ũ = 2 = :
l p
45
la soluzione generale dell’equazione (6.3) è quindi
def 1
ũ + u(o) = u(ϕ) = (1 + e cos (ϕ − ϕ0 )) . (6.4)
p
Osserviamo quindi che la funzione u = u(ϕ; ϕ0 , e) dipende dalla variabile ϕ,
dalla condizione iniziale ϕ0 e dal parametro e, oltre che dalle costanti in p.
La stessa cosa vale ovviamente anche per
p
ρ = ρ(ϕ; ϕ0 , e) =
1 + e cos (ϕ − ϕ0 )
in cui riconosciamo la formula generale delle curve coniche espresse in coor-
dinate polari. Come è facile intuire vi sono alcuni casi particolari corrispon-
denti ai valori che assume l’eccentricità:
l2
• e = 0 fa coincidere il moto con una circonferenza di raggio ρ = p = kµ .
46
2
l2 1 1
= (1 + e cos (ϕ − ϕ0 )) −k (1 + e cos (ϕ − ϕ0 ))
2µ p p
ϕ=ϕ0 ϕ=ϕ0
l2 k
= 2
(1 + e)2 − (1 + e) .
2µp p
La soluzione di questa equazione di secondo grado nell’incognita e ha come
soluzioni due valori discordi, dei quali consideriamo solo quello positivo che
ha senso fisico: s
2E0 l2
e= 1+ 2 (6.6)
k µ
che è proprio la relazione tra eccentricità ed energia che stavamo cercando
√ e
dalla quale osserviamo la particolare proporzionalità del tipo e ∝ E0 . Da
(6.6) ritroviamo alcune osservazioni già fatte in precedenza: ad esempio se
E0 = 0 allora e = 1 e le traiettorie descritte sono delle parabole; se E0 > 0
allora e > 1 e si hanno delle iperboli.
e>1
e<1
e=0
F
47
Vediamo invece adesso una precisazione di quanto detto all’inizio del
paragrafo 6.3. Ricordando che
E = 1 µρ̇2 + Ṽ (ρ)
2 (6.7)
2
µρ ϕ̇ = l
ed integrando otteniamo
Z t Z ρ
dρ
dt = ± r = t(ρ) .
0 ρ0 2
µ E − Ṽ (ρ)
48
Capitolo 7
Corpo Rigido
49
• come asse x0 prendiamo una retta parallela a Q1 Q2 ;
z
Q2 x’
Q3
z’
y’
Q1
Ω y
Guardiamo ora i gradi di libertà del sistema: per ogni punto abbiamo 3
coordinate spaziali, siccome abbiamo detto che il numero minimo di punti
necessari per descrivere la posizione di un corpo rigido è 3; quindi abbiamo
in totale 9 coordinate a cui dobbiamo sottrarre il numero di relazioni che
legano i tre punti, ovvero 3; abbiamo perciò 6 gradi di libertà. Lo spazio delle
configurazioni su cui lavoreremo è, come giustificheremo a breve, R3 ×SO(3).
I gradi di libertà rappresentano i moti della terna solidale S rispetto alla
terna solidale Σ. A livello euristico lo spazio delle configurazioni di un
corpo rigido non è altro che il gruppo dei "moti" euclidei (trasformazioni tra
terne cartesiane ortogonali). Le trasformazioni sono dette rototraslazioni.
Ciascun insieme forma un gruppo. Il gruppo delle traslazioni è R3 poiché dire
che servono 3 coordinate per definire una traslazione è equivalente a dire che
sono necessarie 3 coordinate cartesiane dell’origine di S. Definiamo il vettore
traslazione w ~ = (wx , wy , wz ) ∈ R3 , dato che R3 è uno spazio vettoriale
allora possiamo affermare che il gruppo delle traslazioni è un gruppo abeliano
(ovvero commutativo).
Il gruppo delle rotazioni proprie nello spazio fisico E3 è dato dalle matrici
3 × 3 reali che appartengono al gruppo ortogonale speciale SO(3), ovvero
50
z
z0
w
~ y0
x0 y
x
51
P0
y0
y P
O x0 x
Possiamo osservare che Az (ϕ) ∈ SO(3) poiché AÃ = I e inoltre det (A) =
+1. Il lettore volenteroso potrà verificare che anche Ax (ϕ), Ay (ϕ) ∈ SO(3).
Un’altra caratteristica che si deduce da queste matrici, ma che è valida per
tutte quelle di rotazione è che tr (A) = 1 + 2 cos ϕ . Dal discorso precedente
emerge il fatto che ogni rotazione appartiene ad SO(3).
Ax , Ay , Az sono esempi di rotazione ∈ SO(3) di un angolo generico intorno
ad un asse (asse di rotazione) ~n. Tenendo presente la condizione di versore
dell’asse di rotazione ~n · ~n = 1 ci accorgiamo che per descrivere una rota-
zione sono necessari, in accordo con i gradi di libertà di un corpo rigido, 3
parametri: il primo è dato dall’angolo ϕ ∈ [0, 2π) e gli altri 2 sono dati dalle
componenti indipendenti di ~n.
52
considerazione si evince che basta utilizzare l’angolo −ϕ al posto dell’angolo
ϕ nella matrice An .
Prima di vedere un’altra tipologia di parametrizzazione delle rotazioni
di un corpo rigido sotto ipotesi di esistenza di un punto fisso enunciamo un
teorema che generalizza il 7.1 precedentemente enunciato.
Teorema 7.2 (di Chasles). L’atto di moto più generale di un corpo rigido
è una rototraslazione.
AB = (I + E)(I + E 0 ) = I + E + E 0 + EE 0 ∼ I + E + E 0 ;
53
la legge di composizione è un’operazione interna e commutativa. L’elemento
neutro non è altro che la matrice nulla e la matrice inversa di A = I + E si
vede che è A−1 = I − E, infatti
AA−1 = (I + E)(I − E) = I + E − E − E 2 = I .
d~r = ~r 0 − ~r = E~r = (ydΩz − zdΩy )~i + (−xdΩz + zdΩx )~j + (xdΩy − ydΩx )~k ;
def
~ .
d~r = ~r × dΩ (7.1)
~ viene chiamato vettore di spostamento rotatorio e individua
Il vettore dΩ
l’asse di rotazione come direzione e verso dato che i punti che non subiscono
rotazione sono proprio quelli che appartengono all’asse di rotazione (d~r = 0).
~ deve essere un
Sottolineiamo infine che, trattandosi di una rotazione, |dΩ|
angolo e perciò dividendo formalmente per dt l’equazione (7.1) otteniamo
d~r ~ def
dΩ
= ~r × = ~r × ω
~ ; (7.2)
dt dt
dove ω
~ è il vettore velocità angolare. Con i concetti appena sviluppati
vediamo un’importante applicazione che ci permette di scrivere l’equazione
fondamentale della cinematica rigida.
54
P
z
Z ~ S
w
y
Σ
x
O
dw
~ |S = dw
~ |Σ + (dw)
~ rot .
| {z }
=w× ~
~ dΩ
dw ~ |S − w
~ |Σ = dw ~ = dw
~ × dΩ ~ ×w
~ |S + dΩ ~,
~
!
dw
~ dw
~ dΩ
= + ×w
~.
dt Σ dt S dt
Sostituendo ora w
~ con il vettore posizione ~r e facendo le adeguate sostituzioni
otteniamo
~ × ~r ;
~v|Σ = ~v|S + ω
assimilando ~v|S a ~v (O) e scrivendo ~r come (P − O), dove O è l’origine di S
ricaviamo la formula fondamentale della cinematica rigida:
~ × (P − O) .
~v (P )|Σ = ~v (O) + ω (7.3)
Da qua si può ben osservare che l’atto di moto più generale di un corpo
rigido è una rototraslazione.
55
Per N punti materiali (i = 1, . . . , N ) legati da vincoli di rigidità possiamo
scrivere
~vi = ~vO + ω ~ × ~ri .
Vediamo, per concludere l’argomento, alcuni casi particolari:
2. moto con punto fisso: ~v (O) = 0 e si può scegliere la terna solidale con
origine nel punto fisso;
Diamo ora una piccola osservazione il cui significato sarà meglio compreso
nel paragrafo successivo, ma, per una migliore chiarezza, ci è sembrato più
opportuno inserirla alla fine di questo paragrafo.
~v (P ) · ω
~ = ~v (O) · ω
~ ;
~ = (P − O)ω 2 + ~v (O) × ω
~v × ω ~ .
56
ω
~ |t
~v (P ∗ )
~v (O)
O
P∗
~v (O)
P∗ − O = ω
~× .
ω2
In aggiunta deduciamo immediatamente che tutti i punti che appartengono
alla stessa retta parallela a ω
~ hanno la stessa velocità.
~ è costante in S ⇔ è costante in Σ.
Proposizione 7.2. La direzione di ω
Dimostrazione. Definiamo ω
~ come
def
ω
~ = ω~n .
ma sapendo che
d~n d~n
= ~ × ~n .
+ω
dt Σ dt S | {z }
=0
57
2. Moto con punto fisso: dalle prime considerazioni fatte nella prima
proposizione deduciamo che
~v (P ) · ω
~ = ~v (O) · ω
~ = 0 ∀P .
58
Gli elementi diagonali vengono chiamati momenti d’inerzia, per esempio
X X
Ixx = mi (ri2 − x2i ) = mi (yi2 + zi2 ) ;
i i
(ri2 − x2i ) non è altro che la distanza del punto i rispetto (in questo caso)
all’asse x.
Fuori diagonale per esempio abbiamo
X
Ixy = − mi xi yi
i
59
il termine (~n · I~n) è uno scalare che si chiama momento d’inerzia del corpo
rispetto all’asse di rotazione istantanea
I = ~n · I~n .
Per concludere questo paragrafo diciamo che tutti i teoremi affrontati nella
dinamica newtoniana sono ancora validi (es. Teoremi di König e Teoremi di
Huygens-Steiner).
φ̇
ψ̇
θ̇
(x, y, z) → (ξ, η, ζ) .
(ξ, η, ζ) → (ξ 0 , η 0 , ζ 0 ) .
(ξ 0 , η 0 , ζ 0 ) → (x0 , y 0 , z 0 ) .
60
P
z
Z ~rR S
y
Σ
x
~r O
~rT
Ω
• osservatore non inerziale (S, O): terna che si muove di moto qualsiasi
rispetto a Σ.
61
La derivata temporale di un vettore la possiamo perciò scrivere come
dw
~ dw
~
= ~ ×w
+ω ~R . (7.7)
dt dt R
dove 2~ω ×~vR viene chiamata accelerazione di Coriolis. Adesso, dal momento
che abbiamo analizzato la formula delle accelerazioni relative, possiamo in-
trodurre la legge fondamentale della dinamica modificata. Sia F~ la risultante
delle forze attive agenti su un punto materiale P , nel sistema di riferimento
relativo S abbiamo
m~aR = F~ − m~aT − m~ac ; (7.9)
| {z } |{z}
~T
F ~c
F
4. Scritta L nel sistema di riferimento non inerziale del vincolo (il vincolo
in questo caso diventa scleronomo), si devono trattare le forze appa-
renti: per fare ciò deve necessariamente esistere un’energia potenziale
associata a tali forze.
62
Vediamo ora un esempio che giudichiamo chiarificatore riguardo alla scelta
del sistema di riferimento per la scrittura della lagrangiana in un sistema
fisico.
Sia P un punto materiale di massa m vincolato ad una semiretta liscia
passante per un punto Q e giacente in un piano orizzontale. Ipotizzato che
il punto Q si muova lungo x con ~aQ = a~i e che la semiretta ruoti intorno a
Q con ω ~ = cost., scrivere L e discutere l’esistenza di costanti del moto.
P s
ωt
O Q x
63
a eccezione ora che il vincolo è scleronomo. Utilizzando sempre la
coordinata s otteniamo per l’energia cinetica
1
T = mṡ2 ,
2
invece per l’energia potenziale dobbiamo considerare i potenziali dati
dalle forze apparenti
V = Vapp = VT .
Il potenziale VT che sarà dato solo dalla forza centrifuga sarà uguale a
m 2 2
VT = − ω s ;
2
perciò la lagrangiana sarà uguale a
1 1
L = T − V = mṡ2 + mω 2 s2 .
2 2
Come possiamo osservare la lagrangiana ora non ha alcuna dipendenza
esplicita dal tempo ( ∂L
∂t = 0); quindi
dH
=0
dt
l’hamiltoniana si conserva e coincide con l’energia (vincolo sclerono-
mo).
64
Definiamo ora
defdϕ def dϑ def dψ
ωϕ = , ωϑ = , ωψ = . (7.10)
dt dt dt
Dal momento che abbiamo T nella terna (x, y, z), ma ω ~ è riferita a tre as-
si (Z, n, z) che non appartengono tutti alla stessa terna, allora dobbiamo
calcolare, a partire da (ϕ, ϑ, ψ) e ωϕ , ωϑ , ωψ , le componenti ωx , ωy , ωz . Ap-
plicando le matrici di rotazione utilizzate per definire gli angoli di Eulero e
utilizzando la figura 7.6 si vede che
ω = ϕ̇ sin ϑ sin ψ + ϑ̇ cos ψ
x
ωy = ϕ̇ sin ϑ cos ψ − ϑ̇ sin ψ (7.11)
ωz = ϕ̇ cos ϑ + ψ̇
I3 ω̇z − ωx ωy (I1 − I2 ) = Nz .
Dal momento che le altre due equazioni sono troppo complesse da trovare,
rinunciamo a scrivere le equazioni nella procedura sopra descritta. Osservia-
mo che, a meno di ridenominare gli assi x, y, z si ottengono altre 2 equazioni
permutando ciclicamente (x, y, z) e (1, 2, 3); perciò otteniamo
I1 ω̇x − ωy ωz (I2 − I3 ) = Nx
2 yI ω̇ − ω ω (I − I ) = N
z x 3 1 y (7.12)
I ω̇ − ω ω (I − I ) = N
3 z x y 1 2 z
che vengono dette equazioni di Eulero, che sono 3 equazioni differenziali del
secondo ordine nelle ϕ, ϑ, ψ, non lineari e accoppiate.
65
Osservazione 7.5. In realtà le equazioni di Eulero si usano anche per moti
rototraslatori nel caso in cui F~ (ext) = 0. Infatti d~
p
dt = 0, ovvero il centro di
massa si muove di moto inerziale; perciò la terna solidale scelta deve avere
l’origine O nel centro di massa, tipicamente considerato a riposo.
~
dL
=0,
dt
ovvero Lx , Ly , Lz si conservano. Inoltre L = T ed E = T si conserva. Da
qua in avanti si possono utilizzare diverse procedure, tra cui:
1. risoluzione delle equazioni associate agli integrali primi (ϕ, ϑ, ψ, ϕ̇, ϑ̇, ψ̇).
La risoluzione con tale metodo, tuttavia, può risultare complessa (fun-
zioni ellittiche).
66
sostituendolo nell’equazione precedente e diagonalizzando la matrice
d’inerzia otteniamo
F (~ ~ · I~
ρ) = ρ ρ.
67
Dimostrazione.
√
~·L
ρ ~ ~
~ ·L
ω 2T
d= = √ = .
~
|L| |L| I ω
~ 2 ~
|L|
L’intersezione di ω
~ con il piano invariante è un punto (centro di rotazio-
ne istantanea) e il moto è di puro rotolamento con centro di rotazione
istantanea che gioca il ruolo di punto di contatto.
7.4.3 Trottole
Prendiamo in considerazione un corpo rigido, con I1 = I2 e con I3 qualsiasi,
libero e soggetto solamente alla forza gravitazionale, ovvero una trottola di
Lagrange. L’energia potenziale sarà data
V = mgh cos ϑ
e l’energia cinetica
1 1 2
T = I1 ϑ̇2 + ϕ̇2 sin2 ϑ + I3 ϕ̇ cos ϑ + ψ̇ ;
2 2
la lagrangiana sarà perciò data da
68
È facile vedere che ϕ, ψ sono coordinate cicliche e che inoltre H si conserva
e coincide con l’energia. Gli integrali primi del moto perciò sono
∂L
pϕ = = I1 sin2 ϑ + I3 cos2 ϑ ϕ̇ + I3 ψ̇ cos ϑ
∂ ϕ̇
∂L
pψ = = I3 ψ̇ + ϕ̇ cos ϑ = I3 ωz = Lz (7.13)
∂ ψ̇
1 2 1 2
E = I1 ϑ̇ + ϕ̇2 sin2 ϑ + I3 ϕ̇ cos ϑ + ψ̇ + M gh cos ϑ
2 2
Non ci addentriamo ulteriormente nei calcoli e facciamo riferimento al libro
di testo. Con questo capitolo si è vista la "potenza" del formalismo lagran-
giano: la possibilità di risolvere problemi anche complessi con il solo utilizzo
di equazioni e di quantità scalari.
69
Capitolo 8
Formalismo hamiltoniano
con t1 e t2 fissati. Allora tra tutti i possibili cammini il moto effettivo del
sistema è quello che rende stazionario I, ovvero tale per cui δI = 0.
70
def
il punto iniziale q(t1 ) = q (1) a quello finale q(t2 ) = q (2) nel tempo t2 − t1 .
Risulta quindi chiaro che tali traiettorie non sono reali cammini fisici e inoltre
ognuno di essi varia da quello vicino per insiemi di spostamenti virtuali δq
che, ovviamente, negli estremi valgono δq (1) = δq (2) = 0.
Vediamo ora che è possibile ritrovare l’equazione di Lagrange dal Prin-
cipio di Hamilton.
n
Z t2 Z t2 Z t2 !
X ∂L ∂L
0 = δI = δ L(q, q̇, t)dt = (δL)dt = δ q̇k + δqk dt =
t1 t1 t1 k=1
∂ q̇k ∂qk
n
Z t2 " X #
d ∂L d ∂L ∂L
= δqk − δqk + δqk dt ,
t1 k=1
dt ∂ q̇k dt ∂ q̇k ∂qk
ma sappiamo che
(2)
q
∂L
δqk =0,
∂ q̇k q (1)
e siccome i δqk sono indipendenti fra loro, questo vuol dire che ∀k vale
l’equazione di Lagrange
d ∂L ∂L
− =0.
dt ∂ q̇k ∂qk
Il vantaggio di questa formulazione alternativa delle equazioni di Lagrange
è che sono state ricavate da un principio variazionale e la presenza di una
funzione integrale suggerisce di poter estendere tale principio anche a sistemi
continui e ai campi classici.
In ambito hamiltoniano è prassi comune utilizzare uno spazio diverso da
quello delle configurazioni C n , chiamato Spazio delle Fasi e denotato con F 2n
in cui le coordinate sono (q1 , q2 , . . . , qn , p1 , p2 , . . . , pn ) tra loro indipendenti.
71
consideriamo la retta y = px. Cerchiamo ora il punto x = x(p) in cui la
curva data dalla funzione f ha distanza massima, solo nella direzione verti-
cale, dalla retta y = px; ovvero che la funzione F : R × R −→ R tale che
def
(x, p) 7→ F (x, p) = px − f (x) abbia un massimo rispetto a x nel punto x(p).
Svolgendo i calcoli otteniamo
∂F
= p − f 0 (x) = 0 ⇔ f 0 (x) = p ,
∂x
da cui possiamo ricavare x = x(p), osservando che tale x per via della
convessità della funzione è unico. Il punto x = x(p) diventa funzione facendo
variare p in un intervallo.
Definiamo perciò la trasformata di Legendre di f come
def
g(p) = F (p, x(p)) .
72
dove il secondo e quarto termine al secondo membro si semplificano. La
terza relazione, mette in evidenza la variazione temporale di H e L e ci era
già nota; per le altre due si ritrova il seguente sistema di 2n equazioni
∂H
q̇i = ∂p
i
(8.2)
∂H
ṗi = −
∂qi
dH ∂H ∂H ∂H ∂H ∂H ∂H
= − + = .
dt ∂qi ∂pi ∂pi ∂qi ∂t ∂t
73
(2)
ove pi δqi |(1) = 0 per l’ipotesi sulle condizoni iniziale e finale di δq. Da questa
considerazione il principio variazionale si riduce a
Z t2
∂H ∂H
0= −ṗi δqi + q̇i δpi − δqi − δpi dt =
t1 ∂qi ∂pi
Z t2 Z t2
∂H ∂H
−ṗi − δqi dt + q̇i − δpi dt .
t1 ∂qi t1 ∂pi
Siccome i δqi e i δpi sono n oggetti indipendenti tra loro dovrà per forza
essere vero che i coefficienti moltiplicativi2 , ossia i termini tra parentesi,
siano tutti nulli e ciò equivale a
∂H
q̇i = ∂p
i
(8.3)
∂H
ṗi = − ,
∂qi
vale a dire le equazioni di Hamilton che abbiamo già avuto modo di ricavare.
74
H = H(q, p, t) che soddisfi (8.2), allora esiste una nuova hamiltoniana K tale
che valgano
∂K
Q̇i =
∂Pi
(8.5)
Ṗ = − ∂K
i
∂Qi
e risulta quindi chiaro che non tutte le trasformazioni saranno canoniche.
∂F ∂F ∂F
dqj + dpj + dt ,
∂qj ∂pj ∂t
espressione che sostituita nella (8.6) e ricordato che Q = Q(q, p, t), ci resti-
tuisce l’uguaglianza
∂Qi ∂Qi ∂Qi ∂F ∂F ∂F
pi dqi −Hdt = Pi dqj +Pi dpj +Pi dt−Kdt+ dqj + dpj + dt .
∂qj ∂pj ∂t ∂qj ∂pj ∂t
∂Qi ∂F
pi dqi − Pi dQi − dt = dF − . (8.7)
∂t ∂t
75
Definiamo adesso dQgi = dQi − ∂Qi dt e dF f = dF − ∂F dt, che sono diffe-
∂t ∂t
renziali a tempo congelato, e grazie a queste definizioni la (8.7) diventa
pi dqi − Pi dQ
gi = dF
f (8.8)
2n(q1 , . . . , qn , p1 , . . . , pn ) + 2n(Q1 , . . . , Qn , P1 , . . . , Pn )
∂F1 (q, Q, t)
Z Z
− dQi = Pi dQi , a meno di una funzione h(q) .
∂Qi
76
def
Definiamo ora F2 (q, P, t) = F1 (q, Q, t) + Pi Qi tramite la trasformata di Le-
grendre opportuna e osserviamo che possiamo sostituire in (8.6) la funzione
F1 in termini di F2 ottenendo
∂F2 ∂F2 ∂F2
pi dqi − Hdt = −Qi dPi − Kdt − Pi dQi + Pi dQi + dqi + dPi + dt
∂qi ∂Pi ∂t
da cui discendono le relazioni definenti per F2 ,
∂F2 ∂F2 ∂F2
= pi , = Qi , K=H+ , ∀i . (8.11)
∂qi ∂Pi ∂t
Lasciamo al lettore volenteroso la derivazione delle relazioni definenti per F3
ed F4 , che non presentano alcuna difficoltà rispetto ai due esempi appena
visti.
Se si applica la trasformazione identità, vengono associate qi → Qi e pi → Pi ,
n
def
X
perciò risulta che F2 = qj Pj , infatti in questo modo si vede immediata-
j=1
mente che sono verificate le relazioni definenti (8.11).
N.B.: Si consideri una trasformazione indipendente dal tempo che fornisce
in generale
∂F2 ∂F2 (q, P (q, p, t), t)
K(Q, P, t) = H + = H(q(Q, P, t), p(Q, P, t), t) + .
∂t ∂t
L’ultimo termine risulta nullo e allora K(Q, P, t) = H(Q,
b P, t).
77
• antisimmetria: [u, v] = −[v, u].
• Identità di Jacobi: [u, [v, w]] + [w, [u, v]] + [v, [w, u]] = 0 ∀u, v, w ∈
C ∞ (F 2n ). Questa relazione contiene anche derivate seconde le quali
però si elidono a due a due, quindi la parentesi di Poisson è un’ope-
razione chiusa e non dà informazioni oltre le derivate parziali prime.
(verifica omessa)
[u, v]q,p = [u(Q(q, p), P (q, p)), v(Q(q, p), P (q, p))]q,p
∂u ∂v ∂u ∂v ∂u ∂v ∂u ∂v
[Qk , Qj ] + [Qk , Pj ] + [Pk , Qj ] + [Pk , Pj ]
∂Qk ∂Qj ∂Qk ∂Pj ∂Pk ∂Qj ∂Pk ∂Pj
78
dove le parentesi sono calcolate come da convenzione rispetto q e p e dove è
sottintesa la sommatoria sugli indici i, j. Sfruttiamo ora le quattro proprietà
notevoli osservate in precedenza e vediamo che l’espressione si riduce a
∂u ∂v ∂u ∂v
− = [u, v]Q,P (somma su k sottointesa) .
∂Qk ∂Pk ∂Pk ∂Qk
79
rispetto al tempo sarebbe nulla e ne conseguirebbe che
∂u
[u, H] = − ;
∂t
se inoltre fosse anche esplicitamente indipendente dal tempo, la sua parentesi
di Poisson con l’Hamiltoniana sarebbe nulla.
Siamo pronti per enunciare il
d
[u, v] = [u̇, v] + [u, v̇]
dt
Dimostrazione. Sfruttando la (8.12) sappiamo che
d ∂[u, v]
[u, v] = [[u, v], H] + ,
dt ∂t
dove
∂[u, v] ∂ ∂u ∂v ∂u ∂v ∂ 2 u ∂v ∂u ∂ 2 v ∂ 2 u ∂v ∂u ∂ 2 v
= − = + − − =
∂t ∂t ∂q ∂p ∂p ∂q ∂q∂t ∂p ∂q ∂p∂t ∂p∂t ∂q ∂p ∂q∂t
∂u ∂v
= , v + u, .
∂t ∂t
Tramite l’identità di Jacobi e la linearità della parentesi di Poisson vediamo
che, facendo attenzione ai segni, si ha
d ∂u ∂v
[u, v] = [u, [v, H]] + [[u, H], v] + , v + u, =
dt ∂t ∂t
∂v ∂u
= u, [v, H] + + [u, H] + ,v
∂t ∂t
e utilizzando (8.12) concludiamo
d dv du
[u, v] = u, + , v = [u, v̇] + [u̇, v] .
dt dt dt
Due costanti del moto tali che [u, v] = 0 sono dette di involuzione.
80
8.6 Teorema di Liouville
Consideriamo lo spazio R2n , caso particolare di F 2n e diciamo x̄ ∈ R2n il
vettore 2n-dimensionale di componenti
p1
.
..
p
x̄ = n
q1
..
.
qn
dove l’ordine non è casuale. Introduciamo la matrice simplettica standard,
una tabella quadrata di lato 2n e definita come
I =
0 −I
I 0
x̄˙ = I ∇
~ x̄ H(x̄, t) (8.13)
∂
!
∂H ∂H ∂2H ∂2H
∂p
= ∂ · − , =− + =0
∂q ∂q ∂p ∂p∂q ∂p∂q
grazie al teorema di Schwarz e alla continuità delle derivate seconde.
81
Teorema 8.2 (di Liouville). Si consideri la regione Ω(t) ⊂ R2n tale
che Ω(0) ≡ Ω0 sia regione semplicemente connessa di volume finito e con
frontiera ∂Ω0 liscia e regolare4 . Indicata con |Ω0 | la misura di Ω0 , allora
SHt |Ω | = |Ω(t)| è costante, ovvero
0
d|Ω(t)|
=0 ∀t ∈ [0, ∞) .
dt
Si faccia attenzione al termine volume che in tale caso è fuorviante: non
si sta intendendo il volume in senso comune ma il volume nello spazio delle
fasi, che in questo teorema è R2n ; questo è un volume astratto, uno spazio
in cui vivono ed evolvono le varie coordinate qi e pi del singolo punto rap-
presentativo del sistema e che siamo soliti trattare. Il teorema di Liouville
ci assicura quindi che un qualsiasi sistema reale, e quindi descrivibile me-
diante un punto astratto rappresentativo avente le 2n coordinate iniziali q0
e p0 , durante la sua evoluzione o il suo moto continua ad essere descrivibile
mediante lo stesso numero di parametri.
Ω(t + dt)
Ω0
dσ0
∂Ω(t + dt)
∂Ω0 ~n
dσt
d|Ω(t)|
Z Z
= H · ~n dσ = ~ x̄ · H
∇ dV = 0
dt ∂Ω Ω
dove si sono usati il teorema di Stokes nel secondo passaggio e il Lemma 8.1
nel terzo.
4
si richede quindi che Ω ⊂ R2n−1 sia una sottovarietà chiusa.
82
8.7 Trasformazioni canoniche infinitesime
Una trasformazione infinitesima è una trasformazione del tipo (incrementi
a tempo congelato) (
Qi = qi + δqi
(8.14)
Pi = pi + δpi
con i = 1, . . . , n, in cui la trasformazione generatrice deve essere del ti-
po F = F2 (q, P ) (infatti questa classe contiene la trasformazione identità
P 2
i qi Pi ).
def
Definiamo per le trasformazioni infinitesime la funzione F (ε; q, P ) = qi Pi +
εG(q, P ), con |ε| 1 e G detta trasformazione generatrice, e verifichiamo
che mediante le relazioni differenziali per F2 valgono le seguenti relazioni:
∂F ∂G(q, P ) ∂G(q, P )
Qi = = qi + ε ⇒ δqi = Qi − qi = ε
∂Pi ∂Pi ∂Pi
∂F ∂G(q, P ) ∂G(q, P )
pi =
= Pi + ε ⇒ δpi = Pi − pi = −ε .
∂qi ∂qi ∂qi
Siccome la trasformazione è infinitesima, ha senso considerare piccole varia-
zioni dei parametri in gioco e quindi abbiamo che Pi e Qi differiscono poco
rispettivamente da pi e da qi , il che ci permette di interscambiarli l’uno con
l’altro ed ottenere
∂G(q, p)
δqi = ε ∂p
i
(8.15)
∂G(q, p)
δpi = −ε .
∂qi
Diciamo ora u : F 2n → R canonica in C ∞ (F 2n ) per la quale vale, approssi-
mando al primo ordine la serie di Taylor,
def
X ∂u ∂u
δu = u(q + δq, p + δp) − u(q, p) = δqi + δpi =
i
∂qi ∂pi
X ∂u ∂G ∂u ∂G
= ε −ε = ε[u, G]q,p
i
∂qi ∂pi ∂pi ∂qi
e troviamo quindi l’importante formula base per le trasformazioni infinite-
sime δu = ε[u, G].
e supponiamo che G sia una costante del moto non dipendente esplicitamente
dal tempo per il sistema canonico con hamiltoniana H. Allora usando (8.12)
83
sappiamo che [G, H] = 0 e di conseguenza risulta che, dalla (8.16), δH = 0
∀ε, ciò significa che l’hamiltoniana non varia sotto tale trasformazione e che
quindi è una trasformazione di simmetria per H. Ogni costante del moto
in ambito hamiltoniano è di fatto interpretabile come funzione generatrice
quindi una trasformazione canonica.
Viceversa, se dalla (8.16) imponiamo δH = 0 abbiamo che ε[H, G] = 0 ⇒
dG
dt = 0 e quindi G risulta una costante del moto.
Ritroviamo così il Teorema 4.1 in ambito hamiltoniano, infatti nel caso
in cui F (e quindi anche G) dipendesse esplicitamente dal tempo e possi-
bilmente anche H, posso definire una trasformazione canonica qualsiasi di
invarianza per il sistema canonico di partenza se
∂F
K(Q, P, t) = Ĥ(q(Q, P, t), p(Q, P, t), t) +
∂t
ma nel caso di trasformazioni infinitesime tale relazione diventa ovviamente
H(Q, P, t) = H(q, p, t) + ∂F∂t ∀t, che sfruttando la definizione (8.14) e le
relazioni (8.15), diventa a sua volta
∂G ∂G ∂G
H qi + ε , pi − ε , t = H(q, p, t) + ε
∂pi ∂qi ∂t
∂F
siccome ∂t = ε ∂G
∂t , e sviluppando al primo ordine il primo membro si ha
∂H ∂G ∂H ∂G ∂G
ε − =ε
∂qi ∂pi ∂pi ∂qi ∂t
ossia [H, G] = ∂G
∂t . Usando infine la proprietà di antisimmetria delle paren-
tesi di Poisson troviamo
∂G
[G, H] + =0.
∂t
Questo dimostra che ad ogni simmetria corrisponde una costante del moto,
anche nel caso in cui G dipendesse esplicitamente da t.
Quando il moto è una traslazione la trasformazione è generata da G = p
quantità di moto; quando il moto è una rotazione attorno all’asse z, G = Lz
momento angolare.
84
Sulle ultime due equazioni agisce la trasformazione identità siccome qi e pk
sono costanti mentre sulla prima la trasformazione generatrice sarà tale che
∂G
δqj = ε = ε ⇐⇒ G = pj + costante :
∂pj
85
∂G ∂H dpi
δpi = −dt = −dt = dtṗi = dt = dpi
∂qi ∂qi dt
da cui vediamo che gli incrementi infinitesimi, nelle traslazioni temporali,
coincidono con i differenziali, e quindi si riconosce H come generatrice delle
traslazioni temporali.
se ~n = ~i
[L , L ] = 0
x x
[Lx , Ly ] = Lz se ~n = ~j
se ~n = ~k ,
[Lx , Lz ] = −Ly
equazioni ottenute in modo semplice a seconda che ~n sia (1, 0, 0), (0, 1, 0) o
(0, 0, 1) nel determinante
~i ~j ~k
det nx ny nz .
Lx Ly Lz
86
costante del moto, infatti grazie al Teorema 8.5 di Poisson con u = Lx e
v = Ly si ha
d d
Lz = [Lx , Ly ] = [L˙x , Ly ] + [Lx , L˙y ] = 0 ,
dt dt
~ è una costante del moto.
e quindi concludiamo che il vettore L
ṙ~r ~r˙ 2
" #
2 d ~r
mf (r) 2 − r = mf (r)r .
r r dt r
d ~
~ = d~
p ~ dL
p~ × L × L + p~ ×
dt dt | {zdt}
0
~ = 0. Sfruttando le
siccome in un campo di forze centrali il momento M
uguaglianze precedenti segue che
d ~ − mk~r = 0
p~ × L
dt r
e quindi troviamo che in un campo di forze centrali di tipo kepleriano il
vettore di Laplace-Runge-Lenz
A ~ − mk~r
~ = p~ × L (8.17)
r
è una costante del moto tutt’altro che immediata.
87
8.10.1 Orbite chiuse
Consideriamo orbite chiuse di tipo ellittico con il vettore L ~ uscente dal foglio
~ ortogonale alla curva tracciata dal
e p~ tangente all’orbita, si avrà allora p~ × L
corpo orbitante e giacente nel piano del foglio e il vettore A ~ con modulo e
direzione costante nel tempo, come appena dimostrato, inoltre pure A ~ giace
~ ~
nel piano dell’orbita siccome A · L = 0.
~
A
~ mk~r
p~ × L r
p~
dθ
~r
~ r = Ar cos θ = ~r· p~ × L
A·~ ~ −mkr = (~r × p~)·L−mkr
~ ~ L−mkr
= L· ~ = l2 −mkr
quindi
l2
r (A cos θ + mk) = l2 ⇒ r=
A cos θ + mk
e da questo troviamo
1 mk A cos θ
= 2 1+ (8.18)
r l mk
formula da porre a confronto con la formula per le orbite kepleriane in (6.4)
e dal quale evinciamo che le condizioni per conoscere la geometria dell’orbita
sono
~
e = |A|
mk
~ ~
A·L=0
88
e i due vettori A~ e L,
~ considerando le tre componenti di ciascuno. Vi sono
però relazioni che legano alcune di queste grandezze, ossia A ~·L~ = 0 e la
~
(6.6) che è una condizione che lega A all’energia: le condizioni indipendenti
diventano quindi cinque a cui va aggiunta una condizione iniziale (posizione
del punto sull’orbita). D’altra parte sappiamo che nel problema dei due
corpi vi sono sei gradi di libertà, tre coordinate del centro di massa e tre per
il moto rispetto al centro di massa: questo sistema è detto completamente
integrabile secondo la definizione di Liouville-Arnold la quale afferma che
89
Bibliografia
Per completare l’opera, riportiamo i testi da cui abbiamo attinto alcuni degli
argomenti trattati e altri che, secondo noi, possono essere utili da consultare.
90