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Dispense per il Corso di Laurea in Astronomia
Il Capitolo 6 contiene alcuni esempi in cui il sistema fisico può essere de-
scritto in uno spazio degli stati bidimensionale o, nell’ultimo esempio,
in uno spazio con un numero finito di dimensioni. Questi esempi, tratti
da problemi di interesse fisico e astronomico, sono completati da una
soluzione e una discussione del loro significato.
È importante leggere i capitoli uno ad uno nel loro ordine: dopo tutto il libro
non è cosı̀ lungo come sembra. Ci si assicuri di leggere con cura i problemi
proposti, perché in essi sono contenute molte informazioni e spiegazioni che
non hanno trovato posto nel testo.
Indice
Prefazione iii
1 Il limite classico 1
1.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Postulati della Meccanica Ondulatoria . . . . . . . . . . . . . 1
1.3 Onde di materia e equazione di Schrödinger . . . . . . . . . . 3
1.4 Proprietà generali dell’equazione di Schrödinger . . . . . . . . 8
1.5 La funzione d’onda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.5.1 Lo spazio delle funzioni d’onda. . . . . . . . . . . . . . 9
1.5.2 Conservazione della norma . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.6 Evoluzione del valor medio di una osservabile . . . . . . . . . 13
2 Lo spin 15
2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.2 Stern-Gerlach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.3 Stati di spin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
2.4 Sovrapposizione e indeterminazione . . . . . . . . . . . . . . . 22
2.5 Lo spazio degli stati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
2.6 Ket e bra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.7 Operatori lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
2.8 Autovalori e autoket . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
2.9 Matrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
2.10 Cambiamento di base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
3 Interpretazione fisica 41
3.1 Misure . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
3.2 Applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
3.3 Osservabili compatibili e incompatibili . . . . . . . . . . . . . 48
3.4 Le relazioni di indeterminazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
3.5 Lo spettro continuo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
3.6 Operatore di traslazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
3.7 Regole di quantizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
vi INDICE
4 Dinamica quantistica 65
4.1 L’equazione del moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
4.2 Autoket dell’energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
4.3 La visuale di Heisenberg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
4.4 Relazione di indeterminazione tempo-energia . . . . . . . . . 78
4.5 Costanti del moto e proprietà di invarianza . . . . . . . . . . 79
4.6 L’operatore densità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
4.7 L’oscillatore armonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
4.7.1 Autovalori e autoket di H . . . . . . . . . . . . . . . . 85
4.7.2 La rappresentazione {N } . . . . . . . . . . . . . . . . 88
4.7.3 Evoluzione temporale dell’oscillatore . . . . . . . . . . 89
4.7.4 Oscillatore armonico in equilibrio termodinamico . . . 91
5 Il momento angolare 93
5.1 Isotropia dello spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93
5.2 Gruppo delle rotazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94
5.2.1 Definizione generale di un gruppo . . . . . . . . . . . . 94
5.2.2 Definizione di rappresentazione . . . . . . . . . . . . . 96
5.2.3 Operatori infinitesimi di una rappresentazione . . . . . 97
5.3 Relazioni di commutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
5.4 Gli angoli di Eulero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
5.5 Autovalori e autostati del momento angolare . . . . . . . . . 105
5.6 Rappresentazioni dell’operatore di rotazione . . . . . . . . . . 108
5.7 Composizione di momenti angolari . . . . . . . . . . . . . . . 112
5.8 Parità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115
Bibliografia 169
Elenco delle figure
7.1 Livelli energetici di due particelle di spin 1/2 nel campo stati-
co B0 . A sinistra compaiono i livelli di H0 mentre, a destra,
i livelli perturbati dall’interazione dipolo-dipolo. . . . . . . . . 151
Capitolo 1
1.1 Introduzione
Il lettore che ha già seguito il corso di Struttura della Materia possiede una
certa familiarità con la meccanica ondulatoria ed ha ben presente l’intro-
duzione storica alle idee della meccanica quantistica, cioè la presentazione
e discussione dei fatti sperimentali che ci obbligano ad abbandonare le idee
classiche. Anche il concetto di funzione d’onda di una particella, e la sua
evoluzione nel tempo, non dovrebbe costituire una novità, cosı̀ come la
soluzione dell’equazione di Schrödinger nei casi più semplici, per esempio
nel caso di potenziali quadrati in una dimensione, dovrebbe essere già stata
studiata e capita.
e Z
ψi∗ ψj dV = δij
~2 2
∂ψ
i~ = − ∇ + V (r) ψ
∂t 2m
H(q, p) = E = costante
4 Il limite classico
e quindi
dl E
u= = .
dt |∇S0 |
L’equazione di Hamilton-Jacobi
1
(∇S0 )2 + V = E (1.4)
2m
permette di determinare la velocità dell’onda nelle forme, tutte equivalenti,
E E E
u= p =√ = , (1.5)
2m(E − V ) 2mT p
1.3 Onde di materia e equazione di Schrödinger 5
p = ∇ S0
n2 ∂ 2
4− 2 2 f =0 (1.6)
c ∂t
(∇Ψ0 )2 = n2 . (1.10)
costante, il principio di minima azione per una particella può essere espresso
nella forma (principio di Maupertuis)2
Z
δS = δ p · dl = 0,
dove
∂
pi = L(q, q̇),
∂ q̇i
e si impone la conservazione dell’energia con la condizione
E(q, q̇) = E.
Per una particella libera, con V = 0, o per un raggio nelR vuoto, con n = 1,
si ottiene in entrambi i casi una traiettoria rettilinea: δ dl = 0.
u E h
λ= = = . (1.13)
ν pν p
2
Per una applicazione di questo principio al moto di una carica in un campo elet-
tromagnetico costante si veda il problema a pag. 78 del testo di Landau, Teoria dei
campi.
8 Il limite classico
ω2 2 4π 2
4+ 2n f = 4 + 2 f = 0, (1.14)
c λ
se la dipendenza dal tempo di f è della forma exp(−iωt).
8π 2 m
4Ψ + (E − V )Ψ = 0 (1.15)
h2
che è l’equazione di Schrödinger stazionaria. La lunghezza d’onda dipende
da h; più piccola è h, più piccola è la lunghezza d’onda e migliore l’approssi-
mazione all’ottica geometrica.
~2
HΨ(r) = − 4 + V (r) Ψ(r) = EΨ(r) (1.16)
2m
e, in questa equazione agli autovalori, l’autofunzione Ψ(r) corrisponde al-
l’autovalore E dell’operatore H.
può allora dimostrare che valgono i risultati seguenti, che accettiamo senza
dimostrazione,:
1. Se E < 0, l’equazione (1.16) ha soluzione solo per certi valori di E
che formano uno spettro discreto. Le autofunzioni corrispondenti si
annullano all’infinito, in modo che l’integrale |Ψ(r)|2 dr, esteso a
R
ma
(λ1 Φ1 + λ2 Φ2 , Ψ) = λ∗1 (Φ1 , Ψ) + λ∗2 (Φ2 , Ψ). (1.21)
Il prodotto scalare è lineare rispetto alla seconda funzione della coppia, an-
tilineare rispetto alla prima funzione. Come nel caso degli spazi vettoriali
reali, se (Φ, Ψ) = 0, Φ(r) e Ψ(r) si dicono ortogonali e (Ψ, Ψ) è un numero
reale, positivop(è un postulato), ed è nullo se, e solo se, Ψ ≡ 0 . Tramite
la grandezza (Ψ, Ψ), che è chiamata la norma di Ψ(r), possiamo definire
una norma in F.
Soluzione.
Poichè in questo caso
~2
H=− 4 + V (r)
2m
con V (r) reale, l’equazione (1.23) diventa
Z
[Ψ∗ (4Ψ) − (4Ψ)∗ Ψ]dr = 0.
Se l’integrale del primo membro fosse esteso ad un dominio finito limitato da una
superficie S, sarebbe eguale, per il teorema di Green, a
dΨ∗
Z
∗ dΨ
Ψ − Ψ dS,
S dn dn
dove d/dn è la derivata secondo la normale esterna a S. Facendo tendere il volume di
integrazione a tutto lo spazio, tutti gli elementi di S si allontanano indefinitamente.
Poichè Ψ rappresenta lo stato dinamico di un sistema fisico è necessariamente a
quadrato integrabile e l’integrale di superficie tende a zero in questo limite.
Ψ(r, t) = Ψ(r)eiEt/~ ,
∇ · J = 0,
Le equazioni
∂Ψ ∂Ψ∗
i~ = HΨ, i~ = −(HΨ)∗ ,
∂t ∂t
permettono di ottenere l’evoluzione temporale di < A > e di mostrare come
ciò fornisca un legame fra la meccanica classica e la meccanica ondulatoria.
Con l’aiuto dell’equazione (1.23) otteniamo infatti, dalla (1.26),
d 1 ∂A
< A >= < AH − HA > + (1.27)
dt i~ ∂t
d 1
< A >= < [A, H] > . (1.28)
dt i~
Una semplice applicazione di quest’ultima equazione alle osservabili r e p ci
permetterà di ottenere il teorema di Ehrenfest.
Supponiamo che la funzione d’onda Ψ(r, t), che descrive lo stato della
particella, sia un pacchetto d’onda come quello studiato nel problema al-
l’inizio di questo capitolo. Indichiamo con < R > (t) il centro del pacchetto
d’onda all’istante t, al passare del tempo il centro del pacchetto descrive
una traiettoria. Se le dimensioni del pacchetto sono molto minori delle altre
distanze in gioco, possiamo approssimare il pacchetto d’onda stesso con il
suo centro e la descrizione quantistica della particella non differisce di molto
da quella classica. Resta da vedere se effettivamente il centro del pacchetto
obbedisce alle leggi della meccanica classica.
2.1 Introduzione
F = ∇(µ · B)
La forza può essere determinata dalla deflessione subita dal fascio, misurata
dalla traccia lasciata su uno schermo (una lastra fotografica nell’esperimento
originale), e, conoscendo la forza, si ricava µB . Uno schema dell’apparato di
Stern e Gerlach è mostrato in fig.(2.1)
z 6
z6 L
S
T F S
1
O
- - -
y @ x
N
@
(a) (b)
essere una costante del moto. Solamente se l’elettrone partecipa con lo spin
intrinseco, associato a µ, al momento angolare in gioco si può riottenere la
conservazione del momento angolare totale.
Sz +
Sz + -
- SGz
- SGz
(a)
Sx +
Sz + -
- SGx
- SGz -
Sx −
(b)
Sz +
Sx +
Sz + - -
- SGz
- SGx SGz -
Sz −
(c)
1
|± >x = √ (±|+ > +|− >), (2.8)
2
√ √
perchè x̂0 = (x̂ + ŷ)/ 2, ma ŷ0 = (−x̂ + ŷ)/ 2. Cosı̀, la componente, non
bloccata che esce dal secondo dispositivo SGx della figura (2.2c) deve essere
considerata come una sovrapposizione di Sz + e Sz − nel senso della (2.8) e
questo spiega perchè due componenti emergono dal terzo dispositivo SGz.
2
Nella notazione di Dirac, tali vettori si chiamano ket.
22 Lo spin
1 h i
E = √ E0 x̂ei(kz−ωt) + ŷei(kz−ωt±π/2) =
2
1
√ E0 ei(kz−ωt) (x̂ ± iŷ). (2.9)
2
Quando facciamo passare questa luce polarizzata circolarmente attraverso
una lamina di polaroid otteniamo di nuovo luce polarizzata linearmente.
Ψ(r, t). Successivamente, nel paragrafo (1.5), abbiamo studiato alcune pro-
prietà matematiche delle funzioni d’onda e abbiamo visto che l’insieme delle
possibili funzioni d’onda costituisce uno spazio vettoriale complesso 3 . Nel
terzo postulato, della misura di una grandezza fisica, abbiamo accennato al
fatto che qualsiasi stato fisico può essere rappresentato come una somma
X
Ψ= ci Ψi ,
Spin su
|+ >
c2
6
>
|α >
c1
-
|− > Spin giù
Figura 2.3: Rappresentazione degli stati di spin nello spazio complesso. Spin
su e giù si riferiscono all’apparato di Stern-Gerlach della figura (2.1a).
Ad ogni spazio vettoriale può essere associato il suo duale. Ogni fun-
zione lineare del ket |α >, γ(|α >), definisce un vettore nello spazio duale,
che chiamiamo bra ed indichiamo con il simbolo < γ|. In effetti, γ(|α >)
possiede la proprietà di sovrapposizione caratteristica dei vettori perchè,
essendo lineare, si ha
Per introdurre una metrica nello spazio degli stati, supponiamo che ci
sia una corrispondenza biunivoca fra i vettori dello spazio dei ket e dello
spazio dei bra: ad ogni ket |α > corrisponde un bra, coniugato ad |α >,
che indichiamo con il simbolo < α|. Questa corrispondenza ”duale”, che
permette di considerare lo spazio dei bra come immagine speculare dello
spazio dei ket, è una corrispondenza antilineare. Al ket c|α > corrisponde il
bra c∗ < α| e, il bra coniugato al ket
è
c∗α < α| + c∗β < β|.
cioè che il prodotto interno di |α > per |β > sia il complesso coniugato del
prodotto interno di |β > per |α >, e che la norma di un ket sia reale e non
negativa
< α|α > ≥ 0. (2.14)
La realtà della norma discende immediatamente dalla (2.13) e il segno di
eguaglianza in (2.14) vale solo se |α > è il ket nullo. Due ket si diranno
ortogonali se il loro prodotto interno è nullo.
Questa disuguaglianza può essere usata per definire un angolo fra due ket
dal confronto con l’analoga proprietà per il prodotto scalare di due vettori
(reali) nello spazio ordinario
< γ|γ >= (< α| + λ∗ < β|)(|α > +λ|β >) ≥ 0. (2.16)
1
|α̂ >= p |α >
< α|α >
con la proprietà < α̂|α̂ >= 1. Poichè |α > e il suo prodotto per un numero
complesso, c|α >, rappresentano lo stesso stato fisico, si può richiedere che i
ket, usati per rappresentare gli stati fisici, abbiano norma uno. L’ambiguità
nella rappresentazione di uno stato, tramite il ket |α̂ >, si riduce allora alla
possibilità di moltiplicare |α̂ > per una fase arbitraria.
Nelle considerazioni fatte finora è essenziale che i ket abbiano una norma
finita. Quando tratteremo gli spettri continui, sarà necessario introdurre dei
vettori di lunghezza infinita. Come vedremo più avanti, si potrà costruire
combinazioni lineari normalizzabili di questi vettori.
A(cα |α > +cβ |β >) = cα A|α > +cβ A|β > . (2.17)
Il ket A|α > e il bra < α|A non sono, in generale, coniugati l’uno dell’altro.
La corrispondenza duale definisce un operatore lineare, chiamato Hermitiano
coniugato di A, o aggiunto di A, che si indica con il simbolo A† :
H = H† (2.21)
a0 = a0∗ = reale,
perchè < a0 |a0 > > 0, e se a0 6= a”, vediamo che gli autoket associati ad
autovalori diversi sono ortogonali
con bi numeri complessi. Il prodotto scalare di (2.27) con l’autoket |a(j) >
dà, ricordando l’ortonormalità della base (2.26),
e, quindi
X X
|β >= |a(i) >< a(i) |β >= (|a(i) >< a(i) |)|β >, (2.28)
i i
n
X
|a(i) >< a(i) | = 1, (2.29)
i=1
X X
= < a(i) |β >∗ < a(i) |β >= | < a(i) |β > |2 ,
i i
Pi Pj = δij Pj , (2.30)
come abbiamo visto, e le quantità < a(i) |α > possono essere considerate
come gli elementi di una matrice ad una colonna di cui i è l’indice di riga.
La conoscenza di questa matrice determina completamente il ket |α > nella
base data. Analogamente, per ogni bra < β| si ha
n
X
< β| =< β|PA = < β|a(i) >< a(i) |, (2.33)
i=1
e le quantità < β|a(i) >, complesse coniugate delle componenti del ket |β >,
< a(i) |β >, possono essere considerate come gli elementi di una matrice
ad una riga ed n colonne, essendo ora i l’indice di colonna. Con questa
convenzione, il bra, coniugato duale di un ket dato, è rappresentato dal
complesso coniugato del trasposto 10 del vettore che rappresenta questo ket.
Se calcoliamo, con questa convenzione, il prodotto scalare di due ket
X
< β|α >=< β|PA |α >= < β|a(i) >< a(i) |α >,
i
e ci sono n2 numeri (in generale complessi) della forma < a(i) |B|a(k) >, dove
n è la dimensione dello spazio dei ket. Possiamo disporre questi numeri in
una matrice quadrata in cui i è l’indice di riga e k l’indice di colonna. La
matrice Bik =< a(i) |B|a(k) > rappresenta l’operatore B nella base definita
dagli autoket di A. La relazione (2.20), che definisce l’operatore aggiunto
< a(i) |A|a(k) >= a(k) < a(i) |a(k) >= a(k) δik . (2.36)
Quindi la matrice che rappresenta A, nella base dei suoi autoket è diagonale
e l’equazione
X X
A = PA APA = a(i) |a(i) >< a(i) | = a(i) Pi , (2.37)
i i
|+ >< +| + |− >< −| = 1,
2.10 Cambiamento di base 35
assicura la completezza della base, cioè che ogni stato, rappresentato dal ket
|α >, può essere scritto come sovrapposizione di |+ > e |− >
con c1 =< +|α > e c2 =< −|α > numeri, in generale, complessi. La
decomposizione spettrale (2.37) permette di scrivere Sz nella forma
~
Sz = (|+ >< +| − |− >< −|). (2.39)
2
Nel costruire le matrici che rappresentano gli operatori momento angolare si
è soliti associare gli indici di riga, e di colonna, alle componenti del momen-
to angolare in ordine decrescente, cioè l’indice 1 corrisponde alla massima
componente del momento angolare, l’indice 2 a quella immediatamente più
bassa e cosı̀ via. Nel caso di spin 1/2, otteniamo dalle equazioni (2.32) e
(2.33)
. 1 . 0
|+ >= , |− >= ,
0 1
e
. .
< +| = ( 1 0 ), < −| = ( 0 1 ),
In una rappresentazione {A}, in cui i ket di base sono gli autoket |a(i) >
dell’operatore A, un ket generico |γ > è sviluppato secondo la (2.28)
X
|γ >= |a(i) >< a(i) |γ > .
i
< a(i) |a(j) >= δij , < b(i) |b(j) >= δij ,
e complete X X
|a(i) >< a(i) | = |b(i) >< b(i) | = 1.
i i
Con l’aiuto di queste relazioni si può stabilire qual’è il legame fra le due
rappresentazioni
X
< b(i) |γ >=< b(i) |PA |γ >= < b(i) |a(j) >< a(j) |γ > . (2.40)
j
I numeri complessi < b(i) |a(j) > sono i coefficienti della trasformazione che
realizza il cambiamento di rappresentazione da {A} a {B}. L’ortonormalità
e la completezza di entrambe le basi mostra che
X
< a(j) |b(i) >< b(i) |a(k) >=< a(j) |a(k) >= δjk , (2.41)
i
e X
< b(i) |a(j) >< a(j) |b(k) >=< b(i) |b(k) >= δik . (2.42)
j
La matrice, che nella base |a(i) > ha elementi Uji =< a(j) |b(i) >, connette
la vecchia base con la nuova e soddisfa le condizioni (2.41) e (2.42)
†
X X †
Uji Uik = δjk , Uij Ujk = δik ,
i j
U U † = U †U = 1 (2.43)
2.10 Cambiamento di base 37
e, chiaramente, < a(j) |U |a(i) >=< a(j) |b(i) >. Notiamo che l’equazione
(2.40) può essere riscritta come
X
< b(i) |γ >= < a(i) |U † |a(j) >< a(j) |γ >, (2.44)
j
C 0 = U † CU. (2.45)
< a(i) |[A, B]|a(j) >= (a(i) − a(j) ) < a(i) |B|a(j) >= 0,
e quindi < a(i) |B|a(j) >= 0 per ogni coppia (i, j) per cui a(i) 6= a(j) . Se non
c’è degenerazione, l’operatore B è rappresentato da una matrice diagonale
nella rappresentazione {A}:
X
B= |a(k) >< a(k) |B|a(k) >< a(k) |,
k
2.10 Cambiamento di base 39
e
X
B|a(i) >= |a(k) >< a(k) |B|a(k) >< a(k) |a(i) >=< a(i) |B|a(i) > |a(i) > .
k
(2.51)
La (2.51) non è altro che l’equazione agli autovalori per l’operatore B, gli
autovalori di B sono
b(i) =< a(i) |B|a(i) >
e possiamo indicare con il simbolo |a(i) b(i) > un autoket simultaneo di A e B.
Questa possibilità sarà considerata, più in dettaglio, nel prossimo capitolo.
U + U† U − U†
U= +i = A + iB,
2 2i
dove A e B sono entrambi Hermitiani. A e B commutano, perchè U commuta
con U † per la (2.43), e i loro autoket comuni |a0 b0 > sono anche autoket di U con
autovalori
u0 = a0 + ib0 (a0 , b0 reali).
Si ha anche
1 1
A2 + B 2 = (U + U † )2 − (U − U † )2 = U † U = 1,
4 4
da cui otteniamo che a02 + b02 = 1 e, quindi, gli autovalori di U hanno modulo uno
e, ponendo a0 = cos c0 e b0 = sin c0 , possono essere scritti nella forma
0
u0 = eic . (2.52)
Ogni operatore unitario può essere espresso, tramite un operatore Hermitiano, con
una relazione della forma (2.53).
3.1 Misure
Il postulato sulla misura di una grandezza fisica, enunciato all’inizio del pri-
mo capitolo, non è di facile interpretazione e richiede alcune precisazioni. In
particolare, cosa significa l’affermazione che ”i soli valori che può assumere
una grandezza fisica A sono quelli dello spettro degli autovalori dell’opera-
tore (osservabile) ad essa associato” ?. Prima di fare una misura dell’osserv-
abile A, il sistema è rappresentato da un ket che possiamo scrivere come
combinazione lineare di autoket di A
X
|α >= |a0 >< a0 |α >, (3.1)
a0
A|a0 >= a0 |a0 > essendo l’equazione agli autovalori per l’operatore A. La
misura, di solito 1 , cambia lo stato del sistema che ”precipita” in uno degli
autoket dell’osservabile A, |a0 > per esempio,
essendo < a”|A|a0 >= a0 < a”|a0 >= a0 δa0 a” . L’ultima riga dell’equazione
(3.6) è in accordo con la nostra nozione intuitiva di valore medio come
somma dei prodotti dei valori misurati, a0 , per la probabilità di ottenerli. E’
importante distinguere gli autovalori di una osservabile dai suoi valori medi.
Misurando Sz di un atomo d’argento, con l’apparato di Stern-Gerlach, i
risultati possibili sono ± ~/2 ma il valore medio di Sz , < Sz >, che risulta
dalla misura su molti atomi, può assumere ogni valore reale compreso fra
−~/2 e +~/2.
1
| < +|+ >x | = | < −|+ >x | = √ (3.7)
2
e, a meno di una inessenziale fase globale,
1 1
|+ >x = √ |+ > + √ eiδ1 |− >, (3.8)
2 2
con δ1 reale. Il ket |− >x deve essere ortogonale a |+ >x , perchè le due
alternative si escludono a vicenda, e questa condizione porta a
1 1
|− >x = √ |+ > − √ eiδ1 |− >, (3.9)
2 2
44 Interpretazione fisica
~ h −iδ1 i
Sx = e |+ >< −| + eiδ1 |− >< +| (3.10)
2
che determina l’operatore Hermitiano Sx nella base degli autoket di Sz .
Ripetendo lo stesso ragionamento per Sy , si ottiene
1 1
|± >y = √ |+ > ± √ eiδ2 |− > (3.11)
2 2
e
~ h −iδ2 i
Sy = e |+ >< −| + eiδ2 |− >< +| (3.12)
2
con δ2 reale, ma diverso da δ1 .
1
|y < ±|+ >x | = |y < ±|− >x | = √ , (3.13)
2
1
y < ±|+ >x = < +| ± e−iδ2 < −| · |+ > +eiδ1 |− > =
2
1
= 1 ± ei(δ1 −δ2 ) ,
2
e sostituiamo questo risultato in (3.13), ottenendo
1
i(δ1 −δ2 ) 1
1 ± e = √ ,
2 2
che è equivalente a p
1 ± cos(δ1 − δ2 ) = 1. (3.14)
Vediamo che deve essere
π
δ1 − δ2 = ± (3.15)
2
3.2 Applicazioni 45
1 1
|± >x = √ |+ > ± √ |− >, (3.16)
2 2
e
1 i
|± >y = √ |+ > ± √ |− >, (3.17)
2 2
mentre
~
Sx = [|+ >< −| + |− >< +|], (3.18)
2
e
~
Sy = [−i |+ >< −| + i |− >< +|]. (3.19)
2
Notiamo che i risultati (3.16) e (3.17) sono in accordo con quanto trovato
precedentemente perchè solo la fase relativa fra |+ > e |− > ha significa-
to fisico. Nella base dei suoi autoket, l’operatore Sz è diagonale ed ha la
seguente decomposizione spettrale
~
Sz = [|+ >< +| − |− >< −|]. (3.20)
2
. ~
Sk = σk ,
2
si ottiene
0 1 0 −i 1 0
σx = , σy = , σz = , (3.24)
1 0 i 0 0 −1
~ †
= χ σk χ. (3.25)
2
L’ultima equazione delle (3.26), insieme alla proprietà σi† = σi , mostra che
le matrici di Pauli sono sia unitarie che Hermitiane. L’Hermiticità è legata
al fatto che gli operatori Sk sono osservabili. Da (3.24), o dalle equazioni
(3.18), (3.19) e (3.20), troviamo anche le regole di commutazione 2
e le relazioni di anticommutazione
(σ · a)(σ · b) = a · b + iσ · (a × b),
Soluzione
Si ha X X
(σ · a)(σ · b) = σj aj σ k bk =
j k
1X
= aj bk ({σj , σk } + [σj , σk ]).
2
j,k
= a · b + iσ · (a × b).
[Li , Lj ] = i~ijk Lk .
~2
{Si , Sj } = δij ,
2
da cui Si2 = ~2 /4; l’operatore S2 risulta essere un multiplo dell’operatore
identità
3
S2 = ~2 1
4
e, quindi, commuta con tutte le componenti di S
[S2 , Sj ] = 0.
[S · L, Jz ] = S · [L, Lz ] + [S, Sz ] · L =
< a”|[A, B]|a0 >=< a”|(AB − BA)|a0 >= (a” − a0 ) < a”|B|a0 >= 0
quindi < a”|B|a0 > deve annullarsi, a meno che a” = a0 , e questo prova
l’equazione (3.32). Cosı̀ A e B possono essere rappresentate da matrici
diagonali con lo stesso insieme di ket di base, gli autoket di A. Allora
XX X
B= |a0 >< a0 |B|a” >< a”| = |a” >< a”|B|a” >< a”|
a0 a” a”
3.3 Osservabili compatibili e incompatibili 49
|c0 >
|b0 >
|a0 > - -
- B C
- A
Supponiamo che sia normalizzata ad uno l’intensità del fascio che esce
dal primo dispositivo, che misura A. Allora, l’intensità del fascio finale, o la
probabilità di ottenere |c0 >, è il prodotto delle probabilità
B funziona sempre come un filtro perfetto e si ripete la misura per ogni auto-
valore di B, bloccando tutti gli altri. Ciò significa che si considera la somma
delle probabilità di ottenere c0 per ogni possibile risultato della misura ideale
di B. Si ottiene cosı̀
X X
| < c0 |b0 > |2 | < b0 |a0 > |2 = < c0 |b0 >< b0 |a0 >< a0 |b0 >< b0 |c0 >,
b0 b0
(3.39)
e possiamo vedere come l’effettiva registrazione delle probabilità, di passare
attraverso le diverse vie b0 , influisca sul risultato che otteniamo nella misura
di C. Sarebbe infatti errato pensare che, avendo sommato su tutti i pos-
sibili risultati della misura di B, l’espressione (3.39) rappresenti anche la
probabilità di ottenere c0 nel dispositivo di Fig. 3.2.
|c0 >
|a0 > -
- C
- A
E’ chiaro che
[Â, B̂] = iC,
e che
∆A = ∆ =< Â2 >1/2 , ∆B = ∆B̂ =< B̂ 2 >1/2 .
Supponiamo che lo stato dinamico del sistema sia rappresentato da un ket
|α >, normalizzato, e applichiamo la disuguaglianza di Schwarz (si veda il
capitolo II) ai ket Â|α > e B̂|α >:
(∆A)2 (∆B)2 =< α|Â2 |α >< α|B̂ 2 |α > ≥ | < α|ÂB̂|α > |2 . (3.44)
e, a maggior ragione,
1
∆A ∆B ≥ | < C > |. (3.45)
2
con λ costante arbitraria, e il valor medio < {Â, B̂} > deve essere nullo:
presenti uno spettro degli autovalori che consiste di punti discreti e di una
parte continua. Gli autoket corrispondenti agli autovalori discreti possono
essere normalizzati ad uno mentre, nella parte continua dello spettro, as-
sumiamo che l’autoket sia una funzione continua dell’autovalore. L’inter-
pretazione fisica della teoria richiede che, nella parte continua dello spet-
tro, abbiano significato fisico solo quelle soluzioni, dell’equazione agli au-
tovalori A|a0 >= a0 |a0 >, per le quali a0 è reale ed è possibile adottare la
normalizzazione
< a0 |a” >= δ(a0 − a”), (3.48)
in analogia con
< a0 |a” >= δa0 a”
per gli autovalori discreti. Con queste normalizzazioni, tutte le formule,
per i casi discreto e continuo, sono molto simili ed è sufficiente sostituire il
simbolo di Kronecher con la funzione generalizzata δ di Dirac e la somma
discreta sugli autovalori con un integrale. Cosı̀ un ket arbitrario |α > può
essere scritto come
X Z
0 0
|α >= |a >< a |α > + |a” > da” < a”|α >, (3.49)
a0
dove la somma corre sugli autovalori discreti e l’integrale viene esteso alla
parte continua dello spettro. | < a0 |α > |2 è la probabilità di trovare il
valore a0 , per l’osservabile A nello stato |α >, se siamo nella parte discreta
dello spettro. Analogamente, | < a”|α > |2 da” è la probabilità di trovare
un valore compreso fra a” e a” + da”, quando a” giace nella parte continua
dello spettro.
Sia |α > il ket di stato della particella. Poichè possiamo misurare la posizione
della particella sull’asse x̂, deve esistere un operatore Hermitiano x, osserva-
bile, i cui autovalori formano un continuo perchè una misura della posizione
dà, come risultato, un numero reale compreso fra −∞ e +∞. Indichiamo
con |x0 > i corrispondenti autoket
possiamo chiarire cosa si intende per una misura ideale dell’osservabile po-
sizione. Immaginiamo un rivelatore molto sottile, posto in modo tale da
scattare solo quando la particella si trova in x0 . Quando il rivelatore scatta,
lo stato |α > ”precipita” in |x0 > e, subito dopo la misura, possiamo dire che
lo stato è |x0 >. In pratica, un rivelatore reale può localizzare la particella
in un piccolo intorno di x0 (x0 − ∆/2, x0 + ∆/2) e la misura della posizione
produce un brusco cambiamento di stato che si può schematizzare cosı̀:
Z +∞ Z x0 +∆/2
|α >= |x” > dx” < x”|α > ⇒ |x” > dx” < x”|α > .
−∞ x0 −∆/2
Se < x”|α > non cambia in modo apprezzabile in questo piccolo intervallo,
e scriviamo dx0 al posto di ∆, la probabilità che il rivelatore scatti è data da
che è certamente vera se il ket |α > è normalizzato: < α|α >= 1. Tutto ciò
è in accordo con la definizione generale data sopra.
e, in generale,
Z +∞
< β|f (x)|α >= Ψ∗β (x0 )f (x0 )Ψα (x0 ) dx0 , (3.56)
−∞
Z
= |x0 > dx0 f (x0 )Ψα (x0 ).
x0 e ξ sono numeri con le dimensioni di una lunghezza e, per la (3.59), |x0 >
non è un autoket di T (ξ). In rappresentazione coordinate, gli elementi di
matrice dell’operatore traslazione sono
Non è difficile, a questo punto, provare che, per ogni numero razionale n, vale
la relazione nA(ξ) = A(nξ) e che, se l’operatore A è una funzione continua
di ξ,
A(n) = nA(1),
per tutti i numeri reali n. Segue che A(ξ) ∝ ξ e che T (ξ) ha la forma
Z Z
0 0 0
= |x + ξ > dx < x |α >= |x0 > dx0 < x0 − ξ|α >, (3.65)
∞
!
∂n (−1)n
n
0 n
X ∂ 0
< x |α > ξ n ,
× 0
< x − ξ|α > ξ =
∂(x − ξ)n
ξ=0 n! ∂x0n
n=0
si ottiene
∂n
Z
1
n
k |α >= n |x0 > dx0 < x0 |α > . (3.66)
i ∂x0n
L’effetto di una qualsiasi funzione di k, che può essere sviluppata in serie di
potenze, sarà quindi
Z
0 0 1 ∂
f (k)|α >= |x > dx f Ψα (x0 ), (3.67)
i ∂x0
6
Nel caso tridimensionale, l’equazione (3.64) diventerà: T (dx0 ) = 1 − idx0 · k.
3.6 Operatore di traslazione 59
e, in particolare,
Z +∞
1 ∂
< β|k|α >= Ψ∗β (x0 ) Ψα (x0 )dx0 (3.68)
−∞ i ∂x0
Dalla (3.66) si può calcolare il commutatore [x, k]. Infatti, per un ket
arbitrario |α >, si ha
Z
1 ∂
xk|α >= |x0 > dx0 x0 0 < x0 |α >
i ∂x
e Z
1 ∂
kx|α >= |x0 > dx0 (x0 < x0 |α >),
i ∂x0
quindi, sottraendo dalla prima equazione la seconda,
Z
1
(xk − kx)|α >= − |x0 > dx0 < x0 |α >= i|α > . (3.69)
i
Valendo la (3.69) per un ket arbitrario |α >, vale la relazione fra operatori
Z +∞
0 0
= g ∗ (k”)g(k 0 ) ei(k −k”)x dx0 = 2π|g(k 0 )|2 δ(k 0 − k”).
−∞
Perciò,
√ a meno di un fattore di fase che scegliamo eguale ad uno, g(k 0 ) =
1/ 2π e
1 0 0
< x0 |k 0 >= √ eik x . (3.72)
2π
Quindi gli autoket di k possono essere normalizzati
Z Z
0 0 0 0 0 1 0 0
|k >= |x > dx < x |k >= √ eik x |x0 > dx0 ,
2π
e possono essere usati come base di una rappresentazione, che chiameremo
rappresentazione impulso visto il legame fra k e l’impulso, mentre le fun-
zioni (3.72) sono le funzioni di trasformazione dalla rappresentazione x alla
rappresentazione k.
Un ket di stato arbitrario, |α >, può essere sviluppato sulla base |k 0 >
Z
|α >= |k 0 > dk 0 < k 0 |α >,
Problema. Verificare che |k 0 > è un autoket di T (ξ). Mostrare che tutti gli
autoket di T (ξ), corrispondenti all’autovalore exp(−iξk 0 ), hanno la forma
Soluzione
L’operatore T (ξ) può essere sviluppato in serie di potenze e quindi
0
T (ξ)|k 0 >= e−iξk |k 0 > .
Se consideriamo la funzione d’onda dello stato traslato < x0 |T (ξ)|k 0 , ξ > e facciamo
agire T (ξ) su < x0 |, dalla destra, otteniamo
Vediamo allora che < x0 |k 0 , ξ >= exp(ix0 k 0 ) uξ (x0 ) è una soluzione della (3.75)
perchè
0 0 0 0 0
ei(x −ξ)k uξ (x0 − ξ) = e−iξk eik x uξ (x0 ),
dove
T (ξ) = e−iξ ·k . (3.76)
Una proprietà fondamentale delle traslazioni impone che traslazioni suc-
cessive in direzioni diverse, per esempio nelle direzioni x̂ e ŷ, commutino.
Il gruppo delle traslazioni è commutativo (o abeliano). I generatori delle
traslazioni infinitesime, definiti generalizzando l’equazione (3.64), devono
commutare
[ki , kj ] = 0. (3.77)
Anche la generalizzazione della relazione (3.70) diventa semplice perchè le
traslazioni lungo assi ortogonali sono indipendenti e quindi
con i, j = 1, 2, 3.
62 Interpretazione fisica
e
[xi , xj ] = [pi , pj ] = 0, (3.80)
con i, j = 1, 2, 3. Abbiamo visto infatti che, all’autoket dell’osservabile k,
corrisponde l’onda piana (3.72)
1 0 0
< x0 |k 0 >= √ eik x .
2π
D’altra parte, un’onda piana corrisponde ad una densità di probabilità
costante per la presenza della particella lungo l’asse x̂. In accordo con
la relazione di De Broglie, p0 = ~k 0 , ciò significa che l’impulso della parti-
cella è ben definito. Cioè exp(ik 0 x0 ) caratterizza l’autoket corrispondente a
p0 = ~k 0 . L’operatore k corrisponde al vettore d’onda della teoria classica.
Inoltre, dalla relazione di De Broglie si ha che la probabilità di trovare, per
una particella nello stato |α >, un impulso compreso fra p0 e p0 + dp0 è
dove Z +∞
0 1 0 0
φα (p ) = √ Ψα (x0 )e−ip x /~ dx0 , (3.81)
2π~ −∞
con la normalizzazione
1 0 0
< x0 |p0 >= √ eip x /~ . (3.82)
2π~
Γ(z + 1) = zΓ(z).
64 Interpretazione fisica
che abbiamo trovato nella sezione precedente, sono consistenti con il prin-
cipio di corrispondenza. Possiamo formulare questo principio nel modo
seguente:
Se un sistema quantistico ha un analogo classico, i valori medi degli operatori
si comportano, nel limite ~ → 0, come le corrispondenti quantità classiche.
Vedremo infatti, nel prossimo capitolo, che l’analogia formale fra la teoria
classica e la teoria quantistica è realizzata completamente nella visuale di
Heisenberg della dinamica. Le regole dell’algebra delle parentesi di Poisson
classiche sono simili a quelle dei commutatori e vale in generale (Dirac, 1925)
che discendono dalle (3.86), può essere derivata dalle relazioni fondamen-
tali di commutazione, per tutte le funzioni G(p) e F (x) che possono es-
sere espresse come serie di potenze nei loro argomenti, come il lettore può
facilmente dimostrare (per induzione completa).
8
La condizione che H sia Hermitiano risolve ogni possibile ambiguità.
Capitolo 4
Dinamica quantistica
Poichè, per quanto detto sopra, U(t, t0 ) non dipende da |α, t0 >, segue
che
|α, t2 >= U(t2 , t1 )|α, t1 >=
= U(t2 , t1 )U(t1 , t0 )|α, t0 >= U(t2 , t0 )|α, t0 >,
e gli operatori di evoluzione godono della proprietà gruppale
e un’altra proprietà importante discende dalla richiesta che la norma del ket
|α, t > resti costante nel corso del tempo. Supponiamo che, al tempo t0 , il
ket di stato |α, t0 > normalizzato, sia sviluppato su un insieme di autoket
di qualche osservabile A
X
|α, t0 >= |a0 >< a0 |α, t0 > .
a0
Ma, se vogliamo che | < a0 |α, t > |2 sia la probabilità di trovare il sistema, al
tempo t, con il valore a0 per l’osservabile A, la somma di tutte le probabilità
dovrà essere sempre eguale ad uno
X X
| < a0 |α, t0 > |2 = | < a0 |α, t > |2 = 1.
a0 a0
si ha l’equazione di Schrödinger
∂Ψα (x0 , t) ~2 02
i~ = − ∇ + V (x ) Ψα (x0 , t).
0
(4.8)
∂t 2m
perchè
dU(t, t0 ) i −i t
R
H(t0 )dt0 i
= − H(t) e ~ t0 = − H(t)U(t, t0 ).
dt ~ ~
2
Riscriviamo, allo scopo, l’equazione (3.67) nella forma
Z
~ ∂
f (px )|α >= |x0 > dx0 f < x0 |α >,
i ∂x0
per ogni componente di p.
4.2 Autoket dell’energia 69
Nel caso più generale, in cui gli operatori H(t) a tempi diversi non com-
mutano, U(t, t0 ) resta sempre definito dalla (4.5) e una soluzione formale di
questa dà l’equazione integrale
i t
Z
U(t, t0 ) = 1 − H(t0 )U(t0 , t0 )dt0 , (4.11)
~ t0
X
= |a0 > e−i(t−t0 )Ea0 /~ < a0 |, (4.15)
a0
che permette di risolvere ogni problema se è noto il ket iniziale |α, t0 > e il
suo sviluppo sulla base {|a0 >}. Infatti, se
X X
|α, t0 >= |a0 >< a0 |α, t0 >= ca0 (t0 )|a0 >, (4.16)
a0 a0
si avrà
< a0 , t|B|a0 , t >=< a0 , t0 |U † (t, t0 )BU(t, t0 )|a0 , t0 >=
=< a0 , t0 |ei(t−t0 )Ea0 /~ Be−i(t−t0 )Ea0 /~ |a0 , t0 >=
=< a0 , t0 |B|a0 , t0 >, (4.18)
che non dipende da t. Per questo motivo, un generico autostato dell’energia
viene chiamato stato stazionario.
Questa base è ortonormale, < ai |aj >= δij (i, j = 1, 2), e un ket di stato
arbitrario al tempo t = t0 , |α >, può essere sviluppato su questa base
|α, t >= c1 e−iE1 t/~ |a1 > +c2 e−iE2 t/~ |a2 >, (4.23)
Gli autoket |+ > e |− > di Sz , con autovalori ±~/2, sono anche autoket di
H e i corrispondenti autovalori dell’energia sono
e~B ~ω
E± = ∓ ≡±
2me c 2
1
|α >= |α, 0 >= |+ >x = √ (|+ > +|− >),
2
−iωSz t/~ ω
−iωt/2 iωt/2
x < −|e |+ >x = x < −|S z |+ >x e − e ,
~ω
perchè x < −|1|+ >x = 0 per l’ortogonalità degli autoket di Sx , e dalla
~
x< −|Sz |+ >x = (< +|− < −|) · (|+ >< +|−
4
~
−|− >< −|) · (|+ > +|− >) = ,
2
si ricava finalmente
e−iωt/2 − eiωt/2 2
2 ωt
P|+>x →|−,t>x = = sin . (4.27)
2 2
4.3 La visuale di Heisenberg 73
e−iωt/2 + eiωt/2 2
2 ωt
P|+>x →|+,t>x = = cos . (4.28)
2 2
cioè dalla somma dei prodotti degli autovalori per le corrispondenti proba-
bilità. Avremo allora
~ 2 ωt ~ 2 ωt
< Sx >= cos + − sin =
2 2 2 2
~
=
cos(ωt). (4.29)
2
Si lascia come esercizio al lettore il calcolo di < Sy > e la dimostrazione che,
in questo caso, < Sz >= 0. Si ottiene quindi un moto di precessione dello
spin nel piano x − y.
è dovuta al fatto che le entità matematiche, come i ket di stato e gli ope-
ratori, non sono direttamente accessibili alla misura. Solo gli autovalori e
i prodotti scalari di ket entrano nelle predizioni della teoria: nella misura
di un osservabile A si trova uno dei suoi autovalori a0 e la probabilità di
quel particolare risultato è data da | < a0 |α > |2 , se |α > indica lo stato
del sistema. Ne segue che ogni formulazione della meccanica quantistica è
accettabile, come la visuale di Schrödinger, se nella nuova visuale:
1. le osservabili hanno lo stesso spettro di autovalori come nella visuale
di Schrödinger,
2. i prodotti scalari del ket di stato con i ket di base, o le proiezioni del
ket di stato sulla base, non cambiano nella nuova visuale.
U |β >= U AU † U |α >,
cioè
Ā = U AU † .
Nella nuova visuale, gli autovalori restano gli stessi
A|a0 >= a0 |a0 >⇒ (U AU † )(U |a0 >) = a0 (U |a0 >), (4.30)
solo gli autoket cambiano, da |a0 > ad |ā0 >= U |a0 >.
dU(t, t0 )
i~ = HU(t, t0 ),
dt
deriviamo la (4.32) rispetto al tempo
dAH ∂AS
i~ = −U † HAS U + i~U † U + U † AS HU =
dt ∂t
∂AS
= U † [AS , H]U + i~U † U (4.34)
∂t
e notiamo che, se poniamo HH = U † HU, si ha
mentre U † ∂AS /∂t U definisce l’operatore ∂AH /∂t. L’equazione (4.34) di-
venta allora
dAH ∂AH
i~ = [AH , HH ] + i~ , (4.35)
dt ∂t
che è nota come equazione del moto di Heisenberg. Confrontandola con
l’equazione del moto in visuale di Schrödinger, (4.13), vediamo che i valori
medi sono spariti, (4.35) è una equazione fra operatori.
d 0
i~ |a , t >H = −U † (t, t0 )H † U(t, t0 )U † (t, t0 )|a0 , t0 >S =
dt
76 Dinamica quantistica
P|a0 >→|b0 ,t>H = |H < b0 , t|a0 > |2 = | < b0 |U(t, t0 )|a0 > |2 , (4.44)
e P viene chiamata probabilità di transizione dallo stato |a0 > a |b0 >,
modulo quadro di una ampiezza di transizione.
Questa relazione implica che, anche se la particella è ben localizzata per t = 0, la sua
posizione diventa sempre più incerta al passare del tempo. A questa conclusione
si può giungere anche studiando l’evoluzione temporale di un pacchetto d’onda
gaussiano.
Poichè |α >H non dipende dal tempo, l’evoluzione nel tempo del valor
medio di una osservabile AH è determinata dall’equazione
d<A> d dAH
= H < α|AH |α >H = H < α| |α >H ,
dt dt dt
e, se A non dipende esplicitamente dal tempo, tramite la (4.35) si ottiene
d<A> 1
= < [A, H] > (4.48)
dt i~
che coincide con (4.12). Supponiamo che A sia una osservabile di un sistema
quantistico il cui Hamiltoniano H non dipende esplicitamente dal tempo.
Consideriamo la disuguaglianza (3.49), dimostrata nel capitolo precedente,
1
∆A ∆B ≥ | < [A, B] > |.
2
Se identifichiamo B con l’Hamiltoniano H del sistema e poniamo
otteniamo la disuguaglianza
∆A ~
∆E ≥ , (4.49)
|d < A > /dt| 2
avendo usato l’equazione (4.48) per eliminare il valor medio del commuta-
tore. Il tempo τA , definito dalla
∆A
τA = ,
|d < A > /dt|
4.5 Costanti del moto e proprietà di invarianza 79
In tal modo si può definire, per ogni variabile dinamica del sistema,
un tempo caratteristico di evoluzione. Se τ è il più piccolo dei tempi cosı̀
definiti, τ può essere considerato come un tempo caratteristico di evoluzione
del sistema stesso: in un intervallo di tempo inferiore a τ , la distribuzione
statistica dei risultati di una qualunque misura non cambia sensibilmente.
Dalla disuguaglianza (4.49) discende la relazione di indeterminazione tempo-
energia
~
τ ∆E ≥ . (4.50)
2
Nel problema della precessione dello spin in campo magnetico, con Hamil-
toniana (4.25), il ket di stato, che inizialmente è |+ >x , comincia a perdere
la sua identità dopo un tempo
~ 1
τ≈ = ,
2∆E ω
come risulta chiaro dalla (4.29), perchè < Sx >, al tempo τ , diventa ∼ ~/3.7
mentre inizialmente era ~/2.
dCH
i~ = [CH , HH ] = 0, (4.51)
dt
e costanti del moto saranno quindi tutte le osservabili che commutano con
l’Hamiltoniana. Ciò è vero anche nella visuale di Schrödinger, perchè
CH (t) = CH (t0 ) = CS = C.
Nel problema, che precede questa sezione, abbiamo visto che l’impulso
p è una costante del moto per una particella libera. L’Hamiltoniana in-
fatti commuta con p ed è facile mostrare che è anche invariante per una
traslazione infinitesima
ξ·p
T (ξ) = 1 − i .
~
L’invarianza di H rispetto alla traslazione T implica che
T † HT = H,
componenti bloccata, agisce da filtro fornendo fasci di atomi tutti nello stes-
so stato di spin. Ma, se consideriamo gli atomi d’argento che escono dalla
fornace prima di entrare nell’apparato di Stern e Gerlach, ci rendiamo con-
to che il formalismo che abbiamo a disposizione non permette di descrivere
questo insieme di atomi che è completamente casuale per quanto riguarda
l’orientazione dello spin. Si tratta di un insieme non polarizzato e nessun
ket di stato, anche il più generale, può descrivere questo insieme.
Il concetto di probabilità compare in (4.54) due volte: in | < a0 |αi > |2 , per
la probabilità che lo stato |αi > si trovi in un autostato |a0 > di A, e nel
fattore wi che dà la probabilità di trovare nell’insieme uno stato dinamico
caratterizzato da |αi >.
Quindi XX
< A >= < b”|ρ|b0 >< b0 |A|b” >= Tr(ρA).
b0 b”
L’operatore ρ è Hermitiano, come si vede subito dalla definizione perchè il
proiettore |αi >< αi | è Hermitiano, e
Tr(ρ) = 1, (4.57)
che possiamo scrivere come Tr(ρ|a0 >< a0 |). Poichè è sufficiente conoscere
ρ per calcolare tutte le quantità fisicamente misurabili, valori medi e dis-
tribuzioni statistiche, possiamo considerare identiche due miscele statistiche
che abbiano lo stesso operatore densità. Ogni miscela quantistica di stati è
completamente definita dal suo operatore densità. Il formalismo dell’opera-
tore densità permette anche di trattare i casi puri come caso particolare di
una miscela statistica. Un insieme puro è specificato da wk = 1 per un certo
|αk > e wi = 0 per i 6= k; in questo caso
ρ = |αk >< αk |,
Problema. Il fascio di atomi di spin 1/2, che escono dalla fornace nell’ap-
parato di Stern e Gerlach, non è polarizzato e può essere considerato come
una miscela incoerente degli stati |+ > e |− > in eguali proporzioni. Il
suo stato di spin può essere scritto come
1
√ (e1 |+ > +e2 |− >), (4.58)
2
dove e1 ed e2 sono numeri complessi di modulo 1 con fase relative casuali 7 ,
cioè soddisfano le relazioni
dove la barra sopra una grandezza indica la media su tutti i valori della fase
relativa. Calcolare la matrice densità, nella base {|+ >, |− >}, di questa
miscela statistica e i valori medi delle osservabili di spin.
Soluzione
Calcoliamo dapprima il proiettore relativo allo stato ”incoerente” (4.58)
1
(e1 |+ > +e2 |− >)(e∗1 < +| + e∗2 < −|) =
2
1
= (|+ >< +| + |− >< −| + e1 e∗2 |+ >< −| + e2 e∗1 |− >< +|). (4.60)
2
L’operatore densità è la media, su tutti i valori della fase relativa, dell’espressione
(4.60) e, dalle (4.59), si ottiene
1 1 . 1/2 0
ρ = |+ >< +| + |− >< −| = .
2 2 0 1/2
Questo insieme può essere considerato come una miscela incoerente di un insieme
|+ > e un insieme |− > con eguale peso (oppure di |+ >x e |− >x con lo stesso
peso).
perchè Tr(Si ) = 0. Il risultato < S >= 0 è ragionevole perchè non ci deve essere
nessuna direzione privilegiata dello spin in un insieme completamente casuale di
spin 1/2.
mentre i pesi statistici wi restano gli stessi se l’insieme non viene perturbato.
Avremo quindi
X
ρ(t) = U(t, t0 )|αi , t0 > wi < αi , t0 |U † (t, t0 ) =
i
∂ρ
i~ = Hρ − ρH = −[ρ, H]. (4.61)
∂t
Le grandezze che figurano in (4.61) sono operatori nella visuale di Schrödinger
e, malgrado la somiglianza, questa equazione non ha nulla a che fare con
l’equazione di Heisenberg. L’equazione (4.61) è l’analogo quantistico del
teorema di Liouville in meccanica statistica classica 8 .
e il suo aggiunto a†
r
† mω p
a = x−i . (4.64)
2~ mω
8
∂ρclass. /∂t = −{ρclass. , H} dove ρclass. è la densità nello spazio delle fasi e la
parentesi è quella di Poisson. Da qui, il nome di operatore densità per ρ.
86 Dinamica quantistica
[a, a† ] = 1 (4.65)
e, ponendo
N = a† a, (4.66)
si ottiene facilmente
ed ora abbiamo tutti gli elementi per determinare gli autoket comuni di N
ed H.
ed è facile vedere che ν deve essere positivo o nullo. Infatti, la norma del
ket (a|ν >) deve essere positiva o nulla, quindi
(< ν|a† ) · (a|ν >) =< ν|N |ν >= ν < ν|ν > ≥ 0, (4.70)
(< ν|a) · (a† |ν >) =< ν|(N + 1)|ν >= (ν + 1) < ν|ν > .
Le identità (4.68) provano che a|ν > è un autoket di N con autovalore (ν −1)
ν − 1, ν − 2, . . . , ν − p, . . .
9
Questo procedimento si chiama metodo della scala o ”ladder”.
4.7 L’oscillatore armonico 87
mentre
a|0 >= 0. (4.77)
Con l’aiuto delle equazioni precedenti si può esprimere un autoket |n >
generico tramite il ket |0 >
1 1
|n >= √ a† |n − 1 >= p (a† )2 |n − 2 >= . . . =
n n(n − 1)
1
= √ (a† )n |0 > . (4.78)
n!
4.7.2 La rappresentazione {N }
I ket |0 >, |1 >, |2 >, . . . formano una base ortonormale completa di una
rappresentazione che chiameremo rappresentazione {N }. Dalle equazioni
(4.75) e (4.76) si ottengono gli elementi di matrice
√ √
< n0 |a|n >= nδn0 , n−1 , e < n0 |a† |n >= n + 1δn0 , n+1
Come abbiamo già visto, < x0 |p|α >= −i~∂ < x0 |α > /∂x0 e l’equazione
precedente diventa una equazione differenziale per < x0 |0 >:
0 ~ d
x + < x0 |0 >= 0, (4.81)
mω dx0
da da†
i~ = [a, H] = ~ωa, i~ = [a† , H] = −~ωa† , (4.85)
dt dt
dove abbiamo usato le (4.65) e (4.67). Non è difficile risolvere queste equazioni,
le soluzioni sono
p(0)
x(t) = x(0) cos(ωt) + sin(ωt), (4.87)
mω
p(t) = −mωx(0) sin(ωt) + p(0) cos(ωt). (4.88)
e−~ω/(2kT )
Z= . (4.95)
1 − e−~ω/(kT )
La somma in (4.94) può essere calcolata facilmente notando che
dZ 1 X
= (n + 1/2)~ωe−(n+1/2)~ω/(kT ) ,
dT kT 2 n
si ha quindi
1 dZ
< H >= kT 2
Z dT
92 Dinamica quantistica
Il momento angolare
Per una rotazione del sistema fisico, cambia tuttavia il ket di stato che lo
descrive. Data una operazione di rotazione R, nello spazio tridimensionale
ordinario, possiamo associare ad essa un operatore D(R) nello spazio dei
ket, in modo che
|α >R = D(R)|α >, (5.1)
dove |α >R e |α > rappresentano i ket di stato del sistema ruotato e del siste-
ma originale, rispettivamente. Mentre R agisce sullo spazio tridimensionale
in cui viviamo, l’operatore D(R) agisce su uno spazio vettoriale complesso
le cui dimensioni dipendono dal sistema fisico considerato.
eg = ge = g (5.6)
h g = g h = e. (5.7)
Una rotazione nello spazio a tre dimensioni puo’ essere applicata ai vet-
tori di base o ai vettori dello spazio, queste due possibilità differiscono per il
segno dell’angolo di rotazione. E’ infatti equivalente lasciare un vettore fisso
e ruotare la base oppure lasciare la base fissa e ruotare il vettore in senso
opposto. Nel seguito useremo quest’ultima possibilità. Le componenti di un
vettore v, che indichiamo con vi dove i = 1, 2, 3, possono essere pensate come
gli elementi di una matrice con tre righe ed una colonna e una rotazione R
come una matrice 3 × 3 con elementi Rij . Allora v 0i = Rik vk rappresente-
ra’ l’effetto della rotazione 2 e la condizione che la rotazione non cambi la
lunghezza del vettore e l’angolo fra due vettori impone la condizione
Ma, nel caso di un gruppo non commutativo, tali funzioni sono troppo poche
perchè dall’equazione (5.10) si otterrebbe
d(etA )
= A. (5.14)
dt t=0
Dalle equazioni (5.13) e (5.14) segue, per l’unicità della soluzione di una
equazione differenziale, che
dove |α > è il ket prima della rotazione ed |α >R il ket dopo la rotazione, e
dalla (5.4) si ha
D(ẑ, φ) = e−iSz φ/~ . (5.28)
L’effetto di questa rotazione sui valori medi < Sx > e < Sy >, per esempio
†
< Sx > → R < α|Sx |α >R =< α|D (ẑ, φ)Sx D(ẑ, φ)|α >, (5.29)
φ 2i φ φ 2i φ
= 1 cos + Sz sin · Sx · 1 cos − Sz sin =
2 ~ 2 2 ~ 2
2 φ 2i φ φ 4 2 φ
= Sx cos + [Sz , Sx ] sin cos + 2 Sz Sx Sz sin . (5.32)
2 ~ 2 2 ~ 2
Dalle (5.26), ricordando che gli operatori Si anticommutano mentre Si2 =
~2 /4, si ottiene facilmente
mentre < Sz >R =< Sz >. Il valor medio dell’operatore di spin si comporta,
per rotazioni, come se fosse un vettore classico
3
X
< Sk >R = Rkl < Sl > (k = 1, 2, 3), (5.36)
l=1
Solo una rotazione di 4π riporta tutti i ket di stato nelle condizioni iniziali
e, ad ogni matrice di SO(3) corrispondono due matrici di SU (2), la matrice
(5.39) e la matrice che si ottiene da questa cambiando segno ad a e b.
RRT = 1,
perpendicolare al piano OzZ, si veda la figura 5.1, gli angoli di Eulero sono 5
6z
Z
A
K
A
A 3 Y
A β
A
A
A
A
γ
OA
Q
-
Q y
Q
Q α
Q
Q
Q
QQ
s
u
x
X
L’operatore associato alla rotazione (5.42), nello spazio dei ket in con-
siderazione, è espresso da
La rappresentazione matriciale, per un sistema con spin 1/2, nella base degli
autoket di Sz è, facendo uso della (5.37),
.
σ α
z σy β σ γ
z
D(α, β, γ) = exp −i exp −i exp −i =
2 2 2
−iα/2 −iγ/2
e 0 cos(β/2) − sin(β/2) e 0
= .
0 eiα/2 sin(β/2) cos(β/2) 0 eiγ/2
(5.44)
Il prodotto delle tre matrici in (5.44) è una matrice unitaria e unimodu-
lare. Gli elementi di matrice della rotazione attorno ad Oy sono reali, per
la scelta fatta degli angoli di Eulero, ed è l’unica rotazione che contiene
elementi di matrice non diagonali. Gli elementi di matrice dell’operatore
D(α, β, γ) nella rappresentazione scelta hanno un significato importante,
sono le ampiezze di probabilità di trovare lo stato ruotato in un particolare
stato di spin. Per generalizzare quanto abbiamo fatto finora, per lo spin 1/2,
ad un generico momento angolare dobbiamo prima studiare gli elementi di
matrice dell’operatore J per un momento angolare arbitrario.
J− J+ |λj >= (J2 − Jz2 − ~Jz )|λj >= (λ − j 2 − j)~2 |λj >= 0,
j 0 = −j oppure j 0 = j + 1.
e quindi
Assumendo che gli autoket |j, m > siano normalizzati ad uno e ricordando
che
< j, m|J∓ J± |j, m >=< j, m|(J2 − Jz2 ∓ ~Jz )|j, m >=
= [j(j + 1) − m2 ∓ m]~2 ,
concludiamo che
e p
J− |j, m >= (j + m)(j − m + 1) ~|j, m − 1 > . (5.62)
Da queste equazioni possiamo ricostruire le matrici che rappresentano gli
operatori J+ , J− , Jx = (J+ + J− )/2 e Jy = (J+ − J− )/(2i) nella base degli
autoket comuni di Jz e J2 . Notiamo infatti che, dalle (5.61) e (5.62) si ha
(j)
La matrice (2j + 1) × (2j + 1) formata dagli elementi Dm0 m (R) è chiamata
la rappresentazione irriducibile (2j + 1)-dimensionale dell’operatore D(R).
La matrice (5.44) ne è un esempio con j = 1/2.
(j)
X
= |j, m0 > Dm0 m (R). (5.65)
m0
(j)
Perciò Dm0 m (R) è l’ampiezza di probabilità di trovare lo stato ruotato in
|j, m0 > essendo |j, m > lo stato originale.
m=1/2 m=-1/2
(j)
m0
dm0 m (β) = = 1/2 cos(β/2) − sin(β/2) , (5.68)
m0 = −1/2 sin(β/2) cos(β/2)
ma, per momenti angolari maggiori, il metodo usato per ottenere la (5.68)
diventa più lungo e laborioso visto che la (5.37) non vale più. La soluzione
più semplice si basa sul fatto che, per quanto riguarda le proprietà di trasfor-
mazione per rotazioni e solo per queste, possiamo visualizzare ogni oggetto
di momento angolare j come un oggetto composto di 2j particelle di spin
(j)
1/2. Formule esplicite per dm0 m (β), con j qualsiasi, si trovano nei testi ci-
tati nella bibliografia, qui riportiamo un metodo più istruttivo che però è
praticabile solo per valori non troppo grandi di j.
110 Il momento angolare
Il metodo che abbiamo usato per lo spin 1/2 è basato sulla relazione ope-
ratoriale (4.24) valida per sistemi con uno spazio degli stati bidimensionale.
A sua volta, questa relazione è stata ricavata con il metodo dei proiettori
che può essere generalizzato a spazi di dimensioni qualsiasi e trova numerose
applicazioni in diversi problemi di meccanica quantistica. Se f (z) è una
funzione analitica della variabile complessa z, la funzione f (A) dell’operatore
A può essere sviluppata molto semplicemente in potenze di A se tutti gli
n autovalori di A sono distinti e le singolarità di f (z) non coincidono con
un qualsiasi autovalore di A. Se A|a0 k >= a0 k |a0 k > (k = 1, 2, . . . , n) è
l’equazione agli autovalori per A, per ogni j e k fissati si ha
Y a0 i 1 − A
|a0 k >= δjk |a0 k >,
a0 i − a0 j
i6=j
e
f (A)|a0 k >= f (a0 k )|a0 k > .
E’ evidente allora che, ripetendo quanto fatto per ricavare la (4.24), si può
scrivere
Xn Y a0 i 1 − A
f (A) = f (a0 j ) , (5.69)
a0 i − a0 j
j=1 i6=j
che, essendo una relazione fra operatori, vale indipendentemente dalla base
scelta.
e, dalla (5.75),
r
0 2` + 1 (`)
Y`m ∗ (θ, φ) = Dm0 0 (φ, θ, 0), (5.76)
4π
che fornisce la relazione cercata fra le armoniche sferiche e le matrici di
rotazione.
e ogni operatore nello spazio dei ket |x0 > commuta con ogni operatore nello
spazio bidimensionale generato da |± >. Ogni operatore che riguarda uno
solo dei due spazi nel prodotto diretto, agisce come un operatore identità sul-
l’altro spazio e, se consideriamo gli operatori di rotazione, invece di scrivere
J = L + S, è più corretto scrivere
J = L ⊗ 1 + 1 ⊗ S, (5.77)
dove |ψ± (x0 )|2 sono le densità di probabilità di trovare la particella in x0 con
spin su o giù, rispettivamente.
protone in un atomo di idrogeno, senza tener conto degli altri gradi libertà.
L’operatore di spin totale è
S = S1 ⊗ 1 + 1 ⊗ S2 (5.78)
{|1 , 2 >} = {|+, + >, |+, − >, |−, + >, |−, − >} (5.79)
e
3
S21 |1 , 2 >= S22 |1 , 2 >= ~2 |1 , 2 >,
4
~ ~
S1z |1 , 2 >= 1 |1 , 2 >, S2z |1 , 2 >= 2 |1 , 2 > . (5.80)
2 2
Anche le quattro osservabili S21 , S22 , S2 , Sz commutano e formano un insieme
completo di osservabili compatibili diverso dal precedente perchè S2 non
commuta con S1z e S2z . Indichiamo con |s, m > la nuova base che soddisfa
le equazioni
3
S21 |s, m >= S22 |s, m >= ~2 |s, m >,
4
S2 |s, m >= s(s + 1)~2 |s, m >, (5.81)
Sz |s, m >= m~|s, m >, (5.82)
114 Il momento angolare
Il ket |+, + > della base (5.79) è il solo autoket di Sz associato con m = 1.
Possiamo scegliere la fase del ket |s = 1, m = 1 > in modo tale che
Π† xΠ = −x,
{Π, x} = 0. (5.89)
e Π|x0 > è un autoket di x con autovalore −x0 ; perciò, a meno di una fase,
Dalla (5.90) abbiamo anche Π2 |x0 >= |x0 >, cioè Π2 è l’operatore identità,
e vediamo che Π è sia unitario che Hermitiano e i suoi autovalori possono
essere solamente ±1,
Π−1 = Π† = Π. (5.91)
Π† S · pΠ = −S · p,
Π† L · SΠ = L · S.
La funzione d’onda di una particella senza spin il cui ket di stato è |α >,
ψ(x0 ) =< x0 |α >, trasforma per parità nel seguente modo
Se |α > è un autoket della parità, Π|α >= ±|α >, dalla (5.93) si ottiene
immediatamente
Non tutte le funzioni d’onda di interesse fisico hanno parità definita nel
senso della (5.94), per esempio un autoket dell’impulso non è un autoket
della parità, Π e p anticommutano, e un’onda piana exp(ip0 · x0 /~), che è la
funzione d’onda di un autoket dell’impulso, non ha parità definita. Questo
potrebbe sembrare strano perchè l’Hamiltoniana H di una particella libera
commuta con p ed è invariante per parità
[H, Π] = 0. (5.95)
Possiamo ora chiarire l’origine delle regole di selezione dovute alla parità.
Se |α > e |β > sono autostati della parità
allora
< β|x|α >=< β|Π† ΠxΠ† Π|α >= −α β < β|x|α > (5.97)
per la (5.96), e < β|x|α > è nullo se α e β hanno lo stesso segno. La
(5.97), nota anche come regola di Laporte prima della nascita della mec-
canica quantistica, si esprime nel linguaggio delle funzioni d’onda dicendo
che Z
ψβ∗ xψα dr = 0
r → r, θ → π − θ, φ → φ + π.
Basta considerare Y`0 (θ, φ) perchè tutti gli stati con m 6= 0, a fisso `, si
ottengono da |`, m = 0 > applicando ripetutamente gli operatori L+ e L−
che commutano con Π, e quindi hanno la stessa parità. Ma Y`0 (θ, φ) è
proporzionale a P` (cos θ) che soddisfa la relazione
e quindi
Π|`, m >= (−1)` |`, m > . (5.98)
n → p + e− + ν̄e
νe + n → p + e− . (6.1)
νµ + n → p + µ− (6.2)
π + → µ+ + νµ
120 Sistemi a due livelli
π + → e+ + νe .
Nei processi di fusione nucleare che avvengono sul sole, il cui effetto
complessivo è
4p → 4 He + 2 e+ + 2 νe ,
m21 c4
H|ν1 >= E1 |ν1 > E1 = pc + , (6.4)
2pc
m22 c4
H|ν2 >= E2 |ν2 > E2 = pc + , (6.5)
2pc
dove m1 e m2 sono le masse dei due autoket |ν1 > e |ν2 > e supponiamo che
m1 6= m2 con m1 > m2 . Gli autostati dei neutrini prodotti o rivelati non
sono |ν1 > e |ν2 > ma delle combinazioni lineari
|ν(t) >= e−iHt/~ |νµ >= −|ν1 > sin θ e−iE1 t/~ + |ν2 > cos θ e−iE2 t/~ . (6.8)
< νe |ν(t) >= cos θ < ν1 |ν(t) > + sin θ < ν2 |ν(t) >=
dove ~c ' 2·10−10 eV Km. Ci si aspetta una differenza di massa ∆m2 molto
piccola e quindi l’esperimento non rivelerà oscillazioni a meno che il rapporto
`/pc non sia sufficientemente grande. Per esempio, in un esperimento in cui
pc = 10 GeV = 1010 eV ,
∆m2 c4 `
∼ 0, 125 × ∆m2 c4 (eV )2 × ` (Km),
4~c pc
e se vogliamo rivelare un effetto dell’ordine di ∆m2 c4 ' 1 (eV )2 con una
probabilità apprezzabile dovrà essere, indipendentemente dal valore di θ,
π
`' ∼ 12.6 Km.
2 × 0.125
Nella pratica questo esperimento può cercare o la creazione di neutrini νe
nel fascio di νµ o la scomparsa di una parte del flusso originale e, determi-
nata sperimentalmente la probabilità in (6.11), tracciare una curva in un
diagramma (sin2 2θ, ∆m2 c4 ). Si determinano cosı̀ le regioni permesse per
questi parametri. Ricordiamo che 1 eV ' 1.6 × 10−19 J.
~c (2pc)(~c)
`' = 4 .
(E1 − E2 ) sin(2θ) c ∆m2 sin(2θ)
E = ET + EV + ER + EI ,
E = EV + ER ,
Hψ = Eψ, (6.13)
con
H = HV + HR , ψ = ψR ψV .
Se scegliamo l’asse ẑ lungo l’asse di massima simmetria della molecola, pas-
sante per l’atomo di azoto e il centro di massa dei tre atomi di idrogeno,
come in figura 6.1, è facile vedere che, se la molecola ruota attorno al suo
asse di figura, gli autovalori dell’energia degli stati rotazionali non dipen-
dono dal segno di z. Poichè l’effetto che ci interessa dipende dal segno di z
trascureremo nel seguito HR .
Consideriamo ora l’equazione (6.13) per i soli stati vibrazionali. Una
struttura a tetraedro come N H3 ha sei modi normali di vibrazione ma,
poichè N è molto più pesante di H, possiamo pensare l’atomo di azoto fisso
124 Sistemi a due livelli
z
6
N z - y
S
E
E S
E S
u Su
E S
H HH H
E
HH E
HEu
H
3mH mN
m=
3mH + mN
~2 d 2
H=− + V (z) (6.14)
2m dz 2
per il potenziale V (z) in figura (6.2) con
E < V0 .
Ponendo r r
2mE 2m p
k= , q= (V 0 − E) = α2 − k 2 (6.15)
~2 ~2
con r
2mV0
α= ,
~2
6.2 Il maser ad ammoniaca 125
6
V(z)
V0
a -
? -
-b +b z
Per E < V0 lo spettro consiste di doppietti con una separazione fra i dop-
pietti molto maggiore di quella fra le due linee di un doppietto. Sperimen-
talmente si ha, per il doppietto più basso,
Limitiamoci ora al doppietto più basso, trascurando tutti gli stati ecci-
tati. Possiamo, infatti, imporre limiti fisici all’energia della molecola abbas-
sando la temperatura. Sappiamo che, alla temperatura T , il rapporto fra le
popolazioni di due livelli energetici E1 e E2 è dato dalla legge di Boltzmann
N (E1 ) E2 −E1
= e− kT
N (E2 )
molecola, dovuto al fatto che l’azoto elettropositivo attira gli elettroni dei
tre atomi di idrogeno, oscilla nel tempo essendo proporzionale a < z >.
La molecola può quindi assorbire o emettere radiazione elettromagnetica di
frequenza
Ω Ea − Es
ν= = .
2π h
Nella base {|ψs >, |ψa >}, l’Hamiltoniana H è diagonale e, con le ap-
prossimazioni fatte, si riduce alla forma
. E0 − A 0
H= , (6.24)
0 E0 + A
dove E0 − A = Es e E0 + A = Ea . In questa base una osservabile , come il
momento di dipolo elettrico, non è diagonale perchè i suoi autoket rappre-
sentano stati di una particella che si trova nella buca di destra, o di sinistra,
in figura (6.2). Il valor medio di questa osservabile è proporzionale alla dis-
tanza della particella dal centro, z = 0, e usando il formalismo di Pauli,
se
. 1 . 0
|ψs >= , |ψa >= , (6.25)
0 1
gli autoket dell’operatore momento di dipolo elettrico sono
1 . 1 1
|φ1 >= √ [|ψs > +|ψa >] = √ , (6.26)
2 2 1
e
1 . 1 1
|φ2 >= √ [|ψs > −|ψa >] = √ . (6.27)
2 2 −1
Se indichiamo con d0 e −d0 gli autovalori dell’operatore D, momento di
dipolo elettrico, allora la sua decomposizione spettrale è
. 0 d0
D = d0 |φ1 >< φ1 | − d0 |φ2 >< φ2 | = , (6.28)
d0 0
dove d0 è un parametro caratteristico della molecola.
e la nuova Hamiltoniana è
0 . E0 − A −η
H =H +W = . (6.31)
−η E0 + A
e, se poniamo
. cos θ/2 . sin θ/2
|ψ− >= , |ψ+ >= , (6.33)
sin θ/2 − cos θ/2
si trova che
η η
tan θ/2 = p , ovvero tan θ = .
A + A2 + η 2 A
η2
E∓ ' E0 ∓ A + , |ψ∓ >' |ψas >, (6.34)
2A
essendo θ ' 0. Negli stati |ψ− > e |ψ+ > il valor medio del momento di
dipolo elettrico diventa
ηd0 d20 E
< D >∓ = ± sin θ d0 = ± p '± (6.35)
A2 + η 2 A
Nel risultato per i livelli energetici della molecola in campo debole (6.34)
il termine η 2 /(2A) = d20 E 2 /(2A) può essere interpretato come un termine di
energia potenziale della molecola nel campo, negativo per |ψ− > e positivo
per |ψ+ >. Supponiamo che il campo E sia debole ma E 2 abbia un grosso
gradiente in modo che quando la molecola attraversa il campo subisce una
forza 2 2
d0 E
F∓ = ±∇ . (6.36)
2A
130 Sistemi a due livelli
Questa forza ha un segno opposto a seconda dello stato interno della moleco-
la e, uscendo dal gradiente del campo, il fascio iniziale sarà separato in due
fasci, uno conterrà solo molecole nello stato |ψ− >' |ψs > e l’altro solo
molecole nello stato |ψ+ >' |ψa >. Questo effetto è analogo a quello usato
nel dispositivo di Stern e Gerlach e, come nel caso degli atomi d’argento,
il moto di queste molecole può essere descritto classicamente in ottima ap-
prossimazione. Vengono quindi selezionate le molecole nello stato superiore
del doppietto di inversione, |ψa >, e fatte passare attraverso una cavità a
microonde risonante con la frequenza di inversione. Come questo fascio
di molecole possa essere indotto ad irraggiare in fase da un campo elettri-
co oscillante e a fornire un segnale in uscita amplificato coerentemente lo
capiremo dal prossimo paragrafo.
e, con le trasformazioni
che permette di trovare b̂1 (t) e b̂2 (t) sapendo che b̂1 (0) = c1 (0) = 0 e b̂2 (0) =
c2 (0) = 1. Si ottiene quindi dalle (6.46) e (6.47)
ω1 Ωt
b̂1 (t) = i sin , (6.48)
Ω 2
e
Ωt ω − ω0 Ωt
b̂2 (t) = cos +i sin (6.49)
2 Ω 2
siano passate per effetto del campo oscillante allo stato |ψs > cedendo
l’energia 2A = Ea − Es . Abbiamo
ω12
q
t
Pa→s (t) = sin2 (ω − ω0 )2 + ω12 , (6.50)
(ω − ω0 )2 + ω12 2
che è chiamata la formula di Rabi. Questa probabilità oscilla nel tempo fra
zero e un valore massimo Pmax ,
ω12
Pmax = ,
(ω − ω0 )2 + ω12
6.2.5 Il maser
Abbiamo ora tutti gli elementi per capire come funziona un MASER (Mi-
crowave Amplification by Stimulated Emission of Radiation). Dal fascio di
molecole che hanno una velocità v si separano le molecole nello stato |ψa >
tramite il gradiente del campo elettrico. Si fa quindi passare questo fascio in
una cavità ad alta frequenza, dove è presente un campo oscillante E0 cos ω0 t,
e la cui lunghezza è scelta in modo che L/v = (2n + 1)T = (2n + 1)π/ω1 . Al-
l’uscita dalla cavità, le molecole sono tutte nello stato |ψs > ed hanno ceduto
alla cavità la loro energia 2A sotto forma di radiazione elettromagnetica di
frequenza ω0 .
Esistono molti altri tipi di maser, e anche i laser sono basati su principi
simili, in cui gli effetti fisici sono diversi, ma la descrizione quantistica di
questi dispositivi userà sempre una formulazione matematica molto simile a
quella sviluppata qui. In alcuni casi potrà essere necessario fare intervenire
più di due livelli ma la fisica del fenomeno resterà sempre molto simile a
quella descritta per la molecola di ammoniaca.
H + H → H2 + γ,
134 Sistemi a due livelli
2. Si supponga che la superficie del cristallo sia piana, e che gli atomi della
superficie siano ripartiti su un reticolo quadrato con legame p, p = 3 Å.
Con argomenti qualitativi, indicare quali sono le posizioni possibili per
i minimi del potenziale di interazione dell’atomo di idrogeno con il
cristallo, in un piano parallelo alla sua superficie.
con
2πx
f (x) = 1 − cos
4 p
2πy
f (y) = 1 − cos
4 p
e φ(z) un potenziale di Lennard-Jones (i parametri e σ restano gli
stessi).
Facendo anche l’approssimazione di rimpiazzare il potenziale nell’in-
torno di un minimo con l’espressione
1 1 1
W (x, y, z) = C + mωx2 x2 + mωy2 y 2 + mωz2 (z − z0 )2
2 2 2
r0 = 21/6 σ ≈ 1.12 σ.
aj c aj
c b c
aj c aj
e quindi
1/3
1 72
ωz2 =
2 mσ 2
e l’energia dell’atomo di idrogeno legato, nello stato fondamentale, è
1
E0 = − + ~(ωx + ωy + ωz ).
2
~2 c2 2π 2
2 2
~ ωx = = 3 × 10−4 eV 2 ,
4mc2 p
da cui
1 1
~ωx = ~ωy = 0.9 × 10−2 eV
2 2
1
~ωz = 2.1 × 10−2 eV
2
e infine l’energia nello stato fondamentale: E0 = −3.1 × 10−2 eV .
1. Quale meccanismo può dar luogo alla mobilità degli atomi sulla super-
ficie dei grani di polvere ?.
u s1
u s2 u s0 u s4
u s3
H1 |φ0 >= −a(|φ1 > +|φ2 > +|φ3 > +|φ4 >),
det(H − EI) = 0
4
X
|ψ >= ci |φi >,
i=0
c0 = 0, c1 + c2 + c3 + c4 = 0
1
|ψ10 > = [|φ1 > +|φ2 > −|φ3 > −|φ4 >]
2
1
|ψ20 > = [|φ1 > −|φ2 > +|φ3 > −|φ4 >]
2
1
|ψ30 > = [|φ1 > −|φ2 > −|φ3 > +|φ4 >]
2
Per l’autovalore E = E0 + 2a si ha
1
c0 + 2ci = 0 ovvero ci = − c0
2
140 Sistemi a due livelli
Teoria perturbativa
In ogni campo della fisica i problemi risolubili esattamente sono molto pochi
e la meccanica quantistica non fa eccezione. Esistono sistemi fisici, come
l’oscillatore armonico e l’atomo di idrogeno, con Hamiltoniane abbastanza
semplici da permettere di risolvere esattamente l’equazione agli autovalori
ma se, per esempio, vogliamo tenere conto delle correzioni dovute al fatto che
il protone non è puntiforme, l’equazione per l’atomo di idrogeno non è più
solubile esattamente. Per i casi frequenti in cui una soluzione analitica non
è possibile, esistono metodi di approssimazione che permettono di ottenere
soluzioni analitiche approssimate e una stima dell’errore senza far ricorso ad
un calcolatore.
La teoria perturbativa usa due metodi diversi a seconda cha la pertur-
bazione causi un cambiamento negli stati del sistema non perturbato oppure
il sistema, per effetto della perturbazione, compia transizioni fra stati non
perturbati diversi. Con il primo metodo si paragonano gli stati stazionari
del sistema perturbato con quelli del sistema non perturbato, con il secon-
do metodo si considera uno stato stazionario del sistema non perturbato e
si studia la sua variazione nel tempo sotto l’influenza della perturbazione.
Nelle applicazioni, sceglieremo il primo metodo quando la perturbazione
non dipende dal tempo e il problema stesso non si riferisce ad alcun istante
particolare di tempo mentre il secondo metodo deve essere usato, indipen-
dentemente dal fatto che la perturbazione dipenda o no dal tempo, se il
problema coinvolge il tempo come nei fenomeni transienti o nel calcolo delle
probabilità di emissione o di assorbimento.
∆n ≡ En − En(0) (7.4)
(0)
Per determinare |n > dalla (7.5) dobbiamo invertire l’operatore (En −
(0)
H0 ) assicurandoci che l’operatore inverso (En −H0 )−1 non agisca su |n(0) >
7.1 Teoria di Rayleigh-Schrödinger 145
(0)
L’operatore (En − H0 )−1 Φn è ora ben definito
1 X 1
(0)
Φn = (0) (0)
|k (0) >< k (0) | (7.9)
En − H0 k6=n En − Ek
e, poichè (λV − ∆n )|n >= (1 − |n(0) >< n(0) |)(λV − ∆n )|n >= Φn (λV −
∆n )|n > per la relazione (7.6), possiamo ottenere |n > dalla (7.5) nella forma
1
|n >= |n(0) > + (0)
Φn (λV − ∆n )|n > . (7.10)
En − H0
Il primo termine a membro destro della (7.10) è la soluzione dell’equazione
omogenea che assicura il limite corretto
L’autoket perturbato non risulta però normalizzato ad uno perchè < n(0) |n >=
1, ciò non è grave perchè, se è necessario, possiamo sempre normalizzare gli
autoket perturbati alla fine dei calcoli. Le formule che otterremo saranno più
semplici con questa normalizzazione e anche l’equazione (7.7), che insieme
con la (7.10) ci darà i risultati cercati si semplifica
∆(k) (0)
n =< n |V |n
(k−1)
> (7.14)
e, al primo ordine,
1
λ|n(1) > +λ2 |n(2) > + . . . = (0)
Φn (λV − λ∆(1)
n −
En − H0
−λ2 ∆(2)
n − . . .) · (|n
(0)
> +λ|n(1) > + . . .) (7.15)
(1)
e, tenendo conto che Φn |n(0) >= 0 e quindi il termine con λ∆n non
contribuisce la primo ordine, troviamo
1
|n(1) >= (0)
Φn V |n(0) > . (7.16)
En − H0
Ora diventa facile calcolare la correzione, al secondo ordine in λ, all’energia
imperturbata
1
∆(2)
n =< n |V
(0)
(0)
Φn V |n(0) >
En − H0
e, se poniamo
Vkl ≡< k (0) |V |l(0) >,
ottenere usando la (7.8)
X |Vnk |2
∆n = En − En(0) = λVnn + λ2 (0) (0)
+ ... (7.17)
k6=n En − Ek
Nel caso che H0 non abbia livelli degeneri, il metodo accennato sopra per-
mette di calcolare le correzioni all’ordine desiderato. Alla fine del calcolo λ
deve essere posto eguale ad uno.
(2)
Avendo calcolato ∆n , possiamo dare una stima dell’errore che si com-
metterebbe tenendo solo la correzione al primo ordine in λ. Consideriamo
infatti il termine in λ2 in (7.17) e indichiamo con ∆E il valore assoluto della
(0)
differenza fra l’energia En , del livello che stiamo considerando, e quella del
livello più vicino. Per ogni p, abbiamo
|En(0) − Ep | ≥ ∆E
(2)
e il limite superiore di |∆n | sarà
1 X
|∆(2)
n |≤ < n(0) |V |k (0) >< k (0) |V |n(0) >
∆E
k6=n
1
≤ < n(0) |V [1 − |n(0) >< n(0) |]V |n(0) >≤
∆E
7.1 Teoria di Rayleigh-Schrödinger 147
1
≤ [< n(0) |V 2 |n(0) > −(< n(0) |V |n(0) >)2 ]
∆E
che possiamo riscrivere nella forma
1
|∆(2)
n |≤ (∆V )2 (7.18)
∆E
dove ∆V è lo scarto quadratico medio, o fluttuazione, della perturbazione
V nello stato imperturbato |n(0) >. Nel limite in cui λ → 1, la (7.18)
indica l’ordine di grandezza dell’errore commesso se teniamo conto solo della
correzione al primo ordine.
(0)
Il vettore |n(0) > appartiene al sottospazio associato con En ed è ortogonale
a tutti i ket |p, ` > per p 6= n. Quindi
g
X
< n, k|V |n, ` >< n, `|n(0) >= ∆(1)
n < n, k|n
(0)
> (7.20)
`=1
det (V − ∆(1)
n 1) = 0. (7.21)
∆(1) (0)
n =< n |V |n
(0)
>
e vale la regola generale: per calcolare gli autovalori (al primo ordine) e
gli autoket (all’ordine zero) dell’Hamiltoniano H in corrispondenza ad uno
(0)
stato imperturbato degenere En , è sufficiente diagonalizzare la matrice che
(0)
rappresenta la perturbazione, ristretta al sottospazio associato con En .
L’esempio che faremo chiarirà meglio questa regola.
Siano S1 e S2 gli spin delle due particelle, che indicheremo nel seguito
con (1) e (2), e M1 , M2 i corrispondenti momenti magnetici
M1 = γ1 S1 , M2 = γ2 S2 (7.22)
dove 2
M1 × r
A= .
r3
Con l’aiuto della formula
si trova r r
B = M1 ∇ · 3 − (M1 · ∇) 3 .
r r
Ma ∇ · (r/r3 ) = 0, se r 6= 0, e
r 1 1
(M1 · ∇) 3 = 3 (M1 · ∇)r + r M1 · ∇ 3 =
r r r
M1 3r (M1 · r)
= −
r3 r5
da cui, sapendo che r = n̂r,
1
B= [3n̂(M1 · n̂) − M1 ]. (7.23)
r3
Finalmente, l’energia di interazione magnetica, V = −M2 · B, diventa
1
V = γ1 γ2 [S1 · S2 − 3(S1 · n̂)(S2 · n̂)]. (7.24)
r3
con i = ±, (i = 1, 2).
Siano θ e ϕ gli angoli polari di n̂, n̂ = (sin θ cos ϕ, sin θ sin ϕ, cos θ), e
ricordiamo che
e−iϕ eiϕ
Sx cos ϕ + Sy sin ϕ = (Sx + iSy ) + (Sx − iSy ) =
2 2
1
= (e−iϕ S+ + eiϕ S− ),
2
e che
1
S1 · S2 = S1z S2z + (S1+ S2− + S1− S2+ ).
2
Possiamo quindi riscrivere la (7.24) come
γ1 γ2 1 −iϕ iϕ
V =− 3 3 S1z cos θ + sin θ S1+ e + S1− e ×
r 2
1 −iϕ iϕ
× S2z cos θ + sin θ S2+ e + S2− e − S1 · S2 (7.28)
2
nella quale possiamo isolare il termine diagonale nella base |1 , 2 >,
γ1 γ2
− (3 cos2 θ − 1)S1z S2z (7.29)
r3
e, fra i termini che rovesciano entrambi gli spin, quelli che possono agire solo
sui ket |+, − > e |−, + >
γ1 γ2
(3 cos2 θ − 1) (S1+ S2− + S1− S2+ ). (7.30)
4r3
Gli altri termini o rovesciano solo uno dei due spin oppure provocano tran-
sizioni del tipo |+, + >←→ |−, − >.
γ1 γ2 2 1 2 ~2
< 1 , 2 |V |1 , 2 >= − (3 cos θ − 1) ≡ 1 2 ~Ω, (7.31)
r3 4
avendo definito
~ γ1 γ2
Ω=− (3 cos2 θ − 1).
4 r3
In figura (7.1) sono evidenziati sia i livelli energetici dell’Hamiltoniano im-
perturbato H0 , con ω1 > ω2 > 0, sia l’effetto della perturbazione al primo
ordine sui vari livelli. Affinchè valga la teoria perturbativa dovrà essere
Ω ω1 − ω2 .
7.1 Teoria di Rayleigh-Schrödinger 151
|+, + > 6 ~Ω
~(ω1 + ω2 )/2
|+, − >
~(ω1 − ω2 )/2 @
@ ?−~Ω
|−, + >
−~(ω1 − ω2 )/2 @
@ ?−~Ω
|−, − > 6 ~Ω
−~(ω1 + ω2 )/2
Figura 7.1: Livelli energetici di due particelle di spin 1/2 nel campo statico
B0 . A sinistra compaiono i livelli di H0 mentre, a destra, i livelli perturbati
dall’interazione dipolo-dipolo.
1
< γ1 S1x + γ2 S2x >= < γ1 (S1+ + S1− ) + γ2 (S2+ + S2− ) > .
2
Le transizioni indotte da S1x , fra gli stati |+, + >↔ |−, + > e |+, − >↔
|−, − >, hanno una frequenza di Bohr pari ad ω1 , in assenza di pertur-
bazione, mentre se è presente l’interazione dipolo-dipolo appaiono due linee
con frequenza ω1 + 2Ω e ω1 − 2Ω. Analogamente, S2x connette gli stati
|+, + >↔ |+, − > e |−, + >↔ |−, − >. In assenza di perturbazione la
frequenza di Bohr di queste transizioni è pari ad ω2 ma, se accendiamo la
perturbazione, si ottengono due linee con frequenza ω2 + 2Ω e ω2 − 2Ω. Lo
spettro di risonanza magnetica che, nel caso imperturbato, consiste di due
linee alle frequenze ω1 e ω2 si scinde per effetto della perturbazione in due
doppietti con centro in ω1 e ω2 . L’intervallo fra le due componenti di ogni
doppietto è pari a 4Ω.
152 Teoria perturbativa
ω1 = ω2 = ω = −γB0 (7.32)
e, dalla (7.27), si deduce che gli autoket |+, − > e |−, + > sono associati
allo stesso autovalore nullo di H0 . Il livello con energia 0 è quindi due volte
degenere. Gli autovalori corrispondenti agli autoket |+, + > e |−, − > sono
+~ω e −~ω rispettivamente. In un esperimento di risonanza magnetica si
troverà una sola linea di frequenza angolare ω in assenza di perturbazione.
L’interazione dipolo-dipolo cambia i livelli non degeneri di una quantità che
è ancora ~Ω, ma ora
~ γ2
Ω = − 3 (3 cos2 θ − 1).
4r
e l’energia degli stati |+, + > e |−, − > aumenta di ~Ω.
Nel sottospazio dei ket di base {|+, − >, |−, + >}, che corrispondono allo
stesso autovalore, l’effetto della perturbazione V si ottiene diagonalizzando
il minore di V relativo a questo sottospazio. Gli elementi diagonali sono gli
stessi di prima
mentre l’elemento non diagonale < +, −|V |−, + > ha un contributo dal
termine (7.30), e solo da questo,
γ2
< +, −|V |−, + >= (3 cos2 θ − 1) < +, −|(S1+ S2− + S1− S2+ )|−, + > .
4r3
Ricordando la relazione (5.63) che, in questo caso, può essere riscritta nella
forma
< m0 |S± |m >= (1/2 ∓ m)(1/2 ± m + 1) ~δm0 ,m±1
p
~2 γ 2
< +, −|V |−, + >= (3 cos2 θ − 1) = −~Ω (7.34)
4r3
e la matrice da diagonalizzare diventa
1 1
−~Ω = −~Ω(1 + σx ).
1 1
Ora però le due particelle non sono fisse come nel caso precedente ma
possono muoversi l’una rispetto all’altra e le autofunzioni dell’elettrone e del
154 Teoria perturbativa
j = Mp × ûn ,
(R sin ϑ)2
dB = 2π di = 2πMp sin3 ϑ dϑ.
R3
Integrando da 0 a π si ottiene il campo magnetico
8π
B(r = 0) = Mp (7.37)
3
e la perturbazione di dipolo magnetico diventa
8π 8π
Vc = − Me · Mp δ(r) = − γe γp S · Iδ(r). (7.38)
3 3
S·I
A < m0 S , m0 I | |mS , mI > (7.39)
~2
dove abbiamo conglobato in A anche l’integrale sulla parte radiale dell’au-
tofunzione
8π 8 ~2
A = − γe γp ~2 |ψ100 (0)|2 = − γe γp 3 =
3 3 a0
3
Esperimenti in cui un fotone virtuale viene assorbito da un protone mostrano che il
protone non è puntiforme.
7.1 Teoria di Rayleigh-Schrödinger 155
8 e2
~ 2.79~
= =
3 a30 me c Mp c
8 × 2.79 me
= (me c2 )α4 ' 5.87 × 10−6 eV, (7.40)
3 Mp
ricordando che α = e2 /(~c) ' 1/137 e me c2 = 0.511 × 106 eV . A questa
energia corrisponde una frequenza ν = A/h ' 1417 M Hz e una lunghezza
d’onda λ = c/ν ' 21 cm.
F=S+I
Fra le varie forme della materia presenti nelle galassie (stelle, pianeti,
raggi cosmici ecc.) ne esiste una che consiste in un mezzo interstellare diffu-
so e poco denso (da 1 a 20 particelle per cm3 ) con una temperatura compresa
fra 50 e 100o K, composta principalmente da idrogeno atomico e una piccola
frazione di molecole e di grani di polvere. A queste temperature l’idrogeno
è nello stato fondamentale e non emette nel visibile ma sono possibili tran-
sizioni fra i due stati iperfini F = 1 e F = 0 per effetto di urti in questo
gas interstellare. L’emissione del raggio a λ ∼ 21 cm è poco probabile, la
156 Teoria perturbativa
i t
Z
U(t, t0 ) = 1 − H(τ )U(τ, t0 )dτ (7.43)
~ t0
nella quale l’operatore identità compare per soddisfare la condizione iniziale.
Supponiamo ora di poter scrivere l’Hamiltoniano H nella forma
nei paragrafi precedenti, e non H(τ ). Conoscendo U (0) (t, t0 ) conviene allora
porre
U(t, t0 ) = U (0) (t, t0 )UI (t, t0 ), (7.45)
con UI (t0 , t0 ) = 1, e sostituire (7.45) nella (7.42) ottenendo
!
∂U ∂U (0)
I
i~U (0) = HU (0) − i~ UI
∂t ∂t
Ponendo
VI (t) = U (0) † (t, t0 ) V (t) U (0) (t, t0 ) (7.47)
otteniamo una equazione differenziale per l’operatore UI analoga alla (7.42)
in cui H(t) è sostituito da VI (t) e una equazione integrale nella forma
desiderata 4
i t
Z
UI (t, t0 ) = 1 − VI (τ )UI (τ, t0 ) dτ. (7.48)
~ t0
L’equazione integrale (7.48) può, almeno formalmente, essere risolta per
iterazioni. Calcoliamo UI (τ, t0 ) dall’equazione (7.48) e lo sostituiamo nel-
l’integrale del secondo membro della stessa equazione ottenendo
2 Z t
i t
Z τ
−i
Z
UI (t, t0 ) = 1 − VI (τ )dτ + dτ VI (τ )VI (τ 0 )UI (τ 0 , t0 ).
~ t0 ~ t0 t0
(7.49)
Iterando ancora, cioè calcolando UI (τ, t0 ) dalla (7.49), sostituendolo nella
(7.48) e ripetendo lo stesso processo all’infinito, si ottiene uno sviluppo in
serie
∞
(n)
X
UI (t, t0 ) = 1 + UI (t, t0 ) (7.50)
n=1
(n)
dove UI è l’integrale
n Z t τn
−i
Z
(n)
UI = dτn dτn−1 . . .
~ t0 t0
Z τ2
... dτ1 VI (τn )VI (τn−1 ) . . . VI (τ1 ). (7.51)
t0
4
Si tratta di una nuova visuale, intermedia fra la visuale di Schrödinger e quella di
Heisenberg, che viene chiamata visuale di interazione. In questa visuale, l’evoluzione del
ket di stato, |α, t >I = UI (t, t0 )|α, t0 >S , è determinata solo dalla perturbazione VI (t) e
questa evoluzione sarà molto lenta se la perturbazione è piccola.
158 Teoria perturbativa
con l’ordine cronologico dei tempi di integrazione t > τn > τn−1 > . . . >
τ1 > t0 .
U (0) (t, t0 )U (0) † (τn , t0 )V (τn )U (0) (τn , t0 )U (0) † (τn−1 , t0 )V (τn−1 )×
U (0) (t, τn )V (τn )U (0) (τn , τn−1 )V (τn−1 ) . . . U (0) (τ2 , τ1 )V (τ1 )U (0) (τ1 , t0 ),
si ottiene lo sviluppo
∞
X
U(t, t0 ) = U (0) (t, t0 ) + U (n) (t, t0 ) (7.52)
n=1
con n Z
t τn
−i
Z
(n)
U = dτn dτn−1 . . .
~ t0 t0
Z τ2
... dτ1 U (0) (t, τn )V (τn )U (0) (τn , τn−1 )V (τn−1 ) . . .
t0
Gli sviluppi (7.50) e (7.52) sono il punto di partenza dei calcoli pertur-
bativi che vedremo nei prossimi paragrafi. Se U (0) (t, t0 ) differisce poco da
U(t, t0 ) questi sviluppi in serie di potenze di V potranno convergere rapi-
damente e, mentre U (0) rappresenta l’approssimazione di ordine zero, U (n)
rappresenta la correzione di ordine n a questa approssimazione. Vista la
difficoltà pratica del calcolo degli ordini superiori, l’utilità di questi sviluppi
dipende in modo essenziale dalla rapidità della loro convergenza.
e poniamo
Ek0 − Ej0
ωkj = , (7.56)
~
che è la frequenza di Bohr della transizione |aj >↔ |ak >.
che è la probabilità di transizione da |aj > ad |ak >. Se V (t) fosse nullo
si avrebbe U (0) (t, t0 )|aj >= exp(−iEj0 (t − t0 )/~)|aj > e Wj→k sarebbe nulla
per k 6= j data l’ortonormalità della base < ak |aj >= δkj . Se sostituiamo
nella (7.57) lo sviluppo (7.52) otteniamo
∞
X
< ak |U(t, t0 )|aj >= < ak |U (n) (t, t0 )|aj > (7.58)
n=1
i t
Z h 0
< ak |U (1) (t, t0 )|aj >= − dτ e−iEk (t−τ )/~ ×
~ t0
0
i
×Vkj (τ )e−iEj (τ −t0 )/~ , (7.59)
mentre, al secondo ordine,
∞ Z
1 X t
Z τ
< ak |U (2)
(t, t0 )|aj >= dτ dτ 0 ×
(i~)2 t0 t0
n=1
h 0 0 0 )/~
× e−iEk (t−τ )/~ Vkn (τ )e−iEn (τ −τ ×
0 0
i
×Vnj (τ 0 )e−iEj (τ −t0 )/~ . (7.60)
Per ricavare la (7.60) abbiamo usato due volte la relazione di chiusura per
gli autoket di H (0) e, infine, la relazione di ortonormalità.
Wj→k ' | < ak |U (1) (t, t0 )|aj > + < ak |U (2) (t, t0 )|aj > + . . .
2π~
δE0 '
t
intorno all’energia dello stato iniziale. Si può dire che le transizioni conser-
vano l’energia non perturbata a meno di 2π~/t. L’analogia con la relazione
di indeterminazione tempo-energia è apparente ma non rigorosa. L’energia
in esame è l’energia H (0) e non l’energia totale del sistema e il tempo t è
il tempo della misura di H (0) e non il tempo caratteristico di evoluzione
del sistema. Per uno stato b dato, f (t, ωba ) determina il comportamento di
Wa→b come funzione di t. Se la transizione conserva rigorosamente l’energia
non perturbata, ωba = 0, f (t, ωba ) cresce come t2 , altrimenti è una funzione
oscillante fra 0 e 4/ωba2 con il periodo 2π/ω . W
ba a→b oscilla con lo stesso
periodo attorno al valore medio 2|Vba |2 /(Eb − Ea )2 mentre cresce come t2
solo per valori piccoli di t rispetto a questo periodo. 6
2π
w(pa , pb ) = | < pb |V |pa > |2 ρ(Eb = Ea ). (7.72)
~
Per un’onda piana incidente si ha
3/2
1
< r|p >= eip·r/~
2π~
√
e, essendo per la (7.67) ρ(E) = m 2mE, otteniamo
6 Z 2
2π p 1 3 i(p
d re a b−p )·r/~
w(pa , pb ) = m 2mEa V (r) (7.73)
~ 2π~
w(pa , pb )
σ Born (θ, φ) = =
Ja
2
m2
Z
3 i(pa −pb )·r/~
= 2 4 d re V (r) (7.74)
4π ~
dove θ e φ sono gli angoli polari di pb .
164 Teoria perturbativa
Supponiamo che V sia una funzione periodica semplice del tempo con
frequenza ω. Essendo V un operatore Hermitiano può essere scritto nella
forma
V = Aeiωt + A† e−iωt (7.75)
dove l’operatore A non dipende dal tempo. Ponendo t0 = 0, per semplicità,
la probabilità di transizione Wa→b al primo ordine è
Z t Z t 2
1 i(ωba +ω)τ † i(ωba −ω)τ
Wa→b ' 2 < b|A|a > e dτ + < b|A |a > e dτ
~ 0 0
(7.76)
che dobbiamo confrontare con la (7.62). Nella (7.76) l’ampiezza di tran-
sizione si compone di due termini ma, se t è abbastanza grande, il primo
termine diventa grande solo quando ωba + ω ha un valore vicino a zero cioè
quando l’energia Eb giace in un intervallo di larghezza 2π~/t attorno al
valore
Eb = Ea − ~ω, (7.77)
mentre il secondo termine diventa importante solo nell’intervallo, con la
stessa larghezza, attorno al punto
Eb = Ea + ~ω. (7.78)
La differenza importante con la (7.62) sta nella sostituzione di ωba con ωba +
ω. Possiamo anche considerare transizioni ad un gruppo di livelli situati in
un intervallo di energia ∆E ( 2π~/t) attorno al punto Ea − ~ω e definire
una probabilità di transizione per unità di tempo che ha ancora una forma
simile alla (7.70), la sola differenza è che ora gli stati finali hanno un’energia
inferiore di ~ω a quella dello stato iniziale. Le stesse considerazioni possono
essere fatte per le transizioni nelle quali il sistema assorbe l’energia ~ω.
Nel caso, ancora più generale, in cui V è una funzione periodica, ma non
periodica semplice, del tempo con frequenza ω vale lo sviluppo di Fourier
∞
X
V = An einωt + A†n e−inωt ,
n=1
H = H0 + V (t),
V (t) = −eR · E
π e2
δw = | < pb |p · E0 |a > |2 ρ(Eb ' Ea + ~ω)δΩb . (7.81)
2~ m2 ω 2
Il calcolo dell’elemento di matrice < pb |p · E0 |a > si esegue facilmente ricordando
che
< R|p|a >= −i~∇Ψa (R)
e che Z
E0 · < pb |p|a >= E0 · d3 R < pb |R > (−i~∇)Ψa (R)
3/2 Z
1 1
= √ d3 r i~∇e−ipb ·r/~ e−r/a0 =
2π~a0 π
3/2 Z
1 p
= √b d3 r e−ipb ·r/~ e−r/a0 . (7.82)
2π~a0 π
Con integrazioni elementari si ottiene
Z
8π 1
d3 r e−ipb ·r/~ e−r/a0 = − ,
a0 1/a0 + p2b /~2
2
4e2 2 a30
δw = p b (E0 · pb ) δΩb .
mω 2 ~4 [1 + (pb a0 /~)2 ]4
[2] L.D. Landau e E.M. Lifšits, Teoria dei campi, Editori Riuniti.
Generatore
Base, 31
dell’evoluzione temporale, 66
Bra, 26
delle traslazioni, 58
Campo elettrico oscillante, 130 Gruppo
Commutatore, 29 SO(3), 95, 99
Commutatori a tempi eguali, 76 SU (2), 102
Composizione di momenti angolari, definizione, 94
112 rappresentazioni, 96
Corrispondenza duale, 26
Hamiltoniana, 66
Costanti del moto, 69, 80
Iconale, 5
Decomposizione spettrale, 34
Idrogeno interstellare, 133
Degenerazione, 49
Indeterminazione tempo-energia, 78
Densità
Insieme
degli stati finali, 162
puro, 42, 82
di corrente, 12
statistico, 81
Disuguaglianza di Schwarz, 27, 52
Insieme completo di osservabili, 50
Effetto tunnel, 127, 139 Interazione fra dipoli magnetici, 148
Emissione Isotropia dello spazio, 93
spontanea, 132 Ket, 26
stimolata, 132
Equazione del moto di Magnetone di Bohr, 17
Heisenberg, 75 Maser, 133
INDICE ANALITICO 171
Matrice Ortonormalità, 31
di rotazione, 108 Oscillatore armonico, 85–92
ortogonale, 96 Osservabile, 28
Matrici di Pauli, 46 Osservabili
Miscela incoerente di stati, 83 compatibili, 48
Miscela statistica di stati, 81 incompatibili, 48
Misura, 41–43
ideale, 41 Pacchetto d’onda, 63
Molecola N H3 Parentesi di Poisson, 64
Hamiltoniano, 123 Parità, 115
regole di selezione, 117
momento di dipolo, 128
Principio di
spettro, 126
complementarietà, 3
Momento angolare
corrispondenza, 2, 64
autoket, 105
Fermat, 6
autovalori, 105
indeterminazione, 3
orbitale, 110
Maupertuis, 4, 7
relazioni di commutazione, 99
sovrapposizione, 22
Neutrini, 119 Probabilità, 42
atmosferici, 120 Probabilità di transizione, 77, 159
oscillazioni, 121–123 Prodotto
solari, 120 diretto, 112
Norma, 11 esterno, 29
interno, 27
Onde di Bloch, 60 scalare, 10
Operatore Proiettore, 32
aggiunto, 29
Quantizzazione
di proiezione, 32
spaziale, 17
Hermitiano, 11, 29
Hermitiano coniugato, 29 Rapporto giromagnetico, 148
infinitesimo, 97 Rappresentazione, 31
lineare, 28 {N }, 88
momento angolare, 94, 105 coordinate, 56
osservabile, 30 esatta, 96
parità, 115 impulso, 60
unitario, 36 irriducibile, 96
Operatore densità, 81 Rappresentazione matriciale, 33
Operatore di Regola d’oro di Fermi, 163
annichilazione, 88 Regola di Heitler-London, 133
creazione, 88 Regole di
evoluzione temporale, 65 quantizzazione, 63
rotazione, 93 Relazione
traslazione, 57 di chiusura, 32
Operatori vettoriali, 101 di completezza, 32
172 INDICE ANALITICO
di De Broglie, 62 Schrödinger, 73
Relazioni di
Heisenberg, 62
indeterminazione, 52–53, 91
Relazioni fondamentali di commu-
tazione, 63
Risonanza, 132
Rotazioni di R3 , 95, 98
Serie di Dyson, 69
Singoletto, 114
Sistema a due livelli, 72, 119
Spazio
degli stati, 24
di Hilbert, 9–11
duale, 26
vettoriale, 10
Spettro continuo, 9, 53
Spettro discreto, 9
Spin, 15–22
Spin isotopico, 108
Spinore, 45
Stato
legato, 9
stazionario, 8, 70
virtuale, 160
Stern e Gerlach, 16
Struttura
fine, 155
iperfine, 155
Teorema di Ehrenfest, 13
Teorema di Liouville, 85
Teoria
di Rayleigh-Schrödinger, 144
perturbativa, 143
Tripletto, 114
Valore
di aspettazione, 42
medio, 42
Vettore di stato, 24
Visuale di
Heisenberg, 74
interazione, 157